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Diritto processuale penale di Stefano Civitelli Questi appunti riassumono il "Manuale di procedura penale" di Tonini e affrontano i principali temi inerenti al diritto processuale.<br /> Dopo una carrellata storica sul processo penale dal diritto romano allo Stato Assoluto francese e alla situazione dell'Inghilterra, vengono infatti toccati argomenti quali: la definizione di processo penale, la giurisdizione e le competenze territoriali; le funzioni del Pubblico Ministero e i rapporti con gli altri Uffici preposti, il ruolo del giudice e l'elaborazione della sentenza; la difesa dell'imputato, la costituzione in parte civile e il valore degli atti documentali. Infine ci si sofferma sul valore delle prove e degli indizi raccolti e sulla testimonianza: il suo valore penale, il segreto d'ufficio e l'influenza psichica sul testimone. Università: Università degli Studi di Firenze Facoltà: Giurisprudenza Esame: Diritto processuale penale - modulo I, a.a. 2007/2008 Titolo del libro: Manuale di procedura penale Autore del libro: Paolo Tonini

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Diritto processuale penale

di Stefano Civitelli

Questi appunti riassumono il "Manuale di procedura penale" di Tonini e

affrontano i principali temi inerenti al diritto processuale.<br />

Dopo una carrellata storica sul processo penale dal diritto romano allo Stato

Assoluto francese e alla situazione dell'Inghilterra, vengono infatti toccati

argomenti quali: la definizione di processo penale, la giurisdizione e le

competenze territoriali; le funzioni del Pubblico Ministero e i rapporti con gli altri

Uffici preposti, il ruolo del giudice e l'elaborazione della sentenza; la difesa

dell'imputato, la costituzione in parte civile e il valore degli atti documentali.

Infine ci si sofferma sul valore delle prove e degli indizi raccolti e sulla

testimonianza: il suo valore penale, il segreto d'ufficio e l'influenza psichica sul

testimone.

Università: Università degli Studi di Firenze

Facoltà: GiurisprudenzaEsame: Diritto processuale penale - modulo I, a.a.

2007/2008Titolo del libro: Manuale di procedura penale

Autore del libro: Paolo Tonini

1. Definizione di diritto processuale penale Il diritto processuale penale è il complesso delle norme di legge che disciplinano le attività diretteall’attuazione del diritto penale nel caso concreto: ha una funzione strumentale rispetto al diritto penalesostanziale. Senza un processo regolato dalla legge e rispettoso dei diritti delle parti, l’applicazione della norma penale sitrasformerebbe in un “diritto di polizia”, non essendoci un corretto accertamento dei fatti. La legge penale sostanziale ha la finalità di regolare le azioni delle persone e non di accertarle;l’accertamento dei fatti spetta al processo. La legge processuale penale ha una duplice finalità: da un lato regola l’attività del giudice e delle parti,dall’altro predispone gli strumenti logici mediante i quali il giudice, con il contributo dialettico delle parti,accerta i fatti di reato e la personalità di coloro che li hanno commessi.

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2. La protezione della società e la difesa dell’imputato Il processo penale, nell’applicare la legge sostanziale, deve perseguire contemporaneamente la funzione ditutelare la società contro la delinquenza e di difendere l’accusato dal pericolo di una condanna ingiusta. Le norme processuali devono assicurare insieme la protezione della società e la difesa dell’imputato, chesono considerabili entrambi interessi pubblici. La protezione della società è realizzata con mezzi che impediscono o ostacolano la difesa dell’imputato, siriduce il pericolo di assolvere il colpevole ma si aumenta il rischio di condannare l’innocente o di irrogarepene sproporzionate. Viceversa, l’ampliamento dei diritti di difesa aggrava il pericolo che siano assolti i colpevoli. Il legislatore si trova costretto a inventare soluzioni che, nella ricerca di un coordinamento difficile,inevitabilmente possono sacrificare o la difesa della società o la difesa dell’imputato. In definitiva si tratta riscegliere se è più accettabile condannare un innocente o assolvere un colpevole. Ad un regime totalitario corrisponde un processo penale nel quale la difesa della società prevale su quelladell’imputato; viceversa ad un regime garantista corrisponde un sistema processuale che dà all’imputato unatutela prevalente rispetto alla difesa della società.

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3. Sistema inquisitorio e sistema accusatorio nel diritto penale Già nel periodo medievale era denominato inquisitorio quel sistema processuale che attribuiva al giudice ilpotere di attivarsi d’ufficio per ricercare i reati e acquisirne le prove. L’organo detentore dell’iniziativa processuale era il c.d. giudice inquisitore. Sempre nello stesso periodo era denominato accusatorio quel tipo di processo nel quale il giudice nonesercitava alcun potere d’ufficio, poiché erano le parti ad avere l’iniziativa. L’avvio del processo, il suo svolgimento e la ricerca delle prove erano lasciati ad una parte: il c.d.accusatore. Al giudice era attribuito solo il potere di prendere decisioni di richiesta di parte. In linea generale si dice che il sistema inquisitorio si basa sul segreto e sulla scrittura, mentre il sistemaaccusatorio si fonda sul contraddittorio e sull’oralità. Tali tipi ideali di processo si sono combinati in concreto secondo modalità differenti nelle varie epoche. La maggior parte degli ordinamenti sono di tipo misto. Gli studiosi tendono a rimarcare la contrapposizione tra i due sistemi nella differenza tra oralità e scrittura:in base a ciò sarebbe prevalentemente inquisitorio quel processo che permette al giudice di decidere suprove scritte, e cioè limitandosi a leggere i verbali di atti compiuti in un momento anteriore da parte di altrisoggetti; viceversa, sarebbe prevalentemente accusatorio qual processo che impone al giudice di decideresoltanto in base a prove che siano assunte oralmente davanti a lui, le prove assunte in precedenza nonpossono essere utilizzate dal giudice per accertare la reità dell’imputato. Purtroppo l’esperienza storica, anche recente, dimostra che non è sufficiente attuare l’oralità se si vuolepredisporre un processo accusatorio, in quanto è pericoloso disinteressarsi di tutta quella fase che precede ilgiudizio ma occorre preoccuparsi che anche in essa siano presenti garanzie.

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4. Sistema inquisitorio e principio di autorità Il sistema inquisitorio si basa sul principio di autorità secondo il quale la verità è tanto meglio accertataquanto più potere è dato al soggetto inquirente. In lui si cumulano tutte le funzioni processuali: egli opera al tempo stesso come giudice, come accusatore ecome difensore dell’imputato. Si pensa che se l’autorità facilità l’accertamento del vero e del giusto, tanto maggiore sarà quella, tantomigliore sarà questo. In definitiva, si crede ne “cumulo” delle funzioni processuali in un unico organo. Correlativamente si tende a non riconoscere alcun potere alle parti: l’offeso e l’imputato sono meri oggettidel giudizio, poiché tutti i poteri risiedono nel giudice. In questo sistema non occorre che il giudice sia indipendente, al contrario, si ritiene che quanto più stretto èil suo legame col potere politico tanto meglio egli potrà svolgere la sua opera e tanto più aderente al verosarà la sua decisione.

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5. Caratteristiche principali del sistema inquisitorio Le caratteristiche principali del sistema inquisitorio, derivanti dal principio del cumulo delle funzioniprocessuali, sono: - Iniziativa d’ufficio, l’iniziativa deve spettare al giudice e, poiché egli è depositario del vero e del giusto,non può essere ostacolato dall’inattività delle parti. E’ sufficiente una denuncia anonima a mettere in funzione il giudice inquisitore. Non serve un organo pubblico o privato di accusa, né di polizia. - Iniziativa probatoria d’ufficio, la ricerca delle prove non deve spettare alle parti, bensì al giudice stesso,perché egli ha più poteri e, quindi, meglio può conoscere il vero e il giusto. Il giudice è in grado di ricercare le prove con pieni poteri coercitivi. - Segreto, l’inquisitore è una persona che ricerca la verità senza utilizzare la contrapposizione dialettica tra leparti. Assume le deposizioni in segreto e non ha la necessità di confrontare la sua ricostruzione della verità con leposizioni dell’accusa e della difesa. - Scrittura, delle deposizioni raccolte dall’inquisitore è redatto un verbale. Si ritiene accettabile che non vengano riportate le parole effettive, bensì la versione data dall’inquirenteperché soltanto lui è in grado di comprenderne il vero significato. La verità è contenuta nelle carte del fascicolo predisposto dall’inquisitore. - Nessun limite all’ammissibilità delle prove, quello che conta è il risultato da raggiungere, e cioè la verità, enon il metodo con cui la si persegue. Pertanto ogni modalità da ricerca è ammessa: anche la tortura dell’imputato. - La presunzione di reità, è sufficiente aver raccolto alcuni indizi contro un imputato, o anche soltanto unadenuncia anonima, perché questi sia chiamato a “discolparsi”. In questo sistema deve essere l’imputato a dimostrare la sua innocenza mediante prove: se fallisce il talecompito deve essere condannato. - Carcerazione preventiva, poiché l’imputato è presunto colpevole, in mancanza di prove d’innocenza puòessere sottoposto a custodia preventiva in carcere. - Molteplicità delle impugnazioni, una volta che è stata pronunciata la sentenza il sistema si ricorda cheanche il giudice è un uomo e può sbagliare. Ed allora il regime permette che le parti possano presentare impugnazione, sulla quale deve decidere ungiudice superiore che è dotato dei medesimi poteri inquisitori del primo. In ultima istanza si ritiene che il re, o l’organo analogo, possa concedere la grazia poiché in lui si cumulanotutti i poteri. In definitiva, il processo inquisitorio permette di accertare quella che può essere definita la “verità di Stato”.

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6. Definizione di sistema accusatorio Il sistema accusatorio si basa su un principio opposto a quello di autorità, e cioè il principio dialettico. Si ritiene che nessuna persona sia depositaria del vero e del giusto, la verità si può accertare tanto meglioquanto più le funzioni processuali sono ripartite tra soggetti che hanno interessi antagonisti. Al giudice, che deve essere indipendente e imparziale, spetta di decidere sulla base di prove ricercatedall’accusa e dalla difesa. Il sistema delineato, che può essere definito “separazione” delle funzioni processuali, adempie allamedesima finalità che è svolta dal principio della separazione dei poteri dello Stato: si tende ad evitare chel’uso di un potere degeneri in abuso.

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7. Le caratteristiche principali del sistema accusatorio - Iniziativa di parte, in origine il potere di azione spettava ad un accusatore privato, cioè alla persona offesa,successivamente tale potere è stato assegnato ad un organo pubblico. - Iniziativa probatoria di parte, i poteri di ricerca, ammissione e valutazione della prova devono essere divisie ripartiti tra giudice, accusa e difesa. Colui che accusa ha l’onere di ricercare le prove e di convincere il giudice della reità dell’imputato. La difesa deve avere il potere di ricercare le prove in base alle quali possa convincere il giudice chel’imputato non è colpevole o che le modalità di svolgimento del fatto addebitato devono essere ricostruite inmodo diverso da quello fatto dall’accusa. Il giudice deve soltanto decidere se ammettere, o meno, il mezzo di prova che viene richiesto. - Contraddittorio, assicura che, prima della decisione, il giudice permetta alla parte interessata di sostenere leproprie ragioni. Il contraddittorio adempie a due funzioni essenziali: tutela i diritti di ciascuna parte e costituisce una tecnicadi accertamento dei fatti. Ad ogni parte deve essere data la possibilità di mettere in dubbio l’esistenza del fatto che è affermato dallacontroparte. - Oralità, permette di valutare in modo pieno la credibilità e l’attendibilità di un testimone o altrodichiarante. Da ciò deriva la regola secondo cui, in linea di principio, non sono utilizzabili dichiarazioni scritte ai finidella decisione. - Limiti di ammissibilità delle prove, è molto importante il metodo col quale si giunge a formare la prova. Si ritiene che una prova non sia attendibile se è raccolta con tecniche che influiscono sulla libertà morale diuna persona. Spetta al giudice il controllo sulla ammissibilità dei mezzi di prova richiesti dalle parti. Presunzione d’innocenza, il giudice può condannare l’imputato solo quando l’accusa ha provato la reità “aldi fuori di ogni ragionevole dubbio”; mentre se l’accusa non riesce a eliminare il dubbio, l’imputato deveessere dichiarato “non colpevole”. Non occorre che sia “assolto”, poiché egli è presunto innocente fin dall’inizio del processo. Limiti alla custodia cautelare, se l’imputato è presunto innocente fino alla condanna definitiva, non puòessere trattato come un colpevole. Pertanto quella che può essere applicata è soltanto una misura cautelare se ed in quanto vi siano prove chedimostrino che in concreto esistano esigenze cautelari. L’accusa deve, cioè, dimostrare che vi è il pericolo che l’imputato inquini le prove, fugga o commetta gravireati; ma soprattutto deve convincere il giudice, sia pure “allo stato degli atti” e cioè sulla base di indagininon complete, che vi sono prove o gravi indizi che dimostrano la reità dell’imputato. Nel sistema accusatorio la misura cautelare è configurata come la extrema ratio, ossia deve essere utilizzataquando tutte le altre misure ipotizzabili non siano in grado di scongiurare il pericolo di inquinamento delleprove, di fuga o di commissione di gravi reati. - Limiti alle impugnazioni, gli esami incrociati con cui si formano le prove sono scarsamente utili se ripetutiuna seconda volta sulle stesse domande. Le impugnazioni, quindi, hanno soprattutto lo scopo di controllare se in primo grado il giudice ha osservato idiritti delle parti.

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Il giudice che decide sull’impugnazione deve essere indipendente ed imparziale alla pari del giudice diprimo grado.

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8. Rapporto tra sistema processuale e regime politico: processo

penale o di tipo accusatorio Il regime politico totalitario trova nel sistema processuale inquisitorio lo strumento di potere più efficace. Attraverso giudici parziali il potere politico può far iniziare, o anche fermare, il processo penale, può farassumere o meno le prove, può favorire o meno gli appartenenti alla propria fazione. Il processo penale è usato come strumento di lotta politica. Viceversa, il processo di tipo accusatorio è connaturale ad un regime politico garantista. Se il giudice si dimostra parziale, le parti devono avere il potere di ricusarlo; anzi, deve essere consentito didimostrare che il singolo magistrato o giudice popolare non è in condizioni tali da “apparire” imparziale. Gli strumenti che tendono a ridurre gli arbitrii sono la separazione delle funzioni processuali di accusa,difesa e giudizio, la distinzione tra il potere di direzione del dibattimento e il potere di decidere sull’accusa,la parità tra i poteri delle parti in tema di prova. Quello che conta è accertare se l’accusa è fondata, non quali conseguenze politiche possano derivare da unacondanna o da un’assoluzione. Riteniamo che il criterio di scelta tra processo penale o processo di tipo accusatorio vada ricercato nellamaggiore idoneità a tutelare la libertà politica e i diritti della persona umana. Sotto questo profilo il sistema accusatorio è più rispettoso dei diritti fondamentali, ma soprattutto rende piùdifficile al potere politico manipolare i fatti e costruire verità di Stato. Occorre comunque avere presenti anche gli svantaggi che possono derivare dal sistema accusatorio. Ad esempio le regole che escludono le prove raccolte fuori dal dibattimento tutelano i diritti di libertà delcittadino, ma tendono ad ostacolare l’accertamento del fatto di reato. Si capisce come sia necessario porre temperamenti rispetto ad un modello accusatorio di tipo puro.

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9. Cenni sulla nascita del diritto romano Il re disponeva, in materia di repressione criminale, di un incondizionato potere di coercizione e digiurisdizione per la repressione dei reati più gravi che mettevano in pericolo la vita della civitas edell’istituto monarchico. Trasformatori il regime da monarchico a repubblicano, la repressione dei reati era affidata al popolo riunitonelle assemblee comiziali. Il processo popolare venne progressivamente cedendo il posto a tribunali stabili: le quaestiones perpetuae. Il processo davanti a tali tribunali era tipicamente accusatorio. L’organizzazione delle giurie esigeva la partecipazione diretta dei cittadini migliori e quindi finché latensione morale fu alta, il sistema poté funzionare, mentre quando prevalse il disinteresse, la giuria subì undeclino. Il sistema delle quaestiones perpetuae fin dai primi anni del principato iniziò a subire la concorrenza di unnuovo tipo di processo più coerente con il nuovo assetto costituzionale dello Stato. La questione era affidata a un delegato dell’imperatore che cumulava il potere di accusare, di raccogliere leprove e di giudicare. Tale procedimento, denominato cognitio extra ordinem, venne poi a sostituirsi alle quaestiones perpetuae.

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10. Cenni sul diritto nel periodo medioevale Nei primitivi regimi barbarici il processo penale era considerato un fenomeno irrazionale, nel quale simanifestavano credenze magiche. Il giudizio era basato sull’ordalìa, che era una prova fisica subita dall’accusato, dal cui risultato sipretendeva di ricavare la prova dell’innocenza perché la divinità sarebbe dovuta intervenire. Ciò comportava una sorta di onere della prova a carico dell’imputato. Con il ritorno della civiltà l’ordinamento barbarico recepì gli insegnamenti del diritto romano. Venne ripristinato il procedimento cognitio extra ordinem che, da quel periodo, venne denominatoinquisizione. Il sistema inquisitorio fu accolto anche dai Comuni trasformatisi in Principati e dai vari Stati assoluti che sivennero formando nell’Europa continentale.

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11. Il processo penale nello Stato Assoluto La Ordonnance criminelle del 1670, promulgata in Francia nel periodo di maggiore potenza dello Statoassoluto, costituisce uno snodo fondamentale della storia del processo penale. Fino ad allora agli organi giudicanti era riconosciuto il potere di determinare le regole del proprio operare. La normativa processuale si era venuta completando nel tempo sulla base della prassi creata dai giudici edagli avvocati, con l’aiuto della dottrina. Il re Luigi XIV volle innovare anche in questo campo e, mentre affermava di voler soltanto razionalizzare laprocedura penale allora vigente, in realtà si impossessava del potere di legiferare in via esclusiva in materiaprocessuale. L’effetto fu quello di rafforzare i tratti del sistema inquisitorio. Netto era il giudizio negativo dato dai filosofi illuministi su questa procedura. L’arbitrio del giudice era illimitato, l’imputato era lasciato a se stesso, era martoriato ancora prima chepotesse difendersi, era posto davanti all’alternativa tra confessare (e allora la condanna era sicura) o negarela reità (e, di conseguenza, i tormenti si allungavano). La denuncia di clamorosi errori giudiziari portò l’Europa a interrogarsi sull’efficacia di tale sistemaprocessuale.

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12. Il processo penale in Inghilterra In Inghilterra il potere del re non fu mai assoluto, dapprima fu controllato dai baroni, che nel 1215 ottennerola Magna Charta libertatum, poi dallo stesso Parlamento. In base alla Magna Charta "nessun uomo libero può essere arrestato o messo in prigione se non a seguito  diun giudizio dei suoi pari, reso nella forma legale secondo il diritto del paese". Il processo penale inglese era basato su due istituti di importanza fondamentale: la giuria e i testimoni. Esso seguiva le cadenze del processo romano del periodo della repubblica (processo popolare). Una prima giuria, il Grand jury, decideva se l’imputato doveva essere rinviato a giudizio; una seconda giuriaassisteva al pubblico dibattimento e decideva, con un verdetto non motivato, se l’imputato era colpevole. Nel caso in cui fosse accertata la reità dell’imputato, il giudice togato stabiliva la pena. Nel 1679 fu approvato dal Parlamento l’Habeas Corpus Act, che dava al giudice il potere di valutare lalegittimità dello stato di detenzione di qualsiasi persona. Nel 1689 fu approvato il Bill of Right, che contiene l’elenco dei diritti fondamentali, come quello spettanteall’imputato di essere lasciato libero dietro pagamento di una cauzione.

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13. La rivoluzione francese e l’evoluzione del processo penale A seguito della rivoluzione, in Francia è stato accolto un ordinamento che ricalca alla lettera il processopenale inglese allora vigente. Il decreto dell’Assemblea nazionale del settembre 1791 ha introdotto un sistema prevalentementeaccusatorio. Il processo penale risultava diviso in tre fasi: un’informazione segreta condotta dal giudice di pace,un’udienza segreta davanti al jury d’accusa, un’udienza pubblica davanti al jury del giudizio. Il sistema nel suo insieme era sufficientemente garantista: ad una istruzione segreta seguiva un dibattimentoin contraddittorio. Il principale difetto di quel meccanismo processuale stava nell’ordinamento del PM: mancava un organocentralizzato che assumesse le iniziative di accusa e ne sostenesse la responsabilità in dibattimento. Con il passaggio dal Direttorio al Consolato (1799) l’accusatore pubblico elettivo venne eliminato e fusostituito da un “rappresentante del potere esecutivo presso il potere giudiziario”.

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14. Il sistema misto nel Code d’instruction criminelle Nel Code d’instruction criminelle, promulgato nel 1808 ma entrato in vigore nel 1811, il sistema misto eracosì congegnato: la fase anteriore al dibattimento, denominata istruzione, era prevalentemente inquisitoria,ma era temperata in aspetti fondamentali da istituti del sistema accusatorio; la fase del dibattimento eraprevalentemente accusatoria, salvo alcuni temperamenti in senso inquisitorio. Il sistema misto era caratterizzato da una netta separazione delle funzioni tra accusa e giudizio. L’istruzione era segreta e veniva svolta dal giudice istruttore, ma non era puramente inquisitoria in quanto: iniziava solo dopo che il Pubblico Ministero aveva fatto formale richiesta al giudice istruttore; terminava solo dopo che il Pubblico Ministero aveva chiesto il rinvio a giudizio o il proscioglimento; il giudice non poteva rifiutarsi di compierla; era garantito all’imputato il controllo giurisdizionale sulla richiesta di rinvio a giudizio. Nella fase istruttoria l’assunzione delle prove era affidata al giudice, e cioè ad un organo comunque separatodal potere esecutivo e soggetto al controllo della Corte d’Appello. La fase del dibattimento era accusatoria ma temperata dai seguenti principi tipicamente inquisitori: le domande ai testimoni erano rivolte dal presidente dell’organo giudicante; gli atti compiuti prima del dibattimento potevano essere letti e su di essi il giudice poteva fondare la suadecisione. L’istruzione era una “assunzione” della prova, mentre il dibattimento costituiva una “critica” ed un“controllo” sulla medesima. Il sistema misto è stato criticato in quanto le prove sono raccolte in segreto senza che la difesa possasvolgere un controllo: soltanto in dibattimento l’imputato è autorizzato a “demolire” le prove, già assunte. In definitiva il difetto del sistema misto napoleonico sta nel non aver assicurato il principio di separazionedelle fasi. Dopo il 1815 negli Stati europei tornarono al potere i sovrani assoluti, i quali immediatamente ripristinaronoil processo inquisitorio.

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15. I codici italiani di procedura penale Il 1° maggio 1848, nello Stato del Piemonte, entrò in vigore il codice di procedura penale, che accoglieva ilmodello napoleonico. Nel 1859 venne promulgato un nuovo codice basato sempre sul sistema misto, codice che venne esteso, conalcune modifiche, nel 1865 al Regno d’Italia. Il primo codice di procedura penale italiano è datato 1913, il quale, pur conservando il sistema misto,innovava rispetto al modello napoleonico, in quanto riconosceva ampi diritti all’accusato già nel corso dellafase istruttoria: il difensore dell’imputato aveva il diritto ad assistere a larga parte degli atti e di prenderevisione dei verbali. In definitiva, durante l’istruttoria restavano segrete soltanto le testimonianze. Nel dibattimento fu introdotta la giuria popolare che giudicava sul fatto, mentre i giudici togatideterminavano la quantità della pena. Al termine della prima guerra mondiale, Mussolini cancellò la separazione dei poteri e provvide a riformarei codici. Quello di procedura penale fu promulgato nel 1930 insieme al codice penale, entrarono in vigore nel 1931. Il diritto di difesa fu eliminato nella fase istruttoria, che tornò ad essere totalmente segreta; e il PM,dipendente dell’esecutivo, ottenne gli stessi poteri coercitivi del giudice istruttore. Infatti il Pubblico Ministero conduceva una sua istruzione, detta sommaria; mentre il giudice istruttore nellac.d. istruzione formale, procedeva d’ufficio alla ricerca delle prove, che assumeva in segreto, e decideva serinviare l’imputato a giudizio. Infine il giudice del dibattimento nella decisione poteva utilizzare tutti i verbali degli atti raccolti nelle fasianteriori. Le conseguenze sistematiche furono disastrose: si abbandonava per la prima volta il principio dellaseparazione delle funzioni processuali, grande conquista dell’epoca napoleonica, per tornare sostanzialmentead un sistema prevalentemente inquisitorio. Tra le altre modifiche ricordiamo la facoltà del Pubblico Ministero di archiviare direttamente le denuncesenza chiedere l’autorizzazione al giudice, con la quale il potere esecutivo poteva bloccare fin dall’inizio iprocessi penali nei confronti degli “amici” del partito al potere. Fu abolita la giuria popolare e al suo posto fu introdotta la Corte d’Assise, composta da 2 giudici togati e 5cittadini, che deliberava sia sul fatto, sia sulle questioni giuridiche.�

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16. I principi del processo penale nella costituzione del 1948 Dopo la liberazione il Governo Badoglio, nel 1944, limitò i poteri della polizia in tema di fermo e sottrasseal Pubblico Ministero il potere di archiviare le denuncie in modo insindacabile. Il r.d.l. 511/46 sulle “guarentigie della magistratura” restituì l’inamovibilità ai giudici e riconobbe allamagistratura nel suo complesso quella indipendenza dal governo alla quale era pervenuta faticosamente altermine del periodo liberale: tutti i membri del CSM erano eletti dagli stessi magistrati. Per quel che riguarda la Costituzione, l’assemblea costituente ha posto soltanto le garanzie fondamentali cheriguardavano i punti nevralgici del processo penale. orientamento liberale, separazione dei poteri dello Stato e separazione delle funzioni processuali: diritto didifesa, azione penale spettante al PM, principio del giudice naturale e, infine, presunzione d’innocenza; orientamento personalistico, diritti inviolabili della persona umana: riserve di legge e giurisdizione a tuteladi questi; orientamento solidaristico, norme che tendono a rimuovere gli ostacoli di carattere economico che impediscono l’eguaglianza sostanziale. Anche se la Costituzione non fa una esplicita scelta tra sistema accusatorio e inquisitorio, una suainterpretazione generale denota chiaramente il rilievo dato a principi tipici del sistema accusatorio, e daquando la Corte Costituzionale ha iniziato ad esaminare il codice del 1930 ha fondato su tali principicostituzionali più di una dichiarazione di illegittimità di norme riconducibili al sistema inquisitorio.

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17. Le riforme parziali al codice penale del 1930 Negli anni successivi all’entrata in funzione della Costituzione hanno preso corpo due iniziative differenti. Da un lato si sono effettuate modifiche parziali al codice del 1930, che era orientato prevalentemente insenso inquisitorio, da un altro lato si è pensato ad un nuovo processo penale. Il primo orientamento è prevalso almeno fino al 1968. La l. 517/55 ha modificato oltre 130 articoli del codice del 1930 seguendo una precisa strategia: poiché nonvi era il tempo per discutere nuovi istituti si è pensato di reintrodurre le garanzie già sperimentate nel codiceliberale del 1913. Le innovazioni più incisive, però, sono derivate dalle sentenze della Corte Costituzionale che hannodichiarato l’illegittimità delle norme poste da codice del 1930. L’effetto complessivo è stato quello di pervenire ad un sistema misto di tipo prevalentemente accusatorio: ladifesa partecipava a quasi tutti gli atti precedenti al dibattimento. L’unico aspetto che non fu toccato è stata la stessa struttura “mista” del processo e, di conseguenza, ilprincipio del cumulo delle funzioni processuali: da un lato il giudice istruttore procedeva d’ufficio allaricerca delle prove, dall’altro lato il Pubblico Ministero poteva condurre una sua istruzione sommaria, infineil giudice del dibattimento nella decisione definitiva poteva utilizzare tutti i verbali raccolti nelle fasianteriori.

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18. I lavori preparatori del nuovo codice di procedura penale in

Italia Il secondo orientamento cominciò a manifestarsi dal 1962. Carnelutti nel 1963 presentò a titolo personale una “Bozza di uno schema del codice di procedura penale”: sitrattava di una riforma radicale, che delineava un sistema di tipo accusatorio puro, e che, per tanto, incontròforti opposizioni. Nel 1963 il governo Leone, ritenuto impossibile affidare al Parlamento l’elaborazione di una leggecomplessa quale era un codice, formulò un disegno di legge delega. Tale disegno fu presentato in Parlamento ma mai posto in discussione. Nel 1966 la Commissione Giustizia della Camera dei deputati iniziò a esaminare un disegno di legge delegaproposto dal ministro Reale. Nella quinta legislatura fu presentato un nuovo disegno di legge delega che fu ampiamente discusso, nellasesta legislatura il Parlamento approvò in via definitiva un altro disegno di legge delega. Tale legge fu promulgata nel 1974. Una Commissione istituita dal Ministro della Giustizia e presieduta dal prof. Pisapia, iniziò i suoi lavori nel1974 e presento il “Progetto preliminare” nel 1978. La legge delega, però, imponeva che il giudice cumulasse in sé i poteri dell’accusa nel ricercare le prove. Un altro difetto della delega consisteva nell’accoglimento del principio di centralità del dibattimento: tutti iprocessi sarebbero dovuti approdare alla fase dibattimentale anche nelle ipotesi nelle quali un rito piùsemplificato, con epilogo anteriore al dibattimento, sarebbe apparso ugualmente adeguato. Pochi giorni dopo la presentazione del “Progetto preliminare” avvenne il rapimento di Aldo Moro. Era in atto la fase più acuta della lotta armata contro lo Stato e, in una situazione del genere, l’introduzionedi un processo più garantista non apparve ragionevole. Nel 1980 il Ministro della Giustizia presentò alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati uncomplesso di quaranta emendamenti, che di fatto venivano a configurarsi come una nuova legge delega. Fu così nominato un comitato parlamentare ristretto che configurò una nuova struttura processuale: la provasi sarebbe dovuta formare soltanto in dibattimento nel contraddittorio; prima di tale momento non si sarebbedovuta svolgere un’istruzione bensì una fase di indagini preliminari, eliminando così la figura del giudiceistruttore; e inoltre erano predisposti riti alternativi a quello ordinario che evitavano la complessità deldibattimento. Su queste basi riprendeva presso il Parlamento un dibattito che doveva poi concludersi con l’approvazionedella seconda, e definitiva, legge delega del 1987. Una Commissione, nominata dal Ministro della Giustizia Vassalli e presieduta dal prof. Pisapia, ha redatto ilprogetto preliminare. Tale testo è stato approvato dal Governo nel 1988 ed è entrato in vigore nel 1989.

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19. Le linee generali del nuovo processo penale La separazione delle funzioni e delle fasi del procedimento Il nuovo processo penale è fondato su tre principi fondamentali: il principio di separazione delle funzioniprocessuali, svolge un ruolo di garanzia simile a quello svolto dalla separazione dei poteri dello Stato. Esso impone che il giudice abbia soltanto il compito di dirigere l’assunzione delle prove e di decidere senzacumulare in sé l’ulteriore potere di svolgere indagini. Stabilisce inoltre che il Pubblico Ministero si limiti a ricercare le prove e non cumuli in sé il potere diassumerle. Così viene assicurata una maggiore dialettica tra accusa e difesa, che espongono le proprie ragioni in unasituazione di tendenziale equilibrio sotto il controllo del giudice. Questi è in una posizione di imparzialità, perché il suo compito non è quello di indagare, bensì di decideresulla base delle richieste formulate dalle parti; il principio di netta ripartizione delle fasi processuali, il procedimento vede susseguirsi le indaginipreliminari svolte dal PM, l’udienza preliminare e il dibattimento. Si vuole che la prova utilizzabile nella decisione in dibattimento sia quella che viene assunta nel pienocontraddittorio delle parti, e cioè davanti al giudice e alla presenza del Pubblico Ministero e del difensoredell’imputato. La prova assunta prima del dibattimento è inutilizzabile. Inoltre, si vuole tutelare il diritto dell’imputato a che un giudice controlli la necessità del rinvio a giudizio e,quindi, la fondatezza dell’accusa formulata dal PM. Il rinvio a giudizio costituisce una sofferenza per l’imputato innocente ed è per lui fonte di speseprocessuali, cioè costituisce un danno da evitare. A tal fine è predisposta una udienza preliminare, nella quale il giudice esamina gli atti raccolti dal PubblicoMinistero e decide se rinviare a dibattimento l’imputato o pronunciare una sentenza di non luogo aprocedere;il principio di semplificazione del procedimento.

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20. Le indagini preliminari nel processo penale Il Pubblico Ministero svolge funzioni investigative: può disporre perquisizioni, sequestri e accertamentitecnici, e ha il potere di ordinare il fermo di un soggetto gravemente indiziato quando vi è pericolo di fuga. Tutte le altre misure coercitive nei confronti dell’imputato possono essere disposte soltanto dal giudice surichiesta del PM. Le funzioni di garanzia sono svolte da un nuovo organo, denominato “giudice per le indagini preliminari”,che differisce dal giudice istruttore del codice del 1930 in quanto non ha poteri di iniziativa probatoria, ecioè non ha il compito di investigare, bensì soltanto di decidere sulle richieste delle parti. Nella fase delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero non ha, di regola, il potere di assumere provedirettamente utilizzabili per la decisione finale. Se occorre assumere subito prove non rinviabili al dibattimento, il Pubblico Ministero o l’indagato possonofarne domanda. Il giudice, se accoglie l’istanza, dispone che le prove siano assunte dinanzi a lui in una udienza denominataincidente probatorio e possono essere successivamente utilizzate ai fini della decisione finale. Terminate le indagini preliminari, il Pubblico Ministero formula le sue richieste al giudice entro terminimassimi prefissati dalla legge. Egli chiede l’archiviazione se la notizia di reato è infondata, se l’azione penale è improcedibile, se il reato èestinto o se il fatto non è previsto dalla legge come reato. Viceversa, se vi sono elementi idonei a sostenere l’accusa in dibattimento, il Pubblico Ministero chiede ilrinvio a giudizio formulando l’imputazione. Se il Pubblico Ministero chiede l’archiviazione, il giudice può negarla e imporre una imputazione coatta efissa l’udienza preliminare, ciò per evitare l’arbitrio del Pubblico Ministero sulle archiviazioni. L’udienza preliminare si svolge alla presenza delle parti. Al giudice spetta di verificare la fondatezza, o meno, dell’imputazione: nel primo caso emana il decreto chedispone il giudizio, nel secondo caso pronuncia sentenza di non luogo a procedere.

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21. Il dibattimento nel processo penale Nel dibattimento il principio del contraddittorio è attuato attraverso quell’istituto di origine anglosassone cheè l’esame incrociato. Le domande sono poste direttamente dal Pubblico Ministero e dai difensori, mentre il presidente del collegiogiudicante ha il potere di ammetterle o meno: egli può intervenire per assicurare la lealtà dell’esame e lacorrettezza delle contestazioni, può rivolgere direttamente domande e perfino indicare temi di prova nuovi opiù ampi che siano utili alla completezza dell’esame. In questa fase si segue la regola cui l’organo giudicante deve decidere soltanto sulla base delle prove assuntenel contraddittorio tra le parti. Per rendere effettivo tale principio si è prevista la formazione di due distinti fascicoli: fascicolo per il dibattimento, contenente i verbali degli atti assunti in contraddittorio e degli atti non ripetibiliassunti dal Pubblico Ministero e dalla polizia giudiziaria. Il contenuto di tale fascicolo può essere letto in dibattimento e utilizzato ai fini delle decisione; fascicolo del pubblico ministero, contenente i verbali dagli altri atti assunti da quest’ultimo, dalla poliziagiudiziaria e dal difensore. Le dichiarazioni possono essere contestate alle parti e ai testimoni che vengono esaminati nel corso deldibattimento: il verbale serve, di regola, soltanto a provare la credibilità del soggetto interrogato.

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22. I procedimenti semplificati nel processo penale Gli ordinamenti che adottano un sistema processuale accusatorio, prevedono altresì meccanismi disemplificazione che riservano la procedura più garantita soltanto ai casi veramente controversi o ai reatigravi. Il nuovo codice ha previsto sei riti semplificati: Patteggiamento, l’imputato si può accordare con il Pubblico Ministero sulla specie e sulla misura di pena daapplicare. Il massimo di sanzione, che poteva essere patteggiata, è stato portato a 5 anni. Il giudice ha il potere di controllare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto e la congruità dellapena. Giudizio abbreviato, l’imputato può chiedere che il processo sia definito nell’udienza preliminare sulla basedegli atti raccolti nel fascicolo del PM. Nell’udienza preliminare il giudice può pronunciare una sentenza di proscioglimento o di condanna, ma inquest’ultimo caso sussiste un incentivo per l’imputato: la pena è ridotta di . Giudizio immediato su richiesta del PM, se la prova è evidente e l’imputato è stato invitato a rendereinterrogatorio, il Pubblico Ministero può chiedere al GIP il rinvio a giudizio senza udienza preliminare. Se la richiesta è accolta dal giudice, questi ordina il rinvio a giudizio. Entro 15 giorni dalla notificazione della citazione, l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato o ilpatteggiamento, altrimenti ha luogo il dibattimento. Giudizio immediato su richiesta dell’imputato, dopo che il Pubblico Ministero ha chiesto il rinvio a giudizio,l’imputato può chiedere al giudice di essere rinviato a dibattimento senza udienza preliminare. In tal caso il giudice è obbligato a pronunciare il decreto che dispone il giudizio. Giudizio direttissimo, quando una persona è arrestata il flagranza o quando l’indagato ha confessato nelcorso dell’interrogatorio, il Pubblico Ministero può condurlo direttamente davanti al giudice in dibattimento. Procedimento per decreto, per i reati meno gravi il Pubblico Ministero può presentare al GIP richiestamotivata di emissione di un decreto penale di condanna ad una pena pecuniaria. La pena richiesta può essere diminuita fino alla metà del minimo edittale previsto dalla normaincriminatrice, comunque il giudice si riserva la facoltà di accoglierla o respingerla.

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23. Dopo il 1989: dal mito dell’oralità al recupero del diritto alla

prova nel processo penale Col nuovo codice il legislatore ha creduto che le garanzie processuali potessero essere assicurate limitandosiad affermare il principio di oralità-immediatezza, cioè rendendo in buona parte non utilizzabili ledichiarazioni rese prima del dibattimento. La fase delle indagini preliminari, pertanto, è stata sguarnita della garanzia del contraddittorio e, soprattutto,in essa si è impedito l’esercizio del diritto alla prova sul presupposto che i risultati, raccolti in tale fase, nonsarebbero stati utilizzabili per la decisione finale. Anche dal punto di vista psicologico si sono manifestati problemi di adattamento degli operatori ad unalogica processuale completamente diversa da quella accolta dal precedente codice. Occorre precisare che la legge delega del 1987 prevedeva che il Governo provvedesse ad emanare, entro 3anni dall’entrata in vigore del codice, disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei criteri direttivifissati. Il Governo ha utilizzato tale strumento in modo eccessivamente cauto e la sua carenza di iniziativa insiemeall’inerzia del Parlamento sono state superate solo dalla Corte Costituzionale, che ha iniziato a dichiarareillegittime, perché contrarie al principio di ragionevolezza, alcune disposizioni del codice e i relativi criteridirettivi contenuti nella legge delega. Le declaratorie di incostituzionalità, insieme alla situazione di emergenza provocata dagli omicidi deimagistrati Falcone e Borsellino nel 1991, hanno indotto il Governo a modificare alcuni punti fondamentalidella disciplina del processo penale con un decreto legge del 1992. Il testo originario del codice limitava in modo eccessivo la possibilità di utilizzare, ai fini della decisione, iverbali delle dichiarazioni rese in segreto prima del dibattimento. Il legislatore, con la legge di conversione del d.l. del 1992 ha ecceduto nel senso opposto, estendendonesoverchiante l’utilizzabilità e ledendo il principio del contraddittorio. Un parziale ritorno alla tutela del contraddittorio si è avuto, per la fase anteriore al dibattimento con unalegge del 1995, e per la fase dibattimentale con una legge del 1997. La legge del 1995 ha teso a ripristinare alcuni aspetti della separazione delle funzioni prima deldibattimento: si tratta di uno dei settori in cui il codice del 1988 si è dimostrato più gravemente carente. La legge, da un lato ha aumentato i poteri di controllo spettanti al GIP sugli atti che devono essere valutati alfine di applicare le più gravi misure cautelari, dall’altro lato ha riconosciuto espressamente la legittimitàdelle indagini svolte dal difensore e ha sancito che la relativa documentazione può essere presentata al GIP. La legge del 1997 ha regolato il caso delicato in cui un imputato renda dichiarazioni contro un altroimputato durante le indagini: tali dichiarazioni sono utilizzabili in dibattimento solo se rese nel rispetto delcontraddittorio, ossia in sede di incidente probatorio, oppure se l’accusatore si presentava in giudizio perfarsi controesaminare, oppure infine se diventavano non ripetibili.

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24. La costituzionalizzazione dei principi del “giusto processo” Il Parlamento ha preso nuovamente in esame quella parte del progetto della Commissione bicamerale cheaveva cercato di rendere effettive le norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e cioè i principidel “giusto processo”. Si voleva affermare in Costituzione una concezione “forte” del contraddittorio, da attuarsi “nella formazionedella prova”. La legge di revisione costituzionale è stata approvata nel 1999 con maggioranza superiore ai , e riforma l’art.111 cost. Il nuovo testo di suddetto articolo mostra la sua natura di interpretazione autentica della Carta costituzionalerendendo espliciti quei principi che, a giudizio di molti studiosi, già erano ricavabili dalla Costituzione.

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25. I principi attinenti ad ogni processo Il Parlamento ha introdotto nell’art. 111 cost. cinque nuovi commi che consacrano i principi cardine ai qualideve informarsi ogni processo. In sintesi tali principi consistono nella riserva di legge in materia processuale, nella imparzialità del giudice,nella parità delle parti e nella ragionevole durata del processo: art. 1111 cost. "la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge", ciò comporta lariserva di legge e il principio di legalità processuale omologhi a quelli previsti nel diritto penale sostanziale. Inoltre l’espressione “giusto processo” si riferisce ad un concetto ideale di Giustizia, che preesiste rispettoalla legge e che è direttamente collegato a quei diritti inviolabili di tutte le persone che lo Stato, in baseall’art. 2 cost., si impegna e riconoscere. art. 1112 cost., enuncia alcuni principi non relativamente al solo processo penale ma ad "ogni processo"quindi anche civile ed amministrativo: - principio del contraddittorio; - principio di parità tra le parti, parità non è eguaglianza bensì equilibrio di poteri; - principio del giudice terzo e imparziale; - principio di ragionevole durata del processo, che è un recepimento di un precetto della Convenzioneeuropea dei diritti dell’uomo. Va peraltro ribadito che quello dell’efficienza processuale è un valore, che non può in alcun modocompromettere le garanzie dell’imputato e la qualità dell’accertamento processuale. Del resto, il bilanciamento tra le due opposte istanze è già implicito nel termine “ragionevole” che siriferisce alla durata del processo. La Costituzione pone un vincolo alla legge ordinaria, infatti la Corte Costituzionale non può sindacare ladurata del singolo processo, ma ha il potere di dichiarare l’incostituzionalità delle disposizioni cheprevedono tempi lunghi, inutili passaggi di atti tra organi, formalità superflue, non giustificate né daesigenze repressive né da garanzie difensive.

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26. I principi inerenti al processo penale Art. 1113 cost. enuncia il catalogo dei diritti spettanti “nel processo penale” alla “persona accusata di unreato”, dove l’”accusato” può essere sia l’imputato che l’indagato: - la persona sottoposta alle indagini deve essere "informata riservatamente della natura e dei motividell’accusa nel più breve tempo possibile". Da una parte vi è l’indagato che ha interesse a conoscere quantoprima l’esistenza di procedimenti nei suoi confronti per poter raccogliere elementi a discarico, dall’altraparte vi è il pubblico ministero che per svolgere indagini efficaci deve poter compiere atti a sorpresa. Il bilanciamento tra le due esigenze opposte è attuato nel termine “nel più breve tempo possibile”: ciò non significa “immediatamente” bensì “non appena l’avviso all’indagato è compatibile con l’esigenza digenuinità e di efficacia delle indagini”; - l’accusato ha il diritto di disporre "del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa".

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27. Definizione di processo penale Il processo penale sul fatto, sull’autore e sulle conseguenze Il processo penale è lo strumento con cui si applica il diritto sostanziale, esso assolve tre scopi: accerta se una determinata persona ha commesso il reato, per sapere se e quale sanzione irrogare; accerta quale è la personalità del reo, dato lo stretto collegamento che lega la sanzione penale con lapersonalità del reo; accerta quali sono le sanzioni da applicargli, tenendo conto soprattutto dell’esigenza rieducativa e valutandola possibilità di applicare sanzioni sostitutive o misure alternative.

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28. L’azione penale Procedimento penale, serie cronologicamente ordinata di atti diretti alla pronuncia di una decisione penale,ciascuno dei quali, in quanto validamente compiuto, fa sorgere il dovere di porre in essere il successivo ed è,al contempo, esso stesso realizzato in adempimento di un dovere posto dal suo antecedente. Si conclude con la sentenza irrevocabile. Comprende indagini preliminari, udienza preliminare e giudizio nei vari gradi. Processo penale, parte del procedimento penale che inizia con l’esercizio dell’azione penale e termina con lasentenza. Comprende udienza preliminare, salvo i procedimenti speciali che sono privi di tale fase, e giudizio nei varigradi. Azione penale, richiesta, diretta al giudice, di decidere sull’imputazione. Nei procedimenti ordinari è la richiesta di rinvio a giudizio fatta dal PM, in quelli speciali è l’atto con cui siinstaura il giudizio. Imputazione, addebito di un fatto di reato ad un soggetto determinato. Deve contenere: - fatto storico di reato; - norme giuridiche violate; - generalità imputato. Comporta l’obbligo per il giudice di decidere e fissa in modo immutabile l’oggetto del processo.

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29. I soggetti e le parti del procedimento penale I soggetti del procedimento penale sono coloro che hanno poteri di iniziativa nel procedimento stesso, leparti sono il soggetto attivo e passivo dell’azione penale, cioè Pubblico Ministero e imputato, edeventualmente dell’azione civile, cioè parte civile, imputato e responsabile civile.

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30. Giudici ordinari e speciali nel processo penale Il termine “giurisdizione” può avere un duplice significato: come funzione dello Stato, che consiste nell’applicare la legge al caso concreto con forza cogente da parte diun giudice terzo; come organo, che consiste in quegli apparati indipendenti e imparziali che impersonano il potere dello Stato. Il potere giurisdizionale in Italia è diffuso, cioè frazionato in più organi ciascuno dei quali ha competenzalimitata. La competenza è quella parte della funzione giurisdizionale che è svolta dal singolo organo. Essa è individuata per approssimazioni successive che tengono conto della materia, del territorio, dellafunzione che deve essere svolta in una determinata fase o grado del procedimento e della eventualeconnessione con altri procedimenti. Sono organi giudiziari ordinari quelli che hanno una competenza generale a giudicare tutte le persone e chesono composti da magistrati ordinari. Sono per il primo grado il Tribunale dei minorenni, la Corte d’Assise, il Tribunale (sia nella formamonocratica che collegiale), il Giudice di Pace; e per il secondo la Corte d’appello sezione minorenni, laCorte d’Assise d’appello, la Corte d’appello e il Tribunale monocratico (che funge da giudice d’appello perle sentenze del Giudice di Pace); infine c’è la possibilità di un ricorso in Cassazione per motivi di legittimità. Sono organi giudiziari speciali quelli che sono competenti a giudicare soltanto alcune persone e che inoltresono composti da magistrati speciali. Sono i Tribunali militari e, dal 1989, la Corte Costituzionale per i reati di alto tradimento e attentato allaCostituzione compiuti dal Presidente della Repubblica. Il termine giurisdizione può essere utilizzato anche con un ulteriore significato. Esso indica le regole che permettono di distinguere i procedimenti di competenza della magistraturaordinaria dai procedimenti di competenza della magistratura speciale.

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31. Giurisdizione e “giusto processo” nel processo penale L’indipendenza del giudice è garantita dalla Costituzione attraverso un apposito organo, e cioè il ConsiglioSuperiore della Magistratura. L’imparzialità del giudice è stabilità dal nuovo comma 2 dell’art. 111 cost. in base al quale "ogni processo sisvolge davanti a un giudice terzo e imparziale". In determinate situazioni nelle quali il giudice è, o appare, parziale, egli ha il dovere di astenersi e se non lofa le parti possono ricusarlo. Non esistono controlli esterni al potere giurisdizionale per l’ovvio motivo che, altrimenti, questo nonsarebbe più indipendente. I controlli sono previsti all’interno dello stesso potere giurisdizionale: vi sono giudici che esaminano ilprocesso in primo grado, in secondo grado e, infine, vi è un organo unico, la Corte di Cassazione, che svolgeun controllo di legittimità. Tutto ciò realizza il c.d. giusto processo, senza il quale non vi può giurisdizione così come la intende laCostituzione.

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32. La competenza per territorio nel processo penale Tale competenza è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato, la ratio è che in tale luogo leprove sono raccolte con maggiore facilità e rapidità. Una importante deroga alle ordinarie norme sulla competenza territoriale è prevista nei procedimenti in cuiun magistrato assume la qualità di imputato, indagato, persona offesa o danneggiata dal reato, quando inbase alle regole ordinarie tali procedimenti sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziariocompreso nel distretto di corte d’appello nel quale il magistrato esercita le sue funzioni. In tali casi la competenza è attribuita al giudice competente per materia che ha sede nel capoluogo deldistretto di corte d’appello individuato dalla tabella A annessa alla legge 420/98. Tale deroga ha l’evidente scopo di garantire l’imparzialità dell’organo giudicante.

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33. La competenza per connessione: riunione dei procedimenti Vi è connessione di procedimenti, ex art. 12 c.p.p., quando: - il reato per cui si procede è commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o se più personecon condotte indipendenti hanno determinato l’evento; una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione (concorso formale), oppurecon più azioni od omissi9oni esecutive dello stesso disegno criminoso (reato continuato); - i reati per cui si procede sono stati commessi gli uni per eseguire od occultare gli altri. Quando vi è connessione un unico giudice è competente a giudicare tutti i reati connessi, e cioè quellocompetente per il reato più grave. Una deroga si ha nei casi riguardanti minorenni all’epoca dei fatti, in tali situazioni la competenza èesclusiva del Tribunale dei minorenni per il giudizio sul minore anche il presenza di una delle fattispecie diconnessione. Sul procedimento del minorenne non è applicabile la connessione. Quando i procedimenti sono connessi, essi possono essere riuniti o separati. E’ evidente che la finalità naturale è quella di permettere la riunione di più procedimenti in uno unico: ciòconsente di economizzare gli atti processuali, di consentire ai testimoni di deporre una sola volta per tutti gliimputati e soprattutto di ricostruire in maniera più chiara e completa il quadro probatorio. La riunione è consentita soltanto per procedimenti pendenti nella medesima fase e grado del procedimento e,in ogni caso, non è utile riunire procedimenti qualora ciò determini in concreto un ritardo nella definizionedegli stessi.

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34. La competenza per connessione: separazione dei procedimenti La separazione è un’esigenza ricollegabile al sistema accusatorio che tende ad assicurare un solo imputato inun singolo procedimento: si ritiene che in tal modo sia possibile garantire la migliore difesa per l’imputato. Il giudice deve riunire i procedimenti soltanto qualora la riunione sia assolutamente necessaria per giungereall’accertamento dei fatti di reato. Il codice di procedura penale pone un dovere di separazione in presenza di determinate ipotesi: - quando stiano per scadere i termini di custodia cautelare; - quando, in udienza preliminare, sia possibile decidere subito sulla posizione dell’imputato tramite giudizioabbreviato o patteggiamento; quando per un imputato si debba sospendere il procedimento; quando un imputato non è comparso in dibattimento e occorra rinnovare la citazione nei suoi confronti; quando uno o più difensori di imputati non si siano presentati in dibattimento per motivi legittimi; quando per un imputato la fase dibattimentale si è già conclusa, mentre per gli altri richiede tempi piùlunghi. In conclusione si può dire che la tendenza del legislatore è quella di assicurare la trattazione unitaria dei procedimenti connessi durante la fase delle indagini, mentre dopo l’esercizio dell’azione penaleil codice oscilla tra l’esigenza garantista e quella efficientistica. Ma quando la separazione tutela anche l’esigenza efficientistica allora il giudice è tenuto a separare iprocedimenti, salvo che ciò pregiudichi l’accertamento dei fatti.

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35. Il principio del giudice naturale Le norme sulla competenza viste finora attuano il principio del c.d. giudice naturale. In base all’art. 251 cost. "nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge". Dalla norma si ricava: - riserva assoluta di legge in materia di competenza; - determinatezza delle norme sulla competenza che non devono conferire un potere discrezionale; - irretroattività delle norme sulla competenza in virtù della necessaria precostituzione. Col principio del giudice naturale risulta ulteriormente tutelata la garanzia di indipendenza dell’organogiudicante.

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36. I conflitti di giurisdizione e di competenza I conflitti di giurisdizione intervengono tra un giudice ordinario e uno speciale, i conflitti di competenzaavvengono tra giudici ordinari. Il conflitto può essere: - positivo, quando due o più giudici contemporaneamente prendono cognizione del medesimo fatto; - negativo, quando due o più giudici contemporaneamente rifiutano di prendere cognizione del medesimofatto. Il conflitto può essere denunciato dal pubblico ministero o dalle parti private presso uno dei giudici inconflitto, ma può anche essere rilevato d’ufficio da uno dei giudici. L’ordinanza che rileva l’esistenza del conflitto è trasmessa alla Corte di Cassazione con la copia degli attinecessari alla decisione. Né la denuncia, né l’ordinanza hanno efficacia sospensiva dei procedimenti in corso.

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37. Le sezioni distaccate del tribunale Sono uffici collocati all’interno del circondario del Tribunale per rendere più agevole ai cittadini l’accessoagli organi che amministrano la giustizia. Le singole sezioni possono trattare quegli affari penali sui quali il Tribunale giudica in composizionemonocratica. Nella sede principale del Tribunale sono svolte, in via esclusiva, le funzioni di giudice per le indaginipreliminari e dell’udienza preliminare. L’inosservanza delle regole che presiedono al riparto degli affari tra la sede principale del Tribunale e lasezione distaccata è rilevata dal giudice monocratico se ritiene la questione non manifestamente infondata e,in tal caso, trasmette gli atti al presidente del Tribunale il quale decide con decreto non impugnabile.

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38. La capacità del giudice nel processo penale Le condizioni di capacità del giudice sono stabilite dalle leggi di ordinamento giudiziario. La capacità di acquisto della funzione giurisdizionale consiste nei requisiti necessari all’assunzione dellaqualità di giudice, mentre la capacità di esercizio della funzione giurisdizionale riguarda l’esistenza dellecondizioni richieste per il valido esercizio del potere giurisdizionale, ossia la nomina al ruolo di uditoregiudiziario. La capacità generica è quella che si ottiene con la nomina e l’ammissione al ruolo ed è richiesta a pena dinullità, mentre la capacità specifica non causa nullità e attiene alla regolare costituzione di un giudicenell’ambito di un determinato processo. La violazione delle norme sul riparto della cognizione tra le due articolazioni del Tribunale e l’inosservanzadelle disposizioni ordinamentali concernenti l’assegnazione dei magistrati a sezioni o collegi non dannoluogo a nullità processuali.

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39. Definizione di imparzialità del giudice L’imparzialità, perché sia effettiva, deve essere fondata sui seguenti principi: - la soggezione del giudice alla legge, che sia precisa e certa in modo da non lasciare al giudice quelle sceltediscrezionali che devono essere compiute dal potere legislativo; - la separazione delle funzioni processuali, in quanto se in giudice cumulasse i poteri di una parte, adesempio dell’accusa, si rischierebbe che la sua funzione giudicante sia sviata, anche inconsciamente, dagliulteriori poteri che è chiamato a esercitare; - la presenza di garanzie procedimentali che consentano di estromettere il giudice che sia o appaia parziale. Affinché il giudice sia imparziale devono sussistere i requisiti di: - Terzietà, sussiste quando è assente qualsiasi legame con una delle parti o con l’oggetto della decisione. - Impregiudicatezza, è la situazione psichica che si ha quando una persona non ha già espresso in precedenzaun giudizio sulla responsabilità dell’imputato. Ciò in quanto esiste la naturale tendenza di ogni persona a mantenere fermo un giudizio già espresso,specialmente se avviene a persone con un potere elevato: si ritiene che queste difficilmente possanoammettere di aver sbagliato.

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40. L’imparzialità del giudice: incompatibilità L’incompatibilità è l’incapacità a svolgere una determinata funzione in relazione a un determinatoprocedimento. Si ha quando: - un magistrato abbia svolto, nel medesimo procedimento, una qualche funzione che deve restare distinta daquella di giudice: PM, polizia giudiziaria, difensore, testimone, ecc…: si riprende il principio di separazionedelle funzioni processuali; - un parente o un affine del magistrato abbia già esercitato nel medesimo procedimento sia la funzione digiudice, sia altre funzione separate o diverse; - un magistrato abbia già svolto la funzione di giudice nel medesimo procedimento penale. Si ritiene che il giudice non sia più impregiudicato, e quindi incompatibile per pre-giudizio, quando: - ha pronunciato la sentenza di un precedente grado del procedimento; - ha emesso il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare; - ha emesso il decreto penale di condanna; - ha disposto il giudizio immediato; - ha deciso sull’impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere; - ha esercitato le funzioni di giudice per le indagini preliminari. Il gip resta compatibile quando non ha emanato provvedimenti che comportano un pre-giudizio. L’esigenza di garantire imparzialità del giudice imponeva di assicurare che l’impregiudicatezza non soltantofosse esistente, ma anche apparisse tale all’opinione pubblica.

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41. L’imparzialità del giudice: astensione e ricusazione Motivi comuni all’astensione e alla ricusazione sono: - il giudice deve astenersi e può essere ricusato se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità:manca di impregiudicatezza; - il giudice deve astenersi e può essere ricusato in tutte quelle situazioni nelle quali abbia legami con le partio con l’oggetto del procedimento: manca di terzietà. Tali situazioni si realizzano quando il giudice: - ha interesse nel procedimento o qualche parte privata o un difensore è debitore o creditore di lui, delconiuge o dei figli, o comunque in tutti quei casi in cui l’esito del procedimento possa procurargli unvantaggio economico o morale; - è tutore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private in causa o se il difensore, curatore oprocuratore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge; - ha dato consigli o ha manifestato il proprio parere sull’oggetto del procedimento fuori dell’esercizio dellesue funzioni giudiziarie; - vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private; - qualcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato; - un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di Pubblico Ministero nel caso. La dichiarazione di astensione è valutata dal presidente dell’organo giudicante al quale appartiene ilmagistrato. La dichiarazione è accolta se si accerta che in concreto esistono le situazioni che mettono in pericolol’imparzialità. Il codice fa un elenco minuzioso dei motivi in cui il giudice ha l’obbligo di astenersi, dopodiché allargaquesto obbligo ad una clausola aperta: quando vi siano "gravi ragioni di convenienza", dove per grave siintende che possa incidere sulla libertà di determinazione del giudice. Con la ricusazione le parti possono rigettare il giudice in base ai medesimi motivi previsti per l’astensione,con due precisazioni: non è possibile ricusare per "gravi ragioni di convenienza"; è possibile ricusare il giudice che abbia "manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fattioggetto dell’imputazione". Ciò denota che le parti possono ricusare il giudice soltanto in casi tassativamente previsti dalla legge inquanto non si fa rinvio alla clausola aperta. Sulle richieste di ricusazione di giudici del Tribunale, della Corte d’Assise e della Corte d’Assise d’appellodecide la Corte d’Appello; sulle richieste di ricusazione di giudici della Corte d’Appello decide una diversasezione sempre della Corte d’Appello; sulle richieste di ricusazione di giudici della Corte di Cassazionedecide una diversa sezione della Corte di Cassazione stessa. A seguito dell’accoglimento della domanda di ricusazione viene designato un altro magistrato e nelfrattempo il magistrato ricusato non deve sospendere la sua attività, ma non può pronunciare una sentenza.

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42. La rimessione del processo penale Riguarda casi in cui è pregiudicata l’imparzialità dell’intero ufficio giudicante territorialmente competente aprescindere dalle situazioni che riguardino il singolo magistrato che lo compone. In questi casi il codice prevede lo spostamento della competenza per territorio ad un organo giurisdizionale,con la medesima competenza per materia, situato nel capoluogo del distretto di Corte d’Appello individuatoin base alla tabella A annessa alla legge 420/98. Lo spostamento è deciso dalla Corte di Cassazione se e in quanto tale organo accerti l’esistenza di almenouno dei requisiti della rimessione. La richiesta motivata di rimessione può essere presentata soltanto dall’imputato, dal pubblico ministero e dalprocuratore generale presso la Corte d’Appello. I casi di rimessione sono tre e devono derivare tutti e tre da "gravi situazioni locali, tali da turbare losvolgimento del processo e non altrimenti eliminabili": la situazione deve essere grave, cioè lasci presagireun esito non imparziale; locale, cioè non diffusa sull’intero territorio nazionale; e non altrimenti eliminabile,cioè facendo ricorso agli strumenti a disposizione del potere esecutivo. Quindi i tre casi sono: quando sono pregiudicate la sicurezza e l’incolumità pubblica, cioè ipotesi di guerriglia urbana; quando è pregiudicata la libera determinazione delle persone che partecipano al processo, cioè ipotesi in cuii giudici popolari o i testimoni sono intimiditi da associazioni mafiose; quando gravi situazioni locali determinano motivi di legittimo sospetto, cioè casi in cui la pressionedell’ambiente sui giudici appare, ad un osservatore esterno, idonea a compromettere la serenità delladecisione. La decisione sulla richiesta viene presa dalla Corte di Cassazione con ordinanza che, qualora la accolga,viene comunicata senza ritardo al giudice che procede e a quello designato. Il giudice designato provvede alla rinnovazione degli atti compiuti anteriormente alla rimessione quando neè richiesto da una delle parti e non si tratta di atti di cui è divenuta impossibile la ripetizione. La normativa cerca di assicurare un bilanciamento tra il principio di imparzialità del giudice e il principiodel giudice naturale. Tra tali principi prevale quello di imparzialità, anche se il principio del giudice naturale impone latassatività-determinatezza delle ipotesi di rimessione.

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43. Le funzioni del Pubblico Ministero Il pubblico ministero è quel complesso di uffici pubblici che rappresentano nel procedimento penalel’interesse generale dello Stato alla repressione dei reati. Tale organo è frazionato in tanti uffici ciascuno dei quali svolge le sue funzioni, di regola, soltanto davantiall’organo giudiziario presso cui è costituito. Le funzioni del Pubblico Ministero sono: vegliare alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela deidiritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci; promuovere la repressione dei reati, ossia svolgere le indagini necessarie per valutare se deve chiedere ilrinvio a giudizio o l’archiviazione; esercitare l’azione penale, quando dalle indagini sono emersi elementi idonei a sostenere l’accusa ingiudizio; far eseguire i giudicati e ogni altro provvedimento del giudice, nei casi stabiliti dalla legge. Il Pubblico Ministero rappresenta l’interesse generale dello Stato-comunità, mentre ben distinta è laposizione dello Stato-persona, la quale è rappresentata dall’avvocatura di Stato. Il magistrato che fa parte dell’ufficio del pubblico ministero ha una piena indipendenza di status. La principale differenza rispetto alla posizione del giudice sta nel fatto che l’ufficio del pubblico ministeroha alcune caratteristiche dell’organizzazione gerarchica, assenti all’interno degli uffici del giudice.

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44. I rapporti del Pubblico Ministero con il potere politico I sistemi totalitari non accettano la separazione dei poteri dello Stato se non a fini meramente burocratici. In essi il pubblico ministero è diretta espressione del potere politico. I sistemi garantisti si basano sulla separazione dei poteri dello Stato, il pubblico ministero può essereconfigurato in tre distinti modi: come rappresentante della società, deriva dal periodo iniziale della Rivoluzione francese: il PubblicoMinistero è un accusatore pubblico elettivo, cioè eletto con modalità simili a quelle dei membri delParlamento; come rappresentante del potere esecutivo, soluzione accolta in Francia ai tempi del Consolato e dell’Imperoe il Italia ai tempi dello Stato liberale e del regime fascista: il Pubblico Ministero rischia però così didivenire un funzionario pubblico la cui carriera dipende più o meno direttamente dal potere esecutivo; come rappresentante della legge, soluzione presente il Italia dal secondo dopoguerra, il Brasile e inPortogallo, tende a tenere il Pubblico Ministero fuori dalla dipendenza politica, cioè a svincolarlo daicontrolli operati da potere esecutivo e legislativo: il Pubblico Ministero è vincolato solo dalla legge. In Italia il pubblico ministero è stato configurato fin dall’Assemblea costituente come un magistrato congaranzie di indipendenza simili a quelle dei giudici.

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45. I rapporti all’interno dell’ufficio dell'ufficio del Pubblico

Ministero I rapporti di dipendenza gerarchica all’interno dell’ufficio del Pubblico Ministero devono contemperareesigenze contrapposte: - la prima è quella di garantire la posizione di indipendenza del singolo magistrato del PM; - la seconda è quella di assicurare la buona organizzazione dell’ufficio della pubblica accusa. L’evoluzione legislativa denota come si è passati da un sistema classificabile come “personalizzazione dellefunzioni” ad un altro definibile “gerarchia attenuata”: Personalizzazione delle funzioni, il titolare dell’ufficio designava il magistrato in modo automatico in baseal sistema tabellare che vige per i giudici e che il CSM aveva esteso agli uffici del PM. Esisteva un rapporto di sovraordinazione, ma il magistrato designato conservava una vera e propriaautonomia operativa. Il titolare poteva dare soltanto direttive di carattere generale, e la revoca della designazione era consentitasoltanto in casi tassativi e cioè quando il magistrato intendeva formulare richieste in contrasto con ledirettive di carattere generale. Gerarchia attenuata, i criteri automatici non costituiscono più l’unica modalità di attribuzione di un caso,bensì l’assegnazione da parte del Procuratore della Repubblica può essere nominativa. Il Procuratore della Repubblica esercita l’azione penale "personalmente o mediante assegnazione a uno o piùmagistrati addetti all’ufficio", non si tratta più di quella designazione del codice del 1988 o delladelegazione della prima riforma del 2006. La l. 269/2006 ha introdotto il nuovo istituto della assegnazione, la cui natura giuridica consiste nelconferire poteri operativi con limitata autonomia funzionale. Con l’atto di assegnazione il Procuratore della Repubblica può stabilire i criteri, sia generali che particolari,ai quali il singolo magistrato deve attenersi nell’esercizio della relativa attività e quando tali criteri risultanoessere stati violati il Procuratore può revocare l’assegnazione con provvedimento motivato. Il potere direttivo del titolare si attenua quando il magistrato si trova in udienza. In tal caso, il magistrato del Pubblico Ministero esercita le sue funzioni con piena autonomia. Il magistrato del PM, quando intendere chiedere al giudice una misura cautelare personale o reale, deveottenere l’assenso scritto del Procuratore della Repubblica. Analogo assenso è necessario per disporre il fermo. Il Procuratore della Repubblica mantiene personalmente i rapporti con gli organi d’informazione. Ogni informazione inerente alle attività della Procura deve essere fornita attribuendola in modo impersonaleall’ufficio ed escludendo ogni riferimento ai magistrati assegnatari del procedimento, è per questi motivi cheè vietato ai singoli magistrati del Pubblico Ministero di rilasciare dichiarazioni agli organi d’informazione.

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46. I rapporti tra il Pubblico Ministero e gli altri uffici Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione svolge una funzione di sorveglianza, nel senso che hail potere di iniziare l’azione disciplinare contro un qualsiasi magistrato requirente o giudicante, la decisionespetterà poi al CSM. Lo stesso procuratore generale può essere chiamato a risolvere un contrasto negativo o positivo tra uffici delpubblico ministero appartenenti a diversi distretti di Corte d’Appello. Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello sorveglia tutti i magistrati requirenti del distretto. Inoltre può, in ipotesi tassativamente determinate, avocare le indagini condotte da uno degli uffici inferiori. Oltre a ciò invia annualmente una relazione al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione e infine hail potere di risolvere i contrasti positivi o negativi tra gli uffici del Pubblico Ministero appartenenti al propriodistretto.

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47. L’astensione del giudice nel processo penale Il giudice ha l’obbligo di astenersi ove sia presente una situazione che lo faccia apparire “parziale”, per glistessi motivi il giudice può essere ricusato. Viceversa, il magistrato del pubblico ministero non può essere ricusato in quanto parte. Tuttavia la funzione svolta dal Pubblico Ministero è quella di una parte pubblica e per tanto ha, dal punto divista disciplinare, l’obbligo di astenersi quando ha interessi privati nel procedimento. Quindi il codice prevede la facoltà di astenersi per il Pubblico Ministero qualora sussistano gravi ragioni diconvenienza. Se non si astiene tale comportamento può essere sanzionato dal CSM come illecito disciplinare. Inoltre il codice pone al capo dell’ufficio l’obbligo di sostituzione del magistrato del pubblico ministero cheabbia un interesse privato nel procedimento, cioè: - se il magistrato ha interesse nel procedimento come parte anche soltanto potenziale oppure se è debitore ocreditore di una delle parti private; - se il magistrato è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private oppure se uno dicostoro è prossimo congiunto di lui o del coniuge; - se vi era in precedenza una inimicizia grave tra il magistrato e una delle parti private; - se un prossimo congiunto del magistrato è offeso, danneggiato o parte privata. Il ruolo di parte pubblica impone al Pubblico Ministero l’obbligo di lealtà processuale. La parte privata ricerca soltanto le prove a sé favorevoli e non ha l’obbligo di far conoscere alle altre parti leprove che giovano e queste ultime. Diversa è la situazione del PM: egli non deve limitarsi a ricercare le prove favorevoli all’accusa, ma devesvolgere anche accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. E’ questo aspetto che connota la funzione di parte pubblica svolta dal PM.

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48. Procure distrettuali e la procura nazionale antimafia Il codice detta i casi in cui le indagini si considerano collegate: - reati per cui è prevista la connessione dei procedimenti ex art. 12 c.p.p. - reati commessi in occasione di altri; - reati le cui prove derivano, anche in parte, dalla stessa fonte. In presenza di tali situazioni il codice impone ai vari uffici del pubblico ministero l’obbligo di coordinarsi,ossia gli uffici devono scambiarsi gli atti e le informazioni. Il legislatore ha sanzionato la violazione dell’obbligo di coordinamento mediante l’istituto dell’avocazione. La procura distrettuale antimafia è l’ufficio della procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogodel distretto di Corte d’Appello nel cui ambito ha sede il giudice competente. A tale ufficio sono attribuite le funzioni di Pubblico Ministero in primo grado in relazione ai delitti dicriminalità organizzata mafiosa e assimilati. All’interno della procura nazionale antimafia è costituita una direzione distrettuale antimafia D.D.A. chenon è altro se non il gruppo, o pool, di magistrati che hanno chiesto di dedicarsi esclusivamente aiprocedimenti attinenti alla criminalità organizzata mafiosa. Questa organizzazione fa si che le indagini sulla criminalità mafiosa siano attribuite alle ventisei procuredistrettuali e non alle oltre centosessanta procure della Repubblica presso i tribunali. Il numero ridotto di uffici competenti ad indagare permette che vi sia un coordinamento tra gli stessi. La procura nazionale antimafia è un solo ufficio, con sede a Roma, composto da venti magistrati delpubblico ministero nominati dal CSM sentito il procuratore nazionale. Il procuratore nazionale è nominato dal CSM in seguito ad un accordo col ministro della Giustizia. Il procuratore nazionale antimafia ha compiti di controllo che gli permettono di verificare se sia effettivo ilcoordinamento tra i singoli uffici del PM. Inoltre ha poteri sia di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali, sia di controllo sull’attività degliorgani centralizzati di polizia giudiziaria. Della sua attività non risponde a organi del potere politico, egli è sotto la mera sorveglianza del procuratoregenerale presso la Corte di Cassazione e, ovviamente, del CSM. Non può compiere direttamente indagini ed è escluso che il procuratore nazionale antimafia abbia un poteregerarchico sui ventisei procuratori distrettuali, ma può esercitare un controllo penetrante che può giungeresino all’avocazione delle indagini nei confronti di quella procura distrettuale che abbia violato il dovere dicoordinamento.

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49. Polizia giudiziaria e di sicurezza Lo Stato tutela l’ordine e la legalità servendosi delle forze di polizia. La polizia amministrativa si occupa dell’osservanza della legge e dei regolamenti amministrativi, inesecuzione delle funzioni proprie del potere esecutivo. Essa comprende la polizia tributaria, la polizia sanitaria, la polizia stradale e,importantissima, la polizia disicurezza. La polizia di sicurezza ha come compito la tutela di una società civile quali sono l’ordine pubblico e lasicurezza delle persone: tende a prevenire il compimento dei reati. La polizia giudiziaria, invece, ha come compiti quelli di prendere notizia dei reati, impedire che venganoportati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti diprova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale: tende alla repressione deireati. Quando svolge le funzioni di polizia amministrativa o di sicurezza, la polizia di regola non gode di potericoercitivi. Viceversa, non appena giunge la notizia che è stato commesso un reato, viene esercitata la funzione dipolizia giudiziaria con l’uso di poteri coercitivi. In situazioni di necessità o urgenza la polizia giudiziaria procede all’arresto in flagranza o al fermo di unapersona gravemente indiziata e inoltre, in caso di flagranza di reato, può perquisire persone o luoghi. La funzione di polizia di sicurezza è diretta da un organo unitario: il ministro dell’Interno; e in sede locale ladirezione spetta al prefetto o al questore. La funzione di polizia giudiziaria è svolta sotto la direzione del pubblico ministero e sotto la sorveglianzadel procuratore generale presso la Corte d’Appello. Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, la funzione di polizia giudiziaria è svolta da unorgano centrale chiamato direzione investigativa antimafia D.I.A. che è posto sotto la direzione e lasorveglianza del procuratore nazionale antimafia. In ogni caso le promozioni e le carriere dei singoli ufficiali dipendono dal corpo di appartenenza e cioè dalministro presso cui il corpo stesso è incardinato. In definitiva la polizia giudiziaria dipende funzionalmente dal pubblico ministero e organicamente dal potereesecutivo.

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50. La dipendenza dall’autorità giudiziaria Sono previsti vari strumenti che rafforzano la direzione funzionale spettante all’autorità giudiziaria. La finalità è quella di attuare il principio costituzionale secondo cui "l’autorità giudiziaria disponedirettamente della polizia giudiziaria" evitando così il prodursi di conflitti col potere esecutivo. Il codice distingue tre strutture che svolgono funzioni di polizia giudiziaria, pur restando i singoli ufficiali eagenti sotto la dipendenza organica del corpo di appartenenza: Sezioni di polizia giudiziaria, hanno il maggior grado di dipendenza, sono costituiti presso gli uffici delPubblico Ministero di primo grado e sono composti, di regola, da ufficiali e agenti della polizia di Stato, deiCarabinieri e della Guardia di Finanza. Svolgono esclusivamente funzioni di polizia giudiziaria e il singolo magistrato del Pubblico Ministerodispone direttamente del personale della sezione incaricando nominativamente gli incarichi. Servizi di polizia giudiziaria, minor grado di dipendenza funzionale, sono costituiti presso i corpi diappartenenza. Si considerano servizi di polizia tutti gli uffici e le unità ai quali è affidato il compito di svolgere in viaprioritaria e continuativa le funzioni di polizia giudiziaria. Il magistrato del Pubblico Ministero dà un incarico non personalmente ad un ufficiale di polizia giudiziaria,bensì impersonalmente all’ufficio. Altri uffici di polizia giudiziaria, sono, residualmente, tutti gli uffici di polizia non ricompresi nelle sezioni onei servizi che restano, comunque, sotto la dipendenza della magistratura. Ciò in base al principio generale secondo cui gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti aeseguire i compiti a essi affidati dall’autorità giudiziaria. Il potere disciplinare spettante alla magistratura è azionabile dal procuratore generale presso la Corted’Appello. La decisione spetta ad un organo composto da due giudici e da un ufficiale di polizia giudiziaria. Soggetta alla giurisdizione disciplinare è, oltre al personale delle sezioni e dei servizi, qualsiasi altra personache abbia la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. Oggetto del potere disciplinare sono gli illeciti che riguardano l’espletamento dei compiti di poliziagiudiziaria.

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51. Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria Tali soggetti possono avere una competenza generale per tutti i reati o una competenza limitataall’accertamento di determinati reati. Hanno competenza generale gli ufficiali ed i sottoufficiali dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, delcorpo di Polizia Penitenziaria, del corpo Forestale e, in via residuale, il Sindaco. Hanno competenza limitata tutte le persone che sono investite della funzione di polizia giudiziaria da unalegge o un regolamento, nei limiti del servizio cui tali persone sono destinate e secondo le rispettiveattribuzioni.

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52. La distinzione tra imputato e indagato La polizia giudiziaria trasmette la denuncia al Pubblico Ministero e questi ordina alla segreteria di iscriverlanel registro delle notizie di reato. Accanto alla notizia di reato viene iscritto il nome del soggetto al quale il reato è attribuito. Costui è la persona sottoposta alle indagini preliminari e che la prassi con un sostantivo poco elegantechiama indagato. L’imputato è la persona alla quale è attribuito il reato nell’imputazione formulata con la richiesta di rinvio agiudizio o con l’atto omologo nell’ambito del singolo procedimento penale. Nel procedimento ordinario l’assunzione della qualità di imputato avviene con la richiesta di rinvio agiudizio. Nei procedimenti speciali tale qualifica si acquista nel momento in cui si instaura il singolo rito. La qualità di imputato si conserva in ogni stato e grado del processo sino a che non sia più soggetta adimpugnazione la sentenza di non luogo a procedere, sia divenuta irrevocabile la sentenza di proscioglimentoo di condanna, o sia divenuto esecutivo il decreto penale di condanna. La qualità di imputato si riassume in caso di revoca della sentenza di non luogo a procedere o qualora laCorte d’Appello disponga la revisione del processo. I motivi per cui il codice distingue tra imputato e indagato sono: il Pubblico Ministero deve prendere una posizione definitiva sull’addebito soltanto quando, terminate leindagini preliminari, chiede il rinvio a giudizio: l’imputazione deve essere sorretta da una consistente baseprobatoria; prima dell’imputazione si tende ad usare un termine il più possibile neutro e non pregiudizievole; In conclusione la distinzione si giustifica prevalentemente per motivi garantistici. Importante è che i diritti e le garanzie dell’imputato si estendono alla persona sottoposta alle indaginipreliminari. Occorre segnalare che l’equiparazione opera anche negli aspetti pregiudizievoli, salvo che sia diversamenteprevisto. Pertanto le misure cautelari, previste per l’imputato, possono essere applicate all’indagato purchénaturalmente siano presenti i requisiti necessari per emanare il relativo provvedimento.

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53. L’interrogatorio nel processo penale Il codice prevede che l’interrogatorio possa essere svolto da vari soggetti, come ad esempio dal PubblicoMinistero durante le indagini preliminari. Dall’interrogatorio si potranno ottenere dichiarazioni soltanto se e nei limiti in cui l’indagato decidaliberamente di renderle. Inoltre è fatto divieto di utilizzare, anche se vi fosse il consenso dell’indagato, metodi o tecniche idonei ainfluire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti. L’indagato riceve una serie di avvisi prima che abbia inizio l’interrogatorio: E’ avvertito che le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti sia contro che afavore. L’indagato deve essere avvertito che ha la facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, mentre ha l’obbligodi rispondere secondo verità circa l’identità personale. L’indagato è altresì avvertito che, anche se non risponde, comunque il procedimento seguirà il suo corso. Anche in questo caso l’omissione dell’avviso è sanzionata con l’inutilizzabilità dei risultatidell’interrogatorio. L’indagato è avvertito che se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri,assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone. Il legislatore per un dovere di lealtà vuole che l’indagato sia informato che “prima o poi” diventeràtestimone se coinvolge la responsabilità di un’altra persona. L’omissione di tale avviso causa da un lato l’inutilizzabilità delle dichiarazioni nei confronti dei terzi cui sifa riferimento, in secondo luogo l’indagato non potrà assumere la qualità di testimone nei procedimenticontro tali persone. Il Pubblico Ministero prima di rivolgere domande all’indagato, deve rendergli noto in forma chiara e precisail fatto che gli è attribuito, quindi deve indicargli gli elementi di prova esistenti contro di lui, infine devecomunicargli le fonti di prova salvo che ciò pregiudichi l’esito delle indagini. Soltanto a questo punto il Pubblico Ministero invita l’indagato a rispondere alle domande. Tre sono le possibilità che si profilano per l’indagato: può rifiutarsi di rispondere, in tal caso sarà riportato nel verbale; può rispondere dicendo il vero, e nel caso ammetta fatti a lui sfavorevoli si ha confessione; può rispondere dicendo il falso, in quanto non ha l’obbligo penalmente sanzionato di dire il vero. In tale caso l’indagato non commette né il reato di falsa testimonianza né di false informazioni al PubblicoMinistero giacché non è ascoltato come testimone. Tale causa di giustificazione è prevista all’art. 384 c.p. che afferma come non siano perseguibili i reaticontro l’amministrazione della Giustizia qualora siano commessi per salvare se stesso da un grave einevitabile pregiudizio nella libertà e nell’onore. Limiti alla possibilità di mentire penalmente sanzionati si hanno: quando l’indagato compie simulazione di reato, cioè afferma che è avvenuto un reato che nessuno hacommesso; quando l’indagato calunnia altra persona; L’imputato, in sostanza, per difendersi può dire il falso ma non può sviare la Giustizia penale.

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54. La distinzione tra l’indagato e la persona informata (possibile

testimone) Il testimone si trova in una situazione diversa rispetto all’imputato e all’indagato. Infatti, mentre questi ultimi hanno il diritto al silenzio e non sono puniti se mentono, il testimone hal’obbligo di dire la verità. Ma occorre introdurre una ulteriore distinzione: quella tra testimone e persona informata. La persona che ha conoscenza di fatti, che devono essere accertati nel procedimento penale, è qualificatacome testimone quando depone davanti al giudice; mentre quando è esaminata dal Pubblico Ministero odalla polizia giudiziaria è denominata dalla prassi come persona informata, e viene ammonita dall’inquirentecirca l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte. Se il testimone di fronte al giudice dice il falso o tace ciò che sa, commette falsa testimonianza; se la personainformata di fronte al Pubblico Ministero tiene la medesima condotta, commette il delitto di falseinformazioni. Può accadere che nel corso della deposizione il testimone renda, più o meno consapevolmente,“dichiarazioni autoindizianti”, cioè dalle quali emergono indizi di reità a suo carico. A seguito l’autorità procedente deve: interrompere l’esame; avvertire la persona che a seguito delle dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti; invitarla a nominare un difensore. Le dichiarazioni rilasciate fino a quel momento non possono essere utilizzate contro la persona che le harese. Tutto ciò mira ad impedire che il testimone continui a parlare peggiorando la situazione e imponeall’autorità procedente di bloccare la deposizione attivando le garanzie difensive. Il codice si preoccupa che le norme garantiste sull’interrogatorio possano essere eluse da un inquirente (PMo polizia giudiziaria) che interroghi un indagato senza riconoscergli tale qualità e, quindi, senza rispettare ilsuo diritto di non rispondere: c.d. elusione della qualità di indagato. Ai sensi dell’art. 632 c.p.p. se una persona ascoltata come testimone o persona informata (possibiletestimone) doveva essere sentita fin dall’inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, lesue dichiarazioni non possono essere utilizzate per evitare abusi da parte dell’autorità inquirente.

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55. La verifica della identità fisica e anagrafica dell’imputato Accertamento della identità fisica dell’imputato, si tratta di stabilire se la persona, che di fatto si trova difronte agli inquirenti, coincide con quella contro la quale si sta procedendo. A tale accertamento si può pervenire se si prova che le impronte digitali o il DNA sono identici o se lapersona offesa o un testimone oculare riconosce l’imputato. Egli può scegliere di non collaborare con l’inquirente nella raccolta delle prove che comportano la propriaidentificazione fisica, ma deve sopportare il compimento di accertamenti quali ad esempio il prelievo delmateriale biologico. Una volta operato l’accertamento dell’identità fisica dell’imputato, il processo nei suoi confronti puòsvolgersi anche se resta incerta la sua identità anagrafica. Accertamento della identità anagrafica dell’imputato, si tratta di attribuire un nome a un volto. Il principale strumento per accertare l’identità anagrafica dell’imputato (o indagato) è l’interrogatorio oveegli deve rispondere secondo verità alle domande sull’identità personale. E’ sanzionato personalmente il rifiuto di dare indicazioni sulla propria identità personale e il dichiarare unafalsa identità.

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56. La sospensione del procedimento per incapacità processuale

dell’imputato Il giudice deve valutare se l’imputato (o l’indagato) è in grado di partecipare coscientemente alprocedimento penale e cioè se è capace di esercitare consapevolmente quel diritto di autodifesa che spetta alui personalmente e che non può essere svolto da altre persone al suo posto. Presupposti dell’accertamento dell’incapacità processuale dell’imputato sono situazioni in cui il giudice nonpuò pronunciare una sentenza di proscioglimento (in giudizio) o di non luogo a procedere (in udienzapreliminare). Quando il giudice deve prosciogliere l’imputato non deve sospendere il procedimento penale: la sentenzadeve essere pronunciata anche se l’imputato è incapace processualmente in quel momento. Diverso è il caso in cui, in base allo stato degli atti, il giudice si trovi nella condizione di dover accertare laresponsabilità penale e, di conseguenza, è probabile una condanna. In questi casi ove sia accertata l’incapacità il giudice deve sospendere il procedimento penale. La decisione sulla sospensione del procedimento è presa dal giudice con ordinanza ricorribile perCassazione. Ogni sei mesi, il giudice, dispone perizia per accertare lo stato psichico dell’imputato. L’ordinanza di sospensione è revocata qualora l’imputato risulti in grado di partecipare coscientemente alprocedimento penale oppure se, durante la sospensione, sono assunte prove che legittimano una sentenza diproscioglimento o di non luogo a procedere. L’ordinanza di sospensione consente comunque il compimento degli atti tassativamente previsti dalla legge.

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57. La rappresentanza tecnica del difensore nel processo penale ‹‹ La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento ››, si può definire “difesa” la tutelacontro un attacco che venga mosso ai diritti di un soggetto con qualsiasi procedura giudiziaria. La difesa è un diritto, e cioè consiste nel potere di esigere da altri soggetti un comportamento conforme allalegge. Tale diritto può essere esercitato sia personalmente (autodifesa) sia per mezzo del difensore (difesa tecnica). Esempio di autodifesa è il diritto spettante sia all’indagato, sia alla persona offesa, di ricevere personalmentenotizia del procedimento penale in corso attraverso l’informazione di garanzia. Esempio di difesa tecnica è il potere del difensore di condurre l’esame incrociato. Il difensore è una persona che ha particolare competenza tecnico-giuridica e che ha determinate qualifiche ditipo: - penalistico, è esercente un servizio di pubblica necessità; - privatistico, è legato al cliente da un rapporto di prestazione di opera intellettuale; - processuale, è rappresentante tecnico della parte. La rappresentanza tecnica è il potere, conferito al difensore, di compiere atti processuali per conto, cioènell’interesse, del cliente a condizione che i medesimi non siano atti personali. La rappresentanza tecnica è conferita dal cliente al difensore mediante una procura ad litem. La dichiarazione di nomina può essere resa oralmente davanti all’autorità procedente, che ne redige ilverbale, o può essere effettuata per atto scritto che deve essere consegnato all’autorità procedente. Per il compimento in rappresentanza di determinati atti personali ai quali la parte assistita non puòpartecipare, non è sufficiente la rappresentanza tecnica ma occorre che la parte conferisca unarappresentanza volontaria al difensore o ad altra persona di fiducia, che può fare soltanto con la procuraspeciale a compiere un determinato atto. La rappresentanza volontaria permette di compiere un atto processuale in nome e per conto della parte. La procura speciale deve, a pena di inammissibilità, essere rilasciata per atto pubblico o scrittura privataautenticata. Ci sono atti personalissimi per i quali, ovviamente, non vi può essere rappresentanza volontaria, come adesempio rendere l’interrogatorio o l’esame incrociato.

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58. Rapporti tra difensore e imputato e tra difensore e cliente Per quel che riguarda i rapporti tra difensore e imputato occorre chiarire che l’imputato può semprecompiere personalmente gli atti che non siano per legge riservati al difensore. La difesa tecnica non può escludere quel tipo di autodifesa che spetta all’imputato: questi può compiere unatto processuale anche senza dover necessariamente essere rappresentato dal difensore. “Assistenza” può essere definita quella particolare forma di rappresentanza tecnica che non escludel’autodifesa del soggetto assistito. Il diritto di autodifesa dell’imputato prevale sul diritto alla difesa tecnica: l’imputato può togliere effetto,con espressa dichiarazione contraria, all’atto compiuto dal difensore prima che, in relazione all’atto stesso,sia intervenuto un provvedimento del giudice. Al difensore competono le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato a meno che essi sianoriservati personalmente a quest’ultimo. Il rapporto tra cliente e difensore ha natura fiduciaria. Prima dell’accettazione del mandato il difensore può rifiutare la nomina comunicando immediatamente talevolontà a colui che l’ha effettuata e all’autorità procedente. Dopo che ha accettato il mandato, il difensore può rinunciare allo stesso comunicando la decisione a coluiche ha effettuato la nomina e all’autorità procedente ma no ha effetto fino a che la parte non risulti assistitada un nuovo difensore. Lo stesso avviene quando è il cliente a revocare il mandato al proprio difensore. Il difensore, in un sistema di separazione delle funzioni, non è il giudice del proprio cliente: egli ha undovere di correttezza, ma non ha l’obbligo di ricercare e introdurre nel processo gli elementi sfavorevoli allaparte che assiste. Ciò distingue il difensore dal PM: il difensore non ha l’obbligo di ricercare la verità contro il proprio clientein quanto egli persegue uno scopo privato e non pubblico. In base al codice deontologico degli avvocati il difensore non deve introdurre nel procedimento penale proveche egli sa essere false.

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59. Difensore di fiducia e difensore d’ufficio L’imputato ha il diritto di farsi assistere da non più di due difensori di sua scelta, detti difensori di fiducia. La nomina è un atto a forma libera e può essere effettuata in tre modi: - dichiarazione scritta o orale resa dall’indagato all’autorità procedente; - dichiarazione scritta consegnata all’autorità procedente dal difensore; - dichiarazione scritta trasmessa all’autorità procedente tramite raccomandata; Non occorre autenticazione della firma dell’imputato. Quando l’indagato non abbia nominato un difensore di fiducia, o ne sia rimasto privo, il codice prevede,solo per l’indagato/imputato, l’istituto della difesa d’ufficio: il legislatore vuole che comunque sia presentenel procedimento un soggetto tecnicamente idoneo a difendere l’imputato e non coinvolto emotivamente. La designazione del difensore d’ufficio spetta al consiglio dell’ordine degli avvocati di ciascun distretto diCorte d’Appello, che predispone gli elenchi dei difensori idonei sulla base di turni di reperibilità. E’ istituito un sistema informatizzato che fornisce telefonicamente i nominativi dei difensori d’ufficio arichiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria. Il magistrato o l’ufficiale di polizia danno avviso al difensore così individuato. Il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati, o un componente da lui delegato, vigila sul rispetto deicriteri per l’individuazione e la designazione dei difensori d’ufficio. La funzione della difesa d’ufficio è quella di tutelare il postulato secondo cui il metodo migliore peraccertare il fatto storico sia il contraddittorio, e per permettere che ciò sia possibile l’imputato non puòrinunciare alle sue armi dialettiche. Tanto equivarrebbe a disporre della propria libertà personale, riconosciuta invece come diritto indisponibiledalla Costituzione. L’imputato assistito dal difensore d’ufficio può togliere effetto a un atto compiuto dal difensore stesso e puòaltresì nominarne uno di fiducia revocando automaticamente il mandato al difensore d’ufficio. Il difensore ha, in ogni caso e per qualsiasi motivo, il diritto di nominare un sostituto.

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60. Difensore della persona offesa L’offeso può nominare il difensore nelle medesime forme semplificate che sono previste per il difensoredell’imputato. Il difensore della persona offesa svolge un’attività che si può inquadrare nella “rappresentanza” ma che haanche alcune caratteristiche della “assistenza”. Egli può presentare memorie e indicare elementi di prova, ma in ogni caso tali attività possono essere svolteanche direttamente dalla persona offesa che non ha l’obbligo di agire col ministero di un difensore. Però la persona offesa non può, a differenza dell’imputato, togliere effetto ad un atto del proprio difensore:l’unico metodo che ha per evitare una difesa tecnica non gradita è quello di revocare il mandato al difensoree nominarne uno nuovo.

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61. Il difensore delle parti private diverse dall’imputato La parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria stanno ingiudizio col ministero di un difensore. In questi casi si ha una rappresentanza tecnica in senso stretto, nel senso che tali soggetti non possono starepersonalmente in giudizio. Le parti private nominano il difensore con una procura speciale conferita con atto pubblico o scritturaprivata autenticata. In forza di tale rappresentanza volontaria il difensore può compiere atti che incidono sulla situazionegiuridica sostanziale della parte rappresentata in nome e per conto della stessa.

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62. Il patrocinio per i non abbienti La l. 217/90 ha istituito il patrocinio a spese dello Stato in favore delle persone che hanno un reddito annuonon superiore a 9296,22 €. Il patrocinio è concesso su istanza ai soggetti che sono, o possono diventare, parti private in unprocedimento, cioè indagato, imputato, condannato, offeso, danneggiato che intenda costituirsi parte civile,responsabile civile e civilmente obbligato per la pena pecuniaria. L’istanza di ammissione al patrocinio è sottoscritta dal non abbiente, il giudice può trasmetterla alla Guardiadi Finanza qualora vi siano motivi per ritenere che l’interessato non rientri nei requisiti per l’ammissione alpatrocinio. L’ammissione è deliberata dal magistrato davanti al quale pende il processo. Gli effetti dell’ammissione sono il rilascio gratuito delle copie necessarie degli atti del procedimento,l’anticipo delle spese da parte dello Stato per l’audizione di testimoni, per gli onorari del difensore, per glieventuali consulenti tecnici di parte, per il sostituto del difensore e per l’investigatore privato.

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63. L’incompatibilità del difensore E’ prevista la possibilità che un unico difensore assuma la difesa di più imputati, ma ciò è possibile salvoche le diverse posizioni siano tra loro incompatibili. Si ha incompatibilità quando sussiste un nesso di interdipendenza in base al quale un imputato abbiaeffettivamente interesse a sostenere una tesi difensiva sfavorevole a un altro imputato. Ciò rende, ovviamente, impossibile una difesa comune, in caso contrario uno dei due imputati sarebbepenalizzato. L’autorità giudiziaria rileva la sussistenza di una situazione di incompatibilità e fissa un termine perrimuoverla. Tale rimozione può avvenire in due modi: - con la rinuncia del difensore a sostenere una o più difese; - con la revoca della nomina da parte dell’imputato. Nel caso in cui l’incompatibilità non venga rimossa entro i termini fissati il giudice la dichiara e provvede asostituire il difensore incompatibile con un difensore d’ufficio.

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64. L’abbandono e il rifiuto della difesa Spetta al consiglio dell’ordine forense la competenza esclusiva per le sanzioni disciplinari relative ai casi diabbandono della difesa o di rifiuto della difesa d’ufficio. A tal fine, l’autorità giudiziaria riferisce al consiglio dell’ordine i casi di abbandono o rifiuto della difesa e icasi nei quali il difensore abbia violato i doveri di lealtà e probità, infine riferisce se il difensore ha assuntola difesa di più imputati in situazione di incompatibilità. Ovviamente per far scattare la sanzione disciplinare si deve trattare di un comportamenti intenzionale deldifensore, cioè con la consapevolezza di arrecare un danno alla parte.

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65. Le garanzie per il libero esercizio dell’attività difensiva Il legislatore ha assicurato al difensore la possibilità di svolgere la propria attività di patrocinio e consulenzai favore del cliente senza subire alcun condizionamento. Le principali garanzie sono: - forte tutela del segreto professionale; - tutela dell’ufficio e dei colloqui con i clienti, per garantire la libertà di predisposizione delle strategiedifensive; In particolare nell’ufficio del difensore sono vietate le ispezioni, le perquisizioni e i sequestri salvo espressaprevisione di legge. Inoltre tali attività devono essere effettuate con modalità particolari da osservarsi a pena di inutilizzabilità. I casi in cui tali attività sono consentite sono: quando i difensori risultano essere imputati, tali atti devono essere disposti limitatamente ai finidell’accertamento del reato loro attribuito; per rilevare le tracce o altri effetti materiali del reato, con quali modalità è stato commesso: ad esempio larapina in uno studio legale; per ricercare cose o persone specificamente predeterminate, che siano nascoste in uno studio legale; il sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa è vietato, salvo in relazione ad oggetti checostituiscano corpo del reato. Gli atti sopra menzionati devono essere compiuti soltanto da un magistrato e con l’osservanza di modalitàche sottopongono l’iniziativa del magistrato al controllo del presidente del consiglio dell’ordine degliavvocati a pena di nullità. Sui colloqui per esigenze difensive è fatto divieto di intercettazioni, inoltre è previsto il divieto di sequestrosulla corrispondenza tra imputato e il proprio difensore a pena di inutilizzabilità. La possibilità di conferire con il difensore viene garantita anche in favore dell’imputato che sia sottopostoall’arresto, al fermo o alla custodia cautelare e deve potersi esercitare fin dall’inizio dell’esecuzione dellamisura. Il difensore di fiducia o quello d’ufficio devono essere immediatamente informati dell’avvenuta esecuzionedella misura, ed egli ha diritto ad accedere al luogo di custodia senza alcuna autorizzazione. Nel corso delle indagini preliminari il diritto a conferire con il difensore può essere dilazionato per un temponon superiore di 5 giorni, con un decreto motivato emanato dal giudice su richiesta del Pubblico Ministeroper specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, cioè nel pericolo che le indagini siano pregiudicate dalcolloquio tra l’arrestato e il difensore.

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66. La persona offesa dal reato La persona offesa dal reato è il titolare dell’interesse giuridico protetto, anche in modo non prevalente, daquella norma incriminatrice che si assume sia stata violata dal reato. Il codice attribuisce alla persona offesa la qualifica di “soggetto” del procedimento, mentre la qualifica di“parte” viene riconosciuta soltanto se, nella veste di danneggiato dal reato, la persona offesa abbia esercitatol’azione risarcitoria costituendosi parte civile. Il codice di procedura penale prevede almeno un caso di persona offesa di “creazione” legislativa: qualorauna persona sia deceduta in conseguenza di un reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge in favore dellapersona offesa sono esercitati dai prossimi congiunti, e cioè parenti e affini fino al terzo grado. La persona offesa dal reato, nella sua qualità di soggetto del procedimento, può esercitare i diritti e le facoltàad essa espressamente riconosciuti dalla legge, consistenti in alcuni poteri sollecitatori dell’attivitàdell’autorità inquirente. Tali poteri concernono la facoltà di presentare memorie o indicare elementi di prova nel corso delprocedimento. L’offeso gode anche di alcuni diritti di informativa: - riceve l’informazione di garanzia contenente l’avviso della facoltà di nominare un difensore; - ha, al pari dell’indagato, un potere di accesso al registro delle notizie di reato; - riceve avviso qualora il Pubblico Ministero intenda procedere al compimento di un accertamento tecniconon ripetibile; - deve essere avvisata della data e del luogo nel quale si svolgerà l’udienza preliminare; - deve esserle notificato il decreto che dispone il giudizio; Tutti questi avvisi hanno lo scopo di mettere l’offeso in grado di valutare se gli convenga costituirsi partecivile.

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67. I poteri di partecipazione al procedimento della persona offesa I poteri di partecipazione al procedimento della persona offesa assistita da un difensore possono consistere: - nella mera partecipazione ai pochi atti di indagine per i quali è ammessa la sua presenza oppure; - possono essere comportamenti attivi consistenti nell’espletamento di indagini difensive. Tali indagini sono compiute dal difensore personalmente o per mezzo di un sostituto, di un consulentetecnico di parte o di un investigatore privato. Scopo di tali investigazioni è quello di permettere al difensore di ricercare e individuare elementi di provache poi possono essere presentati al Pubblico Ministero o anche direttamente al giudice; altro potere partecipativo consiste nella possibilità che la persona offesa ha di chiedere per scritto alPubblico Ministero di promuovere un incidente probatorio. Qualora la richiesta sia accolta il difensore della persona offesa sarà preavvisato, potrà parteciparvi echiedere al giudice di rivolgere domande alle persone sottoposte all’esame. Infine la persona offesa ha dei poteri di controllo sulla eventuale inattività del PM, consistono in poteri ditipo prettamente penalistico, che cioè tendono a tutelare il suo interesse ad ottenere il rinvio a giudiziodell’imputato. Essi consentono all’offeso di mettersi in contatto col giudice per le indagini preliminari e presentargli leproprie conclusioni in due delicate ipotesi, e cioè quando il Pubblico Ministero abbia chiesto al giudice laproroga delle indagini o l’archiviazione. La persona offesa di regola non ha poteri di azione penale, bensì soltanto il potere di attivare il controllo delgiudice in due casi, nei quali si palesa l’inerzia del PM.

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68. La parte civile nel processo penale Il reato oltre a costituire un’offesa ad un bene giuridico, può aver provocato in concreto un danno. In tal caso colui che ha commesso il reato è obbligato a risarcire il danno. L’illecito penale e l’illecito civile derivano dal medesimo titolo, e cioè dal fatto di reato. Il danno risarcibile può manifestarsi nelle forme del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale che siarticola nelle sottocategorie del danno morale soggettivo, del danno biologico e del danno esistenziale: - Danno patrimoniale, privazione o diminuzione del patrimonio nelle forme del danno emergente e del lucrocessante. Viene quantificato per equivalente pecuniario, nel senso che si deve ripristinare quella situazione economicache sarebbe esistita se non fosse stato commesso il reato. - Danno morale soggettivo, consiste nelle sofferenze fisiche e psichiche patite e nel pregiudizio socialesubito a causa dell’offesa. Viene calcolato con modalità di tipo satisfattivo: il giudice in via equitativa individua il prezzo dellasofferenza determinando una cifra di denaro che possa dare una soddisfazione tale da “compensare”, se cosìsi può dire, le sofferenze subite. - Danno biologico, peggioramento della integrità fisico-psichica del soggetto. E’ valutato in proporzione all’invalidità provocata in base a tabelle che tengono conto sia del tipo diinvalidità che dell’età della persona lesa. - Danno esistenziale, consiste nel peggioramento non temporaneo della qualità di vita del danneggiato conun conseguente mutamento radicale delle sue abitudini, dei suoi rapporti familiari e personali. Viene valutato in via equitativa dal giudice. La persona danneggiata dal reato è il soggetto che ha subito uno dei tipi di danno sopra precisati inconseguenza del reato. Egli ha diritto ad ottenere che il responsabile del reato sia condannato a risarcire il danno. L’azione può essere esercitata, in alternativa, davanti al giudice civile in un autonomo procedimento, oppuredavanti al giudice penale ma soltanto dopo che il Pubblico Ministero ha esercitato l’azione penale. In quest’ultimo caso, il danneggiato esercita l’azione civile costituendosi parte civile nel processo penale.

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69. L’esercizio dell’azione civile nel processo penale L’esercizio dell’azione civile nel processo penale deve rispettare due regole non espresse: - l’azione civile resta ospite nel processo penale, ossia l’azione resta facoltativa e disponibile, nel senso cheil danneggiato in ogni momento del processo penale può revocare la costituzione di parte civile: ciò avviene,ad esempio, quando la parte civile stipula con l’imputato una transazione sul risarcimento dovuto. In ogni caso il giudice penale, nell’accertare i danni e nel condannarne al risarcimento l’imputato colpevole,non può andare oltre i limiti della domanda; - l’azione civile subisce la regolamentazione del processo penale, al di fuori di quanto attiene alla naturacivilistica dell’azione, i poteri e il comportamento processuale della parte civile sono disciplinati dal codicedi procedura penale. Pertanto subisce alcune deroghe rispetto alla disciplina del processo civile: ad esempio le prove sonoricercate dal PM, mentre la parte civile, pur conservando un autonomo potere di ricerca e ammissione diprove, può affidarsi all’iniziativa del Pubblico Ministero avendo così minori oneri. Un altro esempio è dato dal dovere della parte civile di rispondere secondo verità qualora sia citata cometestimone, mentre nel processo civile le parti non possono essere chiamate a deporre come testimoni conl’obbligo di verità. Un aspetto simile alla procedura civile, invece, si denota nella possibilità che ha la parte civile di farsipagare una provvisionale entro i limiti in cui sia già stata acquisita prova del danno, e tale condanna èimmediatamente esecutiva in primo grado. In definitiva il danneggiato che eserciti l’azione civile nel processo penale incontra, in prevalenza, vantaggi:non anticipa le spese del procedimento e non deve affannarsi a ricercare le prove, ed inoltre gode dei tempipiù ristretti della Giustizia penale rispetto a quella civile. Di contro si trova in un procedimento nel quale l’iniziativa e le scelte fondamentali spettano al PM. La dichiarazione di costituzione di parte civile deve essere fatta mediante una apposita dichiarazione resaper iscritto e sottoscritta dal difensore della parte civile. Deve contenere a pena di inammissibilità: - le generalità della persona fisica che intende costituirsi parte civile; - le generalità dell’imputato nei cui confronti viene esercitata l’azione civile; - il nome e il cognome del difensore e l’indicazione della procura a questi rilasciata; - l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda, ciò consente al giudice di valutare la sussistenzadel titolo per costituirsi parte civile; - la sottoscrizione del difensore. Vi sono due termini per la costituzione di parte civile: - il termine iniziale scatta all’inizio dell’udienza preliminare; - il termine finale è il momento in cui il giudice accerta la regolare costituzione delle parti prima deldibattimento; Tali termini sono previsti a pena di decadenza. Occorre sottolineare che la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado delprocedimento.

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70. Esclusione e revoca della parte civile nel processo penale Se non sussistono i presupposti sostanziali o i requisiti formali per la costituzione di parte civile, il giudice,con ordinanza dispone l’esclusione della parte civile su richiesta motivata del Pubblico Ministero,dell’imputato o del responsabile civile, oppure anche d’ufficio. L’ordinanza di esclusione non è impugnabile. La presenza della parte civile viene meno in caso di revoca della parte civile. Tale atto può essere espresso quando è effettuato con dichiarazione resa in udienza dalla parte civilepersonalmente o da un suo procuratore speciale o ancora con atto scritto depositato in cancelleria enotificato alle parti. La revoca può, però, essere anche tacita quando la parte civile presenti le proprie conclusioni scritte indibattimento al momento della discussione finale oppure quando essa promuova l’azione civile davanti algiudice civile. Il codice di procedura penale prevede che il danneggiato dal reato possa compiere altre due scelte inalternativa a quella di costituirsi parte civile: può restare inerte non esercitando alcuna azione né in sede penale né in sede civile, in questo caso ildanneggiato rischia che il giudice penale assolva l’imputato con una formula ampia, che acquista la forza digiudicato; può esercitare l’azione di danno davanti al giudice civile in modo tempestivo, cioè prima che il giudicepenale abbia pronunciato sentenza di primo grado, nel qual caso l’azione civile può svilupparsi senza subiresospensioni, parallelamente al processo penale. In questo caso una eventuale assoluzione dell’imputato nel processo penale non ha la forza del giudicato ecioè non vincola il giudice civile né gli impedisce, eventualmente, di condannare l’imputato-convenuto alrisarcimento del danno.

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71. Gli atti del procedimento penale Viene tradizionalmente definito “atto del procedimento penale” quell’atto che è compiuto da uno deisoggetti e che è finalizzato alla pronuncia di un provvedimento penale. Rientrano nell’insieme di atti del procedimento sia quelli delle indagini preliminari, sia quelli dell’udienzapreliminare e del giudizio. Sono atti a forma vincolata gli atti più importanti del procedimento penale. Il codice prevede i modelli legali che sono prefissati in via generale per gli atti del procedimento, mentremodelli speciali sono previsti per singoli tipi di atti. Tali modelli sono garanzie poste a tutela dei soggetti che sono implicati nel procedimento penale. Sono atti a forma libera quelli per i quali il codice non impone una forma vincolata. Per quel che riguarda la lingua degli atti essa è, di regola, quella italiana. Particolari disposizioni valgono per il cittadino italiano che appartiene ad una minoranza linguisticariconosciuta e che si trovi davanti a una autorità giudiziaria di primo o di secondo grado avente giurisdizionesul territorio ove la predetta minoranza è insediata. Tale cittadino è, a sua richiesta, interrogato o esaminato nella madre-lingua e il relativo verbale è redattoanche in tale lingua. Gli atti devono obbligatoriamente essere sottoscritti a pena di invalidità. Il codice prescrive che la sottoscrizione avvenga di propria mano in fine dell’atto, non è valida lasottoscrizione apposta con mezza meccanici o con segni diversi dalla scrittura. La legge può richiedere la data e il luogo di formazione degli atti, in tal caso deve essere apposto il giorno, ilmese, l’anno e il luogo in cui l’atto è compiuto. L’omissione di ciò causa nullità, ma soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza in basea elementi contenuti nell’atto medesimo o in atti a questo connessi. Inoltre è fatto divieto di pubblicazione degli atti del procedimento. Durante il procedimento e dopo la sua definizione chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio, aproprie spese, di copie, estratti o certificati di singoli atti. Il rilascio avviene su autorizzazione, salvo che la legge riconosca espressamente al richiedente il diritto alrilascio. I casi nei quali l’interessato non può ottenere il rilascio riguardano gli atti coperti dal segreto investigativo. Il rilascio non fa venire meno il divieto di pubblicazione. Quando il difensore presenta all’autorità giudiziaria atti o documenti, ha diritto al rilascio di attestazionedell’avvenuto deposito anche in calce a una copia.

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72. Richiesta di copie di atti relativi a procedimenti penali Il Pubblico Ministero titolare di un procedimento può chiedere personalmente, non mediante delega,all’autorità giudiziaria competente copie di atti relative ad altri procedimenti penali e informazioni scritte sulloro contenuto. Il potere è funzionale alla necessità di svolgere indagini ed opera nelle situazioni nelle quali non scatta quelpiù forte regime di coordinamento tra gli uffici del Pubblico Ministero che è previsto in caso di indaginicollegate. L’autorità giudiziaria, se rigetta la domanda, deve farlo con decreto motivato. Se gli atti sono relativi a una indagine preliminare, la trasmissione degli stessi è ammessa anche in deroga alsegreto investigativo. La richiesta di copie di atti da parte del ministro dell’Interno può avvenire sia direttamente, sia a mezzo diun ufficiale di polizia giudiziaria o del personale della direzione investigativa antimafia. Il ministro opera in qualità di responsabile dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza, quindi il potere èconcesso al fine di prevenire i delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza. L’autorità giudiziaria, se rigetta la domanda, deve farlo con decreto motivato. La trasmissione avviene in deroga al segreto investigativo se attinenti a indagini preliminari. Gli atti sono coperti da segreto d’ufficio. Il codice prevede che determinate persone possano assistere ad atti del procedimento penale. Questi testimoni ad atti del procedimento intervengono non in quanto sono a conoscenza di fatti oggetto diprova, bensì perché sono persone di fiducia di una dei soggetti interessati allo svolgimento del relativo atto,de quale garantiscono la regolarità e sul quale possono essere chiamate a testimoniare. Le cause di incapacità a divenire testimoni ad atti sono: - persone minori di anni 14 o infermi di mente o in stato di manifesta ubriachezza o di intossicazione dasostanze stupefacenti; - persone sottoposte a misure di sicurezza detentive; L’obbligo di osservanza delle norme processuali è sancito dall’art. 124 c.p.p. a chiusura del sistema. Tale articolo impone di osservare le norme del codice anche quando l’inosservanza non comporta nullità oaltra sanzione processuale. L’obbligo è diretto ai magistrati, ai cancellieri, agli altri ausiliari del giudice, agli ufficiali giudiziari e agliagenti di polizia giudiziaria. Si tratta di un obbligo deontologico assistito da sanzioni disciplinari, su cui vigilano i dirigenti degli uffici.

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73. Gli atti del giudice Gli atti del giudice sono: - Sentenza, è l’atto con cui il giudice adempie al dovere di decidere che gli è posto a seguito dell’eserciziodell’azione penale. La sentenza esaurisce una fase o un grado del processo; con essa il giudice si spoglia del caso. Deve essere sempre motivata, e cioè deve dare conto del percorso logico seguito dal giudice per giungerealla decisione, a pena di nullità relativa. - Ordinanza, è il provvedimento con cui il giudice risolve singole questioni senza definire il procedimento. Ad esempio l’ammissione di un mezzo di prova. L’ordinanza deve sempre essere motivata a pena di nullità e, di regola, è revocabile dal giudice. - Decreto, è un “ordine” dato dal giudice che deve essere motivato soltanto se la legge lo precisaespressamente. Anche il decreto, come l’ordinanza, risolve singole questioni senza definire il procedimento. Ad esempio il decreto che dispone il giudizio. Un decreto può essere emesso anche dal Pubblico Ministero nei casi previsti dal codice. Ad esempio il decreto di sequestro del corpo del reato. L’immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità è quell’obbligo che è posto al giudice didichiarare immediatamente d’ufficio le cause di non punibilità che concernono: - l’assenza di responsabilità dell’imputato, il fatto non sussiste; - l’estinzione del reato, il fatto non costituisce reato; - la mancanza di una condizione di procedibilità, il fatto non è previsto dalla legge come reato. La declaratoria è richiesta immediatamente in ogni stato e grado del procedimento, ma immediata in sensorelativo, cioè rispettando prima le esigenze probatorie che la declaratoria impone o le fasi del procedimento,ossia dopo l’esercizio dell’azione penale.

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74. Gerarchia tra le formule di proscioglimento Il codice impone una gerarchia tra le formule di proscioglimento, ossia il giudice deve preferire la sentenzadi piena assoluzione rispetto ad una come “il fatto non costituisce reato” o “il fatto non è previsto dalla leggecome reato” qualora sussistano i presupposti per cui il fatto non sia addebitabile all’imputato, oppure lasentenza di non luogo a procedere se ci troviamo ancora in udienza preliminare. Il codice prevede una procedura di correzione degli errori materiali, ma soltanto laddove sussistano quattrorequisiti: - oggetto, soltanto atti del giudice riconducibili a sentenze, ordinanza e decreti; - l’errore non deve essere causa di nullità dell’atto; - l’errore deve essere materiale, cioè consistere in una difformità tra il pensiero del giudice e la formulazioneesteriore di tale pensiero; - l’eliminazione dell’errore non deve comportare una modifica essenziale dell’atto, pertanto si devonoescludere quelle correzioni che incidono sul dispositivo. Il procedimento di correzione degli errori si svolge in camera di consiglio; la competenza spetta al giudiceautore dell’atto. L’iniziativa spetta al giudice, su richiesta del Pubblico Ministero o della parte interessata. L’ordinanza recante la correzione deve essere annotata sull’originale dell’atto corretto.

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75. I poteri coercitivi del giudice I poteri coercitivi del giudice sono concessi per l’esercizio delle sue funzioni, cioè al fine del sicuro eordinato compimento degli atti ai quali procede. Si tratta di poteri di polizia processuale per l’esercizio dei quali la legge non impone l’osservanza diparticolari formalità: l’ordine può essere anche soltanto orale ed è riprodotto nel verbale di udienza. Tra i poteri coercitivi del giudice spicca l’accompagnamento coattivo dell’imputato e di altre persone. Tale potere consiste in una restrizione della libertà personale poiché l’accompagnamento può essere eseguitocon la forza. Ha una finalità limitata che è quella di condurre una persona davanti al giudice per rendere possibilel’acquisizione di un contributo probatorio nei casi previsti dalla legge. I destinatari dell’accompagnamento sono sia l’imputato (o indagato), sia le “altre persone”, cioè il testimone,il perito, il consulente tecnico, l’interprete e il custode di cose sequestrate. Visti i limiti funzionali sopra menzionati, l’accompagnamento non deve diventare una misura cautelarecamuffata, e a tal fine la persona sottoposta ad accompagnamento coattivo non può essere tenuta adisposizione oltre il compimento dell’atto previsto e quello consequenziali per i quali perduri la necessitàdella sua presenza e in ogni caso non più di 24 ore. Per quanto riguarda l’imputato e l’indagato, l’accompagnamento di regola deve essere preceduto da uninvito a presentarsi o da una citazione rimaste senza effetto. Per le persone diverse dall’imputato che, regolarmente citate, omettono di comparire senza addurre unlegittimo impedimento, il giudice oltre a disporre l’accompagnamento, può condannarle al pagamento di unasomma di denaro e alle spese processuali alle quali la mancata comparizione ha dato causa.

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76. Gli atti delle parti: richiesta e memoria Gli atti delle parti sono molti in quanto sono riconducibili a tale insieme le conclusioni, i consensi, leaccettazioni e perfino le impugnazioni, ma il codice delinea due soli modelli generali di atti delle parti: - Richiesta, ogni tipo di domanda che le parti, sia quella pubblica che quelle private, rivolgono al giudice alfine di ottenere una decisione. Ad esempio la richiesta di procedere ad incidente probatorio. Sulle richieste il giudice deve provvedere senza ritardo e comunque entro 15 giorni. Se non adempie a tale obbligo, la parte può presentargli formale istanza sulla responsabilità dei magistrati. A questo punto il giudice deve decidere entro 30 giorni, e qualora non lo faccia vi possono essere gli estremidel diniego di giustizia che è fonte di responsabilità civile. - Memoria, con contenuto meramente argomentativo teso ad illustrare questioni in fatto o in diritto.

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77. Procedimento in camera di consiglio L’espressione “camera di consiglio” può indicare il luogo in cui il giudice si ritira per formare il proprioconvincimento sulla singola questione da decidere, oppure la modalità di svolgimento di un’attivitàgiurisdizionale, alla quale le parti e le altre persone interessate hanno il diritto di partecipare. Il procedimento in camera di consiglio presenta due caratteristiche: - l’assenza del pubblico; - la non necessaria partecipazione delle parti, delle persone interessate e dei loro difensori. Si tratta di una procedura “semplificata” che il codice impone tutte le volte in cui occorre adottare unadecisione in tempi rapidi e vi è la necessità di attivare un contraddittorio facoltativo. Il modello ordinario di procedimento in camera di consiglio ha come atto iniziale un decreto di fissazionedell’udienza. Alle parti e agli altri interessati e ai loro difensori è dato avviso della data fissata almeno 10 giorni prima apena di nullità. Il contraddittorio è soltanto eventuale, o facoltativo, ma il giudice ha comunque l’obbligo di ascoltare, apena di nullità, tutti coloro che intervengono all’udienza. Il provvedimento conclusivo della procedura camerale assume, di regola, la forma dell’ordinanza, che èimpugnabile mediante ricorso per Cassazione. Alle forme del procedimento in camera di consiglio fanno rinvio numerose disposizioni del codice. A volte si tratta di un rinvio integrale, altre volte si rinvia al modello generale apportandovi tuttavia deicorrettivi che tendono a rafforzare il contraddittorio.

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78. La documentazione degli atti del procedimento penale Gli atti del procedimento penale devono essere documentati perché se ne possa conservare traccia. Il codice prevede che a tale documentazione si provveda mediante verbale, che viene redatto dall’ausiliarioche assiste il giudice o il Pubblico Ministero. Mediante il verbale l’ausiliario si limita ad attestare quello che è avvenuto in sua presenza e le dichiarazioniricevute; spetterà poi al giudice apprezzare il significato probatorio del contenuto del verbale, e cioè valutarese le dichiarazioni rese sono vere o false. Il valore probatorio del verbale è stato profondamente modificato dal nuovo codice di procedura penale del1988. Nel codice previgente il verbale di un atto del procedimento penale era “fidefacente” e cioè faceva fede finoad impugnazione di falso. Il codice 1988 ha eliminato il valore fidefacente del verbale, in quanto esso può essere sottoposto a unaverifica da parte del giudice quanto alla correttezza e veridicità della descrizione di ciò che il pubblicoufficiale attesta essere avvenuto in sua presenza. La documentazione può essere effettuata con almeno tre modalità differenti: - Verbale in forma integrale, in dibattimento, di regola, con la stenotipia o altro strumento meccanicooppure, in caso di impossibilità di ricorso a tali mezzi, con la scrittura manuale. - Verbale in forma riassuntiva con riproduzione fonografica, spetta al giudice vigilare che sia riprodottanell’originaria e genuina espressione la parte essenziale delle dichiarazioni. La forma riassuntiva significa sommaria esposizione degli elementi extra-dichiarativi non di quellidichiarativi. Quando il verbale è redatto in forma riassuntiva, deve essere effettuata anche la riproduzione fonografica. Verbale in forma riassuntiva senza riproduzione fonografica, si effettua quando vi sia una contingenteindisponibilità di strumenti di riproduzione o di ausiliari tecnici o anche quando gli atti da verbalizzarehanno contenuto semplice o limitata rilevanza.

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79. La notificazione nel processo penale Tale istituto soddisfa l’esigenza di fornire conoscenza di atti o di attività a determinate persone, perchéqueste possano esercitare i propri diritti o adempiere ai propri doveri. La notificazione è lo strumento previsto dalla legge per rendere noto al destinatario un atto o una attività delprocedimento. Di regola viene eseguita mediante consegna, al destinatario, della copia dell’atto stesso. L’organo che esegue la notificazione è, di regola, l’ufficiale giudiziario, ossia un ausiliario del giudice. Il codice ha voluto contemperare due esigenze contrapposte: quella di portare alla conoscenza effettiva deldestinatario l’atto da notificare, e quella di assicurare la celerità degli adempimenti formali, in modo da nonritardare il corso del procedimento penale. Le formalità prescritte dalla legge sono finalizzate ad assicurare l’effettiva conoscibilità dell’atto da partedell’interessato, e una volta che esse sono state adempiute scatta la presunzione legale di avvenutaconoscenza. Della consegna dell’atto è redatto verbale, che viene chiamato relazione di notificazione, attinente ad unaattività compiuta. La notificazione produce effetto per ciascun destinatario dal giorno della sua esecuzione: da tale momentol’atto si presume conosciuto dal destinatario.

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80. Notificazioni: soggetti legittimati a disporre e soggetti

destinatari

Soggetti legittimati a disporre Vediamo ora i soggetti legittimati a disporre le notificazioni: - Giudice, l’atto viene notificato per intero mediante consegna al destinatario da parte dell’ufficialegiudiziario. Esistono forme equivalenti alla notifica del giudice quali la consegna di copia dell’atto all’interessato daparte della cancelleria, la lettera dei provvedimenti e gli avvisi dati verbalmente dal giudice agli interessatiche siano presenti. - Pubblico Ministero, disposte durante le indagini preliminari ed eseguite dall’ufficiale giudiziario oppuredalla polizia giudiziaria nei soli casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa è delegata a compiere. Esistono due forme equivalenti alla notifica ordinaria del Pubblico Ministero: la consegna di copia da partedella segreteria e la lettura di provvedimenti e avvisi in presenza degli interessati. - Parti private, possono seguire le regole ordinarie, ossia la richiesta all’ufficiale giudiziario, oppure valersidi una modalità semplificata che consiste nell’invio di copia dell’atto da parte del difensore mediante letteraraccomandata con avviso di ricevimento.

Soggetti destinatari Mentre i soggetti destinatari delle notificazioni possono essere: - Pubblico Ministero, eseguite in modo ordinario o anche direttamente dalle parti mediante consegna dicopia dell’atto alla segreteria. - Difensore, possono essere eseguite in modo ordinario oppure in una forma semplificata che possonoutilizzare solo Pubblico Ministero e giudice e che consiste nella notificazione tramite “mezzi tecnici idonei”. - Imputato detenuto, eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona.

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81. La notificazione all'imputato non detenuto Imputato non detenuto, allo scopo di rendere più agevole e celere l’attività di notificazione all’indagato eall’imputato non detenuto il codice prevede due istituti: - dichiarazione di domicilio, l’autorità procedente invita l’indagato a dichiarare il proprio domicilio nelquale gli atti saranno consegnati; - elezione di domicilio, l’autorità procedente invita l’indagato ad eleggere, cioè scegliere, un domicilio alfine di effettuare le notificazioni. L’elezione richiede anche l’indicazione di una persona, diversa dal destinatario, che viene scelta per riceverecopia dell’atto da notificare: una volta che l’atto viene consegnata a quest’ultima, l’atto si consideraconosciuto dal destinatario. La prima notificazione all’imputato non detenuto è eseguita mediante consegna di copia alla persona, amani proprie, sia nel domicilio dichiarato o eletto, sia altrove. Se non è possibile la consegna a mani proprie, la notificazione avviene nel luogo in cui l’imputato èreperibile mediante consegna di copia dell’atto ad una persona che conviva anche temporaneamente conl’imputato o al portiere o, in mancanza, a chi ne fa le veci. Se non è possibile consegnare la copia alle predette persone la notificazione è effettuata mediante depositodell’atto nella casa comunale di abituale residenza o lavoro, con affissione dell’avviso di deposito alla portadella casa di abitazione o di luogo di lavoro. Tale avviso è anche comunicato all’imputato mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Qualora le ricerche diano esito negativo e non sia possibile effettuare la notificazione all’imputato, il giudiceo il Pubblico Ministero emettono un decreto di irreperibilità. Con tale provvedimento viene designato un difensore all’imputato che ne sia privo e viene ordinato che lenotificazioni siano eseguite mediante consegna di copia al difensore che rappresenta l’irreperibile. Il decreto di irreperibilità cessa di avere effetto alla fine di ogni fase o grado di merito e ogni volta che perdeefficacia debbono essere disposte nuove ricerche dopo le quali, in caso di nuovo esito negativo, l’autoritàgiudiziaria emette un nuovo decreto di irreperibilità. Le successive notificazioni all’imputato non detenuto sono eseguite in relazione all’esito della primanotificazione. La l. 60/2005 ha introdotto una nuova modalità di notificazione: quando l’imputato ha nominato undifensore di fiducia, le notificazioni successive devono essere eseguite tramite consegna ai difensori, oppuremediante mezzi tecnici idonei. In questi casi il difensore può dichiarare immediatamente di non accettare la notificazione così effettuata,quindi questa sarà effettuata secondo le modalità ordinarie. Imputato all’estero, se è nota la dimora estera il giudice o il Pubblico Ministero inviano una raccomandatacon cui indicano l’autorità procedente e invitano il soggetto a dichiarare o eleggere domicilio entro 30giorni. In mancanza di elezione di domicilio, le successive notificazioni devono essere effettuate medianteconsegna al difensore. Quando, invece, non è nota la dimora estera allora si deve procedere alle ricerche nel rispetto delle

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convenzioni internazionali e, in caso di esito negativo, emettere decreto di irreperibilità. Persona offesa, parte civile, responsabile civile, civilmente obbligato ala pena pecuniaria ed altri soggetti, sisegue la disciplina prevista per la prima notificazione all’imputato non detenuto. In caso di pluralità di persone offese, se per il numero dei destinatari o per l’impossibilità di identificarnealcuni la notificazione nelle forme ordinarie risulta difficile, il Pubblico Ministero o il giudice possonodisporre con decreto che la notificazione sia eseguita mediante pubblici annunzi. Le notificazioni alla parte civile, al responsabile civile e al civilmente obbligato alla pena pecuniaria, giàcostituiti in giudizio, sono eseguite presso i loro difensori. Il codice prevede una serie di nullità speciali delle notificazioni. Si tratta di ipotesi nelle quali non sono state osservate determinate formalità prescritte dalla legge. Tale minuziosità del legislatore tende a ridurre il più possibile lo scarto tra conoscenza effettiva (reale) epresunta (legale).

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82. La traduzione degli atti del procedimento penale: l’interprete La traduzione degli atti orali e scritti è effettuata in determinate ipotesi previste espressamente. E’ operata dall’interprete, cioè una persona che conosce la lingua diversa da quella italiana necessaria nelsingolo caso. Non può svolgere il ruolo di interprete chi è incompatibile con l’istituto di testimone. La legge vuole evitare che si cumulino in capo all’interprete distinte funzioni processuali quali quella diimputato, di giudice, di Pubblico Ministero, di ausiliario del giudice o del Pubblico Ministero, di difensore,di testimone o di perito. L’ordinamento impone all’interprete l’obbligo di verità, infatti se compie interpretazioni mendaci o affermafatti non conformi al vero commette falsa testimonianza. Le situazioni di incompatibilità con l’ufficio di interprete, che giustificano la sua ricusazione e che portanoalla nullità degli atti da questo compiuti, sono: - minore età, interdizione, inabilitazione e infermità di mente; - interdizione dai pubblici uffici o sospensione dall’esercizio della professione; - sottoposizione a misure di sicurezza personali. La necessità dell’interprete si ha in casi previsti dalla legge: - quando l’imputato o indagato non conosce la lingua italiana; - in situazioni in cui si abbia a che fare con persona sorda, muta o sordomuta che non sappia leggere oscrivere, in queste ipotesi, eccezionalmente, la qualità di interprete può essere assunta da un prossimocongiunto della persona interessata; - quando occorra tradurre uno scritto in lingua straniera o in un dialetto non facilmente intelligibile; - quando una persona, che voglia o debba fare una dichiarazione, non conosce la lingua italiana. In questi casi la nomina dell’interprete si impone come obbligatoria anche quando il giudice, il PubblicoMinistero o la polizia giudiziaria ha personale conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare. Il conferimento dell’incarico impone all’interprete l’obbligo di conservare il segreto su tutti gli atti che sicompiano per suo mezzo o in sua presenza.

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83. Le cause di invalidità degli atti del procedimento penale Il codice prevede dettagliatamente i requisiti formali che devono avere i singoli atti del procedimentopenale. Tali requisiti danno luogo al “modello legale” del singolo atto. L’atto perfetto è quello che è conforme al modello descritto dalla norma processuale, esso è valido eproduce gli effetti giuridici previsti dalla legge. L’atto che non è conforme al modello legale può essere invalido o meramente irregolare. E’ atto invalido quando la singola difformità rientra in uno dei quattro casi di invalidità previsti dal codice:decadenza, inammissibilità, nullità o inutilizzabilità. E’ atto irregolare se la difformità rispetto al modello legale non rientra in una delle cause di invaliditàpreviste dalla legge, l’inosservanza della disposizione nel compiere l’atto processuale potrà essere valutatadal punto di vista disciplinare.

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84. Principio di tassatività nel processo penale Nella materia in esame vige uno stretto principio di tassatività, ciò significa che l’inosservanza della leggeprocessuale è causa di invalidità soltanto quando una norma espressamente vi ricollega una delle invaliditàsopra citate. Viceversa, se l’inosservanza non rientra in una previsione generica o specifica di invalidità: l’atto èsemplicemente irregolare. Questo principio soddisfa l’esigenza di sapere con sicurezza se un atto è valido o meno.

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85. L’inammissibilità nel processo penale Impedisce al giudice di esaminare nel merito una richiesta presentata da una parte, effettiva o potenziale,quando la richiesta stessa non ha i requisiti previsti dalla legge a pena di inammissibilità. Il requisito può riguardare il tempo entro il quale deve essere compiuto l’atto oppure può concernere ilcontenuto dell’atto, oppure ancora può toccare un aspetto formale o può riguardare la legittimazione di unsoggetto al compimento dell’atto. Per quel che riguarda il regime giuridico, l’inammissibilità è rilevata dal giudice su eccezione di parte oanche d’ufficio; quando la rileva, il giudice dichiara l’inammissibilità della domanda, con ordinanza osentenza, e non decide sul merito della stessa. Il codice non fissa un termine entro il quale una domanda deve essere dichiarata, se del caso, inammissibile.

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86. La decadenza nel processo penale Denota la perdita del potere di porre in essere un atto a causa del mancato compimento dello stesso entro untermine perentorio, rendendo l’atto eventualmente compiuto oltre tale termine invalido. Lo svolgersi del procedimento penale comporta una successione di atti e tale successione deve avvenire inun ordine prestabilito. Gli strumenti che impongono una determinata cadenza al procedimento sono denominati termini, essiindicano il momento in cui un atto può o deve essere compiuto. Sono termini perentori quelli che prescrivono il compimento di un atto entro e non oltre un determinatoperiodo di tempo; se tale periodo è superato, il soggetto decade dal potere di compierlo validamente. I termini sono previsti a pena d decadenza soltanto nei casi espressamente determinati dalla legge. Sono termini ordinatori quelli che definiscono i limiti temporali entro cui un atto deve essere compiuto, madal superamento della loro scadenza non deriva alcuna conseguenza di tipo processuale: l’atto è validamentecompiuto anche se realizzato dopo il decorso del termine. Semmai il soggetto, che ha compiuto l’atto oltre il termine ordinatorio, può subire conseguenze di tipodisciplinare ove il superamento della scadenza non abbia una valida giustificazione. Sono termini dilatori quelli con i quali si prescrive che un atto non può essere compiuto prima del lorodecorso. Attraverso questo tipo di termini l’ordinamento dà alle parti la garanzia di disporre del tempo necessario perorganizzare la propria difesa. Il regime giuridico fa conseguire agli atti che non rispettano i termini perentori l’inammissibilità. Da ciò si desume che al decorso di un termine perentorio sono ricollegate due sanzioni processuali: - dal punto di vista soggettivo, relativo all’estinzione del potere di compiere l’atto, si fa riferimento alconcetto di decadenza; - dal punto di vista oggettivo, relativo al regime dell’atto compiuto oltre il termine, il codice prevede lasanzione dell’inammissibilità. Ove la legge non preveda la decadenza, né l’inammissibilità, l’atto compiuto oltre il termine è valido. Il termine stesso, in tal caso, deve ritenersi di tipo ordinatorio.

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87. Definizione di restituzione nel termine nel processo penale Rimedio eccezionale destinato a riassegnare alle parti la possibilità di esercitare un potere che si era estintoper l’inutile decorso di un termine processuale perentorio previsto a pena di decadenza. L’esigenza di equità prevale su quella di certezza a determinate condizioni e in presenza di certi requisiti. La decisione, di regola, è presa dal giudice che procede al tempo della presentazione della richiesta direstituzione nel termine, salvo che ciò avvenga prima dell’esercizio dell’azione penale, e in questo casodecide il GIP, e dopo la pronuncia della sentenza o decreto di condanna, e in questo caso decide il giudicecompetente sulla impugnazione. Il codice prevede tre differenti situazioni, una di carattere generico e due di carattere specifico.

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88. Restituzione nel termine nel processo penale: rimedio generico E' genericamente consentita la restituzione in un termine quando la parte prova di non averlo potutoosservare per caso fortuito o forza maggiore. L’onere della prova incombe, pertanto, su colui che chiede il beneficio. Sono legittimati a chiedere la restituzione in termini il PM, le parti private e i difensori. La richiesta deve essere presentata entro 10 giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente casofortuito o forza maggiore a pena di decadenza.

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89. Restituzione nel termine nel processo penale nei confronti della

sentenza contumaciale E' consentita la restituzione nel termine specificatamente nei confronti della sentenza contumaciale. Il giudice dichiara la contumacia quando l’imputato non compare all’udienza preliminare o dibattimentale ela sua assenza non risulta ad assoluta impossibilità di comparire né a legittimo impedimento. I requisiti per la legittima richiesta di restituzione nel termine sono: - oggettivamente la sentenza deve èssere irrevocabile e valida; - soggettivamente soltanto l’imputato può presentare l’istanza. La richiesta deve essere presentata al giudice competente entro 30 giorni da quello in cui l’imputato ha avutoconoscenza effettiva del procedimento, a pena di decadenza. La particolarità della restituzione nel termine per la sentenza contumaciale sta nell’inversione dell’oneredella prova in quanto, una volta che l’imputato ha proposto istanza, questa deve essere accettata salvo chesia accertata una delle seguenti situazioni: - che l’imputato abbia avuto conoscenza effettiva del procedimento e, al contempo, abbia rinunciato acomparire; - che l’imputato abbia avuto conoscenza effettiva del procedimento e, al tempo stesso, abbia rinunciatovolontariamente a proporre impugnazione; Se sussiste una di queste due situazioni il giudice respinge la richiesta. Ciò che l’imputato ottiene con la restituzione nel termine di sentenza contumaciale è la possibilità dipresentare una impugnazione contro tale sentenza, pertanto egli ha l’onere di proporre appello e, in tale sede,di esercitare i propri diritti.

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90. Restituzione nel termine nel processo penale nei confronti del

decreto penale di condanna E' consentita la restituzione nel termine specificatamente nei confronti del decreto penale di condanna. Identici sono i termini per presentare la richiesta, ossia 30 giorni, e l’inversione dell’onere della prova infavore dell’imputato. La competenza è del GIP in quanto a lui spetta la competenza sulla ammissibilità o meno dell’opposizione. La restituzione nei termini per la sentenza contumaciale e per il decreto penale di condanna è giustificata dalpresupposto che l’imputato può aver avuto conoscenza soltanto presunta, e non effettiva, dell’atto. L’ordinanza che concede la restituzione nel termine deve essere motivata e non può essere impugnataautonomamente, ma soltanto con la sentenza che decide sull’impugnazione o sulla opposizione. Nell’ordinanza il giudice adotta tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti determinati dallascadenza del termine. L’ordinanza che respinge la richiesta di restituzione nel termine è, invece, autonomamente impugnabiletramite ricorso per Cassazione.

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91. La nullità nel processo penale E’ un vizio che colpisce l’atto del procedimento che sia stato compiuto senza l’osservanza di determinatedisposizioni stabilite espressamente dalla legge a pena, appunto, di nullità. Si nota come sia, anche per le nullità, vigente il principio di tassatività, inoltre: - non è possibile applicare le nullità per analogia; - una volta accertata una nullità, non è possibile valutare se vi sia stato un pregiudizio concreto perl’interesse protetto o se comunque l’atto nullo abbia raggiunto l’effetto: questa scelta formalistica si pone inconflitto con la ragionevole durata del processo penale. Non danno luogo a nullità gli errores in iudicando, che trovano il loro rimedio nelle impugnazioni. In base alle modalità di previsione le nullità si distinguono in: - nullità speciali, previste per una determinata inosservanza precisata nella norma di species; - nullità generali, previste per ampie categorie di inosservanze indicate all’art. 178 c.p.p.

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92. Nullità assolute nel processo penale Nullità assolute, le inosservanze più gravi, elencate all’art. 179 c.p.p. come cernita tra quelle generalipreviste all’art. 178 c.p.p., che riguardano i soggetti necessari del procedimento penale. Queste nullità sono rilevabili anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e sono insanabili, senon con l’irrevocabilità della sentenza. Rientrano in questa tipologia: - le violazioni delle disposizioni concernenti le condizioni di capacità del giudice, intesa come capacitàgenerica all’esercizio della funzione giurisdizionale; - le violazioni delle disposizioni concernenti il numero dei giudici necessario per costituire i collegi; - le violazioni delle disposizioni concernenti l’iniziativa del Pubblico Ministero nell’esercizio dell’azionepenale; - le violazioni derivanti dall’omessa citazione dell’imputato (decreto di citazione a giudizio e suanotificazione) o dell’assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza; Oltre a queste nullità assolute generali è possibile che specifiche norme richiamino, a conseguenza della loroviolazione, il regime della nullità assoluta: in questi casi si hanno nullità speciali assolute come, ad esempiola violazione della regola secondo cui alla deliberazione della sentenza devono concorrere gli stessi giudiciche hanno preso parte al dibattimento.

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93. Nullità intermedie nel processo penale Nullità intermedie, le inosservanze di media gravità, sancite dall’art. 180 c.p.p. come quelle residuali del 178c.p.p. che non rientrano tra le nullità assolute ex art. 179 c.p.p., che riguardano una sera più ampia disoggetti. Queste nullità sono rilevabili anche d’ufficio, ma entro certi termini, e inoltre sono sanabili. Se si verificano prima del giudizio sono deducibili dalle parti o dal giudice prima del dibattimento, e sonorilevabili dal giudice al momento della deliberazione della sentenza di primo grado. Se si verificano in giudizio non possono essere dedotte né rilevate se non le successivo grado di giudizio. Rientrano in questa tipologia: - le inosservanze delle disposizioni attinenti alla partecipazione del Pubblico Ministero al procedimento; - le inosservanze concernenti l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre partiprivate nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante (se dell’imputato si hanullità assoluta).

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94. Nullità relative nel processo penale Nullità relative, sono tutte le nullità speciali che non rientrano nelle ipotesi di nullità assoluta o intermedia,sono residuali agli artt. 179 e 180 c.p.p. Queste nullità sono dichiarate su eccezione di parte ed entro brevi limiti di tempo, e inoltre sono sanabili. Queste nullità sono dichiarabili dal giudice su eccezione di parte e, più precisamente, della parte interessata. Al giudice è precluso, di regola, il potere di rilevare tali nullità d’ufficio, salvo che tale facoltà sia luiespressamente concessa dalla norma che prevede la nullità relativa come pena per la sua violazione. I termini per eccepirle sono più brevi di quelli previsti per le nullità intermedie. Ove, per qualunque motivo, il giudice non vi provveda prima del giudizio, le parti devono riproporrel’eccezione tra le questioni preliminari del giudizio stesso. Se non sono dichiarate neanche dal giudice del giudizio devono essere eccepite con l’impugnazione dellasentenza. Rientrano in questa tipologia tutte le nullità speciali, e cioè richiamate da singole norme, che non sonoriconducibili ai regimi di nullità assoluta o intermedia: si ragiona per esclusione.

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95. Distinzioni tra nullità intermedie e nullità relative nel processo

penale Il codice pone una distinzione tra due istituti che hanno il medesimo ambito di applicabilità, e cioè le nullitàintermedie e relative: Limiti di deducibilità, danno luogo a un difetto di legittimazione della parte, di modo che essa trova unostacolo a eccepire la nullità (intermedia o relativa). Tali nullità, in particolare, non possono essere eccepite da colui che vi ha dato o ha concorso a darvi causa,né possono essere eccepite da colui che non ha interesse all’osservanza della disposizione violata. Inoltre, quando la parte legittimata assiste al compimento dell’atto viziato, deve eccepire la nullità prima delsuo compimento o, se ciò non è possibile, immediatamente dopo. Se la parte legittimata ad eccepire la nullità non assiste al compimento dell’atto viziato valgono gli ordinaritermini previsti a pena di decadenza. Sanatorie, sono quei fatti giuridici ulteriori e successivi rispetto agli atti viziati che, affiancati a questi ultimi,li rendono equivalenti agli atti validi. La sanatoria, se si verifica, impedisce a qualsiasi parte di eccepire, e al giudice di rilevare, la nullitàdell’atto. Questo istituto è ispirato al principio di conservazione degli atti. Il codice distingue due tipi di sanatorie: 1. generali, si applicano alle nullità di tipo intermedio o relativo non generali. La nullità è sanata se la parte interessata: - ha rinunciato espressamente ad eccepirla oppure ha accettato gli effetti dell’atto viziato anche tacitamente; - si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l’atto nullo è preordinato. Non si da rilievo all’ipotesi in cui l’atto nullo abbia comunque raggiunto lo scopo per cui è preordinato,richiedendo comportamento esclusivamente formali per sanare tale atto. Ciò si pone in contrasto col principio di ragionevole durata del processo penale; 2. speciali, la nullità di una citazione o di un avviso oppure delle relative notificazioni è sanata se la parteinteressata è comparsa o ha rinunciato a comparire. Sono ispirate a conservare gli atti che, nonostante il vizio, abbiano comunque raggiunto lo scopo per cuierano preordinati, garantendo così la celerità delle operazioni. Purtroppo però tale possibilità è prevista solo per alcuni atti che la richiamano espressamente.

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96. Dichiarazione ed estensione della nullità nel processo penale La dichiarazione di nullità di un atto è fatta dal giudice quando, nel caso concreto, non vi sono limiti dideducibilità né si sono verificate sanatorie applicabili a quel tipo di nullità. L’estensione della nullità è una caratteristica che riguarda l’effetto invalidante che una nullità produce sugliatti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo, i quali sono a loro volta resi invalidi. L’estensione della nullità tocca soltanto gli atti che, oltre ad essere successivi siano anche “dipendenti” insenso logico o giuridico dall’atto viziato. L’estensione della nullità produce effetti gravi allorché il vizio colpisca un atto propulsivo del procedimento,come il decreto che dispone il giudizio, in quanto il tal caso vengono travolti dalla nullità tutti gli attisuccessivi. Il giudice che dichiara la nullità di un atto, ne dispone la rinnovazione qualora sia necessaria e possibile,ponendo le spese a carico di chi ha dato causa alla nullità per dolo o colpa grave. Se è dichiarato nullo un atto di prova provvede alla sua rinnovazione il giudice del grado di giudizio in cui lanullità è stata dichiarata, indipendentemente dal grado in cui tale vizio si era prodotto. Se è nullo un atto propulsivo allora la dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento algrado di giudizio in cui è avvenuto il vizio in questione e la relativa rinnovazione sarà di competenza dellagiurisdizione di tale grado.

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97. L’inutilizzabilità nel processo penale E’ una invalidità che colpisce direttamente il contenuto probatorio di un atto: il giudice non può basarsi su diesso per prendere una decisione. Il termine “inutilizzabilità” può riferirsi sia al vizio da cui può essere affetto un atto, sia al regime giuridicoal quale l’atto viene sottoposto. L’atto inutilizzabile, pur valido dal punto di vista formale, è colpito nel suo aspetto sostanziale poichél’inutilizzabilità impedisce ad esso di produrre il suo effetto principale, che è quello di essere posto alla basedella decisione del giudice. L’inutilizzabilità può essere di due tipi: - assoluta, quando il giudice non può basarsi sull’atto inutilizzabile per emettere un qualsiasi provvedimento; - relativa, quando la legge indica espressamente le persone nei cui confronti non può essere utilizzato undeterminato atto o la categoria di provvedimenti che non possono basarsi su di esso. Occorre preliminarmente tracciare una fondamentale distinzione tra due forme di inutilizzabilità, chedifferiscono tra loro nel fondamento normativo e nella regolamentazione.

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98. Inutilizzabilità patologica nel processo penale Inutilizzabilità patologica, consegue ai vizi più gravi del procedimento probatorio (ammissione, assunzionee valutazione della prova). E’ speciale quando una norma del codice la commina espressamente per il mancato rispetto delle condizionipreviste per l’acquisizione di una determinata prova. L’inutilizzabilità generale è sancita all’art. 191 c.p.p. che individua in modo unitario quali vizi della provadanno luogo alla inutilizzabilità: ‹‹ le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge››,l’inutilizzabilità è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Il divieto idoneo a provocare l’inutilizzabilità è soltanto quello che è previsto da una norma processuale: èrichiesta una violazione di un divieto probatorio. Tale divieto probatorio consiste nel fatto che il giudice ha esercitato, nell’acquisizione di una prova, unpotere che la legge processuale vietava. Quando è stata violata una semplice modalità di assunzione di una prova, questa di regola è utilizzabile;diviene inutilizzabile soltanto quando tale sanzione è prevista espressamente dalla legge come conseguenzadella violazione di quella modalità di assunzione. Viceversa, le modalità di assunzione non espressamente poste a pena di inutilizzabilità non sono idonee a farscattare tale sanzione processuale, ove siano violate. Secondo il suo regime giuridico, l’inutilizzabilità è dichiarata dal giudice, d’ufficio o su richiesta di parte. L’inutilizzabilità non può essere sanata perché l’atto è stato compiuto esercitando un potere vietato dallalegge processuale. Inoltre, per la stessa struttura logica del vizio, non è possibile procedere alla rinnovazione dell’atto: di regolail divieto probatorio impedisce che una determinata prova entri nel processo. L’inutilizzabilità è un tipo di invalidità che si traduce direttamente in un limite al libero convincimento delgiudice. Per quel che riguarda le fonti legittimate a definire i divieti probatori occorre notare come l’art 191 c.p.p.sembra aprire al giudice la possibilità di rifarsi a fonti extra-processuali. La dottrina e la giurisprudenza hanno sancito più volte che tali divieti devono essere riconducibili a veri epropri divieti probatori, riaffermando così la tassatività infra-processuale delle norme idonee a definire idivieti probatori a pena di inutilizzabilità. Ma in alcuni casi, la rigida applicazione del principio di tassatività nell’individuazione dei divieti probatoripotrebbe creare pericolosi vuoti di tutela. In tali casi si ricorre ai c.d. divieti probatori impliciti che assicurano tutela a beni giuridici fondamentali. Una parte della dottrina ritiene che le prove incostituzionali, cioè assunte in violazione dei dirittifondamentali, seppur non espressamente vietate dalle norme processuali, siano inutilizzabili in quanto laCostituzione rientra nel concetto di “legge” espresso all’art. 191 c.p.p. Altri studiosi interpretano, invece, restrittivamente l’art. 191 c.p.p. concludendo che l’inutilizzabilitàconsegua soltanto alla violazione di divieti probatori espressamente stabiliti da norme processuali,respingendo la categoria dei divieti impliciti e delle prove incostituzionali. Neanche la Corte Costituzionale ha affermato un orientamento definito, variando le soluzioni di caso incaso. Ci si chiede se sia configurabile la c.d. inutilizzabilità derivata e cioè se l’illegittimità di una prova si estenda

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ad un’altra prova il cui reperimento sia stato determinato dalla prima, si pensi alle intercettazioni o alleperquisizioni illegittime dalle quali emergano fatti rilevanti ai fini penali. Secondo un primo orientamento l’inutilizzabilità derivata non esiste, perché in materia di inutilizzabilità nonvi è una norma espressa che la commina, come avviene con l’estensione della nullità in ambito di nullità. In base a un differente indirizzo, il nesso funzionale di dipendenza comporta l’estensione dell’inutilizzabilitàalla prova successivamente reperita: la c.d. teoria dei frutti dell’albero avvelenato.

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99. Inutilizzabilità fisiologica nel processo penale Inutilizzabilità fisiologica, è conseguenza diretta del principio di separazione delle fasi del procedimento. Alcuni atti sono inutilizzabili fisiologicamente non perché compiuti in violazione di un divieto probatorio,ma soltanto perché acquisiti prima del dibattimento. Infatti il codice pone la regola, salvo eccezioni, in base alla quale il giudice può utilizzare ai fini delladeliberazione soltanto le prove legittimamente acquisite nel dibattimento. Con l’inutilizzabilità fisiologica si munisce di una sanzione processuale il principio del contraddittorio: leprove raccolte durante le indagini preliminari non sono utilizzabili nella decisione poiché non hanno subitoil vaglio del contraddittorio.

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100. L’atto inesistente e l’atto abnorme nel processo penale

L’atto inesistente L’atto inesistente è una causa di invalidità che è stata elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Fra i casi di inesistenza comunemente riconosciuti, si ricorda: carenza di potere giurisdizionale del giudice, nelle ipotesi che una sentenza penale sia emessa da un organodella pubblica amministrazione; sentenza pronunciata contro un imputato totalmente incapace perché coperto da immunità. In effetti sarebbe profondamente ingiusto non accertare quelle clamorose violazioni della legge processualeche non sono state espressamente previste dal legislatore proprio a causa della loro eccezionalità. L’inesistenza di una sentenza impedisce che si formi il giudicato, e ciò permette che tale invalidità puòessere rilevata dal giudice anche dopo che la sentenza stessa sia diventata irrevocabile e cioè non piùimpugnabile. In definitiva l’inesistenza è una deroga al principio di tassatività delle invalidità.

L’atto abnorme L’atto abnorme, sempre creato in via giurisprudenziale, causa l’invalidità di quei provvedimenti affetti daanomalie così gravi da renderli del tutto eccentrici rispetto al sistema del codice. Questo vizio atipico giustifica l’immediato ricorso per Cassazione. Comprende i casi di provvedimenti che: per la singolarità e la stranezza del contenuto risulta estraneo all’intero ordinamento processuale; si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite. L’impugnabilità dell’atto abnorme in sede di Cassazione dipende non dalla sua conoscenza legale ma dallasua conoscenza concreta.

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101. Sistema processuale e norme sulla prova Nel sistema inquisitorio la materia della prova è scarsamente regolamentata; viceversa nel sistemaaccusatorio la prova è oggetto di un’attenta e penetrante regolamentazione. Nel sistema inquisitorio, poiché nel giudice si cumulano tutte le funzioni attinenti al processo, ne deriva chenon si avverte la necessità di regolamentare la materia della prova. Anzi, un’eventuale regolamentazione si tradurrebbe immediatamente in un limite all’accertamento dellaverità. In base a questa filosofia, qualsiasi prova è ammissibile allo scopo di permettere all’inquisitore di accertarela verità. Nel sistema accusatorio i poteri di ricerca, ammissione, assunzione e valutazione della prova non possonoessere attribuiti ad un unico soggetto, bensì devono essere ripartiti tra il giudice, l’accusa e la difesa in modoche nessuno di essi possa abusarne. In questo sistema risulta indispensabile regolamentare la materia della prova. Al giudice è riservato il potere di decidere; alle parti è attribuito il potere di ricercare le prove, di chiedernel’ammissione e di contribuire alla formazione delle stesse.

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102. Il sillogismo giudiziario: la sentenza La finalità alla quale le prove sono destinate è quella di rendere possibile la decisione sulla reitàdell’imputato. Occorre quindi premettere alla trattazione della prova, alcuni accenni ai principi logici che il giudice seguenel pronunciare la sentenza. La sentenza è composta da: 1. motivazione, - motivi “in fatto”, il giudice in base alle prove che sono state acquisite nel corso del processo, ricostruisce ilfatto storico commesso dall’imputato; - motivi “in diritto”, il giudice interpreta la legge e precisa il fatto tipico previsto dalla norma penaleincriminatrice; - giudizio di conformità, il giudice valuta se il fatto storico rientra nel fatto tipico; 2. dispositivo, il giudice trae le conseguenze dal giudizio di conformità: se il fatto storico commessodall’imputato è conforme al fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice, il giudice condanna; se il fattostorico non è conforme al fatto tipico, il giudice assolve l’imputato con una delle formule previste dalcodice. Per giungere alla sentenza il giudice accerta, in primo luogo, se è avvenuto il fatto storico che è statoaddebitato all’imputato e se questi ne è responsabile; in secondo luogo interpreta la norma incriminatrice alfine di ricavarne quale è il fatto tipico punibile; infine valuta se il fatto storico, che ha accertato, è conformeal fatto tipico previsto dalla legge. Il pregio di questa impostazione teorica è quello di imporre un ordine logico alla discussione delle singolequestioni: prima di tutto sono trattate le questioni che attengono alla ricostruzione del fatto storico,dopodiché si pongono le questioni che attengono all’interpretazione della legge. Al giudice si pone l’obbligo di usare soltanto criteri razionali, dei quali è tenuto a dar conto nellamotivazione.

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103. Il contenuto logico dei tre momenti fondamentali della

decisione del giudice Precisiamo nei dettagli il contenuto logico dei tre momenti fondamentali della decisione del giudice: 1. Accertamento del fatto storico, all’inizio del processo il fatto storico commesso dall’imputato non è certo:l’accusa ne afferma l’esistenza, la difesa, in tutto o in parte, la nega. Il conflitto tra accusa e difesa non può essere risolto in base a un atto di fede, bensì deve essere verificatomediante un accertamento basato su principi razionali. Ad esempio, il giudice non può limitarsi ad affermare che un testimone è attendibile soltanto perché glicrede, al contrario deve spiegare i motivi sui quali fonda la sua convinzione. Perché l’accertamento sia razionale deve avere le seguenti caratteristiche: - deve essere basato su prove, dove “provare” vuol dire indurre nel giudice il convincimento che il fatostorico sia avvenuto in un determinato modo. La prova è, appunto, quel procedimento logico in base al quale da un fatto noto si deducono l’esistenza delfatto storico da provare e le modalità con le quali si è verificato; - deve essere oggettivo, cioè non deve fondarsi sulla conoscenza privata del giudice, bensì su elementiesterni, e cioè su prove. Il massimo grado di oggettività lo si ottiene quando il giudice si trova il una posizione di piena terzietà; - deve essere basato su principi della logica, cioè basato sui principi razionali che regolano la conoscenza. L’assunzione delle prove deve permettere al giudice di valutare la credibilità e l’attendibilità di colui cherende dichiarazioni. Inoltre il risultato di una prova deve essere messo a confronto con i risultati di altre prove: se vi è unacontraddizione questa deve essere risolta. 2. Individuazione della norma penale incriminatrice, accertamento di tipo giuridico, e non fattuale, in quantoha per oggetto disposizioni di legge e perché utilizza il metodo dell’interpretazione. Il giudice esamina la legge penale e ricava da essa il fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice. 3. Giudizio di conformità, se il fatto storico non rientra nel fatto tipico, il giudice proscioglie l’imputato; se èconforme al fatto tipico, lo condanna.

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104. Ragionamento inferenziale: prova e indizio nel processo penale Fonte di prova, tutto ciò che è idoneo a fornire risultati apprezzabili per la decisione del giudice: una personao una cosa. Mezzo di prova, lo strumento col quale si acquisisce al processo un elemento che serve per la decisione: latestimonianza. Elemento di prova, l’informazione, intesa come dato grezzo, che si ricava dalla fonte di prova, quandoancora non è stata valutata dal giudice. Il giudice valuta la credibilità della fonte e l’attendibilità dell’elemento di prova ottenuto, ricavandone unrisultato probatorio. Risultato probatorio, l’elemento di prova valutato in base ai criteri della credibilità e della attendibilità. Oggetto di prova, il fatto da provare: tutti i fatti che si riferiscono all’imputazione, alla punibilità e alladeterminazione della pena. In caso di costituzione di parte civile sono inoltre oggetto di prova i fatti inerenti alla responsabilità civilederivante dal reato.

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105. La prova rappresentativa e la prova critica nel processo penale La prova rappresentativa è quel procedimento logico che dal fatto noto ricava, per rappresentazione,l’esistenza del fatto da provare. Consiste in una valutazione di credibilità, operata di regola con lo strumento dell’esame incrociato(domande, risposte, contestazioni). Si tratta di: giudicare l’affidabilità della fonte: valutare quanto il dichiarante è sincero, quanto è stato attento allosvolgimento del fatto, quanto è in grado di comprendere il significato degli elementi fattuali, se haprecedenti penali; giudicare l’attendibilità della rappresentazione: valutare quanto la rappresentazione resa dalla fonte è idoneaa descrivere il fatto avvenuto. Il dichiarante aveva gli occhiali? Era in grado di vedere certi dettagli? Frutto di queste due operazioni è il risultato probatorio: il giudice valuta quanto della rappresentazionefornita è accettabile razionalmente. La prova critica, o indizio, è quel procedimento mediante il quale, partendo da un fatto provato, c.d.circostanza indiziante, si ricava, attraverso massime di esperienza o leggi scientifiche, l’esistenza di un fattoda provare. Le circostanze indizianti devono essere tali da permettere, collegandosi tra di loro, di ridurre la rosa degliindiziati a una sola persona.

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106. La massima di esperienza nel processo penale La massima di esperienza è una regola di comportamento che esprime quello che avviene nella maggiorparte dei casi, essa è ricavabile da casi simili al fatto noto, cioè la circostanza indiziante. Essa può permettere di formulare un giudizio di relazione tra fatti. Si ragiona in base al principio: “in casi simili, vi è un identico comportamento”, non con certezza ma conuna probabilità più o meno ampia. Il giudice deve formulare le regola in base alla migliore esperienza e non in base a scelte personali arbitrarie;come pure deve scegliere in modo corretto quale, fra più massime di esperienza, è applicabile al casoconcreto, tenuto conto delle particolarità di quest’ultimo. La prova rappresentativa e l’indizio differiscono non per l’oggetto da provare, bensì per la struttura delprocedimento logico. L’oggetto da provare può essere sia il fatto da principale (fatto di reato), sia il fatto secondario (circostanzaindiziante). In materie che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche, il giudice deve affidarsia persone che hanno conoscenze specialistiche in quella determinata disciplina. Costoro potranno valutare quale legge scientifica, o della natura, è applicabile ad un determinato fatto, alfine di individuarne le cause. La legge scientifica dà maggiore sicurezza, ma restano comunque margini di opinabilità, poiché si tratta di: - scegliere la legge scientifica che deve essere applicata al caso di specie; - valutare in quale modo deve essere applicata; - individuare i fatti ai quali applicarla. Le leggi scientifiche hanno le caratteristiche della generalità, della sperimentabilità e della controllabilità. Sono sperimentabili in quanto ripetibili e controllabili dagli scienziati mediante procedure che verificano lamisura dei fenomeni e la validità della legge. Sono generali in quanto non ammettono eccezioni o, comunque, il margine di errore è esattamenteconosciuto. Le regole di comune esperienza sembrano essere carenti dei predetti caratteri. Non sono sperimentabili in quanto il reato è un fatto umano che per sua natura non è ripetibile; e non sonogenerali perché le regole del comportamento umano ammettono eccezioni; né sono autonome dai casi daiquali sono tratte perché da questi sono ricavate. Per questi motivi sia nella formulazione di una regola di esperienza, sia nella sua applicazione, il giudicedeve essere estremamente cauto.

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107. Le regole di valutazione degli indizi nel processo penale Le regole di valutazione degli indizi portano a desumere che l’indizio non è una prova minore, bensì unaprova che deve essere verificata. Esso è idoneo ad accertare l’esistenza di un fatto storico di reato soltanto quando sono presenti altre proveche escludono una diversa ricostruzione dell’accaduto. L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti: pluralità, un solo indizio non è mai sufficiente; gravità, attiene al grado di convincimento: è grave l’indizio che è resistente alle obiezioni e quindi haun’elevata persuasività e cioè un ampio grado di probabilità; precisione, non devono essere suscettibili di altre diverse interpretazioni; concordanza, devono convertire tutti verso la medesima conclusioni, non debbono esservi elementicontrastanti. E’ necessario un ulteriore approfondimento: gli indizi devono essere, a pena di inutilizzabilità, gravi, precisie concordanti, soltanto quando tendono a dimostrare l’esistenza di un fatto. Se l’oggetto della prova è un fatto incompatibile con la ricostruzione del fatto storico, allora è sufficienteanche un solo indizio. Esempio tipico è l’alibi, cioè la prova logica che dimostra che l’imputato non poteva essere a quell’ora sulluogo del delitto perché nel medesimo momento era in altro luogo ben distante. Un solo indizio è idoneo a dimostrare con certezza che il fatto non si è verificato così come lo ha ricostruitol’accusa. Nei casi in cui specialisti applicano leggi scientifiche probabilistiche non possono dire al giudice quale è illivello sufficiente di probabilità che serve per risolvere un caso concreto. La verosimiglianza della ricostruzione scientifica al fatto storico è apprezzata dal giudice sulla base deglielementi di prova raccolti in un determinato processo. Comunque l’accusa deve eliminare ogni ragionevole dubbio.

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108. Il procedimento logico seguito dal giudice Vediamo il procedimento logico seguito dal giudice. - Egli ricerca la regola esaminando casi simili al fatto noto in esame. Il procedimento è di tipo induttivo: dalla ripetuta osservazione di fenomeni o casi si ricava per astrazioneuna regola generale. Se sono ricavate non una, bensì due regole aventi differenti probabilità di validità, il giudice deve sceglierequella che si adatta meglio al caso concreto, viste le particolarità di quest’ultimo ricavate anche da altrielementi raccolti. - Una volta individuata la regola di esperienza, o la legge scientifica, il giudice la applica al fatto noto. Il procedimento è di tipo deduttivo: si applica la regola al fine di trarne come conseguenza l’esistenza delfatto da provare. Le parti devono poter prospettare le loro ricostruzioni in merito. A tal fine hanno il diritto di ricercare e introdurre nel processo quelle prove che sono volte a dimostrare unadiversa ipotesi ricostruttiva. Tali diritti vengono esercitati personalmente o con l’ausilio di esperti, come i consulenti tecnici. Ove la controparte riesca a dimostrare l’infondatezza della ricostruzione avversaria, la validità in concretodella regola utilizzata viene meno: l’esistenza del fatto non è più probabile.

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109. Procedimento probatorio: ricerca, ammissione, assunzione,

valutazioneRicercaSpetta alle parti ricercare le fonti di prova: in primo luogo al PM, sul quale incombe l’onere della prova,

successivamente all’imputato, al fine di confutare le tesi dell’accusa.

AmmissioneLa richiesta di ammissione di un singolo mezzo di prova è effettuata, di regole, dalle parti al giudice: le parti

hanno l’onere di introdurre il mezzo di prova (c.d. onere formale della prova).

Il giudice ammette la prova in base quattro criteri:

- la prova deve essere pertinente, cioè deve tendere a dimostrare l’esistenza del fatto storico;

- la prova non deve essere vietata dalla legge;

- la prova non deve essere superflua, cioè sovrabbondante;

- la prova deve essere rilevante, il suo probabile risultato deve essere idoneo a dimostrare l’esistenza del

fatto da provare.

Non occorre che la “rilevanza” o la “non-superfluità” siano certe, è sufficiente il dubbio, e cioè la non

manifesta irrilevanza o superfluità.

Il giudice decide sulla richiesta di ammissione con una ordinanza motivata.

AssunzioneSe si tratta di prove dichiarative, queste vengono assunte in dibattimento col metodo dell’esame incrociato.

Spetta alle parti il compito di rivolgere le domande al dichiarante, mentre spetta al giudice sovrintendere allo

svolgimento dell’esame al fine di assicurare la lealtà dello stesso, la pertinenza delle domande, la correttezza

delle contestazioni e la genuinità delle risposte.

Se si tratta di documenti o documentazioni, il codice utilizza il termine acquisizione: il senso stretto indica

l’assunzione della prova precostituita e cioè formata prima o fuori del dibattimento.

ValutazioneValutazione, spetta al giudice la valutazione dell’elemento di prova raccolto.

Il giudice può ritenere non credibile il dichiarante o non attendibile la sua narrazione del fatto.

Il principio del libero convincimento non esime il giudice dal motivare la sua valutazione, egli deve dare

conto dei risultati acquisiti e dei criteri adottati nel valutare la credibilità e l’attendibilità delle prove.

L’elemento di prova, valutato dal giudice, dà luogo al risultato probatorio.

Accade comunemente che non vi è soltanto una prova, bensì ve ne sono più di una, e i relativi risultati

probatori devono essere valutati dal giudice al fine di ricostruire il fatto da provare.

La ricostruzione del fatto storico, e la relativa motivazione, è una delle tre parti fondamentali di cui si

compone una sentenza.

Il giudice deve indicare le prove poste a base della decisione ed i motivi per i quali ritiene non attendibili le

prove contrarie.

Le parti possono sottoporre a controllo la motivazione impugnando la sentenza.

Il giudice d’appello accerta se l’organo giudicante di primo grado ha fatto “malgoverno delle risultanze

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probatorie”, è cioè accerta se ha sbagliato sia a valutare la credibilità della fonte o l’attendibilità

dell’elemento di prova, sia ad interpretare i vari risultati probatori.

La Corte di Cassazione deve vagliare la correttezza del ragionamento per accertare se vi sia mancanza o

manifesta illogicità della motivazione.

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110. L’onere della prova nel processo penale La presunzione di innocenza è un principio che comporta una duplice conseguenza: - regola di trattamento, vuole che l’imputato non sia assimilato al colpevole fino al momento della condannadefinitiva, e cioè impone il divieto di anticipare la pena, mentre consente l’applicazione di misure cautelari; - regola di giudizio, vuole che l’imputato sia presunto innocente, e cioè vuole ottenere l’effetto dell’art. 2728c.c. secondo cui ‹‹ le presunzioni legali dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali esse sonostabilite ››: pertanto l’onore della prova ricade sulla parte che sostiene la reità dell’imputato. Chi vuol far valere un diritto in giudizio, deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Ciò costituisce un onere probatorio in senso sostanziale per la parte, perché l’inosservanza dello stessocomporta la situazione svantaggiosa del rigetto della domanda da parte del giudice. L’aver soddisfatto l’onere comporta l’accoglimento della domanda. L’onere della prova individua la parte sulla quale ricadono le conseguenze del non aver convinto il giudicedell’esistenza del fatto affermato. Se colui che accusa ha provato la reità dell’imputato, l’onere della prova può considerarsi soddisfatto; aquesto punto incombe sull’imputato l’onere della prova contraria. Alla difesa spetta di provare la mancanza di credibilità delle fonti o l’inattendibilità delle prove d’accusa,oppure spetta di dare la prova dell’esistenza di fatti favorevoli alla difesa. L’imputato può anche voler provare direttamente che egli non ha tenuto la condotta asserita dall’accusa, oche un evento non è avvenuto: si tratta della c.d. prova negativa. Questa è la più difficile da fornire: è più semplice dimostrare l’esistenza di un fatto, che è avvenuto, che nonl’inesistenza di un fatto. L’unica soluzione è che la parte riesca ad acquisire la prova dell’esistenza di un fatto diverso, logicamenteincompatibile con l’esistenza di quello affermato dalla controparte: ad esempio l’alibi. L’onere di introdurre la prova consiste nell’onere che hanno le parti di ricercare le fonti e di introdurre nelprocesso i mezzi di prova: si tratta di un onere c.d. formale: - ricercare fonti; - scegliere il mezzo di prova; - chiederne l’ammissione. Una parte soddisfa l’onere sostanziale della prova soltanto dopo che ha convinto il giudice dell’esistenza delfatto storico da essa affermato: l’onere di provare i fatti al di là di ogni ragionevole dubbio. Un fatto non provato equivale giuridicamente ad un fatto inesistente. I poteri esercitabili dal giudice d’ufficio costituiscono una eccezione al potere dispositivo delle parti sullaprova, in altri termini toccano l’onere della prova in senso formale, inteso come onere di introdurre il mezzodi prova nel processo, mentre non incidono sull’onere sostanziale.

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111. Il quantum della prova (c.d. standard probatorio) nel processo

penale E’ la quantità di prova necessaria a convincere il giudice. Nel processo civile lo standard probatorio viene indicato con la regola del “più probabile che no”. L’attore deve provare i fatti costitutivi del diritto in modo tale da convincere il giudice che la propriaricostruzione appare più probabile di ogni ipotesi contraria. Se la prova da lui fornita appare insufficiente o contraddittoria il giudice rigetta la domanda. In capo al convenuto, poi, esiste il medesimo standard probatorio previsto per l’attore. Questo sistema trova giustificazione nella sostanziale equivalenza dei diritti sui quali si controverte nelprocesso civile. Nel processo penale, viceversa, colui che accusa ha l’onere di provare la reità dell’imputato in modo daeliminare ogni ragionevole dubbio. La prova d’accusa che lascia residuare un ragionevole dubbio è equiparata alla mancata prova. A nostro avviso l’aggettivo “ragionevole” significa “comprensibile da una persona razionale” e dunqueoggettivabile attraverso argomentazioni logiche. Non potrà trattarsi, pertanto, di un dubbio meramente psicologico, possibile o congetturale, percepitosoggettivamente dal giudice. La regola del ragionevole dubbio nel processo penale costituisce una regola probatoria, in quanto definisce ilquantum dell’onere della prova in capo al PM, e una regola di giudizio, in quanto prescrive la regola che ilgiudice deve applicare in caso di dubbio. La particolarità del processo penale è che il dubbio va a favore dell’imputato anche quando questi ha l’oneredella prova, e cioè quando egli deve convincere il giudice dell’esistenza di un fatto favorevole. Se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causapersonale di non punibilità oppure vi è dubbio sull’esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza diassoluzione. Pertanto l’imputato avrà soddisfatto l’onere della prova delle scriminanti se avrà fatto sorgere nel giudice undubbio ragionevole sulla propria reità. Ciò è giustificabile perché nel processo penale non vi è una sostanziale equivalenza tra le posizionisoggettive contrapposte: è soltanto l’imputato che può ricevere dalla decisione un pregiudizio nel suo dirittopiù importante, quello della libertà personale. Inoltre l’imputato, se pure ha l’onere di provare i fatti a sé favorevoli, tuttavia non ha quei poteri coercitividi ricerca delle fonti di prova che nel nostro sistema spettano soltanto al Pubblico Ministero e alla poliziagiudiziaria. L’imputato ha l’onere di indicare con sufficiente precisione i fatti e di introdurre almeno un principio diprova. Se, invece, si limita a indicare in modo impreciso fatti che soltanto lui poteva conoscere, impedendoall’accusa di condurre le indagini per accertarli, allora non adempie al suo onere della prova, seppur minimo,perché non fa sorgere un dubbio ragionevole.

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112. Il diritto alla prova nel processo penale E’ un’espressione di sintesi che comprende il diritto di tutte le parti di ricercare le fonti di prova, di chiederel’ammissione del relativo mezzo, di partecipare alla sua assunzione e di presentare una valutazione almomento delle conclusioni. Quindi il diritto alla prova implica: Il diritto delle parti di ricercare le prove, per esigenze dovute al funzionamento del sistema accusatorio. Il diritto di indagare è concesso alle parti in tutto il corso del procedimento. Il diritto ad ottenere l’ammissione dei mezzi di prova richiesti nei limiti previsti dall’art. 190 c.p.p. Alle parti è sufficiente dimostrare la probabile rilevanza; nel dubbio la richiesta deve essere accolta. Ciò significa che il quantum di prova imposto alla parte richiedente è particolarmente basso. Il giudice è vincolato anche a provvedere senza ritardo con ordinanza. Le parti hanno il diritto di affrontare l’istruzione dibattimentale avendo ben chiaro il quadro probatorio dicui possono disporre. Il codice prevede espressamente il diritto alla prova contraria: ove siano stati ammessi i mezzi di provarichiesti dall’accusa, l’imputato ha diritto all’ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituentioggetto delle prove a discarico. Il codice prevede che la prova contraria sia sempre pertinente, fermo restando, ovviamente, il vaglio sullarilevanza da parte del giudice. Il diritto ad ottenere l’ammissione della prova incontra limitazioni in casi come i delitti di associazionemafiosa, violenza sessuale e pedofilia. In queste situazioni se la persona, che una parte vuole sentire in dibattimento, ha già reso dichiarazioni insede di incidente probatorio, l’esame è ammesso solo in due casi: se riguarda fatti o circostanze diverse o seil giudice o una delle parti lo ritengono necessario. Il diritto a partecipare all’assunzione dei mezzi di prova, infatti nell’esame incrociato sono le parti chepongono direttamente le domande; il codice prevede quali tra esse sono inammissibili, quindi spetta algiudice il potere di vietarle. Il diritto delle parti di offrire al giudice una valutazione degli elementi di prova, si tratta del potere diargomentare sulla base dei risultati acquisiti. Ciò avviene in dibattimento al momento della discussione finale, prima il Pubblico Ministero poi la difesa. Il presidente dell’organo collegiale dirige la discussione ed impedisce ogni divagazione, ripetizione ointerruzione. A tale diritto delle parti corrisponde il dovere del giudice di dare una valutazione logica degli elementi diprova: nella sentenza il giudice deve indicare le prove poste alla base della sua decisione e le ragioni per lequali ritiene non attendibili le prove contrarie. Per quel che riguarda l’ambito di applicabilità delle norme sulle prove, occorre dire che queste sonocontenute nel libro III che è collocato nella prima parte del codice che è definita “statica” perché vi sonodisciplinati gli aspetti comuni all’intero procedimento penale. Pertanto le norme sulle prove appaiono applicabili in tutto il procedimento penale a meno che incompatibilicon la regolamentazione del singolo atto da compiere in una determinata fase.

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113. Oralità, immediatezza e contraddittorio nel processo penale Il principio di oralità impone che il dibattimento sia svolto con la comunicazione del pensiero mediante lapronuncia di parole destinate ad essere udite. Si ha oralità in senso pieno, però, soltanto quando coloro che ascoltano possono porre domande ed ottenererisposte a viva voce dal dichiarante. Il principio di immediatezza è attuato quando vi è un rapporto privo di intermediazioni tra l’assunzione dellaprova e la decisione finale sull’imputazione. Si vuole che il giudice prenda diretto contatto con la fonte di prova e si vuole assicurare che vi sia identitàfisica tra il giudice che assiste all’assunzione della prova e colui che prende la decisione finale. Il principio del contraddittorio esige la partecipazione delle parti alla formazione della prova. Il giudice è in grado così di valutare la credibilità del dichiarante e l’attendibilità del suo racconto. L’oralità è funzionale al contraddittorio in quanto permette il massimo della dialettica processuale. I principi di oralità, immediatezza e contraddittorio servono ad accertare la verità nel modo migliore, quindihanno un valore strumentale in quanto assicurano la correttezza del risultato: che l’accertamento avvenga inbase a prove e nel rispetto delle garanzie fondamentali. Tuttavia non sempre, nella realtà, è possibile attuare in modo assoluto i principi menzionati. Si pone così il problema di stabilire quando è ragionevole prevedere alcune eccezioni al contraddittorio, cioèquando permettano di avvicinarsi il più possibile ad una ricostruzione corretta dei fatti. Un esempio di eccezione al contraddittorio si ha nei casi in cui è possibile utilizzare in dibattimento ledichiarazioni raccolte durante le fasi precedenti.

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114. Il giudice, lo storico e lo scienziato Quello dello storico e quello dello scienziato sono due metodi di accertamento, entrambi posti a disposizionedel giudice. Il compito svolto dallo storico è quello di ricostruire come si è svolto un fatto non ripetibile che è avvenutonel passato e che ha cessato di esistere. Tale fatto è irripetibile e può essere conosciuto soltanto attraverso le tracce che ha lasciato nel mondo reale onella memoria degli uomini. Ad un fatto provato l’inquirente applica una regola di esperienza che gli permette di accertare ciò che èprobabile sia avvenuto in passato. Il compito dello scienziato è quello di esaminare un fatto ripetibile nel senso che è riproducibile o,comunque, si è riprodotto in modo da poter essere osservato. La finalità è quella di ricavare le leggi della natura che ne regolano lo svolgimento. La legge scientifica esprime una relazione statisticamente significativa tra fatti della natura. La sostanziale differenza tra giudice e storico sta nel fatto che mentre l’attività di quest’ultimo è libera, ilgiudice è vincolato alle regole legali. Inoltre lo storico accerta quei fatti che a lui sembrano utili per ricostruire un macroevento, studiando glieventi secondo i criteri più vari: rilevanza culturale, sociale, economica, religiosa, politica, ecc…; viceversail giudice accerta un fatto singolo al fine di valutare la responsabilità penale di una persona in relazione aduna imputazione: per il giudice l’unico criterio di valutazione è quello previsto dalla legge e l’unicaresponsabilità è quella individuale. Per lo storico il metodo di ricerca delle prove è libero: può utilizzare anche documenti rubati o ottenuti conmezzi illeciti; per il giudice i metodi di ricerca, ammissione, assunzione e valutazione delle prove sonofissati dalla legge. Lo storico non ha limiti di tempo mentre il giudice deve garantire la ragionevole durata del processo penale. Tra giudice e scienziato è differente, già in partenza, l’oggetto della conoscenza: lo scienziato esamina unfatto della natura ripetibile, il giudice esamina un fatto umano passato e non ripetibile. Inoltre i fenomeni fisici o chimici obbediscono a leggi della natura che sono uniformi, mentre il singolocomportamento umano è libero e non determinato da leggi. Infine mentre lo scienziato può dichiarare che un problema al momento non è risolvibile con daticontrollabili e misurabili, il giudice non può non decidere al termine di un processo. Si hanno rapporti tra metodo storico e scientifico quando lo scienziato deve esaminare un fenomeno dellanatura avvenuto nel passato. In questi casi si formula un’ipotesi che poi viene applicata a fatti avvenuti in passato ricercando conferme osmentite. Il giudice utilizza entrambi questi metodi ma entro i limiti che la legge lo consente.

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115. La scienza e il diritto penale La scienza e il diritto penale si dividono due mondi diversi ma coesistenti: quello dell’essere, regolato dalleleggi scientifiche, e quello del dover essere, composto dai doveri legali e cioè le leggi penali. Le leggi scientifiche sono regole che si ricavano dall’accadere dei fatti, lo scienziato si limita a conoscerlecome esistenti in natura. Le leggi penali sono regole di produzione dei fatti perché tendono a imprimere agli accadimenti unadirezione che essi da soli non prenderebbero senza che fosse imposta una sanzione giuridica. Il fondamento delle leggi scientifiche è una relazione tra fatti della natura, sono vere o false. Il fondamento delle leggi penali sta nei valori sui quali si basa la società civile, i comportamenti che essedistinguono sono leciti o illeciti. Non è sufficiente provare la causalità generale, o statistica, ma occorre anche provare la causalitàindividuale. In definitiva il giudice non può delegare allo scienziato il tema dell’accertamento del fatto e dellaresponsabilità penale, ma al tempo stesso deve esporre in motivazione perché ritiene attendibile la provasulla quale fonda la sua decisione e non attendibili le prove contrarie: per far questo egli deve utilizzare leleggi scientifiche e le regole della logica e dell’esperienza comune.�

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116. Mezzi di prova tipici e atipici nel processo penale Con l’espressione “mezzo di prova” si vuole indicare quello strumento processuale che permette di acquisireun elemento di prova, il codice prevede sette mezzi di prova tipici, e cioè regolamentati dalla legge nelleloro modalità di assunzione. Essi sono: la testimonianza, l’esame delle parti, i confronti, le ricognizioni, gli esperimenti giudiziali, laperizia e i documenti. Le modalità di assunzione sono predisposte in maniera tale da permettere al giudice e alle parti di valutarenel modo migliore la credibilità della fonte e l’attendibilità dell’elemento di prova che si ricava. Il codice non impone la tassatività dei mezzi di prova, consentendo l’assunzione di prove atipiche. Tuttavia è possibile ammettere una prova atipica soltanto se questa è idonea ad assicurare l’accertamento deifatti e non pregiudica la libertà morale della persona. Occorre che il giudice senta le parti sulle modalità di assunzione della prova prima di decidere. La prova atipica può essere ammessa se presenta due requisiti: deve essere idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti, capace di fornire elementi attendibili e dipermettere una valutazione sulla credibilità della fonte di prova; deve assicurare la libertà morale della persona-fonte e cioè deve lasciare integra la sua facoltà diautodeterminarsi. Le modalità di assunzione sono prescritte dal giudice dopo aver ascoltato le parti.

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117. La testimonianza nel processo penale Il codice distingue in modo netto tra due mezzi di prova: la testimonianza e l’esame delle parti. Mentre il testimone ha l’obbligo penalmente sanzionato di presentarsi al giudice e di dire la verità,l’imputato, quando si offre all’esame incrociato, non ha l’obbligo di presentarsi né l’obbligo di risponderealle domande, né l’obbligo di rispondere secondo verità. Una posizione singolare assume la parte civile, che può essere sentita come testimone con gli obblighi penaliconseguenti. Le altri parti private (responsabile civile e civilmente obbligato per la pena pecuniaria) non possono esserechiamate a deporre come teste né possono spontaneamente offrirsi in tale ruolo. Essi sono esaminati sui fatti che costituiscono oggetto di prova e la loro deposizione avviene nella formadell’esame incrociato. La qualità di testimone può essere assunta dalla persona che ha conoscenza dei fatti oggetto di prova ma che,al tempo stesso, non riveste una delle qualifiche alle quali il giudice riconduce l’incompatibilità atestimoniare. La persona così delineata diventa testimone soltanto se e quando, su richiesta di parte, è chiamata a deporredavanti a un giudice nel procedimento penale. Gli obblighi del testimone sono: - obbligo di presentarsi davanti al giudice, se non adempie il giudice può ordinare il suo accompagnamentocoattivo a mezzo della polizia giudiziaria; - obbligo di attenersi alle prescrizioni date dal giudice per esigenze processuali; - obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte, se tace ciò che sa, afferma il falso onega il vero commette il delitto di falsa testimonianza.

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118. La deposizione nel processo penale: oggetto e forma La deposizione è resa in dibattimento con le forme dell’esame incrociato. Il teste è esaminato sui “fatti che costituiscono oggetto di prova”. Le domande devono essere pertinenti, devono riguardare sia i fatti che riferiscono all’imputazione, sia i fattidai quali dipende l’applicazione di norme processuali come l’accertamento dell’attendibilità di unadichiarazione. Le domande devono avere ad oggetto “fatti determinati”, di conseguenza il testimone, di regola, non puòesprimere valutazioni né apprezzamenti personali. Infine non può deporre su “voci correnti nel pubblico”. Le deposizioni riguardanti l’imputato e la persona offesa incontrano ulteriori limitazioni: - le deposizioni sulla moralità dell’imputato sono ammesse ai soli fini di qualificare la personalità dellostesso in relazione al reato e alla pericolosità; - le domande che riguardano la persona offesa dal reato incontrano due limiti, che devono compensareesigenze opposte: da un lato tutelare la dignità dell’offeso e dall’altro consentire l’esercizio del diritto allaprova spettante alle parti: - la deposizione sui fatti che servono a definire la personalità della persona offesa è ammessa soltantoquando il fatto dell’imputato deve essere valutato in relazione al comportamento di quella persona; - le domande aventi ad oggetto la vita privata o la sessualità della persona offesa dal reato sono di regolavietate; sono consentite se sono necessarie alla ricostruzione del fatto.

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119. Testimonianza indiretta nel processo penale Dei fatti da provare il testimone può avere una conoscenza diretta o indiretta. Ha conoscenza diretta quando ha percepito personalmente il fatto da provare con uno dei cinque sensi; hauna conoscenza indiretta quando ha appreso il fatto da una rappresentazione che altri ha riferito a voce, perscritto o con altro mezzo. Pertanto si ha testimonianza indiretta quando il fatto da provare non è stato percepito personalmente dalsoggetto che lo sta narrando: il teste si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone. Il c.d. teste di riferimento è a persona da cui si è “sentito dire”, ed esso può aver percepito personalmente ilfatto, ed allora è detto teste diretto, oppure può a sua volta averlo “sentito dire”, ed allora è anch’egli un testeindiretto. Ovviamente sarà ancora più difficile trarre un sicuro valore probatorio da un sentito dire di seconda mano. Quando il fatto è conosciuto dal testimone per “sentito dire” occorre che sia possibile accertarel’attendibilità sia del testimone indiretto, sia del testimone diretto. Devono sussistere due condizioni affinché sia utilizzabile la testimonianza indiretta: - il testimone deve indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell’esame, apena di inutilizzabilità; - quando una delle parti chiede che venga sentita nel processo la persona che ha avuto conoscenza diretta delfatto, il giudice è obbligato a disporne la citazione, a pena di inutilizzabilità della testimonianza indiretta. In via eccezionale la testimonianza indiretta è utilizzabile quando l’esame del testimone diretto risultiimpossibile per morte, infermità o irreperibilità. In questi casi la testimonianza indiretta è utilizzabile ma sarà valutata con particolare cura dal giudice,magari ricercando eventuali riscontri con altri elementi di prova. Infatti, la mancata deposizione di colui che aveva conoscenza diretta del fatto, rende più difficile il controllosulla attendibilità di quanto si è appreso per “sentito dire”. Inoltre il codice permette al giudice di disporre la citazione d’ufficio del testimone diretto se essa non è statarichiesta da alcuna parte.

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120. Divieto di testimonianza indiretta nel processo penale Il codice pone il divieto di testimonianza indiretta sulle dichiarazioni dell’imputato o dell’indagato rese in unatto del procedimento. La finalità del divieto è la seguente: la prova delle dichiarazioni rese dall’imputato e dall’indagato devericavarsi unicamente dal verbale che deve essere redatto e utilizzato con le forme ed entro i limiti previstiper le varie fasi del procedimento. Si vuole evitare che il diritto a silenzio venga aggirato mediante il ricorso ad una testimonianza indiretta. L’imputato deve poter essere libero di scegliere se e quando rendere dichiarazioni, le quali assumono rilievosoltanto mediante regolare verbale. L’ambito del divieto è definito all’art. 62 c.p.p. - il divieto ha natura oggettiva, e si riferisce a chiunque riceva dichiarazioni dall’imputato, sia esso untestimone qualsiasi o un appartenente alla polizia giudiziaria; - il divieto ha per oggetto “dichiarazioni” in senso stretto, cioè espressioni di contenuto narrativo; - le “dichiarazioni”, nei cui confronti opera il divieto, sono quelle “rese nel corso del procedimento”,pertanto un testimone che ha assistito a un colloquio tra l’indagato e un’altra persona o che ha ricevuto unadichiarazione fuori di un atto tipico del procedimento, può legittimamente riferire quanto ha sentito dire; - il divieto riguarda le dichiarazioni dell’imputato che abbiano una valenza di prove, e non quelle che sianorilevanti come “fatti storici di reato”. Inoltre il codice impone il divieto di testimonianza indiretta della polizia giudiziaria sia sulle sommarieinformazioni assunte da testimoni o imputato connessi, sia sulle denuncie, querele o istanze, sia ancora sulledichiarazioni spontanee rese dall’indagato. La ratio consiste nella volontà di evitare aggiramenti della regola in base alla quale in dibattimento leprecedenti deposizioni sono utilizzabili soltanto ai fini delle contestazioni per stabilire la credibilità deldichiarante. La testimonianza indiretta della polizia giudiziaria, invece, avrebbe potuto veicolare in dibattimento erendere così utilizzabile una deposizione resa fuori del contraddittorio. Fuori dalle ipotesi espressamente previste la testimonianza indiretta della polizia giudiziaria è ammessa, cioèquando la polizia giudiziaria è chiamata a riferire su dichiarazioni percepite nel corso di attività tipiche comeidentificazioni, ricognizioni formali, sequestri, o nel corso di attività atipiche come appostamenti opedinamenti. Ovviamente il divieto non opera quando oggetto della testimonianza indiretta della polizia giudiziaria nonsiano dichiarazioni ma veri e propri fatti. Poiché il divieto tutela determinate modalità di assunzione, ossia il verbale, ci si è chiesti se sia consentita ladeposizione indiretta sulle informazioni per qualunque motivo non verbalizzate. Sul punto si è formato un indirizzo permissivo anche se si pongono, così, dei rischi in quanto, omettendodolosamente la verbalizzazione, la polizia creerebbe le premesse per poter successivamente deporre indibattimento.

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121. Definizione di incompatibilità a testimoniare La regola, per il codice, è che ogni persona ha la capacità di testimoniare, ma poi sono previste varieeccezioni che consistono in situazioni di incompatibilità relative ad un determinato procedimento. La regola, che riconosce a qualsiasi persona la capacità di testimoniare, permette che si assumano cometestimoni sia l’infermo di mente, sia il minorenne. In questi casi il giudice dovrà valutare con particolare attenzione la credibilità del dichiarante el’attendibilità della dichiarazione; egli può verificare l’idoneità fisica o mentale del soggetto chiamato adeporre ordinando gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge, come una perizia o unesperimento giudiziale.

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122. Ragioni di incompatibilità a testimoniare Le situazioni di incompatibilità sono ricollegabili a due distinti ordini di ragioni: 1. escludere la possibilità che alcune persone abbiano un obbligo, penalmente sanzionato, di dire il vero: taliparti possono essere ascoltate tramite il mezzo dell’esame delle parti senza avere l’obbligo di verità. Le situazioni di incapacità a testimoniare riconducibili a questa ratio sono: a. art. 197 lett. a c.p.p.: non possono essere assunti come testimoni gli imputati concorrenti nel medesimoreato. Tale incompatibilità opera a prescindere dalla riunione o separazione dei procedimenti e cessa per il singoloimputato con l’irrevocabilità della sentenza che lo riguarda. In questa ipotesi il legislatore reputa che l’imputato non corra rischi, perché non può essere processato unaseconda volta per il medesimo fatto storico di reato; b.  art. 197 lett. b c.p.p.: non possono essere assunti come testimoni: - gli imputati in procedimenti legati da una connessione debole, quando i reati per cui si procede sono staticommessi per eseguire o per occultare gli altri; - gli imputati in procedimenti probatoriamente collegati; A tale incompatibilità so pongono due eccezioni: - i soggetti menzionati sono compatibili qualora sia intervenuta nei loro confronti una sentenza irrevocabile; - gli imputati menzionati divengono compatibili se, nel corso dell’interrogatorio hanno reso dichiarazioni sufatti altrui, e cioè concernenti la responsabilità di altri imputati collegati o connessi teleologicamente, cioècon connessione debole: che hanno connesso reati per eseguire o occultarne altri. In questo caso la compatibilità è parziale, perché è limitata ai fatti altrui oggetto delle precedentidichiarazioni. Di questa particolare possibilità gli imputati devono essere avvertiti dagli inquirenti al momentodell’interrogatorio e in ogni caso la loro testimonianza sarà particolare perché circondata da garanzie, primatra tutte l’assistenza difensiva; c. art. 197 lett. c c.p.p.: non possono essere assunte come testimoni le persone che, nel medesimo processo,sono presenti nella veste di responsabile civile e di civilmente obbligato per la pena pecuniaria. Esse possono rendere dichiarazioni, su consenso o richiesta, in qualità di parti e, quindi, senza l’obbligopenalmente sanzionati di dire il vero. 2. escludere che possano comunque deporre quei soggetti che hanno svolto nel medesimo procedimento lefunzioni di giudice, Pubblico Ministero o altre figure ritenute incompatibili. art. 197 lett. d c.p.p. non possono essere assunti come testimoni coloro che, nel medesimo procedimento,svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, PM, o loro ausiliario. L’incompatibilità in esame si fonda sul rilievo che le predette persone non sono psichicamente terze. Restano esclusi dalla incompatibilità a testimoniare i fatti appresi in momenti diversi rispetto a quello nelquale svolgono le loro funzioni. Sono altresì incompatibili il difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva e coloro chehanno formato la documentazione dell’intervista.

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123. Il privilegio contro l’autoincriminazione Secondo la regola generale il testimone ha l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande nel corsodell’esame. Tuttavia può accadere che le parti, durante l’esame incrociato, formulino domande che potrebbero indurre iltestimone ad autoincolparsi di qualche reato. In tali casi se il testimone fosse obbligato a rispondere secondo verità si troverebbe in una penosaalternativa: rispondere incriminando se stesso oppure dire il falso e commettere falsa testimonianza. Il codice, quindi, tutela il testimone che si trova in questa situazione, stabilendo che egli non può essereobbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale. Il privilegio comporta l’esenzione dal regime ordinario, che è appunto l’obbligo di deporre. Il teste ha diritto di non rispondere a tutte le domande che concernono quei fatti, il presupposto è la sempliceprobabilità che dalla risposta su di un determinato fatto possa derivare la responsabilità penale deldichiarante, ma non la semplice responsabilità civile o amministrativa che non comportano il privilegio. Alla posizione soggettiva del teste non corrisponde, a carico di chi lo interroga, l’obbligo di informarlo chepuò non rispondere, né è vietato alle parti fare domande autoincriminanti al testimone: non sempre essesanno che la risposta porterebbe a incriminarlo. In ogni caso, il testimone è libero, se crede, di rispondere. Il divieto probatorio contro l’autoincriminazione ha come destinatario il giudice in quanto gli vieta diobbligare il teste a parlare, a pena di inutilizzabilità. Quando il testimone rifiuta di rispondere ed oppone il privilegio, deve dare una giustificazione allo stesso,con l’ovvio limite che non può essere obbligato a precisare troppi dettagli. Il giudice valuta le giustificazioni adottate e, se le ritiene infondate, può rinnovare al testimonel’avvertimento che ha l’obbligo di dire la verità. A questo punto il testimone può persistere nel rifiuto rischiando che gli sia contestato il delitto di falsatestimonianza per reticenza. Tuttavia, se nel procedimento per falsa testimonianza si accerta che tale soggetto effettivamente aveva ilprivilegio contro l’autoincriminazione, deve essere assolto. Se il testimone dà risposte autoincriminanti, cioè rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità asuo carico, l’autorità procedente, e cioè in questo caso il giudice, deve per prima cosa interrompere l’esame;in secondo luogo deve avvertire il soggetto che, a seguito di tali dichiarazioni, potranno essere svolteindagini nei loro confronti; infine deve invitarlo a nominare un difensore. Quanto al valore probatorio delle precedenti dichiarazioni, il codice prevede una inutilizzabilitàsoggettivamente relativa: cioè possono essere usate nel procedimento in cui sono rese ma non in quello chesi aprirà nei confronti del dichiarante. La ratio è quella di tutelare il privilegio contro l’autoincriminazione.

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124. Il testimone prossimo congiunto dell’imputato I prossimi congiunti dell’imputato non possono essere obbligati a deporre come testimoni: il codiceantepone il rispetto dei sentimenti familiari all’interesse della giustizia. Sono prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stessogrado, gli zii e i nipoti. Gli affini non si considerano qualora il coniuge sia morto e non ci sia prole. Il codice impone che il testimone prossimo congiunto dell’imputato sia avvisato dal giudice della facoltà diastenersi dal rendere la deposizione. Se l’avviso è omesso, la dichiarazione resa è affetta da nullità relativa. Nel caso in cui il prossimo congiunto decida di non astenersi e, quindi, deponga come testimone, egli vaincontro all’obbligo di verità e non può più rifiutarsi di rispondere alle singole domande. Sono persone assimilate ai prossimi congiunti, e quindi hanno la facoltà di astensione: - colui che è legato all’imputato da vincolo di adozione, la facoltà di astensione opera senza limiti; - chi, pur non essendo coniuge dell’imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso; - il coniuge separato dell’imputato; - la persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione deglieffetti civili del matrimonio con l’imputato. In questi ultimi tre casi la facoltà di astensione è limitata ai fatti verificatisi o appresi dall’imputato durantela convivenza coniugale o di fatto. I prossimi congiunti, e i loro equiparati, non possono astenersi e, quindi, sono obbligati a deporre quandohanno presentato denuncia, querela o istanza oppure essi o un loro prossimo congiunto siano offesi dal reato.

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125. La violazione degli obblighi del testimone Il giudice avverte il testimone dell’obbligo di dire la verità e lo informa della conseguente responsabilitàpenale. Il testimone legge la formula con la quale si impegna a dire “tutta la verità” e a non nascondere nulla diquanto è a sua conoscenza; dopodiché è invitato a fornire le sue generalità. Ha quindi inizio l’esame incrociato. Quando appare che il testimone violi l’obbligo di rispondere secondo verità soltanto il giudice puòrivolgergli l’ammonimento; le parti non possono ammonire il testimone, mentre possono sollecitare ilgiudice ad esercitare tale potere. Il testimone può violare i suoi obblighi in due modi: rifiutando di rispondere, in tal caso il giudice provvede ad avvertirlo sull’obbligo di deporre secondo verità;e se il testimone persiste nel rifiuto, il giudice dispone l’immediata trasmissione degli atti al PubblicoMinistero perché proceda a norma di legge; rendendo dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prova già acquisite, in tal caso ilgiudice gli rinnova l’avvertimento dell’obbligo di dire il vero; poi con la decisione che definisce la faseprocessuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, il giudice, se ravvisa indizi del reato di falsatestimonianza, ne informa il Pubblico Ministero trasmettendogli i relativi atti. In ogni caso è fatto divieto di arrestare in udienza il testimone per reati concernenti il contenuto delladeposizione, cioè per falsa testimonianza.

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126. Il segreto professionale nel processo penale Alcuni testimoni con determinate qualifiche di tipo privatistico hanno la “facoltà” di non rispondere adeterminate domande quando la risposta comporti la violazione dell’obbligo del segreto professionale. Tale facoltà spetta soltanto ai professionisti indicati espressamente all’art. 200 c.p.p. : - Il professionista comune, non previsto all’art. 200 c.p.p., ha l’obbligo di deporre nel processo penale anchese, al di fuori di questo, è tenuto al segreto professionale. Egli è penalmente tenuto a non rivelare senza giusta causa i segreti dei quali è venuto a conoscenza perragione della propria professione, arte, stato o ufficio quando ciò possa nuocere al cliente. Tuttavia, poiché nel processo penale egli è considerato alla stregua degli altri testi, deve rispondere secondoverità in quanto il processo costituisce “giusta causa”. - I professionisti qualificati, indicati all’art. 200 c.p.p., possono rifiutarsi di rispondere alla singola domandache li induca a narrare un fatto segreto appreso nell’esercizio della loro professione. Il legislatore ritiene, in questi casi, che il segreto professionale debba prevalere sull’interesse della giustizia:il segreto di tali professionisti è detto qualificato. Di regola si tratta di situazioni che coinvolgono interessi di rilievo costituzionale. Occorre, naturalmente, che quel determinato fatto sia stato appreso dai professionisti qualificati in ragionedel proprio ministero, ufficio o professione. E’ necessario, inoltre, che quel determinato professionista, pur indicato all’art. 200 c.p.p., non abbiacomunque un obbligo giuridico di riferire quel fatto all’autorità giudiziaria (vedi i medici che lavorano negliospedali pubblici, che hanno l’obbligo di denuncia in virtù della funzione pubblica che svolgono). Quando il teste eccepisce il segreto, il giudice può provvedere agli accertamenti necessari e se ritieneinfondata l’eccezione ordina al testimone di deporre.

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127. Il segreto professionale: le categorie di professionisti qualificati Le categorie di professionisti qualificati indicati all’art. 200 c.p.p. sono: i ministri di confessioni religiose, il segreto imposto al sacerdote dal sacramento della confessione anchequando non sia stata stipulata alcuna intesa tra lo Stato e la singola confessione religiosa; gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai; i medici, i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria; gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporredeterminata dal segreto professionale. L’art. 200 c.p.p. non è tassativo, ma soltanto la legge può estendere il segreto professionale, e ciò è avvenutoin relazione ai consulenti del lavoro, ai commercialisti, ai ragionieri e agli assistenti sociali.

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128. Il segreto professionale dei giornalisti Il segreto professionale dei giornalisti è stato concesso, seppur con certi limiti: può essere mantenuto solo relativamente ai nomi delle persone dalle quali è stata appresa una notizia dicarattere fiduciario; può essere opposto soltanto dai giornalisti professionisti iscritti nell’albo professionale; il giornalista è comunque obbligato a indicare al giudice la fonte delle sue informazioni quando le notiziesono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede, e la loro veridicità può essere accertatasoltanto attraverso l’identificazione della fonte di notizia. Nei casi nei quali il giornalista può conservare il segreto sulla fonte, perché la notizia non riguardal’esistenza di un reato ma di una sua circostanza, la notizia stessa non è utilizzabile nel processo a causa deldivieto che riguarda la testimonianza indiretta.

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129. Il segreto d’ufficio e di Stato e gli informatori di polizia Il segreto d’ufficio è posto per garantire il buon funzionamento della pubblica amministrazione. Esso vincola il pubblico ufficiale e l’incaricato di un pubblico servizio. Il segreto viene meno nei casi nei quali vi è un obbligo giuridico di riferire la notizia all’autorità giudiziaria,cioè quando i pubblici ufficiali hanno un obbligo di denuncia. Una particolare specie di segreto d’ufficio è il segreto di Stato, che copre ogni notizia la cui diffusione siaidonea a recare danno alla integrità dello Stato democratico, alla difesa delle istituzioni poste dallaCostituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali e alla difesamilitare dello Stato. Quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio oppone il segreto di Stato, la valutazionesulla fondatezza dell’eccezione è sottratta al giudice ed è attribuita al Presidente del consiglio dei Ministri. Se quest’ultimo non conferma il segreto entro sessanta giorni il giudice ordina al testimone di deporre,viceversa se il Presidente conferma il segreto al giudice è sottratto definitivamente il potere di valutare lafondatezza dell’eccezione e, se la prova è essenziale per la definizione del processo, egli deve dichiarare dinon doversi procedere per l’esistenza del segreto di Stato. Un’altra specie di segreto è quella che consente di non rivelare i nomi degli informatori della poliziagiudiziaria e dei servizi di sicurezza. Legittimati ad opporre tale segreto sono sia gli ufficiali che gli agenti di polizia giudiziaria, sia dell’esercito. Costoro possono mantenere segreti i nomi degli informatori, ma tutto quello che affermano di aver “sentitodire” da loro non può essere acquisito né utilizzato, se non quando l’informatore sia stato esaminato. I segreti d’ufficio, di Stato e di polizia non possono essere opposti per fatti concernenti reati direttiall’eversione dell’ordinamento costituzionale.

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130. L’esame delle parti nel processo penale Mezzo di prova mediante il quale le parti private possono contribuire all’accertamento dei fatti nel processopenale. Le regole generali sono: - il dichiarante non ha l’obbligo di rispondere secondo verità ed ha la facoltà di non rispondere; - le dichiarazioni sono rese secondo le norme sull’esame incrociato; - le domande devono riguardare i fatti oggetto di prova. L’esame delle parti è sottoposto a regimi giuridici diversi in ragione della persona che rilascia ladichiarazione:

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131. L’esame dell’imputato nel processo penale L’esame ha luogo soltanto su richiesta o consenso dell’interessato. Il mancato consenso non può essere valutato dal giudice in senso negativo, perché è una scelta che attienestrettamente alla strategia difensiva. L’imputato, che ha chiesto o acconsentito all’esame, non è vincolato all’obbligo di rispondere secondoverità, infatti egli non è testimone. Non è imputabile del delitto di falsa testimonianza, in quanto vige la causa di giustificazione ex art. 384 c.p.,ma è punibile se incolpa di un reato un’altra persona sapendola innocente (calunnia) o se afferma falsamenteessere avvenuto un reato che nessuno ha commesso (simulazione di reato). L’aver detto il falso può, però, comportare conseguenze dal punto di vista processuale. Infatti, se durante l’esame incrociato o successivamente, risulta che l’imputato ha mentito da quel momentoegli può essere ritenuto non credibile e le sue affermazioni difficilmente convinceranno il giudice. Per questo generalmente i difensori consigliano il silenzio piuttosto di mentire. Nel corso dell’esame l’imputato può avvalersi del diritto al silenzio, rifiutandosi di rispondere ad unaqualsiasi domanda. Del suo silenzio deve essere fatta menzione nel verbale e può essere valutato come argomento di prova dalgiudice, ciò significa che l’imputato può essere ritenuto non credibile: egli vuol nascondere qualcosa. Infine l’imputato ha il privilegio di poter affermare di aver “sentito dire” qualcosa senza essere vincolatoalle condizioni di utilizzabilità della testimonianza indiretta, egli, infatti, può non indicare la fonte da cui haappreso l’esistenza del fatto. Ovviamente non è detto che la dichiarazione sia ritenuta attendibile.

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132. L’esame delle parti private diverse dall’imputato L’esame del responsabile civile, del civilmente obbligato per la pena pecuniaria e della parte civile si svolgecon le medesime regole dell’esame dell’imputato, salvo un particolare: questi soggetti non hanno ilprivilegio sul “sentito dire”, valendo le regole ordinarie. Anche tali soggetti devono chiedere o comunque acconsentire all’esame, e non hanno l’obbligo penalmentesanzionato di dire la verità. Tutto ciò vale salvo che le parti private diverse dall’imputato siano chiamate a deporre in qualità ditestimoni.

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133. L’esame di persone imputate in procedimenti connessi Il testo originario del codice 1988 non consentiva, in maniera assoluta, all’imputato di assumere la qualità ditestimone, neutralizzando così il diritto a confrontarsi con l’accusatore nei casi in cui un imputato neaccusasse un altro. Riforme successive hanno attenuato il regime garantista dell’’88 proprio per garantire la tutela del diritto alconfronto con l’accusatore, introducendo la possibilità che l’imputato possa deporre come testimone seppursolamente al caso in cui egli renda dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità altrui elimitatamente a tali dichiarazioni. Si può definire “imputato connesso o collegato” l’imputato di quel procedimento che ha, rispetto alprocedimento principale, un rapporto di connessione ex art. 12 c.p.p. o di collegamento probatorio aprescindere che i rispettivi procedimenti siano riuniti o separati. Gli imputati concorrenti nel medesimo reato sono connessi al procedimento principale ex art. 12 lett. a c.p.p.e risultano incompatibili con la qualifica di testimone, fino a che nei loro confronti non sia stata pronunciatauna sentenza irrevocabile. Il linea generale l’imputato concorrente gode delle stesse garanzie che sono riconosciute all’imputatoprincipale, tuttavia si è tenuto conto che egli è chiamato a rendere dichiarazioni su fatti concernenti laresponsabilità altrui e per questo motivo l’imputato concorrente ha l’obbligo di presentarsi anche senza ilsuo consenso all’esame, come prevede il regime del testimone derogando, quindi, a quello dell’imputato. Per tutto il resto, però, egli è assimilato alla figura base dell’imputato: ha la facoltà di non rispondere e puòmentire impunemente, salvo le ipotesi di calunnia e simulazione di reato. La facoltà di non rispondere riguarda sia le domande sul fatto di reato addebitato all’imputato concorrente(sé stesso), sia le domande su fatti commessi dall’imputato del procedimento principale in cui è esaminato. Gli imputati connessi teleologicamente sono collegati ex art. 12 lett. c c.p.p. al procedimento principale. Anch’essi sono assimilati al regime di imputato: hanno il diritto al silenzio e non hanno l’obbligo dirispondere secondo verità, ma divengono compatibili con la qualifica di testimone qualora rendanodichiarazioni concernenti la responsabilità altrui, seppur limitatamente a tali dichiarazioni. Il regime giuridico dell’esame sui fatti diversi da quelli riguardanti le eventuali precedenti dichiarazioniconcernenti responsabilità altrui rese dall’imputato connesso teleologicamente, per le quali è chiamato adeporre come testimone, comporta che egli mantenga il suo status originario che consiste nella facoltà ditacere e di mentire impunemente. Tali “fatti diversi” sono quelli “propri”, “neutri”, o quelli sui quali l’imputato collegato non abbia ancorareso dichiarazioni. Tuttavia, se nel prosieguo dell’esame la predetta persona rende dichiarazioni che concernono fatti altrui,assumerà la qualifica di teste in relazione a tali fatti: ogni domanda su nuovi temi di prova concernenti laresponsabilità altrui pone l’imputato connesso teleologicamente nell’alternativa tra tacere o rispondere, mauna volta che ha risposto rendendo dichiarazioni su fatti altrui, egli è idoneo ad assumere la qualifica ditestimone assistito. La linea di discrimine tra l’area degli obblighi testimoniali e quella coperta dai privilegi non è rigida, stantela vaghezza del concetto di “fatti concernenti la responsabilità altrui”, e deve essere individuata di volta involta dal giudice.

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134. La testimonianza assistita dell’imputato “giudicato” L’imputato collegato è sentito con l’assistenza obbligatoria del proprio difensore di fiducia o d’ufficio, inragione del collegamento tra il reato, che gli è addebitato, e quello che è oggetto del procedimento nel qualeè chiamato a deporre. Il legislatore ha previsto due forme di testimonianza assistita: Testimonianza assistita dell’imputato “giudicato”, scatta dopo che è concluso, con sentenza irrevocabile, ilprocedimento a carico dell’imputato collegato teleologicamente o concorrente. L’imputato giudicato può essere sempre chiamato come testimone assistito in un procedimento collegato oconnesso, anche se non ha mai rilasciato dichiarazioni concernenti la responsabilità altrui. Infatti ha l’obbligo di rispondere secondo verità a tutte le domande che gli vengono poste, sia riguardantifatti altrui che fatti propri, fermo restando il privilegio contro l’autoincriminazione per ulteriori reati che egliabbia commesso. Viceversa il testimone assistito “giudicato” non gode del privilegio contro l’autoincriminazione sul fattoproprio coperto da sentenza irrevocabile, in quanto in ogni caso non potrà nuovamente essere giudicato suquel fatto, salvo che nel processo concluso a suo svantaggio egli si fosse proclamato innocente: in tal caso latutela dell’onore fa si che il privilegio contro l’autoincriminazione permanga.

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135. La testimonianza assistita dell’imputato prima della sentenza

irrevocabile Testimonianza assistita dell’imputato prima della sentenza irrevocabile, opera quando non è ancora conclusocon sentenza irrevocabile il procedimento a carico dell’imputato collegato teleologicamente che abbiarilasciato dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità altrui. Tali soggetti hanno una qualifica di teste parziale, in quanto relativa ai soli fatti della dichiarazione, econdizionata, ad una precedente dichiarazione concernente responsabilità altrui. Perché scatti l’obbligo di deporre come testimone assistito è necessario che: - l’imputato sia stato ritualmente avvisato che “se renderà dichiarazioni su fatti che concernono laresponsabilità di altri, assumerà l’ufficio di testimone”; - l’imputato abbia reso una dichiarazione su di un “fatto che concerne la responsabilità di altri” per un reatoconnesso teleologicamente, senza che sia necessario che l’imputato abbia la consapevolezza delleconseguenze accusatorie derivanti dalla propria dichiarazione. L’imputato connesso teleologicamente deve deporre secondo verità, sia pure limitatamente al fatto altrui giàdichiarato. L’imputato deve essere assistito obbligatoriamente dal difensore di fiducia o d’ufficio, in ragione delcollegamento tra il reato che gli è addebitato e quello che è oggetto del procedimento nel quale è chiamato adeporre. Al testimone assistito è concesso un particolare privilegio: egli può non rispondere sui fatti che concernonola propria responsabilità in relazione al reato per cui si procede o si è preceduto. Poiché l’obbligo testimoniale è limitato ai fatti altrui già dichiarati, l’unico caso il cui l’escussione del testeassistito potrebbe inerire alla propria responsabilità è l’ipotesi nella quale le precedenti dichiarazioni vertanosu fatti inscindibili. E’ proprio in relazione a tale ipotesi peculiare che il legislatore ha riconosciuto al teste assistito la facoltà dinon rispondere sul fatto proprio. Occorre concludere, allora, che quando i fatti sono inscindibili, la facoltà di non rispondere si estendeinevitabilmente anche al fatto altrui. Tuttavia, se il teste assistito decide di rispondere, egli ha un obbligo di verità penalmente sanzionato: insostanza, rispondendo, perde la facoltà di mentire. L’obbligo di verità imposto all’imputato “testimone assistito” con procedimento pendente, riguarda soltantoil fatto altrui già dichiarato in precedenza. Su tutto il resto, e cioè su fatti differenti da quelli altrui già dichiarati, il testimone con procedimentopendente è incompatibile fino a sentenza irrevocabile. Per quel che riguarda il diritto a confrontarsi con l’accusatore, la nuova normativa appare deludente. In primo luogo, l’attuazione di tale diritto è subordinata all’ampiezza con la quale viene riconosciuto al testeil diritto al silenzio sul fatto proprio: più sarà l’area coperta dal diritto al silenzio, più limitato sarà il dirittoal confronto in quanto la difesa non potrà dimostrare la non attendibilità delle dichiarazioni. In secondo luogo è comunque inaccettabile che l’accusatore possa continuare, anche di fronte al giudice, arendere dichiarazioni contro altri e a tacere sul fatto proprio, in quanto ciò impedisce il correttoaccertamento dei fatti.

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136. Il riscontro nel processo penale Il legislatore impone che sia fatto un riscontro particolarmente accurato delle dichiarazioni rese dalcoimputato, dall’imputato connesso e dal testimone assistito. Per riscontro si intende comunemente il controllo di attendibilità di una dichiarazione. Si tratta di vedere se i fatti che sono stati affermati dal dichiarante trovino conferma negli altri elementiraccolti, ciò fa parte del più generale obbligo di motivazione imposto al giudice. Le dichiarazioni degli imputati connessi o collegati possono essere valutate come prova soltanto se vi sonoriscontri. La ratio sta nel fatto che l’imputato è la persona che ha, di regola, l’interesse più forte all’esito delprocedimento penale. Pertanto egli ha un forte interesse a dire il falso per ottenere un qualche vantaggio, oppure può avere motiviper vendicarsi di un complice per un comportamento da questi tenuto. Il riscontro, tuttavia, non elimina il libero convincimento del giudice: una volta che il riscontro abbia avutoun esito positivo, il giudice dovrà verificare se la dichiarazione può essere utile a ricostruire il fatto storico inun determinato modo. Il codice impone di effettuare il riscontro valutando “se i fatti che sono stati affermati dal dichiarante trovinoconferma negli altri elementi di prova”, i quali non occorre siano tali da permettere di provare da soli il fattoaffermato, ma è sufficiente che siano tali da permettere semplicemente di affermare l’attendibilità deldichiarante su quel determinato punto. Inoltre il codice parla di “altri” elementi di prova: se ne ricava che gli elementi di comparazione devonoessere esterni rispetto alla dichiarazione stessa, dando luogo al termine riscontro estrinseco. La giurisprudenza ha, però, dedotto un’altra cosa: se si è imposto il più, cioè il riscontro estrinseco, si è datoper scontato che debba essere fatto il meno, cioè il riscontro interno alla dichiarazione stessa. Quindi la giurisprudenza ha affermato che la dichiarazione deve essere valutata anche al suo interno, c.d.riscontro intrinseco, al fine di controllare se essa è precisa, coerente in se stessa, costante e spontanea. Il riscontro estrinseco, invece, deve basarsi su concrete circostanze fattuali: può basarsi anche sudichiarazioni di altre persone, e cioè di testimoni o coimputati. Infine il riscontro deve essere individualizzante, cioè si deve trovare una conferma di attendibilità per ognisingola dichiarazione accusatoria del dichiarante e per ciascuno degli accusati.

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137. Il confronto nel processo penale Consiste nell’esame congiunto di due persone (testimoni o parti), ammesso esclusivamente fra persone giàesaminate o interrogate quando vi è disaccordo tra di esse su fatti e circostanze importanti. Il giudice richiama ai soggetti le precedenti dichiarazioni, chiede se le confermano e li invita a contestarereciprocamente le dichiarazioni contrastanti. Se è esaminato l’imputato con lo strumento del confronto, questo può avvalersi del diritto al silenzio.

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138. La ricognizione nel processo penale Mezzo di prova mediante il quale ad una persona che abbia percepito con i propri sensi una persona o unacosa, si chiede di riconoscerla individuandola tra altre simili. La ricognizione è disposta quando occorre procedere al riconoscimento di persone o cose. Lo svolgimento è disciplinato dal codice minuziosamente, in quanto una modalità irregolare può invalidarel’attendibilità dell’elemento di prova. L’atto può essere compiuto nel corso del dibattimento o nell’incidente probatorio e si svolge nel rispetto delcontraddittorio tra le parti. Le fasi della ricognizione sono: 1. Intervista al ricognitore, il giudice invita colui che deve eseguire la ricognizione (c.d. ricognitore), adescrivere la persona (che ha visto) indicando tutti i particolari che ricorda. Gli chiede poi: - se sia stato in precedenza chiamato a eseguire il riconoscimento; - se, prima e dopo il fatto per cui si procede, abbia visto, anche se riprodotta in fotografia o altrimenti, lapersona da riconoscere; - se la stessa vi sia stata indicata o descritta o se vi siano altre circostanza che possano influiresull’attendibilità del riconoscimento. Il tutto a pena di nullità della ricognizione. 2. Predisposizione della scena, in assenza del ricognitore, il giudice dispone che siano presenti almeno duepersone (i c.d. distrattori) il più possibile somiglianti, anche nell’abbigliamento, a quella sottoposta aricognizione. Invita quindi quest’ultima a scegliere il suo posto rispetto alle altre persone. 3. Ricognizione, introdotto il ricognitore, il giudice gli chiede se riconosce taluno dei presenti. In caso affermativo, lo invita a indicare chi abbia riconosciuto e a precisare se ne sia certo. Se vi è fondata ragione di ritenere che il ricognitore possa subire intimidazione dalla presenza della personasottoposta a ricognizione, il giudice dispone che l’atto sia compiuto senza che quest’ultima possa vedere ilprimo. Oltre al testimone, anche l’imputato può essere chiamato ad operare una ricognizione, in tale sede puòesercitare il suo diritto al silenzio.

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139. L’esperimento giudiziale nel processo penale E’ ammesso quando occorre accertare se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo. Consiste nella riproduzione, per quanto possibile, della situazione in cui il fatto si afferma o si ritiene essereavvenuto e nella ripetizione delle modalità di svolgimento del fatto stesso. Il mezzo di prova si basa sulle metodologie proprie delle sperimentazioni scientifiche. Il giudice dirige lo svolgimento delle operazioni; può anche d’ufficio designare un esperto per l’esecuzionedi quelle tra esse che richiedono specifiche conoscenze.

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140. Prova scientifica e contraddittorio nel processo penale Se la scienza è illimitata, completa e infallibile è sufficiente che il giudice nomini un perito e gli impongal’obbligo di operare secondo verità. Nel sistema misto prevalentemente inquisitorio era insito un pericolo: allo scienziato si consentiva difondare una asserzione senza giustificarne né le premesse, né il metodo utilizzato, per il solo fatto che sitrattava di “scienza”; a tale soggetto era consentito di provare senza spiegare il perché della sua attività. Il post-positivismo ci insegna che la scienza è limitata, incompleta e fallibile, è ciò comporta che: ciascuna delle parti deve poter dimostrare se per caso non sono applicabili al fatto storico differenti regoleche diano una spiegazione alternativa dell’accadimento; occorre poter applicare il metodo falsificazionista: se veramente la causa era quella identificata, essa, in basea regole note, avrebbe dovuto provocare determinate conseguenze, e allora occorre poter indagare se tuttequeste conseguenze si sono verificate. Se si accerta che anche una sola delle conseguenze non si è verificata, si mette in dubbio la validità dellalegge scientifica in quel caso concreto.

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141. Il diritto alla prova scientifica nel processo penale Il diritto alla prova scientifica comporta il potere di compiere indagini sui predetti fatti falsificativi. Il diritto di difendersi si deve estendere a quel particolare tipo di prova che è la prova scientifica: le partidevono potersi avvalere di esperti che si trovino in condizioni di parità con il perito. Nel sistema accusatorio puro non esiste una “prova del giudice”, ma tutte le prove sono delle parti. Questo sistema ha il vantaggio del contraddittorio nella formazione della prova, ma ha anche lo svantaggioche il giudice ha un ruolo passivo ed è sottoposto all’iniziativa esclusiva delle parti. Egli è ancor più vincolato alla parola dell’esperto, con l’ulteriore svantaggio che si tratta di un parere diparte. Il codice italiano dell’’88 non ha accolto il principio dispositivo forte, secondo cui sono ammessi solo imezzi di prova richiesti dalle parti, ma il giudice ha mantenuto il potere di nominare un perito: c.d. principiodispositivo attenuato. Tuttavia tale potere può essere esercitato d’ufficio soltanto nel dibattimento, mentre nel corso delle indaginipreliminari il giudice può procedere alla nomina del perito soltanto su richiesta di parte. A loro volta le parti hanno uno strumento più agile e duttile della richiesta di nomina di un perito: fin dallafase delle indagini preliminari possono direttamente nominare un consulente tecnico di parte anche se non èstata disposta perizia. Tale consulente sarà poi sentito in dibattimento con lo strumento dell’esame incrociato.

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142. L'ammissione della prova scientifica nel processo penale Per quel che riguarda l’ammissione della prova scientifica, il legislatore non fornisce al giudice un criterioespresso. I riferimenti che troviamo nel codice sono quelli comuni a tutti i mezzi di prova nel momento in cui le partine chiedono l’ammissione: pertinenza, rilevanza, non sovrabbondanza e legalità. Inoltre, in quanto il giudice deve servirsi di un perito quando ‹‹ occorre svolgere indagini o acquisirevalutazioni che richiedono specifiche competenze ››, si aggiungono i requisiti di “specifiche competenze” edi “occorrenza”, ossia che nel processo fino a quel momento nessun esperto ha fornito al giudice leconoscenze specialistiche che sono necessarie per decidere. Il codice non indica al giudice il criterio per valutare in positivo o in negativo la scientificità di un metodoproposto da un tecnico nominato dal giudice stesso o da una parte. Vi è un vuoto normativo che è stato colmato con il criterio del “consenso della comunità scientifica”. Il problema permane, anche con questo criterio, nei casi in cui si chieda al giudice di ammettere un metodonuovo sul quale non se è ancora formata una generale accettazione da parte della comunità scientifica. In questi casi il giudice dovrebbe respingere la richiesta di ammissione, divenendo, in sostanza, ostaggiodegli scienziati “tradizionalisti”. La giurisprudenza americana ha superato il criterio del “consenso della comunità scientifica” nel 1993 con lafamosa sentenza Daubert. In questa pronuncia giudiziale sono stati elaborati i criteri sulla base dei quali il giudice deve valutarequando un determinato metodo costituisce o meno conoscenza scientifica: - verificabilità del metodo, è scientifico il metodo controllabile tramite esperimenti; - falsificabilità, se il metodo deve essere sottoposto a tentativi di falsificazione i quali, se hanno esitonegativo, lo confermano nella sua credibilità; - sottoposizione al controllo della comunità scientifica, il metodo deve essere reso noto in rivistespecializzate in modo da essere controllato dalla comunità scientifica; - conoscenza del tasso di errore, al giudice deve essere resa nota la percentuale di errore accertato opotenziale che il metodo comporta; - generale accettazione, criterio ausiliario ma non indispensabile, il metodo proposto deve godere di unagenerale accettazione nella comunità degli esperti. I criteri elaborati dalla sentenza Daubert hanno cominciato ad influenzare il giudizio sulla ammissibilitàdella scienza nel processo in Italia. Si è notata la somiglianza tra detti criteri e quelli previsti nel nostro codice per la prova atipica e si è attuatauna integrazione analogica: vi sarebbe una identità di ratio tra il mezzo di prova atipico o il nuovo metodoscientifico del quale si chieda l’ammissione nel processo penale. Di conseguenza, i nuovi metodi scientifici, devono essere ammessi dal giudice sulla base dei criteri che sonoposti dall’art. 189 c.p.p.: - idoneità del metodo ad assicurare l’accertamento del fatto; - assenza di pregiudizio per la libertà morale della persona interessata; - preventiva indicazione delle modalità di assunzione della prova, sulla quale il giudice deve sentire il parere

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delle parti. Il requisito della idoneità ad assicurare l’accertamento dei fatti è cosi generale che può essere integrato daicriteri elaborati dalla sentenza Daubert.

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143. La perizia nel processo penale Mezzo di prova finalizzato a integrare le conoscenza del giudice con quelle di un esperto. Deve essere disposta dal giudice quando occorre compiere una valutazione per la quale sono necessariespecifiche competenze. Tra i compiti del perito vi può essere quello di percepire quei dettagli del fatto noto, che soltanto un tecnicopuò identificare, o quello di applicare ad un fatto noto una legge scientifica, in modo da fornire unavalutazione al giudice. Il testimone “espone” un fatto, mentre il perito dà una “valutazione” su di un fatto. Oltre alla perizia esiste la consulenza tecnica di parte entro e fuori dei casi di perizia. Sia il Pubblico Ministero che le parti private possono avvalersi dell’opera di esperti fin dalla fase delleindagini preliminari, al fine di raccogliere elementi di prova. I consulenti tecnici di parte possono essere sottoposti ad esame in dibattimento o essere sentiti dal giudicenell’udienza preliminare. La perizia si caratteristica per essere un mezzo di prova con particolari garanzie. Sin dalla fase del conferimento dell’incarico si instaura un contraddittorio tra il perito e i consulenti delleparti, i quali possono assistere alle operazioni e avanzare osservazioni e richieste. Tuttavia ogni potere decisionale e valutativo compete unicamente al perito, perciò le parti, tramite i loroconsulenti tecnici, potranno soltanto cercare di dimostrare al giudice l’erroneità o lacunosità della perizia. L’esecuzione di una perizia presenta vari vantaggi: riduce il rischio di errori favorendo il confronto traesperti, economizza tempo e risorse, assicura che l’esperto nominato dal giudice non persegua gli interessi dialcuna parte. L’ammissione della perizia è disposta su richiesta di parte e solo eccezionalmente può essere dispostad’ufficio nel dibattimento.

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144. La scelta del perito e la relazione peritale nel processo penale La scelta del perito viene effettuata dal giudice in base a precisi vincoli: - la persona deve essere iscritta in appositi albi e solo eccezionalmente può essere scelta una persona esterna,purché abbia una particolare competenza tecnica; - la persona sia in una situazione di terzietà e impregiudicatezza; Il perito ha l’obbligo di prestare il suo ufficio, salvo che sussista uno dei motivi di astensione, come adesempio se è incompatibile per non impregiudicatezza in quanto è già stato sentito nello stesso procedimentocome testimone. Inoltre ha l’obbligo di presentarsi in udienza e di adempiere al proprio ufficio secondo verità. La formulazione dei quesiti, da sottoporre al perito, spetta al giudice con la più ampia garanzia delcontraddittorio: sono sentiti il perito, le parti e i loro consulenti tecnici. Per espletare la sua attività il perito può prendere visione del materiale probatorio, col limite che puòconoscere soltanto gli atti acquisibili al fascicolo del dibattimento, viceversa il consulente tecnico puòleggere anche gli atti del fascicolo del PM. Il giudice può autorizzare il perito ad assistere all’esame delle parti o all’assunzione delle prove. Il perito può chiedere notizie all’imputato, all’offeso e ad altre persone informate, con il limite che glielementi acquisiti possono essere utilizzati soltanto ai fini dell’accertamento peritale. La relazione peritale è il prodotto finale di questo particolare mezzo di prova. Il perito la svolge, di regola, oralmente ed eccezionalmente la formula anche per iscritto. Dopo aver presentato la relazione peritale il perito è sottoposto all’esame incrociato su richiesta di parte. Al pari degli altri mezzi di prova, il giudice non è vincolato ai risultati della perizia perché può disattenderele conclusioni dandone adeguata motivazione.

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145. Divieti di perizia nel processo penale E’ fatto divieto di perizia criminologia sull’imputato, cioè perizia rivolta ad accertare la sua personalità o lasua capacità a delinquere: sono ammesse soltanto quelle perizie che tendono ad accertare una malattiamentale. La ratio sta nell’esigenza di tutelare la presunzione di innocenza dell’imputato, e infatti la periziacriminologia darebbe per scontata la reità dell’imputato. Il nostro ordinamento fa divieto di accertamento corporale coattivo, ma la Corte Costituzionale ha affermatocon chiarezza che l’esigenza di acquisire la prova di un reato costituisce  un valore primario sul quale sifonda ogni ordinamento ispirato al principio di legalità, e perciò ha consentito l’accertamento corporalecoattivo in presenza di determinati requisiti: a. formali, - la legge deve indicare i casi e i modi di accertamento, quindi riserva di legge rinforzata; - il giudice deve autorizzare l’accertamento, quindi riserva di giurisdizione in quanto l’accertamento coattivocomporta una limitazione della libertà personale; b. sostanziali, - l’accertamento non deve violare la dignità della persona umana, né porre in pericolo la vita, l’integritàfisica o la salute dell’interessato. Finché il legislatore non interverrà in materia gli accertamenti corporali non potranno essere imposticoattivamente, ma necessiteranno del consenso dell’interessato. L’intervento legislativo si è limitato al tema del prelievo di materiale biologico, cioè ha consentito ilprelievo coattivo di capelli e di saliva effettuabile ai fini dell’identificazione personale nei confrontidell’indagato, o anche di una persona non indagata, ma soltanto nell’ambito dei rilievi urgenti compiuti dallapolizia giudiziaria. Ove il consenso non sia prestato, è necessaria una previa autorizzazione concessa dal PM. Un altro esempio di accertamenti coattivi legittimi è quello in materia di violenza sessuale e pedofilia,imposto agli imputati per individuare patologie sessualmente trasmissibili. Tale accertamento coattivo si svolge nel solo interesse della salute della persona offesa e non nell’interessepubblico all’accertamento dei fatti nel processo penale.

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146. Il consulente tecnico di parte nel processo penale Le parti possono nominare un consulente tecnico di parte in tre situazioni: in relazione ad una perizia giàdisposta, al di fuori della perizia e per contrastare il risultato di una perizia già svolta. Ogni parte può nominare un consulente tecnico fuori perizia, anche l’indagato e la persona offesa durante leindagini preliminari (quando sono parti solo “potenziali”). soggetti possono nominare consulenti tecnici in numero non superiore a due. L’oggetto della consulenza tecnica di parte è identico a quello della perizia: cioè deve essere disposta dalgiudice quando occorre compiere una valutazione per la quale sono necessarie specifiche competenze. Il perito svolge le indagini ed acquisisce risultati probatori per conto del giudice e gli esiti sono destinati aconfluire direttamente nel fascicolo del dibattimento e sono utilizzabili nella decisione finale. Il consulente di parte propone valutazioni tecniche, che si traducono in pareri espressi oralmente o inmemorie scritte. Identico è lo strumento con il quale perito e consulente tecnico sono sentiti in dibattimento: l’esameincrociato. A differenza del perito, che assume l’obbligo penalmente sanzionato di far conoscere la verità, nessunobbligo del genere è previsto dal codice per il consulente di parte. La possibilità di consulenza tecnica fuori dei casi di perizia comporta che i consulenti delle parti possonosvolgere le proprie attività anche quando il giudice non ha disposto la perizia. Il consulente nominato da una parte privata può svolgere investigazioni difensive per ricercare edindividuare elementi di prova. Di regola gli elementi di prova così raccolti possono essere presentati, o meno, dalla parte privata indibattimento. Occorre chiedersi cosa accada quando il giudice si trovi a dover risolvere un contrasto tra pareri di esperti,cioè quando gli si richieda una valutazione della prova che comporta conoscenze specialistiche. Nel casi in cui i pareri contrastanti appartengano a consulenti di parte, il giudice può ritenere utile disporreuna perizia, ma ciò non è sufficiente, giacché poi su di lui grava il compito di motivare il proprioconvincimento. Ovviamente non si può imporre al giudice di adottare una motivazione tecnica, in quanto ciò eliminerebbe ilvantaggio dell’istituto della perizia. Si ritiene dunque sufficiente che il giudice dimostri di aver preso in considerazione le diverse ricostruzionitecniche e di averle, poi, scartate sulla base di motivi oggettivi. In tale ottica emerge l’assoluta centralità dell’esame incrociato degli esperti, poiché è grazie a tale strumentoche le parti riescono a convincere il giudice. Qualora più teorie contrapposte appaiano ugualmente probanti, egli dovrà applicare la regole delragionevole dubbio.

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147. Il consulente tecnico del pubblico ministero Nelle fasi dell’udienza preliminare e del giudizio il Pubblico Ministero può nominare consulenti tecnici alfine di acquisire pareri e valutazioni. Il Pubblico Ministero sceglie il consulente tra le persone iscritte agli albi dei periti. Egli agisce come parte ed è libero di chiedere o meno l’esame del consulente in dibattimento. La differenza con il consulente tecnico di parte privata sta nell’interesse pubblico che muove l’attività delPubblico Ministero e in particolare nell’obbligo spettante a quest’ultimo di svolgere “altresì accertamenti sufatti e circostanze a favore dell’indagato”, che deve intendersi riferito anche al consulente tecnico delPubblico Ministero.

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148. Documento e “documentazione” nel processo penale Il documento è definito dal codice con un requisito positivo ed un requisito negativo: positivamente perché si abbia documento è sufficiente che si tratti di uno scritto o di un oggetto comunqueidoneo a rappresentare un fatto, una persona o una cosa; negativamente l’oggetto rappresentato deve essere un atto compiuto “fuori” dal procedimento nel quale sichiede o si dispone che il documento faccia ingresso. Viceversa, se l’oggetto rappresentato è un atto del medesimo procedimento, il codice non utilizza il termine“documento”, bensì il termine “documentazione”. Un esempio classico è il verbale. Per atto del procedimento si intende comunemente quell’atto che persegue le finalità del procedimento e cheè compiuto da uno dei soggetti legittimati. Il documento rappresenta atti o fatti diversi da quelli compiuti nel procedimento nel quale il documento èprodotto; viceversa la documentazione rappresenta atti compiuti da soggetti legittimati nel medesimoprocedimento in cui la documentazione è prodotta.

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149. La definizione di documento nel processo penale Se si considera il contenuto probatorio, si può definire documento la “rappresentazione di un fattoincorporata in una base materiale”. Viceversa, se si considera l’oggetto in sé, si può definire documento “la base materiale che incorpora larappresentazione di un fatto”. Il concetto di documento comprende quattro elementi: - Fatto rappresentato, che comprende sia i fatti, persone o cose, sia i contenuti di pensiero che sono espressinegli scritti. In sintesi il fatto rappresentato è tutto ciò che può essere oggetto di prova. - Rappresentazione, ossia la ricostruzione di un fatto equivalente a quello rappresentato, in modo da renderloconoscibile quando non sia più presente. Esempi di rappresentazione sono le immagini, le parole, i suoni o i gesti. - Incorporamento, operazione mediante la quale la rappresentazione è fissata su di una base materiale. La forma di incorporamento più usata è la scrittura, ma il codice ammette che ciò possa avvenire conqualsiasi altro mezzo idoneo. - Base materiale, sulla quale è incorporata la rappresentazione. Può essere la più varia, in quanto è sufficiente la idoneità a conservare la rappresentazione oppure ariprodurla quando occorra. Non è richiesto che la base materiale sia particolarmente durevole, anche se ciò è auspicabile. Se si tratta di un atto scritto, la base materiale può essere la tradizionale carta o il più moderno supportoinformatico.

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150. Il valore probatorio del documento contenente dichiarazioni Nel 1988 la dottrina ha ritenuto non utilizzabile, come prova del fatto storico rappresentato, il documentocontenente una narrazione del medesimo. La Corte Costituzionale, con una pronuncia del 1992, ha precisato che l’art. 234 c.p.p. non distingue trarappresentazione di fatti e rappresentazione di dichiarazioni, pertanto il documento può costituire prova delfatto rappresentato nella dichiarazione e può essere ammesso.

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151. Il documento anonimo nel processo penale La prova documentale può essere valutata dal giudice nella sua attendibilità quando è noto l’autore deldocumento. Infatti all’autore, chiamato a deporre, possono essere rivolte le domande che servono a valutarne lacredibilità. Una verifica del genere non può avvenire quando è ignoto l’autore del documento. Risulta ovviamente impossibile ricercare gli elementi di prova che servono a valutare la credibilitàdell’autore “ignoto”. Nel solo caso in cui si sia in presenza di un documento contenente una “dichiarazione” anonima, il codiceprevede la sanzione dell’inutilizzabilità, mentre resta perfettamente valido il documento anonimo noncontenente una dichiarazione ma una rappresentazione diversa (una foto). Sul documento anonimo che contenga una rappresentazione diversa dalla dichiarazione è posto, di regola, illibero convincimento del giudice. Ovviamente sarà più difficile, ma non impossibile, valutare l’attendibilità della rappresentazione incorporatain un documento anonimo non dichiarativo. Il codice prevede che il documento possa essere sottoposto alle parti provate o ai testimoni per la verificadella provenienza. Il documento cessa di essere anonimo quando il suo autore ne riconosce la paternità. L’assenza della sottoscrizione o la sottoscrizione illeggibile, o di fantasia, danno luogo al documentoformalmente anonimo. Infatti se vi è riconoscimento, il documento non è più sostanzialmente anonimo. Inoltre l’autore della rappresentazione può essere identificato attraverso un mezzo di prova come, adesempio, una perizia.

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152. Il valore probatorio dell’atto formalmente anonimo Il valore probatorio dell’atto formalmente anonimo, per mancata sottoscrizione, ma riconosciuto èproblematico. Infatti la mancata sottoscrizione col proprio nome dimostra che l’autore non ha voluto impegnare la propriaresponsabilità nel fare una determinata dichiarazione. Pertanto non si pone un problema di utilizzabilità, il riconoscimento rende utilizzabile il documentoformalmente anonimo, ma si pone un problema di credibilità della fonte e di attendibilità dellarappresentazione. Infatti ci si può chiedere: cosa aveva da nascondere l’autore della dichiarazione, se non ha volutosottoscriverla, evitando così di impegnare la propria parola? Al generale divieto di utilizzazione delle dichiarazioni anonime, il codice prevede deroghe consentendo indue casi l’utilizzabilità dei documenti contenenti dichiarazioni anonime: quando la dichiarazione anonima costituisce corpo del reato, cioè quando mediante la stessa o sulla stessa èstato commesso il reato, in quanto il codice impone che il corpo del reato sia sempre acquisito alprocedimento; quando la dichiarazione provenga “comunque” dall’imputato, non bisogna intendere il termine “provenire”come “essere l’autore”, altrimenti non si avrebbe un documento anonimo e non ci sarebbe bisogno di unanorma espressa per garantirne l’utilizzabilità. Quindi bisogna intendere il termine “provenire” come “essere presentate” dall’imputato, cioè sonoutilizzabili le dichiarazioni anonime che l’imputato, e soltanto lui tra le parti, ha presentato e delle quali siavenuto “comunque” in possesso. Ovviamente il valore probatorio sarà molto limitato poiché sarà difficile dimostrare l’attendibilità delladichiarazione medesime, tuttavia resta utilizzabile.

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153. I mezzi di ricerca della prova nel processo penale Il codice denomina “mezzi di ricerca della prova” le ispezioni, le perquisizioni, i sequestri e leintercettazioni di comunicazioni. Tali atti si distinguono dai “mezzi di prova” sotto numerosi profili: - l’elemento probatorio si forma in seguito all’esperimento del mezzo di prova, viceversa attraverso il mezzodi ricerca della prova entra nel procedimento un elemento probatorio che preesiste allo svolgersi del mezzostesso; - i mezzi di prova possono essere assunti soltanto davanti al giudice, mentre i mezzi di ricerca della provapossono essere disposti dal giudice, dal Pubblico Ministero e, in alcune ipotesi, possono essere compiutidalla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari; - i mezzi di ricerca della prova si basano, di regola, sul fattore sorpresa e, perciò, non consentono ilpreventivo avviso al difensore dell’indagato quando sono compiuti durante le indagini preliminari, viceversai mezzi di prova possono essere assunti, in via eccezionale, durante le indagini preliminari soltanto con lapiena garanzia del contraddittorio mediante l’istituto dell’incidente probatorio.

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154. Le ispezioni nell'ambito del processo penale Consistono nell’osservare e descrivere persone, luoghi e cose allo scopo di accertare le tracce e gli altrieffetti materiali del reato. Hanno prevalentemente una finalità descrittiva. Sono disposte, di regola, dall’autorità giudiziaria con decreto motivato, quando occorre accertare le tracce egli altri effetti materiali del reato. Se necessario l’ispezione si svolge con l’impiego di poteri coercitivi: sia il giudice che il Pubblico Ministeropossono chiedere l’intervento della polizia giudiziaria. L’ispezione personale ha una normativa particolare, innanzi tutto l’interessato è avvertito della facoltà difarsi assistere da persona di fiducia. L’ispezione personale deve essere eseguita nel rispetto del pudore e della dignità della persona umana, e inalcuni casi può essere compiuta anche per mezzo di un medico. L’ispezione di luoghi o cose hanno diversa disciplina. La persona che ha la disponibilità del luogo in cui è eseguita l’ispezione, ed anche l’imputato, hanno diritto,se presenti, ad avere copia del decreto che autorizza l’ispezione. L’autorità giudiziaria ha il potere di ottenere che taluno non si allontani prima che le operazioni sianoconcluse. Nel corso dell’udienza preliminare o dibattimentale l’ispezione di persone, luoghi o cose è disposta dalgiudice. Nel corso delle indagini preliminari l’ispezione è disposta, di regola, dal Pubblico Ministero che puòdelegare la polizia giudiziaria. L’ispezione è compiuta dalla polizia di propria iniziativa solo in situazioni di urgenza sotto la forma di“accertamenti e rilievi”, che possono riguardare solo le persone e in ogni caso si tratta di un istituto diversoda quelle dell’ispezione personale. Quando il Pubblico Ministero procede all’ispezione personale, il difensore dell’indagato deve esserepreavvisato almeno 24 ore prima. Nei casi di assoluta urgenza, il Pubblico Ministero può procedere anche prima del termine fissato, dandoneavviso al difensore senza ritardo, o anche senza darne avviso se vi è fondato motivo di ritenere che le traccepossano essere alterate.

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155. Le perquisizioni nell'ambito del processo penale Consistono nel ricercare una cosa da assicurare al procedimento o una persona da arrestare. La perquisizione personale è disposta quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla personail corpo del reato o le “cose pertinenti al reato”. La perquisizione locale è disposta quando vi è fondato motivo di ritenere che tali cose si trovino in undeterminato luogo, oppure che in esso possa eseguirsi l’arresto dell’imputato o dell’evaso. La perquisizione è disposta dall’autorità giudiziaria con decreto motivato; la motivazione dovrà attestare lapresenza di sufficienti indizi. L’autorità giudiziaria può procedere direttamente o può delegarne l’esecuzione ad un ufficiale di poliziagiudiziaria. La ricerca di cosa determinata è una modalità meno invasiva della perquisizione, quando si ricerca una cosa. L’autorità giudiziaria può limitarsi a invitare taluno a consegnare la cosa; se l’invito è accolto e la cosa èpresentata non si fa luogo a perquisizione. Se deve essere eseguita la perquisizione di una persona, occorre consegnare a questa una copia del decretocon l’avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia. Se deve essere eseguita la perquisizione di un luogo, va consegnata copia del decreto all’interessato e a coluiche abbia la disponibilità del luogo, se costoro sono presenti. Ad essi deve essere dato avviso della facoltà di farsi assistere o rappresentare da una persona di fiducia. Le cose rinvenute nel corso della perquisizione, se costituiscono corpo del reato o sono pertinenti ad esso,sono sottoposte a sequestro. Se si trova la persona ricercata, si da esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare o ai provvedimenti diarresto o di fermo. Nel corso delle indagini preliminari la perquisizione è ordinata dal PM. La perquisizione su iniziativa della polizia giudiziaria può avvenire sempre nel corso delle indaginipreliminari, ma soltanto il flagranza di reato o nel caso di evasione. La polizia giudiziaria deve trasmettere il verbale delle operazioni senza ritardo al PM. La pubblica accusa convalida la perquisizione nelle 48 ore successive, se ne ricorrono i presupposti.

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156. Il sequestro probatorio nell'ambito del processo penale Il codice prevede tre distinti tipi di sequestro: il sequestro probatorio, il sequestro preventivo e il sequestroconservativo. Il primo è collocato tra i mezzi di ricerca della prova, gli altri due tra le misure cautelari. Comune ai tre tipi di sequestro è la caratteristica di creare un vincolo di indisponibilità di una cosa mobile oimmobile, attraverso uno spossessamento coattivo; ma differenti sono le finalità. Il sequestro probatorio consiste nell’assicurare una cosa mobile o immobile al procedimento per finalitàprobatorie, mediante lo spossessamento coattivo della cosa e la creazione di un vincolo di indisponibilitàsulla medesima. Tale vincolo di indisponibilità serve per conservare immutate le caratteristiche della cosa, al finedell’accertamento dei fatti. E’ necessario un requisito naturalistico: deve esserci un bene materiale; e un requisito giuridico: devetrattarsi del corpo del reato o di una cosa pertinente al reato e, soprattutto, che la cosa sia necessaria perl’accertamento dei fatti. Il sequestro è mantenuto fino a quando sussistono le esigenze probatorie, ma il limite massimo è la sentenzairrevocabile. Nel corso dell’udienza preliminare o dibattimentale il sequestro probatorio è disposto con decreto dalgiudice. Nel corso delle indagini preliminari il decreto di sequestro è emanato, di regola, dal PM. Contro il decreto si può proporre richiesta di riesame, sulla quale decide in composizione collegiale ilTribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento. Il sequestro probatorio disposto dalla polizia giudiziaria può avvenire sempre durante le indaginipreliminari, ma soltanto in situazioni di urgenza. Il verbale deve essere trasmesso entro 48 ore al Pubblico Ministero che nelle 48 ore successive puòconvalidare il sequestro con decreto motivato, se ne ricorrono i presupposti. La questione della necessità di mantenere il sequestro si pone quando non è chiaro se persiste la sua utilità aifini probatori. Nel corso delle indagini preliminari è previsto un ulteriore procedimento incidentale: la persona interessatapuò presentare al Pubblico Ministero richiesta motivata di restituzione della cosa sequestrata. Questi decide con decreto motivato: se valuta che non sussistano più esigenze probatorio, dispone la restituzione all’avente diritto; se ritiene che le esigenze probatorie siano ancora presenti, respinge la richiesta di restituzione. Contro il decreto del PM, che accoglie o respinge la richiesta di restituzione, l’interessato può presentareopposizione al GIP, che provvede in camera di consiglio; egli può disporre la restituzione, mantenere ilsequestro o anche, quando vi è contestazione sull’appartenenza della cosa sequestrata, rimettere la questioneal giudice civile competente. E’ possibile impugnare il provvedimento del GIP con ricorso per Cassazione.

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157. La nozione di intercettazione nell'ambito del processo penale Per intercettazione si intende quella attività che si effettua mediante strumenti tecnici di percezione e chetende a captare il contenuto di una conversazione o di una comunicazione segreta in corso tra due o persone,quando l’apprensione medesima è operata da parte di un soggetto che nasconde la sua presenza. I requisiti sono: Segretezza, i soggetti devono comunicare tra loro col preciso intento di escludere estranei dal contenutodella comunicazione. Strumenti di percezione, il soggetto che capta deve usare strumenti tecnici di percezione particolarmenteinvasivi e insidiosi, idonei a superare le cautele elementari, che dovrebbero garantire la libertà e segretezzadel colloquio, e a captarne i contenuti. Clandestinità, il soggetto captante deve essere assolutamente estraneo al colloquio e deve operare in modoclandestino. L’intercettazione così definita, è un’attività che può essere compiuta soltanto per iniziativa del PubblicoMinistero e su autorizzazione del GIP nei casi e modi previsti dalla legge. L’intercettazione di comunicazioni tra presenti è ammessa, di regola, fuori dal domicilio privato. In via eccezionale l’intercettazione di comunicazioni tra presenti è consentita anche nel domicilio privato sevi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa. Differente dalla intercettazione, perché non ha per oggetto una comunicazione, è il pedinamento medianteapparecchiatura satellitare GPS. Parimenti è estranea all’intercettazione la acquisizione dei tabulati del traffico telefonico. Rientra tra le intercettazioni ambientali, la ripresa audiovisiva di comportamenti comunicativi che sisvolgono in luoghi di privata dimora.

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158. Requisiti per disporre le intercettazioni nell'ambito del

processo penale Le intercettazioni di comunicazioni e conversazioni sono ammesse con molti limiti imposti dalla necessità dirispettare la garanzia prevista dall’art. 15 cost. La compressione della libertà individuale è ammessa soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria econ le garanzie stabilite dalla legge: vige anche in questa materia la duplice riserva di legge e giurisdizione. Tali requisiti sono: - possono essere disposte relativamente ai soli reati previsti dall’art. 266 c.p.p. - delitti non colposi con pena da 5 anni a ergastolo; - delitti contro pubblica amministrazione con pena superiore a 5 anni; - delitti concernenti sostanze stupefacenti; - delitti concernenti armi; - delitti di contrabbando; - reati di ingiuria, usura o molestia. - devono essere autorizzate dal giudice su richiesta del PM; - possono essere ammesse soltanto quando vi sono gravi indizi di reato e l’intercettazione è assolutamenteindispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. Infine sono previsti divieti di utilizzazione e garanzie in favore di difensori, consulenti tecnici e loroausiliari. Le intercettazioni per gravi delitti, quali criminalità organizzata, minaccia per mezzo del telefono o contro lapersonalità individuale, i requisiti sono attenuati: basta la sussistenza di “sufficienti indizi”; l’intercettazionedelle comunicazioni tra presenti è ammessa anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi di privatadimora si stia svolgendo l’attività criminosa. Le intercettazioni preventive sono quelle intercettazioni telefoniche effettuate allo scopo di prevenire ilcompimento di determinati delitti particolarmente gravi in tema di criminalità mafiosa o terroristica. Queste intercettazioni sono disposte dal Pubblico Ministero con decreto motivato quando “vi siano elementiinvestigativi che giustifichino l’attività di prevenzione”.

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159. Il procedimento nell'ambito del processo penale Il Pubblico Ministero chiede al GIP l’autorizzazione a disporre le intercettazioni; l’autorizzazione è data dalgiudice con decreto motivato. Una volta ottenuto il provvedimento, il Pubblico Ministero emana un decreto con cui regola le modalità e ladurata delle operazioni. Nei casi di urgenza l’intercettazione è disposta dal PM, che deve comunicare il relativo decreto motivato algiudice non oltre 24 ore decorrenti dal proprio provvedimento. Il giudice entro le 48 ore successive decide sulla convalida con decreto motivato. In caso di mancata convalida, l’intercettazione non può essere proseguita e i risultati non possono essereutilizzati. Le utenze intercettabili sono sia le utenze riferibili agli indagati , sia quelle riferibili ai testimoni, sia, infine,le utenze riferibili a persone estranee ai fatti, quando queste ultime possono essere destinatarie dicomunicazioni provenienti da indagato o da testimoni. Le comunicazioni intercettate sono registrate; delle operazioni è redatto verbale. La polizia giudiziaria provvede a trascrivere il contenuto delle registrazioni, anche sommariamente: c.d.brogliacci d’ascolto, utilizzabili già durante le indagini preliminari. La registrazione delle intercettazioni ed i verbali sono trasmessi immediatamente al Pubblico Ministero edevono essere depositati in segreteria. Una volta effettuato il deposito, deve essere dato avviso ai difensori che possono ascoltare le registrazioneed esaminare gli atti. Il giudice ha un limitato potere di filtro: deve stralciare le registrazioni di cui è vietata l’utilizzazione e devedisporre l’acquisizione delle registrazioni che non appaiano manifestamente irrilevanti. Lo stralcio può essere richiesto dalle parti o operato d’ufficio dal giudice. Successivamente il giudice dispone la trascrizione delle registrazioni. Soltanto a questo punto la persona interessata può chiedere al giudice, a tutela della propria riservatezza, ladistruzione della registrazione che la riguarda; il giudice accoglie la richiesta se la documentazione non ènecessaria per il procedimento. Si hanno divieti di utilizzazione per le intercettazioni eseguite fuori dei casi consentiti o con modalitàdiverse da quelle previste dalla legge. Le registrazioni di cui è vietata l’utilizzazione sono distrutte su ordine del giudice, salvo che costituiscanocorpo del reato. Di regola i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli neiquali sono stati disposti. Restano comunque utilizzabili come “notizia di reato” per altri procedimenti.�

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160. Disposizioni generali sulle indagini preliminari Le indagini preliminari costituiscono la prima fase del procedimento penale, la quale inizia nel momento incui una notizia di reato perviene alla polizia giudiziaria o al Pubblico Ministero e termina quandoquest’ultimo esercita l’azione penale o ottiene dal giudice l’archiviazione richiesta. Esse consistono in investigazioni svolte dal Pubblico Ministero e dalla polizia giudiziaria, ma la direzionespetta unicamente al PM. Tra gli atti delle indagini preliminari occorre fare una distinzione: vi sono atti compiuti ad iniziativa dellapolizia giudiziaria e atti che sono compiuti ad iniziativa del PM. Tale distinzione comporta una regolamentazione parzialmente diversa anche sotto il profilodell’utilizzabilità degli atti in dibattimento, ma soprattutto implica una differente ampiezza di potericoercitivi.

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161. Le finalità delle indagini preliminari Il Pubblico Ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, le indagininecessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. Gli elementi acquisiti servono al Pubblico Ministero per ottenere dal GIP i vari provvedimenti che soltantoquest’ultimo può disporre: misure cautelari, autorizzazione alle intercettazioni, ecc… Pertanto i risultati delle indagini possono essere utilizzati tanto dal parte del PM, quanto da parte del giudiceper emettere i provvedimenti che limitano in vario modo le libertà garantite dalla Costituzione. Gli elementi acquisiti nelle indagini sono utilizzati nelle prime due fasi procedimento (indagini preliminari eudienza preliminare). La formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per non ripetibilitàoggettiva o per effetto di condotta illecita sul dichiarante, e in tali casi il giudice può utilizzare indibattimento gli elementi raccolti durante le indagini preliminari. In conclusione, gli elementi di prova acquisiti sono valutati, in primo luogo, dal Pubblico Ministero perdecidere se esercitare l’azione penale; in secondo luogo sono utilizzati come prove dal GIP nel momento incui questo pronuncia i provvedimenti di sua competenza; infine sono utilizzati, sia pure in via eccezionale econ determinate cautele, dal giudice del dibattimento per emettere la decisione finale. E’ a causa, appunto, di questo allargamento delle finalità delle indagini preliminari che oggi si ritiene didover tutelare anche in questa fase, il diritto alla difesa e il diritto alla prova.

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162. Il giudice per le indagini preliminari Egli svolge una funzione di controllo imparziale sui provvedimenti più importanti, senza esercitare poterid’iniziativa. Si dice che il GIP ha una “giurisdizione semipiena” perché incontra due limiti fondamentali: la sua funzioneè esercitata solo nei casi previsti dalla legge e solo sui iniziativa di parte. Si dice giudice “per”, e non “delle”, indagini preliminari per sottolineare come il soggetto che ha l’iniziativain tale fase non è il giudice ma il PM. Il GIP deroga al principio secondo cui non ci deve essere giurisdizione prima dell’esercizio dell’azionepenale, la ragione della deroga sta nell’esigenza di assicurare un organo imparziale in una fase in cuipossono essere, di fatto, toccati diritti costituzionali dell’indagato e di altre persone.

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163. La notizia di reato nell'ambito del processo penale La notizia di reato è un’informazione che permette alla polizia giudiziaria e al Pubblico Ministero di venire aconoscenza di un illecito penale. Essa produce tre effetti: - segna il passaggio dalla funzione di polizia di sicurezza alla funzione di polizia giudiziaria; - impone alla polizia giudiziaria, che abbia appreso la notizia di un reato, l’obbligo di informarne il PubblicoMinistero; - impone al Pubblico Ministero l’obbligo di provvedere alla immediata iscrizione della notizia nel “registrodelle notizie di reato”. Il codice regola espressamente due notizie di reato: la denuncia e il referto. Inoltre prevede le condizioni di procedibilità per alcuni tipi di reato: la querela, l’istanza, la richiesta diprocedimento e l’autorizzazione a procedere; questi atti contengono sia l’informativa su di un illecito penale,sia la manifestazione della volontà che si proceda contro il responsabile dello stesso, e la loro mancanzaimpedisce al Pubblico Ministero di esercitare l’azione penale.

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164. La denuncia nel processo penale Può essere presentata da qualunque persona che abbia avuto notizia di un reato. Può essere scritta o orale e può essere presentata sia a un ufficiale di polizia giudiziaria, sia direttamente alPM. La denuncia contiene l’esposizione degli elementi essenziali del fatto, indica il giorno dell’acquisizionedella notizia di reato e le fonti di prova già note. Inoltre, quando è possibile, contiene le generalità della persona alla quale il fatto è attribuito dalla personaoffesa, e di coloro che sono in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione del fatto. Di regola la denuncia è facoltativa: è rimessa al senso civico della singola persona. Enunciata la regola, vediamo le eccezioni: 1. privati, hanno l’obbligo di denuncia: - quando abbia avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato per il quale la legge stabiliscel’ergastolo e il privato sia cittadino italiano; - quando abbia ricevuto cose provenienti da delitto; - quando abbia notizia di materie esplodenti situate nel luogo da lui abitato; - quando abbia subito un furto di armi o esplosivi; - quando abbia avuto conoscenza di un delitto di sequestro di persona a fini di estorsione. 2. pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, hanno l’obbligo di presentare denuncia quando vi èuna determinata relazione tra la funzione o il servizio da loro svolto e la conoscenza del reato, sia“nell’esercizio” delle funzioni sia “a causa” delle funzioni. Tale obbligo scatta quando la notizia riguarda un reato procedibile non a querela. La funzione e il servizio devono essere “pubblici” in entrambe le figure, cioè devono essere disciplinati danorme di diritto pubblico e da atti autoritativi: ciò consente di distinguere queste due categorie di soggettidai soggetti privati. Occorre che un soggetto eserciti in concreto una funzione o un servizio pubblico, anche in assenza di unrapporto di pubblico impiego. Vediamo, ora, la distinzione interna tra le due categorie: a. Pubblico ufficiale, integrano questa qualifica coloro che svolgono le funzioni pubbliche legislative,giudiziarie e amministrative. Con particolare riferimento alla funzione amministrativa, questa deve consistere nella formazione omanifestazione della volontà della pubblica amministrazione o deve svolgersi per mezzo di poteriautoritativi o certificativi. b. Incaricato di pubblico servizio, devono sussistere tre requisiti, uno positivo e due negativi: - il servizio deve essere disciplinato, come la funzione pubblica, da norme di diritto pubblico e da attiautoritativi; - devono mancare le caratteristiche proprie della funzione pubblica, cioè lo svolgimento di potericertificativi o autoritativi o la manifestazione della volontà della pubblica amministrazione; - il servizio non deve comportare l’esercizio di semplici mansioni d’ordine (dattilografo) né la prestazione diun opera meramente materiale (manovale).

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3. ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, data la particolare qualifica sono tenuti ad informare il PubblicoMinistero di tutti i reati procedibili d’ufficio dei quali sono venuti comunque a conoscenza, quindi anche aldi fuori del servizio svolto. Inoltre hanno una esenzione dall’obbligo di denuncia il difensore e i suoi ausiliari, in relazione ai reati deiquali abbiano avuto notizia nel corso delle attività investigative da essi svolte. In pratica tali soggetti sono trattati da privati anche quando svolgono investigazioni difensive.

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165. Il referto nel processo penale Particolare forma di denuncia alla quale è tenuto colui che, nell’esercizio di una professione sanitaria, haprestato la propria assistenza o opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto procedibiled’ufficio. Il soggetto obbligato deve far pervenire il referto entro 48 ore al Pubblico Ministero o alla poliziagiudiziaria. L’obbligo viene meno quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale. Occorre mettere in evidenza che se il medico è dipendente pubblico, in tal caso egli ha sempre l’obbligo didenuncia-referto in quanto è incaricato di pubblico servizio. L’obbligo di informare il pubblico ministero Una volta che la polizia giudiziaria abbia ricevuto la notizia di reato, scatta l’obbligo per la polizia stessa diinformare il PM. L’informativa deve precisare gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi di prova e le attivitàcompiute. Per quel che riguarda i termini per la trasmissione dell’informativa, come regola il codice pone l’obbligo diriferire la notizia di reato “senza ritardo” e “per iscritto” al PM. Sono tuttavia previste delle eccezioni: l’informativa deve essere data “immediatamente” anche in forma orale quando “sussistono ragioni diurgenza” o quando si tratta di determinati delitti gravi o di criminalità organizzata; l’informativa deve essere trasmessa entro 48 ore nel caso in cui la polizia giudiziaria abbia compiuto atti peri quali è prevista l’assistenza del difensore dell’indagato. La differenza tra la notizia di reato e l’informativa della polizia sta nell’impersonalità di quest’ultima. Infatti, mentre le notizie di reato obbligatorie sono il frutto di obblighi imposti ad una specifica persona,l’obbligo di informativa investe l’organo di polizia giudiziaria inteso come unità operativa.

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166. La nozione di azione penale E’ la richiesta diretta al giudice di decidere sull’imputazione. Il codice precisa quali sono gli atti con i quali è esercitata l’azione penale: il Pubblico Ministero la esercitaformulando l’imputazione che nel procedimento ordinario è ricompresa nella richiesta di rinvio a giudizio,mentre nei riti speciali è ricompresa nell’atto che instaura il singolo procedimento. L’imputazione consiste nell’addebitare ad una determinata persona un fatto di reato. Gli elementi sono: - l’enunciazione del fatto storico in forma chiara e precisa; - l’indicazione degli articoli di legge violati, c.d. titolo del reato; - le generalità della persona alla quale il reato è addebitato. Gli effetti che produce l’esercizio dell’azione penale sono: pone al giudice l’obbligo di decidere su di un determinato fatto storico; fissa in modo tendenzialmente immutabile l’oggetto del processo, e cioè impone al giudice il divieto didecidere su di un fatto storico differente da quello precisato nell’imputazione. Il codice non indica espressamente quale è la misura degli elementi probatori che sono necessari performulare l’imputazione. Tuttavia, tale criterio può essere ricavato a contrario dall’espressa indicazione del requisito che deve esserepresente nell’opposta ipotesi: la richiesta di archiviazione. Il Pubblico Ministero presenta richiesta di archiviazione allorché ‹‹ gli elementi acquisiti nelle indaginipreliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio ››. Da ciò si ricava che l’imputazione è formulata quando il Pubblico Ministero ha raccolto elementi idonei asostenere l’accusa in giudizio, cioè quando i risultati delle indagini sono in grado di permettere al PubblicoMinistero di dimostrare la fondatezza dell’accusa, ossia devono rendere altamente probabile una sentenza dicondanna. Non è sufficiente che il Pubblico Ministero ritenga “possibile” la reità di una persona, occorre che egliritenga probabile ottenere in giudizio una sentenza di condanna. Poiché a lui spetta di sostenere l’accusa in giudizio, su di lui ricade per intero la responsabilità nell’averformulato l’imputazione in caso di insuccesso.

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167. L’obbligatorietà dell’azione penale Il principio dell’obbligatorietà impone che il Pubblico Ministero valuti la fondatezza di ciascuna notizia direato e che compia le indagini necessarie per decidere se occorre formulare l’imputazione o chiederel’archiviazione. Tale principio non impone assolutamente che il Pubblico Ministero debba necessariamente “accusare”, ilsuo obbligo istituzionale è quello di controllare che la legge sia rispettata. Pertanto il Pubblico Ministero chiede l’archiviazione se gli elementi raccolti non sono idonei a sostenerel’accusa in giudizio, ma se successivamente ritiene che possano essere svolte nuove investigazioni, chiederàal giudice la riapertura delle indagini. Parimenti, nel corso del dibattimento il Pubblico Ministero può chiedere il proscioglimento se tale è laconclusione da trarre dagli elementi di prova acquisiti. L’obbligatorietà dell’azione penale deve assicurare due principi fondamentali: principio di eguaglianza, se la persona offesa non ha possibilità economiche, ciò non deve impedire che ilreato venga comunque perseguito; principio di legalità, può essere soltanto la legge a determinare chi debba essere punito e chi debba andareesente da pena, non deve dipendere da una scelta di opportunità politica. Se l’azione penale è obbligatoria, è necessario che sia previsto uno strumento tecnico che renda effettivol’adempimento di tale dovere: il controllo sul mancato esercizio dell’azione penale effettuato dal giudice. La richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero è sottoposta al controllo del GIP. Si tratta di un controllo molto penetrante, in quanto il giudice può indicare al Pubblico Ministero le indaginiche egli reputi necessarie, può altresì ordinargli di formulare l’imputazione, ma non può, tuttavia, sostituirsial Pubblico Ministero nel precisarne il contenuto perché lo vieta il principio di separazione tra le funzioniprocessuali.

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168. Il monopolio dell’azione penale Il monopolio dell’azione penale in capo al Pubblico Ministero non è imposto dalla Costituzione, in quantodurante i lavori della costituente è stato respinto un emendamento che tendeva a qualificare come “pubblica”l’azione penale. La Corte Costituzionale ha affermato che la titolarità dell’azione penale può essere conferita anche asoggetti diversi dal PM, è sufficiente che ciò non vanifichi il dovere di quest’ultimo di esercitarla. Il codice di procedura penale ha attribuito unicamente al Pubblico Ministero il potere di esercitare l’azionepenale, si tratta quindi di una scelta compiuta dal legislatore ordinario. Si ha una deroga al monopolio grazie ad una riforma del 1999 che ha attribuito competenze penali allagiurisdizione del giudice di pace e ha concesso alla persona offesa la facoltà di chiedere con ricorso direttoal giudice di pace la citazione a giudizio del responsabile del reato.

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169. La nozione di procedibilità d’ufficio Quando non è necessaria la querela, la richiesta, l’istanza o l’autorizzazione a procedere, l’azione penale èesercitata d’ufficio. Da ciò si ricava che di regola il Pubblico Ministero non è vincolato, nella sua azione, all’iniziativa di altrisoggetti; è sufficiente che egli rilevi l’esistenza di un fatto storico che è previsto dalla legge come reato. Non occorre neanche che gli pervenga una denuncia: il Pubblico Ministero può direttamente prendere“notizia dei reati di propria iniziativa”. A questa regola si pongono alcune eccezioni: si tratta delle ipotesi nelle quali è necessario che sia presenteuna condizione di procedibilità, e cioè la querela, l’istanza, la richiesta o, infine, l’autorizzazione aprocedere. Poiché si tratta di eccezioni, è necessario che vi sia una norma di legge che, in relazione ad un determinatoreato, preveda la singola condizione di procedibilità.

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170. L’irretrattabilità dell’azione penale L’esercizio dell’azione penale può essere sospeso o interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dallalegge. A seguito dell’iniziale esercizio dell’azione penale, nessuno può, di regola, interrompere il processo. Il codice pone alla regola una eccezione: se risulta che lo stato mentale dell’imputato è tale da impedirne lacosciente partecipazione al procedimento, il giudice dispone, con ordinanza, che questo sia sospeso: c.d.incapacità dell’imputato ad affrontare il processo.

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171. Le scuole penalistiche e le teorie sulla testimonianza Due opposte concezioni sulla testimonianza si sono scontrate durante i lavori del codice di procedura penale,il quale risente dei risultati di tale scontro: Scuola Classica, ha ricostruito la teoria della testimonianza sulla base di tre postulati: - la completezza della testimonianza; - la volontarietà della narrazione del vero; - la neutralità psichica del testimone. Si deduce che il testimone vede e percepisce tutto quello che gli sta davanti e se egli vuole essere sincero èin grado di riferire tutto quello che è avvenuto in sua presenza. Ne consegue che il testimone dice il falso soltanto quando vi ha interesse, viceversa se non ha interesse amentire allora dirà il vero. E’, quindi, soltanto necessario che il magistrato indaghi sugli eventuali legami di interesse che il testimoneha con le parti del processo: ove non vi siano legami d’interesse il testimone deve presumersi veritiero. Scuola Positiva, ha applicato agli studi sull’uomo il metodo scientifico. Così facendo si è potuto dimostrare che non è vero che il testimone vede tutto quello che ha di fronte, perchéle sue capacità di percezione sono limitate. Successivamente si è accertato che la deposizione non è un atto completamente volontario, poichéinfluenzabile dall’inconscio. Per tali motivi gli studiosi sono arrivati alla conclusione che il testimone può dire il falso per motivicompletamente diversi dal suo interesse nel processo.

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172. La sensazione e la percezione durante la testimonianza nel

processo penaleSensazione E’ la risposta dei recettori sensoriali situati nei nostri organi di senso agli stimoli ambientali.

Affinché lo stimolo sia percepibile deve avere una sufficiente durata e intensità e inoltre la persona che lo

riceve deve essere fisiologicamente in grado di avere sensazioni.

Percezione E’ un processo che implica il riconoscimento e l’interpretazione degli stimoli che colpiscono i nostri sensi. Può essere definita come l’elaborazione cosciente dell’informazione sensoriale che perviene al cervello. A questo livello della testimonianza possiamo già incontrare i primi difetti della conoscenza, derivanti dallalimitatezza delle capacità umane: ciascuno di noi può raccogliere dall’ambiente esterno solo un numero determinato di stimolicontemporaneamente; abbiamo una percezione d’insieme e non di singoli particolari; abbiamo emozioni, pregiudizi o aspettative che derivano da precedenti esperienze e che influiscono sullanostra conoscenza. Quando giungono sensazioni incomplete, il cervello tende a colmare le lacune; oppure, quando arrivano unapluralità di sensazioni in contrasto tra loro, il cervello tende prevalentemente ad escludere quella che inmodo soggettivo ritiene contraddittoria. Tutto ciò dà luogo ai c.d. fenomeni di illusione. Il momento della percezione è interno alla psiche dell’uomo, perciò non è controllabile dal sistemagiudiziario. Il perito può fare soltanto una diagnosi sulle circostanze ambientali e le disposizioni psicologiche in cui sitrovava il testimone. Queste due fasi formano la c.d. fase precettiva.

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173. La rielaborazione durante la testimonianza nel processo penale Avviene tra il momento in cui immagazziniamo in memoria delle informazioni ed il momento in cui lerichiamiamo alla nostra consapevolezza. I ricordi vengono conservati in memoria non come un “peso morto”, bensì vengono rielaborati a livelloinconscio. In questa fase possiamo avere due meccanismi capaci di introdurre difetti e inquinare le originarierappresentazioni: processo di rimozione, si tendono a scordare i momenti dolorosi per un meccanismo automatico di difesadella salute psichica che può dar luogo alle amnesie. processo di integrazione, l’immagine non completa crea una situazione di conflittualità interna che ilcervello tende ad eliminare colmando poi la lacuna formatasi.

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174. Il ruolo della memoria durante la testimonianza nel processo

penale E’ la facoltà dell’uomo di conservare e riprodurre contenuti di coscienza provati in passato. I difetti principali riguardanti la memoria sono legati non solo a traumi e malattie, ma anche al passaggio deltempo. In sede sperimentale è stato dimostrato che si ricorda più a lungo una lista di vocaboli a cui possiamo dareun significato unitario che non una lista di vocaboli difficilmente associabili fra loro. Resta comunque valido il principio generale che il tempo erode inevitabilmente il ricordo degli eventi. Se consideriamo che il dibattimento si svolge molto tempo dopo il fatto, comprendiamo l’importanza e lacomplessità del problema. Esistono due tipi di memoria: - episodica, fa riferimento ad informazioni relative a fatti specifici collocabili in un preciso contesto spazio-temporale; - semantica, consente di interpretare un episodio alla luce di uno schema generale di comprensione,conservando solo il significato delle informazioni e delle conoscenze perdendo completamente il riferimentoalle coordinare spaziali e temporali.

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175. La rievocazione durante la testimonianza nel processo penale Consiste nell’attività di richiamo consapevole del materiale immagazzinato in memoria. In tale momento possono presentarsi vari fattori che influenzano il contenuto della futura deposizione. Un importante ruolo, in questa fase, è giocato dagli stessi meccanismi inconsci che interferiscono nellaconservazione, come ad esempio il processo di integrazione. Altra variabile che può contaminare il ricordo è l’eventuale interrogatorio a cui può essere sottoposto il testeprima del dibattimento. Infestanti sono, inoltre, le domande implicative per presupposizione con le quali, inserendo nella domandaalcuni dettagli, si contamina il ricordo del teste che tende a considerare questi ultimi come pacifici: “ha vistola valigia sul portapacchi?”. Nelle domande disgiuntive parziali si condiziona il teste a scegliere la risposta che più si avvicina al proprioricordo: “l’uomo che ha visto era vestito di bianco o di nero?”(quando era vestito di grigio). Anche l’uso di determinati termini può influenzare la testimonianza: “a che velocità viaggiavano le autoquando si sono urtate/schiantate?”. Un’altra categoria di domande dotate di notevole forza suggestiva è quella delle domande condizionali, chepossono essere positive: ”non era forse bianca l’auto che ha visto?”; o negative: “era forse bianca l’auto cheha visto?”. Da come sono formulate le domande il teste avverte implicitamente che nel primo caso ci si attende unarisposta positiva e nel secondo caso una risposta negativa. Nelle domande indirette di tipo dubitativo il suggerimento è mascherato dalla forma indiretta e condizionale:“mi domando se lei ricorda se l’auto posseduta dall’imputato fosse una Fiat o un’Alfa Romeo.”. Tali domande danno solo la sensazione di trovarsi in uno stato di libertà di scelta nel rispondere, che inveceè illusorio. Condizionano la testimonianza anche le affermazioni di dubbio spesso utilizzate per esercitare pressioni sulteste: “non si sta sbagliando?”. Tali affermazioni richiamano lo spauracchio della falsa testimonianza.

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176. L’espressione durante la testimonianza nel processo penale E’ il racconto orale in dibattimento. Le difficoltà in tale fase stanno nel fatto che non tutte le persone sanno tradurre correttamente in linguaggiociò che ricordano. Nel passaggio all’esposizione orale il linguaggio comporta una inevitabile semplificazione egeneralizzazione. La narrazione libera a seguito di domanda aperta, è più accurata ma anche meno completa. La narrazione guidata a seguito di domande puntuali, è più completa ma contiene più errori. Altro tema importante è quello delle domande suggerimento, vietate durante l’esame principale in quanto laparte che cita un testimone deve dimostrare che questi è attendibile, viceversa consentite in sede dicontroesame perché servono a valutare la credibilità del dichiarante. In sede di controesame si rivelano particolarmente efficaci le c.d. leading questions, ossia le domandeguidanti. Queste sono formulate in modo da indurre il teste a rispondere “sì” o “no”, a differenza delle domandesuggestive (traduzione letterale di leading questions) che incidono ugualmente sul contenuto della rispostama non chiudono il teste nella sola alternativa tra “sì” e “no”. Per esempio la domanda: “può riferire che manovra stava facendo con la sua vettura quando ha sentito glispari?” è suggestiva, infatti implica che il soggetto fosse all’interno della vettura al momento degli spari;mentre la domanda: “al momento degli spari lei era in macchina?” è una domanda guidante, in quantoinduce il teste a limitarsi a un “sì” o un “no”.

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177. La testimonianza dei minorenni nel processo penale Alcuni studiosi sono scettici riguardo alla capacità dei minori di testimoniare a causa dei seguenti fattori: Maggiore suggestionabilità rispetto agli adulti. Sicuramente incide pesantemente sulla testimonianza dei bambini, soprattutto in situazioni particolari in cuisi trovano in tribunale. E’ comprensibile che in questi casi il minore non collabori o, viceversa, tenda a deformare la realtà perrenderla meno dolorosa. Inoltre si è notato che davanti a domande che prevedono una risposta chiusa “sì/no”, il minore manifesta latendenza a rispondere “sì” anche quando avrebbe dovuto rispondere “no”. Infine la spiccata tendenza dei bambini a venire incontro alle aspettative degli altri li porta rispondere conpiù facilità anche quando non sono sicuri, aumentando così il rischio di falsi riconoscimenti. Maturità insufficiente per compiere operazioni cognitive complesse. Le competenze cognitive dei minori non sono considerabili né superiori né inferiori a quelle degli adulti:esse sono qualitativamente diverse. Infatti molti ricercatori hanno affermato che anche il bambino può avere un ricordo accurato, al pari di unadulto. Il problema attiene, casomai, alla difficoltà che i bambini hanno a ricordare dettagli non salienti. Tutto ciò appena detto vale solo nel caso che il bambino non abbia subito una precedente intervista, inquanto il resoconto successivo risentirà sicuramente dei colloqui precedentemente fatti. Tendenza a completare ricordi lacunosi con elementi fantastici. Questa eventualità è stata più volte smentita, in quanto gli eventuali elementi in più presenti nel racconto delminore sono dovuti più allo stress e a condizioni emotive che alla fantasia. Il fenomeno suddetto si verifica soltanto quando il minore vive l’esperienza di reato come se si trattasse diun gioco. La conoscenza di questi elementi può sicuramente condurci ad una migliore valutazione del ricordo fornitodal bambino, in quanto permette una più precisa ricerca della verità nella testimonianza da lui prodotta. Inoltre nel bambino si ritrovano delle altre potenzialità che più raramente si trovano negli adulti, ad esempiola scarsa propensione a lasciarsi influenzare dai pregiudizi. In sintesi possiamo affermare che l’aspetto più problematico della deposizione del minore sembra essere nontanto una questione cognitiva, quanto una questione emotiva. Il codice di procedura penale prevede misure tendenti ad evitare che si determinino situazioni ulteriormentetraumatiche ai danni del minore: può essere vitato l’esame incrociato, se il giudice lo ritiene opportuno puòessere presente uno psicologo in aula e l’eventuale incidente probatorio può avvenire in una stanza separatada uno specchio unidirezionale in modo che il minore si senta sicuro e possa parlare liberamente.

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Indice

1. Definizione di diritto processuale penale 1

2. La protezione della società e la difesa dell’imputato 2

3. Sistema inquisitorio e sistema accusatorio nel diritto penale 3

4. Sistema inquisitorio e principio di autorità 4

5. Caratteristiche principali del sistema inquisitorio 5

6. Definizione di sistema accusatorio 6

7. Le caratteristiche principali del sistema accusatorio 7

8. Rapporto tra sistema processuale e regime politico: processo penale o di tipo 9

9. Cenni sulla nascita del diritto romano 10

10. Cenni sul diritto nel periodo medioevale 11

11. Il processo penale nello Stato Assoluto 12

12. Il processo penale in Inghilterra 13

13. La rivoluzione francese e l’evoluzione del processo penale 14

14. Il sistema misto nel Code d’instruction criminelle 15

15. I codici italiani di procedura penale 16

16. I principi del processo penale nella costituzione del 1948 17

17. Le riforme parziali al codice penale del 1930 18

18. I lavori preparatori del nuovo codice di procedura penale in Italia 19

19. Le linee generali del nuovo processo penale 20

20. Le indagini preliminari nel processo penale 21

21. Il dibattimento nel processo penale 22

22. I procedimenti semplificati nel processo penale 23

23. Dopo il 1989: dal mito dell’oralità al recupero del diritto alla prova nel processo 24

24. La costituzionalizzazione dei principi del “giusto processo” 25

25. I principi attinenti ad ogni processo 26

26. I principi inerenti al processo penale 27

27. Definizione di processo penale 28

28. L’azione penale 29

29. I soggetti e le parti del procedimento penale 30

30. Giudici ordinari e speciali nel processo penale 31

31. Giurisdizione e “giusto processo” nel processo penale 32

32. La competenza per territorio nel processo penale 33

33. La competenza per connessione: riunione dei procedimenti 34

34. La competenza per connessione: separazione dei procedimenti 35

35. Il principio del giudice naturale 36

36. I conflitti di giurisdizione e di competenza 37

37. Le sezioni distaccate del tribunale 38

38. La capacità del giudice nel processo penale 39

39. Definizione di imparzialità del giudice 40

40. L’imparzialità del giudice: incompatibilità 41

41. L’imparzialità del giudice: astensione e ricusazione 42

42. La rimessione del processo penale 43

43. Le funzioni del Pubblico Ministero 44

44. I rapporti del Pubblico Ministero con il potere politico 45

45. I rapporti all’interno dell’ufficio dell'ufficio del Pubblico Ministero 46

46. I rapporti tra il Pubblico Ministero e gli altri uffici 47

47. L’astensione del giudice nel processo penale 48

48. Procure distrettuali e la procura nazionale antimafia 49

49. Polizia giudiziaria e di sicurezza 50

50. La dipendenza dall’autorità giudiziaria 51

51. Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria 52

52. La distinzione tra imputato e indagato 53

53. L’interrogatorio nel processo penale 54

54. La distinzione tra l’indagato e la persona informata (possibile testimone) 55

55. La verifica della identità fisica e anagrafica dell’imputato 56

56. La sospensione del procedimento per incapacità processuale dell’imputato 57

57. La rappresentanza tecnica del difensore nel processo penale 58

58. Rapporti tra difensore e imputato e tra difensore e cliente 59

59. Difensore di fiducia e difensore d’ufficio 60

60. Difensore della persona offesa 61

61. Il difensore delle parti private diverse dall’imputato 62

62. Il patrocinio per i non abbienti 63

63. L’incompatibilità del difensore 64

64. L’abbandono e il rifiuto della difesa 65

65. Le garanzie per il libero esercizio dell’attività difensiva 66

66. La persona offesa dal reato 67

67. I poteri di partecipazione al procedimento della persona offesa 68

68. La parte civile nel processo penale 69

69. L’esercizio dell’azione civile nel processo penale 70

70. Esclusione e revoca della parte civile nel processo penale 71

71. Gli atti del procedimento penale 72

72. Richiesta di copie di atti relativi a procedimenti penali 73

73. Gli atti del giudice 74

74. Gerarchia tra le formule di proscioglimento 75

75. I poteri coercitivi del giudice 76

76. Gli atti delle parti: richiesta e memoria 77

77. Procedimento in camera di consiglio 78

78. La documentazione degli atti del procedimento penale 79

79. La notificazione nel processo penale 80

80. Notificazioni: soggetti legittimati a disporre e soggetti destinatari 81

81. La notificazione all'imputato non detenuto 82

82. La traduzione degli atti del procedimento penale: l’interprete 84

83. Le cause di invalidità degli atti del procedimento penale 85

84. Principio di tassatività nel processo penale 86

85. L’inammissibilità nel processo penale 87

86. La decadenza nel processo penale 88

87. Definizione di restituzione nel termine nel processo penale 89

88. Restituzione nel termine nel processo penale: rimedio generico 90

89. Restituzione nel termine nel processo penale nei confronti della sentenza 91

90. Restituzione nel termine nel processo penale nei confronti del decreto penale di 92

91. La nullità nel processo penale 93

92. Nullità assolute nel processo penale 94

93. Nullità intermedie nel processo penale 95

94. Nullità relative nel processo penale 96

95. Distinzioni tra nullità intermedie e nullità relative nel processo penale 97

96. Dichiarazione ed estensione della nullità nel processo penale 98

97. L’inutilizzabilità nel processo penale 99

98. Inutilizzabilità patologica nel processo penale 100

99. Inutilizzabilità fisiologica nel processo penale 102

100. L’atto inesistente e l’atto abnorme nel processo penale 103

101. Sistema processuale e norme sulla prova 104

102. Il sillogismo giudiziario: la sentenza 105

103. Il contenuto logico dei tre momenti fondamentali della decisione del giudice 106

104. Ragionamento inferenziale: prova e indizio nel processo penale 107

105. La prova rappresentativa e la prova critica nel processo penale 108

106. La massima di esperienza nel processo penale 109

107. Le regole di valutazione degli indizi nel processo penale 110

108. Il procedimento logico seguito dal giudice 111

109. Procedimento probatorio: ricerca, ammissione, assunzione, valutazione 112

110. L’onere della prova nel processo penale 114

111. Il quantum della prova (c.d. standard probatorio) nel processo penale 115

112. Il diritto alla prova nel processo penale 116

113. Oralità, immediatezza e contraddittorio nel processo penale 117

114. Il giudice, lo storico e lo scienziato 118

115. La scienza e il diritto penale 119

116. Mezzi di prova tipici e atipici nel processo penale 120

117. La testimonianza nel processo penale 121

118. La deposizione nel processo penale: oggetto e forma 122

119. Testimonianza indiretta nel processo penale 123

120. Divieto di testimonianza indiretta nel processo penale 124

121. Definizione di incompatibilità a testimoniare 125

122. Ragioni di incompatibilità a testimoniare 126

123. Il privilegio contro l’autoincriminazione 127

124. Il testimone prossimo congiunto dell’imputato 128

125. La violazione degli obblighi del testimone 129

126. Il segreto professionale nel processo penale 130

127. Il segreto professionale: le categorie di professionisti qualificati 131

128. Il segreto professionale dei giornalisti 132

129. Il segreto d’ufficio e di Stato e gli informatori di polizia 133

130. L’esame delle parti nel processo penale 134

131. L’esame dell’imputato nel processo penale 135

132. L’esame delle parti private diverse dall’imputato 136

133. L’esame di persone imputate in procedimenti connessi 137

134. La testimonianza assistita dell’imputato “giudicato” 138

135. La testimonianza assistita dell’imputato prima della sentenza irrevocabile 139

136. Il riscontro nel processo penale 140

137. Il confronto nel processo penale 141

138. La ricognizione nel processo penale 142

139. L’esperimento giudiziale nel processo penale 143

140. Prova scientifica e contraddittorio nel processo penale 144

141. Il diritto alla prova scientifica nel processo penale 145

142. L'ammissione della prova scientifica nel processo penale 146

143. La perizia nel processo penale 148

144. La scelta del perito e la relazione peritale nel processo penale 149

145. Divieti di perizia nel processo penale 150

146. Il consulente tecnico di parte nel processo penale 151

147. Il consulente tecnico del pubblico ministero 152

148. Documento e “documentazione” nel processo penale 153

149. La definizione di documento nel processo penale 154

150. Il valore probatorio del documento contenente dichiarazioni 155

151. Il documento anonimo nel processo penale 156

152. Il valore probatorio dell’atto formalmente anonimo 157

153. I mezzi di ricerca della prova nel processo penale 158

154. Le ispezioni nell'ambito del processo penale 159

155. Le perquisizioni nell'ambito del processo penale 160

156. Il sequestro probatorio nell'ambito del processo penale 161

157. La nozione di intercettazione nell'ambito del processo penale 162

158. Requisiti per disporre le intercettazioni nell'ambito del processo penale 163

159. Il procedimento nell'ambito del processo penale 164

160. Disposizioni generali sulle indagini preliminari 165

161. Le finalità delle indagini preliminari 166

162. Il giudice per le indagini preliminari 167

163. La notizia di reato nell'ambito del processo penale 168

164. La denuncia nel processo penale 169

165. Il referto nel processo penale 171

166. La nozione di azione penale 172

167. L’obbligatorietà dell’azione penale 173

168. Il monopolio dell’azione penale 174

169. La nozione di procedibilità d’ufficio 175

170. L’irretrattabilità dell’azione penale 176

171. Le scuole penalistiche e le teorie sulla testimonianza 177

172. La sensazione e la percezione durante la testimonianza nel processo penale 178

173. La rielaborazione durante la testimonianza nel processo penale 179

174. Il ruolo della memoria durante la testimonianza nel processo penale 180

175. La rievocazione durante la testimonianza nel processo penale 181

176. L’espressione durante la testimonianza nel processo penale 182

177. La testimonianza dei minorenni nel processo penale 183