Dispensa Cls 64s Aa06_07

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Università degli Studi “G. d’Annunzio” Chieti - Pescara Facoltà di Scienze Manageriali Corso di Laurea Specialistica 64/S in Management e Sviluppo socioeconomico A cura di Emanuela d’Arielli Anno Accademico 2006 – 2007 LABORATORIO DI BUSINESS PLAN

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  • Universit degli Studi G. dAnnunzio Chieti - Pescara

    Facolt di Scienze Manageriali

    Corso di Laurea Specialistica 64/S in

    Management e Sviluppo socioeconomico

    A cura di

    Emanuela dArielli

    Anno Accademico 2006 2007

    LABORATORIO DI BUSINESS PLAN

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    INDICE

    1. INTRODUZIONE AL BUSINESS PLAN ..........................................................................4

    2. LE FINALIT DEL BUSINESS PLAN..............................................................................5

    2.1. Il Business Plan come ausilio per la creazione dimpresa ........................................6

    2.2. IL Business Plan per richiedere finanziamenti bancari .............................................7

    2.3. IL Business Plan ai fini della richiesta di sovvenzioni pubbliche.............................12

    3. LA STRUTTURA DEL BUSINESS PLAN......................................................................14

    3.1. La presentazione sintetica ......................................................................................19

    3.2. Il cronoprogramma delle attivit..............................................................................19

    4. LANALISI DI MERCATO...............................................................................................21

    4.1. Lanalisi macroeconomica ......................................................................................23

    4.2. Lanalisi del settore di riferimento ...........................................................................25

    4.3. Lanalisi della concorrenza .....................................................................................28

    4.4. Lanalisi della domanda ..........................................................................................30

    4.4.1. La segmentazione del mercato........................................................................31

    4.4.2. Il processo dacquisto ......................................................................................34

    4.4.3. Le strategie di segmentazione.........................................................................35

    5. LANALISI DELLIMPRESA E LE STRATEGIE DI POSIZIONAMENTO.......................36

    6. LANALISI S.W.O.T. ......................................................................................................42

    7. IL PIANO DI MARKETING.............................................................................................47

    7.1. Il processo di determinazione del prezzo ...............................................................47

    7.2. Il Break Even Point .................................................................................................48

    8. I PIANI OPERATIVI .......................................................................................................51

    8.1. Il Piano Delle Vendite .............................................................................................51

    8.2. Il Piano Tecnico Produttivo .....................................................................................53

    8.3. Il Piano Degli Investimenti ......................................................................................55

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    8.4. Il Piano Della Struttura............................................................................................57

    8.5. Il Piano Del Personale ............................................................................................58

    8.6. Le tabelle di riepilogo correlate ai piani operativi ....................................................58

    8.7. Le variabili correlate ai piani operativi.....................................................................59

    9. IL PIANO DI FINANZIAMENTO.....................................................................................60

    10. IL BUDGET DI CASSA................................................................................................62

    11. IL CONTO ECONOMICO E LO STATO PATRIMONIALE PREVISIONALI ................64

    11.1. Lanalisi di sensitivit ............................................................................................69

    12. LA VALUTAZIONE DELLA FATTIBILT ECONOMICA E FINANZIARIA ...................69

    12.1. Analisi della composizione delle fonti e degli impieghi .........................................71

    12.2. Analisi della correlazione tra le fonti e gli impieghi ...............................................74

    12.3. Analisi della redditivit ..........................................................................................76

    13. LA VALUTAZIONE E LA GESTIONE DEI RISCHI......................................................79

    Bibliografia .........................................................................................................................81

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    1. INTRODUZIONE AL BUSINESS PLAN

    Il Business Plan o piano dimpresa rappresenta lo strumento essenziale per presentare

    e strutturare in maniera organica, unitaria ed efficace un qualsiasi progetto dinvestimento,

    nonch per analizzarne le informazioni chiave e valutarne la fattibilit in termini sia

    finanziari che economici.

    Il Business Plan si concretizza, dunque, in un documento complesso in cui vengono

    dapprima esposti ed opportunamente elaborati tutti i dati concernenti il progetto

    dinvestimento e successivamente effettuate proiezioni e stime pluriennali sui risultati della

    sua implementazione.

    Il Business Plan pu, quindi, essere idealmente suddiviso in due differenti sezioni, una

    prima di natura strettamente qualitativa ed una seconda prettamente numerica, bench

    corredata e supportata da descrizioni, commenti e valutazioni.

    In definitiva, dopo aver effettuato una prima verifica informale (c.d. analisi di pre-

    fattibilit) sul progetto ed averne, conseguentemente, definito in maniera chiara, puntuale,

    coerente e realmente spendibile sul mercato loggetto e le caratteristiche principali, si

    procede alla redazione del Business Plan seguendo cronologicamente tre fasi:

    FASE 1 ANALISI STARTEGICA; FASE 2 ANALISI ECONOMICO-FINANZIARIA; FASE 3 VALUTAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA & RISK MANAGEMENT

    Chiaramente, essendo il piano dimpresa un documento unitario, ogni sua componente

    imprescindibile, fondandosi la terza fase, espressione massima della finalit di

    valutazione del Business Plan, sui dati emergenti dalla pianificazione economico-

    finanziaria, le cui stime e previsioni si basano, a loro volta, sulle risultanze dellanalisi di

    mercato e degli indirizzi strategici.

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    2. LE FINALIT DEL BUSINESS PLAN

    Le finalit del Business Plan sono molteplici e diverse a seconda delloggetto della

    valutazione, del soggetto promotore e dei terzi coinvolti.

    Oggetto della valutazione pu essere la creazione di una nuova impresa (non solo ex novo ma anche, ad esempio per scorporamento - c.d. spin off o per riconversione

    produttiva) oppure lattuazione di nuovi investimenti da parte di imprese esistenti.

    Promotore del progetto pu essere un unico soggetto, persona fisica o giuridica, oppure una collettivit accomunata dal medesimo interesse e volta al perseguimento dello

    stesso fine.

    Infine, terze parti possono essere interessate alla lettura del piano dimpresa in quanto coinvolte a diverso titolo nel progetto dinvestimento. A tal riguardo, comunemente si

    ricordano: gli Enti e gli organismi demandati ad erogare contributi pubblici a favore

    dellimprenditorialit; le aziende di credito e gli istituti finanziari; le potenziali controparti di

    accordi commerciali e di iniziative dinvestimento.

    FIG. 1 Le finalit del Business Plan

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    2.1. IL BUSINESS PLAN COME AUSILIO PER LA CREAZIONE DIMPRESA

    Il Business Plan assurge a strumento fondamentale sia per testare la validit di un

    qualsiasi progetto imprenditoriale rispetto allidea di business ed alla coerenza di tutte le

    sue componenti, sia per indirizzare in maniera corretta ed efficiente le procedure di avvio

    dimpresa.

    Considerando, infatti, che i primi tre anni di vita dellimpresa (c.d. fase di start-up), sono

    i pi incerti e difficili da superare e che le cause di cessazione dellattivit durante tale

    periodo sono imputabili, prevalentemente, ad uninsufficiente o errata attivit di tutoraggio

    e pianificazione operativa, si comprende come, analizzando attentamente tutti gli aspetti

    salienti delliniziativa, presidiando i rischi ed applicando tutti i necessari meccanismi di

    aggiustamento, si possa incrementare sensibilmente la probabilit di sopravvivenza e di

    successo dellimpresa stessa.

    In particolare, attraverso il piano dimpresa si perviene:

    alla conoscenza approfondita del settore nel quale si inserisce lazienda; alla definizione puntuale delle strategie, dei piani di azione e dei tempi di

    attuazione;

    alla previsione delle difficolt che lazienda si trover ad affrontare nel corso del suo sviluppo;

    alla stima della capacit reddituale dellimpresa nel medio periodo, nonch alla verifica della coerenza con le aspettative dellimprenditore o dei soci;

    alla possibilit di monitoraggio in itinere e di analisi degli eventuali scostamenti dei dati a consuntivo rispetto a quelli previsionali.

    Lattivit di pianificazione, inoltre, implica la valutazione della congruenza fra le

    esigenze di progetto e le decisioni chiave per lavvio dellimpresa gi in parte

    predeterminate dai promotori delliniziativa imprenditoriale, ovvero:

    la forma giuridica1 (legata sia ai mezzi propri disponibili che alla dimensione aziendale);

    1 Tra le diverse forme giuridiche di impresa si annoverano: 1) La ditta individuale, i cui aspetti pi interessanti riguardano la snellezza delle formalit da

    espletare in fase di avvio e la confluenza del potere decisionale e delle responsabilit in un unico soggetto, limprenditore. Tuttavia, in caso di fallimento limprenditore risponde illimitatamente per le obbligazioni sociali, anche con il suo patrimonio personale. Una forma particolare di Ditta Individuale rappresentata dallimpresa familiare, in cui limprenditore coadiuvato nello svolgimento dellattivit dimpresa dai familiari entro il terzo grado e dagli affini entro il secondo. Il vantaggio pi rilevante di questa forma dimpresa riguarda la possibilit di ripartire il reddito dimpresa tra le persone coinvolte nellattivit (allimprenditore ne spetta, comunque, almeno il 51%) e di beneficiare del conseguente minor carico fiscale unitario. A

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    la dimensione ottimale della struttura produttiva (correlata allanalisi della domanda potenziale e, dunque, alla stima delle vendite, nonch a vincoli concernenti il

    dimensionamento minimo ed a valutazioni sulla possibilit di generare economie di

    scala o di scopo nel medio periodo);

    la localizzazione della o delle sedi operative dellimpresa; i mezzi propri disponibili per limplementazione del progetto; la disponibilit di fonti di finanziamento alternative al capitale di rischio.

    2.2. IL BUSINESS PLAN PER RICHIEDERE FINANZIAMENTI BANCARI Oltre alla finalit di indirizzo strategico per limprenditore o i soci, il Business Plan

    assolve anche limportante funzione informativa verso i potenziali terzi finanziatori, per i

    quali il piano dimpresa costituisce la principale fonte di informazione su cui basare la

    decisione di investimento. Un B.P. efficace, infatti, deve convincere che il progetto ha un

    elevato potenziale e che il management possiede le capacit necessarie per svilupparlo e

    condurlo con successo. Peraltro, la recente introduzione della nuova regolamentazione internazionale sui

    requisiti minimi patrimoniali delle banche formulato dal Comitato di Basilea nel giugno

    2004, ha modificato radicalmente il modo di concepire il rapporto banca-impresa dando

    un ruolo fondamentale alla valutazione del merito creditizio degli affidatari per la cui

    differenza della Ditta Individuale, limpresa familiare deve essere costituita per atto pubblico contenente i nominativi dei collaboratori familiari coinvolti nellimpresa.

    2) Le societ di persone, nelle due forme principali di societ in nome collettivo (s.n.c.) e la societ in accomandita semplice (s.a.s.). Nella s.n.c. tutti i soci possono essere amministratori e, in ogni caso, tutti rispondono senza limiti dei debiti sociali. La particolarit della societ in accomandita semplice rispetto alla s.n.c. consta nella coesistenza di due tipologie di soci, gli accomandatari e gli accomandanti. Laccomandatario socio illimitatamente responsabile ed ha, in virt di ci, il diritto alla qualifica di amministratore delle societ; al contrario, in caso di insolvenza, i soci accomandanti rispondono per le obbligazioni sociali solo nei limiti del capitale conferito.

    3) Le societ di capitali sono distinte in: societ a responsabilit limitata (s.r.l.), societ in accomandita per azioni (s.a.a.) e societ per azioni (S.p.A.). La principale caratteristica di tali forme giuridiche la responsabilit patrimoniale limitata dei soci per le obbligazioni sociali, in caso di fallimento. La s.r.l. deve essere costituita con un capitale minimo obbligatorio di 10.000 Euro suddiviso in quote. A fianco della s.r.l. tradizionale, che deve essere composta da almeno due soci, possibile costituire anche la s.r.l. unipersonale, partecipata da un unico socio, mantenendo le caratteristiche giuridiche tipiche di una societ di capitali (alternativa valida anche per le S.p.A). La s.a.a. e la S.p.A. devono essere costituite con un capitale minimo di 120.000 Euro suddiviso in azioni. Le s.a.a. sono, ancora una volta, caratterizzate dalla bipartizione della tipologia di soci in accomandatari ed accomandanti. Nelle societ di capitali l'amministrazione non spetta in modo automatico ai soci, come avviene nelle societ di persone, ma l'assemblea che deve designare gli affidatari del compito.

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    definizione (da parte della stessa banca oppure di enti appositamente demandati ad

    effettuare tale valutazione) richiesta la presentazione di un Business Plan che giustifichi

    la specifica richiesta di finanziamento e che illustri adeguatamente le strategie di sviluppo

    dellimpresa e le modalit dimpiego dellaffidamento per gli scopi di cui alle suddette

    strategie.

    Nello specifico, il Comitato di Basilea, istituito dai Governatori delle Banche Centrali dei

    dieci Paesi pi industrializzati del mondo (G10) alla fine del 1974, un'organizzazione

    internazionale con sede nella cittadina svizzera di Basilea, operante in seno alla Banca

    dei Regolamenti Internazionali - B.R.I. ed avente lo scopo di promuove la cooperazione

    fra le Banche Centrali ed altre agenzie equivalenti allo scopo di perseguire la stabilit

    monetaria e finanziaria.

    I membri attuali del Comitato provengono da Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia,

    Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati

    Uniti.

    La normativa di vigilanza sul capitale delle banche fino ad oggi adottata dalle Autorit

    Centrali di oltre 100 Paesi nel mondo (comunemente chiamato Accordo di Basilea) risale

    al 1988 ed ha come obiettivo ladeguatezza patrimoniale delle banche fondata sui

    seguenti principi:

    1. ogni attivit posta in essere dalla banca comporta un certo grado di rischio;

    2. il rischio deve essere quantificato e supportato da capitale adeguato.

    Le regole previste impongono alle banche di detenere un Patrimonio minimo pari o

    superiore all8% del proprio attivo ponderato per il rischio. Lattivo non imputato, quindi,

    al valore nominale, ma viene moltiplicato per un coefficiente, in proporzione al grado di

    rischiosit della categoria di clienti considerata.

    Il coefficiente patrimoniale calcolato, dunque, applicando il rapporto: [(Patrimonio di

    Vigilanza/Attivit Ponderate per il rischio)>=8%].

    Il sistema di ponderazione dei prestiti erogati dalle banche finora utilizzato ai fini del

    calcolo del rischio di credito il seguente:

    0% per le attivit di rischio (prestiti) verso i Governi, le Banche Centrali e le maggiori Istituzioni dellUnione Europea e dei Paesi industrializzati;

    20% per le attivit di rischio verso gli Enti Pubblici italiani territoriali (Regioni, Province, Comuni) e non territoriali (INPS, ASL) e le banche;

    50% per i crediti ipotecari concessi per lacquisto di immobili di tipo residenziale; 100% per le attivit di rischio verso le imprese e i privati.

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    Nel gennaio 2001 il Comitato di Basilea ha avviato le procedure di consultazione per

    definire la nuova regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali delle banche da cui

    scaturito, nel giugno 2004, il documento di regolamentazione ufficiale.

    Linnovazione regolamentare apportata da Basilea 2 finalizzata a creare una

    maggiore correlazione tra il patrimonio delle banche ed i principali elementi di rischio

    dellattivit bancaria.

    A questo scopo lAccordo si basa su tre strumenti di controllo del rischio, definiti

    pilastri, per una maggiore tutela della stabilit degli intermediari finanziari:

    1. requisiti Patrimoniali minimi;

    2. sistema di controllo prudenziale delladeguatezza patrimoniale (attivit di

    vigilanza attuata dalle Banche Centrali);

    3. disciplina di mercato e requisiti di trasparenza delle informazioni.

    La nuova regolamentazione entrer in vigore a partire dal 2007, ma le procedure di

    adeguamento delle banche iniziato gi da circa tre anni.

    Con riguardo alle ripercussioni del nuovo accordo di Basilea sul rapporto banca-

    impresa interessa esaminare pi analiticamente il contenuto del primo pilastro.

    Si tratta di un affinamento della misura prevista dall'accordo del 1988, soprattutto in

    riferimento alla ponderazione delle attivit per il calcolo del rischio di credito.

    Le attivit bancarie saranno, infatti, ponderate secondo i seguenti coefficienti:

    20% da AAA a AA- 50% da A+ ad A- 100% da BBB+ a BBB- 150% Inferiore a BB- 100% Senza Rating.

    In sostanza, in base al nuovo accordo di Basilea le banche dei Paesi aderenti

    dovranno accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti

    di credito assunti, valutato attraverso lo strumento del rating.

    Il rating consiste in un giudizio sintetico (v. Tabella classi di Rating), emesso da

    agenzie specializzate, che consente di quantificare il rischio di credito di una controparte

    attraverso lanalisi congiunta di variabili sia qualitative che quantitative relative allimpresa

    quali:

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    Analisi macroeconomica settoriale e competitiva (relazione fra congiuntura economica generale e andamento del settore economico di riferimento per

    limpresa);

    Analisi del posizionamento di mercato e della diversificazione (Relazione fra congiuntura economica del settore, congiuntura del territorio in cui limpresa

    ubicata e andamento dellimpresa);

    Analisi dellorganizzazione aziendale e dellabilit del management; Analisi andamentale dellindebitamento (analisi delle fonti di finanziamento e della

    struttura dellindebitamento verso il sistema bancario; bont delle relazioni con il

    sistema bancario in termini di concessione di prestiti, grado di utilizzo, puntualit

    dei rientri, trasparenza, coerenza tra linea utilizzata e necessit; capacit di

    sostenere gli oneri finanziari; quadro garante per la mitigazione del rischio);

    Analisi dei rischi e dei pregiudizievoli (valutazione dellesposizione ai rischi operativi del settore e dellimpresa e valutazione delle obbligazioni non assolte nei confronti

    dei terzi);

    Analisi delle garanzie (validit e valore delle garanzie reali o personali; tempo di recupero del credito attraverso le garanzie; costi amministrativi diretti relativi a

    procedure concorsuali o a procedure di recupero stragiudiziali).

    Analisi dei dati di bilancio consuntivi e prospettici (valutazione storica e prospettica della dinamica finanziaria e di formazione dei ricavi e dei costi, anche in relazione

    allandamento delleconomia e del settore di riferimento; analisi per indici;

    valutazione dellattendibilit dei bilanci e del rispetto dei principi di redazione).

    La valutazione dellimpresa soggetta a monitoraggio e, qualora ne ricorrano i

    presupposti, a revisione.

  • TABELLA 1: LE CLASSI DI RATING

    Classi di Rating

    MOODYS Investors

    Standard & Poors

    CAPACIT DI RIMBORSO RISCHIO DESCRIZIONE

    PROBABILIT DI DEFAULT

    CLASSE DI RISCHIO SETTORIALE

    AAA Aaa AAA Molto elevata Minimo

    y Buone qualit dellattivo y Ampia diversificazione e dimensione

    consolidata y Eccellente posizionamento di mercato y Abilit manageriale distintiva y Elevatissime capacit di copertura del

    debito

    0,01%

    Aa1 AA+ 0,02%

    Aa2 AA 0,03% AA

    Aa3 AA-

    Elevata Modesto

    y Buone qualit dellattivo y Buon inserimento di mercato e

    diversificazione di sbocchi y Buona capacit manageriale y Solida capacit di copertura del debito 0,04%

    Settori affidabili o molto poco rischiosi

    A1 A+

    A2 A A

    A3 A-

    Buona Medio-basso

    y Qualit e liquidit dellattivo soddisfacenti y Inserimento di mercato e qualit

    manageriali nella media y Standard creditizi normali y Capacit di copertura del credito nella

    media

    0,05% 0,06% Settori poco rischiosi

    Baa1 BBB+ 0,11% Baa2 BBB 0,21% BBB Baa3 BBB-

    Accettabile Accettabile y Qualit e liquidit accettabili y Standard creditizi normali y Debole capacit di copertura del debito 0,36%

    Settori a rischiosit emergente

    Ba1 BB+ 0,72%

    Ba2 BB 1,22% BB Ba3 BB-

    Accettabile con attenzione

    y Qualit e liquidit accettabili y Scarsa diversificazione delle attivit y Contenuta liquidit y Limitati margini di copertura del debito 1,94%

    B1 B+ 2,84% B2 B 4,76% B B3 B-

    Variabile

    Monitorare continuamente

    y Credito sotto osservazione y Qualit dellattivo con temporanea

    difficolt di liquidit y Alta leva finanziaria 8,84%

    Settori rischiosi

    Caa1 CCC+ Caa2 CCC CCC Caa3 CCC-

    Elevata incertezza

    CC Ca CC+ CC CC-

    Stretta osservazione dubbio esito

    C C C

    y Debolezza manageriale y Difficolt evidenti di gestione del debito y Incertezze sulla possibilit di pagamento

    degli interessi

    Settori molto o totalmente rischiosi

    DDD DDD DDD DD DD DD D D D

    Insolvenza imminente o gi accertata

    Superiore a 15,25%

  • 2.3. IL BUSINESS PLAN AI FINI DELLA RICHIESTA DI SOVVENZIONI PUBBLICHE

    Unalternativa ai fidi bancari costituita dai finanziamenti pubblici per limprenditoria,

    sia a titolo di contributi a fondo perduto, sia di prestiti a tasso agevolato erogati da Enti

    finanziari strumentali agli Enti Pubblici.

    Sia a livello nazionale che regionale, infatti, stata prodotta nel tempo una cospicua

    normativa a sostegno delleconomia ed, in particolare, di leggi dirette al finanziamento

    dellimprenditorialit.

    Le agevolazioni possono avere diversa natura, a seconda della tipologia di spesa

    finanziata e della previsione del reintegro o meno delle somme erogate.

    Nello specifico, si parla di finanziamento pubblico in:

    conto investimenti (o conto impianti) conto gestione conto interessi

    I contributi in c/investimenti finanziano a fondo perduto e, dunque, senza obbligo di

    restituzione da parte del beneficiario, lacquisto di immobilizzazioni materiali ed

    immateriali.

    I contributi in c/gestione finanziano, a fondo perduto, le spese di gestione quali:

    utenze, canoni di locazione, acquisto di merci e materie prime. Quando sono previsti, tali

    contributi sono spesso limitati solo al primo anno di attivit.

    Al contrario dei precedenti, per i contributi in c/interessi previsto lobbligo della

    restituzione del capitale prestato e lagevolazione consta nellimposizione di un tasso di

    interesse ridotto rispetto a quello di mercato.

    Gli aiuti alle imprese da parte dei singoli Stati Membri dellUnione Europea sono

    sottoposti ad un rigido controllo da parte della Commissione Europea ed ai vincoli imposti

    sia da specifici Regolamenti comunitari, sia dallo stesso Trattato istitutivo dellUnione

    Europea che, allarticolo 87, cita testualmente: "Salvo deroghe contemplate nel presente

    trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli

    scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali,

    sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o

    minaccino di falsare la concorrenza."

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    Esistono, tuttavia, eccezioni a tale limitazione rappresentate da:

    - gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamit naturali oppure da altri

    eventi eccezionali;

    - gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle aree depresse ossia delle

    aree ove il tenore di vita sia anormalmente basso oppure si abbia una grave forma

    di disoccupazione (art. 87.3.a del Trattato UE);

    - gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di importanti progetti di comune

    interesse (art. 87.3.b del Trattato UE);

    - gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attivit o di talune regioni

    economiche (art. 87.3.c del Trattato UE);

    - gli aiuti concessi secondo la regola del "de minimis".

    In particolare, ai sensi della regola "de minimis" non trovano applicazione le limitazioni

    sancite dall'articolo 87 del Trattato di Roma, poich le agevolazioni sono concesse entro

    importi regolamentati e contenuti, non ritenuti in grado di falsare la concorrenza tra gli

    Stati Membri. Nel regime di aiuti "de minimis" fissata, infatti, in 200.000,00 Euro la soglia

    massima di aiuti erogabili a favore di una singola impresa in un periodo di 3 anni a

    decorrere dal momento in cui sorge il diritto a ricevere il contributo (Regolamento CE n.

    1998/2006). Tale massimale comprende qualsiasi aiuto pubblico accordato,

    indipendentemente dalla forma e dallobiettivo (ad ecccezione degli aiuti all'esportazione)

    e non pregiudica la possibilit del beneficiario di ottenere altri aiuti in base a regimi

    autorizzati dalla Commissione (c.d. aiuti in regime di esenzione)2. Come accennato, tale

    regola si basa sul principio che gli aiuti di importo esiguo non hanno alcun impatto

    sensibile sugli scambi e sulla concorrenza tra Stati Membri dellU.E.

    I finanziamenti per lavvio dimpresa possono provenire da normative nazionali, oppure

    di emanazione e competenza regionale.

    A livello nazionale le pi importanti sono:

    - Decreto Legislativo n. 185 del 2000 recante disposizioni in merito a: lavoro

    autonomo, franchising e microimpresa;

    2Le intensit di aiuto concesse in regime di esenzione, calcolate in misura percentuale sugli investimenti ammissibili alle agevolazioni, sono dirette ad incentivare quelle iniziative imprenditoriali ubicate in zone in ritardo di sviluppo (ovvero con un Prodotto Interno Lordo pro-capite inferiore al 75% della media comunitaria - c.d. area obiettivo 1), oppure in zone con difficolt strutturali che necessitano di riconversione economica e sociale (c.d. obiettivo 2) ed, ancora, nelle zone rientranti nella definizione di cui allart. 87.3 c del Trattato UE. (Per approfondimenti si vedano i Regolamenti CE n. 70/2001 e 448/2004).

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    - Legge n. 215 del 1992 - Disposizioni in materia di imprenditoria femminile;

    - Legge n. 488 del 1992 - Contributi per i settori industria, servizi, commercio,

    turismo, artigianato.

    A livello regionale si ricordano:

    - Legge n. 143 del 1995 Interventi per la promozione di nuove imprese ed

    innovazione per limprenditoria femminile;

    - Legge n. 55 del 1998 Legge quadro in materia di politiche regionali di sostegno

    alloccupazione;

    - Legge n. 136 del 1996 Interventi finalizzati allo sviluppo di iniziative imprenditoriali

    giovanili eco-compatibili nei territori dei Parchi Nazionali, regionale e delle riserve

    naturali istituite con legge regionale;

    - Legge n. 77 del 2000 Interventi a sostegno regionale alle imprese operanti nel

    settore del turismo.

    3. LA STRUTTURA DEL BUSINESS PLAN Una fase preliminare a quella di redazione del Business Plan riguarda lacquisizione,

    con lausilio dei proponenti, dei dettagli del progetto.

    I dati da approfondire concernono, in particolare:

    la gamma dei prodotti/servizi offerti; la combinazione dei fattori produttivi, il loro costo per unit di misura e lincidenza

    percentuale sul prodotto finito di ciascuno di essi;

    i canali di approvvigionamento ed i costi di trasporto correlati; il processo produttivo e le eventuali fasi concesse in outsourcing; linvestimento complessivo in immobilizzazioni materiali ed immateriali; lammontare di mezzi propri a disposizione per il progetto; leventuale possibilit di accesso al capitale di credito ed a garanzie reali o

    personali.

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    Dopo aver definito puntualmente lidea imprenditoriale lattivit di elaborazione del

    Business Plan si struttura nelle seguenti fasi:

    FASE 1 Analisi di mercato e redazione del piano marketing. Lattivit suddivisa principalmente in due fasi, la prima consistente nellespletamento

    della ricerca di mercato e nella redazione della relativa relazione di ricerca; la seconda

    diretta alla definizione del piano di marketing, sulla base delle conclusioni emergenti nella

    relazione di ricerca.

    In particolare:

    A) RICERCA DI MERCATO La ricerca di mercato sar preceduta dallanalisi degli obiettivi di ricerca e

    dallindividuazione delle metodologie di ricerca, normalmente effettuata sulla base di

    analisi statistiche esistenti, nonch di relazioni, rapporti e osservatori economici redatti da

    istituti specializzati, ma, in ricerche sperimentali, si potr fare ausilio di mezzi e

    metodologie pi sofisticate per la rilevazione dei dati quali: sondaggi, test-market e shop

    audits, effettuati somministrando un questionario a gruppi di soggetti selezionati seguendo

    precise regole di campionamento casuale o non casuale nellambito delluniverso

    considerato.

    Lanalisi sar, poi, condotta per macro-aree, studiando le dinamiche rispettivamente:

    1. MACROECONOMICHE, ovvero della congiuntura nazionale e, se loggetto dello

    studio lo richiede, anche internazionale, a livello economico, politico e sociale, con le

    relative prospettive di sviluppo.

    2. DEL SETTORE E DEL MERCATO DI RIFERIMENTO (dove per mercato di riferimento

    sintende linterrelazione fra settore ed area geografica di riferimento), attraverso

    lanalisi di variabili quali: la struttura del mercato; la profittabilit del settore; lesistenza

    di barriere allentrata ed alluscita; lesistenza o la possibilit di conseguire economie di

    scala, di scopo e/o di specializzazione3; al potere contrattuale dei clienti e dei fornitori.

    3 Le economie di scala consistono in quel vantaggio conseguito grazie alla riduzione dei costi unitari di produzione conseguente allaumento del numero di beni o servizi prodotti. Esse implicano rendimenti crescenti con i volumi di produzione e sono considerate un fattore di centralizzazione dei fattori della produzione e di piena utilizzazione della capacit produttiva, anche se lentit di tali economie pi pronunciata nei processi di trasformazione ad alta intensit di capitale (soprattutto manifatturiero ed estrattivo) che non in quelli ad elevata intensit di lavoro (tipicamente le imprese di servizi). Le c.d. economie di scopo o di raggio dazione sono quelle generate dal fatto che i costi unitari di produzione diminuiscono allorch pi tipi di beni o di servizi vengano prodotti congiuntamente,

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    3. DELLA CONCORRENZA, attraverso lanalisi del numero di imprese concorrenti (sia

    diretti che indiretti) presenti sul mercato, del grado di concentrazione dellofferta, dei

    fattori critici di successo ed il benchmarking con le strategie adottate dalle aziende

    leaders di mercato;

    4. DELLA DOMANDA, attraverso lanalisi del segmento e del target di riferimento in

    quanto a numerosit, fattori e abitudini di acquisto, reddito, aspettative, et, ceto

    sociale, elasticit rispetto al prezzo, ed anche attraverso lo studio dei trend e delle

    relazioni con il ciclo di vita del prodotto/servizio.

    Sempre nellambito della ricerca di mercato, in funzione di connessione fra i risultati

    della ricerca stessa e la successiva fase di stesura del piano di marketing, si andr ad

    effettuare lanalisi dellimpresa e successivamente lanalisi S.W.O.T., cio lo studio

    incrociato dei punti di forza e di debolezza dellimpresa con le opportunit e le minacce

    emergenti dallanalisi del mercato, dove lanalisi dei punti di forza e di debolezza comporta

    lanalisi dellimpresa sotto il punto di vista organizzativo, gestionale, finanziario, della

    responsabilit sociale, del livello tecnologico e della competitivit.

    B) PIANO DI MARKETING Sulla base delle conclusioni emerse dalla ricerca di mercato si redige il Piano di

    Marketing, ovvero quel documento nel quale:

    9 vengono riepilogati gli obiettivi aziendali sulla base ed in riferimento ai quali vengono elaborate le strategie aziendali, soprattutto in riferimento alle vendite, al profitto, alla

    qualit e, pi in generale, al posizionamento di mercato ed alla differenziazione di

    prodotto;

    9 viene definita la politica di marketing mix (politiche di prodotto, prezzo, comunicazione e distribuzione);

    9 vengono individuate le risorse da impiegare ed i relativi costi; 9 vengono fissati i punti di controllo dellattivit di marketing.

    utilizzando le stesse risorse tecniche ed il medesimo know how. La presenza di tali economie considerata uno dei fattori in grado di motivare la diversificazione della produzione. Infine, attraverso la specializzazione degli operatori su attivit che richiedono ripetutamente limpiego di una o poche tecniche non ulteriormente divisibili, il vantaggio conseguibile un aumento della produttivit e rendimenti crescenti nel tempo, grazie allapprendimento, allallenamento ed alla destrezza. Le economie di specializzazione (o di esperienza) sono tanto pi utili quanto maggiore la difficolt dellattivit produttiva e quanto pi lungo il ciclo di apprendimento ad essa relativo.

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    FASE 2 Pianificazione economico finanziaria. La sezione numerica del Business Plan si baser su previsioni economico-finanziarie

    proiettate in un arco temporale dai tre ai cinque anni e sar composta da cinque piani

    operativi settoriali e da quattro documenti consolidati.

    Fanno parte dei c.d. Piani Operativi:

    1. il piano delle vendite, nel quale viene stimato il fatturato per ciascun esercizio

    previsionale;

    2. il piano tecnico-produttivo nel quale viene stimato il costo di produzione dei beni in

    termini di materie prime (o di acquisto delle merci) per ciascun esercizio

    previsionale e che, unitamente ai dati contenuti nel piano di magazzino, d luogo al

    piano degli acquisti;

    3. il piano della struttura nel quale sono stimati i costi generali di produzione,

    amministrativi e commerciali;

    4. il piano del personale, nel quale sono riassunte tutti i costi connessi alle risorse

    umane impiegate nellazienda;

    5. il piano degli investimenti riassuntivo delle spese per immobilizzazioni. A tale piano

    operativo connesso il piano degli ammortamenti.

    I dati provenienti dai singoli piani operativi sono, infine, consolidati e riepilogati in

    quattro prospetti aventi ciascuno una diversa funzione informativa, ovvero:

    1. il Conto Economico previsionale, dal quale emerge la stima dei profitti o le perdite

    conseguibili;

    2. lo Stato Patrimoniale previsionale, che evidenzia le poste di natura sia patrimoniale

    che finanziaria dellimpresa e che pu essere successivamente riclassificato in base

    alla durata delle fonti e degli impieghi per agevolare lanalisi dellequilibrio finanziario e

    della correlazione fra le scadenze relative alle poste dellattivo e del passivo

    patrimoniale;

    3. il Budget di cassa, dal quale si evince la ripartizione temporale delle entrate e delle

    uscite monetarie, utile al fine della previsione di eventuali tensioni di liquidit;

    4. il Piano di Finanziamento, necessario al fine di prevedere il fabbisogno finanziario

    complessivo per lavvio del progetto dinvestimento e per la sua copertura con capitale

    proprio e di credito. Attraverso tale prospetto si valuta la fattibilit finanziaria del

    progetto e la congruit con le risorse disponibili.

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    FASE 3 - Valutazione economico-finanziaria. La sezione numerica termina con la valutazione economico-finanziaria del progetto

    condotta attraverso opportuni indici di bilancio.

    Infine, a completamento del piano dimpresa, lo stesso dovr essere integrato da un

    REPORT SULLANALISI DEI RISCHI, fondamentale per rilevare e porre lattenzione verso quei rischi che hanno influenza diretta o indiretta sui ricavi stimati, nonch per

    individuare gli strumenti e le modalit pi efficaci per una loro corretta mitigazione.

    Al termine del Business Plan opportuno redigere due documenti di sintesi, la

    presentazione sintetica del progetto e lanalisi della tempistica, da inserire il primo come scheda introduttiva e riepilogativa del progetto ed il secondo a scopo di raccordo fra

    la sezione descrittiva e quella numerica.

    FIG. 2 La struttura del Business Plan

    ANALISI DI MERCATO

    PIANO DI MARKETING

    PIANO TECNICO PRODUTTIVO

    PIANO DELLA STRUTTURA

    PIANO DEL PERSONALE

    PIANO DEGLI INVESTIMENTI

    PIANI OPERATIVI

    S.P. e C.E. PREVISIONALI

    Determinazione del fabbisogno

    finanziario

    Verifica della fattibilitfinanziaria

    Verifica della fattibiliteconomica

    PIANO DELLE VENDITE

    BUDGET DI CASSA

    PIANO DI FINANZIAMENTO

    (struttura delle fonti)

    Report sullanalisi dei rischi

    Introduzione alla sezione numerica e analisi della tempistica

    Presentazione sintetica del progetto

    PIANO DI MAGAZZINO

    PIANO DEGLI ACQUISTI

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    3.1. LA PRESENTAZIONE SINTETICA La presentazione sintetica lo scopo di introdurre il progetto e riassumerne gli elementi

    essenziali, fra i quali, in sintesi:

    lidea imprenditoriale ed i presupposti posti alla base del suo sviluppo; la forma giuridica dellimpresa e leventuale composizione societaria; lesperienza e le motivazioni dei proponenti ed il ruolo svolto nellimpresa; lassetto organizzativo (risorse e organizzazione funzionale); la presenza di legami con altre imprese; la localizzazione dellunit produttiva; la sintesi della tipologia degli investimenti da effettuare; la sintesi degli obiettivi di vendita e reddituali.

    3.2. IL CRONOPROGRAMMA DELLE ATTIVIT In funzione di raccordo fra la sezione descrittiva e quella numerica del Business Plan

    preferibile inserire un documento introduttivo della pianificazione economico-finanziaria

    corredato dal cronoprogramma delle attivit, preferibilmente con lausilio di un diagramma

    di GANTT4, concernente i seguenti argomenti:

    avvio del progetto e la tempistica della realizzazione delle spese dinvestimento; studio del prodotto ed, eventualmente, lo sviluppo del prototipo; presentazione del prodotto in fiere; avvio delle altre politiche promozionali; contatti con i fornitori; inizio del ciclo produttivo; contatti con i distributori ed i punti vendita; tempi previsti per la registrazione dei primi ordini di vendita; tempi previsti per le consegne e la vendita; riscossione dei crediti v/clienti.

    4 Un classico diagramma di Gantt si articola in un certo numero di barre orizzontali (ad ognuna delle quali corrisponde una attivit) disposte in un piano, parallelamente ad una scala temporale di riferimento.

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    CASE STUDY

    Si consideri il caso di avvio dellimpresa GAMMA s.r.l. nel settore manifatturiero alimentare il cui cronoprogramma delle attivit risulti il seguente: giugno anno 0: costituzione della societ; luglio anno 0: avvio degli investimenti in immobilizzazioni materiali ed immateriali necessari

    allimplementazione della struttura produttiva, il cui completamento previsto per il mese di dicembre dello stesso anno.

    luglio anno 0: uscite monetarie relative alle prime spese di gestione (utenze, canoni di locazione degli immobili ecc.);

    settembre anno 0: avvio della campagna pubblicitaria, promozionale e commerciale; ottobre anno 0: avvio della selezione del personale, da concludersi entro dicembre; dicembre anno 0: acquisizione dei primi ordini di vendita del prodotto finito e invio dei primi ordini di acquisto

    delle materie prime ai fornitori; gennaio anno 1: stoccaggio delle materie prime; seconda settimana di gennaio anno 1: avvio della produzione; terza settimana di gennaio anno 1: stoccaggio prodotti finiti ed avvio distribuzione; febbraio anno 1: vendita e inizio flusso monetario in entrata; DIAGRAMMA DI GANTT Anno 0 Anno 1

    mesi 6 7 8 9 10 11 12 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Costituzione della societ Investimenti Spese di gestione Spese promozionali Selezione del personale Spese per il personale Emissione ordini di acquisto materie prime

    Acquisizione ordini di vendita

    Stoccaggio materie prime Produzione Stoccaggio prodotti finiti Distribuzione Vendita Entrate correlate alla vendita

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    4. LANALISI DI MERCATO La ricerca di mercato riguarda, essenzialmente, la raccolta, lelaborazione e la

    valutazione di dati specifici, consistenti in informazioni di taglio economico, psicologico,

    sociologico e culturale, sulla base dei quali limpresa pu pensare di sviluppare, attuare e

    gestire in modo efficiente le proprie strategie.

    In definitiva, la ricerca di mercato il mezzo per eccellenza per accertare opinioni,

    atteggiamenti, comportamenti ed esigenze di qualunque tipologia di pubblico e, se

    condotta in maniera efficiente, fornisce al management le informazioni da tradurre in

    decisioni strategiche ed operative efficaci.

    Fig. 3 Le fasi della ricerca di mercato

    Lanalisi di mercato si conclude con una relazione contenente le seguenti informazioni

    di base:

    Gli obiettivi e le motivazioni e le origini dello studio;

    La descrizione di come lo studio stato condotto;

    La presentazione dei principali risultati e conclusioni dello studio;

    Lesposizione in maggiore dettaglio dei dati ottenuti, delleventuale metodo di

    campionamento e delle implicazioni conseguenti allanalisi dei dati;

    Le possibili limitazioni dei risultati ottenuti.

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    Sulla base dei risultati ottenuti potranno essere elaborate le strategie aziendali e

    valutati gli strumenti idonei per implementarle.

    Una ricerca di mercato completa coinvolge diverse aree di analisi e, nello specifico:

    1. Analisi macroeconomica;

    2. Analisi del settore di riferimento e della concorrenza;

    3. Analisi della domanda.

    FIG. 4 Le fasi dellanalisi del mercato

    AREE DI ANALISIAnalisi MACROECONOMICA, POLITICA

    E SOCIALE

    Analisi del SETTORE:

    MERCATO DI RIFERIMENTO

    STRUTTURA DEL PROCESSO PRODUTTIVO

    CONCORRENZA

    Analisi della DOMANDA

    Analisi dellIMPRESA

    RELAZIONE DI RICERCA

    PIANO DI MARKETING

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    4.1. LANALISI MACROECONOMICA Lindagine ambientale si articola su due piani: uno economico-generale e laltro

    settoriale. La prima ha lo scopo di acquisire informazioni sullevoluzione delleconomia

    nazionale ed internazionale; la seconda tende, invece, a determinare le caratteristiche ed

    i comportamenti dei mercati che direttamente interessano la nascente impresa.

    In particolare, le possibilit di crescita dellimpresa e la stessa propensione al

    consumo dei clienti possono dipendere, in misura pi o meno vasta, da alcuni fattori

    macro-economici, tra i quali meritano particolare attenzione:

    1) linflazione;

    2) la situazione occupazionale;

    3) landamento del mercato dei capitali e del tasso di interesse;

    4) il Prodotto Interno Lordo (P.I.L.);

    5) il reddito.

    In riferimento al primo degli elementi citati si notato che negli anni caratterizzati da

    forte inflazione, il consumatore tende a reagire con un comportamento sostanzialmente preoccupato giacch vede le sue possibilit dacquisto continuamente erose dallaumento

    dei prezzi e di conseguenza non riesce, pur assorbendo il risparmio, a mantenere i

    consueti ritmi di acquisto. Nel contempo, la preoccupazione di una situazione futura ancor

    pi critica e la contemporanea svalutazione dei suoi risparmi lo inducono ad acquistare

    anche al di l delle sue effettive necessit, prediligendo soprattutto quei prodotti che

    presentano una maggior durata e che possono presentarsi come investimento per il

    futuro5.

    Dal punto di vista dellimpresa, invece, il tasso di inflazione incide sui costi generali e di

    produzione e se le aspettative per il futuro riguardano un incremento dellinflazione, tale

    variazione attesa pu influenzare le politiche di prezzo dellimpresa stessa, a meno di

    scelte strategiche di contenimento dei prezzi, al fine del consolidamento della quota di

    mercato, nel qual caso laumento dei costi dovuti allinflazione causer una erosione del

    profitto unitario.

    Lanalisi della situazione occupazionale, invece, diretta ad acquisire le informazioni utili a testare la presenza e la possibilit di reperimento delle professionalit richieste

    dallazienda nei territori limitrofi a quello dove sar ubicata la sede operativa dell'impresa

    o del progetto dinvestimento. 5 Cherubini S. Marketing dei servizi FRANCO ANGELI EDITORE

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    Notevole importanza riveste, inoltre, il tasso di interesse, il quale incide sulla propensione allinvestimento da parte dei soggetti economici e non, esistendo una

    relazione inversa fra tasso di interesse e fondi complessivamente richiesti al sistema

    creditizio. Un elevato tasso di interesse, scoraggiando gli investimenti, pu incidere

    negativamente sullinnovazione tecnologica delle imprese e, conseguentemente, sulla loro

    competitivit.

    Infine, il Prodotto Interno Lordo, essendo un indicatore sintetico della ricchezza di un

    Paese6 in un dato momento, utile per trarre alcune considerazioni sul possibile

    atteggiamento dei consumatori. Infatti, in situazioni di floridit economica, in genere, si

    registra un atteggiamento ottimista. Dato che il reddito tende ad elevarsi, dopo un primo

    periodo di assestamento, il consumatore spinto alla ricerca di consumi propri delle

    categorie di reddito superiore. Daltro canto, in situazioni di recessione o di forte

    incertezza sul futuro, il consumatore si presenta sostanzialmente razionale, cio teso a

    valutare in modo costante il rapporto costi/benefici delle sue iniziative dacquisto,

    impiegando maggior tempo nella ricerca dei luoghi di acquisto pi convenienti o di

    informazioni complete sulle possibili offerte presenti sul mercato, tendendo anche a

    ridurre la propria fedelt alla marca.

    Oltre ai fattori economici, esiste unaltra serie di elementi da considerare analizzando

    lo scenario ambientale ed, in particolare:

    fattori sociali quali: stili di vita, cultura, istruzione, tendenze degli opinion leaders, atteggiamenti verso lambiente e la responsabilit sociale;

    fattori politici quali: assetto istituzionale, ideologie dei partiti di governo, propensione alle agevolazioni ed ai contributi agli investimenti.

    6 Per Prodotto Interno Lordo (P.I.L.)sintende la somma del valore dei beni prodotti e dei servizi erogati in un anno nel territorio di una nazione, compresa la produzione dovuta a fattori produttivi di propriet estera.

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    4.2. LANALISI DEL SETTORE DI RIFERIMENTO La comparsa della neo-impresa sul mercato apporter delle alterazioni allambiente

    stesso e comporter il necessario adeguamento delle imprese gi presenti, sia sul

    mercato di riferimento, che nei mercati dei beni complementari7 e succedanei8.

    Analizzare il settore di riferimento significa, dunque, focalizzare lattenzione sullo studio

    di situazioni quali:

    la congiuntura economica specifica del settore; la profittabilit del mercato di riferimento, ovvero del settore in relazione ad un

    determinato ambito geografico dove coesistono persone o organizzazioni

    interessate al consumo o allutilizzo di un bene/servizio ed a fronte delle quali vi

    sono aziende capaci di produrli/erogarli;

    lesistenza di barriere allentrata ed alluscita; la struttura del processo produttivo e la tecnologia necessaria per operare

    efficientemente nel settore;

    il potere contrattuale dei clienti e dei fornitori; la concorrenza.

    Un mercato , generalmente, profittevole se: a) non ancora saturo e, dunque, se esiste una quota di mercato significativa ancora

    sfruttabile;

    b) consente, mediamente, una buona remunerazione dei mezzi propri (R.O.E.) e dei

    capitali investiti (R.O.I.) alle imprese che gi vi operano e, comunque, una

    remunerazione pi elevata rispetto allimpiego degli stessi capitali in investimenti

    alternativi di equivalente rischiosit;

    c) possiede ancora margini di differenziazione.

    Sebbene un mercato possa risultare profittevole, non detto che sia semplice entrarvi

    a causa dellesistenza delle c.d. barriere allentrata, ovvero di fattori esterni allimpresa che ne rendono difficile o particolarmente oneroso lingresso, quali, ad esempio:

    vincoli ed obblighi normativi; difficolt di approvvigionamento delle risorse materiali e professionali (know how);

    7 8 Per complementare sintende quel bene il cui uso avviene congiuntamente a quello di un altro bene; per succedaneo sintende un bene che pu sostituirne un'altro, con analoghi effetti e funzioni.

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    elevata entit delle spese dinvestimento iniziali; esistenza di economie di scala; esistenza di brevetti e concessioni in esclusiva.

    Allo stesso modo, lanalisi della convenienza economica ad operare in un determinato

    mercato deve includere lo studio delleventuale esistenza delle c.d. barriere alluscita, consistenti, sostanzialmente, nella impossibilit di cessare lattivit dimpresa e di

    smobilizzare gli investimenti fissi senza eccessive perdite.

    In particolare, lentit delle spese dinvestimento iniziali varia fra i diversi settori

    economici ed correlata allincidenza dellattivo fisso (immobilizzazioni materiali ed

    immateriali) e della tecnologia rispetto agli altri fattori produttivi (materie prime e risorse

    umane). Tale incidenza sicuramente maggiore nel comparto estrattivo, manifatturiero,

    delle costruzioni e dei trasporti, rispetto a gran parte delle attivit di servizi.

    La rilevanza del livello tecnologico nel processo produttivo fondamentale ai fini della

    competitivit e della produttivit, in quanto quel fattore che:

    pu consentire un aumento della produzione a parit di fattori produttivi impiegati; pu consentire la produzione di prodotti qualitativamente migliori; pu consentire la differenziazione di prodotto o lampliamento della gamma dei

    prodotti.

    Continuando ad analizzare la struttura del processo produttivo, oltre allentit degli investimenti ed alla correlata tecnologia, importante lo studio della struttura dei costi e

    della combinazione delle materie prime necessarie per ottenere il livello qualitativo di

    prodotto desiderato.

    In merito alla struttura dei costi, la principale distinzione quella tra costi fissi e

    variabili9, essenzialmente per due scopi:

    9 Sono FISSI quei costi che si mantengono costanti al variare del volume di attivit, entro una definita area di rilevanza. In realt, non esistono costi che siano in assoluto fissi, in quanto occorre considerare elementi quali, ad esempio, la struttura aziendale e la sua capacit produttiva. Inoltre, non si pu pi parlare di costi fissi se si considera il lungo periodo. Sono VARIABILI quei costi che variano proporzionalmente al variare del livello della produzione. Ulteriori classificazioni di costo sono: COSTI DIRETTI: costi relativi a fattori di produzione che possono essere oggettivamente

    attribuibili allunit di prodotto/servizio (ad es. materie prime, manodopera impegnata direttamente nella fabbricazione; forza motrice).

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    1. il calcolo del Break Even point, sia in quantit che a valore;

    2. la valutazione della flessibilit gestionale dellimpresa.

    Infine, lanalisi della struttura del processo produttivo conferisce anche gli elementi per

    definire il dimensionamento dellimpresa in termini di risorse umane da impiegare, il ch si

    collega allanalisi dei ruoli che assumono rilevanza non solo nellarea tecnica ma anche

    nelle altre aree operative dellimpresa (amministrazione, controllo, commerciale, ricerca e

    sviluppo ecc.) e allidentificazione dei profili professionali necessari a ricoprire ciascuna

    posizione.

    Lindividuazione del numero di materie prime necessarie al processo produttivo, la loro

    qualit e lincidenza percentuale sul prodotto finito, comporta la necessaria analisi dei fornitori e del loro potere contrattuale che tanto maggiore quanto pi:

    1. sul mercato c scarsa concorrenza di prodotti sostitutivi;

    2. limpresa non rappresenta per il fornitore un cliente importante;

    3. il bene rappresenta per limpresa cliente un fattore di produzione importante.

    Il potere contrattuale nei confronti dei fornitori importante per limpresa al fine di

    ottenere condizioni migliori in ordine a:

    premi e sconti; dilazioni di pagamento; modalit di pagamento.

    In maniera speculare, il potere contrattuale dei clienti nei confronti dellimpresa tanto pi elevato quanto:

    1. il cliente acquista quantit consistenti rispetto al volume daffari del fornitore (rischio

    legato alla bassa diversificazione del portafoglio);

    2. i prodotti presenti sul mercato sono poco differenziati

    3. i costi di passaggio da un fornitore allaltro sono bassi (in tal caso importante

    lanalisi degli elementi di influenza per il cambio fornitore);

    4. il cliente dispone di informazioni complete sulla domanda e sui prezzi.

    COSTI INDIRETTI: sono costi che, pur essendo riconducibili al processo produttivo, non hanno

    una relazione immediata con il bene/servizio prodotto (ad es. manutenzioni, costo del personale impiegato presso il magazzino ecc.).

    COSTI STANDARD: sono valori economici predeterminati in base ai criteri prescelti di efficienza gestionale. Esprimono il consumo di risorse richiesto per il raggiungimento dei risultati obiettivo definiti.

    COSTI EFFETTIVI: esprimono il valore consuntivo delle risorse effettivamente utilizzate.

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    Si consideri che nel mercato dei beni industriali, la possibilit di trasformare alcune

    delle transazioni commerciali operate dallimpresa con clienti e fornitori in transazioni

    interne, attraverso acquisizioni, fusioni, incorporazioni o semplicemente accordi fra

    aziende, pu costituire un efficace metodo per ottimizzare le opportunit offerte dal

    mercato oppure per ridurre limpatto delle minacce da esso derivanti (c.d. integrazione verticale e/o orizzontale).

    FIG. 5

    4.3. LANALISI DELLA CONCORRENZA Lanalisi della concorrenza mira a definire, principalmente, la struttura del mercato ed i

    fattori critici di successo.

    Per evidenziare la struttura dellofferta, utile individuare: il numero di aziende operanti nel mercato; la loro dimensione; le imprese leaders di settore; i mercati di vendita delle principali aziende; il tasso di natalit e di mortalit delle attivit economiche nel mercato di

    riferimento;

    il grado di concentrazione dellofferta.

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    Il grado di concentrazione dellofferta un indicatore particolarmente efficace per

    valutare situazioni di dominanza nel settore e risulta utile per la formulazione delle

    strategie dimpresa. I dati fondamentali da rilevare sono:

    il peso del fatturato delle principali aziende sul fatturato globale del mercato di riferimento;

    lesistenza di eventuali accordi fra imprese; la quota di mercato stimata dellimpresa, in termini assoluti (rapporto percentuale

    tra le vendite dellimpresa e quelle dellintero mercato);

    la quota di mercato stimata dellimpresa in termini relativi (rapporto fra la quota di mercato dellazienda oggetto di analisi e la quota dellazienda leader nel mercato).

    I Fattori Critici di Successo rappresentano, invece, quelle caratteristiche che limpresa deve possedere per competere con successo nel settore (es. efficienza

    produttiva; capacit di differenziazione del prodotto; capacit di anticipare i bisogni

    emergenti; consegne on time ecc.) ed il percorso strategico ideale per raggiungere il

    vantaggio competitivo.

    A seguito dellanalisi della concorrenza si anche in grado di classificare il mercato fra

    una delle seguenti strutture, con rilevanti ripercussioni sul grado di libert nella

    determinazione del prezzo e nella minimizzazione dei costi di marketing:

    CONCORRENZA PERFETTA10; OLIGOPOLIO11; MONOPOLIO12; CONCORRENZA MONOPOLISTICA13.

    10 Caratteristiche della concorrenza perfetta sono: presenza sul mercato di un gran numero di produttori ed offerta di beni perfettamente sostituibili luno con laltro, venduti al prezzo di mercato. 11 Nelloligopolio la dipendenza fra aziende concorrenti molto forte a causa del numero ridotto di concorrenti o della presenza di alcune imprese dominanti. 12 Nel monopolio il mercato dominato da un solo produttore e, conseguentemente, il bene offerto non ha concorrenti diretti. Il produttore , inoltre, price maker. 13 La concorrenza monopolistica si colloca fra la concorrenza pura ed il monopolio: i concorrenti sono numerosi, sebbene i prodotti presentino caratteristiche distintive rilevanti per lacquirente, talch ogni produttore monopolista nella propria nicchia.

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    4.4. LANALISI DELLA DOMANDA La metodologia pi efficace per giungere alla determinazione puntuale della domanda

    potenziale consiste nel partire dallosservazione dei fenomeni pi ampi rispetto a quello

    che si vuole esaminare, riducendone progressivamente lampiezza, in funzione di

    successive specificazioni che delimitano in modo sempre pi preciso il target, la domanda

    potenziale complessiva e quella previsionale relativa al progetto in esame14.

    FIG. 6 Il processo di determinazione della domanda potenziale

    La funzione di domanda caratterizzata da una relazione inversa fra prezzo e quantit,

    conseguentemente la quantit domandata di un bene cresce al diminuire del suo prezzo

    e, viceversa, al crescere del prezzo il criterio costi-benefici sar soddisfatto per una

    quantit sempre minore di quel dato bene/servizio.

    Tuttavia, esistono degli elementi, le c.d. determinanti della domanda, la cui variazione

    incrementativa o decrementativa comporta una variazione (rispettivamente in aumento o

    in diminuzione) della quantit domandata per ogni dato livello di prezzo.

    Tali determinanti sono:

    REDDITO; normalmente, per i beni c.d. normali, a parit di prezzo, la quantit domandata aumenta allaumentare del reddito disponibile. Leccezione vige solo

    per i c.d. beni inferiori, la cui domanda, a parit di prezzo, si riduce allaumentare

    del reddito disponibile;

    14 Cherubini S. Marketing dei servizi FRANCO ANGELI EDITORE

    SETTORE DI RIFERIMENTO selezione per n di segmenti di interesse e per aree geografiche di interesse

    MERCATO DI INTERESSEcalcolo del n di potenziali clienti appartenenti ai segmenti di interesse in quelle aree geografiche

    TARGET X consumo medio unitario

    DOMANDA POTENZIALE X quota di mercato

    QUANTITA DOMANDATA STIMATA X PREZZO RICAVI

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    GUSTI; i gusti variano nel tempo e sono condizionati dalle mode e dalla cultura; PREZZI DEI BENI SOSTITUTIVI E COMPLEMENTARI; un aumento del prezzo di

    un bene comporta non solo la riduzione della sua domanda, ma anche di quella dei

    beni ad esso complementari; al contrario tale aumento di prezzo fa aumentare la

    domanda dei beni sostitutivi;

    LE ASPETTATIVE; le aspettative sullandamento dei redditi e dei prezzi futuri influenzano le decisioni di spesa di corrente.

    IL FATTORE DEMOGRAFICO; di regola pi il mercato vasto in termini di popolazione, maggiore la quantit domandata di beni e servizi per ogni dato

    prezzo.

    4.4.1. LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO Per segmentazione del mercato, sintende la suddivisione del mercato in gruppi di

    consumatori omogenei, dove ogni gruppo pu essere selezionato come un obiettivo da

    raggiungere con unapposita azione di marketing.

    Affinch la segmentazione sia efficace, deve essere:

    - MISURABILE: le variabili rispetto alle quali si suddivide il mercato devono essere

    chiaramente identificabili e quantificabili.

    - ACCESSIBILE: i segmenti individuati devono essere raggiungibili distintamente

    rispetto alla massa generica del mercato.

    - SIGNIFICATIVA: la segmentazione non deve raggiungere livelli tali per cui la

    dimensione dei segmenti di mercato sia talmente ridotta e specifica da non poter

    costituire un target profittevole.

    I principali criteri per la segmentazione del mercato dei beni di consumo sono: 1. Segmentazione in base a parametri geografici e demografici:

    o Ripartizione geografica della popolazione (regioni, aree urbana, suburbana e rurale, densit ecc.);

    o Et; o Sesso; o Stadio del ciclo di vita attraversato dalla famiglia;

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    2. Segmentazione in funzione del reddito: analisi della distribuzione del reddito15 per

    regione, et, nucleo familiare;

    3. Segmentazione in base al comportamento dacquisto:

    o Analisi dei fattori sociologici quali: istruzione, occupazione, religione, razza, classe sociale ecc.

    o Analisi dei fattori psicologici e di comportamento quali: personalit, frequenza dacquisto, entit degli acquisti, conoscenza ed uso del

    bene/servizio, fedelt alla marca.

    Riguardo la segmentazione per et si possono distinguere le seguenti fasce:

    1. Bambini (da 1 a 12 anni): possono influenzare gli acquisti dei genitori e dei parenti; sono un segmento polarizzante degli acquisti da parte dei parenti;

    2. Adolescenti (da 13 a 20 anni): sono buoni acquirenti di musica, cosmetici, abbigliamento e spingono allacquisto di ciclomotori, anche se utile effettuare una

    sub-segmentazione fra la classe di et dai 13 ai 16 anni e quella dai 17 ai 20 anni.

    3. Giovani (dai 21 ai 39 anni): in questo arco di tempo normalmente ci si preoccupa della carriera, ci si sposa e si hanno figli, per cui le classi di spesa sono le pi vaste

    (lavoro, casa, figli ecc.).

    4. Adulti (dai 40 ai 65 anni): si tratta del segmento finanziariamente pi consistente che spesso non ha pi figli piccoli e direziona i propri acquisti verso beni/servizi di

    alta qualit ed elevato prezzo.

    5. Anziani (oltre i 65 anni): un segmento sempre pi in crescita e che necessita di beni e, soprattutto, di servizi particolari.

    Riguardo il ciclo di vita della famiglia, si possono, invece, individuare le seguenti fasi:

    1. STADIO DEL CELIBATO: in questa fase una larga parte del reddito disponibile

    destinato allacquisto di abiti, automobili ed al divertimento.

    15 Diverse sono le possibili nozioni di reddito: REDDITO PERSONALE: composto dalla sommatoria di tutti i redditi di cui il consumatore

    dispone, al lordo delle tasse. REDDITO DISPONIBILE: il reddito personale al netto delle imposte e delle tasse. REDDITO DISCREZIONALE: il reddito disponibile al netto di tutte quelle spese di prima

    necessit di cui il consumatore non pu fare a meno (alimenti, vestiario, abitazione). Tale reddito costituisce sicuramente un indicatore migliore del reddito disponibile nelle ricerche di mercato che interessano i beni secondari.

    REDDITO MONETARIO: il valore nominale dei redditi percepiti dal consumatore. REDDITO REALE: il reddito monetario al netto dellinflazione; indica il reale potere dacquisto

    del consumatore.

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    2. STADIO DELLE GIOVANI COPPIE: la spesa si concentra verso lacquisto della

    casa e del necessario per arredarla.

    3. STADIO DEL NIDO PIENO 1 (con figli piccoli fino a 6 anni): la spesa viene

    convogliata in gran parte verso lacquisto del necessario per i figli.

    4. STADIO DEL NIDO PIENO 2 (coppie sposate da diversi anni con figli ancora

    conviventi): anche in questo caso gran parte del reddito disponibile viene assorbito

    dai figli, ma per spese pi orientate verso listruzione, lo sport e labbigliamento.

    5. STADIO DEL NIDO VUOTO: lo stadio in cui il reddito discrezionale

    generalmente pi alto e le coppie spendono in viaggi e beni di elevata qualit.

    6. STADIO DEI SOPRAVVISSUTI SOLITARI: questo stadio v distinto a seconda del

    grado di autosufficienza degli anziani16.

    La segmentazione del mercato dei beni industriali segue regole diverse rispetto a quella del mercato dei beni di consumo, in quanto, sostanzialmente, le tipologie di beni

    acquistabili sono riconducibili alle immobilizzazioni, alle materie prime ed alle forniture

    operative e la caratteristica principale della domanda di avere natura derivata rispetto a

    quella del consumatore finale.

    FIG. 7

    16 Stanton W. Varaldo R. Marketing IL MULINO

    LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO DEI BENI INDUSTRIALI

    Materie prime e semilavorati Macchinari ed attrezzature Forniture operative

    Domanda di natura derivata, in quanto dipendente dalla domanda dei beni di consumo.

    Domanda prevalentemente rigida, dato che, in considerazione della sua natura derivata, la sensibilit alle variazioni di prezzo molto ridotta.

    Domanda concentrata in aree specifiche. Ordini di acquisto generalmente di importo elevato. Frequenza dacquisto ridotta o a cadenze regolari.

    Numero di acquirenti notevolmente ridotto rispetto a quello delmercato dei beni di largo consumo.

    Elevata capacit di acquisto di ogni utilizzatore. Periodo di negoziazione generalmente lungo.

    CARATTERISTICHE DELLA DOMANDA

    CARATTERISTICHE DEL MERCATO

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    4.4.2. IL PROCESSO DACQUISTO Per processo dacquisto sintende il complesso delle fasi attraverso le quali una

    persona o un gruppo di persone elaborano e mettono in pratica le decisioni di acquisto.

    Le fasi del processo dacquisto sono:

    1. Presenza, anche latente, di un bisogno

    2. Percezione del bisogno

    3. Raccolta delle informazioni

    4. Valutazione delle alternative

    5. Decisione dacquisto

    6. Acquisto effettivo

    7. Uso

    8. Impressione post-uso.

    In realt significativa anche lanalisi:

    delle ABITUDINI DACQUISTO: o QUANDO il consumatore acquista (stagione, giorno della settimana, orari

    ecc.);

    o PERCH il consumatore acquista (motivazione allacquisto e funzione duso); o DOVE il consumatore acquista (dove viene presa la e dove viene effettuato

    lacquisto);

    o COME il consumatore acquista (frequenza e luogo dacquisto; modalit di pagamento);

    del ruolo delle PERSONE INFLUENTI nel processo dacquisto: o CHI COMPRA (chi materialmente compie latto dellacquisto); o CHI DECIDE (la decisione dacquisto pu anche essere un risultato collettivo

    pi che individuale);

    o CHI INFLUENZA (linfluenza pu pervenire dai mass media oppure da un certo numero di persone che alimentano sia il sorgere del bisogno che la

    scelta delle modalit di soddisfazione dello stesso);

    o CHI USA ( il cliente in senso stretto).

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    4.4.3. LE STRATEGIE DI SEGMENTAZIONE Una volta effettuata la segmentazione limpresa dovr scegliere fra due principali

    strategie:

    1. SEGMENTAZIONE CONCENTRATA: si basa sulla scelta di un unico segmento sul

    quale direzionare tutte gli sforzi di gestione e di marketing.

    2. SEGMENTAZIONE MULTIPLA: si basa sulla scelta di pi segmenti a cui rivolgersi

    con strategie differenziate e, spesso, anche con prodotti differenti.

    La combinazione del numero di mercati serviti con il numero di beni offerti dar luogo

    ad una diversa strategia generale, allinterno della quale, in dipendenza dellampiezza del

    target e della politica di marketing mix si potr definire la strategia specifica da seguire:

    PRODOTTI/SERVIZI

    Prodotto 1 Prodotto 2 Prodotto 3

    Mercato/segmento 1

    Penetrazione del

    mercato/segmento

    Sviluppo prodotti

    Mercato/segmento 2

    MERCATI/ SEGMENTI

    Mercato/segmento 3

    Sviluppo dei mercati/segmenti

    Diversificazione

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    5. LANALISI DELLIMPRESA E LE STRATEGIE DI POSIZIONAMENTO

    Ai fini sia dellanalisi S.W.O.T. che della redazione del Piano di Marketing occorre

    condurre un attento studio sulla struttura dimpresa, sul possesso dei fattori critici di

    successo necessari per introdursi, consolidarsi e crescere sul mercato, nonch una

    dettagliata valutazione delle priorit strategiche e delle possibili alternative operative.

    In seguito alle risultanze dellanalisi S.W.O.T. si potranno, poi, selezionare le strategie

    e le leve operative da dettagliare nel Piano di marketing.

    FIG. 8

    Fra le priorit strategiche grande rilevanza assume la definizione della o delle Aree Strategiche dAffari ciascuna delle quali delimita uno spazio competitivo (mercato) strategicamente rilevante che limpresa gestisce separatamente ed al quale destina

    prodotti e/o servizi specifici.

    Ciascuna A.S.A., inoltre, opera in uno specifico sistema competitivo ed destinataria di

    unopportuna politica di marketing, dato che al variare di uno degli elementi che servono

    ad identificare larea strategica daffari cambiano, generalmente, anche le caratteristiche

    dellofferta.

    LANALISI DELLIMPRESA

    Analisi della STRUTTURA Analisi delle STRATEGIE

    Valutazione delle priorit strategiche fra cui:

    - Obiettivi di sviluppo, di fatturato e di profitto;- Aree Strategiche dAffari (A.S.A); - Posizionamento attuale e prospettico.- Differenziazione.

    Valutazione delle modalit operative di attuazione delle strategie e di raggiungimento degli obiettivi.

    Valutazione dellefficienza dimensionale, organizzativa e produttiva ed analisi dei costi;

    Valutazione dei fattori critici di successo;

    Valutazione dei punti di forza e di debolezza.

    Analisi S.W.O.T. Piano di Marketing

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    Lambito competitivo, a sua volta, la risultante della combinazione dei seguenti fattori:

    1) Il segmento (interazione fra prodotti venduti e clienti serviti); 2) Lambito geografico in cui limpresa opera; 3) Il numero di settori correlati in cui limpresa compete; 4) Il grado di integrazione verticale, ovvero il numero di fasi del processo produttivo

    realizzate internamente allimpresa.

    FIG. 9

    Una volta definite le Aree Strategiche dAffari, limpresa dovr scegliere il

    posizionamento pi idoneo rispetto al mercato ed alla concorrenza, al fine del raggiungimento del vantaggio competitivo.

    Il posizionamento pu essere definito come linsieme delle politiche e delle iniziative

    volte ad impostare, in funzione delle caratteristiche del prodotto, le strategie di marketing

    mix pi adatte per far s che il consumatore percepisca il bene/servizio in una determinata

    maniera e lo collochi in posizione preferenziale rispetto allofferta della concorrenza.

    Infatti, se si vogliono comprendere le ragioni dei differenti risultati conseguiti da

    aziende di dimensioni simili ed operanti nel medesimo settore ed ambito geografico, si

    devono esaminare le diverse modalit di svolgimento delle attivit con le quali le stesse

    combinano i fattori produttivi dipendendo i risultati competitivi e reddituali, principalmente,

    dal modo in cui sono svolte le attivit dirette alla creazione del valore.

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    Le principali strategie di posizionamento sono le seguenti:

    LEADERSHIP DI COSTO: limpresa mira a diventare il produttore a pi basso costo del settore in cui si colloca.

    LEADERSHIP DI DIFFERENZIAZIONE: limpresa assume come obiettivo principale il pi alto grado di soddisfazione dei bisogni dei clienti e mira ad essere

    unica nel proprio settore.

    FOCALIZZAZIONE SUI COSTI: limpresa mira a diventare il produttore a pi basso costo in uno o pochi segmenti specifici

    FOCALIZZAZIONE SULLA DIFFERENZIAZIONE: limpresa assume come obiettivo principale il pi alto grado di soddisfazione dei bisogni dei clienti e mira ad

    essere unica in uno o pochi segmenti specifici.

    FIG. 10

    IL POSIZIONAMENTO E LE STRATEGIE COMPETITIVE DI BASE

    Almeno nel breve periodo, le imprese che adottano la strategia di differenziazione

    sostengono costi maggiori rispetto a quelle che perseguono la leadership di costo o che si

    focalizzano sui costi; tuttavia le stesse riescono a conseguire un vantaggio competitivo sul

    fronte della qualit dei prodotti che consente loro di poter beneficiare di un premium price,

    legato alla possibilit di praticare un prezzo di vendita pi elevato.

    La strategia di differenziazione sostenibile fino a che i clienti riconoscono congruo il

    premium price rispetto al valore intrinseco del prodotto.

    FOCALIZZAZIONE SULLA DIFFERENZIAZIONE

    FOCALIZZAZIONE SUI COSTI

    LEADERSHIP DI DIFFERENZIAZIONE

    LEADERSHIP DI COSTO

    FOCALIZZAZIONE SULLA DIFFERENZIAZIONE

    FOCALIZZAZIONE SUI COSTI

    LEADERSHIP DI DIFFERENZIAZIONE

    LEADERSHIP DI COSTO

    AMPIO

    RISTRETTO

    COSTO DIFFERENZIAZIONETIPOLOGIA DI VANTAGGIO COMPETITIVO

    AMBITO

    COMPETITIVO

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    Analogamente, per quanto basso possa essere il prezzo di un prodotto, al di sotto di un

    livello qualitativo minimo nessun cliente sar disposto ad acquistarlo.

    Nello specifico, la differenziazione corrisponde allinsieme delle azioni di

    potenziamento distintivo rispetto alla concorrenza al fine del raggiungimento del vantaggio

    competitivo.

    Alcuni possibili elementi di differenziazione dellofferta sono:

    Potenziamento e/o variazione di una o pi caratteristiche del prodotto/servizio;

    Qualit;

    Combinazione delle materie prime;

    Funzione duso del prodotto;

    Design;

    Package;

    Dimensioni;

    Livello tecnologico;

    Certificazioni di qualit sia del prodotto che dellazienda;

    Prezzo;

    Servizi post-acquisto e accessori;

    Combinazione del prodotto con altri beni che ne potenzino il valore e la funzione

    duso.

    Considerando che i fattori sui quali sono basate le strategie di posizionamento sono

    qualit e prezzo