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 Nel nostro sistema si puo’ determinare una precisa parte di articoli e leg gi rif erita agl i imp renditori cioe’ a quei sogget ti che eserci tano professionalmente un’attivita’ economica organizzata, finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. Nell’ opzione della nostra costituzione per un sistema giuridico che riconosce la proprieta’ privata e la liberta’ di iniziativa economica (art. 41 e 42 cost). Il nostro sistema su basa sull’ ECONOMIA DI MERCATO: 1. tende nziale liberta’ dei privati di dedicarsi alla produzione e alla distribuzione di quan to necessario per il soddisfacimento dei bisogni materiali della collettivita’ e nonche’ di modellare secondo scelte ispirate alla logica del tornaconto personale il proprio comportamento sul mercato. 2. liberta’ di pl ur alita’ di operatori economici sia pubblici che privati. 3. libe rta’ di comp etizione economica e commerciale. Parliamo di liberta’ commerciali relative in quanto strumentalizzate alla realizzazione del benessere collettivo in quanto indirizzate o quanto meno controllate dagli interventi pubblici; ma pur sempre liberta’ e poi ci sono liberta’ destinate a svilupparsi nella sfera del diritto privato fin quando si resta in una cornice isti tuzionale che non si basi sulla proprieta’ collettiva dei mezzi di produzione e sulla esclusiva avocazione alla mano pubblica. Nel nostro sistema come negli altri in cui l’economia e’ libera e mista, il fenomeno imprenditoriale costituisce per cio’ l’asse por tante dello svi luppo economico e del pro cesso di razionale utilizzazione delle risorse pr oduttive ma tenendo sott o controllo questo sviluppo con un ambiente giuridico propizio ordinato e razionale. Obiettivo perseguito attraverso una normativa che riguarda sia i si ngoli rappor ti economici sia l’at ti vita’ di impr esa(come i contratti, le obbl igazioni e la tutela del credito) e una parte della normativa che regola l’or gan izzazione e l’esercizio dell’at ti vita’ dell’ impr esa unitariamente considerata. Infatti gli impre nditori sono assoggettati a particolari statuto professionali (gli statuti societari). Il diritto commerciale moderno e’ appunto la parte del diritto privato che ha per oggetto e regola l’attivita’ e gli atti d’impresa, e’ il diritto privato delle imp rese, part e centrale del dir itt o pri vato dell’economia. (il capitolo dell’introduzione si chiude con una parte riguardante la evoluzione storica del diritto commerciale nei secoli decisamente poco rilevante per lo studio di questa materia). Riassunti di DIRITTO COMMERCIALE – Campobasso 1

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Nel nostro sistema si puo’ determinare una precisa parte di articoli eleggi riferita agli imprenditori cioe’ a quei soggetti che esercitanoprofessionalmente un’attivita’ economica organizzata, finalizzata allaproduzione o allo scambio di beni o servizi. Nell’ opzione della nostracostituzione per un sistema giuridico che riconosce la proprieta’ privatae la liberta’ di iniziativa economica (art. 41 e 42 cost). Il nostro sistemasu basa sull’ ECONOMIA DI MERCATO:

1. tendenziale liberta’ dei privati di dedicarsi alla produzione e alladistribuzione di quanto necessario per il soddisfacimento deibisogni materiali della collettivita’ e nonche’ di modellaresecondo scelte ispirate alla logica del tornaconto personale il

proprio comportamento sul mercato.2. liberta’ di pluralita’ di operatori economici sia pubblici cheprivati.

3. liberta’ di competizione economica e commerciale.Parliamo di liberta’ commerciali relative in quanto strumentalizzate allarealizzazione del benessere collettivo in quanto indirizzate o quantomeno controllate dagli interventi pubblici; ma pur sempre liberta’ e poici sono liberta’ destinate a svilupparsi nella sfera del diritto privato finquando si resta in una cornice istituzionale che non si basi sullaproprieta’ collettiva dei mezzi di produzione e sulla esclusivaavocazione alla mano pubblica. Nel nostro sistema come negli altri in

cui l’economia e’ libera e mista, il fenomeno imprenditoriale costituiscepercio’ l’asse portante dello sviluppo economico e del processo dirazionale utilizzazione delle risorse produttive ma tenendo sottocontrollo questo sviluppo con un ambiente giuridico propizio ordinato erazionale. Obiettivo perseguito attraverso una normativa che riguardasia i singoli rapporti economici sia l’attivita’ di impresa(come icontratti, le obbligazioni e la tutela del credito) e una parte dellanormativa che regola l’organizzazione e l’esercizio dell’attivita’dell’impresa unitariamente considerata. Infatti gli imprenditori sonoassoggettati a particolari statuto professionali (gli statuti societari). Ildiritto commerciale moderno e’ appunto la parte del diritto privato che

ha per oggetto e regola l’attivita’ e gli atti d’impresa, e’ il diritto privatodelle imprese, parte centrale del diritto privato dell’economia. (ilcapitolo dell’introduzione si chiude con una parte riguardante laevoluzione storica del diritto commerciale nei secoli decisamente pocorilevante per lo studio di questa materia).

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CAPITOLO 1: L’IMPRENDITORE:Definizione generale dell’imprenditoree’ data dal legislatore nell’articolo 2082 c.c. :” e’ imprenditore colui

che esercita professionalmente un’attivita’ economica organizzata alfine della produzione ,distribuzione o scambio di beni o servizi”.  ladisciplina dettata non è però identica in tutti li imprenditori. Infatti Ilcod.civ. distingue vari tipi di imprese e imprenditori a base di 3 critericerti:

1. l’OGGETTO DELL’IMPRESA che determina la distinzione tra inimprenditore agricolo e imprenditore commerciale (risp.art.2135 e art.2195)

2. DIMENSIONE DELL’IMPRESA:che serve ad enucleare la figuradel piccolo imprenditore e, di riflesso, il medio-grande (art. 2083)3. LA NATURA DEL SOGGETTO che esercita l’impresa, che

determina la tripartizione legislativa fra impresa individuale,impresa costituita in forma di societa’ ed impresa consideratapubblica.

I tre criteri si fondano su dati diversi oggetto, dimensione, natura delsoggetto), dati che consentono di definire e dare una precisa qualificaall’impresa.Quindi classificando le imprese si capisce che alcune regole valgonoper alcune e non per altre ma l’eccezione c’e’ infatti esistono norme

applicabili a tutti gli imprenditori i quali sono assoggettati al rispetto diuna disciplina comune, nota comeSTATUTO GENERALE DELL’IMPRENDITORE all’ interno della qualesono presenti norme sull’azienda, note come- disciplina dell’azienda e dei segni distintivi,-disciplina della concorrenza e dei consorzi

- e alcune norme sui contratti sparse nel codice.E’ poi identificabile una statuto dell’imprenditore commerciale(integrativo di quello generale)nel quale rientrano:- la regolamentazione dell’iscrizione nel registro delle imprese-la disciplina della rappresentanza commerciale,

-le scritture contabili,-il fallimentoe altre meno importanti procedure concorsuali.

Poche sono invece le disposizioni del cod. civ. che riguardano gliimprenditori agricoli e i piccoli imprenditori. Essi sono esonerati -dalla tenuta delle scritture contabili e-dall’assoggettamento delle scritture contabili,

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mentre hanno solo l’obbligo dell’iscrizione al registro delle imprese (ma con un diverso rilievo alconfronto con l’imprenditore agricolo ed il piccolo imprenditore).

2.La nozione generale di imprenditore

Riprendendo la definizione di imprenditore di sopra” e’ imprenditore colui che esercita professionalmente un’attivita’economica organizzata al fine della produzione ,distribuzione oscambio di beni o servizi”.Si può stabilire con certezza che tale definizione è di derivazioneeconomica. Tale derivazione economica non significa che ci deveessere coincidenza tra nozione economica e nozione giuridica.Nell’ambito economico nella definizione di imprenditore si evidenzianole funzioni, nell’ambito giuridico si tende invece ad evidenziare irequisiti.Più specificatamente secondo l’interpretazione economica

l’imprenditore èil soggetto che nel processo economico svolge funzioneintermediaria tra chi dispone dei fattori produttivi e chi domandaprodotti e servizi

nello svolgimento di tale funzione l’imprenditore coordina, organizza edirige secondo proprie scelte il processo produttivo (funzioneorganizzativa)assumendo su di se il rischio che i costi di impresa non siano ricopertiper la mancanza di domanda o per la situazione di mercato ( rischio diimpresa)nel caso in cui invece i ricavi superano i costi ricava un profitto,profitto che è il tipico movente dell’attività imprenditoriale (profitto)

invece secondo l’interpretazione giuridica nella definizione diimprenditore ci si sofferma a stabilire quali sono i requisiti miniminecessari e sufficienti affinchè un soggetto possa essere definitoimprenditore.Dall’articolo 2082 si ricavano i requisiti:

- l’impresa e’ ATTIVITA’ (serie coordinata di atti con una funzioneunitaria)

- -ed e’ attivita’ caratterizzata sia da uno SPECIFICO SCOPO cioe’produzione o scambio di beni o servizi,

- e sia da specifiche MODALITA’ DI SVOLGIMENTO cioe’l’organizzazione, economicita’ e professionalita’.

Altri requisiti non sono espressamente richiesti. Viene spessocontenstato che siano altresi’ richiesti altri requisiti indispensabilicome:l’intento dell’imprenditore di ricavare un profitto dall’eserciziodell’impresa (scopo di lucro)la destinazione al mercato dei beni e dei servizi prodottiRiassunti di DIRITTO COMMERCIALE – Campobasso

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la liceita’ dell’attivita’ svolta.

3.L’attività produttivaL’impresa è attività finalizzata alla produzione o allo scambio di beni eservizi. pertanto si si configura come  ATTIVITA’ PRODUTTIVA,è

attività produttiva di nuova ricchezza.Per qualificare una data attività come produttiva è irrilevante la naturadei beni o servizi prodotti o scambiati ed il tipo di bisogno che essisono destinati a soddisfare.Non sarà impresa l’attività di mero godimento: per esempio ilproprietario di beni immobili che li cede il locazione. Non vi è peròincompatibilità tra attività di impresa e attività di godimento nel casodi:-un proprietario di un fondo agricolo che destini lo stesso a coltivazione-un proprietario di un immobile che adibisca lo stesso ad albergo ,pensione o residence.

-nella concezione di finanziamenti a terzi, come nel caso delle.società finanziarie---erogano credito con mezzi propri e non raccoltitra il pubblico.società di investimento.holdings---hanno come unico oggetto esclusivo l’acquisto e lagestione di altre societa’.

4.L’organizzazionenon e’ concepibile impresa senza l’impiego coordinato di fattoriproduttivi come capitale e lavoro propri e/o altrui ed attraverso lacreazione di un complesso produttivo che si definisce azienda , dove

tale complesso è complesso dei beni organizzati dall imprenditore perl’esercizio dell’impresa.Di norma la funzione organizzativa dell’imprenditore si realizza

attraverso la cordinazione di fattori produttivi e creazione di uncomplesso produttivo, formato da persone e da beni strumentali.Ma può accadere che l’ imprenditore eserciti attività senza l’ausilio di

collaboratori oppure senza che il ordinamento dei fattori produttivi(capitale e lavoro) realizzi un complesso aziendale materialmentepercepibile.In questi due casi la qualità di imprenditore non può essere negata, dalmomento che non è necessario che la funzione organizzativa

dell’imprenditore abbia per oggetto anche altrui prestazioni lavorativeautonome o subordinate, cioè lavoratori dipendenti(ci sono infatti deinegozi in cui lavora solo il titolare o altri in cui ci sono serviziautomatizzati e non personale-lavanderie a gettoni). Ed in tali attivitàproduttive possono raggiungere dimensioni notevoli anche senzalavoratori dipendenti ma cono il proprio lavoro intellettuale e manuale.

5.Impresa e lavoro autonomo

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Requisito dell’organizzazione si ridimensiona ancor di piu’ quando siparla di IMPRESA E LAVORO AUTONOMO: cioe’ quando tutto ilprocesso produttivo si basa esclusivamente sul lavoro personale delsoggetto agente e si non si utilizzano ne’ lavoro ne’ capitali altrui cioe’faccia difetto la cosidetta eteroorganizzazione.

Ma un minimo di organizzazione di lavoro altrui o di capitale è pursempre necessaria per aversi impresa. In mancanza si avrà semplicelavoro autonomo non imprenditoriale.Comunque si arriva alla conclusione che   per aversi una impresaautonoma anche se piccola si debba superare quella linea dellasemplice autoorganizzazione del proprio lavoro . Poi superata la sogliadella semplice autoorganizzazione del proprio lavoro si diventaimprenditori e imprenditori piccoli o grandi a seconda dei casi.

Per aversi impresa c’e’ sempre bisogno di un minimo utilizzo di lavoroaltrui o capitale altrui, in mancanza di cio’ si avra’ semplice lavoro

autonomo non imprenditoriale.

6.Economicità dell’attivitàAltro requisito dell’impresa e’ l’ECONOMICITA’ . si parla di

economicità dell’attività poiché nel momento in cui l’impresa è definitaattività economica si ritene nell art 2082 che attività economica siasinonimo di attività produttiva. ma ridurre la attività economica adattività produttiva è sbagliato perché sempre nell art 2082l’economicità è richiesta in aggiunta allo scopo produttivo.Ossia ciò che qualifica un attività come economica non è solo il fineproduttivo è anche il metodo con cui è svolta.

E l’attività produttiva può dirsi condotta con metodo economicoquando è tesa al procacciamento di entrate remunerative deifattori produttivi utilizzati:

Per aversi impresa è quindi necessario che l’attività produttivasia condotta con metodo economico,secondo modalità checonsentono quanto meno la copertura dei costi con i ricavi edassicurino l’autosufficienza economica.

Non e’ quindi imprenditore chi, soggetto pubblico o privato, producabeni o servizi che vengano erogati gratuitamente o a prezzo politico,

tale cioe’ da far oggettivamente escludere la possibilita’ di coprire coni ricavi i costi.

7.La professionalitàUltimo requisito richiesto dall’art. 2082 e’ la PROFESSIONALITA’:

cioe’ l’esercizio abituale e non occasionale di una data attivita’produttiva.

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Non è percio imprenditore chi compie una sola operazione di acquistoe di rivendita di merci.Eccezioni:-La professionalità non implica però che l’attività imprenditoriale deveessere svolta in modo continuato: esistono infatti attività stagionali.

-La professionalità non implica neppure che quella di impresa sial’attività unica o principale. È imprenditore infatti anche il professore oimpiegato che collateralmente alla sua professione principale gestisceun negozio o un albergo. È possibile quindi anche il contempo eserciziodi più attività di impresa, noto come pluralità di attività.

Esaurita l’esposizione dei requisiti essenziali richiesti dal legislatore,non resta da vedere se altri ne debbano ricorrere altri per qualificareun soggeto come imprenditore.

• lo scopo di lucro e’ requisito essenziale? Si risponde che

essenziale e’ solo che l’attivita’ venga svolta secondo modalita’astrattamente lucrative, irrilevante e’ che un profitto venga poirealmente conseguito, sia fatto che l’imprenditore devolvaintegralmente ai fini altruistici il ricavato conseguito.(lucrooggettivo). Nulla si oppone, a che si affermi che requisitoessenziale dell’impres sia l’economicita’ e non lo scopo di lucro.

• Puo’ essere considerato imprenditore colui che produce beni oservizi destinati a uso e consumo personali? E’ i mpresa lacosidetta impresa per conto proprio? L’opinione generale e’negativa, l’impresa per conto proprio pur concedendosi che perl’acquisto della qualita’ di imprenditore basta una destinazione

parziale o potenziale della produzione al mercato ma tuttavianon possono essere considerate imprese come la coltivazione diun fondo a scopo famigliare, la costruzione di appartamenti nondestinati alla vendita.

• Un imprenditore puo’ essere considerato tale anche se l’attivita’produttiva e’ illecita,immorale o mafiosa? Chi esercita un’attivita’illecita e’ sempre un imprenditore con vantaggi e svantaggidipendendo pero’ da quale illecita’ compie.

Altra cosa importante da discutere e’ L’IMPRESA E LE PROFESSIONI

INTELLETTUALI : esistono infatti attivita’ produttive per le quali laqualifica imprenditoriale e’ esclusa in via di principio dal legislatorestesso ed e’ il caso delle professioni intellettuali, infatti i liberiprofessionisti non sono mai, in quanto tali, imprenditori. I liberiprofessionisti diventano imprenditori solo se e in quanto la professioneintellettuale e’ esplicata nell’ambito di un’altra attivita’ di per se’qualificabile come impresa, per contro un professionsta libero o artistache si limita a svolgere la propria attivita’ non diventera’ maiimprenditore.

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CAPITOLO 2: LE CATEGORIE DI IMPRENDITORI:L’IMPRENDITORE AGRICOLO E IMPRENDITORE COMMERCIALE:  sonodue tipi di imprenditori vengono distinti dal legislatore in baseall’oggetto della loro attivita’.

L’imprenditore commerciale è destinatario di un’ampia e articolatadisciplina fondata sull’-obbligo dell’iscrizione al registro delle imprese,-obbligo di scritture contabili e-l’assoggettamento al fallimento-e altre procedure concorsuali.

L’imprenditore agricolo presenta una nozione essenzialmentenegativa nel codice civile.chi e’ impenditore agricolo e’ essenzialmente sottoposto alla disciplinaper l’imprenditore in generale ed e’

- esonerato dalle scritture contabili(dal 1993) ,-e all’assoggettamento alle procedure concorsuali.Era inoltre esonerato anche dallì’iscrizione nel registro delle imprese,ma dal 1993 è stata introdotta per tutti gli imprenditori agricolidapprima con semplice funzione di pubblicità notizia, e di recenteanche con funzione di pubblicità legale, identica a quella prevista pergli imprenditori commerciali.Ultimamente si comincia a parlare di una terza categoria detta delleIMPRESE CIVILI, imprese non menzionate direttamente dal legislatoreed individuabili in base al criterio meramente negativo di non poter

essere qualificate ne’ agricole ne’ commerciali dove queste impresesarebbero soggette solo alla disciplina in generale per l’imprenditoria enon a quella delle imprese commerciali, con conseguente allargamentodella zona di esonero di tale normativa.

2. l’imprenditore agricolo. Le attività agricole essenziali.

3.Le attività agricole per connessione.Secondo la nozione originaria l’art. 2135 del cod.civ.“E’ imprenditore agricolo chi esercita un’attivita’ diretta alla

-coltivazione di un fondo,-alla silvicultura,

-all’allevamento del bestiame e-attivita’ connesse,

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si reputano attivita’ connesse le attivita’ dirette alla trasformazione oall’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizionormale dell’agricoltura”.

Quindi le attivita’ agricole possono percio’ essere distinte in due grandi

categorie:1. attivita’ agricole essenziali.2. attivita’ agricole per connessione.

Questa distinzione e’ stata mantenuta anche dalla nuova nozione diimprenditore agricolo introdotta dal decr.legs 228/2001.Inizialmente l’attività di i. agricolo era connessa all’ attività svolta suterreno, poi nel corso degli anni e con lo sviluppo delle tecnologiealcune attività si sono scollegate dalla terra, per utilizzare tecnichesempre più sofisticate e dare luogo alla cosiddetta agricolturaindustrializzata.

Quindi oggi anche l’attivita’ puo’ dar luogo ad ingenti investimenti dicapitali e a sollevare sul piano giuridico esigenze di tutela del creditonon molto diverse da quelle che sono alla base della disciplina delleimprese commerciali.Ma l’imprenditore agricolo è esonerato a tale disciplina, infatti èsottratto al fallimento. Una scelta legislativa che lascia insoddisfattimolti giudici e interpeti.

Ritornando alla nuova nozione di imprenditore agricolo del 2001 si e’optato per la seguente impostazione, cioe’ che l’imprenditore e’ coluiche ha una produzione fondata sullo svolgimento di un ciclo biologico

naturale, quindi l’attuale formulazione dell’art.2135 ribadisce chel’imprenditore agricolo e’ chi esercita una delle seguenti attivita’,coltivazione di un fondo, selvicoltura, allevamento e attivita’ connessespecificando che per le suddette attivita’ si intendono le attivita’dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico naturale o di unafase necessaria del ciclo stesso (vi rientrano gli orticoltori,coltivatori difunghi, allevamenti in batteria e la zootecnia, allevamenti di cavalli dacorsa e da pelliccia e le imprese ittiche).Invece per   ATTIVITA’ AGRICOLE PER CONNESSIONE si intendonole attività che si configurano come ampliamento dell’attivitàdell’imprenditore agricolo:

a) le attivita’ dirette alla manipolazione, conservazione,trasformazione, commercializzazione e valorizzazione deiprodotti ottenuti prevalentemente da un’attivita’ agricolaessenziale.

 b) Le attivita’ dirette alla fornitura di beni o servizi mediantel’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse normalmenteutilizzate nell’attivita’ agricola esercitata, comprese quella di

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valorizzazzione del territorio e del patrimonio rurale e forestale ele attivita’ agrituristiche.

Queste due attivita’ sono oggettivamente commerciali, ma in quantoconnesse alla loro principale attivita’ agricola vengono, antro certilimiti considerate tali anch’esse.

Quindi ora come prima della nuova nozione fornita nel 2001,due eranoe sono le condizioni al riguardo necessarie :-innanzitutto che il soggetto che la esercita sia gia’ qualificabileimprenditore agricolo in quanto svolge come attivita’ primaria unadelle tre attivita’ agricole tipiche- e inoltre attivita’ coerente con quella connessa(connessionesoggettiva).

Quindi e’ imprenditore agricolo il viticoltore che commercializza il suovino ma e’ considerato imprenditore commerciale colui checommercializza un prodotto agricolo altrui.

n.b. 1--- Le attivita’ connesse non devono prevalere, per rilievoeconomico, sull’attivita’ agricola essenziale.

n.b. 2--- l’imprenditore agricolo a differenza dell’imprenditorecommerciale svolge la sua attività a livello personale e non sottoformadi società. Esiste tuttavia un eccezione nel caso dei consorsi agricoli ele cooperative che si mettono insieme al fine di sviluppare i proprioprodotti non più a livello personale, mantenendo la qualifica dii.agricoli.

4.L’imprenditore commerciale

IMPRENDITORE COMMERCIALE e’ colui che svolge una delleattivita’ elencate nell’art.2195 cioe’:

1. attivita’ industriale diretta alla produzione di beni e servizi (tuttequelle imprese che posso essere qualificate tali in quanto fannouna produzione a livello industriale.

2. attivita’ intermediaria nella circolazione di beni e servizi, (leimprese di puro commercio come il venditore all’ingrosso o alminuto)

3. attivita’ di traporti di beni o persone per acqua, terra e aria.4. attivita’ bancaria e assicurativa(sempre funzione di

intermediazione di quel bene particolare chiamato denaro,

invece l’attivita’ assicurativa produce particolari servizi quindi e’di produzione).

5. altre attivita’ ausiliarie delle precedenti, dove vi rientrano-le agenzie di mediazione,-di deposito,-di commissione,-di spedizione,-di pubblicita’ commerciale,

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- di marketing ecc. Che possono tutte essere considerateproduttrici di servizi quindi una ulteriore sottocategoriadelle imprese del numero 1.

Da qui si puo’ capire che le imprese dei punti 3,4,5 sono semplici

sottospecie dei primi due punti che si distinguono in impreseproduttrici ed intermermediarie. Come gia detto c’e’ una terza speciedi impresa che non e’ menzionata dal legislatore ma che va via viaqualificandosi, e cioe’ l’ IMPRESA CIVILE : l’imprenditore civile, inquanto ne’ agricolo ne’ commerciale, sarebbe sottoposto solo allostatuto generale dell’imprenditore, ma non a quello dell’imprenditorecommerciale, percio’ non fallirebbe.Vengono qualificate come imprese civili:

a) imprese che producono beni  senza trasformare materie prime,quali le imprese minerarie e le imprese di caccia e pesca.

 b) Imprese che producono servizi senza trasformare materie prime

e quindi naturalmente diverse dalle imprese previste nel punto 3dell’art.2195. Vi rimangono quindi le imprese produttrici dispettacoli, agenzie matrimoniali.

In sintesi sarebbero imprese civili, tutte quelle imprese ausiliarie diattivita’ non commerciali. Pero’ questa elencazione e soprattuttoquesta ulteriore suddivisione delle imprese non e’ condivisa dalladottrina prevalente. Si arriva percio’ alla conclusione che l’art.2195 valetto come se dicese: e’ attivita’ commerciale quella diretta allaproduzione di beni o servizi non agricoli e quella rivolta allacircolazione di beni non qualificabile come agricola per connessione.Piu’ sinteticamente e’ imprenditore commerciale ogni imprenditore non

agricolo. Per le imprese civili non resta alcun spazio.

6.Piccolo imprenditore. L’impresa familiare.La dimensione dell’impresa e’ il secondo criterio di differenziazionedella disciplina degli imprenditori. Il cod.civ distingue il piccoloimprenditore e quello medio-grande.Il piccolo imprenditore e’ sottoposto allo statuto generaledell’imprenditore-ed e’ esonerato dal tenere le scritture contabili,-dal fallimento-e da altre procedure concorsuali

Mentre l’iscrizione nel registro delle imprese , originariamente esclusaha di regola solo la funzione di pubblicità notizia.Diverso e’ il discorso per la legislazione speciale. In questa la piccolaimpresa o alcune specifiche piccole imprese sono destinatarie di unaricca ed articolata disciplina, ispirata dalla finalita’ di favorirne lasopravvivenza attraverso provvidenze ed agevolazioni lavoristiche etributarie.

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La nozione di piccolo imprenditore data dall’articolo 2083 delcodice civile stabilisce che “ e’ piccolo imprenditore il coltivatore delfondo, gli artigiani, piccoli commercianti, e coloro che esercitanoun’attivita’ professionale organizzata prevalentemente con il lavoroproprio e dei componenti della famiglia”. 

Quindi per aversi una piccola impresa e’ necessario-che l’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa-che l’imprenditore sia il titolare di un impresa in cui prevale il lavorofamiliare, dove tale lavoro familiare prevale rispetto al lavoro altrui e alcapitale proprio o altrui investito nell’impresa.non e’ percio’ mai piccolo imprenditore chi investe ingenti capitalinell’impresa anche se non si avvale di alcun collaboratore.È necessario accertare se l’apporto personale dell’imprenditore e deisuoi familiari abbiano rilievo preminente nell’organizzazionedell’impresa. Accertare tale prevalenza potrebbe richiedere anche

indagini lunghe e complesse, che potrebbero condurre inconvenientisoprattutto in sede di dichiarazione del fallimento.8.Il piccolo imprenditore nella legge fallimentare.l’articolo 2083 cod. civ. non è la sola norma che definisce il piccoloimprenditore. L’art.1, comma 2 della legge fallimentare nel ribadireche i piccoli imprenditori commerciali non falliscono stabilisce che“Sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti unattività commerciale, i quali sono stati riconosciuti in sede diaccertamento ai fini dell’ imposta di ricchezza mobile , titolari di unreddito inferiore al minimo imponibile. Quando è mancatol’accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza mobile, sono considerati

piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un attività commercialenella cui azienda risulta essere stato investito un capitale nonsuperiore a lire novecentomila.”La stessa norma fallimentare dispone che “in nessun caso sonoconsiderati piccoli imprenditori le società commerciali.”. Quindi nonpuò essere considerato piccolo imprenditore chi svolge l’attivitàsottoforma di società. Se infatti le imprese commerciali sono esposte alfallimento i piccoli imprenditori commerciali non falliscono.Nella legge fallimentare vengono considerati piccoli imprenditori tutti i

proprietari di imprese che non sono commerciali. Andando piu’ nellospecifico si va a parlare della cosidetta IMPRESA ARTIGIANA .

9.L’impresa artigiana.Le imprese artigiane, insieme alla piccola impresa ed all’impresaagricola , godono di una copiosa legislazione speciale di ausilio esostegno. tali leggi prevedono criteri di identificazione delle impresenaturalmente diversi dai criteri dell’art.2083 del cod civile. Inizialmentela norma di riferimento era la legge 860 del 1956 ,

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in base a all’art.1 della legge del 1956 era artigiana “l’impresa cherisponde ai seguenti requisiti fondamentali:-che abbia per scopo la produzione di beni o la prestazione di servizi dinatura artistica o usuale-che sia organizzata ed operi con il lavoro professionale , anche

manuale , del suo titolare e , eventualmente con quello dei suoifamiliari-che il titolare abbia la piena responsabilità dell’azienda e assuma tuttigli oneri ed i rischi inerenti alla sua gestione e alla sua direzione.”L’art.2 della 860 fissa dei paletti sul-numero dei dipendenti-Quantità di produzione-Luogo dell’attività. Tali obblighi sono pero stati superati dalla norma successiva, cioè dallalegge quadro per l’artigianato del 1985. Tale legge dava delle direttivegenerali , poiché doveva essere seguita da una latra legge applicativa,

che in realtà non si è mai realizzata.La nuova legge contiene una propria definizione basata- sull’oggetto dell’impresa,(che oggi puo’ essere costituito daqualsiasi attivita’ di produzione di beni, anche semilavorati, o diprestazioni di servizi, sia pure con alcune limitazioni ed esclusioni)- e sul ruolo dell’artigiano nell’impresa, (richiedendosi inparticolare che esso svolga in misura prevalente il proprio lavoro,anche manuale, nel processo produttivo)La novità rispetto al p. imprenditore è che l’impresa artigiana puòessere svolta sotto forma societaria. La legge del 1985 prevede lapossibilità per l’impresa artigiana di costituirsi in forma di società

cooperativa o in nome collettivo, a condizione che la maggioranzadei soci, ovvero uno nel caso di 2 soci, svolga in prevalenza lavoropersonale, nel processo produttivo che nell’impresa il lavoro abbiafunzione preminente sul capitale. Inoltre accanto alle soci. Cooperativeo in nome collettivo la qualifica di i.a. è stata estesa alla società aresponsabilità limitata uni personale ed alla società in accomanditasemplice. E piu di recente anche alla s.r.l. pluripersonale.Quindi la categoria delle imprese artigiane risulta notevolmenteampliata rispetto alla legge precedente.E’ venuto a scomparire ogni riferimento alla natura artistica o usualedei beni e servizi prodotti e si qualificano artigiane anche le imprese

edili.Il fallimento: le società artigiane godono delle provvidenze di cui

godono le altre imprese artigiane, ma fallirà al pari di ogni altra societàche esercita attività commerciale.

10.L’impresa familiare

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È una forma giuridica recente. È stata istituita e prevista con la leggedel 1975 che ha iniziato a regolamentare i rapporti familiari, nellospecifico i diritti e gli obblighi dei familiari degli imprenditori.È definita tale l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parentientro il 3 grado e gli affini entro il 2 grado cioe’ la cosidetta famiglia

nucleare.L’impresa familiare non va confusa con la piccola impresa. è frequenteche la piccola impresa sia anche impresa familiare , ma puo esisterepiccola impresa che non sia impresa familiare, perché l’imprenditorenon ha familiari o non si avvale della loro collaborazione.Il lavoro familiare nell’impresa era ed è fenomeno diffuso, e prima dellariforma del diritto di famiglia del 1975 poteva dare luogo ad abusi edingiustizie.Il legislatore ha voluto quindi predisporre una tutela minima einderogabile del lavoro famigliare nell’impresa. Questa tutela e’realizzata riconoscendo ai membri della famiglia nucleare, che lavorino

in modo continuativo nella famiglia e nell’impresa determinati dirittipatrimoniali e amministrativi quali:-diritto al mantenimento,

-diritto alla partecipazione agli utili, in proporzione alla quantità dellavoro prestato nell’impresa-diritto sui beni acquiatati con gli utili e sugli incrementi di valoredell’azienda,-diritto di prelazione sull’azienda in caso di vendita o divisioneereditaria . se infatti l’imprenditore decidesse di vendere l’impresa equindi di cessare l attività , è previsto un diritto di prelazione x imembri dell’attività (diventa imprenditore uno dei membri della

famiglia)Inoltre sul piano gestorio è previsto che alcune decisioni di particolarerilievo sono adottate a maggioranza dai familiari che partecipanoall’impresa stessa.Il fallimento: l’imprenditore agisce nei confronti dei terzi in proprio enon quale rappresentante dell’impresa famigliare, sicche’ solo a luisaranno imputabili gli effetti degli atti posti in essere con l’eserciziodell’impresa e solo lui sara’ responsabile nei confronti di terzi dellerelative obbligazioni contratte e quindi solo il capo famiglia –datore dilavoro sara’ passibile di fallimento. 

11.l’impresa societaria.Il terzo e ultimo criterio di differenziazione delle imprese e’rappresentato dalla natura giuridica del soggetto titolare dell’impresa. qualsiasi sia l’attività 3 sono le figure espressamente contemplate dallegislatore:-impresa INDIVIDUALE,-impresa SOCIETARIA 

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- impresa PUBBLICA e tale differenziazione incide sull’applicazione dello statutodell’imprenditore commerciale.Le societa’ sono forme associative tipiche (anche se non esclusive)previste dall’ordinamento per l’esercizio collettivo di attivita’

d’impresa ed esistono diversi tipi di societa’ e che la societa’ semplicee’ utilizzabile solo per l’esercizio di attivta’ non commerciali, mentre glialtri tipi di societa’ possono svolgere sia attivta’ commerciali cheagricole.Le societa’ diverse da quelle semplici si definiscono societa’commerciali sia imprenditoria agricola che commerciale e potrannoessere imprenditori agricoli o commerciali a seconda dell’attivita’esercita.Quindi si distingue tra societa’ commerciale con oggetto agricolo equella con oggetto commerciale.Orbene, trovano applicazione alle societa’ commerciali gli istituti tipici

dell’imprenditore commerciale che segue regole leggermente diverseda quelle per l’imprenditore individuale e tali regole possono esserecosi’ sintetizzate:

a) Parte della disciplina propria dell’imprenditore commerciale siapplica alle societa’ commerciali qualunque si l’attivita’ svolta

b) Le societa’ non sono mai piccoli imprenditori.c) Nelle societa’ in nome collettivo ed in accomodita semplice parte

della disciplina dell’imprenditore commerciale trova poiapplicazione solo o anche nei confronti dei soci a responsabilita’illimitata

 Trovano applicazione, solo nei confronti dei soci le norme che regolano

l’esercizio di impresa commerciale da parte di un incapace. Trovainvece applicazione anche nei confronti dei soci la sanzione delfallimento in quanto il fallimento della societa’ comportaautomaticamente il fallimento dei soci a responsabilita’ illimitata.

12.Le imprese pubblicheUn’attivita’ puo’ essere svolta anche dallo stato e dagli altri enti

pubblici (art 41 e 43 cost). e’ rilevante distinguere tra 3 possibili formedi intervento dei pubblici poteri nel settore dell’economia:

a) Lo stato o altro ente pubblico territoriale –regione province

comuni-possono svolgere direttamente attività imprenditorialeavvalendosi di proprie strutture organizzative dotate diautonomia decisionale e contabile. In questi casi l’attività diimpresa è per definizione secondaria ed accessoria rispetto ai finiistituzionali dell’ente pubblico. Si parla in questo caso di impreseorgano , come ad esempio amministrazione autonoma deimonopoli di stato e la varie aziende dette municipalizzate ,erogatrici di servizi pubblici –acqua gas trasporti urbani-

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 b) La pubblica amministrazione puo’ anche dar vita ad enti di dirittopubblico il suo compito istituzionale esclusivo o principale e’l’esercizio di attivita’ di impresa. Sono detti ENTI PUBBLICI

ECONOMICI come ina, enel e le ferrovie dello stato ma dal 1990vengono privatizzate formalmente trasformandole in societa’ per

azioni a partecipazione statale e altre definitivamenteprivatizzate in modo sostanziale.Gli enti pubblici sono sottoposti allo statuto generaledell’imprenditore e se l’attività è commerciale, allo statutoproprio dell’imprenditore commerciale, con una sola eccezione:l’esonero dal fallimento sostituito con la liquidazione coattaamministrativa.

c) Lo stato e gli altri enti possono infine svolgere attivita’ di impresaservendosi di strutture di diritto privato: attraverso lacostituzione di societa’, generalmente per azioni. E’ questo il piu’vasto settore delle societa’ a partecipazione pubblica.

13. Attività commerciale delle associazioni e delle fondazioniLe fondazioni e le associazioni e in generale tutti gli enti privati con finiideali o altruistici possono svolgere attivita’ commerciale qualificabilecome attivita’ di impresa. ma tale attività di impresa non deve averescopo di lucro. Infatti risulta Essenziale per aversi impresa e’ chel’attivita’ produttiva venga condotta con metodo economico (cioè chesia un attività in cui i costi e gli utili vanno in pareggio.) e tale metodopuo’ esserci anche se lo scopo perseguito sia ideale.È più frequente però che l’attività commerciale presenti carattereaccessorio rispetto all attività ideale costituente l’oggetto principale

dell’ente., ad esempio un ente religioso che gestisce un istituto diistruzione privata, o ad un sindacato che svolge attività editoriale..anche se l attività commerciale abbia carattere accessorio però nonimpedisce l acquisto della qualità di imprenditore.Fallimento: Infatti le associazioni e le fondazioni esercenti attivita’commerciale in forma di impresa diventano sempre e comunqueimprenditori commerciali e restano sempre e comunque esposte alfallimento e a tutti i rischi e alle procedure concorsuali.

CAPITOLO 3: L’ACQUISTO DELLA QUALITA’ DI IMPRENDITORE:L’acquisto della qualita’ di imprenditore avviene secondo l’articolo2082 con l’esercizio dell’attività di impresa.Quando però si passa alla applicazione di tale principio, si incontranoalcune difficoltà nel rispondere ad alcuni interrogativi a cui l art.2082non fornisce risposta.Riassunti di DIRITTO COMMERCIALE – Campobasso

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Infatti l’art 2082 nulla dice in merito al momento in cui deve ritenersiiniziato l’esercizio dell’impresa, con conseguente acquisto della qualitàdi imprenditore. Nulla dice anche del momento finale dell attività diimpresa. risulta quindi necessario esaminare i criteri che regolano lìesercizio di attività di impresa.

Il primo è il criterio di imputazione dell’attività di impresa.

2.l’imputazione dell’attività di impresa. Esercizio direttodell’attività di impresa.l’individuazione del soggetto cui è imputabile l’attività di impresa nonsolleva problemi quando gli atti di impresa sono compiuti direttamentedall’interessato a da altri in suo nome.Per poter affermare che un dato soggetto e’ diventato imprenditore e’necessario che l’esercizio dell’attivita’ di impresa sia a lui imputabile equindi giuridicamente a lui riferibile.

L’IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ DI IMPRESA: la qualità diimprenditore è acquistata dal soggetto e solo dal soggettoil cui nome è stato speso nel compimento dei singoli atti diimpresa. diventa quindi imprenditore colui che esercitapersonalmente l’attività di impresa compiendo in proprionome gli atti relativi.Solo questi e’ obbligato nei confronti del terzo contraente.Quindi diventa imprenditore colui che esercitapersonalmente l’attivita’ d’impresa compiendo in proprionome gli atti relativi.

 ESERCIZIO TRAMITE RAPPRESENTANTE:Non diventa inveceimprenditore colui che gestiste l’altrui impresa quandooperi spendendo il nome dell’imprenditore, per effetto delpotere di rappresentanza conferitogli dall’interessato oriconosciutoli dalla legge. Percio’ quando gli atti di impresasono compiuti tramite rappresentanza volontaria o legale,imprenditore diventa rappresentato e non ilrappresentante.

è questo il caso ad esempio del genitore che gestisce l’impresa come

rappresentante legale del figlio minore, in seguito ad autorizzazione deltribunale. Gli atti di impresa sono in questo caso decisi e compiuti dalgenitore ma imprenditore è il minore, e se l’impresa è commerciale,solo il minore è esposto al fallimento.

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  3.esercizio indiretto dell’attività di impresa. la teoriadell’imprenditore occulto.LA TEORIA DELL’IMPRENDITORE OCCULTO rientra, cosi come perl’esercizio tramite rappresentante, nell’esercizio indiretto dell’attivitàdi impresa.

Si verifica quando si crea una dissociazione

-tra il soggetto cui e’formalmente imputabilela qualita’ di imprenditore -ed il realeinteressato,

questo sarebbe il fenomeno largamente diffuso, dell’esercizio

dell’impresa tramite interposta persona.Praticamente e’ un’altro soggetto detto prestanome a compiere gliatti dell’impresa

e c’e’ un’altro soggetto che somministra fondi e da indirizzoall’impresa detto dominus o imprenditore occulto. Questo modo di operare non da particolari problemi se gli affari vannobene ma i problemi nascono se l’impresa va male ed il soggettoutilizzato dal dominus,quindi il prestanome, sia un nullatenente o lasocieta abbia un capitale sociale irrisorio(detta societa’ di comodo od’etichetta).In questo caso i creditori potranno provocare il fallimento del

prestanome che naturalmente non puo’ provvedere ai risarcimentirelativi e tutto cio’ senza andare a toccare il dominus che legalmentenon risulta facente parte la societa’ fallita.Si e’ cercato di porre rimedio a tutto cio’attraverso l’introduzione delconcetto di responsabilita’ cumulativa dell’imprenditore palese e deldominus,

dal momento che nel nostro ordinamento giuridico èespressamente sanzionata la inscindibilità del rapporto potere-responsabilità,ossia chi esercita il potere di direzione diun’impresa se ne assume anche il rischio e risponde dellerelative obbligazioni. Questo consentirebbe di affermare che,

quando l’attivita’ di impresa e’ esercitata tramite prestanome,responsabili verso i creditori sono sia il prestanome sia ildominus, per quanto solo il primo possa fallire.

Un ulteriore passo avanti si ha con la   TEORIA DELL’IMPRENDITOREOCCULTO: secondo tale teoria il dominus di un’impresa formalmentealtrui , rispondera’ insieme al prestanome e fallira’ sempre e

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comunque qualora fallisca il prestanome, e si chiama fallimento delsocio occulto di societa’ palese.

( Entrambe le tesi esposte sopra si fondano sulla presunta

esistenza nel nostro ordinamento di due criteri di imputazione della

responsabilita’ per i debiti di impresa:

1. il CRITERIO FORMALE della spendita del nome, in base al

quale acquista la qualita’ di imprenditore, con pienezza di

effetti, la persona fisica o la societa’ nel cui nome l’attivita’ di

impresa e’ svolta.

2. il CRITERIO SOSTANZIALE del potere di direzione, in base

al quale risponderebbe e fallirebbe anche il reale interessato

cioe’ il dominus di solito neanche interpellato ne accettato.)

6.7.l’inizio dell impresa:la qualifica di imprenditore si acquista con l’effettivo iniziodell’esercizio dell’attivita’ di impresa.

Non è sufficiente l’intenzione di dare inizio all’attività , anche seesternata con la richiesta delle eventuali autorizzazioni amministrativenecessarie o con l’iscrizione in albi o registri. La stessa iscrizione nelregistro delle imprese non è condizione ne necessaria ne sufficienteper attribuzione della qualità di imprenditore commerciale.Che si diventi imprenditori con l’effettivo esercizio e solo con esso e’principio pacifico per le persone fisiche e per gli enti pubblici e privati ilcui scopo istituzionale non e’ lo svolgimento di attivita’ di impresa.Invece per quanto riguarda le societa’ acquisterebbero la qualifica diimprenditori fin dal momento della loro costituzione e quindi primadell’effettivo esercizio dell’attivita’ produttiva e sin dalla loro

costituzione sarebbero soggette a tutta la disciplina dell’imprenditore.Comunque l’art.2082 ricollega l’acquisto della qualita’ di imprenditoreall’esercizio e non alla mera intenzione di esercitare attività diimpresa.Il principio dell’effettivita’, percio’, puo’ e deve trovare applicazioneanche per le societa’.

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l’effettivo inizio dell’attivita’ di impresa si può definire distinguendo aseconda che il compimento di atti tipici di impresa come la produzionee lo scambio di beni e/o servizi sia o meno preceduta da una faseorganizzativa oggettivamente percepibile  (come l’affitto del locale ol’acquisto di predisposte attrezzature.)

In mancanza di tale fase preparatoria, solo la ripetizione di attiomogeni e funzionalmente coordinati rendera’ certo che non si tratti diatti occasionali, bensi’ di attività professionalmente esercitata.

Quando invece venga preventivamente fatta l’organizzazioneaziendale basta un solo atto di esercizio per dire che l’attivita’ siainiziata. Invece per quanto riguarda le societa’, anche un solo atto diorganizzazione imprenditoriale, potra’ essere sufficiente per affermareche l’attivita’ di impresa e’ iniziata.

8.la fine dell’impresaInfine andiamo a parlare del termine della impresa e anche qui c’e’ il

dominio del principio di effettivita’, infatti si hala fine dell’impresa è dominata dal principio di effettività, secondo cuila qualità di imprenditore si perde solo con l’effettiva cessazionedell’attività.Per l’esattezza l’art.10 della legge fallimentare stabilisce chel’imprenditore commerciale può essere dichiarato fallito entro unanno dalla data fissata come giorno di cessazione dell’attività.Per le imprese individuali:È importante precisare che la fine dell’impresa e’ di regola precedutada una fase piu’ o meno lunga di liquidazione, durante la qualel’imprenditore completa i cicli produttivi iniziati, vende le giacenze di

magazzino e gli impianti, licenzia i dipendenti, ecc.Questa fase di liquidazione costituisce sempre esercizio di impresa ealla sua fine solo con una reale disgregazione del complesso aziendale,si puo dire che l’impresa ha cessato completamente la sua attività.Non è necessario che siano stati riscossi tutti i crediti e siano statipagati tutti i debiti.Per le imprese societarie:

solo parte dell’art. 10 si ritiene valido solo per l’imprenditoreindividuale perché per le imprese societarie solo dal momentodell’integrale pagamento delle passività ad opera dei liquidatori e ladefinizione dei rapporti fra i soci, comincerebbe a decorrere per le

società il termine annuale previsto dall’art.10 legge fallimentare.Quindi anche se una società avesse dichiarato la cessazionedell’attività , ciò non è stato per anni sufficiente a dichiararla fallita.Questo a favore dei creditori spesso ritardati ( enti previdenziali oassistenziali e fisco ). Infatti la giurisprudenza per oltre cinquantenni haaffermato che una società , benchè cancellata dal registro delleimprese , doveva ritenersi ancora esistente ed esposta al fallimentofin quando non fosse pagato l’ultimo debito. Una società poteva perciò

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essere dichiarata fallita anche a distanza di anni dalla definitivacessazione di ogni attività di impresa. Tale situazione pero oggi èmutata . con un duplice intervento la corte costituzionale ha imposto ilprincipio che per le società l’anno per la dichiarazione di fallimentodecorre dalla cancellazione dal registro delle imprese.

9.incapacità ed incompatibilitàLa capacita’ all’esercizio di attivita’ di impresa si acquista con la piena

capacita’ di agire quindi con la maggiore eta’ e si perde a seguitoall’interdizione o inabilitazione. Quindi la capacità di agire èpresupposto per l’acquisto della qualità di imprenditore.Un’incapace non puo’ diventare imprenditore.inoltre non costituiscono limitazioni della capacita’ di agire, masemplici incompatibilita’, i divieti di esercizio di impresa commercialeposti a carico di coloro che esercitano determinate professioni come gli

impiegati statali, i notai e gli avvocati. La violazione di tali divieti diesercizio non preclude l’acquisto delle qualita’ di imprenditore maespone lo stesso a sanzioni amministrative e ad un aggravamentodelle penali per bancarotta in caso di fallimento.Analogamente non viene impedito l’acquisto o il riacquisto dellaqualifica di imprenditore chi e’ stato inabilitato temporaneamente(inabilitazione temporanea)all esercizio di attività commerciale checonsegue alla condanna per bancarotta o per ricorso abusivo al creditoin caso di fallimento.

10.l’impresa commerciale dell’incapace.

E’ anche possibile l’esercizio di attivita’ di impresa1- per conto e nell’interesse di un incapace (minore e interdetto)2- o da parte di soggetti limitati nella capacita’ di agire ( l’inabilitato e

il minore emancipato) con osservanza di specifiche disposizioni . i principi ispiratori sono:

1.l’amministrazione del patrimonio dell’incapace e’ regolata inmodo di garantirne la conservazione e l’integrita’. Percio’ illegale rappresentante del minore o dell’interdetto (genitore otutore) e’ leggittimato solo a compiere gli atti di ordinariaamministrazione mentre quelli di straordinaria amministrazionesolo in casi evidentemente urgenti sotto autorizzazione

dell’autorita’ giudiziaria di regola concessa atto per atto.2.nel caso di soggetti limitati ad agire valgono gli stessi principi,con la differenza che agiscono con l’ausilio di un curatore.

Essendo l’attivita’ commerciale di per se’ rischiosa, il legislatoreconsidera perciò con sfavore l’impiego del patrimonio in attivitàcommerciali e tutela ponendo il divieto assoluto di inizio di impresacommerciale per il minore, l’inabilitato e l’interdetto.

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Invece nel caso del minore emancipato è consentita la continuazione diun impresa commerciale preesistente. Infatti in presenza di un impresagià operante ,come nel caso del minore che eredita l’azienda paterna,è piu facile prevedere i rischi. Ma dal momento che l’esercizio diimpresa richiede scioltezza e rapidità di decisioni il legislatore prevede

un ampliamento dei poteri del rappresentante legale del 1-2.

Vediamo nello specifico cosa accade nel caso del-Minore-Interdetto-Inabilitato-Minore emancipatoMinore:non è consentito l’inizio di una nuova impresa commerciale innome o nell interesse del minore. Se in alcuni casi il minore dovessericevere in eredita’ una impresa commerciale, i tutori o i genitori sonoautorizzati dal tribunale ad amministrare l’impresa prima con

autorizzazione provvisoria, dopo con autorizzazione definitiva possonocompiere tutti gli atti ordinari e straordinari dell’esercizio di impresa(ad esempio contrarre mutui, acquistare o vendere attrezzature omerci)Interdetto: valgono le stesse regole del minore.Inabilitato: e’ un soggetto che puo’ compiere da solo gli atti diordinaria amministrazione personalmente , seppure esercita attivita’di impresa affiancato da un curatore.Quindi il minore,l’inabilitato e l’interdetto non vengono autorizzati daltribunale ad iniziare una nuova impresa commerciale.

il minore emancipato :puo’ chiedere al tribunale autorizzazione periniziare una nuova impresa, se gli viene data egli acquisisce la pienacapacita’ di agire e puo’ esercitare l’attivita’ di imprenditore senzal’affiancamento di un curatore. Tale disciplina ha però perso parte delsuo rilievo pratico con la fissazione della maggiore età al compimentodel diciottesimo anno.Quindi acquistano la qualità di imprenditore commerciale l’inabilitatoed il minore emancipato in quanto l’impresa è da loro personalmenteesercitata , seppure nel caso dell’inabillitato con l’assistenza di uncuratore.L’acquistano la qualità di imprenditore anche il minore e l’interdetto in

quanto tutti gli atti di impresa sono compiuti in loro nome dalrappresentante legale. Chiudendo possiamo dire che se le imprese vengono gestite da essistessi o da curatori o tutori, se l’impresa dovesse fallire e’ l’incapace apagarne le conseguenze e ad essere iscritto nell’albo dei falliti.

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CAPITOLO 4: LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE:

1.premessaL’imprenditore commerciale e’ destinatario di una particolare disciplinadell’attività, in parte comune agli altri imprenditori (il cosiddettostatuto generale dell’imprenditore)In parte propria e specifica (il cosiddetto statuto specialedell’imprenditore commerciale)Ci sono poi alcuni tipi di imprese commerciali, che svolgono attività diparticolare rilievo economico e/o sociale e sono destinatarie diun’ulteriore normativa speciale e settoriale, prevalentementecontenuta in leggi separate dal codice:

Si tratta di una disciplina che ha carattere essenzialmentepubblicistico,in quanto finalizzate alla tutela degli interessigenerali della comunità( esempi di imprese commerciale astatuto settoriale sono quelle assicurative,bancarie, editoriali,lesocietà di revisione contabile e di gestione di organismo diinvestimento collettivo,ecc...).

A.LA PUBBLICITA LEGALE

2.la pubblicità delle imprese commercialiPrimo elemento dello statuto e’ sicuramente la PUBBLICITA’ LEGALE:

tutti quelli che operano sul mercato e quindi anche gli stessiimprenditori da sempre, sentono la necessita’ di poter disporre confacilita’ di informazioni veritiere su fatti e situazioni delle imprese concui entrano in contatto al fine di assicurare il sicuro svolgimento dellerelazioni di affari e conferire certezza alle contrattazioni evitando ilsuccessivo istaurarsi di liti giudiziarie.Per le imprese commerciali e oggi anche quelle agricole e più’ ingenerale per le imprese con struttura societaria, la suddetta esigenza

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viene espletata dallo stesso legislatore con l’introduzione dellapubblicità legale: cioè e’ previsto l’obbligo di rendere pubblico dominiodati fatti e atti della vita dell’impresa,secondo forme e normepredeterminate dalla legge.In tal modo le informazioni legislativamente rilevanti non solo sono

rese accessibili a terzi (la cosiddetta PUBBLICITA’ NOTIZIA), maproducono l’effetto tipico proprio di ogni forma di pubblicita’ legalecioe’ l’opponibilita’ a chiunque degli atti e fatti cosi’ dati conoscibili. (lacd. CONOSCIBILITA’ LEGALE).

Il REGISTRO DELLE IMPRESE e’ lo strumento di pubblicita’ legaledelle imprese commerciali non piccole e delle societa’ commercialiprevisto dal cod.civ. del 1942, in sostituzione delle forme frammentariee disorganiche di pubblicita’ contemplate dal codice di commercio del1882. L’entrata in vigore del registro delle imprese era subordinata allemanazione del relativo regolamento di attuazione che a lungo si èfatto attendere. Durante i lunghi anni di attesa ha trovato applicazione

un regime transitorio, al quale seguirono alcune forme di pubblicità perle società di capitali e le società cooperative.a queste si aggiungevanoulteriore adempimenti pubblicitari previsti da leggi speciali, comel’iscrizione nel registro delle ditte tenuto dalle canere di commercio ,disposto a carico di chiunque esercitava l’industria, il commercio el’agricoltura. Ne risultava un sistema di pubblicità delle impresecomplicato e complesso.

Dopo diversi anni la situazione si sblocca con la legge 580/1993,contenente norme per il riordino delle camere di commercio. L’art. 8di tale legge ed il relativo regolamento di attuazione hanno finalmente

istituito il registro delle imprese , che è divenuto pienamente operanteagli inizi del 1997 ponendo cosi fine al registro transitorio. Nelcontempo ha cessato di esistere il registro delle ditte e le altre forme dipubblicità previste per le società di capitali e cooperative.Va infine tenuto presente che la nuova disciplina del registro delleimprese ha introdotto alcune significative novità rispetto al sistemaprevisto dal codice del 1942 che possono essere così sintetizzate:

1.l’attuale registro delle imprese non e’ piu’ solo strumento dipubblicita’ legale delle imprese commerciali ma anche strumentodi informazioni sui dati organizzativi di tutte le altre imprese

estendendo l’ obbligo di iscrizione anche agli imprenditoriagricoli, ai piccoli imprenditori e alle societa’ semplici e allesocieta’ tra avvocati.

2.la tenuta del registro dell’imprese e’ affidata alle camere dicommercio, con conseguente cessazione dei compiti dipubblicita’ legale delle imprese in passato svolti dalle cancelleriedei tribunali.

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3.il registro delle imprese e’ tenuto con tecniche informatiche equindi non piu’ in forma cartacea, in modo di assicurarecompletezza ed organicita’ della pubblicita’ e da garantire latempestivita’ dell’informazione su tutto il territorio nazionale.

 3.il registro delle impreseL’ufficio del REGISTRO DELLE IMPRESE e’ istituito in ciascunoprovincia presso le camere di commercio ed e’ retto da unconservatore( segretario generale o altro dirigente della camera dicommercio) nominato dalla giunta.

Nello specifico il registro si articola in una parte ORDINARIA e in sezioniSPECIALI.

Nella sezione ordinaria sono iscritti gli imprenditori per i qualil’iscrizione al registro era originariamente prevista dal codice civile

(vi sono inseriti nella parte ordinaria: imprenditori commercialisingoli non piccoli, tutte le societa’ non semplici a prescinderedal tipo di attivita’,i consorzi tra imprenditori con ativita’ estena,gli enti pubblici con prima ed esclusiva attivita’ commerciale, lesocieta’ estere che hanno in italia sede dell’amministrazione).

Invece le sezioni speciali sono due:in una sono iscritti gli imprenditori che avevano l’iscrizione solo come

pubblicita’ notizia prima della riforma del 1993 (imprenditori agricoliindividuali, i piccoli imprenditori e le societa’ semplici e gli artigiani gia’iscritti nel relativo albo)

e nell’altra sezione vi si iscrivono le societa’ tra professionisti( inquesta sezione si iscrivono attualmente le sole società tra avvocati).

Nel complesso gli atti e i fatti da registrare , specificati da una serie dinorme, sono diversi a seconda della struttura delle imprese maessenzialmente riguardano: gli elementi di individuazionedell’imprenditore e dell’impresa (dati anagrafici imprenditore, oggetto,ditta, sede principale,inizio e se prevista la fine della societa’) enonche’ la struttura e l’organizzazione delle societa’( come attocostitutivo e amministratori). Le iscrizioni devono essere fatte nel

registro della provincia in cui ha sede l’impresa e si ha a seguito dellarichiesta dell’interessato ma puo’ aversi anche d’ufficio se l’iscrizionerisulta obbligatoria e l’interessato non vi provvede. In ogni caso, primadell’iscrizione l’ufficio del registro deve controllare che il fatto o l’attoe’ soggetto a iscrizione e che la documentazione e’ formalmenteregolare, nonche’ l’esistenza e la veridicita’ dell’atto o del fatto (cd.Legalita’ formale)ed e’ invece da escludersi che il controllo possainvestire anche la validita’ dell’atto/fatto (cd. Legalita’ sostanziale).

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L’iscrizione, se vengono eseguiti giustamente i passi suddetti, avvienedopo dieci giorni dalla data di protocollazione della domanda medianteinserimento dei dati nella memoria del’elaborazione elettronica emessa degli stessi a disposizione del pubblico sui terminali per lavisione diretta. L’inosservanza dell’obbligo di registrazione e’ punita

con sanzioni amministrative pecuniarie. L’iscrizione nella sezioneordinaria ha sempre funzione di pubblicita’ legale, serve cioe’, non soloa rendere conoscibili i dati pubblicati, ma ha anche, a seconda dei casi,efficacia e dichiarativa, costituita o normativa. Di regola, l’iscrizionenella sezione ordinaria ha efficacia semplicemente dichiarativa, rilevacioe’ sul piano dell’opponibilita’ dell’atto o del fatto iscritto. Gli atti e ifatti soggetti ad iscrizione ed iscritti sono opponibili a chiunque e losono dal momento stesso della loro registrazione (cd. Efficacia positivaimmediata). Intervenuta la registrazione, i terzi non potranno eccepirel’ignoranza del fatto o dell’atto iscritto e qualsiasi prova a riguardodaranno, sara’ inutilmente data. L’omessa iscrizione invece impredisce

che il fatto possa essere opposto ai terzi (cd. Efficacia negativa). Inalcuni casi, tassativamente previsti, l’iscrizione produce effetti ulteriorie piu’ rilevanti. E’ anche presupposto perche’ l’atto sia produttivo dieffetti, sia fra le parti che per i terzi (efficacia costitutiva totale), ovverosolo nei confronti dei terzi (efficacia costitutiva parziale). Ha efficaciacostitutiva totale l’iscrizione nel registro delle imprese dell’attocostitutivo delle societa’ di capitali e delle societa’ cooperative. In altricasi, infine, l’iscrizione nella sezione ordinaria e’ presupposto per lapiena applicazione di un determinato regime giuridico. E’ questo il casodella societa’ in nome collettivo e della societa’ in accomanditasemplice. Tali societa’ vengono ad esistenza anche se non registrate

ma, la mancata registrazione impredisce che operi il regime diautonomia patrimoniale proprio di tali societa’ e comportal’applicazione del piu’ gravoso regime al riguardo delle societa’semplici. La societa’ in tal caso si definisce irregolare. L’iscrizione nellesezioni speciali del registro non produce invece, alcuno degli effetti finqui esposti in quanto, oltre agli eventuali effetti previsti da leggispeciali, ha solo funzione di certificazione anagrafica e di pubblicita’notizia. Questa disciplina e’ stata di recente modificata per gliimprenditori agricoli anche piccoli e per le societa’ semplici esercentiattivita’ agricola. Il decr.legs. 228/2001, ha infatti stabilito che per talicategorie di imprenditori l’iscrizione nella sezione speciale ha anche

efficacia di pubblicita’ legale. E’ cosi’ cancellata sotto tale profilo ladiversita’ di disciplina fra imprenditore agricolo (anche piccolo) eimprenditore commerciale e, e’ venuta meno la netta distinzione dieffetti fra la sezione ordinaria e le sezioni speciali introdotta dallariforma dl 1993. Il registro delle imprese e’ pubblico. Chiunque puo’consultarne i dati sui terminali degli elaboratori elettronici installatipresso l’ufficio o anche su terminali degli utenti collegati tramite ilsistema informativo delle camere di commercio. Ciascun ufficio

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rilascia, certificati e copie di atti tratti dai propri archivi informatici. Ilduplice regime di pubblicita’ e’ stato soppresso nel 1997 e neconsegue che anche le societa’ di societa’ di capitali e le societa’cooperative lo strumento di pubblicita’ legale torna ad essere, solo ilregistro delle imprese e trova oggi integrale applicazione la disciplina

esposta nel paragrafo precedente. Restano tuttavia due differenze:1. mentre in base alla disciplina generale del registro delle impresegli atti scritti sono immediatamente opponibili ai terzi senzapossibilita’ per quest’ultimi di eccepire l’ignoranza degli stessi,per le sole societa’ di capitali l’opponibilita’ diventa invece pienasolo decorsi quindici giorni dall’iscrizione nel registro delleimprese. Per le operazioni compiute in questo periodo i terzi sonoinfatti ammessi a provare di essere stati nell’impossibilita’ diavere conoscenza dell’atto.

2. restano ferme le disposizioni che per alcuni atti delle societa’ dicapitali e/o delle societa’ cooperative prevedono la pubblicazione

nella gazzetta ufficiale anziche’ nel registro delle imprese.

B.LE SCRITTURE CONTABILI

5.l’obbligo di tenuta delle scrittura contabiliSecondo elemento dello statuto dell’imprenditore commerciale e’ LE

SCRITTURE CONTABILI: la programmazione consapevole e razionaledell’attivita’ di impresa presuppone una costante informazione ed uncostante controllo sull’andamento degli affari. E’ altresi’ regolarazionale di condotta delle imprese accettare periodicamente laconsistenza quantitativa e monetaria del patrimonio (attivita’ e

passivita’), nonche’ i costi supportati e i ricavi realizzati nel medesimoperiodo al fine di verificare se e quale sia l’utile conseguito o la perditasubita. Le scritture contabili sono documenti che contengono larappresentazione dei singoli atti di impresa, della situazione delpatrimonio dell’imprenditore e del risultato economico dell’attivita’svolta. Le scritture contabili contribuiscono a rendere razionale edefficiente l’organizzazione e la gestione dell’impresa e percio’ sono diregola spontaneamente tenute da qualsiasi imprenditore. La tenutadelle scritture contabili e’ elevata ad obbligo e legislativamentedisciplinata per gli imprenditori con attivita’ commerciale. La disciplinasuddetta non si applica ai piccoli imprenditori anche quelli

commerciali. Inoltre le società commerciali( tutte tranne le societàsemplici) devono ritenersi obbligate alle scritture contabili anche senon esercitano attività puramente commerciali. Altro puntocontroverso e’ se l’obbligo civilistico delle scritture contabili gravi suglienti pubblici e sugli enti di diritto privato diversi dalle società chesvolgono attività commerciale in via secondaria ed accessoria, sia purelimitatamente all’attivita’ commerciale esercitata.

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6.Le scritture contabili obbligatorie. Regolarità e ControlloPer quanto riguardano le scritture contabili obbligatorie le quali sononecessarie per un’ordinata contabilità variano a seconda del tipo diattività, delle dimensioni e dell’articolazione territoriale dell’impresa. Illegislatore ha optato per una soluzione di tipo misto fissata

dall’art.2214. La norma pone il principio generale che l’imprenditoredeve tenere tutte le scritture contabili che siano richieste dalla naturae dalle dimensioni dell’impresa. Stabilisce inoltre che in ogni casodevono essere tenuti determinati libri contabili: il LIBRO GIORNALE e

il LIBRO DEGLI INVENTARI. Infine, devono essere ordinatamenteconservati, per ciascun affare, gli originali della CORRISPONDENZA

COMMERCIALE (lettere, fatture, telegrammi) ricevuta e le copie diquella perdita. Il libro giornale e’ un registro cronologico - analitico. Inesso devono essere indicate giorno per giorno le operazioni relativeall’esercizio dell’impresa. Il precetto e’ però da intendersi in sensoelastico. Basta che le operazioni siano registrate nell’ordine in cui sono

compiute e non necessariamente il giorno stesso del loro compimento.Non e’ altresì necessario registrare separatamente ciascunaoperazione, purché le singole registrazioni riguardino operazioniomogenee compiute nella giornata. Il libro giornale può esserearticolato in libri parziali in relazione alle articolazioni dell’impresa. Illibro degli inventari e’ invece, un registro periodico-sistematico, deveessere redatto all’inizio dell’esercizio dell'impresa per ogni anno. L'inventario ha la funzione di fornire il quadro della situazionepatrimoniale dell’imprenditore. Deve percio’ contenere l’indicazione ela valutazione delle attivita’ e delle passivita’ dell’imprenditore, ancheestranee all’impresa. L’inventario si chiude col bilancio comprensivo

dello stato patrimoniale e del conto economico. Il bilancio e’ unprospetto contabile riassuntivo dal quale devono risultare con evidenzae verita’ la situazione complessiva del patrimonio( cd.stato patrimoniale) alla fine di ciascuno anno, nonche’ gli utiliconseguiti o le perdite subite (cd. conto economico) nel medesimo arcodi tempo. La redazione del bilancio e’ analiticamente disciplinata intema di societa’ per azioni con norme che fissano sia il contenuto delbilancio e sia i criteri che devono essere seguiti nella valutazione dellesingole voci. Tuttavia l’art.2217 comma 2, nel fissare in via generalel’obbligo di redazione del bilancio, rinvia all disciplina della spa solo perquanto riguarda i criteri di valutazione. Il rinvio riguarda il carattere

globale tutti gli imprenditori debbano osservare anche le disposizioniche disciplinano il contenuto del bilancio delle spa. Il rispetto delprincipio generale sopra enunciato imporra’ poi, nel caso concreto, latenuta di tutte le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalledimensioni dell’impresa. Ad esempio: il libro mastro o il libro cassa oanche il libro magazzino. La scelta delle altre scritture contabili datenere e’ rimessa alla discrezionalita’ dell’imprenditore sia pur concerti limiti segnati nella ordinaria contabilita’. Per garantire la

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veridicita’ delle scritture contabili ed in particolare per impedire che lestesse siano successivamente alterate, e’ imposta l’osservanza dideterminate regole formali e sostanziali nella loro tenuta. La regoleformali sono state tuttavia prograssivamente ridotte, in base all’attualedisciplina il libro giornale e il libro dell’inventario devono essere solo

numerati progressivamente in ogni pagina prima di essere messi inuso. Tutte le scritture contabili devono poi essere tenute secondo lenorme di ordinaria contabilita’ e per l’art. 2219 , senza spazi in bianco,senza interlinee, senza abrasioni, e in un modo che le parole cancellaterestino leggibili (cd. Formalità intrinseche). L’inosservanza di tali regolerende le scritture irregolari e quindi radicalmente irrilevanti. Lescritture contabili e la corrispondenza commerciale devono essereconservate per dieci anni e la conservazione puo’ essere tenuta conmezzi informatici. Le scritture contabili, di norma, non sono soggette acontrolli esterni ma si tratta di una regola che subisce eccezioni atutela degli interessi esterni all’impresa coinvolti dalla regolare tenuta

della contabilità.L’obbligo di tenuta della scritture contabili non e’ assistito da alcunasanzione generale e diretta, salvo quelle previste dalla legislazionetributaria. Non mancano sanzioni eventuali ed indirette. L’imprenditoreche tiene regolarmente le scritture contabili non puo’utilizzarle comemezzo di prova a suo favore. Non puo’ inoltre essere ammesso alconcordato preventivo, e all’amministrazione controllata. E’ infineassoggettato alle sanzioni penali per i reati di bancarotta semplice ofraudolenta in caso di fallimento.

7.la rilevanza esterna delle scritture contabili. l’efficacia

probatoria.Pero’ le scritture contabili posso essere molto utili e rilevanti perl’esterno. Infatti le informazioni sulla vita dell’impresa desumibili dallescritture contabili non sono accessibili ai terzi in quanto l’interessedell’imprenditore al segreto riceve tutela preferenziale. Il bilancio dellesocietà di capitali e delle societa’ cooperative dve essere reso pubblicomediante deposito presso l’ufficio del registro delle imprese. Nelleimprese soggette a controllo pubblico, il diritto al segreto non sussistenei confronti dell’organo pubblico preposto. Comunque l’ipotesi piu’significativa di rilevanza esterna delle scritture contabili si ha tuttavia,sul piano processuale, potendo le stesse essere utilizzate come mezzo

di prova sia a favore, sia contro l’imprenditore. Le scritture contabili,siano o meno regolarmente tenute, possono sempre essere utilizzatedai terzi come mezzo processuale di prova contro l’imprenditore chele tiene. Il terzo che vuol trarre vantaggio dalle scritture contabili di unimprenditore non puo’ pero’ scinderne il contenuto, non puo’ cioe’avvalersi solo della parte a lui favorevole (art.2709) l’imprenditorepotra’ inoltre dimostrare con qualsiasi mezzo che le proprie scritturenon rispondono a verita’. Piu’ rigorose sono invece le condizioni

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previste perche’ l’imprenditore possa utilizzare le proprie scritturecontabili come mezzo processuale di prova contro i terzi. A tal fine e’necessario che ricorrano tre condizioni:

1. trattare scritture regolarmente tenute.2. e’ necesario che la controparte sia a sua volta un imprenditore

3. la controversia sia relativa a rapporti inerenti all’eserciziodell’impresa.E’ rimesso all’apprezzamento del giudice riconoscere valore probatorioalle scritture contabili. Quanto ai modi di acquisizione nel processodelle scritture contabili, il giudice puo’ chiedere solo l’esibizione disingole scritture contabili, ovvero di tutti i libri ma solo per estrarne leregistrazioni concernenti la controversia in esame. Tuttavia, in tre casitassativi il giudice può ordinare la comunicazione alla controparte ditutte le scritture contabili: controversie relative allo scioglimento dellasocietà, alla comunione dei beni e alla successione per causa di morte.

C.LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE

8.Ausiliari dell’imprenditore commerciale e rappresentanza.Ultimo elemento dello statuto dell’imprenditore commerciale e laRAPPRESENTANZA COMMERCIALE: nello svolgimento della propriaattività l’imprenditore si avvale della collaborazione di altri soggetti,stabilmente inseriti nella propria organizzazione aziendale per affettodi un rapporto di lavoro subordinato che li lega all’imprenditore (cd.Ausiliari interni o subordinati). Di soggetti esterni all’organizzazioneimprenditoriale che collaborano con l’imprenditore, in modooccasionale o stabile, sulla base di rapporti contrattuali di varia natura:

mandato, commissione, spedizione, agenzia, mediazione (cd. Ausiliariesterni o autonomi). In entrambi casi la collaborazione puo’ riguardareanche la conclusione di affari con terzi in nome e per contodell’imprenditore: l’agire in rappresentanza dell’imprenditore. Ilfenomeno della rappresentanza e’ regolata in generale nell’art. 1387 ess del cod.

Civ e in modo specifico in leggi speciali quando si tratti di atti inerentil’esercizio di impresa commerciale posti in essere da alcune figureatipiche di ausiliari interni come INSITORI, PROCURATORI e

COMMESSI. E’ regola generale che il conferimento ad altro soggetto

dall’incarico di compiere uno o piu’ atti giuridici relativi alla propriasfera patrimoniale non abilita di per se’ l’incaricato ad agire in nomedell’interessato, con conseguente imputazione diretta degli effetti degliatti posti in essere. A tale fine e’ necessario l’espresso conferimentodel potere di rappresentanza, con ulteriore e specifica dichiarazione divolonta’ tramite la procura (art. 1387, art.1704). inoltre il potere dirappresentanza sussiste nei limiti fissati dalla procura stessa epresuppone che questa sia conferita con le forme prescritte per il

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contratto che il rappresentante deve concludere. Il terzo che contrattacon chi dichiara di agire in veste di rappresentante e’ tenuto percio’ adaccertare l’esistenza, contenuto e regolarita’ formale dlla procura,esigendo che il rappresentante giusitifichi i suoi poteri. Cio’ i quanto,e’ sul terzo contraente che ricade il rischio della mancanza o del difetto

di potere rappresentativo della controparte. Il contratto concluso dalfalso procurato e’ infatti improduttivo di effetti e il terzo, non potra’vantare, alcun diritto nei confronti del preteso rappresentato. Sonoqueste regole che tutelano poco e male il terzo contraente e cheostacolano le contrattazioni tramite rappresentante e lo sviluppo degliaffari esono regole che trovano applicazione anche quando si tratti diatti compiuti per un imprendtiore commerciale da parte di collaboratoristabili ed esterni alla sua organizzazione. Queste regole cedono ilpasso ad altre quando si e’ in presenza di determinate figure tipiche diausiliari interni che sono destinati ad entrare stabilmente in contattocon i terzi ed a concludere affari per conto dell’imprenditore. Vige in

questo caso una disciplina racchiusa in sistemi speciali sullarappresentanza fissati negli art. 2203-2213 cc, i cui principi ispiratoripossono essere cosi’ detti: per la posizione rivestita nell’organizzazioneaziendale, insitori, procuratori e commessi sono automaticamenteinvestiti del potere di rappresentanza dell’imprenditore e di un poteredi rappresentanza ex lege commisurato al tipo di mansioni che laqualifica comporta. Il loro potere di vincolare direttamentel’imprenditore non si fonda sulla presenza e sulla validita’ di unaprocura, ma costituisce effetto naturale di quella determinatacolocazione nell’impresa ad opera dell’imprenditore. Sono questi iprincipi comuni a tutte e tre le figure di ausiliari, che si differenziano

fra loro per la diversa funzione nell’impresa e quindi per la diversaampiezza del rispettivo potere rappresentativo. Infatti chi concludeaffari con uno di tali ausiliari dell’imprenditore commerciale dovra’ soloverificare se l’imprenditore ha modificato, con atto espresso e resopubblico, i lori naturali poteri rappresentativi.

9.l’istitoreOra andiamo piu’ nello specifico di questi ausiliari il primo e’L’INSITORE: colui che e’ preposto dal titolare all’eserciziodell’impresa o di una sede secondaria o di un ramo particolare dellastessa, e’, nel linguaggio comune, il direttore generale dell’impresa o

di una filiale o di un settore produttivo, praticamente un lavoratoresubordinato con la qualifica di dirigente al vertice della gerarchia delpersonale, in virtu’ di un atto di preposizione dell’imprenditore. E’possibile che piu’ insitori siano preposti contemporaneamenteall’esercizio dell’impresa e in tal caso essi agiranno disgiuntamentesempre se nella procura non e’ previsto diversamente. La delineataposizione comporta innanzitutto che l’insitore e’ tenuto,congiuntamente con l’imprenditore, all’adempimento degli obblighi di

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iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabilidell’impresa o della sede cui e’ preposto(art.2205) ed in caso difallimento dell’imprenditore troveranno applicazione anche neiconfronti dell’insitore le sanzioni penali a carico del fallito: fermorestando che solo l’imprenditore potra’ essere dichiarato fallito e solo

l’imprenditore sara’ esposto agli effetti personali e patrimoniali delfallimento. Anche in mancanza di espressa procura, l’insitore puo’compiere in nome dell’imprenditore tutti gli atti pertinenti all’eserciziodell’impresa o della sede o del ramo cui e’ preposto. E’ comunquecerto che l’insitore non e’ legittimato a compiere atti che esorbitanodalle sue mansioni come potrebbe essere la vendita o l’affittodell’impresa. Per quanto riguarda poi la rappressentanza processuale,l’insitore puo’ stare in giudizio, sia come attore, sia come convenutoper le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’eserciziodell’impresa a cui e’ preposto. I poteri rappresentativi dell’insitorepossono essere ampliati o limitati dall’imprenditore e le limitazioni

saranno pero’ opponibili ai terzi solo se la procura originaria o ilsuccessivo atto di limitazione siano stati pubblicati nel registro delleimprese e mancando tale pubblicita’ legale la rappresentanza si reputagenerale salvo la prova da parte dell’imprenditore che ai terzieffettivamente conoscevano l’esistenza di limitazioni al momento dellaconclusione dell’affare. Benche’ il legislatore parli in piu’ norme di unaprocura da parte del proponente, questa non e’ affatto necessariaperche’ l’insitore possa ritenenrsi investito della rappresentanzagenerale dell’imprenditore. Procura e pubblicita’ saranno necessariesolo se l’imprenditore voglia limitare i poteri dell’insitore, idem e’ per laprocura che vale per terzi solo se pubblicata o se l’imprenditore

comprova che era a conoscenza dei terzi.

10.procuratoreSecondo ausiliari interno dell’imprenditore e’ il PROCURATORE: coluiche in base ad un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiereper l’imprenditore gli atti preminenti all’esercizio dell’impresa, pur nonessendo preposti ad esso (art.2209). Sono degli ausiliari subordinati digrado inferiore rispetto all’insitore infatti, sono procuratori il direttoredel settore acquisti, il dirigente del personale, il direttore del settorepubblicita’. In mancanza di specifiche limitazioni scritte nel registrodelle imprese, i procuratori sono ex lege investiti di un potere di

rappresentanza generale dell’imprenditore: generale rispetto allaspecie di operazioni per le quali essi sono stati investiti di autonomopotere decisionale comunque il procuratore:

1. non ha la rappresentanza processuale dell’imprenditore2. non e’ soggetto agli obblighi di iscrizione nel registro delle

imprese e di tenuta delle scritture contabili, l’imprenditore nonrispondera’ per gli atti compiuti da un procuratore senzaspendita del nome dell’imprenditore stesso.

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11.i commessiUltimo ausiliario interno dell’imprenditore nella gestione dell’eserciziodi impresa e’ la figura del cosidetto COMMESSO: sono ausiliarisubordinati a cui sono affidate le mansioni esecutive e materiali che li

pongono in contatto con i terzi, ai commessi e’ riconosciuto potere dirappresentanza dell’imprenditore anche in mancanza di specifico attodi conferimento ma ha un potere molto piu’ limitato in confronto ainsitori e procuratori. Il principio base e’ che essi possono compiere gliatti che ordinariamente comporta la specie di operazione di cui sonoincaricati. Salvo espressa autorizzazione i commessi non possonoesigere il prezzo delle merci delle quali non facciano la consegna, ne’concedere dilazioni o sconti o sconti che non siano d’uso; non hanno ilpotere di derogare alle condizioni generali di contratto predispostedall’imprenditore o alle clausole stampate nei moduli dell’impresa e icommessi, se predisposti alla vendita nei locali dell’impresa, non

possono esigere il prezzo fuori dai locali stessi e ne’ possono esigerloall’interno dell’impresa se alla riscossione e’ destinata apposita cassa.A tutti i commessi e’ riconosciuta la legittimazione a ricevere per contodell’imprenditore le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione deicontratti e dei reclami relativi alle inadempienze da contratto. Non e’previsto un sistema di pubblicita’ legale, percio’ le limitazioni sarannoopponibili ai terzi solo se portate a conoscenza degli stessi con mezziidonei o se si prova l’effettiva conoscenza.

 CAPITOLO 5: L’AZIENDA: l’azienda e’ il complesso dei beniorganizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (art.2555) . Daquesta sintetica nozione emerge con evidenza il rapporto esistente fraazienda e impresa sotto il profilo giuridico. E’ un rapporto di mezzo afine: l’azienda costituisce l’apparato strumentale (locali,macchinari,materie prime, merci) di cui l’imprenditore si avvale per lo svolgimentoe nello svolgimento della propria attivita’. Nella nozione di aziendal’accento va posto sul dato dell’organizzazione, infatti l’azienda e’ uninsieme di beni eterogenei che subisce modificazioni qualitative equantitative anche radicali nel corso dell’attivita’. E’ e resta pero’ uncomplesso caratterizzato da un’unita’ di tipo funzionale.Organizzazione e destinazione ad un fine produttivo sono dati fattualiche attribuiscono ai beni costituiti in azienda e all’azienda nel suocomplesso specifico e particolare rilievo economico, prima ancora chegiuridico. E cio’ sotto molti profili: i beni organizzati in aziendaconsentono la produzione di utilita’ nuove, diverse e maggiori di quelleRiassunti di DIRITTO COMMERCIALE – Campobasso

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traibili dai singoli beni isolatamente considerati. Se sul piano praticol’azienda si risolve nei beni che la compongono, sul piano dinamicoessa e’ un nuovo “valore”, per l’attitudine alla produzione di nuovaricchezza che l’organizzazzione le conferisce. Il rapporto distrumentalita’ e di complementarieta’ fra i singoli elementi costitutivi

della azienda, fa si che il complesso unitario acquisti di regola unvalore di scambio maggiore della soma dei valori dei singoli beni che inun dato momento lo costituiscono, tale maggiore valore si definisceAVVIAMENTO. L’avviamento dell’azienda e’ rappresentatodalla suaattitudine a consentire la realizzazione di un profitto e puo’ dipenderesia da fattori oggettivi sia da fattori soggettivi. Si suoletradizionalmente distinguere fra avviamento oggettivo e avviamentosoggettivo. E’ avviamento oggettivo quello ricollegabile a fattorisuscettibili di permanere anche se muta il titolare dell’azienda inquanto insiti nel coordinamento funzionale esistente tra i diversi beni,invece e’ definito avviamento soggettivo quello dovuto all’abilita’

operativa dell’imprenditore sul mercato ed in particolare alla suaabilita’ nel formarsi, consevare ed accrescere la clientela. Passandodalla descrizione della realta’ economica al suo rilievo normativo, e’ datenere presente che l’unita’ economica dell’azienda e gli interessi, siaindividuali che generali, al mantenimento di tale unita’ trovano oggisignificativo riconoscimento nella disciplina dettata nel codice per iltrasferimento dell’azienda (art. 2556/2562). Il trasferimento a titolodefinitivo o temporaneo dell’azienda e’ infatti sottoposto ad un regimenormativo che sotto piu’ profili deroga alla disciplina di diritto comunedelle corrispondenti vicende circolatorie aventi ad oggetto singoli benio complessi di beni non finalizzati allo svolgimento di attivita’ di

impresa. Il passaggio da un soggetto ad un altro comporta infattipeculiari effetti ex lege ispirati dalla finalita’ di favorire laconservazione dell’unita’ economica e del valore di avviamentodell’azienda, a tutela di quanti su tali unita’ e su tale valore hanno fattospecifico affidamento. Invece sono ELEMENTI CONSTITUTIVIDELL’AZIENDA sono tutti i beni, organizzati dall’imprenditore perl’esercizio dell’impresa( art.2555). Per qualificare un dato bene comebene aziendale rilevante e’ percio’ solo la destinazione funzionaleimpressagli dall’imprenditore. Irrelevante e’ invece il TITOLOGIURIDICO che legittima l’imprenditore ad utilizzare un dato bene nelprocecesso produttivo. Non possono essere percio’ considerati beni

aziendali i beni di proprieta’ dell’imprenditore che non siano da questieffettivamente destinati allo svolgimento dell’attivita’ di impresa.Viceversa, la qualifica di bene aziendale compete anche quei beni diproprieta’ di terzi di cui l’imprenditore puo’ disporre in base ad unvalido titolo giuridico, purche’ attualmente impiegati nell’attivita’ diimpresa, tipico esempio e’ il macchinario preso a leasing. Comunquel’opinione piu’ diffusa qualifica elementi costitutivi dell’azienda sololecose in senso proprio di cui l’imprenditore si avvale per l’esercizio di

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impresa. In definitiva, l’azienda e’ e resta un complesso di soli beni(cose) e non e’ concepibile come un complesso di beni e di rapportigiuridici. Il che comporta, sul piano applicativo, che di trasferimento diazienda si potra’ parlare quand’anche le parti abbiano espressamenteescluso dal trasferimento i contratti aventi ad oggetto prestazioni di

cose future o di servizi, i crediti e i debiti e quand’anche un valorepositivo di avviamento non sia riscontrabile perche’, ad esempio,oggetto di vendita o di affitto e’ il complesso aziendale di unimprenditore fallito. Cambiando argomento, molto si e’ discusso sullanatura giuridica dell’azienda e vivo e’ stato soprattutto in passato, ilcontrasto traTEORIE UNITARIE E TEORIE ATOMISTICHE. Le teorieunitarie considerano l’azienda come un bene unico, un bene nuovo edistinto rispetto ai singoli beni che la compongono si ‘ cosi’ affermatoche l’azienda e’ un BENE IMMATERIALE, rappresentatodall’organizzazione stessa e sempre nella stessa ottica l’azienda e’stata qualificata come un’UNIVERSALITA’ DI BENI, opinione questa che

riscuote ancor oggi largo seguito soprattutto in giurisprudenza. Siritiene percio’ che il titolare dell’azienda abbia sulla stessa un vero eproprio DIRITTO DI PROPRIETA’ UNITARIO, destinato a coesistere con idiritti che vanta sui singoli beni, potrebbe percio’ tutelare il suo dirittosul complesso aziendale con gli strumenti che l’ordinamento concedeal titolare del diritto di proprieta’, anche se tale diritto non vanta sutaluni beni aziendali. Invece la TEORIA ATOMISTICA concepiscel’azienda come una SEMPLICE PLURALITA’ di beni tra lorofunzionalmente collegati e sui quali l’imprenditore puo’ vantare dirittidiversi. Si esclude percio’ che esista un bene azienda formante oggettodi autonomo diritto di proprieta’ o di altro diritto reale unitario e,

quindi, si attribuisce significato atecnico alle norme che parlano diproprieta’ o di proprietario dell’azienda e di usufrutto della stessa.Questa contrapposizione viene drasticamente ridimensionato. Edinvero, la possibilita’ di concepire l’azienda come un nuovo bene sottoogni profilo e a tutti gli effetti trova significato e decisivo ostacolo neidati normativi. Da questi emerge con chiarezza che l’unificazionegiuridica dei beni aziendali e’ solo relativa e funzionale, dato che per iltrasferimento del complesso aziendale dovranno esserenecessariamente osservate le forme stabilite dalla legge per iltrasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda (art.2556). Laconcezione atomistica si lascia percio’ preferire come scelta base.

Comunque e’ vero che l’azienda e’ definita come universalita’ di benidall’art.670 c.p.c. che prevede il sequestro giudiziario di aziende e altreuniversalita’ di beni. E’ altrettanto vero pero’ che il considerarel’azienda un’universalita’ di beni non offre argomenti per concepire lastessa un bene nuovo e unitario. Comunque norme specifiche sonodettate solo per le universalita’ di beni mobili che non possono essereapplicate in modo diretto e integrale all’azienda, percio’ si puo’ direche il omune profilo unitario legittima il riferimento alle norme

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suddette per la soluzione di problemi pratici lasciati insoluti dalladisciplina dell’azienda. Cosi’, puo’ ammettersi, al pari delleuniversalita’ di mobili:

a) l’insieme dei beni mobili aziendali di proprieta’ dell’imprenditoresia sottratto all’applicazione della regola secondo cui il possesso

in buona fede vale titolo, valida per i singoli beni mobili, mentreil problema non si pone neppure per gli immobili aziendali e ibeni mobili registrati.

b) Il complesso mobiliare aziendale possa essere acquistato per usocapione solo in virtu’ del possesso continuato per vent’anni(art.1160), in luogo del termine decennale previsto per i singolibeni mobili( art.1161).

c) Il titolare dell’azienda possa avvalersi dell’azione dimanutenzione anche per tutelare il possesso dell’insieme deibeni mobili aziendali.

Cambiando ulteriormente discorso si puo’ dire sulla CIRCOLAZIONE

DELL’AZIENDA E L’OGGETTO E LA FORMA DEI CONTRATTI TRASLATIVI,che puo’ formare oggetto di disposizione di diversa natura. Puo’ esserevenduta, conferita in societa’, donata e sulla stessa possono esserealtresi’ costituiti diritti reali o personali di godimento a favore di terzi.L’imprenditore puo’ ovviamente compiere anche atti di disposizioneche riguardano uno o piu’ beni aziendali. E’ principio consolidato che laqualificazione di una data vicenda circolatoria come trasferimento diazienda o come trasferimento i singoli beni aziendali deve essereoperata secondo criteri oggettivi: guardando cioe’ al risultatoperseguito e realizzato e non al nomen dato dal contratto dalle parti oalla loro intenzione soggettiva. E cio’ perche’ il trasferimento di

azienda produce effetti che incidono anche sulla posizione dei terzi; secio’ e’ pacifico e altrettanto pacifico che per aversi trasferimento diazienda, non e’ necessario che l’atto di disposizione comprenda l’interocomplesso aziendale, tutti i beni attualmente utilizzati dal trasferentenella propria azienda. E nell’ambito della disciplina del trasferimento siresta anche quando l’imprenditore trasferisca un ramo particolare dellasua azienda, purche’ dotato di organicita’ operativa. Necessario, ma altempo stesso sufficiente, e’ che sia trasferito un insieme di beni di perse’ potenzialmente idoneo ad essere utilizzato per l’esercizio di unadeterminata attivita’ di impresa e cio’ quand’anche il nuovo titolaredebba integrare il complesso con ulteriori fattori produttivi per farlo

funzionare (es. Altre materie prime). E’ percio’ necessario che i beniesclusi dal trasferimento non alterino l’unita’ economica e funzionale diquella data azienda. D’altro canto, accertato con criteri oggettivi che sie’ in presenza di un trasferimento di azienda, l’atto di disposizionecomprendera’ tutti i beni presenti in quel dato momento nell’azienda,anche se non specificatamente menzionati nel contratto. Ilcollegamento funzionale esistente fra i beni aziendali legittima taleinterpretazione della volonta’ sinteticamente espressa dalle parti.

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Naturalmente, i vari beni aziendali passeranno all’acquirente nellamedesima situazione giuridica (proprieta’, diritto reale o personale digodimento) in cui si trovavano presso il trasferente, se nulla e’espressamente pattutito al riguardo. Le forme da osservare neltrasferimento dell’azienda sono fissate dall’art. 2556 nel testo

modificato nella legge 310/1993. E’ al riguardo da operare una nettadistinzione fra forma necessaria per la VALIDITA’ DEL TRASFERIMENTOe FORMA RICHIESTA AI FINI PROBATORI e per la OPPONIBILITA’ AI TERZI. In merito alla VALIDITA’ e’ data una stessa disciplina per ognitipo di azienda; i contratti che hanno per oggetto il trasferimento dellaproprieta’ o la concessione in godimento dell’azienda sono validi solose stipulati con l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per iltrasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per laparticolare natura del contratto. Manca quindi un’autonoma e unitarialegge di circolazione dell’azienda e il trasferimento di ciascun beneaziendale segue il regime dettato in via generale. Cosi’, per

trasferimento in proprieta’ all’acquirente degli immobili aziendali diproprieta’ dell’alienant sara’ necessaria la forma scritta a pena dinullita’ e dovranno essere altresi’ rispettate le regole di forma previsteper il particolare negozio traslativo posto in essere. Invece per quantoriguarda la forma richiesta a fine della prova, solo per le impresesoggette a registrazione secondo il sistema originario del codice civilee’ poi previsto che ogni atto di disposizione dell’azienda deve essereprovato per iscritto. La scrittura e’ chiaramente richiesta solo adprobationem e la sua mancanza comportera’ come unico effetto che, inuna eventuale controversia giudiziaria, le parti non potranno avvalersidella prova per testimoni per dimostrare l’esistenza del contratto. E

sempre per le imprese soggette a registrazione, il secondo commadell’art.2556 stabilisce che i relativi contratti sono soggetti adiscrizione nel registro delle imprese. E nel nuovo testo del 310/1993, lanorma prescrive che il contratto di trasferimento deve essere sempreredatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e deveessere depositato a cura del notaio per l’iscrizione nel termine di trentagiorni. La disposizione persegue anche finalita’ di ordine pubblico e cio’spiega perche’, forzando la lettera della norma, si tende a riconoscereche l’obbligo di registrazione sussiste anche quando sia l’alienante sial’acquirente siano imprenditori tenuti solo all’iscrizione nelle sezionispeciali del registro delle imprese. Resta tuttavia fermo che solo

l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro, se dovuta, produce lafunzione dichiarativa (opponibilita’ del trasferimento) nei confronti deiterzi a suo tempo esposta. Altro argomento e’ inoltre il DIVIETO DICONCORRENZA infatti oltre gli effetti dedotti in contratto, l’alienazionedell’azienda produce ex lege effetti ulteriori, dispositivi od inderogabili,che riguardano il divieto di concorrenza dell’alienante, i contratti, icrediti e i debiti aziendali (art.2557 a 2560). Chi aliena un’aziendacommerciale deve astenersi, per un periodo massimo di cinque anno

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dal trasferimento, dall’iniziare una nuova azienda “per l’oggetto,l’ubicazione o altre circostanze” che possa sviare la clienteladall’azienda ceduta (art.2557). Se l’azienda e’ agricola, il divieto operasolo per le attivita’ ad essa connesse e sempre che rispetto a taliattivta’ sia possibile sviamento della clientela. La norma contempla

due opposte esigenze: quella dell’acquirente dell’azienda di trattenerela clientela dell’impresa e quindi di godere dell’avviamento(soggettivo), del quale di regola si e’ tenuto conto nel prezzod’acquisto e quella dell’alienante a non vedere compressa la proprialiberta’ di iniziativa economica oltre un determinato arco di temposufficiente per consentire all’acquirente di consolidare la propriaclientela. Il divieto di concorrenza e’ derogabile e ha carattere relativosussiste nei liimiti in cui la nuova attivita’ di impresa dell’alienante siapotenzialmente idonea a sottrarre clientela all’azienda ceduta. Le partipossono anche ampliare la portata dell’obbligo di astensione, pureche’non sia impedita ogni attivita’ professionale all’alienante. E’ in ogni

caso vietato prolungare oltre i cinque anni la durata del divieto. Ildivieto e’ da ritenersi applicabile anche quando la vendita e’ coattiva.Maggiore incertezza solleva invece l’applicazione del divieto diconcorrenza in altre ipotesi non espressamente regolate:

a) Divisione ereditaria con assegnazione dell’azienda caduta insuccessione ad uno degli eredi.

b) Scioglimento di una societa’ con assegnazione dell’aziendasociale ad uno dei soci quale quota di liquidazione.

c) Vendita dell’intera partecipazione sociale o di una partecipazionesociale di controllo di una societa’ di persone o di capitali.

Nei primi due casi non si puo’ affermare che vi e’ stato trasferimento di

azienda da un’erede all’altro o da un socio all’altro, sicche’sembrerebbe da escludersi che gli altri eredi o gli altri soci siano tenutia rispettare il divieto di concorrenza, nel terzo caso poi un negoziotraslativo c’e’, ma ha per oggetto le quote o le azioni della societa’ enon dell’azienda, che formalmente resta della societa’, non ricorrequindi il presupposto per l’applicazione dell’art.2557. E’ indubbio pero’che in sede di divisione erdeitaria o nello stabile la quota diliquidazione spettante a ciascun socio si tiene di regola conto anchedel valore di avviamento dovuto alla clientela. Non e’ percio’ senzafondamento applicare il divieto di concorrenza a favore dell’erede o delsocio che subentra nell’azienda ed a carico degli altri eredei o degli

altri soci. E’ indubbio altresi’ che la vendita dell’intero pacchettoazionario o di una partecipazione di controllo permettono diraggiungere un risultato economico sostanzialmente coincidente con lavendita dell’azienda, anche se formalmente non vi e’ stato alcuntrasferimento dell’azienda stessa. Comunque il divieto di concorrenzadovra’ ritenersi violato ogni qualvolta si sia avuto lo sviamento dellaclientela dell’azienda ceduta, per fatto concorrenziale direttamente oindirettamente imputabile all’alienante. Il che non e’ sempre facile da

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provare, e’ percio’ opportuno che l’atto di alienazione contengaspecifiche e ben congegnate clausole al riguardo, rese possibili dallaconsentita estensione pattizia del divieto di concorrenza. LaSUCCESSIONE NEI CONTRATTI AZIENDALI e argomento ulteriore infattila disciplina del trasferimento dell’azienda si preoccupa del

mantenimento dell’unita’ economica della stessa. A tal fine e’agevolato il sub ingresso dell’acquirente nella trama dei rapporticontrattuali IN CORSO DI ESECUZIONE che l’alienante ha stipulato con ifornitori, finanziatori, lavoratori e clienti, per assicurarsi i fattoriproduttivi necessari all’organizzazione dell’impresa e allo svolgimentodei cicli rpoduttivi, nonche’ per dare sbocco ai suoi prodotti. Illegislatore muove dalla sua premessa che l’acquirente

CAPITOLO 5: L’AZIENDA

 Definizione di azienda. L’art. 2555 definisce l’azienda come “il complesso dei beniorganizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Da ciò emerge che l’azienda èun complesso di singoli elementi che hanno unitaria destinazione verso uno specifico fine

 produttivo. Essa può essere vista come il mezzo di cui l’imprenditore si avvale per lo

svolgimento della propria attività (rapporto mezzo/fine tra azienda e attività d’impresa).L’azienda assume inoltre forte rilievo sul piano economico, acquistando solitamente

valore maggiore rispetto alla somma dei valori dei singoli beni (avviamento).

Si distingue tra avviamento oggettivo, quello ricollegabile a fattori suscettibili di

 permanere anche se muta il titolare dell’azienda, e avviamento soggettivo, quello dovutoall’abilità operativa dell’imprenditore sul mercato ed in particolare alla sua abilità nel

formare, conservare e accrescere la propria clientela.

 Elementi costitutivi dell’azienda. Al fine di qualificare un dato bene come bene aziendaleè rilevante solo la destinazione dell’imprenditore all’esercizio all’attività d’impresa.

Irrilevante è il titolo giuridico (proprietà, usufrutto, altro) che legittima l’imprenditore ad

utilizzare un dato bene.Riguardo a cosa ricomprendere nella parola “beni”, l’opinione più diffusa considera

elementi costitutivi dell’azienda solo le cose in senso proprio di cui l’imprenditore si

avvale, escludendo dunque servizi, crediti, debiti, rapporti di lavoro e rapporti

contrattuali.Tra concezione atomistica e concezione unitaria. Le teorie unitarie considerano l’azienda

come un unico bene immateriale, sul quale il titolare potrebbe avere un diritto di

 proprietà unitario. Le teorie atomistiche concepiscono invece l’azienda come una

semplice pluralità di beni tra loro funzionalmente collegati e sul quale l’imprenditore puòvantare diritti diversi (proprietà, diritti reali limitai, diritti personali di godimento).

Mancando una legge di circolazione propria dell’azienda l’ipotesi unitaria va rifiutata,tuttavia bisogna sempre tenere conto, nelle controversie, della salvaguardia dell’unità

funzionale dell’azienda.

Anche per quanti vogliono considerare l’azienda un’universalità di beni mobili (chesecondo l’art. 816 sono “la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno

una destinazione unitaria”), la disciplina dettata per tali universalità non è applicabile

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all’azienda, se non per risolvere problemi pratici lasciati insoluti dalla disciplina

dell’azienda. Infatti, l’azienda è di regola costituita da beni eterogenei e può comprendere

anche beni (mobili ma anche immobili) che non sono di proprietà dell’imprenditore.Trasferimento dell’azienda. Per stabilire se un determinato atto di disposizione

dell’imprenditore vada qualificato come trasferimento di azienda o come trasferimento di

singoli beni aziendali, non si guarda al nomen dato al contratto, ma al risultato realmente perseguito e realizzato.

Con il trasferimento di azienda, saranno considerati trasferiti tutti quei beni che hanno

come funzione lo svolgimento dell’attività d’impresa: è necessaria la specificazione dei beni che l’imprenditore non vuole includere nel trasferimento.

Si noti che il trasferimento di azienda può riguardare anche un solo ramo d’azienda,

 purché dotato di organicità operativa. Non è neanche necessario che l’azienda sia in

funzione al momento della vendita, ma solo che l’insieme dei beni trasferiti sia di per sé potenzialmente idoneo ad essere utilizzato per l’esercizio di una determinata attività

d’impresa.

La forma necessaria per la validità del trasferimento deve essere “la stessa forma

stabilita dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto”. Non esiste quindi un’autonoma ed unitaria legge di

circolazione dell’azienda. Di conseguenza, ad esempio, il trasferimento di immobilicomporterà la forma scritta pena la nullità.

La forma richiesta ai fini di opponibilità ai terzi è invece quella scritta, per quanto

riguarda le imprese “soggette a registrazione”, includendo tra queste tutte le imprese,

 poiché tutte le imprese vengono registrate, seppure con diversi tipi di pubblicità. Sempre per le imprese soggette a registrazione, l’art. 2256 stabilisce anche che i relativi contratti,

redatti per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, sono soggetti a iscrizione nel

registro delle imprese.EFFETTI DELLA VENDITA DELL’AZIENDA:

← Divieto di concorrenza dell’alienante. L’art. 2257 afferma che chi aliena un’aziendacommerciale deve astenersi, per un periodo massimo di cinque anni dal trasferimento,

dall’iniziare una nuova impresa che possa comunque, “per l’oggetto, l’ubicazione o altre

circostanze”, sviare la clientela dall’azienda ceduta.

Si vuole in questo modo contemperare l’esigenza dell’acquirente di goderedell’avviamento soggettivo (che egli stesso ha pagato!), e quella dell’alienante a non

vedere compressa la propria libertà di iniziativa economica per troppo tempo.

Si noti che resta possibile stabilire un termine minore di cinque anni, ma mai maggiore, e

che il divieto è da ritenersi applicabile anche in caso di vendita coattiva (il divieto rimaneal fallito).

Spesso si tenta inoltre di eludere il divieto attraverso inizio di impresa attraverso un

 prestanome, costituendo una società di comodo o entrando in un’altra impresaconcorrente come dirigente.

Si ritiene che il divieto debba considerarsi violato ogni volta si sia avuto sviamento di

clientela dall’azienda ceduta, per fatto concorrenziale direttamente o indirettamentedovuto all’alienante.

E’ comunque difficile provare l’elusione, e sono necessarie adeguate clausole per evitare

tutto ciò.

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↑   La successione nei contratti aziendali. La disciplina dettata riguardo alla successione

nei contratti aziendali deroga alla disciplina della cessione di contratti “normali” di diritto

comune.L’art. 2258 stabilisce che “se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda

subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano

carattere personale”, e dunque automaticamente, senza bisogno di alcuna manifestazionedi volontà.

Al terzo contraente è riconosciuto il diritto di recedere dal contratto “entro tre mesi dalla

notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso laresponsabilità dell’alienante”.

Da notare in questo caso che la deroga ai principi di diritto comune è ancora più marcata:

non è necessario il consenso del contraente ceduto, che può soltanto chiedere il

risarcimento danni all’alienante dando la prova (non facile!) che questi non ha osservatola normale cautela nella scelta dell’acquirente dell’azienda. Inoltre il recesso non

determina il ritorno del contratto in testa all’alienante ma la definitiva estinzione dello

stesso.

E’ evidente dunque il favor legislativo per il mantenimento dell’unità funzionaledell’azienda.

Riguardo al carattere personale dei contratti, l’opinione prevalente ritiene che contratti personali siano quei contratti nei quali l’identità e le qualità dell’imprenditore alienante

sono state in concreto determinanti del consenso del terzo contraente (e non viceversa).

Per il trasferimento di tali contratti si ritorna alla disciplina di diritto comune di cessione

del contratto.Anche al fine di provare la giusta causa, il terzo deve dimostrare che l’identità

dell’imprenditore era essenziale ai fini del contratto.

→ I crediti e i debiti aziendali. A) Riguardo ai crediti, la legge non dice, come invece facon i contratti, se crediti e debiti si trasferiscono direttamente con l’azienda o meno.

L’opinione seguita è che il trasferimento non è automatico, in mancanza di espressa previsione.Inoltre, come recita l’art. 2259, dal momento dell’iscrizione del trasferimento

dell’azienda nel registro delle imprese, la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta

ha effetto nei confronti dei terzi, anche in mancanza di notifica al debitore o di suaaccettazione. Tuttavia, “il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante”

(l’alienante deve naturalmente impegnarsi a pagare a sua volta il debito all’acquirente).

 Nel caso di imprese non soggette a registrazione, vige invece la disciplina generale della

cessione dei crediti.B) Riguardo ai debiti, l’art. 2560, al fine di tutelare i terzi creditori e l’esigenza di

certezza, afferma che l’alienante non è liberato dai debiti anteriori al trasferimento, se

non ha il consenso dei creditori. Per quanto riguarda le sole imprese commerciali, è previsto invece che “nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti

suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.Usufrutto e affitto dell’azienda. L’azienda può essere costituita in usufrutto o concessa inaffitto.

La costituzione in usufrutto comporta il riconoscimento di poteri-doveri in testa

all’usufruttuario, per tutelare sia la libertà dell’usufruttuario, sia l’interesse del

concedente.

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A tal fine, l’art. 2561 dispone che l’usufruttuario deve esercitare l’azienda sotto la ditta

che la contraddistingue, conducendo l’azienda senza modificarne la destinazione ed in

modo da conservarne l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normalidotazioni di scorte. La violazione di tali obblighi o la cessazione arbitraria dalla gestione

dell’azienda determinano la cessazione dell’usufrutto per abuso dell’usufruttuario.

L’usufruttuario ha inoltre il potere-dovere non solo di godere dei beni aziendali, maanche di disporne nei limiti delle esigenze della gestione.

L’usufruttuario potrà comprare nuovi beni, che diventeranno di proprietà del nudo

 proprietario e sui quali l’usufruttuario avrà diritto di godimento e potere di disposizione.L’affitto di azienda ha come oggetto del contratto un complesso di beni organizzati ed è

decisamente diverso dalla locazione di un immobile destinato all’esercizio di attività

d’impresa, che ha per oggetto il locale in quanto tale. Nella pratica non è facile

distinguerli.Sia all’affitto, sia all’usufrutto si applicano le norme riguardo il divieto di concorrenza e

la successione nei contratti aziendali, al solo usufrutto la disciplina dei crediti aziendali, a

nessuno dei due le norme riguardanti i debiti aziendali anteriori, dei quali risponderanno

unicamente il nudo proprietario o il locatore.

CAPITOLO 6: I SEGNI DISTINTIVI

 Funzione dei segni distintivi. La funzione dei segni distintivi, ovvero ditta, insegna e

marchio, è quella di favorire la formazione ed il mantenimento della clientela. Essi

consentono infatti ad un dato imprenditore di individuarlo sul mercato e di distinguerlodagli altri imprenditori concorrenti.

Tutti i segni distintivi dovranno comunque rispettare i principi di: a) novità; b)

originalità; c)verità.

A. LA DITTA.La ditta è il nome commerciale dell’imprenditore, che lo individua come soggetto di

diritto nel campo dell’imprenditoria. Due limiti specifici nella scelta della ditta sono:a) Verità. Si distingue se la ditta è originaria (ovvero formata dall’imprenditore che la

utilizza), o derivata (ovvero formata da un dato imprenditore e successivamente

trasferita ad un altro imprenditore insieme all’azienda). Secondo l’art. 2563, la ditta

originaria “deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore” (coneventuali e possibili aggiunte, non necessarie in caso di mutamenti nel nome civile

dell’imprenditore matrimonio, divorzio, adozione). Per quanto riguarda la ditta

derivata, l’art. 2563 non impongono a chi utilizza una ditta derivata di integrarla conil proprio cognome o la propria sigla. Il principio di verità si riduce a pura “verità

storica”.b) Novità. L’art. 2564 impone che la ditta non deve essere “uguale o simile a quella

usata da altro imprenditore” e tale da “creare confusione per l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui questa è esercitata” (diritto all’uso esclusivo della ditta). Chi adotta

ditta uguale a simile ad altra già esistente, può essere obbligato a modificarla o

integrarla. Per le imprese commerciali, tale obbligo spetta a chi ha iscritto la propriaditta nel registro delle imprese in epoca posteriore. Il diritto all’uso esclusivo non è

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comunque assoluto, ma relativo: sussiste solo se i due imprenditori sono in rapporto

concorrenziale tra loro.Trasferimento della ditta. Secondo l’art. 2565, la ditta è trasferibile, ma solo insiemeall’azienda. Se il trasferimento avviene per atto tra vivi, è necessario il consenso espresso

dell’alienante. Regola opposta vale se l’azienda è acquistata per successione a causa di

morte: la ditta si trasmette al successore, salvo diversa disposizione testamentaria.E’ importante notare che se la persistenza del legame segno distintivo-complesso

 produttivo tende a tutelare i consumatori, tutela invece molto meno quanti

all’imprenditore stesso concedono credito.La giurisprudenza ritiene comunque che chi ha trasferito l’azienda è responsabile in

solido con l’acquirente per i debiti da questo contratti spendendo la ditta derivata, qualora

il terzo contraente abbia potuto ragionevolmente ritenere di trattare col cedente. Ditta e nome civile. Nome civile e ditta non vanno confusi. Il nome civile, attribuito per legge, è a struttura fissa (prenome + cognome), unico e non liberamente modificabile.

Principi opposti regolano la ditta. Inoltre omonimia è consentita tra nomi civili, ma non

tra ditte. Questa distinzione è utile per comprendere l’art. 2567, la cui interpretazione

chiarisce che le società devono avere una ragione sociale o una denominazione sociale(nome delle società), che non possono essere uguali o simili ad altri “nomi di società”

(come per la ditta) e non possono essere trasferiti (come per il nome civile). Tuttavia lesocietà possono anche avere una ditta originaria, formata rispettando le norme sulla ditta

(e come prima doveva includere sigla o cognome dell’imprenditore, adesso deve

includere ragione sociale o denominazione sociale), e più ditte derivate, che rimangono

distinte dal nome e potranno essere trasferite.B. L’INSEGNA.

L’insegna contraddistingue i locali dell’impresa. La sua disciplina si esaurisce nell’art.

2568, che rimanda all’art. 2564: l’insegna non potrà cioè essere uguale o simile ad altragià utilizzata da altro imprenditore concorrente, con conseguente obbligo di

differenziazione per non creare confusione.Si può comunque affermare che l’insegna deve rispettare i principi generali di liceità,veridicità (non deve trarre in inganno riguardo attività o prodotti), originalità. Il

trasferimento dell’insegna si ritiene consentito, così come la licenza non esclusiva ed il

conseguente co-uso della stessa insegna da parte di imprenditori collegati (ad esempio nelfranchising).

C. IL MARCHIO. Funzione del marchio. Il marchio è il segno distintivo dei prodotti o dei servizi

dell’impresa.Esso costituisce il principale collegamento tra produttori e consumatori e svolge perciò

un ruolo centrale nella formazione e nel mantenimento della clientela. La sua principale

funzione è la differenziazione del prodotto da quelli concorrenti. Inoltre il marchio èindicatore di provenienza da una fonte unitaria di produzione, anche se dopo la riforma

del 1992 è possibile anche la licenza non esclusiva del marchio. Terza funzione del

marchio può essere considerata quella di attrarre i consumatori. Da notare che non puòinvece essere considerata una funzione del marchio quella di garanzia della qualità dei

 prodotti: nessuna norma può infatti vietare al produttore variazioni qualitative della

 propria produzione.

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 Nell’ordinamento nazionale il marchio è disciplinato dal codice Civile (artt. 2569-2574) e

dalla legge marchi modificata nel 1992 dopo l’emanazione della Direttiva CEE del 1988.

Il marchio internazionale è disciplinato da due convenzioni internazionali.Tipi di marchi. A seconda di ciò su cui si pone l’attenzione, è possibile distinguere:

- Marchio di fabbrica e marchio di commercio: su uno stesso prodotto possono infatti

coesistere sia il primo, apposto dal fabbricante, sia il secondo, apposto dal rivenditore,che non può comunque sopprimere il marchio del produttore. Da notare che il

marchio può essere utilizzato anche da imprese che producono servizi;

- Marchio generale e marchio speciale: il primo si riferisce ad un unico marchio per tutti i propri prodotti, il secondo a più marchi per più prodotti, con l’intento di

differenziare i prodotti della propria impresa. E’ possibile anche l’uso di un marchio

generale e più speciali (es. “Fiat-Uno”);

- Marchio denominativo, composto solo da parole, e marchio figurativo,composto

esclusivamente da figure, lettere, cifre, disegni. E’ possibile anche il marchio

costituito da suoni. Spesso si sceglie un marchio misto, combinazione di parole e altrisimboli;

- Marchio di forma, se costituito dalla forma del prodotto o dalla confezione dellostesso;

- Marchio collettivo, quando titolare del marchio è un soggetto o un ente che svolge la

funzione di “garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o

servizi”, che lo concede in uso a produttori o commercianti consociati (es. “Pura lana

vergine” o “Prosciutto di Parma”). Questi a loro volta devono rispettare determinateregole fissate dall’ente.

 Requisiti di validità. Per tutelare e registrare il marchio, bisogna rispettare alcuni

requisiti:← Liceità. Il marchio non deve andare contro la legge, il buon costume, l’ordine

 pubblico, non deve contenere segni protetti da convenzioni internazionali, lesivi di diritto

d’autore o di proprietà industriale. Riguardo alla tutela dell’altrui diritto al nome: se sitratta di persona nota, è necessario il suo consenso per utilizzare il suo nome o lo

 pseudonimo (es. videogiochi Fifa senza il nome di Ronaldo), se invece si tratta di persona

non nota, in generale non c’è bisogno del consenso ma l’uso non deve comunque “ledere

la fama, il credito o il decoro” dell’avente diritto al nome.↑  Verità (o non ingannevolezza del marchio). Nel marchio non possono essere inseriti

segni idonei ad ingannare il pubblico, “in particolare sulla provenienza geografica, sulla

natura o sulla qualità dei prodotti o servizi” (es. marchio New England per magliettefabbricate in Italia).

→Originalità. Il marchio deve cioè essere composto in modo da consentire

l’individuazione sul mercato dei prodotti contrassegnati. Secondo il legislatore, non

 bastano né le denominazioni generiche del prodotto o del servizio o la loro figuragenerica (es. “calzature”), né le indicazioni descrittive dei caratteri essenziali, delle

 prestazioni e della provenienza geografica del prodotto (es. “brillo” per prodotti

luccicanti), né i segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente (es. “super”,“extra”). Si vuole così impedire l’acquisto di posizioni di monopolio su simboli che nel

lessico comune individuano genericamente quel dato prodotto. Tale regole non valgono

 per marchi di fantasia, che non abbiano relazione con il prodotto

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contraddistinto(es.“aeroplano” per un marchio di calzature), e per parole straniere

generiche non note al consumatore medio italiano (es. “Cynar”).

E’ possibile usare combinazioni di parole generiche (es. ”Amplifon”), tuttavia in questocaso il marchio è detto marchio debole poiché bastano poche modifiche per imitarlo(es.

“Udifon”). Marchi forti sono invece quelli dotati di forte capacità distintiva e quindi in

genere i marchi di pura fantasia.Ai fini dell’originalità, è importante parlare del “ secondary meaning ”. E’ il caso di

marchi registrati ma privi di capacità distintiva (come parole generiche, tipo

“Bambolina”), che possono diventare marchi “forti”, e quindi validi, a seguito dell’usoche ne è stato fatto e della notorietà che ha acquistato presso il pubblico, in genere grazie

ad un’accorta pubblicità.

↓   Novità. La novità riguarda l’uguaglianza o la somiglianza con altri marchi. Si distingue

tra marchi ordinari e marchi celebri. Per i primi la regola è che non sono nuovi i segni che possono determinare “un rischio di confusione per il pubblico”, poiché identici o simili

ad un segno già noto come marchio, ditta o insegna di altro imprenditore concorrente, o

comunque già registrato da altri come marchio per prodotti identici o affini. Il rapporto di

affinità non è invece necessario se il marchio è celebre.  Nullità e convalida. Il difetto dei requisiti di validità esposti comporta la nullità del

marchio, che può riguardare anche solo parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio èstato registrato.

Due eccezioni sono previste: a) la nullità del marchio per difetto di novità non può più

essere dichiarata quando chi lo ha richiesto non era in mala fede ed il titolare del marchioanteriore ne abbia tollerato l’uso per cinque anni (è questa la convalida del marchio); b)

la nullità del marchio per difetto di originalità non può più essere dichiarata quando il

marchio ha acquisito capacità distintiva grazie al secondary meaning. Il marchio registrato. La registrazione del marchio presso l’Ufficio italiano brevetti e

marchi, attribuisce al titolare del marchio il diritto all’uso esclusivo dello stesso su tutto il

territorio nazionale. Il diritto di esclusiva copre prodotti identici ma anche affini (destinaticioè alla stessa clientela, es. frigoriferi e lavatrici, o al soddisfacimento di bisogni identicio complementari, es. prodotti caseari e alimentari). Per marchi celebri, come detto, la

tutela copre anche prodotti non affini (es. Coca-Cola non può essere utilizzato da altri per 

il vestiario).Il diritto di esclusiva decorre in maniera retroattiva dalla data di presentazione della

domanda all’Ufficio B.M. (e non dalla registrazione!), sempre che sia poi arrivata la

successiva conferma.Dopo il deposito del marchio, l’Ufficio B.M. verifica solo i requisiti di non

ingannevolezza e liceità, mentre riguardo all’originalità e alla novità possono sorgere

 problemi e controlli solo in caso di controversie. La registrazione del marchio dura 10

anni, ma è rinnovabile un numero infinito di volte (tutela pressoché perpetua), salvo chenon sia dichiarata nullità o decadenza del marchio.

Decadenza. Un marchio decade per: a) volgarizzazione (marchio diventato

denominazione generica, es. Aspirina), b) sopravvenuta ingannevolezza dello stesso, c)mancata utilizzazione entro cinque anni dalla registrazione, o se l’utilizzazione è stata

sospesa per uguale periodo, salvo che l’inerzia del titolare non sia dovuta a motivo

legittimo.

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Il marchio registrato è tutelabile civilmente e penalmente: il titolare del marchio leso nel

diritto di esclusiva, può promuovere azione di contraffazione, per ottenere l’inibitoria

della continuazione di atti lesivi, e la rimozione degli effetti degli stessi. Possono essereutilizzati marchi protettivi (non soggetti a decadenza) per precostituire la prova della

confondibilità.

 Il marchio di fatto. La tutela del marchio di fatto è decisamente minore di quella delmarchio registrato, e più o meno ampia a seconda della diffusione locale o nazionale.

Infatti, l’art. 2571 dispone che “chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà

di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, [ma] nei limiti in cui

anteriormente se ne è avvalso”.

Se c’è notorietà nazionale,il titolare di marchio non registrato potrà impedire l’uso o la

registrazione di marchio confondibile per difetto di novità riguardo prodotti uguali,ma

non affini. Se c’è notorietà locale, altri potranno utilizzare e registrare lo stesso marchioin altre regioni. In tal caso il titolare di marchio di fatto non potrà diffondere i prodotti

contrassegnati fuori dall’ambito territoriale.Trasferimento del marchio. Il marchio può essere trasferito a titolo sia temporaneo sia

definitivo, e dal 1992 può essere trasferito o concesso in licenza anche senzatrasferimento dell’azienda. E’ ora possibile anche la licenza di marchio non esclusiva,

utilizzata per il franchising e il merchandising.Dal trasferimento o concessione del marchio non deve comunque derivare inganno nei

caratteri essenziali dei prodotti e il licenziatario deve utilizzare il marchio per prodotti

con uguali caratteristiche a quelle dei prodotti del concedente. In caso di violazione, si è

esposti alla decadenza.

CAPITOLO 7: OPERE DELL’INGEGNO. INVENZIONI INDUSTRIALI

1.le creazioni intellettuali.

Le creazioni intellettuali. Le creazioni intellettuali regolate dal nostroordinamento sono costituite da:• Opere dell’ingegno: opere creative,creazioni intellettuali nel campo

culturale la poesia, il romanzo, una canzone, e danno origine aldiritto d’autore regolato dagli articoli 2575-2583 codice civile edalla legge n.633 del 1941.

• Invenzioni industriali: idee creative nel campo della tecnica, disupporto all industria danno origine a:a) brevetto per invenzioni industriali; regolato dagli articoli 2584-

2591 codice civile e dal regio decreto n.1127 del 1939 più voltemodificato.

 b) brevetto per modelli di utilità o brevetto per modelli e disegniornamentali , regolati dagli articoli 2592-2594 codce civile e dalregio devreto n. 1411 del 1940, anch esso più volte modificato.

Il diritto delle imprese disciplina le creazioni intellettuali poiché lagrande industria è, nel contempo, titolare e utilizzatrice della massimaparte dei brevetti industriali.

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Principi ispiratori. Le norme cercano di contemperare le due opposteesigenze di tutelare il diritto esclusivo di sfruttamento dell’opera odell’invenzione dell’autore o inventore ( attraverso il diritto diesclusiva) e di far sì che i progressi conseguiti diventino di pubblicaconoscenza ( attraverso limiti a tale diritto). Per questo, mentre il

diritto d’autore si acquista con la creazione dell’opera, il diritto diesclusiva sorge solo in seguito a brevettazione, che da un latopermette la tutela dell’invenzione, ma dall’altro la rende di pubblicodominio.Il diritto di esclusiva è inoltre limitato nel tempo: dura fino a 70 annidopo la morte dell’autore per le opere dell’ingegno, 20, 15 e 10 annidalla domanda di brevetto per invenzioni industriali, modelliornamentali e modelli di utilità.

A. IL DIRITTO D’AUTORE

2.Oggetto e contenuto.

Formano oggetto del diritto d’autore tutte le opere dell’ingegnoscientifiche, letterarie, musicali, figurative, architettoniche, teatrali ecinematografiche, qualunque ne sia il modo e la forma di espressioneoriginali dell intelletto.

Requisiti e acquisto del diritto.Affinché possa essere attribuito il diritto d’autore, è necessario solo

che l’opera abbia carattere creativo (presenti cioè un minimo dioriginalità oggettiva rispetto a altre opere dello stesso genere).L’acquisto del diritto avviene semplicemente con la creazionedell’opera, e non è necessario che l’opera sia stata divulgata fra il

pubblico, ma basta l’estrinsecazione (ad esempio uno scrittore ètutelato dal momento in cui fissa le idee su carta).È prevista la registrazione dell’opera nel registro pubblico generaledelle opere protette e per le opere cinematografiche nello specialeregistro tenuto a cura della SIAE (SOCIETA ITALIANA AUTORI ED EDITORI).Il diritto d’autore gode di una tutela sia morale che patrimoniale. Sidistingue infatti in 2 diritto assoluti: Diritto morale. Diritto morale è il diritto di rivendicare la paternitàdell’opera, (che ovviamente non si può trasferire) decidere sepubblicarla o meno, col proprio nome o in anonimo, di opporsi amodificazioni che possano danneggiare onore e reputazione. L’autorepuò anche ritirare l’opera dal commercio se ricorrono gravi ragionimorali.

I diritti morali sono irrinunciabili, inalienabili (non si perdono neanchecon la cessione di diritti patrimoniali, cioè nno si perdono con la mortedell autore) e possono essere esercitati anche dai congiunti dopo lamorte dell’autore.

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 Diritto patrimoniale.. Diritto patrimoniale è il diritto di utilizzazioneesclusiva dell’opera “in ogni forma e modo, originale o derivato” perottenre dei vantaggi economici. È il classico caso dei cantanti chevendono e diffondono la loro musica per un fine economico , che èquello di avere dei proventi.

Diversamente dal dirtt mora , il dirtt d autore ha durate limitata: siestingue 70 anni dopo la morte dell’autore.

Regole specifiche in caso di opere in collaborazione. Attribuzionespecifica dei diritti:∗  Opera collettiva: opera costituita da più contributi autonomi eseparabili, organizzati in forma unitaria da un direttore o coordinatore(es. giornali). Autore della stessa è considerato il direttore, i dirittipatrimoniali spettano all’editore, i singoli hanno però diritto d’autoresulla propria parte;

∗  Opera in collaborazione: opera composta da contributi omogenei edoggettivamente non distinguibili e non divisibili (es. progetto redattoda più architetti). Si instaura regime di comunione tra autori: ognunopuò tutelare autonomamente il diritto morale, mentre è necessariol’accordo di tutti per i diritti patrimoniali (sostituibile dall’autorizzazionedel tribunale in casi estremi);∗  Opera composta: opera costituita da contributi eterogenei e distinti,ma che danno vita ad un’opera funzionalmente unitaria e indivisibile(es. opere liriche). Anch’esse cadono in regime di comunione, ma sonoindividuati i singoli autori sia per i diritti morali che per quellipatrimoniali.

3.Trasferimento del diritto di utilizzazione economica.Secondo l’art. 2581, il diritto di utilizzazione economica dell’operadell’ingegno è liberamente trasferibile, sia unitariamente che nelle suesingole manifestazioni, sia fra vivi che a causa di morte.Il trasferimento per atto tra vivi può essere sia a titolo definitivo che atitolo temporaneo e di solito avviene per contratto. i contratti previsti epiù utilizzati sono:

a) Contratto di edizione: l’autore concede in esclusiva ad un editorel’esercizio del diritto di pubblicare per stampa l’opera, per conto e a

spese dell’editore stesso. L’editore a sua volta si obbliga a metterein commercio l’opera e a corrispondere il compenso pattuitoall’autore. Le parti scelgono le modalità del compenso:compenso che è costituto da una partecipazione percentuale alricavato della vendita oppure fissato a forfait.La durata del contratto non può eccedere i 20 anni salvo taluneeccezioni.

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 b) Contratto di rappresentazione ed esecuzione: l’autore cede, di solitonon in esclusiva, il solo diritto di rappresentazione in pubblico diopere destinate a tal fine(musicali,coreografiche, ecc.), o dieseguire in pubblico una composizione musicale. L’altra parte deveprovvedere alle spese. Anche in questo caso c’è un accordo tra le

parti per la divisione dei proventi.

Difesa del diritto d’autore:Il diritto d’autore è difeso da specifiche sanzioni civili, amministrative,

penali a carico di chi viola il diritto d’autore.E’ possibile chiedere l’accertamento del proprio diritto, l’inibizione

della violazione, ed eventualmente la rimozione e la distruzione di ciòche materialmente ha leso il diritto, salvo risarcimento dei danni subiti.Tutela internazionale:Dato che le opere dell’ingegno godono di tutela esclusivamentenazionale ci sono una serie di convenzioni che tutelano il d.a. oltre i

confini nazionali. l’Italia ha aderito a due convenzioni europee: la conv.Di berna e la conv. Di ginevra.

B. LE INVENZIONI INDUSTRIALI.

4.Oggetto e requisiti di validità. Le invenzioni industriali sono delle creazioni originali nel campo dellatecnica:consistono nella soluzione originale di un problema tecnico,suscettibile di pratica applicazione nel settore della produzione di benio servizi. aiutano quindi il processo industriale.

Rispetto alle opere dell’ingegno, si differenziano per il diverso modo diacquisto del diritto di utilizzazione economica: la concessione delcorrispondente brevetto da parte dell’Ufficio Brevetti e marchi.Possono formare oggetto di brevetto:- Invenzioni di prodotto, riguardanti un nuovo prodotto materiale (unamacchina o un composto chimico)-Invenzioni di procedimento, riguardanti la produzione di un prodottogià noto ma con un procedimento diverso.- Invenzioni derivate, che “derivano da un’invenzione precedente e aloro volta si suddividono in: a) invenzioni di combinazione,combinazione di invenzioni precedenti per averne una nuova, b)

invenzioni di perfezionamento, attraverso modificazioni dimiglioramento di un’invenzione precedente; c) invenzioni traslative,nuova utilizzazione di prodotto già conosciuto.

Esclusioni dal brevetto:Per scelta legislativa, non sono però considerate invenzioni (e tutti cosìne possono fruire):-scoperte, teorie scientifiche e metodi matematici;

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-i programmi(software) di elaboratori tutelati dal d.a ; mentre lo è lhardware.Non sono brevettabili neanche i metodi per il trattamento chirurgico oterapeutico del corpo umano o animale , come ad esempio la tac , népossono essere brevettate le razze animali modificate biologicamente,

come ad esempio 1 nuova razza bovina.

Requisiti di validità:- Liceità;- Novità: è nuova l’invenzione “non compresa nello stato della

tecnica”, cioè già divulgata;- Implicazione di attività inventiva(originalità): è invenzione

qualunque tipo di progresso tecnico, anche piccolo, purché nonconseguibile da un esperto del ramo facendo riferimento alle sueordinarie capacità e conoscenze (giudizio di non ovvietà);

- Industrialità: l’invenzione è considerata atta ad avere applicazione

industriale se !può essere fabbricata o utilizzata in qualsiasi generedi industria, compresa quella agricola”.

5.l’invenzione brevettataLa tutela giuridica dell’ invenzione ha contenuto sia patrimoniale chemorale.L’inventore acquista il diritto ad essere riconosciuto autoredell’invenzione (diritto morale) per il solo fatto dell’invenzione. Egli hainoltre il diritto, trasferibile, di conseguire il brevetto (diritto albrevetto), che ha funzione costitutiva ai fini dell’acquisto del diritto patrimoniale all’utilizzazione economica in esclusiva sul trovato (dirittosul brevetto).

N.B. Non sempre l’autore dell’invenzione coincide col soggettolegittimato a richiedere il brevetto e a sfruttarlo economicamente.Domanda di brevetto:La domanda per il brevetto va fatta all’Ufficio brevetti, corredata, a

pena di nullità, da una adeguata descrizione dell’invenzione.Può inoltre avere ad oggetto una sola invenzione e deve specificare

cosa debba formare oggetto del brevetto (rivendicazione).

Durata ed effetti:La durata del brevetto per invenzioni industriali è 20 anni dalla data dideposito della domanda (e non dalla registrazione!). E’ esclusa ognipossibilità di rinnovo. Poi diviene di pubblico dominio.Il brevetto conferisce la facoltà esclusiva di attuare l’invenzione e ditrarne profitto nel territorio dello Stato, sia per quanto riguarda lafabbricazione, sia per quanto riguarda il commercio e l’importazionedei prodotti cui l’invenzione si riferisce.

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Il relativo diritto di esclusiva si può perdere prima della scadenzaquando venga dichiarata la nullità del brevetto o sopravvenga unacausa di decadenza dello stesso, quale la mancata attuazione entro 3anni dal rilascio del brevetto: se l’invenzione non è utilizzata per 3 anniil brevetto decade.

 Trasferimento e licenza di brevetto:Il brevetto è liberamente trasferibile sia fra vivi sia mortis causa,

indipendentemente dal trasferimento dell’azienda. Sul brevettopotranno essere conseguiti diritti reali di godimento o di garanzia. Iltitolare del brevetto può inoltre concedere licenza di uso dello stesso,con o senza esclusiva di fabbricazione a favore del licenziatario.

Tutela:L’invenzione brevettata è tutelata da sanzioni civili e penali. E’possibile esercitare azione di contraffazione verso chi abusivamente

sfrutta l’invenzione, che può causare l’inibitoria ed eventualmente ilsequestro, la rimozione, la distruzione, salvo il risarcimento dei danni.Può essere anche disposta la pubblicazione in uno o più giornali.

Brevettazione internazionale:Il rilascio del brevetto per invenzione attribuisce diritto di invenzionesolo sul territorio nazionale. In ambito europeo, per la tutela in altriStati:- Convenzione di Unione di Parigi (1883) riconosce a chi ha

richiesto il brevetto in uno degli Stati diritto di priorità per ciascunodegli altri paesi, attraverso distinte domande da presentarsi.

L’inventore conseguirà così tanti brevetti nazionali, regolati dallesingole legislazioni;

- Trattato di Washington (1970) semplifica la procedura di cuisopra;

- Convenzione di Monaco di Baviera (1973) l’inventore puòconseguire il brevetto europeo attraverso unica domanda, unicaprocedura e l’unico ufficio europeo di Monaco, ma regolato dallesingole legislazioni. E’ un fascio di brevetti nazionali.

- Convenzione del Lussemburgo (1975) riconosce (anche se inItalia la direttiva CEE non è ancora stata recepita) il brevettocomunitario, con carattere sovranazionale, unitario e autonomo.

6.Invenzione non brevettata.Chi non brevetta un’invenzione può sfruttarla in segreto, ma rischiache qualcun altro lo preceda, attraverso la brevettazione, acquistandoil diritto di esclusiva.

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Chi ha fatto uso dell’invenzione nella propria azienda, nei 12 mesianteriori all’altrui domanda, può continuare a sfruttare l’invenzionestessa nei limiti del preuso.Può anche trasferire tale facoltà, ma solo insieme all’azienda in cui

l’invenzione è utilizzata.

C. I MODELLI INDUSTRIALI

I modelli industriali sono creazioni intellettuali applicate all’industria diminor rilievo rispetto alle invenzioni industriali. Essi si dividono in:a) Modelli di utilità: nuovi trovati destinati a conferire particolare

funzionalità (efficacia o comodità di applicaz.) a determinatistrumenti ed oggetti d’uso.Durata brevetto: 10 anni rispetto ai 20 delle invenzioni industriale.

 b) Modelli ornamentali: nuove idee destinate a migliorare l’estetica(forme, linee o colori) dei prodotti industriali (es. industrial design).

Il mondo di oggi tende a dare importanza a questi oggetti di designe quindi sono molto tutelati dalla normativa nazionale.Durata brevetto: in realtà sono soggetti solo a registrazione chedura 5 anni, ma può essere prorogata di 5 in 5, fino ad un massimodi 25 anni.

CAPITOLO OTTAVO: LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA molto chiesto allesame

La concorrenza perfetta si configura come il modello di mercatoidealizzato daglli economisti. Per l esattezza modello ideale e perfetto

in quanto la concorrenza spinge verso una generale riduzione sia deicosti di produzione che dei prezzi di vendita. Non esiterebbe quindimonopolio ed oligopolio.Ma tale modello è anche definito utopico e teorico perché la dinamicadel mercato conduce sempre alla creazione di mono ed oligo.Si è cercato di disciplinare tale argomento con la legge anti trus del 90,conosciuta come legge anti monopolistica che potesse indurre leimprese ad attenersi a determinati comportamenti al fine di avvicinarsiquanto meno al modello utopico.

A.LA LEGISLAZIONE ANTIMONOPOLISTICA2.disciplina italiana e comunitaria.Disciplina comunitaria:la libertà di iniziativa economica e la competizione tra imprese nonpossono tradursi in atti e comportamenti che pregiudicano la strutturaconcorrenziale del mercato. È questi il principi cardine dallelegislazione antimonopolistica dell unione europea volta a preservare ilregime concorrenziale del mercato comunitario e a reprimere le

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pratiche anti concorrenziali che pregiudicano il commercio tra statimembri.Disciplina italiana:la legislazione anti monopolistica italiana cosi come la disc comunitariamira a preservare il regime concorrenziale del mercato nazionale e a

reprimere i comportamenti anticoncorrenziali.La legge anti trus del 1990 ha istituito un apposito organo pubblicoindipendente , noto come autorità garante della concorrenza e delmercato, che vigila sul rispetto della normativa antimonopolistica ,adotta provvedimenti anti monopolistici ed eroga sanzioni.Quest autorità non vigila però sulle banche, di cui autorità garante è labanca d italia,e non vigila sul settore delle assicurazioni , di cui autorità garante è lISVAP.Percui la competenze del autorità è ristretta e si riduce in ambitolocale, mentre a livello comunitario agisce la commissione delle

comunità europee.

3.le singole fattispecieSono tre i fenomeni rilevanti per la disciplina antim nazionale e com:

1.le intese restrittive della concorrenza: sono comportamenticoncordati tra imprese anche attraverso organismo comuni(consorzi,associazioni di imprese) volti a limitare la propria libertà di azione sulmercato. Ad esempio accordi con cui si fissano i prezzi oppure sicontingenta la produzione.Non tutte le intese antic sono però vietate , sono vietate solo quelle

che abbiano per oggetto o per effetto di impedire , restringere ofalsare in maniera consistente il gioco della concorrenza. Sono quindilecite le cosiddette imprese minori che sono piccole e poche impreseche non incidono in modo rilevante sull assetto concorrenziale delmercato.Chiunque può agire in giudizio e far accertare la nullità delle intese. Èl’autorità garante che interviene con sanzioni.

2.l’abuso di posizione dominante: occorre precisare che vietatonon è il fatto in se dell acquisizione di una posizione dominante, ma losfruttamento abusivo di tale posizione nei confronti degli altri

concorrenti.Nello specifico ad un impresa con pos dom è fatto divieto di:-imporre prezzi o condizioni contrattuali gravosi-impedire e limitare la produzione, nonché impedire e limitare glisbocchi e gli accessi al mercato( esempio rifiutarsi di vendere pezzi diricambio ad imprese che non facciano parte della propria distribuzione)

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-applicare condizioni diverse per prestazioni oggettivamenteequivalenti ( esempio prezzi diversi x lo stesso prodotto in diversi paesicomunitari)

Chi viola questi divieti viene punito dall autorità competente che

accerta l’infrazione e ne ordina la cessazione.

 Abuso di dipendenza economica:è lo stato in cui viene a trovarsi un impresa cliente o fornitrice rispettoad una o più imprese anche in posizione non dominante sul mercato,quando tale impresa non è in grado di determinare nel rapporto orapporti commerciali con altra impresa/è un eccessivo squilibrio didiritti ed obblighi.

3.Le concentrazioni:si verificano

• quando due o più imprese si fondono dando vita ad un'unicaimpresa (concentrazione giuridica)

• quando 2 o più imprese pur restando giuridicamente distintediventano un'unica entità economica ( concentrazioneeconomica)

• quando 2 o più imprese indipendenti costituiscono un impresasocietaria comune.

Le concentrazioni riducono quindi il numero delle imprese indipendenti

presenti nel mercato in uno specifico settore ed in questo modoampliano la quota di mercato detenuta da una singola impresa. le concnon sono vietate ma lo diventano quando danno luogo ad alterazionidel regime concorrenziale del mercato. Pericolo che sussiste però solonel caso si concentrazioni di maggior dimensione.

Comunicazione preventiva:nel caso in cui le operazioni di concentrazione superano un det livellodi fatturato, occorre comunicare preventivamente all autorità italiana oalla commissione europea, le quali analizzano il caso e dispongonoeventualmente di sanzioni.

Sanzioni:le sanzioni possono raggiungere anche il 10 per cento del fatturatodelle imprese interessate se la concentrazione vietata vieneugualmente eseguita.

B.LE LIMITAZIONI DELLA CONCORRENZA4.Limitazioni pubblicistiche e monopoli legali.Riassunti di DIRITTO COMMERCIALE – Campobasso

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Ci sono casi in cui la liberta di concorrenza viene soppressa attraversola costituzione per legge di monopoli pubblici in setori predeterminatidalla stessa costituzione(servizi pubblici essenziali). Oggi però tendonoa ridursi, soprattutto quelli che tendono a procurare delle enrate allostato. I cosiddetti monopoli fiscali.

In ogni caso la legislazione tutela gli utenti contro i possibili abusi delmonopolista.Infatti l art 2597 del codice civile pone un duplice obbligo a carico dichi opera in regime monopolistico:

a- l’bbligo di contrarre con chiunque richiede le prestazionib- l’obbligo di rispettare la parità di trattamento tra i diversi

richiedenti.La parità di trattamento non implica però che le condizioni contrattualidebbano essere necessariamente le stesse per tutti gli utenti.

5.limitazioni convenzionali della concorrenza.

L’art.2596 cod civ consente la stipulazione di accordi restrittivi dellaconcorrenza.Disciplina generale:

• il patto che limita la concorrenza deve essere provato per iscritto• valido solo se circoscritto ad un ambito territoriale• e ad un determinato tipo di attività• con limite di durata di massimo 5 anni.

Le clausole limitative della concorrenza devono ritenersi vietatequando ricadono nel divieto di intese anticoncorrenziali o di abuso diposizione dominante introdotto legge 287 del 1990.Costituiscono esempi classici di patti limitativi della concorrenza icartelli ed i consorzi anticoncorrenziali ,contratti con i quali piùimprenditori possono prevedere impegni reciroci di vario tipo. Adesempio più fabbricanti di tessuti concordano la quantità globale daprodurre – cartelli di contingentamento- oppure si ripartiscono le zonedi distribuzione- cartelli di zona- o ancora predeterminano i prezzi divendita da pratica- cartelli di prezzo-.

C.LA CONCORRENZA SLEALE6.Libertà di concorrenza e disciplina della concorrenze sleale.La libertà di iniziativa economica implica la normale presenza sulmercato di più imprenditori in competizione tra loro per conquistare ilpotenziale pubblico dei consumatori e conseguire il maggior successoeconomico.Nel perseguire questi obbiettivi ciascun imprenditore gode di ampialibertà di azione e può porre in atto le tecniche e le strategie cheritiene più proficue , non solo per attrarre a se la clientela ma ancheper sottrarla ai propri concorrenti.

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Il danno che un imprenditore subisce a causa della sottrazione diclienti da parte della concorrenza non è un danno ingiusto e risarcibile.Per far in modo che la competizione tra imprenditori si svolga in modocorretto e leale si sono fissate regole di comportamento, che rientranoin una disciplina volta ad evitare che pratiche scorrette alterino un

valore di interesse generale come il corretto funzionamento delmercato assicurato dal gioco della concorrenza.

È importante ai fini della realizzazione di tal regole distinguere:- i comportamenti concorrenziali leali ( quindi leciti e consentitidall’ordinamento) e- i comportamenti sleali ( illeciti e non consentiti dall’ordinamento).La disciplina della concorrenza sleale, art. 2598, stabilisce i principibase:nello svolgimento della competizione gli imprenditori non devonoservirsi di mezzi e tecniche non conformi ai principi della correttezza

professionale, come gli atti di confusione, atti di denigrazione e atti divanteria(che sono atti di concorrenza sleale)tali atti sono repressi e sanzionati anche se compiuti senza dolo ocolpa , ed anche se non hanno ancora arrecato un danno aiconcorrenti. Basta infatti il cosiddetto danno potenziale : vale a direche l atto sia idoneo a danneggiare l latrui azienda.

Ma l’interesse tutelato dalla disc della con sleale non si esaurisce solonell interesse degli imprenditori a non vedere alterate le proprieprobabilità di guadagno x effetto di comportamenti sleali deiconcorrenti., ma anche i destinatari finali della produzione: i

consumatori.Questi ultimo però non sono tutelati direttamente dalla dic della concsleale cosi come gli imprenditori. Tuttavia dal 1942 ad oggi ci sonostati passi avanti, come l istituzione di un apposito organismo digiustizia privata ( il giurì di autodisciplina) al quale si è poi affiancatouna disciplina statale della pubblicità ingannevole e comparativa pertutelare no solo gli imprenditori concorrenti, ma anche i consumatoried in genere gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggipubblicitari.A tal fine è stato introdotto un cont amministrativo contro lapubblicità ingannevole affidato all autorità garante della

concorrenza.Ogni interessato può chiedere all autorità che siano inibiti gli atti dipubblicità non veritiera e corretta e che ne siano eliminati gli effetti.

7.Gli atti di concorrenza slealeI comportamenti che costituiscono atti di concorrenza sleale sonodefiniti dall articolo 2598 del codice civile.Gli atti di con sleale sono divisi dall articol 2598 in tre grandi categorie:

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• atti di confusione• denigrazione e appropriazione di pregi altrui• atti contrari alla correttezza professionale

 Atti di confusione:

è atto di concorrenza sleale ogni atto idoneo a creare confusione con iprodotti o con lattività di un concorrente, che può trarre in inganno ilpubblico sulla provenienza dei prodotti. Il legislatore ne individua 2:-l’uso di nomi o di segni distintivi altrui, che possano produrreconfusione nei nomi o su segni usati legittimamente da altri-l’imitazione servile di prodotti di un concorrente, ossia la pedissequariproduzione delle forme esteriori di prodotti altrui attuata in modo cheil consumatore sia indotto a pensare che il prodotto imitato e loriginale derivino dalla stessa impresa- ( imitare la confezione ma ingenerale l aspetto complessivo del prodotto) 

Denigrazione e appropriazione di pregi altrui:i primi consentono di diffondere notizie ed apprezzamenti negativiverso i prodotti di un concorrente; i secondi consistono nellappropriarsi di pregi dei prodotti o di un impresa di un concorrente.Esempio di concorrenza sleale per denigrazione è la pubblicitàiperbolica con cui si tende ad accreditare l idea che il proprioprodotto sia il solo a possedere specifiche qualità o determinati preginon oggettivi , che vengono implicitamente negati ai prodotti degli altriconcorrenti .Non sempre invece costituisce atto di concorrenza sleale la pubblicitàcomparativa . fino al 2000 nelle pubblicità non si poteva nominare un

altro concorrente, ma con il decreto legislativo n 67 del 2000 è statostabilito che la comparazione esplicita o implita è lecita. È lecitaquando è fondata su dati veri ed oggettivamente verificabili.

 Atti contrari alla correttezza professionale:Ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezzaprofessionale ed idoneo a danneggiare l altrui azienda. Tra gli atti con trari alparamentro della correttezza professionalerientra la pubblicità menzioni era : falsa attribuzione ai propriprodotti di qualità o pregi non appartenenti ad altri concorrenti.Altre forme ricondotte dalla giurisprudenza alla categoria residualesono:

• la concorrenza parassitaria, che consiste nella sistematicaimitazione delle altrui iniziative imprenditoriali.

• La sistematica vendita sotto costo dei propri prodotti(dumping) finalizzata all eliminazione dei concorrenti

• La sottrazione ad un concorrente di dipendentiparticolarmente qualificati , come lavorare presso un impresa

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concorrente.( Può verificarsi per evitare che cio accada che unazienda inserisca nella clausola di con tratto ad un dipendentequalificato di non poter passare ad un impresa concorrente)

CAPITOLO NONO: I CONSORZI TRA IMPRENDITORI

Negli ultimi anni la normativa si è adeguata all’aggregazione tra piùimprenditori per svolgere attività imprenditoriale.

1.Nozioni e tipiÈ l’articolo 2602 stabilisce che “con il contratto di consorzio piùimprenditori istituiscono un organizzazione comune per la disciplina oper lo svolgimento dell’attività imprenditoriale”.Il codice ha previsto 2 tipi di organizzazioni:

consorzi anticoncorrenziali= il cui fine è di disciplinare ( dovedisc vuol dire limitare) la reciproca concorrenza sul mercato traimprenditori che svolgono la stessa attività o similari.

Si configura quindi come un puro contratto limitativo dellareciproca influenza.

consorzi coordinamento= il fine è diverso rispetto alprecedente, e consiste nello svolgimento di determinate fasidelle rispettive imprese finalizzato alla riduzione dei costi digestione. In questo caso cè una cooperazione tra imprenditoriaziendali che si consorziano ad es per acquistare in comunedeterminate materie prime ( in questo caso riescono acomprarne di più e quindi a venderne di conseguenza di più sulmercato) oppure creano un centro di vendita in comune dei

propri prodotti ( un unico reparto vendita per tutte le impreseconsorziate) .a queste forme di cooperazione ricorrono in modoparticolare le imprese di piccole o medie dimensioni, per ridurrele spese generali di esercizio.n.b. lo scopo è quello di accrescere la competitività , in quantoabbassando i costi possono avere prezzi di vendita piùvantaggiosi , ed accrescendo la competitività conducono amaggiori utili.

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Il nostro codice non prevede normative specifiche per questi 2 tipi diconsorzi ,ma la normativa è unica e contenuta negli art 2603-2611.Invece gli art dal 2611-2615 riguardano i conso con attività esterna.Infatti sul piano civilistico si effettua una distinzione tra consorzi che

svolgono (solo) attività interna, e consorzi che svolgono (anche)attività esterna.

Consorzi con attività interni=viene costituito con un contrattocostitutivo che regola i rapporti solo tra i consorziati , ma non prevedela possibilità di avere rapporti con i terzi. Il rapporto con l’esternorimane nelle singole imprese che rientrano nel consorzio.Consorzi con attività esterni= il contratto costitutivo prevede ilrapporto tra i consorziati ed i terzi, e a tal fine è istituito un ufficiocomune destinato a svolgere attività con i terzi nell interesse delleimprese consorziate. La normativa nel caso di consorzi con attività

esterna detta disposizioni con gli art 2612-2615.

2.Il contratto di consorzio. L’organizzazione consortile.Vediamo perché nasce il consorzio.Il contratto di consorzio può essere stipulato solo traimprenditori,

-in forma scritta a pena di nullità ( diversamente non esiste ilconsorzio ecco pechè si dice che è a pena di nullità).

-deve contenere una serie di indicazioni , tra cui la durata: che puòessere fissata dalle parti oppure se le parti si astengono

dall’indicarla la legge stabilisce la durata in 10 anni.

-È un contratto tendenzialmente aperto: è quindi possibile lapartecipazione al consorzio di nuovi imprenditori senza che sianecessario il consenso di tutti gli attuali consorziati. Le condizioniper l’ammissione di nuovi consorziati devono essere predeterminatenel contratto, cosi come la cause di esclusione.i consorziati infattipossono stabilire alcune cause che se si verificano si scioglie ilcontratto consorziale, occorre però inserirle nel contratto.Gli altri consorziati possono escludere il nuovo imprenditore iningresso se hanno una giusta causa: una giusta causa potrebbe

essere il coinvolgimento del nuovo imprenditore in situazioni illecitee penali(camorra – mafia) che potrebbero condurre a pre giudizio atutta la struttura consorzile.

Può anche succedere che tutti i consorziati vogliano interrompere ilcontratto di consorzio.Le possibili cause di scioglimento sono contenute nell’’art. 2611 delcodice civile.

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Art. 2611 il consorzio si scioglie:

X decorso del tempo stabilito per la sua durata

X conseguimento dell’oggetto o perImpossibilità di conseguirlo

X volontà unanime dei consorziati, cioè quando tutte le parti vogliono scioglierlo

X deliberazione dei consorziati , presa a normadell’art. 2606, se sussiste 1 giusta causa: quando vi è una giusta causa non occorre la maggioranza, senon c’è invece occorre la maggioranza.

X provvedimento dell’autorità governativa, nei casi ammessi dalla legge

X le altre cause previste dal contratto.

La struttura del consorzio si fonda su 2 organi:

assemblea: organo deliberativo costituito da tutti gli imprenditori chefanno parte del consorzio.Ha una funzione deliberativa: prende decisioni sulla vita del consorzio.Organo direttivo: ha una funzione gestionale ed esecutiva, si occupaquindi della gestione ed attuazione delle delibere dell assemblea.

Le decisioni in assemblea devono essere prese a maggioranza , laminoranza (assenteisti o dissenzienti) secondo il codice possonoimpugnare le delibere adottate a maggiranza entro 30 gg dalla datadel’assemblea. Impugnare= contestare per iscritto al presidentedell’assemblea e poi entro 30 gg in tribunale in modo che il giudice

venga a conoscenza . a tal proposito cè una sezione che si occupa deiconsorzi e d esamina la delibera un giudice specializzato in questosettore. Cosa che ha preso piede per lo più negli ultimi anni, in passatonno c’era.

3.Consorzi con attività esternaper i consorzi con attività esterna è prevista la pubblicità legale, datoche riguardano anche terzi. Infatti il contratto consorziale deve esseredepositato presso il registro delle imprese entro 30 gg, che è presentenelle camere di commercio di ogni provincia.Il contratto può essere modificabile. Le modifiche devono essere fatte

per iscritto ed avere la pubblicità legale ,in modo che i terzi possonoavere la possibilità di sapere tutto sul consorzio.Il presidente ha la gestione del consorzio ed ha l’obbligo di redigere lasituazione patrimoniale del consorzio (bilancio per le imprese)apportando indicazione sul passivo ed attivo (utili): consente di farcapire ai soci come sta andando il consorzio.Nei consorzi con attività esterna è prevista la formazione di un fondopatrimoniale ( fondo consorzile ) che costituisce patrimonio autonomo

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perché i creditori dei singoli consorziati non possono far valere i lorodiritti sul fondo medesimo. A differenza del passato con la legislazionedel 1976 i creditori del consorzio possono avvalersi unicamente delfondo del consorzio , mentre in passato potevano intaccare anche ilpatrimonio dei singoli soci.

4.Le società consortiliConsorzi e società sono due istituti diversi. Sono ancora più diversiquando il consorzio svolge attività interna perché manca dell eserciziodellattività di impresa.Quando svolge attività esterna invece persegue il fine di realizzazionedi un interesse economico dei partecipanti attraverso l’attività, cosicome per le società.Sia le società che i consorzi hanno contatti con i terzi, ma hanno scopidiversi.Infatti ciò che cambia invece è lo scopo

consorzi con attività esterna lo scopo economico è di 2 piano , loscopo non è di ricavare un utile dall’attività del consorzio con i terzi ,ma solo do conseguire un vantaggio patrimoniale diretto sottoforma diminori costi sopportati (come nel caso di un consorzio per l’acquisto incomune di materie prime) o di maggiori ricavi conseguiti ( u centrovendite in comune). Quindi lo scopo è quello di avere maggiori incassi,non utili, da distribuire alle imprese.Mentre lo scopo delle società è quello di produrre utili da distribuire aisoci.

Scopo consortile e scopo mutualistico:

È da notare che lo scopo consortile presenta affinità con lo scopotipicamente perseguito dalle società cooperative, cioè lo scopomutualistico.Anche l’impresa mutualistica tende a procurare ai soci unvantaggio patrimoniale diretto. Percio si parla di scopomutualistico dei consorzi.

Società consortili:Consorzi e società sono quindi forme associative previste dallegislatore. Con la modofica della disciplina dei consorzi del 1976è stato consentito di perseguire gli obbiettivi propri del contrattodi consorzio non costituendo un consorzio, bensì attraverso la

costituzione di una società.Quindi tutte le scoeità lucrative possono assumere come oggettosociale gli scopi di un consorzio.È lecito perciò costruire una società x azioni nel cui attocostitutivo si dichiari espressamente l’esclusive finalità consortileperseguita ed altrettanto espressamente si dichiari che la societànon persegue lo scopo di conseguire gli utili da dividere tra i soci.

Disciplina delle società consortili:

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Gli imprenditori che danno vita ad una società consortile possonoinoltre inserire nell’atto costitutivo specifiche pattuizioni volte adadattare la struttura societarie prescelta alla finalità consortileperseguita.

Ad esempio:

-l obbligo dei soci di versare contributi periodici in denaroper far fronte alle esigenze di funzionamento dell’impresaconsortile.-Si potrà inoltre escludere del tutto la ripartizione degli utilitra i soci-Si possono stabilire particolari condizioni per ammissionedi nuovi soci o specifiche cause di recesso o di esclusione.

Articolo 2247 – contratto di società- con il contratto di soc 2 o più persone conferiscono beni o servizio peresercizio in comune di un attività economica allo scopo di dividerne gli utili

5.Il gruppo europeo di interesse economico

Funzione:il gruppo europeo di interesse economico è un istituto giuridicopredisposto dall’unione europea per favorire la cooperazione traimprese appartenenti a diversi stati membri. Così rimuovendo gliostacoli a riguardo frapposti dalla diversità delle singole legislazioninazionali. È uno strumento di cooperazione economica transazionalela cui disciplina è in larga parte uniforme nei singoli ordinamentinazionali.

La disciplina base del geie è infatti fissata dal regolamento comunitariodel 1985 n, 2137 direttamente applicabile a tutti gli sti menbri. L’italiaha provveduto al riguardo con il dec legislativo del 1991 n. 240, cosirendendo concretamente fruibile l’istituto anche nel nostroordinamento.

Struttura:la struttura del geie coincide con quella dei consorzi italiani dicooperazione con attività esterna.Diversamente che per i consorzi è espressamente previsto che il geiepuò essere costituito anche da liberi professionisit. Si è quindi allargatala base dei soci.È invece necessario che almeno 2 membri esercitino la loro attivitàeconomica in atati diversi dalla comunità.Cosi come stabilisce l art 3 , il gruppo “ non ha lo scopo di realizzareprofitti per se stesso” dato che , al pari dei consorzi , la sua finalità èquella di agevolare e di sviluppare l’attività economica dei suoimembri.

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Costituzione:il contratto costitutivo dei geie non deve essere redatto per iscritto apena di nullità, cosi come previsto per i consorzi.Nel contratto devono essere indicati almeno la denominazione delgruppo, la sede che deve essere situata nel lue, l oggetto, il nome dei

membri , la durata che può essere anche a tempo indeterminato.Il contratto è soggetto a pubblicità legale, mediante l iscrizione nelregistro delle imprese e successiva pubblicazione nella gazzettaufficiale della repubblica, successivamente nella gazz uff dellecomunità europee.

Organizzazione:sono previsti 2 organi: un organo collegiale- l assemblea, composto datutti i membri- e un organo amministrativo.

L assemblea: i membri possono adottare qls decisione . le decpiù importanti devono essere prese all unanimità. Per le altre

occorre la maggioranza.Ciascun mmbro dispone di un solo voto, il contratto può tuttaviaattribuire più voti al alcuni membri e condizione che nessunodisponga solo della maggioranza dei voti.La gestione: è affidata ad uno o più amministratori i cui poterisono fissati dal contratto.per legge solo ad essi spetta larappresentanza del gruppo nei confronti dei terzi.

Obblighi del geie:-deve tenere le scritture contabili previste per gli imprenditoricommerciali

-I profitti risultanti dall attività del gruppo sono consideratidirettamente profitti dei membri e ripartiti tra gli stessi-La disciplina del geie non prevede la formazione obbligatoria di unfondo patrimoniale iniziale.Nel geie rispondono infatti solidamente ed illimitatamente tutti imembri del gruppo , con il loro patrimonio. Diversamente che per iconsorzi non è introdotta alcuna distinzione. Questa caratteristica siconfigura però come un limite per la diffusione dell istituto.La responsabilità dei membri è tuttavia sussidiaria rispetto a quella delgeie: i creditori possono infatti agire nei confronti dei membri soltantodop aver chiesto al gruppo di pagare e qualora il pagamento non sia

stato effettuato entro un congruo termine.

Fallimento:Al pari di ogni altro imprenditore commerciale il geie che esercitaattività commerciale è esposto al fallimento. Il fallim dei geie nondetermina però a automatico fallim dei suoi membri , benacheresponsabili illimitatamente: il fall riguarda quindi solo il consorzio, non

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i songoli consorziati , ma il loro patrimonio personale può essereintaccato ( ma nn falliscono)

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