Dispensa Di Diritto Pubblico

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1 Biagio Lecce - Le sintesi di Giuristando http://blog.libero.it/giuristando Anguillara Sabazia - Italy Stato, Costituzione e Ordinamento della Repubblica (Dispensa di Diritto Pubblico per l’esame di maturità)

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Biagio Lecce - Le sintesi di Giuristando http://blog.libero.it/giuristando

Anguillara Sabazia - Italy

Stato, Costituzione e Ordinamento della Repubblica(Dispensa di Diritto Pubblico per l’esame di maturità)

ANNO SCOLASTICO 2009/2010

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Sommario:

PRIMA PARTELo stato e la Costituzione

1. Lo stato come ordinamento giuridico………………………………………….………… p. 32. Lo stato: definizioni ed elementi costitutivi……………………………………………….. 53. Il popolo e la cittadinanza…………………………………………………………………………. 64. Il territorio dello Stato…………………………………………………………………………………….85. La sovranità statale e l’effettività dell’ordinamento giuridico……………………….116. Gli organi dello stato……………………………………………………………………………………..147. Le forme di stato nella storia costituzionale………………………………………………178. La costituzione italiana e le costituzioni in generale……………………………………..229. I principi fondamentali della costituzione italiana………………………………………….2410. Le forme di governo…………………………………………………………………………………..28

SECONDA PARTEGli organi costituzionali nell’Ordinamento della Repubblica

11. Il Parlamento……………………………………………………………………………………………..3112. I sistemi elettorali………………………………………………………………………………………3213. Durata e funzionamento delle Camere……..…………………………………………………..3414. L’immunità parlamentare……………………………………………………………………………….3815. Gli organi parlamentari………………………………………………………………………………3916. Le competenze del Parlamento…………………………………………………………………..4017. Il Presidente della Repubblica……………………………………………………………………..4418. Il Governo: struttura e funzioni………………………………………………………………………..4819. La Corte costituzionale: struttura e funzioni ……………………………………………………5620. I referendum…………………………………………………………………….…..…………………….60

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Prima parte

Lo stato e la Costituzione

1. Lo stato come ordinamento giuridico

Il primo passo di questo lavoro di sintesi è una riflessione sul concetto di ordinamento giuridico e di stato.

Una delle forme più importanti e più estese di ordinamento giuridico è lo Stato, che è un sistema

giuridico.

Altri ordinamenti possono esistere all’interno di un sistema giuridico, secondo la lezione di Santi Romano,

ma hanno una estensione minore e concentrica rispetto a quella dello stato: per esempio, gli enti pubblici

e privati, la famiglia, che la Costituzione definisce genericamente formazioni sociali (art 2).

DEFINIZIONI DI ORDINAMENTO GIURIDICO

Vi sono diverse definizioni di ordinamento a seconda del profilo che si privilegia nell’osservazione. Ne

consideriamo alcuni:

A. DEFINIZIONE NORMATIVA: l’ordinamento è l’insieme delle regole di comportamento dei soggetti

di una collettività, regole che hanno importanza secondo i principi e i valori scelti dalla comunità

come fondamentali.

In altre parole, inserendo le variabili tempo e movimento, abbiamo che:

l’ordinamento giuridico è l’insieme delle norme giuridiche che regolano la collettività in un

determinato momento per la realizzazione dei valori che la stessa collettività ha scelto come

fondanti (STATO-COMUNITA’).

B. DEFINIZIONE POLITICA: l’ordinamento giuridico ha anche natura politica, perché

considera tutti gli interessi che possono riguardare la collettività e per questo motivo

o l’ordinamento giuridico statale viene anche definito ordinamento a fini

generali (STATO COMUNITA’).

Come si vede da questo argomento testuale, lo stato è un ordinamento dinamico, perché si dà dei compiti

da realizzare e degli obiettivi da raggiungere.

C. DEFINIZIONE ISTITUZIONALE O OGGETTIVA:

l’ordinamento giuridico indica anche tutti gli apparati (organi e uffici) di cui si

compone la Pubblica amministrazione (STATO-APPARATO).

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D. DEFINIZIONE SOGGETTIVA: questi organi esercitano un concreto potere nei confronti dei

cittadini e pur essendo formati da più persone, per la legge è come se rappresentassero

un unico soggetto giuridico: lo stato.

Si dice allora che lo stato è un soggetto con personalità giuridica di diritto

pubblico (STATO-PERSONA). Così sono enti dotati di personalità giuridica le

Regioni, le Province, i Comuni e le Città metropolitane e molti altri enti.

TERRITORIALITA DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO

Il potere esercitato dall’ordinamento giuridico statale si chiama sovranità, cioè potere di

comando e di imperio delle istituzioni nel territorio dello stato e verso i cittadini e tutti

coloro che sul territorio si trovano a vivere o a passare (principio di territorialità della

sovranità nazionale).

Negli ordinamenti minori, pubblici o privati, questo potere si chiama invece potere di

autonomia, e incontra sempre il limite superiore della legge.

LA LEGITTIMAZIONE DEL POTERE SATATALE

L’ordinamento giuridico trova in sé (meglio, nella decisione dei suoi cittadini di formarlo e

farlo esistere, sempre che parliamo di un ordinamento democratico) la sua legittimazione,

cioè la ragione prima, il motivo principale, la giustificazione della sua esistenza. Esso,

insomma, non dipende da altri ordinamenti considerati maggiori, più importanti e originari.

Per questo motivo l’ordinamento giuridico dello stato è detto originario (non deriva da

nessun altro ordinamento giuridico) e indipendente (la sua esistenza non dipende da

nessun altro ordinamento giuridico).

DEFINIZIONE DI STATO

In conclusione, per quanto si è detto sopra, lo stato è un ordinamento giuridico originario e

indipendente a fini generali ed a base territoriale, dotato di un apparato di norme giuridiche

e di autorità pubbliche poste dai cittadini in posizione di supremazia per la realizzazione

degli interessi della collettività.

2. Lo stato: definizioni ed elementi costitutivi

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Dunque lo stato può essere definito sotto tre aspetti, tre facce diverse: lo stato-comunità, lo stato-

apparato, lo stato-persona.

ELEMENTI COSTITUTIVI DELLO STATO

Data una definizione di stato, adesso possiamo analizzare gli elementi di cui si compone il concetto di stato.

Essi sono:

il popolo,

il territorio

e il potere di sovranità.

IL POPOLO

Il popolo è dato dall'insieme delle persone che appartengono allo stato in base al vincolo

giuridico della cittadinanza , che comporta per ognuno diritti civili, politici ed economici e

sociali (come i diritti di libertà nelle varie forme ipotizzabili, il diritto di elettorato, il diritto

di proprietà e di iniziativa economica, il diritto alla salute e all’istruzione) e doveri

costituzionali, come il dovere di pagare le tasse, di difendere la patria, di rispettare la

dignità delle istituzioni e di osservare la legge.

IL TERRITORIO

Il territorio è l'ambito spaziale entro il quale lo stato può esercitare il potere di imperio

sui cittadini.

LA SOVRANITA’

La sovranità è il potere di imperio o di comando che lo stato esercita sui cittadini nella

sfera legislativa, giudiziaria (o giurisdizionale) e amministrativa (o esecutiva).

3. Il popolo e la cittadinanza

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Sono criteri per l'acquisto della cittadinanza italiana, in base alla legge n. 90 del ‘92:

la nascita in Italia o da genitori italiani,

l'adozione da parte di genitori italiani,

il matrimonio con cittadino/a italiano/a,

l'elezione (o scelta),

la naturalizzazione.

Per rendere effettivi questi requisiti devono ricorrere anche le specifiche circostanze riepilogate nella

seguente tabella:

Modi di acquisto della cittadinanza italiana

Requisiti precedenti Requisiti personali Requisiti successivi/Esito

Esito

Nascita Madre o padre italiani Figlio nato ovunque CittadinoGenitori apolidi Figlio nato in Italia CittadinoGenitori ignoti Figlio nato in Italia Cittadino

Genitori ignoti Figlio ritrovato in Italia senza la prova che vi sia nato e senza la prova di altra cittadinanza

Cittadino

Genitori stranieri che non trasmettono la loro cittadinanza al figlio

Figlio nato in Italia Cittadino

Elezione o beneficio di legge

Nonno o genitore che siano stati cittadini per nascita

Straniero o apolide Presta servizio militare in Italia eDichiara di voler essere cittadino Oppure

Impiegato nella Pubblica amministrazione italiana anche all’estero eDichiara di voler essere cittadino

Cittadino

Nonno o genitore che siano stati cittadini per nascita Residenza in Italia da due anni al compimento della maggiore età

Straniero o apolide Dichiara entro un anno di voler essere cittadino

Cittadino

Residente ininterrottamente fino alla maggiore età

Straniero nato in Italia Dichiara entro un anno di voler essere cittadino

Cittadino

Naturalizzazione Nonno o genitore che siano stati cittadini per nascita

Straniero risiede per tre anni Cittadino

Straniero nato in Italia “ CittadinoStraniero maggiorenne Risiede per cinque anni Cittadino

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adottatoStraniero Impiegato anche

all’estero per cinque anni

Cittadino

Cittadino della UE Risiede quattro anni CittadinoApolide Risiede cinque anni Cittadino

Extracomunitario Risiede per dieci anni CittadinoStraniero Presta eminenti servizi

all’ItaliaCittadino

Straniero Eccezionale interesse dello stato

Cittadino

Adozione Figlio adottivo minorenne CittadinoMatrimonio Residente da sei mesi Straniero o apolide

coniugeCittadino

Residente per tre anni dopo il matrimonio

Cittadino

4. Il territorio dello stato

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Il territorio dello stato indica lo spazio entro il quale vige l’ordinamento giuridico e possono essere

esercitati dallo stato i poteri di sovranità.

Il territorio si compone di:

terraferma,

sottosuolo,

mare territoriale,

spazio aereo, e

territorio mobile.

LA TERRAFERMA

La terraferma è lo spazio terrestre delimitato da confini naturali (es. monti, fiumi, mari) o legali

(come decisi nei trattati internazionali).

IL SOTTOSUOLO

Anche il sottosuolo è parte del territorio dello stato e soggetto alla sua sovranità e dunque alle sue

leggi fino alla profondità in cui sia possibile sfruttarne le risorse.

Il MARE TERRITORIALE

Rientra nel territorio il mare territoriale, da intendersi lo specchio d’acqua antistante la costa che si

estende fino a 12 miglia marine (circa 22 chilometri).

Lo specchio d’acqua che oltrepassa questo limite è definito “zona economica esclusiva” o “zona

esclusiva di utilizzazione economica” e si protende sopra la cosiddetta piattaforma continentale

(prolungamento in acqua del territorio prima di incontrare le fosse oceaniche) fino ad un massimo

di 200 miglia (intorno a 320 Km). In questa zona, lo stato costiero può fare proprie le risorse

economiche sottomarine, anche relative al sottosuolo (per esempio, le risorse minerarie).

Oltre questo limite, troviamo il mare internazionale, non soggetto alla sovranità di alcuno stato. Le

questioni di sovranità sulle aree marine sono oggetto del diritto internazionale marittimo, anche

detto diritto del mare, e pongono talvolta inquietanti interrogativi, soprattutto sulla vigilanza e le

responsabilità per i cattivi e dannosi utilizzi del mare (si pensi ai disastri ecologici dovuti alle

fuoriuscite dalle petroliere e navi-cisterna). Il trasporto in tal aree è regolato invece dal diritto

internazionale della navigazione.

LO SPAZIO ATMOSFERICO

Lo spazio atmosferico sovrastante la terraferma e il mare territoriale fa parte del territorio dello

stato. Gli stati non possono peraltro opporsi al transito degli aerei civili nel loro spazio aereo (diritto

di sorvolo).

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Gli spazi cosmici, invece, sono regolati dal diritto aero-spaziale e della navigazione, e non

appartengono alla sovranità esclusiva di alcuno stato.

IL TERRITORIO MOBILE O FLOTTANTE

Lo spazio territoriale può astrattamente estendersi anche al di là di questi confini con riguardo agli

aerei e navi militari appartenenti ai corpi armati dello stato che, ovunque si trovino, anche in volo,

si ritengono territorio dello stato (territorio mobile).

Mentre le navi ed aerei civili sono soggetti alla sovranità degli stati che sorvolano. Quando si

trovano in zone neutre, non soggette alla sovranità di nessuno stato (es. Antartide) allora sono

territorio italiano.

CASI DI EXTRATERRITORIALITA’

Al contrario del territorio mobile, vi sono zone interne al territorio italiano che sono appartenenti al

territorio di un altro stato o comunque soggette alla sovranità di altri stati. Questi sono i casi di

extraterritorialità e di immunità territoriale, di cui sono esempi i possedimenti territoriali di stati

stranieri, le ambasciate e le sedi consolari.

ULTRATERRITORIALITA’: DIRITTI CONFESSIONALI TENDENZIALMENTE UNIVERSALI

Vi sono poi nel mondo alcuni ordinamenti non fondati sul principio di territorialità, ma su quello di

universalità di un certo diritto, come alcuni ordinamenti a base religiosa.

Lascio all’arguzia del lettore immaginare alcuni dei problemi concreti di compatibilità tra leggi

universali diverse o tra leggi universali e ordinamenti territoriali che potrebbero porsi, come in

effetti drammaticamente spesso si pongono, in contrasto in discipline legate alla cultura della

nazione di appartenenza, come nel caso delle unioni matrimoniali miste, sull’educazione dei figli

per esempio; sul diritto di religione e di preghiera, o alle ferie e ai riposi lavorativi,

sull’abbigliamento, eccetera.

CASI DI ULTRATTIVITA’ DELL’ORDINAMENTO

Ci si chiede se un cittadino italiano all’estero possa essere soggetto alla legge italiana: no, è

soggetto alla legge dello stato dove si trova, così come uno straniero in Italia è soggetto alla legge

italiana, per il principio di territorialità degli ordinamenti giuridici.

Ma quale legge si applica al caso dell’italiano che all’estero svolge attività sovversiva e

antinazionale?

La legge italiana. Si ha un caso di ultrattività del diritto interno e dunque di ultraterritorialità del

diritto. L’Italia ha diritto in tal caso a difendere la sua unità, autonomia e indipendenza e a chiedere

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di poter processare questo cittadino. Ma lo stato dove è stato commesso il reato potrebbe non

permetterglielo, volendo a sua volta processare questa persona nei propri tribunali e secondo le

sue leggi. Ne può nascere un contrasto diplomatico.

Questi casi sono però regolati dal diritto internazionale .

L’ESTRADIZIONE

L’estradizione è la consegna dallo stato di appartenenza di un cittadino che all’estero ha compiuto

degli atti criminali, non necessariamente rivolti contro il Paese di origine. Di regola si applica la

giurisdizione dello stato in cui è commesso il reato, secondo il principio di territorialità

dell’ordinamento. L’estradizione è regolata da preventivi accordi internazionali.

Invece un italiano può essere espulso dal territorio italiano, magari per aver compiuto crimini gravi?

No, il cittadino ha sempre diritto di incolato, di rimanere cioè nel suo paese alle dovute condizioni di legge.

5. La sovranità statale e l’effettività dell’ordinamento giuridico

Lo stato è ordinamento giuridico originario e indipendente. La sua esistenza dipende dalla effettività

dell'ordinamento, cioè dal fatto che esso realmente ed effettivamente regoli la vita di un popolo

all'interno di un territorio.

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Dal punto di vista dell' effettività ,

lo Stato ha la forza di produrre e applicare le norme che regolano la collettività, e in questo

consiste la sovranità interna dello stato. Quella esterna, invece, si estrinseca nei rapporti con gli

altri Paesi e con le Organizzazioni internazionali.

Lo stato non è solo un ordinamento, ma anche un ordinamento effettivo, dotato di un potere

effettivo di sovranità che viene esercitato nei confronti dei cittadini nel rispetto della legge.

Dunque la sovranità è il potere di imperio e di commando dello stato all’interno del territorio (principio di

territorialità dell’ordinamento giuridico) e nei confronti dei soggetti giuridici (principio di personalità dello

stato).

LE LIMITAZIONI DI SOVRANITA’

Sono possibili limitazioni alla sovranità?

Sì, l’art. 11 della Costituzione consente allo stato di limitare la sua sovranità per l’affermazione dei poteri di

organizzazioni internazionali che promuovano la pace e la giustizia fra le nazioni.

Norma introdotta per legittimare la nascita dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), ha aperto

l’ordinamento italiano anche ad altre organizzazioni, come la CEE (Comunità economica europea), ora CE

(Comunità europea) e UE (Unione Europea).

Le organizzazioni internazionali hanno la loro legittimazione nella sovranità e volontà degli stati che vi

aderiscono e gli stati, a loro volta, trovano la legittimazione dei loro ordinamenti nella volontà del popolo

(stati democratici).

Lo stato è un soggetto giuridico, dotato di personalità giuridica e come tale destinatario delle norme

giuridiche contenute nell’ordinamento giuridico.

Quando esercita la sovranità attraverso i suoi organi agisce con un potere che lo pone al di sopra dei

cittadini a tutela e realizzazione degli interessi collettivi, che prevalgono su quelli individuali; quando agisce

come qualunque altra persona giuridica dell’ordinamento lo fa conformandosi alle norme del diritto privato

a tutela di diritti soggettivi, interessi legittimi o aspettative di diritto.

In conclusione, lo stato è una persona giuridica fra le tante presenti nell’ordinamento, posta in posizione di

supremazia perché dotata di potere di sovranità; esso è un ente a fini generali , perché i suoi fini riguardano

tutti gli aspetti della vita della collettività di cui promuove gli interessi più importanti e condivisi, anche a

costo di sacrificare, nei limiti indicati dalla Costituzione e dalle leggi, gli interessi dei privati; è infine un ente

territoriale a partecipazione o appartenenza necessaria, nel senso che impone il suo potere sui cittadini a

prescindere dalla loro volontà individuale. Esso è inoltre una persona giuridica di diritto internazionale , che

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agisce nel campo del diritto internazionale, affermando nei confronti degli altri stati e delle organizzazioni

internazionali il suo potere di sovranità esterna, a condizione di far riconoscere all’estero l’originarietà e

l’indipendenza dell’ordinamento italiano, ed è un soggetto del diritto pubblico nazionale, affermando nei

confronti dei cittadini e dei non cittadini (stranieri o apolidi) presenti sul territorio, il potere di sovranità

interna.

Lo stato agisce infine anche nel campo dei cosiddetti rapporti privati (iure privatorum) come qualunque

altro soggetto giuridico (persona fisica o persona giuridica).

Sintetizziamo i tre concetti con tre esempi:

1. L’Italia invia contingenti militari nelle missioni di pace (peace keeping) dell’ONU in osservanza dei

trattati internazionali che ad essa la legano (esempio di personalità giuridica internazionale).

2. Il Parlamento e il Governo decidono ed attuano l’indirizzo politico con atti legislativi o normativi, a

livello centrale (per esempio la legge finanziaria o un decreto legge) e periferico (per esempio le ordinanze

di un Prefetto, a livello provinciale, o di altro ufficio periferico della P.A., un Ufficio scolastico regionale o

provinciale: esempio di personalità giuridica di diritto pubblico).

3. Lo stato si approvvigiona degli strumenti materiali della sua azione direttamente sul mercato, per

esempio per l’acquisto delle cosiddette auto blu (esempio di personalità giuridica di diritto privato)

I POTERI E LE FUNZIONI STATALI

La sovranità interna, infine, non è un potere unico e indiviso; esso è invece diviso (separato) nel suo

esercizio tra diversi insiemi di organi ed uffici detti poteri.

Secondo la concezione tradizionale dello stato di diritto, i poteri di sovranità sono tre e separati tra loro, e

sono:

il potere legislativo (esercitato dal Parlamento, a livello nazionale, e dalla Regione a livello

regionale, nel caso dell’Italia che è uno stato regionale),

esecutivo o amministrativo (esercitato dal Governo, in sede centrale, e dagli altri organi e

uffici da esso dipendenti, ed enti autonomi con esso coordinati, in sede periferica e locale),

giurisdizionale o giudiziario (esercitato dalla Magistratura, che è ordine anche’esso

autonomo e indipendente).

I tre poteri esercitano in realtà tre funzioni amministrative dello stato, che si distinguono nettamente: un

conto è fare le leggi (funzione legislativa), un conto è decidere la politica e realizzare l’indirizzo politico

generale con atti di gestione concreta della cosa pubblica (funzione amministrativa), un conto è punire chi

viola la legge (funzione giurisdizionale).

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Ma mentre la distinzione delle funzioni è chiara e abbastanza netta, ad essa non coincide una altrettanto

netta distinzione nel campo dei poteri. Pertanto non è detto che la funzione legislativa spetti sempre e

soltanto al Parlamento, non è detto che la funzione giudiziaria spetti sempre e soltanto al potere giudiziario,

e via di seguito.

Potremmo infatti trovarci davanti ad atti del Governo (organo di vertice del potere esecutivo) che hanno

natura normativa di livello legislativo (decreti-legge e decreti legislativi) o ad atti del Parlamento (organo di

vertice del potere legislativo) che hanno natura giudiziaria (i provvedimenti delle Commissioni parlamentari

di inchiesta).

In conclusione,

un potere è un insieme di organi ed uffici che esercitano una funzione pubblica;

una funzione indica l’attività dei pubblici poteri nell’ambito dei singoli campi della pubblica

amministrazione.

6. Gli organi dello stato

Lo stato è un ente, e come tale ha una sua organizzazione.

Una organizzazione, come suggerisce la parola stessa, è un insieme di poteri, di organi e uffici.

Per organo intendiamo una parte funzionale di un tutto, una articolazione, una struttura che consente

all’organizzazione di funzionare al suo interno (organi interni) e all’esterno (organi a rilevanza esterna).

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Gli uffici sono le strutture operative che facilitano (coadiuvano) e rendono possibile l’azione degli organi

pubblici. Ogni organo ha un suo Ufficio, e gli Uffici possono avere al loro interno più organi.

Un organo può essere posto al vertice o alla periferia dell’organizzazione; si hanno allora:

organi del potere centrale

e organi periferici.

Possono essere composti da una sola o da più persone fisiche, e allora abbiamo:

organi monocratici

o organi collegiali.

Possono essere a loro volta composti da altri organi, e allora abbiamo:

organi semplici

e organi composti o complessi.

Gli organi possono essere distinti inoltre in base al tipo di funzione svolta:

di iniziativa,

consultivi,

di controllo,

giurisdizionali.

ORGANI DEL POTERE CENTRALE

Tra di essi ricordiamo

gli organi costituzionali,

così definiti perché costituiscono l’ossatura dell’ordinamento giuridico. Senza di essi l’ordinamento

non avrebbe i caratteri che lo definiscono e distinguono sul piano della forma di governo (per

esempio, una repubblica parlamentare e non una monarchia assoluta o uno stato totalitario) e

della forma di stato (per esempio, uno stato unitario anziché uno stato federale). Inoltre essi sono

o organi di vertice, che non hanno dei superiori nelle funzioni che sono loro proprie.

Vi sono poi gli organi

di rilievo costituzionale (o a rilevanza costituzionale),

che pur non essendo essenziali alla forma di governo e di stato, assumono però delle funzioni

importanti per il funzionamento delle istituzioni e degli altri organi: per questo motivo sono anche

detti

o organi ausiliari.

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Esempi:

Sono organi costituzionali:

il Parlamento,

il Governo,

il Presidente della Repubblica,

la Corte costituzionale.

Secondo alcuni scrittori, anche gli organi che fanno parte del corpo o ordine della Magistratura e il corpo

elettorale sarebbero organi costituzionali.

Non ha senso dunque una costituzione se non c’è un organo (Corte costituzionale, Presidente della

Repubblica) che verifica e controlla che le leggi fatte dal Parlamento ne rispettino i principi.

Non ha senso parlare di democrazia e di repubblica democratica se non c’è un Parlamento,

comunque una assemblea eletta democraticamente, che esprima la volontà del popolo.

Tra gli organi a rilievo costituzionale e ausiliari del Parlamento e del Governo abbiamo:

Il CNEL (Consiglio nazionale economia e lavoro)

è un organo ausiliario del Parlamento, con funzioni “consultive” (cioè può dare consigli

suggerimenti e pareri), importante soprattutto perché può fare proposte (“organo di iniziativa”) di

legge nei settori che lo riguardano. E’ organo ausiliario del Parlamento e del Governo (art. 99 cost.).

Il Consiglio di Stato (organo ausiliario del Governo, che emette pareri nel corso di molti

procedimenti di gestione della cosa pubblica, anch’esso “consultivo” quindi)

e la Corte dei Conti, organo ausiliario del Parlamento, perché svolge una importante funzione di

“controllo” contabile sull’operato del Governo, di cui riferisce alle due Camere. Essa inoltre giudica

sulle cause che riguardino i trattamenti economici (es. pensioni) dei dipendenti della Pubblica

amministrazione (“organo giurisdizionale”).

ORGANI PERIFERICI

Possiamo richiamare fra questi

il Prefetto,

che rappresenta il Governo, in sede provinciale, fa parte dell’Ufficio territoriale del Governo e

risponde al Ministro dell’Interno

le Agenzie delle entrate, che dipendono dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Gli organi degli Uffici scolastici regionali e provinciali

ORGANI MONOCRATICI

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il Presidente della Repubblica,

il Giudice del lavoro in funzione di giudico unico,

un magistrato di Tribunale che giudica nella materia del lavoro in composizione monocratica, cioè

da solo.

ORGANI COLLEGIALI

Il Governo

il Tribunale,

composto da tre Giudici.

ORGANI SEMPLICI

Il Presidente del Consiglio.

ORGANI COMPLESSI

Il Parlamento

Il Governo,

composti il primo dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, e il secondo dal Presidente

del Consiglio dei Ministri, dal Consiglio dei Ministri e dai singoli Ministri.

7. Le forme di stato nella storia costituzionale

L’EVOLUZIONE STORICA DELLE FORME DI STATO

Andiamo ad analizzare molto sinteticamente le forme di stato, tenendo conto del contesto storico di volta

in volta diverso in cui esse sono maturate:

lo Stato feudale:

il territorio è patrimonio del sovrano (stato patrimoniale).

il sovrano rappresenta l’unità dei feudatari e dei rapporti di vassallaggio.

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non esiste un interesse generale (oggi diremmo un interesse pubblico, un interesse

collettivo, un interesse diffuso, un interesse legittimo, che sono tutti tipi di interessi che la

dottrina giuridica del diritto pubblico, costituzionale e amministrativo teorizza con

riferimento all’azione della Pubblica amministrazione).

non esiste un popolo e una volontà collettiva perché il territorio è frantumato in feudi

(disintegrazione dello stato).

lo Stato assoluto )monarchia assoluta):

il potere è accentrato nelle mani del re, che è anche fonte (legittimazione) di questo potere

politico;

il contesto sociale delle grandi monarchie europee del ‘600 (Francia, Spagna) si evolve e

cominciano ad affermarsi alcuni diritti dei singoli verso lo stato, pur riconosciuti dal

sovrano.

lo Stato di polizia:

deriva il nome dal termine greco polis, città, e dal latino ius politiae e non da polizia);

è un tipo di Stato assoluto che si da’ il compito di promuove il benessere e la felicità dei

sudditi (uno stato degno di un sovrano illuminato; sec. ‘700), ma non ritiene questi ultimi

capaci di provvedervi da soli; ne sono esempi la Prussia di Federico II il Grande, l’Austria di

Giuseppe II, e i minori stati tedeschi.

lo Stato moderno o di diritto:

i pubblici poteri sono soggetti al diritto (principio di legalità);

o non esiste più il princeps legibus solutus (il principe sciolto dalla legge, dunque

al di sopra della legge);

o i pubblici poteri possono agire solo in conformità delle leggi;

viene delimitata la sfera di azione dello Stato nei confronti dell’individuo, nascono così le

libertà costituzionali, libertà riconosciute e rispettate dallo Stato, come la libertà personale

(che deriva dall’assai più antico habeas corpus inglese), di manifestazione del pensiero, di

stampa, eccetera;

viene distribuito il potere tra i vari organi dello Stato in modo da evitare arbìtri dei

governanti (principio di separazione dei poteri, teorizzato da Montesquieu, in Esprit de leu,

del 1748);

Questo Stato nasce sulla scorta dei principi e delle esperienze delle rivoluzioni inglese,

americana e francese del XVIII secolo.

Tra i documenti più significativi, nei quali vi è l’affermazione delle libertà individuali contro il

potere incontrollato degli Stati, abbiamo

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i Bill of rights americani, con i quali i coloni inglesi dell’America inserirono i diritti della

persona nelle loro costituzioni, quando proclamarono la loro indipendenza dalla Gran

Bretagna;

altro documento essenziale è la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”,

redatta in Francia nel 1789, che sintetizza le conquiste di principio della rivoluzione

francese (soprattutto libertà, uguaglianza, fraternità).

Da un punto di vista sociale, questo Stato si regge ancora su basi oligarchiche, anche se la

borghesia è emergente ma non sono ancora emerse le masse popolari.

Solo quando il popolo assumerà maggiore consapevolezza, comincerà il cammino dello stato

contemporaneo.

lo Stato liberale:

è la prima esperienza storica dello stato di diritto, che caratterizza il XIX secolo;

il potere è gestito da una oligarchia;

il suffragio elettorale è esteso ad una parte minima della popolazione, individuata per lo più per

ragioni di censo, alfabetizzazione e nobiltà;

vengono però affermati alcuni importanti diritti dell’individuo (diritto di cittadinanza, libertà

personali, proprietà, diritto di iniziativa economica e di difesa giudiziale dei diritti);

viene affermata la preminenza del diritto sull’autorità dello Stato.

lo Stato socialista:

Questo stato nasce alla fine della I guerra mondiale, dalla crisi dello stato liberale, e vede lo

spostamento del potere dalla borghesia illuminata ai lavoratori delle città e delle campagne;

da un punto di vista filosofico, esso si ispira alla dottrina marxista-leninista del socialismo reale;

si fonda sulla collettivizzazione dei mezzi di produzione,

sulla esistenza del partito unico,

sulla prevalenza del principio di uguaglianza sostanziale rispetto alla affermazione dei diritti di

libertà dei singoli individui.

lo Stato autoritario:

nasce anch’esso dalla crisi dello Stato liberale e rappresenta un’alternativa allo Stato socialista;

il potere non si è spostato nelle mani del popolo e del proletariato, perché ritenuto incapace di

gestirlo, ma si è accentrato nelle mani dell’uomo forte, del capo carismatico, che lo ha gestito

sul presupposto, per lo più disatteso, della realizzazione dell’interesse del popolo.

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lo Stato democratico:

è lo Stato che nasce dalla frantumazione di tutti i totalitarismi e fonda il suo potere

(legittimazione) sul consenso e sulla partecipazione di tutti i cittadini;

la sua azione si fonda sul principio democratico, in base al quale la maggioranza decide;

la sua azione è altresì improntata al rispetto e alla garanzia delle minoranze;

esso presenta atteggiamenti diversi:

Stato sociale (o Stato del benessere o Welfare state):

In esso l’azione dei pubblici poteri è diretta a promuovere il benessere dei cittadini mediante

un intervento programmato nel campo delle attività economico-sociali e della protezione

sociale; la crisi dello Stato sociale fa discutere oggi di nuovi modelli di Stato sociale.

Stato liberal-democratico:

Lo Stato espande le libertà individuali e i diritti sociali, si apre alle privatizzazioni (nel senso

della entrata di soggetti privati nella proprietà di beni pubblici e nella gestione di servizi di

pubblica utilità con il controllo e la garanzia di pubbliche autorità) e alle liberalizzazioni (nel

senso della apertura alla libera concorrenza di più operatori economici della gestione dei

servizi di pubblica utilità, come i trasporti, le comunicazioni).

LE FORME DI STATO ATTUALI

Nel panorama attuale delle forme di stato troviamo:

o Lo stato unitario Lo stato regionale

Lo stato federale

LO STATO UNITARIO

Questa forma di stato prevede un unico soggetto giuridico in posizione di comando: lo Stato.

Esso si struttura in un apparato di poteri, organi e uffici, che esercitano la sovranità verso i cittadini, a livello

centrale e periferico.

Il potere di fare le leggi spetta in genere allo Stato in modo esclusivo, mediante il Parlamento nazionale.

Mentre agli organi periferici e agli enti territoriali minori residuano per lo più poteri amministrazione attiva,

di esecuzione, cioè, dell’indirizzo politico dato dagli organi di governo.

In questo ambito, vi può essere maggiore o minore coinvolgimento degli organi periferici.

Si distingue allora tra:

stato accentrato,

Page 20: Dispensa Di Diritto Pubblico

20

ove il potere di sovranità (o di comando o di imperio) è prevalentemente concentrato nelle

mani degli organi costituzionali (o comunque di vertice) dello Stato,

e stato decentrato,

ove invece fette consistenti di potere di sovranità (sia pure nel solo ambito amministrativo)

sono ripartite fra organi di vertice e organi periferici dello Stato o altri enti pubblici

(soprattutto Regioni, Province, Comuni).

LO STATO REGIONALE

Lo stato regionale è una variante dello stato unitario, ed è da molti considerato una via di mezzo tra lo stato

unitario e lo stato federale. L’Italia è uno Stato regionale.

Carattere primario dello stato regionale è il coinvolgimento delle Regioni nella potestà legislativa,

fenomeno che ha avuto grande impulso con l’istituzione delle Regioni (già previste nella Costituzione del

’48), effettivamente avvenuta negli anni settanta, e l’ulteriore rafforzamento dei loro poteri di

compartecipazione alla sovranità statale con la riforma del titolo quinto della Costituzione (artt. da 114 a

133 cost.) con la legge costituzionale n. 3 del 2001.

La Regione ha ora dei poteri legislativi generali (competenza legislativa) ed amministrativi (competenza

amministrativa), così come il Comune è identificato nella Costituzione come l’ente che ha la potestà

amministrativa generale.

Il potere degli enti territoriali regionali e locali incontra però dei limiti nella superiore azione dello Stato in

nome di interessi estesi a tutto il territorio nazionale ed al popolo italiano nella sua interezza.

In linea generale, lo Stato è competente a fare le leggi solo nelle materie espressamente indicate

dall’art. 117 cost. (competenza esclusiva statale), mentre per tutte le restanti materie la

competenza spetta alle Regioni (competenza residuale).

o La competenza legislativa (il potere di fare le leggi) può, in alcune materie indicate nell’art.

117 cost., essere condivisa tra Stato e Regione nel senso di chiamare entrambi ad una

cooperazione nella formulazione delle leggi (competenza concorrente o ripartita).

La competenza amministrativa, e cioè il potere di amministrare la comunità o le comunità

nazionali, tende poi a seguire quella legislativa: quindi se la Regione ha competenza legislativa in

una certa materia, per esempio la formazione professionale e l’agricoltura, in questo campo essa

avrà anche la competenza amministrativa.

LO STATO FEDERALE

Page 21: Dispensa Di Diritto Pubblico

21

Nello stato federale lo spostamento dei poteri pubblici di sovranità verso le comunità periferiche è più

incisivo. In esso vi sono dunque più centri e soggetti giuridici che esercitano la sovranità oltre allo Stato.

Gran parte dei poteri legislativi, amministrativi e, negli stati con tendenze più spiccatamente federaliste e

autonomiste (USA), anche giudiziari spetta ai cosiddetti Stati federati, mentre allo Stato federale rimangono

i poteri di rappresentanza degli interessi comuni alle diverse comunità o nazioni e la soggettività politica in

campo internazionale.

In Italia è in corso la riforma dello Stato in senso federale, mentre una generale tendenza al rafforzamento

dei federalismi e dei regionalismo si verifica in molti stati europei (Spagna, Gran Bretagna, Germania e

persino in Francia).

8. La Costituzione italiana e le costituzioni in generale

La Costituzione italiana è del 1948 ed è stata redatta dall’Assemblea costituente, eletta dal popolo italiano

nel 1946 nelle prime elezioni a suffragio universale della storia italiana.

In quelle stesse elezioni, gli italiani scelsero la forma di governo repubblicana bocciando la monarchia.

La costituzione si compone di:

· una parte introduttiva, dedicata ai principi fondamentali (articoli da 1 a 12)

· una prima parte dedicata ai diritti e ai doveri dei cittadini (articoli da 13 a 54)

· una seconda parte dedicata all’ordinamento della Repubblica (articoli da 55 a 139)

· 18 disposizioni transitorie e finali.

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Caratteri principali della Costituzione:

1. E’ una costituzione votata, perché l’Assemblea Costituente è stata votata dal popolo.

Invece le costituzioni si dicono concesse o ottriate (termine di origine francese) quando sono date o ottenute dal sovrano. Di questo tipo è la precedente costituzione Italiana del 1848, detta Statuto Albertino. Possono conseguire in molti casi a rivoluzioni di popolo, o a movimenti di indipendenza, come nel caso americano e nelle ex colonie europee.

2. E’ una costituzione rigida,

perché può essere modificata solo con un largo accordo delle forze politiche, attraverso un procedimento aggravato nei tempi e nelle forme (procedimento aggravato).

Le costituzioni si dicono invece flessibili,

quando possono essere modificate con il semplice accordo della maggioranza di governo, attraverso una legge ordinaria: di questo tipo fu lo Statuto Albertino.

3. E’ una costituzione lunga,

perché prevede i diritti e i doveri dei cittadini, suddividendoli in quattro categorie di rapporti:

rapporti civili, rapporti politici, rapporti etico-sociali, rapporti economici.

Le costituzioni brevi, come lo Statuto Albertino, invece, regolano solo alcuni aspetti della vita del cittadino e limitatamente ad alcuni diritti, come quelli civili essenziali (libertà personale e difesa giudiziaria), politici e economici (proprietà e iniziativa economica). Dunque i diritti sociali (come libertà nello stato e non più soltanto libertà dallo stato) esprimono il carattere precipuo delle costituzioni lunghe.

4. E’ infine una costituzione scritta,

che si compone di un testo di 139 articoli, accanto al quale vengono poste le altre leggi di integrazione e modificazione costituzionale: queste ultime aggiungono nuove norme o modificano norme già presenti nel testo costituzionale

Esistono infine esempi di costituzioni non scritte, come quella inglese, che si compone di parti trasmesse oralmente e consuetudinariamente nei secoli e di alcune leggi di natura costituzionale.

Page 23: Dispensa Di Diritto Pubblico

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9. I principi fondamentali della Costituzione italiana

La Costituzione contiene nell’Introduzione l’enunciazione dei principi fondamentali ai quali deve ispirarsi la

vita delle istituzioni e dei cittadini: tra i più importanti, il principio democratico e rappresentativo,

minoritario di tutela delle minoranze e solidaristico, egalitario, partecipativo e lavorista, unitario e

autonomistico, internazionalista e pacifista, di libertà.

PRINCIPIO RAPPRESENTATIVO:

La sovranità spetta al popolo, in termini politici, e agli organi costituzionali dello Stato e agli altri enti

pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane), dal punto di vista legale.

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A ciò consegue che i nostri eletti (deputati, senatori, consiglieri e presidenti regionali, provinciali, comunali

e circoscrizionali) rappresentano tutta la nazione italiana e non solo la parte che li elegge, e ad essa

rispondono politicamente e non legalmente. Si dice allora che vi è il divieto di mandato imperativo, nel

senso che il mandato politico che noi conferiamo con il voto non impedisce ai nostri eletti di cambiare

opinione e di agire in tutt’altro modo da quello promesso alle elezioni o di passare in uno schieramento

politico diverso da quello nel quale sono stati eletti. Importante è però la motivazione politica di un tale

gesto.

In alcuni ordinamenti, invece un parlamentare eletto nelle file di una forza politica o uno schieramento

politico può solo dimettersi se non condivida più la linea politica di quella forza.

PRINCIPIO DEMOCRATICO:

Nella volontà del popolo risiede la legittimazione del potere di sovranità. La volontà del popolo si forma in

libere elezioni a suffragio universale con applicazione del criterio maggioritario. Il criterio maggioritario

può essere applicato poi attraverso sistemi elettorali maggioritari o proporzionali.

Il criterio maggioritario caratterizza anche il funzionamento degli organi di governo a qualsiasi livello.

Il criterio maggioritario indica la prevalenza delle decisioni concordi della metà più una delle persone

presenti alla seduta dell’organo collegiale (maggioranza semplice) o dei componenti dell’organo a

prescindere dal numero dei presenti alla seduta (maggioranza assoluta) o di quote più ampie richieste dalla

legge per decisioni o elezioni di particolare importanza (maggioranza qualificata), come nel varo di una

legge costituzionale o nella elezione del Presidente della Repubblica (due terzi dei componenti delle

rispettive assemblee).

Se l’elezione prevede più di una alternativa, allora si parla anche di maggioranza relativa, per intendere la

soluzione che riporta il maggior numero di voti pur senza raggiungere la metà dei votanti o dei componenti

dell’organo. In ambito elettorale, si usa l’espressione “partito di maggioranza relativa” per indicare il primo

partito che rappresenta però quote inferiori alla metà dell’elettorato.

PRINCIPIO SOLIDARISTICO:

La Costituzione parla dei doveri di solidarietà politica economica e sociale, il cui rispetto viene

impersonalmente richiesto a tutta la collettività, dunque ai cittadini ed anche alle istituzioni.

Il comportamento di ciascun cittadino deve essere improntato alla solidarietà politica, nel senso della

necessaria partecipazione alle fasi importanti della democrazia, come le votazioni a qualunque livello,

anche aziendale, o il dibattito culturale e politico del Paese (PRINCIPIO PARTECIPATIVO e PRINCIPIO

LAVORISTA), ma anche nel senso del basilare rispetto della dignità delle istituzioni politiche, delle persone

e delle opinioni politiche da esse espresse.

Page 25: Dispensa Di Diritto Pubblico

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Anche tra le istituzioni deve esserci un senso di solidarietà, di rispetto e coesione istituzionale, perché le

funzioni di ogni organo o ufficio della Repubblica non ostacolino le legittime funzioni e prerogative degli

altri. Il Capo dello Stato si fa garante di questo equilibrio.

Come si vede, la Costituzione impone doveri al legislatore (fare leggi che non contrastino con i principi

costituzionali), ma anche direttamente ai singoli e alle istituzioni, anche se in questo secondo caso le norme

che impongono tali doveri sono per lo più prive di sanzione giuridica.

La solidarietà economica richiede invece comportamenti di equità sociale e di sostegno alle classi

economicamente più deboli, soprattutto nell’azione di governo.

Da qui il senso della legislazione di tutela del consumatore, per esempio, che ha visto nascere numerose

organizzazioni private dedite alla difesa degli utenti e fruitori di servizi pubblici e privati o la progressività

del sistema tributario, che impone tributi più alti ai redditi più alti.

Infine il dovere di perseguire una solidarietà sociale comporta l’idea di una società omogenea e armoniosa,

dove siano date pari opportunità ai cittadini in tutti campi, dove non vi sia disparità tra zone del Paese o

della stessa città, dove l’integrazione dei portatori di culture diverse sia facilitata e vista come fattore di

progresso e non di ostacolo.

Troviamo applicazione di questi principi in varie leggi e nella stessa costituzione, che parla delle pari

opportunità in genere, e non solo tra uomo e donna (artt. 37 e 51), nelle leggi a difesa dei diritti dei minori,

dei portatori di handicap e dei malati, delle fasce a basso reddito della popolazione (art. 38), o in altre

norme della Costituzione che impongono il riequilibrio della ricchezza tra le diverse aree del Paese con la

previsione di fondi perequativi (art. 119).

IL PRINCIPIO EGALITARIO:

Impone al legislatore, ed anche ai singoli cittadini ed istituzioni, di attenersi nella loro azione al rispetto

della pari dignità sociale dei cittadini, senza alcuna distinzione fra di loro (art. 3).

Alla proclamazione formale del principio deve fare seguito la previsione di una uguaglianza sostanziale, che

ritiene legalmente responsabile lo stato ogni qualvolta i cittadini siano discriminati e, quindi situazioni

identiche abbiano trattamenti differenti o, al contrario, situazioni differenti abbiano trattamenti

ingiustamente identici.

PRINCIPIO UNITARIO E AUTONOMISTA

La Costituzione fa salvi il principio repubblicano, quanto alla forma di governo, e il principio unitario,

quanto alla forma di stato.

Page 26: Dispensa Di Diritto Pubblico

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La forma di stato si arricchisce poi del principio autonomista, intendendosi con esso il riconoscimento dei

centri di potere regionale e locale, pur nella natura derivata di questi ordinamenti minori dall’unico

ordinamento statale.

Leggiamo l'art. 5 della Costituzione: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie

locali; attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i

principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento” (norma di tipo

programmatico).

Che differenza c’è tra decentramento e autonomia?

Quando sia la competenza legislativa che quella amministrativa sono attribuite anche ad enti territoriali

regionali e locali, parliamo di autonomia.

Se invece la sola competenza amministrativa statale viene divisa tra organi e uffici dello stato ed enti

territoriali regionali o locali (Province, Comuni, Città metropolitane, Comunità montane) in modo da

spostarne il baricentro prevalentemente verso gli uffici periferici e gli enti locali siamo davanti al

decentramento amministrativo.

In Italia i due aspetti, quello del decentramento (dell’amministrazione pubblica dello Stato) e

dell’autonomia (legislativa e amministrativa degli altri enti pubblici territoriali), si sovrappongono e

convivono in nome del principio di sussidiarietà, per il quale

le competenze devono essere gestite al livello più vicino ai cittadini : quindi se un’azione

amministrativa può essere fatta dal Comune non c’è bisogno di scomodare la Provincia o la Regione

o lo Stato.

PRINCIPIO INTERNAZIONALISTA

L’Italia riconosce il diritto internazionale universalmente riconosciuto e promuove tutte le organizzazioni

che promuovano a loro volta pace e sviluppo, come l’ONU, l’UE, l’OCSE, la NATO, il WTO, eccetera, artt. 10

e 11 cost.).

A tal fine può consentire anche limitazioni della sovranità, in modo che fette di potere normativo,

amministrativo o giudiziario siano gestite da tali persone giuridiche internazionali.

Questo è il caso dell’UE, che è un’organizzazione internazionale dal carattere specifico di organizzazione

sovranazionale, perché crea norme direttamente applicabili nei Paesi membri, fra cui l’Italia.

L’Italia si oppone alla guerra offensiva, di conquista, il che lascia immaginare invece che gli eventuali

conflitti armati nel corso di operazioni di peace keeping (mantenimento della pace) dell’ONU non siano

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esclusi o vietati, purché orientati con regole chiare (regole di ingaggio dei militari) a conquistare la pace

(PRINCIPIO PACIFISTA).

All’alveo del diritto universalmente riconosciuto si riconducono i diritti fondamentali di ogni uomo, a

prescindere dalla nazionalità o cittadinanza di appartenenza, spesso definiti ed applicati in ogni contesto

come diritto naturale o semplicemente diritti umani; lo stesso vale per le norme consuetudinarie che

conducono al riconoscimento giuridico degli altri stati e delle organizzazioni non territoriali che

rappresentano popoli in lotta per la conquista o riconquista dei propri territori (come l’OLP).

PRINCIPIO DI LIBERTA’

La libertà è valore e principio implicito e presupposto nella nostra costituzione, nel senso che ogni diritto, se

vogliamo, rappresenta una fetta di libertà. Libertà nella legalità, dunque.

Di libertà la costituzione parla espressamente soprattutto nel titolo dedicato ai “rapporti civili”, ad esempio

con riguardo al concetto tecnico di libertà personale (artt. 13 e 14), alla libertà, oltre che segretezza, della

corrispondenza (art. 15), alla possibilità che ha il cittadino di circolare e soggiornare liberamente (art. 16), al

diritto che hanno i cittadini di associarsi liberamente (art. 18), o di professare liberamente la propria fede

religiosa, alle confessioni religiose egualmente libere davanti alla legge (art. 8), alla possibilità di

manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21), con riguardo ancora alla libera iniziativa economica

(art. 41).

10. Le forme di governo

Secondo la definizione di Costantino Mortati, illustre costituzionalista, per forma di governo deve intendersi

“il modo in cui le funzioni dello Stato sono distribuite ed organizzate tra i diversi organi costituzionali”.

Che rapporto c’è tra la forma di governo e la forma di stato?

Le forme di stato rispecchiano il rapporto tra governanti e i governati, mentre le forme di governo

rispecchiano il rapporto tra i diversi organi di governo.

Ne consegue che le forme di governo sono fortemente influenzate dalle forme di stato. Forme di stato e di

governo si completano a vicenda e formano l’architettura dello stato.

Page 28: Dispensa Di Diritto Pubblico

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Per esempio, in molti stati federali vi è la forma di governo presidenziale o semipresidenziale (USA, Brasile)

o direttoriale (Svizzera), ma è possibile trovare esempi di diverso tenore (Germania: stato federale con

forma di governo parlamentare).

Allo stato unitario può associarsi la forma di governo parlamentare (Gran Bretagna) o semi-

presidenziale (Francia).

Lo stato regionale può completarsi con una forma di governo parlamentare (come in Italia).

Non vi sono regole assolute nella architettura dello stato. Di certo l’esperienza della storia insegna quali

sono le accoppiate tra forme di stato e governo che hanno avuto riscontri più positivi.

Quante e quali sono le forme di governo più diffuse?

Sostanzialmente tre sono le tipologie di forma di governo degli stati contemporanei: parlamentare,

presidenziale, direttoriale.

Parlamentare:

(es. Repubblica italiana)

Caratteristiche di questa forma di governo sono:

o il rapporto fiduciario tra il Governo e le Camere;

o il potere di controllo del Parlamento sull’attività politico-amministrativa e finanziaria del

Governo;

o l’applicazione attenuata del principio della separazione dei poteri.

o la forma di governo parlamentare si articola a sua volta in varie tipologie:

la forma parlamentare più tipica è quella assembleare, che presenta le seguenti

caratteristiche:

o nomina diretta del Governo da parte del Parlamento (in Italia è nominato dal

Presidente della Repubblica);

o limitazione dei poteri del Presidente della Repubblica;

o estensione dei poteri del Parlamento;

o esclusione dello scioglimento anticipato delle Camere (mentre nel sistema italiano

questo è possibile);

o largo ricorso agli istituti di democrazia diretta quali il referendum.

Questa forma di governo presenta rischi di instabilità politica e di ingovernabilità;

un tipo particolare di forma di governo parlamentare è poi quella semi-presidenziale

francese, ove vi sono sia elementi della forma di governo parlamentare propriamente

detta (come il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo; solo che in Francia non vi è la

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fiducia iniziale, come in Italia, ma il Parlamento può sfiduciare con mozione di sfiducia il

Governo nel corso del suo mandato, se non condivide più la sua azione politica) sia forti

poteri del Presidente della Repubblica. Cosicché si parla di forma di governo semi-

presidenziale, e il Presidente diventa una sorta di monarca repubblicano;

vi è poi la forma di governo cosiddetta di gabinetto, rientrante anch’essa nelle forme

parlamentari, adottata in Gran Bretagna, ove vi è il rafforzamento dei poteri del Primo

Ministro e di alcuni Ministri del Governo (per lo più i Cancelliere dello Scacchiere, i

Ministri degli esteri e degli interni).

Il rafforzamento dei poteri del primo ministro, in particolare, pare maggiormente

compatibile con la realtà politica britannica, largamente omogenea e consolidata sul

bipartitismo e sulla alternanza delle forze politiche al governo del Paese.

Presidenziale:

(es. Stati Uniti d’America)

Caratteristiche di questa forma di governo sono:

o separazione rigida dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario;

o funzione esecutiva e di indirizzo politico nelle mani del Capo dello Stato eletto dal popolo;

o funzione legislativa nelle mani delle Camere elette dal popolo;

o funzione giurisdizionale assegnata ai Magistrati, come corpo autonomo, in parte anch’essi eletti

dal popolo;

o contrappesi al potere di indirizzo politico del Presidente attraverso la approvazione da parte

delle Camere delle leggi di spesa e di bilancio dello stato (cosiddetto sistema di check and

ballance, utilizzato per evitare che il Presidente possa trasformarsi in una sorta di dittatore) o

mediante il cosiddetto impeachment del Presidente (corrispondente alla nostra procedura di

messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica) per gravi reati propri della sua funzione,

come tradimento, concussione, eccetera);

o un Presidente che, nell’equilibrio dei pesi e contrappesi, ha il potere di veto sulle leggi del

Parlamento (negli Stati Uniti, il Congresso), che vengono approvate se ottengono poi la

maggioranza favorevole dei due terzi delle Camere nella successiva votazione.

Questa forma di governo presenta dei rischi, in quanto l’attività di indirizzo politico non sempre

risulta conforme ed aderente agli interessi reali dei cittadini e delle minoranze e possono nascere

conflitti sociali. Inoltre, quando le contromisure non sono adeguate, vi è il rischio di derive

autoritarie.

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Direttoriale:

(es. Confederazione Elvetica)

Caratteristiche di questa forma di governo sono:

o il potere esecutivo spetta a un organo collegiale (in Svizzera, il Consiglio Federale, composto da

sette membri) eletto dall’Assemblea federale (organo rappresentativo del popolo);

o l’organo di governo non è soggetto alla fiducia dell’Assemblea, anche se può essere messo in

condizione di dimettersi;

o il Presidente è uno dei componenti del Consiglio e dura in carica un solo anno.

Seconda parte

Gli organi costituzionali nell’Ordinamento della Repubblica

11. Il Parlamento in generale

Il Parlamento è l’organo costituzionale più importante della forma di governo italiana, detta per l’appunto

parlamentare.

E’ un organo collegiale composto, perché a sua volta formato da due organi collegiali. Si tratta delle due

Camere, che hanno lo stesso peso e la stessa importanza e concorrono insieme nella approvazione delle

leggi. Tale sistema di duplicazione di poteri e di funzioni delle Camere si chiama bicameralismo perfetto.

Sarebbe imperfetto il bicameralismo ove una delle due Camera avesse maggiori poteri dell’altra. Questo

equilibrio di poteri si riflette sugli atti, che hanno natura di atti complessi, ai quali concorrono cioè entrambi

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gli organi, a complessità uguale, perché gli organi concorrono con uguale potere a crearli. Un

bicameralismo imperfetto si aveva con lo Statuto Albertino, nominalmente a favore del Senato (cosiddetta

Camera alta), nei fatti, e nel tempo, a favore della Camera dei Deputati (cosiddetta Camera bassa).

Le Camere sono elette a suffragio universale dal 1946, quando gli italiani furono chiamata a votare per

l’Assemblea costituente, una sorta di parlamento speciale, con l’unico obiettivo di approvare una nuova

costituzione per il neonato stato.

Il numero dei deputati è di 630 e quello dei senatori è di 315, oltre i cinque senatori a vita nominati per

meriti insigni dal Capo dello Stato, e gli ex Presidenti della Repubblica, membri di diritto a vita del Senato.

12. I sistemi elettorali

I sistemi elettorali sono sostanzialmente di due tipi: proporzionali e maggioritari.

Esistono poi numerose varianti che si riconducono per alcuni aspetti ai primi e per altri ai secondi, insomma

leggi ibride, come ibrida è la nostra attuale legge elettorale, il cosiddetto “porcellum”. Essa è stata

introdotta nel 2005; dal 1993 al 2005 abbiamo avuto un sistema misto maggioritario (al 75%) e

proporzionale (per il restante 25%), prima ancora (dal secondo dopoguerra al 1993) il sistema

proporzionale puro.

Vediamo allora:

il sistema maggioritario o a collegi uninominali :

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· in questo sistema il territorio nazionale è diviso in tanti collegi quanti sono i candidati da eleggere

(collegi uninominali).

il sistema proporzionale:

· in questo sistema i seggi vengono divisi tra i partiti in proporzione al numero di voti da essi ottenuti e i

collegi sono plurinominali.

IL SISTEMA ELETTORALE VIGENTE

Dal 2005 (con la l. 270/2005) le Camere vengono elette con un sistema elettorale proporzionale con premio

di maggioranza, sbarramenti alle minoranze politiche e indicazione diretta del premier.

Si tratta in realtà di un sistema misto, che vorrebbe coniugare i vantaggi del sistema maggioritario

(governabilità) con quelli del sistema proporzionale (estesa rappresentanza democratica).

I motivi principali o dichiarati dalle forze politiche per questa modifica sono stati la eccessiva litigiosità delle

coalizioni politiche e la mancanza di rappresentanza politica delle forze minori, svantaggi appalesatisi nel

sistema maggioritario all’italiana.

La nuova legge elettorale abbandona l’uninominale e ritorna al collegio plurinominale (con elezione di più

deputati e senatori in un solo collegio) a lista bloccata (per cui gli eletti di una lista non sono quelli che

ricevono più voti ma quelli pre-individuati dai partiti). Il sistema è definito dalla stessa legge come sistema

elettorale proporzionale con eventuale premio di maggioranza.

Il sistema, infatti, assicura alla coalizione che ottiene più voti, anche se il totale dei suoi voti non raggiunge

la maggioranza assoluta, il 55% dei seggi (premio di maggioranza ).

Inoltre la legge prevede una soglia di sbarramento per le forze politiche minori:

ai partiti singoli che non abbiano superato la soglia del 4% dei voti validi e alle coalizioni che non

abbiano superato la soglia del 10% dei voti validi, per le elezioni alla Camera;

ai partiti singoli che non abbiano superato la soglia dell’8% dei voti e alle coalizioni di partiti che

non abbiano superato almeno il 20% dei voti, al Senato.

All’interno delle coalizioni dei partiti, è sufficiente il 2% dei voti perché il singolo partito entri alla Camera e

il 3% perché entri al Senato.

L’esigenza di salvaguardare il quadro politico tendenzialmente bipolare dovrebbe essere soddisfatta dalla

introduzione delle coalizioni e dalla indicazione del capo delle medesime.

Non vi è però una sanzione per la modifica in corso di legislatura delle coalizioni, non vi è in sostanza il

vincolo di coalizione per le forze politiche (vedi in precedenza sul divieto di mandato imperativo).

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L’indicazione del premier potrebbe sembrare poi in contrasto con le prerogative del Capo dello Stato che,

come noto, nomina il primo ministro sulla base delle maggioranze parlamentari esistenti.

Nei sistemi parlamentari, infatti, il capo dello Stato conferisce l’incarico di formare il governo al leader della

maggioranza vincente o, nel caso di insuccesso di quest’ultimo nel formare il governo, alla persona con

maggiori probabilità di formare il governo, conferendo successivi incarichi fino allo scioglimento anticipato

delle camere. Il suo potere è pertanto un potere vincolato dalla situazione politica concreta.

Con la nuova legge, il Capo dello Stato si trova a dover conferire l’incarico a persona comunque sostenuta

da una maggioranza parlamentare.

13. Durata e funzionamento delle Camere

LEGISLATURA

La legislatura indica la durata in carica delle Camere: essa dura cinque anni e può anche essere interrotta

prima di tale termine per vicissitudini politiche (scioglimento anticipato), in genere per l’incapacità del

Parlamento di dare luogo a maggioranze stabili in grado d sostenere l’azione del Governo.

Il Presidente della Repubblica non può, però, negli ultimi sei mesi di mandato, sciogliere le Camere

(semestre bianco), salvo che la fine della legislatura sia coincidente con la fine del mandato del Capo dello

Stato.

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Ciò è stabilito per non creare situazioni di possibile ricatto istituzionale e per evitare che il Presidente venga

rieletto da un Parlamento che non è fresco di rappresentatività popolare, essendo alla fine del suo

mandato.

Non è possibile prolungare i poteri delle Camere, salvo che nel tempo strettamente necessario ad indire ed

espletare le elezioni delle nuove Camere e fino a che queste non si insedino (prorogatio)e in caso di guerra,

dichiarata con una legge.

INDIZIONE DELLE ELEZIONI

Entro 70 giorni dalla cessazione delle vecchie Camere, il Presidente della Repubblica indice le elezioni.

Questo è un atto dovuto.

CONVOCAZIONE DELLE CAMERE

Entro 10 giorni dalle elezioni, il Presidente convoca le nuove Camere.

Esse si riuniscono in via ordinaria il primo giorno lavorativo dei mesi di febbraio e ottobre; in via

straordinaria, esse possono essere convocate

· dal Presidente della Repubblica

· o dal Presidente della Camera e del Senato (dato che quando è convocata una Camera si intende

convocata di diritto anche l’altra)

· o da un terzo dei deputati o senatori.

Le sedute delle Camere sono pubbliche, salvo che ciascuna Camera o il Parlamento in seduta comune non

decidano di volta in volta per la seduta segreta.

Le Camere provvedono alla elezione del Presidente e alla nomina dell’Ufficio di Presidenza. Il Presidente

della Camera e il Presidente del Senato presiedono le sedute e dirigono il lavoro delle Camere in base alle

norme del Regolamento della Camera di appartenenza.

Il Presidente del Senato della Repubblica è poi la seconda carica dello stato perché ha l’importante ruolo di

supplenza del Capo dello Stato, quando quest’ultimo versi in una condizione di impossibilità temporanea o

permanente di esercitare le sue funzioni (ad esempio in caso di malattia).

Il Presidente della Camera è considerata invece la terza carica dello Stato, per il ruolo prestigioso di

presidenza del Parlamento in seduta Comune.

PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE

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35

Questa variante della seduta delle Camere, riunite insieme, è necessaria per alcuni atti specifici:

elezione del Presidente della Repubblica, con l’aggiunta di tre delegati regionali (con l’eccezione

della Valle d’Aosta che ne ha uno solo)

messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica per attentato alla costituzione e alto

tradimento (poi giudicato dalla Corte Costituzionale)

elezione di un terzo dei membri della Corte costituzionale (cinque su quindici)

elezione di un terzo dei membri del Consiglio superiore della Magistratura (otto su ventiquattro)

AUTONOMIA DELLE CAMERE

Le Camere sono organi autonomi, per cui esse si dotano di un Regolamento, che disciplina il loro

funzionamento.

I Regolamenti parlamentari sono fonti primarie che possono essere modificate soltanto dalla Camera

interessata e non con legge dello stato, né tanto meno con atto del Governo: in tal caso verrebbe meno la

garanzia della autonomia di ogni Camera rispetto all’altra e rispetto agli altri organi costituzionali.

Ogni Camera approva il proprio regolamento, secondo l’art. 64 cost., a maggioranza assoluta. Abbiamo

dunque due regolamenti parlamentari, il Regolamento della Camera dei Deputati e il Regolamento del

Senato della Repubblica.

VERIFICA DEI POTERI

Il personale politico delle Camere è soggetto alla autorità delle Giunta per le elezioni, per quanto riguarda la

cosiddetta verifica dei poteri, vale a dire la verifica della regolare elezione dei singoli deputati e senatori.

Le Giunte per le elezioni verificano infatti che, oltre alla regolarità delle elezioni, non vi siano casi di

ineleggibilità o incompatibilità.

Per ineleggibilità si intende che una persona non può accedere alla competizione elettorale relativa alle

cariche di deputato o senatore per mancanza di requisiti soggettivi.

Mentre per incompatibilità, si intende che non è preclusa la partecipazione alle elezioni alla carica di

parlamentare, ma chi viene eletto deve rinunciare ad una carica incompatibile con quella di deputato o

senatore.

Sono casi di ineleggibilità:

· la mancanza di capacità elettorale (che si acquista a 25 anni per la Camera e a 40 anni per il Senato)

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· o il ricoprire una carica istituzionale

o quale Presidente di Provincia

o Sindaco,

o Prefetto,

o Vice-Prefetto,

o l’ex Commissario governativo presso le Regioni, ora Rappresentante dello Stato

o Funzionario di Polizia o di altra amministrazione statale.

Sono casi di incompatibilità:

· la carica di deputato o senatore, rispetto alla carica di Parlamentare dell’altro ramo del Parlamento,

· la carica di Parlamentare europeo,

· la carica di Presidente della Repubblica,

· di Giudice della Corte Costituzionale,

· di membro del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura),

· di Consigliere regionale.

In genere, l’ineleggibilità è stabilità quando il cittadino abbia, in virtù di poteri e funzioni esercitate, una più

diretta e immediata influenza sulla libertà e sui diritti del cittadino (si pensi al funzionario di polizia che

esegue l’arresto o al Sindaco che rilascia il permesso di costruire).

DELIBERAZIONI DELLE CAMERE

Le deliberazioni (cioè le decisioni di ogni Camera) avvengono con il rispetto dei quorum costitutivi e

deliberativi:

· il quorum costitutivo indica il numero di presenti minimo necessario per poter procedere alle

deliberazioni. Per entrambe le Camere esso è fissato nella metà più uno dei deputati e dei senatori.

Mentre il quorum deliberativo indica il numero minimo necessario di voti favorevoli perché una

deliberazione passi: allora avremo maggioranze semplici (date dal voto favorevole della metà più uno dei

presenti in aula, al Senato; e dalla metà più uno dei votanti, alla Camera), maggioranze assolute (date dal

voto favorevole della metà più uno dei componenti di ciascuna Camera), maggioranze qualificate (date

dalle frazioni assembleari maggiori richieste dalla legge, esempio due terzi o tre quinti).

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La verifica del numero legale, infine, può essere sempre richiesta prima delle deliberazioni: con essa si

controlla che vi siano i quorum costitutivi per procedere alla votazione.

14.L’immunità parlamentare

L’immunità parlamentare, antico istituto, indica la speciale condizione giuridica che i parlamentari rivestono

di fronte alla giustizia.

Essi hanno delle prerogative, dunque situazioni individuali diverse rispetto al normale cittadino, che

tengono conto della loro funzione di rappresentanza.

L’istituto della immunità è infatti il risultato di un bilanciamento di valori: da una parte il valore della

rappresentanza politica e istituzionale, di cui è rivestito il parlamentare, dall’altra il valore della giustizia

(uguale) per tutti i cittadini.

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L’istituto della immunità tenta allora di conciliare interessi che talvolta paiono irrimediabilmente in

contrasto: la giustizia uguale per tutti e la necessità di preservare il potere politico da ingerenze e ricatti

istituzionali da parte di altri poteri.

L’immunità parlamentare è prevista nell’art. 68 della Costituzione e si distingue in:

· Insindacabilità delle opinioni espresse e voti dati dal parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni;

· Improcedibilità contro il parlamentare in mancanza di autorizzazione della Camera di appartenenza

per specifici atti giudiziari di restrizione della libertà:

o perquisizioni,

o ispezioni,

o sequestri

o intercettazioni e sequestro di corrispondenza

o arresto e detenzione.

Uniche due eccezioni alla necessità della autorizzazione della Camera di appartenenza sono: flagranza di

reato e sentenza di condanna passata in giudicato.

Quanto al primo punto, si è molto discusso in ordine alla estensione del concetto di “esercizio delle proprie

funzioni”, se quindi l’immunità vada estesa anche rispetto ad atti e attività poste in essere fuori dalle sedi

parlamentari ma che abbiano un indubbio carattere politico (comizi, trasmissioni televisive).

L’orientamento restrittivo del significato di tale espressione tende a prevalere, nonostante al contrario la

vita pubblica trovi sempre nuove arene di confronto delle opinioni.

15. Gli organi parlamentari

Ogni Camera ha al suo interno degli organi collegiali più piccoli che concorrono allo svolgimento dell’attività parlamentare: si tratta delle commissioni, dei gruppi e delle giunte parlamentari.

COMMISSIONI

Si enumerano 14 Commissioni permanenti alla Camera e al Senato, con denominazioni parzialmente diverse. Riproducono in piccolo la composizione politica delle camere e hanno competenze nelle materie istituzionali principali (finanza e bilancio, interni, esteri, lavoro, affari costituzionali, giustizia, difesa, affari sociali, politiche dell’Unione europea, scienza e istruzione, trasporti, poste e telecomunicazioni, agricoltura, ambiente).

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Poi vi sono le Commissioni speciali, solo episodicamente istituite: le Commissioni di indagine o di inchiesta, dotate di poteri di indagine conoscitiva, istituite per approfondire delle materie (di indagine) o chiarire vicende di rilievo nazionale e istituzionale(di inchiesta), in tal caso con poteri del tutto simili a quelli dei magistrati.

GIUNTE

Rispecchiano anch’esse, come le Commissioni, la composizione politica del Parlamento, le Giunte parlamentari sono: la Giunta per le elezioni, la Giunte per le autorizzazioni a procedere e la Giunta per il regolamento.

In particolare, la Giunta per le elezioni ha un generale potere di controllo e verifica sulla regolarità dei procedimenti elettorali.

La Giunta per le autorizzazioni a procedere ha il potere di concedere o negare alla magistratura la autorizzazione a compiere gli atti di restrizione della libertà nei confronti dei parlamentari (di cui all’art. 68 della Costituzione): perquisizioni, ispezioni, intercettazioni telefoniche o mediatiche, arresti, detenzione, al di fuori dei casi in cui questi atti possono comunque avvenire (esempio, flagranza di reato o sentenza irrevocabile di condanna).

GRUPPI

Sono gruppi di deputati e senatori appartenenti allo stesso partito politico che concorrono a formare la dialettica politica del Parlamento. Ogni parlamentare è obbligato, una volta eletto, a comunicare la sua adesione ad un gruppo. Vi è poi il gruppo misto cui si iscrivono gli indipendenti, cioè i parlamentari non aderenti a partiti specifici o appartenenti a partiti meno rappresentati nel Parlamento. Ogni parlamentare iscritto ad un gruppo politico può passare al gruppo misto nel corso della legislatura.

Un’ultima notazione merita la Conferenza de Capigruppo. Ogni gruppo, infatti, si organizza intorno ad un Presidente e ad un Ufficio di Presidenza. La riunione dei Presidenti dei Gruppi parlamentari con il Presidente della Camera o del Senato prende il nome di Conferenza di Capigruppo, che ha il compito importante, sul piano politico, di decidere il calendario dei lavori parlamentari.

16. Le competenze del Parlamento

Le principali competenze del Parlamento sono di tipo legislativo, di indirizzo politico e di controllo.

ITER LEGIS

La legge è un provvedimento complesso che si origina da un procedimento, cioè da un insieme coordinato di atti.

Le fasi del procedimento legislativo sono quattro: iniziativa, discussione e approvazione, promulgazione, pubblicazione ed entrata in vigore.

INIZIATIVA LEGISLATIVA

Può proporre le leggi, secondo l’art. 71 cost.:

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Ogni singolo parlamentare (sia deputato o senatore; e si chiamano proposte o progetti di legge, anche indicati al Senato come disegni di legge senatoriali)

Il popolo (con le firme di almeno 50.000 elettori) Il Governo (e si chiamano disegni di legge) Il Cnel (Consiglio nazionale economia e lavoro; organo ausiliario dello stato che può promuovere

legge in materia economica e sociale) Organi ed enti ai quali sia conferita (l’iniziativa) da legge costituzionale: e cioè ogni Consiglio

regionale.

DISCUSSIONE E APPROVAZIONE

La legge approda indifferentemente ad uno dei rami del Parlamento. Il Presidente provvede a destinare il testo prioritariamente alle Commissioni permanenti che sono chiamate in causa dal provvedimento proposto e poi alla Commissione competente per materia.

PROCEDIMENTO ORDINARIO

Nel procedimento ordinario la Commissione discute il testo ne formula una bozza di testo da sottoporre all’analisi e all’approvazione della camera di appartenenza, accompagnato da due o più relazioni sulla opportunità e i caratteri del testo proposto: in genere una relazione di maggioranza e una relazione dell’opposizione. Per questo la Commissione è detta in sede referente, perché appunto riferisce al Parlamento di quanto da essa elaborato e discusso.

La camera procede alla votazione del testo articolo per articolo e poi ad una seconda votazione sul testo per intero. Ciò è necessario perché i singoli articoli potrebbero essere approvati con delle modifiche (emendamenti) nel corso dei lavori della Camera, e ciò potrebbe alterarne il significato complessivo.

PROCEDIMENTO SPECIALE

Quando la Commissione ha il potere più incisivo di approvare il testo della legge, dunque facendo tutto da sola, abbiamo il procedimento speciale.

Vi sono alcune materie su cui non si può legiferare in questo modo:

progetti di legge in materia costituzionale ed elettorale, di delegazione legislativa, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi. Altre materie sono state aggiunte dai regolamenti parlamentari.

PROCEDIMENTI MISTI

Vi sono anche casi in cui le Commissioni dividono il lavoro di approvazione con la Camera o il Senato, anche indicati come plenum o assemblea: la Commissione predispone un testo e il plenum si riserva l’approvazione dei singoli articoli e del testo complessivo senza dichiarazioni di voto (cioè senza che ogni parlamentare debba spiegare la sua opinione e il suo voto); oppure l’assemblea incarica la Commissione di redigere il testo e votare i singoli articoli, lasciando al Senato (nella specie) l’approvazione finale del testo complessivo. In tali casi la Commissione si definisce in sede redigente.

PROMULGAZIONE

Con la promulgazione, il Presidente della Repubblica appone sulla legge il suo sigillo di legalità e, dunque, di garanzia di coerenza del testo con la costituzione e di completezza e correttezza di tutto il procedimento parlamentare fin qui svoltosi.

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Laddove ravvisasse elementi di contrasto con i principi della costituzione, il Presidente potrebbe rinviare il testo alla Camere con l’indicazione, in uno specifico messaggio, delle modifiche di principio da apportare al testo (potere di rinvio).

Le camere, a quel punto, possono anche non tenere conto delle richieste del Capo dello stato e riproporre il testo nella medesima forma. In tal caso il Presidente sarà obbligato a promulgare la legge. Di norma, il Presidente, però, gode di un elevato prestigio derivante dalla sua caratura istituzionale e personale, in grado di influenzare in modo incisivo il lavoro del Parlamento. Ciò anche considerato che il Presidente effettua un primo vaglio di costituzionalità della legge, cui potrebbe far seguito il sindacato di costituzionalità della Corte Costituzionale.

PUBBLICAZIONE ED ENTRATA IN VIGORE

La legge è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nella Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica ed entra in vigore al quindicesimo giorno successivo a quello di pubblicazione, salvo che sia la legge stessa ad indicare un diverso termine di entrata in vigore.

APPROVAZIONE DELLA LEGGE COSTITUZIONALE

Il procedimento di approvazione di legge costituzionale è regolato dall’art. 138 cost. ed è definito procedimento aggravato perché più articolato e complesso di quello ordinario, dato il carattere rigido della nostra costituzione.

In particolare, il testo della legge deve essere approvato da ciascuna camera due volte, e tra la prima e la seconda deliberazione devono passare almeno tre mesi. Ciò al fine di far rifletter bene i parlamentari su quella che è una modifica o una integrazione della legge fondamentale dello stato.

Inoltre, nella seconda deliberazione il quorum deliberativo è dei due terzi dell’aula, altrimenti (se il testo riscuote soltanto il consenso della maggioranza assoluta) si rende necessario il referendum popolare (detto referendum costituzionale o confermativo), con il quale il popolo è chiamato ad esprimersi sulla bontà di quella legge. Confermata la legge dal popolo, solo allora il Presidente ne promulga il testo, che viene poi pubblicato nei modi già visti per la legge ordinaria.

POTERI DI INDIRIZZO POLITICO

Il Parlamento è, insieme al Governo, organo dell’indirizzo politico generale del Paese. Già con la legislazione esso incide fortemente sulle politiche nazionali, vi sono poi atti ulteriori con i quali concorre a determinarlo in maniera ancora più diretta, sul piano della amministrazione della cosa pubblica.

In primo luogo, il Parlamento concede la fiducia al Governo attraverso la cosiddetta mozione di fiducia. Ogni Governo neoincaricato deve recarsi davanti alle Camere, entro dieci giorni da giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica, per esporre il programma elettorale e ottenere la fiducia del Parlamento. La fiducia è discussa e votata in modo palese e con dichiarazione di voto dei parlamentari

Con le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, il Parlamento decide le linee portanti della politica estera, lasciando al Governo le negoziazioni del diritto internazionale e le azioni diplomatiche.

Con le leggi di amnistia e indulto, decide, in speciali circostanze politiche e sociali, della applicazione dei reati e delle pene rispetto ai cittadini: con l’amnistia cancella (estingue) i reati commessi, con l’indulto estingue le pene comminate dai giudici. Sono provvedimenti di portata generale, che si applicano cioè a tutti i cittadini che, in una dato momento, si trovano nelle specifiche situazioni giuridiche indicate dalla legge. Ma la legge che prevede e punisce i reati

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amnistiati e commina le pene oggetto di indulto rimane in vigore e torna ad essere applicata subito dopo la cessazione degli effetti del provvedimento, salvo successive modifiche legislative.

Con l’approvazione della legge di bilancio decide in maniera definitiva gli indirizzi della politica finanziaria del Governo e della politica economica.

Il Parlamento delibera lo stato di guerra con legge, nella quale indica gli speciali poteri concessi al Governo.

POTERI DI CONTROLLO

Il Parlamento ha poteri di controllo sull’operato del Governo e, in genere, sulla vita politica del Paese. Nei confronti del Governo esercita tale potere con la mozione di sfiducia, le interrogazioni e le interpellanze. Per gli altri aspetti collegati alla vita del Paese, di particolare importanza sono le azioni delle Commissioni di indagine, di inchiesta e di vigilanza.

MOZIONE DI SFIDUCIA

Quando il Parlamento non condivide l’azione politica del Governo può dare corso alla mozione di sfiducia. La mozione è una votazione su una proposta avanzata da un gruppo di deputati o senatori. La mozione di sfiducia ha lo specifico fine di far cadere il Governo privandolo della necessaria fiducia, almeno in una delle Camere.

INTERROGAZIONE

L’interrogazione consiste in una richiesta formale rivolta in aula da un parlamentare al Ministro competente rispetto a fatti o eventi che abbiano interessato il Paese, e di cui egli voglia venire in possesso di informazioni più specifiche e circostanziate, soprattutto riguardo alle iniziative e provvedimenti messi in campo dal Governo.

L’interrogazione prevede una risposta orale del Ministro, e una controreplica, sempre orale e breve del parlamentare, che può dichiararsi soddisfatto o non soddisfatto della risposta del Ministro.

INTERPELLANZA

L’interpellanza ha una forma scritta e consiste nella richiesta rivolta da un parlamentare al Ministro competente di chiarimenti sulla generale linea politica che il Governo ha seguito ed intende seguire rispetto a eventi e situazioni o materie di interesse generale nella vita politica del Paese. L’interpellanza può anche essere trasformata in mozione e condurre ad una votazione dell’assemblea. Essa ha dunque uno spettro più ampio rispetto alla interrogazione.

INCHIESTE

Il Parlamento può condurre delle indagini su fatti e situazioni di interesse generale istituendo, come specificato sopra, apposite Commissioni, anche bicamerali.

Le indagini possono riguardare attività conoscitive, se hanno di mira un quadro preciso della situazione generale del Paese o di specifici fenomeni in atto, anche al fine di produrre una legislazione efficace, oppure avere una natura giurisdizionale, per maturare un giudizio su vicende specifiche oppure ancora una natura e un fine di vigilanza sull’operato di enti e istituzioni pubbliche e private.

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17. Il Presidente della Repubblica

Il Presidente della Repubblica rappresenta lo stato ed è garante della Costituzione.

E’ una figura rappresentativa, la funzione del P.R. non è diversa il Italia rispetto a molte altre democrazie

parlamentari. Egli è garante dell’unità dello stato e della costituzione.

E’ organo di garanzia (sopra le parti politiche in campo) ma ha un importante potere di indirizzo politico

istituzionale che esercita mediante alcuni atti tipici, come lo scioglimento delle Camere o una sola di esse,

quando ritenga che non sia più possibile dare luogo ad una nuova maggioranza o che il funzionamento della

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maggioranza non vada più nel senso della reale volontà degli elettori. Questo aspetto è particolarmente

discutibile, quanto al carattere e ai limiti, cioè, di questo potere.

Più che sul piano della regolamentazione costituzionale della carica (non dettagliata) è il carisma della

persona e la portata, il prestigio, il peso più morale che politico, dell’istituzione (che viene fuori soprattutto

attraverso il potere di esternazione) ad esercitare quella influenza sugli organi costituzionali che prende il

nome di “moral suasion”.

Il potere di esternazione consiste nella possibilità che ha il P.R. di esprimere delle opinioni e mandare

messaggi alle altre istituzioni (alle Camere in particolare) sull’oggetto della alta politica nazionale, cioè sugli

aspetti politici che riguardano le questioni istituzionali, l’equilibrio fra i poteri dello stato nella loro concreta

azione, le proposte di modificazione della costituzione, i doveri generali e principali di qualsiasi governo (a

prescindere che sia di destra o di sinistra) sulle priorità da fronteggiare (i grandi temi della politica

nazionale: la lotta al crimine, alla disoccupazione, eccetera).

Non spetta a lui, invece, l’individuazione dei modi in cui le istituzioni devono concretamente agire in campo

politico: il che rientra nel potere di indirizzo politico, che è di competenza del Parlamento e del Governo.

In questo senso il Presidente è definito potere neutro e di garanzia.

Questo ruolo di garanzia spiega il perché della cosiddetta irresponsabilità politica del P.R. per i suoi atti

giuridici: la sua figura deve essere sollevata dalla faziosità politica e restare estranea alla legittima

contrapposizione politica dei partiti.

Retaggio del vecchio sistema costituzionale monarchico, la controfirma ministeriale è l’istituto in base al

quale ogni atto presidenziale deve essere sottoscritto dal Governo di turno (Presidente del Consiglio o

Ministri competenti), al fine di attribuirne a quest’ultimo la responsabilità politica davanti ai cittadini: così

avviene per atti incisivi come lo scioglimento delle Camere e l’indizione di nuove elezioni, l’indizione dei

referendum popolari, lo scioglimento dei Consigli regionali, provinciali e comunali per infiltrazioni mafiose,

la ratifica dei trattati internazionali, la dichiarazione dello stato di guerra, la promulgazione delle leggi,

l’emanazione dei decreti e regolamenti, l’autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge governativi,

la nomina del nuovo Governo (per il che è necessario che il Presidente del Consiglio entrante controfirmi la

sua stessa nomina).

Dei poteri succitati, solo alcuni sono propri del P.R. in senso sostanziale, cioè nel senso di essere decisi nel

merito e nell’opportunità dal Presidente: essi danno luogo ad atti formalmente e sostanzialmente

presidenziali.

Altri atti sono solo formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi, perché decisi dal Governo. In

tal caso il P.R. si limita d un controllo di conformità alla costituzione dell’atto.

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Vi sono poi atti complessi, sulla cui decisione il P.R. concorre con altri organi (Parlamento, Governo), e

infine atti dovuti, nei quali non vi è spazio decisionale per nessuno.

Parliamo dello scioglimento della Camere, o di una sola di esse, di sicuro il potere più incisivo del nostro

P.R., che avviene su decisione autonoma del P.R., presa però sulla base di una valutazione di ciò che

avviene in Parlamento. Ecco perché gli studiosi collocano questo atto nel novero degli atti complessi.

Consideriamo poi il conferimento dell’incarico per formare un nuovo governo, che è atto autonomo del

P.R. vincolato però agli esiti delle elezioni politiche: inoltre, i meccanismi della nuova legge elettorale

portano alla indicazione della persona del premier, cioè il capo della coalizione politica vincitrice, e ciò

riduce la discrezionalità del P.R. nel concedere l’incarico di formare il Governo.

Potere nel cui esercizio rileva elusivamente la volontà del P.R. è la nomina dei giudici costituzionali (cinque

su quindici, altri cinque sono nominati dal Parlamento in seduta comune e gli ultimi cinque dalla

Magistratura) e dei senatori a vita per meriti insigni in campo culturale (che devono essere al massimo

cinque).

Già per la nomina degli alti funzionari di stato, come sottosegretari e direttori ministeriali, la decisione è

presa dal Governo e il Presidente si limita a dare la veste formale del d.P.R. (decreto del Presidente della

Repubblica) alla nomina.

Abbiamo poi il potere di concedere la grazia e commutare le pene dei condannati, da alcuni studiosi visto

come un potere proprio del Presidente da altri visto come un potere co-esercitato con il Ministro della

Giustizia.

Altro aspetto tipico del ruolo di garante della costituzione è dato dal potere di promulgazione delle leggi,

che chiama il P.R. alla doppia verifica di regolarità dell’ iter legis e di costituzionalità del provvedimento

finale (la legge), e può condurlo ad esercitare il cosiddetto potere di rinvio, consistente nel rinvio della

legge al Parlamento con accompagnamento di un messaggio scritto, in cui egli spiega i motivi del rinvio e le

auspicabili modifiche che renderebbero il provvedimento costituzionale. Il Parlamento pertanto modifica la

legge oppure non la modifica affatto e la ripresenta talis et qualis al Capo dello Stato, che è, a quel punto,

costretto ad apporre la sua firma.

Infine vi sono dei poteri che il P.R. ha in quanto componente di organi collegiali. In tal caso i suoi atti (ed è

l’unico caso) non devono avere la controfirma governativa: il P.R., infatti, presiede il Consiglio Superiore

della Magistratura, organo di autogoverno dei magistrati, presiede il Consiglio Supremo di Difesa (ma non

ha il comando effettivo delle forza armate, che spetta al Capo di Stato Maggiore della Difesa, in

collegamento con il Ministro della Difesa).

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Il Capo dello stato gode poi di alcune prerogative della sua funzione, una speciale immunità giuridica, in

particolare la sospensione dei processi per i reati comuni commessi fuori dall’esercizio delle sue funzioni

(materia molto controversa), una particolare protezione della sua persona, assicurata dall’art. 278 c.p. che

prevede il reato di “Offese all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica”, ed una cospicua

indennità finanziaria ed economica.

Formuliamo di seguito una tabella dei poteri del presidente con la rispettiva categoria in cui si inquadrano gli atti che ne rappresentano l’esercizio:

Atti formalmente e sostanzialmente

presidenziali

Atti formalmente presidenziali e

sostanzialmente governativi (o parlamentari)

Atti sostanzialmente complessi

Atti dovuti

Nomina di cinque senatori a vita

Autorizzazione del Governo a presentare disegni dei legge alla Camere

Scioglie le Camere Indice le elezioni

Nomina di un terzo (cinque) dei giudici della Corte costituzionale

Nomina di alti funzionari della Pubblica amministrazione

Nomina il Governo Indice i referendum

Nomina otto esperti del Cnel

Promulga le leggi ed emana i decreti del Governo

Presiede il Consiglio superiore della Magistratura

Accredita i rappresentanti diplomatici all’estero

Presiede il Consiglio Supremo di Difesa

Riceve i rappresentati dei Paesi esteri

Può inviare messaggi alle Camere

Conferisce le onorificenze della Repubblica

Rinvia le leggi alle Camere (potere di veto sospensivo)

Ratifica i trattati internazionali (sostanzialmente parlamentare)

Convoca le Camere in via straordinaria

Dichiara lo stato di guerra (sostanzialmente parlamentare)

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18. Il Governo: struttura e funzioni

STRUTTURA E FORMAZIONE DEL GOVERNO

Il termine governo si può intendere in senso ampio (nel senso degli organi di indirizzo politico: Parlamento

e Governo) oppure in senso stretto.

Il Governo è un organo collegiale composto, perché composto da più organi: è formato dal Presidente del

Consiglio dei Ministri, da tutti i Ministri e dal Consiglio dei Ministri.

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La principale legge di regolamentazione del governo, della sua struttura e funzionamento, dopo la

Costituzione, è la legge 400 del 1988, seguita da altri interventi di riforma della normativa (tra cui i decreti

legislativi n. 300 e 303 del 1999).

Gli organi governativi sopra citati sono necessari e indefettibili, secondo il disposto della Costituzione (art.

92). Vi sono poi altri organi non necessari, ma che la prassi inserisce in modo stabile ormai nella compagine

governativa:

uno o più Vicepresidenti del Consiglio (con compiti di supplenza temporanea, con deleghe concesse

dal Presedente del Consiglio, per specifiche questioni o materie),

il Consiglio di Gabinetto (formato da alcuni Ministri, i più importanti, e con compiti ausiliari e

preparatori dell’attività del Consiglio dei Ministri),

i Sottosegretari di Stato

i Viceministri (anch’essi svolgenti funzioni di collaborazione e potenziamento operativo dell’azione

dei ministri),

i Commissari straordinari del Governo (che rappresentano eccezionalmente il Governo presso altri

enti, territoriali o di atro tipo),

i Comitati interministeriali (che riuniscono solo alcuni ministri competenti in settori omogenei al

fine di elaborare e corroborare le proposte specialistiche di intervento del Governo).

Nella attuale compagine governativa abbiamo:

11 Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio dei Ministri

13 Ministri con portafoglio

10 Ministri senza portafoglio

4 Viceministri

26 Sottosegretari di Stato

Per un totale di 62 persone.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Il Presidente del Consiglio “dirige la politica generale del governo e ne è responsabile” e “mantiene l’unità

di indirizzo politico ed amministrativo”, secondo quanto disposto dall’art. 96 della Costituzione, e, per

precisare ulteriormente i suoi compiti, la disposizione dice anche come egli possa fare tutto questo:

“promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri”.

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Insomma egli è solo “primo tra pari” ed a lui spetta più un ruolo di indirizzo e coordinamento dei Ministri

che non di vero e proprio comando e direzione.

La disciplina costituzionale sul Presidente del Consiglio prevede la responsabilità giuridica per i reati

commessi nell’esercizio delle proprie funzioni: per esempio utilizzo di fondi per finalità diverse da quelle

statuite nel bilancio dello stato, anche se pur sempre di interesse pubblico. In tal caso, il Senato (se il

Presidente è anche Senatore o non è parlamentare) o la Camera (se il Presidente è anche deputato) sono

chiamati dalla Magistratura ordinaria, competente per il relativo processo, a pronunciarsi per

l’autorizzazione a procedere contro il Presidente (art. 96 cost.).

I MINISTRI

La norma vale anche per i Ministri. I Ministri sono responsabili civilmente verso lo Stato e verso gli altri

cittadini per i danni ingiustamente arrecati ad essi: unica differenza tra i Ministri e i Cittadini è che i primi

stanno in giudizio nelle cause civili in cui vi sia come controparte lo Stato davanti alla Corte dei Conti e non

davanti alla Magistratura ordinaria.

FORMAZIONE DEL GOVERNO

Il Governo nasce con l’incarico dato dal Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio, che

propone la lista dei ministri al Capo dello Stato, che li nomina.

L’incarico è dato al leader del partito o della coalizione risultata vincitrice delle elezioni e su questo aspetto

dei poteri del Capo dello Stato la nuova legge elettorale ha ridotto il campo della sua valutazione.

Anche la prassi costituzionale delle consultazioni al Quirinale dei Segretari dei principali partiti, ex Capi dello

Stato, Presidenti delle Camere e i Presidenti dei Gruppi parlamentari ha perso il significato politico di un

tempo (la cosiddetta prima repubblica) per via della riforma del sistema elettorale in senso maggioritario e

della instaurazione del bipolarismo politico.

Il Governo giura nelle mani del Capo dello Stato e si reca entro entro 10 giorni davanti al Parlamento a

illustrare il programma di governo e a chiedere, su quella base, la fiducia delle Camere.

I deputati e i senatori sono chiamati a concedere o meno la fiducia al Governo con voto palese su appello

nominale e dichiarazione di voto, fase di norma ripresa dalle telecamere Rai.

IL POTERE NORMATIVO DEL GOVERNO

Il potere normativo del Governo consiste nell’esercizio da parte del Governo di atti di normazione primaria,

dunque di rango pari a quello legislativo.

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Sappiamo che la legge è prerogativa del Parlamento, depositario della funzione legislativa, ma a riprova del

fatto che nella nostra forma di governo parlamentare non vige una rigorosa separazione dei poteri,

abbiamo che il Governo può introdurre atti aventi forza di legge:

· in circostanze eccezionali di necessità ed urgenza, nel caso del decreto-legge,

· o in base ad una delega del Parlamento contenente i principi, i criteri e i tempi entro i quali dare

luogo alla normazione, nel caso del decreto legislativo.

Un’ultima fetta di normazione, in questo caso secondaria, dunque di livello sub-legislativo, il Governo la

esercita con i regolamenti governativi.

Nella piramide delle fonti avremo allora sullo stesso livello (primario):

· la legge ordinaria del Parlamento,

· la legge regionale delle Regioni

· e gli atti aventi forza di legge del Governo (decreti-legge e decreti legislativi).

Al livello secondario avremo:

· i regolamenti governativi

· i regolamenti del Presidente del Consiglio

E poi:

· i regolamenti ministeriali

· e i regolamenti interministeriali

I livelli normativi superiori prevalgono su quelli inferiori: sicché avremo che la legge può modificare o

abrogare un regolamento (e non il contrario), un regolamento del Governo può modificare o eliminare un

regolamento del singolo ministro (regolamento ministeriale) o di più ministri (regolamento

interministeriale), ma non il contrario.

IL DECRETO-LEGGE

Come si è detto sopra, circostanze eccezionali di necessità ed urgenza possono richiedere un intervento

normativo rapido ed efficace del Governo. Gli si dà lo strumento con il decreto-legge.

Ne abbiamo avuto una riprova in occasione dei recenti eventi di calamità naturali in tutta Italia. Molte altre

e di vario tipo possono essere le concrete circostanze, non tassative (es. sicurezza dei cittadini, interventi di

politica fiscale e tributaria).

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Per la verità il ricorso al decreto-legge sembra essersi incrementato negli ultimi decenni di governo,

sull’onda di una serie di cause e considerazioni: in primo luogo la lentezza dell’ iter legis parlamentare e la

tendenza a lasciare al Governo maggiori spazi di regolamentazione della vita e della società, una vita e una

società che pongono e necessitano di sempre più e più sofisticate regole.

A chi spetta la valutazione della presenza in concreto delle circostanze eccezionali di necessità ed urgenza?

Al Governo e al Parlamento stesso, entrambi impegnati in questa fase.

Il Governo prende l’iniziativa, con l’autorizzazione solo formale del Capo dello Stato, di presentare alle

Camere il decreto-legge, accompagnato da un disegno di legge, detto di conversione in legge del decreto

stesso.

Infatti, il Parlamento è chiamato dal Governo a convertire in legge il decreto entro il termine perentorio

di sessanta giorni.

Il Parlamento discute nelle Commissioni competenti se ricorra o meno il caso di necessità e urgenza, ma

tende sotto questo profilo a fidarsi del giudizio del Governo e ad avallarne le valutazioni.

Se il Parlamento approva la normativa proposta dal Governo, converte in legge il decreto, e il decreto-legge

è confermato definitivamente: quindi, essendo già in vigore, continua ad avere effetto.

Se il Parlamento non approva, nel merito o nelle modalità proposte, il decreto-legge del Governo, allora

può lasciare cadere la cosa, non approvando alcuna legge di conversione entro i sessanta giorni, o

regolando a suo piacimento la medesima materia, magari con norme dal tenore del tutto diverso da quelle

proposte dal Governo (anche oltre i sessanta giorni).

In quest’ultimo caso, è evidente che la faccenda assuma connotati prettamente politici: infatti la

maggioranza parlamentare che non approva il decreto è la stessa che, però, sostiene il governo. Ma questo

fatto non è di per sé indice o causa dell’apertura di una crisi di governo, quanto piuttosto pone degli

interrogativi politici sulla tenuta del Governo.

Diverso è però il caso in cui il Governo accompagni il disegno di legge di conversione del decreto-legge in

legge con la cosiddetta fiducia . Il Governo, come sappiamo, può porre la questione di fiducia sui

provvedimenti da esso proposti. E benché il fatto che alcuni provvedimenti non vengano approvati dal

Parlamento (quando si dice che il Governo è andato sotto in Parlamento) non comporta la crisi di governo,

se invece è stata posta la fiducia (dal Presidente del Consiglio) su un provvedimento, il responso negativo

del Parlamento obbliga il Governo alle dimissioni e fa conseguire una crisi di Governo.

Di non secondaria importanza, ai giorni nostri, è infine la prassi governativa (successivamente regolata dalla

legge n. 400 del 1988) di proporre modifiche ( emendamenti ) al testo del disegno di legge di conversione

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originariamente proposto, e già all’esame del Parlamento. Queste modifiche si aggiungono agli

emendamenti proposti dai parlamentari.

QUESTIONI PROBLEMATICHE

Da più parti si lamenta, e non solo con riguardo alla cosiddetta seconda repubblica, una ricorrente forzatura

della natura e funzione attribuita al decreto-legge dalla Costituzione.

Altra questione problematica è la reiterazione dei decreti-legge. Quando il Parlamento non converte in

legge il decreto entro sessanta giorni, Il Governo potrebbe ripresentare lo stesso decreto nella stessa forma

e, con questo stratagemma, farla in barba al Parlamento e alla Costituzione, prorogando all’infinito una

normativa per definizione provvisoria: quella del decreto-legge.

Come si è posto argine a questo problema?

Con una recente sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale la prassi di reiterare

i decreti-legge non convertiti in legge nei sessanta giorni.

E se il Governo presenta un testo simile ma diverso?

Vale la stessa regola.

EMANAZIONE DEL DECRETO-LEGGE

Quanto alla forma del decreto-legge, esso è emanato con decreto del Presidente della Repubblica (d.P.R.),

pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sulla Raccolta Ufficiale degli Atti normativi della

Repubblica ed è immediatamente efficace.

Quid iuris (che succede) se il decreto-legge non è convertito in legge ed intanto si sono prodotti alcune

effetti nei confronti dei cittadini, per esempio confisca e requisizione di beni privati, erogazione di sussidi o

servizi pubblici?

La decadenza del decreto-legge elimina gli effetti giuridici prodotti dall’inizio (ex tunc, dall’origine), vale a

dire fin dalla emanazione del decreto.

In alcuni casi, il Parlamento, per evitare discriminazioni tra i cittadini (del tipo, “a lui prima sì, e ora a me

no”) o altre incoerenze o danni (del tipo, “se lo Stato mi toglie il sussidio che mi ha dato e che ho già speso,

come faccio a restituirlo?) può emanare una legge che regoli specificamente la questione degli effetti

prodotti.

IL DECRETO LEGISLATIVO

Il decreto legislativo comporta una delega di funzione normativa dal Parlamento al Governo.

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La delega al Governo (legge-delega) non è mai in bianco, nel senso che il Parlamento deve preventivamente

indicare al Governo:

· la materia che intende regolare,

· i principi e i criteri direttivi cui è necessario attenersi nel regolare la materia,

· e i tempi di approvazione del testo di legge (legge delegata o decreto legislativo).

Dunque, il Parlamento fa una legge breve, in cui conferisce al Governo il potere di fare una legge delegata

su una certa materia, e al contempo indica i principi cui il Governo deve attenersi nell’esercitare la delega e

i tempi massimi di emanazione della nuova normativa.

Se i tempi sono superiori ai due anni, il Governo deve dare la possibilità al Parlamento di controllare gli

schemi di decreto legislativo elaborati dal Governo. Come a dire, più lunghi sono i tempi della delega, più

sofisticata e importante sarà la materia e la disciplina conseguente e, quindi, più penetrante il controllo

democratico del Parlamento.

E infatti, il ricorso al decreto legislativo è frequente nella disciplina di interi settori (basti pensare ai codici) o

di materie complesse che richiedono organicità o nel riordino della disciplina normativa ricavabile da più

fonti normative, legislative o regolamentari (si pensi ai testi unici, ad esempio in materia fiscale, bancaria,

finanziaria, di pubblica sicurezza, sull’immigrazione, ecc.).

I testi unici, poi, possono essere innovativi, se introducono nuove norme, o solo compilativi, se badano solo

a riordinare i contenuti normativi e renderli più facilmente comprensibili e fruibili dai cittadini e dagli

addetti ai lavori. Nel primo caso sono fonti di produzione del diritto, nel secondo sono solo fonti di

cognizione del diritto.

EMANAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO

Anche il decreto legislativo è emanato nella forma del decreto del Presidente della Repubblica (d.P.R.) e

rientra, al pari del decreto-legge, fra gli atti formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi, di

carattere normativo primario.

I REGOLAMENTI GOVERNATIVI

Al livello della normazione secondaria, troviamo i regolamenti governativi, che la legge 400 del 1988 ha

disciplinato puntualmente.

In particolare, essi si dividono in:

· regolamenti di esecuzione:

o in essi non si riscontra una particolare autonomia del Governo, o del Presidente del

Consiglio, o del singolo Ministro, o del Comitato interministeriale,

Page 54: Dispensa Di Diritto Pubblico

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§ in quanto si tratta di dettagliare la disciplina legale per facilitarne l’applicazione

concreta.

§ Essi possono accompagnare sia le leggi che i decreti legislativi. Dubbio il caso dei

decreti-legge, stante il carattere urgente dei detti decreti, che sembra configgere

con i tempi ulteriori richiesti per l’emanazione di un regolamento.

· regolamenti di attuazione o integrazione:

o in tal caso l’autonomia normativa del Governo è leggermente più estesa,

§ in quanto si tratta di introdurre tutte quelle norme, secondarie rispetto a quelle

contenute nella legge o nel decreto legislativo, necessarie ad attuare la legge,

dunque anche negli aspetti che non trovano norma generale in essa.

· regolamenti autonomi o indipendenti (di dubbia costituzionalità):

o in essi vi è grande autonomia del Governo,

§ in quanto disciplinano materie in cui non vi è legge né riserva di legge.

§ Il che vuol dire che né il legislatore ha già regolato con legge la materia, né il

legislatore (sia esso costituzionale o ordinario) ha posto una riserva di legge, cioè

una regola secondo cui la materia va regolata solo con legge ordinaria del

Parlamento o atto avente forza di legge del Governo (riserva assoluta) o con

legge (per i soli principi fondamentali) ma anche altre fonti (per gli aspetti di

dettaglio della normativa; riserva relativa).

§ La costituzionalità di questi regolamenti è discussa in dottrina. Alcuni studiosi

ritengono infatti che la semplice mancanza di una legge non legittima il Governo

o altri organi a riempire il vuoto normativo con fonti di grado inferiore alla legge.

· regolamenti autorizzati o di delegificazione:

o in essi l’autonomia del Governo è limitata, a dispetto delle apparenze, e vi si ricorre

soprattutto per dare vita alla cosiddetta delegificazione, in mancanza di riserve assolute

di legge;

§ tali regolamenti disciplinano aspetti secondari della materia, ma la loro grande

importanza sta nel fatto che il Parlamento disciplina preventivamente con legge

la materia (legge di delegificazione), ma rinvia l’entrata in vigore della legge, e

dunque la abrogazione eventuale di precedenti leggi, all’emanazione del

regolamento (regolamento autorizzato o di delegificazione). In tal modo, per le

modifiche successive della disciplina sarà sufficiente il regolamento.

Page 55: Dispensa Di Diritto Pubblico

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§ Si verifica cioè la situazione solo apparente in cui un regolamento governativo

sembri abrogare leggi ordinarie.

· regolamenti organizzativi:

o in essi l’autonomia del Governo è limitata dalla riserva di legge in materia di

organizzazione dei pubblici uffici (art. 97 cost.)

§ tali regolamenti, infatti, riguardano l’organizzazione degli uffici pubblici, solo negli

aspetti secondari e non di principio, che non siano già stati regolati dalla legge

(riserva di legge relativa);

§ In realtà si è fatta chiarezza sul punto, nel senso che la legge è sempre necessaria

per l’ordinamento degli Uffici della Presidenza del Consiglio e per alcuni

ministeri (Esteri e Interno), mentre per gli altri Uffici è possibile che

l’organizzazione sia stabilita da regolamenti ministeriali e quant’altro, pur

sempre però nel rispetto della leggi vigenti in materia di organizzazione dei

pubblici uffici.

FORMA DEI REGOLAMENTI

I regolamenti vengono emanati con d.P.R . , su deliberazione del Consiglio dei Ministri, udito il parere del

Consiglio di Stato. Sono controfirmati dal Presidente del Consiglio e dal Ministro della Giustizia , inviati alla

Corte dei Conti per la cosiddetta registrazione (fase del controllo contabile di legittimità sugli atti del

Governo, non più richiesto per gli atti aventi forza di legge), pubblicati nelle forme della legge e in vigore

dal quindicesimo giorno successivo (vacatio legis).

19. La Corte Costituzionale: struttura e funzioni

In questa breve rassegna sugli organi costituzionali dello Stato, trattiamo ora il tema della Corte

Costituzionale, organo dotato di grande prestigio ed importanza nel nostro ordinamento giuridico: in primo

luogo perché viene definito giudice delle leggi, ed in un sistema giuridico fondato sul primato della legge

rispetto ai pubblici e privati poteri (principio di legalità), si comprende come il sindacato della

costituzionalità delle leggi sia passaggio molto delicato nel funzionamento del meccanismo democratico.

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IL SINDACATO DI COSTITUZIONALITA’

Dunque la prima e più importante funzione della Corte formata da quindici giudici,

cinque nominati dal Capo dello Stato,

cinque dal Parlamento in seduta comune,

cinque dalla supreme Magistrature ordinaria amministrativa e contabile ,

è quella di giudicare le leggi del Parlamento (leggi ordinarie) e gli atti aventi forza di legge del Governo e

delle Regioni.

Il sindacato di costituzionalità delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni

avviene in due modi :

· uno detto incidentale

· e uno definito diretto o principale.

Il ricorso in via incidentale alla Corte Costituzionale o incidente di costituzionalità è una fase che può

aprirsi solo davanti ad un giudice della Repubblica ove sia in corso una causa, quando sia necessario

applicare la norma giuridica la cui costituzionalità sia dubbia o controversa.

In tal caso, una delle parti processuali (per bocca del suo legale) solleva davanti a questo primo giudice

(detto giudice a quo) la questione di legittimità costituzionale della norma rispetto ad uno o più articoli

della Costituzione.

Così, per fare un esempio, se una certa norma introduce un trattamento diversificato per situazioni

giuridiche coincidenti o identico per situazioni giuridiche diverse potrà essere sollevata la questione di

costituzionalità per violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.

Il giudice a quo effettua una prima verifica della bontà della eccezione di incostituzionalità della norma e se

ritiene non manifestamente infondata la questione sospende il processo e rimette gli atti alla Corte

costituzionale perché giudichi sulla questione.

Come si vede, pertanto, non è necessario che il giudice sia d’accordo con la censura di incostituzionalità

sollevata contro la norma, ma basta che abbia un ragionevole dubbio perché scatti la rimessione degli atti

alla Corte.

Questo dubbio, potrebbe nascergli, al giudice, anche senza l’eccezione di parte: in tal caso procede nello

stesso modo d’ufficio alla rimessione degli atti alla Corte.

Page 57: Dispensa Di Diritto Pubblico

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Se la questione pare fondata, la sentenza della Corte ne pronuncia accoglimento. La sentenza è pubblicata

sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica e dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza la norma

giuridica incriminata si intende abrogata per incostituzionalità.

Se la questione non appare fondata alla Corte, essa pronuncia sentenza di rigetto; il che non preclude la

riproponibilità della questione in altro giudizio da parte di altre persone o soggetti giuridici .

In alcuni casi, le sentenze della Corte sono dette interpretative, quando propongono la corretta

interpretazione della norma. Ne consegue che la norma è costituzionale se interpretata in un certo modo, è

incostituzionale se interpretata in altro modo.

Le sentenze possono talvolta aggiungere (sentenze additive) o eliminare (sentenze riduttive) parti di

disciplina, in modo tale che la norma sia incostituzionale nella parte in cui non preveda qualcosa, nel primo

caso, o sia incostituzionale nella sola parte in cui preveda qualcosa, nel secondo.

Nelle sentenze è dato rinvenire talvolta delle indicazioni rivolte al legislatore perché nell’affrontare

nuovamente la materia si adegui ai principi costituzionali come chiariti dalla Corte (sentenze

paralegislative).

Il secondo modo di proporre la questione di legittimità, il ricorso diretto, spetta soltanto allo Stato e alle

Regioni e riguarda la violazione delle competenze legislative attribuite dalla Costituzione (art. 117)

rispettivamente allo Stato e alle Regioni.

Per lo Stato agisce il Presidente del Consiglio, per le Regioni il Presidente della Giunta regionale, i quali

fanno valere nel giudizio davanti alla Corte la violazione delle sfere di competenza legislativa degli enti

rappresentati.

A questo proposito, ricordiamo che la legge costituzionale n. 3 del 2001, in riforma del titolo V della parte

seconda della Costituzione, ha stabilito la competenza generale delle Regioni a fare le leggi in tutti i campi e

materie che lo stesso articolo non attribuisca alla competenza esclusiva dello Stato o alla competenza

concorrente (o ripartita) tra Stato e Regione.

L’attuazione concreta di questa riforma ha però sortito molti ricorsi in via principale alla Corte

costituzionale, da parte dello Stato, nel lamentare lo sconfinamento delle Regioni nelle sue competenze

legislative, e allo stesso modo delle Regioni nei confronti delle altre Regioni e dello Stato.

ALTRE FUNZIONI DELLA CORTE

B. Un secondo ordine di funzioni della Corte Costituzionale riguarda:

· la risoluzione dei conflitti di attribuzione

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o tra i poteri dello stato,

o tra gli organi costituzionali dello Stato

o e tra Stato e Regione,

o o tra Regioni,

· il giudizio nei confronti del Presidente della Repubblica messo in stato di accusa dal

Parlamento n seduta comune per alto tradimento e attentato alla Costituzione

· e infine il giudizio di ammissibilità dei referendum abrogativi.

Sul primo punto, si può verificare che un atto amministrativo sia posto in essere da un organo

amministrativo, mentre ve n’è un altro che si ritenga competente: magari un altro organo costituzionale o

appartenente ad altro potere.

Per esempio, il Ministro di grazia e giustizia concede la grazia ad un condannato, che come noto è

provvedimento sostanzialmente del Presidente della Repubblica. Il Governo vara una Commissione di

inchiesta, che come è noto è atto di competenza del Parlamento. La Regione intraprende la costruzione di

una strada che insiste anche sul territorio di altra Regione senza interpellare quest’ultima o il Governo attua

decisioni amministrative che impattino sull’ambiente di una Regione senza rispettare le competenze

regionali in tale settore, e via di seguito.

Quanto ai giudizi di accusa al Presidente della Repubblica, la Corte giudica in composizione allargata di

ulteriori 16 giudici (quindi 31 in totale); questi 16 vengono scelti da un elenco di cittadini compilato ogni

nove anni dal Parlamento tra cittadini aventi i requisiti di eleggibilità a senatore. I quindici componenti

ordinari della Corte, invece, sono nominati tra giudici anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e

amministrative, professori universitari ordinari in materie giuridiche, avvocati con almeno venti anni di

esercizio della professione.

E infine, del giudizio di ammissibilità dei referendum si dirà in seguito. Ricordiamo solo che alcune leggi

non possono essere abrogate per referendum: si tratta

· delle leggi tributarie

· e di bilancio,

· di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali,

· di amnistia ed indulto.

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20. I referendum

IL REFERENDUM ORDINARIO

1. I referendum ordinari o abrogativi chiamano il corpo elettorale italiano ad abrogare una legge ordinaria

o un atto avente forza di legge (di certo i decreti legislativi; qualche dubbio sorge per i decreti-legge, data lo

loro breve efficacia prolungabile al massimo per sessanta giorni prima della conversione in legge) o una

parte di essi (da intendersi singole disposizioni o parte di esse).

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Con l’abrogazione la legge o parte di essa cessa di avere vigore e dunque viene cancella dall’ordinamento

giuridico.

Il referendum si presenta come un quesito del seguente tipo: Vuoi abrogare la seguente legge? Che

presuppone come risposta un Si o un No, senza forse o condizioni.

Il SI abroga la norma, ma non dice in favore di quale norma sostitutiva, il NO lascia le cose come stanno, ma

non pone un divieto assoluto al Parlamento di cambiarla lo stesso.

Sarà poi la politica a dover interpretare il messaggio lanciato dal corpo elettorale.

La procedura di referendum ordinario comincia con la richiesta da parte:

· di 500 mila elettori, di cui vengono raccolte le firme,

· o di cinque Consigli regionali.

Il fatto che anche gli elettori possano intraprendere l’iniziativa del referendum, oltre al fatto che esso sia

soggetto al voto del corpo elettorale, fa di esso uno strumento di democrazia diretta (insieme all’iniziativa

legislativa popolare e al diritto di petizione alla Camere), in contrapposto al ruolo di democrazia indiretta o

mediata o rappresentativa esercitato dalle istituzioni elettive come il Parlamento.

La raccolta delle firme è corredata dalla presentazione di esse, da parte di almeno dieci persone promotrici

del referendum, presso l’Ufficio centrale per il referendum in seno alla Corte di Cassazione entro il mese di

settembre.

Questo ufficio provvede al controllo di legittimità del referendum, cioè alla verifica che la legge da

sottoporre a referendum sia effettivamente vigente e che le firme siano state correttamente raccolte.

Entro il mese di gennaio l’Ufficio, composto da tre presidenti di sezione della Corte e consiglieri regionali

anziani, si pronuncia con ordinanza trasmessa alla Corte costituzionale, competente invece per il controllo

di ammissibilità del referendum. Non tutte le leggi, infatti, possono essere abrogate dal popolo: è escluso

per la costituzione e le altre leggi costituzionali (soggette al procedimento aggravato di modifica di cui

al’art. 138 cost.), immaginiamo il perché valga tale regola per le leggi tributarie e di bilancio, ma anche per

le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, le leggi di amnistia ed indulto, concernenti

aspetti troppo delicati di diplomazia e vita democratica.

Il referendum è indetto dal Presidente della Repubblica in una domenica tra il 15 di aprile e il 15 di giugno.

Il referendum è valido solo se la metà più uno degli aventi diritto di voto si reca a votare (quorum

elettorale) ed ha efficacia abrogativa se la maggioranza dei votanti si esprime a favore.

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In tal caso il risultato del referendum è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e la legge è abrogata fin da subito

o, se lo richiede il Capo dello Stato con il suo provvedimento di proclamazione dei risultati del referendum,

in data successiva, comunque non più lontana di sessanta giorni dalla pubblicazione, ciò per consentire al

Parlamento di coprire il vuoto normativo causato dalla abrogazione referendaria.

Se al contrario il referendum è bocciato, l’ordinamento giuridico resta invariato e lo stesso quesito

referendario non potrà essere ripresentato per i successivi cinque anni.

IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

2. Il referendum può essere di natura costituzionale quando concorre, insieme alle deliberazioni del

Parlamento (due per ogni Camera, a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra), a perfezionare l’iter di

formazione della legge costituzionale.

Infatti, se una nuova legge costituzionale, che sia di integrazione o di modifica della costituzione, viene

approvata dai due terzi di ciascuna Camera (con le modalità specificate dall’art. 138 cost.), non è necessario

indire referendum, mentre se è approvata con la sola maggioranza assoluta si rende necessario il

referendum per far procedere l’iter di formazione della stessa. Toccherà allora a:

· 500 mila elettori

· o ad un quinto dei membri di una delle Camere

· o a cinque Consigli regionali

chiedere il referendum entro tre mesi dalla pubblicazione del testo approvato dalle Camere in seconda

deliberazione.

Ricapitolando, si va di tre mesi in tre mesi:

due deliberazione della Camere a distanza di tre mesi l’una dall’altra,

la pubblicazione (senza promulgazione) della legge approvata nella seconda votazione soltanto a

maggioranza assoluta (se approvata a maggioranza di due terzi la legge è perfetta senza bisogno di

referendum),

richiesta di referendum a conferma della legge entro tre mesi,

referendum,

promulgazione della legge eventualmente confermata dal corpo elettorale,

pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica,

vacatio legis ed entrata in vigore nelle forme ordinarie.

Il referendum costituzionale, a differenza di quello ordinario, è valido qualunque sia il numero dei votanti e

prevale la soluzione espressa dalla maggioranza dei votanti. La legge costituzionale, rimasta in sospeso, è

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confermata dal voto del popolo ed entra in vigore. Anche per questo tale referendum è detto confermativo

o sospensivo.

IL REFERENDUM ISTITUZIONALE

3. Il referendum istituzionale, unico nella storia repubblicana, si è tenuto nel 1946 ed ha posto gli italiani

davanti alla scelta sulla forma di governo: monarchia o repubblica.

IL REFERENDUM DI INDIRIZZO

4. Il referendum di indirizzo, tenutosi anch’esso una solo volta nella storia repubblicana nel 1989, ha

interpellato il popolo sulla opportunità di dare connotati politici alla Comunità europea.

REFERENDUM TERRITORIALI

5. Altri referendum si tengono al livello delle autonomie territoriali (Regioni, Province e Comuni), cosiddetti

referendum territoriali: disciplinati dalla costituzione agli articoli 132 e 133, riguardano le modifiche delle

circoscrizioni territoriali relative a tali enti e si accompagnano con legge costituzionale (quanto alla fusione

di Regioni o creazione di nuove Regioni), legge ordinaria (per l’inclusione nelle o l’esclusione dalle Regioni di

Province e Comuni) o con legge regionale (per l’istituzione o la modifica dei Comuni).

REFERENDUM CONSULTIVI

6. Infine, restando a livello di autonomia regionale, gli statuti regionali, soggetti ad eventuale referendum

confermativo regionale (secondo procedure in linea di massima abbastanza simili a quelle viste per il

referendum costituzionale) al momento della loro approvazione, contengono a loro volta norme sui

referendum regionali di carattere consultivo: tali referendum sono detti consultivi perché chiamano le

popolazioni regionali ad esprimersi su leggi e provvedimenti della Regione (art. 123 cost.).

Bibliografia:

o Riferimenti ad autori importanti: C. Mortati, S. Romano

o Testi di riferimento:

o Temistocle Martines, Diritto Costituzionale, Giuffrè Editore

o M. Mazziotti Di Celso - G.M. Salerno, Manuale di Diritto costituzionale, Ed. Cedam

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o N. Ardolfi – V. Lazzerini, Compendio di diritto pubblico, vol.3, Ed. Tramontana