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UID - UNIONE ITALIANA PER IL DISEGNO DSA- DIPARTIMENTO DI SCIENZE PER L’ARCHITETTURA FACOLTÀ DIARCHITETTURADELL’UNIVERSITÀ DI GENOVA SESTO CONGRESSO UID XXXI CONVEGNO INTERNAZIONALE DELLE DISCIPLINE DELLA RAPPRESENTAZIONE DISEGNO & PROGETTO LERICI, VILLA MARIGOLA 13, 14. 15 OTTOBRE 2009

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UID - UNIONE ITALIANA PER IL DISEGNODSA - DIPARTIMENTO DI SCIENZE PER L’ARCHITETTURA

FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DELL’UNIVERSITÀ DI GENOVA

SESTO CONGRESSO UID

XXXI CONVEGNO INTERNAZIONALE DELLE DISCIPLINEDELLA RAPPRESENTAZIONE

DISEGNO & PROGETTO

LERICI, VILLA MARIGOLA 13, 14. 15 OTTOBRE 2009

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INDICE

UN DISEGNO “CREDIBILE”Vincenzo Bagnolo

DISEGNARE IL NUOVO O UN NUOVO MODO DI DISEGNARE / IL DISEGNO DI PROGETTO O UN PROGETTO PER IL DISEGNOCristiana Bedoni, Laura Farroni, Daniele Calisi, Eileen Greco

DISEGNO DAL VERO: ARCHITETTURA COME RAPPRENTAZIONE DELLO SPAZIOFerdinando Bifulco

IL “DISEGNO” NELLA RIQUALIFICAZIONE URBANA DI PIAZZA MARIO PAGANO A POTENZA: DAL RILIEVO ALLA SIMULAZIONE DI PROGETTO.Antonio Bixio

MICRO TESSUTI URBANI TRA TERRA E ACQUA: RILIEVO E PROGETTO PER IL RECUPERO DELL’IDENTITÀ E DELLA MEMORIA DELLA CITTÀ DI GUANGZHOU IN CINAMarianna Calia

MATERIA E STRUTTURA DELLA FORMA ARCHITETTONICA: DAL RILIEVO MULTIDISCIPLINARE ALLA RAPPRESENTAZIONE COMPLESSAMassimiliano Campi, Antonella di Luggo

…DAL RILIEVO AL PROGETTO: IL CASO STUDIO DELL’”ANTENNA DI DALMINE” Alessio Cardaci

RICOSTRUZIONE DI PALAZZI E DELLE LORO COPERTURESaro Cardona

EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DEL DOPOGUERRA. Michela Cigola, Assunta Pelliccio

DISEGNO, PROGETTO E BASIC DESIGNAlessandra Cirafici

DA UNA IDEA AL DISEGNO DI PROGETTO “RICOSTRUIRE CON L’ARTE”Luisa Cogorno

IL MANUALE VIRTUALE: IL DISEGNO DI RILIEVO PER IL PROGETTO DI RECUPEROGiuseppe Colonna

IL CUBO E IL LAMIONEIL DISEGNO NELL’ESPERIENZA DEL LABORATORIO PROGETTUALE DI GENEALOGIA DELL’ARCHITETTURAAntonio Conte

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DALL’INTERNORocco Converti

RILEVAMENTO ARCHITETTONICO UNA DISCIPLINA PER INTERPRETARE/ RINEGOZIARE I CONTENUTI DEL PROGETTOAldo De Sanctis

IL RILEVAMENTO COME TRAMITE PER COMPRENDERE L’IDEA PROGETTUALEAntonio A. Zappani

IL RILIEVO COME ADDESTRAMENTO ALL’OSSERVAZIONE ARCHITETTONICAGiuseppe Fortunato

LA LINGUA DELL’ARCHITETTURAEdoardo Dotto

“IO NEL PENSIER MI FINGO”“PROGETTO” E SPECIFICITÀ DISCIPLINARE DEL “DISEGNO”Fabrizio Gay

DAL GIARDINO AL PAESAGGIO: DISEGNO E PROGETTOFranca Giannini

DISEGNO, GEOMETRIA E PROGETTOGuido Guidano

IL LASER SCANNER NEL RILIEVO PER IL CONSOLIDAMENTO STRUTTURALEVincenzo Iannizzaro, Salvatore Barba, Fausta Fiorillo

SPAZIO E TEMPO DELLA RAPPRESENTAZIONE URBANA NEI WEB-SIT.Maria Pompeiana Iarossi

DISEGNO SENZA FINEOVVERO, COME KEVIN LYNCH DISEGNEREBBE OGGI?Lucia Krasovec Lucas

DISEGNARE PER COMUNICARE - IL PROGETTO PER LA COMUNICAZIONE VISIVAMassimo Malagugini

DISEGNO DI CITTÀ. INTUIZIONI E CONFERME PERCETTIVE, ACCUMULI E DISPERSIONI DI SENSOMario Manganaro

IL DISEGNO DI PROGETTO: SEGNI, LINGUAGGIO, IDENTITÀMichela MazzucchelliGEOMETRIE ED OMBRE PROIETTATE DA UNO GNOMONE Antonino Nastasi

IL DISEGNO DI PROGETTO NELL’ARCHITETTURA GOTICABarbara Pani

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TRA FORMAZIONE E PROFESSIONE: NUOVE TECNOLOGIE PER “COSTRUIRE” LA CONOSCENZA Maria Onorina Panza

DISEGNO E PROGETTOPRINCIPI E VARIAZIONE DINAMICA NELLA COSTRUZIONE DELLA FORMAGiulia Pellegri

MULINI IDRAULICI NEL LAZIO MERIDIONALE.DISEGNI E PROGETTI DEL XIX SECOLO. Assunta Pelliccio

IL RAPPORTO DISEGNO - PROGETTO NELL’OPERA DEI FRATELLI PALEARO FRATINO.S.GIULIANO AD ALGHERO.Andrea Pirinu

RAPPRESENTARE L’ARCHITETTURA. UN’ESPERIENZA DIDATTICAClaudia Pisu

IL MODELLO DIGITALE PER IL PROGETTO: L’ESPERIENZA DEL PARCO ARCHEOLOGICO DI KAUKANA A SANTA CROCE CAMERINA (RG)F. Restuccia, V. Greco, M. Galizia, C. Santagati

DISEGNI DI PROGETTO DI ERNESTO N. ROGERS (1909-1969)NOTE SULLA RICERCAAlberto Sdegno

DISEGNARE LE IDEE IN NUCE. UN RAPPORTO DIALETTICO IN UN PROCESSO OSMOTICO TRA RAPPRESENTAZIONE E PROGETTOGiacinto Taibi

UNA SOTTILE ANAMORFOSI TRA LE TRAME DELLE INTENZIONI PROGETTUALIGiacinto Taibi

TRENTA +1… E OLTRERuggero Torti

SPAZIO-FRAMMENTO, LUOGO–ARCHITETTURAIL DISEGNO DEL TOPOS COME CENTRALITÀ NEL PROGETTO DI ARCHITETTURA.Rita ValentiDISEGNO O IMMAGINE PER IL PROGETTO CONTEMPORANEO?Cristina Vanini

LA MAPPA DEL TESOROValentino Volta

IL DISEGNO E LE NUOVE FRONTIERE DELLA RAPPRESENTAZIONE NEL PROCESSO PROGETTUALEOrnella Zerlenga

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UN DISEGNO “CREDIBILE”

Vincenzo Bagnolo

Con l’avvento del modello informatico, il pro-getto d’architettura ha superato i confini delsupporto cartaceo articolandosi in processi sem-pre più solidamente strutturati sulla dimensionedigitale, raf forzando il concetto di Disegnocome strumento di formazione, progettazione ecomposizione. Nel passato il ruolo della rappre-sentazione del progetto architettonico e il pro-cesso della sua ideazione erano perlopiù af fida-ti a rappresentazioni su supporti bidimensionali.Il modello espressione per antonomasia delleprefigurazioni progettuali è sempre stato stori-camente quello delle proiezioni ortogonali; ini-zialmente rappresentata tramite la sola pianta,l’opera d’architettura inizia ad essere disegnataattraverso l’accostamento di pianta e prospettogià con Sebastiano Serlio. Anche AndreaPalladio, nella sua opera I Quattr o Libridell’Architettura, propone lo stesso schemaconfinando la struttura rappresentativa del pro-getto d’architettura al disegno di pianta e alzato.L’otticamente credibile ha, d’altro canto, deter-minato la necessità di accompagnare l’utilizzodi piante e prospetti con maquette che ne esal-tassero la comprensione tridimensionale. Ilcosiddetto “Disegno di progetto”, si divide fral’esigenza di dare una descrizione “verosimile”,ossia che segue le regole della geometria dellospazio percettivo, e contemporaneamente forni-re una esatta descrizione dello spazio “metrico”,ossia deve esprimere una geometria misurabile.Questo duplice ruolo cui deve assolvere ilDisegno ha prodotto una dicotomia nei metodidella rappresentazione grafica, determinandomodelli di Disegno di Progetto ben precisi,mantenutisi, fino alla rivoluzione dell’era infor-matica, sostanzialmente inalterati. Sono princi-palmente gli elaborati grafici cosiddetti “tecni-ci” quelli che maggiormente si sono dovuti alli-neare a questi modelli, mentre si sono lasciatimaggiori mar gini di espressione nella fase di

elaborazione e stesura dell’idea progettuale,cioè quella propria del primo stadio “creativo”della progettazione architettonica. Questa com-ponente “artistica” del disegno, che risiede nellaespressività interpretativa, nel livello di parteci-pazione attiva del progettista nell’attribuire unsignificato espressivo all’oggetto e al segno infunzione delle finalità della rappresentazione, siaccompagna all’esigenza, insita in tutte le formedi rappresentazione grafica, di sviluppare quel-la similarità conoscitiva ricercata dalla posizio-ne analitica del fruitore finale - osservatore.L’elaborazione di una “somiglianza” fra realtà edisegno risponde alla naturale inclinazione dellanatura umana, a quella che Arnheim definisce“esplorazione attiva”: “Non si fa giustizia a ciòche si vede se lo si descrive soltanto mediantemisure di grandezza, di forma, di lunghezzad’onda, di velocità” 1. La ricerca di una rappre-sentazione “otticamente credibile” ha condizio-nato le scelte sui sistemi di rappresentazionefino ai nostri giorni favorendo l’orientamentoverso la proiezione prospettica per descrivere larealtà e confinando le proiezioni cilindriche peril disegno tecnico e la documentazione grafica2.La stretta aderenza ai rapporti di natura metricaconferisce il primato nel disegno architettonicoall’uso delle proiezioni parallele. Se Vitruvionel De architectura3 accomuna i due ruoli pro-pri dell’architetto di redazione del progetto e dipratica tecnica per la sua realizzazione, LeonBattista Alberti nel suo De r e aedificatoria lisepara, ponendo Disegno e Matematica qualicardini della formazione dell’architetto. I tratta-tisti rinascimentali ci consegnano una primadefinizione di “Disegno di progetto” dalla qualeè derivata poi la moderna cultura del progetto.L’Alberti, nonostante possa essere ritenuto unodei primi “inventori” della prospettiva, nonammette l’uso della prospettiva nel disegno diprogetto: “…lo architettore, non si curando

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delle ombre, fa risaltare in fuora i rilievimediante il disegno della pianta, come quelloche vuole che le cose sue sieno rapresentate nondall’apparente prospettiva, ma da verissimiscompartimenti, fondati su la ragione” 4. Conqueste parole egli afferma la specificità del dise-gno di architettura rispetto a quello di tipo pit-torico, che poneva nella verosomiglianzal’obiettivo principale della propri ricerca, dandoluogo ad una prima separazione fra proiezioniconiche e proiezioni cilindriche. L ’esattezzadelle proiezioni ortogonali dif ferenzia il dise-gno architettonico dall’opera pittorica 5: da unlato l’uso congiunto di piante, sezioni e alzatiper descrivere la realtà metrica degli edifici,mentre le qualità di simulazione della realtàproprie della prospettiva e del chiaroscuro ven-gono confinate all’ambito pittorico e relegate asemplice mezzo ausiliario per l’architetto. Siinizia così a delineare quella separazione tra leprestazioni dei diversi metodi della futura geo-metria descrittiva: verosimiglianza visiva dellaprospettiva vs esigenza di rigore metrico efedeltà formale 6. L ’aspirazione, tipicamenterinascimentale, di conciliare arte e scienza ricer-cando una codificazione matematica della pro-spettiva col proposito di conferire una valenzascientifica alla rappresentazione dello spazio 7,non trova immediata applicazione nel progettod’Architettura. Nonostante quest’atteggiamen-to, durante il XV secolo la nascita della pro-spettiva condiziona inevitabilmente il disegnoarchitettonico, ed accanto alla rappresentazionedegli edifici codificata secondo il disegno dipianta e alzato si adotta la prospettiva per unalettura maggiormente ef ficace di edifici com-plessi o per corredare mediante parziali inseri-menti prospettici i disegni di progetto. L ’usoimmediato e intuitivo dello schizzo di taccuino,nel quale sovente si ricorreva a schematizzazio-ni prospettiche, porta lentamente ad elaborazio-ni sempre più complesse che si arricchiscono disegni e codici grafici accrescendo la qualità e laquantità dell’informazione. Il diffondersi dell’u-tilizzo di viste prospettiche accresce la sensibi-lità spaziale e, associandosi all’uso delle ombree dei chiaroscuri, inizia a spostare gradualmen-te l’interesse verso le qualità volumetriche dellospazio architettonico. La schematizzazionebidimensionale adottata per il progetto architet-

tonico risponde perfettamente all’esigenza didescrivere l’oggetto reale illustrando le qualitànecessarie per la realizzazione dell’opera. Ciòconfina lo strumento del disegno alla sola fasedi progettazione, rimandando tutti quegli aspet-ti non trascrivibili graficamente alla fase esecu-tiva di cantiere 8. Il modello, inteso come ripro-duzione in legno del reale, è utilizzato non inqualità di strumento progettuale ma come tecni-ca di definizione dell’esecutivo9 o come sistemaillustrativo a posteriori. Nel disegno di progetto,accanto alle Proiezioni Ortogonali trovano for-tuna le Proiezioni Assonometriche. L ’asso -nometria, coniugando la descrizione “metrica”a quella “tridimensionale”, è altamente dif fusanel disegno tecnico in quanto associa alla chia-rezza della rappresentazione degli oggetti nelleloro tre dimensioni il mantenimento delle quali-tà metriche degli stessi. La prospettiva, nata colfine di “riprodurre” la visione umana costruen-do una simulazione della realtà, esalta le pro-prietà grafiche volumetriche degli oggetti a dis-capito di quelle metriche. Ponendosi in polemi-ca col metodo prospettico, che si riteneva trop-po naturalistico, gli architetti del movimentomoderno preferirono l’uso dell’assonometrianon solo per la sua connotazione tecnica maquale strumento di progetto che permetteva unaveloce gestione tridimensionale delle loro operein una visione unitaria, non frazionata in pianta,sezione e prospetto 10. L’ambiguità insita nella“verità visiva” della prospettiva, che la facevapreferire per esprimere una visione realisticadegli oggetti, e quella della “verità metrica”delle numerose rappresentazioni pre-mongianeviene mitigata dal procedimento assonometrico.Anche se nello spirito dell’epoca l’interesse diartisti e matematici era tutto rivolto all’indaginedella prospettiva e delle sue metodologie,durante il Rinascimento si assiste anche allosviluppo dell’assonometria che, sostituendo allaproiezione conica fisiologica la proiezionecilindrica, permette di associare alle qualità tri-dimensionali dell’oggetto le proprietà metricheche lo definiscono. Leonardo, che si servivaampiamente della prospettiva nei suoi dipinti,utilizza il procedimento assonometrico per glischizzi preparatori delle sue invenzioni 11, capa-ce di comunicare un realismo metrico e visivoallo stesso tempo.

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Vitruvio nel descrivere le figure della “ disposi-tio” includeva tre diversi sistemi di rappresenta-zione: ichnographia, orthographia, scaenogra-phia12. Le tre rappresentazioni erano tutte utili aifini della progettazione. L’ichnographia el’ortographia vitruviane sono quelle rappresen-tazioni che of frono un maggiore controllo nellefasi esecutive. Nel secolo XVIII Gaspard Mongeopera una rifondazione dei procedimenti grafici,individuando in due piani mutuamente ortogona-li il miglior sistema di riferimento per un puntonello spazio13. Il disegno d’architettura dell’epo-ca si distingue secondo due campi: il disegno didocumentazione e il disegno di cantiere, cheandranno a svilupparsi indipendentemente l’unodall’altro. Il perfezionamento dei metodi dicostruzione e il conformarsi dei sistemi dellageometria favoriscono una sintesi fra le due tec-niche grafiche. La nota definizione che Mongedà nei suoi corsi di geometria descrittiva in aper-tura delle sue lezioni esprime ef ficacemente icontenuti basilari e le questioni sulla rappresen-tazione dello spazio14. Pianta, sezione e prospettovengono definitivamente consacrate qualiespressioni inscindibili per illustrare l’operad’architettura e l’introduzione dell’immaginemongiana della “triade ortogonale” dà inizio al

moderno configurarsi delle discipline del dise-gno. Nel XIX secolo si pone in atto attraverso lamassima generalizzazione matematica della pro-spettiva la codificazione della geometria proietti-va ad opera del matematico Jean Victor Ponceletche partendo dagli studi di Desargues, di Pascal edi Monge definì le proprietà proiettive che lefigure mantengono quando vengono proiettate daun punto sul piano. La geometria descrittiva defi-nisce tre “codici”, corrispondenti a tre modellibidimensionali dell’oggetto tridimensionale, permisurare e controllare lo spazio: il modello indoppia proiezione ortogonale, il modello assono-metrico e il modello prospettico caratterizzaticiascuno da un proprio potenziale di comunica-zione visiva 15. Ai processi di modernizzazionedel XIX secolo si sovrappone lo sviluppo dellenuove tecniche interpretative dei fenomeni otti-co-percettivi funzionale al nuovo modello diosservatore “fisio-filosofico” af fermatosi sin daiprimi decenni del secolo. Il passaggio dall’otticageometrica all’ottica psicologica si realizzò attra-verso un processo di normalizzazione del feno-meno visivo e percettivo che porterà a intendereil disegno architettonico non come annotazionepassiva ma come strumento interpretativo delmondo reale16.

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NOTE

1 R. Arnheim, Art and visual per ception: a psychology of the cr eative eye , 1954, (tr . it.), Arte e per cezione visiva ,Milano, 1962 (1982, p. 361).

2 “Nel progetto esiste dunque una necessità di duplice descrizione, legata da un lato a una geometria misurabile, dal-l’altro a una geometria percettiva”. M. Gaiani, Del disegno e del modello: rappr esentazioni per il disegno industria-le, in R. Migliari, (a cura di), Disegno come modello, Roma 2004, p. 52.

3 “La scienza dell’architetto si adorna di molte discipline e di svariata erudizione: egli deve essere in grado di giudica-re tutte quelle opere che le singole arti costruiscono. Nasce da due attività: la materiale o costruzione, la intellettualeo esposizione teorica”. Vitruvio, De Architectura, I, 1,1 (trad. it. S. Ferri), Architettura – dai libri I-VII , Roma 1960,p.33.

4 L.B. Alberti, De re aedificatoria, Firenze 1485. Ed. it. Cosimo Batoli, 1550; Bologna 1782, p. 25.5 R. De Rubertis, Il disegno dell’architettura, Roma 1994.6 A. Sgrosso, La Geometria nell’immagine. Storia dei metodi di rappr esentazione, vol. II, Rinascimento e Bar occo,

Torino 2001, p. 130.7 “Il primo problema è l’eterno dilemma di ogni rappresentazione illusionista e scientifica dello spazio; è stato il

Rinascimento che per primo ne ha avuto coscienza”. R. Klein, La forme et l’intelligible, Paris 1970 (tr. it R. Federici),La forma e l’intelligibile, Torino 1975, p. 291.

8 M. Gaiani, Del disegno e del modello: rappresentazioni per il disegno industriale, in R. Migliari, (a cura di), Disegnocome modello, Roma 2004, p. 46.

9 “almeno dal Quattrocento (…) lo strumento primario per la trasmissione formale fra architetti e maestranze non fos-sero disegni quotati, ma direttamente sagome lignee. (…) I modelli non erano in ogni modo fonte del lavoro creativoné mezzo d’ideazione a priori”. M. Gaiani, Del disegno e del modello: rappresentazioni per il disegno industriale , inR. Migliari, (a cura di), Disegno come modello, Roma 2004, pp. 47-48.

10 M. Massironi, Vedere con il disegno. Aspetti tecnici, cognitivi, comunicativi, Padova 1982, pp. 90-93.11 M. Scolari, Elementi per una storia della axonometria , in “Casabella”, n°500, Milano 1984, pp. 42-44. 12 “La “dispositio” è l’adatta messa in opera delle cose, e l’elegante esecuzione dell’edificio nelle varie composizioni,

dal punto di vista della qualità. Le figure della “dispositio” (…) sono tre, icnografia, ortografia, scenografia: cioè pian-ta, alzato, disegno prospettico”. Vitruvio, De Architectura, I, 2,2 (trad. it. S. Ferri), Architettura – dai libri I-VII, Roma1960, pp.51-53.

13 “Nelle intenzioni di Monge, il contenuto della Geometria descrittiva si identificava principalmente con la compiutadefinizione e con la sintesi dei metodi che, per una lunga esperienza , erano stati precedentemente ideati nell’intentodi rappresentare un oggetto a tre dimensioni su una superficie piana. (…) è necessario conoscere il metodo con il qualesono state eseguite le rappresentazioni a due dimensioni di una figura dello spazio af finché, da tali immagini, sia pos-sibile dedurre le proprietà metriche della figura”. V. de Simone, Il problema della misura e la rappresentazione infor-matica dell’architettura, in T. Fiorucci, a cura di, L’insegnamento della geometria descrittiva nell’era dell’informati-ca – Documenti preliminari, Roma 2003.

14 “La geometria descrittiva ha due oggetti: il primo, di fornire i metodi per rappresentare su di un foglio da disegno, chenon ha che due dimensioni, la lunghezza e la lar ghezza, tutti i corpi esistenti in natura, che ne hanno tre, lunghezza,larghezza e profondità … Il secondo oggetto è quello di fornire la maniera di riconoscere a seguito di una descrizioneesatta la forma dei corpi, e di dedurre tutte le verità che risultano sia dalla loro forma che dalla loro posizione reci-proca”, G. Monge, Géométrie descriptive, Parigi 1799, par. 1, p. 5.

15 O. Fasolo e R. Migliari, Quaderni di applicazioni della geometria descrittiva , n.1-2, Roma 1983.16 A. Giordano, La Geometria nell’immagine. Storia dei metodi di rappresentazione, vol. III, Dal secolo dei Lumi all’e-

poca attuale.

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DISEGNARE IL NUOVO O UN NUOVO MODO DI DISEGNARE / IL DISEGNO DI PRO-GETTO O UN PROGETTO PER IL DISEGNO

Cristiana Bedoni, Laura Farroni, Daniele Calisi, Eileen Greco

“Indagare il rapporto tra disegno e pr ogetto pertrovare delle risposte al fine di aggiornar e lanostra didattica, per renderla più incisiva propriosu questo versante”? Forse dobbiamo condurrenoi stessi alla riscoperta del disegno, ancor primache i nostri studenti: del disegno quale strumentoesplorativo del nuovo che ancora non sappiamo odi cui ancora non siamo certi del suo “come esser-ci”, ma che non può che esserci, costantemente edin continua trasformazione/innovazione. Di unnuovo, appartenente ad una nostra personale evo-luzione, o all’evoluzione del mondo esterno in cuinoi però comunque viviamo ed operiamo; di unnuovo che prima ancora che nelle nuove confor-mazioni urbane ed architettoniche (ma anche neglioggetti d’uso, nelle mode, nei costumi, …) nonpuò che trovare verifica grafica, per i suoi propo-sitori, e trasmissione propositiva, per i suoi opera-tori, in immagini/ configurazioni/ rappresentazioniche ne esprimano le potenzialità di qualità, inno-vazione, trasformazione dell’esistente... Oggi che, ancor più di ieri e di ieri l’altro,l’immagine ha acquistato - o ritrovato? -, graziealla diffusione dei mezzi informatici e televisivi,contatto e dialogo diretti con l’utente in tempo(quasi) reale; contatto e dialogo con tutti, o quasi,gli uomini e le donne ed i bambini del nostroglobo. Oggi che, proprio per questi nuovi (rispet-to ai tempi storici) mezzi di comunicazione, ilmessaggio trasmesso per immagini ha conquista-to capacità (quando non dovere) di influenza e dicondizionamento delle scelte e del gusto delleintere popolazioni, in maniera ormai ben più inci-siva ed univoca di quanto la parola scritta o parla-ta abbia mai raggiunto nella nostra storia (forseanche perché le lingue sono, e sono sempre state,tante e reciprocamente non conosciute, mentre leimmagini rimandano linearmente ed univoca-mente, e sempre lo hanno fatto, alla forma, alcolore, al cosa esse rappresentano. Immagini e quindi rappresentazioni che hannoconquistato sempre più capacità profonda a farsistrumento anche provocatorio di comunicazione(dal lat. communicare: far comune informazione),incentivazione ed innovazione....

Ma allora, forse, non è importante solo il “ dise-gnare il nuovo” ma è necessario anche un “nuovomodo di disegnar e”. Il disegno quale strumentopratico per il racconto grafico? Può essere; maanche gli strumenti, i loro accessori ed applica-zioni, non sono indif ferenti al risultato che se neottiene e al suo significato. Non è solo questionedi capacità, qualità e precisione, grafica in questocaso, ma anche di appropriatezza della strumenta-zione scelta e dei suoi modi di utilizzazione,come, per chiarire maggiormente il discorso, sot-tolinea Laura Farroni: il lor o uso appr opriatogarantisce una corr etta comunicazione dell’ar-chitettura in tutti i suoi ambiti, da quello tecnicoa quello “ critico”. Ogni tipologia di disegno èdepositario di un contenuto visibile ma anche, esoprattutto, di un contenuto invisibile altr ettantocaratterizzante l’immagine stessa. Nell’ambitotecnico i codici del disegno devono, nel loro defi-nirsi, tenere in considerazione l’evoluzione e tra-sformazione di: l’espressività grafico/progettualedei segni e quindi l’unità disegno/progetto; i modidi codificazione grafica per la trasmissione dellatecnologia costruttiva; la comunicazione del pro-cesso edilizio e delle sue fasi; la Scienza dellaRappre sentazione e le sue applicazioni al variaredelle esigenze non solo di comunicazione del pro-getto, ma di esplorazione di esso. Per ché tutti isegni rimandano a significati “ altri”, come testi-moniano, ad esempio, i disegni di AlessandroAnselmi, o di Paolo Desideri, o di Paolo Meluzzi.Nell’ambito della rappr esentazione “ dell’idea”di progetto, i richiami segnici interagiscono, siinfluenzano e si strutturano: il “ visibile el’invisibile è il Disegno di Architettura” e carat-terizza le immagini pr oprio attraverso rimandisia espliciti che più nascosti. I segni del linguag-gio possono assumere significati diversi in basealla per cezione e cultura di chi guar da, allastruttura dell’immagine, all’uso particolar e dimateriali e tecniche grafiche che possono modi-ficare il significato del segno: come mostrano idisegni di Francesco Cellini con i suoi richiamialla Scuola Romana, o l’influenza di Paul Kleeritrovabile nelle immagini di Aldo Rossi e nei

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processi compositivi di Franco PuriniPerché il Disegno ed il Disegnare non hanno solo,anche se importantissimo, il compito di racconta-re/rappresentare le realtà già esistenti, urbane edarchitettoniche, storico-monumentali o di ediliziadiffusa che siano. O di rappresentare il progettoper la sua corretta realizzazione in cantiere.Il Disegno ed il Disegnare devono raccontare,e permettere di verificare anche allo stessoprogettista, anche altro: il futuro in essere, equello possibile; il progetto quale ipotesi ditrasformazione non solo del lotto o dell’intor-no urbano interessato alla futura costruzione,ma anche dei possibili modi e sensi e signifi-cati di vita urbana e sociale, di scelte etiche ed

estetiche che esso incentiverebbe.Perché il Disegno ed il Disegnare, devono esseresempre intesi quale momenti particolari ed impre-scindibili del racconto di ben definite ed univocherealtà o progetti urbani e/o architettonici. E’ nella loro capacità/ possibilità di “rappresenta-re” non solo ciò che matericamente “è”, o dovreb-be essere, l’oggetto della rappresentazione ma,anche, di raccontare “altro” da ciò che l’imma -gine grafica di volta in volta oggettivamente ecartesianamente rappresenta: i processi mentali,le logiche referenziali, le allegorie, il “pensiero”culturale ed estetico sotteso, i sottili e tendenziosifraintendimenti che ogni forma costruita (o pen-sata) in sé contiene e provoca.

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Fig - a Fig - b

Fig - c Fig - d

Il disegno per l’analisi del luogo, della sua storia, del suo ruolo urbano, stilistico, di memoria: Roma, l’esedra del Forodi Traiano, II sec. d.C. a) Rappresentazione del XVII sec. b, c) disegni di studenti del corso di Disegno, d) l’esedra oggi.

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Il Disegno per il racconto dei “ modi e del senso” del progetto: disegni di studenti del corso di Disegno per “ rappresen-tare“ non solo la forma apparente ma, anche, i processi mentali e le logiche referenziali che hanno determinato il pro-prio progetto, nel Laboratorio di Progettazione 2, prof. Luigi Franciosini, a Roma, Salita del Grillo, in prossimità delForo di Traiano.

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DISEGNO DAL VERO: ARCHITETTURA COME RAPPRENTAZIONE DELLO SPAZIO

Ferdinando Bifulco

L’attività del progettista è strettamente legataalla corrispondenza che esiste tra rappresenta-zione e compimento dell’opera. L ’architetturain questo passaggio da attività in potenza e suc-cessiva trasformazione in consistenza, si dif fe-renzia in modo significativo delle altre arti figu-rative. La simmetria che esiste tra il disegno e larealtà generalmente non è il fine dell’attivitàartistica, ma una delle possibili forme del pen-siero che si manifesta su un supporto. Il carattere specifico dell’architettura infatti, ciòche particolarmente lo distingue dalle alle arti,risiede nel suo esprimersi con un vocabolariotridimensionale che include l’uomo: essa con-templa uno spazio interno che non può appale-sarsi compiutamente in nessuna forma e chepuò essere appreso e vissuto solo per esperien-za diretta. La realtà di un oggetto architettoniconon si esaurisce nelle tre dimensioni prospetti-che; bensì in un numero infinito di prospettive,tante quanti sono i punti di vista. Se in pittura edin scultura la “quarta dimensione” è una qualitàrappresentativa dell’oggetto; in architettura la“quarta dimensione” è costantemente creatadall’uomo, che muovendosi all’interno ed attor-

no all’edificio, lo osserva secondo diversi puntidi vista.

Le raffigurazioni di architettura non sono dun-que il termine privilegiato della ricerca del pro-fessionista: la rappresentazione mette in scena ilcompendio artistico culturale che si manifesteràin tutta la sua complessità con la realizzazionefinale del manufatto architettonico. Il disegno inparticolare il disegno dal vero, costituiscel’esercizio più importante per acquisire le abili-tà tecniche e di osservazione indispensabili perproiettare sulla carta ciò che vediamo, o meglio,ciò che immaginiamo. Una delle difficoltà mag-giori per chi si avvicina al disegno è proprioquella di riprodurre, ciò che ci circonda o ciòche immaginiamo, con la stessa corrispondenzacon la quale esprimiamo i nostri concetti attra-verso l’uso della parola. È facilmente intuibileche tutte le manifestazioni del pensiero e dell’a-zione umani non possano prescindere dallecapacità individuali. E vero dunque che esisteuna “caratteristica” dif ficilmente riproducibile,ma è anche vero che il disegno è soprattuttoesperienza tecnica.

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IL “DISEGNO” NELLA RIQUALIFICAZIONE URBANA DI PIAZZA MARIO PAGANO A POTENZA: DAL RILIEVO ALLA SIMULAZIONE DI PROGETTO.

Antonio Bixio

Da diversi anni la didattica nella Facoltà diIngegneria dell’Università della Basilicata, perquanto riguarda le discipline ICAR/17, è orien-tata su tematiche di attualità territoriale quoti-diana. Dalle emer genze architettoniche aimonumenti, dalla tutela del patrimonio storicofino alle trasformazioni urbane e territoriali, sicerca in continuazione di interagire con quantofermenta sui tavoli decisionali per applicare unasperimentazione didattica e di ricerca stretta-mente legata alle circostanze regionali.In questo approccio “critico”, analitico, apoliti-co e propositivo si è potuta iniziare una colla-borazione con le amministrazioni locali chehanno colto il valore del lavoro svolto nelle auleda disegno e nei laboratori della Facoltà, pro-muovendo un’interazione continua e mirata alleesigenze della comunità lucana.Tirocini, stages, convenzioni di ricerca, tesi dilaurea e programmazione dei corsi, nonché spe-rimentazione tecnologica, costituiscono i fili delfitto intreccio tra Università e Territorio.In quest’ambito operativo è nata una conven-zione di ricerca tra il DAPIT (Dipartimento diArchitettura, Pianificazione ed Infrastrutture diTrasporto) ed il Comune di Potenza 1 che, inquesta sede, merita di esser documentata inquanto rappresenta un’esperienza a cavallo tra il“disegno” ed il “progetto”.Il cuore della città di Potenza, ovvero PiazzaMario Pagano (detta Piazza Prefettura), è oggioggetto di una trasformazione importante, stori-ca, legata ad un progetto coordinato dall’architet-to Gae Aulenti in gruppo con diversi e titolatiprofessionisti locali 2. Si tratta di un progetto dirisistemazione dello spazio pubblico più impor-tante della città con elementi di arredo urbano,più o meno impattanti, e con la variazione dellependenze della piazza; il progetto è meglio espli-citato nelle tavole grafiche che seguono. Senza entrare nello specifico delle scelte e dellemotivazioni dei progettisti, il progetto, seppur

coraggioso e radicale, è nato sul richiamo allavera tradizione della storia della città, ovverosulla riscoperta dei percorsi sacri e commercialiche da tempo hanno perduto la loro connotazione. Si tratta però di una possibile trasformazioneche, oggi, trova molta ostilità nell’opinionepubblica non per l’indiscussa qualità del proget-to, ma per il fatto di non voler stravolgere illuogo, simbolo di Potenza, sebbene nel suostato attuale è soltanto il frutto dell’ultimo seco-lo di storia della città. Dibattiti, confronti politi-ci, incontri con associazioni culturali, comitatidi quartiere, commercianti e gente comune,hanno caratterizzato l’attività politica della cittànegli ultimi mesi, vista l’importanza della que-stione. Nasceva, dunque, la volontà, da partedell’Amministrazione Comunale, di “comuni-care” e divulgare il progetto di Gae Aulenti, direnderlo vivo, tangibile ed esplorabile da ognipunti di vista, in un linguaggio convincente cherispecchiasse appieno la realtà progettata e nespiegasse le ragioni. Nel dibattito cittadino entra in giocol’Università, in qualità di “traduttore”, utile afar intendere le parti contrapposte che parlava-no linguaggi dif ferenti. Pertanto, il gruppo dilavoro e di ricerca3, coordinato dal prof. AntonioConte, è stato chiamato a svolgere un dettaglia-to rilievo della piazza, a modellare lo spaziourbano ed il suo immediato perimetro ed asimulare l’inserimento del progetto dellaAulenti. Tutto ciò per dare la giusta percezionedel progetto, ovvero per consentire di far viverei luoghi possibili a tutti coloro che non sono ingrado di valutare gli spazi guardando un dise-gno tecnico ortografico.Per noi ricercatori è stato motivo di or gogliopoter applicare le competenze scientifiche sullaparte più importante di Potenza, e di simulareun progetto altamente “grif fato” come quelloche si proponeva sulla Piazza Prefettura. Il disegno, che percorreva la duplice direzione

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della conoscenza (disegno di rilievo e disegno diprogetto), rappresentava l’elemento di giunzionetra la realtà esistente che si andava a documenta-re e la realtà possibile che si andava a simulare.Un ruolo cardine, quello del disegno, che fa suoun progetto già pensato, lo scompone in elementiomogenei, lo ricompone in forma analitica percapirne le dinamiche e le motivazioni che stannodietro le scelte progettuali. E’ stato un modo permettere a nudo un’idea, osservarla in ogni suaparte e ricomporla nell’insieme e nell’unitarietàdelle condizioni al contorno.Così si è operato un attento rilievo della piazzacon il Laser Scanner 3D, necessario a definire lacorretta geometria plano-altimetrica del sito e adettagliarne la pregiata cortina perimetrale,costituita dal Palazzo del Governo, dal TeatroStabile, da un palazzotto signorile e daun’imponente edificio fascista. Le elaborazioni successive al rilevamento conLaser Scanner 3D hanno restituito rappresenta-zioni grafiche tradizionali, nonché un modellotridimensionale della piazza che fotografa lostato attuale dei luoghi.Nella fase successiva si è invece modellato il progetto di Gae Aulenti e lo si è montato sulmodello digitale di rilievo. Si tratta di un’ope -razione molto lunga, scrupolosa, quasi chirurgi-ca, che ha consentito di ottenere un modello diprogetto esplorabile, proiezione di un futuropossibile.Nelle elaborazioni finali del lavoro, quindi perl’utilizzo di texture e di scene di rendering, ci siè posti il problema di capire quale fosse il limi-te da rispettare nel “realismo” della rappresen-tazione. Si era coscienti della responsabilitàlegata al tipo di rappresentazione del progetto inquanto, in questa fase non definitiva dello stes-so, ogni scelta comunicativa più o meno mime-tica poteva essere motivo di inutile critica e diulteriore ostruzionismo, inopportuno visto lostato preliminare della progettazione.Naturalmente, nel nostro lavoro, ci si muovevacoscienti della neutralità rispetto alle questionipolitiche e sociali, sebbene si avesseun’opinione estremamente positiva rispettoall’intervento di riqualificazione urbana che sistava “disegnando”. Ma la personale opinionenon aveva alcun peso se non nella scelta di“limitare” fortemente il realismo della rappre-sentazione ultima del modello tridimensionale.

Questo per evitare di dare false e ardite fotogra-fie di una realtà ben fissata negli elementi fon-damentali del progetto, ma ancora in fase di stu-dio e di dettaglio, da parte dei progettisti, sullascelta dei materiali, delle essenze arboree daimpiantare e su altre questioni legate agli effettiscenografici notturni. Pertanto ci si è orientatisu una rappresentazione asettica, diplomatica edi sintesi, dai connotati estremamente plasticiarricchiti dal dettaglio di alcuni elementi certi,quali la presenza di alberature di un certo impat-to nonché della presenza, “insolita” per una cittàcome Potenza, dell’acqua.Si è cercato di utilizzare lo strumento del dise-gno non per falsare o velare il progetto, ma pertrasmettere quei dati “certi” sui quali potercostruire ulteriori ipotesi di dettaglio e di parti-colarizzazione. Insomma, si è voluta utilizzarela scientificità che, in una ricerca, necessita edobbliga al rigore metodologico, soprattuttoquando si “gioca” con uno strumento di comu-nicazione così ef ficace, qual è il disegno, per“testare” un progetto così “deciso”.Il disegno, infatti, nella sua molteplicità tecnicae figurativa, ha il potere di filtrare i dati dellarealtà, sia rispetto all‘esistente che rispetto alprogetto, e di orientare il fruitore visivo dellerappresentazioni in visioni e convinzioni chenon sempre corrispondono alla realtà. Il disegnoè, infatti, uno strumento che può rilassarel’osservatore anche di fronte ai più cruenti eviolenti interventi di progetto, così come puòesasperare particolari progettuali esaltandoneaspetti poco gradevoli e sminuendo la validitàcomplessiva di un’idea. In pratica, rispetto alprogetto, il disegno può essere uno strumentonon “obiettivo” ma di parte, che induce a falsa-re alcuni aspetti che, se rappresentati con rigore,sarebbero percepiti nel loro effettivo peso.La scientificità di un ricercatore che opera nelcampo della rappresentazione grafica e dellacomunicazione visiva richiede un utilizzoopportuno di uno strumento così potente, deldisegno di progetto, in quanto lo stesso diventaesplicitazione figurata di elementi di progettocerti e non finalizzati al voler essere “convin-centi”. E’ pur vero che i dati certi di un proget-to possono essere rappresentati con più enfasi,con la convinzione che le scelte intraprese sonoquelle giuste e che, in una rappresentazione,vanno rimarcate ed esplicitate chiaramente. E’

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quello che si è cercato di fare nella elaborazio-ne finale relativa alla simulazione del progettodi Gae Aulenti su piazza Prefettura a Potenza,ovvero comunicare ciò che lo stesso progetto citrasmetteva, nel tentativo di suscitare, nel frui-tore osservatore, lo stesso stato emozionale chenoi stessi percepivamo.Così il modello è stato presentato in una video-riproduzione musicata dove il ritmo sonoro cre-scente di Moby accompagnava l’esplorazionedinamica del modello di progetto, in spostamentidi immagine e sovrapposizioni video che segui-vano le cadenze temporali imposte dalla musica.La presentazione del prodotto finale, ovvero diquesto video, avutasi in pubblico presso il TeatroDue Torri di Potenza, è stata seguita da un lungoapplauso, segno che il lavoro svolto aveva rag-giunto il nostro obiettivo, ovvero quello di “ren-dere” visibile il progetto della piazza con

l’efficacia degli strumenti di comunicazione anostra disposizione. Ulteriore conferma delnostro buon lavoro è stato il fatto che, comunque,l’opinione pubblica, sulla opportunità o meno direalizzare questo progetto, non è cambiata anzi siè sbilanciata ulteriormente sulla contestazionediffusa. Nonostante questa risposta non corri-spondeva al nostro giudizio sul progetto rappre-sentato, la neutralità del nostro lavoro è stata cosìconfermata, forti del rigore scientifico con ilquale operiamo soprattutto nelle interazioni conla città, con la regione, col territorio.Banalmente non esiste un progetto senza il dise-gno, ma sta a quest’ultimo essere, in tutte le sueforme grafiche e nei suoi linguaggi comunicati-vi, uno strumento chiaro, oggettivo e completodata l’importanza che esso può avere nel con-trollo e nella verifica delle trasformazioni urba-ne e territoriali.

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NOTE1 La convenzione è stata voluta e seguita dal sindaco di Potenza ing. Vito Santarsiero, dal dirigente all’U.D. Ambiente,

Energia, Qualità Urbana arch. Giancarlo Grano e dal responsabile tecnico del Comune di Potenza geom. GiuseppeBrindisi.

2 Gruppo di progettazione guidato da Gae Aulenti : Antonio Mar oscia, Leonardo Clor oformio, Nicola Pugliese ,Giuseppe Rossi, Michelangelo Morrone, Gabriella Matturro.

3 Gruppo di lavoro, coordinato dal prof. Antonio Conte: - Antonio Bixio (dottore di ricerca ICAR/17) per il rilievo con Laser Scanner 3D e la modellazione tridimensionale;- Maria Onoriana Panza (dottore di ricerca ICAR/17) per la restituzione dei dati di rilievo con Laser Scanner 3D; - Collaboratori: Marianna Calia (dottoranda di ricerca ICAR/17), Giuseppe Colonna (dottorando di ricerca ICAR/17),

Donato Locantore (studente), Giuseppe La Greca (studente).

Fig. 1 - Disegno di Alessandro Bixio - Il Teatro Stabile

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Fig. 2 - Elaborati dei rilievo - Il Teatro Stabile

Fig. 3 - Elaborati dei rilievo - Il Palazzo del Governo

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Fig. 4 - Elaborati dei rilievo - Il Palazzo dell’INA

Fig. 5 - Elaborati dei rilievo - Il Palazzo Per gola

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Fig. 6 - Simulazione di progetto

Fig. 7 - Simulazione di progetto

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Fig. 8 - Simulazione di progetto

Fig. 9 - Simulazione di progetto

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Nell’ambito dei contatti internazionali nel setto-re della Qualità Urbana tra Italia e Cina, è inpreparazione un Progetto di Ricerca di ampiorespiro che prevede un contributo da parte delleFacoltà di Architettura con l’istituzione di grup-pi di ricerca congiunti, per la salvaguardia delpatrimonio architettonico cinese e della suamemoria storica.In questo quadro, il Dottorato Internazionale inArchitecture and Urban Phenomenology del-l’USB, in qualità di Dottorato di Ricerca inte-grato nelle discipline della Storia, della Rappre-sentazione e della Composizione architettonica,ha partecipato di recente ad una missione aGuangzhou (Canton), presentando un propriospecifico contributo.Tale contributo riguarda le attività di ricercasvolte nel settore della documentazione delpatrimonio architettonico per la salvaguardiadella memoria storica dei manufatti, per laconoscenza e il recupero delle parti urbane for-temente caratterizzate per forma, geometria, lin-guaggio e materiali.Guangzhou (廣州) è la più grande città costieradel sud della Cina, capoluogo della provinciadel Guandong (⼴ ). Si ritiene che la primacittà costruita sull’attuale Canton fosse Panyu(蕃禺) fondata nel 214 a.C. Recenti studiarcheologici suggeriscono che la città era metae punto di approdo di numerose rotte marinecommerciali che continuarono per ogni dinastiae che tuttora fanno della città di Guangzhou unodei maggiori porti internazionali.I primi Europei a giungere in città attraverso ilmare, intorno al 1511, furono i Portoghesi gra-zie al loro monopolio delle rotte commercialinavali; da allora presso gli europei si dif fuse ilnome di Canton, derivato da una traslitterazionefrancese del portoghese Cantão.

Già alla metà del XVIII secolo, Canton eraemersa come uno dei maggiori porti commer-ciali del mondo sotto le Tredici Industrie, distin-zione che mantenne fino allo scoppio delleguerre dell’Oppio nel 1839 e all’apertura di altriporti in Cina nel 1842. Ciò rese Guangzhou una delle prime tre città almondo e la rende tuttora il centro economicodel delta del Fiume delle Perle, collocandosi nelcuore di una delle regioni cinesi più ricche gra-zie al commercio e alle industrie manifatturiere.Il recente sviluppo urbano rapido ed incontrol-lato unito ad un’elevata densità abitativa, harichiesto velocità di costruzione ed economia dimateriali a discapito delle tecniche tradizionaliche, tuttavia, sono ancora ampiamente usatenella costruzione di architetture vernacolarinelle aree rurali, ma anche in alcune zone dellacittà sopravissute alla speculazione contempo-ranea.I principi strutturali dell’architettura classicacinese sono rimasti invariati con il susseguirsidelle dinastie, mentre si è evoluto l’uso di detta-gli decorativi, che rappresentano l’identità dellediverse etnie.La tipologia abitativa tipica dell’architettura tra-dizionale cinese meridionale, fin dal periododelle sei dinastie (220-590 d.C.), è quella dellacasa a corte in cui venne introdotto l’uso dellecoperture con andamento ricurvo concavo deglispioventi e l’entasi delle colonne lignee che reg-gevano la struttura. Questa tipologia costruttivaera utilizzata sia per gli edifici di culto (i templiancestrali), che per le residenze di famiglienumerose, che avevano bisogno di stanze messein relazione tra loro da passaggi comunicanti eaffacciate tutte su uno o più spazi esterni chediventavano luoghi di scambio e di rapporto conla terra e il cielo.

MICRO TESSUTI URBANI TRA TERRA E ACQUA: RILIEVO E PROGETTO PER IL RECUPERO DELL’IDENTITÀ E DELLA MEMORIADELLA CITTÀ DI GUANGZHOU IN CINA

Marianna Calia

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Nei borghi antichi della città, le case a corte diantica tradizione sono sempre meno dif fuse, acausa delle sostituzioni di tessuti urbani moltocompatti ad alta densità. Gli spazi liberi interni ele corti, pertanto, hanno subito un’alterazione delloro carattere di luoghi aggregativi, di scambio edi culto per le famiglie che vi si af facciavano.Le tematiche di ricerca af frontate dal Dottoratosono definite da micro tessuti urbani tra terra eacqua, la cui identità e memoria esprimono icaratteri architettonici, stilistici e materici dellereti di vicoli, canali e Camere Urbane. Il temadel limite tra la corte e la strada, della soglia, delpunto di contatto con la città e con il cielo, èconsiderato elemento potenziale che general’incontro e lo scambio.Il Progetto di Ricerca che sta prendendo il suoavvio e che mi coinvolgerà nei prossimi mesidurante uno stage di studio a Guangzhou pressola SCUT (South China University of Techno-logy), parte dalla consapevolezza chel’esperienza del passato non è da intendersicome un deposito immobile di forme e soluzio-ni a cui attingere, bensì diventa un riferimentoattivo che deve sostenere tanto le esigenze dellacontemporaneità quanto le espressioni di unapersonale sensibilità emotiva.L’obiettivo della ricerca è di individuare model-li architettonici nel tempo, visibili nei villaggi dicittà di cui la città di Guangzhou era costellatafino ai primi anni del ‘900, la cui costruzioneesprime un lessico chiaro, semplice ed efficace;recuperare gli spazi e i luoghi della memoria,rafforzando questi punti di accumulazione-con-centrazione di caratteri, matrici figurative,apparati decorativi e materiali costruttivi, di unatradizione architettonica antica poco valorizza-

ta, rendendoli materiale per il progetto.Il progetto, dunque, è inteso come riproposizio-ne in chiave contemporanea della realtà e dellastoria, come interpretazione sensibile dei luo-ghi, delle emozioni e delle esperienze.Fondamentale sarà l’approccio diretto con i luo-ghi in cui permane la memoria storica, la lettu-ra pazienze attraverso l’osservazione, il disegnodal vero, lo schizzo rapido degli elementi checompongono l’architettura ma anche dellevedute del paesaggio della città nel suo insieme.La metodologia di ricerca evolverà attraversouna sistematica applicazione di tecniche dalrilievo diretto al quello strumentale, dalla docu-mentazione grafica e restituzione metrica allaelaborazione diagnostica dei materiali delleforme del linguaggio della decorazione.Il rilievo e la sua espressione grafica, il disegno,non sono mero riporto meccanico, ma compren-sione analitica e crescente di elementi e relazioni.La singolare forza espressa da un’unitaria e pro-lungata occasione di lavoro, tradotta con laricerca integrata tra Disegno e Progetto, è quel-la di conservare i valori materici e la qualità cro-matica dei materiali e delle tecniche costruttivedella tradizione cinese meridionale.Anche l’apporto della ricerca storica partirà dallaconcretezza di oggetti di analisi che sono i luoghiche presentano una complessità stratigrafica. Sutali realtà stratificate di storia e di dinamichemultiple tra natura, città, società, lo sguardo diindagine utilizzerà un processo di conoscenzache si avvarrà di strumenti di “rappresentazionesempre più ibridi”, avvalendosi della complessasensibilità percettiva, che resta sempre un puntodi partenza fondamentale per la conoscenza pro-fonda e critica di un’architettura.

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MATERIA E STRUTTURA DELLA FORMA ARCHITETTONICA: DAL RILIEVO MULTIDISCIPLINARE ALLA RAPPRESENTAZIONE COMPLESSA

Massimiliano Campi, Antonella di Luggo

Il riconoscimento e l’esplicazione delle valenzeintrinseche ed estrinseche di ogni manufatto -dagli esempi aulici e paradigmatici, all’ediliziadi base - attraverso la pratica del rilievo e dellasua rappresentazione, determinano il disvela-mento di potenzialità sottese alla sua configura-zione e risultano fondamentali ai fini di ogniprogramma di valorizzazione. Un’analisi artico-lata su più livelli di conoscenza indirizza i crite-ri di recupero e di riqualificazione in terminiformali, funzionali e strutturali, ai fini di unacorretta programmazione degli interventi sulpatrimonio edilizio, atti a contrastare il degradoe i danni prodotti dal tempo, dalle azioni antro-piche e da eventi naturali di origine diversa.Un’opera architettonica è infatti un sistemacomplesso, ove interagiscono più componentiunivocamente leggibili nell’ambito della suacontinuità spaziale e distinguibili su livellidiversificati - storico/linguistico, morfologico,tecnologico, strutturale, etc. - la cui indagine ela cui conoscenza si realizza soltanto in presen-za di un metodo analitico/conoscitivo multidi-sciplinare, basato su fondamenti scientifici rico-nosciuti e su criteri metodologici coerenti conl’oggetto stesso di studio, capaci di integraredati di diversa natura all’interno di un quadrounitario.L’approccio multidisciplinare nella conoscenzadel costruito è ormai un assunto ampiamentecondiviso, non potendosi limitare l’analisi delreale alla sola determinazione degli aspettimetrici e formali, nell’ambito di una riconosciu-ta specificazione dell’architettura quale insiemedi valenze materiali ed immateriali. D’altronde il nuovo assetto dei settori scientifi-co-disciplinari, mette in relazione ambiti dicompetenza diversi, non solo in ragione di unarinnovata organizzazione universitaria in riferi-mento ai criteri di valutazione ed alla didattica,ma anche al fine di produrre implicitamente

un’importante operazione culturale, tesa adincentivare, anche sul piano istituzionale, colla-borazioni che di fatto già sussistono sul pianooperativo.Attraverso dunque un rilievo multidisciplinare -un rilievo cioè volto a documentare le diversevalenze del costruito, includendo il dato metrico,materico, strutturale e del sottosuolo - l’obiettivoè quello di pervenire ad una conoscenza articola-ta su più livelli, configurando modelli interpreta-tivi differenziati che vanno a costituire un patri-monio documentale necessario per ogni ipotesi diconservazione e di manutenzione e che consenteinoltre la definizione di programmi di interventoconformi alle diverse tipologie di edifici presentisul territorio. In virtù della diversa articolazione del costruito,ogni rilievo predispone infatti il quadro comples-sivo delle analisi da effettuare assumendo di con-seguenza il rilevatore la regia di un’operazionecomplessa tesa a sistematizzare le conoscenze eda determinare un patrimonio informativo inclusi-vo di dati da interrelare con valutazioni e sondag-gi relativi alle strutture di fondazione ed in eleva-to ed al loro grado di conservazione, pervenendoanche alla conoscenza dei dettagli costruttivi edelle proprietà dei materiali di cui è costituito.In tal senso, il rilievo deve essere condotto ser-vendosi di tecnologie di indagine innovative, sianella fase di ripresa dei dati sia nei suoi esitirappresentativi, sistematizzando i dati acquisitiin una struttura informatica, interrogabile, nel-l’ottica di delineare un quadro complessivo edunitario dell’attuale stato di conservazione delcostruito, che sia consultabile ai fini della cono-scenza, della tutela e della valorizzazione delpatrimonio architettonico, nonché della manu-tenzione e della gestione, in modo da predispor-re in modo sistematico gli interventi necessariper garantirne la funzionalità e ridurre i rischi diorigine diversa.

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Nell’ambito di tale contesto,presso la Facoltà diArchitettura dell’Università degli Studi diNapoli Federico II il gruppo di ricerca coordi-nato da Massimiliano Campi ed Antonella diLuggo in collaborazione con la RegioneCampania1 e con docenti del settore ICAR 09 2

della Facoltà della Facoltà di Architettura stasvolgendo un tirocinio3 che vede presenti dotto-ri, dottorandi, laureati e studiosi che a diversotitolo collaborano alla ricerca, che ha comeoggetto l’analisi ed il rilievo di un edificio diproprietà della stessa Regione, al fine di defini-re un protocollo di rilievo che af fronti le diver-se specificazioni del costruito, anche in materiadi sicurezza in caso di evento sismico.Il caso studio è quello della Casa dello Studente,detta Casa Miranda, di proprietà della RegioneCampania, un corpo di fabbrica di grandidimensioni, posto su una zona in forte decliviodella città di Napoli, a monte del grande asseurbano di via Foria. L’edificio, in funzione finoagli anni ’80 ed attualmente in disuso, versa inuno stato di fortissimo degrado, dovuto all’ab-bandono ed all’incuria che lo ha reso oggetto diatti di vandalismo e di distruzione. Inizialmenteadibito a residenza per gli studenti universitarifuori sede, poi diventato alloggio per i terremo-tati dopo il sisma del 1980, era dotato di stanzecon servizi comuni per gli studenti e piccoliappartamenti per i docenti universitari, nonchédi ampi spazi collettivi. Si articola su di uncorpo di fabbrica a corte aperta che si sviluppasu un piano terra e cinque livelli fuori terra a cuisi affiancano la grande palestra e la sala mensa.L’edificio presenta una struttura mista incemento armato e muratura di tufo e riveste unnotevole interesse sia dal punto di vista struttu-rale che formale in relazione alle diverse solu-zioni costruttive emerse durante la fase di rilie-vo, circostanza che ha contribuito alla letturacomplessiva dell’edificio e della sua storia.Dalle ricerche condotte è scaturito che la suacostruzione ha preso avvio nel 1936 a seguitodella definizione della nuova legge per la rifor-ma degli Istituti delle case popolari operata dalMinistro Razza nel 1935, rientrando nell’ambi-to delle opere assistenziali e degli edifici previ-sti dall’Istituto Fascista Autonomo per le casepopolari della Provincia di Napoli.

Dall’analisi e dai rilievi ef fettuati, risultanoinoltre leggibili più fasi costruttive: una prima acui si può far risalire il massiccio blocco centra-le ed una successiva ascrivibile a Giulio deLuca che ne ha completato l’impianto con larealizzazione dei corpi scala e della grande salamensa che ricollega le ali laterali del bloccoprincipale a corte con una tipologia strutturalesostanzialmente diversa che si concretizza inuno spazio unico sostenuto da pilastri in cemen-to armato e definito sui lati lunghi da ampievetrate che prospettano da un lato verso il golfodi Napoli, dall’altro verso il cortile interno albe-rato. Con lo scoppio della guerra i lavori furonosospesi ed ultimati poi nel 1951 con un nuovointervento di Giulio de Luca per la realizzazio-ne del corpo della palestra, venendo poi in que-gli anni inaugurata la struttura con il nome diCasa Miranda. Ai fini dello studio è stato opportuno definire apriori un protocollo procedurale di indagineriferito ad operazioni di conoscenza del costrui-to articolate su più livelli, predisponendo unrilievo multidisciplinare per un progetto cam-pione finalizzato al recupero ed alla messa insicurezza del manufatto, predisponendoun’apposita struttura informatica entro cuiimplementare i dati rilevati.Sono stati definiti tre livelli di conoscenza con-formemente ai livelli di valutazione della sicu-rezza previsti dalle norme antisismiche, a cuiassociare interventi di diversa entità per lamessa in sicurezza del costruito. Per ciascuno ditali livelli (conoscenza, valutazione, interventi)il protocollo di rilievo predisposto, articola laconoscenza del manufatto in sezioni fondamen-tali relative all’inquadramento, al rilievo ed alleverifiche.La valutazione della sicurezza delle struttureesistenti è infatti strettamente correlata al livel-lo di conoscenza raggiunto. Di conseguenza ilrilievo delle strutture portanti ossial’identificazione strutturale si è posto come datofondamentale per la conoscenza del manufatto eper la verifica di una eventuale situazione pato-logica, in riferimento a cui è stato possibile rico-noscere attraverso il rilievo eventuali danni edeficienze statiche da ricondurre a situazionicritiche.

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In particolare, per quanto riguarda la sezionerelativa all’ inquadramento la ricerca ha presoavvio dall’analisi delle condizioni ambientalirelative al sito, dallo studio della cartografiageologica disponibile a diverse scale e da quan-to è risultato dagli archivi degli enti territoriali,con particolare attenzione alla presenza di cavi-tà e sottoservizi, tenendo conto degli studi dimicrozonazione sismica.Nella sezione relativa al rilievo sono stati inclu-si i diversi approcci conoscitivi al costruito: dalrilievo fotografico, al rilievo metri-co/architettonico, materico, termografico, cro-matico, geotecnico, strutturale, dell’ef ficienzaenergetica, facendo uso di strumentazioni speci-fiche relative al rilievo quali il laser scanner e lacamera termografica. L’obiettivo è stato quello di derivare dal reale gliaspetti quantitativi e qualitativi integrando lediverse procedure al fine di pervenire ad unaconoscenza completa dell’edificio nel suo com-plesso e nella descrizione dei diversi dettagli: dalrilievo fotografico e dallo schizzo architettonicoal rilievo metrico diretto e strumentale del manu-fatto adottando di volta in volta procedure diver-se, strettamente correlate alla scala di indagine edalle specificità dell’oggetto indagato. Per quanto riguarda il rilievo metrico, accanto alrilievo diretto e strumentale è stata realizzatauna scansione con un Laser GX della Trimble, icui dati sono stati successivamente elaboratiattraverso il software della Trimble Realworksche ha consentito il montaggio e la successivavisualizzazione delle nuvole di punti da cui èstato possibile derivare il modello tridimensio-nale. Accanto a ciò il rilievo termografico, haconsentito di individuare attraverso l’emissivitàdei diversi materiali, non solo i problemi deri-vanti da eventuali problemi di umidità di risali-ta, ma soprattutto eventuali anomalie della strut-tura (tompagnature di vani, dif ferenti tessituremurarie) leggibili al di sotto dello strato di into-naco a testimonianza di eventuali trasformazio-ni dell’assetto originario.In merito agli aspetti strutturali, l’indagine si èavvalsa della collaborazione dell’arch.Casapulla e si è fondata sul rilievo geometricodegli elementi verticali ed orizzontali, voltati epiani, prefigurando un programma di campiona-

mento e di prove non distruttive finalizzato allaricostruzione dei dettagli costruttivi ed allacaratterizzazione meccanica dei materiali pre-senti al fine di pervenire ad un quadro di cono-scenze esaustivo.Il rilievo strutturale in particolare si è fondato sudi una discretizzazione dell’insieme in elemen-ti, individuando per ciascuno la diversa specifi-cazione in relazione alla morfologia (elementipuntuali, setti continui, etc.) alla tipologia (inc.a., acciaio, muratura, etc.) alle tecnichecostruttive ed ai materiali , agli interventi diconsolidamento, ed alla tipologia di finitura(intonaco, rivestimento ligneo, etc.). Un appro-fondimento particolare è stato operato per ilrilievo della struttura muraria in tufo la cui ana-lisi è stata approntata attraverso il supporto diapposite schede predisposte ai fini della ricercae volte ad analizzare il ruolo strutturale dell’ap-parecchio murario, la tipologia, il tipo di sezio-ne, l’apparecchiatura, gli ammorsamenti equant’altro poteva essere utile al fine di cono-scere la portanza della muratura stessa. Nella fase della traduzione grafica dei dati metri-ci, particolare attenzione è stata rivolta alla iden-tificazione della genesi geometrica delle superfi-ci e delle mutue intersezioni che qualificano mor-fologicamente gli spazi, allo scopo di rendereespliciti il sistema di relazioni che si stabilisce trale diverse parti del sistema architettonico, maanche tra il manufatto ed il contesto, relazioniche costituiscono l’intima essenza di ogni operadi architettura. Per quanto riguarda la rappresen-tazione dei materiali e dello stato di degrado,sono stati redatti una serie di grafici che, oltre arappresentare il manufatto nella sua originariaintegrità, forniscono letture tematiche, a mezzodi una simbologia di tipo analogico, af finché siapossibile l’immediato riconoscimento dello statodi conservazione del manufatto. La sezione relativa alle Verifiche ed agliInterventi, attualmente in corso e curata dadocenti competenti del settore, sarà finalizzataad individuare - conformemente alla nuova nor-mativa in materia di progettazione antisismica -le verifiche ed i relativi interventi per la messain sicurezza del costruito. A valle dei singoli approfondimenti operati, ilgruppo di ricerca intende predisporre la verifica

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NOTE

1 Coordinatore del tirocinio per la Regione Campania: arch. Claudia Fiore, Dirigente del Servizio GeologicoRegionale.

2 Per gli aspetti strutturali, le verifiche antisismiche e la messa in sicurezza degli edifici lo studio è stato svolto in col-laborazione con la Prof. Claudia Casapulla, Facoltà di Architettura dell’Università degli studi di Napoli Federico II.

3 Tirocinanti Archh.: Maria Lucia De Angelis, Tiziana Lazzaro, Antonio Mazziotti, Nicola Rauzino. Gruppo di suppor-to: Archh.: Valeria Cappellini, Raf faele Catuogno, Marta Di Gioia, Roberta Di Martino, Andrea Fiore, DomenicoIovane, Alessandra Maione, Aniello Marzullo, Giulia Sonetti, Angela Caliendo, Maria Lepore, Adriana Paolillo.

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del protocollo procedurale prefigurato nella fasepreliminare, estendendone l’applicazione adaltri casi studio al fine di mettere a punto gliaspetti metodologici, validando il prodottoall’interno della struttura informatica georefe-renziata predisposta e basata sulla tecnologiaGIS, sulla interattività dei dati e sulla articola-zione dei livelli di conoscenza e di valutazione.L’incessante evolversi degli strumenti e dellemetodologie impone dunque un diverso approc-cio nel settore della conoscenza e della docu-mentazione del patrimonio architettonico, taleche il rilievo necessariamente deve assumere unruolo centrale e di coordinamento nell’interrela-zione con altri ambiti quali la documentazione,la schedatura, l’archiviazione e la gestione deibeni architettonici ed ambientali, la manuten-zione, il restauro e il consolidamento, il riuso edil progetto di riqualificazione dell’esistente. Il rilievo infatti si fonda sull’analisi e sull’iden-

tificazione dei caratteri morfologici sottesi allaforma e al suo significato espressivo, ma nonpuò e non deve trascurare l’apparato di infor-mazioni e di dati che concernono la sua struttu-ra materiale: in tal senso appare necessarioaffrontare ogni indagine sul costruito mettendoin relazione i diversi saperi e le differenti speci-ficità scientifiche nell’ambito di una rappresen-tazione che vede nell’ “approccio differenziato”una risorsa benefica, necessaria per condurre arisultati di maggiore completezza scientifica. Ilprincipio di complementarietà, che deve essereposto alla base delle diverse competenze checaratterizzano il rilievo, può dar luogo infatti arisultati che superano la mera sommatoria deisingoli contributi, attraverso una rappresenta-zione complessa che sia capace di restituireun’immagine in grado di valorizzare le qualitàformali e figurative, nonché materiche e struttu-rali del patrimonio architettonico.

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…DAL RILIEVO AL PROGETTO: IL CASO STUDIO DELL’”ANTENNA DI DALMINE”

Alessio Cardaci

Abstract:Obbiettivo della comunicazione è il presentarelo studio di carattere multidisciplinare svolto inconvenzione tra Facoltà di Ingegneria diBergamo e il Comune di Dalmine al fine delprogetto di consolidamento e conservazionedell’”Antenna di Dalmine”.

Il ruolo del disegno, come Disegno di Rilievoal fine di studiare e conoscere la struttura esi-stente nella sua prima fase, e come Disegno diProgetto al fine di comunicare e rendere tra-smissibili i risultati ottenuti nella successivadi carattere applicativo, hanno evidenziato ilruolo fondamentale dell’ICAR/17 come ele-mento di collante tra settori differ enti all’in-terno di una dialettica multidisciplinare.

L’antenna, ha altezza pari a 63m ed è statainstallata nel 1936; definirla antenna è impro-prio e riduttivo, in quanto essa rappresenta unasta su cui sventola la bandiera d’Italia piùalta in Europa.

L’importanza dell’antenna come simbolo dellaCittà di Dalmine, ha portato ad iniziare una ana-lisi storico-critica dell’antenna e del suo inseri-mento nel tessuto cittadino che avrà seguitonella realizzazione di una mostra inerente irisultati degli studi. Essa è stata oggetto di un

intervento di rinforzo nel 1990 perl’irrigidimento della sezione di base; oggi inessa è presente una considerevole riduzionedella sezione resistente dovuta alla corrosione.

Lo studio si è articolato nelle seguenti fasi:indagine storica sull’antenna svolta in colla-borazione con la Fondazione Dalmine perl’acquisizione di informazioni r elative allainstallazione (alcune informazioni già dispo-nibili) ed alla costruzione della medesima,rilievo e disegno della geometria della strut-tura, delle sue sezioni r esistenti sia a finidocumentativi che dir etti alla fase di analisitramite simulazioni agli elementi finiti ; inda-gini non distruttive sulla stato di conservazionedell’antenna (verifica degli spessori su tuttal’altezza, indagini metallografiche, indaginisulle saldature in corrispondenza delle variazio-ni di sezione del fusto, prelievo di truciolo edanalisi chimica, indagine con telecamera dal-l’interno del fusto); indagini strutturali finaliz-zate allo studio della risposta al vento ed all’ir-raggiamento solare che prevedono misure incontinuo dello spostamento in sommità median-te rilevatore GPS posizionato in sommità del-l’antenna e misure delle vibrazioni dell’anten-na, al fine di individuare la risposta dinamicadell’antenna al vento, sia senza bandiera, siacon bandiera issata.

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Fig. A: Rilievo dalla “Antenna di Dalmine”. Modello matematico “Antenna di Dalmine”

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Particolare al fine di illustrare la collocazione delle masse ia fini della simulazione

Inquadramento e localizzazione della “Antenna di Dalmine”

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RICOSTRUZIONE DI PALAZZI E DELLE LORO COPERTURE

Saro Cardona

AbstractQuesto articolo è relativo alla modalità di rico-struzione semi automatica di una qualsiasi città.Le volumetrie degli edifici sono date dall’estru-sione del perimetro in 2D della pianta di ciascunedificio e dal loro riposizionamento in modoesatto sulla morfologia 3D del terreno.Mediante la lettura di un file xml precedente-mente compilato si procederà all’estrusione deivolumi degli edifici e contestualmente il soft-ware costruirà e posizionerà su ciascun edificioestruso la relativa copertura. Le tipologie di tetto prese in esame e sviluppatesono ventiquattro che ricoprono, nel nostro ter-ritorio italiano ed in quello europeo, quasi il90% delle totalità delle tipologie di coperturaesistenti.

Creazione e Posizionamento dei palazzi sul terrenoSulla mappa in formato 3ds, che rappresenta lamorfologia del territorio, verrà costruita la cittàmediante un file contenete polilinee chiuse cherappresentano i quartieri con gli edifici.Si possono avere due casi distinti di file.

1) le polilinee della città da ricostruire vengonofornite sul piano a quota 0 (estrusione dalbasso);

2) le polilinee delle città sono già poste all’altez-za di gronda del palazzo (estrusione dall’alto).

1) Estrusione dal basso:Foto 01 (a fine documento)- Creazione e Posizionamento dei palazzi sulterreno -

Estrusione dal basso:Mappa con la morfologia del territorio

Foto 02 (a fine documento)Creazione e Posizionamento dei palazzi sulterreno -

Estrusione dal basso:Mappa con le polyines della cittàLe due mappe sono quindi messe a registrol’una sull’altra e si procede alla proiezione.La “posa” sul terreno di ogni singola polilinea siottiene mettendo tutti i suoi vertici in una matri-ce e intersecandoli con il terreno, in seguito ilvertice che viene preso in considerazione èquello che ha l’altezza minima rispetto al pianozero: questo sarà il valore della quota dellapianta della palazzo. Si procede quindi all’e-strusione tenendo conto che l’altezza dei palaz-zi, tramite una funzione random, varia casual-mente tra i quindici e i quarantacinque metri.

Foto 03 (a fine documento)- Creazione e Posizionamento dei palazzi sulterreno - Estrusione dal basso:Risultato dell’estrusione dal basso

2) Estrusione dall’alto:Foto 04 (a fine documento)- Creazione e Posizionamento dei palazzi sulterreno - Estrusione dall’alto:Polilinee poste all’altezza di gronda dei palazziFoto 05 (a fine documento)- Creazione e Posizionamento dei palazzi sulterreno -

Estrusione dall’alto:Volumi estrusi dall’alto verso il basso

Come si può vedere dai risultati, in entrambicasi i palazzi sono posti nella posizione correttasul terreno.

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L’unica dif ferenza tra l’estrusione dal basso equella dall’alto è che all’intersezione delle poli-linee con il terreno, l’estrusione dal basso nonfornisce valori reali delle altezze dei palazzi,mentre l’estrusione dall’alto fornisce la realealtezza di ciascun palazzo.Una volta posizionati i palazzi del quartiere chesi è deciso di estrudere è necessario realizzare lecoperture per ciascuno di essi. Si è deciso dianalizzare e implementare ventiquattro tipolo-gie differenti di tetti e il tutto è svolto nell’otti-ca di tenere il più basso possibile il numero dipoligoni creati, conservando una buona accura-tezza nella ricostruzione.

Realizzazione delle copertureSi sono isolate delle tipologie di tetto con carat-teristiche ben precise e per ogni tipologia è statofissato il numero di vertici, ad esempio un tettoflat ha quattro vertici, mentre un tetto crossgable ne ha dodici.Se il numero dei vertici è una limitazione noneccessivamente penalizzante, si attua una con-dizione molto vantaggiosa per la realizzazionedella realtà virtuale: non è necessario che gliangoli dei vertici delle polyline siano perpendi-colari. Inoltre le costruzioni avvengono perpunti seguendo gli stili architettonici e il nume-ro di linee è stato ridotto al minimo in modo danon gravare sul motore di rendering.Ovviamente per ogni tipologia di tetto occorre-rà studiare la maniera migliore per la sua rende-rizzazione secondo i parametri impostati. Le coperture contemplano la maggior parte delleunità abitative più comuni. Nel caso si incontras-se una copertura con un numero di vertici nonprevisto oppure non prevista come tipologia, siutilizza una variante detta generic roof, che è unavariante del truncated hipped , e non è legata alnumero di vertici della polilinea. Il risultato è untetto “tronco” sulla cima.

Foto 06 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tipologie di tetto risolte

Tetto Gable (tetto a capanna)È costituito da una spline con quattro vertici. Nonè necessario che gli angoli tra di essi siano a 90°.

Non presenta particolari difficoltà costruttive inquanto la sua realizzazione dipende semplice-mente dal trovare il punto mediano dei lati inte-ressati dalla linea di colmo massimo.Naturalmente è prevista la possibilità di sceglie-re da quale coppia di lati edificare il tetto aseconda della sua posizione rispetto alla strada.Inoltre per garantire un maggiore automatismosi può scegliere l’opzione di edificare il tettosempre lungo la direzione del lato maggiore. Tale tetto è dif fusissimo in tutta Europa e nelNord Europa è caratterizzato da un’accentu a -zione della linea di colmo massimo che rende lacopertura simile a una cuspide.

Foto 07 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetto Gable (tetto a capanna)

Tetto Hipped e truncated hippedQuesto è uno dei tetti più comuni e può essereusato come base per tetti più complessi.In questo tipo di copertura si possono sceglierevalori di falda differente per ogni lato del tetto eorientazioni diverse a seconda della posizionedella linea di colmo.Anche in questo caso è possibile scegliere diedificare il tetto lungo il lato maggiore.La tipologia di tetti truncated hipped hannocaratteristiche simili agli hipped unica dif feren-za sta nel numero di falde che si riduce a tre.

Foto 08 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetto Hipped e truncated hipped

Tetto GambrelQuesto tipo di copertura è usata nella costruzio-ne di granai, fienili, stalle, capannoni rurali.In Italia e nel sud Europa in genere è poco dif-fusa, mentre in Francia e nei paesi del NordEuropa e dell’Est è molto dif fusa ed è usataanche in abitazioni di tipo civile. Trova un largoimpiego anche negli USA che però non sonoparte di indagine del progetto. Il tetto Grambel ha una sezione semi-ottagona-le, nella realizzazione si è tenuto conto che sihanno due linee di colmo e che al loro variare sihanno conformazioni differenti del tetto.

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Foto 09 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetto Gambrel

Tetto SaltboxSi tratta di un tipo di copertura diffusissimo. Losi ritrova sia nei centri storici che nelle periferie.E’caratterizzato dalla linea di colmo massimo,che generalmente non si trova lungo la linea disimmetria del tetto, e dalle dif ferenti altezzedelle. Nella progettazione tali parametri sonoovviamente lasciati modificabili.

Foto 10 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetto Saltbox, calcolo delle diagonali e bisettrici

Per la progettazione di questa struttura, appa-rentemente semplice, si è dovuto tener contoche in 3ds studio max non esiste l’idea di rettainfinita passante tra due punti, quindi per trova-re i punti di interesse si doveva risolvere unsistema con molte variabili (generate dalle coor-dinate dei punti stessi) con denominatori chepotevano annullarsi a seconda dell’orientazionenello spazio della spline, oppure potevanocrearsi false intersezioni valide. Si supponga diavere una spline con quattro vertici che siaorientata casualmente nello spazio:Per ipotesi sono noti i punti 1, 2, 3, 4 mentre “c”rappresenta il centro della spline, e “d” è ladistanza della linea di colmo dal lato 1_2.Applicando le note formule di geometria dellaretta per due punti e della distanza tra un puntoe una retta e mettendo tutto a sistema si trovanoi punti A e B che sono quelli di interesse e altridue punti fittizi che sono da scartareretta per due punti

(x-x1)/(x2-x1) = (y-y1)/(y2-y1)distanza punto retta:

d = |(a·xo + b·yo + c)|/√(a2 + b2)Si è scartata tale ipotesi perché per implemen-tarla si dovevano considerare troppi casi mentresono state preferite considerazioni di tipo trigo-nometrico.Si trovano le coordinate dei punti A e B calco-lando gli angoli formati dai vertici e usando laformula: x sin α=d dove α è l’angolo.

In questo modo si riducono le casistiche da con-siderare. Si avrà: α < 90°, α > 90°, α = 90°

Foto 11 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetto Saltbox, risultato della generazione 3D

Tetto Truncated hipped e mansardSono tipologie di tetti risalenti al XVII-XVIIIsecolo e sono molto frequenti in Europa anchenei centri storici relativamente giovani.In Francia sono diffusissimi e ciò è da ricondur-re al fatto che, inventati da Nicolas-FrançoisMansart, divennero di moda nel XVII secolo.Dal punto di vista costruttivo hanno caratteristi-che simili anche se il mansard è più complessoin quanto implementa due truncated hipped;oppure implementa un truncated hipped sinoalla prima linea di gronda e poi un hipped sinoalla linea di colmo massimo. L’idea di base è stata generare un of fset dellaspline di partenza estrudendola all’altezza dicolmo voluta, contare i vertici della spline a cuiè stato applicato l’offset e infine unirli ai verticidella spline di partenza, ottenendo una formachiusa.

Foto 12 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetto Truncated hipped e mansard

Per il tetto mansard si è fatta una cosa identicama è stata ripetuta due volte. Come accennatoprecedentemente tale forma è usata anche per ilgeneric roof che può essere costituito da n ver-tici e avere forma qualsiasi ed è usato per com-pletare la panoramica delle coperture nel caso cifosse qualche tipologia di tetto non ancoraimplementata.

Tetti shed e flat I tetti shed e flat sono rispettivamente il tetto aleggio e il tetto piano. Sono i più dif fusi nelleperiferie urbane moderne e nella costruzione dicapannoni industriali.Il tetto piano è caratterizzato sulla sommità daun muretto alto un metro e distante sessantacentimetri dalla linea di gronda.

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Il tetto shed ha come parametro l’altezza dicolmo e l’orientazione (quattro dif ferenti posi-zioni quanti sono i lati) legata al posizionamen-to della linea di colmo. Anche in questo caso siè prevesta l’opzione di poter scegliere dicostruire la copertura sempre lungo la direzionedel lato maggiore.

Foto 13 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetti shed e flat

Tetti cross hipped - cross hipped gable Questa tipologia di tetti è diffusa in egual misu-ra in tutta Europa, sia nelle campagne che nelleperiferie delle città. Presenta caratteristichecostruttive completamente dif ferenti rispetto aicasi considerati in precedenza. Si assume che la spline che li rappresenta siacostituita da otto vertici, l’angolo formato daciascun vertice non necessariamente deve esse-re di 90°.La Struttura è di tipo a T con la posizione dellaparte centrale che di norma non è al centro.Fissate queste specifiche si è passati all’analisidella “forma della polyline”.Il primo passo consiste nell’individuare su qualilati sono posti gli “spioventi” da cui partono lelinee di falda del tetto. Gli spioventi saranno detti“lati validi”e i vertici ad essi associati “verticivalidi”.Le uniche informazioni disponibili sono la posi-zione dei vertici e la lunghezza dei lati della poly-line. La lunghezza dei lati non può essere presacome discriminante perché potrebbero capitarecasi in cui lunghezza dei lati di interesse e lati“non validi” coincide. Si è optato di usare comeriferimento il baricentro della polyline di cuisono note le coordinate. Studio 3ds max da una numerazione dei vertici insenso antiorario partendo dal primo quadrante. Sicalcolano le distanze di ogni vertice dal centrodella polyline e le si mettono in un array. Si ordi-na l’array dal valore più basso al più alto e siprendono i gli ultimi 6 valori più alti e li si pon-gono in altro array che serve come confronto.Successivamente dal confronto dei 2 array sirisale ai 6 vertici validi della sequenza. Di 8 ver-tici se ne hanno sempre sei validi, e due no. A

ogni vertice valido si da il valore “1” ovviamen-te “0” a quelli non validi . Nell’esempio si avràuna sequenza del tipo 1 1011110. Si può notareche a seconda del posizionamento della polylinenello spazio, la numerazione segue un andamen-to ciclico ed è come se la sequenza si muovessesu un buf fer circolare. Si possono disporre lesequenze “valide” su una matrice da cui si estra-polano gli otto possibili casi che dicono comedovranno essere uniti i vertici per avere la rico-struzione del tetto desiderata.

Foto 14 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetti cross hipped - cross hipped gable, calcoloe tracciamento delle bisettrici.

Una volta trovata la sequenza valida si deveancora esaminare come costruire la copertura inmodo semplice. Si crea un offset (che poi si eli-mina) della forma base, e si considerano le rettepassanti per i punti medi uscenti dai lati deglispioventi; si trovano 2 punti A,B che servonoper la costruzione delle linee di colmo.Si calcolano le rette passanti per 2 punti usandola formula:(x-x1)/(x2- x1) = (y-y1)/(y2-y1)si mette a sistema:a1·x + b1·y + c1 = 0 a2·x + b2·y + c2 = 0

si hanno due casi: 1) se b1 ≠ 0 si ottiene il punto di intersezione:

x = (c1·b2/b1 - c2)/ (a2 - b2·a1/b1)y = -a1(c1·b2/b1 - c2)/ (a2 - b2·a1/b1

2) se b1= 0 il punto intersezione diventa: x = - c1/a1

y = a2·c1/ a1·b2 - c2/b2

( nel caso fosse b 2= 0 non importa perchè sisemplifica prima )Trovati i punti di intersezione si può finalmentedisegnare il tetto. Bisogna ancora considerare ilcaso in cui, a causa della forma della polyline, ipunti A e B siano scambiati.

Foto 15 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetti cross hipped - cross hipped gable, render

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finale del calcolo e tracciamento delle bisettrici.

Tetti cross gableE’ il tetto a croce che non risulta essere moltoutilizzato per le abitazioni civili, ma lo si ritro-va in prevalenza nei fabbricati ecclesiastici.Sebbene questi ultimi siano strutture di interes-se storico e culturale, si è ritenuto opportunoconsiderare questa tipologia di copertura, per larealizzazione di edifici di culto di importanzaminore, tipo chiese di campagna, cappelle ecc.Il cross gable ha caratteristiche simili al crosshipped anche se presenta un maggior grado disimmetria. Anche in questo caso per la ricercadegli spioventi si è calcolata la distanza dei ver-tici rispetto al baricentro della polilinea.

Foto 16 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetto cross gable

Una volta ottenute le distanze dei vertici dalcentro si cercano gli otto vertici a distanza mag-giore perché sono i punti dai quali partono glispioventi del tetto. Si ordina l’array dal valorepiù basso al più alto e si prendono gli ultimi ottovalori e si procede come al solito alla costruzio-ne di una matrice delle “sequenze valide” di for-mato 12 x 12. Dall’analisi della stessa matrice sinota subito che, grazie all’elevata simmetriadella polilinea, le sequenze valide differenti nonsono dodici ma tre, così è possibile limitare lostudio del caso.

Tetti pyramid Hip - Tower- Pyramid hipwith towerQuesta è l’ultima tipologia di coperture esami-nata in quanto i tetti a piramide sono poco dif-fusi nelle abitazioni civili mentre si trovano infabbricati rurali, chiese di campagna, ecc.Diverso è il discorso per il tetti a Torre che siincontrano prevalentemente in castelli, chiese,coorti medievali, fortificazioni e generalmentehanno un forte interesse culturale e architettoni-co. Si è pensato di includerli in questo lavoroperché ai fini del gioco, il visitatore virtualecome, ogni buon turista, si concentrerà sui i luo-ghi di maggiore interesse culturale e tipizzanti,della città. Per avere una ricostruzione quanto

più possibile veritiera, con questa tipologia ditetti saranno tuttavia realizzate quelle strutturearchitettoniche meno visitate, ma facenti partidella città quali ad esempio le torri delle muraperimetrali della città, i bastioni di un castellolontano, oppure il campanile di una chiesasecondaria. Dal punto di vista prettamente tec-nico sono stati considerati assieme perchéhanno caratteristiche simili essendo caratteriz-zati dal punto centrale che funge da punto dicolmo massimo, e differendo solo per il numerodi vertici che nel tetto a piramide è fissato e paria quattro; mentre nel tower è variabile. Comenei casi precedenti non ha importanza che i ver-tici siano perpendicolari tra loro. Nel seguitosono mostrate alcune forme tipiche che si pos-sono implementare con questa tipologia di tetti.

Foto 17 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Tetti pyramid Hip - Tower- Pyramid hip withtower

Interfaccia utente3D Studio Max è molto versatile e permette diintegrare perfettamente gli script creati con lapropria interfaccia grafica, fornendo una serie dicomandi e pulsanti che permettono di usare ilsoftware evitando di compilarlo.In questo caso si è scelto di implementare ilsoftware come una utility di 3DS Max.

Foto 18 (a fine documento)- Realizzazione delle coperture - Interfaccia utente del maxscript di 3DS Max

L’utente, fatte le operazioni di apertura dellespline e importata la superficie su cui vannoestruse le spline, va nel pannello di controlloprincipale di 3DS Max seleziona il pannello uti-lities (quello contraddistinto dal martelletto);sceglie Maxscript e carica l’utility palazzi ran-dom che si presenta con un menu a tendina evari sottomenu che permettono di scegliere divolta in volta le operazioni da svolgere quali:tipo di estrusione da scegliere, copertura da uti-lizzare, inserimento manuale o automatico deidati a seconda che sia fornito oppure no il filetxt per la lettura.

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E’ ovviamente prevista anche una serie dicomandi che si andranno a integrare con laseconda perte del software che si occuperà dellaposa delle texture.

Costruzione delle textureLe texture verranno generate tramite elementi diciascun piano. I piani sono stati suddivisi in 5blocchi e ognuno dei quali ha caratteristichespecifiche. All’interno di ogni blocco ci sonoelementi delle facciate quail modanature, corni-cioni, basamenti, ect.Ogni blocco è indicizzato con un suf fisso alfa-numerico:

blocco 0 includerà tutti gli del piano terrablocco 1 includerà tutti gli del piano primoblocco 2 includerà tutti gli del piano secondoblocco U includerà tutti gli del piano sottotettoblocco C relative alla copertura

Di seguito ci sono le suddivisioni in classi diciascun elemento.

(D, S, W, BR, BRP, BS, BD, LPA, LPAA, MFB,P, QR, QL, R, RD, RFS)

Qui di sotto un esempio per il piano 0 e dellerelative nomenclature delle texture generate:

Foto 19 (a fine documento)- Costruzione delle texture - Raddrizzamento della facciata, mediatel’utilizzo del software Perspective Rectifier

Le immagini della facciata, mediate l’utilizzodel software Perspective Rectifier , verrannoraddrizzate e rettificate e successivamente ver-ranno estratti gli elementi necessari.Dall’immagine raddrizzata e ripulita da imper-fezioni e da scritte, si procederà a selezionareciascun elemento e a rinominarlo seguendo leregole brevemente sopradescritte.

Foto 20 (a fine documento)- Costruzione delle texture - Immagine raddrizzata e ripulita da imperfezionie da scritte

Le immagini sono esplicative di quali porzionedi elementi si andranno a selezionare.

Foto 21 (a fine documento)- Costruzione delle texture - Porzione di elementi che si andranno a selezio-nare del piano terra

Foto 22 (a fine documento)- Costruzione delle texture - Porzione di elementi che si andranno a selezio-nare del piano primo e secondo.

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Foto 01- Creazione e Posizionamento dei palazzi sul terreno

Estrusione dal basso: Mappa con la morfologia del territorio

Foto 03- Creazione e Posizionamento dei palazzi sul terreno

Estrusione dal basso:Risultato dell’estrusione dal basso

Foto 04- Creazione e Posizionamento dei palazzi sul terreno

Estrusione dall’alto: Polilinee poste all’altezza di gronda dei palazziRisultato dell’estrusione dal basso

Foto 02- Creazione e Posizionamento dei palazzi sul terreno

Estrusione dal basso:Mappa con le polyines della città

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Foto 05- Creazione e Posizionamento dei palazzi sul terreno - Estrusione dall’alto: Volumi estrusi dall’alto verso il basso

Foto 06- Realizzazione delle coperture - Tipologie di tetto risolte

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Foto 07- Realizzazione delle coperture - Tetto Gable (tetto a capanna)

Foto 08- Realizzazione delle coperture - Tetto Hipped e truncated hipped

Foto 09- Realizzazione delle coperture - Tetto Gambrel

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Foto 10- Realizzazione delle coperture - Tetto Saltbox, calcolo delle diagonali e bisettrici

Foto 11- Realizzazione delle coperture - Tetto Saltbox, risultato della generazione 3D

Foto 12- Realizzazione delle coperture - Tetto Truncated hipped e mansard

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Foto 13- Realizzazione delle coperture - Tetti shed e flat

Foto 14- Realizzazione delle coperture - Tetti cross hipped - cross hipped gable, calcolo e tracciamento delle bisettrici.

Foto 15- Realizzazione delle coperture - Tetti cross hipped - cross hipped gable, render finale del calcolo e tracciamento

delle bisettrici.

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Foto 16- Realizzazione delle coperture - Tetto cross gable

Foto 17- Realizzazione delle coperture - Tetti pyramid Hip – Tower– Pyramid hip with tower

Foto 18- Realizzazione delle coperture -

Interfaccia utente del maxscript di 3DS Max

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Foto 19- Costruzione delle texture - Raddrizzamento della facciata, mediate l’utilizzo del software Perspective Rectifier

Foto 20- Costruzione delle texture - Immagine raddrizzata e ripulita da imperfezioni e da scritte

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Foto 21- Costruzione delle texture - Porzione di elementi che si andranno a selezionare del piano terra

Foto 22- Costruzione delle texture - Porzione di elementi che si andranno a selezionare del piano primo e secondo

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EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DEL DOPOGUERRA.

Michela Cigola, Assunta Pelliccio

La città di Cassino, sorta nelle vicinanze dellerovine dell’antica Casinum e sviluppatasi instretta connessione con l’abbazia benedettina diMontecassino, fino al secondo conflitto mon-diale presentava ancora sostanzialmente inva-riato il suo tessuto compatto di origine medie-vale (fig. 1); furono gli eventi di quegli anni asconvolgere e a cancellare ogni segno del suopassato. Il 15 febbraio 1944 venne infatti bombardata edistrutta l’abbazia, il 15 marzo 1944 stessa sortetoccò alla città sottostante. La città smarrisce così ogni traccia della suastruttura urbana e purtroppo anche della suamemoria storica con la perdita della maggiorparte delle fonti documentarie; la ricostruzioneinizia ufficialmente nel primo anniversario delladistruzione e con essa l’edificazione di ampiezone urbane con interventi di edilizia sovven-zionata. Nel maggio del 1946 il Consiglio Comunaleapprova il Piano di Ricostruzione redatto daGiuseppe Nicolosi, progetto che cercava diconiugare le molteplici esigenze locali con lenecessità di una pianificazione complessiva; ilpiano subì, in seguito, vari adattamenti e varian-ti sia per la pressione dei cittadini proprietariche per scelte politiche dettate dall’emer genzadi quegli anni. Di fatto furono conservati i principali assi strada-li, anche se ampliati e rettificati ed a tratti chiusida cortine edilizie omogenee, ed alcuni edifici diculto, tra i più rappresentativi per la città, furonoriedificati pressappoco nel sito originario. Infinel’intera città fu strutturata secondo direttive disviluppo a ridosso e perpendicolarmente all’assestradale della Casilina, in direzione di Napoli,considerando che la ferrovia, posta nella parte asud del nucleo urbano, costituiva di fatto unalinea di confine al tessuto edilizio (fig. 2).In seguito a questi eventi, il centro urbano dellaCassino attuale risulta, ad una vista superficiale,il prodotto di un unico periodo storico, identifi-

cabile genericamente con gli anni della ricostru-zione post bellica; tuttavia da un’analisi piùattenta possono distinguersi varie fasi, sia per laricostruzione vera e propria (ultimi anniQuaranta ed anni Cinquanta) che per il periododella grande crescita economica, generata neglianni Sessanta del secolo scorso e governata spes-so dalla logica dell’investimento e del profitto. Un aspetto trainante del nuovo sviluppo urbanoè rappresentato certamente dai numerosi esem-pi di edificazione convenzionata che ha caratte-rizzato l’intero tessuto della città; questo generedi edilizia costituisce infatti una gran parte delpatrimonio immobiliare della città a cui occorrerestituire dignità architettonica: infatti no -nostante le modalità frettolose di realizzazione ele variazioni che ha subito nel tempo, contienein nuce importanti valenze linguistiche. La nascita e lo sviluppo urbano della città posso-no quindi rispecchiarsi in due momenti, espres-sione nel tempo del dualismo laico-religioso chene ha sempre fortemente condizionato la storia:l’abbazia benedettina di Montecassino, a cui sideve l’origine stessa della città, e gli interventidi edilizia sovvenzionata, che ne hanno segnatoi tratti salienti della rinascita dopo la guerra, eche per una città che ha visto cancellato in uncolpo il suo tessuto storico, rappresentano glielementi forti ai quali la comunità àncora il pro-prio bisogno di ricostruire l’identità storicaandata perduta Per comprendere maggiormente le esperienzecompiute a Cassino in decenni di realizzazioni dialloggi di edilizia residenziale, pubblica sembrautile elencare sinteticamente gli attori dell’evolu-zione che con la Legge Luzzatti del 1903 dà il viaad una grande stagione di edilizia economico-popolare. Tra i primi assunsero un ruolo di rilievogli Istituti Autonomi per le Case Popolari,I.A.C.P., nel 1919 l’Istituto Nazionale delleAssicurazioni, I.N.A.Casa; e nel 1924 l’IstitutoNazionale per le Case degli Impiegati Statali,I.N.C.I.S..

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Questo fenomeno si acuisce nel periodo di rico-struzione del secondo dopoguerra per far frontealla drammatica situazione edilizia; l’emergenza ela necessità di una rapida ricostruzione inducono,infatti, ad offrire subito condizioni più favorevoliall’azione di operatori privati, estendendo ad essile agevolazioni fiscali precedentemente riservatesolo agli operatori pubblici. Questa situazione ha consentito lo sviluppo diparti di città che risultano ora perfettamenteinserite nel consolidato urbano della città diCassino (fig. 3). Dei diversi lotti di edilizia residenziale pubblica,quello su Corso della Repubblica, progettato daGiuseppe Nicolosi e da A.Gatti circa nel 1949 ecostruito negli anni immediatamente successivi,è senza dubbio uno dei più interessanti dal puntodi vista tipologico e strutturale tanto chel’edificio, conosciuto come “Lotto Nicolosi” èuno dei più significativi elementi architettonicidel tessuto della città di Cassino (fig. 4). Si tratta di un edificio multipiano e multifunzio-nale, composto da cinque piani fuori terra: ilpiano terra è adibito a locali commerciali; ilpiano primo è destinato ad uffici, mentre i pianisecondo, terzo e quarto ad uso abitazioni civili.Le tipologie di alloggi presenti sono due: allog-gio simplex al piano secondo ed alloggio duplexai piani terzo e quarto. L’importanza di questo edificio non si basa solosu aspetti storici poiché fu uno degli edifici car-dine della ricostruzione, ma anche e soprattuttoper il suo essere esemplificazione delle teorie edelle concezioni dell’architettura moderna: essoè infatti concretamente ispirato all’unità d’abi -tazione di Le Corbusier, nella quale la residenzaè considerata inseparabile dai servizi che for-mano i suoi complementi immediati: i “prolun-gamenti dell’alloggio” come af ferma LeCorbusier. Dell’edificio rimangono numerose testimonian-ze grafiche sia all’Archivio INA di Roma cheall’Archivio dell’Uf ficio Urbanistica delComune di Cassino, ed in esse è possibile segui-re, se pure non in maniera completa, parte del-l’iter progettuale e dell’attenzione riposta nel-l’articolazione e nell’innesto delle singole cellu-le abitative sia tra loro che con i sottostanti duepiani destinati a negozi ed uf fici (fig. 5). Pur caratterizzato dal rigore e dalla semplicitàdovute ad un edificio che rientra nell’ediliziasovvenzionata, quest’opera si presenta partico-larmente interessante sia per l’articolazione di -

stributiva suggerita dalle diverse funzioni (abi-tazioni, uffici e negozi) sia per la caratterizza-zione formale dei prospetti, ed insieme al Pianodi ricostruzione, anch’esso opera del Nicolosi,costituisce un punto fermo per la vità post belli-ca di Cassino. Oltre al “Lotto Nicolosi”, gli interventi di edili-zia residenziale pubblica nella città di Cassinofurono molteplici ed ancora oggi costituisconouna grossa parte dell’intero tessuto urbano; sitratta per lo più di edifici costruiti nel ventennio1945 - 1965, le cui tipologie edilizie sono essen-zialmente: in linea, a ballatoio, sfalsate e miste,ma mai superiori ai cinque piani. Le costruzioni più antiche si riscontrano nellotto tra Via Rossini, Via Pascoli e Via Verdi, nel lotto tra Via Grosso, Via Lombardia e ViaXX Settembre e nel lotto tra Via Pascoli, ViaFoscolo e Via Parini. Questo quartiere INA Casa,anche se attualmente assorbito nel tessuto urba-no circostante successivo, conserva ancora oggii propri caratteri distintivi: la forma di parteurbana compiuta, la dimensione collettiva maintima di residenza per la piccola comunità, euna forte unità stilistica che amalgama ogni det-taglio, dalla finestra alla cancellata, alla panchi-na, al lampione. E’ stato possibile approfondire la conoscenza diquesti interessanti episodi del periodo dellaricostruzione attraverso l’acquisizione del mate-riale iconografico di progetto di una buona partedegli interventi di edilizia sovvenzionata dellaCassino del dopoguerra, così da consentirci ditracciare un profilo storico-critico di questearchitetture che hanno svolto un ruolo nonsecondario nel percorso del nuovo sviluppodella città (f ig. 6). Infatti questi edifici di edilizia residenziale pub-blica presenti nella città di Cassino, possonoconsiderarsi come rilevanti interventi architetto-nici del nuovo tessuto del dopoguerra, monu-menti sommessi e discreti che ci raccontano,forse più eloquentemente delle grandi opere, unepisodio centrale nella storia della ricostruzionedi questa parte di Italia (figg. 7-8) . Dopo la perdita totale dell’identità della città,con la terribile distruzione fisica, e con la perdi-ta dei documenti che avrebbero potuto era stato,sono questi edifici di architettura minore a rap-presentare il vero e proprio termine post quemper il nucleo urbano della città di Cassino. Lo spartiacque tra un’epoca ed un’altra, ma permolti dei suoi abitanti tra una vita ed un’altra.

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Fig. 2 - 1945 Piano ricostruzione (ing. G. Nicolosi, arch. C.Petrucci), Planimetria generale.Archivio Ministero dei LL-PP

Fig. 1 - 1907, Pianta di Cassino (parte piana) Tav. II, in O. Del Foco, "Cassino e le sue acque in rapporto al migliora-mento della città e dei suoi dintorni"; Ristampa Ciolfi 2005

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Fig. 4 - Il “Lotto Nicolosi” oggi

Fig. 3 - Localizzazione degli edifici di edilizia residenziale pubblica nel tessuto urbano di Cassino.

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Fig. 5 - Lotto Nicolosi Prospetto su piazza Labriola, Pianta PT , Pianta appartamento simplex (piano terzo); Elaboratidel 1953 inerenti lavori di restauro. Originali in scala 1:100. Archivio dell’ufficio Urbanistica del Comune di Cassino.

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Fig. 6 - 1958, Disegno originali di progetto di uno degli edifici. Archivio di Stato di Frosinone.

Fig. 7 - Edifici di edilizia sovvenzionata del dopoguerra inseriti nel contesto attuale di Cassino. a

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DISEGNO, PROGETTO E BASIC DESIGN

Alessandra Cirafici

Il “disegno” non è più il mezzo col quale siastrae la forma dall’accidentale materia dellecose; disegno inteso nel senso attivo di “pr o-getto” è intuizione di r elazioni costruttive ospaziali dentro la materia.

(G. C. Argan 1951)

Esiste un modo di guardare al Disegno essen-zialmente per la possibilità che esso of fre diinverare concetti, di consentire investigazioni einvenzioni. Esiste un modo di intendere ilDisegno come il luogo in cui “il pensiero for-male” non solo si fa manifesto, ma prende corponell’atto inventivo. Ed esiste un ambito in cuiquesta attitudine del Disegno a riassumere in séle dinamiche dell’invenzione, ancor prima diquelle della rappresentazione, si fa così esplici-ta da poter af fermare che tra “disegno” e “pro-getto” il confine è tanto sfumato da essere eva-nescente: è il luogo del “progetto grafico”. Unambito specifico del “progetto di design” in cuiil ruolo del disegno travalica di gran lunga ilimiti della sua dimensione mimetico-descritti-va per interpretare con convinzione il ruolo diprotagonista nelle dinamiche dell’invenzioneformale, mostrando, così, tutta la sua attitudineesplorativa nei confronti della forma e dunquela sua capacità di proporsi come autentico“luogo del progetto”. Non solo l’espressività delgesto, e neppure solo la strumentalità del meto-do, ma disegno come luogo dell’ideazione edella sperimentazione progettuale; disegnocome strategia operativa del progetto stesso.Ogni volta, infatti, che il progetto grafico siconfronta con il tema della progettazione di“segni” la cui valenza è essenzialmente visiva,inevitabilmente il progetto si confronta con unadinamiche della forma che vede il disegno come“categoria operativa”, capace di agire non solocome straordinario “mediatore” tra la strutturadel pensiero geometrico e la sua rappresentazio-

ne, ma come “motore” stesso dell’atto inventi-vo. L’attribuzione di qualità significanti comemorfologia, dimensione, posizione, peso, con-sente la costruzione di quelle relazioni gerarchi-che tra le parti da cui dipende in misura impor-tante l’efficacia descrittiva dei segni. Si tratta dioperare attraverso il disegno su quella cheMaldonado, mutuandone il significato dalle teo-rie di Charles Morris, definisce come compo-nente “sintattica” della progettazione; quellacioè che, intendendo la progettazione come lin-guaggio, si interessa della sua “struttura”, intesacome sistema di relazione tra le parti, e cioè trasegni.Si tratta evidentemente di rintracciare il filo diun discorso sul modo di intendere il rapporto tradisegno e progetto inaugurato dal pensieromodernista che, nel mettere definitivamente albando il formalismo della rappresentazione,considera il disegno come fondamento dell’attocompositivo e come ideale palestra in cui edu-care e stimolare la libera or ganizzazione dellaforma. Una forma intesa qui nel senso dinamicodi configurazione, e nel senso olistico di struttu-ra. Si guardi al pensiero di Klee e di Kandinskjnei cui contributi teorici l’investigazione grafi-ca diventa “categoria operativa”, in grado diinnescare dinamiche capaci di investigare e“progettare l’invenzione” formale (nei modi diquella che si definisce una pratica euristica); sipensi alla grande stagione del Grundkurs - ilcorso propedeutico di Weimar e Dessau cheprese poi il nome di Grundlehre a Ulm -momento fondativo di quello straordinario per-corso formativo in cui il disegno, inteso comeespressione grafica che rende manifesta la ver-satilità inventiva del pensiero geometrico,diventa protagonista di un approccio propedeu-tico alla “composizione” che, pur senza costi-tuire un vincolo all’invenzione, rappresenta unasorta di “a priori” del pensiero progettuale.

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Un modo di intendere l’atto del disegnare e il suoruolo nel progetto della forma che trova una soli-da giustificazione teorica in quella “estetica dellaformatività”, inaugurata da Pareyson, per cui il“il fare è veramente formare solo se non si limitaa rifare qualcosa di già fatto e ideato, ma quandonel suo stesso attuarsi inventa il “modus operan-di” (L. Pareyson 1954). Un modo, dunque, diinterpretare il “formare”, (ovvero l’atto del dareforma ) come “fare” inventando il “modo difare”; attitudine che sembra splendidamenteinverarsi proprio nell’atto del disegnare.Il tema si fa ancora più interessante se lo siintreccia con quello dell’educazione, attraverso ildisegno, al controllo della forma, e cioè se siindaga il tema della “propedeutica” al progetto.Tema caro alla cultura del Bauhaus, perchè lega-to alla più generale attenzione rivolta ai “proces-si educativi” che l’intero corso perseguiva, con ilchiaro intento di individuare un momento specu-lativo preliminare all’attività creativa a cui af fi-dare il compito di liberare, attraverso l’eserciziografico, le capacità inventive. Learning by doing , insomma, secondo un’ideadi propedeuticità al progetto in cui si af fianca-vano volta a volta i due approcci: quello delloskill, della maestria per intenderci, e quellodella trasmissione di un sapere oggettivo, lega-to dunque alla costruzione di specifici fonda-menti disciplinari . Affonda le sue radici in questa cultura del pro-getto il Basic design, (così venne tradotto neipaesi anglosassoni il termine Grundkurs); disci-plina interessante e originale che, infatti, nelproprio statuto disciplinare intreccia intima-mente propedeutica (cioè pratica dell’insegna-mento di un saper fare) e fondazione disciplina-re (cioè pensiero teorico e metodologico che lesta alla base), tanto da poter af fermare che ilbasic design “è il luogo ideale dove conver go-no e si concatenano di fatto ricerca formale edespressiva, progetto e appunto insegnamento”(G. Anceschi, 2006). Si deve a Maldonado e allasua formulazione della disciplina negli anniCinquanta, l’abbandono definitivo del modellosteineriano dei pionieri del Grundkurs, e ilsuperamento dell’idea creativista - e cioè dellaricerca libera in un campo più o meno delimita-to - a favore di un rigoroso “metodo” che si pro-

pone come un vero e proprio problem solving ecioè come ricerca di una risposta adeguata ad unproblema posto in termini visivo percettivi -enon solo- attraverso una chiara formulazionedegli elementi, delle regole e degli obiettivi.A scorrere anche solo superficialmente le areetematiche esplorate dal Basic nella formulazio-ne maldonadiana appare evidente il ruolo essen-ziale che in esse esercitano le strutture del pen-siero geometrico e del disegno: 1. creazione distrutture (attraverso la teoria della Simmetria);2. trapasso di forme (attraverso la branca dellasimmetria detta Singenometria); 3. elaborazionedi superfici non orientabili (studiate dallaTopologia) 4. Produzione di pattern per mezzodi sequenze non lineari (frattali) … . Il fine èquello di agire per “creare e individuare pattern,aggregare e raggruppare o suddividere e riparti-re lo spazio bidimensionale e tridimensionale”,esercitando, così, la propria azione “ordinatri-ce” sulla realtà, intervenendo su di essa al finedi riorganizzarla attraverso un “disegno” inteso,qui, in tutta la sua valenza di “progetto”, ovverodi “programma”. Ambito in cui l’esplorazionedella forma attraverso le categorie del disegno edella geometria manifesta tutta la sua dimensio-ne euristica, nella definizione di processi morfo-genetici, compositivi, modulatori. C’è da chiedersi come mai una disciplina tantoversatile nelle dinamiche del progetto trovi inItalia così poco spazio nei percorsi formatividelle scuole di Architettura e di Design, anchein considerazione della notevole capacità che ilbasic design ha manifestato, in anni recenti, diincludere al suo interno la dimensione cinetica emultimediale che l’introduzione delle nuovetecnologie digitali ha imposto alla rappresenta-zione. Ma soprattutto c’è da chiedersi come maila didattica del disegno non si confronti - se nonassai raramente - con questo straordinario cor-pus disciplinare fatto di un sapere che si distillain esercitazioni pratiche che, in termini genera-li, altro non sono se non la semplificazioni di unproblema progettuale. Superfluo sottolineare quanto il riferimento albasic design si faccia determinante nell’ambitodel progetto grafico o in senso più ampio inquello del progetto di comunicazione visiva, acui le discipline del disegno contribuiscono in

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maniera determinante sia sul piano didattico cheprogettuale. E non solo per l’attenzione allacomponente sintattica del progetto a cui si è giàcenno, ma anche per quegli aspetti che defini-remmo semantici, e cioè relativi all’attribuzionedi senso al segno grafico, che il basic designindaga con una particolare attenzione alla “reto-rica visiva”,Nel momento in cui a determinati “segni”, o“sistemi di segni”, si chiede di interpretare, consinteticità e coerenza, il ruolo di “protagonisti”di una narrazione per immagini - quando cioè siinnesca il processo, evidentemente cognitivo, diattribuzione di significato al segno - è l’indi -viduazione di adeguate strategie espositive acostruire gerarchie di significati, oltre che disegni, ed è la strutturazione in catene narrative aprodurre reali connessioni di significato. Un tema che sul piano didattico, si rivela comeefficace “propedeutica” al progetto di comuni-cazione visiva e si dimostra particolarmenteutile a declinare quel concetto di “ strategia nar-rativa” che rappresenta l’elemento essenzialedel progetto di comunicazione. Si pensi agliambiti del concept design e del brand designche vanno assumendo un ruolo sempre più stra-

tegico nei corsi di design e comunicazione: quisi tratta di privilegiare i processi di attribuzionedi significato e di procedere, ancor prima didefinire progetti visivi, alla articolazione ditrame di senso che ne costituiscano il sostegnonarrativo. Trame geometriche e dinamiche nar-rative, dunque, come elementi fondativi del pro-getto grafico e di comunicazione visiva, ma piùancora come momenti essenziali per la costru-zione di un percorso didattico il cui scopo siaquello di sviluppare, proprio attraverso le strut-ture del pensiero geometrico e del disegno, una“creatività normata”. Una creativià consapevo-le, sostenuta da solidi fondamenti di metodo,attraverso cui sviluppare capacità espressive damanifestare negli infiniti campi della “presenta-zione visiva”. Si tratta di nuovi itinerari formativi in cui ilDisegno è chiamato ad offrire il proprio signifi-cativo apporto disciplinare, ampliando la sferadei suoi ambiti tematici e contribuendo inmaniera decisiva alla definizione di percorsididattici in cui rivendicare, una volta ancora, lapropria centralità nella costruzione di una realecultura del progetto grafico.

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DA UNA IDEA AL DISEGNO DI PROGETTO …“RICOSTRUIRE CON L’ARTE”

Luisa Cogorno

Considerando che il disegno ha un ruolo princi-pale in tutte le fasi del progetto di architettura edell’industrial design, anche nell’era del digita-le, la didattica che si svolge in un laboratorio diDisegno al primo anno del corso triennale diDisegno Industriale, offre allo studente, laprima occasione di manifestarsi con un diversomodo di comunicare mediante il linguaggio gra-fico e cromatico. Inizia così un percorso sullaricerca della forma e del colore: la forma intesacome rappresentazione di un oggetto, di unacomposizione astratta, o ancora una traduzionedi un’idea progettuale; il colore quale elementodisciplinato da molti aspetti: fisici, chimici, teo-rici, metodologici, compositivi, ma soprattuttoemozionali e comunicativi. Disegnare a manolibera, si configura, da subito, come strumentodi analisi ed interpretazione. Durante l’iter pro-gettuale, il disegno non è quindi solo mero stru-mento tecnico di restituzione, ma si configuracome linguaggio codificato secondo preciseregole di comunicazione, senza perdere tuttaviaquella dose di libertà creativa, che garantiscel’individualità delle proposte.Muovendo da questi presupposti, il Laboratoriodi Disegno, al corso di Laurea Triennale diDisegno Industriale, nell’a.a. 2008-2009, havisto impegnati, studenti e docenti, nel progetto‘Ricostruire con l’arte ’, nato da una collabora-zione tra la Facoltà di Architettura di Genova, laFondazione Pier Luigi e Natalina Remotti e ilComune di Camogli.La fondazione Remotti, che nasce da una espe-rienza trentennale di collezionismo d’arte con-temporanea, ha sede nella chiesa sconsacratadell’ex convento delle Gianelline a Camogli esipone come promotrice di manifestazioni edincontri, così come il progetto ‘ Ricostruire conl’arte’, con autori di chiara fama internazionale.La chiesa, costruita all’inizio del XX secolo,come collegio per fanciulle, presenta un archi-

tettura semplice e di tradizione locale tipica diquella parte collinare della riviera Ligure che neha caratterizzato l’identità di quei luoghi. L’intero complesso agli inizi degli anni ‘90cessa la funzione di collegio e viene trasforma-to con un intervento globale in centro residen-ziale; nel contempo la cappella viene sceltadalla fondazione per il centro d’ArteContemporanea. Mentre lo spazio all’internoviene completamente ristrutturato, la facciatamantiene la facies originale: prospetto tripartitoe copertura a capanna. Una semplice decorazio-ne in rilievo con paraste scandisce non soloarchitettonicamente ma anche cromaticamentela facciata principale, il retro è stato trattato afasce bianche e grigie, testimonianze storichedello stile ligure. E’ in questa ottica che si colloca il contributo diMichelangelo Pistoletto, artista, pittore e sculto-re, animatore e protagonista della correntedell’Arte Povera italiana di cui la sua opera‘Venere degli stracci ’ (1967) ne costituisce unchiaro esempio. Con i ‘ Quadri specchianti ’Pistoletto raggiunge in breve riconoscimento esuccesso internazionali, che lo portano a parte-cipare alle più importanti manifestazioni artisti-che dedicate alla Pop Art e al NouveauRealisme. La fase più recente del suo lavoro,denominata ‘Terzo Paradiso’, il cui simbolo è ilNuovo segno d’infinito da lui creato nel 2003,costituisce l’intervento sulla facciata principaledella ex chiesa proponendo di realizzare un“segno della contemporaneità” in linea con leideologie della Fondazione Remotti.La collana del terzo paradiso nasce dall’elabo-razione del segno classico dell’infinito, inse-rendo una nuova circonferenza, centrale e piùgrande, ad esprimere la necessità di stabilire unincontro fra paradiso naturale e paradiso artifi-ciale, richiamando l’idea del tempo scandito insessanta sfere, realizzate in materiali tradiziona-

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li liguri, come la ceramica lavorata di Albissola.Partendo dalle motivazioni dell’idea e le finali-tà del concorso, con una conseguente serie diincontri avvenuti fra Michelangelo Pistoletto egli studenti, la scelta di partecipazione si confi-gura nel Laboratorio di Disegno, dove la con-fluenza di diverse tematiche del disegno: geo-metria descrittiva, composizione, fotografia, etecniche grafiche della rappresentazione, hapermesso di realizzare tutte le fasi del progetto.Attraverso esperienze individuali e collettivecon la realizzazione di bozzetti e modelli, finoal singolo prototipo a scala reale, sono stati rea-lizzati un centinaio di elaborati grafici.Il tema grafico richiedeva una composizioneastratta, la superficie della sfera doveva esserescomposta o composta secondo motivi geome-trici, simbolici, ornamentali desunti da un reper-torio di forme naturali. Ogni disegno è un pro-getto di ricerca: schizzi, analisi delle forme geo-metriche, prove di colore e rendering di detta-glio, costituiscono una serie di interessanti pro-poste grafiche, che avvalorano l’ef ficacia dellesoluzioni. Il colore non più elemento, divienericerca della materia, con cui le sfere sarannorealizzate. Lo studio delle sovrapposizioni edelle trasparenze, realizzate con l’acquarello, ola tecnica coprente delle tempere e dei coloriacrilici, rivelano negli elaborati, non solo lecapacità creative degli studenti, ma anche la

ricerca negli accostamenti cromatici.Un commissione eterogenea costituita daidocenti del Laboratorio i Disegno, dai ceramistidi Albisola, dai responsabili della FondazioneRemotti, con la supervisione artistica diMichelangelo Pistoletto, ha scelto gli elaboratigrafici più significativi e più pertinenti ai conte-nuti richiesti nel bando di concorso per la suc-cessiva realizzazione.Il ‘Terzo Paradiso’ non è solo un simbolo con-cepito dall’idea di un artista, ma è frutto di unpercorso formativo, realizzato in un ambitoessenzialmente didattico-sperimentale, quale ilLaboratorio di Disegno, diventando testimo-nianza reale di una manifestazione culturalepermanente.

Al progetto “Ricostruire con l’arte” hanno con-tribuito i docenti titolari di Laboratorio: L.Cogorno, S. Innocenti, M. Musio Sale. I colla-boratori alla didattica di laboratorio: P .Cecchinelli, M. Mazzucchelli, G. Pascazzi, V.Solera.

I disegni, i saggi di studio che illustrano il testo(elaborati degli studenti scelti per la realizza-zione dell’opera) sono dei seguenti autori:

X. T. Ferrari, M. Portunato, J. Pulcini, S.Robotti, C. Rojas, R. Vultaggio

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In questi ultimi anni la cultura del recupero, delrisarcimento, della rigenerazione dei sistemiarchitettonici sta assumendo un ruolo semprepiù significativo, una inversione di rotta, un“ritorno alle origini”1 e agli spazi in cui si è stra-tificata la nostra storia dove spesso si avverte ilbisogno di individuare riferimenti certi perpoter affrontare qualsiasi intervento di rigenera-zione, ritrovare quella capacità di dialogo con iluoghi, i materiali e la giusta connessione traquesti, propri delle generazioni che ci hannopreceduto.

Questo processo di ricostruzione linguistico-sintattico trova nell’esperienza di “recupero”,da parte di diverse amministrazioni, la necessi-tà di munirsi di strumenti di conoscenza e divul-gazione da of frire agli operatori pubblici e pri-vati, come nel caso di Matera, una “guida allacomprensione dell’ambiente urbano e alle scel-te pr ogettuali” (cfr.: A. Giuf frè, C. Carocci,Codice di Pratica )ed un manuale pratico-teori-co ( A. Restucci, Manuale del Recupero).

Il progetto di ricerca intende riconoscere laforma storicamente e fenomenologicamenteconferita alla città, tramite l’azione dell’edifica-re, l’uso e la riflessione critica del costruito, imodi di esistenza di un sistema di rapporti natu-ra/ cultura, materiali/ tecniche, spazio/ luogo,memoria/ progetto.

L’attività di ricerca mira alla lettura delle tecni-che costruttive antiche, per decodificarne il lin-guaggio e riproporne in chiave critica i processicostruttivi. Tale analisi condotta per parti, pernodi costruttivi che rappresentano gli elementi-chiave per l’ideazione e la costruzione di unedificio, è effettuata attraverso l’uso di strumen-

ti tradizionali del disegno e della rappresenta-zione e di quelli informatici che consentirannola progettazione e la costruzione di modellidelle opere a partire dai dati di rilevamento. (cfr.CARLO MEZZETTI, “…Dio è nel dettaglio”: lamaterializzazione dell’ar chitettura, in ID. (acura di), intersezioni disegni, Roma 2007,pp173-198).

“Il disegno ci permette di visualizzare l’oggettodella nostra osservazione o della nostra ideazio-ne; esso è uno strumento comunicativo di eccel-lenza con il quale il progettista trasmette le sueintenzioni edificatorie o le osservazioni critichequando il manufatto è realizzato”.2

Fondamentale sarà l’approccio diretto ai luoghiper l’acquisizione dei dati metrici alla scalaarchitettonica ed alla scala urbana.Il rilievo degli “elementi costitutivi” 3, la resti-tuzione renderizzata delle parti, le immaginimetriche ottenute tramite elaborazioni da foto-grammi reali, integreranno il tradizionale proce-dimento grafico rappresentativo. I modelligenerati segneranno il percorso sperimentaledell’intera ricerca.

La fase successiva sarà quella di graficizzare leinformazioni ottenute dai rilievi, mediante letecniche tradizionali del disegno, integrate atecnologie avanzate come quella del rilievo tri-dimensionale Laser -Scan, capace di restituirein maniera rapida e precisa una moltitudine didati metrici direttamente in tre dimensioni.

Questo modello virtuale consente la contem-poranea lettura dei dati geometrici e stereosco-pici ed è possibile allo stesso tempo ricavare lerappresentazioni mongiane classiche, ne con-

IL MANUALE VIRTUALE: IL DISEGNO DI RILIEVO PER IL PROGETTO DI RECUPERO

Giuseppe Colonna

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segue che la modellazione può essere impiega-ta per la rappresentazione dell’oggetto realeper una corretta documentazione dell’interaopera architettonica. L’utilizzo delle tecnologie digitali e dello spaziovirtuale del World Wide Web dovrà rendere il

sistema/struttura di ogni nodo esplicito ed inge-gnerizzabile, “frequentabile” come un cantierevirtuale dove sarà possibile il montaggio e losmontaggio delle singole parti e delle relativeconnessioni costruttive utili ad una correttascelta progettuale per il recupero.

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NOTE

1 Maria Onorina Panza, L’architettura delle camere urbane, Edizioni Grafie, Potenza 2008.2 Cesare Cundari, Il Disegno, Ragioni. Fondamenti. Applicazioni,ed. Kappa Roma 2006, p.459.3 Mario Docci, Disegno e analisi architettonica, ed. Kappa Roma 2003.

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Genealogia del presenteL’architettura si occupa di modellare lo spaziodell’abitare, dare forma e rappresentarel’attività di abitare la terra. Oggi, siamo nel belmezzo di una cesura epistemologica, dove piùforte e accelerato si avverte un passaggio consegnali di superficie e scosse telluriche in sva-riati campi della realtà, dove la lettura del pas-sato e la conoscenza hanno più forte l’ur genzadi diventare capacità progettuale del futuro,capacità prefigurativa dell’architettura e dellacittà. Se la funzione più evoluta dell’uomo è lacapacità di prevedere, con il progetto appunto,qualcosa che non è ancora nel mondo del reale,ma che potrà accadere, il modo con cui oggirappresentiamo la nostra esperienza dello spa-zio, e quindi l’esperienza dello spazio dell’abi-tare, parla di come noi vediamo la realtà. Que-sta rappresentazione prende, tra le altre, leforme della modellazione tridimensionale conl’uso dei sistemi informatici avanzati. Si trattaforse del modo di rappresentare che oggi sem-bra più rappresentativo del modo attuale divedere e di descrivere lo spazio. Con questimoderni strumenti, protesi di alcune nostre fun-zioni, noi oggi veicoliamo l’esperienza che fac-ciamo dello spazio, comunichiamo informazio-ni su di esso, prefiguriamo spazi possibili. Quando Panofsky parla di “prospettiva comeforma simbolica” il modello a cui si riferisce èquello della rappresentazione dello spazio; maquel modello, la prospettiva rinascimentale,quella rappresentazione che appare più vicinaalla percezione visiva dello spazio tridimensio-nale, è simbolica in quanto parla del nuovomodello mentale, del nuovo paradigma, delnuovo modo di osservare che sta sostituendo ilprecedente dal Medioevo all’Evo al modernonell’Occidente europeo.

Su tali realtà stratificate di storia e di dinamichemultiple tra natura, città, società, lo sguardo diindagine che utilizzeremo in un processo diconoscenza con i nostri studenti, all’avvio diquesta esperienza didattica si avvarrà di stru-menti di rappresentazione sempre più ibridi. La complessa sensibilità percettiva, resta sempreun punto di partenza fondamentale per la cono-scenza profonda e critica di un’architettura.Dalla pratica del disegno a mano libera, alloschizzo di sintesi ideativo.

L’esperienza del disegno nel LaboratorioQuesta esperienza del Disegno si è costruita inuna forma logica e razionale attraverso lezioniteoriche, nelle quali si è indagato il rapporto traarchitettura e scienza, tra arte e tecnica, instau-rando una dinamica interpretativa “fenomenolo-gica” che dà un senso alle operazioni, un signi-ficato alle tecniche della rappresentazione, unsenso genealogico di scoperta all’insegnamentoed alla sperimentazione didattica.Il corso di Disegno dell’Architettura e il Labo-ratorio Progettuale sono inseriti all’interno di unprogetto più ampio di collaborazione e coopera-zione tra le discipline della Storia, della Rap-presentazione, dell’Urbanistica e della Teoria eTecnica della Progettazione, che sono racchiusein un Laboratorio Progettuale di Genealogiadell’Architettura.Il Laboratorio di Genealogia, collocato al primoanno, si è occupato della “iniziazione” dello stu-dente al mestiere dell’Architetto, portato permano dalla Storia. Attraverso l’albero genealogi-co delle “parole e cose” dell’Architettura, formu-liamo come nasce qualcosa, come nasce un’idea.1Il Laboratorio di Genealogia può essere unluogo in cui facilitare e guidare una esperienza,per maturare un contatto con la propria poten-

IL CUBO E IL LAMIONEIL DISEGNO NELL’ESPERIENZA DEL LABORATORIO PROGETTUALE DI GENEALOGIA DELL’ARCHITETTURA

Antonio Conte

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zialità, creatività e conoscere le proprie attitudi-ni per meglio utilizzarle.L’attività pratica del laboratorio si è strutturatari-disegnando criticamente esempi della storia.Il primo viaggio di studio è stato occasione perconoscere e ridisegnare dal vero opere del Pal-ladio e la mostra del V centenario della nascitaa Vicenza (contemporanea la visita alla Bienna-le di Architettura di Venezia) è stata quantome-no propizia ed insostituibile per noi e per i nostricoraggiosi studenti. Conoscere e osservaredirettamente opere fondative al fine di desume-re principi geometrici e compositivi per sempli-ci progetti di architettura opportunamente inda-gati scelti rispetto al tema della casa. Tutte learchitetture indagate sono state “filtrate” dallageometria del cubo e dal lamione, inteso comefenomeno dell’abitare nei Sassi di Matera.

Il Tema del Cubo-LamioneIl Tema di progettazione d’anno è stato Il cubo e illamione, il campo della conoscenza e della speri-mentazione nello scomporre e ri-comporre forme,spazi e strutture strettamente legate al tema dell’a-bitazione precisamente individuato in un’areaabbandonata dei Sassi. La conoscenza di base si èconsolidata attraverso il ridisegno di semplici pro-getti di architettura dei Maestri opportunamentescelti e riconosciuti rispetto al tema tipologicodella casa intesa come abitazione.Il piccolo manu-fatto, sperimentando sintesi d’integrazione dei dueelementi, il cubo ed il lamione, doveva accoglieretre studenti universitari.Le finalità del corso, quindi, hanno mirato a for-nire gli strumenti teorico-storici (sapere) delladisciplina quale premessa per una conoscenzacritica dell’architettura.La costante applicazione degli strumenti tecni-co-pratici (saper fare) in ogni esercitazione hapermesso una corretta esecuzione di elaboratigrafici alle diverse scale: dalla scala urbana alparticolare costruttivo facendo anche riferimen-to alle normative vigenti. Il tentativo è stato sul piano didattico di coniu-gare la conoscenza e la pratica degli strumentidel disegno, dei principi geometrici e delle fon-damentali tecniche di rappresentazione, con lacapacità di comprensione dello spazio architet-tonico fino alla sua elaborazione concettuale a

partire da alcuni temi relativi all’esplorazionedel rapporto tra disegno di architettura e proget-to. Tutto ciò in linea con alcune specificheriflessioni teoriche sul disegno di architetturanei trattati e nei testi manualistici.L’obiettivo del laboratorio nella breve fase delprimo anno di avvio è stato quello di fornire aglistudenti gli strumenti teorici e pratici per affron-tare la progettazione di un manufatto urbano edelle relazioni che si instaurano tra or ganismiarchitettonici diversi ed il sito.Si è inteso trasmettere da una parte i procedimen-ti logico-formali come base della progettazionearchitettonica, e dall’altra i principi e le normefondamentali per il mestiere. Tutto ciò ha fattoriferimento all’idea del progetto come momentoconoscitivo prima che tecnico-operativo.La didattica dell’architettura deve basarsi sullacomunicabilità del dato architettonico, cioè lapossibilità rispetto al progetto di essere motiva-to, descritto, spiegato, attraverso la successionedi scelte dedotte dall’analisi.Il laboratorio ha dato prevalenza ad un tipo dilavoro in aula, concreto e cadenzato, all’interno diuna elaborazione che ha visto una concatenazionedi momenti, di “esercizi”, prodotti a seguito diuna lenta sedimentazione di concetti teorici.

Disegno e progettoIl laboratorio di progettuale di genealogia si è arti-colato attraverso comunicazioni teoriche e meto-dologiche che attraverso il disegno, nelle esercita-zioni grafiche, di volta in volta guidati dalle disci-pline che hanno concorso in modo integrato allaboratorio, ha verificato elaborati in itinere qua-lità e livelli sempre migliori di coscienza e pro-prietà di tecniche di rappresentazione.Il processo progettuale è stato articolato in piùmomenti o fasi, al termine di ognuna delle qualii risultati parziali di progettazione si sono con-frontati in piccoli seminari della durata di unagiornata o due.Lezioni ex cathedra che attengono alle problema-tiche relative alla nozione di progettazione e dicomposizione hanno definito il primo momentodi riflessione teorica sul rapporto tra forma, strut-tura e tecnica costruttiva.Le esercitazioni hanno altresì permesso diappropriarsi delle conoscenze delle “regole del-

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l’arte”: da un lato l’individuazione dei carattericomuni ad edifici classificabili e comprensibilisotto l’aspetto tipologico e morfologico; dall’al-tro una pratica della progettazione architettoni-ca consapevole del suo essere realtà costruita,artefatto, attraverso l’uso corretto delle tecnichee dei materiali che in questo luogo sono il tufo. Il disegno è stato la struttura portante della for-mazione di base e alla fine del primo anno lostudente ha dimostrato, anche attraverso le veri-fiche di profitto in itinere, di avere appreso glielementi fondamentali della logica dell’architet-tura, della sua costruzione, della storia dei com-ponenti essenziali dello spazio, nonché le tecni-che fondamentali della rappresentazione del-l’architettura e le normative tecniche del pro-getto applicati allo svolgimento ed alla com-prensione genealogica del progetto di una pic-cola casa per tre studenti nel cubo/lamione.Una prima sintesi dei progetti nei suoi aspettigrafici è in fase di allestimento e riproduzione peressere facilmente valutabili e trasmessi critica-mente ai nuovi studenti che verranno.Il principio di fondo su cui si è orientata l’attivitàformativa di base, è stata quello della cultura delprogetto sostenuta da una continua trattazionedella genealogia degli eventi e della prassi, chetiene a sé unite -portando per mano lo studente-le differenti discipline che concorrono a definirlofiltrate dalla storia dell’architettura.La differenza di questa attività da quelle tradi-zionali dif fuse nelle facoltà, in una autenticaeducazione architettonica, ha compreso unaserie di condizioni necessarie ed insostituibili:- il contatto diretto con l’architettura costruita

in quel laboratorio incredibile a cielo apertodei Sassi di Matera,

- misurarla e rilevarla, ridisegnarla con schizzirapidi e disegni dal vero (sintesi grafica,l’osservazione e lo studio dei caratteri delcomplesso architettonico individuato,l’ambito fortemente degradato dove sono pre-senti sezioni orizzontali e verticali di crolli edabbandoni,….):

- l’osservazione e lo studio dei caratteri degliedifici, fissandone attraverso sintesi graficheidee e concetti derivanti dai manuali di recen-te pubblicazione;

- la comprensione della logica costruttiva e tet-

tonica dei piccoli manufatti che coincidononella maggior parte con l’individuazione dellamione stesso,

- l’osservazione degli edifici, in particolare quel-li crollati, per poter smontarli e rimontarli,

- la comprensione delle condizioni fondamenta-li di equilibrio degli edifici,

- il contatto diretto con la città: misurare e rile-vare lo spazio urbano, comprensione dellelogiche generatrici e formatrici,

- la capacità di mettere in relazione lingue e lin-guaggi dell’architettura (il mondo delleforme) con l’operazione progettuale;

- la capacità di definire i modelli geometrico-matematici nell’universo di precisione tridi-mensionale della rappresentazione.

Lo studio si è concentrato sulla conoscenza deglielementi della “casa” attraverso analisi storica etipologica dell’abitare. Il progetto è inteso comesintesi di un processo di conoscenza, patrimonioche va valutato sulla base dei principi dell’anali-si, della valutazione sovrastorica delle forme, delsuperamento del significato simbolico dell’archi-tettura e della sua funzione.Il principale obiettivo dell’esercitazione è statoquello di consentire la verifica delle capacitàdello studente di interpretare e restituire unacondizione spaziale, attraverso semplici opera-zioni di disegno.La didattica caratterizzata dall’uso del Laborato-rio di Genealogia come luogo continuo di elabo-razione, di cui ci siamo dotati, è divenuto unostrumento insostituibile per gli studenti, destina-to a cambiare non solo strumentalmente e quali-tativamente, ma anche concettualmente, la nostraazione didattica e di sperimentare piccole conti-nue variazioni qualificanti di apprendimento.Esso infatti può diventare uno straordinario stru-mento per la costruzione dell’architettura didatti-ca del nostro corso di laurea, poiché favorisce:- la conoscenza e la comunicazione agli allievi

della struttura e degli obiettivi didattici propridi ciascun corso di insegnamento al primoanno e ci auguriamo anche in senso verticale;

- una più efficace opera di insegnamento e ricer-ca, prolungando “fuori dell’aula” l’azionedidattica (immettere dati personali, fare eserci-tazioni, in una città patrimonio dell’UNESCO);

- una ef ficace azione di tutorato in quanto è

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stato previsto il Tutor2 che af fianca gli stu-denti nel Laboratorio;

- la comunicazione fra i corsi ai fini di un’ef fi -cace azione di coordinamento e di integrazionedei saperi.

E’ con questo spirito che abbiamo af frontato lelunghe riunioni di coordinamento e di confron-to dialettico specifiche fra le diverse disciplinedel primo anno ed avviare finalmente questafase di verifica critica del progetto didattico.

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NOTE

1 La responsabilità ed il coordinamento del Laboratorio Progettuale di Genealogia è stata assunta dalla docente di Sto-ria dell’Architettura, prof. Angela Colonna a seguito di un confronto dialettico tra i docenti fondatori della Facoltà diArchitettura di Matera dell’Università degli Studi della Basilicata a partire dall’a.a.2008-2009.

2 Per l’A.A. 2008/09 è stata nominata Tutor per il Laboratorio Progettuale di Disegno dell’Architettura, dal ComitatoOrdinatore della Facoltà di Architettura di Matera, la PhD student Arch. Marianna Calia (XXIII ciclo, SSD ICAR/17).La stessa ha curato diversi seminari di ricerca e didattico - formativi all’interno del Laboratorio. Questa attività si èconcretizzata nello sperimentare e creare attitudini e capacità creative sia per gli studenti che per il corpo docente.

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DALL’INTERNO

Rocco Converti

Il presente contributo rappresenta una sintesitematica dell’ esperienza didattica svolta neiCorsi di Scienza della Rappresentazione del Ianno del Corso di Laurea in Architettura degliInterni e Allestimento seguendo un percorsoformativo diretto a svelare l’essenza euristicadell’atto rappresentativo in ogni sua forma ed inogni sua fase, al fine di formare un’idea sinteti-ca di Disegno dell’Architettura inteso comemetodo di scrittura del pensiero progettuale,nonchè a rintracciare nella pratica del disegno,manuale e digitale, quelle che possono esseredefinite le sue tecniche euristiche e le sue poten-zialità morfogenetiche.L’analisi delle specificità tematiche del Disegnodell’Architettura di interni è stata svolta attra-verso una sequenza graduale e guidata di speri-mentazioni applicative dirette alla definizioneprogressiva di un morfema spaziale all’internodi una matrice di forma cubica consideratacome preesistenza virtuale e simulando, in ter-mini del tutto astratti, il processo di risignifica-zione dell’esistente.Un’idea, un pensiero astratto, un’intenzione pro-gettuale, necessitano di un supporto esterno allamente per raggiungere una loro prima formaliz-zazione e lo spazio grafico, reale o virtuale, rap-presenta la prima preesistenza senza qualità nellaquale il Disegno, nel suo progressivo definirsi,organizza e mette in scena un interno: internogenerato da segni strutturanti uno spazio indif fe-renziato, isotropo o anisotropo, e universo inter-no di chi sperimenta l’atto grafico in un confron-to continuo con un vuoto progressivamentemodellato dalla presenza o dall’assenza di tracce.Nella accezione più usuale il disegno deriva dalrisultato dell’attività del tracciare segni su unasuperficie, traducendo tale gestualità di naturapsicofisica in simboli grafici, che possono daravvio ad un percorso di ricerca progettuale.Il segno grafico, inteso prioritariamente come

atto energetico individuale, definisce in via deltutto generale i caratteri dell’identità di chi loesegue, evidenziando tanto l’attitudine a ricono-scere, quanto quella a riconoscersi, rivelandoattraverso la propria configurazione l’universodi tensioni e significati di cui si fa portatore.L’oggettivazione dell’idea in un dato esternoalla mente, rappresentato dal supporto grafico,diviene a sua volta causa di ulteriori riflessionicritiche e propositive, che generano come con-seguenza l’istituirsi di un processo ciclico trapensiero e atto grafico.Il disegno allora, nel suo attuarsi, diviene un fat-tore attivo nella composizione di nuove forme enuove idee, af fermando la propria centralitànella pratica progettuale dell’architettura; in talsenso “La figurazione si può definire euristicanella misura in cui la genesi dell’idea architet-tonica è in rapporto di dipendenza con una dis-posizione di tracce atte a recare e a generarevariazioni”1 che investono tutto l’iter progettua-le, dal primo schizzo agli elaborati conclusividel progetto esecutivo.Il disegno è intenzionalità progettuale e luogoprivilegiato di ricerca all’interno del processo diconcezione dell’architettura, configurandosiquindi come metodo che determina le operazio-ni creative e la riduzione progressiva dell’inde-terminato.La ricerca di esiti formali condotta con gli stru-menti della rappresentazione, attraverso l’appli -cazione di operazioni elementari sulle entità figu-rative primarie, non può prescindere dalle analisidelle loro potenzialità espressive e morfogeneti-che formulate da Wassily Kandinsky in “Puntolinea superficie”, e da Paul Klee nell’insiemedegli scritti raccolti sotto il titolo di “Teoria dellaforma e della figurazione”, i cui contributi trava-licano ampiamente gli ambiti disciplinari specifi-ci all’interno dei quali sono stati elaborati.I punti, le linee, le superfici non sono soltanto

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enti geometrici assoluti ma soprattutto elementistrutturanti ogni volontà formativa, e la ricercasull’autonomia espressiva della sperimentazio-ne grafica sulle entità figurative primarie, dopola crisi della rappresentazione prospetticamonoculare, ha costituito il fulcro del pensieroartistico della modernità.“Un punto si fa movimento e linea: ma questorichiede del tempo. Altrettanto allorché unalinea movendosi diventa superficie, e lo stessoper il movimento da superfici a spazi” 2 .Il ritmo della linea, inteso come traduzione gra-fica dell’energia necessaria al suo rivelarsi ed incui è implicito il concetto di misura e variazio-ne, è alla base della armonia della composizio-ne lineare e la ricerca artistica della modernità,superando l’orizzonte figurativo, ha individuatonella composizione lineare un territorio fonda-mentale di sperimentazione estetica.L’individuazione delle superfici avvienemediante linee, che ne definiscono la strutturache le organizza, e ritmi, che producono campienergetici, evidenziando l’ef fetto spaziale deisistemi di progressione segnica: “La progressio-ne produce sempre alcunché di spaziale” 3.Si definiscono, in questo modo, gli archetipidella figurazione attraverso i processi che con-ducono dal punto alla linea, dalla linea allasuperficie, dalla superficie alla forma spazialetridimensionale, nei quali “il movimento sta allabase di ogni divenire”4.Le riflessioni di Klee e Kandinsky , non si con-centrano sui valori della forma conclusa masulle modalità secondo le quali si esplicita ilprocesso di formazione sulla base dell’or ganiz-zazione normativa della ener gia presente nelleentità grafiche elementari nel loro relazionarsidinamicamente nel tempo e nello spazio: “Lateoria della figurazione (Gestaltung) si occupadelle vie che conducono alla figura (alla forma):essa è la teoria della forma, ma con l’accentosulle vie che a questa conducono” 5.Il processo di morfogenesi architettonica che sirealizza attraverso la sequenza delle operazionielementari del Piegare, Accostare, Sovrapporre,Tagliare, Bordare, Inclinare, Schermare,Comprimere, Ruotare, Traslare, Gerarchizzare,Frammentare, Misurare, Identificare, Alternare,Stratificare..., con cui Franco Purini compone il

ciclo “Come si agisce/Dentro l’architettura”,evidenzia le possibilità compositive di tutte leoperazioni teoriche di elaborazione della formaarchitettonica attraverso meccanismi morfogra-fici, connettendosi in modo particolare allaTeoria della forma e della figurazione di PaulKlee e ponendosi in continuità con una lungaricerca progettuale sull’architettura condottaattraverso l’esercizio del disegno, inteso comeriflessione sui rapporti fra segni e significati.L’esperienza delle avanguardie artistiche delNovecento dimostra che la significazione deglienti grafici elementari e il loro accostamentocostruttivo, mediante operazioni conformative,all’interno di composizioni astratte prive diqualsiasi declinazione scalare, si configuranocome eccellenti tecniche euristiche di elabora-zione della forma architettonica.Il procedimento paratattico, nonostante unapparente meccanicismo, interpreta pienamentela frammentazione del tempo e dello spazio tipi-ca della modernità e perciò ne caratterizza tuttala ricerca compositiva, sostituendo il metodo dicoordinamento gerarchico degli elementi dellacomposizione di matrice classica conl’accostamento delle parti da cogliere simulta-neamente attraverso inquadrature diverse.La forma, intesa come energia che deforma pla-sticamente la materia, assume in tal senso unvalore ontologico e, la ricerca grafica su di essatraduce il pensiero spaziale che gestiscecoscientemente tale energia.La composizione di una forma architettonica èun processo regolato anche dall’uso di codici;non è pertanto il risultato di un operazione diintuizione pura ma di elaborazioni complesse earticolate nel tempo: “L ’iscrizione di segni cheregola la concezione architettonica costituisceun’attività intermedia della modellazione diun’opera virtuale, rappresentata positivamenteda una figurazione codificata”6.Nel disegno di architettura “il codice si esplici-ta e si specifica pienamente solo nelle figure diripresentazione, quelle cioè la cui funzione puòcon certezza definirsi indipendente dal momen-to iniziale ed essenziale della concezione” 7.Nella fase di ri-presentazione, il disegno, purassumendo una connotazione più spiccatamentestrumentale, acquisisce un duplice ruolo fonda-

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mentale: quello di rappresentare il progetto e dipresentare l’architettura.La predisposizione di un progetto richiede unasistematica organizzazione di operazioni in suc-cessione progressiva ed è resa possibile attraver-so una articolata connessione di mediazioni gra-fiche che determinano la scrittura del progetto.Attraverso un uso coordinato dei sistemi di proie-zione si raggiunge una possibile composizionedelle conflittualità insite nella or ganizzazionedella società dei materiali che ogni progetto nelsuo farsi predispone.Tuttavia tale coordinamento non è esente da scel-te soggettive e teoriche che producono, nel pro-cesso progettuale, il prevalere di un modello dirappresentazione sugli altri, determinando insenso morfogenetico l’architettura che si sta con-formando: è il caso della prospetticità di tantaparte dell’architettura rinascimentale o delleoggettualità enfatizzate di molte architetturemoderne, legittimamente generate dal pensieroassonometrico o della liquefazione formale del-l’architettura digitale.La pluralità di rappresentazioni descrive tutto iltravaglio euristico dell’iter progettuale che, persuccessive approssimazioni, si svolge all’inter-no di un ciclo continuo che procede dall’insie-me al dettaglio e viceversa.La sezione, in quanto momento che istituisce unsistema spaziale nei suoi caratteri essenziali,esprime tutta la potenzialità di un progetto sve-landone progressivamente la spazialità interna ele relazioni metriche e figurative tra le parti com-ponenti in termini oggettivi.L’ assonometria esplosa nel suo valore di rap-presentazione oggettiva e sintetica consente unapiù immediata leggibilità delle relazioni spazia-li e metriche dell’architettura anche durante lafase esecutiva: se con la prospettiva si rappre-senta l’oggetto nello spazio, con l’assonometriasi rappresenta lo spazio dell’oggetto.La sezione prospettica determina, mediante la col-locazione irreale del punto di vista, una separazio-ne dall’architettura rappresentata, che talvoltarasenta quasi l’impostazione del disegno assono-metrico, assumendo la connotazione di rappresen-tazione nella quale, oltre la percezione del visibi-le, viene stimolata la ricerca del non visibile.Le scale della rappresentazione durante il proces-

so progettuale consentono di isolare e puntualiz-zare il rapporto fra l’uomo e il suo intorno spa-ziale, ponendo la necessità di pensare una archi-tettura anche per approfondimenti successivi.Ma il disegno è solo rappresentazione cosìcome l’architettura è solo realtà?A tal fine occorre evidenziare e valorizzarel’autonomia della figurazione architettonicaragionata rispetto al suo esito costruttivo.In via del tutto generale si può ritenere che“l’architettura si configuri come un processo uni-tario che necessariamente tende al costruire” 8. Questa tensione al costruire, però, non deveessere intesa nel senso di una traducibilità mec-canica di ogni espressione grafica in una formacostruita.Se questa tensione al costruire è da intendersicome predisposizione di un sistema di coerenzetettoniche e architettoniche che si esprime nelprogetto attraverso il disegno, è più corretto par-lare di costruttività dell’architettura piuttostoche di costruzione, svincolando pertanto que-st’ultimo concetto dall’idea di realizzazione.“Il fine primo dell’architettura è quello di espri-mere, per mezzo del suo fine secondo, il costrui-re, il senso dell’abitare dell’uomo sulla terra” 9.Secondo quest’ultima af fermazione, il compi-mento costruttivo sarebbe soltanto un finesecondo all’interno di un processo che, invece,individua nella rappresentazione del significatodell’abitare dell’uomo sulla terra il compito pri-mario dell’architetto.In questo senso si può comprendere il ruolo fon-damentale che il disegno assume nella defini-zione dell’architettura: qualificando l’atto archi-tettonico conferisce ad esso quel valore aggiun-to rispetto al costruire inteso come esito esclusi-vamente tecnico.In quest’ottica la finalità costruttiva non esauri-sce il ruolo della rappresentazione, che può esse-re rappresentazione di qualcosa che esiste, chenon esiste, o che non può o non vuole esistere.“Qualunque sia il fondamento originario dell’at-to di tracciare, l’iscrizione su di una superficieespressamente devoluta a tale uso produce, allamaniera di una trasparenza superficiale, dei fan-tasmi limitrofi del reale. In altri termini, il reale sitrova a prender forma dalle immagini che lodescrivono successivamente, come dalla superfi-

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cie delle cose; il mondo, in ogni momento risie-de nell’universo delle sue figure; il mondo dellerappresentazioni è il mondo stesso”10.L’operare dell’architetto si dispiega in formamediata, attraverso il progetto, sull’oggettodella creazione, del quale il disegno di architet-tura è simulacro: si è pertanto indotti ad af fer-mare che l’architettura, durante il processo pro-gettuale, non esiste in quanto tale, ma è solo ildisegno ed esiste solo in esso.

Il disegno definisce in via del tutto generale icaratteri dell’identità di chi lo esegue, rivelandoattraverso la propria configurazione l’universodi tensioni e significati di cui si fa portatore econtemporaneamente, articolando progressiva-mente nello spazio grafico un impianto spazia-le attraverso il processo progettuale, pensainteramente l’architettura, la costruisce, neprevede il suo intero ciclo esistenziale, avvian-dola nel mondo.

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NOTE

1 Guillerme J., La figurazione in architettura, Milano, 19822 Kandinsky W., Punto linea superficie, Milano, 19893 Klee P., Teoria della forma e della figurazione, Milano,19594 Klee P., op. cit.5 Klee P., op. cit.6 Guillerme J., op. cit.7 Guillerme J., op. cit.8 F. Dal Co, Intervista sul disegno d’architettura (a cura di Livio Sacchi), XY Dimensioni del disegno, n.10, 19899 F. Purini, L’Architettura didattica, Reggio Calabria, 198010 Guillerme J., op. cit.

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RILEVAMENTO ARCHITETTONICO UNA DISCIPLINA PER INTERPRETARE/ RINEGOZIARE I CONTENUTI DEL PROGETTO

Aldo De Sanctis

Abstract

L’interpretazione attraverso il rilevamento sirivela, ancora oggi, un’opzione fondamentaleper procedere nella ricerca architettonica. E piùche la quantità delle indagini possibili (proveripetute, ricerche d’archivio, misure e verifichesui materiali, sulla forma…) è nel modo di con-durle e di cogliere informazioni che il rileva-mento rivela le sue migliori potenzialità: resti-tuzioni ed indagini strumentali fornisconol’occasione per interpretare, perché precisanosubito la relazione tra rilevatore ed opera e, perconseguenza, le modalità per osservare e perconoscere; la forniscono per le possibilitàd’indagine che sono in grado di mettere incampo nella risoluzione di un problema e per leverifiche che sono in grado di prevedere; indefinitiva, forniscono l’occasione per interpre-tare per le opportunità che hanno di selezionaree “ riformulare” graficamente gli assetti diun’opera al fine di generare il significato. E’questo un aspetto importante che merita di esse-re sottolineato:- nel rapporto tra originale e restituzioni grafi-

che, il primo rimane come riferimento, perevitare che “ l’eccesso di interpr etazione “produca - come scrive U. Eco ( Milano,Bompiani 1995 ) - “ un dispendio di ener gieermeneutiche che… ” l’architettura non è ingrado di confortare; rimane, cioè, come termi-ne di confronto, o di relazione per non uscire“fuori tema”, come si ripete a scuola. Le resti-tuzioni grafiche costruiscono l’interpretazioneragionando sull’originale, esplicitando i prin-cipi generativi dell’insieme e le connessionitra le parti, ma soprattutto trasformando inelaborati grafici le disposizione reali.

La trasformazione, o riformulazione graficacostituisce un punto essenziale: si ha la possibili-tà di interpretare per la conversione degli assetti

reali in assetti grafici, o più precisamente per laconversione degli assetti reali in un sistema digrafici corrispondenti ed è per questo tipo di tra-sformazione che emergono possibilità d’incontroe di dialogo con l’opera da esaminare.Un secondo aspetto, di ordine più generale,riguarda l’unione del concetto di interpretazio-ne con quello di “ rinegoziazione”, unione,secondo noi, necessaria per spiegare le modali-tà di azione dell’atto interpretativo:- nel rilevare un’opera, nel trasferirla in grafici

di restituzione, comunque operiamo dellescelte (per il “continuo” della realtà, per la suacomplessità…) negoziamo, cioè, cosa segna-lare con evidenza e cosa attenuare, o ridurre asfondo. E’ un po’ come dire che per gli scopidelle restituzioni (per le motivazioni del rile-vatore, o anche perché è impossibile diretutto) si contrattano, si mediano con la realtà icontenuti più utili e solo di questi si dà conto,anche a scapito di tutto il resto.

Va da sé che non vogliamo accreditare azioni dirilievo improprie, o malfatte, ma solo confer-mare che “ l’interpretazione – come scriveEdmond Ortigues (Torino, Einaudi 1980) - è sem-pre un’operazione intermediaria o di mediazio-ne che consiste nel trasformar e una formad’espressione in un’altra, al fine di r endere piùcomprensibili, o più sensibili le cose (…) allequali si applica il linguaggio”.Anche nel progetto avviene lo stesso tipo diesercizio: ogni progettista, sia nel caso di unrecupero, che di un nuovo intervento, negoziacon la realtà le determinanti che ritiene neces-sarie ed attraverso queste, solitamente, or ga-nizza la propria soluzione compositiva; è per lapresenza di questa prima “trattativa” che dicia-mo che il rilievo “ ri-negozia” i contenuti delprogetto.

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Abstract

Il monumento e i documenti rappresentano ledue tipologie di dati su cui si fonda l’analisi diuna determinata architettura a cui è riconosciu-to uno specifico valore culturale, tanto da esse-re sottoposta ad un processo conoscitivo. Ilmonumento, se adeguatamente interpretato eanalizzato nei suoi molteplici aspetti, è fonteprimaria di conoscenza e - al pari dei documen-ti - rappresenta l’esito finale di un procedimen-to messo in atto in un dato periodo storico perveicolare ben precisi significati.L’interpretazione, promossa con il rilevamento,è una “decodifica” del monumento che, parten-do dall’oggetto reale, ricostruisce le tappe evo-lutive dell’idea originaria. L ’analisi ragionatadelle fonti d’archivio, dei rilievi precedenti,

delle fonti documentarie, di quelle iconografi-che, unita allo studio della morfologia, permet-te di dedurre la logica compositiva che ne rego-la la costruzione e identificare lo schema for-male che lega le parti all’insiemeA tale scopo, la “nuvola di punti”, ottenuta tra-mite laser scanner 3D , permette di definire lageometria reale in maniera accurata (e con dis-positivi grafici innovativi), realizzando modelligeometrici “fedeli” alla realtà. Sulla base diistanze prettamente “filologiche”, vengonodefinite le primitive geometriche che delineanola forma di un’architettura per deriva-re/ipotizzare l’idea progettuale e discernere leeventuali stratificazioni storiche, paragonandofonti e situazioni diverse (rilievi storici, analo-gia con altri artefatti, modalità costruttive...).

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IL RILEVAMENTO COME TRAMITE PER COMPRENDERE L’IDEA PROGETTUALE

Antonio A. Zappani

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Abstract

E’ noto come l’operazione di rilievo si configu-ri come strumento insostituibile di analisi per laconoscenza dell’architettura non solamenteintesa come occasione di approfondimento dellamorfologia e della materia della fabbrica, macome strumento insostituibile per evocare l’ideaprogettuale che ne sta alla base. Il valore di unafabbrica, infatti, non si manifesta semplicemen-te dai suoi caratteri estetici e formali, ma comematerializzazione di un progetto, che testimoniail processo cognitivo di chi l’ha ideato. Oggi,l’operazione di rilievo si è notevolmente arric-chita di nuovi di strumenti e nuovi metodi che

consentono, non soltanto una migliore accura-tezza delle misure, ma soprattutto nuove oppor-tunità di rappresentazione, grazie alla possibili-tà di invenzione di nuovi dispositivi grafici chel’evoluzione della tecnica e l’informatica ciconsentente. Tali dispositivi di analisi, non soloarricchiscono l’architettura di nuove informa-zioni, ma possono addirittura attribuire nuovisignificati. Ma ciò non può essere il risultato diazioni di tipo operativo, ma il frutto di un eser-cizio di analisi, di scomposizione di forme, chesolo l’osservazione attenta ed addestrata puòfornire. L’ esercizio di Rilievo o di disegno èesso stesso sperimentazione che non può esseresostituito dalla tecnica.

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IL RILIEVO COME ADDESTRAMENTO ALL’OSSERVAZIONE ARCHITETTONICA

Giuseppe Fortunato

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LA LINGUA DELL’ARCHITETTURA

Edoardo Dotto

Margherita De Simone amava ripetere a lezio-ne, che «il disegno è il codice genetico del pro-getto di architettura». Benché talvoltal’analogia potesse apparire persino eccessiva, adistanza di qualche decennio essa mantieneinalterata la sua efficacia e si mostra ancora per-fettamente calzante. A ben vedere, infatti, nostrocodice genetico contiene le istruzioni per lacostruzione materiale del nostro corpo, fino aldettaglio più minuto. I nostri cromosomi con-tengono in nuce la mappa potenziale dellanostra forma. Identicamente, il modo in cui cia-scuno di noi disegna contiene, talvolta celata,l’impronta dell’architettura che possiamo pro-gettare e costituisce un tratto strutturante delnostro pensiero architettonico.Personalmente devo a questa idea buona parte

delle mie riflessioni sul ruolo che il disegnoassume non solo nel progetto e nell’analisi del-l’architettura, ma anche sul tipo di apporto pro-fondo ed ineludibile che esso svolge necessaria-mente nella formazione degli architetti.Il meccanismo è in qualche maniera analogo aquello che lega indissolubilmente il linguaggioed il pensiero. Edward Sapir , come anche alcu-ni suoi allievi brillanti, tra cui spicca BenjaminLee Whorf, hanno ormai mostrato come la lin-gua che utilizziamo non sia per nulla ininfluen-te rispetto al tipo di pensieri che sviluppiamo edalla nostra percezione del mondo che ci circon-da, anzi è come se il nostro sistema linguisticofosse il codice che ci consente di interpretare larealtà, che altrimenti ci si presenterebbe comeun flusso caleidoscopico ed indistinto di imma-gini. Alberto Arbasino, nell’intervistare scritto-re ar gentino Jor ge Louis Bor ges, chiese unavolta al maestro in che lingua avrebbe volutosvolgere la conversazione. Bor ges rispose chenon era in grado di deciderlo finché non avesseconosciuto l’ar gomento dell’intervista. Per di -scutere di poesia avrebbe preferito l’italiano,

per le questioni teologiche il tedesco, perdiscettare di questioni più immanenti, la linguainglese si sarebbe mostrata la più adatta. Comeinfatti osserva Roland Barthes la lingua, in qual-che misura, «obbliga a dire», impone cioè con isuoi costrutti, la sua grammatica e con la suadotazione verbale, che si seguano di preferenzaalcuni percorsi di pensiero. La lingua non è unostrumento neutrale, ma piuttosto influenza ilpensiero esattamente come il modo in cui dise-gniamo ha una ricaduta potente nel nostro mododi interpretare e di progettare l’architettura.Alcuni anni fa ho provato a verificare di personaquesto assunto. In una fase della redazione dellamia tesi di laurea, ho voluto sperimentare il lin-guaggio grafico di alcuni bravi architetti. Per unasettimana circa, ho disegnato tentando di imitarei metodi, gli stilemi figurativi e le tecniche grafi-che di Alvaro Siza, poi di Umberto Riva, poi diFranco Purini, all’inizio in modo superficiale, poilentamente con un’aderenza più intima alle logi-che che quei modi di disegnare proponevano,quasi con lo spirito di un falsario. Il mio proget-to ‘prendeva’ ciascuna volta una direzione diver-sa, orientando la ricerca delle soluzioni in dire-zione della chiarezza dell’impianto fondativo,del controllo della “scala minuta” o della geome-tria e della forma. Mi succedeva quello che JeanGenet descrive nella sua opera teatrale Le serve -spesso ricordata da Mar gherita De Simone - incui due domestiche approfittano dell’assenzadella padrona per indossarne i vestiti, imitarne igesti ed i comportamenti, trovandosi, dopo brevetempo, ad assumerne inconsapevolmente il mododi pensare. Anche se l’insegnamento del disegno che pro-poniamo agli studenti riguarda i fondamentigeometrici, le costruzioni elementari, i metodidi rappresentazione e lo studio degli ordini diarchitettura, specialmente se ci rivolgiamo aglistudenti dei primi anni, non possiamo non con-

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siderare che stiamo contribuendo ampiamentealla costruzione del linguaggio grafico con cuiciascuno studente si esprimerà nel corso dellasua vita accademica e professionale e che quindistiamo contribuendo a strutturare gli strumenticon cui esaminerà e progetterà l’architettura.Ci troviamo a gestire un’enorme responsabilità.Un preciso modo di disegnare apre lo sguardoverso alcune direzioni e rende particolarmentesensibili soltanto ad alcuni aspetti della realtà.Nell’insegnare il disegno dell’architettura, dob-biamo rendere consapevoli gli studenti di que-

sto meccanismo, evitando che essi possano con-formarsi passivamente al nostro modo di vede-re. Spesso l’insegnamento del disegno costitui-sce una sorta di imprinting metodologico nellostudio dell’architettura. Anche a costo di rinun-ciare alle nostre certezze, il nostro compito èquello di accompagnare ciascuno studente, apartire da un repertorio di conoscenze elemen-tari, verso la costruzione consapevole della suastrumentazione critica, del suo arsenale analiti-co, della sua capacità di disegnare e di progetta-re l’architettura.

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“IO NEL PENSIER MI FINGO”“PROGETTO” E SPECIFICITÀ DISCIPLINARE DEL “DISEGNO”

Fabrizio Gay

Abitualmente con i miei diretti colleghi, presen-tandoci insieme come professori di disegnoa uninterlocutore anglofono, non traduciamo “dise-gno” coi termini “drawing” [espressione grafi-ca] o “technical drawing”, ma conveniamo nel-l’usare “design” [progettazione razionale ],anche se identificando “disegno e progetto”dobbiamo precisare che il nostro mestiere non èl’insegnare come si progettano i cucchiai, lecase e le città, ma è educare alle teorie e allepratiche tecniche delle rappresentazioni nellearti costruttive. Sovrapponendo “disegno e pro-getto” dobbiamo chiarire a quell’interlocutoreanglofono la specificità del Disegno,precisandoin che cosa Disegno è Design e in che cosaDesign non è Disegno.Da antichi europei dobbiamo sottolineare che iltermine “Design” presuppone e deriva metoni-micamente da “Disegno” inteso come praticache dal Rinascimento assurge a definire la stes-sa ideazione delle opere nelle diverse Arti.Traducendo “Disegno” con “Design” si eviden-zia la provenienza storica e la responsabilitàpragmatica del Disegno oggi insegnato nei varicorsi di laurea europei, presupponendo che ilsenso della disciplina del Disegno riposi ancoraoggi nel perdurare dei valori umanistici istituitiquando il medievale praticante delle artesmechanicae - rivendicando il valore e la tecni-cità del momento ideativo nella produzionedelle opere - si emancipava nell’attuale presti-gio sociale dell’ars liberalis.Usiamo oggi la parola “Disegno” come l’usaval’artefice del secondo Cinquecento (passandodallo status di “cortegiano” a quello di accade-mico, “professore del disegno”) per sottolinearela dignità del suo sapere teoretico e, insieme, latecnicità dell’ideazione stessa, identificando laconcreta immaginazione grafica - cioè la prati-ca dei disegni come “modelli simulativi” dellecose - con la stessa immaginazione mentaleimplicita nel riconoscimento degli oggetti e

nella loro ideazione artistica e tecnica.Le cose sono andate proprio così anche di recen-te: la promozione del Disegnatore dalle “tuteblu”, ai “colletti bianchi”, alle “toghe” universi-tarie è avvenuta proprio per la sovrapposizioneparziale di significato tra “Disegno” e“Ideazione” (Design), con un ef fetto di sensosimile alla vertigine leopardiana dell’“Io nel pen-sier mi fingo”.Poi, dimenticando la sostanziale e specifica tec-nicità (artigianalità) del disegno, la sua letteratu-ra e il suo insegnamento, specie nel nostro paese,hanno conosciuto derive intellettualistiche; iden-tificando “disegno e progetto” taluni lo hannoelevano a pura competenza teorica, altri, reagen-do, lo hanno ridotto a semplice performanza ese-cutiva della progettazione; tanto che oggi è dif-ficile sbrogliare la matassa di un dibattito che hadefinito il Disegno talora come “disciplina auto-noma” in un castello di carta - quando occorrevadifendere allevamenti accademici - e talaltra -quando conveniva intercettare incarichi profes-sionali - come una “pratica eteronoma” in unlabirinto di consulenze specialistiche.Esito delle opposte istanze di autonomia e di ete-ronomia disciplinare è il fatto che molti studenti- almeno nella mia università - non si rendonopiù conto che la Geometria Descrittiva è il codi-ce che fonda le rappresentazioni stereograficheusate nel corso di Disegno o di Disegno “digita-le”, che esistono poi altre modalità di rappresen-tazione - non proiettive - altrettanto rigorose, eche il Rilievo e gli abbozzi di progetto non sonoaltro che la verifica referenziale e l’applicazionecompositiva delle tecniche di rappresentazione edi figurazione che hanno appreso prima; essi per-cepiscono le varie parti e specie del Disegnocome adempimenti burocratici distinti, arbitraria-mente diversi a causa dei gusti personali dellospecialista o del critico d’arte di turno o di moda.D’altronde, a seguito di molti saggi illuminanti eparziali, non c’è oggi un ef ficace manualetto di

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disegno che abbia verificato un modello genera-le della rappresentazione e dell’espressione grafi-ca nelle sue varie forme, livelli e generi. Nonmancano certo ampie panoramiche sul disegno;ma tanto più si allar gano i campi quanto più sisfocano i termini. Se, ad esempio, consideriamo il libro sul dise-gno forse più citato in Italia negli ultimi anni inprestigiosi luoghi di divulgazione, quali recen-sioni a stampa e trasmissioni radiofoniche -Giuseppe Di Napoli, Disegnare e Conoscere: lamano, l’occhio, il segno, edito da Einaudi 2004- abbiamo un esempio della letteratura discipli-nare che usa termini tecnici fraintendendonetalora la denotazione specifica con vaghe con-notazioni metaforiche. Affermazioni imprecisequali: “… la rappresentazione prospettica pre-senta lo spazio considerato con un punto di fugaall’infinito…” (pag. 431), non sono certo graviin un libro che non è di geometria descrittiva,ma stonano in un buon libro (qual’è questo), inun testo coraggiosamente sistematico, che sispende a definire “il disegno come linguaggio”con una bibliografia aggiornata e ricca di oltrecinquecentocinquanta titoli tra i quali, però, nonsi trova un solo caposaldo della linguistica odella semiotica, o un testo che dia un’idea pre-cisa di che cos’è un “linguaggio”.Trascurando le fondamentali caratteristiche diogni linguaggio, soprattutto la prima fondamen-tale distinzione tra i piani dell’espressione e delcontenuto, la stessa parola “disegno” si riferiscetanto a un significante quanto a un significato,confondendo così concreti “tracciati grafici”con imprecisate “immagini mentali” [sic] o“pulsioni plastiche”.Mancando del coraggio editoriale e della fede diDi Napoli, alla fine dei conti, nel redigere i pro-grammi di didattica e di ricerca è forse piùcomodo dar corso alle curiosità personali delmomento, constatando che le varie specie didisegno non sono trattabili e confrontabili conun solo vocabolario interdefinito. Potremmodunque presentarci all’interlocutore anglofonocon un elenco di varia umanità, accettando - consollievo e malinconia - che il disegno non è unadisciplina unitaria permanente nell’odiernomutamento delle condizioni delle arti, dellescienze e degli strumenti tecnici.Altrimenti - se ci viene il sospetto che la fram-mentazione che imputiamo al disegno sia in

realtà solo nelle nostre competenze - bisogne-rebbe chiederci ancora - dopo le faticose decla-ratorie ministeriali - qual è la specificità delDisegno: che cosa ricerca e insegna di specificoun professore universitario di Disegno che nonsia già trovato e insegnato molto meglio da unvero storico, da un vero matematico, da un verofilosofo, da un vero progettista, da un veroarcheologo, da un vero psicologo cognitivo, daun vero critico d’arte o da un vero gallerista, daun vero informatico, da un vero pittore o da unvero regista multimediale o magari da un comu-ne professore di Applicazioni Tecniche allescuole medie inferiori?I professori di disegno sembrano condannati aspecializzarsi in qualche aggiornato settore dellarappresentazione o a divenire dei nostalgici dilet-tanti; eppure sarebbe proprio l’eclettismo il lorovero punto di forza se fosse ancora possibileseguire l’esempio del grande dilettantismo diLeonardo, di Johan Einrich Lambert e di Goethe,gli illustri pionieri di una “scienza dalla rappre-sentazione”, cercatori artigiani, convinti - comedirà Popper - che “esistono problemi non disci-pline”.Nostalgie a parte vale la pena notare chel’indisciplina del modo di usare e forgiare il dise-gno di questi pionieri era molto disciplinata, pro-fondamente scientifica e poietica, fatta di prati-che connesse tra loro e spesso studiate insieme,come diversi aspetti e livelli di un unico “or ga-no”. Riscopriamo così che, prima di essere unadisciplina, il disegno era appunto un “or gano”,uno strumento scientifico e poietico obbediente auna scommessa sul senso della natura.Una scommessa di senso che certo oggi ha trova-to paradigmi diversi dal naturalismo classico,empirico e oggettuale, consegnato a quaderni didisegni di varia specie; ma non per questo leforme della rappresentazione devono cessare diessere un solo or gano. È ovvio - anzi - che nonc’è stato e non c’è altro modo per af frontare lacrescente rete sconnessa dei saperi che rappre-sentarli meglio, in modo economamente icastico.Allora vale forse la pena rilevare che una speci-ficità disciplinare del disegno è proprio nellasua efficacia, è semplicemente nel saper fare enel saper considerare i disegni - nelle loro molteforme e sostanze dell’espressione oggi usate -meglio di quanto lo facciano i tanti veri specia-listi, perché ciò che si chiama “disegno” potreb-

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be considerare la questione della rappresenta-zione e dell’espressione nella sua globalità edessenzialità.In fondo basta notare che le qualità praticherichieste da sempre ai disegni sono le stesse pro-prietà che richiediamo al linguaggio in generale eparticolarmente ai linguaggi icastici. Al disegnonelle sue varie forme e sostanze si chiedono sem-pre due cose:- di essere disciplina di apprendimento e di

comunicazione destinata a connettere il mondoideale individuale al mondo percettibile collet-tivo attraverso le più econome e condiviseforme dell’espressione grafica o eidomatica;

- di dare concreti prodotti che costituiscanooggetto di valore esistenziale, rappresentazioniche realizzino un ‘economia di senso: massimasemplicità espressiva e rilevanza di contenuto.

Non importa che questi “buoni prodotti” sianoconsiderati opere d’arte oppure onesti docu-menti tecnici. Anche un modello eidomatico e lesue visualizzazioni animate - come un’incisionea mano libera su rame, un diagramma o unamappa - possono essere giudicate opere di altoartigianato oppure merce dozzinale. Un buonartigianato non preclude l’arte ma pretende tec-niche pertinenti, mentre l’opera d’arte presup-pone sempre un qualche buon artigianato diprovata efficacia semiotica.È proprio la “efficacia semiotica” ciò che potreb-be commisurare tanto le tecniche del disegno - inquanto tecniche dell’ideazione - quanto la riusci-ta dei loro prodotti, siano essi destinati a restaredisegni o a tradursi in altri prodotti. La “efficacia semiotica” è per molti versi similea una “efficace traduzione”. “Tradurre efficace-mente” un testo tra diverse lingue naturali è unmodo di far considerare a qualcuno, in certe cir-costanze, “quasi equivalenti” due enunciati cia-scuno nella sua lingua; quando si rappresentaavviene qualcosa di simile tra enunciati che,invece, appartengono a sistemi semiotici moltodiversi (fatti di diverse sostanze e forme dell’e-spressione) come il mondo degli oggetti naturali,la pittura, la musica, il cinema, la geometria, …Nel tradurre o nel rappresentare si tratta sem-pre di un’interpretazione di un testo ab quo e,poi, della produzione di un nuovo testo adquem, anche se interpretare, ad esempio,un’opera d’arte o un fenomeno di natura, nonsignifica necessariamente verbalizzarli, cioè

dire “quel che voleva dire l’artista” o qualche“Dio” giacché, se proprio volevano dirlo, loavrebbero detto, non fatto così e così.L’efficacia semiotica di una rappresentazionemisura la sua economia, la sua semplicità ecapacità di dar conto di un massimo di fatti.Ad esempio, per chi studia l’elettrodinamicaquantistica, i diagrammi di Feynman sonoimmensamente più efficaci (cioè sono più evi-denti e operabili) delle complesse equazioniper il calcolo dell’interazione e della dispersio-ne quantistica tra particelle subatomiche.Ovviamente questa nozione di “ef ficacia” nonvale solo per i sistemi notazionali scientifici.Per chi si af faccia, ad esempio, alla cappellaContarelli in San Luigi dei Francesi sarà subi-to evidente che “la conversione di San Matteo”dipinta da Caravaggio è molto più ef ficace(cioè più commovente e coinvolgente) deibrevi racconti evangelici di Luca (5,27-32),Marco (2,14) e Matteo (9,9), fa devedere qual-cosa in più di quel che si sa delle vesti, deibanchi dei gabellieri e delle osterie romane allafine del Cinquecento, e poi delle passioni - stu-pore, pietà, indifferenza, fede - negli sguardi enei gesti delle persone che vedono e di quelleche non vedono l’irrompere di una vocazionein forma di illuminazione fisica. Dico “ef ficacia semiotica” perché significarequalcosa a qualcuno è sempre come tradurre. Maun “modello semiotico” della rappresentazione edell’espressione grafica, più che una promessa,per me, è una scommessa perseguita con un lavo-ro di connessione e di sperimentazione tra quellediverse pratiche del disegno che - credo - dovreb-bero ancora essere studiate all’università in modoconcomitante, a partire dal disegno dal vero nellesue varie forme, dalla geometria descrittiva neisuoi vari e nuovi strumenti, fino ai linguagginotazionali e alle varie tecniche di mappatura chenon hanno ancora nomi blasonati.Credo che il disegno sia un’attività artigianalemolto eclettica (riguardante le forme e le sostan-ze della rappresentazione e dell’espressione gra-fica e eidomatica) e che anche il lavoro di ricer-ca del professore di disegno sia di natura artigia-nale e proceda alternando necessariamente uncolpo al cerchio della teoria (una modello semio-tico della rappresentazione e dell’espressione) eun colpo alla grande botte delle verifiche empiri-che e sperimentali.

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Dal giardino al paesaggio:Tra Arte e Land Art, Architettura e Paesaggio: apartire dal rapporto disegno/progetto del giardi-no moderno europeo, che moltissimo deve aimovimenti che hanno profondamente rinnovatoil linguaggio delle arti figurative ad inizioNovecento.

Tra quelli esemplari, il “Giardino d’acqua e diluce” dell’architetto armeno Gabriel Guévre-kian (tra i fondatori poi della rivista “L ’Archi -tecture d’aujourd’hui”) presentato all’Esposi-zione delle Arti Decorative di Parigi del 1925:il giardino, con caratteristiche “bidimensionali”,non è altro che la trasposizione ad una scalamolto piú grande di un’opera cubista: un dise-gno assonometrico a “gouache”.

Lo stesso Guévrekian realizzerà poi una “com-posizione cubista tridimensionale” per la villadel conte di Noailles a Hyères: il giardino è,questa volta, inserito nel paesaggio della CostaAzzurra; l’edificio è progettato da Robert Mal-let Stevens, l’autore del “giardino scultoreo”-dagli alberi realizzati in cemento- presentatoalla stessa Esposizione del 1925.

Si delinea un percorso che attraversa il Nove-cento, fino al progetto di paesaggio contempo-raneo, attraverso l’opera di paesaggisti di livel-lo interrnazionale: dove la chiave di letturadiviene proprio il disegno di progetto, nei suoirapporti profondi e/o i richiami alle diverseespressioni artistiche. Si tratta di Autori impor-tanti anche sotto il profilo teorico, che testimo-niano, attraverso il loro disegno, l’evoluzione -continua- dell’idea stessa di paesaggio (si pensiad esempio a Burle Marx…fino all’opera dei

paesaggisti europei: ad esempio, attraverso i“collages” di Yves Brunier, ai disegni dei “Giar-dini elementari” di Michel Desvignes, fino ai“Giardini in movimento” di Gilles Clément., ilteorico del “T erzo paesaggio” e del “Giardinoplanetario”…),

Per quanto riguarda il nostro Paese, vorrei met-tere in luce alcuni aspetti dell’opera di Alessan-dro Tagliolini (1931-2000): “scultore paesaggi-sta”, come amava definirsi, figura di respirointernazionale, insieme a Pietro Porcinai, nelpanorama del paesaggismo italiano (proprio suinvito di Porcinai entra a far parte dell’Associ-azione Italiana degli Architetti del Paesaggio, esi dedica alla progettazione di giardini, alle sis-temazioni paesaggistiche su lar ga scala, alrestauro di giardini storici).

Figura di “uomo rinascimentale”, poliedrico eprofondo,con Rosario Assunto fonda nel 1973 aS.Quirico d’Orcia l’Archivio Italiano dell’Artedei Giardini . Fondatore poi nel 1986 del “Cen-tro Studi sul Giardino storico e contemporaneo”a Pietrasanta, è stato il promotore di convegni,di dibattiti, mostre sul tema del giardino, aspet-to certamente trascurato fino a quegli anni, dallacultura italiana . Gli Atti dei Convegni di Pie-trasanta costituiscono dei riferimenti fondamen-tali a testimoniare quella rinascita dell’interesseper il giardino ed il paesaggio nel nostro Paese,per la quale Tagliolini – anche con i suoi libri-svolse un ruolo incisivo,

Il Convegno internazionale dell’IFLA ( l’or ga -nis mo internazionale degli Architetti del Paesag-gio) del 1998, tenutosi a Firenze, si apriva inmaniera “provocatoria” con l’esposizione dei

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Franca Giannini

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suoi disegni dello “Sky Garden”, giardino su piúpiani (che si sviluppa su una struttura portante inmetallo) alla scala urbana. Progetto innovativo,ma che contiene in sé significati e percorsi evo-cativi della cultura storica (e mitologica) del giar-dino: progetto che Tagliolini aveva elaborato

durante un corso sul giardino contemporaneo 1

tenuto presso il Department of Landscape Archi-tecture della University of Pennsylvania: un“sistema di verde mobile” che si inserisce nellarealtà della scena urbana contemporanea con lasua caratteristica di giardino “moltiplicabile”.

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NOTE

1 Proprio in quegli anni ho avuto l’opportunità di collaborare con Tagliolini, quando tenne un Corso di progettazione delleAree verdi, presso la Scuola di Specializzazione in Architettura del Paesaggio di Genova, af frontando il tema del giar-dino pensile nell’ambito urbano genovese.

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DISEGNO, GEOMETRIA E PROGETTO

Guido Guidano

In pieno periodo estivo è uscita, su un grandequotidiano nazionale 1, una intervista a PeterEisenman dal titolo “Se l’architetto odia la geo-metria”; l’autore dell’intervista è l’altrettantonoto matematico Pier giorgio Odifreddi 2.L’insieme dei vari elementi, periodo, titolo,autore e intervistato è tale da aver incuriositonon poco numerosi lettori direttamente o menointeressati all’argomento.Nell’intervista oltre ad trattare temi concreti sulruolo della Casa del Fascio di Terragni nella for-mazione giovanile dell’architetto, la nascita del-l’architettura decostruttivista, i rapporti con glialtri architetti del gruppo The Five3, i due prota-gonisti, intervistatore ed intervistato, affrontanoin modo ironico e paradossale il rapporto traarchitettura e geometria. Il tema centrale appa-re, sin dalle prime righe, il superamento dellageometria da parte dell’architetto con l’asser -zione della possibilità di creare un’ “architetturasenza geometria”. La tranchant affermazione,attribuita da Odifreddi ad Einseman e apparen-temente usata con orgoglio da quest’ultimo perdefinire l’architettura decostruttivista, è inrealtà un’evidente contraddizione perché, anostro avviso, un termine non può sussisteresenza l’altro.La geometria è, infatti, scienza deduttiva che sioccupa degli enti geometrici o delle figure for-mate con essi; la geometria è necessaria ad esa-minare e stabilire la posizione reciproca dellefigure, a misurarne la grandezza ed a permetter-ne la loro rappresentazione, è arduo pertantopensare di poter progettare un qualunque edifi-cio ignorandone i principi.È evidente che, quando Einseman parla di geo-metria intende la geometria elementare in cui sistudiano le figure piane ed i solidi, ossia le figu-re costituite da enti geometrici i cui punti appar-tengono allo stesso piano o non sono giacentisullo stesso piano; questa è praticamente la

scienza raccolta da Euclide negli Elementi, ove,per la prima volta, vengono esposti i cinquefamosi postulati inerenti: l’ appartenenza,l’ordinamento, l’uguaglianza, la continuità e ilparallelismo.Ma la geometria, da allora, si è ampliata e oltreall’attributo “elementare”, altri se ne sonoaggiunti e qualificano la geometria a secondadegli argomenti da essa trattati: affine, algebrica,analitica, dif ferenziale, frattale, non euclidea,relativistica, sintetica e, per quanto riguarda larappresentazione proiettiva e descrittiva; ad ogniappellativo corrispondono fecondi periodi stori-ci, strettamente collegati all’evoluzione scientifi-ca e tecnologica, ai quali gli studiosi di geometriahanno dato il loro contributo risolvendo e spessoprecedendo, con le loro intuizioni, i vari proble-mi che l’inarrestabile avanzare del progressoimpone. I progressi compiuti dalla geometria, nelcampo puramente scientifico-matematico, hannosempre avuto una ricaduta anche nel campo deldisegno architettonico, i cui fondamenti scientifi-ci risiedono proprio in questa disciplina, che hareso possibile la rappresentazione di qualsiasiforma, con il vantaggio di una immediata possi-bilità di confronto e controllo dei rapporti, per larealizzata evidenza delle leggi geometriche.Tutto ciò non ha, tuttavia, banalmente vincolato,od appiattito, il livello qualitativo della produzio-ne grafica dei vari operatori del settore, tanto èvero che “anche il disegno architettonico di rilie-vo e di progettazione, eseguito con gli strumentiabituali, la riga, la squadra ed il compasso, mal-grado la lar ga diffusione dei metodi convenzio-nali oggi consueti nella rappresentazione, nonpuò mai essere totalmente oggettivo e spersona-lizzato, perché chi lo esegue non è una macchinapriva di anima ed operante come un automa, maun uomo, cioè un complesso groviglio di spiritoe materia”4

Accennando al suo progetto House VI,

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Eisenman af ferma “Fu un pr ogetto del 1968,che poi r ealizzai in tr e anni dal 1972 al 1975.L’idea era di mettere in dubbio il concetto che ilpiano orizzontale debba per forza essere il fon-damento di una casa. In quel pr ogettol’elemento pervasivo è diagonale, il che r endela casa più topologica che euclidea: natural-mente, se si continua a guar darla con occhioeuclideo, non sembra avere alcun senso. Mentredal punto di vista topologico la casa è perfetta-mente simmetrica, solo che l’asse di simmetrianon è né orizzontale né verticale, ma obliquo.Anche i colori seguono r egole topologiche, adesempio le scale sono ver di o r ose a secondadella dir ezione in cui vanno” . L’edificio, inrealtà, è un’opera giovanile; in essa possiamoancora ritrovare riferimenti formali riferibilialla “Casa del Fascio” di Terragni che tantoaffascinò il giovane Eisenman durante un suoviaggio in Italia nel 1961; lui stesso ammette“ho avuto una rivelazione, là: Ho visto qualco-sa che non avevo mai visto prima”. È evidenteche tale ammirazione per l’opera dell’architettoitaliano dovesse influenzare i suoi primi proget-ti e se in House II tale influenza è ancora evi-dente, nella sua House VI è meno appariscente,più intima, ma ancora presente nella sua impo-stazione formalistica. L ’opera è perfettamentecomprensibile anche per chi la vede con“occhio euclideo”: gli ambienti, seppur appa-rentemente svincolati dalla struttura che li pene-tra e li attraversa senza una logica statica razio-nale5, sono riferibili a figure geometriche sem-plici, i volumi, seppur intersecantesi, sono per-fettamente riconoscibili e sono certamente piùvicini alla geometria elementare che non allatopologia. Alla topologia6, che comunque è pursempre una branca della geometria moderna,appartengono opere più tarde quali la “Cittàdella cultura della Galizia” a Santiago diCompostela. Nelle sue opere Eisenman dimo-stra, al contrario, una profonda conoscenzadella, anzi, delle geometrie che utilizza, inmodo sapiente nelle sue opere senza rimanerneperaltro dominato passivamente. La geometria èalla base di tutte le sue opere anche se perl’architetto americano diventa uno strumento dusare con ironia adattandolo alla sua imposta-zione formalistica. Non del tutto estranea alla

sua maturazione formale appare l’evoluzionedella tecnologia informatica. Con i più recentied aggiornati programmi di grafica si è riuscitia visualizzare alcune intuizioni delle scienzematematiche come la topologia, la geometriafrattale, la teoria del caos ed altro; questo hapermesso agli architetti di poter descrivere lospazio e sviluppare le forme più complessesenza porsi alcun limite. Attualmente esistonoprogrammi di modellazione solida che consen-tono di eseguire il “modello” dell’oggetto e dimodificare continuamente il punto di vista 7.Purtroppo l’uso “edonistico” dei sempre piùaggiornati programmi di modellazione solida,che facilitano il raggiungimento di immaginid’effetto ed esteticamente avvincenti, ha provo-cato un crescente grado di astrazione della rap-presentazione architettonica con il rischio con-creto della creazione, attraverso la graficaridondante, di una architettura “spettacolare”,destinata più ad un mondo “virtuale” che reale.Alla base delle nuove forme ci sono, infatti,alcuni algoritmi che generano la nuova famigliadi curve, le NURBS (Non Uniform Rational B-Spline), che sono in grado di descrivere esatta-mente tanto la linea grafica, quanto una linealuogo geometrico. Si è trattato di un progressonotevole, perché è ora possibile generare emodellare qualsiasi curva con un unico algorit-mo. L’intero lavoro di progettazione diventacosì sempre più veloce. L’elaboratore non servepiù solo come strumento di rappresentazionema, ampliando il processo di progettazione tri-dimensionale ed essendo in grado di calcolare ilcosto di costruzione in tempo reale, facilital’intero processo di produzione. Senza il pienoutilizzo del potenziale offerto dalla progettazio-ne assistita da elaboratore, Gehry non avrebbepotuto realizzare, ad esempio, quell’operastraordinaria per complessità di forme che è ilmuseo Guggenheim di Bilbao. Ogni parte, ognielemento, ogni volume è stato plasmato a tredimensioni, provato e modificato con il traccia-mento computerizzato; “la capacità di converti-re direttamente e istantaneamente informazionigeometriche in elementi finiti fu un passo deter-minante nell’analisi della struttura complessa”. Alla luce di quanto detto possiamo tranquilla-mente af fermare che l’architetto (Eisenman)

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non odia la geometria ma, anzi, al contrario laconosce, la ama e la utilizza, al contrario i moltialtri suoi meno noti colleghi che la odiano vera-mente perché non la conoscono o non l’hannomai capita. Bisogna comunque stare attenti acerte affermazioni e soprattutto a non utilizzar-le a caratteri cubitali come titoli di articoli, nontutti hanno la brillantezza culturale dei due pro-tagonisti e molti potrebbero prendere per verecerte af fermazioni convincendoli, vieppiù, aconsiderare la geometria come disciplina supe-rata da non più utilizzare. Questo è ancor piùvero se certi messaggi giungono ai giovani stu-denti di architettura che, già restii a considerarela geometria come materia fondante della loropreparazione, potrebbero voler seguire le ormedi questi brillanti maestri senza né il necessariobagaglio culturale né le loro capacità inventivee di rappresentazione. Già, perché anche nel

disegno, soprattutto nel disegno tecnico, inter-viene un particolare settore della geometria: lageometria descrittiva. Nel disegno architettoni-co vengono utilizzati, a seconda delle necessità,tutti i metodi della geometria descrittiva; per-tanto solo la perfetta conoscenza e padronanzadi tutti i metodi di rappresentazione, conseguen-ti da un’approfondito studio della geometriaproiettiva e descrittiva, permette al progettistadi affrontare, con la necessaria capacità e disin-voltura, la rappresentazione di qualunque edifi-cio, oggetto o forma tridimensionale complessa. Soltanto attraverso i metodi rigorosi della geo-metria egli avrà la facoltà di ampliare, non solo,le proprie possibilità di espressione utilizzando,nei propri elaborati grafici, un linguaggio chia-ro, rigoroso ed universalmente comprensibile,ma anche di non porre limiti alle sue potenziali-tà creative.

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NOTE

1 La Repubblica di giovedì 6 agosto 20092 Piergiorgio Odifreddi, matematico, insegna Logica presso l’Università di Torino, collaboratore di Repubblica è auto-

re di numerose pubblicazioni tra le quali citiamo “il matematico impertinente”3 Oltre ad Einseman facevano parte del gruppo: Michael Graves, Richar Meyer , John Hejduk e Charles Gwathmey.4 L. Vagnetti, Il linguaggio grafico dell’architetto, oggi, Vitali e Ghianda, Genova, 1965,. p. 365 La casa è realizzata tra il 1972 ed il 1975, nel pieno della fase di ricerca sulle cardboard-architecture, letteralmente

architettura di cartone, dove “vengono utilizzati in contemporanea due sistemi strutturali, uno di pilastri e l’altro disetti murari. Nella loro commistione ridondante non è possibile distinguere quale dei due sistemi sia staticamente piùrilevante e per questo la funzione di ciascun sistema sembra quella di significare la propria mancanza di funzione” M.Orazi, Peter Eiseman. Architettura come identità sospesa, in Peter Eisenman a cura di D. Brogi, Milano, 2007.

6 “La topologia è quella parte della geometria moderna vche studia le proprietà delle figure geometriche le quali riman-gono inalterate anche quando le figure subiscono deformazioni continue tali da far loro perdere ogni proprietà sia nelcampo metrico che in quello proiettivo” A. Piccato, Dizionario dei termini matematici, Milano, 1987. La opol ogia èanche nota come geometria del foglio di gomma perché essa studia le proprietà qualitative delle figure geometriche cherimangono i nvariate dopo l e deformazioni continue delle f igure s tesse ovvero quando l a f igura vi ene pi egata, s tiratacompressa o deformata

7 “È possibile, innanzitutto, considerare il modello nel suo insieme e ruotarlo a piacimento nello spazio: In questo casole viste che si susseguono sull schermo sono tutte assonometrie ortogonali. Queste viste utilizzano come piano diproiezione, lo schermo del computer. Ma è anche possibile portare lo schermo a coincidere con i due piani π1 e π ”,che abbiamo costruito. Ciò si ottiene utilizzando i comandi relativi alla vista e, in particolare, Top o Vista dall’alto,perla pianta, e Front o Vista di fronte, per l’alzato. È anche possibile visualizzare contemporaneamente più viste con lapianta e l’alzato”. R. Migliari, Roma, 2003.

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IL LASER SCANNER NEL RILIEVO PER IL CONSOLIDAMENTO STRUTTURALE

Vincenzo Iannizzaro, Salvatore Barba, Fausta Fiorillo

IntroduzioneIl laser scanner ha trovato, già da tempo, lar goimpiego nell’ambito dei beni culturali qualestrumento di rilievo rapido ed ef ficace. Al con-trario, nel campo del consolidamento strutturalee delle tematiche connesse alla conservazionedei manufatti civile e industriali, si registra unnumero minore di applicazioni, portate avantisolo da pochi centri che ne fanno oggetto di spe-cifico interesse. La limitazione del ricorso a questa strumenta-zione per l’analisi strutturale è forse da attribui-re alla necessità, propria di questa tipologia dirilievi, di massimizzare il grado di precisione e,quindi, di tendere verso la minima tolleranzapossibile, con margini di approssimazione estre-mamente ridotti. Ed è persino banale evidenzia-re come i protocolli operativi cambino e si adat-tino alle diverse esigenze specifiche e come ilfine stesso del rilievo determini le scelte esecu-tive e operative. La contaminazione, relativamente recente, deiprogrammi di calcolo con i software di model-lazione tridimensionale, sta aprendo la strada aulteriori e interessanti applicazioni del rilievodigitale per l’analisi di problematiche struttura-li. In questo contesto il Centro DIAPReMdell’Università di Ferrara, ha conseguito inte-ressanti risultati nello studio del comportamen-to strutturale dei manufatti architettonici, assu-mendo come modello solido di riferimento peril calcolo FEM, direttamente il modello 3D otte-nuto da rilievo con laser scanner. Attraverso tecniche di Reverse Engineering si èdimostrato la possibilità di estrapolare, dallanuvola di punti, informazioni relative alle carat-teristiche geometriche dei manufatti e ottenereun modello CAD, su cui poi sviluppare l’analisicon un codice di calcolo agli elementi finiti. Inquesto modo l’output finale del processo dirilievo, nel caso la mesh, si trasforma nel dato diinput per un’analisi FEM.

In generale, quando i fini del rilievo sono strut-turali, risulterà che le restituzioni finali si tra-sformano nell’incipit del processo di analisistrutturale, siano esse elaborati grafici bidimen-sionali (piante, sezioni, ecc.), ovvero modellitridimensionali, postulando in ogni caso, qualerequisito indispensabile, la leggibilità e la tra-smissione della ‘conoscenza’. Si rendono, per-tanto, necessari criteri di or ganizzazione,memorizzazione e trasmissione dei dati – a par-tire da come nominare i file, gestire i progetti incartelle, scegliere il formato più adatto perl’archiviazione e quelli più dif fusi per la visua-lizzazione e interrogazione – che devono risul-tare comprensibili allo strutturista e integrabilicon le sue successive analisi.In tale ottica, risulta di evidente importanza lafase di trattamento dei dati ossia l’estrapo -lazione di informazioni fruibili dalla nuvola dipunti: non ci si può limitare alla mera esecuzio-ne delle scansioni.Infatti, la mole di informazioni acquisita con unrilievo laser scanner può rappresentare un ele-mento di confusione piuttosto che di conoscen-za se non sottoposta a un’attenta analisi geome-trica. Come per qualsiasi strumento di rilievo,nella successiva restituzione grafica si deveselezionare l’informazione, scegliendo solo glielementi di volta in volta necessari per il model-lo geometrico, senza lacune né ridondanza. Uneccesso di informazione è negativo come unacarenza, perché quando si pretende di comuni-care troppo o tutto a un tempo si corre il rischiodi non riuscire a comunicare nulla o di fornireun messaggio equivoco o, peggio ancora,incomprensibile.Da tutto ciò nasce la necessità di definire unprocedimento specifico in campo strutturale, dasvilupparsi secondo le seguenti fasi: progettodelle scansioni, acquisizione dati, post-proces-samento, restituzione grafica e confronti geo-metrico-dimensionali.

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Per quanto sia indiscutibile l’importanza che ilpost-processamento dei dati va progressivamen-te assumendo nei rilievi al laser scanner è il pro-getto delle scansioni che riveste un ruolo deter-minante, per quanto spesso sottovalutato, nellaesecuzione di un rilievo con approccio scientifi-co, nel quale è necessario massimizzare la qua-lità dei risultati e minimizzare i tempid’impiego.Il progetto delle scansioni è contraddistinto dascelte nevralgiche che pregiudicano e condizio-nano i passaggi successivi e il risultato finale(nonché i tempi di lavoro sul campo). Questafase è quella in cui già può essere definita lamaglia di scansione in funzione della finalitàdel rilievo e della tipologia della struttura,tenendo conto però che il passo della grigliaimpostato condizionerà non solo il tempo discansione, che crescerà con quest’ultimo, maanche la dimensione dei file di output, all’au-mentare del quale si riduce la gestibilità dei dati.In più, aumentare la densità di scansione nonimplica automaticamente una maggiore preci-sione, può anche solo portare ad un aumentoindiscriminato, e talvolta superfluo, dei datiacquisiti e da trattare.

Oggetto della sperimentazioneIl rilievo, a fini strutturali, in relazione al qualeabbiamo avuto l’opportunità di verificare sulcampo e sperimentare i principi enunciati, èstato sviluppato per la determinazione delloscostamento dei cedimenti reali, rispetto ad unadeformata teorica, dell’intradosso della copertu-ra a volta, di grande luce, di un opificio indu-striale. Applicare la tecnologia di rilievo con laserscanner, ha costituito un’interessante occasionedi ricerca verso la definizione di una metodolo-gia operativa nel caso di rilievi con finalità dif-ferente dalla documentazione architettonica.Nella fattispecie, l’obiettivo del rilievo era lavalutazione di deformazioni per le quali non sipoteva considerare ammissibile un errore del-l’ordine dei centimetri, rendendo perciò indi-spensabile l’utilizzo del laser scanner.In un rilievo con caratteristiche di tal generel’errore che si può commettere è il risultatodella propagazione di più approssimazioni lega-te alla precisione dello strumento, alla densitàdella maglia, all’allineamento, al trattamento edall’interpolazione dei dati, per cui risulta diffici-

le conoscere a priori la precisione della restitu-zione finale. La tecnologia laser offre, inoltre,l’opportunità di un’acquisizione che si potrebbedefinire ‘continua’, diversamente da un rilievotopografico in cui la realtà è discretizzata moltopiù grossolanamente, potendosi acquisire soloun numero contenuto di punti. Nel caso di cui ci stiamo occupando l’apparec -chiatura utilizzata era costituita dal laser scan-ner ILIRIS-36D della Optech, dotato di pant-tiltche consente allo strumento di ef fettuare unarotazione automatica completa intorno al pro-prio asse estendendo il campo di cattura di 360°sul piano orizzontale e 270° su quello verticale.La prima ipotesi di ef fettuare due scansioni, incorrispondenza di due cantoni della struttura (inFig. 1, stazioni 2 e 2’) è risultata subito non per-seguibile per le eccessive vibrazioni in una dellestazioni di presa. Si è optato quindi per una solastazione di presa ‘centrale’, da cui è stata attua-ta una panoramica di più scansioni – di cui laprima in bolla e l’altra inclinata di 25° – checoprisse il più possibile l’intera area d’interesse,poi integrate da prese di dettaglio dal basso, inparticolare per recuperare informazioni relativealle zone d’imposta della volta. Nella Fig. 1 sono indicate tutte le stazioni dipresa da cui sono state portate a termine le scan-sioni. Si è preferito eseguire scansioni da dif fe-renti punti di presa, in modo tale che, con il suc-cessivo allineamento, fosse possibile integrare learee con poche o scadenti informazioni ed elimi-nare le zone d’ombra; si è ottenuta, così, unarestituzione quanto più fedele alla realtà, senzatrattare eventuali ‘buchi’d’informazione median-te il ricorso alla rappresentazione a mesh.

L’acquisizione e il trattamento dei datiDurante la fase di acquisizione dei dati , per ilrilevamento dell’intera superficie, si sono resenecessarie un totale di ventuno scansioni – dicampo visivo 40° x 40° – ef fettuate da cinquedifferenti stazioni di presa, dal cui montaggio siè ottenuto un modello caratterizzato da70.637.925 di punti. Il tempo complessivo discansione è stato di circa sedici ore.In realtà, il numero di scansioni ef fettivamenterealizzate è stato ben superiore, con circa117.650.000 punti complessivamente acquisiti.Infatti, sempre allo scopo di ricercare e definireuna metodologia per il rilievo strutturale, sisono eseguite anche scansioni in condizioni non

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canoniche - di notte, con pioggia -, spingendosiad una densità limite per una presa di dettaglio,a volte per la semplice verifica della soluzionepiù adeguata. Così come la densità di scansionein termini di spot-spacing è stata impostata inun range molto ampio, compreso fra 6-20.Nonostante non fosse prerogativa indispensabi-le per il corretto funzionamento della strumen-tazione, la prima presa è stata eseguita in bolla,allo scopo di agevolare la definizione del siste-ma di riferimento, l’orientamento e la registra-zione delle successive scansioni.Dopo aver convertito, con il programma a cor-redo della strumentazione (Fig. 2), i dati natividello scanner in formati leggibile con softwarespecifici ( PolyWorks della Innovmetric, nelleversioni 9.0 e 10.0), la successiva fase di post-processamento si è articolata secondo i seguen-ti passaggi principali:visualizzazione diretta sul campo dei dati acqui-siti: verifica di ciascuna scansione, su postazionemobile, nella rappresentazione a nuvola di punti(PIFEdit);pulizia primaria delle scansioni: eliminazione inmaniera manuale di elementi appartenenti alcampo di presa ma non d’interesse per il rilevo edi eventuali scie di punti (PIFEdit);registrazione e fusione delle dif ferenti scansioniin un sistema di riferimento unico:l’allineamentodelle scansioni è stato implementato primamanualmente utilizzando target naturali, succes-sivamente ne è stata migliorata la precisione inmaniera automatica con l’impiego di algoritmiiterativi (PolyWorks - IMALign);pulizia secondaria: una volta montate tutte lescansioni si è reso necessario raf finare la puli-zia delle nuvole di punti anche in manieraautomatica;sfoltimento e omogeneizzazione nella distribu-zione dei punti: la nuvola viene eventualmente‘ridotta’ al fine di avere una densità uniforme dipunti;generazione della mesh: costruzione del model-lo poligonale in seguito all’individuazione deiparametri adeguati al caso in esame (PolyWorks- IMMerge);generazioni delle sezioni: le polilinee sono stateestrapolate sia dalla nuvola dei punti, sia dalmodello poligonale, definendo più piani disezioni e secondo passi prefissati ( PolyWorks -IMInspect);

generazioni di ‘sezioni di punti’: determinato efissato uno spessore di riferimento in funzionedella densità della nuvola e della dimensione dellasuperficie, sono state ottenute anche delle sezionidi punti da utilizzare come controllo e verifica(UVACAD - Utilidad de VisualizaciónAvazanzada Con Automatización del Dibujo,http://157.88.193.21/~uvaCAD/, programma svi-luppato dal gruppo di ricerca DA VAP - Digi tali -zación, Analisis y Visualización A vanzada delPatrimonio, e il Laboratorio di Fotogram metriaArchitettonica dell’Università di Valladolid, diret-to da Jesús San José Alonso e Juan JoséFernández Martín); esportazione dei dati: gli elaborati grafici bidi-mensionali/tridimensionali e le immagini, ven-gono infine esportate in ambiente CAD(PolyWorks - IMInspect, UVACAD).I file Pif sono stati elaborati in PolyWorks comeSpherical Grids, essendo questa la restituzionepiù coerente al caso in oggetto. In Fig. 3 è pos-sibile osservare come, trattando i dati semplice-mente come Neutral/InnovMetric (Planar Grids/Meshes) andavano perdute informazioni relati-ve soprattutto alla zona di maggiore curvaturadella volta. La mancanza di dati dovuti alla pro-blematica delle doppie ombre, che sono visibilinell’elaborazione come Spherical Grids, è statapoi completamente recuperata con l’allinea -mento e il montaggio delle scansioni ef fettuatedai diversi punti di presa. Dalla successiva costruzione del modello tridi-mensionale e dalla sua analisi geometrica èstato possibile risalire all’ef fettiva forma del-l’intradosso della copertura, che è risultata unaporzione di tronco di cono non retto, con ilpiano d’imposta non perfettamente orizzontale.Definita spazialmente la posizione dell’asse delcono, è stato poi impostato un opportuno UCSin modo da generare le sezioni come parallele eortogonali all’asse stesso. Diversamente, e più semplicemente, conun’unica presa di inquadramento generalesarebbe stato possibile avere un modello com-plessivo della struttura; le sezioni estratte daquest’ultimo, se generate da nuvole di puntiavrebbero mostrato i vuoti d’informazione rela-tive alle ombre, ma, se ricavati dall’elaborazio-ne a mesh sarebbero risultate praticamente inte-gre (Fig. 4). Procedendo in questo modo, però,con l’interpolazione a mesh dei dati mancanti,

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avremmo perso di vista la finalità specifica, chenon era la ‘semplice’ documentazione grafica.Proprio per questo, invece, si è reso necessario,non ‘reinventare’ i vuoti di informazione ma,piuttosto, integrarli con il montaggio delle scan-sioni da più prese, con l’obiettivo specifico diavere dati quanto più vicini possibile allo statoreale. Per quanto in generale risulti pratica comunecreare le sezioni dal modello poligonale – siaper la definizione stessa di sezione, che implicala presenza di un solido e non di punti, sia per-ché, come già detto, la mesh permette di ‘inter-polare’ i vuoti di dati –, nel caso specifico si èdeciso di estrarre le sezioni direttamente dallanuvola di punti, cioè da dati acquisiti diretta-mente piuttosto che lavorare su dati interpolati.Si sottolinea l’importanza sostanziale dei para-metri in gioco per la generazione delle sezioni:il passo di campionamento dovrà essere tale cheil ‘rumore’ dei punti sia ridotto senza per questoapprossimare eccessivamente l’andamentoeffettivo del profilo (Figg. 5 e 6).

Restituzione grafica e risultati finaliNella fase di restituzione grafica , dal modellotridimensionale sono stati ricavati elaborati inambiente CAD, che non essendo dei prodottifinali destinati alla stampa, bensì a nuove e suc-cessive analisi computazionali (eventualmenteanche FEM), sono stati generati in scala al natu-rale (per evitare di introdurre approssimazionilegate a scale più piccole). Direttamente in bidimensionale, poi, sono staterestituite: sezioni xy, orizzontali, con passo di10 cm; sezioni xz, trasversali, con passo di 25cm; sezioni yz, longitudinali, con passo di 50cm.Ciascuna sezione trasversale è stata poi con-frontata con la precedente e la successiva, alloscopo di mettere in risalto e identificare even-tuali irregolarità o deformazioni della superficierilevata. Avendo anche generato sezioni dinuvole di punti, sarebbe possibile confrontareciascuna di esse con un arco di ellisse, oppure diovale, per valutare di quanto la forma reale sidiscosti da quest’ultimo che rappresenta solo lageometria ideale.Infine, allo scopo di individuare le zone di dis-sesto della copertura e misurare le relativedeformazioni, è stato generato – in prima anali-si – un DEM rispetto al piano d’imposta della

volta. Ma essendo la freccia di 3,7 m e le defor-mazioni stimate pari a 1/150 di questa (cioè del-l’ordine di circa 2÷2,5 cm) non è stato possibileben evidenziarle in tale elaborato. Si è pensato,quindi, di procedere a ulteriori confronti geome-trico-dimensionali, valutando l’elevazione delmodello rispetto alla superficieottenuta interpo-lando la nuvola di punti. È stato così possibile apprezzare l’andamentocomplessivo delle irregolarità dell’intera coper-tura; è emerso, infatti, che un’estesa zona dellavolta era soggetta a scostamenti di 5,0 cm dallasuperficie del cono interpolato (Fig. 7). Questoin accordo con un precedente rilievo topografi-co al teodolite con il quale però si era solo evi-denziato uno scostamento puntuale ben più cir-coscritto. In generale il meccanismo deformativo ricavatoda tale analisi corrisponde ad una aspettativateorica che prevede, prevalentemente, abbassa-menti della copertura nella zona centrale erigonfiamenti delle zone laterali.Per verificare i risultati, è stato svolto anche unconfronto fra il modello a nuvola di punti e uncono ‘geometrico’ definito direttamente nelsoftware di post-processamento, le cui caratteri-stiche sono state desunte dall’analisi dellaforma dello stesso modello a nuvola di punti. Ilcono ‘geometrico’ rappresenta l’ideale formadella struttura, per cui lo scopo era quello di evi-denziare gli scostamenti della struttura realedalla sua forma ideale: i risultati sono stati cor-rispondenti a quelli ottenuti dalla precedenteanalisi geometrico-morfologica, avvalorando,quindi, l’approccio seguito e i risultati delloscostamento dal cono interpolato (Fig. 8).Un possibile sviluppo di questa applicazionepotrà essere la verifica del comportamento dellastruttura nel tempo. Mediante tecniche speditive,utilizzando monografie dei punti di stazione,triangolazioni topografiche o più semplicementecon i nuovi laser scanner a gps integrato, saràpossibile rendere le misure confrontabili neltempo, verificare l’eventuale degrado, ottenendoin tal modo una sorta di monitoraggio strutturale.Tale fase si inserisce nello studio, più generale,dell’individuazione di un iter processuale chedefinisca i successivi step di avanzamento di unrilievo laser scanner a fini strutturali, in modo dagarantire la minimizzazione dei tempi di proget-tazione, trattamento e analisi dei dati.

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Riferimenti bibliograficiAA.VV., Laser in the conservation of artworks , progetto di restaurazione virtuale della chiesa di Santa María deWamba, Centro LFA-DAVAP dell’Università di Valladolid, pubblicato negli atti del Congresso Internazionale LACO-NA VII, Madrid 2007.AA.VV., Metodi e tecniche integrate di rilevamento per la realizzazione di modelli virtuali dell’architettura della città,Ricerca COFIN 2004 - Coordinatore nazionale Mario Docci, Gangemi Editore, Roma 2007.Marcello Balzani, Metodologie integrate di rilievo: il centr o storico e il duomo di Ferrara , in “Il Cantiere dellaConoscenza. Metodologie e strumenti per la conservazione ed il restauro” a cura di Rosa Anna Genovese, ArteTipografica Editrice, Napoli 2008.Salvatore Barba, Consideración sobre el levantamiento para la conservación del patrimonio construido , comunica-zione alla XXII Convención Científica de Ingeniería y Arquitectua, pubblicata negli atti del congresso, CUJAE -Ministerio de Educación Superior, La Habana 2004.Vito Cardone, Modelli Grafici dell’Ar chitettura e del T erritorio, nuova edizione a cura di Salvatore Barba, Cues,Salerno 2008.Cesare Cundari, Prospettive del rilievo , relazione al XXVI Convegno Internazionale delle discipline dellaRappresentazione - I Congresso UID, www.dsa.unige.it/eve/convegni/lerici/relazionecundari04.html, Lerici 2004.Francesco Di Paola, Il complesso monumentale dello Spasimo. Lettura e analisi attraverso il rilievo , Tesi di Dottoratodi Ricerca in “Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente”, Coordinatore: Lucia Bonanno - Tutor:Michele Inzerillo, Dipartimento di Rappresentazione, Università degli studi di Palermo Ciclo XVIII.Vincenzo Iannizzaro, I beni culturali e le nuove metodiche del rilevamento digitale , in “L’ingegneria per i beni cultu-rali”, I Farella, Napoli 2007.Vincenzo Iannizzaro, Considerazioni sul rilievo per l’architettura, nella Collana “Incontri sul disegno” diretta da VitoCardone, Cues, Salerno 2003.

Fig. 1: L’immagine di sinistra mostra la vista dal basso della nuvola di punti con riportate tutte le stazioni di presa (quel-le successivamente ‘scartate’ sono schematizzate con un quadrato). A destra, invece, il modello ottenuto dalla fusionedelle diverse scansioni, integrate in maniera da compensare le ombre.

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Fig. 2: Visualizzazione della nuvola di punti con PIFEdit (dati già elaborati con il Parser).

Fig. 3: Trattamento dei dati come Neutral/InnovMetric e Spherical Grids.

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Fig. 4: Sezioni trasversali xz ortogonali all’asse del cono, da nuvola dei punti (a sinistra) e da modello poligonale (adestra); il confronto delle immagini evidenzia l’assenza delle ombre nel modello mesh.

Fig. 5: Parametrizzazione delle sezioni, all’aumentare del passo di campionamento, il ‘rumore’ dei punti si riduce maaumenta l’approssimazione dell’andamento del profilo generato.

Fig. 6: Sezioni longitudinali yz, generate dal modello di punti con valori crescenti del passo di campionamento.

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Fig. 7: Errore dalla superficie conica interpolata: con un valore più intenso gli scostamenti maggiori.

Fig. 8: Immagini DEM, vettorializzate e georeferenziate per renderle misurabili e confrontabili in ambiente CAD.

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SPAZIO E TEMPO DELLA RAPPRESENTAZIONE URBANA NEI WEB-SIT.

Maria Pompeiana Iarossi

La gestione attuale delle informazioni cartogra-fiche è lar gamente af fidata ai SIT -Sistema diInformazione Territoriale, la cui fruizioneavviene ormai, anche nel caso di pubblicheamministrazioni di piccola e media dimensione,attraverso la rete web.Tuttavia, nella maggior parte dei portali carto-grafici oggi attivi, si assiste ad una sostanzialesottoutilizzazione delle potenzialità conoscitivee rappresentative insite nello strumento delweb-SIT, nella misura in cui esso viene ridotto asemplice sistema di archiviazione del patrimo-nio cartografico correntemente in uso o prodot-to dal soggetto gerente il sito, generalmentecoincidente con la sola amministrazione pro-prietaria delle carte.Molteplici e, per molti versi, straordinarie sonoinvece le possibilità che si aprono allorché siguardi al SIT non come ad un banale schedariovirtuale – che, in quanto tale, risulta senza dub-bio più comodo ed ef ficiente di quelli tradizio-nali cartacei - ma come ad un vero e propriosistema di rappresentazione, autenticamenteinnovativo, poiché capace di costruire sul pianologico non solo la descrizione puramente spa-ziale di determinate realtà urbane e territoriali,ma di introdurvi una quarta dimensione, rappre-sentata dalla linea del tempo.Se, infatti, si ritiene che ogni città, ogni luogo,ogni territorio possano essere assunti come fattiarchitettonici, cioè come prodotti di un lento epolifonico processo progettuale e non comecasuale affastellamento di eventi e forme, biso-gna riconoscere che qualsivoglia descrizionepuramente geometrica, che si limiti cioè adescrivere un territorio attraverso il meticolosoposizionamento di ogni punto fisico rispetto adun sistema di riferimento associato alle tredimensioni dello spazio cartesiano, senza met-tere consapevolmente in gioco la coordinatatemporale, risulta del tutto insuf ficiente a com-

prendere il fenomeno urbano e territoriale intutta la sua complessità e, insieme, nella suairripetibile identità architettonica.Sul piano teorico e metodologico, quindi, lanecessaria esattezza metrico-rappresentativa,ormai facilmente consentita dal grado di avan-zamento raggiunto dalle tecnologie di rileva-mento e di rappresentazione disponibili, deveessere coniugata con la capacità di interpretareogni assetto fisico come l’esito di un processoin continuo, ancorché lento, divenire. Ora, questo divenire dei luoghi è, per l’appunto,descritto dal patrimonio cartografico storico e lalettura in sequenza di tutti i documenti cartogra-fici disponibili, con riferimento ad un luogo oad un’area individuata e ad un arco temporale ilpiù possibile ampio, riesce a raccontare i modiin cui, nel tempo, ne è mutato l’assetto fisico,fornendo, quindi, informazioni circa le trasfor-mazioni nel tempo dell’oggetto di volta in voltaindagato. Da questo punto di vista, poiché un elaboratocartografico e iconografico riferito ad un certoluogo -si tratti di una carta geografica a grandescala o della più dettagliata rappresentazionetopografica o perfino di una veduta – è parago-nabile ad un fotogramma scattato in luogo etempo determinati, esso rappresenta senz’altrouna fonte documentale. Sarebbe tuttavia ridutti-vo limitare a ciò il suo valore che, viceversa,include anche la capacità di raccontare come neltempo è mutata e si è consolidata la descrizionee la memoria di quel medesimo luogo. Risulta perciò inappropriato ritenere, comeaccade ormai da qualche tempo, che l’analisidella cartografia storica sia ambito di compe-tenza specifico delle sole discipline storiche,con ciò dimenticando che qualunque prodottocartografico (che abbia, beninteso, un qualcherequisito di originalità e non sia esito di un meroe pedissequo ridisegno) è pur sempre anzitutto

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il frutto storicamente determinato di un lavorodi rilievo e rappresentazione e, quindi, di consa-pevole selezione ed astrazione degli elementiche, nel tempo, hanno concorso a delinearel’identità di un luogo.Ed è proprio il SIT lo strumento più adeguato,nella lettura diacronica e comparativa dell’inte-ro patrimonio cartografico ed iconografico rife-rito ad un luogo determinato, a descrivere ancheil mutare ed il progressivo delinearsi e consoli-darsi nel tempo dell’immagine di quel medesi-mo luogo, consentendo una sorta di “carotaggiotemporale” entro cui si stratifica e prende formail ritratto di una città o di un territorio. Sul piano operativo, queste potenzialità cono-scitive del SIT risultano ulteriormente valoriz-zate allorquando sia possibile far conver gere inun medesimo progetto 1 la costruzione delwebSIT con quelle di informatizzazione degliarchivi storici, con l’obiettivo di consentire laconoscenza della città ereditata. Con il ricorso a strumenti e tecnologie forte-mente innovativi è infatti possibile riannodare ifili, purtroppo attualmente interrotti, di quelprocesso di universalizzazione del sapere edella conoscenza dei luoghi, inaugurata nelXVIII secolo attraverso la divulgazione amezzo stampa del patrimonio cartografico ediconografico, in precedenza appannaggio dipochissimi, e la dif fusione della pratica delGrand Tour, che tanta parte ebbe nel forgiare lepunte più avanzate e cosmopolite della culturaeuropea.Il recente dif fondersi attraverso l’accesso allarete informatica delle pratiche di visualizzazio-ne di porzioni di territorio ormai coincidenti conl’intero pianeta dimostra inequivocabilmentequanto sentito e condiviso sia oggi il bisogno diallargare gli orizzonti di ciascuno, bisognoespresso anche da parte di segmenti sociali tra-dizionalmente esclusi dalla conoscenza di luo-ghi non strettamente coincidenti con l’abitualecontesto di vita.Per secoli, infatti, solo al viaggiatore colto edallo studioso era stato possibile conoscere –equindi riconoscere come proprio- un territorioed un mondo più vasto di cui sentirsi cittadini.La cartografia, in particolare, ha da sempre rap-presentato lo strumento principe di tale appro-

priazione intellettuale dei luoghi, per lungotempo accessibile solo ai pochi privilegiati o aduna ristretta cerchia d’iniziati, al punto cheancora fino agli inizi del XVIII secolo, pressoalcune corti europee, il furto cartografico erapunito con la morte.Il patrimonio cartografico ed iconografico per-venutoci attraverso i secoli è nel tempo conflui-to in archivi diversi, dipendenti da istituzioniseparate, ciascuno dei quali ha consolidato unapparato documentale ricco e preciso. Tuttavia, oggi –per quanto tale circostanzapossa apparir paradossale- la conoscenza dellacittà è resa problematica proprio dalla comples-sa e molteplice articolazione del suo patrimonioarchivistico e dalla altrettanto vasta e non coor-dinata estensione dei relativi apparati docu-mentari. Viceversa, i più avanzati sistemi di digitalizza-zione ed inventariazione del patrimonio carto-grafico ed iconografico, oltre che garantire lasalvaguardia della documentazione archiviata,se opportunamente impostati ed implementati,possono divenire uno straordinario sistema diconoscenza e comunicazione della struttura,della forma e della memoria della città e del ter-ritorio, rispondendo a quel recente ampliamentodella domanda di conoscenza dei luoghi, biso-gno che non può senz’altro ritenersi appagato,se non del tutto superficialmente, da pratiche,come quelle di Google Earth o LiveMaps, voltea sostituire la mera immagine alla descrizionepuntuale dello spazio urbano e territoriale.

Viceversa, la struttura dei webSIT consente dicollegare e rendere consultabili congiuntamenteproduzioni cartografiche ed iconografiche traloro disomogenee per finalità, sistema di rap-presentazione, scala e datazione. Inoltre,l’utente può navigare nel sistema interrogando idiversi documenti secondo particolari e molte-plici tematismi (le cosiddette queries), ciascunodei quali costituisce un definito percorso anali-tico o, se si vuole, una specifica chiave di lettu-ra.Tuttavia, è proprio tale versatilità dello stru-mento a rendere indispensabile una riflessionemetodologica, affinché le sue potenzialità cono-scitive siano valorizzate appieno, anziché bana-

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lizzate nell’accumulo acritico d’informazioniche potrebbero risultare disomogenee, qualoranon intervengano specifiche strategie, atte a sal-vaguardare la correttezza sostanziale della rap-presentazione, anche in assenza di alcuni tradi-zionali puntelli disciplinari, quali, ad esempio, ilfattore di scala, in apparenza definitivamentevanificato nell’incommensurabilità delladimensione informatizzata.

Il SIT è un sistema all’interno del quale è possi-bile collegare direttamente la documentazioned’archivio reperita al luogo (piazza, strada, edi-ficio, ecc.) al quale essa si riferisce; esso rendequindi possibili due operazioni assolutamenteinnovative nel campo delle tecniche di catalo-gazione e ricerca: a) l’individuazione automati-ca, partendo dal documento, del luogo ove è (oera) ubicato l’edificio di cui tratta il documentostesso; b) l’individuazione automatica (o aper-tura) delle schede documentarie inerenti un par-ticolare edificio, partendo dall’ oggetto grafico(isolato, particella catastale, ecc.) rappresentatonella pianta digitalizzata. L’utente ha dunque lapossibilità di ricercare all’interno della banca-dati sia singoli documenti e sia di ef fettuarericerche mirate su gruppi omogenei di docu-menti, selezionati in base ad un parametrocomune (autore, committenza, anno, etc .). A fondamento di tale versatilità di utilizzo devetuttavia essere posto il rigore metodologico e laconsapevolezza critica con la quale vengonosvolte tutte le diverse fasi di costruzione e con-trollo del sistema. Il primo passo è rappresentato dall’acquisizionedei materiali di archivio, che deve essereimprontata dalla ricerca della massima fedeltàmetrica e grafica al documento originale. Essapuò essere eseguita sia con metodo fotogram-metrico, consigliato soprattutto nel caso didocumenti cartografici non piani (come, adesempio, nel caso di mappe arrotolate), siamediante scansione con sistemi scanner piani oa dorso digitale, atti a garantire, anche nel casodi originali di grande formato come l’A0, unaelevato livello di precisione geometrica e radio-metrica. Una volta ottenuta un’immagine digitale soddi-sfacente, è quindi possibile passare alla georefe-

renziazione, operazione che consiste nell’asso-ciare all’immagine acquisita un contenutometrico mediante l’attribuzione di una coppia dicoordinate ad ogni pixel dell’immagine. E’ que-sta una fase estremamente delicata, poiché lasola ridondanza o densità dei punti di controllo– che, di per sé, può già rappresentare un gros-so problema nel caso della carte più antichecome, ad esempio, la Milano di G.B. Clarici del1580 - non è sufficiente a garantire la correttez-za dell’operazione. La scelta di collocazione deipunti, infatti, deve essere compiuta a partiredalla conoscenza del quadro storico, architetto-nico e geomatico entro cui è avvenuta la produ-zione del documento cartografico da georeferi-re. Ad esempio, per le mappe di età napoleoni-ca, i punti di controllo devono essere addensatiessenzialmente lungo gli allineamenti stradali,poiché, in quel momento storico, la cartografa-zione veniva promossa in preparazione di gran-di interventi pubblici di tracciamento o rialli-neamento di assi stradali2. Invece, nel caso dellemappe catastali, è opportuno che esse venganogeoreferite adottando come appoggi prevalenti iconfini tra le diverse proprietà fondiarie, la cuiesatta determinazione a fini fiscali coincidevacon la finalità con cui era stata compiuta la cam-pagna di rilevamento da cui erano scaturite lemappe stesse. Dall’operazione di georeferenziazione di unacarta viene quindi generata un’immagine che,rispetto alla mappa storica originale, rappresen-ta una deformata, il cui discostamento dal docu-mento fisico iniziale deve essere non solo ridot-to al minimo mediante la preventiva determina-zione delle tolleranze metriche ammissibili, mareso in ogni momento riconoscibile attraverso ilmantenimento della trasparenza dell’immaginedeformata rispetto all’originale. A questo punto, l’immagine della mappa geore-ferita può essere sezionata nei diversi oggettigrafici che la compongono mediante digitaliz-zazione e vettorializzazione. Lungi dall’essere una mera operazione di “rilu-cidatura”, la digitalizzazione delle mappe stori-che richiede invece una forte consapevolezzacritica, poiché essa si deve fondare sul ricono-scimento dei possibili oggetti grafici, cioè dellediverse unità architettoniche (l’isolato,

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l’edificio, la particella catastale, il monumento,ecc.) componenti la carta complessiva. In taluni casi questa operazione non può esserecompiuta per interpretazione grafica diretta del-l’immagine georeferita, ma necessita previa-mente di analisi supplementari, condotte inte-grando le informazioni contenute direttamentenella mappa con quelle desumibili da altri docu-menti ad essa collegati, come, ad esempio, nelcaso della Iconografia tracciata per Milano dal-l’ing. Filippini nel 1722, che, non riportando ilparcellario per la parte di città compresa entro lemura, deve essere integrata con complesse rico-struzioni grafiche condotte sulla base deiSommarioni con i Trasporti d’estimo delCatasto Teresiano.Solo una volta che siano state riconosciuti epoligonati gli oggetti grafici componenti il SIT,si può poi procedere a collegare a ciascuno diessi l’informazione o il pacchetto di records checoncorrono nel loro insieme a definirel’architettura generale del database e chepotranno poi dall’utente essere interrogati navi-gando secondo i diversi tematismi del SIT . E’questa la fase vera e propria di inserimento nel

SIT, così che a ciascun oggetto grafico, ad unadeterminata soglia temporale corrispondente aduna mappa storica, risultino collegate informa-zioni e documenti che possono avere naturaassai dif ferente: atti di fabbrica, licenze, maanche vedute, descrizioni, registri catastali, fil-mati, ecc. Attraverso il procedimento descritto è possibilecomporre un database implementabile all’infi-nito, consentendo di creare le condizioni peruna conoscenza dei processi di formazioneurbana integrata e trasmissibile ai livelli piùdiversi. La fruizione di un webSIT così concepito, infat-ti, riesce a soddisfare richieste che vanno dal-l’ambito degli studi specialistici fino a forme didivulgazione più ampia di taluni aspetti dellastoria materiale o alla creazione di percorsidedicati all’utenza in ambiente scolastico oppu-re, ancora, alla progettazione di percorsi musea-li urbani personalizzati, garantendoun’ampiezza del ventaglio di utenti assoluta-mente inconfrontabile con altri e più tradizio-nale mezzi di rappresentazione e dif fusionedella conoscenza della città.

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NOTE

1 Tale a uspicabile c onvergenza è s tata r aggiunta a ll’interno d el pr ogetto d i r icerca “Ritratti di città in un interno.Consolidare la memoria collettiva della città attraverso l’informatizzazione e la divulgazione della cartografia stori-ca”, attivato nel 2008 con i l contributo della Fondazione Cariplo. Il progetto, che ha t ra come suo principale obiettivo l a costruzione di un portale di accesso t elematico ai S IT della car-tografia e d ell’iconografia d i M ilano, B ologna e R oma, è c oordinato d al D PA- D ipartimento d i P rogettazionedell’Architettura del P olitecnico di M ilano e, per il la voro riferito a M ilano, vede la partecipazione dell’Archivio diStato, della C ivica R accolta delle S tampe “A . Bertarelli”, del S ervizio S IT e Cartografia del Comune di Milano. P erBologna, l ’unità di r icerca è f ormata dal D APT – D ipartimento di Architettura e P ianificazione Territoriale co n i lDISTART- D ipartimento d i I ngegneria d elle S trutture, d ei Trasporti, d elle Acque, d el R ilevamento, d el Territoriodell’Alma M ater S tudiorum – U niversità di Bologna, dall’Archivio di S tato di Bologna, dalla F ondazione C ollegioArtistico Angelo Venturoli e dal Servizio Sistemi informativi geografici ed Archivio Cartografico della Regione Emilia-Romagna. L’unità di R oma è co mposta i nvece dal DipSU- Dipartimento di Studi Urbani dell’Università “Roma Tre”,dall’Archivio di S tato di R oma, dall’Accademia di S . Luca, dalla Sovraintendenza Archeologica e dal Dipartimento VI°“Politiche Programmazione e Pianificazione del Territorio” del C omune di R oma.Le illustrazioni qui riportate fanno parte del lavoro di ricerca tutt’ora in corso presso l ’unità di ricerca di Milano.

2 E’ questo i l caso, ad esempio, della Pianta della Città di Milano Capitale del Regno d’Italia ordinata, in scala 1/1000,dall’Amministrazione comunale agli Astronomi di Brera nel 1807, i n preparazione del Piano dei Rettifili , poi appro-vato da Napoleone nel dicembre di quel medesimo anno.

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Fig. 1 - Iconografia della Città e Castello di Milano, redatta nel 1722 dall’ingegner G.Filippini. Benché questa carta, perle porzioni di suolo ricadenti nel nucleo interno alle mura, si limitasse a rappresentare il perimetro degli isolati, fu adot-tata quale mappa di riferimento per il Catasto Teresiano della città di Milano.

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Fig. 2 - Georeferenziazione dalla “Milano” di G.B.Clarici del 1580 (2a) e dalla Pianta della Città di MilanoCapitale del Regno d’Italia (2b), eseguita in scala 1/1000dagli Astronomi di Brera nel 1807. Coordinamento scien-tifico della georeferenziazione prof. ing. F . Guzzetti conarch. A. Privitera, e arch. F. Di Maria.

Fig. 2a

Fig. 2b

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Fig. 3 - Piano dei Rettifili, approvato nel dicembre 1807 e tracciato sulla base cartografica della Pianta degli Astronomi.

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Fig. 4 - Esempio di ricostruzione grafica del parcellario catastale di un isolato, alle soglie storiche del 1854, 1807 e 1751,effettuata attraverso la lettura comparata delle informazioni cartografiche e dei Registri catastali d’impianto e deiTrasporti d’estimo. Elaborazione grafica arch. A, Sachero, Ricerche d’archivio: prof. G.Cislaghi.

Fig. 5 - Domenico Aspari, Veduta dei giardini pubblici dai bastioni di Porta Orientale, (1793)

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Fig. 6 - Amanzia Guerrillot, Il Rebecchino in piazza Duomo, (1850), olio su tela.

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Se parliamo di rappresentazione e di progetto,attività strettamente legate nei processi di meta-morfosi urbana e territoriale, la domanda è:Quale disegno dovremo usare per rappresentarela complessità? Nel testo What time is this place?(K. Lynch, 1972), che potremmo tradurre in Chetempo è questo luogo? , si evidenzia come lasovrapposizione delle nostre architetture nonoffra più mar gini per la lettura e comprensionedegli spazi in cui viviamo oggi, pregiudicando glieffetti voluti dai vari piani e progetti.Almeno a prima vista. La pianificazione attualesi estrinseca ancora nella ricerca sempre piùpressante di spazio: l’unico obiettivo è costrui-re, saturare ogni possibile “vuoto”, dovendo,comunque e a fatica, fare i conti con quello chec’è, e che non c’è. Se il cambiamento “naturale”del territorio determina una semplice ridistribu-zione morfologica, oppure alterazioni dellaforma e della massa, mantenendo comunque unequilibrio dell’insieme, il cambiamento “strut-turato” e “pensato” dall’uomo per il territoriodovrebbe portare a situazioni migliorative o,almeno, rimuovere quelle inopportune o addirit-tura lesive. È in questo senso che entrano ingioco il rilievo, come conoscenza, e il progetto,come idea di un pensiero innovativo: elementiaccomunati dalla rappresentazione, resi leggibi-

li dal disegno, se relazionati in modo adeguatoalle realtà interessate. La metamorfosi urbana eterritoriale passa attraverso i segni, ma ancheattraverso le sensazioni e le percezioni che sin-golarmente percepiamo, e sono elementi impor-tanti almeno quanto i numeri, i diagrammi e lecoordinate geografiche che definiscono lenostre mappe. La rappresentazione dello spazio,che è il momento in cui avviene il riconosci-mento delle sue leggi ordinatrici e dei suoi mec-canismi di regolazione evolutiva, è già anticipa-trice del progetto di quel territorio, dove il ruolodel disegno può porsi come momento anticipa-tore delle nuove idee. In che modo possiamorappresentare la conoscenza e le declinazionidei luoghi? C’è un modo per ANTICIPAREanche graficamente l’evoluzione di oggi e didomani? Partendo dalla consapevolezza che glistrumenti che abbiamo a disposizione per“disegnare” sono obsoleti, o almeno insuf fi-cienti, per i nuovi contesti con cui dobbiamoconfrontarci, è evidente che sarà necessariocostruire nuovi scenari di indagine e di speri-mentazione, per individuare modi più sofistica-ti e interattivi con cui “manipolare” i segni e idisegni di oggi, proiettati nel futuro per e con inostri studenti, cui daremo in eredità il nostropatrimonio umano.

DISEGNO SENZA FINEOVVERO, COME KEVIN LYNCH DISEGNEREBBE OGGI?

Lucia Krasovec Lucas

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AbstarctIl sottile limite fra arte e architettura sembra dis-solversi nel momento in cui si affronta un tema diprogettazione visiva che, come tale può spaziareda un’immagine estremamente or ganica a unacomposizione grafica basata esclusivamentesulla geometria. Se è vero che ogni composizio-ne grafica mantiene in sé delle proporzioni e deirapporti formali che - in modo più o meno con-sapevole - sono stati definiti dall’autore, è altret-tanto vero che talvolta essi sono di difficile deco-dificazione e appaiono leggibili soltanto se ana-lizzati in modo più rigoroso e approfondito. Non si può pensare ad un progetto architettoni-co o di design, senza passare attraverso la geo-metria descrittiva in prima battuta e una com-plessa serie di elaborazioni grafiche e passaggidi scala nelle fasi più evolute, mentre, dovendorealizzare un progetto di comunicazione visiva,si può mantenere la rilevanza iniziale del “gestocreativo” fino alla fase esecutiva.La storia della produzione grafica insegna comei pionieri della comunicazione visiva abbianomosso i primi passi avvalendosi tanto del sup-porto geometrico-matematico, quanto af fidan-dosi alla propria sensibilità artistico-creativa. Pur mantenendo un rigore compositivo dettatodai più elementari principi geometrici, le “af fi-ches” di Loutrec di fine ottocento appaionoquasi esclusivamente come delle opere pittori-che composte con l’elemento “parola”; diversa-mente, a pochi anni di distanza, gli studi com-positivi di Cassandre, originano dei prodottigrafici che esprimono in modo evidente tutti irapporti geometrico-proporzionali alla basedella composizione.La questione non è mutata e ancora oggi, a oltreun secolo di distanza, dovendo af frontare untema di progettazione grafica si possono percor-

rere strade che, oltre a portare a risultati dif fe-renti, appaiono in totale contrasto.Nel tentativo di individuare una metodologia diprogetto per la comunicazione ci si chiede, allo-ra, fino a che punto la creatività istintiva (lega-ta alla gestualità) e il rigore geometrico possanoo debbano coesistere in un prodotto grafico e aquali elaborazioni questo dovrà venire sottopo-sto per essere sviluppato e realizzato. Prendendo spunto da progetti realizzati, si pos-sono porre a confronto due esperienze diverse,che testimoniano sia il diverso approccio geo-metrico-compositivo, sia, il diverso processoproduttivo dell’idea stessa.

Dovendo progettare il marchio per un nuovonegozio di abbigliamento il cui nome - Posh - èun acronimo utilizzato per riservare le cabinemigliori ai viaggiatori elitari che richiama allamente le grandi traversate di inizio novecento, siè fatto riferimento al tipo di comunicazione chenegli anni venti (in pieno periodo Decò) venivautilizzata per reclamizzare gli imponentissimitransatlantici di nuova generazione. Forme plastiche, fortemente stilizzate e sem-plificate, sviluppate a partire da una rigorosis-sima matrice geometrica, nella quale segno,disegno e parola si compongono nel pienorispetto di rigide impostazioni matematiche eproporzionali. Lo sviluppo di un’idea così for-temente connessa alla geometria richiede suc-cessivi livelli di approfondimento ed analisiche fanno del disegno iniziale soltanto il primoelemento per lo sviluppo del progetto graficodefinitivo. In altre parole, il primo bozzetto o iprimi schizzi, quand’anche fossero eseguiticon rigore e attenzione, rappresenterebberosoltanto una fase lungo l’evoluzione del pro-dotto grafico.

DISEGNARE PER COMUNICARE - IL PROGETTO PER LA COMUNICAZIONE VISIVA

Massimo Malagugini

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Diversamente, nel caso di una diversa esperien-za progettuale, il logo per identificare l’Acque -dotto Storico di Genova, ha fatto del disegnodell’idea iniziale l’elaborato stesso di progetto.In questo caso, la composizione sembra rispon-dere a inconsce regole proporzionali, secondouna attenta sensibilità progettuale, ma il fatto sucui si vuole porre l’attenzione è proprio la man-canza di una seconda fase di elaborazione deldisegno: il disegno stesso dell’idea diventa ilprogetto finito della comunicazione.Si tratta soltanto di digitalizzare il disegno cheviene trattato come un’immagine e non come ilrisultato di un’operazioine vettoriale. È questo il

caso degli innumerevoli loghi che derivanodalla scrittura autografa; dalle firme stesse che,talvolta, assumono la valenza e la forma di unlogomarchio, senza peraltro passare attraversouna complessa fase di elaborazione grafica.Analizzando più a fondo la questione si puòarrivare a riconoscere nel disegno per la comu-nicazione una forza tale per cui in certi casi ildisegno coincide con il progetto e altro non èche la matrice delle infinite riproduzioni serialiche da esso nasceranno; quindi non semplice-mente un disegno per il progetto del prodottofinale, bensì il disegno di progetto inteso essostesso come prodotto finale.

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