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6^ GIORNATA 2014/15 IL BILANCIO 2014 E L’IMPATTO DEI NUOVI PRINCIPI CONTABILI Sessione di aggiornamento

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6^ GIORNATA

2014/15

IL BILANCIO 2014 E L’IMPATTO DEI NUOVI PRINCIPI CONTABILI

Sessione di aggiornamento

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INDICE

Contributi di approfondimento

6 I NUOVI PRINCIPI CONTABILI OIC IN PILLOLEa cura di Sergio Pellegrino

19 LA RILEVAZIONE DEI CREDITI E DEI DEBITI IN VALUTAa cura di Fabio Landuzzi

26 LE RIMANENZE DI MAGAZZINO E I CHIARIMENTI DEL NUOVO OIC 13 a cura di Piero Pisoni, Fabrizio Bava, Donatella Busso, Alain Devalle e Fabio Rizzato

33 IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E NUOVO OIC 16a cura di Piero Pisoni, Fabrizio Bava, Donatella Busso, Alain Devalle e Fabio Rizzato

41 LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE: NUOVO OIC 23a cura di Giancarlo De Marchi

57 CAMBIAMENTI PRINCIPI CONTABILI E CORREZIONE DI ERRORI: NUOVO OIC 29a cura di Federica Furlani e Sergio Pellegrino

66 LA RILEVAZIONE CONTABILE E IN BILANCIO DEL CONFERIMENTO DI AZIENDAa cura di Fabio Landuzzi

72 IL GIUDIZIO DEL REVISORE AL BILANCIOa cura di Andrea Soprani

78 IL GIUDIZIO CON RILIEVI: INDICAZIONI OPERATIVE E ESEMPLIFICAZIONI PRATICHE a cura di Andrea Soprani

87 LA CONTINUITÀ AZIENDALE NEL CONTESTO ECONOMICO FINANZIARIO a cura di Andrea Soprani

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Schemi operativi di sintesi

96 L’OIC E LA REVISIONE DEI PRINCIPI CONTABILI

98 LE PRINCIPALI NOVITÀ DEI PRINCIPI CONTABILI

107 OIC 26: ASPETTI CONTABILI E RAPPORTI ESTERI

112 OIC 25: IMPOSTE DIFFERITE NELLE OPERAZIONI STRAORDINARIE

116 CONTABILIZZAZIONE E CONFERIMENTO D’AZIENDA

120 RELAZIONI PROBLEMATICHE DEGLI ORGANI DI CONTROLLO

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Contributi di aggiornamento

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I NUOVI PRINCIPI CONTABILI OIC IN PILLOLE

a cura di Sergio Pellegrino

Il bilancio relativo all’esercizio 2014 dovrà essere redatto tenendo conto delle nuove versioni dei principi contabili rilasciate dall’OIC. Sono stati 19 i documenti rivisitati dall’OIC, mentre rimane in corso di revisione solo l’OIC 24 relativo alle immobilizzazioni immateriali. La revisione ha riguardato tanto la struttura dei principi contabili - rendendola più facilmente consultabile permettendo di rintracciare agevolmente ambito di applicazione, principali definizioni, criteri di classificazione e rilevazione, informazioni da indicare in nota integrativa - quanto il loro contenuto. Di seguito si riporta una schema riepilogativo con le principali novità.

Nuovo OIC approvato

Novità in sintesi

OIC 9 – Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali ed immateriali

Le indicazioni contenute nel nuovo principio sostituiscono quelle contenute negli OIC 16 e 24, comportando un riordino generale della tematica e un miglior coordinamento con le disposizioni degli altri principi contabili nazionali OIC. Il nuovo principio propone il modello basato sull’attualizzazione dei flussi di cassa come modello di riferimento per la determinazione del valore recuperabile delle immobilizzazioni materiali e immateriali, secondo un approccio adottato dagli organismi contabili internazionali più autorevoli. L’applicazione del modello è stato tuttavia modulato sulla base delle dimensioni della società, così da consentire ai soggetti di piccole dimensioni di evitare il sostenimento di oneri sproporzionati rispetto ai benefici che deriverebbero dall’adozione di tecniche complesse. Per questo motivo è consentito alle società di minori dimensioni (società che per due esercizi consecutivi non superino nel proprio bilancio d’esercizio due dei tre seguenti limiti: • numero medio dei dipendenti durante l’esercizio: 250, • totale attivo di bilancio: 20 milioni di euro, • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40 milioni di euro), di utilizzare l’approccio semplificato basato sulla capacità di ammortamento.

OIC 10 – Rendiconto finanziario

Le indicazioni contenute nel nuovo OIC 10 sostituiscono quelle previste nell’OIC 12 “Composizione e schemi del bilancio d’esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi”, e viene raccomandata la redazione del rendiconto

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I nuovi principi contabili OIC in pillole

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finanziario per tutte le tipologie societarie, tenuto conto della sua valenza informativa. Tra le principali novità: • la risorsa finanziaria presa a riferimento per la redazione del rendiconto è

rappresentata dalle disponibilità liquide; è stata eliminata la risorsa finanziaria del capitale circolante netto, in quanto considerata obsoleta, poco utilizzata dalle imprese e non prevista dalla prassi contabile internazionale;

• sono state riformulate le definizioni di gestione reddituale, attività di investimento e attività di finanziamento, che sono le tre categorie in cui sono divisi i flussi finanziari;

• è stato inserito il generale divieto di compensazione tra flussi finanziari; • sono state inserite alcune indicazioni in merito al rendiconto finanziario

consolidato; • è stata introdotta la distinzione tra flussi finanziari derivanti dal capitale

proprio o dal capitale di debito nella presentazione del flusso dell’attività di finanziamento;

• è stato specificato che il flusso finanziario derivante dall’acquisizione di una società controllata (nel bilancio consolidato) o di un ramo di azienda (nel bilancio d’esercizio) è presentato distintamente nell’attività di investimento, al netto delle disponibilità liquide acquisite o dismesse come parte dell’operazione;

• è stato specificato che i flussi finanziari connessi ai derivati di copertura sono presentati nella stessa categoria dei flussi finanziari dell’elemento coperto;

• sono state eliminate alcune alternative contabili previste nel precedente OIC 12 per motivi di comparabilità e semplificazione: i dividendi ricevuti e pagati sono presentati distintamente, rispettivamente, nella gestione reddituale e nell’attività di finanziamento e le imposte sul reddito sono presentate distintamente nella gestione reddituale.

OIC 12 – Composizione e schemi del bilancio d’esercizio

Rispetto al precedente OIC 12, è stato: • precisato che il principio è raccomandato per le società di persone e le

imprese individuali che svolgono attività commerciale; • stralciata la parte dedicata al rendiconto finanziario (a cui è dedicato l’OIC

10); • incorporato l’Interpretativo n. 1 dell’OIC 12 “Classificazione dei costi e

ricavi nel conto economico” nell’OIC 12 come parte integrante del principio contabile.

• inserite ulteriori precisazioni riguardanti i principi di classificazione e rappresentazione delle voci negli schemi di stato patrimoniale e conto economico (contenuti nell’articolo 2423-ter codice civile), con particolare riguardo alla suddivisione, raggruppamento, aggiunta, adattamento e comparazione delle voci;

• precisato che se un elemento dell’attivo e del passivo ricade sotto più voci dello schema, l’iscrizione dell’elemento è effettuata nella voce che il redattore del bilancio ritiene possa essere più rilevante rispetto alle

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esigenze conoscitive degli utilizzatori del bilancio, salvo i casi in cui i principi contabili non prevedano un trattamento specifico.

• rivisto il contenuto delle voci del conto economico per tener conto degli aggiornamenti realizzati sui principi contabili OIC;

• specificato, con riguardo alla nota integrativa, che le informazioni sono presentate secondo l’ordine in cui le relative voci sono indicate negli schemi di stato patrimoniale e conto economico; sono state inoltre fornite ulteriori precisazioni con riguardo all’informazione di cui all’articolo 2427, numero 1, relativa ai criteri di valutazione adottati dalla società.

OIC 13 - Rimanenze

Rispetto al precedente OIC 13, nel nuovo documento viene: • riformulata la disciplina della capitalizzazione degli oneri finanziari con

l’obiettivo di renderla di più agevole comprensione e applicazione. In analogia a quanto previsto per il principio OIC 16 “Immobilizzazioni materiali”, è riconosciuta la possibilità di capitalizzare gli oneri finanziari, sia quelli specifici che quelli generici, in proporzione alla durata del periodo di fabbricazione, se la sua durata è significativa. Il limite alla capitalizzazione è comunque rappresentato dal valore di realizzazione del bene;

• fornita una breve descrizione del metodo del prezzo al dettaglio con un esempio applicativo in appendice nella prospettiva di rendere più chiara l’esposizione e i riferimenti presenti;

• chiarito il trattamento contabile dei contributi in conto esercizio relativi all’acquisto di rimanenze. In particolare ai fini della valutazione delle rimanenze, i contributi in conto esercizio ricevuti sono portati in deduzione al costo di acquisto dei materiali. In questo modo, la valutazione delle rimanenze permette di sospendere i costi effettivamente sostenuti, ossia al netto dei contributi ricevuti.

Ai fini della classificazione degli importi nel conto economico: • i contributi in conto esercizio sono indicati separatamente nella voce A5

“altri ricavi e proventi”, in linea con quanto espressamente previsto dall’articolo 2425 codice civile;

• i costi sostenuti per gli acquisti di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci sono, quindi, rilevati tra i costi di produzione, alla voce B6, al lordo dei contributi in conto esercizio ricevuti per tali acquisti;

• la variazione delle rimanenze di materie prime, semilavorati e prodotti finiti è indicata nelle voci B11 “variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie e di consumo e merci” o A2 “variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti”, al netto dei contributi ricevuti.

OIC 14 – Disponibilità liquide

Nella nuova versione viene posta particolare attenzione alla gestione della tesoreria accentrata utilizzata da alcuni gruppi di società per ottimizzare l’uso delle risorse finanziarie. Secondo questa pratica, un unico soggetto giuridico (in genere la società capogruppo o una società finanziaria del gruppo) gestisce la liquidità per conto delle altre società del gruppo, tramite un conto corrente comune (o “pool account”) sul quale sono riversate le disponibilità liquide di ciascuna società aderente al cash pooling.

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I nuovi principi contabili OIC in pillole

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Il principio prevede che nel bilancio delle singole società partecipanti al cash pooling la quota di pertinenza di ciascuna società del saldo del conto corrente comune si classifica tra i crediti (o i debiti, a seconda del caso) verso la società gestrice, e che nel bilancio della società gestrice del fondo comune, la classificazione del suo saldo è simmetrica rispetto a quanto rilevato dalle altre società partecipanti al cash pooling.

OIC 15 - Crediti Rispetto alla precedente versione, il nuovo principio: • fornisce alcuni chiarimenti in ordine allo scorporo/attualizzazione dei

crediti commerciali caratterizzati da dilazioni di pagamento con scadenza oltre 12 mesi senza previsione di corresponsione di interessi o con la previsione di interessi irragionevolmente bassi. In particolare tali crediti si rilevano inizialmente al valore nominale e cioè in base all’effettivo diritto di credito che essi rappresentano, e la contropartita reddituale è rilevata distintamente tra: - il ricavo relativo alla vendita del bene a pronti o alla prestazione di

servizi; - gli interessi attivi impliciti relativi alla dilazione di pagamento. L’ammontare del ricavo di vendita o della prestazione di servizi è rappresentato dal corrispettivo a pronti del bene/servizio, pari al prezzo di mercato con pagamento a breve termine del bene/servizio. L’ammontare degli interessi attivi impliciti si determina per differenza tra il valore nominale del credito e l’ammontare del corrispettivo a pronti e si rileva inizialmente tra i risconti passivi. Gli interessi attivi sono considerati di competenza dello o degli esercizi successivi, sino alla scadenza del credito e sono riconosciuti contabilmente sulla durata del credito. L'interesse da rilevarsi in ciascun periodo amministrativo o frazione in cui dura il credito è quello maturato in tale periodo. Tale differenza è ripartita in modo tale che l'interesse venga riconosciuto ad un tasso costante sul credito residuo finché non sia interamente incassato;

• precisa che nel caso di vendita a rate con riserva della proprietà si iscrive in sede di consegna del bene il ricavo della vendita dal momento che il mantenimento della proprietà assolve solo ad una funzione di garanzia, mentre i rischi e i benefici connessi alla proprietà sono immediatamente trasferiti;

• chiarisce alcuni aspetti del procedimento di valutazione collettiva dei crediti (concetto di classi omogenee), nonché alcuni aspetti specifici delle svalutazioni dei crediti (crediti assistiti da garanzie o assicurati).

• prevede una sezione dedicata al tema della cancellazione dei crediti nella quale si propone un modello contabile basato sul trasferimento dei rischi. Rispetto al precedente OIC 15, che consentiva comunque la cancellazione del credito dal bilancio a seguito di un’operazione di cessione, il nuovo principio permette tale cancellazione solo nel caso di operazioni che trasferiscono sostanzialmente tutti i rischi inerenti al credito oggetto di smobilizzo. In tal caso va iscritta alla voce B14 del Conto Economico la

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perdita di cessione quale differenza tra corrispettivo e valore nominale del credito al netto delle perdite accantonate al Fondo svalutazione crediti.

OIC 16 – Immobilizzazioni materiali

Nel nuovo principio è stata innanzitutto stralciata la parte relativa alle perdite durevoli di valore a cui è dedicato ora l’OIC 9. Inoltre il nuovo documento: • chiarisce alcuni aspetti applicativi degli ammortamenti. In particolare, si

sono fornite alcune precisazioni in tema di ammortamento di componenti aventi vite utili diverse del cespite principale (l’ammortamento degli stessi va calcolato in maniera distinta rispetto al bene principale), nonché si è specificato che il processo di ammortamento va interrotto nel momento in cui il valore residuo risulti almeno pari al valore contabile del cespite;

• elimina la previsione secondo cui l’ammortamento va sospeso per i cespiti non utilizzati per lungo tempo; esso va comunque effettuato considerato che in tale lasso temporale il bene è pur sempre soggetto ad obsolescenza tecnica ed economica;

• riformula la disciplina della capitalizzazione degli oneri finanziari, riconoscendo la possibilità di capitalizzare gli oneri finanziari, sia quelli specifici che quelli generici, in proporzione alla durata del periodo di fabbricazione, se significativo;

• elimina la previsione che permetteva di non scorporare il valore del terreno dai fabbricati su cui essi insistono quando il valore del terreno tenda a coincidere con il valore del fondo di ripristino/bonifica del sito, nel presupposto che la rilevazione distinta del terreno e del relativo fondo di accantonamento fornisca una migliore rappresentazione al lettore del bilancio;

• chiarisce che le immobilizzazioni materiali acquisite a titolo gratuito sono iscritte al presumibile valore di mercato al lordo dei costi accessori;

• precisa che le svalutazioni di immobilizzazioni rivalutate transitano per il conto economico salvo eventuale diversa previsione di legge.

OIC 17 – Bilancio consolidato e metodo del patrimonio netto

Nella nuova versione il principio affronta sia il tema del bilancio consolidato, che era trattato nel precedente OIC, sia il tema del metodo del patrimonio netto, che era trattato dal precedente OIC 21, oggi trattati in due sezioni distinte nel nuovo OIC 17. Con riferimento alla sezione sul bilancio consolidato, rispetto al precedente principio è stato: • riformulata la disciplina delle differenze iniziali e successive da

annullamento chiarendo che tale differenza si determina attraverso il confronto tra il valore contabile della partecipazione e la corrispondente frazione di patrimonio netto contabile della controllata. In modo analogo sono disciplinate le differenze successive da annullamento;

• precisato che l’eliminazione delle partecipazioni oggetto di consolidamento è effettuata alla “data di acquisizione del controllo”, permettendo tuttavia l’utilizzo della “data in cui l’impresa è inclusa per la prima volta nel consolidamento”;

• precisato che nel caso delle società che redigono per la prima volta il bilancio consolidato, perché ne erano esonerate (in quanto piccoli gruppi o

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I nuovi principi contabili OIC in pillole

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avevano partecipazioni irrilevanti), il consolidamento delle partecipazioni è attuato sulla base dei valori contabili alla data del primo consolidamento. Se invece si tratta di una subholding che redige per la prima volta il consolidato il principio raccomanda che il consolidato sia effettuato con riferimento alla data originaria di acquisto delle partecipazioni;

• chiarita la classificazione in bilancio e le modalità di utilizzo del “Fondo di consolidamento per rischi e oneri futuri”;

• precisato il trattamento contabile della cessione parziale di partecipazione senza perdita di controllo;

• chiarita la data in cui la partecipazione è deconsolidata in caso di perdita del controllo. In particolare, il principio precisa che la partecipazione è deconsolidata con riferimento alla data di cessione, in modo che si possa evidenziare nel bilancio consolidato il contributo reddituale della partecipazione sino alla data di cessione. È comunque consentito utilizzare il relativo valore alla data di chiusura del precedente esercizio nel caso di difficoltà pratica a reperire nei tempi dovuti le informazioni alla data di cessione o di eccessivi costi per il loro ottenimento. In questo caso, la partecipazione è deconsolidata dall’inizio dell’esercizio;

• chiarita la disciplina contabile del leasing nel consolidato, privilegiando il metodo finanziario, dando separata indicazione dei beni ricevuti in leasing nelle voci delle immobilizzazioni dell’attivo dello stato patrimoniale consolidato. È comunque ammesso contabilizzare le operazioni di leasing finanziario con il metodo patrimoniale anche nel bilancio consolidato. In questo caso si forniscono in nota integrativa le specifiche informazioni richieste dall’articolo 2427, numero 22;

• riformulata la disciplina relativa alle nozioni di controllo e collegamento nonché di esonero ed esclusione dall’area di consolidamento. Si è razionalizzata e semplificata la parte relativa all’informativa ed eliminata la disciplina contabile dei bilanci aggregati.

Con riferimento alla sezione sul metodo del patrimonio netto, le novità riguardano: • il chiarimento che il patrimonio netto contabile della partecipata da porre

a confronto con il costo di acquisto della partecipazione ai fini del calcolo della differenza iniziale tra i due valori, ove siano disponibili le informazioni, sia quello calcolato alla “data di acquisizione”. Il principio ammette tuttavia l’utilizzo della “data dell’ultimo bilancio della partecipata” stante l’esplicito richiamo a tale momento fatto dal primo comma dall’articolo 2426, numero 4, codice civile;

• il trattamento degli utili e delle perdite derivanti da operazioni tra la partecipante e una partecipata: il principio precisa che lo storno degli utili e delle perdite realizzati con la partecipata avviene (anche nel caso di vendita da partecipante a partecipata) solo in misura corrispondente alla frazione di capitale posseduto dalla partecipante. Gli altri soci della partecipata, a differenza del consolidato, non sono inclusi nel patrimonio della partecipante, e quindi le operazioni compiute con loro costituiscono a tutti gli effetti utili/perdite realizzati con terzi;

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• il trattamento contabile previsto in caso si paghi un prezzo della partecipazione eccedente rispetto al valore delle attività acquisite, e quindi in presenza di un cattivo affare;

• il trattamento contabile da seguire in caso di operazioni sul capitale della partecipata, che determinano una variazione della quota partecipativa del partecipante;

• il trattamento contabile relativo all’acquisizione di ulteriori quote di partecipazioni nella partecipata;

• la contabilizzazione nel bilancio di esercizio di un cambiamento di criterio di valutazione nel caso in cui la partecipante già consolidi la partecipata fin dalla sua acquisizione.

Il nuovo principio ha inoltre eliminato l’opzione di utilizzare il cd. metodo patrimoniale per l’imputazione dei saldi di rivalutazione derivanti da fenomeni reddituali della partecipata valutata con il metodo del patrimonio netto. Di conseguenza, ora il documento disciplina solo gli aspetti dell’applicazione del cd. metodo reddituale.

OIC 18 – Ratei e risconti

La novità riguardano: • la precisazione delle condizioni per la rilevazione in bilancio dei ratei e

risconti, ovvero: - il contratto inizia in un esercizio e termina in uno successivo; - il corrispettivo delle prestazioni è contrattualmente dovuto in via

anticipata o posticipata rispetto a prestazioni comuni a 2 o più esercizi consecutivi;

- l’entità varia con il trascorrere del tempo. • precisazioni sui criteri di valutazione dei ratei e dei risconti da iscrivere in

bilancio e sulle poste di conto economico interessate dalle rettifiche di valore;

• l’eliminazione della richiesta di distinguere i ratei e risconti nello stato patrimoniale quando il loro ammontare è apprezzabile, in quanto tale distinzione deve essere comunque fornita in nota integrativa.

OIC 19 – Debiti

Nella nuova versione il principio tratta esclusivamente la tematica dei debiti, mentre la disciplina relativa ai fondi e al TFR è ora inclusa nel nuovo OIC 31 “Fondi rischi ed oneri e Trattamento di Fine Rapporto”. Rispetto al precedente OIC 19 , le novità riguardano: • con riferimento ai debiti commerciali, la disciplina dello scorporo degli

interessi passivi impliciti nel costo di acquisizione di beni o prestazioni di servizi. In particolare lo scorporo va effettuato se: - il valore nominale dei debiti eccede significativamente il prezzo di

mercato del bene con pagamento a breve termine; ciò si verifica quando il debito non ha un interesse passivo esplicito ovvero ha un interesse irragionevolmente basso;

- la dilazione concessa supera 12 mesi; • le indicazioni circa il contenuto delle voci D3 “debiti verso soci per

finanziamenti”, in cui vanno indicati i finanziamenti concessi dai soci alla società con i quali quest’ultima ha un obbligo di restituzione, e D11 “debiti verso controllanti”, in cui vanno indicati anche i debiti verso le controllanti

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che controllano la società indirettamente tramite loro controllate intermedie;

• le previsioni specifiche con riferimento al trattamento contabile delle obbligazioni indicizzate, dei debiti soggetti a condizioni sospensive e dei prestiti obbligazionari subordinati.

OIC 20 – Titoli di debito

Nella nuova versione il principio tratta esclusivamente la tematica dei titoli di debito, mentre la disciplina relativa alle partecipazioni è ora inclusa nel nuovo OIC 21 “Partecipazioni e azioni proprie”. Rispetto al precedente OIC 20, è stata: • riformulata la disciplina relativa ai cambiamenti di destinazione; • chiarito che ai fini del computo della plus/minusvalenza da realizzo non si

deve tener conto delle spese di cessione, nel presupposto che questo approccio dia migliore attuazione al principio civilistico che prevede il divieto di compensare tra loro componenti economiche di diversa natura;

• chiarita la definizione dei criteri per la determinazione del costo degli strumenti finanziari immobilizzati (costo specifico e/o criteri ex articolo 2426, numero 10, codice civile);

• riformulata la disciplina degli obblighi di informativa per meglio garantire il coordinamento con il dettato dell’articolo 2427-bis.

Il nuovo principio ha inoltre chiarito che, ai fini della classificazione dei titoli, ciò che rileva è il management intent, e cioè l’effettiva prospettiva di permanenza o meno in un dato portafoglio, modificando in tal modo la previgente disciplina classificatoria che si basava, tra l’altro, anche sulla mera facoltà che l’impresa si riserva di cogliere le opportunità di mercato.

OIC 21 – Partecipazioni e azioni proprie

Nella nuova versione il principio affronta il tema della disciplina contabile delle partecipazioni e delle azioni proprie, mentre la disciplina relativa al metodo del patrimonio netto, trattata nel precedente OIC 21 è ora inclusa nel nuovo OIC 17 “Bilancio consolidato e metodo del patrimonio netto”. Rispetto al precedente principio, le novità riguardano: • la disciplina relativa ai cambiamenti di destinazione; • il computo della plus/minusvalenza da realizzo: non si deve tener conto

delle spese di cessione, nel presupposto che questo approccio dia migliore attuazione al principio civilistico che prevede il divieto di compensare tra loro componenti economiche di diversa natura;

• la definizione dei criteri per la determinazione del costo degli strumenti finanziari immobilizzati (costo specifico e/o criteri ex articolo 2426, numero 10, codice civile);

• la disciplina degli obblighi di informativa per meglio garantire il coordinamento con il dettato dell’articolo 2427-bis;

• il trattamento contabile dei diritti di opzione: è stato eliminato l’obbligo di procedere ad una svalutazione della partecipazione nel caso tali diritti non siano esercitati, nel presupposto che il mancato esercizio costituisca soltanto un indicatore potenziale di perdita durevole di valore;

• la disciplina specifica per la contabilizzazione dei dividendi attribuiti sotto forma di azioni proprie: tali operazioni non comportano la rilevazione di un provento;

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• la distribuzione di dividendi da parte della partecipata, che genera sempre proventi finanziari, a cui può seguire, ove del caso, la rilevazione di una svalutazione della partecipazione.

Il nuovo standard ha, inoltre, chiarito che, ai fini della classificazione delle partecipazioni, ciò che rileva è il management intent, e cioè l’effettiva prospettiva di permanenza o meno in un dato portafoglio, modificando in tal modo la previgente disciplina classificatoria che si basava, tra l’altro, anche sulla mera facoltà che l’impresa si riserva di cogliere le opportunità di mercato.

OIC 22 – Conti d’ordine

Rispetto al precedente OIC 22, il nuovo principio ha: • fornito le definizioni di garanzie prestate e ricevute, impegni, beni di terzi

presso la società, beni della società presso terzi, oltre che di garanzia personale e garanzia reale;

• precisato che non si procede alla rappresentazione nei conti d’ordine in calce allo stato patrimoniale - per evitare duplicazioni che nuocerebbero alla chiarezza - di quegli accadimenti che siano già stati oggetto di rilevazione nello stato patrimoniale, nel conto economico e/o nella nota integrativa. È il caso ad esempio dei beni della società presso terzi;

• riformulato la disciplina degli impegni con particolare riguardo agli impegni da non riportare in calce allo stato patrimoniale; al fine di favorire la chiarezza e l’intellegibilità degli importi riportati in calce allo stato patrimoniale, sono iscritti nei conti d’ordine gli impegni che per loro natura e ammontare possono incidere in modo rilevante sulla situazione patrimoniale e finanziaria della società, e quindi la cui conoscenza sia utile per valutare tale situazione.

OIC 23 – Lavori in corso su ordinazione

Nel nuovo principio si è provveduto a: • stralciare i paragrafi riguardanti le commesse in valuta estera, trattate nel

nuovo OIC 26 “Operazioni, attività e passività in valuta estera”; • aggiungere per esigenza di chiarezza alcune definizioni, tra cui: ricavi e costi

di commessa, ricavo maturato, revisione prezzo, varianti, stato avanzamento lavori, incentivi;

• definire in modo puntuale i requisiti necessari per l’applicazione del criterio della percentuale di completamento: - esistenza di un contratto vincolante tra le parti; - risultato della commessa stimato attendibilmente; - diritto al corrispettivo che matura con ragionevole certezza con

l’esecuzione dei lavori; - assenza di incertezze relative a condizioni contrattuali o fattori esterni

che rendano dubbia la capacità dei contraenti di adempiere le proprie obbligazioni;

• chiarire che, in presenza di commesse di breve termine inferiori all’anno, è possibile applicare o il criterio della commessa completata o il criterio della percentuale di completamento;

• chiarire, con riguardo agli anticipi ed acconti, che al momento della rilevazione iniziale sono iscritti nel passivo patrimoniale, mentre al momento della fatturazione definitiva dei lavori, essi sono stornati dal passivo con contropartita la rilevazione di un ricavo alla voce A1 “ricavi

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I nuovi principi contabili OIC in pillole

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delle vendite e delle prestazioni”. La rilevazione a ricavo è effettuata solo quando vi è la certezza che il ricavo maturato sia definitivamente riconosciuto all’appaltatore quale corrispettivo del valore dei lavori eseguiti; fino a quando non vi è questa certezza, gli anticipi e gli acconti continuano ad essere rilevati tra le passività;

• prevedere che la perdita probabile per il completamento della commessa è rilevata a decremento del valore dei lavori in corso su ordinazione; solo nel caso in cui la perdita è superiore a tale valore si rileva un fondo rischi ed oneri. Rispetto alla precedente versione dell’OIC 23, si elimina dunque l’alternativa di rilevare la perdita probabile al fondo rischi e oneri, anche quando la perdita è inferiore al valore dei lavori in corso;

• introdurre nuove indicazioni relativamente agli incentivi e alle richieste di corrispettivi aggiuntivi, prevedendo che essi siano inclusi tra i ricavi di commessa: - in caso di accettazione formale del committente; - pur in assenza di una formale accettazione, se alla data del bilancio è

altamente probabile che siano accettati sulla base delle più recenti informazioni e dell’esperienza storica;

• modificare il trattamento contabile dei costi per l’acquisizione della commessa e dei costi preoperativi che, al rispetto di determinate condizioni, vanno inclusi tra i costi della commessa e non più capitalizzati ed ammortizzati come immobilizzazioni immateriali.

OIC 25 – Imposte sul reddito

Nel nuovo principio, in cui è incorporato il documento interpretativo n. 2 del precedente OIC 25 e il documento interpretativo n. 3 in tema di affrancamento dell’avviamento, si è provveduto a: • eliminare i riferimenti al disinquinamento fiscale; • disciplinare la rilevazione della fiscalità differita distinguendo tra operazioni

che hanno effetto sul conto economico e operazioni che non hanno effetto sul conto economico (ad esempio, operazioni straordinarie, rivalutazione di attività, riserve in sospensione di imposta). Per queste ultime tipologie di operazioni viene precisato che non si procede alla rilevazione delle imposte differite e anticipate nel caso di: a. rilevazione iniziale dell’avviamento; b. rilevazione iniziale di un’attività o di una passività in un’operazione che

non influenza direttamente né il risultato civilistico né il reddito imponibile e non è un’operazione straordinaria.

• inserire una parte dedicata alla fiscalità differita che emerge nei casi in cui il valore contabile di una partecipazione in società controllate, società collegate o in joint venture differisca dal valore fiscale;

• aggiornare la disciplina delle perdite fiscali riportabili a nuovo in base alle recenti modifiche legislative;

• precisare, con riguardo al calcolo delle imposte differite e anticipate, che l’aliquota fiscale applicabile per il loro calcolo è quella in vigore nell’esercizio nel quale le differenze temporanee si riverseranno, previste dalla normativa fiscale vigente alla data di riferimento del bilancio;

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• disciplinare il caso dell’affrancamento dei maggiori valori contabili delle attività e dell’avviamento che derivano da un’operazione straordinaria, quando la decisione di avvalersi dell’affrancamento è presa con riferimento all’esercizio in cui avviene l’operazione straordinaria (ipotesi non prevista dal documento OIC interpretativo di legge n. 3 del 2009);

• disciplinare il trattamento contabile dell’imposta sostitutiva da pagare per il riallineamento dei valori civilistici e fiscali, in caso di rivalutazione di attività.

OIC 26 – Operazioni, attività e passività in valuta estera

Nel nuovo principio si è provveduto a: • riformulare la disciplina relativa alla conversione delle poste in valuta

estera alla data del bilancio ai sensi del disposto dell’articolo 2426, numero 8-bis, precisando che: - le poste monetarie vanno iscritte al tasso a pronti alla data di chiusura

dell’esercizio, imputando utili e perdite su cambi a conto economico; - le poste non monetarie devono essere iscritte al tasso di cambio

corrente alla data di acquisto. • esplicitare i criteri di conversione da adottare per i fondi rischi ed oneri

(tasso di cambio alla data di chiusura dell’esercizio), i conti d’ordine (tasso di cambio alla data di chiusura dell’esercizio), e i lavori in corso su ordinazione espressi in valuta estera (cambio storico nel caso di commessa completata, cambio corrente alla data di chiusura dell’esercizio nel caso di criterio della percentuale di completamento).

OIC 28 – Patrimonio netto

Le novità dell’OIC 28 riguardano: • il riordino dell’elenco delle riserve di patrimonio netto iscrivibili nella voce

AVII “altre riserve”; • la precisazione che i “Versamenti in conto futuro aumento di capitale” sono

iscritti nel patrimonio netto solo a condizione che non siano restituibili; • la fornitura di una disciplina organica in tema di rilevazione iniziale delle

riserve; • la precisazione che la rinuncia di un qualunque credito da parte del socio è

trattata contabilmente come un apporto di patrimonio. Di conseguenza la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale.

OIC 29 – Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, eventi e operazioni straordinarie, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio

Nel nuovo principio si è provveduto a: • disciplinare in maniera puntuale gli effetti del cambiamento di un principio

contabile. In particolare l’applicazione del metodo prospettico (secondo cui il nuovo principio va applicato solo a eventi ed operazioni a partire dall’esercizio in cui interviene il cambiamento) va limitato ai seguenti specifici casi: - non è ragionevolmente possibile calcolare l’effetto pregresso del

cambiamento di principio; - la determinazione dell’effetto pregresso è troppo onerosa;

• eliminare la distinzione tra “errori determinanti” ed “errori non determinanti”;

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I nuovi principi contabili OIC in pillole

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• ampliare la trattazione degli eventi successivi alla data di bilancio con l’obiettivo di trattare in maniera più completa gli eventi che possono comportare un problema di continuità aziendale.

OIC 31 – Fondi per rischi ed oneri e Trattamento di Fine Rapporto

Le indicazioni contenute nel nuovo OIC 31 sostituiscono quelle previste nel precedente OIC 19 “I fondi per rischi e oneri. Il trattamento di fine rapporto. I debiti.” Nel nuovo principio si è provveduto a: • chiarire che gli accantonamenti ai fondi rischi e oneri sono iscritti fra le voci

dell’attività gestionale a cui si riferisce l’operazione (caratteristica, accessoria, finanziaria o straordinaria), secondo il criterio della classificazione “per natura” dei costi. Di conseguenza, gli accantonamenti per rischi e oneri relativi all’attività caratteristica e accessoria sono iscritti fra le voci della classe B del conto economico, diverse dalla voce B12 e dalla B13, da utilizzarsi solo in via residuale; mentre quelli relativi all’attività finanziaria o straordinaria sono iscritti rispettivamente fra le voci della classe C ed E del conto economico;

• ampliare la disciplina dei requisiti per poter procedere all’iscrizione di un fondo: natura determinata, esistenza certa o probabile, ammontare o data di sopravvenienza della passività indeterminati, ammontare della passività stimabile in modo attendibile;

• eliminare l’indicazione che ammette l’attualizzazione dei fondi per oneri al fine di tener conto del fenomeno inflattivo;

• introdurre nuove disposizioni in merito: - alla rilevazione dei fondi per resi su prodotti: è previsto un

accantonamento da utilizzare nel momento in cui verranno sostenuti i costi per il ritiro dei beni;

- alla rilevazione dei fondi recupero ambientale: è previsto un accantonamento pari alla stima dei costi presumibili da sostenere in relazione alla situazione esistente;

- all’utilizzo dei fondi e al trattamento dei fondi eccedenti, che va effettuato in modo diretto e solo relativamente alle spese e passività per le quali il fondo è stato costituito. In particolare, in caso di eccedenza del fondo quest’ultimo va ridotto o eliminato;

• aggiornare le disposizioni riguardanti il trattamento contabile del TFR per tener conto delle modifiche introdotte con la legge n. 296/2006. In particolare viene precisato che, indipendentemente dalla scelta del dipendente di lasciare il TFR in azienda o destinarlo alla previdenza complementare, il relativo onere resta in carico all’impresa che deve provvedere a rilevare il costo nelle voce B.9.c del conto economico con contropartita la voce D. 13 di stato patrimoniale, quale debito per le quote non ancora versare alla data di riferimento del bilancio.

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In breve: 1. I nuovi OIC si applicano a partire dal bilancio relativo al 2014. 2. L’OIC 24 è ancora in corso di revisione. 3. La revisione consente una consultazione più agevole. 4. Le svalutazioni per perdite durevoli sono inserite nel nuovo OIC 9. 5. Per il rendiconto finanziario, le indicazioni contenute nel nuovo OIC 10 sostituiscono quelle

previste nell’OIC 12. 6. Il principio OIC 12 – composizione e schemi del bilancio - è raccomandato per le società di

persone e le imprese individuali che svolgono attività commerciale. 7. È stata introdotta la disciplina contabile del cash pooling. 8. Nel caso di vendita a rate con riserva della proprietà il ricavo della vendita si iscrive in sede di

consegna del bene. 9. L’ammortamento dei componenti aventi vite utili diverse del cespite va calcolato in maniera

distinta rispetto al bene principale. 10. Lo scorporo degli interessi passivi impliciti dai debiti commerciali è effettuato quando sono

soddisfatte entrambe le seguenti condizioni: a) il valore nominale dei debiti eccede significativamente il prezzo di mercato del bene con pagamento a breve termine; ciò si verifica quando il debito non ha un interesse passivo esplicito ovvero ha un interesse irragionevolmente basso; b) la dilazione concessa è superiore ai dodici mesi.

11. Le attività per imposte anticipate e le passività per le imposte differite relative a differenze temporanee che sorgono a seguito di operazioni che non transitano dal conto economico sono rilevate in bilancio nell’esercizio in cui emergono le differenze temporanee, salvo nei seguenti casi: - la rilevazione iniziale dell’avviamento; - la rilevazione iniziale di un’attività o di una passività in un’operazione che non influenza direttamente né il risultato civilistico né il reddito imponibile e non è un’operazione straordinaria.

12. La rinuncia di un qualunque credito da parte del socio è trattata contabilmente dalla società come un apporto di patrimonio.

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LA RILEVAZIONE DEI CREDITI E DEI DEBITI IN VALUTA

a cura di Fabio Landuzzi

Le imprese che operano nel commercio internazionale devono gestire in occasione della chiusura del bilancio annuale il corretto trattamento delle poste monetarie espresse in valuta estera; ciò con riguardo sia alla conversione dei crediti e dei debiti espressi originariamente in valuta estera ai fini della indicazione del controvalore in Euro nel bilancio d’esercizio, e sia alla gestione delle operazioni di copertura che vengono poste in essere per la riduzione dell’esposizione al rischio di cambio sotteso all’effettuazione di operazioni di acquisto e/o vendita di beni e servizi in valuta. Sotto il profilo della rappresentazione contabile, l’OIC ha approvato la versione aggiornata del Documento OIC 26 che, rispetto alla precedente versione, contiene una migliore sistematizzazione della materia e si occupa anche della illustrazione dei criteri di conversione da adottare per i fondi rischi ed oneri, per i conti d’ordine ed il lavori in corso su ordinazione espressi in valuta estera. Dal punto di vista fiscale, si configura una gestione di doppio binario, in quanto la valutazione al cambio di fine esercizio dei crediti e debiti in valuta non ha rilevanza fiscale, determinando anche il presupposto per la rilevazione di differenze temporanee e quindi di fiscalità differita o anticipata.

1. La rilevazione contabile delle operazioni in valuta e la loro rappresentazione in bilancio

Le attività e passività in valuta sono rilevate originariamente al cambio storico corrente alla data in cui l’operazione è compiuta. Precisamente, ai sensi dell’art. 2425-bis, c.c., i ricavi ed i costi relativi alle operazioni in valuta sono determinati al “cambio corrente alla data nella quale la relativa operazione è compiuta”, data che deve essere individuata secondo il principio della competenza economica. Il cambio corrente è rappresentato dal tasso di cambio a pronti alla data dell’operazione. Al momento dell’incasso dei crediti o del pagamento dei debiti in valuta, gli utili o le perdite che derivano dalla conversione al tasso di cambio alla data della movimentazione finanziaria vengono imputati al Conto economico dell’esercizio e rappresentano componenti di reddito di natura finanziaria. Il regolamento finanziario dell’operazione è infatti un momento distinto e successivo rispetto alla rilevazione iniziale del provento o dell’onere connesso all’operazione, con la conseguenza che le differenze cambio non devono essere portate a rettifica diretta delle componenti economiche generate dall’operazione stessa. Se nel corso dell’esercizio i crediti ed i debiti sorti a seguito delle operazioni commerciali che sono state compiute non sono rispettivamente incassati o pagati, si pone il tema della loro corretta rappresentazione in bilancio; ovvero, a quale tasso di cambio deve essere espresso il controvalore in Euro del credito o debito sorto nell’esercizio ed ancora esistente nel bilancio.

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L’art. 2426, co. 1, n. 8-bis), c.c., dispone che i crediti e debiti in valuta devono essere convertiti al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio, e che gli utili o le perdite prodotti da questa conversione – quindi, le differenze rispetto ai controvalori al cambio storico – vanno imputati al conto economico alla voce C.17-bis. L’OIC 261 chiarisce al riguardo che: - le poste monetarie2, sia se classificate nell’attivo circolante, entro o oltre i 12 mesi, e sia se

classificate nelle immobilizzazioni, sono convertite al tasso a pronti alla data di chiusura dell’esercizio;

- le poste non monetarie, quand’anche iscritte nell’attivo circolante, sono convertite al cambio storico.

Se ne trae quindi una prima conclusione: sotto il profilo contabile, non è ammessa una gestione del rischio cambio mediante la tecnica degli accantonamenti al fondo oscillazione cambi. In merito alla valutazione dei crediti in valuta a fine esercizio, si pone naturalmente la questione del concorso di un duplice aspetto: da una parte, quello dovuto alla loro conversione in Euro; dall’altra parte, quello della valutazione della posta al valore di presumibile realizzazione. Il Principio contabile OIC 26 precisa al riguardo che in sede di redazione del bilancio: - prima, si applica la valutazione del credito secondo l’ordinario criterio del presumibile realizzo ex

art. 2426, n. 8, c.c.; e poi - il credito, eventualmente svalutato, viene convertito al tasso di cambio a pronti della data di fine

esercizio. Anche eventuali fondi per rischi ed oneri accantonati al passivo, in quanto assimilati a partite monetarie, ed i Conti d’ordine, sono soggetti a conversione al cambio corrente alla data di chiusura dell’esercizio. Ai fini della espressione in bilancio dei crediti e debiti in valuta, non hanno rilevanza le variazioni dei tassi di cambio verificatesi dopo la chiusura dell’esercizio, anche se queste si sono manifestate prima della data di preparazione del bilancio, normalmente assunta come data della riunione dell’organo amministrativo che approva il progetto di bilancio. Tuttavia, ai sensi dell’art. 2427, co. 1, n. 6-bis), c.c., la Nota integrativa deve dare menzione di eventuali effetti significativi delle variazioni nei cambi che si sono verificati successivamente alla chiusura dell’esercizio; nella stessa direzione si esprime anche il punto 47 del nuovo Principio contabile OIC 26, peraltro a conferma di quanto già affermato al punto 6.2 del testo del Principio contabile 26 previgente. 2. La destinazione dell’utile su cambi da conversione alla Riserva non distribuibile

L’art. 2426, n. 8-bis, c.c., dispone che l‘eventuale utile netto derivante dalla conversione dei crediti e debiti in valuta al tasso di cambio a pronti di fine esercizio deve essere accantonato in un’apposita riserva non distribuibile fino al suo realizzo; la norma prevede quindi una gestione “nettista” delle differenze da conversione, in quanto l’obbligo di destinazione a riserva dell’equivalente quota di utile d’esercizio ricorre solamente quando gli utili da adeguamento cambi superano l’importo delle perdite da adeguamento cambi, con la conseguenza che il Legislatore intende in questo modo precludere un’eventuale distribuzione ai soci di utili non ancora realizzati. Ai sensi di legge, si tratta di una riserva “non distribuibile”, ma la stessa è “disponibile” per la copertura di perdite o per l’aumento gratuito del capitale sociale3.

1 Si veda il Documento liberamente scaricabile dal sito www.fondazioneoic.eu/ 2 Il Principio contabile OIC 26 definisce “elementi monetari” le attività e passività che comportano il diritto ad incassare o l’obbligo di pagare, a date future, importo in denaro in valuta determinati o determinabili; sono quindi elementi monetari: i crediti, i debiti, le disponibilità liquide, i ratei, ecc. 3 Principio OIC 1.

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La rilevazione dei crediti e dei debiti in valuta

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La formazione di questa riserva avviene pertanto in occasione dell’approvazione del bilancio dell’esercizio il cui conto economico ha rilevato l’utile netto da adeguamento cambi, secondo i seguenti criteri: - la riserva deve essere formata a condizione che il bilancio esponga un utile d’esercizio; in caso di

perdita, infatti, l’utile netto da adeguamento cambi non sarebbe soggetto al rischio di indebita distribuzione ai soci;

- in caso di utile netto d’esercizio inferiore rispetto all’importo dell’utile da adeguamento cambi (ovviamente, già diminuito delle perdite da adeguamento), la destinazione a riserva non distribuibile deve essere eseguita fino a capienza, salva la preventiva quota di utile netto destinata alla formazione obbligatoria della riserva legale;

- la riserva così formata deve essere monitorata negli esercizi successivi e, se l’utile netto da adeguamento cambi rilevato nell’esercizio seguente fosse inferiore, per la differenza la riserva deve essere “liberata”; ovvero, la quota di riserva viene riclassificata a riserva distribuibile. Se la differenza netta di conversione delle poste in valuta fosse addirittura negativa, l’intera riserva sarebbe liberata e pertanto distribuibile. Se infine nel bilancio dell’esercizio seguente l’utile da conversione fosse aumentato, una corrispondente quota dell’utile netto di bilancio di detto esercizio dovrebbe essere portata ad incremento della riserva costituita ex art. 2426, b. 8-bis, c.c., e resa non distribuibile.

Il Principio contabile OIC 26 richiede che la Nota integrativa fornisca l’ammontare degli utili e delle perdite non realizzate su cambi dando la loro articolazione per valuta di riferimento, qualora questa informazione sia utile per una migliore informativa sulla situazione patrimoniale e finanziaria della società. La tecnica di monitoraggio della riserva obbliga a tenere memoria del controvalore di ciascun credito o debito in valuta al cambio corrente alla data di effettuazione dell’operazione; come vedremo, tale memoria risulta peraltro necessaria per le esigenze imposte dalla normativa fiscale. Va infine evidenziato che detta disciplina non si applica ai soggetti Ias Adopter4. L’Appendice D del nuovo Principio contabile 26 riporta alcuni esempi utili per illustrare il trattamento contabile della riserva formata a fronte di utili su cambi non realizzati. Gli esempi assumono che la riserva legale abbia già raggiunto il quinto del capitale ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2430, co. 1, c.c., e che quindi non occorra effettuare alcun accantonamento a riserva legale. Esempio 1: Destinazione a riserva degli utili su cambi non realizzati in caso di risultato di esercizio capiente Si ipotizzi il caso in cui una società presenti in bilancio un utile netto su cambi non realizzato di 50 e il bilancio chiuda con un risultato netto d’esercizio di 60. La parte corrispondente all’utile su cambi non realizzato (pari a 50) deve essere destinata alla riserva non distribuibile appositamente designata; solo la quota residua dell’utile d’esercizio (pari a 10) sarebbe liberamente distribuibile. Esempio 2: Destinazione a riserva degli utili su cambi non realizzati in caso di risultato di esercizio non capiente Si ipotizzi il caso in cui una società presenti in bilancio un utile netto su cambi non realizzato di 50 e il bilancio chiuda con un risultato netto d’esercizio di 30.

4 Assonime Circolare n. 24/2006.

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In assenza dell’utile prodotto dalla conversione dei crediti e debiti in valuta, quindi, l’esercizio si sarebbe chiuso in perdita. Pertanto, l’utile netto dell’esercizio derivante dalla valutazione delle voci originariamente espresse n valuta estera è stato di fatto assorbito per 20 dalle perdite prodotte dalla gestione, mentre i residui 30 devono essere destinati, in sede di approvazione del bilancio, alla formazione della riserva non distribuibile. Nessuna quota di utile d’esercizio sarà quindi liberamente distribuibile. Esempio 3: Movimentazione della riserva a fronte di utili su cambi non realizzati Si ipotizzi che, alla fine dell’esercizio 2014, il risultato netto da adeguamento cambi di fine esercizio sia pari a +1000 e che il risultato economico netto dell’esercizio, tenendo conto del suddetto utile su cambi, sia pari a +600. In assenza di utile da adeguamento cambi, il risultato economico dell’esercizio sarebbe quindi stato pari a una perdita di (400). Si può quindi affermare che l’utile da adeguamento cambi é stato parzialmente assorbito (per 400) dalla perdita di esercizio derivante da altri componenti di reddito. In sede di approvazione del bilancio, si procede pertanto alla destinazione alla riserva non distribuibile dell’intero importo del risultato economico dell’esercizio 2014, pari a 600. Alla fine dell’esercizio 2015, si ipotizzi che il risultato netto derivante dall’adeguamento cambi di fine esercizio sia pari a zero e che il risultato economico dell’esercizio sia pari a 1200. La riserva precedentemente costituita nell’anno precedente, diventa pertanto disponibile e può essere riclassificata, in sede bilancio dell’esercizio 2015 in una riserva di utili distribuibili. Alla fine dell’esercizio 2016, si ipotizzi che il risultato netto derivante dall’adeguamento cambi di fine esercizio sia pari a +1800, mentre il risultato economico del medesimo esercizio, tenendo conto del suddetto utile su cambi, risulta pari a +1000. In assenza di utile da adeguamento cambi, il risultato economico sarebbe stato pari a una perdita di (800). Si può quindi affermare che l’utile da adeguamento cambi sia stato parzialmente assorbito dalla perdita di esercizio derivante da altri componenti di reddito. In sede di destinazione del risultato economico di esercizio, si procede pertanto nuovamente a destinare alla formazione della riserva non distribuibile l’intero importo del risultato economico dell’esercizio 2016 pari a 1.000, oppure a vincolare la riserva presente in bilancio (pari a 600) ed a destinare l’importo ulteriore di 400, tratto dall’utile dell’esercizio, alla sua formazione. 3. La gestione contabile e la rappresentazione in bilancio dei contratti a termine per la

copertura del rischio di cambio

Anche il nuovo Principio contabile 26 non tratta delle operazioni di copertura del rischio di cambio, rinviando la disamina della materia ad un separato documento; pertanto, un utile riferimento circa le modalità di rilevazione contabile di tali operazioni può essere tratto dal testo del previgente Principio contabile 26 in cui si distinguevano le seguenti casistiche.

a. Contratti a termine di copertura rischio cambio su specifici crediti o debiti In questo tipo di contratti a termine la copertura ha per oggetto un credito (o un debito) specifico iscritto nel bilancio al cambio storico della data di effettuazione dell’operazione, poi oggetto di adeguamento al cambio a pronti della data di fine esercizio se ancora non chiuso a tale data. L’approccio contabile da adottare in tale fattispecie è il seguente: - l’ammontare corrispondente alla differenza fra il cambio storico alla data di effettuazione

dell’operazione originaria e il cambio a termine prestabilito, moltiplicata per l’importo nominale del contratto a termine, va imputato al conto economico per competenza, ovvero pro-rata temporis lungo la durata del contratto di copertura; questa differenza viene trattata alla stregua di un interesse che matura in ragione del tempo di durata complessiva del contratto. La contropartita patrimoniale è rappresentata dal debito o credito verso l’ente finanziario;

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La rilevazione dei crediti e dei debiti in valuta

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- se il contratto a termine è stipulato dopo che è stata effettuata l’operazione che ha fatto sorgere il credito o il debito, la differenza fra il cambio storico del giorno di effettuazione dell’operazione e quello della data in cui è stato stipulato il contratto a termine deve essere interamente imputata al conto economico, senza partecipare alla ripartizione di cui sopra.

b. Contratti a termine di copertura su impegni contrattuali E’ questo il caso dell’impresa che intende coprirsi dal rischio di cambio sotteso ad un ordine di acquisto o di vendita che verrà eseguito in futuro. L’approccio contabile, applicabile secondo la previgente versione del Principio contabile 26 quando ricorrono alcune specifiche condizioni5, è il seguente: - il costo di acquisto (o ricavo di vendita) del bene è contabilizzato al cambio della data

dell’operazione stessa, con contropartita il debito (o il credito). - la differenza fra il cambio alla data di stipula del contratto a termine e il cambio alla data

dell’operazione di acquisto, o vendita, del bene viene poi imputata a rettifica diretta del costo (o ricavo), con contropartita il debito (o credito); a tale differenza viene quindi attribuita una natura commerciale.

L’ulteriore differenza (fra il cambio del contratto a termine ed il cambio alla data di stipula del contratto a termine) viene trattata come previsto alla precedente lettera a), avendo natura finanziaria. c. Contratti a termine di copertura a fronte di un’esposizione netta in valuta In questo caso, l’approccio contabile indicato è il seguente: - i crediti e debiti in valuta estera sono regolarmente convertiti al cambio a pronti alla data di fine

esercizio. - sul valore nozionale del contratto a termine viene calcolata la differenza fra il cambio di fine

esercizio ed il cambio del giorno di stipulazione del contratto a termine: questa differenza viene quindi imputata al conto economico, specularmente alla differenza di adeguamento determinata al punto precedente.

- per la differenza fra il cambio storico alla data di effettuazione dell’operazione originaria e il cambio a termine prestabilito, si procede come indicato alla precedente lettera a).

Infine, se il contratto a termine non ha funzione di copertura bensì speculativa, a fine esercizio occorre procedere alla sua valutazione come se l’operazione venisse rinegoziata a tale data; pertanto, la differenza fra il tasso di cambio a termine contrattuale e il tasso di cambio a termine alla data di fine esercizio viene imputata al conto economico. Riguardo poi alla valutazione dei crediti e debiti in valuta al cambio della data di fine esercizio, è legittimo interrogarsi se tale adeguamento, e quindi la rilevazione economica dei conseguenti utili o delle conseguenti perdite, si renda comunque dovuta anche quando queste poste monetarie sono appunto coperte da contratti derivati, oppure se ciò possa essere evitato proprio per il fatto che il rischio cambio è coperto da un’operazione speculare. Secondo Assonime6 entrambi gli approcci potrebbero essere meritevoli di accoglimento; sembrerebbe far propendere per la tesi negativa – ovvero, per la non necessità di adeguare al tasso di fine anno i crediti e debiti coperti dal rischio cambio – un’interpretazione letterale di quanto era affermato nel previgente testo del Principio contabile 26. Tuttavia, stando ad un’interpretazione più fedele al disposto dell’art. 2426, n. 8-bis, c.c., ed anche privilegiando la completezza dell’informativa di bilancio, l’approccio che vuole la conversione al cambio di fine esercizio di tutte le poste monetarie, incluse anche quelle coperte, parrebbe a nostro

5 In particolare, il punto 7.3 del previgente Principio contabile 26 condizionava l’applicazione di questo criterio al fatto che: - L’operazione in valuta è stata effettuata chiaramente in correlazione alla copertura dell’impegno contrattuale nella stessa valuta, ovvero ricorre una sostanziale coincidenza fra importo e durata dell’operazione coperta e di quella di copertura; - L’impegno in valuta è irrevocabile e confermato. 6 Circolare n. 24/2006, par. 2.3.

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avviso preferibile; in questo caso, va da sé che analoga conversione e quindi speculare effetto economico devono essere prodotti anche con riguardo al controvalore dell’operazione di copertura, con la conseguenza che sarebbero rilevati in bilancio tanto gli utili che le perdite anche del contratto di copertura sottostante, il cui segno è ragionevolmente atteso essere esattamente opposto a quello prodotto dall’adeguamento dell’operazione coperta. 4. Gli aspetti fiscali delle poste monetarie in valuta e il doppio binario civilistico-fiscale

Non si ravvisano differenze fra la norma fiscale e quella civilistica riguardo alla rilevazione originaria delle operazioni in valuta; quando invece si giunge a fine esercizio, in sede di rappresentazione dei valori nel bilancio annuale, le due discipline si separano. L’art. 110, co. 3, del Tuir, prevede che la valutazione secondo il cambio di chiusura dell’esercizio dei crediti e dei debiti in valuta non assume rilevanza fiscale. Di conseguenza, gli utili o le perdite da adeguamento delle poste monetarie in valuta – fatta eccezione per quelle relative alle disponibilità liquide ed ai rapporti di conto corrente bancario7 - non sono fiscalmente rilevanti8 ed obbligano l’impresa ad operare variazioni in diminuzione (a fronte degli utili da adeguamento) e in aumento (a fronte delle perdite da adeguamento) destinate a riversarsi solo al momento del loro successivo realizzo. Si genera così un fenomeno di doppio binario civilistico-fiscale, che trova memoria nel Quadro RV della Dichiarazione dei redditi Mod. Unico SC dell’impresa, e che è quindi potenzialmente produttivo di imposte differite e anticipate. Infatti, mentre ai fini contabili l’utile o la perdita su cambi realizzata su crediti o debiti non chiusi nell’esercizio di loro formazione si determina confrontando il cambio del giorno di pagamento con quello a pronti del giorno di chiusura dell’esercizio precedente, ai fini fiscali la differenza rilevante è quella determinata assumendo sempre il cambio storico con cui l’operazione è stata rilevata alla data della sua esecuzione. Sempre in merito al profilo fiscale, è corretto assumere che la base di computo per il calcolo della quota dello 0,5% deducibile a titolo di accantonamento al fondo rischi su crediti ex art. 106, co. 1, del Tuir, venga determinata prendendo come riferimento per la conversione del credito in valuta il cambio storico9. Aspetti fiscali dei contratti a termine di copertura su rischio di cambio Abbiamo visto i principali aspetti contabili dei contratti di copertura del rischio di cambio e, stante il principio di derivazione, non vi sarebbe alcuna apparente ragione per attendersi un diverso trattamento ai fini fiscali riguardo alle modalità sopra illustrate ed affermate nel testo vigente del nuovo Principio contabile 26. Non è però di questo avviso l’Agenzia delle Entrate, quantomeno con riguardo al caso dei contratti a termine di copertura di impegni contrattuali di acquisto o vendita di beni (vedi il caso di cui alla lettera b precedente). Infatti, chiamata ad esprimersi10 a seguito di un interpello promosso da una società che sottoscriveva impegni contrattuali di acquisto di materie prime sui mercati internazionali e che stipulava contratti di copertura specifica, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto, con ciò allontanandosi da quanto affermato nel previgente testo del Principio contabile 26, che ai fini fiscali il costo dei beni può assumere rilevanza solamente per il controvalore dell’operazione convertito al tasso di cambio del giorno di esecuzione. Quindi, non può avere rilevanza ai fini fiscali, neppure per gli effetti di valorizzazione delle giacenze finali, la differenza fra il cambio alla data di stipula del contratto a termine

7 L’Amministrazione Finanziaria si è espressa in questa direzione, riguardo ai conti correnti bancari, nella Diretta MAP del 18 maggio 2006. In senso favorevole, Assonime Circ. 24/2006. In senso contrario, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sentenza n. 6/32/11 del 25 gennaio 2011. 8 Risoluzione n. 80/E del 17 giugno 2005. 9 V. Antonelli, “Gli utili e le perdite su cambi di origine presunta”, in Contabilità Finanza e controllo n. 7/2011. 10 Risoluzione n. 83/E del 30 marzo 2009.

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La rilevazione dei crediti e dei debiti in valuta

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e il cambio alla data dell’operazione di acquisto dei beni che, come visto, verrebbe contabilmente imputata a rettifica diretta del costo con contropartita il debito verso il fornitore. Inoltre, secondo questa linea interpretativa, anche il costo della copertura – rappresentato dalla differenza fra l’ammontare del contratto a termine espresso al cambio a pronti e lo stesso ammontare convertito al cambio a termine – che il Principio contabile 26 vorrebbe ripartire pro-rata temporis, non sarebbe deducibile fiscalmente se non al momento del suo successivo realizzo. Ne deriva quindi un’ulteriore complessità poiché tale interpretazione obbliga la società ad una gestione di doppio binario civilistico – fiscale che risulta poco comprensibile11 anche alla luce del principio di derivazione. Problematiche di ordine fiscale si pongono anche in merito alla corretta applicazione dell’art. 110, co. 3, del Tuir, il quale prevede che gli utili e le perdite che derivano dalla valutazione delle attività e delle passività in valuta e per le quali il rischio di cambio è coperto, siano rilevanti fiscalmente quando i contratti di copertura “siano anche essi valutati in modo coerente secondo il cambio di chiusura dell’esercizio”. Il significato da attribuire a questa locuzione va nel senso di ritenere che in deroga alla irrilevanza fiscale degli utili e perdite da adeguamento cambi, quando oggetto dell’adeguamento di fine esercizio siano crediti o debiti coperti, gli effetti economici assumono rilevanza fiscale a condizione che siano adeguati anche i saldi dei contratti di copertura e che dei relativi componenti economici sia data altrettanto piena rilevanza fiscale. A questo ragionamento Assonime12 aggiunge un’ulteriore considerazione secondo cui nella valutazione dei contratti derivati effettuata al cambio di fine esercizio, e nell’ottica del principio della valutazione coerente prescritto dall’art. 110, co. 3, del Tuir, possa trovare spazio anche l’assunzione del derivato stesso per il suo fair value; in sostanza, secondo Assonime, combinando la disposizione anche con l’art. 112 del Tuir in materia di operazioni fuori bilancio, la valutazione dello strumento di copertura potrebbe tenere conto anche del fair value del derivato a fine esercizio e non solo del cambio corrente alla medesima data.

In breve: 1. Le poste monetarie sia se classificate nell’attivo circolante, entro o oltre i 12 mesi, e sia se

classificate nelle immobilizzazioni, sono convertite al tasso a pronti alla data di chiusura dell’esercizio.

2. Le poste non monetarie, quand’anche iscritte nell’attivo circolante, sono convertite al cambio storico.

3. L’obbligo di destinazione a riserva dell’utile d’esercizio ricorre solamente quando gli utili da adeguamento cambi superano l’importo delle perdite da adeguamento cambi.

4. Si tratta di una riserva non distribuibile ma disponibile. 5. Secondo l’Agenzia la differenza fra il cambio alla data di stipula del contratto a termine e il

cambio alla data dell’operazione di acquisto dei beni non può avere rilevanza ai fini fiscali.

11 E. Filetto M. Cammisa, “Trattamento fiscale degli acquisti a termine di valuta estera”, in Azienda & Fisco n. 10/2009. 12 Circ. cit.

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LE RIMANENZE DI MAGAZZINO E I CHIARIMENTI DEL NUOVO OIC 13

a cura di Piero Pisoni, Fabrizio Bava, Donatella Busso, Alain Devalle e Fabio Rizzato13

La valutazione delle rimanenze di magazzino è disciplinata dai punti 9 e 10 dall’art.2426 cod. civ. A integrazione di quanto previsto dalla normativa vigente, l’Organismo Italiano di Contabilità ha emanato il nuovo OIC 13 – Rimanenze, che sostituisce la precedente versione risalente al 13 luglio 2005. Con riguardo ai temi di dettaglio, la nuova versione dell’OIC 13 non contiene numerose novità, ma ha lo scopo generale di riordinare l’importante tematica della valutazione delle rimanenze e di meglio coordinare il principio con le disposizioni degli altri principi contabili nazionali OIC. Di seguito vengono analizzate le due novità più rilevanti rispetto alla precedente versione per ciò che concerne la valutazione delle rimanenze finali di magazzino, ossia:1) la capitalizzazione degli oneri finanziari e 2) la contabilizzazione dei contributi in conto esercizio.

1. La capitalizzazione degli oneri finanziari

La principale novità introdotta dal nuovo OIC 13 in merito alla valutazione delle rimanenze di magazzino riguarda la riformulazione della disciplina della capitalizzazione degli oneri finanziari a incremento del costo delle rimanenze. Il paragrafo di riferimento è il 41 e contiene diversi aspetti degni di osservazione, così sintetizzabili: a) regola generale per il trattamento degli oneri finanziari; b) requisiti per la capitalizzazione degli interessi passivi; c) limite massimo della capitalizzazione. Regola generale per il trattamento degli oneri finanziari

Per ciò che concerne la regola generale da adottare per il trattamento contabile degli oneri finanziari, il Principio contabile n. 13 specifica che, generalmente, gli oneri finanziari sono esclusi dalla determinazione del costo delle rimanenze. Alla base di tale impostazione vi sono varie teorie. Secondo una prima teoria, tali oneri non possono costituire parte del costo delle rimanenze in quanto trattasi di oneri di natura ricorrente. A questo si aggiunga che esiste una difficoltà obiettiva 13 Contributo tratto da Bilancio, Vigilanza e Controlli, n.12/14, Euroconference Editore

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Le rimanenze di magazzino e i chiarimenti del nuovo OIC 13

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nell'individuare quella parte dei predetti oneri realmente sostenuta per finanziare le rimanenze di magazzino. Tale difficoltà nella generalità dei casi rende arbitraria l'imputazione. Una seconda teoria si basa sulla scelta delle fonti di finanziamento. La scelta risulta da un calcolo di convenienza economica e/o finanziaria. Aumentare il capitale e remunerarlo con un dividendo ovvero ricorrere al credito esterno e pagare un interesse al finanziatore al posto del dividendo all'azionista è legato a una scelta che riguarda la gestione da parte degli amministratori e le differenti alternative di impiego per quanto riguarda i soci. In questo senso, l'interesse sul capitale preso a prestito rappresenta il costo per l'indisponibilità di un maggior capitale e come tale è un componente negativo del reddito. Di conseguenza, nella determinazione del costo delle rimanenze gli oneri finanziari, come regola generale, vanno esclusi. Tuttavia, il nuovo OIC 13 contiene alcuni chiarimenti per ciò che concerne, in particolar modo, la modalità oggettiva e obiettiva di individuazione degli oneri finanziari capitalizzabili. Tali chiarimenti vengono forniti attraverso il rimando esplicito al nuovo OIC 16 – Immobilizzazioni materiali, per la parte che concerne l’individuazione degli interessi passivi capitalizzabili (OIC 16, par. 33 – 36). Requisiti per la capitalizzazione degli interessi passivi

Un contributo particolarmente importante fornito dall’OIC 16 e applicabile anche alla determinazione del costo delle rimanenze riguarda le condizioni che devono essere rispettate affinché si possa procedere alla capitalizzazione. Tali condizioni sono: - deve trattarsi di oneri finanziari effettivamente corrisposti, determinati in maniera oggettiva. Tali

oneri finanziari devono essere considerati al netto di eventuali proventi finanziari percepiti dall’impresa a fronte di un ipotetico investimento temporaneo dei medesimi fondi;

- gli oneri finanziari capitalizzati, unitamente al costo delle rimanenze, non devono superare il valore di realizzazione del bene;

- il periodo di maturazione degli interessi passivi è esclusivamente quello di produzione che, per essere considerabile, deve essere significativo.

Il contributo più importante apportato dall’OIC 16 e applicabile anche alla valutazione delle rimanenze riguarda l’esplicitazione della procedura che un’impresa deve seguire al fine dell’individuazione degli oneri finanziari capitalizzabili a incremento del costo delle rimanenze, siano essi derivanti da un finanziamento di scopo (ovvero da prestiti ottenuti specificatamente per la produzione dei beni) oppure da “finanziamenti aggiuntivi” rispetto a quello specificatamente ottenuto. Nello specifico, il nuovo OIC 16 prevede che gli oneri finanziari capitalizzabili inerenti la costruzione di un’immobilizzazione siano individuati applicando ai costi complessivamente sostenuti nel corso dell’esercizio uno specifico tasso di capitalizzazione, pari alla media ponderata degli oneri finanziari netti relativi ai finanziamenti in essere durante l’esercizio. In tale computo non rientrano gli oneri finanziari su finanziamenti di scopo che, in quanto tali e in presenza dei requisiti suddetti, sono interamente capitalizzabili. Entrando nel merito della descrizione della procedura che un’impresa deve seguire per poter individuare la quota di oneri finanziari capitalizzabili a incremento del costo delle rimanenze, occorre come prima cosa procedere alla determinazione della quota di costo di costruzione capitalizzabile. A tal proposito, occorre considerare quali sono gli esborsi finanziari sostenuti dall’impresa per la produzione dei beni nel corso dell’esercizio e ponderarli per il numero effettivo di mesi in cui sono stati a disposizione dei diversi fornitori. È evidente, infatti, che un esborso finanziario sostenuto nel mese di dicembre incide in misura inferiore rispetto a un esborso finanziario effettuato nel mese di gennaio in quanto, da un punto di vista temporale, ha avuto un diverso contributo al processo economico di produzione.

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Ad esempio, un esborso finanziario pari a 150 erogato il 31 marzo inciderà per un importo di 112,5 (150/12 mesi * 9 mesi) mentre un esborso finanziario pari a 120 erogato al fornitore il 30 novembre inciderà sul costo di costruzione per un importo pari a 10 (120/12 mesi * 1 mese). Una volta determinata la quota di costo di prodizione di riferimento, ovvero la somma di denaro erogata dalla società ai fornitori nel corso dell’esercizio di riferimento ponderata per il numero di mesi dell’anno in cui i fornitori hanno avuto a disposizione il denaro, l’impresa può procedere alla determinazione degli oneri finanziari capitalizzabili. A tal fine vi è un ordine di priorità che è il seguente: 1. sono innanzitutto capitalizzabili gli oneri finanziari corrisposti nell’anno sul finanziamento di scopo; 2. successivamente, si considerano gli oneri finanziari maturati sui finanziamenti aggiuntivi fino al

raggiungimento del limite massimo di flussi finanziari considerabili, pari alla differenza tra il costo di costruzione, così come determinato precedentemente, e il finanziamento di scopo erogato al fornitore nel corso dell’esercizio.

In caso di ottenimento di più finanziamenti aggiuntivi con differenti tassi di interesse, al fine della determinazione degli oneri finanziari capitalizzabili, si considera il tasso di interesse medio dei singoli finanziamenti, ottenuto come ponderazione del tasso di interesse di ogni singolo finanziamento con l’importo del finanziamento ottenuto. Esempio Si consideri il caso in cui un’impresa ottiene due finanziamenti aggiuntivi con le seguenti caratteristiche.

Finanziamento Importo Tasso di interesse

Finanziamento 1 250 8 %

Finanziamento 2 150 9 %

Totale finanziamenti 400

Al fine di ottenere il tasso di interesse medio da utilizzare per la determinazione degli interessi passivi capitalizzabili corrisposti sui finanziamenti aggiuntivi occorre effettuare il seguente calcolo:

(250/400)*8%+(150/400)*9%. Nel caso specifico, il tasso di interesse medio ammonta all’8,375%. Solo a questo punto è possibile procedere alla determinazione degli oneri finanziari annuali capitalizzabili, che saranno pari alla sommatoria tra: - oneri finanziari su finanziamenti di scopo; - oneri finanziari su finanziamenti aggiuntivi calcolati applicando un tasso di interesse medio sul

differenziale tra il costo di costruzione annuo e l’importo dei finanziamento di scopo erogato al fornitore nel corso dell’anno.

Al fine di comprenderne l’applicazione si consideri l’esempio riportato di seguito. Esempio La società Alfa opera nel settore della produzione di bevande alcoliche. L’1/03/n la società Alfa S.p.A. ha intrapreso la produzione di un brandy che comporterà il sostenimento di un costo complessivo pari a 300.000 Euro14. 14 Nell’esempio non si considerano le problematiche Iva e si assume che non vi siano altre immobilizzazioni in corso di realizzazione.

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Le rimanenze di magazzino e i chiarimenti del nuovo OIC 13

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Il brandy, che dovrà essere sottoposto a un lungo processo di invecchiamento, pari a 24 mesi, sarà vendibile a partire dall’1/4/n+2. Durante il periodo di realizzazione del brandy, l’impresa Alfa ha sostenuto i seguenti esborsi finanziari ai diversi fornitori:

Data di versamento Importo

31/03/n 120.000

31/07/n 30.000

31/12/n 20.000

30/04/n+1 30.000

31/08/n+1 20.000

31/12/n+1 20.000

01/03/n+2 60.000

Totale 300.000

Per poter far fronte alle esigenze finanziarie, la società Alfa S.p.A. ha richiesto ed ottenuto i finanziamenti riportati di seguito.

Finanziamento Periodo Importo Tasso Tipologia di

Finanziamento

Finanziamento industriale per il finanziamento scorte 1/1/n 90.000 8% Finanziamento

di scopo

Finanziamento B 1/1/n 20.000 9% Finanziamento aggiuntivo

Finanziamento C 1/1/n 20.000 8% Finanziamento aggiuntivo

Finanziamento D 1/1/n+1 10.000 9,5% Finanziamento aggiuntivo

Finanziamento E 1/1/n+2 20.000 9% Finanziamento aggiuntivo

Totale 160.000

L’impresa Alfa S.p.A., sussistendo i requisiti dettati dal nuovo OIC 13, deve procedere alla determinazione della quota di oneri finanziari capitalizzabili nel corso dell’anno relativi ai finanziamenti in essere e utilizzati per la sostenibilità finanziaria dell’investimento. Occorre determinare innanzitutto il costo di produzione medio annuo sul quale è possibile determinare la quota di oneri finanziari capitalizzabili. Per fare ciò, si considerano gli esborsi finanziari sostenuti nell’anno n dalla società Alfa S.p.A. per la produzione del bene e, successivamente, si ponderano per il numero di mesi di competenza dell’anno di riferimento, così come indicato di seguito.

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Data Esborso finanziario

Periodo di capitalizzazione Costo di produzione ponderato

31/03/n 120.000 9 mesi 90.000

31/07/n 30.000 5 mesi 12.500

31/12/n 20.000 0 mesi 0

Totale 170.000 102.500

Dalla tabella si evince che il costo di produzione ponderato dell’anno n è pari a 102.500 Euro. Su tale importo l’impresa Alfa deve procedere alla determinazione degli oneri finanziari capitalizzabili. L’ultimo step da effettuare prima di procedere alla determinazione di tali oneri finanziari è determinare il tasso di interesse medio applicato dagli istituti bancari sui finanziamenti aggiuntivi15. Tale tasso è pari all’8,5% ed è ottenuto nel modo seguente:

(20.000/40.000)*9% + (20.000/40.000)*8%

A questo punto è possibile procedere alla determinazione degli oneri finanziari capitalizzabili, così come indicato di seguito.

Finanziamento Costo di produzione ponderata

Tasso di interesse Interessi passivi capitalizzabili

Di scopo 90.000 8,00% 7.200,00

Generici 12.500 8,50% 1.062,50

Totale 102.500 8.262,50

Da tale tabella si può notare come la quota di oneri finanziari capitalizzabili ammonta a 8.262,50 euro. Al fine dell’individuazione degli oneri finanziari capitalizzabili nell’anno n+1 e nell’anno n+2 la società Alfa S.p.A. dovrà effettuare la medesima procedura (che, per tale motivo, non viene illustrata). Limite massimo della capitalizzazione

Il par. 41 del nuovo OIC13, ricorda infine che il costo delle rimanenze, unitamente alla quota di interessi passivi capitalizzata, non deve mai eccedere il valore di realizzazione del bene desunto dall’andamento del mercato.

Al fine di determinare tale valore (OIC 13, par. 67), occorre distinguere tra: 1. merci, prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso di lavorazione e 2. materie prime e sussidiarie che partecipano alla fabbricazione dei prodotti finiti. Nel primo caso si prende come riferimento il valore netto di realizzazione di tali bene. Nel secondo caso, invece, il valore di realizzazione desunto dall’andamento del mercato è pari al costo di sostituzione.

15 Tale operazione si rende necessaria solo nel caso in cui l’impresa abbia ottenuto nel corso dell’anno diversi finanziamenti a differenti tassi di interesse.

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Le rimanenze di magazzino e i chiarimenti del nuovo OIC 13

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Graficamente:

Classi di rimanenze Presumibile valore di realizzazione desunto dall’andamento del mercato

Materie prime e sussidiarie che partecipano alla fabbricazione dei prodotti finiti

Costo di sostituzione

Semilavorati e prodotti in corso di lavorazione Valore netto di realizzo

Prodotti finiti, merci ed altre rimanenze destinate alla vendita

Valore netto di realizzo

Il paragrafo 75, in merito al presumibile valor di realizzazione, specifica che i valori sono normalmente riferiti alla data del bilancio. Tale data è però un punto di riferimento. Aspetto più importante è tenere presente che il prezzo selezionato sia realistico. È pertanto opportuno considerare l’andamento dei prezzi nonché tutte le altre condizioni conosciute anche successivamente alla data di riferimento del bilancio, purché disponibili prima della predisposizione del progetto di bilancio. Tale aspetto è coerente con quanto previsto dal par. 59 del nuovo OIC 29 – Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, eventi e operazioni straordinarie, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio. 2. La contabilizzazione dei contributi in conto esercizio

Un ulteriore importante chiarimento fornito dal nuovo OIC 13 riguarda il trattamento contabile degli eventuali contributi in conto esercizio relativi all’acquisto di rimanenze. Al riguardo, il par. 96 del nuovo OIC 13 prevede che “Ai fini della valutazione delle rimanenze, i contributi in conto esercizio acquisiti a titolo definitivo sono portati in deduzione al costo di acquisto dei materiali. In questo modo, la valutazione delle rimanenze permette di sospendere i costi effettivamente sostenuti, ossia al netto dei contributi ricevuti”. Per giungere a tale risultato, nel Conto economico, occorre stabilire il trattamento contabile dei seguenti componenti di reddito: - contributi in conto esercizio; - costi di acquisto; - variazione delle rimanenze. I contributi in conto esercizio ricevuti dalla società, essendo un componente positivo di reddito, devono essere collocati nella voce A5) Altri ricavi e proventi, in linea con quanto previsto dall’art.2425 cod. civ. e dal nuovo Principio contabile nazionale OIC 12 – Composizione e schemi del bilancio d’esercizio. I costi di acquisto sostenuti per l’approvvigionamento di rimanenze (materie prime, sussidiarie, di consumo e merci) sono collocati tra i costi della produzione, nella voce B6) acquisti di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci, al lordo dei contributi in conto esercizio ricevuti per tali acquisti. La variazione delle rimanenze di materie prime, semilavorati e prodotti finiti (pari alla differenza tra le rimanenze finali e le rimanenze iniziali e al netto dei contributi in conto esercizio) è rilevata, a seconda della tipologia di rimanenza, nella voce: • A2) Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti – nel caso di

rimanenze di prodotti che hanno subito un processo di lavorazione interna; • B11) Variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci – nel caso di

rimanenze usate indirettamente nella produzione (materiale sussidiario e di consumo), di merci o di materie prime che non hanno subito un processo di trasformazione.

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In breve: 1. Gli oneri finanziari sono generalmente esclusi dalla determinazione del costo delle rimanenze. 2. La capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa solo con riferimento a beni che richiedono

un periodo di produzione (ad esempio, per la maturazione o l’invecchiamento) significativo. 3. Il limite della capitalizzazione degli oneri finanziari è rappresentato dal valore di realizzazione

del bene. 4. La scelta di capitalizzare gli oneri finanziari deve essere applicata in modo costante nel tempo.5. I contributi in conto esercizio relativi all’acquisto di rimanenze devono essere rilevati nella

voce A5) Altri ricavi e proventi di conto economico.

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IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E NUOVO OIC 16

a cura di Piero Pisoni, Fabrizio Bava, Donatella Busso, Alain Devalle e Fabio Rizzato16

L’Organismo Italiano di Contabilità ha reso disponibile nel mese di agosto 2014 la versione definita del nuovo OIC 16 applicabile alla rilevazione e alla valutazione dei beni tangibili a partire dai bilanci chiusi al 31/12/2014. Il nuovo Principio contiene diversi chiarimenti e alcune novità sia rispetto alla sua versione precedente, sia rispetto alla bozza di Principio resa disponibile per la consultazione nel dicembre del 2011. Di seguito vengono trattati i seguenti argomenti: 1. l’iscrizione iniziale delle immobilizzazioni materiali: i chiarimenti forniti dal nuovo

OIC 16; 2. la valutazione successiva delle immobilizzazioni materiali: i chiarimenti forniti dal

nuovo OIC 16. 1. L’iscrizione iniziale delle immobilizzazioni materiali: i chiarimenti del nuovo OIC 16

La rilevazione iniziale delle immobilizzazioni materiali è disciplinata dal punto 1 dell’art. 2426 del codice civile il quale prevede che i beni materiali vengano iscritti in bilancio al costo di acquisto o al costo di produzione (se prodotti internamente). Nel caso in cui l’impresa acquisti un’immobilizzazione materiale da terze economie, al costo di acquisto devono essere addizionati gli eventuali oneri accessori sostenuti per l’acquisto dell’immobilizzazione, ossia tutti quei costi che non sarebbero stati sostenuti dall’impresa se non avesse proceduto all’acquisto dell’immobilizzazione stessa. Rappresentano esempi di tali costi (OIC 16, par. 30): - acquisto di fabbricati: spese notarili, tasse per la registrazione dell’atto di acquisto, costi di

stipulazione dell’eventuale preliminare di vendita, costi per opere di urbanizzazione primaria e secondaria previste obbligatoriamente per legge a carico del proprietario, compensi di mediazione e altri;

- acquisto di impianti e macchinari: costi di progettazione, trasporti, dazi su importazione, costi di installazione, costi ed onorari per perizie e collaudi, costi di messa a punto, costi di monitoraggio e posa in opera e altri;

- acquisto di mobili: trasporto e dazi su importazione. La contabilizzazione di tali oneri accessori, unitamente al costo di acquisto dell’immobilizzazione, avviene attraverso la seguente scrittura contabile:

16 Contributo tratto da Bilancio, Vigilanza e Controlli, n.10/14, Euroconference Editore

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Diversi Immobilizzazioni materiali Iva a credito

a Debiti verso fornitori ……………. …………….

…………….

Trattandosi infatti di costi sostenuti esclusivamente per l’acquisizione del fattore produttivo tangibile, essi devono integrare il costo storico del bene stesso. Nel caso di costruzione in economia, invece, il costo storico si configura come costo di produzione e: - include i costi diretti sostenuti per la produzione del bene (materiale e mano d’opera diretta, costi

di progettazione, forniture esterne, ecc.); - può includere i costi generali di produzione per la quota ragionevolmente imputabile al cespite per

il periodo della sua fabbricazione fino al momento in cui il cespite è pronto all’uso; - può includere gli oneri relativi al finanziamento della loro fabbricazione per il periodo di durata della

fabbricazione stessa e non oltre il momento dal quale il cespite è pronto all’uso. La scrittura contabile relativa alla capitalizzazione dei costi di produzione, nel caso di immobilizzazione non ancora ultimata e pronta all’uso, è la seguente: Immobilizzazioni materiali in corso

a Incremento immobilizzazioni per lavori interni (CE, voce A4)

…………….

Le configurazioni di costo nel caso di acquisto di un’immobilizzazione materiale sono pertanto riportate nella tavola seguente.

In merito all’iscrizione iniziale delle immobilizzazioni materiali, il nuovo OIC 16 fornisce alcuni chiarimenti per ciò che concerne i seguenti aspetti: a) la determinazione degli interessi passivi capitalizzabili ad incremento del costo storico del bene; b) la contabilizzazione dei terreni e dei fabbricati; c) le immobilizzazioni materiali acquisite a titolo gratuito; d) le immobilizzazioni materiali destinate alla vendita.

Costo storico

Acquisto esterno Produzione interna

Costo di acquisto +

Oneri accessori

Costo di produzione

Comprende PUÒ Comprendere

Costi diretti Costi generali di produzione

Oneri finanziari

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Immobilizzazioni materiali e nuovo OIC 16

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a) La determinazione degli interessi passivi capitalizzabili ad incremento del costo storico del bene Gli oneri finanziari rappresentano la remunerazione del fattore produttivo del capitale preso a prestito e, in quanto tali, sono imputati nel conto economico, nella voce C.17 – Interessi e altri oneri finanziari, nel rispetto del principio di competenza economica. Tuttavia, gli oneri finanziari sostenuti per il finanziamento della fabbricazione interna o presso terzi di un’immobilizzazione materiale (essendo quest’ultima un investimento durevole che partecipa alla produzione del reddito solo dal momento in cui entra in funzione) possono essere capitalizzati e partecipare pertanto alla determinazione del costo storico del bene. A tal proposito, il nuovo OIC 16 (paragrafo 35) specifica quali sono le condizioni che devono sussistere affinché si possa procedere alla capitalizzazione, nel modo seguente: • deve trattarsi di oneri finanziari effettivamente sostenuti, riferiti quindi all’esercizio di

realizzazione del bene; • devono essere determinabili in maniera oggettiva e devono essere assunti al netto degli eventuali

proventi finanziari derivanti dall’investimento temporaneo dei fondi presi a prestito; • gli oneri finanziari capitalizzati, unitamente al costo del bene, non devono superare il valore

recuperabile. Il presupposto alla base della capitalizzazione degli interessi passivi ad incremento del costo storico del bene, da rispettare sempre, è che il fatto di acquisire l’immobilizzazione dall’esterno o produrla internamente non può portare all’individuazione in bilancio di un costo significativamente differente. Per ciò che concerne la tipologia di finanziamenti sui quali determinare la quota di interessi passivi capitalizzabili, il nuovo OIC 16 specifica che deve trattarsi prioritariamente di finanziamenti di scopo, ossia di finanziamenti ottenuti specificatamente per finanziare la costruzione del bene. Nella misura in cui si renda necessario utilizzare ulteriore capitale di debito ottenuto mediante prestiti generici, l’ammontare degli interessi passivi capitalizzabili è determinato nei limiti della quota attribuibile alle immobilizzazioni oggetto di costruzione. Tale valore si ottiene applicando agli interessi passivi complessivamente sostenuti, un tasso di capitalizzazione pari alla media ponderata degli finanziari netti relativi ai finanziamenti in essere durante l’esercizio, diversi dai finanziamenti di scopo (OIC 16, paragrafo 35, lett. b). Infine, il nuovo OIC 16 specifica anche quale debba essere il periodo di tempo da prendere come riferimento per la determinazione degli interessi passivi capitalizzabili. Ci si riferisce in tal senso al periodo di produzione, ossia al lasso temporale intercorrente dal momento di esborso finanziario ai fornitori fino al momento in cui l’immobilizzazione è pronta all’uso, senza considerare eventuali prolungamenti causati da scioperi, inefficienza e altre cause estranee all’attività. Tale periodo di tempo, affinché sia considerabile, deve essere significativo. Graficamente:

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Come si può osservare dalla tavola, al fine della determinazione del periodo di costruzione utile per la quantificazione degli oneri finanziari capitalizzabili, la data di ottenimento del finanziamento è ininfluente. Tale periodo decorre infatti a partire dal momento in cui avviene l’esborso finanziario al fornitore e termina nel momento in cui il bene è pronto all’uso e non, invece, nel momento di ultimazione della costruzione. Si considera pertanto, oltre al tempo necessario per ultimare fisicamente il bene, anche il normale tempo di montaggio e messa a punto del cespite. Da un punto di vista operativo, al fine della determinazione della quota di interessi passivi capitalizzabili, occorre effettuare le seguenti valutazioni: - determinazione della quota di “costo di costruzione” capitalizzabile. Il primo passaggio operativo

per determinare gli interessi passivi capitalizzabili ad incremento del costo dell’immobilizzazione materiale consiste nel determinare il costo di produzione, pari alla sommatoria degli esborsi finanziari sostenuti dall’impresa acquirente per l’acquisizione dell’immobilizzazione nel corso dell’esercizio, ponderati per il numero effettivo di mesi in cui sono stati a disposizione del fornitore. È evidente, infatti, che un esborso finanziario sostenuto nel mese di dicembre incide in misura inferiore rispetto ad un esborso finanziario effettuato nel mese di gennaio in quanto, da un punto di vista temporale, ha avuto un maggior contributo al processo economico di produzione;

- determinazione degli oneri finanziari capitalizzabili. Una volta determinata la quota di costo di costruzione di riferimento, l’impresa può procedere alla determinazione degli oneri finanziari capitalizzabili. A tal fine vi è un ordine di priorità. Sono innanzitutto capitalizzabili gli oneri finanziari corrisposti nell’anno determinati sul finanziamento di scopo; successivamente, si considerano gli oneri finanziari maturati sui finanziamenti aggiuntivi fino al raggiungimento del limite massimo di flussi finanziari considerabili, pari alla differenza tra il costo di costruzione, così come determinato precedentemente, e il finanziamento di scopo erogato al fornitore nel corso dell’esercizio. Nel caso dell’ottenimento di più finanziamenti aggiuntivi con differenti tassi di interesse, al fine della determinazione degli oneri finanziari capitalizzabili, si considera il tasso di interesse medio dei singoli finanziamenti, ottenuto come ponderazione del tasso di interesse di ogni singolo finanziamento con l’importo del finanziamento ottenuto. Solo a questo punto è possibile procedere alla determinazione degli oneri finanziari annuali capitalizzabili, che saranno pari alla sommatoria tra: • oneri finanziari su finanziamenti di scopo; • oneri finanziari su finanziamenti aggiuntivi calcolati applicando un tasso di interesse medio sul

differenziale tra il costo di costruzione annuo e l’importo del finanziamento di scopo erogato al fornitore nel corso dell’anno.

b) La contabilizzazione dei terreni e dei fabbricati Il nuovo OIC 16, al paragrafo 14, prevede che nella voce di stato patrimoniale attivo B.II.1 – Terreni e fabbricati, tra i terreni siano ricompresi, oltre le pertinenze fondiarie degli stabilimenti, i terreni agricoli, le cave, i terreni estrattivi, ecc., anche i terreni su cui insistono i fabbricati. Il successivo paragrafo 52 precisa che se il valore dei fabbricati incorpora anche quello dei terreni sui quali insistono, il valore del fabbricato deve essere sempre scorporato per essere ammortizzato, e questo rappresenta una novità rispetto alla precedente versione del Principio OIC 16. Non è pertanto più possibile contabilizzare questi terreni unitamente ai fabbricati. Nel caso in cui un’impresa non avesse ancora proceduto alla separazione in bilancio tra il terreno e il connesso fabbricato, nel corso dell’esercizio 2014 dovrà effettuare la seguente scrittura contabile:

Terreno a Fabbricati …………….

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La determinazione del valore del terreno, in assenza di un costo, si effettua in base alla stima del valore del fabbricato (OIC 16, paragrafo 52). La riclassificazione obbligatoria del terreno su cui insiste il fabbricato ha anche una ripercussione dal punto di vista dell’ammortamento. Il nuovo OIC 16 elimina infatti la previsione contenuta nella precedente versione del Principio contabile OIC 16 che prevedeva la possibilità, in alcuni casi, di ammortizzare il terreno unitamente al fabbricato. Si trattava in particolar modo del caso in cui il terreno avesse avuto un valore per il fatto che vi insisteva un fabbricato. Ora, con il nuovo OIC 16, il terreno su cui insiste il fabbricato deve sempre essere scorporato e non deve mai essere assoggettato ad ammortamento.

c) Le immobilizzazioni materiali acquisite a titolo gratuito Il nuovo OIC 16 entra anche nel merito della determinazione del valore di iscrizione delle immobilizzazioni materiali acquisite a titolo gratuito. Al riguardo, la precedente versione dell’OIC 16 prevedeva che le immobilizzazioni materiali ricevute a titolo gratuito fossero iscritte in bilancio in base al presumibile valore di mercato attribuibile alle stesse alla data di acquisizione, al netto degli oneri e dei costi, sostenuti e da sostenere, affinché le stesse possano essere durevolmente ed utilmente inserite nel processo produttivo dell'impresa (OIC 16 del 2005, par. D.II.d). La nuova versione dell’OIC 16 è intervenuta precisando che le immobilizzazioni materiali acquisite a titolo gratuito sono iscritte nell’attivo dello stato patrimoniale in base al presumibile valore di mercato attribuibile alla data di acquisizione (coerentemente con la versione precedente dell’OIC 16), a cui vanno aggiunti i costi sostenuti e/o da sostenere affinché le stesse possano essere messe nelle condizioni di essere impiegate in maniera durevole nel processo produttivo aziendale (OIC 16, par. 39). Come si può osservare, dunque, i costi sostenuti per l’”adattamento” dell’immobilizzazione materiale ricevuta a titolo gratuito sono un fattore incrementale del costo storico e non, invece, da sottrarre al presumibile valore di mercato. La scrittura contabile da effettuare al momento dell’acquisizione è la seguente:

Come si può osservare dalla scrittura contabile, così come indicato dal punto 39 del nuovo OIC 16, la contropartita dell’iscrizione del cespite è un provento straordinario da rilevare tra i componenti straordinari del conto economico, alla lettera maiuscola E) Proventi e oneri straordinari. Per ciò che concerne l’ammortamento delle immobilizzazioni materiali acquisite a titolo gratuito, si applicano le medesime regole previste per quelle acquistate a titolo oneroso. d) Le immobilizzazioni materiali destinate alla vendita Il nuovo OIC 16 non contiene particolari novità in merito alla collocazione in bilancio delle immobilizzazioni materiali destinate alla vendita. Si sottolinea tuttavia il punto, in quanto la versione definitiva del nuovo OIC 16, contrariamente alla versione posta in consultazione nel 2011, ripropone che le immobilizzazioni materiali destinate alla vendita vengano riclassificate dall’attivo immobilizzato all’attivo circolante, essendosi modificata la destinazione dell’investimento. Si tratterà dunque di creare una specifica voce all’interno dell’attivo circolante denominata, per esempio, Immobilizzazioni materiali destinate alla vendita. Si ricorda al proposito che la versione in bozza del nuovo OIC 16 prevedeva che le immobilizzazioni materiali destinate alla vendita venissero indicate distintamente all’interno dell’attivo immobilizzato, attraverso l’inserimento di un “di cui destinate alla vendita” nella voce a cui si riferisce il bene oggetto di vendita con il relativo importo. Tale proposta di modifica,

Immobilizzazione materiale a Provento straordinario …………….

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coerente con i Principi contabili internazionali IAS/IFRS, è stata sospesa in attesa che si definiscano i criteri con i quali sarà recepita nel nostro ordinamento la nuova direttiva contabile europea. Sempre in merito alla riclassificazione delle immobilizzazioni materiali destinate alla vendita, il nuovo OIC 16 analizza con maggiore chiarezza e completezza rispetto alla versione precedente quali sono i requisiti che devono sussistere affinché si possa procedere alla riclassificazione. Tali requisiti sono (OIC 16, punto 19): - deve trattarsi di immobilizzazioni vendibili alle condizioni in cui si trovano alla data di riferimento

del bilancio; - non devono richiedere modifiche tali da differirne l’alienazione; - la vendita deve apparire altamente probabile alla luce delle iniziative intraprese, del prezzo previsto

e delle condizioni di mercato; - l’operazione dovrebbe concludersi nel breve periodo. La versione precedente, invece, richiedeva come unici requisiti che la vendita avvenisse nel breve periodo (come nell’attuale versione) e che la riclassificazione fosse assunta sulla base di una delibera assembleare (non esplicitamente previsto nel nuovo OIC 16). In merito alla presenza o meno della delibera assembleare, è opportuno notare come il paragrafo 19 stabilisce che “la società decide” l’eventuale riclassificazione del cespite; ciò significa che, anche se non espressamente indicato, dal punto di vista formale l’organo amministrativo dovrà assumersi la responsabilità della riclassificazione. Tale riclassificazione assume particolare importanza anche per via degli effetti che derivano dal trasferimento del bene nell’attivo circolante. Il paragrafo 72 del nuovo OIC 16 prevede infatti due tipi di implicazioni. La prima è legata al criterio di valutazione utilizzato. Nel momento in cui il cespite viene destinato alla vendita, coerentemente con le altre poste dell’attivo circolante, deve essere valutato al minore tra il valore netto contabile e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato (art. 2426, punto 9, del Codice Civile) dove, per valore desumibile dall’andamento di mercato si intende il valore netto di realizzazione, ossia il prezzo di vendita nel corso della normale gestione al netto dei costi diretti di vendita e dismissione. La seconda implicazione, derivante dalla riclassificazione delle immobilizzazioni destinate alla vendita, è l’interruzione del processo di ammortamento, con rilevanti effetti a livello economico e patrimoniale.

2. La valutazione successiva: i chiarimenti del nuovo OIC 16

Il nuovo OIC 16 fornisce importanti chiarimenti anche in merito alla valutazione delle immobilizzazioni materiali negli esercizi successivi a quello di prima rilevazione. Tali chiarimenti riguardano i seguenti aspetti: a) determinazione della quota di ammortamento; b) ammortamento di componenti aventi vite utili diverse dal cespite principale; c) casi di interruzione del processo di ammortamento. a) Determinazione della quota di ammortamento La determinazione della base di calcolo del piano di ammortamento non è una novità rispetto al passato. Il nuovo OIC 16, coerentemente con la versione del 2005, conferma che il valore iniziale da ammortizzare è la differenza tra il costo storico dell’immobilizzazione e il suo presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile. Da ciò deriva che per poter determinare la quota annua di ammortamento di un’immobilizzazione materiale occorre applicare la seguente formula:

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= Costostorico − Vitautilestimata

La prassi diffusa di ottenere la quota di ammortamento annuo come rapporto tra il costo storico e la vita utile stimata deve pertanto partire dall’assunto che detto valore residuo è così esiguo da non tenerne conto (OIC 16, par. 56). b) Ammortamento di componenti aventi vite utili diverse dal cespite principale Il nuovo OIC 16 dedica un paragrafo distinto all’ammortamento dei beni materiali che hanno componenti con vita utile diversa. A tal proposito, coerentemente con quanto previsto dalla precedente versione del medesimo Principio, il paragrafo 65 dell’OIC 16 dispone una regola generale e un’eccezione. La regola generale è che nel caso in cui un’immobilizzazione materiale comprenda componenti con vite utile di durata diversa rispetto al cespite principale (componenti, pertinenze, accessori), l’ammortamento di tali componenti deve essere calcolato separatamente dal cespite principale. Il chiarimento rispetto alla versione del 2005 risiede nel fatto che la versione precedente citava solo il caso in cui un componente avesse vita utile inferiore rispetto al cespite principale. Nella versione attuale, invece, vengono contemplati tutti i casi in cui “l’immobilizzazione materiale comprende componenti, pertinenze o accessori, aventi vite utili di durata diversa dal cespite principale”. In questi casi, nella nota integrativa, devono essere indicati i diversi coefficienti utilizzati per ciascun componente dell’immobilizzazione principale. L’eccezione alla regola generale, invece, risiede nel fatto che tale approccio per componenti (component approach) possa non essere applicato nel caso in cui lo scorporo non sia praticabile per via delle caratteristiche dell’immobilizzazione, oppure non sia significativo ai fini della rappresentazione veritiera e corretta della situazione finanziaria, patrimoniale e sul risultato economico dell’impresa. c) Casi di interruzione del processo di ammortamento Tutte le immobilizzazioni materiali devono essere sistematicamente ammortizzate ad eccezione di quei beni quali, per esempio, i terreni, le opere d’arte e, a scelta della società, alcuni immobili civili, ossia immobilizzazioni materiali che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’attività d’impresa. Rientrano in quest’obbligo di ammortamento anche i cespiti non utilizzati per lungo tempo, contrariamente a quanto previsto dalla precedente versione dell’OIC 16 che, prevedeva l’interruzione del processo. Tuttavia, il nuovo OIC 16 prevede alcune specifiche indicazioni in merito all’ammortamento dei cespiti, con particolare riferimento ai casi in cui è possibile interrompere il processo di ammortamento. Secondo il Principio contabile, vi sono 3 casi in cui il processo di ammortamento può essere interrotto, e sono: 1. immobilizzazione materiale destinata alla vendita; 2. immobilizzazione materiale con un valore contabile inferiore/uguale al relativo valore residuo

stimato; 3. cespiti obsoleti o che non saranno più utilizzati nel ciclo produttivo. Come si può osservare dalle casistiche elencate, oltre al caso delle immobilizzazioni materiali destinate alla vendita illustrato nel paragrafo precedente, il nuovo OIC 16 prevede altri due casi di interruzione del processo di ammortamento.

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Il primo riguarda l’iscrizione di un’immobilizzazione materiale ad un valore contabile inferiore (o uguale) al relativo valore residuo stimato. In proposito, l’OIC 16 prevede che nel caso in cui il presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile di un bene risulti essere uguale (o superiore) al costo dell’immobilizzazione, come può accadere per alcuni fabbricati, il bene non venga ammortizzato (OIC 16, paragrafo 55). Analogo comportamento deve essere attuato nel caso in cui, a seguito dell’aggiornamento della stima del valore residuo del bene, tale valore risulti essere pari o superiore al valore netto contabile. Il valore residuo è definito dall’OIC 16 come “il valore realizzabile dal bene al termine del periodo di vita utile residua”. Si tratta dunque del valore che l’impresa stima di ottenere al termine della vita utile dall’alienazione del bene e non, invece, del valore corrente stimato dall’impresa nel corso dei diversi esercizi di utilizzo del bene. Tale valore deve essere determinato nel momento in cui l’impresa acquista il bene ed inizia il processo di ammortamento e deve essere successivamente sistematicamente aggiornato (paragrafo 56). Il secondo caso di interruzione del processo di ammortamento, oltre alle immobilizzazioni materiali destinate alla vendita, riguarda i cespiti obsoleti o che non saranno più utilizzati nel processo produttivo dell’impresa. In quest’ultimo caso, l’OIC 16, al paragrafo 73, prevede che tali cespiti siano trattati alla stregua delle immobilizzazioni materiali destinate alla vendita. Tali beni devono pertanto essere valutati al minore tra il valore netto contabile e il valore recuperabile e non devono più essere oggetto di ammortamento. È tuttavia opportuno ricordare come in quest’ultimo caso, sarà da valutare l’eventuale presenza (probabile) di perdite durevoli di valore, da determinare ai sensi del nuovo OIC 9 – Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni immateriali e materiali.

In breve: 1. Gli oneri finanziari sostenuti per il finanziamento della fabbricazione interna o presso terzi di

un’immobilizzazione materiale possono essere capitalizzati a queste condizioni: - deve trattarsi di oneri finanziari effettivamente sostenuti, riferiti quindi all’esercizio di

realizzazione del bene; - devono essere determinabili in maniera oggettiva e devono essere assunti al netto degli

eventuali proventi finanziari derivanti dall’investimento temporaneo dei fondi presi a prestito;

- gli oneri finanziari capitalizzati, unitamente al costo del bene, non devono superare il valore recuperabile.

1. Il valore del fabbricato deve essere sempre scorporato per essere ammortizzato. 2. Le immobilizzazioni materiali acquisite a titolo gratuito vanno iscritte nell’attivo in base al

presumibile valore di mercato attribuibile alla data di acquisizione, a cui vanno aggiunti i costi sostenuti e/o da sostenere affinché le stesse possano essere messe nelle condizioni di essere impiegate in maniera durevole nel processo produttivo aziendale.

3. Le immobilizzazioni destinate alla vendita venno riclassificate dall’attivo immobilizzato all’attivo circolante.

4. L’ammortamento delle componenti con vite utile di durata diversa rispetto al cespite principale deve essere calcolato separatamente.

5. I cespiti non utilizzati per lungo tempo devono comunque essere ammortizzati.

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LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE: NUOVO OIC 23

a cura di Giancarlo De Marchi17

L’area della contabilizzazione e della valutazione in bilancio delle lavorazioni su commessa è da sempre molto complessa anche perché richiede strumenti e supporti di analisi contabile e gestionale dotati di un elevato grado di sofisticazione. Il nuovo OIC 23 costituisce un documento organico e dettagliato di grande ausilio per gli enti che lo devono applicare e contiene numerose precisazioni che mancavano nella precedente versione, chiarendo in maniera puntuale anche il trattamento contabile e di bilancio da applicarsi nelle diverse fattispecie.

1. Inquadramento normativo del Principio OIC 23

L’articolo 2424 cod. civ. prevede che i lavori in corso su ordinazione vadano iscritti nello Stato patrimoniale tra le rimanenze alla voce C) I 3 e nel Conto economico nella corrispondente voce A) 3 “variazione dei lavori in corso su ordinazione”, nel valore della produzione. Quanto alla valutazione, l’art.2426, co.11 cod. civ. precisa che i “lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”. Tali riferimenti codicistici, naturalmente sintetici, sottendono un importante riferimento alla tecnica contabile e alla dottrina in materia di bilancio per poterne derivare criteri e regole interpretativi e applicativi che, con la sempre maggiore complessità del contesto economico in cui operano le aziende, si sono significativamente evoluti. Inoltre, si deve tenere presente che la codificazione e diffusione dei principi contabili internazionali – IFRS ha giocoforza esercitato un’influenza anche sul versante dei principi contabili nazionali. Il nuovo principio OIC 23 perciò fornisce anche un’importante guida operativa in fase di applicazione per tutti i soggetti interessati, risolvendo molti dei problemi che la pratica applicativa ha generato. La contrattualistica che regola i rapporti tra committente ed esecutore dei lavori è estremamente sofisticata e variegata e spesso in caso di contratti internazionali riflette caratteristiche contrattuali tipiche di contesti normativi fortemente improntati al diritto anglosassone e che non sempre è facile ricondurre al contesto delle norme in materia di bilancio del nostro ordinamento giuridico (e soprattutto di quello fiscale). La materia dei lavori in corso su ordinazione è anche stata oggetto negli anni di trattazione e interpretazione a livello fiscale, anche se le due visioni, civilistica e fiscale, non sono sempre coincidenti all’atto dell’interpretazione e dell’applicazione effettiva e non poche sono le fattispecie oggetto di contestazione e contenzioso, data la complessità applicativa del processo valutativo.

17 Contributo tratto da Bilancio, Vigilanza e Controlli, n.8/14 e 9/14, Euroconference Editore

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Incidentalmente si richiama, per la sua innovazione, il recente D.L. 91/2014 (c.d. “Decreto Crescita”), convertito con L. n. 116, pubblicata sul S.O. n. 72/L della Gazzetta Ufficiale n.192 del 20 agosto 2014, che introducendo gli artt. 9-bis e 9-ter al D.Lgs. 38/2005, ha definitivamente sancito il ruolo dell’OIC quale ente di diritto privato con finalità di interesse pubblico che “emana i principi contabili nazionali, ispirati alla migliore prassi operativa, per la redazione dei bilanci secondo le disposizioni del codice civile”, con ciò risolvendo l’annosa questione circa la valenza giuridica ovvero meramente interpretativa dei principi contabili emanati dagli organismi professionali. 2. Definizioni e ambito applicativo

Il principio OIC 23, come nella precedente versione, ha lo scopo di “definire i criteri per la rilevazione, classificazione e valutazione dei lavori in corso su ordinazione nonché le informazioni da presentare nella nota integrativa” nel caso di bilanci redatti secondo le disposizioni del codice civile e tratta questi aspetti nell’ottica del bilancio degli appaltatori o degli esecutori del lavoro18. Per lavoro in corso su ordinazione (o commessa), si intende l’esecuzione di una fornitura di beni, o prestazione di servizi, non di serie avente caratteristiche specifiche concordate (e/o richieste) con il committente e regolata da un contratto di durata normalmente ultrannuale e la cui esecuzione prevede lo svolgimento di un’attività complessa che va dalla progettazione del bene/servizio oggetto del contratto, alla sua realizzazione e installazione presso il committente. Nel variegato ambito delle commesse rientrano, ad esempio, la realizzazione di infrastrutture (strade, ponti, opere portuali, acquedotti, dighe e grandi progetti di irrigazione, linee di comunicazione ferroviarie, oleodotti ed elettrodotti ...), la realizzazione di opere edili, la costruzione di macchinari o di impianti complessi (si pensi a centrali elettriche, stabilimenti siderurgici, raffinerie, impianti on-shore o piattaforme offshore per la trivellazione petrolifera o più in generale impianti/stabilimenti chiavi in mano), le costruzioni navali e aeronautiche, la realizzazione di sistemi informativi complessi, la progettazione di impianti sofisticati (si pensi alla progettazione di una centrale nucleare), eccetera. Particolarmente utili e chiare sono le definizioni terminologiche (riportate nei paragrafi dal 7 al 22) presentate nel documento che forniscono un inquadramento preciso e univoco delle principali fattispecie e che non erano in parte presenti nella precedente versione del luglio 2005. Vale la pena di richiamare alcune definizioni, utili anche a una più facile lettura della presente trattazione: • durata ultrannuale: si intende naturalmente il periodo previsto per l’esecuzione del lavoro che è

superiore a 12 mesi e non il fatto che il lavoro sia eseguito a cavallo della data di bilancio; • ricavi di commessa: includono il corrispettivo complessivo originariamente pattuito tra esecutore

e committente (prezzo complessivo dell’opera), comprensivo degli elementi variabili concordati (revisione prezzi, maggiorazioni da performance, integrazioni e varianti). Questi ultimi sono non necessariamente predeterminati contrattualmente nel quantum ma sono identificati analiticamente nel sistema di determinazione o richiamati in termini generali nelle clausole contrattuali e divengono noti e misurabili nell’arco temporale dell’esecuzione del lavoro medesimo;

• costi di commessa: includono tutti i costi riferibili e attribuibili a una commessa per il suo sviluppo e realizzo fino al completamento, ivi inclusi i costi derivanti dalle obbligazioni contrattuali successive al completamento;

18 Il documento precisa che appaltatore e esecutore si intendono come sinonimi e nel documento è preferibilmente utilizzato il termine “esecutore del lavoro”, verosimilmente per non abbinare il termine al contratto di appalto.

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Lavori in corso su ordinazione: nuovo OIC 23

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• ricavi e costi di commessa preventivi: quelli stimati al momento della definizione contrattuale tra le parti. Ricavi e costi di commessa consuntivi: quelli effettivamente sostenuti o maturati nell’arco della vita della commessa fino al suo completamento. Gli uni e gli altri possono cambiare nell’arco della vita della commessa e sono soggetti a ristima o rinegoziazione tra le parti;

• maggiorazioni di ricavi per contestazioni richiesti dall’esecutore del lavoro, danni e penali extra-contrattuali richiesti dal committente (claims): rappresentano componenti non prevedibili soggetti a negoziazione successiva il cui realizzo è soggetto ad incertezza.

Sotto il profilo della determinazione contrattuale del ricavo, i contratti sono identificabili in due macro tipologie (OIC 23, paragrafi 19-22): • a corrispettivo predeterminato: il prezzo della commessa è pattuito ab initio tra le parti nel

contratto, ovvero il contratto specifica distintamente il prezzo per singole componenti del bene/servizio. Sono normalmente previste clausole di variabilità a fronte di situazioni specifiche ma in generale l’esecutore del lavoro si assume integralmente il rischio del margine;

• a corrispettivo basato sul costo consuntivo più il margine (“cost plus”): in tal caso il committente si impegna a riconoscere un corrispettivo costituito dai costi effettivamente sostenuti dall’esecutore, costi la cui natura è normalmente contrattualmente predefinita, maggiorati di un margine predefinito e accettato dalle parti. In questi contratti il rischio del margine (e del profitto) è molto limitato per l’esecutore del lavoro. Va da sé che il corrispettivo complessivo della commessa può effettivamente essere determinato solo al completamento dell’opera.

Nella pratica sono più diffusi i contratti a corrispettivo predeterminato; non sono infrequenti anche i contratti che hanno le caratteristiche di entrambi, cioè una parte a corrispettivo fisso e una parte a cost plus. Sempre di più i contratti a esecuzione pluriennale hanno per oggetto la realizzazione di opere complesse, specie nel caso di progetti “chiavi in mano”, e quindi se il rapporto con il committente finale è univoco, dal lato dell’esecutore, la commessa può suddividersi in una pluralità di sub-forniture, che a loro volta assumono la caratteristiche di commesse, rientranti quindi nell’ambito dell’OIC 23, ovvero di forniture le cui caratteristiche non configurano un “lavoro in corso su ordinazione” ma una compra-vendita di un bene/servizio (si pensi alla sub-fornitura di materiale di consumo, di parti e/o macchinari non su disegno, eccetera). È importante evidenziare come, con grande attenzione, l’OIC 23 richiami e sottolinei l’importanza del sistema contabile che deve supportare la contabilizzazione dei lavori su commessa. In particolare, quasi fosse un prerequisito imprescindibile, proprio al paragrafo 2 l’OIC precisa che “per la contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione è necessario adottare un efficace sistema di previsione e rendicontazione interna. La società esamina, e se necessario, rivede periodicamente le stime dei ricavi e dei costi di commessa. Tale sistema assume caratteristiche differenti a seconda del criterio di valutazione adottato e delle metodologie applicative seguite”. Il richiamo posto dal principio in esame sulle caratteristiche del sistema contabile e di gestione che deve supportare la contabilizzazione delle commesse è quanto mai opportuno: l’esperienza insegna la difficoltà di gestire la contabilizzazione secondo le regole e i criteri richiesti dall’OIC 23, criteri e regole peraltro già previsti dalla precedente versione, specie nel caso di aziende di più ridotta dimensione che per motivi economici o culturali tendono ad avere sistemi poco o nulla sofisticati. In effetti, in assenza di un adeguato sistema di analisi dei costi per commessa e del margine e di un sistema di preventivizzazione e consuntivazione dettagliato per commessa e frequentemente aggiornato, non solo si rischia di produrre dati di bilancio anche significativamente sbagliati ma

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soprattutto si rischia di perdere il controllo del reale andamento dell’azienda, con conseguenze a volte irreparabili. Si precisa che nel nuovo OIC 23, a differenza della precedente versione del 2005, non si fa riferimento alle commesse in valuta estera, che sono trattate nel nuovo OIC 26 – Operazioni, attività e passività in valuta estera. Il nuovo OIC 23 si applica ai bilanci chiusi a partire dal 31 dicembre 2014. Il documento non precisa se l’eventuale applicazione anticipata (ad esempio per bilanci al 30 settembre 2014, peraltro non frequenti in Italia) era comunque possibile (o auspicabile).

3. Ricavi e costi di commessa

Già si è anticipato cosa si include nei ricavi e costi di commessa: il principio OIC 23 fornisce una articolata precisazione delle varie componenti da considerare e altresì dettaglia numerose fattispecie particolari per facilitare l’effettiva applicazione e indicare la via concettuale da seguire di fronte alle innumerevoli casistiche particolari che la specificità dei contratti e la continua evoluzione della contrattualistica può generare. Va da sé che quando si parla di ricavi e costi di commessa ci si riferisce sia al livello di analisi preventiva che consuntiva: ci deve essere coerenza nella misurazione e rilevazione degli effetti economici dell’attività svolta per non distorcere e falsare i risultati gestionali e di bilancio. Quanto ai ricavi di commessa, essi comprendono (OIC 23, paragrafo 29): • il prezzo stabilito contrattualmente; • le maggiorazioni per revisioni prezzi; • i corrispettivi per i beni aggiuntivi (ad esempio le varianti); • i corrispettivi aggiuntivi conseguenti a eventi i cui effetti siano contrattualmente o per legge a

carico del committente; • gli incentivi dovuti all’appaltatore per il raggiungimento di determinati obiettivi; • le rettifiche di prezzo stabilite con patti aggiuntivi; • gli altri proventi accessori (ad esempio i proventi derivanti dalla vendita di eccedenze di materiali

non utilizzati o dalla dismissione di impianti e attrezzature al termine della commessa). Alcune delle componenti sopracitate, come già indicato in precedenza, pur essendo previste contrattualmente nel loro ammontare o chiaramente nel criterio di determinazione tramite formule o simili, devono essere considerate nel preventivo dei ricavi di commessa solo se e quando (e man mano) si verificano in maniera incontestata ed incontestabile i relativi presupposti. Tale posizione rappresenta una novità rispetto alla versione dell’OIC 23 del luglio 2005. E’ questo il caso tipico della revisione prezzi, di solito collegata a specifici indici di variazione, degli incentivi riconosciuti se il bene oggetto del contratto raggiunge o supera certe predefinite performances di efficienza produttiva, fatto peraltro conoscibile solo al completamento dell’opera, o di altri incentivi riconosciuti all’esecutore (ad esempio se il completamento dell’esecuzione avviene in anticipo rispetto al termine contrattuale). Nel caso degli incentivi è necessario che il raggiungimento degli obbiettivi avvenga entro la data del bilancio e che il committente accetti la maggiorazione entro la data di approvazione del bilancio. Analogamente per le variazioni del prezzo pattuito (in aumento o diminuzione), conseguenti alle varianti rispetto al progetto originario, assumono la caratteristica di ricavo quando sono contrattualizzate con il committente (e quindi accettate) o è più che ragionevolmente prevedibile che il committente accetterà e la relativa determinazione è attendibile.

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In generale, per considerare le variazioni (in particolare in aumento) del ricavo contrattuale complessivo previsto ci si deve ispirare al principio della prudenza, che in pratica significa che il committente deve avere fornito elementi validi e sufficienti per confermare la sua accettazione della variazione del prezzo (OIC 23, paragrafo 96) entro la data del bilancio. Relativamente ai costi di commessa, la regola generale si ispira al principio del costo di produzione previsto all’art.2426 n.1 cod. civ.. L’OIC 23 al paragrafo 30 definisce i costi di commessa come “a) i costi direttamente riferibili alla commessa (costi diretti); b) i costi riferibili all’intera attività produttiva e ripartiti, per imputazione, sulle singole commesse (costi indiretti); c) ogni altro costo addebitabile alla commessa sulla base delle clausole contrattuali”. Il documento fornisce un elenco esemplificativo, ancorché assai esaustivo, dei costi diretti di commessa che includono (OIC 23, paragrafo 31): • i costi dei materiali direttamente utilizzati per la realizzazione dell’opera; • i costi della manodopera, sia di cantiere che direzionale; • i costi dei lavori/servizi subappaltati a terzi; • le spese di apertura e chiusura dei cantieri e le spese relative al trasporto in cantiere dei macchinari

e impianti eventualmente necessari; • gli ammortamenti e i costi di locazione dei macchinari impiegati; • le royalties sui brevetti utilizzati; • i costi di progettazione specifici; • i costi per assicurazioni e fideiussioni riferite alla commessa. I costi indiretti includono (OIC 23, paragrafo 32): • i costi di progettazione (se riferibili all’intera attività produttiva o a più commesse); • i costi generali di produzione o industriali, così come identificati e definiti con riferimento ai costi

di produzione imputabili alle rimanenze di magazzino (analizzati nell’OIC 13); • i costi di assicurazione. Sono espressamente esclusi dai costi di commessa le spese generali (amministrative e di vendita) e le spese di ricerca e sviluppo in quanto si riferiscono alla normale e ricorrente attività aziendale nel suo complesso (OIC 23, paragrafo 34). Anche con riferimento ai costi di commessa, così come per i ricavi, si presentano casistiche particolari o voci di costo non necessariamente prevedibili all’inizio della commessa. Innanzi tutto, nel caso la commessa preveda subforniture a terzi, si possono verificare, mutatis mutandi, le medesime problematiche descritte con riferimento ai ricavi (variazioni prezzo, varianti, incentivi ...) che entrano nei costi di commessa quando tali elementi sono ragionevolmente prevedibili e certi e/o accettati. Quanto alle tipologie di costi la cui considerazione ai fini della determinazione del costo complessivo della commessa (e quindi della sua marginalità) presenta peculiarità particolari o trattamenti alternativi, l’OIC 23 analizza espressamente le seguenti: • costi per l’acquisizione della commessa; • costi pre-operativi; • costi da sostenersi dopo la chiusura della commessa; • materiali in attesa di impiego nella commessa; • oneri (e proventi) finanziari. I costi per l’attività volta all’acquisizione delle commesse (studi, ricerche, costi e oneri relativi alla partecipazione alle gare di appalto) rappresentano un normale costo ricorrente di natura commerciale

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per le imprese che operano su commessa e come tali vanno rilevati a Conto economico nel periodo in cui sono sostenuti. I costi per l’acquisizione della commessa possono essere considerati come costi pre-operativi, e come tali inclusi nel preventivo e consuntivo dei costi di commessa, se si verificano congiuntamente le seguenti condizioni (OIC 23, paragrafo 100): • i costi sono sostenuti con riferimento ad una specifica commessa; • l’acquisizione della commessa avviene nel medesimo esercizio in cui i costi sono sostenuti o

comunque entro la data di approvazione del bilancio ovvero l’acquisizione sia ragionevolmente certa entro tale data;

• i costi sono attendibilmente misurabili e sono recuperabili nel margine di commessa. I costi pre-operativi sono quelli sostenuti dopo l’acquisizione del contratto ma prima dell’avvio dell’attività operativa in situ: i più tipici costi pre-operativi sono rappresentati (a titolo esemplificativo e non esaustivo) da: • costi per la progettazione di dettaglio dell’opera e altri studi specifici sostenuti dopo l’acquisizione

del contratto; • costi legali connessi alla stipula del contratto e costi finanziari (upfront fees ...) connessi al rilascio

delle garanzie eventualmente previste a favore del committente; • costi di organizzazione, sistemazione dello stabilimento e avvio della produzione (nel caso di

lavorazioni effettuate in tutto o in parte presso gli stabilimenti dell’esecutore); • costi per l’attivazione e l’organizzazione del cantiere, il trasporto in cantiere o l’acquisto di

eventuali macchinari e impianti, gli allacciamenti, l’assunzione del personale in loco, eccetera; • costi per l’eventuale costituzione di un’entità giuridica nel paese ove viene eseguita la commessa

e i costi legali connessi; • costi di eventuali provvigioni per intermediazioni in alcune aree geografiche espressamente

richieste (si pensi a certi Paesi ove è previsto il riconoscimento di una provvigione a entità locali ufficialmente abilitate a trattare con i fornitori esteri).

Le tipologie di costi pre-operativi possono variare significativamente e assumere anche una rilevanza notevole, come si verifica per esempio nel caso di realizzazione di commesse per grandi impianti in Paesi remoti. Alcune voci per lo più riguardano le grandi commesse e normalmente i costi sono gestiti e a carico del prime contractor. I costi pre-operativi hanno il requisito di essere attribuibili a specifiche commesse e quindi per lo più rientrano nel novero dei costi diretti di commessa e come tali sono trattati.

Vale la pena di sottolineare come il nuovo OIC 23 abbia modificato il trattamento contabile relativamente ai costi di acquisizione dei contratti ed ai costi pre-operativi, che al rispetto delle condizioni citate sono iscrivibili nei costi di commessa; nella precedente versione tali tipologie di costi trovavano collocazione nelle “Altre Immobilizzazioni Immateriali” e assoggettate ad ammortamento. I costi post-chiusura della commessa, ovvero da sostenersi successivamente al completamento e consegna dell’opera, includono tra gli altri (OIC 23, paragrafo 104): • costi di smobilizzo cantiere; • costi di collaudo e rilascio delle eventuali certificazioni; • oneri per penalità (ritardata consegna o underpeformance, o altro) e per sistemazioni di riserve

contrattuali a favore del committente ovvero a favore dei subfornitori;

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• oneri per la manutenzione delle opere successiva alla consegna per un periodo predeterminato (ove non sia previsto uno specifico contratto LTSA-Long Term Service Agreement con un proprio corrispettivo contrattuale);

• costi e oneri per la garanzia contrattuale. Anche tali costi hanno la caratteristica di essere attribuibili a una realizzazione o progetto specifico e pertanto hanno natura di costi di commessa. Alcuni di essi sono prevedibili al momento della stipula del contratto in quanto fisiologici (ad esempio i costi di smobilizzo cantiere) mentre altri si presentano nell’arco della vita della commessa in funzione dell’andamento della stessa ovvero anche successivamente (costi di garanzia): in ogni caso hanno la caratteristica di essere per lo più oggetto di stima essendo legati a fattori imponderabili. Va da sé che per la loro determinazione si dovrà fare riferimento ai principi e criteri generali di stima. Sotto un profilo contabile, tali costi, poiché saranno sostenuti successivamente al completamento e chiusura della commessa contabile, saranno oggetto di uno stanziamento a uno specifico fondo rischi nello Stato Patrimoniale (voce B3 del passivo). Rientrano nei costi post-chiusura commessa quelli relativi alla definizione di eventuali riserve e contestazioni/contenziosi tra esecutore e committente. Tali costi non sono spesso ragionevolmente determinabili neanche al momento della chiusura della commessa. Tipicamente si pensi alle contestazioni per variazione dei ricavi dovute sia a varianti che a riserve, che non essendo contrattualizzate, possono essere oggetto di lunghe negoziazioni o che vengono definite frequentemente nell’ambito di complessi arbitrati internazionali: non è infrequente nel caso di grandi commesse internazionali che la risoluzione di tali controversie richieda anni. L’OIC 23 al paragrafo 118 precisa che siffatte situazioni costituiscono sopravvenienze passive (o attive) che vanno rilevate nel valore della produzione o nei costi di produzione (non sono certamente componenti straordinari) nell’esercizio in cui esistono i requisiti della ragionevole certezza e determinabilità richiesti dai principi contabili. Se tali sopravvenienze hanno valore significativo, ne va data informazione nella Nota integrativa. Altra casistica particolare riguarda il trattamento del valore dei materiali (per lo più generici o di consumo) acquistati per l’esecuzione dell’opera in attesa di impiego e che contrattualmente non costituiscono oggetto di corrispettivo. Secondo l’OIC 23 paragrafo 106 tali materiali vanno rilevati tra le rimanenze di materiali di consumo alla voce B1 dell’attivo dello Stato patrimoniale e concorrono alla determinazione del risultato dell’esercizio tramite la rilevazione della variazione “delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci” (voce B11 del Conto Economico). Ulteriore problematica riguarda i componenti finanziari (proventi e oneri) associati alla realizzazione di una commessa.

L’OIC 23 richiama il criterio generale in base al quale i proventi/oneri finanziari vanno rilevati nel Conto economico nell’esercizio in cui maturano o sono sostenuti, nelle specifiche voci previste dallo schema di cui all’art.2425 cod. civ.. Ciò nella logica generale che nel caso di lavori su commessa ultrannuale, il meccanismo degli anticipi e degli acconti consente la copertura finanziaria dell’esecuzione dei lavori e quindi non si creano significativi sbilanci ed eccedenze finanziarie (OIC 23, paragrafo 113). Tuttavia non è infrequente, in particolare nelle grandi commesse per la realizzazione di opere chiavi in mano, che il meccanismo degli anticipi e degli acconti non sia in grado di assicurare un ragionevole flusso finanziario a copertura dei fabbisogni dell’esecutore. Si pensi alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali (centrali elettriche, dighe, ecc.) in Paesi in via di sviluppo in cui il credit standing del committente non è particolarmente apprezzabile: in tali casi non

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è infrequente che l’esecutore ricorra direttamente a finanziamenti specifici per coprire i flussi finanziari connessi all’esecuzione dell’opera, laddove il committente ricorra, per il pagamento, ai finanziamenti delle grandi istituzioni internazionali (FMI, finanziamenti alla cooperazione internazionale ...) che talvolta hanno tempi e logiche diverse da quelle del periodo di esecuzione dei lavori. Tali situazioni richiedono all’esecutore di ricorrere a specifici bridge financing sul mercato disegnati sulle esigenze finanziarie generate dallo svolgimento dei lavori. Gli oneri finanziari, possono essere inclusi nei costi di commessa se rispettano i requisiti previsti per la capitalizzazione dall’OIC 16 Immobilizzazioni Materiali e alcune condizioni previste specificatamente dall’OIC 23 ai paragrafi 115 e 116.19 In particolare, nel caso la valutazione in bilancio delle commesse in corso di esecuzione sia fatta con il criterio della commessa completata, le condizioni per includere gli oneri finanziari nei costi di commessa sono che: a) l’appaltatore non riceva anticipi e acconti di entità tale da evitare squilibri rilevanti nei flussi finanziari (e dunque la quota finanziata non è rilevante), e b) gli interessi siano recuperabili con i ricavi della commessa e ciò sia comprovabile con un preventivo di commessa che ne tenga conto. Nel caso invece la valutazione in bilancio delle commesse in corso di esecuzione sia fatta con il criterio della percentuale di avanzamento, oltre alle precedenti due condizioni sub a) e b) è necessario che - in virtù delle clausole contrattuali o altro, gli aspetti finanziari costituiscano un elemento

rilevante per valutare la redditività della commessa, e - la percentuale di completamento sia stata stimata attraverso il metodo del costo sostenuto

(cost-to-cost) o altri metodi in cui la valutazione dei lavori è funzione dei ricavi e costi previsti. È invece espressamente esclusa la possibilità di includere gli oneri finanziari nel preventivo di commessa ove la misurazione dell’avanzamento sia fatto con il metodo della misurazione fisica o simili.

4. Il sistema di rendicontazione

Le imprese che operano nel settore dei lavori su ordinazione e quindi che lavorano su commessa, non possono prescindere dal dotarsi di un adeguato sistema di controllo di gestione e di contabilità industriale, o meglio di contabilità per commessa. In assenza dello strumento contabile adeguato, la contabilizzazione dei costi di commessa, il controllo e l’analisi della marginalità e le valutazioni ai fini della redazione del bilancio annuale diventerebbero un’avventura dal fine incerto. In altre prole, l’impresa sarebbe ingestibile, con tutte le conseguenze del caso. Utile perciò, che l’OIC 23 al paragrafo 2, nell’indicare le finalità del principio abbia opportunamente fatto il richiamo sull’esigenze di “adottare un adeguato ed efficace sistema di previsione e rendicontazione interna” per la contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione. Si sottolinea che lo strumento del supporto contabile è soprattutto uno strumento necessario per la gestione operativa day-by-day dell’impresa da parte degli amministratori e della direzione e non un mero supporto per l’amministrazione e la contabilità. Più il sistema è efficace ed efficiente a rilevare

19 Il paragrafo 35 dell’OIC 16 (nuova versione) in sintesi richiede per la capitalizzazione degli interessi le seguenti condizioni: a) nel caso di finanziamenti generici, l’ammontare capitalizzato non deve comunque eccedere gli interessi effettivamente sostenuti; b) per i finanziamenti di scopo è capitalizzabile l’onere effettivamente sostenuto per il relativo periodo di effettivo utilizzo; c) sono capitalizzabili gli interessi se il periodo normale di “costruzione” dell’immobilizzazione è significativo.

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l’andamento delle commesse, più la direzione sarà in grado di prevenire e reagire alle continue e repentine fluttuazioni di mercato e agli imprevisti che spesso caratterizzano i lavori su commessa. 5. Criterio di valutazione dei lavori in corso su ordinazione

L’art. 2426, n. 11, Cod. Civ. prevede specificatamente che i lavori in corso su ordinazione “possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”. Il criterio specifico previsto dal Codice Civile comporta la c.d. “valutazione a ricavo” che rappresenta una deroga al principio generale per il quale le voci dell’attivo si iscrivono al costo, eventualmente ridotto se non recuperabile. La ratio di tale indirizzo risiede nella scelta di consentire alle aziende che lavorano su commessa, che normalmente si assume pluriennale, di presentare un conto economico che rifletta la competenza dell’attività svolta (produzione), contrapponendo ai costi sostenuti per l’avanzamento della commessa la relativa quota parte di ricavo. La possibilità di valutare a ricavo, come indicato dal citato art. 2426, n. 11, e dall’OIC 23, paragrafo 38, fa perno su due concetti: - il ricavo è contrattualmente determinato e sussiste l’obbligazione della controparte; - il ricavo è misurabile con “ragionevole certezza”, in quanto si deve tener conto di difficoltà

oggettive e di imprevisti. In alternativa, la valutazione dei lavori in corso su ordinazione può avvenire in base al criterio della “commessa completata”, iscrivendo le rimanenza al costo di produzione accumulato fino alla data e riconoscendo il ricavo, e quindi l’intero margine, al momento della consegna ed accettazione del bene o servizio (OIC 23, paragrafo 40). E’ intuitivo che tale criterio certamente fa prevalere il principio della prudenza, ma nel caso di commesse ultrannuali porta a rappresentare il risultato economico in modo scarsamente comparabile e non rappresentativo dell’attività effettivamente svolta in ciascun periodo. Con l’applicazione del metodo della commessa completata, la valutazione avviene secondo le regole e criteri previsti per le rimanenze, di cui all’OIC 13, salvo adattamenti specifici in relazione alla peculiarità del bene oggetto della rimanenza (OIC 23, paragrafo 87): il costo di produzione cumulato alla data del bilancio andrà ridotto in presenza di un minor valore di mercato che nello specifico è rappresentato dalla perdita attesa sulla commessa. L’OIC 23, paragrafo 42, indica che per le commesse in corso di durata ultrannuale si applica il criterio di valutazione della percentuale di avanzamento (o di completamento o stage of completion) al verificarsi di (tutte) le seguenti condizioni (OIC 23, paragrafo 45):

a. esiste un contratto vincolante che definisce le obbligazioni delle parti ed in particolare il diritto al corrispettivo;

b. il diritto al corrispettivo matura con ragionevole certezza via via che i lavori sono eseguiti; c. non sussistono incertezze relative a condizioni contrattuali o relative alla capacità delle parti

di adempiere alle obbligazioni contrattuali; d. il risultato della commessa può essere attendibilmente misurato.

Il risultato della commessa (margine) può “essere attendibilmente misurato” quando (OIC 23, paragrafo 46):

a. il ricavo contrattuale di commessa può essere attendibilmente determinato; b. il ricavo di commessa sarà ragionevolmente incassato dall’esecutore;

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c. i costi per il completamento dei lavori e lo stato di avanzamento può essere attendibilmente misurato;

d. i costi sostenuti per l’avanzamento possono essere attendibilmente identificati sì da consentire la comparazione con il preventivo.

Il paragrafo 62, in un’ottica di prudenza, richiama come nella fase iniziale della commessa manchi un’adeguata base per stimare in modo ragionevole l’attività svolta: conseguentemente nella fase iniziale la commessa sarà comunque valutata in base ai costi sostenuti senza riconoscere alcun margine a conto economico. Nella prassi normalmente seguita viene fissata una soglia minima che deve essere raggiunta per poter applicare la valutazione a ricavo. L’esperienza, il settore di attività, la complessità del bene/servizio da realizzare, le condizioni di mercato, la durata della commessa, guidano nella definizione della soglia. Ove le condizioni soprariportate non siano soddisfatte si applicherà il criterio della “commessa completata”. La nuova versione dell’OIC 23, paragrafo 43, specifica che per le commesse infrannuali possono essere usati entrambi i metodi, laddove la precedente versione del luglio 2005 non precisava tale facoltà, con ciò risolvendo un dubbio riscontrato frequentemente nella pratica.

Ai fini delle valutazioni di bilancio, “lo stato di avanzamento dei lavori (o percentuale di completamento) consente di accertare il ricavo maturato alla fine di ciascun esercizio e dunque il valore delle rimanenze dei lavori in corso su ordinazione (voce C.3. dell’attivo dello S.P:) ed il valore della produzione eseguita nell’esercizio da rilevare a conto economico (voce A.3. del C.E.)” (OIC 23, paragrafo 60). L’OIC 23, in linea con la consolidata prassi contabile, riconosce diversi metodi per la misurazione dello stato di avanzamento; in particolare:

- metodo del costo sostenuto - metodo delle ore lavorate - metodo delle unità consegnate - metodo delle misurazioni fisiche.

Come già detto, è importante rimarcare che, quale che sia il metodo di misurazione dell’avanzamento adottato, alla base della valutazione ci deve essere un adeguato supporto di contabilità di commessa e di preventivizzazione ed una continua attività di monitoraggio dei costi di commessa e di aggiornamento delle previsioni e stime a finire. Indipendentemente dal criterio di misurazione dell’avanzamento adottato, è importante sottolineare come un contratto di commessa costituisce sempre un’obbligazione unitaria assunta tra controparti indipendenti: ne consegue che, anche laddove l’oggetto della commessa preveda consegne ripartite o l’identificazione di fasi all’interno dell’esecuzione del lavoro, il riconoscimento dell’avanzamento e del ricavo deve essere considerato in modo unitario e non segmentato tra le diverse fasi (“corrispettivi frazionati”). Solo al verificarsi delle stringenti condizioni previste dal paragrafo 84 dell’OIC 23 è possibile procedere alla segmentazione della commessa, altrimenti non effettuabile.

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Con il “metodo del costo sostenuto” (o “cost to cost”) l’avanzamento è determinato dal rapporto tra i costi già sostenuti ed il totale dei costi previsti: la valutazione sarà determinata applicando la percentuale al ricavo contrattuale. Il valore delle rimanenze corrisponderà al ricavo maturato in funzione della percentuale di avanzamento, al netto dell’eventuale quota parte già fatturata al committente a titolo definitivo.

E’ evidente che tale metodo, che risulta di gran lunga il più applicato nel settore delle commesse ultrannuali, è il più appropriato per le commesse complesse in cui i fattori che concorrono alla produzione del bene sono molteplici e di natura diversa (costi del personale, acquisti di beni e servizi, subappalti, altri costi indiretti di produzione, ecc.), senza che vi sia una prevalenza di una particolare classe. La valutazione con il metodo del cost to cost può comportare un continuo aggiornamento delle stime dei costi a finire, in funzione dell’attività già svolta e di incertezze che possono man a mano emergere. La revisione del preventivo rappresenta un cambio di stima e, in conformità all’OIC 29 in materia, il relativo effetto è portato a conto economico nel periodo in cui la stima viene aggiornata. La natura dei costi da considerare ai fini della determinazione della percentuale di avanzamento è stata analizzata nella prima parte di questo contributo, cui si rimanda. Esempio Si assuma il seguente esempio di applicazione della valutazione in base alla percentuale di avanzamento con il metodo del costo sostenuto. L’impresa X ha ottenuto un contratto per l’esecuzione di una commessa prevista della durata di 30 mesi; nel corso dell’anno N+1 si rende necessario rivedere la stima a causa di un aumento dei costi non ribaltabile sul committente. Si ipotizzano i seguenti dati economici relativi alla commessa:

Ricavo previsto 10.000Costi totali previsti 8.000Margine atteso 2.000Margine atteso in % 20%Costi alla fine anno N 2.500Costi alla fine anno N+1 5.500Costi totali aggiornati anno N+1

8.400

Margine consuntivo aggiornato

1.600

Margine consuntivo aggiornato in %

16%

I dati di valutazione risulteranno i seguenti:

Anno N Costi accumulati 2.500 Stato di avanzamento (2.500/8.000*100) 31,25%

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Valore della commessa in base allo stato di avanzamento(10.000*31,25%) 3.125

Anno N+1 Costi accumulati 5.500 Stato di avanzamento (5.500/8.400*100) 65,47% Valore della commessa in base

a stato di avanzamento (10.000*65,47%) 6.547 Maggior margine iscritto su rimanenza anno N [31,25%-(2500/8400*100)%*10.000] (149) La rappresentazione a Conto Economico sarà la seguente:

Anno N Anno N+1 Ricavi- Variazione delle rimanenze di lavori in corso su ordinazione (voce A.3.)

3.125

3.422

Costi della produzione (per natura nelle voci della classe B.)

2.500

3.000

625 422

L’effetto del cambio di stima, nell’esempio, determina una riduzione del margine complessivo dal 20% al 16%, comportando un effetto negativo sul riconoscimento del margine dell’anno N+1, in quanto la quota parte di ricavo e di margine per 149 è già stata (indebitamente, a posteriori) riconosciuta nell’anno N. Con il “metodo delle ore lavorate” l’avanzamento è determinato dal rapporto tra le ore accumulate sulla commessa alla data e le ore totali previste. La metodologia è concettualmente analoga a quella del cost to cost ma il driver (o determinante) per la misurazione dell’avanzamento è il numero di ore svolte per la produzione della commessa.

Questo criterio è applicabile nelle commesse ad alta intensità di mano d’opera: si pensi per esempio alle commesse per la progettazione di un impianto o per lo sviluppo di un software, in cui i costi sono essenzialmente costituiti dai compensi dei tecnici che lavorano sul progetto, ovvero a quelle commesse le cui lavorazioni siano altamente complesse. In particolare secondo il paragrafo 71 dell’OIC 23, il metodo per la determinazione dell’avanzamento in base alle ore comporta:

- l’identificazione del valore aggiunto quale differenza tra il ricavo totale di commessa ed il costo dei materiali e altri costi diversi;

- il calcolo del valore aggiunto orario dato dal rapporto tra valore aggiunto totale ed il numero delle ore previste a preventivo di commessa.

Il valore delle commesse in corso a fine esercizio è rappresentato dal valore aggiunto orario moltiplicato per l’avanzamento alla data (ore lavorate alla data) incrementato dei costi accumulati dei

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Lavori in corso su ordinazione: nuovo OIC 23

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materiali e altri costi diversi. In altre parole il margine di commessa è inteso come valore aggiunto: pertanto gli altri costi diversi dalla mano d’opera sono assunti come non generatori di margine e quindi inclusi nel ricavo al loro valore di costo. Come nel metodo del cost to cost, gli effetti di eventuali cambi nelle stime del valore aggiunto (per diverso numero di ore previste a finire o per diverso ammontare degli altri costi a finire) influisce sull’esercizio in cui è aggiornata la stima. Con il “metodo delle unità consegnate” il margine viene riconosciuto progressivamente man a mano che le singole unità di cui si compone la commessa sono consegnate (o accettate) al committente (OIC 23, paragrafo 76-77).

Tale metodologia è applicabile a quelle commesse, solitamente pluriennali, il cui oggetto è la costruzione di una serie di beni analoghi sia nelle caratteristiche che nel valore di produzione e del ricavo (e margine atteso) e la cui consegna è ripartita nel tempo al completamento di ciascuna unità o gruppo. Ad esempio, si pensi ad una commessa per la costruzione di un lotto di treni (locomotiva, vagoni e relative parti di rispetto): la consegna sarà ripartita al completamento di ciascun treno con conseguente accettazione finale del committente e riconoscimento a titolo definitivo della fatturazione. Con tale criterio le unità consegnate (o accettate) sono iscritte a Conto Economico a valore contrattuale, cioè a ricavo, mentre le unità in corso di costruzione saranno valutate al costo accumulato alla data. Con il “metodo delle misurazioni fisiche” l’avanzamento è determinato in base alle quantità prodotte valorizzate ai prezzi contrattuali, a condizione che nel contratto tali prezzi siano dettagliatamente previsti o siano oggettivamente determinabili in base a criteri predeterminati (OIC 23, paragrafo 78).

Questo criterio assume alla base che, pur nella molteplicità o diversità degli elementi che costituiscono il complesso della commessa, il ricavo identificato contrattualmente consenta il riconoscimento di un margine rispetto ai costi di realizzazione attribuibili sostanzialmente uniforme. Il criterio della misurazione fisica trova applicazione in generale nel settore delle commesse immobiliari dove tipicamente sono previsti degli stati di avanzamento in contraddittorio con il committente e la relativa fatturazione a titolo definitivo come prezzo specifico per il lavoro effettuato e accettato. 6. Rappresentazione in contabilità e nel bilancio delle commesse

La rappresentazione in contabilità e nel bilancio degli eventi economici e patrimoniali di un’attività svolta su commessa interessa una pluralità di voci dello Stato Patrimoniale. In sintesi, contabilmente le commesse afferiscono le seguenti voci di bilancio (OIC 23, paragrafi 23-28): - le commesse in corso alla data di chiusura dell’esercizio vanno iscritte nell’attivo dello Stato

Patrimoniale alla voce C.I.3. Rimanenze – Lavori in corso su ordinazione (art. 2424 Cod. Civ.); - i crediti per fatture emesse per corrispettivi acquisiti a titolo definitivo o per anticipi e acconti

vanno iscritti all’attivo nella voce dello Stato Patrimoniale C.II.1. Crediti - Clienti (o nelle sottovoci 2., 3. o 4., se verso controllate, collegate o controllanti);

- gli acconti e anticipi, finché non diventano acquisiti a titolo definitivo, vanno iscritti al passivo nella voce dello Stato Patrimoniale D.6. Debiti - Acconti;

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- i costi da sostenersi successivamente alla chiusura della commessa (garanzie, costi post-installazione, ecc.) vanno iscritti al passivo nella voce B.3. Fondi per rischi e oneri – Altri;

- gli accantonamenti per perdite previste su commesse in corso vanno iscritti a riduzione diretta del valore della commessa, o per l’eccedenza negativa, nella sopracitata voce dei fondi del passivo;

- i ricavi acquisiti a titolo definitivo vanno iscritti nel Conto Economico nella voce A.1. - Ricavi delle vendite e delle prestazioni;

- il valore delle commesse in corso alla data di chiusura del bilancio, espresso in termine di variazione inizio/fine esercizio, va iscritto nel Conto Economico nel Valore della produzione alla voce A.3. Variazioni lavori in corso su ordinazione, al netto delle quote fatturate a titolo definitivo;

- i costi di commessa sono iscritti nelle diverse voci dei Costi di produzione, voce B. del CE, secondo la loro natura, in conformità allo schema di conto economico adottato dal nostro legislatore (art. 2425 Cod. Civ.).

- impegni e garanzie vanno iscritti nei conti d’ordine. La fotografia delle voci interessate alla contabilizzazione delle commesse in corso, fa capire la complessità delle rilevazioni contabili relative a tale tipologia di attività. Come detto più volte, l’attività di produzione su commessa richiede il supporto di una contabilità industriale (o gestionale) per la rilevazione dei costi e ricavi di commessa per progetto collegata e periodicamente raffrontata con il preventivo di commessa che deve presentare la stessa analiticità per consentire l’analisi degli scostamenti in corso d’opera e l’aggiornamento delle stime a finire. Inoltre, la rilevazione analitica dei costi serve anche per supportare le richieste di varianti e di integrazioni di compensi. Di seguito si esemplificano le scritture contabili più caratteristiche relative alla gestione delle commesse in corso di esecuzione (tralasciando l’IVA e altri riflessi minori). L’emissione di fatture di anticipo o acconto, che generalmente sono previste contrattualmente per fornire un flusso finanziario per sostenere la produzione, ha solo valenza patrimoniale:

Crediti verso Clienti (attivo di S.P. voce C.II.1.)

a

Debiti per Acconti (passivo di S.P. voce D.6.)

Quando l’avanzamento del lavoro fa si che il ricavo sia acquisito a titolo definitivo, l’eventuale acconto fino a concorrenza del ricavo maturato viene stornato:

Debiti per Acconti (passivo di S.P. voce D.6.)

a

Ricavi delle vendite e delle prestazioni (voce A.1. di C.E.)

Parimenti se l’ammontare dei ricavi acquisiti a titolo definitivo nei confronti del committente è superiore ai ricavi maturati in funzione dell’avanzamento, misurato secondo il criterio ordinariamente adottato, l’eccedenza, che costituisce un ricavo anticipato trova espressione nella citata voce Acconti (D.6. di S. P.). Il valore attribuito alle commesse in corso alla data di bilancio, se valutate a ricavo in funzione dell’avanzamento, va iscritto nelle rimanenze con contropartita le variazioni di magazzino nel valore della produzione:

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Lavori in corso su ordinazione: nuovo OIC 23

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Rimanenze – Lavori in corso su ordinazione (attivo di S.P. voce C.I.3.)

a

Variazioni delle rimanenze di lavori in corso su ordinazione (voce A.3. di C.E.)

Nella variazione alla voce A.3. va iscritto il valore dell’avanzamento delle commesse, al netto degli ammontari già acquisiti a titolo definitivo; in altre parole l’importo iscritto nella voce rimanenze rappresenta l’eccedenza del ricavo maturato dall’inizio della commessa fino alla data del bilancio sul ricavo acquisito a titolo definitivo che trova iscrizione nella voce A.1. dell’esercizio o degli esercizi precedenti. Vale la pena di richiamare l’attenzione che nel caso di imprese che operano su commessa e valutano le rimanenze a ricavo in base allo stato di avanzamento, si deve prestare attenzione sempre al dato complessivo dei ricavi e delle variazioni delle rimanenze (A.1 + A.3.): nelle aziende che lavorano su commessa la voce A.1. ha un significato diverso, e non necessariamente indicativo, rispetto alla voce A.1. di una normale azienda manifatturiera che accoglie il valore del fatturato, entità rappresentativa dell’attività svolta. I costi da sostenersi dopo la consegna e accettazione da parte del cliente per interventi in garanzia, eventuali costi post-installazione, messe a regime, ecc. vanno iscritti all’atto della chiusura della commessa come accantonamenti nei Fondi:

Accantonamenti per rischi o Altri accantonamenti (voci B.12 o B.13. di C.E.)

a

Fondi per rischi e oneri- Altri (passivo di S.P. voce B.3.)

7. Informazioni in Nota Integrativa

Relativamente alle informazioni da fornire in Nota Integrativa, il Codice Civile non fornisce richieste specifiche riferite al caso dei lavori in corso su ordinazione e delle lavorazioni su commessa diverse da quelle normalmente richieste dall’art. 2427, n. 1, circa la descrizione dei criteri applicati nelle valutazioni delle voci di bilancio e dall’art. 2424, n.4, in merito alle variazioni intervenute nelle altre voci dell’attivo e del passivo. In considerazione della peculiarità dell’attività su commessa, l’OIC 23, invece, richiede specifiche informazioni da riportare in nota integrativa per fornire nel bilancio una rappresentazione più veritiera e corretta dell’andamento dell’impresa. In particolare, l’OIC 23, paragrafo 120, richiede le seguenti informazioni in Nota Integrativa: - criterio di valutazione adottato per le commesse (percentuale dello stato di avanzamento o

commessa completata); - descrizione del metodo per misurare lo stato di avanzamento; - criteri di contabilizzazione dei costi di acquisizione delle commesse e pre-operativi e dei costi da

sostenersi dopo la chiusura della commessa; - criterio adottato per la contabilizzazione degli oneri finanziari e metodologia adottata nel caso

siano inclusi nella valutazione delle commesse; - ammontare delle probabili perdite di valore rilevate a fronte di commesse in corso. Inoltre, se significative, si devono fornire le informazioni relative a: - effetti degli aggiornamenti dei preventivi; - le incertezze, le attività e passività potenziali connesse alle commesse;

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- la presenza ed ammontare di eventuali claims e contestazioni con i committenti e richieste di corrispettivi aggiuntivi;

- la distinzione tra anticipi ed acconti, se non già fornita nello Stato Patrimoniale; - nel caso di società appaltatrici a consorzi, l’elenco, con relativa descrizione, delle significative

partecipazioni ai consorzi, con l’indicazione della quota di partecipazione, delle clausole che comportano significativi impegni e dei lavori ottenuti dai consorzi o affidati ai consorzi.

Nei conti d’ordine, ove non già descritti in Nota Integrativa, si deve fornire poi il valore contrattualmente previsto degli impegni per opere e servizi ancora da effettuare oltre all’esposizione nei confronti del committente per gli appalti non ancora definitivamente accertati e liquidati.

In breve: 1. I costi pre-operativi sono inclusi nel preventivo e consuntivo dei costi di commessa se si

verificano congiuntamente le seguenti condizioni: - sono sostenuti con riferimento ad una specifica commessa; - l’acquisizione della commessa avviene nel medesimo esercizio in cui sono sostenuti o comunque entro la data di approvazione del bilancio ovvero l’acquisizione sia ragionevolmente certa entro tale data; - sono attendibilmente misurabili e siano recuperabili nel margine di commessa.

2. Quando si applica la percentuale di completamento, le condizioni per includere gli oneri finanziari nei costi di commessa sono che: a) l’appaltatore non riceva anticipi e acconti di entità tale da evitare squilibri rilevanti nei flussi finanziari; b) gli interessi siano recuperabili con i ricavi della commessa e ciò sia comprovabile con un preventivo di commessa che ne tenga conto; c) gli aspetti finanziari costituiscano un elemento rilevante per valutare la redditività della commessa;

3. d) la percentuale di completamento sia stata stimata attraverso il metodo del costo sostenuto (cost-to-cost) o altri metodi in cui rilevano i ricavi e costi previsti.

4. Per le commesse di durata ultrannuale, si applica il criterio di valutazione della percentuale di avanzamento al verificarsi di tutte le seguenti condizioni: - esiste un contratto vincolante che definisce le obbligazioni delle parti ed in particolare il diritto al corrispettivo; - il diritto al corrispettivo matura via via con ragionevole certezza; - non sussistono incertezze relative a condizioni contrattuali o relative alla capacità delle parti di adempiere alle obbligazioni contrattuali; - il risultato della commessa può essere attendibilmente misurato.

5. I metodi per la misurazione dello stato di avanzamento sono: - costo sostenuto; - ore lavorate; - unità consegnate; - misurazioni fisiche.

6. Le perdite previste su commesse in corso vanno iscritte a riduzione diretta del valore della commessa. Solo l’eccedenza negativa va rilevata nella voce dei fondi del passivo.

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CAMBIAMENTI PRINCIPI CONTABILI E CORREZIONE DI ERRORI: NUOVO OIC 29

a cura di Federica Furlani e Sergio Pellegrino

Il principio contabile OIC 29 disciplina il trattamento contabile e l’informativa da fornire nella nota integrativa degli eventi concernenti: • i cambiamenti di principi contabili; • i cambiamenti di stime contabili; • la correzione di errori; • gli eventi ed operazioni straordinari; • fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio. Le principali novità rispetto alla versione precedente possono essere sintetizzate nei seguenti punti: • in merito alla determinazione degli effetti connessi al cambiamento di un principio

contabile, l'applicazione del metodo prospettico, che consiste nell’applicare il nuovo principio solo a fatti ed operazioni avvenute a partire dall'esercizio in cui avviene il cambiamento, è stata limitata ai seguenti casi: - quando non è ragionevolmente possibile calcolare l’effetto pregresso del

cambiamento di principio; - quando la determinazione dell’effetto pregresso è troppo onerosa.

• per quanto riguarda la rilevazione degli errori, il nuovo principio elimina la distinzione tra errori determinanti ed errori non determinanti;

• è stata ampliata la trattazione degli eventi successivi alla data di bilancio con l’obiettivo di trattare in maniera più completa gli eventi che possono comportare un problema di continuità aziendale.

1. Cambiamenti di principi contabili

I cambiamenti di principi contabili devono essere rilevati correttamente e con estrema cautela in quanto limitano la comparabilità dei bilanci. Sul tema, il codice civile si limita ad affermare all’art. 2423-bis, comma 1, n. 6 che “i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro” e, al comma 2, ammette deroghe a tale principio ma solo in casi eccezionali. In tal caso la nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico.

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Altre indicazioni non vengono fornite: né sulla definizione dei casi eccezionali in cui è ammessa la deroga, né sul riflesso in bilancio della rettifica risultante dal cambiamento dei criteri di valutazione, né ancora sull’esposizione in nota integrativa degli effetti delle modifiche. Colma pertanto questa “lacuna” il principio contabile OIC 29 che innanzitutto definisce i principi contabili al cui cambiamento è dedicato l’OIC stesso. Per principi contabili si intendono i principi che disciplinano: ⋅ i criteri di individuazione delle operazioni; ⋅ le modalità della loro rilevazione; ⋅ i criteri di valutazione; ⋅ i criteri di classificazione ed esposizione dei valori in bilancio. Un loro cambiamento deve essere adeguatamente motivato ed è giustificato solo da una migliore rappresentazione in bilancio dei fatti e delle operazioni societarie; va inoltre rilevato nell’esercizio in cui viene adottato. Ma come si determinano gli effetti reddituali connessi al cambiamento di un principio contabile? L’OIC 29 precisa che tale determinazione deve avvenire secondo il metodo retroattivo, che consiste nell’applicare il nuovo principio contabile anche a fatti ed operazioni avvenuti in esercizi precedenti a quello in cui avviene il cambiamento, cioè come se il nuovo principio fosse stato sempre applicato. E’ possibile utilizzare un altro metodo, il metodo prospettico, che consiste nell’applicare il nuovo principio contabile esclusivamente in relazione ad eventi ed operazioni avvenuti a partire dall’esercizio in cui avviene il cambiamento, solo nei seguenti casi: ⋅ quando non sia ragionevolmente possibile calcolare l’effetto pregresso del cambiamento di principio; ⋅ quando la determinazione dell’effetto pregresso risulti eccessivamente onerosa. Di regola, quindi, il nuovo principio contabile va applicato retroattivamente con la conseguente esigenza di calcolare l’effetto cumulativo di tale cambiamento all’inizio dell’esercizio, ipotizzando che il nuovo principio sia sempre stato utilizzato anche negli esercizi precedenti. L’effetto cumulativo è determinato dalla differenza tra il patrimonio netto contabile iniziale dell’esercizio in cui avviene il cambiamento e l’ammontare dello stesso che avremmo avuto nel caso in cui il nuovo principio fosse stato adottato nei precedenti esercizi. Esso si calcola all’inizio dell’esercizio ed è rilevato a conto economico tra i componenti straordinari. Così operando il risultato dell’esercizio in cui avviene il cambiamento del criterio contabile tiene già conto dell’applicazione del nuovo principio senza essere inficiato dall’effetto cumulativo. Un esempio aiuterà a chiarire il concetto. Si supponga che un’azienda abbia sempre valutato in passato le rimanenze con il metodo LIFO e che a fine esercizio decida, per uniformarsi alle regole della capogruppo, di passare al metodo FIFO. I relativi valori sono sotto riportati:

rimanenze iniziali rimanenze finali variazione rimanenze

Metodo LIFO 500 750 250

Metodo FIFO 350 480 130

Differenza -150 -270 -120

L’effetto cumulativo sul patrimonio netto iniziale ammonta a -150, pari cioè alla differenza tra i due valori di rimanenze iniziali, e va rappresentato a conto economico tra i componenti straordinari, in questo caso quale onere.

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Cambiamenti principi contabili e correzione di errori: nuovo OIC 29

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La scrittura potrebbe essere la seguente:

d Oneri straordinari a Rimanenze iniziali 150 150

Così facendo, le rimanenze iniziali risultano iscritte in contabilità al valore derivante dall’applicazione del nuovo metodo FIFO, cioè a 350. A fine esercizio, in sede di valutazione e rilevazione delle rimanenze finali, si procederà con la seguente scrittura contabile:

d Rimanenze finali a ≠ 480

Rimanenze inziali 350

Variazione rimanenze 130 Pertanto la voce del bilancio A.3 – Variazione delle rimanenze presenterà un ammontare pari a +130, dovuto al normale svolgersi degli eventi nel nuovo esercizio. Il minor utile ordinario derivante dall’applicazione del nuovo criterio contabile, pari a 120, sarà così determinato:

variazione rimanenze

Metodo LIFO 250

Metodo FIFO 130

Differenza -120

Se sommiamo algebricamente il ricavo di 130 come variazione di magazzino calcolata con l’applicazione del nuovo principio e i – 150 costituenti l’effetto cumulativo iniziale derivanti dal cambio di criterio, otteniamo -20 che rappresenta proprio la differenza tra le rimanenze finali calcolate con il nuovo principio (480) e quelle iniziali calcolate con il vecchio principio (500). In pratica, la differenza lorda (-20) viene scomposta nelle due componenti di effetto cumulativo (-150) quale componente straordinario e effetto ordinario sul risultato (+130), che pertanto non è inficiato da quello cumulativo. L’utilizzo del metodo prospettico per rilevare il cambiamento di principio contabile, consentito solo nei casi elencati in precedenza, non comporta invece alcuna modifica ai valori esistenti all’inizio dell’esercizio, per i quali continua ad applicarsi il precedente principio contabile. Tali valori verranno invece a modificarsi nel corso dell’esercizio e di quelli successivi man mano che si manifesteranno i fatti e le circostanze modificativi degli stessi. Di conseguenza l’applicazione del vecchio principio contabile continuerà ad influenzare non solo il risultato dell’esercizio in cui si attua il cambiamento, ma anche il risultato degli esercizi successivi. Con riferimento all’informativa da fornire nella nota integrativa a seguito del cambiamento dei principi contabili, l’art. 2423-bis c.c., dopo aver previsto al n. 6 del comma 1 che “i criteri di valutazione non possano essere modificati da un esercizio all’altro”, al comma 2 stabilisce che eventuali deroghe “sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico”.

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Nella descrizione dell’influenza sulla situazione patrimoniale e sul risultato economico, la nota integrativa deve illustrare: • le modalità di applicazione del nuovo principio contabile, e quindi:

a. in caso di applicazione retroattiva del cambiamento di principio contabile, l’effetto sulle componenti ordinarie dell’esercizio, prima delle componenti straordinarie, per non aver adottato il criterio precedente;

b. in caso di applicazione prospettica, l’effetto, se ragionevolmente determinabile, che si sarebbe avuto sulle componenti del risultato dell’esercizio precedente, se il nuovo principio contabile fosse stato applicato anche in precedenza;

• gli effetti di cui ai punti precedenti sulle voci di stato patrimoniale interessate, nonché sul risultato d’esercizio e sul patrimonio netto, al lordo e al netto dell’incidenza fiscale.

L’art. 2423-ter, comma 5, c.c. prevede inoltre che “se le voci non sono comparabili, quelle relative all’esercizio precedente devono essere adattate; la non comparabilità e l’adattamento o l’impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati nella nota integrativa”. Nel caso in cui tali effetti siano rilevanti o si ripercuotano su una pluralità di voci interessate, è opportuno che nella nota integrativa sia incluso un prospetto economico-patrimoniale sintetico tale da evidenziare le voci dell’esercizio precedente, adattate per riflettere l’applicazione del nuovo principio contabile anche a fatti ed operazioni avvenute in esercizi precedenti. 2. Cambiamenti di stime contabili

Il nuovo OIC 29 definisce le stime come i procedimenti ed i metodi in base ai quali si perviene alla determinazione di un valore ragionevolmente attendibile di attività, passività, costi e ricavi. La predisposizione del bilancio d’esercizio è essenzialmente il risultato di un processo di stima: nessuna attività e passività, tranne il denaro contante in cassa, può sottrarsi al fatto di essere stimata. Il processo di stima, soggettivo per definizione, non deve però essere arbitrario, ma deve essere eseguito sempre avendo a mente l’obiettivo fondamentale del bilancio, ovvero la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio. Il processo di stima deve tener conto: • delle caratteristiche degli elementi già esistenti alla data di chiusura dell’esercizio, quali ad esempio i

costi effettivamente sostenuti (diretti ed indiretti) per la fabbricazione di un prodotto di magazzino, dei quali si deve tener conto nella stima del magazzino stesso;

• della loro prevedibile evoluzione futura, come ad esempio quando si stima un credito, per determinare il valore di futuro realizzo, o un’immobilizzazione, nella stima della vita utile residua.

Operativamente si deve partire dall’analisi dei dati obiettivi di ogni singolo componente di una determinata classe di bilancio (ad esempio, per quanto riguarda la voce di bilancio C.II.1 Crediti verso clienti, va rilevato il valore nominale di ogni credito commerciale). Successivamente ogni singolo credito è assoggettato ad una procedura di stima, che consiste in un procedimento razionale di raccolta di informazioni e di valutazione dell’effetto che queste informazioni raccolte hanno sul valore oggetto di stima, per arrivare alla determinazione del suo valore di realizzo, rettificandolo se del caso per tener conto della stimata esigibilità. Infine, aggregando i valori, si perviene al dato di bilancio. Nel corso degli esercizi, l’acquisizione di maggiori o ulteriori informazioni, o l’accresciuta esperienza in merito a presupposti o fatti sui quali era fondata la stima originaria, conducono necessariamente gli amministratori a rivedere ed aggiornare le stime in sede di predisposizione del bilancio. I valori precedentemente esposti sono pertanto fisiologicamente soggetti a rettifica senza che queste rettifiche costituiscano correzioni di precedenti errori.

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Cambiamenti principi contabili e correzione di errori: nuovo OIC 29

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Gli effetti dei cambiamenti di stima, se chiaramente non derivano da stime errate, sono pertanto componenti ordinari di competenza dell’esercizio in cui si verificano e sono classificati nella voce di conto economico relativa all’elemento patrimoniale oggetto di stima. Non danno luogo alla formazione di alcun elemento straordinario di reddito e pertanto non deve essere fatta una loro rilevazione retroattiva, come avviene nel caso di cambiamento di principi contabili. In alcuni casi il cambiamento di stima ha effetti solo sull’esercizio in cui avviene, come ad esempio nell’ipotesi di stima dell’esigibilità di un credito o di recuperabilità delle imposte anticipate; in altri casi può aver effetto anche negli esercizi successivi, come nel caso in cui viene rivista la stima della vita utile residua di una immobilizzazione. Pur essendo in genere agevole distinguere un cambiamento di stima da un cambiamento di principio contabile, e la distinzione è rilevante per l’impatto prospettico del primo e retroattivo del secondo, vi sono situazioni in cui tale distinzione non è immediata. Si consideri ad esempio il caso in cui gli amministratori decidano di addebitare a conto economico un onere che, negli esercizi precedenti, era stato capitalizzato, perché sulla base di nuove informazioni risulta incerta l’utilità futura dello stesso. Se è vero che capitalizzazione e addebito al conto economico sono criteri contabili alternativi, in questa ipotesi il cambiamento non rappresenta una scelta generale di politica contabile aziendale, che andrebbe rilevata come cambiamento di principio contabile, ma la scelta deriva dall’incertezza dell’utilità futura di un onere e quindi va ricondotta ad un cambiamento di stima e non di principio. Il nuovo OIC 29 precisa inoltre che, nei casi in cui un cambiamento di principio contabile comporta contestualmente anche un cambiamento di stima, poiché quest’ultimo è diretta conseguenza del cambiamento di principio ed essendo difficile, se non impossibile, distinguere tra i due effetti, la rettifica complessiva è rilevata come un cambiamento di principio contabile. L’art. 2427 c.c. non prevede specifiche informazioni da fornire nella nota integrativa per i cambiamenti di stima; tuttavia un’informativa si rende necessaria se il cambiamento non è originato dai normali aggiornamenti delle stime di valore effettuati in precedenti esercizi, come ad esempio succede quando si verificano eventi straordinari che richiedono una sostanziale modifica nella determinazione della stima, ovvero nel caso di operazioni che implichino rischi ed incertezze nella stima stessa. In questi casi, nella nota integrativa vanno illustrate: • le ragioni del cambiamento; • il criterio di determinazione degli effetti del cambiamento di stima ed il metodo utilizzato in tale

determinazione; • l’effetto del cambiamento e la relativa incidenza fiscale. 3. Correzioni di errori

Il nuovo OIC 29 definisce errore contabile una rappresentazione qualitativa e/o quantitativa non corretta di un dato di bilancio e/o di un’informazione fornita in nota integrativa. Si commette pertanto un errore quando non si applica o si applica in modo improprio un principio contabile pur avendo a disposizione tutte le informazioni e i dati necessari per la corretta applicazione. Possono verificarsi errori a causa di errori matematici, di erronee interpretazioni di fatti, di negligenza nel raccogliere tutte le informazioni ed i dati disponibili per un corretto trattamento contabile, fattispecie pertanto diverse da quelle relative ai cambiamenti di stime o di principi contabili, da cui gli errori si distinguono. L’OIC 29, nella nuova versione aggiornata, non contiene più la distinzione tra errori determinanti e non, ma distingue tra errori marginali o addirittura irrilevanti e quelli che invece arrecano pregiudizio alla conformità del bilancio al postulato della rappresentazione veritiera e corretta.

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Viene rilevata inoltre l’impossibilità di definire le soglie di significatività e rilevanza di un errore, per stabilire quando arrechi o meno tale pregiudizio, perché diverse sono le variabili in gioco: possono aversi errori che, pur non essendo rilevanti sul piano quantitativo, lo sono tuttavia sul piano qualitativo e altri che, pur non essendo rilevanti di per sé, lo divengono a causa delle conseguenze che si sarebbero avute qualora non fossero stati commessi. Ad esempio, un mero errore di calcolo relativamente modesto commesso nell’iscrivere in bilancio valori liquidi superiori al reale (di per sé non rilevante) potrebbe divenire tale se il mantenimento di un ammontare minimo di liquidità fosse una condizione essenziale di un contratto il cui mancato avverarsi comporterebbe rilevanti conseguenze economiche per l’impresa. In ogni caso, quando si verifica un errore, questo va rilevato nel momento in cui è individuato e sono disponibili le informazioni ed i dati per un suo corretto trattamento. Chiaramente, se viene rilevato prima della chiusura dell’esercizio non ci sono particolari problematiche da gestire: basterà annullare o correggere la scrittura contabile originaria. Se invece l’errore è individuato dopo la chiusura dell’esercizio, la correzione si effettua in quello in corso modificando la voce patrimoniale interessata, e imputando come contropartita un provento od un onere da classificarsi tra i componenti straordinari alla voce “E) Proventi ed oneri straordinari” (E20 e E21), creando la sottovoce “Componenti di reddito relativi ad esercizi precedenti”. Vi sono tuttavia dei casi in cui le correzioni riguardano errori commessi nel rilevare fatti che non hanno mai avuto influenza diretta sul conto economico: in tali fattispecie la correzione non avrà come contropartita il conto economico, ma il patrimonio netto nelle sue corrispondenti voci. E’ il caso ad esempio di errori compiuti nel rilevare la rivalutazione iniziale di una immobilizzazione eseguita a seguito di leggi speciali, la cui correzione troverà contropartita nella relativa Riserva di rivalutazione; o il caso di correzione di scritture contabili operate a seguito di operazioni di conferimento o fusione, che troveranno contropartita nella voce Differenza di conferimento o fusione. Per quanto riguarda le informazioni che devono essere contenute nella nota integrativa nel caso di correzione di errori, nel fornire l’informativa di cui all’art. 2427, comma 1, c.c. al punto 13) “la composizione delle voci “proventi straordinari” e “oneri straordinari” del conto economico, quando il loro ammontare sia apprezzabile”, andrà illustrata: • la natura dell’errore commesso; • l’ammontare della correzione operata nell’esercizio corrente e l’ammontare della stessa con

riferimento agli esercizi precedenti inficiati dagli errori rilevati, qualora determinabile. Inoltre, per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico andrà indicato l’importo corretto della voce corrispondente del precedente esercizio. 4. Operazioni ed eventi straordinari

Il risultato d’esercizio può essere influenzato, anche in modo significativo, dagli effetti di operazioni ed eventi straordinari, definiti quali quelli che originano proventi e oneri la cui fonte è estranea all’attività ordinaria della società. Sono considerati straordinari i proventi e gli oneri che derivano da: • eventi accidentali ed infrequenti; • operazioni infrequenti che sono estranee all’attività ordinaria della società. E’ possibile quindi che uno stesso evento possa essere considerato straordinario per un’impresa e ordinario per un’altra, a seconda dell’attività ordinaria svolta dall’impresa stessa. Non sono invece considerati eventi o operazioni straordinari: • scioperi, anche se di rilevante entità, in quanto rientranti nel rischio di impresa; • utili o perdite derivanti da variazioni dei cambi;

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Cambiamenti principi contabili e correzione di errori: nuovo OIC 29

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• perdite su crediti, anche se di rilevante entità (per insolvenza del creditore); • definizione di controversie, se di natura ricorrente e/o pertinenti alla ordinaria gestione dell’impresa. Le operazioni e gli eventi straordinari si contabilizzano nell’esercizio in cui l’evento si verifica o l’operazione viene effettuata e sono classificati nelle voci E20 ed E21 del conto economico, rispettivamente dedicate ai proventi e agli oneri straordinari. Un elenco esemplificativo non esaustivo di ciò che va classificato nelle voci E20 ed E21, è contenuto nell’OIC 12 nel commento dedicato allo schema di conto economico. Si tratta di: a) oneri, plusvalenze e minusvalenze derivanti da operazioni con rilevanti effetti sulla struttura dell’azienda, quali ad esempio oneri di ristrutturazioni aziendali, componenti reddituali derivanti da ristrutturazioni del debito, plusvalenze e minusvalenze derivanti da conferimenti di aziende e rami aziendali, fusioni, scissioni ed altre operazioni sociali straordinarie; b) plusvalenze e minusvalenze derivanti dall’alienazione di immobili civili ed altri beni non strumentali all’attività produttiva e non afferenti la gestione finanziaria, nonché il plusvalore derivante dall’acquisizione delle immobilizzazioni materiali a titolo gratuito; c) plusvalenze e minusvalenze da svalutazioni e rivalutazioni di natura straordinaria d) sopravvenienze attive e passive derivanti da fatti naturali o da fatti estranei alla gestione dell’impresa, quali ad esempio: • furti e ammanchi di beni di natura straordinaria; • perdite o danneggiamenti di beni a seguito di eventi naturali straordinari come alluvioni, terremoti,

incendi, inondazioni, ecc.; • liberalità ricevute, in danaro o in natura, che non costituiscono contributi in conto esercizio da iscrivere

alla voce A5; • oneri per multe, ammende e penalità originate da eventi estranei alla gestione, imprevedibili ed

occasionali; • oneri da cause e controversie di natura straordinaria non pertinenti alla normale gestione dell’impresa; • perdita o acquisizione a titolo definitivo di caparre, qualora abbiano natura straordinaria; • indennità varie per rotture di contratti. e) componenti di reddito relativi ad esercizi precedenti; f) componenti straordinari conseguenti a mutamenti nei principi contabili adottati, di cui abbiamo trattato in un precedente paragrafo; g) imposte relative ad esercizi precedenti. Va infine rilevato che, per determinate fattispecie, è necessario anticipare, attraverso appositi accantonamenti ai fondi per rischi e oneri, in conformità alla disciplina prevista nell’OIC 31 “Fondi per rischi e oneri e Trattamento di Fine Rapporto”, gli eventuali oneri connessi ad operazioni straordinarie non ancora effettuate, ma i cui presupposti esistono già alla data di bilancio e risultano probabili e quantificabili alla data di redazione del bilancio. Per quanto riguarda le informazioni da fornire nella nota integrativa ricordiamo che l’art. 2427, comma 1, c.c. al punto 13) richiede “la composizione delle voci “proventi straordinari” e “oneri straordinari” del conto economico, quando il loro ammontare sia apprezzabile”. 5. Fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio

I fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio sono quei fatti, positivi e/o negativi, che avvengono tra la data di chiusura dell’esercizio e la data di formazione del bilancio, che nella generalità dei casi è individuata con la data in cui viene redatto il progetto di bilancio da parte degli amministratori.

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Tuttavia, se tra la data di formazione del bilancio e la data di approvazione da parte dell’organo assembleare si verificassero eventi tali avere un effetto rilevante sul bilancio, gli amministratori debbono adeguatamente modificare il progetto di bilancio, secondo le regole che seguono e nel rispetto del procedimento previsto per la formazione dello stesso. L’OIC 29 individua tre fattispecie di fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio: • fatti successivi che devono essere recepiti nei valori di bilancio; • fatti successivi che non devono essere recepiti nei valori di bilancio; • fatti successivi che possono incidere sulla continuità aziendale. Per quanto riguarda i primi, si tratti di fatti che si riferiscono a condizioni già esistenti alla data di chiusura del bilancio, ma delle quali si viene a conoscenza solo in data successiva. In questo caso i valori di fine esercizio, patrimoniali o reddituali, devono essere rettificati per recepire tali fatti nel rispetto del principio di competenza economica, riflettendosi pertanto sulla situazione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico d’esercizio. Alcuni esempi sono forniti dallo stesso principio contabile: • definizione dopo la chiusura dell’esercizio di una causa legale in essere alla data di bilancio per un

importo diverso da quello prevedibile a tale data; • fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio da cui emerga che talune attività già alla data di

bilancio avevano subìto riduzioni durevoli di valore o riduzioni del valore di mercato rispetto al costo; • fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio che evidenzino situazioni, esistenti alla data di

bilancio, che incidano sulle valutazioni di bilancio, come nel caso di deterioramento della situazione finanziaria di un debitore, confermata dal fallimento dello stesso dopo la data di chiusura, che indica che la situazione di perdita del credito esisteva già alla data di bilancio, oppure nel caso di vendita di prodotti giacenti a magazzino a fine anno a prezzi inferiori rispetto al costo;

• definizione, dopo la chiusura dell’esercizio, di un maggior prezzo di acquisto di un’attività acquisita o di un minor prezzo di vendita di un’attività ceduta prima della fine dell’esercizio;

• determinazione, dopo la chiusura dell’esercizio, di un premio da corrispondere a dipendenti quale emolumento per le prestazioni relative all’esercizio chiuso;

• scoperta di un errore o di una frode. Dopo la chiusura dell’esercizio si possono verificare invece fatti e circostanze che non sono da recepire nell’esercizio in chiusura, ma che andranno ad incidere sul bilancio del nuovo esercizio appena aperto. Esempi sono: • la riduzione nel valore di mercato di alcuni titoli nel periodo successivo rispetto alla chiusura

dell’esercizio, in quanto tale riduzione riflette condizioni di mercato intervenute dopo la chiusura dell’esercizio;

• la distruzione di impianti di produzione causata da calamità; • la perdita derivante dalla variazione dei tassi di cambio con valute estere; • la sostituzione di un prestito a breve con uno a lungo termine conclusasi nel periodo tra la data di

chiusura dell’esercizio e quella di formazione del bilancio, il cui trattamento contabile è disciplinato dall’OIC 19 “Debiti”;

• la ristrutturazione di un debito avente effetti contabili nel periodo tra la data di chiusura dell’esercizio e quella di formazione del bilancio, il cui trattamento contabile è disciplinato dall’OIC 6.

Tali fatti quindi non vanno rilevati in bilancio, ma devono essere illustrati nella nota integrativa affinché i destinatari dell’informazione societaria possano fare le opportune valutazioni e prendere le più consapevoli decisioni. In tal senso richiedono un’adeguata informativa nella nota integrativa:

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• le operazioni di natura straordinaria (fusioni, scissioni, conferimenti, ecc.) eseguite dopo la chiusura dell’esercizio;

• l’annuncio di un piano di dismissioni di importanti attività; • gli acquisti o cessioni di un’azienda significativa; • la distruzioni di impianti, macchinari, merci in seguito ad incendi, inondazioni o altre calamità naturali; • l’annuncio o avvio di piani di ristrutturazione; • l’emissione di un prestito obbligazionario; • l’aumento di capitale; • l’assunzione di rilevanti impegni contrattuali; • significativi contenziosi (contrattuali, legali, fiscali) sorti dopo la chiusura dell’esercizio; • fluttuazioni anomale significative dei valori di mercato delle attività di bilancio (per esempio titoli) o nei

tassi di cambio con le valute straniere verso le quali l’impresa è maggiormente esposta senza coperture; • richieste di ammissione alla quotazione nelle borse valori. Per completezza ricordiamo che l’art. 2428, comma 3, n. 5 c.c. richiede che dalla relazione sulla gestione risultino in ogni caso i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio. Di conseguenza l’informazione richiesta nella nota integrativa può avvenire anche mediante un richiamo all’illustrazione fatta dagli amministratori nella relazione sulla gestione. L’OIC 29, nel concludere la disamina sulle tipologie di fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio, tratta infine di quei accadimenti che possono mettere in dubbio il presupposto della continuità aziendale, e a cui gli amministratori devono prestare particolare attenzione, anche al fine di un’eventuale messa in liquidazione della società o di cessazione dell’attività operativa o di una più semplice riflessione sulla necessità di basarsi ancora nelle valutazioni di bilancio d’esercizio sul presupposto della continuità aziendale. Un esempio in tal senso è costituito da un peggioramento nel risultato di gestione e nella posizione finanziaria di un’impresa dopo la chiusura dell’esercizio di dimensioni tali da porre dubbi sulla continuità aziendale.

In breve: 1. In caso di modifica di principi contabili, è possibile utilizzare il metodo prospettico solo:

- quando non sia ragionevolmente possibile calcolare l’effetto pregresso del cambiamento; - quando la determinazione dell’effetto pregresso risulti eccessivamente onerosa.

2. Nei casi in cui un cambiamento di principio contabile comporta contestualmente anche un cambiamento di stima la rettifica complessiva è rilevata come un cambiamento di principio contabile.

3. In tema di errori, si distingue tra errori marginali o addirittura irrilevanti e quelli che invece arrecano pregiudizio alla conformità del bilancio al postulato della rappresentazione veritiera e corretta.

4. Sono straordinari i proventi e gli oneri che derivano da: - eventi accidentali ed infrequenti; - operazioni infrequenti che sono estranee all’attività ordinaria della società.

5. Se tra la data di formazione del bilancio e la data di approvazione da parte dell’organo assembleare si verificano eventi con un effetto rilevante sul bilancio, gli amministratori devono modificare il progetto di bilancio.

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LA RILEVAZIONE CONTABILE E IN BILANCIO DEL CONFERIMENTO DI AZIENDA

a cura di Fabio Landuzzi

La rilevazione contabile e la rappresentazione in bilancio dell’operazione di conferimento di azienda (o di ramo di azienda), necessita di affrontare e risolvere due questioni propedeutiche: - la “valutazione” del compendio aziendale conferito, che si riflette poi in termini di incremento del patrimonio netto della società conferitaria; - la “allocazione” agli elementi dell’attivo della conferitaria del valore complessivo attribuito all’azienda ricevuta in apporto. Il tema non è trattato al momento, né dai Principi contabili nazionali, né dai Documenti emanati dall’OIC, per cui la prassi professionale e la dottrina hanno sviluppato nel tempo approcci differenti ed anche proposto metodologie contabili diverse in grado di riflettersi poi con effetti differenziati nel bilancio stesso della conferitaria. Inoltre, la normativa fiscale, caratterizzata dal regime ordinario della neutralità dell’operazione di conferimento (art. 176 del Tuir), ma con la facoltà di affrancamento oneroso degli eventuali maggiori valori iscritti all’attivo, ha spesso indotto le imprese a fare scelte contabili dettate da ragioni strumentali alla semplificazione degli adempimenti tributari oppure funzionali a poter cogliere opportunità offerte dalla vigente disciplina fiscale. In questo scenario, con la pubblicazione del Caso 4/2014, Assonime ha condotto una disamina interessante dei suddetti profili principali della questione – valutazione dell’azienda apportata e allocazione all’attivo della società conferitaria – fornendo un valido contributo in cui si tende a preferire il fatto di fare riferimento, ai fini dell’iscrizione dell’azienda ricevuta, al valore complessivo del compendio aziendale così come pattuito dai soci, e ad applicare, per quanto concerne la allocazione all’attivo, lo stesso approccio previsto per l’imputazione del disavanzo nelle fusioni societarie.

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La rilevazione contabile e in bilancio del conferimento di azienda

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1. Premessa: questioni preliminari nella rilevazione contabile e nella rappresentazione in bilancio del conferimento di azienda

La rappresentazione nel bilancio della società conferitaria dell’operazione di conferimento di azienda (o di ramo di azienda) richiede in via del tutto preliminare di affrontare e risolvere due aspetti fondamentali:

i. il primo è riferito alla valutazione dell’azienda conferita: si tratta di stabilire a quale valore complessivo deve essere iscritta l’azienda (o il ramo di azienda) ricevuta in apporto nelle scritture contabili della società conferitaria, posto che l’ammontare indicato nella relazione giurata di stima ex art. 2343, c.c.20, non può che intendersi espressivo di un limite massimo21, e non rappresentativo di un valore puntuale vincolante in senso assoluto22. Questo punto si interseca con le esigenze dei soci e con gli accordi economici in funzione dei quali sono stati stabiliti su base negoziale i concambi; infatti, il valore riconosciuto all’azienda conferita nelle scritture contabili della società conferitaria si rifletterà in termini di incremento di patrimonio netto sotto forma di capitale sociale e sovrapprezzo, con l’effetto ultimo di misurare l’effettiva partecipazione attribuita al soggetto conferente;

ii. il secondo profilo preliminare è riferito alla allocazione del valore complessivo attribuito al compendio aziendale conferito (nella misura complessiva stabilita secondo quanto definito sopra) fra i vari elementi attivi che lo compongono e, se del caso, all’iscrizione nella conferitaria stessa di un valore a titolo di avviamento.

Entrambi i profili sopra enunciati, collocati nel contesto di società che predispongono il bilancio secondo Principi contabili nazionali, devono essere valutati e risolti nel rispetto del principio fondamentale di iscrizione dei beni nel bilancio al loro costo storico che, nel caso del conferimento d’azienda, deve necessariamente essere individuato su di una base empirica piuttosto che strettamente negoziale, mancando nel caso di specie un vero e proprio prezzo di acquisto esplicito come avviene invece in una normale compravendita. 2. La “valutazione” dell’azienda conferita: il primo passo per la rappresentazione

contabile e di bilancio del conferimento

Nel disciplinare l’operazione di conferimento in natura, il Legislatore si è preoccupato essenzialmente di stabilire nell’ordinamento alcuni presidi posti a tutela dei terzi riguardo alla effettiva consistenza del capitale sociale; infatti, tutta la regolamentazione civilistica dell’apporto in natura nelle società di capitali è diretta a stabilire dei limiti massimi all’iscrizione dei beni conferiti, mentre non si rinvengono impedimenti al fatto che il valore economico reale del bene apportato (o dell’universalità di beni, come è il caso dell’azienda) possa essere in concreto maggiore di quanto viene riflesso in termini di aumento del capitale sociale e del sovrapprezzo nella società conferitaria. In questo scenario normativo che non pone quindi valori puntuali vincolanti, bensì solo limiti e intervalli di valore, si inserisce il tema dell’individuazione di idonei criteri con cui la società conferitaria dovrà compiere la valutazione complessiva dell’azienda ricevuta in apporto ai fini della sua iscrizione nel proprio bilancio d’esercizio.

20 Nelle SRL, art. 2465, c.c.. 21 Massima H.A.1 Notariato del Triveneto: “La relazione di stima ex art. 2343, c.c., deve necessariamente contenere l’attestazione che il valore dei bei o crediti conferiti sia almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo, mentre non deve obbligatoriamente attestare il valore effettivo di quanto conferito”. 22 Massima H.A.7 Notariato del Triveneto: “I conferimenti in natura possono avvenire anche per un valore nominale delle azioni con essi liberate, comprensivo del sovrapprezzo, inferiore a quello reale dei beni conferiti”.

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a) Un primo criterio è quello di fare riferimento al valore dell’azienda così come riportato nell’atto costitutivo della società, o nella delibera di aumento del capitale sociale. In altri termini, si tratta del valore che le parti (conferente e soci della conferitaria) avranno concordato allo scopo di stabilire i rispettivi concambi, ovvero l’attribuzione a ciascun socio della rispettiva quota di partecipazione al capitale sociale della società conferitaria. Un valore misurato esattamente dal capitale sociale e dall’eventuale sovrapprezzo, salvo ovviamente eventuali revisioni al ribasso che fossero effettuate in seguito nelle società per azioni da parte degli amministratori ex art. 2343, co. 3, c.c..

A titolo esemplificativo, si assumano i valori esposti nella tabella qui di seguito:

Secondo il criterio in commento, la società conferitaria dovrebbe iscrivere l’azienda ricevuta in apporto al valore complessivo di Euro 1.200.000 corrispondente al valore negoziato fra le parti. Qualora nell’atto di conferimento fosse previsto in concambio un aumento di capitale sociale riservato al soggetto conferente per Euro 800.000 la scrittura contabile della società conferitaria sarebbe quindi in via esemplificativa la seguente:

b) Un secondo criterio proposto dalla dottrina e piuttosto diffuso nella prassi è quello di assumere

come valore complessivo del compendio conferito quello di perizia, ossia il valore puntuale (se esplicitato) determinato dal perito ex art. 2343, c.c., anche in questo caso salvo revisioni al ribasso effettuate dagli amministratori nelle società per azioni.

Riprendendo l’esempio di cui sopra, poiché l’aumento del capitale sociale della conferitaria non muterebbe, in quanto si tratterebbe di un termine di concambio convenuto negozialmente fra le parti, la società conferitaria dovrebbe rilevare l’operazione secondo la seguente scrittura esemplificativa:

In altre parole, si avrebbe un effetto di rivalutazione del compendio aziendale apportato che, secondo la dottrina che sostiene il criterio qui in commento, consentirebbe di fare emergere l’effettivo valore dei beni apportati, eliminerebbe il rischio della presenza di riserve occulte e corrisponderebbe meglio al principio di verità e chiarezza del bilancio della conferitaria. c) Un terzo criterio che viene indicato in dottrina nei casi in cui l’operazione di conferimento non

avviene in un’ottica traslativa, ovvero tra parti indipendenti e con un fine di realizzo dell’azienda oggetto di apporto, bensì si configura ciò che nella prassi viene sovente indicato con il termine di

Valore contabile Valore di perizia Valore negoziatoValore Azienda conferita 800.000 1.610.000 1.200.000

Diversi a DiversiAttività Azienda 1.200.000

a Capitale sociale 800.000 a Sovrapprezzo 400.000

Diversi a DiversiAttività Azienda 1.610.000

a Capitale sociale 800.000 a Sovrapprezzo 810.000

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La rilevazione contabile e in bilancio del conferimento di azienda

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“conferimento-trasformazione”. In questi casi, secondo una parte della dottrina, sarebbe preferibile utilizzare in luogo dei valori di perizia i semplici “valori contabili” iscritti nella società conferente, senza quindi fare emergere alcuna plusvalenza latente; ciò in quanto l’operazione non si sostanzierebbe in un vero e proprio atto di scambio con economie esterne, bensì in una mera operazione di riassetto organizzativo23; si tratta del tipico caso in cui la conferente diviene controllante al 100% della conferitaria, o comunque il controllo integrale della società avente causa permane all’interno dello stesso gruppo di appartenenza della conferente.

Riprendendo i dati dell’esempio, non avrebbe più rilevanza il valore negoziato fra le parti in quanto non si avrebbe un soggetto indipendente come controparte dell’operazione, così che l’incremento patrimoniale potrebbe essere diminuito fino al valore netto contabile dell’azienda e quindi la scrittura contabile della società conferitaria sarebbe in via esemplificativa la seguente (assumendo che tutto l’apporto sia imputato al capitale sociale):

Rispetto ai tre criteri qui esposti, Assonime esprime la propria preferenza per il primo (Sub a), ovvero per quello orientato ad esplicitare nel bilancio della conferitaria il valore economico del compendio aziendale apportato nella stessa misura in cui lo stesso è stato determinato su base negoziale da parte dei soci. A supporto della propria conclusione, Assonime sviluppa alcune considerazioni interessanti. In primo luogo, non ritiene praticabile il criterio ispirato alla continuità dei valori contabili24 in quanto: - gli elementi attivi e passivi costituenti l’azienda conferita potrebbero benissimo non corrispondere

a quelli presenti nelle scritture contabili del conferente; si pensi al caso delle spese pluriennali che sono spesso cancellate in sede di apporto oppure al caso di alcune immobilizzazioni immateriali autoprodotte (ad esempio: marchi, brevetti, ecc.) che non sono esplicitate nella contabilità del conferente e che emergono invece in sede di apporto;

- una rappresentazione ispirata alla semplice continuità di valori sarebbe contraria al criterio generale che si pone alla base del nostro ordinamento sul bilancio d’esercizio, ovvero al principio del costo storico; secondo Assonime, ciò sarebbe vero anche in caso di operazioni di conferimento meramente trasformative, come ricorre nelle fattispecie sopra trattate del conferimento in società che permangono sotto il controllo del soggetto conferente o del suo gruppo di appartenenza, e non varrebbe a confutare questa critica neppure il fatto che in ambito Ias/Ifrs il criterio della continuità di valori trova piena affermazione25.

A dire il vero, anche l’adozione della tesi a cui accede Assonime e quindi del criterio ispirato al valore complessivo negoziato dalle parti, non osta in assoluto a realizzare la continuità dei valori contabili fra conferente e conferitaria. Ciò si verifica ogni qualvolta il valore complessivo attribuito dalle parti all’azienda conferita, riflesso in termini di aumento di capitale sociale e di sovrapprezzo, corrisponda esattamente al valore netto contabile del compendio aziendale così come espresso nelle scritture della conferente. In questo caso, infatti, i due valori – quello negoziato fra le parti e quello contabile – coinciderebbero, così che in via indiretta anche il criterio della continuità di valori troverebbe concreta applicazione ed anche piena legittimazione. Riprendendo l’esempio sopra rappresentato, questa situazione ricorrerebbe qualora, a fronte di un valore netto contabile dell’azienda conferita di 800.000 Euro, anche il valore negoziato fra le parti e quindi riflesso nell’aumento del capitale sociale ed eventuale sovrapprezzo fosse fissato nell’equivalente misura di 800.000 Euro.

23 Si tratta dell’approccio che viene descritto, in ambito Ias / Ifrs, da Assirevi nel Documento OPI1 intitolato “Trattamento contabile delle business combinations of entities under common control nel bilancio d’esercizio e nel bilancio consolidato”. 24 Criterio peraltro naturale invece sotto il profilo della normativa fiscale ai sensi dell’art. 176, Tuir, a prescindere dalle modalità di rilevazione contabile dell’operazione, fatta salva la facoltà di affrancamento dei maggiori valori. 25 Assirevi OPI 1, cit.

Diversi a DiversiAttività Azienda a Capitale sociale 800.000

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Assonime non ritiene neppure praticabile in modo assoluto il criterio ispirato al valore di perizia, in quanto se tale valore fosse maggiore di quello convenuto fra le parti si realizzerebbe una vera e propria rivalutazione economica del compendio aziendale senza che ad essa corrisponda in concreto un costo sostenuto. Inoltre, come si è visto, è ormai unanimemente riconosciuto che il valore di perizia non rappresenta un dato puntuale, bensì solo un limite massimo posto a presidio dell’integrità del capitale ed a tutela dei terzi. 3. La “allocazione” del valore complessivo attribuito all’azienda conferita agli elementi

dell’attivo

Una volta risolta la prima questione, quella del criterio con cui determinare ai fini contabili e di bilancio il valore complessivo del compendio aziendale conferito, occorre affrontare il secondo profilo che interessa la società conferitaria e che riguarda l’iscrizione nel bilancio degli elementi attivi e passivi che compongono l’azienda ricevuta in apporto. Si tratta quindi di allocare il valore complessivo attribuito all’azienda fra i singoli elementi attivi e passivi che la compongono. L’art. 2343, c.c., non richiede necessariamente al perito un’indicazione puntuale del valore dei singoli elementi costituenti l’azienda conferita; bensì, egli deve compierne una descrizione qualitativa, ed infine attestare che il valore del compendio conferito è nel suo complesso almeno pari a quello attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo26. Quindi, nell’attuale contesto normativo, la relazione di stima potrebbe non fornire affatto alcun supporto riguardo alla allocazione del valore complessivo attribuito all’azienda conferita fra i suoi singoli elementi attivi e passivi; questa situazione si verifica, ad esempio, in tutti i casi in cui il perito ha utilizzato metodi di stima del compendio aziendale ispirati proprio a fornire una valutazione complessiva dell’azienda come è il caso dei metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di cassa, sui moltiplicatori, ecc. Quali criteri devono quindi guidare gli amministratori della conferitaria nell’allocare il valore complessivo dell’azienda ricevuta in apporto così da iscrivere nel bilancio i singoli elementi attivi e passivi? Assonime propone di rispondere a questo quesito applicando in via analogica lo stesso criterio che l’ordinamento27 e la prassi professionale28 hanno elaborato per l’allocazione del disavanzo nelle operazioni di fusione societaria. Pertanto, la società conferitaria, una volta determinato il valore complessivo del compendio aziendale ricevuto dovrà:

i. iscrivere i beni costituenti l’azienda ricevuta sulla base dello stesso valore di iscrizione che essi avevano nelle scritture contabili della conferente;

ii. imputare l’eventuale differenza positiva fra il valore complessivo dell’azienda (ovvero, la somma di capitale sociale e sovrapprezzo), da una parte, ed il valore netto contabile di cui al punto i), dall’altra, ai vari beni o classi di beni ove vi è possibilità di individuare un valore economico sottostante maggiore rispetto al valore netto contabile esposto dalla conferente, e nei limiti in cui tale valore sia contenuto nel cd. “valore recuperabile”29 dell’immobilizzazione;

iii. qualora, al termine di questa allocazione di valori residuasse un’eccedenza attiva, ovvero vi fosse una parte del valore economico dell’azienda riconosciuta dalle parti ma non allocabile ad alcuno degli elementi attivi dell’azienda, si procederà all’iscrizione di una posta residuale a titolo di avviamento.

Riprendendo l’esempio precedente, ed assumendo un valore complessivo di perizia di Euro 1.610.000, si prospetta la situazione esposta nella tabella qui di seguito.

26 Massima H.A.1 Notariato del Triveneto. 27 Art. 2504-bis, co. 4, c.c. 28 Documento OIC 4. 29 Per approfondimenti, si veda il nuovo Documento OIC 9.

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La rilevazione contabile e in bilancio del conferimento di azienda

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Gli amministratori della società, preso atto che il valore complessivo dell’azienda conferita corrispondente al capitale sociale e sovrapprezzo è di Euro 1.200.000, hanno quindi dedotto che esiste un plusvalore da allocare sugli elementi componenti il compendio aziendale conferito pari ad Euro 400.000; essi hanno conseguentemente agito come segue:

i. hanno dapprima individuato le attività suscettibili di iscrizione di un maggiore valore e, nei limiti di quanto indicato dal valore complessivo di perizia, secondo prudente apprezzamento, hanno imputato Euro 500.000 ad incremento di valore dell’immobile;

ii. hanno poi individuato, anche in forza delle indicazioni tratte dalla relazione di stima allegata al conferimento, quelle poste attive suscettibili di minore valore rispetto a quanto esposto nelle scritture della conferente: hanno quindi espunto le spese di ricerca e sviluppo (Euro 100.000), ridotto il valore di iscrizione delle giacenze di magazzino (maggiore obsolescenza stimata per Euro 50.000) e ridotto il valore di iscrizione dei crediti commerciali (maggiore rischio crediti per Euro 90.000);

iii. da tali allocazioni, residuava quindi un valore netto di Euro 140.000 (pari ai 400.000 di complessivo plusvalore, meno le allocazioni positive e negative di cui ai precedenti punti i) e ii)). Non essendo stato individuato alcun altro elemento attivo suscettibile di iscrizione di maggiore valore, gli amministratori hanno quindi deciso l’iscrizione di tale importo a titolo di avviamento.

In breve: 1. Secondo Assonime il criterio più corretto con cui la società conferitaria deve valutare l’azienda

ricevuta in apporto ai fini della sua iscrizione nel proprio bilancio d’esercizio è quello che fa riferimento al valore dell’azienda riportato nell’atto costitutivo (o nella delibera di aumento di capitale) della società.

2. Gli amministratori della conferitaria, nell’allocare il valore complessivo dell’azienda ricevuta in apporto, applicano lo stesso criterio che si utilizza per l’allocazione del disavanzo nelle operazioni di fusione societaria.

Descrizione Valori netti contabili Valori allocatiATTIVITA'Immobile 300.000 800.000 Macchinari 50.000 50.000 Spese di ricerca e sviluppo 100.000 - Avviamento - 140.000 Rimanenze 300.000 250.000 Crediti verso clienti 590.000 500.000 Crediti verso altri 50.000 50.000 Totale attività 1.390.000 1.790.000

PASSIVITA'Debiti verso fornitori 500.000- 500.000- Debiti verso altri 90.000- 90.000- Totale passività 590.000- 590.000-

PATRIMONIO NETTO 800.000 1.200.000

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IL GIUDIZIO DEL REVISORE AL BILANCIO

a cura di Andrea Soprani

Sono passati oramai 10 anni dall’introduzione dell’allora controllo contabile ora revisione legale e ancora si assiste, nella prassi applicativa, alla formulazioni di giudizi del revisore al bilancio che non sono strutturati secondo le regole previste dai vigenti principi di revisione. Questo avviene spesso nelle società a capitale chiuso di minori dimensioni e, quasi sempre, quando la funzione di revisione legale viene affidata al collegio sindacale. L’articolo si preoccuperà di ricordare la struttura del giudizio del revisore e di evidenziare le principali differenze che intercorrono tra la relazione del revisore e quella del collegio sindacale.

1. Premessa

Prima che in Italia venisse introdotto l’istituto del controllo contabile, il bilancio era corredato da un’unica relazione dell’organo di controllo che, seppur regolata dalle norme di comportamento, aveva forma e struttura libera. L’introduzione del controllo contabile, ora revisione legale, ha invece inserito una ulteriore relazione al bilancio, quella del revisore, senza che sempre, nella pratica professionale, si assista alla sua redazione secondo quelli che sono le prescrizioni dei principi che ne regolano la stesura che, nel caso di specie, sono rappresentati dal principi 001 (Il giudizio sulla coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio) e 002 (Modalità di redazione della relazione di revisione ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 39). 2 Le relazioni degli organi di controllo

Del revisore abbiamo già detto, mentre per ciò che attiene alla relazione del collegio sindacale si faccia riferimento all’allegato V.90 del documento n.20 dell’IRDCEC (Verbali e procedure del collegio sindacale). Partiamo, dunque, da quella del collegio. Nonostante che, prima, il CNDCEC e, ora, l’IRDCEC suggeriscano dei facsimili di relazioni, va subito chiarito che la relazione del collegio ha forma e struttura libera. Si vuole con questo dire che essa potrà essere adattata dal redattore a suo piacimento, inserendo i paragrafi che egli ritiene opportuno (tipico è quello dove il collegio riassume i dati essenziali del bilancio), togliendo e/o modificando quelli che non risultano applicabili o risultano diversamente applicabili alla realtà sottoposta ad esame, ed inserendo, ovviamente, in qualsiasi punto della relazione eventuali altri paragrafi di commento, osservazione e/o censura di qualsiasi aspetto che rientri nella attività di vigilanza. Più di un autorevole commentatore ha inoltre sollevato dubbi sulla necessità, da parte del collegio di formulare proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione (come previsto dall’art. 2429 comma 2), che rappresenta

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Il giudizio del revisore al bilancio

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di solito il paragrafo conclusivo della relazione e che poteva essere considerato l’unico punto obbligatorio della relazione. Le osservazioni critiche di questi commentatori, più che condivisibili da parte dello scrivente, valgono sia a livello generale e, tanto più, in caso di osservazioni dubitative da parte del collegio e si fondano principalmente su due robuste argomentazioni: - è competenza del revisore, o comunque della funzione di revisione legale anche se esercitata dal

collegio/sindaco unico, l’esame in dettaglio del bilancio e la formulazione di eventuali rilievi. La formula tipizzata di relazione di revisione non prevede nessun invito alla approvazione, ma la semplice descrizione dei fatti e la conclusione se il bilancio è redatto secondo la normativa di riferimento, lasciando ai soci il potere/dovere si decidere sulla sua approvazione o meno;

- è irrealistico formulare osservazioni critiche e poi invitare i soci dall’approvazione. La funzione del collegio, come del revisore, deve essere quella di evidenziare le eventuali criticità, enfatizzarle e lasciare che il socio esprima il suo giudizio se approvare o meno il progetto di bilancio.

Ne consegue che, soprattutto in presenza di osservazioni critiche, sia meglio, nel paragrafo conclusivo, utilizzare espressioni sul tipo: “Il collegio sindacale invita i soci a tenere conto delle osservazioni formulate nella presente relazione nel processo di approvazione del progetto”, sempreché non emergano fatti così gravi e così provati che inducano il collegio ad invitare i soci a non approvare il bilancio (in questo caso è necessario riepilogare i motivi nel paragrafo conclusivo). Si può quindi concludere che la relazione del collegio ha forma, contenuto e struttura libera, dovendo tuttavia dare conto della attività svolta dal collegio stesso nell’esercizio e delle osservazioni, anche critiche, emerse dall’attività di vigilanza compiuta. Molto differente è invece la relazione del revisore. Si tratta di una relazione cosiddetta tipizzata, ossia con struttura, forma e contenuto standard. Essa si compone: • titolo (es: Relazione del revisore ai sensi dell’art 14 D.Lgs. 39/10); • destinatari (chi ha dato l’incarico – In Italia l’assemblea dei soci o degli azionisti); • 1° paragrafo (cd. introduttivo – “Ho svolto la revisione legale…”); • 2° paragrafo (cd. tecnico – “Il mio esame è stato condotto secondo gli statuiti principi di

revisione…”); • 3° paragrafo (del giudizio – “A mio giudizio, il soprammenzionato bilancio d’esercizio è

conforme…”); • 4° paragrafo (del giudizio di coerenza sulla relazione sulla gestione – “La responsabilità della

redazione della relazione sulla gestione…”); • data e luogo (dell’ultimazione delle verifiche. Il luogo è quello dell’ufficio del revisore. In presenza

del collegio sindacale deve invece essere indicata la sede della società); • firma (comprensiva della qualifica di chi firma). Non vi sono possibilità di modifica di questa struttura, forma e contenuto in caso di giudizio positivo. In caso di giudizio con rilievi, negativo o di una impossibilità di esprimere un giudizio, o anche in caso di richiami di informativa, il revisore può ovviamente agire sul contenuto della relazione inserendo appositi paragrafi ma anche in questo caso deve tenere ben presente alcuni vincoli nella struttura della relazione. Ogni rilievo del revisore deve essere collocato dopo il 2° paragrafo e prima di quello del giudizio e comporta che il giudizio non potrà più essere positivo ma riporti gli effetti dei rilievi che il revisore ha mosso sul bilancio esaminato.

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Anche i richiami di informativa devono essere collocati in un punto preciso della relazione, ossia dopo il paragrafo del giudizio sul bilancio (3° se la relazione non contiene rilievi) e prima di quello di coerenza sulla relazione sulla gestione. In conclusione la relazione del revisore non ha forma, struttura e contenuto libero ma standard. Solo il contenuto di paragrafi di descrizione di eccezioni e/o rilievi o di richiami di informativa hanno ovviamente contenuto discrezionale ma collocazioni anch’esse standard all’interno della relazione. 3. I rilievi e i richiami di informativa

Nel linguaggio tecnico della revisione per rilievi o eccezioni si deve intendere: • censure sulla corretta rappresentazione dei dati o dell’informativa al bilancio; • limitazioni allo svolgimento del processo di revisione. Entrambe le fattispecie devono essere riportate in relazione solo se significative, intendendo questo termine nella accezione propria dei principi di revisione per cui un fenomeno è significativo se la mancanza o non corretta rappresentazione potrebbe influenzare le decisioni che il terzo prende, sulla base del bilancio, nei confronti della società. A titolo esemplificativo le eccezioni (ossia deviazioni dalle norme di legge o dai principi contabili di riferimento) possono essere rappresentate: • capitalizzazione nelle immobilizzazioni di costi che dovevano essere imputati a conto

economico, insufficienti ammortamenti, indebita capitalizzazione di oneri finanziari nelle immobilizzazioni;

• mancata svalutazione di titoli e partecipazioni; • rimanenze non svalutate quando il valore di mercato è inferiore al costo, mancata svalutazione di

rimanenze obsolete o di lento rigiro; • crediti non recuperabili non svalutati o svalutazione indebita di crediti recuperabili; • mancato rispetto del principio di competenza, carenze di stanziamenti nelle fatture da ricevere,

nei ratei e risconti; • informazioni obbligatorie in nota integrativa carenti. In questi casi il revisore dovrà inserire dopo il 2° paragrafo un paragrafo esplicativo del fenomeno. In questi casi è necessario che nel paragrafo di descrizione siano riportati anche gli effetti quantitativi sul risultato di periodo e sul patrimonio netto calcolato tenendo conto anche degli effetti fiscali, correnti o differiti, e delle rettifiche. Il 3° paragrafo conterrà pertanto diciture sul tipo: “La Società non ha adeguato i crediti commerciali, iscritti nell’attivo circolante, al presunto valore di realizzo, come richiesto dalle norme di legge ed i principi contabili. Conseguentemente i crediti commerciali sono sopravvalutati per Euro …., mentre il patrimonio netto ed il risultato d’esercizio sono rispettivamente sopravvalutati per Euro …… ed Euro …… al netto di effetti fiscali”. A questo punto il revisore deve giudicare se gli effetti complessivi di questa e altre eventuali rettifiche sono tali da inficiare l’attendibilità del bilancio o meno. Se l’attendibilità del bilancio permane egli emetterà un giudizio con eccezioni sul tipo: “A mio giudizio, ad eccezione degli effetti di quanto indicato al paragrafo 3, il soprammenzionato bilancio d’esercizio è conforme…”.

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Il giudizio del revisore al bilancio

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Nell’altro caso: “A mio giudizio, a causa della significatività degli effetti sul bilancio d’esercizio dei rilievi esposti al paragrafo 3, il soprammenzionato bilancio d’esercizio non è conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione; esso pertanto non è stato redatto con chiarezza e non rappresenta in modo veritiero e corretto…” Le limitazioni al processo di revisione rappresentano invece ostacoli allo svolgimento del lavoro secondo le regole fissate dai principi di riferimento, ostacoli che possono derivare da mancanze di elementi probativi o da vere e proprie limitazioni che la società ha imposto alle verifiche del revisore. Esempi di tali fenomeni posso essere: • motivata indisponibilità dei bilanci di società partecipate; • diniego da parte della società all’invio a terzi di richieste di conferma; • diniego al rilascio della lettera di attestazione; • impossibilità di assistere alle operazioni inventariali delle rimanenze di apertura, non verificate

da altri revisori, avendo ricevuto l’incarico successivamente alla loro esecuzione, quando non sono possibili procedure alternative;

• situazioni di incertezza nei cui confronti gli amministratori hanno posto in essere azioni e conseguenti trattamenti contabili fortemente opinabili.

Anche in questo caso, il revisore dovrà considerare se la limitazione sia rilevante o meno, tale da compromettere l’attendibilità e la capacità informativa del bilancio considerato nel suo insieme. Nel primo caso dovrà dichiarare l’impossibilità di esprimere un giudizio, mentre nel secondo il giudizio sarà con rilievi. La limitazione dovrà anzitutto essere richiamata nel 2° paragrafo, dove si indicano i principi e criteri osservati per la revisione e si descrive il lavoro svolto. La forma con cui si effettua questo richiamo è con un riferimento al paragrafo (generalmente il 3°) in cui si descrivono dettagliatamente la limitazione subita ed i suoi potenziali effetti, come segue: “Il mio esame, ad eccezione di quanto indicato al paragrafo 3, è stato condotto secondo gli statuiti principi di revisione, …”. Seguirà il 3° paragrafo che avrà contenuto variabile e modalità di rappresentazione simile a quello descritto per le eccezioni, salvo la quantificazione degli effetti in quanto, come detto, la limitazione non consente al revisore di sapere quale sia il reale effetto quantitativo sul bilancio. A titolo esemplificativo: “Non ho potuto esaminare il bilancio chiuso al ……. della controllata XX.. iscritta in bilancio al costo, per Euro …, poiché non è ancora stato predisposto, né mi sono stati forniti altri elementi per accertare l’assenza di perdite permanenti di valore e, conseguentemente, la corretta valutazione della partecipazione”. Se non è compromessa l’attendibilità del bilancio il giudizio sarà: “A mio giudizio, il bilancio d’esercizio della Alfa S.p.A., ad eccezione delle possibili rettifiche connesse ai rilievi evidenziati nel precedente paragrafo 3, è conforme alle norme …”.

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Se è compromessa: “A causa della rilevanza delle limitazioni alle mie verifiche descritte nel precedente paragrafo 3, non sono in grado di esprimere un giudizio sul bilancio …”. In questi casi risulta ovviamente influenzato anche il giudizio di coerenza sulla relazione sulla gestione che conterrà il seguente paragrafo: “A causa della dichiarata impossibilità di esprimere un giudizio sul bilancio d’esercizio, per le ragioni indicate al paragrafo 3, non sono in grado di esprimere un giudizio sulla coerenza della relazione sulla gestione …”. Tralasciando gli aspetti legati alle problematiche della continuità aziendale che saranno oggetto di un apposito contributo si avranno le seguenti casistiche:

Circostanza Compromessa attendibilità?

Tipo di giudizio

Non sono state riscontrate né deviazioni di effetto significativo dalle norme di legge e/o dai principi contabili di riferimento, né significative limitazioni allo svolgimento

di procedure di revisione ritenute necessarie, nella applicazione degli statuiti principi di revisione

N/A Positivo

Deviazioni significative dalle norme di legge e/o dai principi contabili di riferimento

NO Con rilievi

Deviazioni significative dalle norme di legge e/o dai principi contabili di riferimento

SI Negativo

Limitazioni significative allo svolgimento di procedure di revisione

NO Con rilievi

Limitazioni significative allo svolgimento di procedure di revisione

SI Impossibilità di esprimere un

giudizio Rimane a questo punto da chiarire il ruolo dei richiami di informativa, anche qui esulando dalle problematiche relative alla continuità aziendale dove è l’unico caso in cui il richiamo di informativa è espressivo di una situazione di incertezza. Negli altri casi il richiamo di informativa non sarà altro che uno o più paragrafi nei quali il revisore evidenzia informazioni presenti nel bilancio o nella relazione sulla gestione in modo che questi aspetti che egli ritiene significativi e correttamente rappresentati in bilancio, siano enfatizzati agli occhi del lettore terzo. Data la natura del “richiamo di informativa”, questa componente della relazione non può essere utilizzata dal revisore per: • esporre proprie considerazioni e commenti; • segnalare rilievi; • integrare aspetti dell’informativa ritenuti carenti. Va sottolineato che la posizione del richiamo di informativa dopo il paragrafo che contiene il giudizio sul bilancio ne qualifica la natura e segnala che il revisore non ha nulla da eccepire a quanto sta richiamando.

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Il giudizio del revisore al bilancio

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Esempi di richiami di informativa potranno essere: • operazioni societarie straordinarie (scorpori, fusioni, ecc.); • operazioni inusuali di effetti significativi; • rinvio al bilancio consolidato. 4. Considerazioni conclusive

Esistono profonde differenze tra la relazione del collegio sindacale e del revisore, non solo a livello contenutistico ma anche soprattutto in termini di forma e struttura. Rimanga bene impresso che la struttura, la forma e il contenuto della relazione del revisore è standard e modifiche alla stessa, sempre rispettando le regole di collocazione dei paragrafi aggiuntivi, possono essere fatte solo in caso di eccezioni, limitazioni, o richiami di informativa. Quella del collegio risulta, invece, discrezionale in ogni sua parte, a patto che, ovviamente relazioni all’assemblea le conclusioni dell’attività di vigilanza svolta nel periodo. Si suggerisce, specie in caso di osservazioni critiche del collegio, di modificare il paragrafo conclusivo della relazione in maniera congruente con i rilievi effettuati evitando il generico e standard invito all’approvazione del bilancio. Nel caso in cui al collegio sia affidata anche la funzione di revisione legale, il suggerimento che viene dato è quello di predisporre un’unica relazione in cui la prima parte sia dedicata alla relazione di revisione e la seconda a quella di vigilanza.

In breve: 1. La relazione del collegio ha forma, contenuto e struttura libera. 2. La relazione del revisore è tipizzata, ossia con struttura, forma e contenuto standard. 3. Per rilievi o eccezioni si deve intendere:

- censure sulla corretta rappresentazione dei dati o dell’informativa al bilancio; - limitazioni allo svolgimento del processo di revisione.

4. Le limitazioni al processo di revisione rappresentano ostacoli allo svolgimento del lavoro. 5. Di norma con il richiamo di informativa il revisore evidenzia informazioni presenti nel bilancio

o nella relazione sulla gestione in modo che queste siano enfatizzate agli occhi del lettore terzo.

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IL GIUDIZIO CON RILIEVI: INDICAZIONI OPERATIVE E ESEMPLIFICAZIONI PRATICHE

a cura di Andrea Soprani

L’attuale e perdurante situazione di crisi rende doveroso l’approfondimento di alcuni tipici casi di politiche di bilancio e/o non sempre prudenti valutazioni di certe sue voci, che gli amministratori tendono ad effettuare per non palesare ai terzi la concreta situazione di criticità in cui l’impresa si trova e, non di rado, per posticipare eventuali necessari interventi sul capitale, spesso per mancanza di risorse, per ripianare le perdite maturate. Tali aspetti comportano un attento esame da parte del revisore ed una adeguata risposta in termini di espressione del giudizio sul bilancio oggetto di esame. L’articolo si preoccuperà di evidenziare i fenomeni più ricorrenti, cercando di indicare, nelle singole fattispecie, quali elementi probativi il revisore deve acquisire per poter, con giusta convinzione e corretto giudizio professionale, emettere una relazione al bilancio con dei rilievi.

1. Premessa

Appare doveroso considerare che l’attuale perdurante contesto di crisi economica e finanziaria e la conseguente scarsa disponibilità di risorse finanziarie, sia da parte degli imprenditori che delle banche, comporta un acuirsi dei fenomeni, seppur discutibili dal punto di vista deontologico professionale, volti ad usare minore prudenza nelle valutazioni delle voci di bilancio e, nei casi più seri, indirizzati ad alterare i dati di bilancio, per evitare riduzioni del risultato e del patrimonio aziendale con la finalità di consentire un maggior margine di sopravvivenza all’impresa in crisi. Se nella prassi giuridica alcuni reati (quali il furto), compiuti per stato di necessità della persona che lo commette, consentono di valutare l’azione illecita sulla base di attenuanti, si potrebbe concludere che anche il comportamento degli amministratori che, per aumentare le possibilità di sopravvivenza della loro impresa alterano i dati di bilancio, debbano essere valutati con maggiore indulgenza. Tuttavia anche in questi casi e, forse, si potrebbe dire a maggior ragione in questi casi, il ruolo del revisore, che non dimentichiamo ha come principio ispiratore di tutte le sue verifiche quello dell’indipendenza, è quello di esaminare le fattispecie con imparzialità e nell’ottica di salvaguardia, in primis, degli interessi dei terzi e non dell’azienda e dei suoi amministratori. Solo con questo atteggiamento di imparzialità e scetticismo professionale egli potrà sperare di mettersi al riparo da eventuali azioni di responsabilità solidale con l’operato degli amministratori con i quali non deve mai condividere i rischi di gestione visto che non ha condiviso i benefici che sono derivati a loro e ai soci negli anni in cui l’azienda ha avuto un andamento profittevole.

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Il giudizio con rilievi: indicazioni operative e esemplificazioni pratiche

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Si tratta quindi di ragionare in un’ottica scomoda e, spesso, anche umanamente coinvolgente (si pensi ad esempio alla chiusura o messa in liquidazione di un’azienda che ha perso tutto il patrimonio che ha riflessi diretti anche sul personale alle sue dipendenze) ma che fa parte degli sgradevoli oneri che egli si è assunto accentando la carica. Fatta quindi la giusta premessa che l’indulgenza non fa parte del ruolo del revisore, l’articolo si preoccuperà di evidenziare quali siano le tipiche “alterazioni” di bilancio che vengono compiute dagli amministratori in momenti di crisi (talora anche in momenti di grande espansione per diminuire il carico fiscale) e di indicare quali elementi probativi sia opportuno acquisire nella fattispecie per concludere sulla necessità di evidenziare nella sua relazione uno o più rilievi. 2. Il giudizio con rilievi

Giova ricordare che il revisore emette un giudizio con rilievi nel caso in cui, dalle sue verifiche, emergano difformità rispetto alle conclusioni raggiunte dagli amministratori, difformità che, nel caso specifico, comportano deviazioni di effetto “significativo” dalle norme di legge e dai principi contabili. Per “significativo” deve intendersi l’ammontare quali-quantitativo che il revisore, sulla base dei principi di revisione vigenti, ha fissato essere il termine di riferimento per valutare l’effetto degli errori sul bilancio. Tale concetto, mutuato dall’ambito dei principi contabili internazionali, definisce che: “un’informazione è significativa se la sua mancanza o la sua imprecisa rappresentazione potrebbe influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori da prendere sulla base del bilancio”. Quando pertanto il revisore riscontra errori sul bilancio che eccedono la significatività, e tali errori non sono corretti dalla società, egli ha l’obbligo di evidenziare uno o più rilievi sulla sua relazione e, nei casi più critici, deve emettere un giudizio negativo sul bilancio. Va tuttavia ricordato che esiste un obbligo30 per il revisore di discutere i rilevi con la società prima di evidenziarli nella sua relazione, e che è consigliabile che tutti i rilievi che ha riscontrato, indipendentemente che essi vengano riportati o meno in relazione anche come conseguenza della loro significatività, siano allegati alla lettera di attestazione31 che il revisore si fa rilasciare dalla direzione aziendale a fine lavoro (è inoltre previsto che nella lettera vengano anche riportate le motivazioni per cui tali errori non vengono registrati in bilancio). Tale discussione è oltremodo opportuna per evitare che il revisore si sia formato un giudizio senza esaminare tutte le informazioni a disposizione dell’azienda. 3. Le “alterazioni” del bilancio

Va ricordato che gli amministratori nella redazione di qualunque bilancio d’esercizio applicano sempre criteri di valutazione che, seppur nell’ambito delle prescrizioni delle norme di legge e dei principi contabili di riferimento, hanno per definizione significativi elementi di soggettività. Non è quindi raro che gli amministratori possano essere guidati, a seconda delle fattispecie (crisi o espansione di impresa), da obiettivi di massimizzazione del risultato o di minimizzazione dell’imponibile fiscale. È facile concludere che in momenti di crisi la massimizzazione del risultato diventi l’obiettivo primario degli amministratori. Talvolta, infatti, gli amministratori, per evitare o posticipare il fallimento della società, “alterano” il bilancio, al fine di rappresentare un andamento economico, finanziario e

30 Si fa riferimento al principio di revisione internazionale n. 450, “Valutazione degli errori identificati nel corso della revisione contabile” liberamente scaricabile, come tutti gli altri principi di revisione, dal sito del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili (www.cndcec.it) 31 Per un esempio di lettera di attestazione si faccia riferimento al documento n. 167 di Aissirevi liberamente scaricabile dal sito www.assirevi.it

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patrimoniale della società migliore di quello reale e mantenere, quindi, la fiducia degli istituti di credito e, più in generale, delle terze parti che si relazionano con l’impresa. L’attenzione del revisore deve quindi essere massima con riferimento alle politiche contabili volte alla massimizzazione del risultato d’esercizio e del patrimonio netto, in quanto l’eventuale dissesto della società potrebbe comportargli gravi responsabilità sia sul piano civilistico che penale, specie nei casi in cui, a dissesto avvenuto, emergano fenomeni che il revisore non ha individuato e non ha portato all’attenzione dei terzi32. Le numerose possibilità di “manipolazione” del risultato di bilancio sono normalmente raggruppate in due grandi categorie: - politiche di bilancio che attengono alla valutazione delle attività e passività; - scorretta applicazione del principio di competenza economica o, nei casi più gravi, alterazione

volontaria dei valori di bilancio attraverso frodi33. 4. Il confine tra le politiche di bilancio e le frodi

Il perseguimento della massimizzazione del risultato avviene, frequentemente, attraverso il processo di valutazione delle voci di bilancio. L’elevato livello di soggettività consente, infatti, agli amministratori, un certo “margine di manovra” nel definire il valore di determinate attività e passività di bilancio senza per questo determinare una falsa rappresentazione del risultato d’esercizio e del connesso patrimonio netto. Ci si riferisce ad esempio alla modifica della vita utile delle immobilizzazioni materiali. Come noto, è diffusa la prassi di adottare, in particolare per i beni strumentali, un periodo di ammortamento sostanzialmente in linea con le aliquote fiscali. Spesso, però, si tratta di aliquote che determinano una vita utile inferiore a quella effettiva. Ne è la prova la presenza, in numerosi bilanci, di beni strumentali ancora utilizzati nel processo produttivo, ma completamente ammortizzati. Di conseguenza, in applicazione dei corretti principi contabili, gli amministratori potrebbero ritenere necessario (e soprattutto utile in periodi di crisi) modificare la vita utile residua, modifica che, se adeguatamente motivata ed auspicabilmente supportata da una perizia di un esperto esterno, non rappresenta una “alterazione” del bilancio e non comporterà nessuna censura da parte del revisore34. Vi sono invece situazioni in cui la discrezionalità degli amministratori può eccedere quella concessa dalla legge e dai principi contabili di riferimento. Come detto, ciò avviene soprattutto attraverso un non sempre puntuale riconoscimento degli effetti valutativi che attengono alle varie voci di bilancio. Tipicamente le attività interessate saranno quelle soggette a svalutazioni per perdite permanenti di valore (immobilizzazioni), o quelle sottoposte ad adeguamenti al valore di netto realizzo o di mercato (crediti e magazzino), mentre, per le passività, l’area più soggetta ad aggiustamenti è, generalmente, quella relativa ai fondi rischi ed oneri. Il confine tra politica di bilancio e frode è in molti casi labile e dipende molto dalla intenzionalità degli amministratori o meno ad alterare i dati.

32 È noto che l’attività di revisione è soggetta a rischi che vengono riassunti nel rischio intrinseco, rischio di controllo e rischio di individuazione che, considerati assieme, compongono il cosiddetto rischio di revisione definito dai principi di riferimento. È inoltre noto che il revisore non ha i poteri ispettivi di altri funzioni quali la magistratura, purtuttavia in caso di emersione successiva di elementi che palesano la presenza di alterazioni o frodi in bilancio dovrà essere in grado di dimostrare che il suo lavoro era stato correttamente pianificato ed eseguito sulla base dei principi di revisione e che quindi tali elementi non sono emersi perché rientravano tra quelli coperti dal rischio di individuazione. Per una più approfondita disamina del rischio di revisione si rimanda al principio di revisione 315 “L’identificazione e la valutazione dei rischi di errori significativi mediante la comprensione dell’impresa e del contesto in cui opera” 33 La frode per il revisore è intesa come un comportamento intenzionale volto ad alterare i dati e/o l’informativa del bilancio. Per una più approfondita definizione del rischio di frode si rimanda al principio di revisione 240 “La responsabilità del revisore nel considerare le frodi nel corso della revisione contabile del bilancio” 34 Si pensi inoltre che su questo aspetto, spesso è la stessa legge che “aiuta” l’impresa ad aumentare i valori di bilancio tramite apposite leggi di rivalutazione che consentano la possibilità di rivalutare le immobilizzazioni materiali con l’intento dichiarato di rafforzare il patrimonio netto aziendale.

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Il giudizio con rilievi: indicazioni operative e esemplificazioni pratiche

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A titolo meramente esemplificativo tutte le volte che si è in mancanza di dati precisi (ad esempio assenza di elementi conclusivi per giudicare se la perdita subita su una partecipazione sia permanente o meno) si è nell’ambito delle politiche di bilancio, mentre in presenza di dati sufficienti per effettuare la valutazione, ma che non vengono adeguatamente riflessi nei valori di bilancio, si è normalmente in presenza di frodi. Qualunque sia il caso, politica di bilancio o frode, il revisore dovrà prestare particolare attenzione a raccogliere tutti gli elementi probativi che gli consentano di contrapporre, alle valutazioni effettuate dalla società, proprie stime che, ovviamente, dovranno essere il più possibile basate su elementi probativi certi o ragionevoli, per consentirgli di esprimere un rilievo in relazione che evidenzi una difformità numerica rispetto a quanto espresso dalla società in bilancio. Ci preoccuperemo di evidenziare i casi tipici, le verifiche che il revisore effettua e gli elementi probativi che deve ottenere, oltre a fornire esempi di paragrafi contenenti i rilievi da inserire, nelle varie fattispecie, nella relazione del revisore. 5. Le perdite permanenti di valore

Le perdite permanenti di valore attengono alle immobilizzazioni siano esse immateriali, materiali o finanziarie. Tipicamente la documentazione che risulta necessaria in questi casi è la disponibilità di dati futuri che possano prevedere, con ragionevole certezza, se le perdite di valore subite potranno essere recuperate nella attività dell’impresa. Va tenuto presente che i principi contabili italiani sono in alcuni casi più rigidi di quelli internazionali; una perdita subita su una partecipata viene considerata permanente se non è dimostrabile che essa possa essere recuperata nel breve periodo e se non vengono individuate le cause che l’hanno determinata come pure i rimedi per rimuovere tali fattori negativi. Rimanendo a questo esempio relativo alle partecipazioni (anche se molte di queste considerazioni possono automaticamente essere traslate ad altre voci delle immobilizzazioni immateriali come l’avviamento e, con i dovuti adattamenti, anche alle immobilizzazioni materiali), il revisore dovrà innanzitutto verificare se è disponibile un piano futuro per la partecipazione. Non sono infatti sufficienti argomentazioni degli amministratori, anche teoricamente ragionevoli (es: la partecipata ha sempre fatto profitto prima della crisi e quindi ritornerà a farlo una volta usciti dalla crisi), ma la dimostrazione della natura non permanente della perdita subita deve essere effettuata sulla base di un piano previsionale che comprovi il suo recupero nel breve periodo. Se il piano non fosse disponibile, il revisore dovrà indicare nella sua relazione questa limitazione35 alle sue verifiche, mentre, se disponibile, lo dovrà esaminare e giudicare se le assunzioni fatte dagli amministratori appaiono ragionevoli e, quindi, per lui condivisibili. Si tenga presente che in questo, come in tutti i casi in cui si tratta di poste valutative, il revisore non potrà quasi mai ottenere degli elementi certi da contrapporre alle previsioni degli amministratori, ma solo degli elementi presuntivi che, sulla base della sua esperienza e della sua conoscenza professionale, lo fanno ragionevolmente concludere in maniera difforme a quanto indicato dagli amministratori. Si supponga ad esempio che gli amministratori abbiano preparato un piano nel quale prevedano che anche per il 2014 e il 2015 la società partecipata perda e poi raggiunga il pareggio nel 2016, un lieve utile nel 2017 e un significativo risultato positivo nel 2018 che consentirà un consistente recupero della perdita consuntivata. Al di là della ragionevolezza delle assunzioni effettuate, già così si può concludere che il recupero della perdita non è previsto nel breve periodo e, quindi, tale previsione non consente di considerare la perdita di natura non permanente. Qualora, invece, il recupero fosse stato previsto 35 La limitazione al processo di revisione vanno indicate al paragrafo 2 della relazione con la dicitura: “ Ad eccezione di quanto descritto nel paragrafo x, il mio esame è stato svolto….”

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nel breve periodo, il revisore avrebbe utilizzato tutte le informazioni in suo possesso per convalidare o confutare le ipotesi formulate dagli amministratori (ragionevolezza delle previsioni numeriche con gli andamenti passati e presenti, capacità degli amministratori a formulare previsioni tramite un esame delle differenze riscontrate nel passato tra i dati previsionali e quelli consuntivi, congruità delle assunzioni dei ricavi con quelle dei costi, andamento delle previsioni in linea con i dati di settore e/o macroeconomici etc.) nonché per concludere sulla ragionevolezza dei dati e sulla loro adeguatezza a dimostrare il recupero della perdita subita. In caso di difformità con le conclusioni raggiunte dagli amministratori il revisore dovrà inserire un rilievo nella sua relazione. Un esempio del contenuto del paragrafo potrebbe essere il seguente: Come descritto in nota integrativa la società controllata x ha subito nel corrente e precedente esercizio una significativa perdita. Gli amministratori sono fiduciosi che tali perdite verranno recuperate dai risultati degli esercizi futuri ed hanno predisposto dei piani che mostrano un inizio di recupero delle stesse a partire dall’esercizio 2018. I principi contabili di riferimento richiedono che la perdita subita dalla partecipazione possa essere considerata non permanente se vengono forniti elementi concreti che essa possa essere recuperata nel breve periodo. Tali elementi non sono presenti nel piano presentato dagli amministratori, che non dimostra il recupero delle perdite subite nel breve periodo, oltre ad non individuare in maniera puntuale le motivazioni che hanno condotto a tali perdite, ed ad indicare le azioni sulla base delle quali tali elementi verranno rimossi e, pertanto, le perdite consuntivate dalla partecipata devono essere considerate, allo stato attuale delle informazioni disponibili, di natura permanente. Ne consegue che il valore delle immobilizzazioni finanziarie al 31 dicembre 20xx risulta sopravalutato di xx milioni e il risultato d’esercizio e il patrimonio netto alla stessa data sopravalutati rispettivamente di yy e zz milioni. 6. Le stime su voci dell’attivo e del passivo

Si tratterà in quest’ambito delle stime che gli amministratori compiono per adeguare al valore di netto realizzo o di mercato alcune poste dell’attivo circolante, quali crediti e magazzino, ed all’apprezzamento di fenomeni che potrebbero condurre all’accantonamento in bilancio di fondi rischi ed oneri. Per ciò che attiene ai crediti, l’attuale situazione economico finanziaria, acuisce le problematiche relative all’incasso regolare, portando, generalmente, a progressivi accumuli di posizioni scadute. La solvibilità storica dei singoli nominativi non sempre è di conforto agli amministratori per valutare l’attuale possibilità degli stessi ad onorare, seppur non secondo le scadenze originariamente previste, il loro debito. L’attività di esame delle reali condizioni di solvibilità della clientela risulta un elemento indispensabile per gli amministratori per giudicare la probabilità di recupero delle posizioni creditorie, eventualmente affiancata, oltre che dalle informazioni reperibili sul mercato, anche, nei casi più dubbi, dal supporto dei legali che la società ha incaricato per definire il rientro delle posizioni scadute e l’azionamento delle procedure giuridiche di recupero. Il revisore dovrà esaminare con grande attenzione lo scadenzario clienti alla data di bilancio e alla data più prossima alla redazione del progetto di bilancio per discutere, in contradditorio con la società, gli elementi che inducono la società a non procedere alla svalutazione, come pure inviare ai legali che assistono la società in questa azione di recupero, delle lettere di richiesta di informazioni che indichino il parere del professionista sulle singole posizioni da lui seguite. Va premesso che la mancata risposta di un legale rappresenta di per sé una limitazione alle procedure di revisione, che andrà opportunamente evidenziata come tale nella relazione del revisore al bilancio. Supponendo tuttavia che i legali rispondano, ma che le informazioni da essi riportate, come pure le

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indicazioni ricevute dalla società, appaino più improntate ad un eccesso di ottimismo che alla rappresentazione di ragionevoli elementi di supporto per l’incasso del credito, il revisore dovrà formarsi la sua opinione e concludere, sulla base degli elementi in suo possesso, quale sia l’ammontare di svalutazione che, sempre ragionevolmente, e sulla base degli elementi attualmente a disposizione, è opportuno considerare per esprimere il valore di netto realizzo dei crediti verso clienti36. Giunto alla sua conclusione, e supposto che questa sia significativamente difforme dalle stime effettuate dagli amministratori in bilancio, egli dovrà evidenziare un paragrafo di eccezione sul tipo: La società nel corso del corrente esercizio ha registrato un significativo peggioramento dei tempi di incasso dei crediti verso la clientela che ha comportato un progressivo aumento delle posizioni scadute. L’esame di tali posizioni scadute e/o delle pratiche di recupero affidate al legale, effettuato sulle base delle informazioni disponibili in società e delle risposte ricevute dai legali, ha mostrato la necessità di effettuare svalutazioni di complessivi xx milioni di euro per adeguare il valore dei crediti a quello del loro presunto valore di realizzo. La società ha accantonato in bilancio un fondo svalutazione crediti di yy milioni di euro non sufficiente a coprire integralmente la stima dell’ammontare della svalutazione necessaria. Ne consegue che il fondo svalutazione crediti al 31 dicembre 20xx risulta sottostimato di zz milioni di euro e che il risultato economico e il patrimonio netto risultano sovrastimati rispettivamente di kk e hh milioni di euro al netto del relativo effetto fiscale calcolato sulla base delle aliquote fiscali attualmente in vigore. Relativamente al magazzino, le distorsioni possono comportare una alterazione delle quantità, una modifica del valore da attribuire alle suddette quantità e, da ultimo, una mancata svalutazione dei materiali a lento rigiro e/o obsoleti o con un valore di mercato inferiore al costo. Va chiarito che alterazioni delle quantità e dei valori di costo dei codici di magazzino rientrano a pieno titolo nel concetto di frode e quindi il revisore dovrà, ancora prima di decidere cosa scrivere nella sua relazione informare il collegio sindacale, nell’ambito del doveroso scambio d’informazioni previsto dai principi di riferimento e dalla legge, affinché lo stesso si attivi per censurare tali comportamenti nell’ambito della vigilanza della legalità che gli è propria e, se del caso, concertare il tipo d’informativa da portare all’attenzione dei terzi nell’ipotesi in cui tali distorsioni non vengano corrette. Nell’ultimo caso (adeguamento al valore di mercato o materiale a lento rigiro od obsoleto) ci si trova invece nell’ambito delle valutazioni che comporteranno analisi simili a quelle descritte per i crediti scaduti37. In questo caso tuttavia non si disporrà dell’ausilio, anche se per limitate posizioni, di un terzo esterno quale il legale per i crediti, e quindi l’esame in contradditorio dei codici che mostrino un valore di mercato inferiore al costo o problemi di lento realizzo o di obsolescenza sarà sicuramente professionalmente più complicato, e di conseguenza l’utilizzo del necessario requisito dello scetticismo professionale che caratterizza l’attività del revisore, dovrà essere ulteriormente rafforzato in questo tipo di verifica. Supponendo che il revisore giunga alla conclusione della necessità di effettuare una svalutazione delle rimanenze e che essa non sia adeguatamente riflessa in bilancio egli emetterà una relazione contenente un rilevo sul tipo:

36 L’ottenimento di elementi probativi ragionevoli può essere raggiunto anche in via indiretta. Si supponga infatti che un credito sia scaduto ad es: da 180gg rispetto ad una normale condizione di pagamento di 60gg senza che la società sia in grado di fornire elementi per il suo incasso. Tale aspetto pone il revisore in una condizione di ritenere, indirettamente, che le probabilità che l’incasso non avvenga in tutto o in parte sia maggiore rispetto a quella dell’incasso integrale dello stesso e, spesso, nella prassi, egli applica delle % uniformi per fasce di scaduto per stimare il possibile valore netto di realizzo dei crediti lasciando alla società l’onere di dimostrare, caso per caso o per classi, che tali stime non sono ragionevoli. 37 Anche in questo caso il revisore otterrà o predisporrà un’analisi delle giacenze per anzianità di movimentazione a cui applicherà delle % di svalutazione differenziate e crescenti sulla base del numero di periodi (di solito anni) di non movimentazione del codice.

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Le analisi condotte sulle rimanenze finali di magazzino hanno evidenziato la presenza di codici che presentano un valore di mercato inferiore al costo di acquisto e di produzione, come pure la presenza di materiale a lento rigiro ed obsoleto, fenomeni che, cumulativamente considerati, comporterebbero l’accantonamento di un fondo svalutazione di xx milioni di euro, mentre la società ha accantonato in bilancio un fondo di yy milioni di euro. Ne consegue che le rimanenze finali di magazzino al 31 dicembre 20xx risultano sovrastimate di zz milioni di euro e che il risultato economico e il patrimonio netto risultano sovrastimati rispettivamente di kk e hh milioni di euro al netto del relativo effetto fiscale calcolato sulla base delle aliquote fiscali attualmente in vigore. Passando ai fondi rischi ed oneri, ci si potrà trovare nella situazione in cui la società non esegue correttamente i calcoli di alcune fattispecie ricorrenti di fondi oneri, quali ad esempio il fondo resi o garanzia, o nella mancata od inesatta iscrizione di fondi rischi quali tipicamente quelli afferenti alle cause in corso. Nei primi casi la supervisione dei calcoli effettuati e, quindi, anche la conclusione sull’adeguatezza degli stessi, potrà essere compiuta dal revisore sulla base di dati storici disponibili alla società (andamento dei resi o delle garanzie sulla base del fatturato) che gli consentiranno di avere una ragionevole base di stima da contrapporre a quella effettuata dalla società. Nel caso invece dei fondi rischi per cause in corso non sempre l’esame della documentazione della società né, spesso, la risposta del professionista che assiste la società nella lite, sarà conclusiva e in molti casi il revisore dovrà utilizzare degli esperti che lo assistano a formarsi un giudizio su problematiche spesso complesse, che attengono a contestazioni di natura tecnica, giuridica o fiscale, che non sempre appartengono al bagaglio professionale del revisore. È buona norma che l’utilizzo di esperti venga già concordato in sede di emissione dell’offerta dei servizi di revisione, per cautelare il revisore rispetto a possibili dinieghi della società relativamente sia al loro utilizzo che al loro pagamento. Se dall’esame dei rischi dovesse emergere una passività di natura probabile che la società non ha accantonato in bilancio, il revisore dovrà darne menzione nella sua relazione. Nel caso di specie un esempio del paragrafo di rilevo potrebbe essere: La società è stata chiamata in causa per danni derivanti da una supposta non corretta esecuzione dei lavori di realizzazione di un fabbricato oltre alla richiesta della corresponsione del danno emergente e del lucro cessante dovuto al ritardo nella consegna dei lavori rispetto al termine contrattualmente previsto. La causa è nelle fasi inziali ed è prevista la prima udienza per il mese di maggio c.a.. Dall’esame della documentazione in possesso della società, effettuata anche con l’ausilio di un esperto indipendente, è emerso che alcune delle richieste avanzate dalla controparte, che condurrebbero complessivamente alla corresponsione di x milioni di euro, sono da ritenersi, allo stato delle informazioni attualmente disponibili, probabili. La società non ha accantonato nessuna passività a fronte di tali contestazioni ritenendo l’esito negativo solo possibile e si è limitata ad una informativa in nota integrativa. Gli elementi esaminati e l’opinione ricevuta dall’esperto indipendente appaiono invece sufficientemente adeguati a ritenere che tale passività vada accantonata in un apposito fondo rischi. Ne consegue che il risultato d’esercizio e il patrimonio netto al 31 dicembre 20xx risultano sovrastimati di y milioni di euro al netto dell’effetto fiscale calcolato sulla base delle aliquote fiscali attualmente in vigore. 7. Le alterazioni volontarie dei dati di bilancio

Si tratta dell’aspetto più delicato per il revisore, anche se non è infrequente che tali tipi di comportamenti possano diventare ricorrenti in casi di crisi d’impresa. Si pensi ad esempio ai fenomeni

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di prefatturazioni e/o al differimento nella registrazione di costi di periodo come pure, come già detto, alla modifica del valore delle rimanenze finali sia nella parte quantitativa che di valore. Va chiarito innanzitutto che i principi di revisione38 richiedono al revisore un apprezzamento del rischio di frode sia nella fase di pianificazione dell’incarico che di esecuzione delle verifiche. Con questo si vuole sottolineare preliminarmente che se la società è in crisi, il revisore deve supporre, già in sede di pianificazione del lavoro, che il rischio che tali tipi di comportamenti vengano posti in essere esista e, quindi, deve pianificare delle procedure ad hoc per rispondere ai rischi teorici individuati. A titolo esemplificativo un’analisi delle fluttuazioni mensili dei costi di acquisto e del fatturato dell’esercizio con i corrispondenti valori dell’esercizio precedente, rappresenta una procedura minima, come minima sarà la discussione di eventuali anomalie riscontrate con la direzione aziendale e la pianificazione di ulteriori verifiche di dettaglio nel caso in cui le risposte della direzione non siano state soddisfacenti rispetto alle aspettative che il revisore si è formato dall’esecuzione delle procedure analitiche. Se dal punto di vista degli elementi probativi il revisore normalmente disporrà di dati più certi rispetto alle sopraccennate supervisioni delle stime della direzione, va tuttavia ricordato che la soluzione di queste problematiche è molto più complessa, in quanto di fronte ad elementi certi che individuino ad esempio una significativa prefatturazione, il revisore potrebbe anche concludere, sulla base dei principi di revisione, di non potere portare a termine il suo incarico affidando ad altri organi, collegio sindacale in primis, l’azionamento delle opportune azioni di censura. Nel caso di mantenimento dell’incarico il revisore dovrà attentamente concertare con il collegio sindacale quali azioni lo stesso intende intraprendere a seguito della segnalazione pervenuta dal revisore, e quale enfasi lo stesso collegio darà alla operazione nella sua relazione al bilancio, in modo che il rilievo formulato dal revisore sia congruente con le azioni e la relazione del collegio sindacale stesso. Ovviamente il revisore sarà libero di emettere una relazione con un rilievo su questi aspetti anche in assenza di “supporto” da parte del collegio sindacale, ma si ritiene che in tali casi la posizione vada adeguatamente studiata con un legale per evitare qualsiasi errore nella informativa ai terzi e le conseguenti responsabilità che gli potrebbero derivare anche da azioni intentate dalla stessa società oggetto di revisione. 8. Considerazioni conclusive

L’attuale perdurante crisi economica e finanziaria induce spesso le società ad effettuare valutazioni di bilancio non sempre in ossequio con i principi contabili di riferimento che comportano l’emergere di criticità per il revisore che deve emettere il suo giudizio sul bilancio. Se le valutazioni del revisore non concordano con quelle effettuate dagli amministratori e se essi non recepiscono in bilancio le indicazioni del revisore egli deve, se le differenze superano il livello quantitativo di significatività che egli ha fissato per il bilancio nel suo complesso, inserire il rilievo/i nella sua relazione al bilancio. I rilievi vanno riportati obbligatoriamente prima del paragrafo del giudizio e anche la formula del giudizio andrà modificata per tenere conto delle eccezioni riscontrate. Nella esposizione dei rilievi egli deve indicare gli effetti del rilievo sul risultato d’esercizio e sul patrimonio netto, oltre che sulla voce interessata all’aggiustamento. Gli effetti sul patrimonio e sul risultato dovranno essere calcolati anche tenendo conto del relativo effetto fiscale, calcolato con le aliquote in vigore, a meno che la società non presenti un imponibile fiscale negativo e una previsione futura di non recupero delle imposte anticipate connesse alla perdita di periodo. In presenza di molteplici rilievi il revisore dovrà anche 38 Si fa riferimento in particolare al principio n. 240 “La responsabilità del revisore nel considerare le frodi nel corso della revisione contabile del bilancio”

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giudicare se è possibile emettere un giudizio con eccezioni o decidere che l’entità complessiva dei rilievi rende inattendibile il bilancio e, quindi, sia doveroso emettere un giudizio negativo sullo stesso.

In breve: 1. Le alterazioni del bilancio derivano dal fatto che gli amministratori nella relativa redazione

applicano sempre criteri di valutazione che hanno significativi elementi di soggettività. 2. Si è in presenza di frodi quando i dati a disposizione non vengono adeguatamente riflessi nei

valori di bilancio. 3. La dimostrazione della natura non permanente della perdita subita deve essere effettuata

sulla base di un piano previsionale che comprovi il suo recupero nel breve periodo. 4. Durante una verifica la mancata risposta del legale della società rappresenta una limitazione

alle procedure di revisione che dovrà essere evidenziata nella relazione del revisore al bilancio.

5. Se la società è in crisi, il revisore deve supporre il rischio di alterazioni dei dati di bilancio e, quindi, deve pianificare delle procedure ad hoc.

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LA CONTINUITÀ AZIENDALE NEL CONTESTO ECONOMICO FINANZIARIO

a cura di Andrea Soprani

La continuità aziendale, pur essendo il principio di base per la redazione del bilancio annuale o periodico di un’azienda in funzionamento, è difficilmente sottoposta a verifiche di sostanza per confermarne la sua esistenza e, spesso, non ne viene data menzione nelle note di commento al bilancio (siano esse la nota integrativa o la relazione sulla gestione) in quanto, per così dire, gli amministratori ne danno per scontata la sua sussistenza. L’articolo si preoccuperà di inquadrare il tema della continuità aziendale, di indicare le verifiche da effettuare per attestarne la sua esistenza e di descrivere come gli esiti di queste verifiche si riflettono sul giudizio del revisore.

1. Premessa

Prima di addentarsi nella disamina delle verifiche da effettuare e della informativa da riportare in bilancio, è necessario ricordare che il postulato della continuità aziendale è richiamato espressamente dall'art. 2423 bis c.c. che stabilisce, tra l'altro, che «... la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività...». Da questa affermazione discendono alcuni importanti concetti guida da tenere presenti nella redazione di un bilancio periodico, concetti che, ovviamente, sono anche utili per la verifica della sua correttezza: - le valutazioni delle voci di bilancio devono essere fatte nella prospettiva della continuità dell'attività

aziendale (ad esempio il costo storico e non il valore di liquidazione sarà il principio guida per la valutazione dei fabbricati e di molte altre attività);

- i beni aziendali in bilancio hanno un valore unicamente in funzione della loro capacità di produrre un reddito futuro (se il valore non è recuperabile tramite l’uso dovrà essere considerata la necessità di una svalutazione ma non sarà mai concessa una rivalutazione anche se il valore di vendita del bene dovesse risultare più elevato);

- i dati del bilancio d'esercizio o consolidato non sono idonei ad essere utilizzati per fini diversi da quelli della rendicontazione periodica, e quindi operazioni quali cessioni, scorpori, conferimenti e liquidazioni richiederanno l’applicazione di principi contabili diversi da quelli statuiti per la redazione del bilancio annuale o infrannuale.

La continuità aziendale (anche nota con il termine anglosassone di going concern) può quindi essere considerata un prerequisito non derogabile per la redazione di un bilancio periodico; ne consegue che

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alla mancanza di questo presupposto di base il bilancio non potrà più essere preparato secondo i normali principi contabili che ne regolano la redazione.39 Nella cultura italiana si è spesso portati a pensare che solo un’azienda che chiude bilanci in perdita sia a rischio di continuità aziendale.40 Questo è indubbiamente vero, ma ad esempio: il principio di revisione 57041 ci esorta a prestare un’attenzione anche maggiore agli aspetti finanziari che, in molte situazioni, possono condizionare, più di altre cause, la prosecuzione dell’attività. Si pensi ai frequenti casi di società che pur presentando bilanci in utile hanno problematiche di continuità aziendale per crisi di liquidità (derivata ad esempio da difficoltà nell’incasso dei crediti commerciali, difficoltà che si aggravano quando l’accesso al credito bancario è per loro limitato). Viste le premesse risulta evidente come la verifica della esistenza della continuità aziendale sia una procedura critica e fondamentale sia per il revisore che dovrà emettere il suo giudizio sul bilancio, che per il collegio sindacale nella sua attività di vigilanza della gestione e della corretta amministrazione della società. Va enfatizzato tuttavia che la responsabilità della verifica dell’esistenza della continuità aziendale spetta in primo luogo agli amministratori, nell’ambito della più ampia e diretta responsabilità di redazione del bilancio d’esercizio o consolidato. Tale aspetto non va sottovalutato in quanto né il revisore né il collegio sindacale potranno, nelle loro relazioni, sanare le carenze di verifiche e/o di informativa da parte degli amministratori potendo solo, se del caso, censurare in maniera esplicita tale comportamento. 2. Come verificare l’esistenza della continuità aziendale?

Si è detto che gli amministratori hanno la responsabilità della redazione del bilancio e quindi anche la necessità di verificare in prima persona l’esistenza delle condizioni che consentono la prosecuzione dell’attività della società. Visto il chiaro dettato di legge,42 i principi contabili italiani non fanno esplicita menzione del postulato della continuità aziendale né si preoccupano più di tanto di indicare quali debbano essere le verifiche che gli amministratori devono compiere per accertarsi che la continuità aziendale esista.43 I principi contabili internazionali44 sono invece espliciti nel richiedere obbligatoriamente che gli amministratori della società effettuino una valutazione della capacità dell’impresa di essere in going concern sulla base di tutti gli elementi a loro disposizione, come pure nel considerare obbligatorio che venga data esplicita informativa delle valutazioni effettuate sia nel bilancio d’esercizio (caso in cui la verifica della continuità dia esito positivo) o in alternativa, ad esempio nel bilancio di liquidazione (esito negativo). Per eseguire la verifica dell’esistenza delle condizioni necessarie alla continuità aziendale risulta indispensabile definire quale debba essere il periodo temporale di “previsione” da esaminare a tal fine.

39 L’importanza di tale requisito può dirsi rafforzata anche da altre disposizioni del codice civile. Si pensi ad esempio alle fattispecie regolate dagli artt. 2446 o 2447 c.c. (perdite che intaccano il capitale sociale). Anche in queste situazioni di crisi, che nei casi più gravi potrebbero condurre alla messa in liquidazione della società, il bilancio da presentare all’assemblea dei soci che deciderà come sanare la perdita di capitale subita, deve essere redatto secondo il principio di continuità aziendale. 40 Tale dubbio si rende particolarmente palese nella fattispecie del già citato art. 2447 c.c. (riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale) dove in mancanza di un versamento dei soci è normale che si proceda alla liquidazione della società. 41 Si fa riferimento al principio di revisione 570 “Continuità aziendale” emesso dalla commissione paritetica per i principi di revisione dei Dottori e Ragionieri commercialisti nell’ottobre del 2007. 42 Si fa riferimento al citato art. 2423 bis del codice civile 43 D’altro canto neanche la legge italiana indica quali debbano essere le verifiche da effettuare e quale informativa sia necessario inserire nella nota integrativa. 44 Il principio a cui ci si riferisce è lo IAS 1 liberamente scaricabile dal sito dell’OIC (www.fondazioneoic.it)

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La continuità aziendale nel contesto economico finanziario

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Anche in questo caso non esiste nel nostro corpo normativo né nei principi contabili nazionali un’indicazione in tal senso. Vengono nuovamente in aiuto i principi contabili internazionali45 che fissano il periodo minimo in 12 mesi dalla data di chiusura del bilancio (indipendentemente dalla data di sua approvazione). Tale indicazione è d’estrema importanza visto che, nella stragrande maggioranza dei casi, le analisi necessarie per assicurarsi che il test sia superato sono tutt’altro che semplici per gli amministratori e, spesso, ancora più critiche per il revisore che le deve supervisionare e convincersi della loro ragionevolezza. Il grado e la profondità delle analisi da effettuarsi dipendono ovviamente dalle specifiche circostanze di ciascun caso. Il principio di revisione 570 fornisce alcuni esempi (ovviamente non esaustivi) di eventi o condizioni di natura economico-finanziaria, gestionale e generale, che possono far nascere dei dubbi sulla continuità aziendale. Essi sono:

Indicatori economici-finanziari: • situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo; • prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di

rinnovo o di rimborso; oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine;

• indicazioni di cessazione del sostegno finanziario da parte dei finanziatori e altri creditori; • bilanci storici o prospettici che mostrano cash flow negativi; • principali indici economico-finanziari negativi; • consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività che generano cash

flow; • mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi; • incapacità di saldare i debiti alla scadenza; • incapacità nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti; • cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori dalla condizione “a credito” alla

condizione “pagamento alla consegna”; • incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti ovvero per altri

investimenti necessari. Indicatori gestionali:

• perdita di amministratori o di dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli; • perdita di mercati fondamentali, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori

importanti; • difficoltà nell’organico del personale o difficoltà nel mantenere il normale flusso di

approvvigionamento da importanti fornitori. Altri indicatori:

• capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conformità ad altre norme di legge; • contenziosi legali e fiscali che, in caso di soccombenza, potrebbero comportare obblighi di

risarcimento che l’impresa non è in grado di rispettare; • modifiche legislative o politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli per

l’impresa.

45 Si fa riferimento al paragrafo 24 dello IAS 1 che recita “nel determinare se il presupposto della prospettiva della continuazione dell’attività è applicabile, la direzione aziendale tiene conto di tutte le informazioni disponibili sul futuro, che è relativo ad almeno, ma non limitato, a dodici mesi dopo la data di riferimento del bilancio.”

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Si sottolinea innanzitutto come il principio di revisione ponga enfasi specialmente sulla crisi finanziaria e sui suoi indicatori, talora con esempi che non sempre si adattano alla realtà italiana e, forse, tanto meno a quella delle piccole e medie imprese (si pensi alla mancanza o discontinuità nel pagamento dei dividendi oppure alla eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine). Questi esempi rafforzano il concetto di come la verifica non possa essere condotta sulla base di una checklist precodificata applicabile ad ogni fattispecie, in quanto la complessità delle analisi richiederà conoscenze professionali approfondite e diversificate, ma, soprattutto, richiederà frequenti decisioni da parte del revisore su quali aspetti siano meritevoli di approfondimento per concludere che la continuità aziendale esiste. Gli amministratori in primis e il revisore di conseguenza, dovranno utilizzare tutti gli elementi a loro disposizione per giudicare se è corretto che il bilancio periodico venga redatto in continuità aziendale. Un’altra importante riflessione che emerge dagli esempi del principio di revisione, è la constatazione di come la redazione del bilancio (e quindi di una fotografia di eventi passati) richieda obbligatoriamente e preliminarmente la necessità di approfondire gli aspetti futuri della gestione aziendale. Si sottolinea questo in quanto troppo spesso nella prassi applicativa le verifiche di revisione sono principalmente focalizzate all’esame della correttezza delle voci di bilancio, e quindi indirizzate ad acquisire elementi probatori di eventi del passato, con poca attenzione a ciò che si prevede che succeda nella futura gestione dell’azienda. Il principio 570, seppur relativo a situazioni d’incertezza sulla continuità aziendale, pone grande enfasi all’esame preliminare del futuro e quindi di budget, piani e previsioni di cash flow, come condizioni essenziali e necessariamente preliminari per giudicare se, ad esempio, le attività possono essere iscritte a quel valore in bilancio visto che, come ricordato sopra, un bene aziendale ha un valore se, e solo se, dimostra di possedere la capacità di produrre un reddito futuro. In termini generali si può quindi concludere che per tutti gli organi coinvolti nella redazione o nella verifica del bilancio, siano essi amministratori, sindaci o revisori, il fatto di predisporre o esaminare delle ipotesi più o meno formalizzate sul futuro dell’azienda (quindi budget e/o piani pluriennali) è non solo opportuno, ma, talora, come nel caso di specie, indispensabile per redigere un bilancio d’esercizio o consolidato e quindi un bilancio in continuità aziendale. 3. Le verifiche del revisore

Al revisore spetta l’arduo compito di supervisionare le ipotesi e le analisi che gli amministratori fanno per verificare la continuità aziendale con la finalità di giudicare se esse siano appropriate o meno per redigere un bilancio in going concern. Anche per il principio 570, i 12 mesi rappresentano il periodo minimo di riferimento. Se le previsioni degli amministratori dovessero coprire un orizzonte temporale inferiore ai 12 mesi dalla data di chiusura dell’esercizio, il revisore deve chiedere agli amministratori che le loro previsioni siano estese ad almeno 12 mesi46. Il principio non è esplicito nell’indicare cosa deve fare il revisore in caso di previsioni inferiori a 12 mesi.

46 Si presti attenzione alla differenza tra amministratori e revisore quando si parla di periodo minimo pari a 12 mesi dalla data di bilancio. Per gli amministratori il periodo di 12 mesi è considerato minimo nel senso che valutazioni per un periodo superiore (es: 12 mesi dalla data di approvazione del bilancio) possono essere consigliabili nelle singole fattispecie. Per il revisore i 12 mesi dalla data di bilancio rappresentano invece una situazione di discrimine. Solo se le previsioni saranno inferiori a tale periodo egli dovrà censurare l’operato degli amministratori, mentre se superiori a tale periodo, le dovrà supervisionare e dare conto nella sua relazione di tale maggior periodo di indagine. Si vuole pertanto concludere che, mentre un amministratore che approva il bilancio in settembre e fa previsioni di soli tre mesi fino a dicembre potrebbe essere censurato, nessuna censura può essere rivolta al revisore (ha supervisionato le previsioni di 12 mesi dalla data di bilancio e non ne doveva richiedere di più estese).

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La continuità aziendale nel contesto economico finanziario

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La mancanza di una formulazione esplicita, ben si concilia con il fatto che il lavoro di revisione è considerato un insieme di procedure di verifica che si effettuano sulla base di principi di revisione generali, ma dove al revisore è lasciata una autonomia (ovviamente professionale) sulle decisioni e reazioni da prendere in caso di mancato rispetto di alcuni punti fondamentali del processo di revisione. Tutto ciò è in linea con la possibilità per il revisore di emettere un giudizio graduato sul bilancio47 (positivo, positivo con paragrafo d’enfasi, con rilievi, negativo, impossibilità di esprimere un giudizio), giudizio che rientra nella sua autonomia e che genera responsabilità dirette in casi di errori.48 Nella prassi, l’incapacità del management di fornire previsioni di almeno 12 mesi viene quasi sempre interpretata come una grave lacuna al processo di revisione e quindi difficilmente il revisore emetterà un giudizio positivo sul bilancio. Un secondo aspetto riguarda la supervisione delle ipotesi formulate. In linea generale il revisore, nell’esaminare le ipotesi formulate dagli amministratori, deve prestare particolare attenzione non solo alla ragionevolezza delle spiegazioni che il management fornirà, ma anche nel verificare se la direzione aziendale abbia tenuto conto di tutti gli elementi rilevanti di cui il revisore è venuto a conoscenza nell’ambito delle verifiche svolte nel corso del suo lavoro. Esempi di verifiche di revisione che il revisore conduce per assicurarsi che le ipotesi formulate dalla direzione aziendale siano ragionevoli sono le seguenti.

Esempi di procedure di revisione per la supervisione della continuità aziendale: • analizzare e discutere con la direzione aziendale i flussi finanziari, i risultati e altre previsioni

rilevanti; • analizzare e discutere con la direzione aziendale l’ultimo bilancio periodico disponibile; • verificare il puntuale pagamento dei debiti e dei prestiti nel periodo successivo alla chiusura

dell’esercizio; • leggere i libri sociali per individuare se ci sono riferimenti a difficoltà finanziarie; • richiedere ai legali della società se esistono cause o richieste di danni con la stima del loro

possibile ammontare e probabilità; • ricevere conferma se esistono obblighi legali o contrattuali da parte di terzi per garantire il

sostentamento finanziario della società oltre a verificare se le terze parti hanno le necessarie risorse finanziarie per far fronte agli impegni presi;

• considerare la capacità dell’azienda di far fronte ad ordini della clientela non evasi; • esaminare gli eventi del periodo successivo alla chiusura dell’esercizio per valutare quelli che

mitigano o peggiorano le condizioni di incertezza sottese alla continuità aziendale. Visto che in molti casi si tratta di valutare la ragionevolezza di eventi futuri, il principio richiede inoltre di verificare, sulla base di ciò che è avvenuto nel passato, la capacità degli amministratori nel formulare previsioni.49 Sia nell’aspetto economico, che in quello finanziario, la comparazione dei risultati raggiunti con quelli previsti e l’esame della natura e dell’ammontare degli scostamenti sarà per il revisore un ulteriore elemento di giudizio per verificare la credibilità delle previsioni formulate dagli amministratori.

47 La relazione graduata del revisore legale è ora regolata dall’art 14 del Dlgs 39/10 e dal principio di revisione italiano 002 48 A titolo di esempio la dottrina giurisprudenziale ritiene che il giudizio positivo sul bilancio di esercizio sia di fatto una sorta di garanzia per coloro che prendono decisioni sulla base dello stesso (azionisti, investitori, banche, terzi); in pratica, un giudizio positivo sul bilancio di esercizio porterebbe a ritenere i terzi che l’azienda sia in grado di proseguire la propria attività in condizioni di continuità per almeno 12 mesi dalla data di chiusura dell’esercizio di riferimento. 49 A titolo esemplificativo se l’azienda non ha rispettato con i dati consuntivi i dati di budget che aveva formulato per l’esercizio e/o gli esercizi precedenti, il revisore dovrà essere necessariamente più scettico nell’esaminare le previsioni che gli vengono sottoposte per la convalida della continuità aziendale

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4. L’informativa

L’art. 2428 c.c. nell’attuale formulazione prevede tra l’atro la descrizione nella relazione sulla gestione dei principali rischi ed incertezze a cui è soggetta la società. Ne consegue che la relazione sulla gestione sia la giusta sede per descrivere le verifiche e gli esiti dei test volti a confermare la continuità aziendale. Tuttavia si ritiene adeguato (la stessa Consob si esprime in questo senso) che quando sussistono dubbi significativi circa la capacità dell’impresa di proseguire la propria attività in continuità aziendale, tali dubbi e incertezze debbano essere chiaramente esplicitati anche in nota integrativa. Ne consegue che la fattispecie debba essere sempre riportata nella relazione sulla gestione, specie con riferimento al contesto generale e alla azienda nel suo complesso, con un rimando alla nota integrativa per i necessari approfondimenti relativi alle significative incertezze sottese alle varie voci di bilancio. La necessità di evidenziare l’informativa anche in nota integrativa conduce, ad avviso dello scrivente, all’obbligatorietà di questa informativa anche per le aziende che redigono il bilancio in forma abbreviata dove la relazione sulla gestione non è obbligatoria. 5. I giudizi del revisore sul bilancio

Mentre nel lontano passato era possibile, vista la delicatezza delle analisi e la necessità del revisore di acquisire elementi probativi sufficientemente certi, emettere un giudizio condizionato sul bilancio,50 che tuttavia ingenerava confusione nel fruitori dello stesso, già da molti anni il giudizio51 può essere solo o positivo (quasi sempre con un richiamo di informativa sul fenomeno52) o non positivo (nelle due differenti versioni di “negativo” o “impossibilità di esprimere un giudizio”). La continuità aziendale è così importante per la redazione del bilancio d’esercizio che i principi di revisione non tollerano che il revisore non prenda posizione su di essa. O il revisore si convince che le ipotesi formulate dagli amministratori sulla continuità aziendale sono credibili e sostenibili e quindi si associa ad essi con un giudizio positivo, o, se non si convince, (e questo può avvenire anche quando le ipotesi degli amministratori sono credibili ma le loro stime contengono un ampio margine di incertezza circa la realizzabilità), è costretto a censurare il bilancio con un giudizio non positivo. Un quadro di sintesi dei comportamenti auspicabili da parte dei vari attori nelle varie fattispecie può essere il seguente:

Effetti per amministratori e revisori a conclusione dei test sulla continuità aziendale

Risultati dell’esame Conseguenze per gli

amministratori sull’informativa Conseguenze per il giudizio

del revisore sul bilancio Gli amministratori concludono

che la continuità aziendale esiste. Non sono stati

identificati significativi dubbi o incertezze.

Il bilancio DEVE in ogni caso riportare l’informativa sulle conclusioni raggiunte e sui

metodi utilizzati per arrivare a tali conclusioni.

Il giudizio sarà positivo. È consigliato un paragrafo

d’enfasi anche se il revisore potrà comunque concludere

di non metterlo. La continuità aziendale esiste

ma sono presenti anche Il bilancio deve descrivere le

incertezze significative e Se il revisore concorda con il

management, giudizio

50 Si trattava di un giudizio che la professione chiamava tecnicamente subject to con il quale il revisore, dopo un’ampia descrizione dei fenomeni che conducevano all’incertezza sulla continuità aziendale riportato in un apposito paragrafo, emetteva un giudizio sul tipo: A nostro giudizio, subordinatamente ai possibili effetti dei fenomeni descritti nel paragrafo xx, …., il bilancio d'esercizio della … è conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione; esso pertanto è redatto con chiarezza e rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico della società. 51 Tale comportamento è consolidato dall’introduzione del vecchio principio di revisione n° 21 del gennaio del 1995. 52 Il richiamo d’informativa dovrà fare riferimento alle informazioni riportate dagli amministratori nella nota integrativa. Se, a giudizio del revisore, l’informativa di bilancio dovesse risultare incompleta, tale incompletezza richiederebbe l’emissione di un giudizio con rilievi, visto che il richiamo d’informativa non può sanare carenze d’informativa presenti in bilancio.

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La continuità aziendale nel contesto economico finanziario

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significative incertezze sulla stessa.

spiegare i motivi per cui si ritiene comunque esistente il presupposto della continuità

aziendale.

positivo con paragrafo d’enfasi. Se non concorda,

giudizio negativo o impossibilità di esprimere un

giudizio. Se carenza di informativa sempre giudizio

negativo sia che sia in accordo che in disaccordo.

La continuità aziendale non esiste

Il bilancio deve descrivere i motivi che hanno indotto gli amministratori a redigere il

bilancio non in continuità e deve inoltre esplicitare i principi

contabili che verranno utilizzati nella fattispecie.

Il giudizio sul bilancio sarà adattato alla particolare

situazione e sarà normalmente positivo. Un

paragrafo d’enfasi è comunque consigliabile per

richiamare i motivi che hanno indotto il management a ritenere non adeguato il

presupposto della continuità aziendale.

Si ricorda inoltre che al revisore è anche richiesta l’espressione di un giudizio di coerenza53 della relazione sulla gestione con il bilancio (sia esso d’esercizio o consolidato). Tale giudizio per volontà esplicita del legislatore deve essere esposto nella relazione del revisore in un paragrafo aggiuntivo e successivo rispetto a quello in cui il revisore esprime il proprio giudizio sul bilancio.54 Pur essendo posto sotto il paragrafo del giudizio sul bilancio, il giudizio di coerenza dovrà tuttavia tener conto della tipologia di giudizio che il revisore ha espresso sul bilancio. Di seguito un prospetto di sintesi che riepiloga la natura del giudizio di coerenza in presenza dei differenti tipi di giudizio sul bilancio.

Tipologia di giudizio sul bilancio

Relazione sulla gestione Effetti sul giudizio di

coerenza Positivo senza rilievi Informativa coerente

Informativa con incoerenze

significative

Informativa con incoerenze significative e molteplici o

pervasive

Giudizio positivo

Giudizio con rilevi

Giudizio avverso

53 Un utile supporto a tal fine è rappresentato dal principio di revisione PR 001 approvato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili nella seduta del 11 e 12 febbraio 2009 e adottato dalla Consob con delibera n. 16801 del 24 febbraio 2009 liberamente scaricabile dal sito www.cndcec.it 54 La dicitura standard, in caso di giudizio senza rilievi viene suggerita dal principio di revisione 001 come la seguente: “La responsabilità della redazione della relazione sulla gestione in conformità a quanto previsto dalle norme di legge [e dai regolamenti] compete agli amministratori della ABC S.p.A.. E’ di nostra competenza l’espressione del giudizio sulla coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio, come richiesto dall’art. [156, comma 4-bis, lettera d), del D.Lgs. 58/98][2409-ter, comma 2, lettera e), del Codice Civile]. A tal fine, abbiamo svolto le procedure indicate dal principio di revisione n. PR 001 emanato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e raccomandato dalla Consob. A nostro giudizio la relazione sulla gestione è coerente con il bilancio [d’esercizio] [consolidato] della ABC S.p.A. al [giorno mese anno].”

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Rilievi per divergenza rispetto ai principi contabili di

riferimento

Informativa coerente o con incoerenze significative

Effetto sul giudizio sulla coerenza da valutare

nelle specifiche circostanze ma difficilmente positivo

Rilievi per limitazioni al processo revisionale rispetto

ai principi di revisione di riferimento

Informativa coerente o con incoerenze significative

Effetto sul giudizio sulla coerenza da valutare

nelle specifiche circostanze ma difficilmente positivo

Impossibilità di espressione del giudizio per limitazioni al procedimento di revisione o per significative incertezze

Informativa coerente o con incoerenze significative

Impossibilità di esprimere il giudizio di coerenza

Giudizio avverso Informativa coerente o con incoerenze significative

Impossibilità di esprimere il giudizio di coerenza

6. Considerazioni conclusive

La continuità aziendale è un requisito essenziale per la redazione di un bilancio d’esercizio il cui obbligo deriva direttamente dal codice civile. L’attuale e perdurante crisi economico-finanziaria ha acuito la necessità di sottoporre a verifica il presupposto della continuità aziendale e di riportare la necessaria informativa in bilancio. La verifica della continuità aziendale spetta agli amministratori, anche se collegio sindacale e revisore sono chiamati, seppur con differente ampiezza ma con uguali responsabilità, a valutarne la ragionevolezza. La verifica dell’esistenza del going concern richiede grande esperienza professionale, una particolare attenzione ai flussi finanziari e una visione prospettica oltre che consuntiva. La relazione del revisore dovrà necessariamente prendere posizione sulla continuità aziendale, o sposando le tesi degli amministratori (giudizio positivo con eventuale richiamo d’informativa) o rigettandole (giudizio negativo o impossibilità di esprimere un giudizio). Il giudizio di coerenza sulla relazione sulla gestione sarà influenzato dalle conclusioni che il revisore ha preso in termini di giudizio al bilancio.

In breve: 1. La verifica della esistenza della continuità aziendale è una procedura fondamentale sia per il

revisore che per il collegio sindacale. 2. Il principio di revisione 570 fornisce alcuni indicatori di natura economico-finanziaria,

gestionale e generale, che possono far nascere dei dubbi sulla continuità aziendale. 3. In caso di incapacità del management di fornire previsioni di almeno 12 mesi, difficilmente il

revisore emetterà un giudizio positivo sul bilancio. 4. Data la sua importanza per la redazione del bilancio d’esercizio, i principi di revisione non

tollerano che il revisore non prenda posizione sulla continuità aziendale.

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Schemi operativi di sintesi

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L’ OIC E LA REVISIONE DEI PRINCIPI CONTABILI

Art. 20, D.L. 91/2014

Compito OIC↓

emanare principi contabili nazionali in base a migliore prassi operativa

per redazione bilanci secondo disposizioni codice civile

L’OIC e la revisione dei principi contabili

RICONOSCIMENTO OIC

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L’OIC e la revisione dei principi contabili

97

Effetti D.L. 91/2014

Confermato standard setter

nazionale in materia di

principi contabili

Inserimento Efrag(organismo di

consulenza in materia contabile della

Commissione Europea)

Emanazione principi contabili

italiani a supporto attività

legislativa

Funzione principi contabili integrare e interpretare norme di legge

RUOLO E FUNZIONI OIC

L’OIC e la revisione dei principi contabili

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1 Agosto 2014: pubblicazione di 16 Principi contabili rivis → applicabili da bilanci chiusi a partire dal 31/12/2014

Gennaio 2015 → Principio contabile OIC 24 (Immobilizzazioni immateriali)

No revisione OIC 11 (postulati del bilancio) e OIC 3 (derivati) Attesa recepimento Direttiva 34/2013

Esclusi da revisione i Documenti specifici (OIC 4, OIC 5, OIC 6, OIC 7, OIC 8)

2

3

4

ATTIVITÀ SVOLTA OIC

L’OIC e la revisione dei principi contabili

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LE PRINCIPALI NOVITÀ DEI PRINCIPI CONTABILI

Novità OIC

OIC 16

IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI

Immobili: obbligo scorporo valore fabbricato da terreno Svalutazione di immobilizzazioni rivalutate: imputazione a conto

economico salvo legge Immobilizzazioni destinate a vendita: riclassificazione attivo

circolante Sistematizzazione capitalizzazione oneri finanziari Ammortamento → …

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Le principali novità dei principi contabili

99

Novità OIC

OIC 16

AMMORTAMENTO IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI

Ammortamento su cespiti temporaneamente non utilizzati No ammortamento → fabbricati civili non accessori a quelli

strumentali, terreni e opere d’arte Interruzione ammortamento →

presumibile valore residuo cespite ≥ valore netto contabile Component approach → ammortamento separato di componenti

con vita utile diversa da bene principale, salvo impraticabilità o nonsignificatività

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Novità OIC

OIC 24

IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI

Costi straordinari di riduzione del personale non capitalizzabili Beni immateriali (brevetti e simili): capitalizzabili somme pagate

una tantum per l’acquisto → non corrispettivo variabile in funzionedi parametri (royalties)

Ammortamento avviamento: confermato (per ora) tempoordinario di 5 anni, max di 20

No immateriali → costi di produzione e distribuzione di cataloghi,espositori, ecc.

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100

Novità OIC

OIC 9

SVALUTAZIONI PERDITE DUREVOLI

Perdita durevole di valorediminuzione di valore che rende valore recuperabile inferiore

al valore netto contabile, in prospettiva di lungo periodo

Valore recuperabile maggiore fra:Valore d’uso → valore attuale flussi di cassa attesi o metodo semplificatoValore equo → valore vendita fra parti indipendenti, netto costi dismissione

Metodo semplificato per imprese minori

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ConseguenzeA. Verificare esistenza perdita durevole di valoreB. Verificare necessità di modifica piano ammortamento, vita utile residua, ecc.

Novità OIC

OIC 9INDICATORI PERDITE DUREVOLI

1. Diminuzione rilevante e inattesa valore di mercato2. Cambiamento tecnologico, mercato, contesto di riferimento, ecc.3. Valore realizzo assets inferiore valore netto contabile4. Obsolescenza, deterioramento, ecc.5. Mancato utilizzo bene, piani dismissione, ristrutturazione, ecc.6. Andamento economico peggiore di previsioni 7. Contrazione risultati operativi8. Sensibili modifiche tassi con effetto su attualizzazione flussi

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Le principali novità dei principi contabili

101

ma• Se valore di mercato attività > a valore netto contabile

→ non occorre rilevare perdita• Se vengono meno motivi della perdita durevole

→ ripris no (No per Avviamento e Oneri pluriennali)

Novità OIC

OIC 9

SE

Perdita durevole di valore in CEVoce B.10.c): se dovuta alla gestione ordinaria

Voce E.21: se natura straordinaria

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Imprese che per 2 esercizi consecutivi non superano 2 limiti su 3:

• Dipendenti: 250• Totale Attivo di bilancio: 20 mln• Ricavi: 40 mln

Novità OIC

OIC 9METODO SEMPLIFICATO DETERMINAZIONE VALORE D’USO

Diminuzione valore di mercato attivitàCambiamenti negativi ambiente tecnologico, di mercato, ecc.Valore contabile attività maggiore di quello “equo” stimatoObsolescenza Inutilizzo attività, piani di ristrutturazione, dismissione, ecc.

Indicatori potenziali perdita di

valore

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102

Attività non utilizzate e senza prospettive di reimpiego vanno comunque svalutate

Novità OIC

OIC 9METODO SEMPLIFICATO

DETERMINAZIONE CAPACITÀ AMMORTAMENTO

Valore netto contabile attività

Capacità ammortamentofuturi esercizi

QUANDO

Capacità ammortamento futuri esercizi → margine economico che gestione produce in un dato orizzonte temporale per

copertura ammortamenti↓

somma algebrica redditi prospettici (5 anni) al lordo di ammortamenti attività da testare, al netto oneri finanziari e senza considerare elementi fiscali e straordinari

>NO PERDITA DUREVOLE DI VALORE

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2015 2016Ricavi 5000 6000Costi variabili -4000 - 4500Costi fissi -800 - 800Oneri finanziari -400 -350Capacita diammortamento

- 200 350

Ammortamento di A 250 250Ammortamento di B 150 150Totale ammortamenti 400 400Risultato netto - 600 - 50

01 | Il calcolo ALFA Srl ha iscritto nell’attivo patrimoniale due cespiti: 1) cespite A vita utile residua 2anni e valore netto contabile 500; 2) cespite B vita utile residua 2 anni e valorecontabile netto 300. Viene calcolata la capacità di ammortamento negli esercizi 2015 e2016 eseguendo un budget previsionale dell’andamento degli stessi esercizi futuri.

Novità OIC

OIC 9 – CASO OPERATIVO

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Le principali novità dei principi contabili

103

Novità OIC

02 | La svalutazioneValore contabile dei beni 31/12/2014 = 800Risultato netto (capacita di ammortamento - ammortamenti) = – 650 Valore d’uso = 150 Valore equo dei beni = 100

↓Valore recuperabile (maggiore tra valore d’uso e valore equo) = 150 Occorre svalutare i beni di 650 in modo proporzionale cioè:Cespite A 500 – 406 = 94Cespite B 300 – 244 = 56Voce B 10 c del conto economico 2014 = 650

OIC 9 – CASO OPERATIVO

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Novità OIC

OIC 28

PATRIMONIO NETTO

Rinuncia del socio a credito verso società→ non transita da CE → direttamente riserva di capitale

Definizione puntuale dei cd. “apporti soci fuori capitale”

Graduazione utilizzo riserve per copertura di perdite→ da disponibili a vincolate, ordine inverso a grado di vincolo

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104

Versamenti 1. in conto

aumento capitale

2. in conto futuro aumento capitale

3. in conto capitale

4. a copertura perdite

Novità OIC

OIC 28

APPORTI SOCI FUORI CAPITALE

riserva di capitale formata da somme versate dai soci → procedura aumento capitale ancora in corso a data di

chiusura esercizioriserva di capitale con vincolo di destinazione formata

da versamenti eseguiti dai soci non restituibili in vista di futuro aumento capitale

riserva di capitale formata da apporti dei soci senza aumento capitale

riserva di capitale vincolata a specifica destinazione

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Novità OIC

OIC 15

CREDITI

Cancellazione da bilancio obbligatoria quando ricorre:- estinzione diritti contrattuali su flussi finanziari derivanti dal credito- trasferimento titolarità diritti contrattuali su flussi finanziari contrasferimento rischi del credito

Vendita a rate con riserva proprietà → iscrizione ricavo alla vendita(trasferimento dei rischi e dei benefici all’acquirente)

Chiarimento aspetti su svalutazione crediti

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Le principali novità dei principi contabili

105

OBBLIGATORIA

• Forfaiting• Datio in solutum• Conferimento• Cessione credito pro soluto con trasferimento

rischi• Cartolarizzazione con trasferimento crediti

NON CONSENTITA

• Mandato di incasso• Girata di titoli a incasso• Pegno crediti• Cessioni a scopo di garanzia• Cessioni senza trasferimento rischi• Cartolarizzazione senza trasferimento rischi

Novità OIC

OIC 15CA

NCE

LLAZ

ION

E

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Novità OIC

OIC 23

LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE

Percentuale di completamento: applicazione necessaria (non solopreferita) se sussistono condizioni

Commesse di durata inferiore a 12 mesi: estensione percentuale dicompletamento

Anticipi e acconti: imputazione a ricavo solo con certezzariconoscimento del corrispettivo del committente

Perdita di commessa: imputazione a riduzione valore di commessa, soloper eccedenza a Fondo rischi e oneri

Corrispettivi aggiuntivi: chiarimento momento di imputazione a ricavo Costi pre-operativi: non più capitalizzati ma inclusi fra i costi di

commessa

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106

Novità OIC

OIC 29CAMBIAMENTO PRINCIPI, CORREZIONE ERRORI, FATTI POST

Correzione errori: no distinzione fra errori determinanti e non determinanti Proventi/oneri straordinari derivano da:

• eventi accidentali e infrequenti• operazioni infrequenti e estranee a attività ordinaria

Sistematizzazione fatti intervenuti dopo chiusura dell’esercizio:a) Da recepire nei valori: chiusura causa legale, diminuzione durevole

valore di attività, maggior prezzo di acquisto (o minor prezzo di venditadi bene ceduto prima della chiusura), ecc.

b) Da non recepire nei valori: diminuzione valore titoli per mutamenti dimercato, distruzione di beni per calamità, ecc.

c) che possono incidere su continuità aziendale

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107

OIC 26: ASPETTI CONTABILI E RAPPORTI ESTERI

Non consentita gestione nettista del cd. Fondo oscillazione cambi

Variazioni tassi di cambio successive a chiusura esercizio: menzione in N.I. se effetti significativi

OIC 26

CREDITI E DEBITI IN VALUTARILEVAZIONE

cambio corrente data compimento operazione (secondo competenza economica)

cambio corrente → tasso di cambio a pronti della data di riferimento

utili/perdite rilevati a CE come componenti finanziari; no correzione del costo/ricavo commerciale

- prima, credito valutato al presumibile valore di realizzo- poi, conversione al tasso di cambio a pronti a chiusura esercizio

Originaria →

Incasso/Pagamento →

Data chiusura esercizio →

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108

OIC 26

RISERVA UTILI DA ADEGUAMENTOART. 2426 N.8-BIS C.C.

Utile netto da conversione di poste monetarie al 31/12 (cd. gestionenettista delle differenze cambio da adeguamento saldi) va accantonato inriserva non distribuibile fino al realizzo

solo con utile d’esercizio e fino a capienza utile da saldi in valuta si monitora a ogni bilancio, liberando parte di utile su cambi

realizzata o incrementandola è non distribuibile, ma disponibile per copertura perdite e

aumento capitale sociale

OIC 26→

In N.I. informazione su articolazione per valuta di riferimento diutili e perdite su cambi non realizzati → se significativa

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Differenza fra cambio storico della data di effettuazione operazione e cambioa termine

→ imputata pro-rata temporis lungo durata contratto di copertura

Differenza fra cambio storico della data di effettuazione operazione e cambiogiorno stipula contratto a termine

→ imputata interamente a CE senza ripartizione temporale

OIC 26

CONTRATTI A TERMINECOPERTURA RISCHIO DI CAMBIO

su specifici crediti/debiti↓

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OIC 26: aspetti contabili e rapporti esteri

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costo (ricavo): al cambio del giorno dell’operazione → contropartita debito (credito)

differenza fra cambio data di stipula del contratto di copertura e cambio storicodell’operazione

→ re fica dire a costo/ricavo, con contropar ta debito (credito) non rilevanza fiscale (Risoluzione 83/2009)

differenza fra cambio a termine e cambio giorno di stipula del contratto a termine→imputata pro-rata temporis per durata contratto

OIC 26

CONTRATTI A TERMINECOPERTURA RISCHIO DI CAMBIO

su impegni contrattualiquando:

operazione di copertura chiaramente correlata a operazione copertaimpegno irrevocabile e confermato

RILE

VAZI

ON

E

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Simultaneamente ha stipulato un contratto di copertura a termine con scadenza 20 dicembre 2014 (acquisto a termine di dollari) con le seguenti caratteristiche:

Valore ordine di acquisto 5.000 dollariData di presunta consegna 1.12.2014Cambio alla data di emissione dell'ordine 0,9204

Valore contratto 5.000Cambio a pronti al 6.9. 2014 0,9204Cambio a termine 0,9333

Cambio a termine del contratto di copertura 0,9333 Cambio del giorno di stipulazione del contratto di copertura 0,9204 Premio (o sconto) unitario (1) - (2) 0,0129Premio (o sconto) totale: (0,0129 x Dollari 5.000) 65

OIC 26

CASO OPERATIVOLa ABC il 6 settembre 2014 ha emesso un ordine per una fornitura in dollari così definito:

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110

Il costo viene quindi adeguato in base al differenziale generato da oscillazione del cambio tra la data di stipula del contratto di copertura e la data di consegna del bene

Oneri finanziari 65Ratei passivi 65

Merce c/acquisti 4.620Debiti vs fornitore 4.620

Cambio giorno stipula contratto di copertura 0,9204 Cambio alla data di consegna del bene 0,9240

Utile (o perdita) unitario (2) - (1) 0,0036Utile su copertura: (0,0036 x Dollari 5.000) 18

Debiti verso fornitori 18Costi per acquisti 18

OIC 26

Al 1° dicembre 2014 la società riceve il bene e registra inizialmente il relativo costo al cambio a tale data, pari a 0,9240, per valore complessivo di 4.620 euro (5.000 dollari al cambio di 0,9240)

→ registrazione acquisto merce

CASO OPERATIVO

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Così facendo il debito verso fornitore è aperto in contabilità per 4.667 euro (4620 -18 + 65) pari a 5.000 dollari convertiti a 0,9333 euro, il cambio garantito

cioè dall'operazione di copertura, mentre il costo per acquisti, pari a 4.602 euro, è iscritto al cambio in essere alla data di stipula del contratto di copertura

(5.000 dollari per 0,9204)

La rettifica del costo per 18 è fiscalmente indeducibile

Ratei passivi 65Debiti verso fornitori 65

OIC 26

CASO OPERATIVO

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OIC 26: aspetti contabili e rapporti esteri

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Crediti (debiti) a fine esercizio convertiti al cambio a pronti del 31/12

Su valore nozionale contratto a termine si calcola differenza fra cambio di fineesercizio e cambio giorno di stipula contratto a termine

→differenza va imputata a C.E.Differenza fra cambio storico e cambio a termine

→imputata pro-rata temporis per durata contratto

OIC 26

COPERTURA RISCHIO DI CAMBIO

CONTRATTI A TERMINE

esposizione netta in valuta↓

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preferibile adeguamento → conversione speculare di entrambe le operazioni: coperta/di copertura

OIC 26

CREDITI/DEBITI COPERTI

VALUTAZIONE

2 APPROCCI

No adeguamento a fine esercizio

del credito (debito) coperto e operazione di copertura

Adeguamento a fine eserciziodel credito (debito) e

operazione di copertura

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OIC 25: IMPOSTE DIFFERITE NELLE OPERAZIONI STRAORDINARIE

OIC 25

IMPOSTE DIFFERITEIMPOSTE ANTICIPATE E PERDITE

1. Verifica esistenza ragionevole certezza → u lizzo perdita fiscale negli esercizi successivi2. Comprovata quando:

- proiezione dei risultati fiscali → prevede reddi imponibili sufficienti per utilizzare perdite fiscali, e/o- imposte differite relative a differenze temporanee imponibili → coprono perdite fiscali di cui si prevede annullamento in esercizi successivi. Confronto tra perdita fiscale e differenze imponibili in futuro

IMPOSTE DIFFERITE E RISERVE IN SOSPENSIONE

… tuttavia, in deroga a paragrafo 55, imposte differite relative a riserva possono non essere contabilizzate con scarse probabilità di distribuzione ai soci

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OIC 25: imposte differite nelle operazioni straordinarie

113

OIC 25

IMPOSTE DIFFERITECONTABILIZZAZIONE CREDITI D’IMPOSTA

Voce CII4-bis : crediti tributari compensabiliVoce D12: debiti tributari compensabili iscritti al netto di ritenute, acconti, crediti

d’imposta

Tremonti Quater I° ipotesi: DARE crediti – AVERE proventi (voce A5 C.E.) → Circolare IRDC 15/03

II° ipotesi: DARE imposte correnti (già nettizzata dal credito) - AVERE debiti tributari

Contabilizzazione sub II preferibile per crediti d’imposta genericiContabilizzazione sub I preferibile per crediti d’imposta da investimenti

→ perché OIC 25 afferma di non trattare crediti d’imposta su investimenti

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a. Senza affrancamento: rilevazione quando operazione è effettuata → neutralizzazionemaggiori carichi fiscali futuri

b. Con affrancamento:

- stesso esercizio operazione: rilevazione imposta sostitutiva assolta e debito tributario

- esercizio successivo: rilascio fondo imposte differite e rilevazione a C.E. impostasostitutiva e debito tributario

c. Eccezione Avviamento

OIC 25

IMPOSTE SUL REDDITORILEVAZIONE IMPOSTE DIFFERITE NELLE STRAORDINARIE

Differenze civilistico-fiscali nel bilancio società avente causa dell’operazione straordinaria (cessionaria, conferitaria, incorporante, beneficiaria di scissione)

↓si formano quando valore fiscale dei cespiti è diverso dal contabile

3 CA

SI

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EsempioDisavanzo di fusione 3.500 Plusvalore latente su Immobili 4.000 Imposte 30,00%

1. Ipotesi di non affrancamentoDiversi a Diversi

Immobili 4.000 Avviamento 700

Disavanzo di fusione 3.500 Fondo imposte differite 1.200

- Imposte differite calcolate solo sulla parte imputata all'Immobile (4.000 x 30%)- No imposte differite sulla parte imputata all'Avviamento- Negli esercizi successivi, rilascio del F.do imposte differite a bilanciamento della non deduzione ammortamenti

OIC 25

ESEMPIO # 1

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2. Ipotesi di affrancamento nello stesso esercizioImposta sostitutiva 15%a. Immobile

Diversi a DiversiImmobili 4.000 Avviamento 100

Disavanzo di fusione 3.500 Debiti tributari 600

b. AvviamentoAttività per imposta sostitutiva a Debiti 15 15

- L'attività per imposta sostitutiva viene imputata a CE in corrispondenza delle future deduzioni degli amm.ti

OIC 25

ESEMPIO # 2

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OIC 25: imposte differite nelle operazioni straordinarie

115

3. Ipotesi di affrancamento nell'esercizio successivoImposta sostitutiva 15%

Diversi a DiversiFondo imposte differite Imposte differite (Voce 22) 1.200 Imposta sostitutiva (Voce 22) Debiti tributari 600

OIC 25

ESEMPIO # 3

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116

CONTABILIZZAZIONE E CONFERIMENTO D’AZIENDA

1. Valore negoziato e riportato nell’atto costitutivo o nella delibera aumento capitale sociale

2. Valore perizia di stima3. Valore contabile (criterio continuità contabile)

Conferimento

A. VALUTAZIONE AZIENDA

VALORE DI ISCRIZIONE

3 CRITERI

Tecnica contabile di caricamento dati può essere: • a “saldi aperti” (costo storico e fondo ammortamento), oppure • a “saldi chiusi” (saldo netto) → effe su ammortamenti

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Contabilizzazione e conferimento d’azienda

117

Valore contabile: valore di iscrizione nella contabilità della conferente alla data delconferimento

Valore di perizia: valore attestato da perito nella relazione di stima

Valore negoziato: somma di capitale sociale e sovrapprezzo deliberato dai soci perassegnazione partecipazioni al conferente

Valore contabile Valore di perizia Valore negoziatoValore azienda

conferita800.000 1.610.000 1.200.000

Conferimento

ESEMPIO

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Per Assonime (Caso 4/2014) criterio preferibile

Differenza tra capitale sociale e valore negoziato → imputata a sovrapprezzo

Diversi a Diversi

Attività azienda conferita

1.200.000

a Capitale sociale 800.000

a Sovrapprezzo 400.000

Conferimento

VALORE NEGOZIATO

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118

Rilevano valori esposti dal perito nella relazione di stima aumento del C.S. è fisso

↓maggiore importo imputato a sovrapprezzo

Diversi a Diversi

Attività azienda conferita

1.610.000

a Capitale sociale 800.000

a Sovrapprezzo 810.000

Conferimento

VALORE DI PERIZIA

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Continuità valori contabili adatto per conferimento-trasformazione

adesione a neutralità fiscale ex art. 176 Tuir

Attività azienda conferita

a Capitale sociale 800.000

Conferimento

VALORE CONTABILE

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Contabilizzazione e conferimento d’azienda

119

Conferimento

CONCLUSIONE

PREFERIBILE VALORE NEGOZIATO

Non coincidenza elementi attivi e passivi iscritti da conferitaria con quellidelle scritture del conferente (ad esempio spese pluriennali non riportate)Iscrizione ex novo di poste non presenti nelle scritture del conferente (adesempio brevetti autoprodotti)Continuità valori → contraria a principio del costo storicoEvita improprio effetto di rivalutazione dei beni conferiti rispetto acriterio della perizia di stima

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Conferimento

ALLOCAZIONE VALORE AZIENDACRITERIO PER ALLOCAZIONE DISAVANZO DA

FUSIONE/SCISSIONE (OIC 4)

Iscrizione beni a valore del conferente

Eventuale differenza positiva fra valore complessivo azienda conferita (capitale sociale + sovrapprezzo) e valore contabile

↓imputata a beni con valore economico maggiore del contabile

→ limite valore recuperabile

Ulteriore eccedenza ad avviamento

1

2

3

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RELAZIONI PROBLEMATICHE DEGLI ORGANI DI CONTROLLO

TITOLO

CORPO4

PARAGRAFI

DATA LUOGO FIRMA

Relazione … ai sensi dell’art 14 Dlgs 39/10

1 INTRODUTTIVO Ho svolto la revisione legale del bilancio…

2 TECNICO Il mio esame…secondo gli statuiti principi di revisione

3 GIUDIZIO A mio giudizio, il bilancio è conforme..

4COERENZA La responsabilità ..relazione sulla gestione…E’ di mia competenza l’espressione del giudizio sulla coerenza…

FINE LAVORO, LETTERA ATTESTAZIONE, ENTRO 15gg ASSEMBLEAUFFICIO REVISORENOME E QUALIFICA

STRUTTURA E CONTENUTO STANDARD

Relazioni problematiche

RELAZIONE REVISORE

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Relazioni problematiche degli organi di controllo

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TITOLO

CORPO

DATA, LUOGO FIRMA

Relazione … ai sensi dell’art 2429 2° comma c.c.

ENTRO 15gg ASSEMBLEASEDE SOCIETÀ

NOME E QUALIFICA

STRUTTURA E CONTENUTO LIBERO

Riferire risultati dell’esercizio sociale Riferire attività svolta nell’adempimento dei propri doveri Presentare osservazioni e proposte al bilancio e sua

approvazione

Relazioni problematiche

RELAZIONE SINDACO

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POSITIVO SENZA RILIEVI

POSITIVO CON RILIEVI

NEGATIVO

IMPOSSIBILITÀ DI ESPRIMERE GIUDIZIO

4 TIPI

Relazioni problematiche

GIUDIZIO REVISORE

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LIMITAZIONI A PROCEDURE DI REVISIONE

DEVIAZIONI DA NORME E/O PRINCIPI CONTABILI

mancata svalutazione titoli e partecipazioni, rimanenze non svalutate con valore mercato

inferiore al costo, mancata svalutazione di rimanenze obsolete

o di lento rigiro, crediti non recuperabili non svalutati, mancato

rispetto principio competenza, informazioni in N.I. carenti …

indisponibilità bilanci partecipate, diniego ad invio a terzi di richieste di conferma,

diniego a rilascio lettera di attestazione, impossibilità di

assistere a operazioni inventariali rimanenze …

VALE SEMPRE SIGNIFICATIVITÀ

Relazioni problematiche

RILIEVI

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COLLOCATI DOPO 2° PARAGRAFO E PRIMA DEL GIUDIZIO

TIPO DI GIUDIZIO DIPENDE DA SIGNIFICATIVITÀ

POSITIVO CON RILIEVI

ATTENDITIBILITÀ COMPLESSIVA BILANCIO COMPROMESSA?

NO

NEGATIVO

SI

SE LIMITAZIONE → MODIFICARE ANCHE 2° PARAGRAFO

2. Il mio esame, ad eccezione di quanto indicato al paragrafo 3, è stato condotto secondo gli statuiti principi di revisione, …

O IMPOSSIBILITÀ

Relazioni problematiche

RILIEVI IN RELAZIONE

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Relazioni problematiche degli organi di controllo

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3. La Società non ha adeguato i crediti commerciali, iscritti nell’attivo circolante, al presunto valore di realizzo, come richiesto dalle norme di legge ed i principi

contabili. Conseguentemente i crediti commerciali sono sopravvalutati per Euro …., mentre il patrimonio netto ed il risultato d’esercizio sono rispettivamente

sopravvalutati per Euro … ed Euro … al netto di effetti fiscali.

OBBLIGATORI EFFETTI SU VOCE, RISULTATO E PATRIMONIO AL NETTO EFFETTI FISCALI

4. A mio giudizio, ad eccezione degli effetti di quanto indicato al paragrafo

3, il soprammenzionato bilancio d’esercizio è conforme…

4. A mio giudizio, a causa della significatività dei rilievi esposti al paragrafo 3, il bilancio

d’esercizio non è conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione; non è stato redatto con chiarezza e non rappresenta in

modo veritiero e corretto …

POSITIVO CON RILIEVI NEGATIVO

Relazioni problematiche

RILIEVO PER DEVIAZIONE PRINCIPI

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3. Non ho potuto esaminare il bilancio chiuso al … della controllata XX… iscritta in bilancio al costo, per Euro …, poiché non è ancora stato predisposto, né mi

sono stati forniti altri elementi per accertare l’assenza di perdite permanenti di valore e, conseguentemente, la corretta valutazione della partecipazione.

4. A mio giudizio, il bilancio d’esercizio della ……, ad eccezione delle possibili rettifiche connesse ai rilievi evidenziati

nel precedente paragrafo 3, è conforme alle norme…..

4. A causa della rilevanza delle limitazioni alle mie verifiche descritte nel precedente

paragrafo 3, non sono in grado di esprimere un giudizio sul bilancio..

POSITIVO CON RILIEVI IMPOSSIBILITÀ

Relazioni problematiche

RILIEVO PER LIMITAZIONI

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Evidenziare informazioni già presenti in bilancio o nella relazione su gestione

↓elementi significativi da enfatizzare al lettore terzo

A COSA SERVONO

NON SI PUÒ FARE

DOPO PARAGRAFO GIUDIZIODOVE VANNO PRIMA DEL GIUDIZIO DI COERENZA

ESPORRE PROPRIE CONSIDERAZIONI E COMMENTI

SEGNALARE RILIEVI

INTEGRARE ASPETTI INFORMATIVA CARENTI

Relazioni problematiche

RICHIAMI INFORMATIVA

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PRIMARIARESPONSABILITÀ VERIFICA SUPERVISIONE

AMMINISTRATORI

SINDACI/REVISORE DISGIUNTA

12 MESIPERIODO INDAGINE DA QUANDO? DATA DI CHIUSURA ESERCIZIO

COSA INDAGARECAPACITÀ IMPRESA DI CONTINUARE ATTIVITÀ

SECONDO REGOLE DI NORMALE FUNZIONAMENTO (GOING CONCERN)

Relazioni problematiche

CONTINUITÀ AZIENDALE

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Relazioni problematiche degli organi di controllo

125

SEGNALI DI CRITICITÀ

ECONOMICO - FINANZIARI deficit patrimoniale o capitale circolante netto negativo prestiti prossimi a scadenza senza prospettive di rinnovo o rimborso / eccessiva

dipendenza da prestiti a breve per finanziare attività a lungo cessazione sostegno finanziario di finanziatori e altri creditori bilanci storici o prospettici con cash flow negativi principali indici economico-finanziari negativi perdite operative o significative perdite valore di attività che generano cash flow mancanza o discontinuità distribuzione dividendi incapacità di saldare debiti a scadenza non rispetto clausole contrattuali di prestiti forme di pagamento da condizione “a credito” a condizione “pagamento alla consegna” incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di prodotti o altri investimenti

Relazioni problematiche

CONTINUITÀ AZIENDALE

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GESTIONALI perdita amministratori o dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli perdita mercati fondamentali, contratti di distribuzione, di concessioni o

fornitori importanti difficoltà organico del personale o nel mantenere approvvigionamento da

importanti fornitoriALTRI

capitale sotto limiti legali o non conformità ad altre norme contenziosi legali e fiscali → rischio mancato rispe o risarcimento modifiche legislative o politiche governative con effetti sfavorevoli

Relazioni problematiche

CONTINUITÀ AZIENDALESEGNALI DI CRITICITÀ

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POSSIBILI CONCLUSIONI

CONCORDA CON AMMINISTRATORI

NON SUFFICIENTI ELEMENTI PROBATIVI PER CONCORDARE CON AMMINISTRATORI

NON CONCORDA CON AMMINISTRATORI

EFFETTI SU GIUDIZIO

POSITIVO CON EVENTUALE RICHIAMO INFORMATIVA

POSITIVO CON RICHIAMO INFORMATIVA O IMPOSSIBILITÀ DI ESPRIMERE GIUDIZIO

GIUDIZIO NEGATIVO

Relazioni problematiche

CONTINUITÀ AZIENDALE

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EFFETTI SU GIUDIZIO

POSITIVO CON RICHIAMO INFORMATIVAO

IMPOSSIBILITÀ DI ESPRIMERE GIUDIZIO

Unico caso → richiamo informativa esprime di per sé

presenza di incertezza↓

per principi è caso normale

Possibile con molteplici e significative incertezze

↓per principi è caso raro

Relazioni problematiche

CONTINUITÀ AZIENDALE

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Relazioni problematiche degli organi di controllo

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La società ha chiuso il bilancio d’esercizio 200X con una perdita di 26,1 milioni di Euro che, sommata alla perdita conseguita nel precedente esercizio pari a 7,8 milioni di Euro, ha ridotto il patrimonio

netto al 31 dicembre 200X a 4,3 milioni di Euro. Le perdite sono derivate principalmente dalla gestione operativa della controllata XX SpA (di seguito anche XX) che la società deteneva indirettamente, tramite la controllata YY SpA, per una percentuale complessiva del 98,01%. YY SpA ha venduto la

partecipazione nella XX in data successiva alla chiusura del bilancio, tuttavia gli effetti dell’avvenuta vendita sono già stati recepiti nel bilancio della Società al 31 dicembre 200X, sotto forma di

svalutazione della partecipazione in YY SpA o di accantonamento ad un fondo rischi ripianamento perdite per un importo complessivo di 27,8 milioni di Euro. Il finanziamento dell’attività operativa della XX, che ha richiesto l’impiego di significative risorse, ha creato nella Società uno squilibrio finanziario che ha inciso sulle dinamiche di pagamento derivanti dalla sua ordinaria gestione caratteristica. Tale squilibrio ha determinato dapprima un progressivo innalzamento del livello di indebitamento della

Società e, successivamente, una crescente difficoltà nell’adempiere tempestivamente alle sue obbligazioni, generando l’accumulo di posizioni scadute nei confronti di terzi.

Relazioni problematiche

CONTINUITÀ AZIENDALECASO

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... A ciò si è aggiunto il mancato rispetto del convenant sotteso al mutuo ZYZ che, alla data di bilancio, aveva un saldo di 15,5 milioni di Euro, senza che l’istituto erogante abbia manifestato

la sua disponibilità formale a proseguire pur in assenza di questo requisito. I fabbisogni finanziari necessari al rimborso delle obbligazioni assunte, paragonati con le previste entrate finanziarie derivanti dalla gestione corrente, presentano significativi elementi di incertezza

circa la possibilità della società di poter adempiere a tutte le obbligazioni già in essere o derivanti dalla gestione operativa futura e, quindi, di proseguire in continuità aziendale, senza

l’immissione di nuove risorse finanziarie e/o la riqualificazione, rinegoziazione e/o ristrutturazione dell’attuale indebitamento. L’amministratore unico confida di poter

concludere positivamente le azioni di ristrutturazione del debito e di ottenimento di nuove risorse finanziarie già intraprese con il sistema bancario, anche se alla data non esistono

elementi formali sufficienti a fugare i possibili rischi derivanti da una eventuale conclusione non positiva di tali attività negoziali.

GIUDIZIO REVISORE → IMPOSSIBILITÀ DI ESPRIMERE GIUDIZIO

Relazioni problematiche

CONTINUITÀ AZIENDALE

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MASSIMIZZARE RISULTATIFINALITÀ

POLITICHE DI BILANCIO

FRODE

ALTERAZIONE VOLONTARIA DATI DI BILANCIO (prefatturazioni) OLTRE CHE ATTI ILLECITI

FRODE NELLA

REVISIONE

POLITICHE DI BILANCIO

DISCREZIONALITÀ AMMINISTRATORI / RAGIONEVOLEZZA → GIUDIZIO POSITIVO

FORZATURE LEGGE O PRINCIPI CONTABILI GIUDIZIO CON RILIEVI/NEGATIVO → SIGNIFICATIVITÀ

Relazioni problematiche

ALTERAZIONI BILANCIOAZIENDE IN CRISI

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COMPORTAMENTO REVISORE IN CASO

DI FRODE↓

Scoprire frode → non obie vo revisione per principio 240 «Se non ha motivo di ritenere diversamente, il revisore può considerare autentiche le scritture contabili ed i documenti»

… tuttavia obbligatorio apprezzare rischio come parte del rischio di revisione

Disporre di elementi probativi Ampliare natura e estensione procedure di verifica su voci correlate Comunicazione a organi di controllo e amministratori Decidere se e come proseguire incarico Assistenza di esperti esterni, tra cui legali Formalizzare con dettaglio ogni aspe o → riunioni con organi di controllo e di

governo, invio formale di documenti agli interessati

Relazioni problematiche

ALTERAZIONI BILANCIOAZIENDE IN CRISI

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