Diritto di famiglia e vicende transfrontaliere · 3-7 del Regolamento CE n. 2201/2003, in...

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LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE Umberto Giacomelli 1 Settimana di formazione civilistica per i magistrati ordinari in tirocinio nominati con D.M. 18 gennaio 2016 TIROCINIO MIRATO PRIMA SETTIMANA Giovedì 6 aprile 2017 Diritto di famiglia e vicende transfrontaliere Umberto GIACOMELLI tribunale di Belluno

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LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 1

Settimana di formazione civilistica per i magistrati ordinari in tirocinio

nominati con D.M. 18 gennaio 2016

TIROCINIO MIRATO PRIMA SETTIMANA

Giovedì 6 aprile 2017

Diritto di famiglia e vicende transfrontaliere

Umberto GIACOMELLI

tribunale di Belluno

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 2

La giurisdizione nelle controversie familiari transfrontaliere

I parte

La giurisdizione nelle controversie matrimoniali

SOMMARIO: 1. La giurisdizione in materia matrimoniale: disciplina comunitaria e disciplina interna. - 2.1.

Il Regolamento CE n. 2201/2003: ambito di applicazione. - 2.2. Segue: criteri di giurisdizione. - 2.3. Segue: carattere esclusivo dei criteri di giurisdizione. - 2.4. Segue: residenza abituale. - 2.5. Segue: litispendenza e connessione. - 3. L’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218.

II parte

La giurisdizione nelle controversie in materia di obbligazioni di mantenimento

SOMMARIO: 1. Il Regolamento (CE) n. 4/2009. - 2. I criteri generali di giurisdizione. - 3. La nozione di

residenza abituale. - 4. I criteri di competenza giurisdizionale esclusiva, sussidiaria e residuale. - 5. Litispendenza e connessione.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 3

La giurisdizione nelle controversie familiari transfrontaliere

I parte

La giurisdizione nelle controversie matrimoniali

UMBERTO GIACOMELLI

SOMMARIO: 1. La giurisdizione in materia matrimoniale: disciplina comunitaria e disciplina interna. - 2.1.

Il Regolamento CE n. 2201/2003: ambito di applicazione. - 2.2. Segue: criteri di giurisdizione. -

2.3. Segue: carattere esclusivo dei criteri di giurisdizione. - 2.4. Segue: residenza abituale. - 2.5.

Segue: litispendenza e connessione. - 3. L’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218.

1.- La presenza di un elemento di estraneità (quale la residenza all’estero o la

cittadinanza straniera di uno o di entrambi i coniugi) in una controversia matrimoniale

(separazione personale dei coniugi, divorzio o annullamento del matrimonio) (1)

costituisce il presupposto per l’applicazione delle norme sulla giurisdizione, le quali

attribuiscono ai giudici di un determinato Stato la competenza a pronunciare sulla

domanda (2).

Nella materia matrimoniale, alle norme sulla giurisdizione stabilite dal diritto

interno, dettate dalla legge 31 maggio 1995, n. 218, si è sovrapposta la disciplina

comunitaria, introdotta dapprima dal Regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del

29 maggio 2000 (c.d. Bruxelles II), (3) e successivamente dal Regolamento (CE) n.

1 Nella nozione di controversie matrimoniali rientrano i procedimenti di separazione personale (art. 150

c.c.), giudiziali (art. 151 c.c.) o consensuali (art. 158 c.c.), le cause di scioglimento e di cessazione degli

effetti civili del matrimonio (artt. 1 e 2 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, con successive modifiche ed

integrazioni) e le azioni di nullità ed annullamento del matrimonio di cui agli artt. 117 ss. c.c.. 2 Le controversie transfrontaliere in materia familiare sono caratterizzate dalla presenza di c.d. coppie

internazionali, che sono definite sinteticamente - nella “Proposta di Regolamento del Consiglio relativo

alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di

regimi patrimoniali tra coniugi”, COM (2011) 126 definitivo, del 16 marzo 2011 - come quei rapporti

matrimoniali in cui i coniugi sono cittadini di Stati membri diversi o vivono in Stati membri di cui non

sono cittadini (§ 1.2).

Nella Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e

Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Eliminare le incertezze legate ai diritti patrimoniali delle

coppie internazionali”, COM (2011) 125 definitivo, del 16 marzo 2011, si segnala che “su un totale

approssimativo di 122 milioni di matrimoni nell’Unione, 16 milioni circa (13%) hanno carattere

transnazionale. Nel 2007, circa 300.000 dei 2,4 milioni di matrimoni celebrati nell’Unione rientravano in

questa categoria; 140.000 dei 1.040.000 divorzi pronunciati nell’UE (13%) riguardavano coppie

internazionali” (§ 1). 3 La materia dello stato e capacità delle persone - esclusa dall’ambito di applicazione della Convenzione

di Bruxelles del 1968 sulla giurisdizione e la circolazione delle decisioni tra gli Stati membri in materia

civile e commerciale (poi trasformata nel Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, c.d.

Bruxelles I) - è stata disciplinata per la prima volta dalla Convenzione di Bruxelles del 20 maggio 1998

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2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003 (c.d. Bruxelles II bis), “relativo alla

competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale

e in materia di responsabilità genitoriale” (4), entrato in vigore il 1° agosto 2004 ed

(c.d. Convenzione di Bruxelles II, in G.U.C.E. 16 luglio 1998, n. C 221, 1/19) in materia di giurisdizione,

riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale (che non è mai entrata in vigore per

mancanza di ratifiche). Nella Relazione alla Convenzione di Bruxelles II della Prof. Alegrìa Borrás (in

G.U.C.E., 16 luglio 1998, n. C 221, 27 ss., e in Riv. dir. int. priv. proc., 1998, 940 ss.) - che può ancora

fungere da supporto interpretativo del Regolamento Bruxelles II bis, dal quale è espressamente richiamata

nella nota 5 al considerando n. 3 - si legge che la Convenzione si fondava su tre finalità principali: “a) la

volontà di introdurre norme uniformi sulla competenza nelle cause matrimoniali; b) la necessità di

introdurre norme moderne di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di annullamento,

divorzio e separazione per tutti gli Stati membri dell’Unione europea, stabilendo a tal fine un

procedimento uniforme; c) l’esigenza di evitare procedimenti paralleli in cause matrimoniali in vari Stati

membri, attraverso norme sulla litispendenza, il che costituisce un’importante novità idonea di per sé a

giustificare la Convenzione e destinata ad impedire decisioni contraddittorie”.

I principi della Convenzione di Bruxelles II sono stati trasfusi nel Regolamento CE n. 1347/2000 del 29

maggio 2000 (c.d. Bruxelles II), in vigore dal 1° marzo 2001, relativo alla competenza, al riconoscimento

e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di potestà dei genitori sui figli di

entrambi i coniugi, che tuttavia riguardava soltanto le controversie relative al vincolo coniugale e quelle

relative alla potestà genitoriale sui figli comuni, sorte in occasione delle prime, con un’ampia serie di

esclusioni.

Su impulso della Francia - che nel luglio 2000 aveva presentato un'iniziativa volta a garantire parità di

condizioni a tutti i figli minori - il 27 novembre 2003 è stato approvato il Regolamento CE n. 2201/2003

del Consiglio (c.d. Bruxelles Il bis), che ha abrogato il Regolamento n. 1347/2000, introducendo nuove

regole comuni in materia di competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia

matrimoniale e di responsabilità genitoriale. 4 Sull’argomento: M. A. LUPOI, in Manuale di diritto processuale europeo, a cura di Taruffo e Varano,

Torino, 2011, 107 ss.; M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201 del 2003 relativo alla competenza, al

riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale,

in Judicium.it. Cfr. inoltre: A.A.V.V., Diritto di famiglia e Unione europea, a cura di Carbone, S.M.

Queirolo, Torino, 2008; A.A.V.V., Persona e famiglia, a cura di De Cesari, in Trattato di diritto privato

dell’Unione europea, diretto da Ajani, Benacchio, Torino, 2008; R. BARATTA, Verso la

comunitarizzazione dei principi fondamentali del diritto di famiglia, in Riv. dir. internaz. priv. proc.,

2005, 573 ss.; B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, Milano, 2012,

153 ss.; M. C. BARUFFI, Osservazioni sul regolamento Bruxelles II-bis, in La famiglia nel diritto

internazionale privato comunitario, a cura di S. Bariatti, Milano, 2007, 175 ss.; M. C. BARUFFI,

Commento agli artt. 1-2 del Regolamento CE n. 2201/2003, in Commentario breve al diritto di famiglia,

a cura di A. Zaccaria, Padova, 2011, 2971 ss.; G. CAMPEIS – A. DE PAULI, Brevi riflessioni su talune

peculiarità processuali del nuovo Regolamento CE (2201/2003) relativo alla competenza, al

riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità

genitoriale, in Judicium.it; R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile nelle controversie matrimoniali

con cittadini extracomunitari, in Rivista A.I.A.F., 2009, n. 3, 5 ss.; R. CONTI, Il Regolamento CE

«Bruxelles II» in tema di cause matrimoniali, in Famiglia e diritto, 2002, 653 ss.; ID., Il nuovo

regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Famiglia e diritto, 2004, 291

ss.; P. DE CESARI, Diritto internazionale privato e processuale comunitario, Torino, 2011, 125 ss.; P.

FRANZINA, La crisi matrimoniale con elementi di estraneità: giurisdizione, legge applicabile ed efficacia

delle decisioni straniere in materia di separazione e divorzio, responsabilità genitoriale e alimenti, in I

processi di separazione di divorzio, a cura di Graziosi, Torino, 2011, p. 435 ss.; U. GIACOMELLI, La

giurisdizione in materia matrimoniale, in Trattato della separazione e divorzio, a cura di Lupoi, S.

Arcangelo, 2015, p. 21 ss.; M. MELLONE, La nozione di residenza abituale e la sua interpretazione nelle

norme di conflitto comunitarie, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2010, 684 ss.; B. NASCIMBENE, Divorzio,

diritto internazionale privato e dell’unione europea, Milano, 2011, 69 ss.; C. RICCI, Commento agli artt.

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applicabile dal 1° marzo 2005 (5), che ha abrogato il Regolamento (CE) n. 1347/2000 e

che sostituisce, nei rapporti tra gli Stati membri, le convenzioni vigenti alla data della

sua entrata in vigore (6), concluse tra due o più Stati membri sulle materie disciplinate

dal Regolamento (7).

Esso si caratterizza sia per il carattere c.d. doppio - riguardando, da un lato, la

disciplina della competenza giurisdizionale e, dall’altro, la circolazione (cioè il

riconoscimento e l’esecuzione) delle decisioni (8) - sia per l’estensione dell’ambito di

applicazione, che ricomprende non solo le controversie matrimoniali (artt. 3-7) ma

anche quelle relative alle responsabilità genitoriale (artt. 8-15).

Nella materia matrimoniale il Regolamento n. 2201/2003 ha introdotto norme

uniformi sulla giurisdizione, ispirate ai principi della certezza e della prevedibilità, che

trovano applicazione in tutti gli Stati membri (ad eccezione della Danimarca) (9) -

3-7 del Regolamento CE n. 2201/2003, in Commentario breve al diritto di famiglia, a cura di A. Zaccaria,

Padova, 2011, 2977 ss.; F. SALERNO, I criteri di giurisdizione comunitari in materia matrimoniale, in Riv.

dir. internaz. priv. proc., 2007, 63 ss. 5 Art. 72. Il Regolamento si applica solo alle azioni proposte, agli atti pubblici formati e agli accordi tra le

parti conclusi posteriormente alla data in cui è entrato in applicazione (art. 64, par. 1). 6 Tra queste (v. art. 60) la Convenzione del Lussemburgo dell’8 settembre 1967, sul riconoscimento delle

decisioni relative al vincolo matrimoniale, e la Convenzione dell’Aja dell’1 giugno 1970, sul

riconoscimento dei divorzi e delle separazioni personali, resa esecutiva con legge 10 giugno 1985 n. 301

ed in vigore dal 20 aprile 1986. 7 Art. 59. Per la prevalenza del Regolamento sulle Convenzioni multilaterali v. artt. 60-63.

8 Mentre le norme sulla giurisdizione dettate dal Regolamento n. 2201/2003 si applicano alle controversie

matrimoniali indipendentemente dal futuro esito del giudizio (accoglimento o rigetto della domanda),

restano invece escluse dall’ambito del riconoscimento le decisioni negative, essendo destinati a circolare

nello spazio europeo i soli provvedimenti favorevoli allo scioglimento o affievolimento del vincolo

coniugale; le statuizioni di rigetto sono perciò riconoscibili soltanto secondo le norme nazionali, e quindi,

in Italia, in forza della legge 31 maggio 1995, n. 218: v. A. BONOMI, Il Regolamento comunitario sulla

competenza e sul riconoscimento in materia matrimoniale e di potestà dei genitori, in Riv. dir. internaz.,

2001, 338; G. CAMPEIS – A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 1. 9 Il Regolamento n. 2201/2003 si applica in tutti gli Stati membri dell’Unione europea (compresi Regno

Unito ed Irlanda, che hanno esercitato il diritto di opting in), ad eccezione della Danimarca, che si è

invece avvalsa del diritto di opting out (art. 2, n. 3).

Diversamente dal Regolamento n. 44/2001 (sostituito, a decorrere dal 10 gennaio 2015, dal Regolamento

UE n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, c.d. Bruxelles I bis), le

cui norme sulla giurisdizione, in alcuni casi, operano anche sulla ripartizione interna della competenza

territoriale, individuando il singolo giudice competente a decidere sulla controversia - come, ad es., l’art.

5, par. 1, lett. b), che stabilisce la competenza del giudice del luogo, situato in uno Stato membro, dove i

beni sono stati consegnati (o i servizi prestati), escludendo la competenza di qualsiasi altro giudice

diverso da quello del luogo indicato dalla norma, o l’art. 22, n. 1, che prevede il foro esclusivo per le

cause immobiliari - si ritiene invece che i criteri di giurisdizione stabiliti dal Regolamento n. 2201/2003

facciano riferimento ad un legame oggettivo con uno Stato membro considerato nel suo complesso, e

quindi non possano essere utilizzati, oltre che per individuare lo Stato cui è attribuita la competenza

giurisdizionale, anche per l’individuazione in via diretta della competenza territoriale all’interno di quel

medesimo Stato: v. M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 4; cfr. P. DE CESARI, Diritto

internazionale privato e processuale comunitario, cit., 145; R. CONTI, Il Regolamento CE «Bruxelles II»,

cit., 658; FRANZINA, La crisi matrimoniale con elementi di estraneità, cit., p. 446.

Per l’unica eccezione, costituita dall’art. 4 in tema di domanda riconvenzionale, v. B. BAREL - S.

ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, cit., 157.

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operando la ripartizione della giurisdizione nei rispettivi ambiti territoriali e la

conseguente predeterminazione del giudice naturale tra i Paesi membri (10

) - con

l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia

in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone, nella misura necessaria al

corretto funzionamento del mercato interno (11

), garantendo la possibilità di ottenere con

maggiore facilità lo scioglimento del vincolo matrimoniale.

Il presupposto implicito dell’operatività del Regolamento è costituito dalla c.d.

europeità (o internazionalità) della fattispecie, che sussiste quando gli elementi

significativi (cittadinanza e residenza dei coniugi) non sono tutti riconducibili

all’ordinamento di un medesimo Stato membro dell’Unione (12

); peraltro, l’elemento di

estraneità può riguardare indifferentemente un altro Paese membro oppure uno Stato

terzo (ad es. cittadinanza non comunitaria o residenza di uno dei coniugi in un Paese

extraeuropeo).

All’interno dell’Europa i conflitti di giurisdizione trovano dunque una soluzione

condivisa, mentre è diversa la situazione nei rapporti con Paesi che si trovano al di fuori

dell’Unione, dove può accadere che più ordinamenti ritengano di loro esclusiva

competenza una medesima controversia.

2.1.- Per delineare l’ambito oggettivo delle controversie matrimoniali, indicate

dall’art. 1 lett. a) del Regolamento (separazione, divorzio e annullamento del

matrimonio), si deve premettere che, in via di principio, il Regolamento n. 2201/2003

“dovrebbe applicarsi solo allo scioglimento del vincolo matrimoniale e non dovrebbe

riguardare questioni quali le cause di divorzio (the grounds for divorce), gli effetti del

matrimonio sui rapporti patrimoniali o altri provvedimenti accessori ed eventuali” (13

).

Il Regolamento ha quindi carattere settoriale, dettando le norme sulla giurisdizione

con esclusivo riferimento a specifiche tipologie di domande (separazione, divorzio e

annullamento del matrimonio) e non ad altre, seppur proposte tra le medesime parti,

10 In base all’art. 2, n. 1, per autorità giurisdizionale si intendono tutte le autorità degli Stati membri

competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione del Regolamento a norma dell’art. 1,

mentre il termine giudice designa il giudice o il titolare di competenze equivalenti a quelle del giudice

nelle materie che rientrano nel campo di applicazione del Regolamento. 11

Così il considerando n. 1 del Regolamento n. 2201/2003. 12

G. CAMPEIS - A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 3, precisano che l’europeità viene esclusa allorché la

fattispecie si esaurisca tutta nell’ambito interno, ovvero gli elementi esterni non assurgano a criteri di

collegamento: ne deriva, ad esempio, l’inapplicabilità del Regolamento nel giudizio italiano di

separazione personale tra coniugi entrambi cittadini e residenti in Italia.

M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 2, pur riconoscendo che “i procedimenti cui si applica la

normativa qui in esame presuppongono la presenza di un elemento di estraneità”, osserva che “nessuna

norma, peraltro, limita l’operatività del regolamento al contenzioso transfrontaliero”: “in particolare, la

disciplina relativa al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni si applica a prescindere dalla natura

transnazionale dei casi ivi decisi, purché sussista l’interesse attuale di una parte a fare riconoscere o ad

eseguire la decisione in un altro Stato membro”. 13

Così il considerando n. 8 del Regolamento n. 2201/2003.

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anche se strettamente connesse alle prime (14

). Ne deriva una frammentazione dei

diversi criteri di giurisdizione astrattamente operanti nell’ambito della medesima

controversia in cui siano state formulate più domande, peraltro attenuata dal principio di

c.d. concentrazione, che riconduce le domande accessorie alla competenza del giudice

chiamato a decidere sulle azioni di stato (15

).

Ai fini dell’applicazione del Regolamento, la nozione di controversie matrimoniali

va infatti intesa in senso stretto, con riferimento alle sole azioni di stato relative al

vincolo coniugale, senza possibilità di estensione ad ulteriori questioni, come quelle in

tema di responsabilità genitoriale - che sono disciplinate da altre disposizioni dello

stesso Regolamento n. 2201/2003 (16

) - e quelle relative agli effetti dello scioglimento

del matrimonio sui rapporti patrimoniali tra i coniugi (17

) e nei confronti dei figli (come

gli obblighi di mantenimento e l’assegnazione dell’abitazione familiare), che restano

sottoposte ad autonomi criteri di giurisdizione (18

).

14 Per ulteriori limitazioni nell’ambito di applicazione del Regolamento n. 2201/2003, v. il considerando

n. 9 (misure relative ai beni del minore), considerando n. 10 e art. 1, par. 3 (filiazione, adozione, nomi e

cognomi del minore, emancipazione), considerando n. 11 e art. 1, par. 3 (obbligazioni alimentari, trust,

successioni, provvedimenti derivanti da illeciti penali commessi da minori). 15

Cfr. art. 12 del Regolamento n. 2201/2003 e art. 3 lett. c) e d) del Regolamento n. 4/2009, sui quali

infra, in nota. 16

Con riferimento alla responsabilità genitoriale (nell’ampia accezione di cui all’art. 1, par. 2, del

Regolamento n. 2201/2003) e, in particolare, alle domande relative all'affidamento dei figli minori ed

all'esercizio del diritto di visita, la giurisdizione è attribuita, dall'art. 8 del Regolamento, all'autorità dello

Stato membro nel cui territorio “il minore risiede abitualmente” (v. infra, Sez. II). E’ comunque prevista

una “proroga della competenza” giurisdizionale (art. 12, par. 1) per connessione con le domande di

separazione, divorzio o annullamento, la cui applicazione presuppone sia l'esercizio della responsabilità

genitoriale sul figlio, da parte di almeno uno dei coniugi (lett. a), sia l'accettazione espressa (o manifestata

in modo univoco) della giurisdizione, da parte dei coniugi e dei titolari della responsabilità genitoriale,

alla data in cui le autorità giurisdizionali sono adite (lett. b).

Sul punto, v. Cass. sez. un., ord. 30 dicembre 2011, n. 30646, in Riv. dir. int. priv. proc., 2013, p. 126, la

quale ha affermato che “La giurisdizione sulle domande relative all'affidamento dei figli ed al loro

mantenimento, ove pure proposte congiuntamente a quella di separazione giudiziale, appartiene al giudice

del luogo in cui il minore risiede abitualmente, a norma dell'art. 8 del Regolamento (CE) n. 2201/2003 del

Consiglio del 27 novembre 2003. Tale criterio, informato all'interesse superiore del minore e,

segnatamente, al criterio della vicinanza, riveste una tale pregnanza, da condurre ad escludere che il

consenso del genitore alla proroga della giurisdizione quanto alle domande concernenti i minori - pur

ammessa dall'art. 12 del citato regolamento, in presenza del consenso di entrambi i coniugi - sia

ravvisabile dalla mancata contestazione della giurisdizione da parte di un coniuge con riguardo alla

domanda di separazione”. Cfr. Trib. Arezzo, ord. 15 marzo 2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2012, p. 161. 17

Cfr. la “Proposta di Regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al

riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi”, COM

(2011) 126 definitivo, del 16 marzo 2011. 18

Sulle domande relative agli obblighi di mantenimento in favore del coniuge e dei figli (v. infra, Sez.

III), il Regolamento n. 2201/2003 dispone che “Le obbligazioni alimentari sono escluse dal campo di

applicazione del presente regolamento in quanto sono già disciplinate dal Regolamento (CE) n. 44/2001. I

giudici competenti ai sensi del presente regolamento saranno in genere competenti a statuire in materia di

obbligazioni alimentari in applicazione dell'articolo 5, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 44/2001”

(considerando n. 11; cfr. art. 1, par. 3, lett. e, del Regolamento n. 2201/2003).

Attualmente la materia delle obbligazioni alimentari è disciplinata dal Regolamento (CE) n. 4/2009 del

Consiglio del 18 dicembre 2008, “relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e

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Sebbene la dottrina ritenga che le questioni relative alla colpa o responsabilità (le

cause) della crisi coniugale siano escluse dall'ambito di applicazione del Regolamento

(19

), si osserva come la richiesta di addebito della separazione - pur costituendo una

domanda autonoma e soltanto eventuale (20

) - risulti, nel nostro sistema,

inscindibilmente connessa alla domanda principale di separazione personale, tanto da

non poter essere proposta in un diverso giudizio (21

). Pertanto, nell’ordinamento

processuale vigente, la domanda di addebito non sembra assoggettabile a norme sulla

giurisdizione diverse da quelle previste per la domanda di separazione personale e,

quindi, anche alle norme del Regolamento n. 2201/2003, nelle fattispecie cui esso sia

applicabile (22

).

Le norme dettate dal Regolamento in materia di controversie matrimoniali si

applicano non soltanto ai procedimenti contenziosi ma anche a quelli fondati su accordi

tra i coniugi (separazione consensuale e divorzio su ricorso congiunto), mentre non si

estendono ai procedimenti di modifica delle condizioni precedentemente stabilite dal

all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari” - applicabile a

decorrere dal 18 giugno 2011 ai procedimenti avviati successivamente a tale data, a seguito della ratifica

da parte dell’Unione Europea, avvenuta in data 8 aprile 2010, del Protocollo dell’Aja del 23 novembre

2007, di cui è stata disposta l’applicazione in via provvisoria (cfr. artt. 75 e 76) - il cui art. 3, lett. c),

individua uno speciale titolo di connessione con le cause matrimoniali, attribuendo la giurisdizione in

materia di obbligazioni alimentari, negli Stati membri, all’autorità “competente secondo la legge del foro

a conoscere di un’azione relativa allo stato delle persone qualora la domanda relativa a un’obbligazione

alimentare sia accessoria a detta azione, salvo che tale competenza sia fondata unicamente sulla

cittadinanza di una delle parti”.

La nozione di obbligazioni alimentari va intesa nell’autonoma accezione propria del diritto comunitario -

caratterizzata dalla prevalenza dello scopo di sostentamento (v. Corte giust., sez. V, 27 febbraio 1997, n.

220, nel procedimento C-220/95, van den Boogaard v. Laumen, pt. 22, in Riv. dir. internaz. priv. proc.,

1997, p. 783) - interpretata in senso ampio, e quindi comprensiva dei diversi istituti delle obbligazioni di

mantenimento e di quelle di alimenti previste dall'ordinamento italiano (cfr. Cass. sez. un., 1 ottobre

2009, n. 21053, in Fam. e dir., 2010, 821, con nota di G. GRASSO, e in Riv. dir. int. priv. proc., 2010,

462), ora estesa “a tutte le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di

matrimonio o di affinità” (cfr. considerando n. 11 del Regolamento CE del Consiglio n. 4/2009).

La domanda relativa all’assegnazione dell’abitazione familiare resta invece sottoposta - nell’assenza, sul

punto, di specifiche norme comunitarie sulla giurisdizione - ai criteri fissati dalla legge nazionale, aventi

carattere residuale ed individuati, nella specie, dall’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218, il cui

rinvio all’art. 3, 1° comma, della stessa legge, conduce all’applicazione del criterio della residenza del

convenuto, eventualmente identificabile con il luogo dell’abitazione coniugale (v. Cass., 24 aprile 2001,

n. 6012; Cass., 29 settembre 2004, n. 19595; Cass., 28 giugno 2006, n. 15017; Cass., 4 agosto 2011, n.

16957). 19

R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 9. 20

Cfr. Cass., 8 febbraio 2006, n. 2818; Cass., 7 dicembre 2007, n. 25618; Cass. 30 marzo 2012, n. 5173. 21

Si vedano Cass., 30 luglio 1999, n. 8272, Cass., 29 marzo 2005, n. 6625 e Cass., 20 marzo 2008, n.

7450, in ordine all’inammissibilità del c.d. mutamento del titolo della separazione, sul rilievo che la

dichiarazione di addebito può essere richiesta e adottata solo nell'ambito del giudizio di separazione. 22

Così Trib. Belluno, sent. 30 dicembre 2011, in Foro. it., 2012, I, 939, e in Riv. dir. internaz. priv. proc.,

2012, 452. Per l’applicazione dell’art. 5 n. 3 del Regolamento n. 44/2001, con riferimento al luogo in cui

si sono verificate le conseguenze dannose della condotta illecita del coniuge, cfr. Trib. Tivoli, sent. 6

aprile 2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 1097.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 9

giudice o concordate dalle parti in sede di separazione o di divorzio (23

).

Infine, sono escluse dall’ambito di applicazione del Regolamento n. 2201/2003 le

decisioni in materia di unioni non rientranti nella nozione di matrimonio (la cui

definizione è rimessa alla lex fori) (24

).

2.2.- Diversamente dal Regolamento n. 1215/2012 - che (come già il Regolamento

n. 44/2001) prevede il foro generale del domicilio del convenuto - il sistema introdotto

dal Regolamento n. 2201/2003 individua una serie di criteri di giurisdizione alternativi e

concorrenti tra loro, senza alcuna gerarchia, rendendo possibile la coesistenza di più fori

ugualmente competenti in posizione pari ordinata (25

).

In particolare, a norma dell’art. 3 (richiamato anche nei successivi artt. 4 e 5) sono

competenti a decidere sulle controversie matrimoniali le autorità giurisdizionali dello

Stato membro:

a) nel cui territorio si trova:

- la residenza abituale dei coniugi, o

- l'ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o

- la residenza abituale del convenuto, o

- in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o

- la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno

immediatamente prima della domanda, o

- la residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi

immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel

caso del Regno Unito e dell'Irlanda, ha ivi il proprio domicile (26

);

23 Tali procedimenti di modifica, infatti, non hanno ad oggetto le statuizioni sullo status personale (le sole

cui si riferiscono gli artt. 3-7 del Regolamento n. 2201/2003), bensì le questioni relative alla

responsabilità genitoriale o ai rapporti patrimoniali. Sul punto, v. R. CONTI, Il Regolamento CE

«Bruxelles II», cit., 656, nota 22, con riferimento al Regolamento n. 1347/2000; M. A. LUPOI, Il

regolamento n. 2201, cit., § 2, precisa che il Regolamento n. 2201/2003 “non riguarda i procedimenti

volti a modificare le condizioni di una separazione o di un divorzio, che restano integralmente soggetti

alla lex fori”. 24

Cfr. la Proposta di Regolamento del Consiglio, COM(2011) 127 definitivo, del 16 marzo 2011, relativa

alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni in materia di

effetti patrimoniali delle unioni registrate. 25

Sul punto v. Corte giust., 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv. dir. internaz.

priv. proc., 2010, 176: “l’art. 3, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 2201/2003 prevede diversi criteri di

attribuzione della competenza giurisdizionale, tra i quali non è stabilita alcuna gerarchia. Tutti i criteri

oggettivi enunciati in detto art. 3, n. 1, sono alternativi. Tenuto conto dell'obiettivo di tale regolamento,

diretto a garantire la certezza del diritto, l’art. 6 di quest’ultimo dispone, in sostanza, che le competenze

definite agli artt. 3-5 del regolamento medesimo hanno carattere esclusivo. Ne consegue che il sistema di

ripartizione delle competenze introdotto dal regolamento n. 2201/2003 in materia di scioglimento del

vincolo matrimoniale non mira ad escludere competenze giurisdizionali multiple. È invece prevista

espressamente la coesistenza di più giudici competenti di pari rango” (v. punti 48-50).

M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 4, osserva che il Regolamento, nel prevedere la coesistenza di

più fori alternativi, lascia “un certo margine al forum shopping, tollerato nella misura in cui, alla base di

ogni criterio utilizzato, vi è uno stretto collegamento tra parti, giudice e controversia”. 26

Il paragrafo 2 dell’art. 3 precisa che “Ai fini del presente regolamento la nozione di domicile cui è fatto

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 10

b) di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell'Irlanda, del

domicile di entrambi i coniugi.

Dall’autonomia dei criteri di giurisdizione fondati sulla residenza abituale (lett. a),

rispetto a quello fondato sulla cittadinanza comune dei coniugi (lett. b), consegue che la

residenza (di uno o di entrambi i coniugi) in uno Stato membro costituisce titolo

sufficiente a radicare la giurisdizione in forza del Regolamento n. 2201/2003,

indipendentemente dalla cittadinanza delle parti.

I criteri dettati dall’art. 3 lett. a) del Regolamento n. 2201/2003 trovano quindi

applicazione in tutti i casi in cui i coniugi (o almeno uno di essi) risiedano abitualmente

nel territorio dell’Unione, a prescindere dalla cittadinanza europea: la Corte di Giustizia

ha chiarito che il Regolamento n. 2201/2003 “si applica anche ai cittadini di Stati terzi

che hanno vincoli sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri in

conformità dei criteri di competenza previsti dal detto regolamento” (27

).

Ne consegue che anche i cittadini di Stati terzi, se residenti in uno Stato membro,

debbono avvalersi dei criteri di giurisdizione previsti dal Regolamento,

indipendentemente dalle norme sulla giurisdizione stabilite dalla lex fori, le quali

restano applicabili soltanto in via residuale (v. art. 7 del Regolamento) quando nessun

giudice di uno Stato membro sia competente a norma degli artt. 3, 4 e 5 (28

).

riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti giuridici del Regno Unito e dell'Irlanda”.

La nozione anglosassone di domicile è molto diversa da quelle italiane di residenza e domicilio, essendo

definita come il luogo dove una persona ha la sua permanent home e nel quale ha l’intenzione di ritornare,

riferito non ad uno specifico luogo nell’ambito di uno Stato, quanto ad un Paese nel suo insieme, inteso

come un determinato ordinamento giuridico cui una persona è soggetta: v. P. DE CESARI, Diritto

internazionale privato e processuale comunitario, cit., 143. 27

Corte giust., 29 novembre 2007 n. 68, c. C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo, in Riv. dir.

internaz. priv. proc., 2008, 570, la quale ha fondato la decisione sull’ottavo considerando del

Regolamento n. 1347/2000, il cui testo non è stato espressamente riprodotto nelle premesse del

Regolamento n. 2201/2003 (v. punto 26: “come risulta dal quarto e ottavo 'considerando' del regolamento

n. 1347/2000, le cui disposizioni riguardanti la competenza a statuire sulle questioni in materia di divorzio

sono state in sostanza riprese nel regolamento n. 2201/2003, quest'ultimo è diretto ad istituire norme

uniformi di conflitto in materia di divorzio per assicurare una libera circolazione delle persone quanto più

ampia possibile. Di conseguenza, il regolamento n. 2201/2003 si applica anche ai cittadini di Stati terzi

che hanno vincoli sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri in conformità dei

criteri di competenza previsti dal detto regolamento, criteri che, secondo il dodicesimo 'considerando' del

regolamento n. 1347/2000, si fondano sul principio che deve esistere un reale nesso di collegamento tra

l'interessato e lo Stato membro che esercita la competenza”). 28

In questo senso, Trib. Belluno, sent. 6 marzo 2009, in Giur. merito, 2010, 663, con nota di M.

D’AURIA; in Famiglia e diritto, 2010, 179, con nota di A. FELETTO, e in Riv. dir. internaz. priv. proc.,

2011, 140, riguardante una coppia di cittadini indiani, residenti abitualmente in Italia, che hanno chiesto

consensualmente al giudice italiano, adito quale foro della residenza comune, la pronuncia di divorzio

senza previa separazione, per mutual consent, sulla base dell’Hindu Marriage Act del 1955 (v. C. RICCI,

La legge applicabile al divorzio tra cittadini di stati plurilegislativi: prassi italiana e nuove norme

europee, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2011, 71 ss.).

Cfr., inoltre, Trib. Belluno, sent. 23 dicembre 2009, in Giur. it., 2010, 1889, e in Riv. dir. int. priv. proc.,

2011, 727, sull’applicazione delle norme del Regolamento n. 2201/2003 in una fattispecie di

litispendenza internazionale, nel caso in cui l’attore, residente in Italia, è cittadino statunitense e la

convenuta cittadina tedesca; Trib. Belluno, sent. 5 novembre 2010, in Foro. it., 2011, I, 917, con nota di

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 11

Nella materia matrimoniale il Regolamento n. 2201/2003, introducendo il criterio

generale della residenza abituale con riferimento al forum actoris, in alternativa al

principio del forum rei (29

), attrae nella giurisdizione dei Paesi dell’Unione europea le

controversie in cui l’attore non sia cittadino comunitario - purché abitualmente

residente in uno Stato membro (nel luogo dell'ultima residenza dei coniugi, o quando vi

risieda da almeno un anno al momento della proposizione della domanda) (30

) - anche

se il convenuto sia privo della cittadinanza europea e non risieda nel territorio

dell’Unione (31

). Le norme sulla giurisdizione poste dal Regolamento n. 2201/2003

hanno dunque un ambito di applicazione ratione personae tendenzialmente universale,

che si estende ai cittadini non comunitari e, nei casi di forum actoris, anche ai convenuti

residenti in Paesi terzi.

In sostanza, per radicare la giurisdizione nelle cause matrimoniali è sufficiente la sola

residenza abituale di uno dei coniugi (attore o convenuto) in uno Stato membro, anche

laddove l’altro coniuge non abbia mai risieduto in un Paese europeo e sebbene nessuno

dei coniugi sia cittadino comunitario (32

).

G. DE MARZO, in Fam. minori, 2011, fasc. 1, 45, con nota di A. LEANDRO, e in Riv. dir. int. priv. proc.,

2011, 756, in una causa di separazione tra cittadini ucraini residenti in Italia; Trib. Tivoli, sent. 6 aprile

2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 1097, in una causa di separazione giudiziale proposta da un

cittadino italiano, residente in Italia nei sei mesi antecedenti all’azione, nei confronti di una cittadina

tedesca residente in Germania. 29

Pertanto, diversamente dal sistema introdotto dal Regolamento n. 44/2001, i criteri di collegamento

previsti dal Regolamento n. 2201/2003 non si applicano solo ai convenuti fisicamente presenti in uno

Stato membro, ma anche - quando viene in considerazione il forum actoris - ai convenuti residenti

negli Stati terzi.

A questo proposito M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 4, osserva che l’eventuale forum actoris -

il quale si giustifica alla luce della stretta connessione tra le corti locali e la vita matrimoniale delle parti -

“attribuisce al coniuge che sia rimasto nella casa coniugale un vantaggio giurisdizionale, rispetto a quello

che si sia trasferito altrove, il quale, per un periodo di sei - dodici mesi, potrà agire esclusivamente nel

foro dell’ultima residenza comune (e, dunque, nel foro del convenuto)”, mentre il termine dilatorio

“impedisce al coniuge che abbia lasciato l’abitazione coniugale di agire immediatamente nello Stato in

cui si sia trasferito”. 30

Ai fini dell’applicazione del criterio dell'ultima residenza abituale comune, il coniuge che mantiene la

residenza nello Stato membro può essere indifferentemente l’attore o il convenuto. 31

La Corte di Giustizia, nella sentenza 29 novembre 2007, c. C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo,

in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2008, 570, ha ritenuto applicabile la disciplina della giurisdizione dettata

dal Regolamento n. 2201/2003 nei confronti di un cittadino cubano, tornato a risiedere nel paese

d’origine, convenuto in giudizio dalla moglie svedese, con la quale egli aveva risieduto abitualmente in

Francia (Stato in cui la moglie ancora risiedeva), interpretando l’art. 7 nel senso che l’applicazione della

legge nazionale è ammessa solo qualora non operi alcuno dei criteri di giurisdizione stabiliti dagli artt. 3,

4 e 5, anche se il coniuge convenuto si trovi a risiedere, nel momento della proposizione della domanda,

in uno Stato terzo. I criteri stabiliti dal Regolamento sono quindi applicabili anche nei confronti di

convenuti privi di residenza abituale in uno Stato membro all’epoca della proposizione della domanda,

quando i coniugi abbiano avuto la loro ultima residenza abituale in uno Stato membro e uno di essi vi

risieda ancora (o quando l’attore sia abitualmente residente in uno Stato membro da almeno sei mesi o un

anno, a seconda della sua nazionalità). In materia di obbligazioni alimentari v. il considerando n. 15 del

regolamento n. 4/2009: “La circostanza che un convenuto abbia la residenza abituale in uno Stato terzo

non dovrebbe escludere l’applicazione delle norme comunitarie in materia di competenza”. 32

L’assenza di trascrizione del matrimonio, celebrato all'estero, nei registri dello stato civile italiani, non

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 12

Al coniuge che non si sia trasferito all’estero è riconosciuto un privilegio

giurisdizionale, potendo agire e dovendo essere convenuto nel proprio foro di residenza;

soltanto dopo un anno (o sei mesi), anche l’altro coniuge, che abbia spostato la propria

residenza in un altro Stato membro, può rivolgersi al giudice di tale Stato. A questo

proposito, l’art. 3 lett. a) prevede un trattamento più favorevole per l’attore che sia

cittadino dello Stato membro in cui risiede, essendo sufficiente, in tal caso, che egli vi

abbia stabilito la residenza abituale da sei mesi, immediatamente prima della domanda,

anziché da almeno un anno, come è invece richiesto in via generale (33

).

Accanto al criterio della residenza abituale, la lettera b) dell’art. 3 del Regolamento

pone quello, alternativo, della cittadinanza comune delle parti dello Stato del foro,

riconoscendo un altro titolo di giurisdizione universale - svincolato da ogni

collegamento con il territorio dell’Unione Europea - in favore dello Stato membro di

cui entrambi i coniugi sono cittadini (34

).

L’applicazione di tale criterio prescinde dalla residenza abituale dei coniugi in uno

Stato membro: la cittadinanza opera come criterio di giurisdizione anche in favore dei

residenti in Paesi terzi, garantendo a tutti i cittadini dell’Unione europea la possibilità di

rivolgersi al giudice dello Stato membro del quale hanno la cittadinanza comune,

mentre la cittadinanza di un solo coniuge non è sufficiente a radicare la giurisdizione in

uno Stato membro (se non sia associata ad un altro criterio di collegamento, quale la

residenza abituale dell’attore protratta almeno per sei mesi immediatamente prima della

domanda, a norma dell’art. 3 lett. a) (35

).

I criteri di giurisdizione elencati dall’art. 3 sono integrati dalle disposizioni di cui agli

artt. 4 e 5, in materia di domanda riconvenzionale e di conversione della separazione

personale in divorzio.

A norma dell’art. 4, l’autorità giurisdizionale competente sulla domanda principale,

proposta ai sensi dell’art. 3, è competente anche ad esaminare le eventuali domande

riconvenzionali che rientrino nel campo di applicazione del Regolamento (come la

è di ostacolo alla pronuncia di scioglimento del vincolo matrimoniale, dato che “non vale ad escludere la

giurisdizione del giudice italiano, in caso di domanda di divorzio tra cittadini stranieri, la circostanza che

l’eventuale sentenza sarebbe improduttiva di effetti nel territorio della Repubblica, poiché insuscettibile di

annotazione nei registri dello stato civile nei quali il matrimonio non è mai stato trascritto” (v. Cass. sez.

un., 28 ottobre 1985, n. 5292, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 1987, 92). 33

E’ stato osservato che il recupero del criterio della cittadinanza (in riferimento all’art. 6 lett. b, e ad

alcune delle ipotesi previste dall’art. 3) sembra porsi in contrasto con il divieto di discriminazioni sulla

base della nazionalità: v. A. BONOMI, Il Regolamento comunitario, cit., 316. 34

La definizione di cittadinanza rientra nella competenza esclusiva di ciascuno Stato membro; il giudice

adìto deve quindi applicare la lex fori per determinare se entrambi i coniugi debbano essere considerati

cittadini del proprio Stato. La Corte di giustizia, nella sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c.

Mesko in Hadadi, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2010, 176, ha stabilito che, nel caso di coniugi con

doppia cittadinanza comune (nella specie, francese ed ungherese), sussiste la giurisdizione alternativa di

entrambi gli Stati interessati, senza che una delle due nazionalità prevalga sull’altra. 35

Il criterio della cittadinanza di un solo coniuge è invece sufficiente per l’attribuzione dell’optio legis

prevista dall’art. 5, lett. c), del Regolamento n. 1259/2010.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 13

domanda di divorzio rispetto alla domanda di separazione) (36

). Di conseguenza,

l’estensione della giurisdizione non opera se la domanda riconvenzionale esorbita dai

limiti oggettivi del Regolamento (ed es., la richiesta di assegno di mantenimento o di

attribuzione dell’abitazione coniugale).

L’art. 5 prevede, infine, che “l’autorità giurisdizionale dello Stato membro che ha

reso la decisione sulla separazione personale è altresì competente a convertirla in una

decisione di divorzio, qualora ciò sia previsto dalla legislazione di detto Stato”, in tal

modo operando l’estensione della competenza del giudice dello Stato in cui è stata

pronunciata la separazione anche alla conversione nella decisione di divorzio (tale

disposizione non è dunque applicabile in Italia, in cui la domanda di divorzio introduce

una nuova ed autonoma causa e non costituisce una mera conseguenza della pronuncia

di separazione, della quale non rappresenta l’evoluzione necessaria o la “conversione”)

(37

).

2.3.- I criteri di giurisdizione contemplati dal Regolamento n. 2201/2003 hanno

carattere “esclusivo” rispetto a quelli previsti dalle norme nazionali, nel senso che le

norme interne stabilite dagli ordinamenti degli Stati membri operano nella sola ipotesi

in cui non ricorrano, in concreto, i presupposti di applicazione di alcuno dei criteri

indicati dal Regolamento.

Infatti, a norma dell’art. 6 del Regolamento, il coniuge che “risiede abitualmente nel

territorio di uno Stato membro” o che “ha la cittadinanza di uno Stato membro”

dell’Unione Europea “può essere convenuto in giudizio davanti alle autorità

giurisdizionali di un altro Stato membro soltanto in forza degli articoli 3, 4 e 5” del

Regolamento (38

): in tal modo viene espressamente stabilito il “carattere esclusivo della

36 Si ritiene che l’art. 4 costituisca l’unico caso in cui il Regolamento n. 2201/2003 prevede

un’attribuzione diretta della competenza territoriale all’interno dello Stato membro in cui è stata proposta

la domanda principale (v. B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, cit.

157). 37

P. DE CESARI, Diritto internazionale privato e processuale comunitario, cit., 141, osserva che il

momento determinante per l’esistenza dei presupposti della competenza è dato dalla presentazione della

domanda - in via analogica rispetto a quanto previsto con riferimento alla disciplina della litispendenza

- per cui la priorità degli art. 3, 4 e 5 del Regolamento rispetto al diritto nazionale degli Stati dell’Unione

permane anche se i relativi presupposti vengono a mancare nel corso del procedimento. 38

Secondo G. CAMPEIS - A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 2 e 3, dalla lettura congiunta degli artt. 3 e

6 “deve trarsi un duplice criterio generale fondante la giurisdizione dei giudici dello Stato membro di

residenza abituale (domicile nel caso di Regno Unito e dell’Irlanda) o di quelli di cui il convenuto è

comunque cittadino, giudici da cui questi può essere distolto esclusivamente nelle (peraltro numerose)

ipotesi previste dai precedenti artt. 3, 4 e 5”, con l’effetto di estendere la giurisdizione anche alle autorità

di un altro Stato membro.

L’opinione prevalente nega invece all’art. 6 la funzione di individuare il foro generale del convenuto

(nello Stato membro in cui questi ha la residenza abituale o di cui ha la cittadinanza); in effetti, la

residenza abituale del convenuto è uno dei criteri alternativi di giurisdizione tra quelli elencati nell’art. 3

lett. a) del Regolamento, mentre la cittadinanza del solo convenuto non è sufficiente a radicare la

giurisdizione di uno Stato membro, essendo richiesta, a norma dell’art. 3 lett. b), la cittadinanza comune

di entrambi i coniugi.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 14

competenza giurisdizionale” attribuita dagli artt. 3, 4 e 5 alle autorità di uno Stato

membro (39

).

Ad una prima lettura, l’art. 6 sembra utilizzare la residenza abituale, e

alternativamente la cittadinanza, per delimitare ratione personae l’ambito di operatività

del Regolamento n. 2201/2003, prevedendo l’applicazione esclusiva dei criteri di

giurisdizione comunitari solo quando il convenuto risieda abitualmente nel territorio

dell’Unione europea o sia cittadino di uno Stato membro (40

).

Le incertezze interpretative derivanti dalla formulazione di tale disposizione (41

) sono

state superate dalla Corte di Giustizia (42

), la quale ha precisato che l’art. 6 del

Regolamento n. 2201/2003 deve essere letto in funzione dell’art. 7, nel senso che, anche

qualora un convenuto non abbia la residenza abituale in uno Stato membro e non sia

39 La dizione “carattere esclusivo della competenza giurisdizionale di cui agli articoli 3, 4 e 5” (così la

rubrica dell’art. 6) ha un significato del tutto diverso dalle competenze “esclusive” previste dall’art. 22 del

Regolamento n. 44/2001: mentre il sistema del Regolamento Bruxelles I è fondato su un rigido schema

gerarchico che, nel rifiutare il criterio della cittadinanza, riduce al minimo i casi di forum actoris e

prevede un foro generale (domicilio del convenuto) sempre applicabile - tranne nei casi delle

competenze esclusive (art. 22), oltre ad una serie di titoli giurisdizionali speciali che possono

eccezionalmente derogare a quello generale - nel Regolamento n. 2201/2003 il carattere “esclusivo” è

riconosciuto a tutti i fori generali alternativi, previsti dagli artt. 3-5, e comporta la loro prevalenza rispetto

ai criteri di giurisdizione previsti dagli ordinamenti nazionali.

La Relazione BORRÁS che accompagna la Convenzione di Bruxelles del 1998 (n. 39, in Riv. dir. int. priv.

proc., 1998, 943), a proposito dell’esclusività, precisa: “in questo caso il termine esclusivo deve essere

inteso nel senso che possono essere utilizzati soltanto i criteri enunciati in modo alternativo e senza alcun

ordine gerarchico. Si tratta quindi di un elenco esauriente e chiuso”. Cfr. R. CONTI, Il Regolamento CE

«Bruxelles II», cit., 658, nota 32. 40

C. CAMPIGLIO, La residenza abituale dell’attore come titolo di giurisdizione in materia matrimoniale,

in base al reg. CE n. 2201/2003, nota a Cass. sez. un., (ord.) 15 giugno 2010 n. 15328, in Nuova giur. civ.

comm., 2010, 1100; C. CAMPIGLIO, Il foro della residenza abituale del coniuge nel Regolamento (Ce) n.

2201/2003: note a margine delle prime pronunce italiane, in Cuadernos de Derecho Transnacional

(Octubre 2010), Vol. 2, n. 2, 246. 41

Le diverse ricostruzioni teoriche, derivanti dall’assenza di una norma simile a quella dell’art. 4 del

Regolamento n. 44/2001, volta ad individuare l’ambito soggettivo di applicazione del Regolamento n.

2201/2003, sono richiamate da R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 7, e da C. RICCI, I “fori

residuali” nelle cause matrimoniali dopo la sentenza Lopez, in Venturini, Bariatti (a cura di), Nuovi

strumenti di diritto internazionale privato, Milano, 2009, 868 ss.. Cfr. B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale

breve di diritto internazionale privato, cit., p. 158. 42

Corte giust., 29 novembre 2007, c. C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo, in Riv. dir. internaz.

priv. proc., 2008, 570, punti 24-25: “non si può per questo dedurne che l'art. 6 del regolamento n.

2201/2003 stabilisce una regola generale secondo cui la determinazione della competenza dei giudici di

uno Stato membro, per statuire sulle questioni relative al divorzio rispetto ad un convenuto che non ha la

sua residenza abituale in uno Stato membro e che non è cittadino di uno Stato membro, riguarda in ogni

caso il diritto nazionale, anche quando un giudice di uno Stato membro è competente in forza degli artt.

3-5 del summenzionato regolamento. Tale interpretazione equivarrebbe, infatti, a ignorare il chiaro

disposto degli artt. 7, n. 1, e 17 del regolamento n. 2201/2003, la cui applicazione non dipende (…) dalla

qualità del convenuto, ma dalla sola questione di sapere se un giudice di uno Stato membro sia

competente in forza degli artt. 3-5 del regolamento n. 2201/2003”. La Corte ha quindi interpretato gli artt.

6 e 7 del Regolamento n. 2201/2003 nel senso che il ricorso alla legge nazionale è ammesso solo qualora

nessuno dei criteri di collegamento stabiliti dagli artt. 3, 4 e 5 sia applicabile, a prescindere dalla

residenza abituale e dalla cittadinanza non europea del coniuge convenuto.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 15

cittadino di un Paese europeo, i giudici di uno Stato membro non possono fondare la

loro competenza sul diritto nazionale se i giudici di un altro Stato membro sono

competenti ai sensi dell'art. 3 (o degli artt. 4 e 5) del Regolamento.

Ciò significa che i criteri stabiliti dal Regolamento trovano applicazione anche nei

confronti del convenuto privo di residenza abituale nell’Unione europea all’epoca della

proposizione della domanda, qualora l’attore abbia la residenza abituale in uno Stato

membro (da almeno 6 o 12 mesi, a seconda della sua nazionalità) o qualora i coniugi

abbiano avuto la loro ultima residenza abituale comune in uno Stato membro e uno di

essi (l’attore) vi risieda ancora (43

).

Soltanto quando la fattispecie non presenti elementi di collegamento con

l’ordinamento comunitario il giudice nazionale dovrà fare riferimento alle norme interne

sulla giurisdizione: l’art. 7 del Regolamento prevede infatti il carattere residuale della

lex fori, stabilendo che “qualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente ai

sensi degli articoli 3, 4 e 5, la competenza, in ciascuno Stato membro, è determinata

dalla legge di tale Stato” (44

).

La natura esclusiva della competenza giurisdizionale fissata nel Regolamento n.

2201/2003 è quindi peculiare, essendo riferita a tutti i criteri elencati nell’art. 3,

alternativi tra loro ma preminenti rispetto ai titoli di giurisdizione stabiliti dalle norme

nazionali dei singoli Stati membri (45

).

Tale carattere dei fori giurisdizionali comunitari - che comporta anche l’attitudine

ad escludersi reciprocamente, una volta azionati (art. 19, sul quale v. infra, § 2.5) - si

evidenzia nell’art. 17 del Regolamento, che impone al giudice adito di verificare

d’ufficio la propria competenza giurisdizionale, indipendentemente dal comportamento

processuale del convenuto (46

), e di dichiararsi incompetente quando sia investito di una

43 M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 2. In tal caso assume rilievo pratico l’assenza del requisito

minimo di durata per la determinazione della residenza abituale comune dei coniugi, durata che può

quindi essere anche inferiore al periodo (di sei mesi o di un anno) necessario per qualificare come abituale

la residenza dell’attore, ai sensi dell’art. 3 lett. a) del Regolamento n. 2201/2003. 44

L’art. 7, par. 2, prevede inoltre che “il cittadino di uno Stato membro che ha la residenza abituale nel

territorio di un altro Stato membro può, al pari dei cittadini di quest'ultimo, invocare le norme sulla

competenza qui in vigore contro un convenuto che non ha la residenza abituale nel territorio di uno Stato

membro né ha la cittadinanza di uno Stato membro”. 45

Ad esempio, un cittadino italiano potrà essere convenuto in un altro Stato europeo se il coniuge attore

vi abbia risieduto per almeno un anno (o sei mesi, se cittadino di quello Stato) prima della proposizione

della domanda, oppure potrà essere convenuto davanti al giudice italiano, nel caso di cittadinanza comune

dei coniugi, indipendentemente dal luogo di residenza di ciascuno di essi. 46

Sebbene la verifica d’ufficio della giurisdizione debba sempre essere effettuata in via preliminare, il

giudice potrà comunque rilevare il proprio difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del processo (G.

CAMPEIS - A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 6), con riguardo al momento di proposizione della

domanda (FRANZINA, La crisi matrimoniale con elementi di estraneità, cit., p. 448). Tra le verifiche che

l’autorità giurisdizionale deve successivamente compiere, l’art. 18 prevede che, nel caso di mancata

comparizione in giudizio del convenuto abitualmente residente in un altro Stato, il giudice è tenuto a

sospendere il procedimento fino a quando non si accerti che al convenuto sia stata data la possibilità di

ricevere la domanda giudiziale, o un atto equivalente, in tempo utile per poter presentare le proprie difese,

ovvero che sia stato fatto tutto il possibile a tal fine (analogamente a quanto prevede l’art. 26, par. 2, del

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 16

controversia per la quale il Regolamento non prevede la sua competenza e per la quale,

in base al Regolamento, sia invece competente l'autorità giurisdizionale di un altro Stato

membro.

Pur essendo riconosciuta all’attore la facoltà di scelta tra i diversi fori alternativi, è

quindi escluso che le parti (anche nei casi di domanda congiunta di separazione o di

divorzio) possano designare consensualmente il giudice cui attribuire la competenza

giurisdizionale (47

). La scelta del criterio di giurisdizione resta così sottratta alla

disponibilità delle parti, alla cui volontà non viene riconosciuto alcun rilievo nelle cause

matrimoniali, neppure mediante la possibilità di una proroga tacita della giurisdizione

(come conseguenza della mancata proposizione dell’eccezione da parte del convenuto).

I criteri di competenza giurisdizionale stabiliti dal Regolamento n. 2201/2003 -

seppure tra loro alternativi - sono dunque assolutamente oggettivi ed inderogabili (48

).

2.4.- I titoli di giurisdizione indicati nell’art. 3 lett. a) si fondano tutti sul criterio

della residenza abituale, riferita ad entrambi i coniugi o al coniuge convenuto o anche al

Regolamento n. 44/2001). Quando sia necessario trasmettere l’atto introduttivo da uno Stato membro a un

altro, si applica l'art. 19 del Regolamento n. 1348/2000. 47

B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, cit., 159. In caso di

domanda congiunta, il criterio di giurisdizione previsto dal Regolamento è quello della residenza abituale

di uno dei coniugi nel territorio dello Stato membro del giudice adìto (in alternativa alla giurisdizione

dello Stato membro di comune cittadinanza dei coniugi). 48

Sul punto, il Regolamento n. 2201/2003 ha introdotto una disciplina diversa rispetto a quella prevista

dal Regolamento n. 44/2001. Infatti, nella materia civile e commerciale - in cui è attribuita specifica

rilevanza alla volontà espressa o tacita delle parti, come autonomo titolo di giurisdizione (artt. 23 e 24) -

il giudice adito non è chiamato a verificare d’ufficio la propria competenza (tranne che nelle ipotesi di

competenza esclusiva di un altro giudice stabilita in base all’art. 22, o nel caso di mancata comparizione

del convenuto: v. artt. 25 e 26, par. 1), e la corretta applicazione delle competenze comunitarie è

assicurata mediante un controllo successivo, rimesso al giudice del riconoscimento, peraltro limitato ai

soli fori esclusivi ed ai fori c.d. protettivi (con l’esclusione di quelli previsti per i contratti di lavoro: v. art.

35). Nella materia matrimoniale, al contrario, il controllo sulla corretta applicazione dei fori comunitari,

anche quando il convenuto sia comparso, avviene sempre in via preventiva e d’ufficio, ad opera del

giudice chiamato a decidere sulla controversia (art. 17), senza possibilità di controllo successivo (v. l’art.

24, che prevede il divieto di riesame, in sede di riconoscimento delle decisioni, della competenza

giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine, e l’art. 26 che pone il divieto di riesame del

merito).

C. CAMPIGLIO, Il foro della residenza abituale del coniuge nel Regolamento (Ce) n. 2201/2003, cit., 244,

osserva che, “rispetto a chi agisce in materia civile e commerciale, chi assume l’iniziativa in materia

matrimoniale dispone pertanto di un più ampio ventaglio di fori, ma l’eventuale difetto di giurisdizione

del giudice adito non può essere sanato dalla comparizione in giudizio del convenuto: a differenza del

Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000 concernente la competenza

giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (art. 24),

infatti, il Regolamento n. 2201/2003 non prevede la proroga tacita. D’altra parte, però, esso ammette - in

deroga al principio actor sequitur forum rei - il forum actoris, sulla base della residenza abituale integrata

da elementi che ne attestino la stabilità e la prevedibilità (durata di almeno un anno e rispettivamente sei

mesi se l’attore è cittadino dello Stato)”.

In materia di obbligazioni alimentari, il regolamento n. 4/2009 prevede la verifica d’ufficio della

competenza soltanto se il convenuto non compare (artt. 5 e 10), conformemente all’art. 26, par. 1, del

Regolamento n. 44/2001. Cfr. l’art. 28, par. 1, del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis).

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 17

solo attore (purché, in questo ultimo caso, sia soddisfatto l’ulteriore requisito temporale

del perdurare della residenza per almeno un anno prima della proposizione della

domanda, ridotto a sei mesi quando l’attore risieda nello Stato membro di cui sia

cittadino).

Il Regolamento n. 2201/2003, pur prevedendo una serie di definizioni (art. 2), non

fornisce specifiche indicazioni sulla nozione di residenza abituale, che deve essere

ricostruita in modo autonomo nell’ambito dell’ordinamento comunitario (49

), al fine di

garantire uniformità di applicazione in tutti gli Stati membri, senza riferimenti a nozioni

utilizzate in altri settori del diritto europeo o nel diritto interno dei singoli Stati (50

).

Essa individua - alla luce dell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza (51

) - il

49 La Corte di giustizia, nella sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv.

dir. internaz. priv. proc., 2010, 176, ha precisato che “secondo costante giurisprudenza, tanto

l'applicazione uniforme del diritto comunitario quanto il principio di uguaglianza esigono che una

disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri

per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo,

nell'intera Comunità, ad un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto

della disposizione stessa e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi”. Cfr., inoltre, Corte

giust., 11 luglio 2008, c. C-195/08 PPU, Inga Rinau, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2008, p. 1134;

Corte giust., 22 dicembre 2010, c. C-497/10 PPU, Mercredi c. Chaffe, pt. 45, in Riv. dir. internaz. priv.

proc., 2011, p. 812. Sull’argomento M. MELLONE, La nozione di residenza abituale, cit., 685 ss., rileva

come la residenza abituale sia un concetto fattuale, a differenza del domicilio che è invece una nozione

giuridica. Con riferimento alla disciplina introdotta dal Regolamento UE n. 1259/2010, cfr. Z. CRESPI

REGHIZZI, Commento all’art. 8, in Nuove leggi civ. comm., 2011, 1494 ss.. 50

L’elaborazione giurisprudenziale della nozione di residenza abituale, compiuta dalla Corte di giustizia

in settori diversi (ad es. in materia di diritto sociale), non è quindi direttamente trasferibile in questo

ambito, come ha precisato la Corte di Giustizia, sent. 2 aprile 2009, c. C-523/07, in Riv. dir. internaz.

priv. proc., 2009, 750, in sede di pronuncia pregiudiziale sulla nozione di residenza abituale del minore -

interpretata nel senso corrispondente al “luogo che denota l’integrazione del minore in un ambiente

sociale e familiare” - quale titolo generale di giurisdizione, nella materia della responsabilità genitoriale,

previsto dall’art. 8 del Regolamento n. 2201/2003: “si deve in particolare tenere conto della durata, della

regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco

della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza

scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto

Stato. Compete al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore, tenendo conto delle

peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie”. Cfr. FRANZINA, La crisi

matrimoniale con elementi di estraneità, cit., p. 448 s.. 51

Sulla nozione di residenza abituale in materia matrimoniale, la Corte di Cassazione ha già avuto modo

di pronunciarsi in due diverse occasioni:

Cass. sez. un., (ord.) 17 febbraio 2010, n. 3680, in Foro it., 2011, I, 1536, e in Riv. dir. internaz. priv.

proc., 2010, 750, fa riferimento al “concetto di residenza abituale come luogo in cui l’interessato ha

fissato con carattere di stabilità il centro permanente o abituale dei propri interessi, con chiara natura

sostanziale e non meramente formale o anagrafica del concetto di cui sopra in base al diritto comunitario,

essendo rilevante a individuare tale residenza effettiva, ai sensi del regolamento stesso, il luogo del

concreto e continuativo svolgimento della vita personale e eventualmente lavorativa, alla data di

proposizione della domanda” (nella specie, la Corte ha ritenuto che la frequenza universitaria in Italia del

figlio, principale riferimento dei rapporti affettivi ed umani della madre, evidenziasse con certezza che il

centro abituale delle relazioni della ricorrente era sito in Italia, in cui ella conviveva ancora con tale figlio,

potendo quindi presumersi che da molto più di un anno la ricorrente abitasse stabilmente in Italia per

assistere il figlio, nella casa della famiglia d’origine, e dovendo quindi ritenersi che la ricorrente,

residente in Italia abitualmente da oltre un anno prima del suo ricorso di separazione, avesse

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 18

luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale ed eventualmente

lavorativa del soggetto interessato, nel quale egli abbia effettivamente fissato, con

carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi e delle relazioni

sociali ed affettive.

E’ stato tuttavia rilevato come il legislatore comunitario si sia ispirato

all’elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia che - a proposito della

distinzione fra residenti e non residenti, a fini fiscali (52

) - aveva individuato la

residenza abituale nel luogo in cui l’interessato ha fissato, con “voluto” carattere di

stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi, ferma restando la necessità

di tener conto di tutti gli elementi di fatto che contribuiscono alla sua costituzione (53

).

Anche nell’ambito del Regolamento n. 2201/2003, la nozione di residenza abituale

dovrebbe quindi risolversi in un criterio che riassume in sé sia un elemento materiale -

la stabilità (cioè la durata) della residenza, intesa come permanenza temporale in un

determinato territorio (54

) - sia un elemento soggettivo, costituito dall’intenzione di

correttamente individuato nel tribunale di Pisa il giudice della sua domanda, con conseguente rigetto del

regolamento di giurisdizione con cui si chiedeva di dichiarare la giurisdizione del giudice belga);

Cass. sez. un., (ord.) 15 giugno 2010, n. 15328, in Nuova giur. civ. comm., 2010, 1098, con nota di C.

CAMPIGLIO, e in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2011, 435, elenca una serie di indici utilizzati per

individuare, nel caso concreto, la residenza abituale dell’attrice in Italia per un periodo superiore ai sei

mesi, al momento della proposizione della domanda: “a) la signora C. è docente di ruolo presso il liceo

scientifico statale (omissis) dal (omissis) e ivi ha prestato servizio salvo i periodi di astensione

obbligatoria e congedo parentale in occasione della nascita della figlia; b) la stessa è stata seguita durante

la gravidanza da un ostetrico di (omissis); c) nella partecipazione di nozze, successiva alla celebrazione

del matrimonio, risultano indicate le due residenze dei coniugi in Francia e in Italia; d) numerosa

corrispondenza, dal (omissis) è stata indirizzata ai coniugi o alla signora C. presso la sua abitazione di

(omissis); e) il marito si è recato insieme alla moglie da un legale italiano nel (omissis) per discutere di

un’ipotesi di separazione consensuale; f) dall’atto di nascita della figlia risulta che nel rendere la

dichiarazione congiunta di nascita presso l’ospedale di (omissis) i genitori hanno indicato le proprie

residenze separate in Francia e in Italia; g) la figlia minore, che, come è pacifico è sempre vissuta con la

madre, è stata seguita da parte di pediatra italiano dal (omissis); che la circostanza che la signora C. non

abbia mai smesso di avere la propria residenza abituale in Italia non è contraddetta dal fatto che

saltuariamente, e anche per un periodo continuativo durante il congedo parentale, abbia trascorso periodi

in Francia presso la residenza del marito, ivi ricevendo anche corrispondenza, e in Francia abbia svolto

attività di studio; che, pertanto, la giurisdizione sulla causa di separazione appartiene al giudice italiano”.

Da ultimo, sulla nozione di residenza del minore, cfr. Cass. sez. un., 13 febbraio 2012, n. 1984.

Nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Belluno, sent. 6 marzo 2009, cit.; Trib. Belluno, sent. 5 novembre

2010, cit.; Trib. Belluno, sent. 30 dicembre 2011, cit.. 52

Cfr. Corte giust., 14 febbraio 1995, c. C-279/93, Finanzamt Köln-Altstadt vs Schumacker, in Raccolta,

1995, I-4225, e Corte giust., 25 febbraio 1999, c. C-90/97, Swaddling, in Raccolta, 1999, I-1075 ss.,

punto 29. 53

C. CAMPIGLIO, La residenza abituale dell’attore come titolo di giurisdizione in materia matrimoniale,

cit., 1102, in riferimento alla Relazione BORRÁS che accompagna la Convenzione di Bruxelles del 1998

(v. punto 32, in Riv. dir. int. priv. proc., 1998, 943). 54

R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 6 s., segnala la difficoltà di quantificare con

esattezza il periodo minimo di durata da prendere in considerazione, avendo riguardo sia all’integrazione

dei coniugi nel tessuto sociale di un Paese comunitario, sia ad un certo animus manendi in quel

determinato Stato membro. Sul punto, C. CAMPIGLIO, Il foro della residenza abituale del coniuge nel

Regolamento (Ce) n. 2201/2003, cit., 247, osserva che “in ordine all’elemento oggettivo-temporale

un’indicazione si potrebbe dedurre dallo stesso art. 3 del Regolamento. Infatti, se per il forum actoris un

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 19

fissare in tale luogo il centro dei propri interessi, manifestata da circostanze fattuali (55

).

Peraltro, una nozione restrittiva di residenza abituale, comprensiva anche dell’elemento

intenzionale, se appare conforme all’esigenza di radicare la controversia nello Stato ove

è effettivamente stabilita la vita matrimoniale, può tuttavia risultare non funzionale

rispetto al principio del favor divortii, cui si ispira il Regolamento (56

).

Il giudice nazionale è comunque tenuto a verificare gli elementi della fattispecie con

una valutazione di natura sostanziale, che prescinde dalla residenza meramente

anagrafica, non essendo sufficiente la presenza fisica nel territorio di uno Stato membro

quando questa sia temporanea o soltanto occasionale e manchi una minima integrazione

nell’ambiente sociale e familiare (57

).

Infine, l’introduzione del criterio generale della residenza abituale, in luogo di quello

del domicilio, valorizza il carattere non esclusivamente patrimoniale dei rapporti

considerati (58

).

anno (riducibile a sei mesi ove accompagnato dalla cittadinanza) è ritenuto sufficiente a dimostrare la

stabilità, e dunque ad esprimere un nesso significativo con lo Stato, si può ragionevolmente ritenere che

per gli altri fori - il foro del convenuto e il foro comune dei coniugi - possa bastare anche un periodo

più breve. Si tratta a ben vedere di fori rispetto ai quali assai meno forte è l’esigenza di prevedibilità per la

controparte (esigenza che addirittura non esiste nel caso di residenza comune dei coniugi)”. 55

Corte giust., 22 dicembre 2010, C-497/10 PPU, Mercredi c. Chaffe, cit..

In una decisione della Corte di Cassazione francese (v. Cour de Cassation [Francia], 14 dicembre 2005,

in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2006, 853), pronunciata con riferimento al Regolamento n. 1347/2000, si

afferma che “la nozione di residenza abituale (...) è una nozione autonoma di diritto comunitario, da

intendersi come il luogo in cui la persona interessata ha fissato il centro permanente e/o abituale dei suoi

interessi, con l'intenzione di conferirgli un carattere stabile e non temporaneo”.

Cfr. Cass. sez. un., 3 febbraio 2004, n. 1994, in Foro it., 2004, I, c. 1063, e in Giust. civ., 2004, 900, con

riferimento al criterio della residenza previsto dall’art. 18 c.p.c.. 56

C. CAMPIGLIO, La residenza abituale dell’attore come titolo di giurisdizione in materia matrimoniale,

cit., 1102. 57

Non dovrebbero quindi essere qualificate come residenza abituale, ai fini dell’applicazione dei criteri

del Regolamento n. 2201/2003, le ipotesi in cui lo spostamento della residenza in un certo Stato membro

non sia effettivamente voluta, ma avvenga solo formalmente, per finalità simulate o abusive (forum

shopping in senso proprio), all’unico scopo di radicare la giurisdizione in vista dell’applicazione di una

disciplina sostanziale più favorevole (che ammetta, ad es., il divorzio immediato). Tale pratica è ora

destinata ad attenuarsi in conseguenza dell’entrata in vigore, dal 21 giugno 2011, del Regolamento UE n.

1259/2010 del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della

legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, c.d. “Roma III”, che ha introdotto (soltanto

negli Stati membri partecipanti alla cooperazione) norme uniformi di conflitto finalizzate ad individuare

la medesima legge sostanziale applicabile qualunque sia lo Stato membro in cui venga proposta la causa

matrimoniale, così neutralizzando gli effetti della scelta operata dall’attore tra più giudici

alternativamente competenti. Sull’argomento v. P. FRANZINA, Regolamento Ue n. 1259/2010 del

Consiglio del 20 Dicembre 2010 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della

legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, in Nuove leggi civ. comm., 2011, 1436 s.;

LOPES PEGNA, Nuove frontiere del forum shopping: effetti in Italia dei divorzi “facili” ottenuti all’estero,

in Aldricus.com.

La fissazione della residenza abituale risulta peraltro compatibile con una contemporanea dimora (non

abituale) situata altrove (v. Corte giust., 17 febbraio 1977, c. C-76/76, Di Paolo, in Raccolta, 1977, p.

315, pt. 17 ss.). 58

G. CAMPEIS - A. DE PAULI, Brevi riflessioni, cit., § 2, rilevano la differenza rispetto al Regolamento n.

44/2001, che assume a foro generale il domicilio, come luogo degli affari (interessi economici). E’ stato

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 20

2.5.- Tra gli obiettivi del Regolamento n. 2201/2003 vi è anche quello di introdurre

specifiche disposizioni volte ad assicurare il coordinamento tra più giudizi riguardanti la

stessa domanda o domande connesse, che siano simultaneamente pendenti davanti ad

autorità giurisdizionali di diversi Stati membri (59

), al fine di prevenire la pronuncia di

provvedimenti contrastanti che potrebbero costituire un ostacolo alla libera circolazione

delle decisioni all’interno dell’Unione europea (60

).

In questo ambito, il Regolamento n. 2201/2003 pone il principio generale secondo

cui il procedimento instaurato per primo, davanti ad un giudice competente, prevale su

quelli proposti successivamente, radicando la giurisdizione dell’autorità

preventivamente adita, con la conseguenza che al fenomeno del forum shopping - reso

possibile dalla previsione di una molteplicità di fori alternativi e pari ordinati - si

aggiunge quello del c.d. forum running (61

), determinato dalla possibilità, per il coniuge

che per primo inizia la causa matrimoniale, di scegliere sia il giudice - e quindi il tipo

di processo (regolato dalla lex fori), con i connessi vantaggi, anche in termini di costi e

tempi del giudizio - sia, indirettamente, la legge applicabile più favorevole (c.d. system

shopping) (62

), precludendo le eventuali iniziative giudiziarie, da parte dell’altro

coniuge, in un diverso Stato membro, anche se maggiormente connesso alla vita

osservato che il carattere di abitualità avvicina la nozione in esame al concetto di residenza del codice

civile italiano, che l’art. 43 c.c. definisce come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale: v.

BARATTA, Lo scioglimento del vincolo coniugale nel diritto comunitario, in Lo scioglimento del vincolo

coniugale nel diritto comunitario, a cura di Carbone e Queirolo, Torino, 2008, 169 ss. 59

Come ha precisato la Corte di giustizia, nella sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in

Hadadi, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2010, 176, punto 56, se è vero che, in forza dell'art. 3, n. 1, lett.

b), del regolamento n. 2201/2003, i giudici di diversi Stati membri possono risultare competenti nel caso

di persone con cittadinanza plurima, tuttavia, qualora, in applicazione di tale disposizione, venissero aditi

giudici di più Stati membri, il conflitto di competenza può essere risolto con l'applicazione della norma

enunciata all'art. 19, n. 1, dello stesso regolamento. 60

Corte giust., 9 novembre 2010, c. C-296/10, Purrucker c. Vallés Pérez (II). Sul tema della litispendenza

nel diritto comunitario, v. M. A. LUPOI, La nuova litispendenza comunitaria: aspetti procedurali, in Riv.

trim. dir. proc. civ., 2004, 1286 ss.; M. C. BARUFFI, Commento agli artt. 8-20 del Regolamento CE n.

2201/2003, in Commentario breve al diritto di famiglia, a cura di A. Zaccaria, Padova, 2011, 3000 ss.. 61

R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 8. 62

Corte giust., sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv. dir. internaz.

priv. proc., 2010, 176, osserva che “il regolamento n. 2201/2003, disciplinando unicamente la

competenza giurisdizionale ma non stabilendo norme di conflitto, potrebbe certamente indurre i coniugi

(…) ad adire rapidamente uno dei giudici competenti per assicurarsi i vantaggi del diritto sostanziale in

materia di divorzio applicabile secondo il diritto privato internazionale del foro. Tuttavia (…) una siffatta

circostanza non può di per sé comportare che il fatto di adire un giudice competente in forza dell'art. 3, n.

1, lett. b), dello stesso regolamento, possa essere considerato abusivo. Infatti (…) il ricorso a giudici di

uno Stato membro di cui i due coniugi possiedano la cittadinanza, anche in assenza di qualunque altro

elemento di collegamento con lo Stato membro medesimo, non è contrario agli obiettivi perseguiti da

detta disposizione” (punto 57).

Il quadro è tuttavia mutato con l’entrata in vigore del Regolamento UE n. 1259/2010, la cui disciplina

(applicabile soltanto negli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata), nell’intento di evitare il

forum running finalizzato alla scelta della legge materiale più favorevole, ammette l’optio legis ad opera

dei coniugi, rendendo indifferente, a tale effetto, la scelta del foro: v. supra, nota 57.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 21

matrimoniale.

La litispendenza presuppone la prevenzione tra i diversi procedimenti: il criterio per

determinare la pendenza della lite è individuato in via generale dall’art. 16 del

Regolamento, a norma del quale il giudice si considera adito (a seconda che la forma

dell’atto introduttivo sia quella del ricorso, come nella separazione e nel divorzio, o

della citazione, come nel caso della domanda di annullamento) nel momento in cui

l’atto introduttivo è stato depositato presso il giudice o consegnato all’autorità

competente per la notifica al convenuto, purché successivamente l'attore non abbia

omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché fosse effettuata,

rispettivamente, la notificazione al convenuto o il deposito dell’atto presso il giudice

(63

). Il momento della pendenza della lite è quindi rimesso alla volontà dell’attore,

essendo determinato dal suo comportamento (il deposito o la notifica dell’atto

introduttivo del giudizio).

Nella materia matrimoniale, la disciplina della litispendenza è dettata dall’art. 19 del

Regolamento, il quale stabilisce che “qualora dinanzi ad autorità giurisdizionali di Stati

membri diversi e tra le stesse parti siano state proposte domande di divorzio,

separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio, l'autorità

giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia

stata accertata la competenza dall'autorità giurisdizionale preventivamente adita” (par.

1); “quando la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata

accertata, l’autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria

incompetenza a favore dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita” (par. 3).

Pertanto, anche quando non venga formalmente sollevata un’eccezione di

litispendenza, il giudice - al quale risulti che un altro giudizio è pendente tra le stesse

parti in un altro Stato membro - deve comunque sospendere d’ufficio il giudizio in

attesa della decisione del giudice preventivamente adito; nell’ipotesi in cui questi

affermi la propria competenza, il secondo giudice dovrà dichiarare d’ufficio il difetto di

giurisdizione in favore del primo giudice (64

).

63 Trib. Firenze, decr. 20 maggio 2003, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2005, 737, con commento di F.

MARONGIU BONAIUTI, Obbligazioni alimentari, rapporti patrimoniali tra coniugi e litispendenza tra i

regolamenti Bruxelles I e Bruxelles II, ibidem, 699 ss.; Trib. Milano, ord. 8 giugno 2004, in Riv. dir.

internaz. priv. proc., 2005, 141. 64

Sul punto, cfr. Cass. sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, in Dir. Famiglia, 2010, 106, con nota di RUO,

e in Dir. Famiglia, 2010, 1565, con nota di TARRICONE: “Nei casi di litispendenza e di connessione, ai

sensi dell'art. 19 Regolamento Ce 2201/2003, l'autorità giudiziaria adita successivamente deve dichiarare

la propria incompetenza a favore dell'autorità giudiziaria già investita della stessa questione o di questione

connessa, anche se, ai sensi del successivo art. 20, può emettere provvedimenti di urgenza”. Cfr. Cass.

sez. un., 17 maggio 2002, n. 7299, in Riv. dir. int. priv. proc., 2002, 1061, e Cass., 7 maggio 2004, n.

8748, in Giust. civ. Mass., 2004, 5, secondo cui, avverso il provvedimento di sospensione, non è

ammissibile il regolamento di giurisdizione ma quello di competenza ex art. 42 c.p.c.; Cass. sez. un., 12

maggio 2006, n. 11001, in Dir. e giust., 2006, 26, 44, e in Giust. civ. Mass., 2006, 5, ha precisato che,

avverso la pronuncia di accertamento negativo della litispendenza internazionale, non è proponibile né il

regolamento di competenza né il regolamento preventivo di giurisdizione, ma esclusivamente

l’impugnazione dinanzi al giudice processualmente sovraordinato, secondo l’ordinario svolgimento del

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 22

L’ampia nozione di litispendenza accolta dall’art. 19 del Regolamento

(significativamente rubricato “Litispendenza e connessione”) ricomprende sia i casi di

litispendenza in senso proprio, sia quelli di “azioni dipendenti” o c.d. “falsa

litispendenza” (65

), così da estendersi a tutte le controversie matrimoniali elencate

nell’art. 1, lett. a) (divorzio, separazione personale ed annullamento del matrimonio),

con il solo requisito dell’identità delle parti: agli effetti del Regolamento, la

litispendenza non presuppone quindi l’introduzione della medesima domanda già

proposta davanti all’autorità giudiziaria di un altro Stato membro, essendo configurabile

anche tra domande aventi titolo diverso - ad esempio tra quella di separazione

personale e quella di divorzio (66

) - ed anche se l’ordinamento del giudice

successivamente adìto non conosca il tipo di causa matrimoniale preventivamente

proposta (67

).

Alla parte che ha proposto la domanda davanti all'autorità giurisdizionale

successivamente adìta è comunque riconosciuta la facoltà di promuovere l'azione

davanti a quella adìta preventivamente (art. 19, par. 3, seconda parte). In tal modo,

l’attore che ha introdotto la causa successiva può riproporre la domanda (ad es. di

divorzio) al primo giudice (davanti al quale l’altro coniuge abbia formulato, ad es., la

domanda di separazione) (68

).

processo; v. inoltre Cass. sez. un., 19 marzo 2009, n. 6597. 65

L’espressione è contenuta nella Relazione BORRÁS, cit., punto 54, che trova un espresso riferimento

nell’art. 11, par. 1 e 2, del Regolamento n. 1347/2000.

In sostanza, vengono equiparate alla litispendenza le ipotesi di connessione tra cause relative al medesimo

rapporto matrimoniale, rendendo non necessaria una disposizione in tema di connessione in senso proprio

(v. P. DE CESARI, Diritto internazionale privato e processuale comunitario, cit., 155); l’unica ipotesi in

cui la connessione assume un autonomo rilievo resta dunque quella derivante dalla proposizione di una

domanda riconvenzionale (art. 4).

R. CONTI, Il Regolamento CE «Bruxelles II», cit., 661, si chiede se “il passaggio comunitario verso una

nozione di ultra-litispendenza - orientata a garantire in massima misura la trattazione unitaria delle

vicende che ruotano attorno al rapporto matrimoniale - non finirà col condizionare anche l’ordinamento

processuale intero ove si è sempre ritenuto che tra il giudizio di divorzio e quello di separazione personale

non esiste alcun rapporto che giustifichi una pronunzia di litispendenza o di sospensione necessaria del

primo in attesa della decisione sul secondo”. 66

Per un caso di litispendenza tra la domanda di separazione, proposta davanti al giudice italiano, e la

domanda di divorzio (poi convertita in separazione), preventivamente proposta davanti al giudice tedesco,

v. Trib. Belluno, sent. 23 dicembre 2009, cit.; cfr. inoltre Trib. Bari, sent. 9 dicembre 2008, in Giur.

merito, 2010, 659, con nota di M. D’AURIA; App. Perugia, sent. 10 marzo 2011 in Riv. dir. int. priv.

proc., 2012, p. 153; Trib. Milano, sent. 8 aprile 2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 1112; Cass., sez.

un., 12 febbraio 2013, n. 3268. 67

R. CONTI, Il Regolamento CE «Bruxelles II», cit., 660.

Non sussiste litispendenza tra una domanda di merito ed una volta ad ottenere la pronuncia di

provvedimenti provvisori ai sensi dell’art. 20 del Regolamento: v. Corte giust., 9 novembre 2010, c. C-

296/10, Purrucker c. Vallés Pérez (II), pt. 69, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2011, p. 511. 68

M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201, cit., § 8, vi ravvisa una forma di translatio iudicii internazionale,

che comporta un trasferimento di competenza sulla seconda azione al giudice adìto preventivamente, le

cui modalità non sono però disciplinate dal Regolamento (la riunione potrebbe trovare un ostacolo, ad es.,

nel caso in cui la prima causa sia pendente in grado d’appello). Inoltre, come osserva P. DE CESARI,

Diritto internazionale privato e processuale comunitario, cit., 156, il coniuge che ha proposto

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 23

Inoltre, il giudice successivamente adìto non può sindacare la decisione del primo

giudice, con riferimento sia alla competenza sia al merito: l’art. 24 - collocato nella

sezione dedicata al riconoscimento delle decisioni - prevede infatti il divieto di riesame

della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine (69

), e l’art.

26 pone il divieto di riesame del merito (anche quando la legge dello Stato membro cui

appartiene il giudice successivamente adìto non preveda per i medesimi fatti il divorzio,

la separazione personale o l'annullamento del matrimonio: v. art. 25).

Va però sottolineato che le regole sulla litispendenza dettate dall’art. 19 del

Regolamento n. 2201/2003 si applicano soltanto alle domande proposte davanti a

giudici di Stati membri dell’Unione europea, mentre nelle ipotesi in cui il primo

giudizio sia stato instaurato in uno Stato terzo, la disciplina della litispendenza

internazionale è quella generale, prevista dall’art. 7 della legge 31 maggio 1995, n. 218,

a norma del quale - quando sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti, davanti a

un giudice straniero, di una domanda avente il medesimo oggetto ed il medesimo titolo

- il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto per

l’ordinamento italiano, deve sospendere il giudizio e, se il giudice straniero declina la

propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non è riconosciuto

nell’ordinamento italiano, il giudizio prosegue, previa riassunzione del giudizio ad

istanza della parte interessata (70

); se il giudice italiano ritiene invece che il

provvedimento che verrà emesso nel processo straniero non possa essere riconosciuto, è

tenuto a non sospendere e a proseguire il giudizio.

Tale disciplina della litispendenza internazionale - che introduce un limite negativo

(sia pur temporaneo) alla giurisdizione del giudice italiano (71

) - si differenzia da

quella stabilita dall’art. 19 del Regolamento, sia perché presuppone l’effettiva identità

delle domande, con riferimento, oltre che alle parti, anche ai risultati pratici perseguiti

successivamente la domanda e non si è avvalso della facoltà prevista dall’art. 19, par. 3, potrà far valere le

sue pretese soltanto una volta che la decisione del primo giudice sia passata in giudicato, al fine di

conseguire - mediante azioni di integrazione e di completamento - quegli effetti ulteriori che non siano

derivati da tale decisione: ad es., dopo la pronuncia di divorzio, i cui effetti si sono prodotti ex nunc, sarà

ancora possibile richiedere una pronuncia di nullità del matrimonio, con efficacia ex tunc anche sui

rapporti personali e patrimoniali; oppure, dopo una pronuncia di separazione, si potrà proporre la

domanda di divorzio che era temporaneamente preclusa dalle disposizioni sulla litispendenza. 69

La decisione con cui il primo giudice afferma la propria giurisdizione potrebbe quindi essere fondata su

un criterio nazionale, e risulta vincolante per il giudice successivamente adìto anche se la competenza sia

stata erroneamente affermata sulla base delle norme interne anziché su quelle del Regolamento (A.

BONOMI, Il Regolamento comunitario, cit., 333).

70 Cfr. Cass. sez. un. ord. 18.6.2016 n. 5420. L’art. 7, 2° comma, precisa inoltre che la pendenza della

causa davanti al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui il processo si svolge (v.

Cass. sez. un., 12 ottobre 1990, n. 10014, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 1992, 956; Cass. sez. un., 27

marzo 2009, n. 7427).

Sull’argomento, in generale, v. F. MARONGIU BONAIUTI, Litispendenza e connessione internazionale.

Strumenti di coordinamento tra giurisdizioni statali in materia civile, Napoli, 2008. 71

Cfr. Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, la quale ha precisato che le pronunce di sospensione

del processo, emesse dal giudice italiano in ragione della pendenza di antecedente processo davanti al

giudice straniero, danno luogo ad una questione di giurisdizione.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 24

(72

), non avendo qui rilievo la nozione di “falsa litispendenza” (73

), sia perché richiede al

giudice un giudizio prognostico sulla possibilità di riconoscimento della pronuncia

proveniente dallo Stato terzo, mentre all’interno dello spazio giudiziario europeo opera

il principio del riconoscimento automatico delle decisioni (art. 21, par. 1, del

Regolamento n. 2201/2003) anche in riferimento alla disciplina della litispendenza (art.

19, par. 3).

L’astratta possibilità che la futura sentenza straniera produca effetti nell’ordinamento

italiano deve essere valutata in base alle norme generali sul riconoscimento delle

decisioni (artt. 64, 65 e 66 della legge 31 maggio 1995, n. 218), ma - trattandosi di un

provvedimento non ancora emesso - il giudice potrà considerare soltanto quei requisiti

che attengono al processo in corso, con particolare riferimento alla competenza

giurisdizionale, alla regolare costituzione delle parti ed al rispetto del contraddittorio e

dei diritti della difesa (74

), nonché alla possibile incompatibilità della disciplina straniera

con l’ordine pubblico (75

).

Non è richiesta una motivazione specifica in ordine alle ragioni per le quali il giudice

abbia ritenuto di disporre la sospensione del processo, essendo semplicemente

necessario che il provvedimento di sospensione trovi il suo presupposto nella constatata

72 La nozione di litispendenza internazionale presuppone - oltre all’identità delle parti - l’identità dei

risultati pratici perseguiti, e ciò indipendentemente dal petitum immediato delle singole domande e dal

titolo (causa petendi) specificamente fatto valere: v. Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, cit..

Si riteneva che la formulazione letterale dell’art. 7 della legge 31 maggio 1995, n. 218, richiedesse la

proposizione dell’eccezione di parte (cfr. Cass. sez. un., 17 marzo 2000, n. 61, in Riv. dir. internaz. priv.

proc., 2000, 781, e in Giust. civ., 2000, 1961); tuttavia, la più recente giurisprudenza di legittimità (v.

Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, cit.) ammette il rilevo d’ufficio della litispendenza

internazionale, che deve essere dichiarata dal giudice quando l’esistenza dei relativi presupposti emerga

dagli elementi offerti dalle parti. 73

Con riferimento a fattispecie anteriori al Regolamento n. 1347/2000, v. Cass. sez. un., 20 luglio 2001,

n. 9884, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2002, 1014, e in Giust. civ., 2002, 84, con nota di G.

GIACALONE: “Poiché non ricorre un'ipotesi di litispendenza internazionale, ai sensi dell'art. 7 l. n. 218 del

1995, tra un giudizio di separazione tra coniugi radicato anteriormente in Italia e un giudizio di divorzio

pendente in Francia, sussiste la giurisdizione italiana per il primo”; Trib. Venezia, 14 novembre 1996, in

Riv. dir. internaz. priv. proc., 1997, 158, e in Giur. merito, 2000, 79, con nota di J. CONENNA, secondo

cui il processo di separazione personale dei coniugi, in Italia, non può essere sospeso per la pendenza in

Francia del processo di divorzio tra le stesse parti, giacché la pronunzia sul divorzio non ha carattere

pregiudiziale rispetto a quella sulla separazione.

Cfr. Cass. sez. un., 6 novembre 1996, n. 9655, in Fam. e dir., 1997, 21, con nota di G. GIACALONE, e in

Giur. it., 1997, I, 1,1570, secondo cui tra la domanda di scioglimento del matrimonio, previamente

proposta ad un giudice straniero, e quella di separazione personale tra i medesimi coniugi, introdotta in

Italia, non sussiste alcun rapporto di litispendenza o di continenza; v. anche Cass. sez. un., 2 agosto 2011,

n. 16862, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2012, 681. 74

Cass. sez. un., 4 maggio 2006, n. 10219, in Giust. civ., 2007, I, 2902 ss.: “In tema di sospensione del

giudizio davanti al giudice italiano adito successivamente al giudice straniero, ex art. 7 l. n. 218 del 1995,

la valutazione prognostica da effettuare, circa la possibilità della sentenza straniera di spiegare effetto in

Italia, concerne il riscontro dell'identità tra i due giudizi delle parti, dell'oggetto e del titolo,

dell'introduzione del giudizio straniero prima di quello italiano, della conoscenza da parte del convenuto

dell'atto introduttivo del giudizio (in base al diritto straniero), del rispetto dei diritti essenziali della difesa

nonché della regolare costituzione delle parti (sempre secondo il diritto straniero)”. 75

Trib. Biella, 7 gennaio 2009, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2009, 684.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 25

esistenza delle condizioni previste per il riconoscimento della decisione straniera, ai

sensi degli artt. 64 ss. della legge 31 maggio 1995, n. 218 (76

).

Quando invece sia stato iniziato per primo il processo italiano, la sentenza

pronunciata in un giudizio straniero non può formare oggetto di riconoscimento in

Italia, secondo quanto stabilisce l’art. 64 lett. f) della legge 31 maggio 1995, n. 218.

A norma dell’art. 2, comma 1, della legge 31 maggio 1995, n. 218, restano salve,

infine, le disposizioni in tema di litispendenza dettate dalle convenzioni internazionali

in vigore per l’Italia (77

).

3.- L’art. 17 del Regolamento n. 2201/2003 impone al giudice adito di verificare

d’ufficio la propria competenza giurisdizionale e di dichiararsi incompetente quando sia

investito di una controversia per la quale il Regolamento preveda la competenza

dell’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.

La dichiarazione di incompetenza presuppone quindi che il giudice adito ritenga

sussistente, in base al Regolamento, la competenza del giudice di un altro Stato

membro, mentre, nella diversa ipotesi in cui nessuna autorità giurisdizionale di uno

Stato membro sia competente in base al Regolamento, il giudice deve procedere alla

verifica della propria competenza giurisdizionale in base alle norme interne.

L’art. 7, par. 1, del Regolamento n. 2201/2003 riconosce infatti la “competenza

residua” della lex fori, stabilendo che “qualora nessun giudice di uno Stato membro sia

competente ai sensi degli articoli 3, 4 e 5, la competenza, in ciascuno Stato membro, è

determinata dalla legge di tale Stato”.

Pertanto, in questa ipotesi residuale - configurabile nei soli casi che fuoriescono

dalla sfera di operatività degli artt. 3 ss. del Regolamento n. 2201/2003,

nell’interpretazione estensiva accolta dalla Corte di giustizia (78

) - possono ancora

trovare applicazione le norme sulla giurisdizione dettate dalle leggi nazionali degli Stati

membri.

Nell’ordinamento italiano, la disciplina della giurisdizione in materia matrimoniale è

stabilita dall’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218, il quale prevede più titoli di

giurisdizione concorrenti, disponendo che “in materia di nullità e di annullamento del

matrimonio, di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione

76 Così Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, cit.. Sul tema della litispendenza internazionale, cfr.

Cass. ord. 13.6.2014 n. 13567. 77

Cfr., ad es., Cass., 26 novembre 2004, n. 22335, in Giust. civ. Mass., 2004, 11, e in Giust. civ., 2005, 3,

I, 633: “Ai sensi della convenzione di Lugano del 16 settembre 1988, relativa alla competenza

giurisdizionale e all'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, resa esecutiva con la

legge di autorizzazione alla ratifica 10 febbraio 1992 n. 198, in caso di pendenza in primo grado, tra le

stesse parti, di un giudizio di divorzio e di un procedimento di separazione personale, promossi davanti a

giudici di Stati contraenti differenti, rispettivamente la Svizzera e l'Italia, si verifica una connessione di

cause; in tale evenienza, ove il giudice italiano successivamente adito, accertata la litispendenza

internazionale, sospenda il giudizio di separazione dinanzi ad esso pendente, si verifica un'ipotesi di

sospensione facoltativa del processo, non disciplinata dall'art. 295 c.p.c.”. 78

Cfr. Corte giust., 29 novembre 2007, C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo, cit..

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 26

italiana sussiste, oltre che nei casi previsti dall’art. 3, anche quando uno dei coniugi è

cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia” (79

).

Vengono dunque in considerazione, in primo luogo, i criteri generali di giurisdizione

previsti dal richiamato art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218:

- il domicilio o residenza in Italia del convenuto (art. 3, comma 1) (80

);

- gli “altri casi” in cui la giurisdizione italiana “è prevista dalla legge” (art. 3, comma

1), “anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio” (art. 3, comma 2,

ultima parte): vi rientrano, in materia di divorzio, il domicilio o la residenza dell’attore

(se il convenuto non sia domiciliato né residente in Italia), o qualunque tribunale della

Repubblica nel caso di coniugi residenti all’estero, di cui solo uno sia cittadino italiano

(v. art. 4, comma 1, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 8

della legge 3 marzo 1987, n. 74, e dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella l. 14

maggio 2005, n. 80) (81

); in materia di separazione personale, il luogo dell’ultima

residenza comune dei coniugi, previsto dall’art. 706, comma 1, c.p.c., ed il luogo di

79 Sull’argomento: B. NASCIMBENE, Divorzio, diritto internazionale privato e dell’unione europea, cit.,

71 ss.; C. RICCI, Commento all’art. 32 della legge n. 218/1995, in Commentario breve al diritto di

famiglia, a cura di A. Zaccaria, Padova, 2011, 2898 ss.; B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di

diritto internazionale privato, cit., 156 s.. 80

Le nozioni di domicilio e residenza debbono essere qualificate in base alla lex fori, e quindi a norma

degli artt. 43 - 45 c.c.. I criteri della residenza in Italia del convenuto o dell’attore, richiamati dall’art. 3

della legge 31 maggio 1995, n. 218, non coincidono esattamente con quello della “residenza abituale”

previsto dall’art. 3 lett. a) del Regolamento n. 2201/2003, che presuppone la (voluta) stabilità della

residenza, per la cui configurabilità non sono sufficienti le mere risultanze anagrafiche (cfr. supra § 2.4),

con la conseguenza che, quando non siano concretamente applicabili i criteri indicati dall’art. 3 del

Regolamento n. 2201/2003, può operare, in via residuale, il criterio interno della residenza italiana del

convenuto (o dell’attore), a norma degli artt. 3 e 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218.

Al fine dell’individuazione del luogo di residenza, il principio della corrispondenza tra residenza

anagrafica e residenza effettiva costituisce una presunzione semplice, superabile con ogni mezzo di prova

idoneo ad evidenziare l'abituale e volontaria dimora del soggetto in un luogo diverso (v. Cass., 22 luglio

1995, n. 8049, Cass., 5 agosto 2005, n. 16525); in via generale, la residenza del convenuto viene spesso

identificata con l’ubicazione della casa coniugale (v. Cass., 24 aprile 2001, n. 6012, Cass., 29 settembre

2004, n. 19595, Cass., 28 giugno 2006, n. 15017, Cass., 4 agosto 2011, n. 16957).

Per l’utilizzo dei criteri interni, in controversie tra cittadini non comunitari residenti in Italia (rispetto ai

quali risultava applicabile la disciplina comunitaria dell’art. 3 del Regolamento n. 2201/2003), v. Trib.

Pordenone, sent. 14 settembre 2005, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2005, 181 ss.; Trib. Reggio Emilia,

sent. 3 settembre 2007, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2009, 638; Trib. Reggio Emilia, sent. 3 aprile

2008, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2009, 737; Trib. Modena, sent. 31 luglio 2008, in Riv. dir.

internaz. priv. proc., 2009, 739. 81

L’art. 4, comma 1, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, è stato dichiarato incostituzionale nella parte in

cui individuava la competenza per territorio, nelle cause di divorzio, con riferimento al criterio prioritario

del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi, che è stato ritenuto manifestamente irragionevole,

dato che, nella maggioranza delle ipotesi, la residenza comune è cessata quantomeno dal momento in cui i

coniugi, in occasione della domanda di separazione, sono stati autorizzati a vivere separatamente (v. C.

Cost. 23 maggio 2008, n. 169, in Foro it., 2008, I, c. 2081). Prima dell’intervento della Corte

costituzionale, l’art. 4, comma 1, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, prevedeva i medesimi criteri di

competenza stabiliti dall’art. 706, comma 1, c.p.c..

I criteri della residenza abituale dei coniugi e dell’ultima residenza abituale, se uno di essi vi risiede

ancora, sono comunque operanti anche nelle cause di divorzio quando sia applicabile l’art. 3 lett. a) del

Regolamento n. 2201/2003.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 27

residenza dell’attore, previsto dall’art. 18, comma 2, c.p.c., nel caso in cui il convenuto

non abbia domicilio, residenza o dimora nella Repubblica (82

).

In particolare, quando nessuno dei coniugi sia cittadino italiano ed il matrimonio non

sia stato celebrato in Italia, la domanda è devoluta alla cognizione del giudice italiano -

secondo la disciplina dell’art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218, in relazione al

successivo art. 32 - non solo se il convenuto sia residente o domiciliato in Italia (primo

comma), ma, in difetto di tale situazione, anche se la parte attrice abbia la residenza

(anche di fatto) in Italia (83

).

L’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218, prevede inoltre due criteri di

giurisdizione speciali e sussidiari (84

):

- la cittadinanza italiana di uno dei coniugi (85

);

82 Cass. sez. un., 27 novembre 1998, n. 12056, in Giust. civ., 1999, 2383, con nota di RAITI, nel senso

della sussistenza della giurisdizione italiana in relazione al giudizio di separazione promosso da un

cittadino straniero domiciliato in Italia nei confronti del coniuge straniero domiciliato all’estero. Cfr. Trib.

Milano, 27 febbraio 2002, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2002, 1040: “Ai sensi del combinato disposto

dell'art. 3, comma 2, l. n. 218 del 1995 e dell'art. 18, comma 2, c.p.c., sussiste la giurisdizione italiana in

una causa di scioglimento di matrimonio nei confronti di un convenuto residente all’estero qualora

l’attore risieda in Italia”. 83

Cass. sez. un., 3 febbraio 2004, n. 1994, in Foro it., 2004, I, 1063, e in Giust. civ., 2004, 900: “La

domanda di separazione personale, quando nessuno dei coniugi sia cittadino italiano ed il matrimonio non

sia stato celebrato in Italia, è devoluta alla cognizione del giudice italiano, nella disciplina dell'art. 3 l. 31

maggio 1995, n. 218, in relazione al successivo art. 32, non solo se il convenuto sia residente o

domiciliato in Italia (comma 1), ma, in difetto di tale situazione, anche se la parte attrice abbia residenza

(anche di fatto) in Italia, tenendosi conto che l'ultima parte del comma 2 di detto art. 3, rendendo operanti

ai fini della giurisdizione pure i criteri stabiliti per la competenza territoriale, con riguardo alle

controversie non soggette alla convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (resa esecutiva con l. 21

giugno 1971, n. 804), comporta l'applicabilità dell'art. 18, comma 2, c.p.c. sul foro della residenza

dell'attore, ove il convenuto non abbia residenza o domicilio in Italia”. 84

Si ritiene che nel procedimento di separazione consensuale, che ha natura camerale non contenziosa,

debba trovare applicazione l’art. 9 della legge 31 maggio 1995, n. 218, dettato in tema di giurisdizione

volontaria, sebbene non richiamato dall’art. 32 l. cit. (B. BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto

internazionale privato, cit., 157). 85

La cittadinanza italiana di uno dei coniugi costituisce elemento sufficiente a radicare la giurisdizione

nazionale, essendo irrilevante che essa si riferisca al solo attore o al solo convenuto, e che ad essa si

accompagni anche la cittadinanza di un altro Stato, indipendentemente dalla presenza di altri collegamenti

effettivi con l’Italia.

In applicazione di tale criterio v. Trib. Firenze, sent. 15 aprile 2009, in Foro it., 2009, I, 2819 ss.; Trib.

Firenze, sent. 13 maggio 2009, in Fam. e dir., 2009, 811 ss., con nota di A. ZANOBETTI, e in Riv. dir.

internaz. priv. proc., 2011, 145; Trib. Tivoli, sent. 4 agosto 2009, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, 160.

Per una fattispecie anteriore all’entrata in vigore del Regolamento n. 1347/2000, v. Cass. sez. un., 8

febbraio 2001, n. 47, in Giur. it., 2002, 516, in Fam. e dir., 2001, 332, e in Giust. civ., 2001, 1545, con

osservazioni di D’ALESSANDRO: “Sussiste la giurisdizione del giudice italiano ex art. 32 l. n. 218 del

1995, in un giudizio promosso da cittadina italiana al fine di ottenere lo scioglimento del matrimonio

celebrato in Italia con cittadino tedesco, non rilevando in senso contrario né il successivo identico

giudizio, proposto in Germania dal marito, in forza del quale quest'ultimo eccepisce la litispendenza ex

art. 11 della convenzione italo-tedesca del 1936, resa esecutiva con legge n. 106 del 1937, né il fatto che

la moglie richiami, in forza dell'art. 31, comma 1, l. n. 218 del 1995, la legge sostanziale tedesca, la quale

non prevede la previa separazione dei coniugi”.

Cfr. Cass. sez. un., 17 marzo 2000, n. 61, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2000, 781, e in Giust. civ.,

2000, 1961: “Sussiste la giurisdizione del giudice italiano sulla domanda di separazione proposta da una

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 28

- la celebrazione del matrimonio in Italia (86

).

E’ evidente che questi ultimi criteri ampliano notevolmente la sfera della

giurisdizione italiana, dando luogo ad ipotesi di giurisdizione c.d. eccessiva o

esorbitante, in cui la vita matrimoniale non presenta un effettivo ed attuale collegamento

con il nostro Paese (87

), come nel caso del cittadino italiano che abbia contratto

matrimonio all’estero e sia sempre vissuto con il coniuge in uno Stato extraeuropeo,

oppure nel caso in cui i due coniugi, cittadini non comunitari, abbiano scelto una città

italiana soltanto come luogo della celebrazione del matrimonio, ritornando a vivere nel

Paese d’origine senza aver mai stabilito la residenza in Italia dopo le nozze (88

).

Va infine osservato che l’art. 32 pone criteri non derogabili dalla volontà delle parti

- non richiamando l’art. 4 della legge 31 maggio 1995, n. 218, che, nel riconoscere la

facoltà di scelta del foro, ammette la deroga convenzionale della giurisdizione anche

mediante la tacita accettazione da parte del convenuto (89

) - ed in tal modo esclude

l’operatività dell’art. 11 in ordine ai limiti al rilievo del difetto di giurisdizione, che

quindi deve sempre essere effettuato d’ufficio (90

).

cittadina italiana nei confronti del marito cittadino belga ai sensi dell'art. 32 della l. 31 maggio 1995, n.

218, che riconosce tale giurisdizione quando uno dei coniugi è cittadino italiano. In senso contrario non

può operare l'art. 5 della convenzione de L'Aja del 12 giugno 1902 resa esecutiva in Italia con l. 7

settembre 1905, n. 523, che prevedeva la giurisdizione del giudice del domicilio del convenuto poiché la

menzionata convenzione non è più in vigore in Italia a seguito di denuncia del 2 gennaio 1990, con effetto

dall’1 giugno 1994”. 86

La previsione del luogo di celebrazione del matrimonio come criterio di giurisdizione ha effetto anche

in materia di riconoscimento delle sentenze, dato che l’art. 64 lett. a) della legge 31 maggio 1995, n. 218,

prevede come requisito per il riconoscimento l’avvenuta pronuncia della decisione da parte di un giudice

che poteva conoscere della causa secondo principi sulla competenza giurisdizionale corrispondenti a

quelli propri dell’ordinamento italiano.

Cfr. Trib. Catania, sent. 30 novembre 1995, in Dir. famiglia, 1996, 1117, sulla competenza

giurisdizionale del giudice italiano a decidere la controversia di separazione personale dei coniugi che

abbiano contratto matrimonio in Italia. 87

Cass. 28 maggio 2004, n. 10378, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2005, 129. 88

In sostanza, sussiste la competenza giurisdizionale del giudice italiano quando uno dei due coniugi sia

cittadino italiano, o sia residente o domiciliato in Italia, o qui sia stato celebrato il matrimonio, mentre la

giurisdizione italiana resta esclusa soltanto nel caso in cui entrambi i coniugi siano cittadini stranieri, non

abbiano contratto il matrimonio in Italia e non siano qui residenti né domiciliati. 89

Cass. sez. un., (ord.) 24 ottobre 2006, n. 22818; Cass. sez. un., 1 ottobre 2009, n. 21053, in Fam. e dir.,

2010, 821, con nota di G. GRASSO. 90

In sintesi, quando in una controversia matrimoniale sia presente un elemento di estraneità (ad es.

residenza all’estero o cittadinanza straniera di uno o di entrambi i coniugi), il giudice deve innanzitutto

verificare d’ufficio (a norma dell’art. 17 del Regolamento n. 2201/2003) se, per quella controversia, il

Regolamento n. 2201/2003 preveda o meno la sua competenza giurisdizionale, in base ai criteri indicati

negli artt. 3, 4 e 5, e di conseguenza:

a) se il Regolamento prevede la competenza giurisdizionale del giudice adito, e non risulti che sia stata

preventivamente adita l'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro (ex art. 16 del Regolamento n.

2201/2003), il giudice potrà affermare la propria giurisdizione e quindi procedere nell’esame delle

ulteriori questioni (processuali e di merito, previa individuazione della legge sostanziale applicabile);

b) se il Regolamento prevede la competenza giurisdizionale del giudice adito, ma risulti che, davanti

all’autorità giurisdizionale di un diverso Stato membro, tra le stesse parti sia già stata proposta altra

domanda (di separazione personale, divorzio o annullamento del matrimonio), il giudice successivamente

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 29

adito deve sospendere d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall'autorità

giurisdizionale preventivamente adita, e, se la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente

adita sia stata accertata, il giudice successivamente adito deve dichiarare la propria incompetenza a favore

di quello adìto preventivamente (art. 19 del Regolamento n. 2201/2003);

c) se il Regolamento non prevede la competenza giurisdizionale del giudice adito, e prevede invece la

competenza dell’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, il giudice adito deve dichiarare

d’ufficio la propria incompetenza, a norma dell’art. 17 del Regolamento n. 2201/2003;

d) se il Regolamento non prevede la competenza giurisdizionale del giudice adito e nessun altro giudice

di uno Stato membro sia competente ai sensi degli artt. 3, 4 e 5 del Regolamento n. 2201/2003, la

giurisdizione, in ciascuno Stato membro, è regolata dalla legge nazionale di tale Stato (art. 7 del

Regolamento), e quindi il giudice italiano dovrà:

d1) utilizzare gli eventuali criteri di giurisdizione stabiliti dalle Convenzioni internazionali applicabili alla

controversia (art. 2 della legge 31 maggio 1995, n. 218);

d2) in mancanza di norme convenzionali, applicare le norme interne sulla giurisdizione (art. 32 della

legge 31 maggio 1995, n. 218), e cioè:

- i criteri generali previsti dall’art. 3 della legge 31 maggio 1995, n. 218;

- i criteri speciali e sussidiari previsti dall’art. 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218.

e) se non risulta applicabile alcuno dei criteri previsti dagli artt. 3 e 32 della legge 31 maggio 1995, n. 218

(o se è stata fondatamente eccepita la litispendenza internazionale in riferimento ad una domanda

preventivamente proposta davanti all’autorità giurisdizionale di uno Stato terzo, ai sensi dell’art. 7 della

stessa legge), il giudice adìto dovrà dichiarare il proprio difetto di giurisdizione anche in base alle norme

interne.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 30

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 31

La giurisdizione nelle controversie familiari transfrontaliere

II parte

La giurisdizione nelle controversie in materia di obbligazioni di mantenimento

UMBERTO GIACOMELLI

SOMMARIO: 1. Il Regolamento (CE) n. 4/2009. - 2. I criteri generali di giurisdizione. - 3. La nozione di

residenza abituale. - 4. I criteri di competenza giurisdizionale esclusiva, sussidiaria e residuale. - 5. Litispendenza e connessione.

1.- Il Regolamento (CE) n. 4/2009.

1.1. La nozione di obbligazioni alimentari (maintenance obligations) accolta nel

diritto dell’Unione europea ha un contenuto più ampio del concetto di alimenti proprio

del diritto italiano (art. 433 ss. c.c.) e ricomprende tutte le prestazioni di carattere

patrimoniale derivanti da rapporti di famiglia.

Quando nelle controversie in materia di obbligazioni alimentari è presente un

elemento di estraneità (ad es. la residenza all’estero o la cittadinanza straniera di una

delle parti del rapporto) trovano applicazione le norme sulla giurisdizione, le quali

individuano i giudici dello Stato cui è riconosciuta la competenza a pronunciare sulla

domanda. In questa materia, alle norme sulla giurisdizione stabilite dal diritto nazionale

- dettate, in particolare, dalla legge 31 maggio 1995 n. 218 (91

) - si è sovrapposta la

disciplina comunitaria, introdotta dapprima dal Regolamento (CE) n. 44/2001 del

Consiglio, del 22 dicembre 2000, “concernente la competenza giurisdizionale, il

riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale” (c.d.

Bruxelles I) (92

) e successivamente dal Regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del

18 dicembre 2008, “relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e

all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari”

(93

), entrato in vigore il 30 gennaio 2009 ed applicabile dal 18 giugno 2011 (94

).

91 A livello interno, l’art. 45 (Obbligazioni alimentari nella famiglia) della legge 31 maggio 1995 n. 218,

sostituito dall'art. 1 del d.lgs. 19 gennaio 2017 n. 7, dispone che “Le obbligazioni alimentari nella

famiglia sono regolate dalla legge designata dal regolamento 2009/4/CE del Consiglio del 18 dicembre

2008 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e

alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, e successive modificazioni”. 92

Il Regolamento (CE) n. 44/2001 è stato sostituito, a decorrere dal 10 gennaio 2015, dal Regolamento

(UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012 (c.d. Bruxelles I bis),

“concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia

civile e commerciale (rifusione)”, che esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione la

materia delle obbligazioni alimentari, in quanto disciplinata dal Regolamento (CE) n. 4/2009 (v.

considerando n. 10 e art. 1, par. 2 lett. e, del Regolamento n. 1215/2012). 93

Il Regolamento (CE) n. 4/2009, la cui approvazione è stata preceduta dall’adozione del Libro verde

sulle obbligazioni alimentari COM(2004) def. 254, è stato adottato dal Consiglio il 18 dicembre 2008

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 32

Il Regolamento n. 4/2009 - che prevale, tra gli Stati membri, sulle convenzioni e gli

accordi che riguardano le materie disciplinate dal Regolamento e di cui sono parte gli

Stati membri (95

) - si inserisce nel quadro della disciplina introdotta dall’Unione

europea in materia civile, commerciale e familiare, articolata in una pluralità di atti

normativi riguardanti la competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il

riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni (96

).

sulla base degli artt. 61 e 67 del Trattato CE, con l’obiettivo di sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza

e giustizia, perseguendo gli obiettivi fissati dal Consiglio Europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999 e

dal Programma dell’Aja del 2004 (v. considerando n. 4-6). Esso rappresenta il primo atto comunitario

adottato dall’Unione europea a seguito dell’adesione alla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale

privato, nell’ambito della quale la Comunità e gli Stati membri hanno partecipato ai negoziati (v.

considerando n. 8) che sono sfociati il 23 novembre 2007 nell’adozione della Convenzione sull’esazione

internazionale di prestazioni alimentari nei confronti di figli e altri membri della famiglia (Convenzione

dell’Aia del 2007) e del Protocollo relativo alla legge applicabile alle obbligazioni alimentari (Protocollo

dell’Aia del 2007).

Sull’argomento: F. POCAR, I. VIARENGO, Il Regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di obbligazioni

alimentari, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2009, 805 ss.; M. CASTELLANETA, A. LEANDRO, Il Regolamento

CE n. 4/2009 relativo alle obbligazioni alimentari, in Nuove Leggi Civili Commentate, 2009, 1051 ss.; S.

MARINO, Il nuovo regolamento comunitario sulla cooperazione giudiziaria civile in materia di

obbligazioni alimentari, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2009, II, 599 ss.; R. CRISCUOLI, Regolamento CE n.

4/2009 del Consiglio in materia di obbligazioni alimentari, in Studi e Materiali, 2010, 4, 1125 ss.; A.

PANCALDI, La disciplina processualcivilistica delle obbligazioni alimentari alla luce del nuovo

regolamento Ce n. 4 del 2009, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, 1353 ss.; M. VELLETTI, Il Regolamento

(CE) n.4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al

riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari,

relazione per l’incontro di studio sul tema Gli strumenti sovranazionali in materia di famiglia organizzato

dal Consiglio Superiore della Magistratura, 2010; P. FRANZINA, Il Regolamento (CE) n. 4/2009 relativo

alle obbligazioni alimentari, in M. A. LUPOI, Tutele e procedure giudiziarie europee. Principi

fondamentali e applicazioni pratiche, 2011, 149 ss.; P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, in A.

GRAZIOSI (a cura di), I processi di separazione e di divorzio, 2011, 480 ss.; F.C. VILLATA, Obblighi

alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, in Riv. dir. internaz., 2011, 731 ss.; M.

E. CORRAO, Il diritto internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni alimentari,

in Cuadernos de Derecho Transnacional (Marzo 2011), Vol. 3, n. 1, 118 ss.; R. PACIA, Regolamento

(CE) n. 4/2009: competenza, legge applicabile, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia

di obbligazioni alimentari, in Studium Iuris, 2011, 10 ss.; I. VIARENGO, Commento al Regolamento (CE)

n. 4/2009, in Commentario breve al diritto di famiglia, a cura di A. Zaccaria, Padova, 2011, 3081 ss.; B.

BAREL - S. ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, Milano, 2012, 177 ss.; U.

GIACOMELLI, La competenza giurisdizionale nelle controversie in materia di obbligazioni alimentari -

Regolamento (CE) n. 4/2009, in Obbligazioni alimentari nelle controversie familiari transfrontaliere, a

cura di Sangiovanni, Roma, 2014, 63 ss.. 94

Il Regolamento n. 4/2009 è applicabile a decorrere dal 18 giugno 2011, a seguito della ratifica da parte

dell’Unione Europea, avvenuta in data 8 aprile 2010, del Protocollo dell’Aja del 23 novembre 2007, di

cui è stata disposta l’applicazione in via provvisoria (art. 76); esso si applica solo ai procedimenti avviati,

alle transazioni giudiziarie approvate o concluse e agli atti pubblici redatti successivamente alla data di

applicazione (art. 75, par. 1). 95

Art. 69, par. 2. 96

I principali Regolamenti dell’Unione europea in materia civile, commerciale e familiare sono i

seguenti:

- il Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000 (c.d. Bruxelles I), concernente la

competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e

commerciale, sostituito, a decorrere dal 10 gennaio 2015, dal Regolamento (UE) n. 1215/2012 del

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 33

Il Regolamento n. 4/2009 riunisce in un unico strumento normativo la

regolamentazione organica di tutti i diversi aspetti della materia delle obbligazioni

alimentari, e si caratterizza per l’ampiezza del proprio ambito di applicazione, che si

estende dalla disciplina della competenza giurisdizionale a quella della legge applicabile

e della circolazione (riconoscimento ed esecuzione) delle decisioni, oltre alla

cooperazione tra autorità centrali (97

). Per effetto del Regolamento n. 4/2009 è quindi

esclusa, nelle controversie in materia di obbligazioni alimentari, l’applicazione degli

altri Regolamenti che disciplinano la competenza giurisdizionale (c.d. Bruxelles I e II

bis) e la legge applicabile (c.d. Roma I, II e III).

In particolare, il Regolamento n. 4/2009 ha introdotto norme uniformi sulla

giurisdizione, ispirate ai principi della certezza e della prevedibilità, che trovano

applicazione in tutti gli Stati membri (98

) - operando la ripartizione della competenza

Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012 (c.d. Bruxelles I bis);

- il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003 (c.d. Bruxelles II bis), relativo

alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia

di responsabilità genitoriale, che ha abrogato il Regolamento (CE) n. 1347/2000 (c.d. Bruxelles II);

- il Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla

legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (c.d. Roma II);

- il Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla

legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (c.d. Roma I);

- il Regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una

cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (c.d.

Roma III);

- il Regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo

alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e

all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un

certificato successorio europeo;

- il Regolamento (UE) n. 1103/2016 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione

rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle

decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi (si applica a decorrere dal 29 gennaio 2019);

- il Regolamento (UE) n. 1104/2016 del Consiglio, del 24 giugno 2016 che attua la cooperazione

rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle

decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate (si applica a decorrere dal 29 gennaio

2019). 97

Cfr. considerando n. 10. In particolare, in base al Regolamento n. 1259/2010 (considerando n. 10 e art.

1, par. 2, lett. g) le materie quali gli effetti del divorzio o della separazione personale sulle obbligazioni

alimentari sono regolate dalle norme di conflitto applicabili nello Stato membro partecipante interessato,

e quindi dal Regolamento n. 4/2009. 98

Il Regolamento n. 4/2009 si applica anche al Regno Unito che, seguendo la procedura di cui all’ex art.

11 A Tr. CE, ha notificato la propria intenzione di accettarlo, accolta dalla Commissione con la decisione

2009/451/CE 8.6.2008 (GUUE L 149, 12.6.2009, 73ss.: al Regno Unito tuttavia non si applica il

Protocollo dell’Aja sulla legge applicabile); anche l’Irlanda ha deciso di partecipare all’adozione e

all’applicazione del Regolamento n. 4/2009, esercitando il proprio diritto di opting in. La Danimarca, ai

sensi degli artt. 1 e 2 del Protocollo che regola la posizione di questo Stato rispetto ai Trattati UE e CE,

non è vincolata dal Regolamento n. 4/2009 (v. il considerando n. 48 e l’art. 69 par. 3), né può esercitare,

contrariamente al Regno Unito e all’Irlanda, un diritto di opting in; tuttavia la Danimarca, in virtù

dell’accordo concluso con la CE il 12.6.2009, ha dato attuazione alle modifiche apportate dal

Regolamento n. 4/2009 al Regolamento n. 44/2001 (che si applica ad essa in base all’accordo con la CE

del 19.10.2005, concluso con la decisione 2006/325/CE del Consiglio, GUUE L 120, 5.5.2006, 22 ss.) in

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 34

giurisdizionale nei rispettivi ambiti territoriali e la conseguente predeterminazione del

giudice naturale - con l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio comune di

libertà, sicurezza e giustizia, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone,

allo scopo di rendere più efficaci i mezzi di cui dispongono i creditori di alimenti per la

tutela dei loro diritti nelle controversie transfrontaliere, nella misura necessaria al

corretto funzionamento del mercato interno (99

).

Il presupposto implicito dell’operatività del Regolamento è costituito dalla c.d.

europeità (o internazionalità) della fattispecie, che sussiste quando gli elementi

significativi (cittadinanza e residenza delle parti) non sono tutti riconducibili

all’ordinamento di un medesimo Stato membro dell’Unione europea; non è tuttavia

necessario che l’elemento di estraneità si riferisca ad un altro Stato membro, potendo

riguardare uno Stato terzo (ad es. cittadinanza non comunitaria o residenza di una delle

parti in un Paese extraeuropeo) (100

).

1.2. Il Regolamento individua le obbligazioni alimentari come categoria giuridica

autonoma sia rispetto alla “materia civile e commerciale” (disciplinata dai Regolamenti

n. 44/2001, n. 864/2007 e n. 593/2008) sia rispetto alla materia del diritto di famiglia

(disciplinata dai Regolamenti n. 2201/2003 e n. 1259/2010), attribuendo a tale nozione

una specifica rilevanza - agli effetti della determinazione della competenza

giurisdizionale, della legge applicabile, del riconoscimento ed esecuzione delle

decisioni - in ragione della sua duplice natura: di carattere patrimoniale, riguardo al

contenuto dell’obbligazione, e di carattere familiare, per la tipologia dei rapporti che ne

costituiscono il fondamento (101

).

In assenza di una definizione espressa nell’ambito delle disposizioni del

Regolamento (v. art. 2), la nozione di obbligazioni alimentari (maintenance obligations)

va intesa nell’accezione autonoma propria del diritto comunitario, estesa “a tutte le

obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o

tema di competenza giurisdizionale e di riconoscimento delle decisioni, nonché alle disposizioni relative

al capo dedicato all’accesso alla giustizia; non sono quindi vincolanti per la Danimarca le disposizioni del

Regolamento n. 4/2009 sulla legge applicabile e sulla cooperazione amministrativa. 99

Cfr. considerando n. 1, n. 10 e n. 45. A norma dell’art. 68, par. 2, il Regolamento n. 4/2009 sostituisce,

in materia di obbligazioni alimentari, il Regolamento n. 805/2004 istitutivo del titolo esecutivo europeo

per i crediti non contestati, tranne per i titoli esecutivi europei riguardanti obbligazioni alimentari emessi

in uno Stato membro non vincolato dal protocollo dell’Aja del 2007. Le obbligazioni alimentari sono

invece espressamente escluse dall’ambito di applicazione del Regolamento n. 861/2007, che istituisce un

procedimento europeo per le controversie di modesta entità (art. 2, par. 2, lett. b), e implicitamente da

quello del Regolamento n. 1896/2006, che istituisce un procedimento europeo di ingiunzione di

pagamento. 100

Cfr. considerando n. 15: «La circostanza che un convenuto abbia la residenza abituale in uno Stato

terzo non dovrebbe escludere l’applicazione delle norme comunitarie in materia di competenza». 101

M. E. CORRAO, Il diritto internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni

alimentari, cit., 121, osserva che il carattere “ibrido” della materia ha condizionato talune scelte

normative, come quella di escludere questa categoria di norme dall’ambito di applicazione della

regolamentazione uniforme in materia di obbligazioni extra-contrattuali.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 35

di affinità” (102

), e quindi comprensiva dei diversi istituti delle obbligazioni di

mantenimento e di quelle di alimenti previste dall’ordinamento italiano (103

).

Nel sistema vigente, il concetto di alimenti, in senso stretto, si riferisce all’istituto

disciplinato dagli artt. 433 ss. c.c., mentre gli obblighi di mantenimento, nell’ambito

delle relazioni familiari, trovano il loro fondamento nel dovere di contribuzione tra

102 Così il considerando n. 11 del Regolamento n. 4/2009; cfr. art. 1, par. 1 del Protocollo dell’Aja 2007.

Sulla nozione di obbligazione alimentare, v. M. CASTELLANETA, A. LEANDRO, Il Regolamento CE n.

4/2009, cit., 1060 ss.

Il Regolamento, pur elencando i rapporti sui quali si fonda l’obbligazione alimentare (“i rapporti di

famiglia, di matrimonio, di parentela e di affinità”), non intende incidere sulla loro regolamentazione,

come risulta dalla disciplina del riconoscimento ed esecuzione delle decisioni (v. considerando n. 25 e art.

22: «Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione in materia di obbligazioni alimentari a norma del

presente regolamento non implicano in alcun modo il riconoscimento del rapporto di famiglia, di

parentela, di matrimonio o di affinità alla base dell’obbligazione alimentare che ha dato luogo alla

decisione»; cfr. considerando n. 21: «Occorre precisare, nel quadro del presente regolamento, che tali

norme sui conflitti di legge determinano solo la legge applicabile alle obbligazioni alimentari e non

determinano la legge applicabile all’accertamento del rapporto di famiglia sul quale si basano le

obbligazioni alimentari. L’accertamento del rapporto di famiglia continua a essere disciplinato dal diritto

interno degli Stati membri, comprese le loro norme di diritto internazionale privato»).

Il testo definitivo del Regolamento ha una formulazione più riduttiva di quella prospettata nel corso dei

lavori preparatori, ove era stato previsto, ai fini dell’individuazione della nozione di obbligazioni

alimentari, un espresso riferimento anche ai “rapporti assimilabili ai rapporti di famiglia”, con l’intento di

includere nell’ambito di applicazione del Regolamento quelle unioni non riconducibili al concetto

tradizionale di famiglia, quali le unioni di fatto, le unioni registrate ed i matrimoni same sex. La stessa

ampia formulazione è utilizzata, in senso negativo, dall’art. 2, par. 2, lett. b del Regolamento n. 593/2008

e dall’art. 2, lett. a e b, del Regolamento n. 864/2007 per individuare le obbligazioni alimentari quale

categoria esclusa dai relativi ambiti di applicazione ratione materiae.

Una diversa interpretazione, finalizzata ad ampliare la configurazione restrittiva fondata sul testo dell’art.

1 del Regolamento, conforme alla ratio che aveva ispirato i lavori preparatori, dovrebbe essere fondata

sulla ricostruzione più ampia, nell’ordinamento comunitario, del significato attribuibile al termine

matrimonio e all’espressione rapporti di famiglia. Tuttavia, come osserva M. E. CORRAO, Il diritto

internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni alimentari, cit., 125, non sembra

che allo stato attuale sia possibile individuare un diverso significato di tali nozioni, nella giurisprudenza

comunitaria o con riferimento ai principi generali rilevabili dagli ordinamenti degli Stati membri, data la

profonda differenziazione esistente al loro interno in ordine alla regolamentazione dei rapporti di

famiglia.

Peraltro, il considerando n. 12 della Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla

legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle

unioni registrate, COM(2011) 127 def., prevede che «Le obbligazioni alimentari tra partner dell’unione

registrata, essendo disciplinate dal regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008,

relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla

cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, devono essere escluse dal campo di applicazione del

presente regolamento». 103

Cass. sez. un., 1 ottobre 2009, n. 21053, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2010, 462 ss., e in Fam. e dir.,

2010, 821 ss., con nota di G. GRASSO; cfr. Cass. sez. un., 24 luglio 2003, n. 11526, in Riv. dir. int. priv. e

proc., 2004, 678 ss..

Come vi sono obbligazioni che, pur non essendo qualificabili come alimentari nell’ordinamento italiano,

ricadono nella sfera di operatività del Regolamento n. 4/2009, così, al contrario, vi sono prestazioni

alimentari (di diritto italiano) alle quali la disciplina del Regolamento non è applicabile, derivando non da

rapporti di famiglia, ma da altro titolo di natura contrattuale o successoria (cfr. artt. 437 e 660 c.c.; ad es.

gli alimenti dovuti dal donatario, se il titolo dell’obbligazione è quello derivante dalla sola donazione e

non dal rapporto di parentela).

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 36

coniugi (art. 143 c.c.) e nei confronti dei figli, anche se nati fuori dal matrimonio (artt.

30 Cost., 147 e 148 c.c.), nonché, in situazioni di crisi matrimoniale, negli obblighi in

favore della prole (artt. 337 bis ss. c.c., applicabili alla separazione, al divorzio ed alle

relazioni con i figli naturali) ed in favore del coniuge separato e dell’ex coniuge (art.

156 c.c. e artt. 5-8 l. div.) (104

). Sotto il profilo processuale, nella materia delle

obbligazioni alimentari sono ricomprese due diverse tipologie di controversie:

- le domande di mantenimento proposte in via principale (ad es. ricorsi ex art. 316 bis

c.c.; ricorsi per modifica delle condizioni di separazione o divorzio, ai sensi degli artt.

710 c.p.c. e 9 l. div.);

- le domande di mantenimento accessorie ad un’azione relativa allo stato delle

persone (es. controversie di separazione e divorzio) o alla responsabilità genitoriale (es.

domanda di affidamento dei figli minori).

In tale quadro di riferimento, l’interpretazione autonoma della nozione di

obbligazioni alimentari - fondata sull’oggetto, lo scopo ed il contesto in cui le

disposizioni sono inserite, nonché sui principi generali desumibili dal complesso degli

ordinamenti giuridici nazionali - è volta a garantire l’uguaglianza e l’uniformità

dell’applicazione del diritto dell’Unione europea negli Stati membri.

Può quindi essere qualificata come alimentare quell’obbligazione che, a prescindere

dalla denominazione utilizzata (105

), ha la propria fonte nella legge o in un

provvedimento giudiziale - cioè in un titolo diverso dalla volontà delle parti (tranne

che questa sia riproduttiva o integrativa di un obbligo già predeterminato giudizialmente

o dalla legge) - e che si connota per le diverse modalità di esecuzione della prestazione

che ne costituisce l’oggetto, essendo irrilevante che questa consista nella corresponsione

di pagamenti periodici o una tantum, nel trasferimento della proprietà di beni dai quali

ricavare un rendita o nella concessione di garanzie reali o personali (106

), dove

l’elemento caratterizzante è individuato dalla funzione che delinea la tipicità della

causa, costituita dalla prevalenza dello scopo di sostentamento del creditore (107

), e che

presiede alla determinazione dell’ammontare della relativa prestazione in base a due

parametri, correlati alle condizioni economiche del debitore ed ai bisogni del creditore.

Restano escluse le prestazioni non riconducibili a tale funzione, come quelle dirette

alla ripartizione dei beni per definire il regime patrimoniale dei coniugi e quelle aventi

finalità risarcitoria o successoria.

104 E’ stato osservato (v. G. OBERTO, Gli obblighi di mantenimento e il recupero dei crediti alimentari in

diritto comunitario: la nozione comunitaria di “alimenti” e i principi in tema di competenza

giurisdizionale, in giacomooberto.com) che la nozione di alimenti potrebbe anche abbracciare l’assegno

periodico previsto in favore delle persone conviventi more uxorio che rimangano prive di mezzi adeguati

a seguito dell’allontanamento del partner disposto dall’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 342 ter c.c.,

introdotto dall’art. 2 della legge n. 154/2001 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari). 105

L’ampiezza della nozione è dimostrata dall’art. 4, par. 1, lett. c), che, richiamando espressamente «le

obbligazioni alimentari tra coniugi o ex coniugi», non può che riferirsi all’assegno divorzile. 106

Corte di giustizia, 6 marzo 1980, C-120/79, de Cavel (II). 107

Corte di giustizia, sez. V, 27 febbraio 1997, C-220/95, van den Boogaard v. Laumen, pt. 22, in Giust.

civ., 1998, I, 308 ss..

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 37

2.- I criteri generali di giurisdizione.

2.1. Nella materia delle obbligazioni alimentari il legislatore europeo ha inteso creare

un sistema unitario ed esaustivo della disciplina della giurisdizione, che tende a

realizzare vari obiettivi: adattare le norme in materia di competenza giurisdizionale,

quali risultano dal Regolamento n. 44/2001, in modo da preservare gli interessi dei

creditori di alimenti; estendere l’applicazione delle norme comunitarie sulla competenza

alle ipotesi in cui il convenuto abbia la residenza abituale in uno Stato terzo; escludere il

rinvio alle norme in materia di competenza contemplate dal diritto nazionale,

determinando i casi in cui un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro può

esercitare una competenza sussidiaria (108

).

Le disposizioni sulla competenza giurisdizionale contenute nel Regolamento n.

4/2009 (capo II, artt. 3-7) individuano una serie di titoli concorrenti di diversa natura,

articolati in ordine gerarchico, nell’ambito dei quali è possibile distinguere i criteri di

competenza generale (art. 3) e quelli di competenza esclusiva (artt. 4 e 5), sussidiaria

(art. 6) e residuale (forum necessitatis, art. 7).

Il sistema attribuisce rilevanza ai criteri generali di competenza giurisdizionale

soltanto nel caso in cui le parti non abbiano esercitato la facoltà di individuare un

determinato foro (electio fori) tra quelli indicati dal Regolamento (art. 4), e purché il

convenuto abbia sollevato l’eccezione di difetto di giurisdizione al momento della sua

costituzione, restando altrimenti radicata la competenza dell’autorità giurisdizionale

dello Stato membro dinanzi alla quale il convenuto è comparso (art. 5). Nel caso di

mancata comparizione del convenuto trova invece applicazione l’art. 10 del

Regolamento che impone al giudice adito di verificare d’ufficio la competenza

giurisdizionale (109

) e di dichiarare la propria incompetenza quando venga investito di

una controversia per la quale non sia competente in base al Regolamento, senza dover

108 Cfr. considerando n. 15. Sul punto, P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 481, osserva che le

norme sulla competenza giurisdizionale introdotte dal Regolamento n. 4/2009 perseguono

fondamentalmente due obiettivi: garantire ampie opportunità d’accesso alla giustizia, specie nell’interesse

dell’alimentando, prevedendo una pluralità di titoli di giurisdizione concorrenti, alcuni dei quali

preordinati a portare la controversia in un foro particolarmente vicino al creditore, e favorire l’unità del

contenzioso sulle pretese alimentari e sul rapporto giuridico ad esse sottostante. 109

Il disposto risultante dal coordinamento degli artt. 5 e 10 del Regolamento n. 4/2009 corrisponde

pertanto all’art. 26, par. 1, del Regolamento n. 44/2001: «Se il convenuto domiciliato nel territorio di uno

Stato membro è citato davanti ad un giudice di un altro Stato membro e non compare, il giudice, se non è

competente in base al presente regolamento, dichiara d’ufficio la propria incompetenza». Cfr. l’art. 28,

par. 1, del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis).

L’art. 11 prevede inoltre che, nel caso di mancata comparizione in giudizio del convenuto abitualmente

residente in un altro Stato, il giudice è tenuto a sospendere il procedimento fino a quando non si accerti

che al convenuto sia stata data la possibilità di ricevere la domanda giudiziale, o un atto equivalente, in

tempo utile per poter presentare le proprie difese, ovvero che sia stato fatto tutto il possibile a tal fine

(analogamente a quanto prevedono l’art. 26, par. 2, del Regolamento n. 44/2001 e l’art. 18, par. 1, del

Regolamento n. 2201/2003): v. P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 486.

Sebbene la verifica d’ufficio della giurisdizione debba essere effettuata in via preliminare, il giudice potrà

comunque rilevare il proprio difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del processo.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 38

anche verificare se sussista la competenza dell’autorità giurisdizionale di un altro Stato

membro (110

).

In sostanza, è sempre competente il giudice dello Stato membro dinanzi al quale il

convenuto è comparso senza contestare la giurisdizione; se invece il convenuto non

compare o, costituendosi in giudizio, eccepisce il difetto di giurisdizione, il giudice deve

procedere alla verifica della propria competenza giurisdizionale, accertando innanzitutto

se le parti abbiano provveduto all’electio fori e, in mancanza di questa, applicando i

criteri generali o, infine, quelli sussidiari e residuali.

L’ordine di applicazione dei criteri di giurisdizione è dunque il seguente: competenza

fondata sulla comparizione del convenuto (art. 5) (111

); competenza fondata

sull’elezione del foro (art. 4); competenza generale (art. 3); competenza sussidiaria (art.

6) e competenza residuale (art. 7).

2.2. La competenza generale viene stabilita sulla base di più criteri, in concorso

alternativo tra loro; ciò rende teoricamente possibile il fenomeno del forum shopping,

attenuato dalla previsione di norme uniformi sulla legge applicabile (v. art. 15, che

rinvia al Protocollo dell’Aia del 23 novembre 2007).

Sino all’entrata in vigore del Regolamento n. 4/2009, la disciplina della giurisdizione

in materia di obbligazioni alimentari era stabilita dal Regolamento n. 44/2001, che -

oltre a riconoscere il foro generale del domicilio del convenuto (art. 2), quale centro

degli affari e degli interessi economici - prevedeva anche (all’art. 5, n. 2) la

competenza speciale del giudice del luogo in cui il creditore di alimenti ha il domicilio o

la residenza abituale o, per le domande accessorie ad un’azione relativa allo stato delle

persone, del giudice competente a conoscere quest’ultima secondo la legge nazionale

(112

).

110 Diversa è la disciplina stabilita dall’art. 17 del Regolamento n. 2201/2003, che impone al giudice adito

di verificare d’ufficio la propria competenza giurisdizionale indipendentemente dal comportamento

processuale del convenuto, e di dichiararsi incompetente quando sia investito di una controversia per la

quale il Regolamento non prevede la sua competenza e per la quale, in base al Regolamento, sia invece

competente l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro (dato che, laddove il Regolamento non

preveda la competenza dell’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, il giudice adito dovrebbe

verificare se sussista la propria competenza residua secondo le norme interne, ai sensi dell’art. 7); pur

essendo riconosciuta all’attore la facoltà di scelta tra i diversi fori alternativi indicati dall’art. 3, è quindi

escluso che le parti possano designare consensualmente il giudice cui attribuire la competenza

giurisdizionale (anche in caso di domanda congiunta di separazione o di divorzio, l’unico criterio di

giurisdizione previsto dal Regolamento è quello della residenza abituale di uno dei coniugi nel territorio

dello Stato membro del giudice adito). 111

E’ significativo che nell’art. 5 non siano espressamente richiamati gli articoli precedenti (“Oltre che

nei casi in cui la sua competenza risulta da altre disposizioni del presente regolamento, è competente

l’autorità giurisdizionale dello Stato membro dinanzi alla quale compare il convenuto. Tale norma non è

applicabile se la comparizione è intesa a eccepire l’incompetenza”), diversamente dalla formulazione

degli art. 6 e 7, che ne prevede l’applicazione in via residuale (“Se nessuna autorità giurisdizionale di uno

Stato membro è competente ai sensi degli articoli 3, 4 e 5 …”; “Qualora nessuna autorità giurisdizionale

di uno Stato membro sia competente ai sensi degli articoli 3, 4, 5 e 6 …”). 112

I criteri individuati dall’art. 5, n. 2, del Regolamento n. 44/2001, hanno natura di fori speciali, ma non

esclusivi, in quanto concorrenti con quello generale di cui all’art. 2; tali disposizioni non sono più

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 39

Rispetto a tale disciplina, il Regolamento n. 4/2009 individua innanzitutto come

criteri di competenza generale (art. 3, lett. a e b) la residenza abituale del convenuto e

quella del creditore della prestazione (113

).

Il concorso alternativo tra foro del convenuto e foro del creditore (114

) rende evidente

il favor creditoris - cui si ispira la ratio della disposizione - che attribuisce al

creditore di alimenti, quando agisce in giudizio, la facoltà di instaurare il procedimento

o nello Stato membro della propria residenza o in quello di residenza abituale del

debitore, scegliendo il giudice che sia in grado di valutare più adeguatamente le

condizioni economiche delle parti e la reale consistenza del patrimonio dell’obbligato

(115

); mentre, nell’ipotesi contraria, il debitore-attore (il quale agisca, ad es., per

l’accertamento negativo dell’obbligo alimentare o per la riduzione della prestazione

dovuta) ha a disposizione soltanto il foro del convenuto (coincidente, in tal caso, con il

foro del creditore).

In particolare, il Regolamento n. 4/2009 ha introdotto specifiche innovazioni rispetto

alla disciplina dettata dagli artt. 2 e 5, n. 2, del Regolamento n. 44/2001:

- l’art. 3 lett. a) del Regolamento n. 4/2009 si riferisce al foro della residenza abituale

applicabili alle obbligazioni alimentari, a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento n. 4/2009 (v. art.

68, par. 1, e considerando n. 15 e n. 44).

Il Regolamento n. 2201/2003 esclude espressamente le obbligazioni alimentari dal proprio ambito di

applicazione ratione materiae, tranne nei casi in cui la domanda sia proposta in via accessoria ad

un’azione relativa allo stato delle persone (v. considerando n. 11 e art. 1, par. 3, lett. e, del Regolamento

n. 2201/2003). Anche il nuovo Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis) non si applicherà alla

materia delle obbligazioni alimentari (v. considerando n. 10 e art. 1, par. 2, lett. e) in quanto disciplinata

dal Regolamento n. 4/2009. 113

A norma dell’art. 3 del Regolamento n. 4/2009, «sono competenti a pronunciarsi in materia di

obbligazioni alimentari negli Stati membri:

a) l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il convenuto risiede abitualmente; o

b) l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il creditore risiede abitualmente; o

c) l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro a conoscere di un’azione relativa allo

stato delle persone qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia accessoria a detta azione,

salvo che tale competenza sia fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti; o

d) l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro a conoscere di un’azione relativa alla

responsabilità genitoriale qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia accessoria a detta

azione, salvo che tale competenza sia fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti». 114

Secondo l’art. 2, par. 1, n. 10, per “creditore” si intende «qualsiasi persona fisica cui siano dovuti o si

presume siano dovuti gli alimenti»; nella definizione rientra anche la persona che propone per la prima

volta un’azione giudiziale, ed alla quale non sia già stata riconosciuta tale condizione creditoria da una

precedente sentenza (v. Corte di giustizia, sent. 20 marzo 1997, Farrell, C-295/95; Corte di giustizia,

sent. 15 gennaio 2004, Blijdenstein, C-433/01, con riferimento alla nozione di creditore enunciata nell’art.

5, n. 2, del Regolamento n. 44/2001). Ai fini delle domande di riconoscimento ed esecuzione di una

decisione in materia di obbligazioni alimentari, il termine comprende anche gli «enti pubblici che hanno il

diritto di agire per conto di una persona cui siano dovuti gli alimenti o di chiedere il rimborso di

prestazioni erogate al creditore in luogo degli alimenti» (v. considerando n. 14 e art. 64).

Per “debitore” si intende «qualsiasi persona fisica che deve corrispondere alimenti o alla quale sono

richiesti alimenti» (art. 2, par. 1, n. 11). 115

P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 481, osserva come il favor nei confronti del creditore si

esprime in una disciplina “non egalitaria” della competenza, che istituisce in favore dell’alimentando dei

titoli di giurisdizione non disponibili al debitore.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 40

del convenuto, e non più al domicilio, operando così una modifica del criterio di

giurisdizione previsto dall’art. 2 del Regolamento n. 44/2001;

- l’art. 3 lett. b) del Regolamento n. 4/2009 indica il foro della residenza abituale del

creditore, e non anche quello del suo domicilio, operando così una limitazione della

facoltà di scelta dell’attore;

- la competenza sulle domande accessorie è stata espressamente estesa dalle azioni di

stato delle persone (ad es. separazione, divorzio, annullamento del matrimonio) anche a

quelle relative alla responsabilità genitoriale (ad es. affidamento dei figli minori),

attuando il pieno coordinamento con le disposizioni del Regolamento n. 2201/2003; di

conseguenza, le autorità competenti a pronunciare in via principale in materia di stato o

di responsabilità genitoriale, sulla base dei criteri di competenza giurisdizionale del

Regolamento n. 2201/2003, possono conoscere delle domande accessorie in materia di

obbligazioni alimentari (escluse dall’ambito di applicazione ratione materiae del

Regolamento n. 2201/2003, quando la domanda sia proposta in via principale: v.

considerando n. 11 e art. 1, par. 3, lett. e, del Regolamento n. 2201/2003) (116

).

Sebbene le azioni riguardanti la responsabilità genitoriale non siano qualificabili

come “azioni di stato” (ad es. domanda di modifica delle condizioni di affidamento dei

figli minori), tuttavia una sostanziale equiparazione tra le due categorie di azioni, ai fini

dell’attrazione della competenza sulle domande accessorie in materia di obbligazioni

alimentari, era già desumibile dal considerando n. 11 del Regolamento n. 2201/2003, il

cui rinvio all’art. 5, n. 2, del Regolamento n. 44/2001 deve ora intendersi rivolto all’art.

3, lett. c) e d), del Regolamento n. 4/2009 (117

).

Dall’autonomia dei criteri di giurisdizione fondati sulla residenza abituale in uno

Stato membro (art. 3 lett. a e b), rispetto a quello sussidiario fondato sulla cittadinanza

comune (art. 6), consegue che la residenza (del creditore o del convenuto) costituisce

titolo sufficiente a radicare la giurisdizione, indipendentemente dalla cittadinanza delle

parti. I criteri dettati dall’art. 3 lett. a) e b) del Regolamento n. 4/2009 trovano quindi

applicazione in tutti i casi in cui le parti (o almeno una di esse) risiedano abitualmente

nel territorio dell’Unione, a prescindere dalla cittadinanza europea (118

).

116 Cfr. considerando n. 11 del Regolamento n. 2201/2003: «le obbligazioni alimentari sono escluse dal

campo di applicazione del presente regolamento in quanto sono già disciplinate dal Regolamento (CE) n.

44/2001. I giudici competenti ai sensi del presente regolamento saranno in genere competenti a statuire in

materia di obbligazioni alimentari in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n.

44/2001». 117

Cfr. considerando n. 15 e 44, nonché art. 68, par. 1, del Regolamento n. 4/2009. 118

Con riferimento alle controversie in materia matrimoniale, la Corte di giustizia, nella sentenza 29

novembre 2007, C-68/07, Sundelind Lopez c. Lopez Lizazo, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2008, 570,

ha chiarito che il Regolamento n. 2201/2003 «si applica anche ai cittadini di Stati terzi che hanno vincoli

sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri in conformità dei criteri di competenza

previsti dal detto regolamento»; la decisione richiama l’ottavo considerando del Regolamento n.

1347/2000, il cui testo non è stato espressamente riprodotto nelle premesse del Regolamento n.

2201/2003 (v. punto 26).

Nella sentenza citata, la Corte di giustizia ha ritenuto applicabile la disciplina della giurisdizione dettata

dal Regolamento n. 2201/2003 nei confronti di un cittadino cubano, tornato a risiedere nel paese

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 41

Risulta evidente la volontà di ricondurre nell’ambito di applicazione del

Regolamento anche quelle controversie che presentino un collegamento con

ordinamenti di Stati terzi, affinché sia ridotta al minimo la possibilità per gli Stati

membri di applicare nella materia in esame le norme interne sulla competenza

giurisdizionale.

Ne consegue che anche i cittadini di Stati terzi, se residenti abitualmente in uno Stato

membro, sono sottoposti ai criteri di giurisdizione previsti dal Regolamento,

indipendentemente dalle norme sulla giurisdizione stabilite dalla lex fori (119

).

Il Regolamento n. 4/2009 - introducendo il criterio generale della residenza abituale

con riferimento al forum actoris, in alternativa al principio del forum rei - ha dunque

una vocazione tendenzialmente universale, tale da attrarre nella giurisdizione dei Paesi

dell’Unione europea le controversie in cui l’attore non sia cittadino comunitario -

purché egli sia abitualmente residente in uno Stato membro - anche se il convenuto sia

privo della cittadinanza europea e non risieda nel territorio dell’Unione al momento

della proposizione della domanda: a norma del considerando n. 15, «la circostanza che

un convenuto abbia la residenza abituale in uno Stato terzo non dovrebbe escludere

l’applicazione delle norme comunitarie in materia di competenza». Pertanto, i criteri di

collegamento previsti dal Regolamento n. 4/2009 si applicano non solo ai convenuti

fisicamente presenti in uno Stato membro, ma anche - quando viene in considerazione

il forum actoris - ai convenuti residenti negli Stati terzi.

In sostanza, per radicare la giurisdizione in materia di obbligazioni alimentari è

sufficiente la sola residenza abituale di una delle parti (creditore o convenuto) in uno

Stato membro, anche laddove l’altra parte non abbia mai avuto la residenza in alcun

Paese europeo e sebbene nessuno dei due soggetti sia cittadino comunitario.

2.3. Con riferimento alle domande di mantenimento proposte in via accessoria, si

deve infine osservare che il Regolamento n. 2201/2003 «dovrebbe applicarsi solo allo

scioglimento del vincolo matrimoniale e non dovrebbe riguardare questioni quali le

cause di divorzio, gli effetti del matrimonio sui rapporti patrimoniali o altri

provvedimenti accessori ed eventuali» (considerando n. 8). Di conseguenza, le norme

sulla giurisdizione stabilite dal Regolamento n. 2201/2003 riguardano esclusivamente le

d’origine, convenuto in giudizio dalla moglie svedese, con la quale egli aveva risieduto abitualmente in

Francia (Stato in cui la moglie ancora risiedeva), interpretando l’art. 7 nel senso che l’applicazione della

legge nazionale è ammessa solo qualora non operi alcuno dei criteri di giurisdizione stabiliti dagli artt. 3,

4 e 5, anche se il coniuge convenuto si trovi a risiedere, nel momento della proposizione della domanda,

in uno Stato terzo. I criteri stabiliti dal Regolamento sono quindi applicabili anche nei confronti di

convenuti privi di residenza abituale in uno Stato membro all’epoca della proposizione della domanda,

quando i coniugi abbiano avuto la loro ultima residenza abituale in uno Stato membro e uno di essi vi

risieda ancora (o quando l’attore sia abitualmente residente in uno Stato membro da almeno sei mesi o un

anno, a seconda della sua nazionalità). Cfr. Trib. Belluno, sent. 6 marzo 2009, in Giur. merito, 2010, 663,

con nota di M. D’AURIA; in Famiglia e diritto, 2010, 179, con nota di A. FELETTO, e in Riv. dir. internaz.

priv. e proc., 2011, 140. 119

Cfr. considerando n. 15: «non dovrebbe essere più previsto alcun rinvio alle norme in materia di

competenza contemplate dal diritto nazionale».

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 42

azioni di stato relative al vincolo coniugale (separazione, divorzio e annullamento del

matrimonio) e le domande relative alla responsabilità genitoriale (120

), ma non altre

domande, seppur proposte tra le medesime parti, anche se strettamente connesse alle

prime, senza possibilità di estensione ad ulteriori questioni, quali l’addebito della colpa

o responsabilità (le cause) della crisi coniugale (121

), e gli effetti dello scioglimento del

matrimonio sui rapporti patrimoniali tra i coniugi (122

) e nei confronti dei figli (come gli

obblighi di mantenimento e l’assegnazione dell’abitazione familiare), che restano

sottoposte ad autonomi criteri di giurisdizione (123

).

A questa frammentazione dei diversi criteri di giurisdizione astrattamente operanti

nell’ambito della medesima controversia in cui vengano articolate più domande, si

contrappone la tendenza alla concentrazione della competenza giurisdizionale (124

), con

riferimento:

- alle domande relative alla responsabilità genitoriale, proponibili davanti al giudice

competente a provvedere sulle domande di divorzio, separazione personale dei coniugi

o annullamento del matrimonio (in forza della proroga della competenza prevista

dall’art. 12 del Regolamento n. 2201/2003);

- alle domande relative agli obblighi alimentari, proponibili davanti al giudice

competente a conoscere dell’azione relativa allo stato delle persone (art. 3, lett. c, del

Regolamento n. 4/2009 che riproduce la seconda parte dell’art. 5, par. 2, del

Regolamento n. 44/2001, individuando uno speciale titolo di connessione con le cause

matrimoniali) o alla responsabilità genitoriale (art. 3, lett. d, del Regolamento n.

4/2009).

120 Con riferimento alla responsabilità genitoriale (nell’ampia accezione di cui all’art. 1, par. 2, del

Regolamento n. 2201/2003), ed in particolare alle domande relative all’affidamento dei figli minori ed

all’esercizio del diritto di visita, la giurisdizione è attribuita, dall’art. 8 del Regolamento, all’autorità dello

Stato membro nel cui territorio «il minore risiede abitualmente». E’ comunque prevista dall’art. 12, par.

1, una “proroga della competenza” giurisdizionale per connessione con le domande di divorzio,

separazione o annullamento, la cui applicazione presuppone sia l’esercizio della responsabilità genitoriale

sul figlio, da parte di almeno uno dei coniugi (lett. a), sia l’accettazione espressa (o manifestata in modo

univoco) della giurisdizione, da parte dei coniugi e dei titolari della responsabilità genitoriale, alla data in

cui le autorità giurisdizionali sono adite (lett. b). Sul punto, v. Cass. sez. un., 30 dicembre 2011, n. 30646. 121

Cfr. Trib. Belluno, sent. 30 dicembre 2011, in Foro. it., 2012, I, 939; in Riv. dir. internaz. priv. e proc.,

2012, 452. Per l’applicazione dell’art. 5, n. 3, del Regolamento n. 44/2001, con riferimento al luogo in cui

si sono verificate le conseguenze dannose della condotta illecita del coniuge, v. Trib. Tivoli, sent. 6 aprile

2011, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2011, 1097. 122

Cfr. la “Proposta di Regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al

riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi”,

COM(2011) 126 def. del 16 marzo 2011. 123

La domanda relativa all’assegnazione dell’abitazione familiare resta sottoposta - nell’assenza, sul

punto, di specifiche norme comunitarie sulla giurisdizione - ai criteri fissati dalla legge nazionale, aventi

carattere residuale ed individuati, nella specie, dall’art. 32 della legge 31 maggio 1995 n. 218, il cui rinvio

all’art. 3, 1° comma, della stessa legge, conduce all’applicazione del criterio della residenza del

convenuto, eventualmente identificabile con il luogo dell’abitazione coniugale (v. Cass., 24 aprile 2001,

n. 6012, Cass., 29 settembre 2004, n. 19595, Cass., 28 giugno 2006, n. 15017). 124

P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 481.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 43

3.- La nozione di residenza abituale.

3.1. I titoli di giurisdizione indicati nell’art. 3 lett. a) e b) si fondano sul criterio della

residenza abituale (del convenuto o del creditore della prestazione).

Il Regolamento n. 4/2009, pur prevedendo una serie di definizioni (art. 2), non

fornisce indicazioni sulla nozione di residenza abituale, che deve essere ricostruita in

modo autonomo nell’ambito dell’ordinamento comunitario (125

), al fine di garantire

l’uniformità di applicazione in tutti gli Stati membri, senza riferimenti a nozioni

utilizzate in altri settori del diritto europeo o nel diritto interno dei singoli Stati (126

).

Essa individua - alla luce dell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza (127

) - il

125 La Corte di giustizia, nella sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv.

dir. internaz. priv. e proc., 2010, 176, ha precisato che «secondo costante giurisprudenza, tanto

l’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto il principio di uguaglianza esigono che una

disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri

per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo,

nell’intera Comunità, ad un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del

contesto della disposizione stessa e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi».

Sull’argomento v. M. MELLONE, La nozione di residenza abituale e la sua interpretazione nelle norme di

conflitto comunitarie, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2010, 685 ss., il quale rileva come la residenza

abituale sia un concetto fattuale, a differenza del domicilio che è invece una nozione giuridica. Con

riferimento alla disciplina introdotta dal Regolamento UE n. 1259/2010, cfr. Z. CRESPI REGHIZZI,

Commento all’art. 8, in Nuove leggi civ. comm., 2011, 1494 ss.. 126

L’elaborazione giurisprudenziale della nozione di residenza abituale, compiuta dalla Corte di giustizia

in settori diversi (ad es. in materia di diritto sociale), non è quindi direttamente trasferibile in questo

ambito, come ha precisato la Corte di giustizia, sent. 2 aprile 2009, c. C-523/07, in Riv. dir. internaz. priv.

e proc., 2009, 750, in sede di pronuncia pregiudiziale sulla nozione di residenza abituale del minore -

interpretata nel senso corrispondente al «luogo che denota l’integrazione del minore in un ambiente

sociale e familiare» - quale titolo generale di giurisdizione nella materia della responsabilità genitoriale,

previsto dall’art. 8 del Regolamento n. 2201/2003: «si deve in particolare tenere conto della durata, della

regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco

della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza

scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto

Stato. Compete al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore, tenendo conto delle

peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie». Cfr. Corte di giustizia, 22 dicembre

2010, c. C-497/10, Mercredi c. Chaffe, punto 45. 127

Nelle controversie matrimoniali soggette alla disciplina del Regolamento n. 2201/2003, la Corte di

Cassazione ha già avuto modo di pronunciarsi in due diverse occasioni.

Nella prima decisione, Cass. sez. un., (ord.) 17 febbraio 2010, n. 3680, in Foro it., 2011, I, 1536, e in Riv.

dir. internaz. priv. e proc., 2010, 750, fa riferimento al «concetto di residenza abituale come luogo in cui

l’interessato ha fissato con carattere di stabilità il centro permanente o abituale dei propri interessi, con

chiara natura sostanziale e non meramente formale o anagrafica del concetto di cui sopra in base al diritto

comunitario, essendo rilevante a individuare tale residenza effettiva, ai sensi del regolamento stesso, il

luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale e eventualmente lavorativa, alla data di

proposizione della domanda». Nella specie, la Corte ha ritenuto che la frequenza universitaria in Italia del

figlio, principale riferimento dei rapporti affettivi ed umani della madre, evidenziasse con certezza che il

centro abituale delle relazioni della ricorrente era sito in Italia, in cui ella conviveva ancora con tale figlio,

potendo quindi presumersi che da molto più di un anno la ricorrente abitasse stabilmente in Italia per

assistere il figlio, nella casa della famiglia d’origine, e dovendo quindi ritenersi che la ricorrente,

residente in Italia abitualmente da oltre un anno prima del suo ricorso di separazione, avesse

correttamente individuato nel tribunale di Pisa il giudice della sua domanda, con conseguente rigetto del

regolamento di giurisdizione con cui si chiedeva di dichiarare la giurisdizione del giudice belga.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 44

luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale ed eventualmente

lavorativa del soggetto interessato, nel quale egli abbia effettivamente fissato, con

carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi e delle relazioni

sociali ed affettive.

E’ stato tuttavia rilevato come il legislatore comunitario si sia ispirato

all’elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia che - a proposito della

distinzione fra residenti e non residenti, a fini fiscali (128

) - aveva individuato la

residenza abituale nel luogo in cui l’interessato ha fissato, con “voluto” carattere di

stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi, ferma restando la necessità

di tener conto di tutti gli elementi di fatto che contribuiscono alla sua costituzione (129

).

Anche nell’ambito del Regolamento n. 4/2009, la nozione di residenza abituale

dovrebbe quindi risolversi in un criterio che riassume in sé sia un elemento materiale -

la stabilità (cioè la durata) della residenza, intesa come permanenza temporale in un

determinato territorio (130

) - sia un elemento soggettivo, costituito dall’intenzionalità di

Nella successiva pronuncia, Cass. sez. un., (ord.) 15 giugno 2010, n. 15328, in Nuova giur. civ. comm.,

2010, 1098, con nota di C. CAMPIGLIO, elenca una serie di indici utilizzati per individuare, nel caso

concreto, la residenza abituale dell’attrice in Italia per un periodo superiore ai sei mesi, al momento della

proposizione della domanda: «a) la signora C. è docente di ruolo presso il liceo scientifico statale

(omissis) dal (omissis) e ivi ha prestato servizio salvo i periodi di astensione obbligatoria e congedo

parentale in occasione della nascita della figlia; b) la stessa è stata seguita durante la gravidanza da un

ostetrico di (omissis); c) nella partecipazione di nozze, successiva alla celebrazione del matrimonio,

risultano indicate le due residenze dei coniugi in Francia e in Italia; d) numerosa corrispondenza, dal

(omissis) è stata indirizzata ai coniugi o alla signora C. presso la sua abitazione di (omissis); e) il marito si

è recato insieme alla moglie da un legale italiano nel (omissis) per discutere di un’ipotesi di separazione

consensuale; f) dall’atto di nascita della figlia risulta che nel rendere la dichiarazione congiunta di nascita

presso l’ospedale di (omissis) i genitori hanno indicato le proprie residenze separate in Francia e in Italia;

g) la figlia minore, che, come è pacifico è sempre vissuta con la madre, è stata seguita da parte di pediatra

italiano dal (omissis); che la circostanza che la signora C. non abbia mai smesso di avere la propria

residenza abituale in Italia non è contraddetta dal fatto che saltuariamente, e anche per un periodo

continuativo durante il congedo parentale, abbia trascorso periodi in Francia presso la residenza del

marito, ivi ricevendo anche corrispondenza, e in Francia abbia svolto attività di studio; che, pertanto, la

giurisdizione sulla causa di separazione appartiene al giudice italiano».

Nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Belluno, sent. 6 marzo 2009, in Giur. merito, 2010, 663, con nota

di M. D’AURIA, in Famiglia e diritto, 2010, 179, con nota di A. FELETTO, e in Riv. dir. internaz. priv. e

proc., 2011, 140; Trib. Belluno, sent. 5 novembre 2010, in Foro. it., 2011, I, 917, con nota di G. DE

MARZO, in Fam. minori, 2011, fasc. 1, 45, con nota di A. LEANDRO, e in Riv. dir. int. priv. e proc., 2011,

756; Trib. Belluno, sent. 30 dicembre 2011, in Foro. it., 2012, I, 939, in Riv. dir. internaz. priv. e proc.,

2012, 452. 128

Corte di giustizia, 14 febbraio 1995, c. C-279/93, Finanzamt Köln-Altstadt vs Schumacker, in

Raccolta, 1995, I-4225, e Corte di giustizia, 25 febbraio 1999, c. C-90/97, Swaddling, in Raccolta, 1999,

I-1075 ss., punto 29; cfr. Corte di giustizia, 15 settembre 1994, c. C-452/93, Magdalena Fernandez. 129

C. CAMPIGLIO, La residenza abituale dell’attore come titolo di giurisdizione in materia matrimoniale,

in base al reg. CE n. 2201/2003, nota a Cass. sez. un., (ord.) 15 giugno 2010, n. 15328, in Nuova giur.

civ. comm., 2010, 1102, in riferimento alla Relazione Borrás che accompagna la Convenzione di

Bruxelles del 1998 (v. punto 32, in Riv. dir. int. priv. e proc., 1998, 943). Cfr. Corte di giustizia, sent. 15

settembre 1994, C-452/93, Fernandez, in Raccolta, 1994, p. I-4295 ss. 130

R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile nelle controversie matrimoniali con cittadini

extracomunitari, in Rivista A.I.A.F., 2009, n. 3, 6 s., segnala la difficoltà di quantificare con esattezza il

periodo minimo di durata da prendere in considerazione, avendo riguardo sia all’integrazione nel tessuto

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 45

fissare in tale luogo il centro dei propri interessi, manifestata da circostanze fattuali

(131

). Peraltro, una nozione restrittiva di residenza abituale, comprensiva anche

dell’elemento intenzionale, se appare conforme all’esigenza di radicare la controversia

nello Stato ove è effettivamente stabilita la vita del soggetto, può risultare non

funzionale rispetto al principio del favor creditoris, cui si ispira il Regolamento.

Il giudice nazionale è comunque tenuto a verificare gli elementi della fattispecie con

una valutazione di natura sostanziale, che prescinde dalla residenza meramente

anagrafica, non essendo sufficiente la presenza fisica nel territorio di uno Stato membro

quando questa sia temporanea o soltanto occasionale e manchi una minima integrazione

nell’ambiente sociale e familiare (132

).

Infine, l’adozione del criterio generale della residenza abituale, in luogo di quello del

domicilio, valorizza il carattere non esclusivamente patrimoniale dei rapporti considerati

(133

).

sociale di un Paese comunitario, sia ad un certo animus manendi in quel determinato Stato membro. Con

riferimento al Regolamento n. 2201/2003, C. CAMPIGLIO, Il foro della residenza abituale del coniuge nel

Regolamento (Ce) n. 2201/2003: note a margine delle prime pronunce italiane, in Cuadernos de Derecho

Transnacional (Octubre 2010), Vol. 2, n. 2, 247, osserva che «in ordine all’elemento oggettivo-temporale

un’indicazione si potrebbe dedurre dallo stesso art. 3 del Regolamento. Infatti, se per il forum actoris un

anno (riducibile a sei mesi ove accompagnato dalla cittadinanza) è ritenuto sufficiente a dimostrare la

stabilità, e dunque ad esprimere un nesso significativo con lo Stato, si può ragionevolmente ritenere che

per gli altri fori - il foro del convenuto e il foro comune dei coniugi - possa bastare anche un periodo

più breve. Si tratta a ben vedere di fori rispetto ai quali assai meno forte è l’esigenza di prevedibilità per la

controparte (esigenza che addirittura non esiste nel caso di residenza comune dei coniugi)». 131

Corte di giustizia, 22 dicembre 2010, Mercredi c. Chaffe, c. C-497/10. In una decisione della Corte di

Cassazione francese, pronunciata con riferimento al Regolamento n. 1347/2000, si afferma che «la

nozione di residenza abituale (...) è una nozione autonoma di diritto comunitario, da intendersi come il

luogo in cui la persona interessata ha fissato il centro permanente e/o abituale dei suoi interessi, con

l’intenzione di conferirgli un carattere stabile e non temporaneo»: v. Cour de Cassation [Francia], 14

dicembre 2005, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2006, 853.

Cfr. Cass. sez. un., 3 febbraio 2004, n. 1994, in Foro it., 2004, 1063, e in Giust. civ., 2004, 900, con

riferimento al criterio della residenza previsto dall’art. 18 c.p.c.. 132

Non dovrebbero quindi essere qualificate come residenza abituale, ai fini dell’applicazione dei criteri

del Regolamento n. 4/2009, le ipotesi in cui lo spostamento della residenza in un certo Stato membro non

sia effettivamente voluta, ma avvenga solo formalmente, per finalità simulate o abusive (forum shopping

in senso proprio), all’unico scopo di radicare la giurisdizione in vista dell’applicazione di una disciplina

sostanziale più favorevole; tale pratica è comunque destinata ad essere limitata dalle disposizioni che

introducono norme uniformi di conflitto volte ad individuare la medesima legge sostanziale applicabile

qualunque sia lo Stato membro in cui venga proposta la causa matrimoniale, così neutralizzando gli effetti

della scelta operata dall’attore tra più giudici alternativamente competenti. Sull’argomento v. P.

FRANZINA, Regolamento Ue n. 1259/2010 del Consiglio del 20 Dicembre 2010 relativo all’attuazione di

una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale,

in Nuove leggi civ. comm., 2011, 1437 s..

La fissazione della residenza abituale risulta peraltro compatibile con una contemporanea dimora (non

abituale) situata altrove (v. Corte di giustizia, 17 febbraio 1977, c. C-76/76, Di Paolo, in Riv. dir.

internaz. priv. e proc., 1978, 790). 133

E’ stato osservato che il carattere di abitualità avvicina la nozione in esame al concetto di residenza del

codice civile italiano, che l’art. 43 c.c. definisce come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale: v.

BARATTA, Lo scioglimento del vincolo coniugale nel diritto comunitario, in Lo scioglimento del vincolo

coniugale nel diritto comunitario, a cura di Carbone e Queirolo, Torino, 2008, 169 ss.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 46

3.2. Nel sistema del Regolamento n. 4/2009 la residenza abituale rileva, oltre che

come titolo generale di competenza giurisdizionale, anche come criterio supplementare

di “limitazione dell’azione”, nel senso che, a norma dell’art. 8, qualora sia emessa una

decisione in uno Stato membro (o in uno Stato contraente della convenzione dell’Aia

del 2007) in cui il creditore risiede abitualmente, il debitore non può promuovere

un’azione per modificare la decisione o ottenere una decisione nuova in un altro Stato

membro, fintantoché il creditore continui a risiedere abitualmente nello Stato in cui è

stata emessa la decisione (134

).

In sostanza, il permanere della residenza abituale del convenuto-creditore nel

territorio dello Stato membro in cui è stata emessa la decisione ha effetto preclusivo

sulla proponibilità, da parte dell’attore-debitore, della domanda volta a modificare la

decisione o ad ottenerne una nuova in un altro Stato membro.

Tale limitazione all’azione viene meno sia nell’ipotesi di proroga espressa o tacita

della giurisdizione (art. 8, par. 2, lett. a e b), sia nell’ipotesi in cui lo Stato di origine,

contraente la convenzione dell’Aia, non possa o rifiuti di esercitare la competenza ad

emanare la decisione o ad emanarne una nuova, o nell’ipotesi in cui questa non possa

essere riconosciuta o dichiarata esecutiva nello Stato membro in cui è prevista l’azione

per modificare la decisione o ottenerne una nuova (art. 8, par. 2, lett. c e d).

Con la disposizione dell’art. 8, che si configura come norma negativa sulla

giurisdizione, il Regolamento istituisce una perpetuatio jurisdictionis a favore della

competenza fondata sulla residenza abituale del creditore, a norma dell’art. 3 del

Regolamento n. 4/2009, limitatamente all’azione, proposta dal debitore, diretta alla

modifica delle decisioni in materia di alimenti, sino a quando il creditore continui a

risiedere abitualmente nello Stato in cui è stata emessa la decisione (135

).

Quando invece l’azione sia proposta dal creditore, oppure questi abbia trasferito la

propria residenza in un altro Stato, la competenza per le azioni di modifica degli

obblighi alimentari va determinata secondo i criteri generali del Regolamento n. 4/2009.

4.- I criteri di competenza giurisdizionale esclusiva, sussidiaria e residuale.

4.1. Ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale, il Regolamento n.

4/2009 attribuisce rilievo innanzitutto alla volontà delle parti, manifestata nella forma

della proroga espressa (art. 4) o tacita (art. 5). Tale scelta normativa evidenzia la

derivazione delle disposizioni in esame dalla disciplina della competenza stabilita dagli

artt. 23 e 24 del Regolamento n. 44/2001 per le controversie in materia civile e

commerciale (136

).

A norma dell’art. 4 del Regolamento n. 4/2009 le parti possono stipulare un accordo

134 P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 485.

135 M. E. CORRAO, Il diritto internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni

alimentari, cit., 128. 136

Cfr. la nuova disciplina introdotta dagli artt. 25 e 26 del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I

bis).

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 47

di proroga della giurisdizione (electio fori) (137

) - sottoposto a precise limitazioni

riguardanti i soggetti, la forma e l’oggetto - e convenire che siano competenti a

conoscere delle controversie tra di esse in materia di obbligazioni alimentari la o le

autorità giurisdizionali di uno dei seguenti Stati membri (138

):

a) la o le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui una delle parti risiede

abitualmente (con l’effetto di eliminare le alternative previste dall’art. 3);

b) la o le autorità giurisdizionali dello Stato membro di cittadinanza di una delle

parti;

c) per quanto riguarda le obbligazioni alimentari tra coniugi o ex coniugi:

i) l’autorità giurisdizionale competente a conoscere delle loro controversie in

materia matrimoniale; o

ii) la o le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui essi hanno avuto

l’ultima residenza abituale comune per un periodo di almeno un anno (139

).

Le condizioni indicate, di cui alle lettere a), b) o c), devono risultare soddisfatte «al

momento della conclusione dell’accordo relativo all’elezione del foro o nel momento in

cui è adita l’autorità giurisdizionale», essendo quindi irrilevante il successivo

mutamento di residenza o di cittadinanza.

La competenza conferita dall’accordo è esclusiva, cioè inderogabile, salvo che le

parti non dispongano diversamente.

E’ stato osservato che - mentre la disposizione relativa all’accettazione tacita della

giurisdizione riproduce sostanzialmente quella contenuta nell’art. 24 del Regolamento

n. 44/2001 - la configurazione della proroga espressa rileva nel Regolamento n. 4/2009

in modo più restrittivo rispetto a quella del precedente strumento normativo (art. 23 del

Regolamento n. 44/2001): infatti, diversamente dal Regolamento n. 44/2001, che

consente la designazione dei giudici di qualsiasi Stato membro (140

), l’art. 4, par. 1, del

Regolamento n. 4/2009 limita il ruolo della volontà delle parti, nell’individuazione del

titolo di competenza, ad una mera facoltà di scelta tra criteri già prestabiliti, quali la

137 P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 482, osserva come l’electio fori, nel consentire alle parti

una razionale programmazione del contenzioso in materia di alimenti, permette di minimizzare il rischio

di contestazioni connesse all’accertamento del titolo di giurisdizione, previene gli inconvenienti legati

all’eventualità che il titolo (ad es. la residenza di una delle parti) si modifichi nel corso del tempo e,

conferendo al giudice designato una competenza esclusiva, risolve le incertezze derivanti dalla

molteplicità dei titoli di giurisdizione invocabili dall’attore. 138

Se le parti hanno convenuto di attribuire competenza esclusiva alla o alle autorità giurisdizionali di uno

Stato parte della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e

l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata il 30 ottobre 2007 a Lugano

(Convenzione di Lugano) che non sia uno Stato membro, detta convenzione si applica tranne per quanto

concerne le controversie di cui al paragrafo 3 dell’art. 4.

La Convenzione di Lugano II è in vigore dal 1° gennaio 2010 tra UE, Norvegia e Danimarca, dal 1°

gennaio 2011 per la Svizzera e dal 1° maggio 2011 anche per l’Islanda. 139

P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 483, sottolinea che il Regolamento, restringendo le

opzioni offerte alle parti, tende ad assicurare l’esistenza di un legame di prossimità tra il giudice e la lite,

così da favorire, specie per l’alimentando, l’accesso alla giustizia. 140

Cfr. l’art. 25 del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis).

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 48

residenza abituale o la cittadinanza di una delle parti, mentre nell’ipotesi di obbligazioni

alimentari tra coniugi o ex coniugi, la facoltà di scelta è circoscritta al criterio

dell’ultima residenza abituale comune per un periodo di almeno un anno o alla

competenza delle autorità in materia matrimoniale, individuata implicitamente sulla

base dei criteri previsti dal Regolamento n. 2201/2003 (141

), con la conseguenza che

l’eventuale designazione di un giudice diverso da quelli previsti sarà priva di effetti

(restando applicabili gli artt. 3, 5, 6 e 7).

Tale disciplina sembra tener conto della duplice natura delle obbligazioni alimentari,

le quali - pur avendo contenuto patrimoniale (e, come tali, precedentemente soggette al

Regolamento n. 44/2001, che riconosce ampia libertà nella scelta del foro) - trovano la

propria fonte nei rapporti di famiglia (riconducibili, per questo profilo, alla materia

regolata dal Regolamento n. 2201/2003, ove non è attribuito alcun rilievo alla volontà

delle parti nell'individuazione della competenza giurisdizionale).

Inoltre, l’operatività dell’accordo delle parti è subordinata all’adozione della forma

scritta, ai fini della validità dell’atto, anche se viene accolta un’ampia nozione di forma,

comprensiva di qualsiasi comunicazione elettronica che consenta una registrazione

durevole dell’accordo (art. 4, par. 2).

Infine, la proroga di giurisdizione non è ammessa nelle controversie concernenti

un’obbligazione alimentare nei confronti di un minore di diciotto anni (art. 4, par. 3), in

corrispondenza della medesima limitazione prevista dall’art. 8, par. 3, del Protocollo del

2007 con riferimento alla scelta della legge applicabile (142

). Tuttavia, la volontà delle

parti può ancora svolgere un ruolo indiretto nell’individuazione del giudice competente

anche per le azioni riguardanti i minori, nei casi in cui la competenza sia individuata (a

norma dell’art. 3, lett. d, del Regolamento n. 4/2009) in base alla proroga prevista

dall’art. 12 del Regolamento n. 2201/2003, nel caso di domanda accessoria a quella

relativa alla responsabilità genitoriale.

4.2. L’art. 5 (rubricato “competenza fondata sulla comparizione del convenuto”)

prevede la proroga tacita della competenza in favore dell’autorità giurisdizionale dello

Stato membro dinanzi alla quale compare il convenuto, tranne che la comparizione sia

intesa soltanto ad eccepire l’incompetenza.

141 M. E. CORRAO, Il diritto internazionale privato e processuale europeo in materia di obbligazioni

alimentari, cit., 129; P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 483. 142

F.C. VILLATA, Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, cit., 735, pur

sottolineando «l’intento di proteggere il minore vulnerabile dalle possibili pressioni del debitore-parente,

che discende in qualche modo dall’obbligo posto dall’art. 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui

diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 secondo cui tutte le decisioni relative ai fanciulli debbono

essere adottate valutando l’interesse superiore del minore», si chiede «se una restrizione così rigidamente

formulata sia realmente opportuna e se non sarebbe stata parimenti rispettosa del dettato internazionale

una previsione che si limitasse a subordinare l’efficacia dell’accordo di elezione del foro alla

constatazione di un interesse del minore in questo senso oppure attribuisse solo al minore la possibilità di

avvalersene, sul modello di quanto contemplato dal regolamento n. 44/2001 in materia di contratti

conclusi dai consumatori, di assicurazione e di lavoro subordinato». Cfr. F. POCAR, I. VIARENGO, Il

Regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di obbligazioni alimentari, cit., 814.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 49

Diversamente dall’art. 24 del Regolamento n. 44/2001, che afferma la propria

inapplicabilità «se esiste un altro giudice esclusivamente competente» (143

), nel testo

dell’art. 5 non è prevista tale limitazione: ne consegue che la proroga può operare anche

nei confronti dell’autorità giurisdizionale di uno Stato non compreso tra quelli indicati

dall’art. 4 (144

) o di uno Stato diverso rispetto a quello designato come competente in via

esclusiva da un accordo rispondente ai requisiti dell’art. 4.

In assenza di indicazioni normative, la verifica del momento in cui considerare

accettata tacitamente la giurisdizione va effettuata con riferimento alle regole

processuali della lex fori.

Per la sua ampia formulazione, l’art. 5 potrebbe trovare applicazione anche rispetto

alle controversie relative ad obbligazioni alimentari in favore dei minori di diciotto anni

(145

).

4.3. L’art. 6 (“competenza sussidiaria”) dispone che, se nessuna autorità

giurisdizionale di uno Stato membro è competente ai sensi degli artt. 3, 4 e 5 (e nessuna

autorità giurisdizionale di uno Stato parte della Convenzione di Lugano del 2007, che

non sia uno Stato membro, è competente in virtù delle disposizioni di detta

convenzione), sono competenti le autorità giurisdizionali dello Stato membro di

cittadinanza comune delle parti.

Pertanto, nell’ipotesi in cui non sussista la giurisdizione degli Stati membri in base ai

titoli generali di competenza previsti dall’art. 3, ed in assenza di un accordo delle parti -

a favore di uno Stato membro o di uno Stato terzo parte alla Convenzione di Lugano -

il Regolamento individua come foro sussidiario quello dello Stato membro di cui

entrambe le parti hanno la cittadinanza.

L’applicazione dell’art. 6 presuppone che le parti non abbiano attribuito

esplicitamente o implicitamente la competenza alle autorità giurisdizionali di uno Stato

membro (o di un altro Stato parte della Convenzione di Lugano) e che il convenuto ed il

creditore non risiedano abitualmente in uno Stato membro: il criterio della comune

cittadinanza - non previsto come titolo di competenza giurisdizionale generale tra

soggetti residenti negli Stati membri (146

) - opera come criterio di giurisdizione in

favore dei residenti in Paesi terzi, garantendo a tutti i cittadini dell’Unione europea la

possibilità di rivolgersi al giudice dello Stato membro del quale hanno la cittadinanza

(147

).

Secondo i principi enunciati dalla giurisprudenza comunitaria, nel caso di doppia

143 Cfr. l’art. 26, par. 1, del Regolamento n. 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis).

144 Cfr. Corte di giustizia, 20 maggio 2010, C-111/09, Vienna Insurance Group c. Michael Bilas, in Riv.

dir. int. priv. e proc., 2010, 1054 ss., la quale ha stabilito che la proroga tacita può realizzarsi anche nelle

controversie, come quelle in materia di contratto di assicurazione, per le quali il legislatore preveda

restrizioni alla proroga espressa della giurisdizione. 145

F.C. VILLATA, Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, cit., 735. 146

La cittadinanza comune è invece prevista come criterio generale di competenza, nelle controversie in

materia matrimoniale, dall’art. 3 lett. b) del Regolamento n. 2201/2003. 147

F.C. VILLATA, Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, cit., 735 ss..

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 50

cittadinanza deve ritenersi che sussista la giurisdizione alternativa di entrambi gli Stati

interessati, senza che una delle due nazionalità possa prevalere sull’altra (148

).

4.4. In base all’art. 7 «Qualora nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato membro

sia competente ai sensi degli articoli 3, 4, 5 e 6, in casi eccezionali le autorità

giurisdizionali di uno Stato membro possono conoscere della controversia se un

procedimento non può ragionevolmente essere intentato o svolto o si rivela impossibile

in uno Stato terzo con il quale la controversia ha uno stretto collegamento.

La controversia deve presentare un collegamento sufficiente con lo Stato membro

dell’autorità giurisdizionale adita».

Il Regolamento prevede quindi la competenza residuale delle autorità dello Stato

membro con cui la controversia abbia “un collegamento sufficiente”, che assume

rilevanza in casi eccezionali (forum necessitatis), nell’ipotesi in cui non sussista la

giurisdizione degli Stati membri sulla base delle altre disposizioni del Regolamento,

quando un procedimento non possa ragionevolmente essere proposto in uno Stato terzo

con il quale la controversia abbia uno stretto collegamento. Se gli Stati terzi che

presentano un collegamento stretto con la controversia sono più di uno,

l’irragionevolezza o l’impossibilità dello svolgimento del processo dovrà sussistere

rispetto a ciascuno di essi.

Il considerando n. 16 precisa che la disposizione è volta a rimediare a situazioni di

diniego di giustizia, che potrebbero presentarsi qualora un procedimento si riveli

impossibile nello Stato terzo interessato (ad es. a causa di una guerra civile), o qualora

non ci si possa aspettare che il richiedente introduca o prosegua un procedimento in tale

Stato (ad es. perché oggetto di persecuzioni razziali), mentre il collegamento sufficiente

con lo Stato membro può consistere, ad es., nella cittadinanza di una delle parti o anche

nella semplice presenza nel territorio dello Stato o nell'effettiva tutela dell’interesse del

creditore (149

).

L’evidente indeterminatezza della disposizione - che non favorisce la prevedibilità e

certezza del diritto - delinea un criterio atipico di attrazione nella competenza degli

Stati membri delle controversie collegate con Stati terzi, configurando un sistema

sostanzialmente chiuso ed esaustivo, dove la pluralità dei titoli di giurisdizione, volti ad

individuare comunque un giudice competente, è preordinata ad escludere l’applicazione

delle norme interne sulla competenza, realizzando non solo la ripartizione delle

148 Corte di giustizia, sent. 16 luglio 2009, C-168/08, Hadadi c. Mesko in Hadadi, in Riv. dir. internaz.

priv. e proc., 2010, 176. 149

F.C. VILLATA, Obblighi alimentari e rapporti di famiglia secondo il regolamento 4/2009, cit., 735 ss.,

osserva che «tra la controversia e lo Stato del foro deve in ogni modo risultare un collegamento di una

qualche intensità, quale quello rappresentato dalla cittadinanza di una delle parti o dalla semplice

presenza nel territorio dello Stato del creditore, non tale da integrare la residenza abituale, in

considerazione dell’interesse dello Stato a che il creditore recuperi il credito alimentare dovutogli,

giacché altrimenti egli potrebbe avere accesso all’assistenza pubblica con conseguente esborso per

l’erario, o ancora dalla presenza di beni del debitore, nella prospettiva dell’effettività del recupero degli

alimenti dovuti». Cfr. P. FRANZINA, Le obbligazioni alimentari, cit., 484 s..

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 51

competenze giurisdizionali tra gli Stati membri, ma anche un coordinamento con quelle

degli altri Stati (150

).

5.- Litispendenza e connessione.

5.1. Il Regolamento n. 4/2009 introduce specifiche disposizioni volte ad assicurare il

coordinamento tra più procedimenti, riguardanti la stessa domanda o domande

connesse, che siano simultaneamente pendenti davanti ad autorità giurisdizionali di

diversi Stati membri (151

), al fine di prevenire la pronuncia di provvedimenti contrastanti

che potrebbero costituire un ostacolo alla libera circolazione delle decisioni all’interno

dell’Unione europea (152

).

In questo ambito, il Regolamento n. 4/2009 pone il principio inderogabile secondo

cui il procedimento instaurato per primo prevale su quelli proposti successivamente,

radicando la giurisdizione dell’autorità preventivamente adita, con la conseguenza che

al fenomeno del forum shopping - reso possibile dalla previsione di una molteplicità di

fori alternativi e pari ordinati (art. 3) - si aggiunge quello del c.d. forum running (153

),

favorito dalla possibilità, per la parte che per prima inizia la causa, di scegliere sia il

giudice - e quindi il tipo di processo (regolato dalla lex fori), con i conseguenti

vantaggi, anche in termini di costi e tempi del giudizio - sia, indirettamente, la

150 Appare opportuno precisare che - sebbene in materia di obbligazioni alimentari non vi sia una

disposizione analoga all’art. 7, par. 1, del Regolamento n. 2201/2003, che individua la competenza

residuale rinviando alla lex fori di ciascuno Stato membro - l’art. 7 del Regolamento n. 4/2009, in quanto

applicabile soltanto “in casi eccezionali”, non costituisce una vera norma di chiusura, idonea ad escludere

in modo assoluto l’applicabilità delle norme nazionali sulla giurisdizione. Ne consegue che, in assenza di

proroga espressa o tacita della giurisdizione (artt. 4 e 5), se il creditore-attore ed il convenuto non sono

abitualmente residenti in uno Stato membro (art. 3) né hanno cittadinanza comune (art. 6), non sembra

preclusa l’applicazione delle norme nazionali sulla giurisdizione (artt. 3 ss. della legge 31 maggio 1995 n.

218), tranne che si possa eccezionalmente configurare il forum necessitatis, come nell’ipotesi in cui una

delle parti sia cittadina dello Stato membro ove è stata proposta la domanda (cfr. considerando n. 16; ad

es., la moglie italiana potrebbe agire in giudizio in Italia nei confronti del marito extraeuropeo, pur

essendo entrambe le parti abitualmente residenti in un Paese terzo). 151

In materia matrimoniale, v. Corte di giustizia, sentenza 16 luglio 2009, c. C-168/08, Hadadi c. Mesko

in Hadadi, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2010, 176, punto 56, la quale precisa che - se è pur vero

che, in forza dell’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2201/2003, i giudici di diversi Stati membri

possono risultare competenti nel caso di persone con cittadinanza plurima - tuttavia, qualora, in

applicazione di tale disposizione, venissero aditi giudici di più Stati membri, il conflitto di competenza

può essere risolto con l’applicazione della norma enunciata all’art. 19, n. 1, dello stesso regolamento.

Inoltre, la Corte osserva che «il regolamento n. 2201/2003, disciplinando unicamente la competenza

giurisdizionale ma non stabilendo norme di conflitto, potrebbe certamente indurre i coniugi (…) ad adire

rapidamente uno dei giudici competenti per assicurarsi i vantaggi del diritto sostanziale in materia di

divorzio applicabile secondo il diritto privato internazionale del foro. Tuttavia (…) una siffatta

circostanza non può di per sé comportare che il fatto di adire un giudice competente in forza dell’art. 3, n.

1, lett. b), dello stesso regolamento, possa essere considerato abusivo. Infatti (…) il ricorso a giudici di

uno Stato membro di cui i due coniugi possiedano la cittadinanza, anche in assenza di qualunque altro

elemento di collegamento con lo Stato membro medesimo, non è contrario agli obiettivi perseguiti da

detta disposizione» (punto 57). 152

Corte di Giustizia, 9 novembre 2010, c. C-296/10, Purrucker c. Vallés Pérez (II). 153

R. CLERICI, Giurisdizione e legge applicabile, cit., 8.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 52

disciplina materiale più favorevole (c.d. system shopping), precludendo le eventuali

iniziative giudiziarie della controparte in un diverso Stato membro, rischio attenuato

soltanto dalla previsione, nell’ambito del medesimo Regolamento, di norme uniformi

sulla determinazione della legge applicabile (art. 15), con l’intento di realizzare la

coincidenza tra forum e ius.

La litispendenza presuppone la prevenzione tra i diversi procedimenti, da accertare in

base ai criteri dettati dall’art. 9 del Regolamento n. 4/2009 (154

), a norma del quale il

giudice si considera adito (a seconda che la forma dell’atto introduttivo sia quella del

ricorso o della citazione) nel momento in cui l’atto introduttivo è stato depositato presso

il giudice o consegnato all’autorità competente per la notifica al convenuto, purché

successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto

affinché fosse effettuata, rispettivamente, la notificazione al convenuto o il deposito

dell’atto presso il giudice. Il momento della pendenza della lite è quindi rimesso alla

volontà dell’attore, essendo determinato dal suo comportamento (il deposito o la

notifica dell’atto introduttivo del giudizio).

La disciplina della litispendenza è dettata dall’art. 12 del Regolamento, il quale

stabilisce che, «qualora davanti ad autorità giurisdizionali di Stati membri differenti e

tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il

medesimo titolo, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il

procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall’autorità giurisdizionale

adita in precedenza» (par. 1); «ove sia stata accertata la competenza dell’autorità

giurisdizionale adita per prima, l’autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara

la propria incompetenza a favore della prima» (par. 2).

Pertanto, pur in assenza di una formale eccezione di litispendenza, il giudice - al

quale risulti che un altro giudizio è pendente tra le stesse parti in un altro Stato membro

- deve comunque sospendere d’ufficio il giudizio in attesa della decisione del giudice

preventivamente adito (155

); nell’ipotesi in cui questi affermi la propria competenza, il

secondo giudice dovrà dichiarare d’ufficio il difetto di giurisdizione in favore del primo

giudice (156

).

154 Cfr. art. 30 del Regolamento n. 44/2001 e art. 16 del Regolamento n. 2201/2003.

155 Le disposizioni sulla litispendenza trovano applicazione anche se al giudice successivamente adito sia

attribuita competenza esclusiva per effetto di un accordo di proroga della giurisdizione ai sensi dell’art. 4

(v. Corte di giustizia, 9 dicembre 2003, C-116/02, Erich Gasser GmbH c. MISAT Srl, in Raccolta, 2003,

p. I-14693), diversamente da quanto prevede l’art. 31, par. 2, del Regolamento (UE) n. 1215/2012 (c.d.

Bruxelles I bis), che attribuisce al giudice designato dalle parti la possibilità di pronunciarsi sulla propria

competenza, anche se adito successivamente. 156

Sul punto, nelle controversie in materia matrimoniale, v. Cass. sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, in

Dir. Famiglia, 2010, 106, con nota di RUO, e in Dir. Famiglia, 2010, 1565, con nota di TARRICONE: «Nei

casi di litispendenza e di connessione, ai sensi dell’art. 19 regolamento Ce 2201/2003, l’autorità

giudiziaria adita successivamente deve dichiarare la propria incompetenza a favore dell’autorità

giudiziaria già investita della stessa questione o di questione connessa, anche se, ai sensi del successivo

art. 20, può emettere provvedimenti di urgenza». Cfr. Cass. sez. un., 17 maggio 2002, n. 7299, in Riv. dir.

int. priv. e proc., 2002, 1061, e Cass., 7 maggio 2004, n. 8748, in Giust. civ. Mass., 2004, 5, secondo cui,

avverso il provvedimento di sospensione, non è ammissibile il regolamento di giurisdizione ma quello di

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 53

L’art. 12 del Regolamento n. 4/2009 fa riferimento alla nozione di litispendenza in

senso tecnico (che riguarda le cause pendenti tra le stesse parti ed aventi il medesimo

oggetto e il medesimo titolo), diversamente dall’ampia nozione accolta dall’art. 19 del

Regolamento n. 2201/2003 (significativamente rubricato “Litispendenza e

connessione”), il quale ricomprende sia i casi di litispendenza in senso proprio, sia

quelli di “azioni dipendenti” o c.d. “falsa litispendenza” (157

), così da estendersi a tutte

le controversie matrimoniali elencate nell’art. 1, lett. a (divorzio, separazione personale

ed annullamento del matrimonio), sul solo presupposto dell’identità delle parti, essendo

configurabile anche tra domande aventi titolo diverso - ad esempio tra quella di

separazione personale e quella di divorzio (158

) - ed anche se l’ordinamento del giudice

successivamente adito non conosca il tipo di causa matrimoniale preventivamente

proposta.

Il giudice successivamente adito non può sindacare la decisione del primo giudice:

l’art. 42 - collocato nella sezione dedicata al riconoscimento delle decisioni - prevede

infatti il divieto di riesame del merito della decisione emessa in uno Stato membro.

5.2. Le regole sulla litispendenza dettate dall’art. 12 del Regolamento n. 4/2009 si

applicano soltanto alle domande proposte davanti a giudici di Stati membri dell’Unione

europea, mentre nelle ipotesi in cui il primo giudizio sia stato instaurato in uno Stato

terzo, la disciplina della litispendenza è quella generale, prevista dall’art. 7, 1° comma,

della legge 31 maggio 1995 n. 218, a norma del quale - quando sia eccepita la previa

pendenza tra le stesse parti, davanti a un giudice straniero, di una domanda avente il

medesimo oggetto ed il medesimo titolo - il giudice italiano, se ritiene che il

provvedimento straniero possa produrre effetto per l’ordinamento italiano, sospende il

giudizio e, se il giudice straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento

straniero non è riconosciuto nell’ordinamento italiano, il giudizio prosegue, previa

riassunzione del giudizio ad istanza della parte interessata (159

); mentre se il giudice

italiano ritiene che il provvedimento che verrà emesso nel processo straniero non possa

essere riconosciuto, è tenuto a non sospendere e a proseguire il giudizio.

competenza ex art. 42 c.p.c.; Cass. sez. un., 12 maggio 2006, n. 11001, in Dir. e giust., 2006, 26, 44, e in

Giust. civ. Mass., 2006, 5, ha precisato che, avverso la pronuncia di accertamento negativo della

litispendenza internazionale, non è proponibile né il regolamento di competenza né il regolamento

preventivo di giurisdizione, ma esclusivamente l’impugnazione dinanzi al giudice processualmente

sovraordinato, secondo l’ordinario svolgimento del processo; v. inoltre Cass. sez. un., 16 marzo 2009, n.

6597. 157

L’espressione è contenuta nella Relazione Borrás, cit., punto 54.

158 Per un caso di litispendenza tra la domanda di separazione, proposta davanti al giudice italiano, e la

domanda di divorzio (poi convertita in separazione), preventivamente proposta davanti al giudice tedesco,

v. Trib. Belluno, sent. 23 dicembre 2009, in Giur. it., 2010, 1889, e in Riv. dir. int. priv. e proc., 2011,

727. Cfr. anche Trib. Bari, sent. 9 dicembre 2008, in Giur. merito, 2010, 659, con nota di M. D’AURIA;

Trib. Perugia, sent. 29 marzo 2010, in Jurisdata Giuffré. 159

L’art. 7, comma 2°, precisa inoltre che la pendenza della causa davanti al giudice straniero si

determina secondo la legge dello Stato in cui il processo si svolge (v. Cass. sez. un., 12 ottobre 1990, n.

10014, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1992 , 956; Cass. sez. un., 27 marzo 2009, n. 7427), in deroga ai

principi in tema di qualificazione.

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 54

La disciplina interna della litispendenza internazionale si differenzia da quella

stabilita dall’art. 12 del Regolamento n. 4/2009 perché richiede al giudice un giudizio

prognostico sulla possibilità di riconoscimento della pronuncia proveniente dallo Stato

terzo (160

), mentre all’interno dello spazio giudiziario europeo opera il principio del

riconoscimento automatico (artt. 17 e 23 del Regolamento n. 4/2009) anche in

riferimento alla disciplina della litispendenza (art. 12, par. 2).

L’astratta possibilità che la futura sentenza straniera produca effetti nell’ordinamento

italiano deve essere valutata in base alle norme generali sul riconoscimento delle

decisioni (artt. 64 e 65 della legge 31 maggio 1995 n. 218), ma - trattandosi di un

provvedimento non ancora pronunciato - il giudice potrà considerare soltanto quei

requisiti che attengono al processo in corso, con particolare riferimento alla competenza

giurisdizionale, alla regolare costituzione delle parti ed al rispetto del contraddittorio e

dei diritti della difesa (161

), nonché alla possibile incompatibilità della disciplina con

l’ordine pubblico (162

).

160 La nozione di litispendenza internazionale presuppone - oltre all’identità delle parti - l’identità dei

risultati pratici perseguiti, e ciò indipendentemente dal petitum immediato delle singole domande e dal

titolo (causa petendi) specificamente fatto valere: v. Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108.

Si riteneva che la formulazione letterale dell’art. 7 della legge 31 maggio 1995, n. 218, richiedesse la

proposizione dell’eccezione di parte (cfr. Cass. sez. un., 17 marzo 2000, n. 61, in Riv. dir. internaz. priv. e

proc., 2000, 781, e in Giust. civ., 2000, 1961); tuttavia, la più recente giurisprudenza di legittimità (v.

Cass. sez. un. 28 novembre 2012, n. 21108, cit.) ammette il rilevo d’ufficio della litispendenza

internazionale, che deve essere dichiarata dal giudice quando l’esistenza dei relativi presupposti emerga

dagli elementi offerti dalle parti. 161

Cass. sez. un., 4 maggio 2006, n. 10219, in Giust. civ. Mass., 2006, 5: «In tema di sospensione del

giudizio davanti al giudice italiano adito successivamente al giudice straniero, ex art. 7 l. n. 218 del 1995,

la valutazione prognostica da effettuare, circa la possibilità della sentenza straniera di spiegare effetto in

Italia, concerne il riscontro dell’identità tra i due giudizi delle parti, dell’oggetto e del titolo,

dell’introduzione del giudizio straniero prima di quello italiano, della conoscenza da parte del convenuto

dell’atto introduttivo del giudizio (in base al diritto straniero), del rispetto dei diritti essenziali della difesa

nonché della regolare costituzione delle parti (sempre secondo il diritto straniero)». 162

In conclusione, nelle controversie in materia di obbligazioni alimentari in cui siano presenti uno o più

elementi di estraneità (ad es. residenza all’estero o cittadinanza straniera di una o di entrambe le parti del

rapporto), i criteri di competenza giurisdizionale previsti dal Regolamento n. 4/2009 operano nel modo

seguente:

a) se il convenuto si è costituito senza eccepire il difetto di giurisdizione, la competenza giurisdizionale

resta definitivamente radicata davanti al giudice adito (art. 5);

b) il giudice deve invece procedere alla verifica della competenza giurisdizionale:

b1) se il convenuto non è comparso: in tal caso il giudice procede d’ufficio alla verifica della propria

competenza giurisdizionale (art. 10);

b2) se il convenuto è comparso ed ha eccepito il difetto di giurisdizione: in tal caso il giudice procede alla

verifica della propria competenza giurisdizionale su eccezione del convenuto (art. 5);

in entrambi i casi si deve verificare se, per quella controversia, il Regolamento n. 4/2009 attribuisca la

competenza giurisdizionale al giudice adito, in base ai criteri indicati negli artt. 3, 4, 6 e 7, e di

conseguenza:

c) preliminarmente, il giudice deve procedere alla verifica dell’eventuale litispendenza:

c1) quando risulti che, davanti all’autorità giurisdizionale di un diverso Stato membro, tra le stesse parti

sia già stata proposta altra domanda (avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo), il giudice

successivamente adito deve sospendere d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la

competenza dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita (art. 12), e, se la competenza dell’autorità

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 55

A norma dell’art. 2, comma 1, della legge 31 maggio 1995 n. 218, restano salve,

infine, le disposizioni in tema di litispendenza dettate dalle convenzioni internazionali

in vigore per l’Italia (163

).

5.3. L’art. 13 del Regolamento n. 4/2009 disciplina le ipotesi di connessione,

disponendo che «ove più cause connesse siano pendenti dinanzi ad autorità

giurisdizionali di diversi Stati membri, l’autorità giurisdizionale successivamente adita

può sospendere il procedimento» (par. 1); «se tali cause sono pendenti in primo grado,

l’autorità giurisdizionale successivamente adita può parimenti dichiarare la propria

incompetenza su richiesta di una delle parti a condizione che l’autorità giurisdizionale

adita per prima sia competente a conoscere delle domande proposte e la sua legge

giurisdizionale preventivamente adita sia stata accertata (o se è stata fondatamente eccepita la

litispendenza internazionale in riferimento ad una domanda preventivamente proposta davanti all’autorità

giurisdizionale di uno Stato terzo, ai sensi dell’art. 7 della legge 31 maggio 1995 n. 218), il giudice

successivamente adito deve dichiarare la propria incompetenza a favore di quello adito per primo;

c2) quando non risulti che sia stata preventivamente adita l’autorità giurisdizionale di un altro Stato

membro (ex art. 12), il giudice può procedere alla verifica della propria competenza:

d) quando le parti hanno concluso un accordo sulla competenza giurisdizionale, con le forme e nei casi

previsti dall’art. 4 (electio fori):

d1) se le parti hanno convenuto la competenza esclusiva dell’autorità giurisdizionale di un diverso Stato

membro, il giudice adito deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione;

d2) se le parti hanno attribuito la competenza giurisdizionale al giudice adito, il giudice può affermare la

propria giurisdizione e procedere all’esame delle ulteriori questioni (processuali e di merito, previa

individuazione della legge sostanziale applicabile);

d) quando le parti non hanno effettuato l’electio fori (o se l’accordo delle parti non sia valido, a norma

dell’art. 4), il giudice procede alla verifica della propria competenza giurisdizionale sulla base dei criteri

generali indicati dall’art. 3 (residenza abituale del convenuto o del creditore; accessorietà della domanda

di alimenti rispetto all’azione di stato o di responsabilità genitoriale);

d1) se sussiste la competenza giurisdizionale del giudice adito in base all’art. 3, il giudice può affermare

la propria giurisdizione e procedere all’esame delle ulteriori questioni (processuali e di merito, previa

individuazione della legge sostanziale applicabile);

e) se non sussiste la competenza giurisdizionale sulla base dei criteri generali indicati dall’art. 3 (e

nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato parte della Convenzione di Lugano del 2007, che non sia uno

Stato membro, è competente in virtù delle disposizioni di detta convenzione), il giudice procede alla

verifica della propria competenza sulla base del criterio di competenza sussidiaria stabilito dall’art. 6

(cittadinanza comune delle parti);

e1) se sussiste la competenza giurisdizionale del giudice adito in base all’art. 6, il giudice può affermare

la propria giurisdizione e quindi procedere nell’esame delle ulteriori questioni (processuali e di merito,

previa individuazione della legge sostanziale applicabile);

f) se non sussiste la competenza giurisdizionale sulla base del criterio sussidiario stabilito dall’art. 6, il

giudice procede alla verifica della propria competenza sulla base del forum necessitatis, nei casi

eccezionali previsti dall’art. 7;

f1) se il giudice non ritiene applicabile il criterio previsto dall’art. 7 e se non è possibile utilizzare gli

eventuali criteri di giurisdizione stabiliti dalle Convenzioni internazionali applicabili alla controversia in

base all’art. 2 della legge 31 maggio 1995 n. 218, il giudice adito deve dichiarare il proprio difetto di

giurisdizione;

f2) se risulta applicabile il criterio previsto dall’art. 7, il giudice può affermare la propria giurisdizione e

procedere all’esame delle ulteriori questioni (processuali e di merito, previa individuazione della legge

sostanziale applicabile). 163

Cfr., ad es., Cass., 26 novembre 2004, n. 22335, in Giust. civ. Mass., 2004, 11, e in Giust. civ., 2005, 3,

I, 633 ss..

LA GIURISDIZIONE NELLE CONTROVERSIE FAMILIARI TRANSFRONTALIERE

Umberto Giacomelli 56

consenta la riunione dei procedimenti» (par. 2).

L’art. 13, par. 3, precisa che «sono connesse le cause aventi tra di loro un legame

così stretto da rendere opportune una trattazione e una decisione uniche per evitare

soluzioni tra loro incompatibili ove le cause fossero trattate separatamente».

Rispetto alla disciplina della litispendenza, che impone al giudice la sospensione del

processo (art. 12), nel caso di connessione il giudice successivamente adito ha la facoltà,

ma non l’obbligo, di sospendere il procedimento.

Se invece la connessione riguarda un giudizio pendente davanti all’autorità

giurisdizionale di uno Stato terzo, può trovare applicazione l’art. 7, 3° comma, della

legge 31 maggio 1995 n. 218, che si riferisce all’ipotesi di pregiudizialità tra una causa

straniera e quella proposta in Italia.

Infine, l’art. 14 del Regolamento n. 4/2009 dispone che i provvedimenti provvisori o

cautelari, previsti dalla legge di uno Stato membro, possono essere richiesti alle autorità

giudiziarie di tale Stato anche se, in forza del Regolamento, la competenza a conoscere

nel merito è riconosciuta all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.