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215 Gli eetti La scossa più forte avvenne il 7 settembre 1920 alle ore 7:56 locali e fu percepita nellarea dei maggiori eetti per una durata di 20 secondi. Il terremoto era stato preceduto da alcune scosse minori il 6 settembre, fra cui una più sensibile alle ore 16:05 locali. I morti furono 171, i feriti circa 650 e alcune migliaia i senzatetto. Il terremoto causò eetti altamente distruttivi in unarea di circa 160 km 2 com- prendente i territori della Garfagnana (medio-alta valle del ume Serchio) e della Lunigiana (alta valle del ume Magra), nella Toscana nord-occidentale. Ci furo- no distruzioni estese, crolli diusi e danni gravissimi in decine di località poste fra lAppennino tosco-emiliano (in particolare lalto reggiano e il Frignano), le Alpi Apuane e lAppennino ligure. Le province più colpite furono quelle di Lucca, di Massa-Carrara e, in misura minore, quella di Reggio Emilia. Larea in cui il terremoto fu sentito fu vastissima: si estese, verso nord, a tutta la Pianura Padana no alla Val dAosta e al Trentino, e dalla Costa Azzurra al Friuli; verso sud, comprese tutta la Toscana, lUmbria e le Marche settentrionali. I massimi eetti furono del X grado MCS e furono rilevati a Capraia e a Vil- la Collemandina, in Garfagnana (provincia di Lucca), e a Montecurto e Vigneta, in Lunigiana (provincia di Massa-Carrara). uesti quattro piccoli abitati furono quasi completamente distrutti. In altri quattro paesi (Agliano, Cortia, Regnano e Sassalbo) quasi tutte le case crollarono, totalmente o parzialmente, o divennero ina- bitabili. Oltre a questi otto paesi quasi completamente rasi al suolo, altri 110 (fra cui Fivizzano e Piazza al Serchio) riportarono crolli estesi a gran parte del patrimonio edilizio, con eetti di grado VIII-IX o IX MCS. In altri 145 paesi i crolli totali di edici furono più limitati, ma ci furono numerosi crolli parziali e gravi danni estesi a gran parte del patrimonio edilizio (eetti di grado VIII MCS o appena inferiore). Inoltre, circa 130 località riportarono danni di media entità (gradi VII e VI-VII MCS), mentre danni più leggeri (eetti intorno al grado VI MCS) furono riscontrati in una settantina di centri toscani, emiliani e liguri (si veda in Appendice lelenco completo delle località classicate). 19 1920 7 settembre Garfagnana e Lunigiana Me 6.5 I0 X Imax X Siti valutati: 750 Ancora un disastro sismico nel perdurare di una crisi economica e nanziaria di dimensioni europee, in un clima sociale arroventato da scontri e conitti. In una vasta area appenninica, fra la Toscana, la Liguria e l’Emilia, i crolli e le lesioni colpiscono centinaia di abitazioni di paesi e case coloniche sparse, chiese e antiche cattedrali. La fatica della ricostruzione pesa come un macigno sugli abitanti, da pochi anni rientrati dai fronti di guerra. L’esasperazione di disoccupati e senzatetto si scontra con le istanze di un governo preoccupato dell’ordine pubblico che non fornisce risposte adeguate.

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1920 7 settembre Garfagnana e LunigianaUn disastro sismico nel perdurare di una crisi economica e finanziaria di dimensioni europee, in un clima sociale arroventato da scontri e conflitti.

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Gli eettiLa scossa più forte avvenne il 7 settembre 1920 alle ore 7:56 locali e fu percepita nellarea dei maggiori eetti per una durata di 20 secondi. Il terremoto era stato preceduto da alcune scosse minori il 6 settembre, fra cui una più sensibile alle ore 16:05 locali. I morti furono 171, i feriti circa 650 e alcune migliaia i senzatetto.

Il terremoto causò eetti altamente distruttivi in unarea di circa 160 km2 com-prendente i territori della Garfagnana (medio-alta valle del ume Serchio) e della Lunigiana (alta valle del ume Magra), nella Toscana nord-occidentale. Ci furo-no distruzioni estese, crolli diusi e danni gravissimi in decine di località poste fra lAppennino tosco-emiliano (in particolare lalto reggiano e il Frignano), le Alpi Apuane e lAppennino ligure. Le province più colpite furono quelle di Lucca, di Massa-Carrara e, in misura minore, quella di Reggio Emilia.

Larea in cui il terremoto fu sentito fu vastissima: si estese, verso nord, a tutta la Pianura Padana no alla Val dAosta e al Trentino, e dalla Costa Azzurra al Friuli; verso sud, comprese tutta la Toscana, lUmbria e le Marche settentrionali.

I massimi eetti furono del X grado MCS e furono rilevati a Capraia e a Vil-la Collemandina, in Garfagnana (provincia di Lucca), e a Montecurto e Vigneta, in Lunigiana (provincia di Massa-Carrara). uesti quattro piccoli abitati furono quasi completamente distrutti. In altri quattro paesi (Agliano, Cortia, Regnano e Sassalbo) quasi tutte le case crollarono, totalmente o parzialmente, o divennero ina-bitabili.

Oltre a questi otto paesi quasi completamente rasi al suolo, altri 110 (fra cui Fivizzano e Piazza al Serchio) riportarono crolli estesi a gran parte del patrimonio edilizio, con eetti di grado VIII-IX o IX MCS. In altri 145 paesi i crolli totali di edici furono più limitati, ma ci furono numerosi crolli parziali e gravi danni estesi a gran parte del patrimonio edilizio (eetti di grado VIII MCS o appena inferiore). Inoltre, circa 130 località riportarono danni di media entità (gradi VII e VI-VII MCS), mentre danni più leggeri (eetti intorno al grado VI MCS) furono riscontrati in una settantina di centri toscani, emiliani e liguri (si veda in Appendice lelenco completo delle località classicate).

191920 7 settembre Garfagnana e LunigianaMe 6.5 I0 X Imax X Siti valutati: 750

Ancora un disastro sismico nel perdurare di una crisi economica e nanziaria di dimensioni europee, in un clima sociale arroventato da scontri e conitti. In una vasta area appenninica, fra la Toscana, la Liguria e l’Emilia, i crolli e le lesioni colpiscono centinaia di abitazioni di paesi e case coloniche sparse, chiese e antiche cattedrali. La fatica della ricostruzione pesa come un macigno sugli abitanti, da pochi anni rientrati dai fronti di guerra. L’esasperazione di disoccupati e senzatetto si scontra con le istanze di un governo preoccupato dell’ordine pubblico che non fornisce risposte adeguate.

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Nel territorio lucchese, comprendente tutta la Garfagnana, il comune più colpito fu Villa Collemandina. Gravi distruzioni interessarono anche tutte le frazioni del territorio comunale (con leccezione di Sassorosso). Moltissimi edici divennero inagibili, inclusa la chiesa; le case costruite in forte pendìo crollarono travolgendo quelle sottostanti. A Canigiano, Corno, Magnano, Massa, Pianacci, tutte le case e le chiese crollarono o furono così mal ridotte da essere dichiarate inabitabili. Il terremoto distrusse anche la maggior parte delle case di Camporgiano e delle sue frazioni: Casatico, Cascianella, Casciana, Poggio, Puglianella, Roccalberti, Vitoio, Sillicano.

Un altro comune fra i più colpiti fu Minucciano, dove quasi tutte le case crolla-rono o divennero inabitabili. Il terremoto fu distruttivo anche a Piazza al Serchio e in alcune frazioni del comune, come San Donnino, Petrognano, Cogna, Nicciano, Livignano: anche in queste località gran parte delle case e delle chiese crollarono o divennero inabitabili. Per quanto riguarda in particolare Piazza al Serchio, ne-gli edici più recenti, aacciati sulla via principale, vi furono danni gravi e crolli parziali, ma rimasero in piedi i muri esterni; le case più vecchie, costruite presso la sponda del torrente Acqua Bianca, furono invece quasi tutte rase al suolo; la chiesa e la canonica crollarono parzialmente.

A Sillano e nelle sue frazioni, numerose case crollarono e tutte le altre furono più o meno fortemente lesionate e dichiarate in gran parte inabitabili. Stessa sorte toccò alle chiese parrocchiali e alle loro canoniche. Nel comune di Vagli Sotto la

provincia di Lucca

155. Eetti complessivi del terremoto del 7 settembre 1920.

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località più colpita fu la frazione di Vagli Sopra: quasi tutte le case crollarono o di-vennero inabitabili. La chiesa, il campanile e la canonica crollarono; lantica chiesa parrocchiale di SantAgostino, risalente al XIII secolo, divenne pericolante; lora-torio della Concezione crollò parzialmente.

Nel comune di San Romano in Garfagnana, il terremoto danneggiò molto gra-vemente il capoluogo e le frazioni. Nel comune di Castiglione di Garfagnana la località più danneggiata fu Chiozza, che fu semidistrutta dal terremoto, con mol-tissimi crolli. Anche a Castiglione di Garfagnana, secondo centro della vallata dopo Castelnuovo, e nelle sue frazioni ci furono distruzioni estese, con il crollo di molti edici e diusa inabitabilità. Nel capoluogo crollò parte della chiesa di San Michele e il campanile fu scapitozzato. Furono rilevati danni gravi a tutti gli edici e alle mura medievali; nelle due chiese parrocchiali crollarono le volte.

Barga, importante centro storico-artistico della Garfagnana, non fu tra i paesi più colpiti, ma i danni furono comunque molto gravi, con eetti valutabili intorno al grado VIII MCS: il terremoto danneggiò, infatti, il 75% degli edici, abitati per lo più da popolazione povera, causando il crollo totale di molte case. Fu rilevato che gli edici che subirono i danni minori erano case di vecchia costruzione, edicate con mura larghe e volte robuste. La parte più danneggiata del paese fu quella com-presa tra piazza Salvi e porta Macchiaia no alla chiesa di San Felice, il cui campani-le crollò completamente danneggiando in modo grave gli edici vicini. Nel palazzo comunale si aprirono ampie e profonde fessure e la sala consiliare crollò. Nella parte

156. Particolare degli eetti del terremoto del 7 settembre 1920.

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alta del paese furono rilevati danni di minore entità, sebbene alcune case fossero divenute inabitabili. Lantico duomo riportò danni molto gravi: la cupola maggiore e la volta della cappella centrale crollarono; ci furono danni notevoli nellabside e al pulpito, opera di Nicolò Pisano, e il campanile divenne pericolante; fu, inoltre, rilevata una deformazione nella facciata, che la portò fuori piombo. Tutto il patri-monio ecclesiastico di Barga subì danni molto gravi. Nellarea circostante il paese, molte case coloniche ebbero crolli e profonde lesioni.

Gli altri comuni della Garfagnana, come quelli del circondario di Castelnuo-vo di Garfagnana (Vergemoli, Trassilico, Molazzana, Gallicano, Fosciandora e lo stesso Castelnuovo) furono colpiti in modo meno distruttivo, anche se, in alcuni casi subirono danni gravi, con eetti no al grado VIII della scala MCS (crolli par-

157. Terremoto del 7 settembre 1920. Villa Collemandina: la chiesa in gran parte crollata e il cam-panile diroccato e spaccato.

158. Terremoto del 7 settembre 1920. Villa Collemandina: ripari provvisori vicino alle rovine.

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ziali, sporadicamente totali, e diusa inabitabilità). A Castelnuoo di Garfagnana, il centro più noto e rappresentativo della vallata, la scossa causò danni e lesioni alle case, rendendone qualcuna temporaneamente inabitabile. Gli eetti non superaro-no il VII grado MCS, facendo di questa importante cittadina unisola “scampata” in mezzo a tante distruzioni.

uello di Fivizzano (18-19 mila abitanti) fu il territorio comunale più colpito. Ol-tre alle frazioni di Montecurto e di Sassalbo che, come si è detto sopra, andarono quasi completamente distrutte, il terremoto causò il crollo totale di numerose case e gravissimi danni anche nel capoluogo e in diverse altre frazioni.

A Fivizzano i muri esterni di molti edici furono lesionati ma non crollarono, mentre crollarono numerosi muri interni. In particolare nellospedale, edicio co-struito nel 1440 e originariamente adibito a convento francescano, ci fu lo spro-fondamento del tetto e profonde lesioni ai muri, tanto che una parte dovette essere demolita. Nellattigua chiesa di San Francesco ci furono crolli e danni irreparabili. Anche la caserma dei carabinieri fu gravemente danneggiata; lhotel “Giardinetto” crollò. Restarono invece intatti la cattedrale e alcuni edici di costruzione recente, come il palazzo della posta e il monumento al poeta di Fivizzano, il marchese Gio-vanni Fantoni (1755-1807).

Nelle frazioni di Fivizzano (Castelletto, Cotto, Cerignano, Collegnago, Mommio, Moncigoli, Motta, Pognana, Certardola, Serrarola, Spicciano, Terenzano, Turlago, Vendaso, Verrucola) quasi tutte le case crollarono o divennero inabitabili. Crolli e inabitabilità diusa furono riscontrati anche in molti edici a Gassano, Po e Viano; in questultima località la pieve monumentale subì danni molto rilevanti, con crepe nella volta e negli archi.

Un altro comune fra quelli più danneggiati fu Casola in Lunigiana: nel suo terri-torio comunale rientravano Vigneta e Regnano, due dei paesi quasi completamente rasi al suolo dalla scossa. Nel capoluogo, quasi tutti gli edici dovettero essere di-

159. Terremoto del 7 settembre 1920. Casciana, frazione di Camporgiano: crolli e puntellamenti.

provincia di Massa-Carrara

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chiarati inabitabili, molti crollarono; il castelletto e la torre rimasero gravemente lesionati e se ne ritenne necessaria la demolizione. A Ugliancaldo quasi tutte le case divennero inabitabili e molte crollarono totalmente. È interessante rilevare che, in questo paese, 32 case fatte costruire con rigorosi criteri edilizi dal granduca Leo-poldo II dopo il terremoto del 1837 subirono danni meno gravi rispetto agli altri edici. Chiese parrocchiali e piccoli oratori, castelli, torri medievali si squarciarono e cedettero in quasi tutto il territorio di Casola.

Anche nel comune di Villaanca in Lunigiana il terremoto causò il crollo di molte case e lesioni. Nel capoluogo, i danni, per quanto gravi, non superarono il grado VIII MCS. Numerose abitazioni, in particolare nella via Vittorio Emanue-le, riportarono gravi lesioni e crolli parziali divenendo inabitabili; furono notevol-mente danneggiate le chiese di San Giovanni, San Nicolò e San Francesco; nellex convento di San Francesco, allepoca sede del municipio, furono riscontrati danni enormi; fu gravemente lesionato lantico castello dei Malaspina, allepoca abitato dal marchese Scipione Malaspina, che fu costretto ad abbandonarlo.

Al di là del crinale dellAppennino, nella provincia reggiana, il comune più dan-neggiato fu Villa Minozzo. Il capoluogo fu danneggiato in modo non grave; nu-merose frazioni invece subirono danni ingenti, con crolli ed estese distruzioni. Fra le frazioni più colpite Asta, Coriano, Civago, dove quasi tutte le case crollarono o furono dichiarate inabitabili; in particolare, nella chiesa parrocchiale di Civago, da poco restaurata, le murature esterne furono gravemente lesionate, la volta crollò quasi interamente, rompendo gli altari di marmo sottostanti, e la canonica divenne inabitabile; i danni furono aggravati dalle condizioni di instabilità del terreno che stava “scivolando” verso il corso del sottostante torrente Dolo. Le frazioni di Case Stantini, Cervarolo, Febbio, Gazzano, Minozzo, Monteorsaro, Noellano, Riparo-tonda, Roncopianigi, Secchio ebbero danni un po’ più contenuti, per quanto sempre gravi: la maggior parte delle case divennero inagibili e ci furono alcuni crolli par-ziali. ui i danni sismici furono notevolmente aggravati da un esteso movimento franoso che, messo in moto dal terremoto, si staccò dal versante nord orientale del monte Cusna (2.121 m).

Complessivamente nellintero territorio comunale di Villa Minozzo un centi-naio di case crollarono totalmente, unottantina crollarono parzialmente e un altro centinaio furono danneggiate gravemente e dichiarate inabitabili. I senzatetto fu-rono oltre duemila.

Anche Ospitaletto, nel comune di Ligonchio, fu molto danneggiato: quasi tutte le case crollarono o divennero inabitabili. A Ligonchio paese e nelle altre frazioni del comune, Caprile, Cinquecerri, Vaglie, le distruzioni furono invece meno gravi, anche se i danni furono comunque enormi: molte case crollarono, totalmente o parzialmente; a Cinquecerri, crollarono la chiesa parrocchiale e il campanile. Com-plessivamente, nellintero territorio comunale di Ligonchio, 34 case crollarono to-talmente, 231 furono danneggiate gravemente e dichiarate inabitabili, 128 furono lesionate.

A Massa e a Carrara il terremoto causò danni gravi e diusi: per Massa è attestato il danneggiamento di molti edici, tra i quali il palazzo ducale, la cattedrale, la que-stura, larchivio di Stato, il palazzo vescovile e il seminario; questi due ultimi edici riportarono danni molto seri. In numerose abitazioni, anche di costruzione recen-te, furono rilevati crolli parziali, caduta di camini e crepe nei muri. Più di 1.000 per-

provincia di Reggio Emilia

altre località colpite in Toscana

e in Emilia

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sone dovettero abbandonare le loro abitazioni, dichiarate inabitabili, e alloggiare in baracche. Anche a Carrara, molti edici risultarono inagibili. Il palazzo ducale dei Malaspina fu estesamente lesionato. Il duomo fu invece poco danneggiato. Circa 2.000 persone dovettero alloggiare in baracche.

In tutta la Versilia la scossa fu fortissima. A Lucca il terremoto causò la cadu-ta di tegole, camini e calcinacci. In molti edici, compresi il palazzo municipale e lospedale, si produssero lesioni e fenditure alle pareti e ai sotti. Nelle campagne della lucchesia crollarono alcuni tetti e molte case furono lesionate. A Pisa rimasero gravemente danneggiati diversi edici, fra cui larchivio di Stato, la chiesa di San Michele degli Scalzi, la chiesa di San Matteo e la fonderia Piccoli, dove crollò la ciminiera; nel palazzo vescovile caddero calcinacci e si aprirono delle fessure. Anche a Livorno e a Pistoia sono attestati danni leggeri. A Prato e a Firenze, il terremoto fu sentito fortemente ma senza danni.

In Emilia, la scossa fu molto forte a Parma, dove causò grande panico tra la po-polazione e la caduta di vetri e numerosi comignoli, in particolare nelle strade Fari-ni, Garibaldi, Mazzini e Ponte Caprazucca. Dalle facciate delle chiese di San Rocco e di SantAlessandro caddero grossi blocchi di ornato; fu danneggiata la cuspide del campanile della chiesa del Santo Sepolcro. A Modena caddero calcinacci e in alcuni edici furono notate delle lievi incrinature nei muri. A Reggio Emilia la popolazio-ne fu presa dal panico ma non ci furono danni.

Spaccature, ane e cadute di massiIl terremoto causò spaccature nel terreno, frane e cadute di massi in numerose lo-calità della Garfagnana e della Lunigiana, sia sui versanti delle Alpi Apuane che su quelli dellAppennino tosco-emiliano. Sui colli circostanti Castiglione di Garfa-gnana ci furono scoscendimenti e si aprirono fratture nel suolo. Fenomeni analoghi furono rilevati nei pressi di Rigoso e nella campagna di Bagnone, in Lunigiana.

161. Terremoto del 7 settembre 1920. Castiglione di Garfagnana: lo stesso tratto della cinta dopo il terremoto: crollarono la parte alta del torrione e la torre sopra la porta.

eetti sull’ambiente

160. Castiglione di Garfagnana: il tratto della cinta muraria lungo via Nazionale prima del terremoto del 7 settembre 1920.

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162. Terremoto del 7 settembre 1920. Barga: edici sventrati e inagibili in via del Pretorio.

163. Terremoto del 7 settembre 1920. Barga: crolli e lesioni nella volta della cappella centrale del duomo.

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Frane, distacchi e cadute di massi e rocce in Garfagnana furono rilevati nelle zone di Corno, sotto il monte Pania di Corno, e di Capraia, sul versante appen-ninico; nei pressi di Careggine, sul versante apuano; nelle zone di Mezzana, Piazza al Serchio, Pieve Fosciana, San Romano in Garfagnana e Sillano. Nella campagna di Giuncugnano si aprirono dei crepacci nel suolo e si staccarono molte pietre da un monte vicino.

Larghi crepacci nel terreno si aprirono anche a Treumi, nellAppennino par-mense. Nei pressi di Secchio, nellAppennino reggiano, si aprì nel terreno una spac-catura molto profonda che si allargò progressivamente nei giorni successivi al ter-remoto.

Sul versante carrarese delle Alpi Apuane, una frana nelle cave di Carrara causò la morte di alcuni operai; frane e cadute di massi ci furono anche a Massa e, pochi chilometri a est, a Campaiana.

Una grande frana si staccò dal versante nord-orientale del monte Cusna, nellAp-pennino reggiano, e investì gli abitati di Asta, Case Stantini, Febbio, Roncopianigi e Riparotonda (frazioni del comune di Villa Minozzo), aggravando i danni causati dal terremoto. La frana si allargò in seguito, estendendosi per una larghezza di oltre 6 km; nellottobre successivo, in un avvallamento del terreno prodotto dalla frana si formò un lago.

A Fivizzano, Mologno, Poggio e Piazza al Serchio si formarono spaccature, lar-ghe anche no a 10 cm, nelle carreggiate di alcune strade; fenomeni analoghi furo-no rilevati anche in strade fuori dai centri abitati, soprattutto nellarea compresa tra Fivizzano e Piazza al Serchio.

Una popolazione di montagna in case povereIl terremoto causò un numero di morti relativamente basso (171) rispetto a quanto ci si sarebbe atteso sulla base dellenergia rilasciata dal terremoto e dei danni causati. Tra le ragioni, cè il fatto che il terremoto era stato preceduto il giorno prima da una forte scossa (6 settembre, ore 16:05), che fu sentita da tutti, allarmando la popo-lazione e spingendo molti a stare fuori casa. Inoltre, quando avvenne la scossa più violenta, alle ore 7:56 locali, nelle case si trovava un numero relativamente limitato di persone, per lo più anziani, donne e bambini, perché molti abitanti addetti ai lavori agricoli e allallevamento del bestiame erano già nei campi.

Anche in questo caso, alle estese distruzioni e allenorme entità dei danni con-corsero le sfavorevoli caratteristiche dei terreni di fondazione e le pessime condizio-ni delledilizia locale. Larea investita dal terremoto del 7 settembre 1920 era una zona montuosa, con uneconomia prevalentemente rurale e abbastanza povera. Le case coloniche, ma anche molti edici nei centri urbani, erano di scarsa qualità, e inoltre per lo più privi di manutenzione. Il livello di vulnerabilità prima del terre-moto in molti casi era elevatissimo.

uasi tutti gli edici, con lesclusione delle costruzioni più importanti, erano costruiti con materiali poveri e con tecniche tradizionali. Le case dabitazione ave-vano un massimo di due piani, ma i muri erano costruiti con pietre irregolari, ce-mentate con calce, mescolata a troppa sabbia. Le tipologie di danno più diuse negli edici furono: distacco quasi completo dei muri, lesioni nelle pareti, rottura degli architravi, strapiombo delle murature, crollo e dissesto dei tetti, dei solai e delle scale.

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Le distruzioni in un’accesa conittualità economica e socialeuando avvenne il terremoto, era in corso una crisi economica di dimensioni eu-ropee, in un dopoguerra agitato da molti conitti, come già rilevato per i prece-denti terremoti. I problemi sociali erano drammatici soprattutto su due versanti: quello del reinserimento dei reduci di guerra nella società civile e quello del clima conittuale in corso, che varcava i conni dei luoghi di lavoro e di produzione per diventare una rivolta politica.

Ma la crisi più grande riguardava leconomia. A monte cera la grande depressio-ne del mercato nanziario internazionale, iniziata durante la guerra a causa dellau-mento delle conversioni della valuta in oro e delle tesaurizzazioni, senza contare le dicoltà di comunicazione e di trasporto dovute al conitto in corso. A guerra nita, il sistema nanziario era sullorlo del collasso. In quel clima dinstabilità ogni paese si trovava a dovere arontare enormi problemi economici. Lallentamento dei controlli pubblici, la liberalizzazione dei cambi e la precedente crescita della quan-tità di moneta circolante determinarono in Italia una forte espansione produttiva, del tutto insostenibile per leconomia dellepoca: linazione andò fuori controllo e proprio nel 1920 lincremento dei prezzi raggiunse il culmine.

In Toscana, laristocrazia terriera stava arontando il problema più imponente e preoccupante del primo dopoguerra: per trascuratezza durante gli anni del con-itto bellico ci fu una forte espansione della lossera, un insetto che attacca le viti e causa in breve tempo gravi danni alle radici e la conseguente morte della pianta. uesto attacco alle viti causò un consistente calo produttivo del vino. Il proble-ma riguardò soprattutto le province vinicole di Firenze e di Siena, area di massima concentrazione delle grandi proprietà di viticoltori. Sui monti della Garfagnana e dellalta Lunigiana, lasprezza del terreno aveva invece da tempo scoraggiato la con-centrazione fondiaria, rendendo possibile la sussistenza solo di piccole proprietà contadine, assai vulnerabili alla crisi in corso.

La straordinaria sequenza di violenti terremoti susseguitisi a partire dal 1917 nellAppennino tosco-emiliano aveva logorato e scoraggiato le popolazioni. In Garfagnana e in Lunigiana, che nel 1920 furono le aree più colpite, la ricostruzione fu lenta, dicoltosa e, in molti casi, inadeguata.

Solidarietà, provvedimenti, sussidi: mancano i grandi progettiNella prima fase dellemergenza il governo approvò diversi provvedimenti durgen-za, quali il trasporto di viveri per ferrovia, linvio di squadre di soccorso agli ordini di ingegneri del Genio civile, linvio di ispettori, funzionari di Pubblica sicurezza e uciali dei carabinieri in Garfagnana e Lunigiana. Furono, inoltre, proposte da alcuni ministri, esenzioni o proroghe scali per le popolazioni più colpite.

Non mancò la solidarietà nazionale: da molte località italiane giunsero aiuti in denaro, medicinali e viveri. La direzione della Banca dItalia e il Ministero delle Poste si prestarono a raccogliere il denaro versato a favore dei terremotati su un apposito conto corrente.

Anche dalla Chiesa giunsero aiuti in denaro, raccolti attraverso i vescovi (circa 266.000 lire). Parte di queste sovvenzioni giunsero da lontano: dai Francescani de-gli Stati Uniti dAmerica e dalle parrocchie americane rette dai Francescani; dalla chiesa di Santa Rita di Brooklyn, dalla chiesa di Notre Dame di Montreal.

I sovrani dItalia, con la principessa Jolanda e alcuni ministri si recarono in visita

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164. Terremoto del 7 settembre 1920. Fivizzano: macerie e case inagibili.

165. Terremoto del 7 settembre 1920. Fi-vizzano: edici sven-trati in via Vittorio Emanuele.

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sui luoghi colpiti. Tutti i maggiori giornali italiani dellepoca seguirono, con i loro inviati sul posto, la fase dellemergenza e lavvio della ricostruzione.

Il governo arontò questo susseguirsi di emergenze sismiche, che dai primi anni del Novecento sembrava non lasciare tregua: 1905, 1907, 1908, 1910, 1915, 1916, 1917, 1918, 1919, 1920. Linsieme delle somme di denaro stanziate dai numerosi provvedimenti legislativi per lemergenza e le ricostruzioni furono, per leconomia e le possibilità del periodo, ingenti, ma insucienti.

Il primo provvedimento attestato per il terremoto del 7 settembre 1920 fu preso poco meno di venti giorni dopo levento, il 23 settembre (regio decreto legge n. 1315): con esso furono stanziati 15 milioni di lire da utilizzare per le demolizioni, i puntellamenti, i ricoveri per i senzatetto, le riparazioni, la concessione di sussidi e lo sgombero delle macerie, secondo le valutazioni degli addetti del Genio civile. Il decreto legge regolamentava, inoltre, le occupazioni temporanee di immobili, la pubblica utilità degli stabilimenti industriali, gli espropri con le relative indennità, la distribuzione di materiali da costruzione, la ripartizione delle aree edicabili de-stinate alla costruzione di baracche e le esenzioni dalle tasse.

Con un altro provvedimento legislativo (regio decreto legge n. 1428, 23 settem-bre 1920) furono regolamentati lacquisto dei materiali necessari alla opere urgenti di soccorso e il relativo trasporto nelle zone colpite da parte del governo. In seguito, con altri decreti legge furono erogati altri 20 milioni di lire e concesse nuove esen-

167. Terremoto del 7 settembre 1920. Fivizzano: demolizione di un edicio pericolante.

166. Terremoto del 7 settembre 1920. Fiviz-zano: crollo della cupola nella chiesa di San Giovanni.

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168. Terremoto del 7 set-tembre 1920. Febbio: il campanile della chiesa for-temente inclinato, a causa di una grande frana, con un fronte di 6 km, attivata dal terremoto. Il paese fu travolto.

zioni scali; in seguito furono apportate modiche alle decisioni prese dal governo, concedendo proroghe ai termini stabiliti dai decreti precedenti per le ricostruzioni.

Successivi provvedimenti amministrativi concessero nuovi sussidi. Nel 1923, a tre anni dal terremoto, fu necessario, ssare nuovamente le condizioni per la pre-sentazione delle domande relative alla ricostruzione (lanno successivo, nel marzo 1924, furono concesse ulteriori proroghe) e disporre un nuovo stanziamento di 500 milioni di lire, da erogare sotto forma di contributi diretti dello Stato ai danneggiati dai vari terremoti accaduti in quegli anni (regio decreto legge n. 2309, 1923).

Nuove norme per ricostruire ignorano l’edilizia tradizionaleOltre agli interventi economici, il governo emanò una serie di norme nuove per regolamentare la ricostruzione. ui si scontrarono, si può dire, due concezioni di-verse delledilizia. Da un lato cera ledilizia storica tradizionale della montagna, realizzata con pietre ben squadrate, numerose volte, edici concatenati con volte e voltini, e uso molto diuso del legno nei solai. Dallaltro lato vi era una concezione moderna delledilizia, che vedeva solo nel cemento armato la possibilità di rendere le case più solide, anche in funzione antisismica, e che imponeva cordoli di cemen-to, vietava le volte, dettava misure nuove ed escludeva il legno. Gli abitanti della montagna, che da secoli costruivano da soli le loro case, utilizzando materiali del posto e secondo antiche regole costruttive, si trovarono nelle condizioni di delegare a manodopera esterna o a ditte la realizzazione delle loro nuove case. Ledilizia tra-dizionale rischiò di perdersi, senza regole e senza attenzione alla sua antica sintassi.

Diversi studiosi, ingegneri e architetti, hanno analizzato a partire degli anni ot-

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Disastri sismici in Italia

tanta del Novecento ledilizia tradizionale (detta anche vernacolare) e sono giunti alla conclusione che essa possa avere una sua resistenza ai terremoti, purché gli edi-ci siano realizzati secondo le regole dellarte e abbiano una manutenzione ordina-ria regolare.55 uesti studi hanno messo in evidenza che larchitettura tradizionale non è quindi povera e scadente in sé, come tipologia e linguaggio, ma sono lusura, la povertà e lincuria a denirne la vulnerabilità.

55 A. Giurè, Note sullecacia delle tecnologie storiche in area sismica, in “Palladio”, n.s., vol. 5, pp. 127-134, Roma 1990.

Altri terremoti minori

causano nuovi danni

Data Ora Me I0 Imax Siti Località

1924 01 02 9:55 5.3 VII-VIII VII-VIII 76 Medio Adriatico1925 09 24 14:34 5.1 VII VII-VIII 50 Molise occidentale1926 01 01 19:04 5.9 VII-VIII VII-VIII 63 Slovenia1927 12 26 16:06 4.9 VII VIII 38 Colli Albani