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Meccanica Aerospaziale
Dispensa del Corso - Prof. Aldo Frezzotti
La preoccupazione dell’uomo e del suo destino devono sempre costituire l’interesse princi-
pale di tutti gli sforzi tecnici. Non dimenticatelo mai in mezzo a tutti i vostri diagrammi ed alle
vostre equazioni - Albert Einstein
1 Elementi di Meccanica Analitica
Obbiettivo di questo capitolo e quello di ottenere le equazioni di moto di un generico sistema
meccanico attraverso la definizione dell’equazione di Lagrange e delle sue caratteristiche.
Nel corso di meccanica razionale sono state utilizzate le seguenti metodologie:
1) Equazioni cardinali del sistema
2) Teorema dell’energia cinetica
I suddetti approcci, pur avendo validita generale, portano, in molti casi, a procedimenti comp-
lessi soprattutto per sistemi in tre dimensioni; converrebbe quindi un approccio che, mantenen-
do la stessa generalita, permetta di giungere alle equazioni di moto in modo piu semplice.
1.1 Equazioni di Lagrange per un sistema costituito da un punto
Si consideri il moto di un punto (P) il cui generico vincolo sia rappresentato da una su-
perficie esplicitamente dipendente dalle dimensioni spaziali e non dal tempo g(x,y,z) =cost come rappresentato in figura:
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E possibile scrivere l’equazione fondamentale della dinamica:
md2P
dt2= F + Ψ (1)
Avendo definito la superficie in uno spazio tridimensionale, essa e caratterizzata da 2
parametri indipendenti che chiameremo coordinate libere:
q1, q2 : coordinate libere della superficie che rappresenta il vincolo.
Possiamo quindi ridurre le incognite del problema da tre, ovvero (x,y,z), a due sole incog-
nite, infatti:
x = x(q1, q2), y = y(q1, q2), z = z(q1, q2) (2)
Si analizzino le derivate della posizione del punto rispetto alle coordinate libere :
dPdq1
dPdq2
(3)
Esse rappresentano due vettori che definiscono univocamente il piano tangente alle linee
coordinate della superficie, rispetto a cui il versore normale al piano sara sempre perpendico-
lare:
N =dPdq1
∧ dPdq2
dPdq1
∧ dPdq2
(4)
Da queste definizioni affermiamo che: uno spostamento infinitesimo compatibile con il vin-
colo apparterr a sempre al piano tangente alle linee coordinate.
Infatti:
P = P(q1, q2) ⇒ dP =∂ P
∂q1dq1 +
∂ P
∂q2dq2 (5)
quindi
N · dP = N · ∂ P
∂q1dq1 + N · ∂ P
∂q2dq2 = 0 ⇒ ∀P N · dP = 0 (6)
Se il punto in posizione P appartiene alla superficie, allora esso dovra trovarsi sulla medes-
ima superficie anche in posizione P + dP :
g(x + dx,y + dy,z + dz) − g(x,y,z) = dg = 0 (7)
o piu sinteticamente :
dg =∂g
∂xdx +
∂g
∂ydy +
∂g
∂zdz = g · dP = 0 ⇒ g // N (8)
quindi
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N =g
g (9)
il gradiente spaziale della superficie sara sempre parallelo alla normale del piano in ogni
suo punto.
Ora generalizziamo le definizioni date considerando una superficie esplicitamente dipen-
dente dal tempo:
g(x,y,z,t) = cost ∀t (10)
N = N(P, t) (11)
Quindi anche le coordinate del punto dipenderanno esplicitamente da esso:
P = P(q1, q2, t) (12)
Si analizzi ancora uno spostamento infinitesimo sulla superficie:
dg = g(x + dx,y + dy,z + dz,t + dt) − g(x,y,z,t) = 0 (13)
in modo piu compatto:
dg = g · dP +∂g
∂tdt = 0 (14)
quindi
g
·dP =
−∂g
∂tdt (15)
Lo spostamento compatibile con il vincolo non sara piu perpendicolare ad N ed al gradiente
di g: in queste condizioni non e piu possibile risalire ad equazioni pure di moto.
Per ovviare a questo problema definiamo un nuovo tipo di spostamento:
SPOSTAMENTO VIRTUALE (δP): spostamento infinitesimo compatibile con il vinco-
lo con il tempo fissato ad un determinato valore.
e riscriviamo le precedenti equazioni:
δg = g(x + δx,y + δy,z + δz,t) − g(x,y,z,t) = 0(16)
quindi:
δg =∂g
∂xδx +
∂g
∂yδy +
∂g
∂zδz = g · δP = 0 ⇒ ∀P N · δP = 0 (17)
E possibile riaffermare l’ortogonalita tra lo spostamento (questa volta virtuale) e la normale
alla superficie.
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A questo punto, per ottenere equazioni pure di moto attraverso le equazioni viste, definiamo
il vincolo Ψ come:
- Ideale: vincolo sempre perpendicolare alla superficie che lo definisce;e detto anche vincolo
liscio-Olonomo: vincolo definibile attraverso equazioni di tipo algebrico
Riconsiderando, quindi, le equazioni cardinali e possibile definire delle equazioni pure di
moto sfruttando l’ortogonalita tra la reazione vincolare ed i vettori tangenti alle linee coordinate
:
md2P
dt2= F + Ψ (18)
Dato che:
Ψ//N//g ⇒ Ψ = λN = λ g g = λg (19)
Quindi:
N · ∂ P
∂qi= 0 (20)
Allora possiamo scrivere che:
md2P
dt2· ∂ P
∂qi= F · ∂ P
∂qi+ Ψ · ∂ P
∂qi(21)
essendo:
Ψ · ∂ P
∂qi= λN · ∂ P
∂qi= 0 (22)
Percio otteniamo la seguente equazione vettoriale:
md2P
dt2· ∂ P
∂qi= F · ∂ P
∂qi(23)
con i=1,2 (gradi di liberta del punto vincolato alla superficie)
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1.2 Equazioni di Lagrange per un sistema di punti
Seguendo un metodo analogo a quello utilizzato nel paragrafo precedente possiamo scrivere le
equazioni di moto per un generico sistema di punti.
Consideriamo un sistema composto da N punti e caratterizzato da una configurazione di
vincoli esprimibile analiticamente attraverso una generica superficie g:
Le equazioni cardinali saranno valide per ogni singolo punto i-esimo:
md2P i
dt2= f i + ψi (i = 1...N ) (24)
o piu sinteticamente:
xi = (P i − O) → mixi = f i + ψi (i = 1...N ) (25)
Siamo quindi in presenza di 3N equazioni scalari.
E utile quindi definire delle nuove grandezze:
X = (x1, x2, x3, x4,..., xN )
Vettore che ha per componenti le posizioni di tutti i punti del sistema
F = (f 1, f 2, f 3, f 4,..., f N )
Vettore che ha per componenti le forze agenti su tutti i singoli punti del sistema
Ψ = (ψ1, ψ2, ψ3, ψ4,..., ψN )
Vettore che ha per componenti le reazioni vincolari di tutti i singoli punti del sistema
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Si noti che ogni singola componente dei vettori considerati e a sua volta un vettore.
In questo spazio definiamo somma e prodotto scalare come somme e prodotti delle singole
componenti.
Definiamo infine una matrice di massa che racchiuda in se tutte le informazioni sulle massedei singoli punti:
M =
m1 0 0 0 0 0 ...0 m1 0 0 0 0 ...0 0 m1 0 0 0 ...... ... ... ... ... ... ...... 0 0 0 mN 0 0... 0 0 0 0 mN 0... 0 0 0 0 0 mN
(26)
L’equazione cardinale di tutto il sistema diventa:
M X = F + Ψ (27)
Per quanto riguarda i vincoli riscriviamo l’equazione di una superficie (in realt a le superfici
possono essere di piu come si vedra in seguito) :
g(X , t) = cost (28)
superficie 3N - 1 dimensionale caratterizzata da 3N - 1 linee coordinate.
Definito n = 3N - 1 i vettori tangenti alle linee coordinate saranno:
∂ X
∂qkk = 1...n (29)
Riconsideriamo, allora, uno spostamento infinitesimo compatibile con i vincoli:
δP =n
k=1
(∂ X
∂qkδqk) +
∂ X
∂tdt (30)
fissando un istante di tempo (dalla definizione di spostamento virtuale) si ottine:
∂ X ∂t
dt = 0 (31)
Quindi:
δP =n
k=1
(∂ X
∂qkδqk) (32)
lo spostamento virtuale si trovera sul piano tangente alla superficie.
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Per cui fissando il tempo riscriviamo:
g(X + δX , t) − g(X , t) = 0 → xg · δP = 0 (33)
Il gradiente di g e perpendicolare a qualsiasi spostamento virtuale, quindi:
xg ·n
k=1
∂ X ∂qk
δqk = 0 →n
k=1
(δqk(xg · ∂ X ∂qk
)) = 0 (34)
Quest’ultima equazione e valida anche se uno qualsiasi degli n spostamenti sulle linee
coordinate e diverso da 0, percio:
xg · ∂ X
∂qk= 0 (∀k) → xg//N → N =
xg
xg (35)
In generale avremo m relazioni del tipo:
gl(X , t) = C l l = 1...m ; C l = cost (36)
che definiscono tutte le superfici caratterizzanti i diversi vincoli. I punti del corpo rigido,
purche gli spostamenti ad essi associati siano compatibili con i vincoli stessi, si troveranno
sempre alle intersezioni di queste superfici.
Utilizzando i risultati ottenuti possiamo scrivere per ogni superficie:
xgl · δX = 0 (∀l) (37)
E possibile quindi definire una normale N l ad ogni superficie:
N l =xgl
xgl (38)
e gli spostamenti virtuali saranno perpendicolari a tutte le normali alle superfici
xgl · δX = xgl ·n
k=1
∂ X
∂qkδqk =
nk=1
δqk(xgl · ∂ X
∂qk) = 0 (l = 1...m) (k = 1...n)
(39)
quindi:
∀(l, k) xgl · ∂ X
∂qk= 0 (40)
Infine otteniamo che i vettori tangenti alle linee coordinate sono perpendicolari a tutte le
normali alle superfici quindi, per vincoli ideali ed olonomi, possiamo affermare che il lavoro
virtuale della sollecitazione reattiva e uguale a 0 per ogni spostamento virtuale:
Ψ · δX = 0 ∀δX (41)
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Abbiamo ora tutto quello che serve per procedere alla scrittura della prima forma delle
equazioni di Lagrange.
Riscriviamo l’equazione cardinale del sistema utilizzando la forma compatta:
M X = F + Ψ = F +m
l=1
λlN l (42)
Moltiplicando primo e secondo membro per la variazione della posizione rispetto alle co-
ordinate libere riusciamo ad ottenere tante equazioni pure quanti sono i gradi di liberta del
sistema:
M X · ∂ X
∂qk= F · ∂ X
∂qk+
ml=1
λl(N l · ∂ X
∂qk) (43)
essendo:
N l·
∂ X
∂qk= 0 (44)
otteniamo:
M X · ∂ X
∂qk= F · ∂ X
∂qk(45)
Trasformando questa equazione dallo spazio 3N dimensionale a quello tridimensionale
otteniamo:
N
i=1
mixi · ∂ xi
∂qk=
N
i=1
f i ·∂ xi
∂qk(46)
Si procede analizzando il primo membro dell’equazione per portarlo in una forma piu nota,infatti:
N i=1
mixi · ∂ xi
∂qk=
d
dt(
N i=1
mixi · ∂ xi
∂qk) −
N i=1
mixi · ∂
∂t(
∂ xi
∂qk) (47)
dato che la relazione tra le posizioni e le coordinate libere e di tipo lineare possiamo
affermare che:
∂ xi
∂qk=
∂ xi
∂ qk(48)
quindi, inserendo la linearita e sviluppando anche la derivata parziale del secondo termine
otteniamo:
d
dt(
N i=1
mixi · ∂ xi
∂qk) −
N i=1
mixi · ∂
∂t(
∂ xi
∂qk) =
d
dt(
N i=1
mixi · ∂ xi
∂ qk) −
N i=1
mixi · (∂ xi
∂qk) (49)
Da cui, integrando e riferendo le sommatorie ai soli termini in i, otteniamo:
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d
dt(
N i=1
mixi · ∂ xi
∂ qk) −
N i=1
mixi · (∂ xi
∂qk) =
d
dt[
∂
∂ qk(
N i=1
1
2mix
2i )] − ∂
∂qk(
N i=1
1
2mix
2i ) (50)
Ricordando, infine, la definizione di energia cinetica per un sistema di N punti:
T = (N i=1
1
2mix
2i ) (51)
il primo membro dell’equazione cardinale diventa:
N i=1
mixi · ∂ xi
∂qk=
d
dt
∂T
∂ qk− ∂T
∂qk(52)
Analizzando, invece, il secondo membro dell’equazione cardinale definiamo la componentegeneralizzata della sollecitazione attiva:
Qk =N i=1
f i ·∂ xi
∂qk(53)
che finalmente permette di definire la prima forma dell’equazione di Lagrange:
d
dt
∂T
∂ qk− ∂T
∂qk= Qk (54)
Questa equazione non e unica poiche dipendente dal parametro k; essa, infatti, definisce
tante equazioni differenziali quanti sono i gradi di liberta del sistema e consente di definireunivocamente il moto di un sistema meccanico caratterizzato da vincoli ideali ed olonomi.
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1.3 considerazioni sulla Componente generalizzata della sollecitazione
attiva
La componente generalizzata della sollecitazione attiva rappresenta il contributo netto delle
sollecitazioni esterne al moto del sistema e, in quanto tale, la sua scrittura dipende dalla natura
stessa di queste sollecitazioni.
Innanzitutto e dimostrabile che esiste una stretta relazione tra Q ed il lavoro virtuale delle
sollecitazioni attive agenti sul sistema, infatti:
δL =N i=1
(f i · δxi) (55)
Per un sistema di punti come quello analizzato nel precedente paragrafo possiamo es-
primere:
δxi =n
k=1
∂ xi
∂qk
δqk (56)
sostituendola nella precedente equazione si ottiene:
δLk =N i=1
(f i ·∂ xi
∂qkδqk) (57)
Ma poiche dall’equazione (53) :
Qk =N i=1
(f i ·∂ xi
∂qk) (58)
il lavoro virtuale associato allo spostamento di una coordinata libera risultera:
δLk = Qkδqk (59)
ed il lavoro per l’intero sistema asscoiato a tutti i gradi di liberta sara:
δL =N i=1
δLk (60)
In secondo luogo, se prendiamo in considerazione un sistema di forze esclusivamente
posizionali e che ammettono potenziale:
f i = −xV i (61)
dove
V i = V i(x1, x2, ..., xN , t) (62)
Riscrivendo Q otteniamo:
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Qk =N i=1
f i ·∂ xi
∂qk=
N i=1
−(xV i) · ∂ xi
∂qk= − ∂
∂qk
N i=1
V i = − ∂V
∂qk(63)
Qk =
−
∂V
∂qk
(64)
1.4 Funzione di Lagrange e sue caratteristiche
A partire dalle considerazioni fatte riguardo alla componente generalizzata della sollecitazione
attiva riscriviamo l’equazione di Lagrange:
d
dt
∂T
∂ qk− ∂T
∂qk+
∂V
∂qk= 0 (65)
Sapendo che:
T = T (q1, q2,...,qn; q1, q2,..., qn; t) (66)
V = V (q1, q2,...,qn; t) (67)
Definiamo L come funzione di Lagrange o lagrangiana del sistema come:
L = T − V (68)
e riscriviamo l’equazione di Lagrange in questo modo:
d
dt
∂ L∂ qk
− ∂ L∂qk
= 0 (69)
e facilmente dimostrabile che coincide con la precedente forma dell’equazione se si ricorda
che il potenziale, per definizione, non dipende dalle derivate rispetto alle coordinate libere,
ovvero:
d
dt
∂ L∂ qk
=d
dt
∂ (T − V )
∂ qk=
d
dt
∂T
∂ qk(70)
∂ L∂qk
=∂ (T − V )
∂qk=
∂T
∂qk− ∂V
∂qk(71)
Esprimeremo quindi la nuova equazione come: forma conservativa dell’equazione di La-
grange e la considereremo valida per vincoli olonomi, lisci e sollecitazione attiva potenziale.
d
dt
∂ L∂ qk
− ∂ L∂qk
= 0 (72)
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Definiamo ora una nuova grandezza a partire dalla funzione di Lagrange:
pk = ∂ L∂ qk
Momento cinetico coniugato a qk
Esso rappresenta una funzione che dipende da tutti i parametri a cui la lagrangiana e legata:
pk = pk(q1, q2,...,qn, q1, q2,..., qn, t)
e ci permette di riscrivere l’equazione di Lagrange in questo modo:
d
dt pk =
∂ L∂qk
(73)
Come evidenziato la derivata temporale del momento cinetico rispetto ad una coordinata
libera e intimamente legata alla derivata della funzione di Lagrange rispetto alla stessa coordi-
nata libera.
Prendiamo, dunque, in considerazione il caso in cui una di queste derivate sia nulla:
∂ L∂q1
= 0 → L = L(q2,...,qn, q1, q2,..., qn, t) (74)
Sotto queste condizioni si definisce q1 come variabile ignorabile e, sfruttando la definizione
di momento cinetico applicata all’equazione di Lagrange, si ottiene un integrale primo del mo-
to:
ddt
p1 = 0 → p1 = p1 = cost Integrale primo del moto
Inoltre e possibile definire una Lagrangiana ridotta del sistema come:
L∗ = L − ¯ p1q1 (75)
ed e dimostrabile che tale lagrangiana coincide con la lagrangiana globale a meno di q1:
Se infatti consideriamo una sua generica derivata rispetto ad una coordinata spaziale:
∂ L∗
∂x=
∂ L∂x
+∂ L∂ q1
∂ q1∂x
− ¯ p1q1 (76)
Essendo:
∂ L∂ q1
= ¯ p1 (77)
allora:
∂ L∗
∂x=
∂ L∂x
(78)
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1.5 Integrale generalizzato dell’energia
A partire dai concetti evidenziati nei precedenti paragrafi e possibile definire una grandezza
molto utile nell’ambito della meccanica da noi trattata:
H = nk=1 pkqk
− LIntegrale generalizzato dell’energia
Per vincoli fissi questa grandezza, poco riconoscibile in questa forma, puo anche essere
definita come:
H = T + V (79)
rappresentando, in questo modo, l’energia meccanica totale posseduta dal sistema preso
in esame.
Per dimostrare l’effettiva congruenza tra le due forme dell’integrale generalizzato dell’ener-
gia abbiamo bisogno di ridefinire l’energia cinetica del sistema.
Essa, infatti, e stata definita nel corso di meccanica razionale come T = 12
nk=1 mixi
2
dove, in generale:
xi = xi(q1, q2,...,qn, t) (80)
quindi:
xi =n
k=1
∂ xi
∂qkqk +
∂ xi
∂t(81)
e, ancora:
xi2 = xi · xi =
nk=1
nl=1
∂ xi
∂qk
∂ xi
∂qlqkql + 2
nk=1
∂ xi
∂qk
∂ xi
∂tqk + (
∂ xi
∂t)2 (82)
Definiamo ora:
akl =N
i=1 mi∂ xi∂qk
∂ xi∂ql
Forma quadratica di q
bk =N
i=1 mi∂ xi∂qk
∂ xi∂t
Forma lineare di q
c = N i=1
1
2
mi(∂ xi
∂t
)2 Energia cinetica al variare solo del tempo
L’espressione dell’energia cinetica diventa:
T =1
2
nk=1
nl=1
aklqkql +n
k=1
bkqk + c (83)
Dato che i vincoli sono fissi: ∂ xi∂t
= 0 e ∂ L∂t
= 0 quindi b(k), c = 0
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Otteniamo, quindi, la forma quadratica omogenea dell’energia cinetica:
T =1
2
nk=1
nl=1
aklqkql (84)
A questo punto se consideriamo il potenziale come esclusivamente posizionale (V = V (q))possiamo esprimere il momento cinetico associato alla generica coordinata libera come:
pk =∂ L∂ qk
=∂ (T − V )
∂ qk=
∂T
∂ qk=
nl=1
aklql (85)
Quindi, riscrivendo l’integrale generalizzato dell’energia:
H =n
k=1
pkqk − L =n
k=1
nl=1
aklqkql − L = 2T − L = 2T − T + V (86)
Otteniamo l’energia meccanica totale del sistema:
H = T + V (87)
L’utilita dell’integrale generalizzato si manifesta soprattutto quando, grazie ad esso, riusci-
amo in modo facile e veloce ad ottenere un integrale primo del moto. Per fare cio sviluppiamo
la derivata della funzione di lagrange rispetto al tempo nel caso piu generale:
dLdt
=n
k=1
(∂ L∂qk
qk +∂ L∂ qk
qk) +∂ L∂t
(88)
Ora analizziamo l’equazione di Lagrange:
d
dt
∂ L∂ qk
− ∂ L∂qk
= 0 (89)
Se la moltiplichiamo per qk otteniamo:
(d
dt
∂ L∂ qk
− ∂ L∂qk
) qk = 0 → (∂ L∂qk
) qk = (d
dt
∂ L∂ qk
) qk (90)
Sostituendo nell’equazione precedente:
dLdt
=n
k=1
(( ddt
∂ L∂ qk
) qk + ∂ L∂ qk
qk) + ∂ L∂t
(91)
il termine nella sommatoria puo essere visto come:
(d
dt
∂ L∂ qk
) qk +∂ L∂ qk
qk =d
dt(
∂ L∂ qk
qk) (92)
ma ( ∂ L∂ qk
qk) = pkqk quindi:
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dLdt
=n
k=1
(d
dt pkqk) +
∂ L∂t
(93)
separando le derivate parziali da quelle totali otteniamo:
ddt
(L −n
k=1
( pkqk)) = ∂ L∂t
(94)
dato che H =n
k=1( pkqk) − L otteniamo:
− d
dt(H ) =
∂ L∂t
(95)
Se i vincoli sono fissi allora la lagrangiana non dipende esplicitamente dal tempo ( ∂ L∂t
= 0)
e otteniamo un integrale primo del moto:
d
dt(H ) = 0
→H = cost (96)
Esso, in questo contesto prende anche il nome di energia meccanica toale (E ) e ci permette
di affermare che:
Per vincoli ideali,fissi ed olonomi , l’energia meccanica totale (E ) di un sistema sottoposto
a sollecitazioni esclusivamente conservative si conserva:
E = T + V = cost (97)
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2 Problema dei due corpi
Il problema dei due corpi permette di studiare completamente il moto di un sistema costituito
da due masse che interagiscono tra loro esclusivamente attraverso un’azione diretta come la
congiungente ai loro stessi baricentri. Esso rappresenta uno dei pochi casi in cui gli strumenti
fin’ora trattati permettono di giungere ad una completa soluzione analitica e, allo stesso tempo,
le metodologie che verranno sviluppate in questo capitolo permetteranno un iniziale studio di
orbite e di semplici manovre orbitali utilizzate nell’ambito dell’ingegneria spaziale.
Prima di analizzare nel dettaglio la dinamica del problema e necessario analizzarne la
cinematica e definire tutti gli strumenti che ci permetteranno di giungere alla soluzione cercata.
2.1 Moti centrali
Si consideri un sistema costituito da due punti posti a distanza (P − O) l’uno dall’altro. Si
definisca il punto O come origine di un sistema di riferimento inerziale ed il vettore (a) come
un’accelerazione applicata al punto P e sempre diretta come la congiungente ai due punti comerappresentato in figura:
La condizione caratterizzante il moto centrale puo essere sinteticamente espressa come:
∀t a//(P − O) → (P − O) ∧ a = 0 (98)
Questo tipo di moto presenta tre caratteristiche fondamentali:
1) E un moto piano
2) Permette di ottenere un integrale primo del moto
3) E caratterizzato da velocita aerolare costante
16
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Si procede analizzando le suddette caratteristiche:
1) Moto Piano:
Definiamo una nuova grandezza:
c = (P − O) ∧ v (99)Se deriviamo questa grandezza rispetto al tempo:
dc
dt= v ∧ v + (P − O) ∧ a (100)
dove per definizione: (P − O) ∧ a = 0 e, ovviamente v ∧ v = 0quindi:
dc
dt= 0 → c = cost (101)
otteniamo, quindi, una costante per cui sara valida la relazione:
(P − O) ⊥ c ∀t (102)
che ci permette di affermare la planarita del moto.
2) Integrale primo del moto:
Assunto il moto come piano utilizziamo un sistema di riferimento polare centrato in O:
Definiti i versori iρ e iθ come:
iρ = cos(θ)i + sin(θ) j (103)
iθ = − sin(θ)i + cos(θ) j (104)
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si noti che:diρdt
= θiθ e viceversa diθdt
= −ρiρ
Analizziamo il moto del punto (P ) in coordinate polari:
(P − O) = ρiρ (105)
derivando la posizione rispetto al tempo otteniamo la velocita:
v =d(P − O)
dt= ρi
+ ρθi
(106)
e derivando la velocita rispetto al tempo otteniamo l’accelerazione:
a =dv
dt= (ρ − ρθ2)i
+ (2 ρθ + ρθ)i
(107)
dove il termine (ρ − ρθ2) rappresenta l’accelerazione radiale mentre il termine (2 ρθ + ρθ)rappresenta l’accelerazione trasversale.
In un moto centrale, da definizione, l’accelerazione trasversale deve essere nulla:
2 ρθ + ρθ = 0 (108)
Definiamo allora:
c = ρ2θ (109)
e deriviamo questa nuova grandezza rispetto al tempo:
dc
dt
= 2 ρθ + ρθ = 0 (110)
otteniamo esattamente l’accelerazione trasversale del punto che ci permette di definire un
integrale primo del moto:
dc
dt= 0 → c = cost (111)
Nella dimostrazione della planarita del moto abbiamo ottenuto che:
(P − O) ∧ v = c (112)
quindi:
c = ck → c = ρ2θk (113)
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3) Velocita aerolare costante:
Si Definisca l’area di una porzione qualunque di un piano come l’area rappresentata in
figura:
Essa e esprimibile analiticamente come:
At =
θθ0
dθ
ρρ0
ρ(θ)dρ =
θθ0
1
2ρ2(θ)dθ (114)
Derivando questa espressione rispetto al tempo l’integrale scompare evidenziando che:
At =
dAt
dt =
∂At
∂θ θ =
1
2ρ2
θ (115)
Da cui la velocita aerolare risulta costante:
At =c
2= cost (116)
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2.2 Formula di Binet
La legge di Binet permette di calcolare l’accelerazione radiale in funzione unicamente della
traiettoria.
Supponiamo di conoscere la traiettoria ρ = ρ(θ) :
sapendo che ρ2θ = c allora θ = cρ2
quindi:
ρ =∂ρ
∂θθ =
∂ρ
∂θ
c
ρ2= −c
d
dθ(
1
ρ) (117)
e:
ρ =d
dt(−c
d
dθ(
1
ρ)) = θ
d
dθ(−c
d
dθ(
1
ρ)) =
c
ρ2
d
dθ(−c
d
dθ(
1
ρ)) = − c2
ρ2d2
dθ2(
1
ρ) (118)
infine sapendo che l’accelerazione radiale del punto (P) considerato e la sola accelerazioneradiale ρ (per definizione di moto centrale) ed e pari a :
a = aρi
= (ρ − ρθ2)i
(119)
sostituendo le relazioni ottenute, ovvero:
θ =c
ρ2(120)
ρ = −cd
dθ(
1
ρ) (121)
ρ = − c2
ρ2
d2
dθ2(
1
ρ) (122)
otteniamo la formula di Binet:
aρ = − c2
ρ2[
d2
dθ2(
1
ρ) +
1
ρ] (123)
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2.3 Calcolo della traiettoria in un moto centrale
In questo paragrafo verra studiato il moto relativo tra due punti posti a distanza ρ l’uno dal-
l’altro e caratterizzati da un’interazione inversamente proporzionale al quadrato della suddetta
distanza e diretta come la congiungente ai due punti, ovvero:
F c = mP aρ = −mP kρ2
i
(124)
Si noti l’analogia con l’interazione gravitazionale o con quella elettrostatica dove k rappre-
senta una costante dipendente dalle condizioni considerate.
L’accelerazione della distanza sara semplicemente:
aρ = − kρ2
in cui k e una costante positiva.
Sostituendo la legge da Binet ottengo la seguente equazione:
c2
ρ2[
d2
dθ2(
1
ρ) +
1
ρ] =
k
ρ2(125)
Applicando un cambiamento di variabile : w = 1ρ
otteniamo un’equazione differenziale di secondo grado, lineare e a coefficienti costanti:
d2w
dθ2+ w =
k
c2(126)
la cui soluzione sara :
w(θ) = w + A cos(θ − θ0) (127)
dove la soluzione particolare w e rappresentata da :
w =k
c2
e convertendo w(θ) nella variabile iniziale ρ(θ) otteniamo:
ρ(θ) =c2
k
1 + c2
kA cos(θ − θ0)
(128)
espressione generale della distanza tra due punti sottoposti ad una mutua interazione pro-
porzionale al quadrato della distanza stessa. Essa rappresenta una sezione conica e la forma
caratteristica ad essa associata e legata al parametro c2k A che definiamo:
Eccentricita del moto: e = c2
kA
Esso ci permette di riscrivere l’equazione della traiettoria in questo modo:
ρ(θ) =c2
k
1 + e cos(θ − θ0)(129)
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Al variare di e si ottengono i seguenti tipi di traiettoria:
e = 0 → Traiettoria circolare ρ = c2
k
0 < e < 1 → Traiettoria ellittica ρ = ρ(θ)e = 1 → Traiettoria parabolica ρ → ∞e > 1 → Traiettoria iperbolica ρ → ∞ (con asintoto)
2.4 Risoluzione del problema dei due corpi
Consideriamo un sistema composto da due punti P 1 e P 2 posti all’interno di una terna cartesiana
tridimensionale ed inerziale come rappresentato:
dove definiamo la posizione dei punti come:
r1 = x1i + y1 j + z1k
r2 = x2i + y2 j + z2k
e la distanza relativa tra essi come:
r = r2 − r1
r = ρ → ρ = [(x2 − x1)2 + (y2 − y1)2 + (z2 − z1)2]1
2
Si definisce la Lagrangiana dei due corpi come:
L =1
2m1r1
2 +1
2m2r2
2 − V (ρ) (130)
Scriviamo ora la prima delle sei equazioni di lagrange possibili (ricordiamo che abbiamo
tre coordinate libere per ognuno dei due corpi):
d
dt
∂ L∂ x1
− ∂ L∂x1
= 0 (131)
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essa puo essere semplificata ricordando che il potenziale e una grandezza solo posizionale
(V = V (q)) e che l’energia cinetica e dipendente solo dalla velocita dei due corpi (T = T (q)):
d
dt
∂T
∂ x1+
∂V
∂x1= 0 (132)
Scriviamo ora le derivate parziali necessarie inx1
ex1
:
∂T
∂ xk
= m1x1 (133)
d
dt
∂T
∂ xk
= m1x1 (134)
∂V
∂xk
=∂V
∂ρ
∂ρ
∂ xk
=∂V
∂ρ
1
2
−2(x2 − x1)
ρ=
∂V
∂ρ(
x2 − x1
ρ) (135)
L’equazione di Lagrange in x1 risultera :
m1x1 =∂V
∂ρ(
x2 − x1
ρ) (136)
Analogamente per le altre coordinate libere del punto P 1 otteniamo:
m1y1 =∂V
∂ρ(
y2 − y1ρ
) (137)
m1z1 =∂V
∂ρ(
z2 − z1ρ
) (138)
Se raggruppiamo queste ultime tre equazioni in un’unica equazione vettoriale otteniamo:
m1r1 =∂V
∂ρ(
r
ρ) (139)
m2r2 = −∂V
∂ρ(
r
ρ) (140)
dove e evidente l’analogia con la prima equazione cardinale:
m1r2 = f 12 (141)
m2r2 = f 21 (142)
quindi e possibile definire l’interazione tra le due masse conoscendo unicamente la derivata
del potenziale rispetto alla distanza tra i due punti:
f 12 = −f 21 =∂V
∂ρ(
r
ρ) (143)
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A questo punto risulta utile semplificare le equazioni di moto sino a ricondurre il problema
dei due corpi a quello di un singolo corpo puntiforme in moto rettilineo.
Il primo passo consiste nella riscrittura delle equazioni considerate attraverso un cambia-
mento di variabili che evidenzino la posizione del baricentro del sistema e la distanza tra i due
corpi :
Definita (M = m1 + m2) come massa totale del sistema otteniamo:
Posizione del baricentro : rG = m1 r 1+m2 r 2
M
Distanza tra i due corpi : r = r2 − r1
La trasformazione quindi risultera :
r1 = rG − m2
M r
r2 = rG +m2
M r
e sostituendo questi termini nella lagrangiana iniziale L = 12m1r1
2 + 12m2r2
2 − V (ρ)otterremo la lagrangiana trasformata seguente:
L =1
2M r2
G +1
2µr2 − V (ρ) (144)
dove µ = m1m2
m1+m2rappresenta la massa ridotta del sistema.
Se si scrivono in forma estesa i vettori si ottiene :
RG = xGi + yG j + zGk
R = xi + y j + zk
Si puo facilmente notare che ρ = [(x)2 + (y)2 + (z)2]1
2 non dipende dalle coordinate bari-
centriche e, di conseguenza, non vi dipendera nemmeno il potenziale;quindi, scrivendo l’e-
quazione di Lagrange rispetto alle coordinate baricentriche e possibile evidenziare tre variabili
ignorabili:
∂ L∂xG
= 0 ;∂ L∂yG
= 0 ;∂ L∂zG
= 0 (145)
quindi:
∂ L∂ rG
= 0 (146)
Percio srivendo l’espressione del momento cinetico associato ad ognuna di esse possiamo
ottenere un integrale primo del moto :
∂ L∂ xG
= M xG = cost
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ovvero: il baricentro si muove di moto rettilineo uniforme.
Si ricordi che in un sistema di riferimento inerziale, la relativita galileiana afferma che due
sistemi identici in moto, uno in un sistema di riferimento fisso, l’altro in un sistema di riferi-
mento in Moto Rettilineo ed Uniforme, hanno le stesse caratteristiche dinamiche dal punto di
vista relativo; quindi e possibile eliminare la parte di lagrangiana dipendente dalle coordinatedel baricentro poiche ininfluente ai fini del calcolo del moto relativo del sistema.
Si riscrive quindi la lagrangiana come:
L =1
2µr2 − V (ρ)
(si noti che quest’ultima lagrangiana NON e la lagrangiana ridotta del sistema)
e si costruisce un nuovo sistema di riferimento centrato su m1 come rappresentato:
In seguito, si procede risolvendo le tre equazioni scalari di lagrange associate alle coordi-
nate libere di r ovvero x,y,z (si riporta solo l’equazione in x):
d
dt
∂ L
∂ x− ∂ L
∂x= 0 → µx = −∂V
∂ρ
∂ρ
∂x(147)
che sinteticamente si puo esprimere come:
µr = −∂V ∂ρ
rρ
(148)
Questo risultato evidenzia come l’accelerazione e sempre parallela al vettore r; quindi e
possibile ricondurre questo problema ad un moto centrale.
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Sfruttiamo ora le proprieta cinematiche di questo tipo di moto riducendo il problema da
tridimensionale a bidimensionale:
dove, in coordinate polari:
r = ρi
r = ρi
+ ρθi
La Lagrangiana in coordinate piane sara :
L = 12µ( ρ2 + ρ2θ2) − V (ρ) (149)
quest’ultima, essendo indipendente da θ, permette di evidenziare una variabile ignorabile
ed ottenere un integrale primo del moto:
∂ L
∂θ= 0 → ∂ L
∂ θ= P θ = µρ2θ = cost (150)
Si noti inoltre che esiste una stretta corrispondenza tra questo momento cinetico e la costante
c ottenuta dall’analisi cinematica del moto centrale:
c = ρ2θ→
c =P θ
µ(151)
ricordando che:
c = r ∧ v (152)
allora:
P θ = r ∧ µv (153)
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dove il momento cinetico evidenziato rappresenta il principio di conservazione del momen-
to angolare di un sistema costituito da un punto in moto centrale e caratterizzato da una massa
pari alla massa ridotta del sistema.
A questo punto scriviamo la Lagrangiana ridotta del sistema:
L∗ = L − P θθ =1
2µρ2 +
1
2
P 2θµρ2
+ V (ρ) (154)
dove e possibile definire un nuovo potenziale contenente tutte i termini unicamente po-
sizionali. Chiamiamo questa grandezza potenziale efficace:
V eff (ρ) = V (ρ) +1
2
P 2θµρ2
Attraverso esso la lagrangiana diventa :
L∗ =
L −P θθ =
1
2µρ2 + V eff (ρ) (155)
Se scriviamo l’equazione di Lagrange rispetto a ρ :
d
dt
∂ L∗
∂ ρ− ∂ L∗
∂ρ= 0 → µρ = −dV eff (ρ)
dρ(156)
essa rappresentera un caso di moto unidimensionale dove la distanza tra i punti ( ρ) dipen-
dera esclusivamente da come evolve il potenziale rispetto a ρ stessa.
Se, ora, moltiplichiamo tutto per ρ, si ottiene :
µρρ = −dV eff (ρ)
dρρ → d
dt(
1
2µρ2) = −dV eff (ρ)
dt(157)
Raccogliendo ddt
otteniamo:
d
dt(T + V eff (ρ)) = 0 (158)
da cui e possibile ottenere un integrale primo del moto:
E = (T + V eff (ρ)) = cost (159)
Esso rappresenta la conservazione dell’energia meccanica totale del sistema.
Per trovare il moto si procede risolvendo la seguante equazione differenziale a variabili
separabili :
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1
2µρ2 + V eff (ρ) = E → ρ = ±[
2
µ(E − V eff (ρ))]
1
2 (160)
dove il segno dipende dalle condizioni iniziali (se all’istante iniziale il corpo si sta avvici-
nando o allontananado).
Integrando l’espressione tra l’istante iniziale e un tempo qualsiasi si ottiene il moto del
sistema. ρρ0
1
[ 2µ
(E − V eff (ρ))]1
2
dρ = t − t0 (161)
2.5 Formule utili per il calcolo orbitale
Questo paragrafo non contiene nuovi concetti, ma soltanto applicazioni pratiche degli strumen-
ti visti nei paragrafi precedenti al fine di ottenere delle espressioni algebriche comode per il
calcolo di parametri caratteristici del moto orbitale.
Per fare cio procederemo innanzitutto dando le formule piu generali e successivamente
analizzando i diversi tipi di orbita e le loro specifiche caratteristiche.
Consideriamo un sistema composto da due corpi: uno di massa molto elevata (M ), che
potrebbe rappresentare un pianeta, ed uno di massa molto ridotta ( m), che potrebbe rappre-
sentare un satellite. Il satellite interagisce con il pianeta attraverso la forza di gravita.
Definiamo innanzitutto alcune grandezze:
Massa ridotta del sistema: µ = mM m+M
Costante : µ = GmM Momento cinetico coniugato a θ: P θ = µρ2θCostante del moto centrale: c = r ∧ v = P θ
µ= ρ2θ
Momento angolare del satellite: Γ = m r ∧ v = mcCostante : k=GmM
µ
Costante : h = c2
k= µρ4θ2
GmM
Raggio di apogeo (ra): raggio che definisce, in un orbita ellittica, la massima distanza tra satel-
lite e pianeta.
Raggio di perigeo (r p): raggio che definisce, in qualsiasi orbita, la minima distanza tra satellitee pianeta.
(Si noti che ρ = ρ(θ) = r(θ))
Eccentricita:
e =
1 +
2Eµh2
P 2θ
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o in forma piu semplice:
e = 1 +2Er p
µ
Energia meccanica totale del sistema:
Avendo ottenuto dall’analisi dinamica: f = ±∂V ∂ρ
r
ρ→ f = Gm1m2
ρr
ρdefiniamo:
E =1
2µρ2 +
P 2θ2µρ2
− Gm1m2
ρ
oppure:
E =1
2µρ2 +
Γ2
2mρ2− µ
ρ
Se m << M allora µ → m, quindi l’energia diventa:
E =12
mρ2 +Γ2
2mρ2− µ
ρ
In forma semplificata:
E =µ
2r p(e − 1)
Posizione:
ρ(θ) = r p1 + e
1 + ecosθ
Velocita:
v =
2
mµ[
1
ρ+
e − 1
2r p]
Periodo di rivoluzione (Terza legge di Keplero):
solo per orbite chiuse (ovviamente) e nel caso in cui m << M :
τ 2 =4πm
µa3
dove a rappresenta il semiasse maggiore dell’orbita: a = rp+ra2
.
Procediamo ora analizzando i parametri caratteristici dei singoli tipi di orbita.
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Orbita circolare di raggio R:
e = 0
E = − µ
2R
ρ(θ) = R
v = µ
mR
τ 2 =2πR3
GM
R =Γ2
mµ
Inoltre e possibile definire l’energia totale della circonferenza anche analizzando il minimo
della funzione V eff :
dV eff dρ
= 0 → E =mµ2
2Γ2
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Orbita ellittica:
e =ra − r pra + r p
E = − µ
2a
ρ(θ) = r p1 + e
1 + ecosθr p = a(1 − e) ; ra = a(1 + e)
v = 2µ
m (1
ρ −1
2a )
Orbita parabolica:
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e = 1
E = 0
ρ(θ) = r p2
1 + cosθ
v = 2µ
mρ
Orbita iperbolica:
e > 1
E =1
2mv2∞
asintoto per ρ(θ) → ∞:
θ∞ = arccos −1
e
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3 Corpo Rigido nello spazio
Lo studio della meccanica di un corpo rigido in uno spazio tridimensionale, seppur presentan-
do numerose affinita con il caso bidimensionale, necessita oltre che di strumenti piu raffinati
e complessi anche di nuove grandezze che verranno definite in questo capitolo. Esse permet-
teranno lo studio di particolari tipi di moto come il moto per inerzia e, conseguentemente, ci
permetteranno di trattare la meccanica dei giroscopi, argomento trattato nel seguente capitolo.
3.1 Richiami di meccanica razionale
Definiamo un sistema di riferimento tridimensionale cartesiano e fisso (O) caratterizzato dai
versori i, j e k. All’interno di esso poniamo un generico corpo rigido definito analiticamente
attraverso un sistema di riferimento mobile (O) caratterizzato dai versori I ,J ,K e solidale con
esso.
Come rappresentato in figura, la posizione di un generico punto (P ) del C.R. sara:
(P − O) = (P − O) + (O − O) (162)
Definiti x = (P − O), xo = (O − O) e x = (P − O) dove:
x =
xyz
xo =
xo
yozo
x =
x
y
z
(163)
ed introducendo la matrice di rotazione R:
R =
I · i J · i K · i
I · j J · j K · j
I · k J · k K · k
(164)
(si noti l’ortogonalita della matrice: RT R = I )
33
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si puo affermare che:
(P − O) = x = xo + Rx (165)
E possibile, quindi, ottenere la posizione di un punto di un corpo rigido attraverso tre ele-
menti: un vettore che definisca rispettivamente le coordinate dell’origine del sistema di rifer-
imento mobile rispetto al sistema di riferimento fisso, un altro vettore che identifichi le coor-dinate del punto rispetto al sistema di riferimento mobile ed una matrice che contenga al suo
interno tutti i coseni direttori (ovvero le rotazioni relative) del sistema di riferimento mobile.
La dinamica del corpo rigido in esame e completamente definibile attraverso le seguenti
equazioni cardinali:
dQ
dt= R ext (166)
dΓo
dt+ vo ∧ Q = M exto (167)
esse rappresentano 6 equazioni scalari che corrispondono esattamente ai 6 gradi di liberta
incogniti del sistema.
Oltre a questi importanti richiami di cinematica e dinamica di base e importante definire al-
tri due concetti prima di entrare in argomenti piu specifici: essi sono rappresentati dagli Angoli
di Eulero e dalle formule di Poisson:
Gli angoli di Eulero sono 3 particolari angoli che permettono di identificare la posizione
angolare di una terna mobile rispetto ad una terna fissa. Come rappresentato in figura essi
sono:
34
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Linea dei nodi: intersezione tra il piano I ,K ed il piano i, j
θ : Angolo di nutazione (angolo tra k e K )
φ : Angolo di precessione (angolo tra i e la linea dei nodi)
ψ : angolo di rotazione propria (angolo tra la linea dei nodi e I )
Le formule di Poisson, invece, esprimono delle relazioni differenziali tra i versori della ter-
na mobile e le loro derivate rispetto al tempo attraverso il vettore velocita angolare della terna,
ovvero:
Formule di Poisson dirette:
I = ω ∧ I ; J = ω ∧ J ; K = ω ∧ K (168)
Formula di Poisson inversa:
ω =
1
2(I ∧˙I + J ∧
˙J + K ∧
˙K ) (169)
3.2 Momento angolare in tre dimensioni
Data la sua importanza negli argomenti trattati in seguito, e necessario sviluppare alcune con-
siderazioni su questa grandezza.
Il momento angolare, o momento della quantita di moto, di un corpo rigido rispetto ad un
generico polo (O) e definibile attraverso il seguente integrale:
Γo =
V ρ(P )(P − O) ∧ vP dV (170)
dove la velocita di ogni singolo punto P sara:
vP = vo + ω ∧ (P − O) (171)
In generale, avendo gia calcolato il momento angolare rispetto ad un polo O’ (che nel
nostro caso rappresenta l’origine della terna mobile), e possibile ottenerlo rispetto ad un altro
polo qualsiasi attraverso la formula del trasporto della quantita di moto:
Γo = Γo + (O − O) ∧ Q (172)
Soffermiamoci quindi sul momento angolare Γo . Esso sara definito dall’equazione:
Γo = V
ρ(P )(P − O) ∧ vP dV (173)
dove la stessa velocita avra un’espressione analitica diversa:
vP = vo + ω ∧ (P − O) (174)
Inseriamo ora quest’ultima espressione nell’equazione del momento angolare:
35
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Γo =
V
ρ(P )(P − O) ∧ (vo + ω ∧ (P − O))dV (175)
poiche vo rappresenta una costante, epossibile portarlo fuori dal simbolo di integrazione:
Γo = [ V
ρ(P )(P − O)dV ] ∧ vo + V
ρ(P )(P − O) ∧ (ω ∧ (P − O))dV (176)
Se analizziamo nel dettaglio i termini scopriamo che: V
ρ(P )(P − O)dV = M (G − O) (177)
(dove M rappresenta la massa totale del corpo rigido)
e definiamo:
Γroto =
V
ρ(P )(P − O) ∧ (ω ∧ (P − O))dV (178)
Possiamo quindi riscrivere il momento angolare rispetto al sistema di rierimento mobile
come:
Γo = M (G − O) ∧ vo + Γroto (179)
dove il primo termine rappresenta un contributo unicamente legato alla posizione relativa
tra origine della terna mobile e centro di massa del sistema, mentre il secondo termine rappre-
senta un contributo unicamente legato alla rotazione del corpo.
Analizziamo questo secondo contributo:
Γroto =
V
ρ(P )(P − O) ∧ (ω ∧ (P − O))dV (180)
sapendo che il prodotto vettoriale di 3 vettori e anche esprimibile attraverso la seguente
relazione:
a ∧ (b ∧ c) = (a · c)b − (b · c)a (181)
Possiamo eliminare tutti i prodotti vettoriali ottenendo:
Γroto =
V
ρ(P ) P − O 2 ω − [(P − O) · ω](P − O) dV (182)
Definiamo nuovamente la terna mobile solidale con un corpo rigido di forma qualsiasi:
36
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dove:
(P − O) = xI + yJ + zK ; ω = ωxI + ωyJ + ωzK (183)
Sostituendo nell’equazione del momento angolare rotatorio otteniamo 3 equazioni integrali
scalari:
Γroto =
V
ρ(P )
(y2 + z2)ωx − xyωy − xzωz
(x2 + z2)ωy − yxωx − yzωz
(x2 + y2)ωz − zxωx − zyωy
dV (184)
Portando fuori dal simbolo di integrale il vettore ω, indipendente dalle dimensioni del cor-
po rigido, possiamo riorganizzare tutta l’equazione attraverso l’introduzione della Matrice di
inerzia:
I o =
V ρ(y2 + z2)dV − V
ρ(xy)dV − V
ρ(xz)dV −
V ρ(xy)dV
V
ρ(x2 + z2)dV − V
ρ(yz)dV −
V ρ(xz)dV −
V ρ(yz)dV
V
ρ(x2 + y2)dV
(185)
Essa rappresenta in modo compatti tutti i momenti di inerzia propri e centrifughi del corpo
rispetto agli assi della terna mobile solidale con esso ed e, in qualche modo, l’espressione della
resistenza ad un’azione rotatoria su un corpo tridimensionale. Infatti:
I o = I xx −I xy −I xz
−I yx I yy
−I yz
−I zx −I zy I zz (186)
Si noti che i termini di questa matrice sono tutti costanti se la terna mobile e fissa con il
corpo rigido.
Sfruttando la matrice di inerzia l’equazione del momento angolare rotatorio diventa:
Γroto = I oω (187)
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Da cui possiamo risalire all’equazione del momento angolare totale rispetto ad un generico
polo O:
Γo = (G − O) ∧ M vo + I oω + (O − O) ∧ Q (188)
Si noti che il termine M vo NON rappresenta la quantita di moto totale del sistema.
Fissiamo ora l’origine del sistema di riferimento fisso e quella del sistema di riferimento
mobile nel centro di massa al fine di semplificare le equazioni: O ≡ O ≡ G
ΓG = I Gω (189)
il momento della quantita di moto e composto dalla sola parte rotatoria.
In particolare, se oltre che ad essere centrati nel centro di massa del corpo, gli assi sono
orientati in un modo tale da annullare tutti i momenti centrifughi di inerzia, allora siamo in
presenza di una terna principale di inerzia la cui matrice diventa:
I G = D =
A 0 00 B 00 0 C
(190)
Dove A,B,C rappresentano i momenti principali di inerzia.
Consideriamo allora un sistema di riferimento generico con origine nel centro di massa del
sistema. La sua matrice di inerzia sara I o .
Supponiamo di poter costruire una matrice di rotazione (
ˆR) che trasfromi la matrice diinerzia annullando tutti i termini extradiagonali; sarebbe come portare il sistema negli assi
principali di inerzia:
D = RI oRT → I o = RT DR (191)
quindi, otteniamo che:
Γo = I oω = RT DRω (192)
premoltiplicando membro a membro per R otteniamo:
RΓo = RRT
DRω → RΓo = DRω (193)
per cui:
Γo = Dω (194)
Dove le nuove grandezze Γo e ω rappresentano:
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Γo = RΓo: Momento angolare visto dagli assi principali di inerzia
ω = Rω: velocita angolare vista dagli assi principali di inerzia
A questo punto possiamo ridefinire momento angolare e velocita angolare dal punto di vista
della terna principale di inerzia come:
ω = pI + qJ + rK (195)
quindi
Γo = ApI + BqJ + CrK (196)
3.3 Equazioni di Eulero
Ritorniamo alle equazioni cardinali del corpo rigido:
dQ
dt= R ext (197)
dΓo
dt+ vo ∧ Q = M exto (198)
Se consideriamo solo la seconda equazione, possiamo applicare le nuove conoscenze sul
momento angolare.
Poniamoci in un sistema di riferimento principale di inerzia. La seconda equazione cardinale
avra la seguente forma:
dΓo
dt = M
ext
o (199)
dove:
dΓo
dt=
d
dt(ApI + bqJ + crK ) = A ˙ pI + bqJ + crK + ApI + bqJ + crK (200)
Ricordando le formule di Poisson: (I = ω ∧ I ...etc.) possiamo trasformare l’equazione in
questo modo:
dΓo
dt
= A ˙ pI + bqJ + crK + Ap(ω
∧I ) + bq(ω
∧J ) + cr(ω
∧K ) (201)
Raccogliendo ω nella seconda parte dell’equazione otteniamo:
dΓo
dt= A ˙ pI + bqJ + crK + ω ∧ (ApI + bqJ + crK ) (202)
Esprimendo ω = pI + qJ + rK otteniamo:
dΓo
dt= A ˙ pI + bqJ + crK + ( pI + qJ + rK ) ∧ (ApI + bqJ + crK ) (203)
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e sviluppando il prodotto vettoriale giungiamo ad una nuova scrittura della seconda equazione
cardinale:
dΓo
dt= A ˙ pI + bqJ + crK + [BpqK − CprJ − ApqK + CqrI + AprJ − BqrI ] (204)
dΓo
dt= A ˙ pI + bqJ + crK + [(C − B)qrI + (A − C ) prJ + (B − A) pqK ] = M ext (205)
che suddivisa nelle sue componenti scalari ci permette di ottenere le Equazioni di Eulero:
A ˙ p + (C − B)qr = M extx
Bq + (A − C ) pr = M exty
C r + (B − A) pq = M extz
(206)
Attenzione: tutte le grandezze che compaiono nelle equazioni di Eulero ( ω , D e M ext)
sono calcolate rispetto ad un sistema di riferimento principale di inerzia
3.4 Calcolo del momento di inerzia attraverso la matrice di inerzia
La matrice di inerzia, oltre ad essere molto utile nella definizione di momenti angolari e di
momenti di forze, puo essere utilizzata per il calcolo del momento di inerzia di un corpo rigido
tridimensionale rispetto ad un asse qualsiasi.
Consideriamo il seguente caso:
La terna considerata e una generica terna solidale con il corpo rigido.
Vogliamo calcolare il momento di inerzia del corpo rigido rispetto all’asse definito dal versore
u = αI + β J + γ K
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Definito (P − O) = xI + yJ + zK e possibile scrivere il momento di inerzia come:
I =
V
ρ(P )(P − P )2dV (207)
dove: (P − P ) = (P − O) ∧ u → P − P = P − P sin θ
in forma vettoriale otteniamo:
(P − O) ∧ u = det
I J K x y zα β γ
= (γy − βz)I + (αz − γx)J + (βx − αy)K (208)
Sostituendo questo prodotto vettoriale in I otteniamo:
I = α2
V ρ(P )(z2 + y2)dV + β 2
V ρ(P )(x2 + z2)dV + γ 2
V ρ(P )(x2 + y2)dV (209)
−2βγ V
ρ(P )(yz)dV − 2αγ V
ρ(P )(xz)dV − 2αβ V
ρ(P )(xy)dV (210)
o piu sinteticamente ricordando i termini della matrice di inerzia:
I = α2I xx + β 2I yy + γ 2I zz − 2βγ I yz − 2αγI xz − 2αβI xy (211)
Se la terna fosse principale d’inerzia:
I = θ2A + φ2B + ψ2C (212)
Si noti che se un corpo possiede tutti i momenti principali di inerzia uguali allora tutti i
possibili momenti d’inerzia del corpo saranno uguali tra loro:
esempio della sfera: A = B = C → I = (θ2 + φ2 + ψ2)A = cost ∀u poiche
u, essendo un versore, ha norma unitaria:
θ2 + φ2 + ψ2 = 1
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3.5 Ellissoide di inerzia
Consideriamo il seguente luogo di punti:
x2I xx + y2I yy + z2I zz + 2yzI yz + 2xzI xz + 2xyI xy = 1 (213)
Esso rappresenta un ellissoide in tre dimensioni centrato nell’origine del sistema di rifer-
imento che stiamo utilizzando. Se intersechiamo un asse qualsiasi passante per l’origine del
sistema con questo ellissoide, cio che otteniamo non e altro che il momento d’inerzia associato
all’asse considerato.
Per una particolare terna otterremo che:
x2I xx + y2I yy + z2I zz = 1 (214)
e ci troveremo in corrispondenza degli assi principali di inerzia (coincidenti con quelli del-
l’ellissoide).
Se dividiamo questa espressione per P − O 2 otteniamo:
1
P − O =x2
P − O 2 I xx +y2
P − O 2 I yy +z2
P − O 2 I zz (215)
espressione nella quale xiP −O
non altro che il coseno direttore del vettore (P-O) rispetto
all’asse xi. Quindi, essendo valida la relazione:
x2
P − O 2 +y2
P − O 2 +z2
P − O 2 = α2 + β 2 + γ 2 = 1 (216)
Si ottiene direttamente il valore del momento d’inerzia associato all’asse come:
I =1
P − O 2 (217)
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che ,in realta, non rappresenta fisicamente il momento d’inerzia, poiche le dimensioni
fisiche non corrispondono, ma solo il valore numerico ad esso associato.
3.6 Energia cinetica del corpo rigido in tre dimensioni
Riprendendo il teorema di Koenig l’espressione dell’energia cinetica e:
T =1
2M v2
G +1
2
V
ρ(P )[ω ∧ (P − G)]2dV = (218)
1
2M v2
G +1
2 ω 2
V
ρ(P )[ω
ω ∧ (P − G)]2dV (219)
che puo essere sinteticamente scritta come:
T =1
2M v2
G +1
2I Gω2 (220)
Considerando il corpo rigido in una terna principale d’inerzia sappiamo che:
ω = pI + qJ + rK
Quindi i coseni direttori di ω saranno:
α =p
ω ; β =q
ω ; γ =r
ω (221)
ed il rispettivo momento d’inerzia sara:
I G = Aα2 + Bβ 2 + Cγ 2
ovvero:
I G =Ap2 + Bq2 + Cr2
ω 2 (222)
In definitiva l’energia cinetica del corpo rigido sara:
T =1
2M v2
G + T rot (223)
dove il contributo energetico dovuto esclusivamente alla rotazione del corpo sara:
T rot =1
2I Gω2 =
1
2(Ap2 + Bq2 + Cr2) (224)
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4 Moto per inerzia di un corpo rigido con un punto fisso e
giroscopi
In questo capitolo studieremo un particolare tipo di moto che, seppur definito da equazioni
semplici, permette di studiare casi interessanti di meccanica tridimensionale come il moto dei
giroscopi. Successivamente si procedera descrivendo le rotazioni permanenti ed analizzandola loro stabilita per poi concludere con la trattazione dei fenomeni specifici associati al moto
giroscopico.
4.1 Moto per inerzia di un corpo rigido con un punto fisso
Si consideri il corpo in figura:
Un moto viene definito per inerzia attorno ad un punto fisso quando e vincolato in un punto
fisso attorno a cui puo solo ruotare e quando sussiste la seguente relazione:
M exto = 0 (225)
da cui otteniamo il moto del sistema semplicemente sfruttando l’integrale primo ricavato
dalla seconda equazione cardinale:
dΓo
dt= 0 → Γo = cost (226)
(N.B. si noti che il termine vo ∧ Q dell’equazione cardinale si annulla poiche O, essendoun punto fisso, ha velocita nulla.)
La definizione di moto per inerzia attorno ad un punto fisso non si applica rigorosamente
solo a corpi vincolati in un punto qualsiasi, ma anche a corpi liberi nello spazio su cui agisce
unicamente una forza attiva nel loro centro di massa (o un campo di forze costanti), come la
gravita per satelliti o vettori spaziali di dimensioni contenute.
44
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Si procede ora calcolando il moto del sistema:
consideriamo innanzitutto l’equilibrio delle potenze:
dT
dt= F · vo + M o · ω (227)
dato che per definizione di questo moto: M o = 0 e vo = 0 otteniamo:
dT
dt= 0 → T = cost (228)
Inoltre, se consideriamo fisso il baricentro del corpo, possiamo scrivere l’energia cinetica
come costituita dal suo solo contributo rotatorio:
T = T rot =1
2(Ap2 + Bq2 + Cr2) (229)
Ora mettiamo a sistema quest’ultima equazione con le equazioni di Eulero:
A ˙ p + (C − B)qr = 0Bq + (A − C ) pr = 0C r + (B − A) pq = 0
2T = Ap2 + Bq2 + Cr2
Γ2 = A2 p2 + B2q2 + C 2r2
(230)
Si noti che l’integrale primo del moto di Γ e stato elevato al quadratoper non far comparire
gli angoli di Eulero in I , J , K .
definendo due nuove variabili:
x = Ap2 ; y = Bq2 (231)
possiamo esprimere due equazioni:x + y = 2T − Cr2
Ax + by = Γ2 − C 2r2
(232)
che, inserite nel sistema di equazioni iniziali, permettono di ottenere le coordinate della
velocita angolare ( p,q,r) in funzione di r ovvero:
p = ±√
a − br2 ; q = ±√
c − dr2 ; r =
rdt (233)
dove la derivata di r rispetto al tempo si esprime come:
r = ±(A − B
C )
(a − br2)(c − dr2) (234)
essa definisce un’equazione differenziale dove a,b,c,d rappresentano delle espressioni
costanti contenenti Γ , T e termini della matrice di inerzia.
La soluzione di questa equazione e ottenibile attraverso le funzioni ellittiche che non ver-
ranno trattate in questa dispensa poiche esulano dagli intenti di questo corso; e chiaro che,
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una volta risolta l’equazione differenziale, e possibile definire univocamente il moto del corpo
rigido in esame.
4.2 Moto giroscopico
Un giroscopio puo essere idealmente approssimato come un corpo rigido caratterizzato da
una matrice principale di inerzia cosı definita:
I G = D =
A 0 00 A 00 0 C
(235)
quindi caratterizzato da due momenti principali di inerzia uguali che impongono alla forma
del corpo una forte simmetria.
Consideriamo un sistema di riferimento mobile, solidale con il giroscopio,principale di in-
erzia, e diretto in modo tale che l’asse K sia diretto come l’asse del giroscopio.
Procederemo analizzando il moto per inerzia a punto fisso di questo corpo innanzitutto con-
centrandoci sulla velocita angolare per poi andare a considerare il moto dell’asse giroscopico
(K ) ed evidenziarne le caratteristiche.
Moto della velocita angolare:
Prendiamo in considerazione l’equazione del momento angolare elevata al quadrato, il
modulo della velocita angolare elevato al quadrato e la terza equazione di Eulero: Γ2 = A2 p2 + B2q2 + C 2r2
ω = p2 + q2 + r2
C r + (B − A) pq = 0
(236)
applicando la condizione di corpo a struttura giroscopica (A = B = C ) otteniamo:
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Γ2 = A2( p2 + q2) + C 2r2
ω = p2 + q2 + r2
C r = 0
(237)
dalla terza equazione e evidente che:
C r = 0 → r = ro = cost (238)
mentre dalla prima equazione otteniamo:
p2 + q2 =−C 2r20 + Γ2
A2= cost (239)
sostituendo questi risultati nella seconda equazione otteniamo:
ω 2=−C 2r20 + Γ2
A2+ r2o = cost (240)
Abbiamo scoperto che, in queste condizioni, durante tutto il moto:1) Il modulo della velocita angolare risulta costante. (attenzione: solo il modulo e costante)
2) La componente equatoriale della velocita angolare ( p2 + q2) risulta costante.
3) La componente della velocita angolare (r) diretta come l’asse giroscopico (K ) risulta costante.
Rappresentiamo graficamente la velocita angolare:
Ora anticipiamo che il moto di ω sara tale da descrivere un cono attorno all’asse giroscop-
ico: infatti se andiamo a considerare la proiezione di ω su K otteniamo:
ω · K = ω cos(α) = ro → cos(α) =ro
ω = cost (241)
l’angolo α risulta costante durante tutto il moto.
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Cerchiamo poi una soluzione delle equazioni di Eulero: A ˙ p + (C − A)qro = 0Aq + (A − C ) pro = 0
r = 0
(242)
definendo:
Ω =C − A
Aro (243)
otteniamo: ˙ p + Ωq = 0q − Ω p = 0
(244)
derivando la prima equazione rispetto al tempo otteniamo la seguente equazione differen-
ziale lineare del secondo ordine:
¨ p + Ωq = 0q − Ω p = 0
→ ¨ p + Ω2 p = 0 (245)
Essa rappresenta l’equazione di un oscillatore armonico che, risolta, permette di trovare
completamente il moto di ω e di verificarne l’effettiva conicita, infatti:
le componenti p, q sviluppano una rotazione rigida attorno all’asse K secondo le seguenti
relazioni:
p = E cos(Ωt + φ) (246)
q = − 1Ω ˙ p = E sin(Ωt + φ) (247)
dove Ω = C −AA
ro rappresenta la pulsazione (o frequenza di rotazione) della componente
equatoriale ed E una costante che definisce l’ampiezza del moto.
Mentre, come evidenziato precedentemente, la componente diretta come K si mantiene
costante:
r = ro (248)
Moto dell’asse giroscopico
Procediamo ora calcolando il moto dell’asse K del giroscopio (detto anche asse di spin)rispetto ad un sistema di riferimento fisso (i, j, k).
Innanzitutto consideriamo le equazioni vettoriali del momento della quantita di moto e della
velocita angolare:
Γ = A( pI + qJ ) + CroK = costante (249)
ω = pI + qJ + roK = non costante (250)
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combinando queste due equazioni otteniamo:
ω =A − C
AroK +
Γ
A(251)
quindi i vettori Γ, ω, K sono complanari poiche linearmente dipendenti l’uno dall’altro.
E possibile evidenziare i seguenti angoli:
come dimostrato precedentemente:
cos(α) =ro
ω = cost (252)
inoltre:
Γ · ω = Γ ω cos(β )
Γ · ω = 2T = Ap2 + Bq2 + Cr2o
→ cos(β ) =
2T
Γ ω = cost (253)
ed infine:
γ = α + β = cost (254)
ovvero:
Γ · K = Γ K cos(γ ) (255)
dato che ( K = 1) e (Γ · K = Cro) otteniamo:
Γ cos(γ ) = Cro → cos(γ ) =Cro Γ = cost (256)
Ora orientiamo il sistema di riferimento fisso in modo tale che l’asse k sia diretto come
Γ = cost.
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Scriviamo l’asse giroscopico come:
K = K xi + K y j + K zk (257)
Consideriamo la componente diretta lungo k:
K z = K · k (258)
Se Γ e diretto come k allora basta normalizzarlo per ottenere:
k =Γ
Γ → K z = K · Γ
Γ = cos(γ ) (259)
la componente dell’asse giroscopico diretta come il momento angolare e anch’essa costante
e caratteriszzata dalla seguente espressione:
K z = cos(γ ) (260)
Per quanto riguarda le componenti equatoriali K x, K y sfruttiamo la formula di Poisson
diretta:
K = ω ∧ K (261)
ricordando che:
ω =A − C
AroK +
Γ
A(262)
possiamo scrivere la formula di Poisson eliminando i termini che il prodotto vettoriale
annulla:
K =Γ
A∧ K =
Γ
Ak ∧ K (263)
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Sviluppando il prodotto vettoriale otteniamo:
K =Γ
Ak ∧ (K xi + K y j + K zk) =
Γ
A(K x j − K yi) (264)
con cui possiamo scrivere tre equazioni differenziali, ovvero:
K x = − ΓAK y
K y = ΓA
K xK z = 0
(265)
Della terza conosciamo gia il risultato, mentre derivando la prima rispetto al tempo e
combinandola con la seconda otteniamo:K x = − Γ
AK y
K y = ΓA
K x
→ K x +
Γ2
A2K x = 0 (266)
Tutto cio, analogamente al caso del moto della velocita angolare trattato precedentemente,
ci permette di esprimere analiticamente il moto dell’asse K in questo modo: K x = K cos(Ω2t + φ)K y = K sin(Ω2t + φ)
K z = cos(γ )
(267)
dove Ω2 = Γ2
A2 rappresenta la pulsazione della componente equatoriale di K .
E evidente, quindi, che il moto dell’asse giroscopico e del tutto analogo al moto della ve-
locita angolare; esso infatti descrive un cono attorno alla direzione fissa k definita dal momento
angolare (costante in un moto per inerzia) del sistema. Questo moto conico, che avviene quan-
do perturbiamo un giroscopio in rotazione esclusivamente attono al proprio asse con K
≡k, e
chiamato precessione regolare.
4.3 Rotazioni permanenti
Le rotazioni permanenti, dette anche moto alla Poinsot, rappresentano un particolare tipo di
moto in cui vige la seguente relazione:
ω = cost (268)
Se consideriamo un corpo rigido tridimensionale con tutti i momenti principali d’inerzia
uguali (A = B = C ), come una sfera, e lo osserviamo in un moto per inerzia, scopriremo che:
Dato che Γ = cost
Allora: Γ = Aω → ω = cost
Il vettore velocita angolare si mantiene costante durante tutto il moto.
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Analizziamo ora un caso piu generale:
consideriamo le tre equazioni di Eulero:
A ˙ p + (C − B)qr = 0Bq + (A − C ) pr = 0C r + (B
−A) pq = 0
(269)
e consideriamo il caso in cui solo una delle tre componenti della velocit a angolare sia
diversa da zero, ovvero:
p = po = cost ; q, r = 0 (270)
E evidente che la velocita angolare risultera:
ω = poI (271)
Non siamo ancora sicuri che essa sia costante poiche I e un asse solidale con il corpo e
quindi mobile per definizione; e quindi necessario verificare che la derivata totale della velocita
angolare rispetto al tempo sia costante:
ω =dω
dt= ˙ poI + poI (272)
dove
˙ po = 0
poI = ( poω) ∧ I = ω ∧ ( poI ) = ω ∧ ω = 0
percio:
ω = 0→
ω = cost (273)
Applicando lo stesso procedimento alle altre due componenti della velocita angolare ot-
teniamo lo stesso risultato. Questo ci permette di definire una nuova regola: mettendo un
corpo rigido in rotazione attorno ad uno qualsiasi dei suoi assi principali di inerzia, esso
mantiene una velocita angolare costante se sono verificate le condizioni di moto per in-
erzia con un punto fisso.
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4.4 Stabilita delle rotazioni permanenti
Risulta interessante analizzare come questi moti si evolvono se sottoposti ad una perturbazione,
ma prima di fare cio e necessario introdurre i concetti di stabilita alla Lyapounov nella loro gen-
eralita.
Stabilita alla Lyapounov
Consideriamo un’equazione differenziale vettoriale che descriva l’andamento temporale del
sistema considerato:
z = f (z, t) (274)
dove z rappresenta un vettore di equazioni che descrivono il moto delle singole parti del
sistema:
z = (z1(t), z2(t),...zn(t)) (275)
La soluzione nominale dell’equazione differenziale sara:
zo → zo = f (zo, t) (276)
La definizione di stabilita impone che:
Un sistema dinamico risulta stabile se
∀ε > 0 ∃δ(ε, to)/ z(to) − zo(to) < δ (277)
allora
z(t) − zo(t) < ε ∀t > to (278)
Si osservi la schematizzazione in figura:
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Possiamo affermare che il movimento nominale e stabile quando, a fronte di una pertur-
bazione esterna, la differenza tra movimento perturbato e movimento nominale si mantiene
limitata.
Consideriamo le equazioni differenziali associate ai due movimenti.
Movimento perturbato: z = f (z, t)Movimento nominale: zo = f (zo, t)
Scriviamo la loro differenza come:
η = z − zo → z − zo = f (z, t) − f (zo, t) (279)
In generale le equazioni differenziali considerate non sono lineari ed a coefficienti costan-
ti; ma, se ci interessa solo come si evolve il movimento perturbato attorno a quello nominale,
possiamo linearizzare il sistema dinamico attorno ad esso:
definiamo uno sviluppo di Taylor al primo ordine:
η =∂f
∂z|
z =
z oη + o(η2) (280)
in modo da ottenere un’equazione differenziale vettoriale lineare a coefficienti non costanti.
Ipotizziamo, allora, il sistema come autonomo, ovvero: z = f (z)
e studiamo la stabilita, non piu attorno a generici movimenti nominali, ma attorno alle
posizioni di equilibrio dove:
zo = 0 → zo = cost → η = z − zo = cost (281)
e inoltre:
∂f
∂z|
z =
z o = L (282)
dove L rappresenta una matrice composta da termini costanti.
Possiamo riscrivere il moto di η come:
η = Lη (283)
Questa equazione differenziale, vettoriale, lineare ed a coefficienti costanti rappresenta la
dinamica della differenza tra soluzione nominale (intesa come soluzione di equilibrio dinam-
ico) e soluzione perturbata per valori di η abbastanza piccoli da poter trascurare i termini di
grado elevato.
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E possibile impostare la soluzione di questa equazione nel modo seguente 1:
η = aeλt (284)
con a = cost.
Verifichiamo la correttezza di questa espressione:
η = aλeλt = Laeλt → (L − λI )a = 0 (285)
La condizione per cui l’espressione η = aeλt sia soluzione dell’equazione differenziale e
definita dal seguente problema agli autovalori:
(L − λI )a = 0 (286)
Dove λ rappresenta un autovalore di L e a l’autovettore ad esso associato.
Considerando che la matrice L abbia k autovalori otteniamo la soluzione η(t) come sovrap-
posizione di esponenziali:
η(t) =n
k=1
C kakeλkt (287)
Sulla base di questa soluzione e possibile evidenziare tre possibilita:
Caso 1. ∃λk / (λk) > 0 La soluzione η(t) risulta instabile
e per il teorema di Lyapounov e instabile anche la soluzione non linearizzata (zo(t)).
Caso 2. ∀λk (λk) < 0 La soluzione η(t) risulta stabile
e per il teorema di Lyapounov e stabile anche la soluzione non linearizzata (zo(t)).
Caso 3. ∀λk (λk) = 0 La soluzione η(t) risulta stabile
ed il teorema di Lyapounov non e in grado di affermare la stabilita dell’equazione non lin-
eare. (zo(t)).
Sfruttando queste nuove conoscenze, analizziamo ora la stabilita nel caso di rotazioni pre-
manenti:
Consideriamo un caso in cui la soluzione nominale di riferimento sia:
p = po = 0 ; q, r = 0 → ω = poI (288)
(considereremo solo questa soluzione poiche le altre due possibilita saranno del tutto analoghe
e non aggiungeranno nuove informazioni a quello che scopriremo in seguito)
1valida solo per autovalori distinti
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Esprimiamo la differenza tra la soluzione perturbata e quella nominale come:
η1 = p − poη2 = q − 0η3 = r
−0
(289)
ovvero: p = po + η1q = η2r = η3
(290)
Sostituendo questi risultati nelle equazioni di Eulero otteniamo:
η1 = B−C
Aη2η3
η2 = C −AB
( po + η1)η3η3 = A−B
C ( po + η1)η2
(291)
Dato che consideriamo il caso in cui le differenze η siano piccole, semplifichiamo i termini
di ordine superiore al primo (η2): η1 = 0η2 = C −A
Bpoη3
η3 = A−BC
poη2
(292)
Si noti che, in prima approssimazione, la generica perturbazione imposta al sistema, mantiene
limitata la variazione di velocita angolare η1 in direzione I ovvero in direzione dell’asse di ro-
tazione del corpo.
Per quanto riguarda gli effetti della perturbazione nelle altre direzioni principali abbiamobisogno di studiare le restanti equazioni:
derivando la seconda equazione:
η2 =C − A
Bpoη3 (293)
e combinandola con la terza otteniamo:
η2 =(C − A)(A − B)
BC p2oη2 (294)
Da questo risultato possiamo scrivere l’equazione differenziale che governa il moto delloscarto η2 come:
η2 + Ω2η2 = 0 (295)
Essa rappresenta un equazione differenziale del secondo ordine, lineare ed a coefficienti
costanti, la cui soluzione dipende unicamente dal parametro Ω che esprimiamo come:
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Ω2 =(A − C )(A − B)
BC p2o (296)
Di conseguenza abbiamo tre possibilita fisicamente possibili (con quest’ultima affermazione
intendo escludere i casi in cui uno o piu dei tre momenti principali d’inerzia siano nulli):
1) A > B > C → Ω2 > 0 Soluzione oscillatoria: l’equazione differenziale
considerata diventa un oscillatore armonico. Da teoremi piu raffinati scopriamo che il moto
nominale ωo(t) = poI risulta stabile 2 .
2) B > A > C → Ω2 < 0 Soluzione iperbolica: l’equazione differenziale consid-
erata tende a divergere. Dal teorema di Lyapounov sappiamo che il moto nominale ωo(t) = poI
e instabile.
3) B > C > A → Ω2 > 0 Soluzione oscillatoria: l’equazione differenziale
considerata diventa un oscillatore armonico. Da teoremi piu raffinati scopriamo che il moto
nominale ωo(t) = poI e stabile.
Possiamo, quindi, sintetizzare i risultati ottenuti affermando che: un moto alla Poinsot di
un corpo rigido tridimensionale risulta dinamicamente stabile se la velocita angolare e diretta
come l’asse principale d’inerzia associato al momento d’inerzia massimo o minimo; e invece
instabile se la velocita angolare e diretta come l’asse principale di inerzia associato al mo-
mento d’inerzia compreso tra quello massimo e quello minimo .
Esempio: Si consideri un giroscopio a forma cilindrica di massa M , raggio R ed altezza hcon l’asse di spin diretto come l’asse K .
La matrice d’inerzia del corpo sara cosı fatta:
D =
14
MR2 0 00 1
4MR2 00 0 1
2MR2
(297)
quindi se mettiamo il giroscopio in rotazione a velocit a costante attorno all’asse K (di
Spin), asse associato al momento d’inerzia massimo, il suo moto sara stabile e, quindi, il sis-
tema rispondera ad un piccolo impulso ad esso applicato mantenendo sostanzialmente immu-
tato il suo movimento.
2Per approfondimenti vedere Levi Civita - Lezioni di meccanica razionale - ed. Zanichelli capitolo sulle
rotazioni permanenti.
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4.5 Fenomeni giroscopici
Il moto dei giroscopi presenta alcune singolari caratteristiche che permettono il loro utilizzo
in numerosi campi della meccanica moderna. Una di queste e alla base del funzionamento
di mezzi di trasporto di comune utilizzo come biciclette e motociclette, e va sempre tenuta
in considerazione durante il progetto di elicotteri o di velivoli monomotori (specialmente ad
elica). Stiamo parlando della Tenacia dell’asse giroscopico.Consideriamo un generico corpo a struttura giroscopica durante un generico moto per inerzia
come rappresentato in figura:
K = K (t) : versore mobile rispetto al sistema di riferimento fisso (i, j, k) che rappresenta
l’asse giroscopico.
La matrice d’inerzia, come noto, sara:
D =
A 0 00 A 00 0 C
(298)
Scriviamo l’equazione del momento della quantita di moto:
Γo = A( pI + qJ ) + CrK (299)
e definiamo una nuova grandezza:
e = pI + qJ (300)
che chiameremo componente equatoriale di ω e ci permettera di riscrivere le equazioni di
velocita e momento angolare in questo modo:
ω = e + rK (301)
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Γo = Ae + CrK (302)
E possibile calcolare e conoscendo solamente K e K in questo modo:
Scriviamo la formula di Poisson diretta associata a K :
K = ω ∧ K = (e + rK ) ∧ K = e ∧ K (303)
Riscriviamo l’equazione ottenuta in questa forma:
K ∧ e = −K (304)
Per una equazione vettoriale del tipo:
a ∧ x = b (305)
Perche la soluzione x esista deve sussistere la condizione:
∃x ⇐⇒ a · b = 0 (306)
Se questa condizione e verificata la soluzione sara:
x =b ∧ a
a 2 + λa (307)
Ora, se applichiamo questi concetti al nostro caso, dobbiamo verificare che:
K · K = 0 (308)
Per fare cio introduciamo il concetto di norma di un versore come:
K = 1 → K · K = 1 (309)
Derivando quest’ultima equazione rispetto al tempo otteniamo:
d
dt(K · K = 1) → d
dt(K · K ) = 0 → 2K · K = 0 (310)
quindi la condizione di esistenza della soluzione e verificata.
La soluzione sara del tipo:
e = −˙
K ∧ K K 2 + λK (311)
sapendo che: λK = 0 poiche e = e(I , J )e che: K 2= 1
Otteniamo la seguente soluzione semplificata:
e = K ∧ K (312)
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Da cui il momento della quantita di moto diventa:
Γo = AK ∧ K + CrK (313)
Dalla seconda equazione cardinale sappiamo che:
dΓo
dt= M o (314)
quindi derivando l’espressione ottenuta rispetto al tempo ricaviamo la seguente equazione:
M o = Ad
dt(K ∧ K ) + C
d
dt(rK ) (315)
Immaginiamo ora due tipi di moto:
1) r = 0 : M o = A ddt
(K ∧ K ) = M o Essa rappresenta una normale coppia di inerzia
associata al moto considerato.
2) r = 0 : M o = M o + C ddt
(rK ) Essa rappresenta una coppia di inerzia il cui secondo
termine e tanto piu grande rispetto al primo quanto piu la componente r della velocita angolare
e grande.
A questo punto abbiamo tutti gli strumenti necessari per evidenziare la tenacia del girosco-
pio:
Immaginiamo di applicare al giroscopio una forza F come rappresentato in figura:
Il momento generato da F rispetto al polo O avra le seguenti componenti:
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M o = b ∧ F → M x = − F b
M y = 0M z = 0
(316)
Considerando la terza equazione di Eulero per un corpo a struttura giroscopica (A = B):
C r = M z → C r = 0 → r = ro = cost (317)
Per ro >> 1 e possibile trascurare il termine M o approssimando la seconda equazione
cardinale con questa espressione:
M o ∼= CrodK
dt(318)
In prima approssimazione giungiamo al seguente risultato: la derivata di K rispetto al
tempo e quindi il moto dell’asse giroscopico e in direzione del momento, e non della forza
che lo ha generato.
In realta anche in queste condizioni il termine M o non sarebbe trascurabile, perche, per un
breve tempo iniziale, l’asse giroscopico tenderebbe a muoversi in direzione della forza prima
che la tenacia del giroscopio si manifesti. Ad ogni modo, una volta che il sistema si sia stabiliz-
zato nella condizione di regime, la componente preponderante del moto dell’asse e unicamente
quella sviluppata nella direzione del momento.3
3Per approfondimenti vedere Levi Civita - Lezioni di meccanica razionale - Ed. Zanichelli, capitolo sulle
rotazioni permanenti.
61
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5 Meccanica Relativa
A questo punto della nostra trattazione risulta interessante analizzare come le equazioni che
reggono la meccanica vista fin’ora cambino in presenza di un sistema di riferimento non in-
erziale.
Per fare cio occorre considerare innanzitutto alcuni concetti di cinematica relativa per poi pas-
sare all’analisi dinamica attraverso le equazioni fondamentali e successivamente attraverso le
equazioni di Lagrange.
5.1 Cinematica relativa
Si consideri un sistema di riferimento fisso (i, j, k) ed un sistema di riferimento mobile rispetto
al primo (I , J , K ). All’interno di questo spazio inseriamo un punto (P ) come rappresentato
in figura:
Studiamo il moto del punto tenendo conto di entrambi i sistemi di riferimento.
La posizione del punto sara:
(P − O) = (O − O) + (P − O) (319)
ovvero:
(P − O) = (O − O) + xI + yJ + zK (320)
Derivando rispetto al tempo otteniamo la velocita del punto:
v(P ) =d(P − O)
dt= v(O) + xI + yJ + zK + xI + yJ + zK (321)
che, sfruttando le formule di Poisson dirette (I = ω ∧ I ...), diventa:
62
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v(P ) = v(O) + ω ∧ (xI + yJ + zK ) + xI + yJ + zK (322)
ovvero:
v(P ) = v(O) + ω
∧(P
−O) + xI + yJ + zK (323)
L’equazione ottenuta e composta da due contributi:
1) vT (P ) = v(O)+ω∧(P −O) Velocit a di trascinamento del punto nella terna mobile
2) vr(P ) = xI + yJ + zK Velocit a relativa del punto rispetto alla terna mobile
che permettono di riscrivere la velocita come:
v(P ) = vT (P ) + vr(P ) (324)
in questa forma l’equazione prende il nome di: formula classica di composizione delle ve-
locita.
Intuitivamente si potrebbe pensare che la formula di composizione delle accelerazioni abbia
la medesima forma di quella delle velocita ma, derivando, si scoprono alcune differenze:
a(P ) = a(O) + ω ∧ (P − O) + ω ∧ d(P − O)
dt+
d
dt(xI + yJ + zK ) (325)
quindi evidenziando i termini gia noti:
a(P ) = a(O) + ω ∧ (P − O) + ω ∧ [vr(P ) + ω ∧ (P − O)] + ar(P ) + ω ∧ vr(P ) (326)
dove gli ultima due termini dell’equazione sono stati ottenuti con procedimento analogo a
quello utilizzato per il calcolo della velocita.
Raggruppando i termini si ottiene la seguente equazione
a(P ) = a(O
) + ω ∧ (P − O
) + ω ∧ [ω ∧ (P − O
)] + 2(ω ∧ vr(P )) + ar(P ) (327)
in cui e possibile evidenziare i seguenti contributi:
1) aT (P ) = a(O) + ω ∧ (P − O) + ω ∧ [ω ∧ (P − O)] Accelerazione di trascinamento
(esiste anche se il punto resta fermo rispetto al sistema di riferimento mobile, e intrinseca
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alla natura non inerziale del sistema O).
2) ac(P ) = 2(ω ∧ vr(P )) Accelerazione di Coriolis
(compare solo se il punto si muove rispetto alla terna mobile).
3) ar = xI + yJ + zK Accelerazione relativa del punto
(accelerazione del punto rispetto alla terna mobile).
Questi contributi ci permettono di esprimere l’accelerazione del punto rispetto alla terna
nel modo seguente:
a(P ) = aT (P ) + ac(P ) + ar(P ) (328)
5.2 Dinamica relativa
Dato un generico sistema di riferimento cartesiano ed inerziale rispetto ad un sistema di rifer-
imento fisso, l’equazione fondamentale della dinamica, per un punto, assume la seguente
forma:
F = ma (329)
Consideriamo ora un punto in moto all’interno di un sistema di riferimento non inerziale
e supponiamo di voler scrivere l’equazione fondamentale rispetto ad un sistema di riferimentofisso. Molto semplicemente otterremo:
F = m(aT + ac + ar) (330)
oppure, dal punto di vista del sistema di riferimento mobile:
ar = F − maT − ac (331)
Come evidenziato, quindi, osservando il moto del punto rispetto al sistema non inerziale, si
manifestano delle nuove forze che chiameremo forze apparenti o inerziali4:
F app = −maT − F c
dove F c = ac rappresenta la forza di Coriolis.
4in fisica per forze vere si intendono forze che provengono dall’azione di un corpo su un altro; queste forze,
invece, dipendono unicamente dal tipo di sistema di riferimento considerato. Attenzione pero: la definizione di
apparenti NON implica che in realta siano forze inesistenti fisicamente.
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Si procede ora con la trattazione di alcuni esempi:
1) Sistema in caduta libera:
Si consideri un sistema di riferimento mobile (O) in moto rettilineo accelerato rispetto al
sistema di riferimento fisso come rappresentato in figura:
e supponiamo di avere un punto di massa m sottoposto all’azione della forza gravitazionale.
Visto dal sistema di riferimehnto fisso, il moto del punto sara retto dalla seguente equazione:
ma = F (332)
Cerchiamo, ora, l’equazione di moto riferendoci al sistema di riferimento mobile.
L’accelerazione di trascinamento sara:
aT = aO (333)
mentre l’accelerazione di Coriolis sara nulla poiche le due terne non ruotano l’una rispetto
all’altra (ω = 0).
Di conseguenza otteniamo la seguente equazione:
mar = F
−aO (334)
dove e evidente che se la terna mobile possiede una accelerazione pari a quella gravi-
tazionale, ovvero:
aO = −gK ; F = −mgK (335)
otteniamo:
mar = 0 (336)
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quindi, da questo punto di vista, e come se il punto non avesse peso.
2) Sistema in rotazione:
Consideriamo due terne (O, O) con origine comune (O ≡ O) ed in rotazione l’una rispetto
all’altra attorno all’asse (k ≡ K ) come rappresentato in figura:
Si consideri la terna (i, j, k) come terna fissa e si definisca un punto (P ) solidale con la
terna mobile (I , J , K ). In queste condizioni avremo:
ω = cost ; aT = ω ∧ [ω ∧ (P − O)] (337)
Si definisca con (P ) la proiezione del punto (P ) sull’asse di rotazione in modo da es-
primere:
(P − O) = (P − P ) + (P − O) (338)
dove (P − P ) ⊥ ω e (P − O)//ω.
In questo modo otterremo:
aT = ω ∧ [ω ∧ (P − P
)] (339)ovvero:
aT = −[ω ∧ (P − P )] ∧ ω (340)
ricordando la regola dei prodotti vettoriali per cui:
(a ∧ b)c = (a · c)b − (b · c)a (341)
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otteniamo:
aT = − ω 2 (P − P ) (342)
Quindi, come evidente dall’ultima equazione, l’accelerazione di trascinamento riferita alla
terna mobile risulta diretta come (P
−P ) rappresentando quindi l’accelerazione centripeta
del punto (si noti la proporzionalita tra questa accelerazione e la distanza dall’asse k). Sescriviamo, invece, l’equazione di moto del punto vista dal sistema di riferimento ruotante,
mettiamo in evidenza l’accelerazione centrifuga agente su di esso.
mar = −aT = ω 2 (P − P ) (343)
Consideriamo, ora, un punto fermo sulla superficie terrestre, come rappresentato in figura:
L’equazione di moto del punto visto dalla terra (sistema di riferimento ruotante) sar a analo-
ga a quella appena analizzata; quindi, esprimendo la velocita angolare della terra come:
ω = 0.0073rad
s(344)
ed il suo raggio come:
R = 6.38 · 106 m (345)
e ponendoci alla massima distanza dall’asse di rotazione (equatore: θ = 90) otteniamo:
aT = − ω 2 (P − P ) = 0.03369 ms2
(346)
Ora, rapportando l’accelerazione ottenuta a quella di gravita:
aT g
0.0034 (347)
e evidente come l’accelerazione di trascinamento per un punto fermo sulla superficie ter-
restre sia, agli effetti pratici, trascurabile.
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5.3 Esempi di applicazione della dinamica relativa al caso terrestre
A causa della rotazione dell’asse terrestre, qualsiasi oggetto posto sulla superficie terrestre
ed osservato dalla terra stessa si trova all’interno di un sistema di riferimento non inerziale.
E, quindi, utile considerare alcuni casi in cui la suddetta rotazione comporti effetti diretta-
mente osservabili sperimentalmente e che, nella storia, hanno permesso di dimostrare le effet-
tive caratteristiche geometriche del nostro pianeta.
- CASO 1: Effetto di deviazione dei gravi
Si consideri un punto posto sulla superficie terrestre ad altezza (h) osservato dal sistema di
riferimento solidale al pianeta come rappresentato in figura:
L’equazione di moto del punto sara:
ma = −mgK − aT − 2m(ω ∧ vr) (348)
trascurando l’accelerazione di trascinamento del sistema (che come dimostrato nel para-
grafo precedente sara 10−3g) otteniamo:
ma = −mgK − 2m(ω ∧ vr) (349)
Possiamo esprimere la velocita angolare come:
ω = −ωI → ω ∧ vr = det
I J K
−ω 0 0x y z
= ωzJ − ωyK (350)
da cui, proiettando l’equazione vettoriale lungo i tre assi della terna mobile otteniamo:
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mx = 0my = −2mωz
mz = −mg + 2mωy
(351)
Date le seguenti condizioni iniziali, integriamo le equazioni:
C.I. : t = 0 → (z = h ; x, y = 0 ; vr(0) = 0) x = 0y = 2ω(h − z)z = h − 1
2gt2
(352)
si noti che nella terza equazione si e trascurato il termine in (y) poiche dipendente da ω2 e
quindi molto piccolo.
Ora, sfruttiamo le informazioni della terza equazione ed inseriamole nella seconda:y = 2ω(h − z)z − h = −1
2gt2
→ y = ωgt2 → y =
1
3ωgt3 (353)
Otteniamo che la componente in direzione J del moto e diversa da zero a causa della pre-
senza della velocita angolare ω.
Calcoliamo, ora, se questo effetto e effettivamente misurabile:
dalla terza equazione calcoliamo il tempo di caduta come:
T c = 2hg
(354)
e sostituiamolo in (y) ottenendo:
y(T c) =2
3
h
gω
2h
g(355)
Ora poniamo:
h = 300 m ; g = 9.81m
s2
;
ω
= 7.272
·10−5
rad
sottenendo: y(T c) = 0.114m
che rappresenta un effetto di deviazione visibile ed, in linea di principio, misurabile.
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- CASO 2: Pendolo di Foucault
Consideriamo una coppia di sistemi di riferimento analoghi a quelli del caso precedente e
definiamo la latitudine γ come rappresentato in figura:
la velocita angolare nella terna solidale con la terra sara espressa come:
ω = ωcosγ I + ωsinγ K (356)
Ora, poniamo un pendolo nel sistema di riferimento mobile vincolandolo con una cerniera
sferica ideale all’asse (K ) ad altezza (l) come rappresentato:
definiamo il vincolo come:
Φ = λg (357)
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dove la superficie (g) rappresenta una sfera di raggio (l) centrata sulla cerniera sferica ideale
(g : x2 + y2 + (z − l)2 = l2 → g(x,y,z) = cost).
Quindi:
Φ = λxI + λyJ + λ(z − l)K (358)
L’equazione di moto del pendolo dal punto di vista del sistema solidale con la terra sara:
ma = Φ − mgK − maT − mac (359)
trascuriamo, ancora una volta, l’accelerazione di trascinamento del sistema poiche pro-
porzionale ad ω 2 ottenendo:
ma = Φ − mgK − 2m(ω ∧ v) (360)
sviluppando il prodotto vettoriale potremo esprimere l’accelerazione di Coriolis come:
ac = 2(ω ∧ v) = det
I J K
ω cos γ 0 ω sin γ x y z
(361)
ac = −ω sin(γ )yI + (ω sin(γ )x − ω cos(γ )z)J + ω cos(γ )yK (362)
e, successivamente, scrivere le equazioni differenziali che governano il moto delle singole
componenti del sistema come:
mx = λx + 2mω sin(γ )y
my = λy − 2m(ω sin(γ )x − ω cos(γ )z)mz = λ(z − l) − mg − 2mω cos(γ )y (363)
In questa forma il sistema risulta molto complicato da risolvere, sono opportune quindi al-
cune semplificazioni:
Innanzitutto ipotizziamo che il pendolo compia solo piccole oscillazioni e scriviamo il
teorema dell’energia cinetica:
dT
dt= −mgz − 2m[ω ∧ v] · v = −mgz = −dV
dt(364)
come evidente la forza di Coriolis non compie lavoro permettendoci di scrivere l’energia
totale del sistema come:
E = T + V = cost (365)
Questo e un risultato importante perche dimostra che, in queste condizioni, la forza di Cori-
olis non puo provocare oscillazioni di grande ampiezza aumentando l’energia del sistema.
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Procediamo ora linearizzando le equazioni attorno la posizione di equilibrio stabile del
pendolo prendendo in considerazione solo i termini di ordine zero. Dalla terza equazione
otteniamo:
0 = λ(−l) − mg → λ = −mgl
(366)
di conseguenza, sostituendo nelle prime due equazioni non linearizzate otteniamo:mx = −mg
lx + 2mω sin(γ )y
my = −mgl
y − 2mω sin(γ )x + 2mω cos(γ )z
(367)
Il termine 2mω cos(γ )z risulta trascurabile in un’approssimazione per piccole oscillazioni
poiche, nel punto di equilibrio (ovvero l’origine del sistema di riferimento) le derivate ∂z∂x
; ∂z∂y
si
annullano dimostrando che z introduce solo contributi del primo ordine rispetto ad x, y.
Riscriviamo le equazioni come:x = − g
lx + 2ω sin(γ )y
y = −gly − 2ω sin(γ )x
(368)
Se consideriamo, quindi, la proiezione sul piano (x, y) dell’accelerazione del pendolo si
nota che:
a(x, y) = −g
l(P − O) + ? (369)
Compare un ulteriore termine non necessariamente diretto come (P
−O). Per quantificarlo
consideriamo la proiezione di (ω) su (K ) ovvero: ω1 = ω sin(γ )K ;Essa ci permette di sintetizzare le due equazioni differenziali scritte precedentemente nell’e-
quazione vettoriale:
a(x, y) = −g
l(P − O) − 2(ω1 ∧ v) (370)
In questa forma il sistema e equivalente ad un oscillatore armonico visto in un sistema di
riferimento ruotante con frequenza di rotazione pari a ω1.
Qualitativamente, quindi, non osserveremo solo il pendolo oscillare tra due posizioni, ma
anche ruotare su se stesso con un periodo dipendente dalla latitudine. Al polo nord, infatti,
avremo un periodo di 24h mentre muovendoci verso l’equatore esso tendera a diminuire fino
ad annullarsi. (sin(γ ) → 0).
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5.4 Meccanica relativa dal punto di vista lagrangiano
Per un sistema caratterizzato da vincoli ideali sottoposto a sollecitazioni esclusivamente po-
sizionali e conservative, come visto nel capitolo 1, l’equazione di Lagrange assume la seguente
forma:
ddt
∂ L∂ qk
− ∂ L∂qk
= 0 (371)
dove L rappresenta la lagrangiana del sistema L = T − V
La componente generalizzata della sollecitazione attiva in questo contesto e esprimibile
come:
Qk =−
∂V
∂qk(372)
Definiamo, ora, una nuova funzione:
Π = Π(qk, qk, t) k = 1...n (373)
e supponiamo di poter scrivere:
Qk = − ∂ Π
∂qk+
d
dt(
∂ Π
∂ qk) (374)
e
L = T − Π (375)
La funzione di Lagrange nella forma precedente risultera ancora valida.
Definiamo allora la nuova funzione Π come potenziale generalizzato.
Questo nuovo potenziale permette di esprimere l’effetto delle forze apparenti, racchiuden-
do in se le grandezze dinamiche che si manifestano in presenza di sistemi di riferimento non
inerziali.
Procediamo, quindi, all’analisi di due casi che, nella loro generalita, permettono di giungere
alle equazioni di moto del sistema attraverso le equazioni di Lagrange in presenza di sistemi di
riferimento non inerziali.
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- CASO 1 : sistemi di riferimento in puro moto traslatorio
Si consideri un sistema di punti (P i i = 1...N ), una terna fissa (i, j, k) ed una terna
mobile (I , J , K ) di origine rispettivamente (O) ed (O) come rappresentato in figura:
e si consideri la velocita di trascinamento della terna mobile come:
vT (P i) = vO (376)
essa, quindi, sara caratterizzata da velocita angolare nulla: ω = 0
L’energia cinetica del sistema rispetto al sistema di riferimento fisso sara:
T =1
2
N i=1
miv2i =
1
2
N i=1
mi(vT + vi)2 =
1
2
N i=1
mi(vi)2 +
N i=1
mivT · vi +
1
2M v2
T (377)
ovvero:
T = T + vT · Q +1
2M v2
T (378)
dove i singoli termini rappresentano:
- T : energia cinetica relativa (rispetto al sistema di riferimento mobile)
- Q : quantita di moto relativa (rispetto al sistema di riferimento mobile)
- 12M v2
T : energia cinetica associata al moto del sistema di riferimento mobile
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Possiamo riscrivere la lagrangiana come:
L = T − V = T − (V − vT · Q − 1
2M v2
T ) (379)
e definire il potenziale generalizzato come:
Π = V − vT · Q − 12
M v2T (380)
a questo punto potremo trovare le equazioni di moto semplicemente integrando le equazioni
di Lagrange nella loro forma nota:
L = T − Π → d
dt
∂ L∂ qk
− ∂ L∂qk
= 0 (381)
- CASO 2 : sistemi di riferimento in rotazione
Si consideri ancora un sistema di punti (P i i = 1...N ), una terna fissa (i, j, k) ed unaterna mobile (I , J , K ) come rappresentato in figura:
le due terne risultano entrambe centrate in (O) e la terna mobile ruota attorno alla terna fissa
con velocita angolare ω = 0).
Possiamo scrivere la velocita di trascinamento della terna come:
vT (P i) = ω ∧ (P i − O) (382)
di conseguenza la velocita del punto i-esimo sara:
vi = vT (P i) + vi (383)
L’energia cinetica vista dal sistema di riferimento fisso sara:
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T =1
2
N i=1
miv2i =
1
2
N i=1
mi(vT + vi)2 (384)
ovvero:
T = 12
N i=1
mi(vi)2 + 1
2
N i=1
mi[ω ∧ (P i − O)]2 +N i=1
mivT · vi (385)
dove:
- 12
N i=1 mi[ω ∧ (P i − O)]2 rappresenta l’energia cinetica di rotazione del sistema.
Poiche: (P i − O) = (P i − P i ) + (P i − O)dove (P i − P i ) ⊥ ω e (P i − O)//ω otteniamo che:
1
2
N i=1
mi[ω ∧ (P i − O)]2 =1
2
N i=1
mi[ω ∧ (P i − P i )]2 =1
2 ω 2
N i=1
mi(P i − P i )2 (386)
ovvero:
1
2
N i=1
mi[ω ∧ (P i − O)]2 =1
2I ω ω 2 (387)
questo termine rappresenta il potenziale delle forze centrifughe dove I ω e il momento d’in-
erzia del sistema di punti (che, ovviamente, sara un corpo rigido).
-N
i=1 mivT · vi rappresenta:
N i=1
mivT · vi =
N i=1
mi[ω ∧ (P i − O)] · vi (388)
permutando ciclicamente i fattori otteniamo:
N i=1
mi[(P i − O) ∧ vi] · ω = ω ·
N i=1
mi[(P i − O) ∧ vi] = ω · Γ(O) (389)
quindi:
N i=1
mivT · vi = ω · Γ(O) (390)
questo termine rappresenta il prodotto scalare tra la velocita angolare della terna ed il mo-
mento angolare del sistema rispetto al polo ed alla terna mobile ed e definito come potenziale
delle forze di Coriolis.
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in conclusione otteniamo:
L = T − V = T +1
2I ω ω 2 +ω · Γ(O) − V (391)
dove:
L = T − Π ; Π = V − 1
2I ω ω 2 −ω · Γ(O) (392)
a questo punto potremo nuovamente trovare le equazioni di moto del sistema integrando le
equazioni di Lagrange nella loro forma nota:
L = T − Π → d
dt
∂ L∂ qk
− ∂ L∂qk
= 0 (393)
5.5 Bussola giroscopica
Procediamo nella trattazione applicando i nuovi concetti di meccanica lagrangiana ad un caso
reale in cui il sistema in esame e osservato da un sistema di riferimento non inerziale ovvero la
superficie terrestre.
Consideriamo, innanzitutto, una terna di riferimento solidale con la superficie della terra
nella quale andiamo a porre un corpo rigido, per ora di forma generica, come rappresentato:
All’interno della suddetta terna definiamo un’altra terna mobile questa volta solidale con il
moto del corpo che sara caratterizzato dalla sola velocita angolare (ω) diretta come l’asse (K 1)
come rappresentato:
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per ogni singolo punto (P ) appartenente al corpo rigido possiamo scriverne la velocita
assoluta come:
v(P ) = vT (P ) + vr(P ) (394)
dove i contributi vT (P ) e vr(P ) sono esprimibili come:
vT (P ) = vO + Ω ∧ (P − O) (395)
che rappresenta la velocita del punto se fosse fermo in (I , J , K ).
vr(P ) = vO + ω ∧ (P − O) (396)
che invece rappresenta la velocita del punto in moto visto da (I , J , K ).
Per O ≡ O → (P − O) ≡ (P − O) quindi:
v(P ) = v(O) + (Ω + ω) ∧ (P − O) (397)
la velocita angolare percepita dal corpo rigido e data dalla somma vettoriale della velocita
angolare propria del corpo all’interno della terna mobile con la velocita angolare della terna
stessa rispetto al sistema di riferimento fisso.
Studio del moto del disco in rotazione:
consideriamo ora, non piu un corpo di forma generica, ma uno a struttura giroscopica e
modifichiamo il sistema di riferimento (I 1, J 1, K 1) in modo tale che K ≡ K 1 bloccando,
quindi, le rotazioni del corpo rigido attorno a (K ) come rappresentato in figura:
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Questo vincolo corrisponde ad orientare l’asse di spin del giroscopio ( I 1) sempre parallela-
mente alla superficie terrestre. In questo contesto le equazioni che definiscono il nuovo sistemadi riferimento rispetto alla terna solidale con la superficie terrestre saranno:
I 1 = cos(θ)I + sin(θ)J
J 1 = − sin(θ)I + cos(θ)J
K 1 = K
(398)
Ora rappresentiamo una seconda terna mobile (I 2, J 2, K 2) completamente solidale con il
moto del giroscopio:
e caratterizzata dalle seguenti equazioni:
I 2 = I 1J 2 = cos(ϕ)J 1 + sin(ϕ)K 1
K 2 = − sin(ϕ)J 1 + cos(ϕ)K 1
(399)
79
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Per ottenere la velocita angolare del giroscopio sfruttiamo la formula di Poisson inversa,
ovvero:
ω =1
2(I 2 ∧ I 2 + J 2 ∧ J 2 + K 2 ∧ K 2) (400)
che, sfruttando le tre equazioni precedenti, ci permette di ottenere:
ω = ϕI 1 + θK 1 (401)
Per ottenere, invece, la velocita angolare del sistema di riferimento mobile (I 1, J 1, K 1)
consideriamo la seguente figura:
da cui:
Ω = Ωcos(λ)I 1 + Ω sin(λ)K 1 (402)
Di conseguenza la velocita angolare assoluta sara:
ωa = ω + Ω = (Ω cos(λ) + ϕ)I 1 + (Ω sin(λ) + θ)K 1 (403)
Ora scriviamo l’energia cinetica attraverso il teorema di Koenig:
T =1
2mv2
G + T rot (404)
dove, rispetto al sistema di riferimento principale d’inerzia e solidale con il corpo (I 2, J 2, K 2)
avremo:
T rot =1
2(Ap2 + Bq2 + Cr2) (405)
Essendo v2G = v2
O = cost possiamo trascurare fin da subito il primo termine dell’energia
cinetica totale (T ) poiche al momento della derivazione nell’equazione di Lagrange scompar-
ira. Inoltre, essendo il corpo a struttura giroscopica (A = B). Quindi, tenendo conto di cio,
l’energia cinetica risulta:
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T = T rot =1
2(A( p2 + q2) + Cr2) (406)
dove le componenti della velocita angolare vista dalla terna principale d’inerzia saranno le
proiezioni di (ωa) su di essa:
p = (ω + Ω) · J 2q = (ω + Ω) · K 2r = (ω + Ω) · I 2
(407)
da cui, sostituendo le equazioni viste, otteniamo: p = −Ωcos(λ)cos(ϕ) sin(θ) + sin(ϕ)[ω sin(λ) + θ]
q = Ωcos(λ)sin(ϕ)sin(θ) + cos(ϕ)[ω sin(λ) + θ]r = Ωcos(λ)cos(θ) + ϕ
(408)
Queste espressioni, inserite nell’energia cinetica del giroscopio, ci restituiscono:
T =1
2[A(Ω2 cos2(λ)sin2(θ)+[ω sin(λ)+θ])+C (Ω2 cos2(λ)cos2(θ)+ ϕ2+2Ω cos(λ)cos(θ) ϕ)]
(409)
dove trascuriamo i termini in (Ω2), poiche molto piccoli, ottenendo:
T =1
2[A(ω sin(λ) + θ) + C ( ϕ2 + 2Ω cos(λ)cos(θ) ϕ)] (410)
Scriviamo la lagrangiana del sistema tenendo conto che l’unica azione sul disco e rappre-
sentata dalla reazione vincolare che, non lavorando, non compare:
L = T (411)ed esprimiamo le due equazioni di Lagrange che reggono il moto del giroscopio:
d
dt
∂ L∂ θ
− ∂ L∂θ
= 0 → Aθ + ΩC cos(λ)sin(θ) ϕ = 0 (412)
d
dt
∂ L∂ ϕ
− ∂ L∂ϕ
= 0 → ∂T
∂ϕ= 0 → ϕ : var.ignorabile (413)
Avendo evidenziato una variabile ignorabile esprimiamo subito il momento cinetico ad essa
associato che, come visto nel primo capitolo, rappresentera un integrale primo del moto:
P ϕ = ∂T ∂ ϕ
= C ( ϕ + Ω cos(λ)cos(θ)) = Cro = cost (414)
Esso esprime la conservazione della componente di velocita angolare diretta come l’asse
del giroscopio (r = ro).
Ora occupiamoci dell’equazione differenziale associata alla coordinata libera (θ):
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Aθ + ΩC cos(λ)sin(θ) ϕ = 0 (415)
Il termine (ϕ) rappresenta la velocita di rotazione del giroscopio attorno al suo asse di spin
(che solitamente e pari a 2000 giri/min circa) ed ha la seguente espressione:
ϕ + Ω cos(λ)cos(θ) = ro (416)
ma poiche ϕ Ω possiamo trascurare la parte in (Ω) scrivendo: ϕ ∼= ro e, definendo
una nuova grandezza:
γ 2 =C
AΩcos(λ)ro (417)
otteniamo la seguente equazione differenziale:
Aθ + γ sin(θ) = 0 (418)
che, per piccole oscillazioni del sistema, puo essere linearizzata ed espressa come:
Aθ + γθ = 0 (419)
Essa rappresenta l’equazione di un oscillatore armonico di frequenza γ =
C A
Ωcos(λ)ro
e periodo T = 2πγ
.
Si noti che, a seconda della latitudine (λ) e della velocita di rotazione (ro), si possono avere
i due seguenti casi:
- Caso 1: γ 2 > 0La funzione che si ottiene e periodica ed oscillatoria, ma non necessariamente riconducibile
ad una serie di Fourier.
- Caso 2: γ 2 < 0La funzione che si ottiene e analoga alla precedente ma ruotata di π.
In entrambi i casi, comunque, risulta evidente che il giroscopio oscilla tanto piu veloce-
mente quanto piu ci troviamo lontano dai poli e quanto piu ci avviciniamo all’equatore oppurequanto piu lo mettiamo in rotazione velocemente.
Consideriamo un caso pratico:
dati:C
A=
12
mR2
14mR2
= 2 ; Ω = 0.0073rad
s; r0 = 104.67
rad
s
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Otteniamo:
γ = 0.123rad
s; T = 51 s
Il giroscopio, seppur comportandosi ragionevolmente come una bussola e mantenendo ap-
prossimativamente l’orientazione del nord non risulta molto affidabile a causa delle oscillazioni
che lo caratterizzano; esso, quindi, anche se e possibile eliminare parzialmente l’effetto di
queste oscillazioni aumentando la velocita di rotazione dell’asse di Spin, necessita di una con-
tinua calibrazione.
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6 Principi variazionali e meccanica hamiltoniana
In questo capitolo tratteremo alcuni importanti strumenti teorici ed applicativi che estendono
le conoscenze acquisite attraverso la meccanica lagrangiana e le equazioni di Lagrange. Trat-
teremo metodi che permettono la risoluzione numerica delle equazioni di moto e che facili-
tano, spesso fortemente, le equazioni dei problemi di meccanica ma prima di poter entrare nel
dettaglio, e necessario sviluppare delle nuove conoscenze matematiche.
6.1 Funzionale e stazionarieta del funzionale
Si consideri, a titolo di esempio, un volume spaziale (V ) occupato da un fluido in moto casuale.
L’energia cinetica del fluido sara definita dalla seguente equazione:
T =
V
1
2ρ(P, t)v2(P, t)dτ (420)
questa trasformazione, fissate le condizioni al contorno (V ) associa ad ogni coppia di
funzioni un numero reale:
ρ(P, t) ; v2(P, t) → T ∈ R (421)
Definiamo come Funzionale: una trasformazione in cui l’argomento e a sua volta rapp-
resentato da una o piu funzioni. Esso rappresenta un’applicazione dello spazio di funzioni in
ingresso attraverso numeri reali.
Ad esempio la trasformazione che definisce la lunghezza della linea definita da una fun-
zione e un funzionale, infatti: l = b
a 1 + y2dx
Consideriamo, ora, una funzione definita in un intervallo finito sull’asse reale come rapp-
resentato in figura:
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la funzione definita sara : y ∈ c2([a, b]) ovvero continua e derivabile fino al secondo grado
nell’intervallo considerato.
Ora definiamo la funzione:
L = L(y(x), y
(x), x) (422)e definiamo il funzionale F (y) come:
F (y) =
ba
L(y(x), y(x), x)dx (423)
Nella nostra trattazione gli elementi di un funzionale che risultano fisicamente interes-
santi sono gli estremi. Per trovarli, definiamo una particolare funzione y = y(x) defini-
ta tra (a, y(a)),(b, y(b)) per cui ci interessa evidenziare se il funzionale ad essa applicato sia
stazionario. Ora introduciamo una nuova funzione che chiameremo funzione variata:
y(x) = y + αη(x) (424)dove η rappresenta una funzione assegnata generica che si annulla agli estremi e che risulta
continua e derivabile fino al secondo grado in tutto l’intervallo considerato, ovvero:
η(a) = η(b) = 0 ; η(x) ∈ c2([a, b]) (425)
la funzione y(x) avrebbe la seguente forma:
Essendo y, η assegnate ed avendo definito l’intervallo (a, b), si puo riesprimere il funzionale
come strettamente dipendente dal parametro α ovvero:
F (x) → F (α) =
ba
L(y + αη, y + αη, x)dx (426)
deriviamo questa espressione rispetto ad α :
85
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dF
dα=
ba
(∂ L∂y
η +∂ L∂y
η)dx (427)
e calcoliamo la velocita di variazione del funzionale in y ponendo α = 0, ovvero:
dF dα |α=0 = ba
∂ L∂y |y=yηdx + ba
∂ L∂y |y=yηdx (428)
Sviluppando il secondo integrale per parti otteniamo:
dF
dα|α=0 =
ba
∂ L∂y
|y=yηdx + [∂ L∂y
|y=yη]ba − ba
d
dx(
∂ L∂y
)|y=yηdx (429)
essendo η(a) = η(b) = 0 se le derivate rimangono limitate (come imposto) possiamo
affermare che:
[∂ L∂y
|y=yη]ba = 0 (430)
quindi la derivata diventa:
dF
dα|α=0 =
ba
[∂ L∂y
|y=y − d
dx(
∂ L∂y
)|y=y]η(x)dx (431)
essa ci permette di definire che: il funzionale F (y) si dice stazionario in y = y se e solo sedF dα
|α=0 = 0 ∀η(x).
Esiste un teorema che indica la classe di funzioni che rendono stazionario il funzionale
F (y), esso afferma che:
Condizione necessaria e sufficiente per la stazionarieta del funzionale F (y) in y = y e che:
∂ L∂y
|y=y − d
dx(
∂ L∂y
)|y=y = 0 (432)
Si noti che se questa differenza e nulla e ovvia la stazionarieta del funzionale ma, da teo-
rema, anche la stazionarieta del funzionale nulla deve implicare l’annullarsi di questo ter-
mine. Quest’ultima affermazione non risulta cosı scontata, si procede quindi con la sua di-
mostrazione.
Ipotizziamo per assurdo che la funzione∂ L∂y −
ddx(
∂ L∂y ) sia diversa da zero solo nell’intorno
di un punto xo; per un particolare η(x) otterremmo sicuramente un integrale non nullo come
rappresentato:
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quindi perche l’integrale ( b
a(∂ L∂y
− ddx
( ∂ L∂y
))η(x)dx) si annulli ∀η(x) e necessario che la
funzione vista si annulli. E possibile riscrivere questa funzione in un’altra forma:
d
dx(
∂ L∂y
) − ∂ L∂y
= 0 (433)
Si noti la somiglianza tra questa equazione e l’equazione di Lagrange, somiglianza non
casuale, come vedremo in seguito.
6.2 Principio di Hamilton
Il principio di Hamilton e un principio generale che afferma la diretta provenienza delle equazioni
di Lagrange dai principi variazionali. Secondo Hamilton, infatti, le equazioni di Lagrange
rendono minimo il seguente funzionale:
W =
t1t0
L(q1, q2,...,qn, q1, q2, ..., qn, t)dt (434)
dove tutte le variabili presenti sono funzione UNICAMENTE del tempo.
Questo funzionale prende il nome di azione.
Definiamo come spazio delle configurazioni lo spazio n-dimensionale individuato dalle n
coordinate libere del sistema come rappresentato idealmente in figura:
87
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Come si nota il sistema percorre una traiettoria tra due estremi A e B che sono corrispon-
denti al tempo iniziale (t0) e finale (t1). In questo spazio la traiettoria percorsa rappresenta ilmoto delle coordinate libere del sistema.
Consideriamo, allora, il moto di un sistema caratterizzato dalle seguenti funzioni:
qk = qk(t) k = 1...n ; t0 < t < t1 (435)
per cui l’azione avra come variabili queste funzioni e le loro derivate:
W = W (qk, qk, t) k = 1...n (436)
e definiamo un insieme di funzioni qk(t) che identificano il moto di riferimento nel cui in-torno vogliamo studiare la variazione del funzionale.
Definiamo come moto variato le funzioni:
qk(t) = qk(t) + αkηk(t) k = 1...n (437)
dove, analogamente al paragrafo precedente:
ηk(t0) = ηk(t1) = 0 k = 1...n (438)
Quindi, e possibile riscrivere l’azione come funzione dei soli parametri αk :
W = W (α1, α2,...,αn) (439)
Come dimostrato, la condizione di stazionarieta dell’azione e rappresentata dal seguente
funzionale:
dW
dαk
|αk=0 =
t1t0
[∂ L∂qk
|qk=qk − d
dt(
∂ L∂ qk
)|qk= ˙qk ]ηk(t)dt = 0 k = 1...n (440)
88
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Percio, volendo l’annullarsi di tutte queste equazioni ∀ηk(t) otteniamo necessariamente
che:
W : stazionario ⇔ d
dt(
∂ L∂ qk
) − ∂ L∂qk
= 0 k = 1...n (441)
Come dimostrato Lagrange ed Hamilton riescono a giungere al medesimo risultato per duestrade differenti. Equazioni di Lagrange e principio di Hamilton esprimono lo stesso concetto.
In sostanza abbiamo definito che il moto di qualsiasi sistema meccanico avviene in modo tale
che l’azione sia stazionaria. 5
6.3 Equazioni di Hamilton
Procediamo cercando un modo di semplificare le equazioni differenziali del moto che si otten-
gono dalle equazioni di Lagrange.
ddt
( ∂ L∂ qk
) − ∂ L∂qk
= 0 k = 1...n (442)
Quello scirtto rappresenta un sistema di equazioni differenziali del secondo ordine. Si con-
sideri il teorema per cui e sempre possibile scomporre un sistema di equazioni differenziali del
secondo ordine in un sistema di equazioni differenziali del primo ordine.
Per fare ci‘o supponiamo, per semplicita di essere in presenza di un sistema ad un solo
grado di liberta caratterizzato da vincoli fissi e sollecitazione conservativa; per esso possiamo
scrivere la seguente lagrangiana:
L = L(q, q) (443)
Definiamo come funzione di Hamilton quello che precedentemente avevamo chiamato in-
tegrale generalizzato dell’energia, ovvero, per questo sistema:
H = H (q, q) = pq − L (444)
dove p = ∂ L∂ q
rappresenta il momento cinetico coniugato alla coordinata libera q.
Ora immaginiamo di poter invertire q = q(q, p), sostituendo in H otterremmo:
H = H (q, p) (445)
Scriviamo il differenziale della funzione di Hamilton:
H = H (q, p) → dH =∂H
∂qdq +
∂H
∂pdp (446)
o, allo stesso tempo:
5anche se non e stato dimostrato in questa sede, il moto avviene solo in corrispondenza di un minimo
dell’azione.
89
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H = pq − L → dH = qdp − ∂ L∂q
dq (447)
Per uguaglianza tra le due espressioni scritte otteniamo che:
q =
∂H
∂p ; −∂
L∂q =
∂H
∂q (448)
Inoltre, introducendo l’equazione di Lagrange del sistema sappiamo che:
d
dt( p) =
∂ L∂q
(449)
quindi, sostituendo, otteniamo le due equazioni di Hamilton:
q =∂H
∂p; ˙ p = −∂H
∂q(450)
che hanno lo stesso significato delle equazioni di Lagrange con il limite di essere raddoppi-
ate, ma con il grande vantaggio di essere equazioni del primo ordine invece che del secondo.
A questo punto, definendo delle nuove grandezze:
η =
q
p
; S =
0 1
−1 0
; ηH =
∂H
∂ η=
∂H ∂q∂H ∂p
(451)
e possibile riscrivere le equazioni di Hamilton in forma matriciale, ovvero:
η = s∂H
∂ η
(452)
In questo contesto, poi, e utile definire un nuovo tipo di spazio: lo spazio hamiltoniano.
In esso le variabili sono contemporaneamente rappresentate sia da p che da q rendendo questo
spazio non piu n-dimensionale ma 2n-dimensionale. Questo spazio e anche detto spazio delle
fasi.
90
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6.4 Teorema di Donkin (trasformazione di Legendre)
Il teorema di Donkin risulta valido per funzioni arbitrarie e non necessariamente relative alla
meccanica hamiltoniana.
Data una funzione :
F = F (x1, x2,...xn, α1, α2,...αn) (453)
con F ∈ c2(R) e definendo una matrice H (che non rappresenta l’hamiltoniana) cosı fatta:
H = (∂F
∂xi∂x j) (454)
con det(H ) = 0.
Inoltre ipotizziamo che, date le equazioni:
yi =∂F
∂xi
= yi(x1, x2,...xn, α1, α2,...αn) (455)
queste relazioni siamo invertibili poiche, scrivendo la matrice di Jacobi, otteniamo la ma-
trice H che rappresenta l’hessiana del sistema:
J =∂F
∂xi
= (∂F
∂xi∂x j) = H (456)
permettendoci di scrivere:
xi = xi(y1, y2,...yn, α1, α2, ...αn) (457)
Ora definiamo una nuova funzione:
G = G(y1, y2,...yn, α1, α2,...αn) =n
k=1
(ykxk − F (xk, αk)) (458)
tale per cui:
x j =∂G
∂y j(459)
Infatti se espandiamo i termini, otteniamo:
∂G
∂y j=
∂
∂y j[
nk=1
(ykxk − F (xk, αk))] =n
k=1
(∂yk
∂y jxk + yk
∂xk
∂x j− ∂F
∂xk
∂xk
∂x j) (460)
91
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Ricordando la definizione di yk otteniamo: yk∂xk∂xj
− ∂F ∂xk
∂xk∂xj
= 0 quindi6 :
∂G
∂y j=
nk=1
(∂yk
∂y jxk) = δkjxk = x j (461)
In sintesi, quindi, e possibile invertire le relazioni viste a partire da questo teorema a patto
che il determinante dell’hessiana del sistema considerato sia non nullo.
Infine dimostriamo che:
∂G
∂αl
= − ∂F
∂αl
(462)
Infatti:
∂G
∂αl
=∂
∂αl
[n
k=1
(ykxk
−F (xk, αk))] =
n
k=1
(yl∂xk
∂αl −
∂F
∂xk
∂xk
∂αl
)
−
∂F
∂αl
(463)
annullandosi il termine in sommatoria (si ricordi: yl =n
k=1∂F ∂xk
) otteniamo l’uguaglianza
voluta.
A questo punto, applichiamo il teorema al caso meccanico ponendo:
F → LG → H x → q
α → q, ty → p
(464)
dove H =n
k=1 pkqk − L rappresenta l’hamiltoniana del sistema.
Il momento cinetico risulta ancora essere :
pk =∂ L∂ q
= pk(q1, q2,...,qn, q1, q2,..., qn, t) (465)
Sfruttando il teorema di Donkin otteniamo:
qk =
∂H
∂pk (466)
E quindi possibile invertire H ed, allo stesso tempo, le variabili t, qk si comporteranno come
parametri non intervenendo nella trasformazione:
∂ L∂qk
= −∂H
∂qk;
∂ L∂t
= −∂H
∂t(467)
6si ricorda che la δ di Kronecher assume valore nullo per per indici diversi e valore unitario per indici uguali.
92
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In questo modo possiamo ottenere nuovamente le equazioni di Hamilton, infatti: la prima
e stata gia trovata invertendo le relazioni, la seconda invece si ottiene in questo modo:
Dalle equazioni di Lagrange: ˙ pk = ∂ L∂qk
da cui, sfruttando le ultime relazioni scritte:
˙ pk = −∂H ∂qk
(468)
Sfruttando questo teorema abbiamo ottenuto le equazioni di Hamilton anche per un caso
caratterizzato con n gradi di liberta:
qk =∂H
∂pk
(469)
˙ pk = −∂H
∂qk(470)
Analogamente al paragrafo precedente, anche in questo caso possiamo compattarne lascrittura definendo:
x = (q1...qn, p1...pn) ; s =
0 I
−I 0
(471)
per cui:
x = s∂H
∂ x(472)
Si noti che s rappresenta una matrice emisimmetrica, a blocchi ed ortogonale di dimensioni
(2n
×2n) mentre I rappresenta la matrice identita di dimensioni (n
×n).
6.5 Esempi di utilizzo delle equazioni di Hamilton
Consideriamo, ora, due esempi noti con il fine di analizzarli attraverso le equazioni di Hamilton
e non piu attraverso quelle di Lagrange:
Esempio 1: oscillatore armonico
Il sistema massa-molla possiede un solo grado di liberta e la sua lagrangiana presenta laseguente forma:
L =1
2mq2 − 1
2kq2 (473)
il momento cinetico sara:
p =∂ L∂ q
= mq → q =p
m(474)
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L’hamiltoniana del sistema, quindi, presentera la seguente forma:
H = p ˙q − L =1
2
p2
m+
1
2kq2 = T + V = E = cost (475)
ed il corpo avra durante tutto il suo moto energia meccanica totale (E ) costante.
Scriviamo, ora, le equazioni di Hamilton ad esso asscociate:
q =∂H
∂p=
p
m(476)
˙ p = −∂H
∂q= −kq (477)
Derivando la prima equazione rispetto al tempo e sostituendo in essa la seconda equazione,
otteniamo:
q =˙ p
m→ q +
k
mq = 0 (478)
che rappresenta l’equazione differenziale associata al moto dell’oscillatore.
Si noti che nello spazio delle fasi, fissando l’energia (E ) del sistema, si ottengono dei grafici
che hanno la seguente forma:
dove il gradiente spaziale di H si mantiene sempre ortogonale al moto, infatti:
x = s∂H
∂ x→ x · ∂H
∂ x= q
∂H
∂q+ ˙ p
∂H
∂p= 0 (479)
A causa di questa ortogonalita il sistema, se non sollecitato, non acquista mai ulteriore en-
ergia.
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Esempio 2: moto di un punto in un campo di forze centrali
Dato il seguente sistema in moto centrale:
esso e caratterizzato da due gradi di liberta a cui associamo le coordinate libere ρ, θ e la
seguente lagrangiana:
L =1
2m( ρ2 + ρ2θ2) − V (P ) (480)
I momenti cinetici del sistema saranno:
pρ =∂ L∂ ρ = mρ (481)
pθ =∂ L∂ θ
= mρ2θ (482)
e la funzione di Hamilton assumera la seguente forma:
H =1
2
˙ p2ρm
+1
2
p2θmρ2
+ V (P ) (483)
da cui otteniamo le equazioni di Hamilton associate a ρ:
ρ = ∂H ∂pρ= pρm (484)
˙ pρ = −∂H
∂ρ= −(− p2θ
mρ3+
∂V
∂ρ) (485)
e quelle associate a θ:
θ =∂H
∂pθ
=pθ
mρ2(486)
95
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˙ pθ = −∂H
∂θ= 0 (487)
Come evidente, il momento cinetico associato a θ rappresenta una costante e definisce,
quindi, un integrale primo del moto. Allo stesso tempo θ diventa una variabile ignorabile.
A questo punto e possibile scrivere il moto del sistema come:
ρ =˙ pρm
=p2θ
m2ρ3− ∂V
∂ρ
1
m(488)
6.6 Parentesi di Poisson
Le parentesi di Poisson rappresentano un modo sintetico ed interessante di esprimere grandezze
complesse che spesso compaiono nella trattazione della meccanica.
Si consideri una generica funzione: F (q,p,t) in cui le singole variabili che la caratter-
izzano siano esclusivamente dipendenti dal tempo: F (q,p,t) = F (q(t), p(t), t).
Scriviamo ora la derivata rispetto al tempo di questa funzione:
dF
dt=
nk=1
(∂F
∂qkqk +
∂F
∂pk
˙ pk) +∂F
∂t(489)
Introducendo le equazioni di Hamilton:
qk =∂H
∂pk
(490)
˙ pk = −∂H
∂qk(491)
e possibile riscrivere la derivata come:
dF
dt=
nk=1
(∂F
∂qk
∂H
∂pk
− ∂F
∂pk
∂H
∂qk) +
∂F
∂t(492)
Definiamo, ora, le parentesi di Poisson:
[F, H ] =n
k=1
(∂F
∂qk
∂H
∂pk
− ∂F
∂pk
∂H
∂qk) (493)
attraverso le quali otteniamo che:
dF
dt= [F, H ] +
∂F
∂t(494)
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- Se F risulta un integrale primo del moto ( dF dt
= 0) otteniamo:
[F, H ] = −∂F
∂t→ [H, F ] =
∂F
∂t(495)
- Se F risulta un integrale primo del moto e non dipende esplicitamente dal tempo
(dF
dt
= 0 ; ∂F
∂t
= 0) otteniamo:
[F, H ] = 0 (496)
che rappresenta una proprieta importante degli integrali primi del moto non esplicitamente
dipendenti dal tempo.
E possibile scrivere le equazioni di Hamilton attraverso le parentesi di Poisson:
qk = [qk, H ] (497)
˙ pk = [ pk, H ] (498)
Ora analizziamo alcune proprieta delle parentesi di Poisson:
1. [F, F ] = 0
2. [F, G] = −[G, F ] proprieta anticommutativa
3. [aF 1 + bF 2, G] = a[F 1, G] + b[F 2, G] proprieta di linearita
4. [F 1F 2, G] = [F 1, G]F 2 + [F 2, G]F 1
5. [F 1, [F 2, F 3]] + [F 2, [F 3, F 1]] + [F 3, [F 1, F 2]] = 0 identita di Jacobi
L’identita di Jacobi e una proprieta molto importante perche ci permette di dimostrare il
seguente teorema:
Dati due integrali primi del moto: F = F (q, p); G = G(q, p) non esplicitamente dipendenti
dal tempo si ottiene che anche [F, G] rappresenti un integrale primo del moto.
Dimostrazione: scriviamo l’identita di Jacobi:
[F, [G, H ]] + [G, [H, F ]] + [H, [F, G]] = 0 (499)
e evidente che i seguenti termini sono nulli poiche, per ipotesi, F, G rappresentano due
integrali primi del moto non esplicitamente dipendenti dal tempo:
[G, H ] = 0 ; [H, F ] = 0 (500)
quindi l’identita di Jacobi afferma che:
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[H, [F, G]] = 0 (501)
da cui, perche l’ultima equazione sia verificata, deve necessariamente sussistere che [F, G]sia un integrale primo del moto.
Si conclude dando la definizione di parentesi di Poisson fondamentali:
1. [qk, ql] = [ pk, pl] = 0 ∀k, l
2. [qk, pl] = δkl (δ = 1 ; k = l e δ = 0 ; k = l)
6.7 Trasformazioni canoniche
E evidente che, per gli strumenti che abbiamo a disposizione, non ci ‘e quasi mai possibile
integrare esattamente le equazioni differenziali a cui perveniamo risolvendo le equazioni di
Lagrange o di Hamilton. Ogni semplificazione, quindi, e sempre di grande aiuto.
In questo senso cerchiamo un metodo per trasformare le equazioni di Hamilton in altre
equazioni di Hamilton, possibilmente piu semplici da risolvere. Le trasformazioni che tratter-
emo prendono il nome di trasformazioni canoniche.
Per semplicita consideriamo un sistema generico caratterizzato da un singolo grado di
liberta e dalle seguenti equazioni di Hamilton:
q = ∂H ∂p
(502)
˙ p = −∂H
∂q(503)
e definiamo due nuove coordinate (conseguenti alla trasformazione)
Q = Q(q,p,t) ; P = P (q,p,t)
in modo che siano valide le seguenti equazioni di Hamilton:
Q = ∂K ∂P
(504)
P = −∂K
∂Q(505)
L’obbiettivo che ci prefiggiamo e quindi quello di passare dalle equazioni di Hamilton nelle
vecchie coordinate a quelle nelle nuove coordinate.
98
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Per fare cio consideriamo innanzitutto una trasformazione in cui le coordinate non dipen-
dano esplicitamente dal tempo; ovvero trattiamo il problema delle trasformazioni canoniche
ristrette.
Dati:
Q = Q(q, p) ; P = P (q, p)
derivando rispetto al tempo otteniamo:
Q =∂Q
∂qq +
∂Q
∂p˙ p (506)
P =∂P
∂q
q +∂P
∂p
˙ p (507)
Definiamo ora una matrice di supporto:
M =
∂Q∂q
∂Q∂p
∂P ∂q
∂P ∂p
(508)
due vettori di coordinate:
x =
q
p
; X =
QP
(509)
e due gradienti spaziali:
∂H
∂ x=
∂H ∂q∂H ∂p
;
∂H
∂ X =
∂H ∂Q∂H ∂P
(510)
Essendo valida la seguente relazione:
X = M sx (511)
Le equazioni in forma matriciale equivalenti alle equazioni di Hamilton saranno:
x = s∂H
∂ x; X = M s
∂H
∂ X (512)
Ora introduciamo l’hamiltoniana trasformata:
K (Q, P ) = H (q(Q, P ), p(Q, P )) (513)
Definendo il gradiente spaziale di K come:
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∂K
∂ X =
∂K ∂Q∂K ∂P
(514)
ed essendo valide le relazioni:
∂H ∂q = ∂K ∂Q ∂Q∂q + ∂K ∂P ∂P ∂q (515)
∂H
∂p=
∂K
∂Q
∂Q
∂p+
∂K
∂P
∂P
∂p(516)
possiamo affermare che:
∂H
∂ x= M T
∂K
∂ X (517)
da cui oteeniamo:
X = M s∂H
∂ X → X = M sM T ∂K
∂ X (518)
Quindi, perche la trasformazione ristretta sia canonica (cioe il suo risultato possa dare
ancora equazioni di Hamilton) occorre che sia verificata la seguente condizione:
M sM T = s (519)
Una matrice M con queste caratteristiche si dice simplettica e permette di scrivere le nuove
equazioni di Hamilton come:
X = s∂K
∂ X (520)
Per meglio comprendere questi nuovi concetti, procediamo, ora, con la loro applicazione
ad un esempio noto: l’oscillatore armonico.
Data l’hamiltoniana di un sistema massa-molla:
H =1
2
p2
m+
1
2kq2 = E = cost con p = mq (521)
abbiamo visto precedentemente che, nello spazio delle fasi, la rappresentazione del motodi questo sistema e caratterizzata da ellissi centrate nell’origine tanto piu ampie, quanto piu
grande e l’energia totale (E ) del sistema. Tenendo conto di cio possiamo utilizzare come
nuove coordinate il modulo rispetto all’origine dello spazio delle fasi e la fase rispetto all’asse
q, ottenendo:
q =f (P )
mωsin(Q) (522)
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p = f (P ) cos(Q) (523)
con ω =
km
.
Il nostro obbiettivo diventa cercare f (P ) affinche la trasformazione sia canonica.
Per fare cio sostituiamo le nuove coordinate nell’hamiltoniana:
H =1
2
p2
m+
1
2kq2 =
1
2mf 2(P )cos2(Q) +
1
2kf 2(P )
sin2(Q)
m2ω2(524)
ponendo k = mω2 otteniamo:
K (Q, P ) = H (q(Q, P ), p(Q, P )) =1
2mf 2(P )(cos2(Q) + sin2(Q)) (525)
K (Q, P ) =
1
2mf
2
(P ) (526)
La nuova hamiltoniana non contiene la coordinata Q che, quindi, viene definita come vari-
abile ignorabile.
Ora, imponiamo la canonicita: M sM T = s
Data:
M = f (P )
mωcos(Q) f (P )
mωsin(Q)
−f (P )sin(Q) f
(P )cos(Q) (527)
otteniamo:
M sM T =
0 f (P )f (P )
mω
−f (P )f (P )mω
0
=
0 1
−1 0
(528)
da cui la condizione di canonicita risulta:
f (P )f (P ) = mω (529)
che puo essere vista come:
2f (P )f (P ) = 2mω → ddP
(f 2(P )) = 2mω (530)
percio, integrando, otteniamo:
f 2(P ) = 2mωP (531)
che ci permette di riscrivere la nuova hamiltoniana come:
101
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K (Q, P ) = ωP (532)
a cui conseguono le nuove equazioni di Hamilton:
Q =∂K
∂P
= ω (533)
P = −∂K
∂Q= 0 (534)
che risultano molto semplici da integrare:
Q = ωt + ϕ (535)
P = P (536)
e, ritrasformate nelle vecchie coordinate, permettono di ottenere l’equazione di moto del-
l’oscillatore rispetto alla coordinata libera q (ampiezza dell’oscillazione) ed il momento cineti-co ad essa coniugato:
q = 2P sin(ωt + ϕ) (537)
p = 2mωP cos(ωt + ϕ) (538)
6.8 Cambiamenti di scala
I cambiamenti di scala rappresentano trasformazioni in cui le coordinate nuove differiscono da
quelle vecchie solo per una costante:
Q = aqP = bp
→ M =
a 00 b
(539)
La condizione di canonicita diventa:
M sM T = s →
0 ab−ab 0
=
0 1
−1 0
→ ab = 1 (540)
ovvero:
ab = 1
⇔det(M ) = 1 (541)
In realta, il non soddisfare questa condizione, permette comunque di ottenere un sistema
che soddisfa le equazioni di Hamilton, infatti:
Q = aq
P = b ˙ p→ Q = a∂H
∂p= a∂K
∂P ∂P ∂p
P = −b∂H ∂q
= −b∂K ∂Q
∂Q∂q
(542)
N.B. Nell’ultima equazione trascuriamo le altre derivate perche la trasformazione e diago-
nale (∂Q∂p
= ∂P ∂q
= 0)
102
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Sapendo che:
∂P ∂p
= b∂Q
∂q = a
(543)
otteniamo:
Q = ab∂K ∂P
P = −ab∂K ∂Q
(544)
Dato che le costanti a, b aono indipendenti sia da P che da Q possono essere inglobate nelle
derivate rendendo la trasformazione effettivamente canonica:
Q =∂K
∂P (545)
P = −∂K
∂Q(546)
con K = abK (valida solo per i cambiamenti di scala).
6.9 Principio di Hamilton e Trasformazioni canoniche
Prima di applicare i concetti di trasformazione canonica a sistemi meccanici a piu gradi di lib-
erta ed esplicitamente dipendenti dal tempo, ritorniamo alla dimostrazione delle equazioni di
Hamilton.
Abbiamo definito come azione il seguente funzionale:
W =
t2t1
[n
k=1
pkqk − H (q,p,t)]dt (547)
Verifichiamo ancora che il moto di un qualsiasi sistema minimizza il valore dell’azione.
Consideriamo delle variazioni infinitesime delle coordinate hamiltoniane:
qk(t) = qk(t) + δqk(t) pk(t) = ¯ pk(t) + δpk(t)
(548)
e sostituiamole nel funzionale:
W =
t2t1
[n
k=1
((¯ pk(t) + δpk(t))(¯qk(t) + δqk(t))) − H (q + δq, ¯ p + δp,t)]dt (549)
sviluppando i prodotti fino al primo ordine:
103
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W =
t2t1
[(n
k=1
¯ pk ˙qk +n
k=1
¯ pkδqk +n
k=1
δpk ˙qk)−H (q, ¯ p,t)−n
k=1
(∂H
∂qkδqk +
∂H
∂pk
δpk)]dt (550)
e separando i termini differenziali da quelli algebrici:
W =
t2t1
[n
k=1
¯ pk ˙qk−H (q, ¯ p,t)]dt+
t2t1
[n
k=1
¯ pkδqk +n
k=1
δpk ˙qk−n
k=1
∂H
∂qkδqk−
nk=1
∂H
∂pk
δpk]dt
(551)
in modo da definire:
W = W + δW (552)
dove il termine differenziale e:
δW = t2t1
[n
k=1
¯ pkδqk +n
k=1
δpk ˙qk − nk=1
∂H ∂qk
δqk − nk=1
∂H ∂pk
δpk]dt (553)
Integrando per parti il primo termine dell’integrale diventa: t2t1
[¯ pkδqk]dt = [¯ pkδqk]t2t1 − t2t1
˙ pkδqkdt (554)
ma, richiedendo ancora che δqk si annulli alle estremita dell’intervallo7 ∀k, esso diventa:
t2
t1
[¯ pkδqk]dt = − t2
t1
˙ pkδqkdt (555)
che sostituito nel differenziale dell’azione ci permette di scrivere:
δW =
t2t1
nk=1
[(− ˙ pk − ∂H
∂qk)δqk + ( ˙qk − ∂H
∂pk
)δpk]dt (556)
Per ottenere la stazionarieta imponiamo che δW = 0, quindi che l’argomento dell’integrale
sia identicamente nullo:
(− ˙ pk − ∂H
∂qk) = 0 ; ( ˙qk − ∂H
∂pk
) = 0 (557)
In questo modo riotteniamo le equazioni di Hamilton:
˙ pk = −∂H
∂qk; ˙qk =
∂H
∂pk
(558)
ed anocora una volta stazionarieta dell’azione ed equazioni di Hamilton si implicano a
vicenda:
7si noti che imponiamo la condizione di annullamento alle estremita solo per le coordinate q non per i momenti
104
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δW = 0 ⇔ eq.diHamilton (559)
Ora supponiamo di aver definito un insieme di coordinate e di momenti tali che sianoverificate le equazioni di Hamilton:
δW = 0 → qk = ∂H ∂pk
˙ pk = − ∂H ∂qk
(560)
e definiamo un insieme di nuove coordinate:
Q = Q(q,p,t) ; P = P (q,p,t) (561)
Se fosse possibile ricavare queste equazioni dai principi variazionali otterremmo:
δW = 0 → Qk = ∂K ∂P k
P k = − ∂K ∂Qk
(562)
ovvero l’azione iniziale e quella trasformata dovrebbero avere entrambe differenziale nullo,
permettendoci di definire:
δW = δW → c(n
k=1
pkqk − H ) =n
k=1
P kQk − K +dF
dt(563)
dove F rappresenta la Funzione generatrice di trasformazione canonica.
Si verifica che per δW = 0 e δW
= 0 l’equazione vista rimanga valida:
c(δW ) = δW + 0 → 0 = 0 (564)
infatti dF dt
rimane invariata se t1 e t2 rimangono invariati.
A questo punto possiamo scrivere che:
dF
dt= c(
n
k=1
pkqk − H ) −n
k=1
P kQk + K (565)
Si presentano quindi due possibilita:
1. c = 1 → Trasformazione canonica estesa (che non tratteremo)
2. c = 1 → Trasformazione canonica
105
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Ipotizzando di poter invertire liberamente le relazioni delle nuove coordinate (P, Q) con
quelle delle precedenti ( p,q), analizziamo due tipi di funzione generatrice:
- Tipo 1: F 1 = F 1(q,Q,t)
q, Q: variabili indipendenti
Scriviamo la derivata della funzione generatrice come:
dF
dt=
nk=1
(∂F 1∂qk
qk +∂F 1∂Qk
Qk) +∂F 1∂t
=n
k=1
pkqk −n
k=1
P kQk + K − H (566)
e, per analogia tra i termini scritti, definiamo:
pk =∂F 1
∂qk; P k =
−∂F 1
∂Qk
; K −
H =∂F 1
∂t(567)
quindi la nuova hamiltoniana sara:
K = H +∂F 1∂t
(568)
- Tipo 2: F = F 2(q ,P,t) −nk=1 QkP k
q, P : variabili indipendenti
Scriviamo la derivata della funzione generatrice come:
dF
dt=
nk=1
(∂F 2∂qk
qk +∂F 2∂P k
P k) +∂F 2∂t
−n
k=1
P kQk −n
k=1
P kQk =n
k=1
pkqk −n
k=1
P kQk + K −H
(569)
ovvero, semplificando i termini uguali:
n
k=1
(∂F 2∂qk
qk +∂F 2∂P k
P k) +∂F 2∂t
−n
k=1
P kQk =n
k=1
pkqk + K − H (570)
e, ancora per analogia tra i termini scritti, definiamo:
pk =∂F 2∂qk
; Qk = −∂F 2∂P k
; K − H =∂F 2∂t
(571)
quindi la nuova hamiltoniana sara:
K = H +∂F 2∂t
(572)
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6.10 Cenni alla teoria di Hamilton-Jacobi
Come e stato detto precedentemente, le trasformazioni canoniche sono utili per ottenere equazioni
di moto piu semplici da risolvere. Avendo, quindi, a disposizione questo mezzo, cerchiamo di
semplificare il piu possibile le equazioni cercando di ottenere una hamiltoniana trasformata di
questo tipo:
K = 0 = cost (573)
In questo modo le equazioni di Hamilton diventerebbero semplicissime da integrare:
P k = − ∂K ∂Qk
= 0
Qk = ∂K ∂P k
= 0→ P k = P k
Qk = Qk(574)
e le nuove incognite Q, P sarebbero tutte delle costanti.
Per raggiungere questo risultato supponiamo di avere un’hamiltoniana difficile da trattare
(H = H (q,p,t) ed immaginiamo di cercare una funzione generatrice di trasformazione canon-
ica F 2 = F 2(q,P,t) tale che K = H + ∂F 2∂t
= 0.
Dal paragrafo precedente sappiamo che, in queste condizioni:
pk =∂F 2∂qk
(575)
quindi possiamo definire una nuova equazione che chiameremo: equazione di Hamilton-
Jacobi
H (q1, q2,...,qn,∂F 2
∂q1,
∂F 2
∂q2,...,
∂F 2
∂qn, t) +
∂F 2
∂t
= 0 (576)
Essa, spesso presenta una soluzione piu semplice rispetto alle equazioni di Hamilton e, una
volta ottenuta F 2, permette di trovare il moto del sistema in esame semplicemente invertendo
le relazioni:
pk =∂F 2∂qk
(qk, P , t) (577)
Qk = Qk = −∂F 2∂P k
(qk, P , t) (578)
Come evidente questo metodo ci permette di passare da un sistema di equazioni differen-
ziali ad un sistema di equazioni alle derivate parziali.
La teoria di Hamilton-Jacobi mette, quindi, a disposizione uno strumento molto potente
per la trattazione del moto di sistemi complessi e, storicamente, senza di essa, sarebbe stato
impossibile sviluppare nuovi campi della fisica come la meccanica quantistica o la meccanica
statistica. Nell’ambito di questo corso si rimanda la loro importanza alla creazione di metodi
approssimati per la soluzione delle equazioni di moto di sistemi meccanici.
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Un aiuto per studiare: Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado
di spiegarlo a tua nonna - Albert Einstein
7 Indice degli argomenti
Capitolo 1 Elementi di Meccanica Analitica
1. Pag. 1 - Equazioni di Lagrange per un sistema costituito da un punto
2. Pag. 5 - Equazioni di Lagrange per un sistema di N punti
3. Pag. 10 - Considerazioni sulla componente generalizzata della sollecitazione attiva
4. Pag. 11 - Funzione di Lagrange e sue caratteristiche
5. Pag. 13 - Integrale generalizzato dell’energia
Capitolo 2 Problema dei due corpi
1. Pag. 16 - Moti centrali
2. Pag. 20 - Formula di Binet
3. Pag. 21 - Calcolo della traiettoria in un moto centrale
4. Pag. 22 - Risoluzione del problema dei due corpi
5. Pag. 28 - Formule utili per il calcolo orbitale
Capitolo 3 Corpo rigido nello spazio
1. Pag. 33 - Richiami di meccanica razionale
2. Pag. 35 - Momento angolare in tre dimensioni3. Pag. 39 - Equazioni di Eulero
4. Pag. 40 - Calcolo del momento d’inerzia attraverso la matrice d’inerzia
5. Pag. 42 - Ellissoide d’inerzia
6. Pag. 43 - Energia cinetica del corpo rigido in tre dimensioni
Capitolo 4 Moto per inerzia di un corpo rigido con un punto fisso e giroscopi
1. Pag. 44 - Moto per inerzia di un corpo rigido con un punto fisso
2. Pag. 46 - Moto giroscopico
3. Pag. 51 - Rotazioni permanenti
4. Pag. 53 - Stabilita delle rotazioni permanenti
5. Pag. 58 - Fenomeni giroscopici
Capitolo 5 Meccanica relativa
1. Pag. 62 - Cinematica relativa
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2. Pag. 64 - Dinamica relativa
3. Pag. 68 - Esempi di applicazione della dinamica relativa al caso terrestre
4. Pag. 73 - Meccanica relativa dal punto di vista lagrangiano
5. Pag. 77 - Bussola giroscopica
Capitolo 6 Principi variazionali e meccanica hamiltoniana
1. Pag. 84 - Funzionale e stazionarieta del funzionale
2. Pag. 87 - Principio di Hamilton
3. Pag. 89 - Equazioni di Hamilton
4. Pag. 91 - Teorema di Donkin (Trasformazione di Legendre)
5. Pag. 93 - Esempi di utilizzo delle equazioni di Hamilton
6. Pag. 96 - Parentesi di Poisson
7. Pag. 98 - Trasformazioni canoniche
8. Pag. 102 - Cambiamenti di scala
9. Pag. 103 - Principio di Hamilton e trasformazioni canoniche
10. Pag. 107 - Cenni alla teoria di Hamilton-Jacobi
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