Disabilità e dintorni… Specialisti nel Quotidiano Cinema Ariston Ritz Sanremo 20 ottobre 2005...

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Disabilità e dintorni… “Specialisti nel Quotidiano” Cinema Ariston Ritz Sanremo 20 ottobre 2005 UFFICIO STUDI CSA IMPERIA rof. Marco Braghero UFFICIO STUDI CSA IMPERIA

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Disabilità e dintorni…“Specialisti nel Quotidiano”

Cinema Ariston RitzSanremo 20 ottobre 2005

UFFICIO STUDI CSA IMPERIA

prof. Marco Braghero UFFICIO STUDI CSA IMPERIA

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Il termine quotidianità mi ricorda la riflessione di

Heidegger sull’essere Heidegger ritiene che in seno alla

“quotidianità media” “l’Esserci” può essere solo

“inautentico” … ma in questa “inautenticità”c’è pur sempre l‘esistenza:

la nostra …

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Mission e Vision della “Scuola”: La sfida dell’educare oggi

L’educare si impone con una urgenza, anzi con una perentorietà forse mai prima avvertita. In questo momento gli educatori e le agenzie educative non possono non avvertire la tensione all’essere educatori, hanno bisogno soprattutto di contenuti, di appropriate categorie concettuali, di paradigmi che facilitino la comprensione del complesso e l’interiorizzazione di valori e metodi necessari per orientarsi e scegliere ...

Un educare all’essere persona nella dimensione del reale, non più soltanto ideale, dell’universale, consapevole del suo dover stare in modo non subalterno nella realtà dei processi di globalizzazione, interiormente disposta e culturalmente attrezzata a passare dalla fase conflittuale della multiculturalità a quella dialogica e cooperativa della interculturalità, profondamente motivata a impegnarsi lungo il cammino dello sviluppo umano solidale in casa propria e in casa altrui, dal quartiere all’ONU.Di fronte all’educatore sta oggi la sfida “dell’uomo planetario”, così come lo definiva Ernesto Balducci.

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Prevenzione tra scuola e sanità :è il predisporre misure utili ad evitare eventi dannosi o piuttosto la disposizione d’animo ostile nei confronti di qualcuno o qualcosa che non si conosce direttamente o a fondo… un pregiudizio?Culturale – da concetto prettamente sanitario a concetto educativo

e quindi normativoCarta di OTTAWA 1986 OMS definisce la promozione della salute come il processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla salute e di migliorarla; ma anche la normativa e le dichiarazioni europee: il libro bianco di Delors, Lisbona, Barcellona …Salute: per OMS stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non come semplice assenza di malattia

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A tredici anni dall’emanazione della Legge quadro sull’handicap

Che l’integrazione sia un valore e una ricchezza è cosa nota

Ma se è vero che l’aspetto della formazione e dell’aggiornamento è un momento alto ed importante per le varie professionalità che lavorano sul campo, è altrettanto molto sentita l’urgenza di elaborare modalità di lavoro condiviso che abbiano ricadute tangibili nel quotidiano impegno di chi, formatore od operatore socio-sanitario, parente, volontario o rappresentante delle Istituzioni, ha a cuore il diritto dei disabili ad un progetto di vita serio e programmato sui bisogni speciali di ognuno.

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  Bi-Sogni

Dal Disagio ai bi-sogni: come corrispondere ai bi-sogni dei giovani.Cosa intendiamo per bisogni . Essi sono quelle esperienze profonde che necessitano di appagamento per raggiungere un equilibrio psichico e che fanno da spinta al nostro comportamento, lo condizionano, talvolta lo disturbano. Una situazione particolare tanto più risponde ad essi, quanto più  finisce col diventare motivante e  interessante.

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Oggi viviamo in una società complessa caratterizzata dalla globalizzazione [1] , da profondi mutamenti socio-economici e politici, dal rapido cambiamento dei valori di riferimento, ma anche dall'eterogeneità e dalla contraddizione delle proposte e dei modelli culturali contemporaneamente presenti nel sociale che non ci fanno vedere bene  la strada che stiamo percorrendo e la nostra destinazione, disorientandoci e rendendoci più fragili. La società  non risulta più integrata sulla base di valori comuni, di norme morali universalmente condivise, ma, piuttosto, valgono regole, norme, valori e procedure funzionalmente specifiche ai sottosistemi in cui è strutturata l'organizzazione sociale.

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La Scuola

Sta attraversando una doppia crisi:Una di contestoUna di sistemaOscilla tra la centralità dell’alunno e gli standard formative  che

spostano il baricentro  verso i risultati

Il soggetto in età evolutiva (ma anche ciascuno di noi) per poter  costruire e  sviluppare armonicamente la propria personalità ha bisogno di essere stimato, di sviluppare il sentimento dell'autostima e il senso di autoefficacia .

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Il processo di ricerca e di acquisizione dell'identità personale diviene per gli adulti e, soprattutto, per i giovani studenti assai problematico;  questi ultimi, infatti, esprimono enormi difficoltà  di natura emotiva, affettiva e relazionale  nel gestire i loro rapporti interpersonali in relazione ai propri  bisogni e alle aspettative della società.

La triade Informazione-formazione-comunicazione ci vede impegnati nel trovare soluzioni efficaci, meglio a scoprire le domande giuste…

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La  scuola, come  comunità educante, ha  il compito di individuare azioni strategiche idonee a trasformare:

§         i disagi  e i bisogni, talvolta confusi, in precise domande di formazione e di educazione , di dibattito culturale e di ricerca motivazionale;

§          le condizioni di malessere diffuso in una domanda chiara di cambiamento volta a promuovere negli studenti condizioni di agio [4], di benessere psico-fisico e socio-affettivo-relazionale .

Il disagio non è una condizione  dell'essere giovani e nemmeno uno stato d'animo, ma un "un grido che denuncia, da parte dei giovani, il bisogno della giusta distanza nelle relazioni con gli adulti e che chiede di ri-visitare la nostra capacità di porci gli uni vicini agli altri" (Don Ciotti)

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Al fine di prevenire e contrastare i principali fattori di rischio che causano i fenomeni del disagio, dell'aggressività e della violenza , è necessario attuare  programmi d'intervento efficaci in grado di guardare con maggiore attenzione alla dimensione relazionale-emotiva  che permea la quotidianità dei processi educativi e che comunque esercita una precisa influenza sugli alunni in termini di atteggiamenti, di motivazioni, di modalità relazionali, di immagine di sé e di percezione dell'autostima.

Il primo passo è costruire, nella logica della complessità: una rete che apprende

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Occorre costruire una cultura comune nell’apertura, nel confronto e nel lavoro di rete sul territorio con gli enti e soprattutto con le persone in esso operanti. Diffuso è

infatti il bisogno di ‘esserci’ per ‘fare’ insieme.

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Che cosa è il disagio ?

Il  termine disagio  ha due connotazioni: una positiva ed una negativa. Quella positiva  (socratica) si manifesta come insoddisfazione per ciò che si è acquisito, fatto, raggiunto,  per cui l'educatore deve continuamente  sollecitare al loro superamento  promovendo una sana insoddisfazione perché avvenga il "cambiamento" .  Quella negativa si manifesta come carenza più o meno profonda di qualcosa, cioè come un  malessere profondo, come un "non star bene" con noi stessi, con gli altri e con le istituzioni .

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La mancanza che genera il disagio negativo  può essere individuata fondamentalmente come la mancanza di comunicazione, di affetto, di emozioni, di senso (nella nostra realtà sono venuti meno alcuni punti di riferimento essenziali per cui  l'uomo di oggi è disorientato, non sa più chi è, in che direzione sta andando la sua vita, quali sono i suoi orizzonti, etc.) di progettualità (oggi si pone l'accento più sull'esperienza che sul progetto : molti giovani di oggi consumano la propria vita alla giornata e stentano a pensare e progettare la propria vita affettiva, relazionale, professionale, etc.

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La mancanza di progettualità è fonte di disagio per gli allievi, ma anche per gli adulti: si ritiene che sia una delle principali cause della depressione esistenziale e della perdita di memoria intesa come incapacità di far sintesi della propria esistenza storica. La perdita di memoria individuale o collettiva è un vuoto incolmabile di ideali e di aspirazioni per il soggetto, per un gruppo o per un popolo.

Nelle azioni di confronto – incontro dovremo aver cura: della memoria, della documentazione, nel non dover ricominciare da capo… nel fare sistema ma anche del monitoraggio, della valutazione e della trasferibilità delle esperienze.

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Se la scuola vuole essere al passo con i tempi, o meglio se li vuole precorrere, allo scopo di preparare le nuove generazioni alle responsabilità che come uomini, cittadini attivi e membri della società saranno chiamati ad assumere, allora deve interrogarsi profondamente sui loro disagi più profondi, sui loro  bisogni autentici sui loro interessi prevalenti e soprattutto dovrà agire nei contesti di realtà con coerenza, continuità senza ambiguità e ipocrisie.

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Educare alle Life Skills attraverso l’esperienzaLife Skills: “Abilità/Capacità” di comportamento adattivo e

positivo,per gli individui incapaci di affrontare efficacemente le richieste e leprovocazioni della vita di ogni giorno.

Abilità che aiutano a promuovere il benessere mentale,l’educazione alle Life Skills è basata sull’assunzione di responsabilità

Apprendere dall’esperienza:

Avventura: significa avanzare in un territorio sconosciuto, abbandonarsi all’azione,

l’apprendimento deriva dal contatto con una realtà nuova;

Metafora: lega l’azione con i contesti formativi - lavorativi e garantisce l’efficacia del

trasferimento;

Commitment: forte coinvolgimento, entusiasmo di chi accetta la sfida;

Osservazione: rappresenta un momento privilegiato ci si osserva mentre si agisce;

Concretezza: le sessioni di lavoro richiedono di far affidamento su tutte le proprie

risorse per raggiungere gli obiettivi accelerando il processo di apprendimento, il successo

o il fallimento producono conseguenze immediate;

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Mission e Vision della “Scuola”: La sfida dell’educare oggi

Qualche dato: i macroindicatori ISTAT e dell’UNDP Indice dello sviluppo umano sull’istruzione e sulla formazione

Alcuni dati sulla scuola italiana 

MATERNA

ELEMENTARI MEDIE SUPERIORI TOTALE

SCUOLE

25.666 19.073 8.695 6.883  

ALUNNI 1.577.696 2.859.379 21.775.009

2.543.750 8.755.834

INSEGNANTI 139.132 281.909 208.620 295.482 925.089

Gli studenti rappresentano il 15,2% della popolazione italiana.Gli insegnanti rappresentano il 1,6% della popolazione italiana. L’impianto Gentiliano della scuola italiana, datato 1923, non prevedeva una scuola di massa: il notevole aumento delle iscrizioni a partire dagli anni ’60 ha messo in crisi questo sistema, che è passato da un sistema selettivo ad uno aperto, evidenziando il problema della scarsa scolarità e determinando il fenomeno della “dispersione scolastica”.

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Il numero di diplomati che si iscrivono all’Università ha subito un notevole calo negli ultimi 5-6 anni: dal 72.5% del ‘94/’95 al 61.8% del ‘99/’00. Inoltre il 25% degli immatricolati non si iscrive al 2° anno di Università. Ogni anno, negli ultimi 6-7 anni, i laureati sono il 7.2% degli iscritti (1.6 milioni di studenti iscritti, dato invariato dal ‘92/’93). Aumentano gli iscritti fuori corso: dal 30.6% del ‘93/’94 al 38.6% del 03/04.

 

Recenti dati OCSE evidenziano che fenomeni di “analfabetismo di ritorno” e di incapacità di decodificare semplici messaggi quotidiani sono in notevole crescita; con ciò sono ribadite le difficoltà della scuola italiana: non è vero, come troppi sostengono, che la qualità della scuola italiana sia tra le migliori del mondo, è vero che un’elite di studenti italiani risultano tra i migliori a livello europeo, ma gli altri devono affrontare sempre maggiori difficoltà per inserirsi nel mondo del lavoro e sono soggetti a fenomeni di “analfabetismo di ritorno”.

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 DATI UNDP

Nel rapporto 2003 l’Italia figura al 21° posto della graduatoria HDI (Human Development Index). Questa posizione è dovuta, non tanto al reddito pro capite dei cittadini italiani (l’indice che sintetizza questo parametro è, ad esempio, uguale a quello della Svezia che risulta al 5° posto della graduatoria HDI), e nemmeno all’aspettativa di vita (in questa speciale graduatoria l’Italia risulta al 4° posto dopo Giappone, Canada e Svizzera), quanto piuttosto proprio agli indici riguardanti il tasso di scolarizzazione e l’alfabetizzazione:

l’Italia è al 21° posto nella graduatoria relativa al tasso di alfabetizzazione (anche se è uno dei pochi Paesi che fornisce dati puntuali è questo è un ottimo segnale) e al 21° posto nella graduatoria dell’ education index.

Le performance italiane dell’educazione sono le peggiori del gruppo dei paesi del G7 (ma sono dati quantitativi…). Bisogna però almeno dire che l’Italia è molto onesta nel fornire questi dati all’UNDP, anzi dei primi 20 paesi è quella che fornisce tutti i dati, altri danno per scontate un po’ troppe cose…

% spesa governativa per l’istruzione = 9.1 (159 posto su 174 paesi!!!!)

% spesa del PNL per l’istruzione = 4.9 (116 posto su 174 paesi!!!!)

 

I dati relativi a “genere e istruzione” sono più confortanti, l’Italia è nelle migliori posizioni nel gruppo dei 20 Paesi più performanti per molti indicatori.

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Formazione e inserimento lavorativo dei giovani

 

Ø       La transizione dalla scuola alla prima esperienza lavorativa non occasionale ha una durata media che supera i 4 anni. I tempi di attesa aumentano al diminuire del livello d’istruzione. Nel Mezzogiorno, indipendentemente dal titolo di studio posseduto questa transizione avviene con oltre 3 anni di ritardo rispetto alle regioni settentrionali.

Ø       Le difficoltà di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro sono legate anche a una mobilità territoriale limitata: il 61.7% delle prime occupazioni vengono trovate entro il comune di residenza, il 27.9% entro la provincia, mentre solo il 5.5% dei giovani si sposta al di fuori della regione o all’estero. La propensione alla mobilità di medio-lungo raggio aumenta al crescere del livello d’istruzione; è più elevata per la componente maschile e nelle regioni meridionali.

Ø       Il sistema della formazione professionale offre un contributo limitato alla soluzione delle difficoltà di inserimento occupazionale: il principale sbocco dei giovani che hanno frequentato attività di formazione professionale è il rientro nel sistema dell’istruzione (che, a un anno di distanza dall’intervento formativo, raccoglie oltre il 63% delle uscite dalla formazione); il resto dei giovani formati (circa il 23%) confluisce nella non occupazione e, soltanto nel 14% dei casi, nell’occupazione. Al termine dell’esperienza formativa trova lavoro più facilmente chi ha un diploma o una laurea.

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Mission e Vision della “Scuola”: La sfida dell’educare oggi

 

Ø    Il sistema scolastico e accademico fallisce in parte l’obiettivo di fornire ai giovani una preparazione agevolmente spendibile in termini di occupazionali: a tre anni dal conseguimento del titolo, risultano disoccupati il 35% dei maturi e il 23.7% dei laureati.

Ø       Il diploma universitario registra le migliori performance sul mercato del lavoro a tre anni dal conseguimento del titolo, garantendo maggiormente sia dal rischio di disoccupazione sia da quello dell’occupazione “non regolare”. I diplomati universitari svolgono più frequentemente lavori continuativi e per i quali vengono pagati i contributi.

Ø       Tra i diplomati della secondaria superiore la percentuale di quanti svolgono un’attività lavorativa a tre anni dal conseguimento del titolo aumenta quanto più spiccato è l’orientamento alla formazione professionale: dal 18.6% degli ex liceali, al 35% dei diplomati in istituti magistrali, 56.1% di istituti tecnici, 66.3% di istituti professionali. Le opportunità migliori per i laureati, a tre anni dal conseguimento del titolo, si presentano nei gruppi di ingegneria (i cui laureati trovano lavoro nel 91.7% dei casi), economico statistico (82.7%), architettura (81.5%); risultano decisamente inferiori alla media le percentuali di occupati nel gruppo medico (50.7%), giuridico (54.5%), geo-biologico (55.1%) e letterario (62.8%).

   

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Mission e Vision della “Scuola”: La sfida dell’educare oggi

Ø       Solo la metà dei laureati che hanno trovato lavoro entro tre anni dalla laurea risulta occupato in professioni adeguate al livello formativo raggiunto.

Ø       La laurea si rivela spesso un investimento “eccessivo”: è infatti un requisito richiesto per l’attività lavorativa svolta solo nel 67% dei casi; un terzo dei laureati, soprattutto donne, a tre anni dal conseguimento del titolo di studio svolge un lavoro per il quale il titolo di studio non è espressamente richiesto.

Ø     La componente femminile risulta svantaggiata rispetto a quella maschile: sia tra i diplomati delle superiori sia tra i laureati a tre anni dal conseguimento del titolo le donne presentano più alti tassi di disoccupazione, sono meno frequentemente impegnate in lavori stabili e regolarizzati e in posizioni consone al livello formativo raggiunto, percepiscono retribuzioni inferiori.

 

Fonte: ISTAT 2000

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•la definizione di disabilità non è universale

Essa infatti cambia a seconda della rilevazione statistica e di chi la effettua*, spesso si usano in modo impreciso termini come disabile, handicappato, invalido, inabile.Per esempio, disabilità e invalidità sono due concetti differenti: il concetto di disabilità fa riferimento alla capacità della persona di espletare autonomamente (anche se con ausili) le attività quotidiane fondamentali e si riconduce alla legge 104 del '92; quello di invalidità, invece, rimanda al diritto di percepire un beneficio economico in conseguenza di un danno biologico, e fa riferimento alla legge 118 del '71.Unire dati provenienti da diverse fonti al fine di fornire una stima complessiva del numero di disabili significa allora considerare in realtà persone individuate con parametri diversi.

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- La precisione della rilevazione dipende dal tipo di disabilitàÈ molto più difficile rilevare le disabilità mentali rispetto a quelle fisiche per la presenza di resistenze e pregiudizi culturali, che spingono le persone direttamente interessate o i loro familiari a non entrare in contatto con i servizi pubblici competenti, o a non rispondere in modo appropriato alle domande presenti in ricerche e indagini.

- Stimare il numero dei bambini disabili richiede fonti informative non disponibili attualmenteLo strumento di rilevazione della disabilità utilizzato dall'Istat nell'indagine su "Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari"** consente di considerare i bambini a partire dai 6 anni.La fonte istituzionale del numero di certificazioni scolastiche non risolve appieno il problema, perché non sono compresi i bambini in età prescolare, e perché non vi è obbligo di iscrizione alla scuola materna, per cui i bambini disabili certificati tra 3 e 5 anni sono sicuramente una sottostima del numero reale.

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L'Istat adotta la definizione di disabilità proposta dall'Oms nella classificazione internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Handicap (1980). Il punto focale di tale classificazione è la sequenza che porta dalla menomazione all' handicap: la menomazione è il danno biologico che si riporta a seguito di una malattia (congenita o meno) o di un incidente; la disabilità è l'incapacità a svolgere le normali attività della vita quotidiana a seguito di menomazione; l'handicap è lo svantaggio sociale che deriva da una disabilità. Così, per esempio, una persona su sedia a rotelle è sicuramente disabile, ma potrebbe potenzialmente non essere handicappata se al mondo venissero eliminate tutte le barriere architettoniche, cosicché non gli verrebbe precluso l'accesso ad alcun settore della vita sociale.E' evidente che, in tale accezione, si può contare il numero di disabili, ma non di handicappati; la condizione di handicap è prettamente oggettiva e dipende dalle aspettative di vita ed esigenze delle persona disabile.

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Per meglio comprendere il termine “disabilità”, va premesso che le esigenze legate ai vari tipi di disabilità sono molto diversificate, in considerazione delle condizioni individuali, dell’età o di specifici momenti della vita di ciascuno.  Occorre tenere presente che la persona umana non va identificata mai, esclusivamente o parzialmente, con il suo “problema”. Ciascuna persona è frutto e sintesi di una storia personale (individuale o familiare), di percorsi religiosi, filosofici o politici, di esperienze di malattia o disagio sociale. Ciascuna persona è portatrice di una specifica e peculiare diversità, che coincide con l’affermare che ciascun individuo è “portatore di cultura”, cioè di uno sguardo unico e irripetibile sulla realtà. Mettere insieme le “visioni” diverse della realtà e le percezioni corporee, sensoriali e psichiche di ciascuna persona umana, probabilmente, può contribuire a costruire un mondo a misura di qualunque essere vivente, senza discriminazioni e barriere. Pertanto, è importante conoscere le difficoltà che derivano da una specifica patologia clinica, ma è altrettanto importante non confondere la persona con la sua invalidità.

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Quando la disabilità diviene l’identità principale dell’individuo nel contesto umano in cui egli vive, lavora e cerca di divertirsi, allora la diversa abilità diviene handicap, cioè ostacolo frapposto dalla società alla libera fruizione della realtà e alla creativa espressione del percepito. Accoglienza viene allora necessariamente a coincidere con Ascolto, cioè la condizione di stare accanto alla persona con disabilità, senza negare la difficoltà, ma partendo dalla diversa abilità facilitare l’integrazione sociale e culturale e non il semplice inserimento. Integrazione è accettazione dell’altro cosi come egli è, in tutto e per tutto. Inserimento è accettazione dell’altro….. a condizione che egli si pieghi a tutte le regole del sistema e dimentichi i propri stili e costumi.  

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Mentre gli indicatori tradizionali si basano sui tassi di mortalità della popolazione, l’ICF è focalizzato sulla “vita”: come le persone vivono le proprie condizioni di salute e in che misura queste possono essere migliorate, per raggiungere una vita produttiva e piena di soddisfazioni. Ha, quindi, delle implicazioni sia per quanto riguarda la pratica medica sia per la legislazione e le politiche sociali, che dovranno mirare a migliorare l’accesso e la cura, sia infine per la protezione dei diritti dei singoli individui.ICF modifica il modo in cui va interpretata la disabilità, che non viene presentata come il problema di un gruppo minoritario, non come riferita alle sole persone la cui disabilità è “visibile”, ma come la non possibilità di alcuni a partecipare attivamente alla società. Nell’ICF si prendono in considerazione le implicazioni sociali della disabilità e si definisce un meccanismo per documentare l’impatto dell’ambiente fisico e sociale sulla capacità di “funzionamento” della persona. 

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Concetto di disabilità dall’ ICIDH all’ ICF La ICIDH (International Classification of Functioning ans Disability – 2) è una revisione della Classificazione realizzata per la prima volta nel 1980 ed è stata ufficialmente pubblicata dal WHO-World Health Organisation come ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health ) il 15 novembre 2001, dopo 7 anni di sforzi e di impegno, con la attiva partecipazione di esperti di 65 paesi. L’ICF è stata accettata il 21 maggio 2001 da 191 paesi, durante la 54ma Assemblea Mondiale della Sanità hanno accettato la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health -ICF come “standard di valutazione e classificazione di salute e disabilità”.Lo scopo generale dell’ICF è quello di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione delle componenti della salute e degli stati ad essa correlati.) quale standard internazionale per classificare il funzionamento, la salute e la disabilità delle persone in tutto il mondo e rappresenta una sfida alle idee correnti su come viene percepita la salute e la disabilità. 

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 Il concetto fondamentale dell’ICIDH è basato sulla sequenza: Menomazione -> Disabilità -> Handicap.La sequenza descritta è sintetizzata nel seguente schema: 

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 Concetti base e struttura dell'ICFA differenza della precedente Classificazione ICIDH, l’ICF non è una classificazione delle "conseguenze delle malattie" ma delle "componenti della salute". Neil primo tipo di classificazione l’attenzione viene posta sulle "conseguenze" cioè sull’impatto delle malattie o di altre condizioni di salute che ne possono derivare mentre nel secondo tipo si identificano gli elementi costitutivi della salute. In tal senso l’ICF non riguarda solo le persone con disabilità ma tutte le persone proprio perché fornisce informazioni che descrivono il funzionamento umano e le sue restrizioni.Inoltre, essa utilizza una terminologia più neutrale in cui Funzioni e Strutture Corporee, Attività e Partecipazione vanno a sostituire i termini di menomazione, disabilità e handicap.La sequenza Menomazione -> Disabilità -> Handicap, alla base dell’ICIDH, nella nuova Classificazione viene superata da un approccio multiprospettico alla classificazione del funzionamento e la disabilità secondo un processo interattivo ed evolutivo.

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 La classificazione integra in un approccio di tipo “biopsicosociale” (in cui la salute viene valutata complessivamente secondo tre dimensioni: biologica, individuale e sociale) la concezione medica [3] e sociale [4] della disabilità. È in sostanza il passaggio da un approccio individuale ad uno socio-relazionale nello studio della disabilità.La disabilità viene intesa, infatti, come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in egli vive. Ne consegue che ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale.L’ICF correlando la condizione di salute con l’ambiente promuove un metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di attività che permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare perché l’individuo possa raggiungere il massimo della propria auto-realizzazione

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Fattori Ambientali Fattori personali

 Il modello concettuale alla base della Classificazione è presentato nello schema seguente: Interazioni tra le componenti dell’ICF

Condizioni di salute(disturbo/malattia)

Funzioni e strutture corporee Attività Partecipazione

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 L’applicazione universale dell’ICF emerge nella misura in cui la disabilità non viene considerata un problema di un gruppo minoritario all’interno di una comunità, ma un’esperienza che tutti, nell’arco della vita, possono sperimentare. L’OMS, attraverso l’ICF, propone un modello di disabilità universale, applicabile a qualsiasi persona, normodotata o diversamente abile. L’approccio integrato della classificazione si esprime tramite l’analisi dettagliata di tutte le dimensioni esistenziali dell’individuo, poste sullo stesso piano, senza distinzioni sulle possibili cause.

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 Il concetto di disabilità preso in considerazione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità vuole evidenziare non i deficit e gli handicap che rendono precarie le condizioni di vita delle persone, ma vuole essere un concetto inserito in un continuum multidimensionale. Ognuno di noi può trovarsi in un contesto ambientale precario e ciò può causare disabilità. E’ in tale ambito che l’ICF si pone come classificatore della salute, prendendo in considerazione gli aspetti sociali della disabilità: se, ad esempio, una persona ha difficoltà in ambito lavorativo, ha poca importanza se la causa del suo disagio è di natura fisica, psichica o sensoriale. Ciò che importa è intervenire sul contesto sociale costruendo reti di servizi significativi che riducano la disabilità.

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 "Non nuocere" è il principio dell'etica, mentre "Non nuocere all'altro" è il principio della giustizia. Nel Vangelo di Matteo troviamo stranamente una modificazione della famosa regola aurea:  Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" diventa "Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te Sembra che non vi sia differenza, e invece c'è. Mentre nel non fare agli altri quello che non vorresti fatto a te il principio è il non nuocere, nel fare agli altri quello che vorresti fosse a te il principio è l’aiutare chi soffre, perdonare chi ha sbagliato, sollevare chi è caduto. L'etica diventa l'etica del dono, e nella quotidianità questa é la più necessaria.. .

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IMPERIADIRITTO-DOVERE SCOLASTICO

FORMATIVO

Oggi 1351 ragazzi su

6794

pari al 22%

non studiano né lavorano

lo scorso anno erano 803

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IMPERIADIRITTO-DOVERE SCOLASTICO

FORMATIVO

80%

20%

Espleta

Non Espleta

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76%

24%

Espleta

Non Espleta

IMPERIADIRITTO-DOVERE SCOLASTICO

FORMATIVO

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82%

18%

Espleta

Non Espleta

SAN REMODIRITTO-DOVERE SCOLASTICO

FORMATIVO

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78%

22%

Espleta

Non Espleta

TOTALE PROVINCEDIRITTO-DOVERE SCOLASTICO

FORMATIVO

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EXTRA COMUNITARI PERSENTI NELLA PROVINCIA DI IMPERIA

93%

7%

COMUNITRI

EXTRA

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Una riflessione sul modo in cui le politiche assistenziali intervengono nella formazione della identità individuali e collettive, così come sulla centralità del rispetto nelle nostre società sempre più diseguali.

Definire il rispetto come qualcosa che concretamente si vie, giorno per giorno, nella relazione con l’altro. Ma come tenere insieme la garanzia dell’eguaglianza e il rispetto per le differenze di ciascun individuo? La risposta è un welfare che, abbandonate sia le modalità caritatevoli sia le forme rigide del controllo, non associ più alla dipendenza uno stigma negativo e metta in condizioni chi riceve forme di sostegno sociale di percepirsi come soggetto a pieno titolo, partecipando alla definizione delle condizioni della propria dipendenza. (Richard Sennet – Rispetto)

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Dal confronto all’incontro

Sostegno: come utilizzarlo “veramente sulla classe”

Immigrati: dall’accoglienza ad un curricolo interculturale

Dispersione: dall’emergenza al successo formativo

Eccellenze: dalla demotivazione e fuga di cervelli alla valorizzazione e riconoscimento della creatività e delle competenze

Accordi di Programma …

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Accordi di Programma …

Legge-quadro 5 febbraio 1992, n. 104 DM 09 luglio 1992 Istruzione – Sanità – Affari Sociali

Gli Accordi di Programmi provinciali di cui agli art.5 e 13 della legge quadro sono finalizzati alla programmazione coordinata delle attività formative, sanitarie, socio-assistenziale, culturali e sportive da realizzare con gli Istituti di Istruzione secondaria superiore ed artistica ed in centri di formazione professionale. Gli accordi sono altresì finalizzati alla collaborazione, alla consulenza ed alla verifica congiunta dei gruppi di lavoro provinciali, di cui all’art. 15, comma 3, della Legge quadro (GLIP)

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Accordi di Programma …

Sono finalizzati al coordinamento dei servizi scolastici con tutti quelli territoriali e extrascolastici. Onde facilitare la tempestiva formulazione delle diagnosi funzionali, dei conseguenti profili dinamico funzionali e dei successivi piani educativi individualizzati, al fine di favorire, in concreto, l’effettiva realizzazione del progetto di integrazione scolastica ed extrascolastica dei singoli alunni in situazione di handicap, …

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GRUPPO DI LAVORO INTERISTITUZIONALE PROVINCIALE

G.L.I.P. – G.L.C./I. – G.L.I.S.

Il GLIP, costituito ai sensi della L. 194/92, art.15,ha competenza per esprimere valutazioni tecniche e pareri in ordine alle strategie di

integrazione attivate e da attivare e, in particolare:- formula proposte al “Provveditore agli Studi” riguardo alle

tematiche relative all’ handicap;- Collabora con gli enti Locali e l’azienda sanitaria locale per la

stipula e la verifica periodica degli accordi di programma;- Attiva ricerche finalizzate all’ottimizzazione dei rapporti

interistituzionali;- Predispone attività di studio e ricerca per valutare l’efficacia

dell’integrazione scolastica;- Offre consulenza alla scuola in merito alla progettazione degli

interventi

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Una proposta

“Il patto territoriale per il successo formativo”

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IL SUCCESSO FORMATIVO

• 1955: Formare l’intelligenza e il carattere

• ’70: intelligenza unica

• ’80: intelligenze multiple

• ’90: il successo formativo soppianta quello di apprendimento

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CONVERGENZE

• Legge 285 assorbita parzialmente nella 328

• Patti territoriali (112/98)

• Cultura Giuridica dei TM

• Prevenzione devianza (216/91 e poi 465/94)

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Modelli preventivi

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PATTO PER IL SUCCESSO FORMATIVO

• Centralità dello sviluppo sociale, economico e del diritto di cittadinanza

• La formazione diventa diritto al successo formativo in una logica di sussidiarietà

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OMS

• Il benessere degli adolescenti può essere efficacemente raggiunto attraverso il potenziamento delle capacità, espandendo il loro accesso alle opportunità, fornendogli ambienti rassicuranti e supportanti

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PER IL FUTURO PROSSIMO

• Un impegno comune per un

• PATTO PER IL SUCCESSO FORMATIVO

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Cos’è un patto territoriale, chi è coinvolto,

quali obiettivi prioritari

Quadro normativo di riferimento Consiglio Europeo di Vienna 98’…

Accordo di lavoro 96- Patto sociale 98 – …Decreto Legislativo 112 31 marzo 98’ …

Il Patto Territoriale: strumento giuridico - amministrativo adeguato: mira alla promozione e al coordinamento delle politiche di intervento finalizzate alla prevenzione del disagio, alla lotta alla dispersione, al compimento del diritto – dovere, alla dispersione in età adulta, al successo formativo nell’ottica del “Life Long Learning”

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Mission e Vision della “Scuola”: La sfida dell’educare oggi

Le scuole diventino luoghi privilegiati di esercizio della tolleranza, del rispetto dei diritti umani, di pratica della democrazia e di apprendimento della diversità e della ricchezza delle identità culturali, dell’alterità. (UNESCO - 1994)

L’Istruzione e la formazione e la formazione diventeranno sempre più i principali vettori di identificazione sociale e di sviluppo personale (E. Cresson C.E. - Libro Bianco 1995)

Lo sviluppo dell’istruzione e della formazione modello di crescita foriero di occupazione (J. Delors C.E. - Libro Bianco 1994)

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Mission e Vision della “Scuola”: La sfida dell’educare oggi

La prosperità delle nazioni, delle regioni, delle imprese e degli individui dipende dalle loro capacità di navigare nello spazio del sapere. La potenza ormai deriva dalla gestione ottimale delle conoscenze, siano esse tecniche, scientifiche o appartengano all’ambito della comunicazione o ancora abbiano a che fare con la relazione “etica” con l’altro. Più i gruppi umani riescono a costituirsi in “collettivi intelligenti”, in soggetti cognitivi aperti, capaci di iniziativa, d’immaginazione e di reazione rapida e meglio si garantiscono il successo in un ambiente circostante altamente competitivo qual è il nostro.

P. Levy, 1986 “L’intelligenza collettiva per un’antropologia del cyberspazio - Feltrinelli”

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Potenziare l’educazione prescolastica

Migliorare la qualità

dei processi istituzionali

Valutare la produttività

del sistema scolastico

Strategie globali per promuovere il successo formativo

Creare rete collegamento fracasa - scuola - comunità locale

Reclutare e formare adeguatamente gli insegnanti

Innalzare l’obbligo scolastico e formativo

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Istituto di Teoria e Tecnichedell'Informazione Giuridica http://www.ittig.cnr.it/BancheDatiGuide/vipdn/RicercaVipde.php

sito internet di eurlexArea Tematica:   Integrazione e Disabilità  Sono catalogati in questa area i documenti ed i dati che riguardano: - le politiche di integrazione sociale in favore delle persone con disabilità - gli interventi in favore della integrazione scolastica e lavorativa delle persone con disabilità- gli interventi per il superamento delle barriere fisiche e tecnologiche - le associazioni del volontariato.

http://81.208.28.44/PORTALE/AreaTematica.nsf/vwDescrizioniAreeTematiche

/Integrazione%20e%20Disabilit%C3%A0?Opendocumenthttp://www.handylex.org/handylinx/

Contiene gli indirizzi internet di tutti i siti italiani su handicap e disabilità.  

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“… noi potremo passare accanto a fenomeni mai visti senza rendercene conto, perché i nostri occhi e le nostre menti sono abituati a scegliere e a catalogare solo ciò che entra nelle classificazioni collaudate. Forse un nuovo mondo ci si apre tutti i giorni, e noi non lo vediamo … scoprire il nuovo mondo era un’impresa ben difficile, come tutti abbiamo imparato. Ma ancora più difficile, era vederlo, capire che era nuovo, tutto nuovo, diverso da tutto ciò che s’era sempre aspettato di trovare come nuovo. E la domanda che viene naturale farsi è: se un nuovo mondo venisse scoperto ora lo sapremo vedere?

(I. Calvino)