Dispense Analisi tecnica

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTA’ DI ECONOMIA Corsi di Tecnica di Borsa Prof. Emilio Di Tommasi Corso di Laurea in Economia e Amministrazione delle Imprese – Curriculum in Tecniche Finanziarie Economia del Mercato Mobiliare Prof. Rosaria Cerrone Ordinamento Quadriennale - CLEC/CLEA ANALISI TECNICA Anno Accademico 2003-2004 A cura del Dott. A. Pantalena www.distra.unisa.it/intfin/intfin_home.htm

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Exercises, manuals and descriptions of technical analysis

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTA’ DI ECONOMIA

Corsi di

Tecnica di Borsa Prof. Emilio Di Tommasi

Corso di Laurea in Economia e Amministrazione delle Imprese – Curriculum in Tecniche Finanziarie

Economia del Mercato Mobiliare Prof. Rosaria Cerrone

Ordinamento Quadriennale - CLEC/CLEA

ANALISI TECNICA

Anno Accademico 2003-2004

A cura del Dott. A. Pantalena

www.distra.unisa.it/intfin/intfin_home.htm

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Cos’è l’Analisi Tecnica L’Analisi Tecnica consiste di quell’insieme di regole, tecniche, strumenti miranti alla “previsione”, o meglio, alla definizione di possibili scenari di evoluzione dei mercati partendo dall’osservazione dei prezzi. L’Analisi Fondamentale, da molti riconosciuta, a torto, come l’antagonista dell’AT, definisce, invece, le politiche di posizionamento sui mercati sulla base di variabili, quali redditività di un’azienda, equilibrio finanziario di un Paese, inflazione, ecc, ritenute fattori “fondamentali”, appunto, per l’individuazione del valore di un determinato asset o di un intero sistema economico. L’AT, considerando i prezzi un perfetto veicolo di informazione (allineandosi, quindi, in qualche modo alla teoria dei mercati efficienti) ritiene di poter controllare tutti i suesposti fattori guardando alla loro sintesi, il prezzo appunto; questo è, infatti, il frutto dell’incontro della domanda e dell’offerta degli investitori e quindi espressione del valore da essi stessi attribuito ai titoli. Teoria di Dow Tutti i principali strumenti di Analisi Tecnica hanno radici o fanno riferimento, in maniera più o meno esplicita, alla Teoria di Dow. Questa consiste in sei principi elaborati, all’inizio del secolo, da Charles H. Dow:

1. Le medie scontano qualsiasi fattore

Dow sostiene che l’azione del mercato sconti qualunque fattore; qualsiasi elemento, quindi, che, in un modo o nell’altro, può influire sull’andamento futuro dello stesso è già inglobato nelle stesse quotazioni. Per monitorare il comportamento del mercato Dow costruì, nel 1884, un indice basato sui prezzi di chiusura di undici azioni: nove di compagnie ferroviarie e due di imprese manifatturiere. Egli aveva notato che i prezzi dei titoli delle più importanti società tendevano a muoversi insieme e che le poche azioni che si muovevano in controtendenza ritornavano a seguire l’andamento generale nell’arco di qualche giorno o di qualche settimana; ne calcolò, così, una media per esprimere in concreto il livello del mercato azionario. Nel 1897 Dow elaborò due indici separati, in quanto riteneva che in tal modo il mercato sarebbe stato meglio rappresentato: uno era composto dalle azioni di venti società ferroviarie (Dow Jones Transportation Average) e l’altro, industriale, era rappresentativo di dodici società di diversi settori (Dow Jones Industrial Average).

2. Il mercato può seguire tre tipi diversi di movimento (trend)

Il trend può essere genericamente definito come la direzione del mercato. Quotazioni crescenti indicano un mercato al rialzo; quotazioni decrescenti un mercato al ribasso; spesso, poi, i valori si muovono all’interno di un canale orizzontale senza intraprendere una direzione ben precisa. Se rappresentate graficamente, le quotazioni verrebbero definite da linee a zig-zag e non da linee rette; questo perché le fasi di crescita o di declino del mercato sono sempre accompagnate da piccoli movimenti correttivi e ciò fa sì che la linea che descrive tali fasi sia non una linea retta ma una spezzata. Un grafico relativo alle quotazioni di borsa apparirebbe, quindi, caratterizzato da un susseguirsi di picchi e di avvallamenti. Dow, in base alle relazioni tra questi, definì nel seguente modo i tre tipi di movimento (figura 1) :

q Uptrend : situazione in cui ogni picco è più alto del precedente picco ed ogni minimo è più alto del precedente minimo

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q Downtrend : situazione in cui ogni picco è più basso del precedente picco ed ogni minimo è più basso del precedente minimo

q deways trend : movimenti in cui minimi e massimi possono essere racchiusi in un canale orizzontale. Caratterizzano momenti di incertezza del mercato; sono sintomi di una “pausa di riflessione” che serve al mercato per recuperare le forze necessarie per riprendere la sua corsa o per realizzare che questa è finita e dare quindi inizio ad una inversione del trend.

Figura 1:TRENDS

Il trend è, poi, generalmente classificato in tre categorie, primario, secondario e minore. Questa distinzione deriva dal fatto che un movimento definibile al ribasso, ad esempio, se inquadrato in un’ottica di breve periodo, può essere un movimento di correzione di un altro movimento, al rialzo in questo caso, che si sviluppa in un arco temporale ben più ampio. Ogni trend è, quindi, parte del trend superiore che lo comprende e a sua volta comprende trends minori, per cui guardando ad archi temporali differenti possiamo individuare movimenti differenti (Figura 2 ). Figura 2:MOVIMENTI

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3. I trend primari sono suddivisibili in tre fasi

Dow suddivise il movimento primario in tre fasi. Se consideriamo un mercato toro, la prima è quella di accumulazione, durante la quale gli investitori più informati comprano a prezzi molto bassi; il mercato, avendo assimilato tutte le notizie che potevano spingere le quotazioni verso ulteriori minimi, si muove secondo quel trend che abbiamo definito “sideaways” o laterale. A questa segue una fase cosiddetta di partecipazione pubblica, nella quale il migliorato clima economico spinge gli operatori in genere ad acquistare, con conseguente aumento dei prezzi e dei volumi. Si giunge così ad una fase di euforia in cui le buone notizie si accavallano, i volumi sono sostenuti dalla speculazione e dagli acquisti del pubblico e durante la quale gli investitori più accorti e meglio informati cominciano a “distribuire” (da qui il nome di fase di distribuzione) ossia a vendere presagendo la prossima inversione di trend. A questo punto i tempi sono maturi per l’inizio di una fase orso, che avrà un’evoluzione uguale e contraria a quella appena descritta.

4. I volumi seguono il trend

Il volume era, secondo Dow, un’altra variabile, oltre il prezzo, da valutare con estrema attenzione. Egli constatò che i volumi di norma si muovono con il trend, il che vuol dire che in un mercato toro i volumi sono in aumento durante le fasi di espansione, in diminuzione durante quelle di correzione; in un mercato orso, viceversa, si hanno volumi crescenti durante le fasi di ribasso, decrescenti durante le correzioni al rialzo. Il mancato rispetto di questa relazione prezzo-volume era da considerare, per Dow, il primo segnale di una probabile inversione del trend.(Figura 3)

Figura 3: Divergenze volumi/prezzo-(Mib 30)

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La divergenza volumi/prezzi è spesso accompagnata da un’inversione di tendenza

5. Un movimento è assunto valido finché un’inversione non è definitivamente provata

Dow riteneva che non si dovesse considerare invertito un movimento fin quando questa inversione non si fosse concretamente manifestata tramite un non rispetto delle regole finora esposte (ossia, in particolare, una serie di massimi e minimi crescenti in caso di uptrend, decrescenti in caso di downtrend).

6. Le medie devono confermarsi

Uno dei principi più importanti della teoria di Dow è quello che vuole che i due indici Dow Jones Industrial Average (DJIA) e Dow Jones Transportation Average (DJTA) siano sempre esaminati congiuntamente. Generalmente il primo serve ad individuare la tendenza del mercato mentre il secondo a confermarne le indicazioni. Nessun segnale fornito dall’andamento del primo indicatore, quindi, dovrà essere considerato valido finché non confermato da un medesimo segnale dato dal secondo indicatore. Accade, comunque, che sia il DJTA a dare per primo il segnale di inversione e il DJIA a confermarlo; questo non inficia, tuttavia, la validità del principio, che resta sempre valido. D'altronde ciò è vero anche in un’ottica fondamentalista in quanto, se le medie rispecchiano veramente le aspettative intorno ad una economia, si dovrebbero offrire prezzi decrescenti o crescenti sia per i titoli di quelle società che producono i beni sia per quelli delle società che li trasportano. Supporti e resistenze Supporto: “area o livello dei prezzi dove vi è una “corrente di acquisti sufficiente a bloccare, per un periodo di tempo apprezzabile, una tendenza discendente dei prezzi”1 Resistenza: ”area o livello dei prezzi dove vi è “una corrente di acquisti sufficiente a soddisfare temporaneamente tutta la domanda e quindi impedire ulteriori rialzi di prezzi”2(Figura 4) La violazione di un supporto ha implicazioni fortemente negative per il successivo andamento delle quotazioni: questa sottintende un flusso di vendite consistente, espressione, quindi, non di una fase correttiva alimentata soprattutto da prese di beneficio o da rotazione di titoli all’interno dei portafogli, ma di un sentiment negativo, di una sfiducia diffusa tra gli operatori. Al contrario, la violazione di una resistenza individua spesso l’inizio di una fase di crescita dei valori dei titoli; il presupposto della rottura è, infatti, una forte domanda del titolo, che non tiene conto del raggiungimento da parte delle quotazioni di valori “limite”, ma che ha, evidentemente, prospettive di ulteriore rialzo dei valori del titolo stesso.(Figura 4)

1 R. D. Edwards e J. Magee, “Technical analysis of stock trends”, Magee, 1957 2 R. D. Edwards e J. Magee , Ibid.

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Figura 4:Supporti e Resistenze (Benetton)

La resistenza, una volta rotta, diventa un valido supporto alla discesa dei prezzi

Una regola caratterizzante supporti e resistenze è quella che vuole che questi, una volta violati, invertano il loro ruolo. Un supporto penetrato agirà da resistenza nei confronti dei successivi movimenti di prezzo, così come una resistenza, una volta perforata, agirà da supporto (Figura 4). Trendlines Al fine di evidenziare il trend che caratterizza il movimento delle quotazioni di un titolo in un determinato arco temporale viene utilizzato un semplice metodo che consiste nell’unire con una retta più punti di minimo relativo in caso di trend ascendente, più punti di massimo relativo in caso di trend discendente. Queste rette sono le trendlines o linee di tendenza. Una volta definite, le trend lines “tendono” a mantenere la loro direzione, il che vuol dire che le up trendlines svolgono una funzione di supporto per le correzioni dei prezzi durante i movimenti al rialzo, le down trendlines svolgono una funzione di resistenza per le correzioni durante i movimenti al ribasso. I supporti e le resistenze descritte precedentemente vengono dette statiche; queste, infatti, sono definite da un unico valore che non cambia con il passare del tempo. Le linee di tendenza, invece, costituiscono resistenze e supporti detti dinamici, in quanto svolgono la stessa funzione di quelli statici ma sono definiti da una serie di valori diversi, uno per ogni istante temporale. Data la funzione delle trendlines di evidenziatrici della direzione del movimento delle quotazioni, la loro rottura è un forte segnale di inversione del trend. (Figura 5)

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Figura 5: Rottura resistenza e inversione (Generali)

La rottura della resistenza, accompagnata da alti volumi e da un gap, è stata seguita da una marcata inversione

Patterns Un ruolo importantissimo nel determinare l’andamento delle quotazioni è svolto dalle aspettative, le ansie degli operatori, le loro reazioni alle informazioni più che le informazioni stesse. Tutto ciò viene espresso in particolari configurazioni grafiche le quali, per gli esperti, sono la traduzione in immagini del sentiment del mercato. Questi patterns sono vere e proprie figure disegnate sul piano dal movimento dei prezzi, al cui completamento è attribuito valore previsivo. Possono preannunciare una inversione della tendenza (modelli di inversione) o una ripresa della stessa dopo una fase interlocutoria (modelli di continuazione); queste due categorie non sono completamente distinguibili perché, in alcuni casi lo stesso pattern può essere sia di inversione sia di continuazione. Si illustreranno, qui di seguito, i modelli più diffusi.

Testa-Spalle

Il Testa-Spalle (Head and Shoulders o H&S ) è, nella maggior parte dei casi, un modello di inversione. Quando si presenta alla fine di un trend al rialzo (figura 6 e 7), si compone di un massimo finale (la testa) che separa due rialzi più contenuti (le spalle).L’andamento dei volumi è cruciale nell’identificazione del pattern: questi sono massimi durante la formazione della spalla sinistra; la testa deve accompagnarsi a volumi inferiori a quelli della spalla sinistra, ma il segnale forte che un vero H&S si sta formando è costituito dalla formazione della spalla destra con volumi nettamente in calo. I movimenti di reazione al ribasso della spalla sinistra e della testa definiscono delle zone di minimo relativo (punti B e D) attraverso le quali è possibile tracciare la cosiddetta linea del collo o neckline. L’attraversamento di questa (punto F) decreta il

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completamento della figura e la definitiva inversione del trend: la rottura è tanto più significativa quanto maggiori sono i volumi cui si accompagna. In genere, la rottura è seguita da un breve movimento in controtendenza ( pull-back ) che va a testare la linea del collo (punto H) per poi dare inizio alla definitiva caduta dei corsi. E’ possibile definire un obiettivo minimo (il che vuol dire che può essere verosimilmente superato) del movimento che segue il completamento del pattern: questo si individua proiettando verso il basso dal punto di rottura della neck line la distanza tra la testa e la neck line stessa. Figura 6: TESTA-SPALLE

Fonte: Elaborazione propria

Figura 7: Testa-Spalle Top (Bulgari)

Il completamento del testa spalle è stato accompagnato dalla discesa delle quotazioni

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L’ H&S si può presentare anche alla fine di un trend ribassista ed in questo caso si parla di H&S Bottom o di Testa-Spalle Rovesciato. Le caratteristiche sono le medesime di un H&S Top.

Doppio massimo/minimo

Dopo il Testa-Spalle il doppio massimo/minimo è il modello più facilmente riconoscibile e più affidabile. In quanto modello di inversione si presenta alla fine di un movimento al rialzo sotto la forma di due massimi consecutivi che si assestano all’incirca allo stesso livello. Dal minimo relativo che separa i due massimi è possibile tracciare una linea di supporto la cui rottura sancisce il completamento del pattern e l’inversione del trend. Anche in questo caso c’è da porre grande attenzione all’andamento dei volumi: questi, come nel H&S devono essere decrescenti per poi aumentare al momento della violazione della trendline. Il doppio minimo è la versione speculare del doppio massimo (Figura 8). In questo caso si individueranno due minimi consecutivi anziché due massimi e il completamento del pattern sarà sancito dalla rottura di una linea di resistenza tracciato all’altezza del massimo relativo compreso tra i due minimi. Anche in questo caso i volumi sono in declino; più importante è qui, però, la presenza di elevati volumi al momento del completamento della figura in quanto i movimenti al rialzo hanno bisogno di maggiore spinta. Non a caso, è più frequente assistere a fenomeni di pull back in caso di double bottom che in caso di double top. Proiettando la distanza di uno dei due massimi dalla rottura della trendline è possibile ottenere degli obiettivi minimi raggiungibili dai prezzi. Figura 8: Doppio minimo (Bayer)

Il completamento del doppio minimo ha visto le quotazioni salire sino all’obiettivo di 43€

Rettangoli

E’ una figura di continuazione costituita da una pausa in un trend durante la quale i prezzi si muovono lateralmente tra due linee orizzontali parallele (Figura 9). Proprio in quanto modello di consolidamento, il

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suo completamento si risolverà in una continuazione del trend in atto. Ci sono casi in cui questa si presenta come figura di inversione. La previsione circa la forza del movimento susseguente il completamento del pattern dipende dalla quantità di tempo per la quale il rettangolo è rimasto intatto ed il numero di volte in cui le linee che lo definiscono sono state testate: più grandi sono queste due misure, più intenso sarà il movimento susseguente. Figura 9: Rettangolo (Autostrade)

I prezzi si sono inseriti all’interno di una conformazione rettangolare per poi accelerare in direzione del precedente trend alla

rottura della resistenza

Triangoli

I triangoli sono figure di continuazione classificabili in due categorie: triangoli simmetrici e triangoli rettangoli. I triangoli simmetrici definiscono una fase di congestione che può essere racchiusa da due linee convergenti; impiegano da uno a tre mesi per formarsi e necessitano che le due linee siano toccate almeno quattro volte dal movimento dei prezzi per essere considerati validi. Anche se occasionalmente può presentarsi come figura di inversione, il modello, di norma, si considera completato con la rottura della linea superiore se ci troviamo in una fase di rialzo, di quella inferiore se in fase di declino. Questa si verifica tra i 2/3 e i ¾ della lunghezza del triangolo, misurata a partire dalla base. Oltre a permetterci di prevedere quando il trend riprenderà la sua corsa, il triangolo ci può fornire anche un obiettivo minimo di prezzo raggiungibile dai titoli: questo si individua tracciando dall’angolo superiore (inferiore in caso di downtrend) della base una linea parallela alla trendline inferiore (superiore)così come da disegno (figura 10).

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Figura 10: TRIANGOLI SIMMETRICI

Il volume dovrebbe diminuire man mano che le oscillazioni si stringono all’interno del triangolo per poi esplodere al momento della penetrazione di una delle due linee; ancora una volta, volumi consistenti sono più importanti nelle figure rialziste che in quelle ribassiste. Dei triangoli rettangoli (figura 11) distinguiamo due tipi: il triangolo ascendente e quello discendente. Entrambi hanno la caratteristica di avere una delle due linee che racchiude il movimento dei prezzi orizzontale, ed è per questo che vengono detti triangoli rettangoli. L’ascending triangle ha implicazioni bullish, si inserisce, cioè, come modello di continuazione nei mercati in fase toro o come modello di inversione in quelli in fase orso. Sono quelli che presentano la linea superiore orizzontale, che è quella destinata ad essere violata affinché il pattern possa essere considerato completato. Il descending triangle, al contrario, ha implicazioni bearish e si inserisce quindi in fasi di ribasso o al termine di fasi di rialzo; la linea orizzontale destinata ad essere perforata, in questo caso, sarà quella inferiore. In entrambe le ipotesi i volumi saranno decrescenti per poi aumentare al momento del break. Valgono, poi, per la definizione degli obiettivi e per la previsione del punto di rottura della trendline le stesse regole dei triangoli simmetrici. Figura 11: TRIANGOLI ASCENDENTI/DISCENDENTI

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Bandiere, pennelli, cunei

Bandiere ( Flags ) e pennelli (Pennants) sono tra le più comuni e le più affidabili figure di continuazione. Entrambe prevedono che il movimento dei prezzi precedente sia molto forte, quasi verticale. La bandiera (Figura 12) si forma con un movimento in senso contrario al trend precedente, delimitabile da due trendlines parallele. Il pennello, invece, è identificato da due linee convergenti ed è meno inclinato: richiama molto un piccolo triangolo simmetrico. Sono modelli di breve periodo e dovrebbero essere completati in non più di tre settimane. Alla loro origine vi è, principalmente, la presa di beneficio dalle posizioni risultate profittevoli grazie al forte movimento che precede tali configurazioni; queste operazioni generano la breve fase correttiva che si propone, quindi, come pausa all’interno di un trend di più ampio respiro. Grandissima attenzione, nell’identificazione di queste figure, deve essere prestata ai volumi; questi modelli, infatti, sono caratterizzati da una drastica diminuzione dei volumi, i quali sono destinati ad erompere al momento del completamento del modello. Figura 12: BANDIERE-PENNELLI-CUNEI

I cunei (Wedges)sono anch’essi modelli di continuazione molto simili ai triangoli. Hanno questa caratteristica, però: le linee convergenti si muovono entrambe nella stessa direzione, verso il basso se si inseriscono all’interno di un trend ascendente, verso l’alto se all’interno di un trend discendente. Per i volumi accade quanto detto per le bandiere e i pennelli.

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Figura 13: Bandiera (Banca Lombarda)

Il completamento della bandiera sancisce la ripresa dell’ up trend

Analisi algoritmica L’ analisi algoritmica consiste nell’applicazione di equazioni statistico-matematiche, di algoritmi, appunto, alle diverse misure oggetto di osservazione da parte dell’analista tecnico (prezzi, quantità scambiate e open interest in particolar modo) le quali forniscono una serie di valori utili al fine di una migliore interpretazione della situazione di mercato e suscettibili, a loro volta, se rappresentati graficamente, di analisi chartistica.

Medie mobili

La media mobile è tra gli algoritmi più semplici utilizzati in AT. Essa consiste nel valore medio di una serie di dati. E’ detta “mobile” in quanto il calcolo ha ad oggetto sempre le ultime n osservazioni. Il suo impiego è dovuto, principalmente, alla necessità di “smussare” il carattere erratico del movimento dei prezzi al fine di evidenziarne il trend di fondo. Il valore di n definisce la reattività della media alle variazioni dei prezzi: una media di lungo periodo, ad esempio di 200 giorni, impiega più tempo a reagire ad un’inversione di

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tendenza di quanto non faccia una di breve periodo, ad esempio di 9 giorni, in quanto, a differenza di quest’ultima, sconta valori lontani quasi un anno dal momento in cui viene calcolata. Si ha, così, che le medie di breve termine catturano qualsiasi movimento minore del ciclo azionario, seguendo molto da vicino l’andamento dei prezzi, mentre quelle di lungo periodo appiattiscono gran parte delle fluttuazioni intermedie, risentendo solo dei movimenti di più ampio respiro, quelli, cioè, che definiscono il ciclo primario.

Tipologie Media mobile semplice E’ una media aritmetica delle ultime n osservazioni. Se consideriamo una generica serie di prezzi P0, P1, P2,…, Pt, il valore della media mobile su n prezzi al tempo t sarà:

n

P

nPPP

MA

n

i

itnttt

t

∑=

+−+−−

=+++

= 1

111 ...

Media mobile esponenziale Le medie mobili esponenziali hanno il pregio, per il particolare algoritmo che le definisce, di non subire il drop-off effect, il quale consiste nell’improvvisa variazione della media nel momento in cui un valore significativo viene escluso dal calcolo, oltre quello della estrema facilità di calcolo. La media esponenziale è definita dalla formula:

1)1( −×−+×= ttt EMAPEMA αα

dove

EMAt = Media mobile esponenziale al tempo t

EMAt-1= Media mobile esponenziale al tempo t-1

Pt= prezzo al tempo t

a= coefficiente di smoothing, il cui valore è compreso tra 0 e 1

Strategie di impiego

In quanto curve descrittrici del trend, le medie mobili si comportano innanzitutto da resistenze e supporti dinamici.(Figura 14)

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Figura 14: Medie mobili (Mediolanum)

La media mobile a 18 gg. ha svolto prima una funzione di resistenza, poi di supporto

Anche per le medie, come per le trend lines, vale il principio che vuole che la loro rottura da parte dei prezzi sia un segnale di inversione della tendenza in atto. Basandosi su questo principio è possibile implementare una semplice strategia consistente nel comprare il titolo quando il prezzo interseca la sua media mobile dal basso verso l’alto, venderlo quando l’intersezione avviene dall’alto verso il basso.(Figura 15) Figura 15: Strategia con 1 media mobile (Banca Intesa)

Compriamo le rotture dal basso verso l’alto, vendiamo quelle dall’alto verso il basso

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ROC

I prezzi, prima di raggiungere il proprio massimo ed invertire direzione, tendono, in genere, a rallentare la loro andatura. La velocità con cui si muovono i prezzi può essere calcolata tramite diverse formule, le quali forniscono la stessa informazione in formati diversi. La più semplice è quella del Momentum, che misura la variazione dei prezzi come differenza tra i prezzi in un dato intervallo di tempo. In formule: Momentum = Pricet-Pricet-n

Alternativo a questo, ed anche molto più diffuso, è il ROC (Rate Of Change) che rapporta la variazione dei prezzi dal tempo t-n al tempo t al livello dei prezzi al tempo t-n, fornendo così una misura della velocità con cui si muovono i prezzi in termini percentuali. La formula è:

nt

ntt

iceiceice

ROC−

−−=

PrPrPr

Il criterio di analisi del ROC più semplice ed immediato è quello che interpreta l’attraversamento da parte dell’indicatore della propria linea di equilibrio dal basso verso l’alto come un segnale di forza del titolo, un attraversamento dall’alto verso il basso come, invece, un segnale di debolezza. Molto più utile dal punto di vista analitico è il metodo che si basa sul concetto di divergenza. Si parla di divergenza ogni qual volta due variabili, che si ritengono in qualche modo correlate, assumono, se rappresentate graficamente, andamenti contrastanti; tale discordanza viene ritenuta come “anomala” e destinata, quindi, ad essere seguita da cambiamenti tali da riportare le due variabili in uno stato di “convergenza”. Il ROC, per come è costruito, descrive la “velocità” con cui i prezzi si muovono nell’unità di tempo di ampiezza n. Un ROC decrescente in zona positiva indica una situazione di prezzi sempre in crescita (il ROC positivo equivale a velocità positiva) ma suoi valori decrescenti denotano un rallentamento della velocità di avanzamento dei prezzi e quindi avvertono di una possibile debolezza del titolo. Nella circostanza in cui, quindi, un nuovo massimo del prezzo non è accompagnato da un corrispondente nuovo massimo dell’indicatore viene a configurarsi una cosiddetta divergenza negativa, la quale indica che il prezzo potrà essere presto soggetto ad una fase di correzione. In maniera del tutto speculare, un ROC crescente in una fase di prezzi decrescenti segnala un rallentamento della velocità con cui le quotazioni si muovono al ribasso e la possibilità di una inversione del trend; si parla in tal caso di divergenza positiva.

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Figura 16: ROC (Compaq)

La divergenza negativa ha “preannunciato” l’inversione di Febbraio 1999

Un altro metodo di interpretazione del ROC è quello che si basa sui concetti di ipercomprato e ipervenduto. Questi, come vedremo, si adattano molto meglio a quegli oscillatori che si muovono all’interno di una banda predefinita, ma possono comunque essere utilizzati come base per l’analisi di quegli oscillatori, come il ROC, che tali limiti non hanno. Con questi termini si definisce la condizione dei mercati o degli indicatori nei momenti in cui raggiungono valori ritenuti eccessivi. In particolare si parla di ipercomprato quando l’indicatore, nel nostro caso, ha raggiunto livelli eccessivamente alti, tali da essere ritenuti insostenibili nel tempo e quindi forieri di una inversione al ribasso; tale inversione si rifletterà, ovviamente, in una fase correttiva o di consolidamento dei prezzi. Livelli di ipervenduto, al contrario, si raggiungono quando l’indicatore tocca valori ritenuti eccessivamente bassi e i prezzi si reputano, quindi, pronti a sviluppare un movimento verso l’alto o di consolidamento.

RSI

L’ RSI (Relative Strenght Index) è un indicatore sviluppato da J. Welles Wilder, Jr. La formula è la seguente:

dove

dove Upaverage è la media dei rialzi ottenuta sommando i punti guadagnati nei giorni che hanno chiuso al

n

n

eDownaveragUpaverage

RS =

RSRSI

+−=

1100100

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rialzo durante gli ultimi n periodi e dividendo il totale per n; Downaverage è la media dei ribassi ottenuta dividendo la somma dei punti persi nei giorni di chiusura al ribasso per n. I segnali più forti e più attendibili generati dall’RSI consistono nelle divergenze indicatore/prezzo che si realizzano quando l’oscillatore è in zona di ipercomprato o di ipervenduto.

Figura 17: RSI (Manuli Rubber)

Una divergenza prima, l’ipercomprato, poi, hanno accompagnato l’inversione di trend

Stocastico

Lo stocastico è un oscillatore creato da George Lane che misura la posizione relativa del prezzo di chiusura all’interno del range massimo/minimo calcolato sugli ultimi n periodi. Il principio su cui si basa questo indicatore è quello che vuole che i prezzi di chiusura tendano a collocarsi nella parte alta del range, ossia vicino ai massimi, durante le fasi di rialzo, mentre si collochino vicino ai minimi durante le fasi ribassiste. Lo stocastico, graficamente, è costituito da due linee così costruite: I valori tradizionali che vengono impiegati per la costruzione dello stocastico sono 5 periodi per la %K e 3 periodi per la %D, ma è possibile impiegare valori diversi. I principali criteri interpretativi dello stocastico sono identici a quelli dell’RSI (divergenze, ipercomprato/ipervenduto). A questi si aggiunge il particolare significato che viene attribuito all’incrocio tra la %K e la %D; in particolare, attraversamenti dall’alto verso il basso della %D da parte della %K si ritiene abbiano implicazioni ribassiste, attraversamenti dal basso verso l’alto, invece, implicazioni rialziste.

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Figura 18: Stocastico (Marzotto)

La divergenza tra Settembre e Ottobre 98 ha anticipato l’inversione di metà Ottobre

MACD

MACD è l’acronimo di Moving Averages Convergence Divergence, indicatore sviluppato da Gerald Appel. Tale indicatore è costruito calcolando la differenza tra due medie mobili esponenziali dei prezzi, una veloce ed una lenta; in tal modo si ottiene un oscillatore che si muove intorno alla linea dello zero senza alcun limite inferiore e superiore. In formule: MACD=Xaverage(Close, n1)-Xaverage(Close, n2) dove Xaverage(Close, x) è la media mobile esponenziale di lunghezza x calcolata sui prezzi di chiusura. Valori dell’ MACD positivi indicano che la media mobile veloce si muove al di sopra di quella più lenta; valori crescenti indicano, inoltre, che la distanza tra le due medie sta aumentando: la combinazione di queste due situazioni è un segnale di forza del mercato. Valori dell’MACD negativi, viceversa, indicano che la media veloce si muove al di sotto di quella più lenta; valori decrescenti, in questo caso, indicano che il gap negativo tra le due medie sta aumentando: questi due elementi segnalano una sostanziale debolezza del mercato. Tradizionalmente l’MACD viene calcolato su dati giornalieri usando medie a 12 e 26 giorni, ma questi valori possono essere modificati al fine di rendere l’indicatore più o meno reattivo in funzione delle caratteristiche del titolo analizzato e dell’arco temporale lungo il quale l’analisi stessa si sviluppa. L’interpretazione dell’MACD si basa su: ♦ Divergenze indicatore/prezzo ♦ Attraversamenti di una sua media mobile ♦ Attraversamenti della linea di equilibrio

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Figura 19: MACD (Compaq)

Prima una divergenza negativa, poi l’attraversamento della media ed infine la rottura della linea di equilibrio hanno

anticipato l’inversione di direzione delle quotazioni.

OBV-Accumulation/Distribution Index

Al fine di rendere più evidenti e più facili da leggere le relazioni esistenti tra l’andamento dei volumi e quello dei prezzi sono stati ideati da diversi autori numerosi indicatori. Il più semplice e forse il più famoso di questi è l’ On Balance Volume (OBV), sviluppato negli anni sessanta da Joseph Granville. Questo si ottiene calcolando la somma cumulativa dei volumi registrati alla fine di ogni giornata; a questi viene dato segno positivo se il titolo ha chiuso al rialzo, negativo se il titolo ha chiuso al ribasso. L’OBV si muove, quindi, verso l’alto, quando la domanda, prevalendo sull’offerta, fa registrare un aumento dei prezzi; viceversa, l’indicatore subisce una flessione quando la pressione dei venditori fa sì che il prezzo di chiusura sia inferiore a quello del giorno precedente. In formule: OBVt=OBVt-1+Volume t se Closet>Closet-1

OBVt=OBVt-1-Volume t se Closet<Closet-1

OBVt=OBVt-1 se Closet=Closet-1

Il valore iniziale dell’OBV non è importante e può essere definito arbitrariamente, in quanto quello che interessa non è il suo valore ma il suo andamento. Una divergenza tra OBV e prezzi definisce una situazione in cui la pressione dei venditori, in caso di downtrend, dei compratori, in caso di uptrend, sta diminuendo e quindi si stanno creando le condizioni per una possibile inversione o, quanto meno, per l’inizio di un sideaways trend.

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Figura 20: OBV (Sears)

La divergenza tra OBV e prezzi è stata seguita da un’inversione di direzione

Indicatori di ampiezza

Gli indicatori di ampiezza definiscono il grado di partecipazione dei componenti di un mercato al movimento del mercato stesso, essendo tale grado di partecipazione misura della forza di tale movimento. Un indice azionario in aumento, ad esempio, necessita che gran parte delle azioni che lo compongono siano al rialzo affinché la spinta rialzista sia sostenibile; nel caso contrario il movimento è destinato ad esaurirsi. L’ampiezza funge, così, da “elemento di controllo sull’estensione di una tendenza di mercato”. Le misure di ampiezza in genere anticipano le inversioni dei mercati quando questi sono ai massimi; ai minimi tali indicatori sono spesso in ritardo, anche se, quando invertono direzione in anticipo rispetto all’indice, il movimento che ne segue è di frequente di una certa intensità. Uno dei più diffusi indicatori di diffusione è l’Advance/Decline line, costituito dal totale cumulativo della differenza tra il numero dei titoli in rialzo e quelli in ribasso in un determinato periodo. Pring propone la seguente formula per il calcolo di tale indicatore:

100100// 1 ×−×±= −i

i

i

iii U

DUA

DADA

dove A= numero di azioni in rialzo D= numero di azioni in ribasso U= numero di azioni rimaste invariate A/D1=valore arbitrario Il risultato della radice verrà aggiunto al valore precedente dell’indicatore se Ai/Ui>Di/Ui, verrà sottratto nel caso contrario.

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Grande attenzione va posta alle divergenze tra A/D line e l’indice su cui è costruita, in quanto queste spesso anticipano le inversioni di trend. Un altro indicatore utile a misurare la forza di un mercato è l’Upside/Downside Volume, dato dalla seguente formula:

∑ ∑−= ribassoinAzioniVolumerialzoinAzioniVolumeVolumeDU /

Questo indicatore si muove al rialzo durante mercati toro, al ribasso durante mercati orso. E’ naturale, infatti, aspettarsi che durante un uptrend i maggiori volumi scambiati si concentrino intorno alle azioni che si muovono in direzione del trend e che il contrario accada durante un downtrend. L’U/D Volume permette, inoltre, di distinguere processi di accumulazione da processi distributivi durante i movimenti laterali: l’U/D Volume crescente è, infatti, sintomo di accumulazione, decrescente è, invece, sintomo di una fase distributiva in atto.

Figura 21: A/D line (Nasdaq)

La divergenza tra A/D line e indice Nasdaq poteva far presagire l’imminente crollo di quest’ultimo

Indicatori di aspettative

Gli indicatori di aspettative sono alla base del principio dell’Opinione Contraria. Tale principio, sviluppato da Humphrey Neill, afferma che quando la maggior parte degli operatori concordano sulla direzione del mercato, questi hanno, generalmente, torto.

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Si presenta, a questo punto, la difficoltà nell’ottenere una misura precisa del sentiment degli operatori. A tal fine diversi indicatori sono a disposizione degli operatori. Uno di questi è il Market Vane, pubblicato settimanalmente, che fornisce una stima percentuale degli operatori rialzisti rispetto al totale degli operatori. Valori molto alti di questo indice hanno implicazioni ribassiste, valori molto bassi rialziste. I mercati delle options possono fornire valide informazioni sul sentiment tramite il Put/Call Volume Ratio ed il Put/Call Open Interest Ratio, intesi come rapporti tra i volumi, o rapporti tra gli open interests, delle Puts e delle Calls. Partendo dal presupposto che le Puts sono acquistate da operatori con aspettative ribassiste e le Calls da operatori con aspettative rialziste, tali rapporti forniscono una misura di quanto prevalga il sentimento ribassista su quello rialzista. Valori molto bassi hanno implicazioni bullish, il contrario valori molto alti.

Point&Figure

Il Point&Figure è un sistema di rappresentazione grafica dei prezzi la cui diffusione è dovuta all’opera di Victor de Villiers. Il nome di tale metodo deriva dal fatto che in origine i grafici erano ottenuti segnando dei punti e delle cifre (in genere lo 0 o il 5), oggi sostituiti dalla “x” e dalla “o”. La costruzione di un grafico P&F prevede la definizione della variazione minima che il mercato deve realizzare affinché questa venga registrata. Ogni qual volta si verifica un movimento di tale entità verrà segnata sul piano una “x” in caso di rialzo, una “o” in caso di ribasso. Le “x” e le “o” verranno poste sulla stessa colonna fin quando non si realizza un’inversione di direzione; questa, per essere definita tale, deve presentare un’entità in grado di riempire un certo numero di caselle. Se ciò accade, si darà inizio ad una nuova colonna che si muoverà, ovviamente, in direzione opposta alla precedente. Si capisce, quindi, come l’asse delle ascisse non misura l’evoluzione temporale in senso stretto del fenomeno, ma la distribuzione delle inversioni di trend. La figura 22 mostra come apparirebbe il grafico P&F del titolo American Express nel periodo Ottobre 1997- Settembre 1999. In questo caso è stato adottato un box del valore di 3$ (ossia ogni “x” ed ogni “o” indicano un rialzo ed un ribasso di 3$) e la regola del 3 boxes reversal, ossia si è dato inizio ad una nuova colonna ogni qual volta le quotazioni hanno realizzato un movimento opposto al trend in essere di un’entità pari almeno a 3 boxes, cioè 9$ (si noti, infatti, come ogni colonna sia costituita da almeno 3 “x” o 3 “o”). Figura 22: POINT&FIGURE-American Express

Ottobre 1997-Settembre 1999

Fonte: Elab. propria su dati Chadwick Investement Group, 2000

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La figura illustra anche l’applicazione del più semplice segnale di trading applicabile ai grafici P&F. Questo si realizza al superamento di un precedente picco da parte delle “x” (segnale long, detto doppio massimo, indicato dalle frecce in blu nel grafico) o al superamento di un precedente minimo da parte delle “o” (segnale short, detto doppio minimo, indicato dalle frecce rosse). Tale modello è alla base di tutte le altre conformazioni grafiche più complesse individuabili sui grafici P&F, le quali, comunque, richiamano molto da vicino le stesse figure tipiche dei grafici a barre.

Candele Giapponesi

Le candele giapponesi (candlesticks) costituiscono un sistema di rappresentazione dei prezzi ed un metodo di analisi che risale al XVIII secolo. I primi ad utilizzare tale tecnica furono, infatti, i giapponesi, che se ne servivano come strumento operativo nella speculazione sui contratti a termine sul riso. Le candele giapponesi descrivono il movimento dei prezzi nell’intervallo di tempo considerato tramite una figura detta candle-line; questa è costituita da un corpo centrale detto real-body e due appendici chiamate shadows (upper shadow quella superiore e lower shadow quella inferiore). Gli estremi della figura sono definiti dal massimo e dal minimo di periodo mentre il real-body è dato dalla posizione relativa dell’apertura rispetto alla chiusura: se questa è superiore all’apertura il real-body sarà costituito da un rettangolo bianco, se inferiore da un rettangolo nero. (Figura 23) Figura 23: CANDELE GIAPPONESI

Fonte: Elaborazione propria

L’utilità di questo tipo di analisi si esprime, poi, attraverso la definizione di patterns, basati sulla forma, il colore e la distribuzione delle candele nell’arco di un periodo non superiore ai quattro giorni, i quali permettono di delineare un probabile scenario del futuro andamento dei prezzi. Alcune di queste configurazioni sono illustrate dalla figura 24. Il primo modello presentato è costituito da una sola candela priva dell’upper shadow e con una lunga lower shadow (Figura 24, a). Non è importante il colore del real-body ma il tipo di movimento in cui la candela si inserisce; in un uptrend, infatti, ha implicazioni riba ssiste e prende il nome di “hanging man”, in un downtrend, al contrario, è un segnale rialzista e viene detta “hammer”. Un altro modello di inversione costituito da una sola linea è il Belt hold (Figura 24, b). La versione ribassista si ha quando una lunga candela nera con una piccola coda inferiore si inserisce all’interno di un movimento

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rialzista; quella rialzista, invece, è costituita da una lunga candela bianca con una piccola coda superiore e si realizza all’interno di un movimento ribassista. Un esempio di pattern formato da due candele è l’engulfing line (Figura 24, c-d); il bullish engulfing si realizza all’interno di un movimento ribassista ed è costituito da una prima candela nera seguita da una candela bianca di ampiezza maggiore, tale da contenere interamente il corpo della prima candela. Caratteristiche uguali ed opposte ha il Bearish engulfing. Figure di inversione costituite da tre candele sono l’evening e la morning star (Figura 24, e-f). La prima fornisce un segnale ribassista ed è composta da una prima candela bianca seguita da una seconda candela con piccolo real-body che apre con un gap; la terza candela è lunga e nera ed, in genere, chiude all’interno del range della prima candela. La morning star ha, invece, implicazioni rialziste ed è formata da una candela nera, una seconda candela che apre con gap e un piccolo corpo ed una terza candela bianca, che ritraccia il movimento delle prime due. Figura 24: CANDELE GIAPPONESI-PATTERNS

Fonte: Elaborazione propria

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Bibliografia

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• Coliva E., Galati L.,”Analisi Tecnica Finanziaria”, UTET, 1992

• Lane G. C., “Lane's Stochastics”, in Technical Analysis of Stocks&Commodities, May/June 1984, n.4

• Murphy J. J., “Technical Analysis of the Financial Markets”, NYIF, 1999

• Pring M. J., “Analisi Tecnica dei Mercati Finanziari”, McGraw-Hill, 1995

• Wilder J. W., “New Concepts in Technical Trading Systems”, Greensboro, NC: Trend Research, 1978