Diritto Commerciale Campobasso ore

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Parte Prima L’imprenditore -Il sistema legislativo Nel nostro sistema giuridico l’art 2082 cc dà la definizione generale di imprenditore al quale ruota attorno la disciplina delle attività economiche. Il cc distingue diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a tre criteri: L’oggetto dell’ impresa, che distingue imprenditore agricolo (art 2135) e imprenditore commerciale (art 2195); La dimensione dell’impresa, che distingue il piccolo imprenditore (art 2083) e l’imprenditore medio-grande; La natura del soggetto che esercita l’impresa, che determina la tripartizione legislativa fra impresa individuale, impresa costituita in forma di società ed impresa pubblica. Tutti gli imprenditori sono assoggettati allo statuto generale dell’imprenditore che comprende parte della disciplina dell’azienda (artt.2555-2562) e dei segni distintivi (artt. 2563- 2574), la disciplina della concorrenza e dei consorzi (artt 2595- 2620). Applicabile a tutti gli imprenditori è anche la disciplina a tutela della concorrenza e del mercato introdotta dalla legge 287/1990. Chi è imprenditore commerciale non piccolo è assoggettato anche ad un ulteriore e specifico statuto, integrativo di quello generale: lo statuto tipico dell’imprenditore commerciale che comprende l’iscrizione nel registro delle imprese (artt 2188-2202); la disciplina della rappresentanza commerciale (artt 2203-2213); le scritture contabili (artt 2214-2220); il fallimento e le altre procedure concorsuali. -Nozione generale di imprenditore “E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” (art 2082). L’art 2082 fissa quindi i requisiti minimi per l’impresa e l’imprenditore. Si ricava che l’impresa è attività caratterizzata sia dallo scopo di produzione e scambio di beni o servizi, sia da specifiche modalità di svolgimento (organizzazione, economicità, professionalità). L’impresa è attività produttiva di nuova ricchezza. Irrilevante è invece la natura dei beni o servizi prodotti o scambiati o il fatto che l’attività costituisca anche godimento di beni preesistenti. -L’organizzazione. Impresa a lavoro autonomo Non è concepibile attività di impresa senza l’impiego coordinato di fattori produttivi: senza l’impiego cioè di capitale e lavoro

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Parte Prima L’imprenditore-Il sistema legislativoNel nostro sistema giuridico l’art 2082 cc dà la definizione generale di imprenditore al quale ruota attorno la disciplina delle attività economiche. Il cc distingue diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a tre criteri:

L’oggetto dell’ impresa, che distingue imprenditore agricolo (art 2135) e imprenditore commerciale (art 2195);

La dimensione dell’impresa, che distingue il piccolo imprenditore (art 2083) e l’imprenditore medio-grande;

La natura del soggetto che esercita l’impresa, che determina la tripartizione legislativa fra impresa individuale, impresa costituita in forma di società ed impresa pubblica.

Tutti gli imprenditori sono assoggettati allo statuto generale dell’imprenditore che comprende parte della disciplina dell’azienda (artt.2555-2562) e dei segni distintivi (artt. 2563-2574), la disciplina della concorrenza e dei consorzi (artt 2595-2620). Applicabile a tutti gli imprenditori è anche la disciplina a tutela della concorrenza e del mercato introdotta dalla legge 287/1990. Chi è imprenditore commerciale non piccolo è assoggettato anche ad un ulteriore e specifico statuto, integrativo di quello generale: lo statuto tipico dell’imprenditore commerciale che comprende l’iscrizione nel registro delle imprese (artt 2188-2202); la disciplina della rappresentanza commerciale (artt 2203-2213); le scritture contabili (artt 2214-2220); il fallimento e le altre procedure concorsuali. -Nozione generale di imprenditore“E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” (art 2082). L’art 2082 fissa quindi i requisiti minimi per l’impresa e l’imprenditore. Si ricava che l’impresa è attività caratterizzata sia dallo scopo di produzione e scambio di beni o servizi, sia da specifiche modalità di svolgimento (organizzazione, economicità, professionalità). L’impresa è attività produttiva di nuova ricchezza. Irrilevante è invece la natura dei beni o servizi prodotti o scambiati o il fatto che l’attività costituisca anche godimento di beni preesistenti.-L’organizzazione. Impresa a lavoro autonomoNon è concepibile attività di impresa senza l’impiego coordinato di fattori produttivi: senza l’impiego cioè di capitale e lavoro propri o altrui. La sempre più ampia fungibilità fra lavoro e capitale e la possibilità che l’attività produttiva raggiunga dimensioni notevoli pur senza l’utilizzo di lavoratori impongono la conclusione che l’organizzazione imprenditoriale può essere anche organizzazione di soli capitali e del proprio lavoro intellettuale o manuale.-Economicità dell’attività e scopo di lucroPer aversi impresa è essenziale che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico. È sufficiente che l’attività venga svolta secondo modalità oggettive tendenti al pareggio fra costi e ricavi (metodo economico). La nozione di imprenditore è nozione unitaria, comprensiva sia dell’impresa privata sia dell’impresa pubblica (art 2093); e ciò implica che requisito essenziale può essere considerato solo ciò che è comune a tutte le imprese e a tutti gli imprenditori. E l’impresa pubblica è si tenuta ad operare secondo i criteri di economicità ma non è, né necessariamente di regola, preordinata alla realizzazione di un profitto (metodo lucrativo).-La professionalitàSignifica esercizio abituale e non occasionale di una data attività produttiva. -Impresa e professioni intellettualiI liberi professionisti non sono mai in quanto tali imprenditori. L’art 2238 stabilisce che le disposizioni in tema di impresa si applicano alle professioni intellettuali solo se “l’esercizio della professione costituisce elemento di una attività organizzata in forma di impresa” (medico che gestisce una clinica privata nella quale opera).Le categorie di imprenditori

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-Imprenditore agricolo e imprenditore commercialeImprenditore agricolo (art 2135) ed imprenditore commerciale (art 2195) sono le due categorie di imprenditori che il codice distingue in base all’oggetto dell’attività. Chi è imprenditore agricolo è sottoposto solo alla disciplina prevista per l’imprenditore in generale. È invece esonerato dall’applicazione della disciplina propria dell’imprenditore commerciale: tenuta delle scritture contabili; assoggettamento al fallimento ed alle altre procedure concorsuali. -L’imprenditore agricoloIl testo originario dell’art 2135 stabiliva che “ E’ imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse” e specificava nel 2° comma che “si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”. Le attività agricole possono essere distinte in due grandi categorie: a) attività agricole essenziali; b) attività agricole per connessione.

Le attività agricole essenziali hanno però subito una profonda evoluzione dal 1942 ad oggi, a causa del progresso tecnologico che ha coinvolto anche l’agricoltura. Vi era chi riteneva che impresa agricola fosse ogni impresa che produce specie vegetali o animali; ogni forma di produzione fondata sullo svolgimento di un ciclo biologico naturale. Vi era all’opposto chi riteneva che doveva essere dato rilievo anche al modo di produzione tipico dell’agricoltore e che doveva essere qualificato imprenditore commerciale chi produce specie vegetali o animali in modo del tutto svincolato dal fondo agricolo e dallo sfruttamento della terra. L’attuale formulazione del 2135 ribadisce che “è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”.

Le attività per connessione sono considerate per legge attività agricole quando sono esercitate in connessione con una delle tre attività agricole essenziali. È necessario che il soggetto che la esercita sia già imprenditore agricolo in quanto svolge in forma di impresa una delle tre attività agricole tipiche e inoltre attività coerente con quella connessa. È necessario che le attività connesse non prevalgano, per rilievo economico, sull’attività agricola essenziale.

-L’imprendiore commercialeè imprenditore commerciale chi esercita:

1. “Attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi”2. “Attività intermediaria nella circolazione dei beni”3. “Attività di trasporto”4. “Attività bancaria o assicurativa”5. “Altre attività ausiliarie delle precedenti” (imprese di agenzia, di mediazione, di deposito, di

commissione, di spedizione, di pubblicità). -Piccolo imprenditore. Impresa familiareLa dimensione dell’impresa è il secondo criterio di differenziazione della disciplina degli imprenditori. Il cc individua la figura del piccolo imprenditore, contrapponendola a quella dell’imprenditore medio-grande. Il piccolo imprenditore è sottoposto allo statuto generale dell’imprenditore. È invece esonerato dalla tenuta delle scritture contabili (2214) e dall’assoggettamento al fallimento e di altre procedure concorsuali (2221). L’iscrizione nel registro delle imprese non ha funzione di pubblicità legale. “Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale o organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia” (art 2083). Per aversi piccola impresa è necessario che: a) l’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa; b) il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che collaborano nell’impresa prevalgano sia rispetto al lavoro altrui sia rispetto al capitale proprio o altrui investito nell’impresa.

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In base all’attuale disciplina (art 1, 2° comma, legge fall.) non è soggetto a fallimento l’imprenditore commerciale che dimostri il possesso congiunto dei seguenti requisiti:

1. aver avuto nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a trecento mila euro;

2. aver realizzato nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a duecentomila euro;

3. avere un ammontare di debiti non superiore a cinquecentomila euro.Tali valori possono essere aggiornati con cadenza triennale con decreto del Ministro della giustizia sulla base delle variazioni degli indici Istat dei prezzi al consumo, per adeguarli alla svalutazione monetaria (art. 1, 3° comma).

A differenza che in passato anche le società commerciali possono essere dal fallimento, se rispettano i limiti dimensionali sopra indicati.

-L’impresa artigiana Fra i piccoli imprenditori rientra anche l’imprenditore artigiano. La “legge quadro per l’artigianato” del 1985 n. 443 contiene una propria definizione dell’impresa artigiana basata:

sull’oggetto dell’impresa sul ruolo dell’artigiano nell’impresa

Scopo dichiarato ed esclusivo della legge quadro (art 1) è quello di fissare i principi direttivi che dovranno essere osservati dalle regioni nell’emanazione di una serie di provvidenze a favore dell’artigianato.-L’impresa familiareè impresa familiare l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado dell’imprenditore. L’istituto introdotto con la riforma del diritto di famiglia del 1975, è regolato dall’art 230-bis cod. civ. L’impresa familiare non va confusa con la piccola impresa. Il lavoro familiare nell’impresa era ed è fenomeno largamente diffuso e fenomeno che, prima della riforma, poteva dar luogo a gravi abusi ed ingiustizie in quanto il lavoro familiare si presumeva prestato a titolo gratuito. Sul piano patrimoniale sono riconosciuti i seguenti diritti:

a) diritto al mantenimento;b) diritto alla partecipazione agli utili dell’impresa;c) diritto sui beni acquistati con gli utili e sugli incrementi di valore dell’azienda;d) diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria.

Sul piano amministrativo è poi previsto che le decisioni in merito alla gestione straordinaria dell’impresa, “sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all’impresa stessa”. È infine previsto che il diritto di partecipazione è trasferibile solo a favore degli altri membri della famiglia nucleare e con il consenso unanime dei familiari già partecipanti. È inoltre liquidabile in danaro qualora cessi la prestazione di lavoro ed in caso di alienazione dell’azienda. L’impresa familiare resta un’impresa individuale:

a) i beni aziendali restano di proprietà esclusiva dell’imprenditore-datore di lavoro;b) i diritti patrimoniali dei partecipanti all’impresa familiare costituiscono semplici diritti di

credito nei confronti del familiare imprenditore;c) gli atti di gestione ordinaria rientrano nella competenza esclusiva dell’imprenditore

Si deve ritenere che l’imprenditore agisca nei confronti dei terzi in proprio e non quale rappresentante dell’impresa familiare, sicché solo a lui sarà responsabile nei confronti dei terzi delle relative obbligazioni contratte. Se l’impresa è commerciale e non piccola solo il capo famiglia-datore di lavoro sarà esposto al fallimento. -Impresa collettiva. Impresa pubblica Le società sono le forme associative tipiche previste dall’ordinamento per l’esercizio collettivo di attività di impresa. La società semplice è utilizzabile solo per l’esercizio di attività non

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commerciale, mentre gli altri tipi di società possono svolgere sia attività agricola sia attività commerciale (art 2249). Le società diverse dalla società semplice si definiscono società commerciali.

a) parte della disciplina dell’imprenditore commerciale si applica alle società commerciali qualunque sia l’attività svolta.

b) Nella società in nome collettivo ed in accomandita semplice parte della disciplina dell’imprenditore commerciale trova poi applicazione solo o anche nei confronti dei soci a responsabilità illimitata: tutti i soci nella in nome collettivo; i soci accomandatari nella società in accomandita semplice.

-Le imprese pubblicheAttività di impresa può essere svolta anche dallo Stato e dagli altri enti pubblici. È tuttavia rilevante distinguere fra tre possibili forme di intervento dei pubblici poteri nel settore dell’economia.

a) Lo Stato e gli altri enti pubblici possono svolgere attività di impresa servendosi di strutture di diritto privato: attraverso la costituzione di spa. (si applica lo statuto di diritto privato dell’imprenditore commerciale)

b) La pubblica amministrazione può dar vita ad enti di diritto pubblico il cui compito istituzionale esclusivo o principale è l’esercizio di attività di impresa. (gli enti pubblici economici sono sottoposti allo statuto generale dell’imprenditore e allo statuto proprio dell’imprenditore commerciale, con l’eccezione dell’esonero dal fallimento e dalle procedure concorsuali minori (art 2221 cod.civ)

c) Lo Stato o altro ente pubblico territoriale possono svolgere direttamente attività di impresa avvalendosi di proprie strutture organizzative prive di distinta soggettività, ma dotate di una più o meno ampia autonomia decisionale e contabile. (l’art 2093 cc dispone che nei confronti degli enti titolari di imprese-organo si applica la disciplina generale dell’impresa e quella propria dell’imprenditore commerciale. Gli enti titolari di imprese organo sono esonerati dall’iscrizione nel registro delle imprese (art 2201) e dalle procedure concorsuali (art 2221).

-Attività commerciale delle associazioni e delle fondazioniLe associazioni, le fondazioni e tutti gli enti privati con fini ideali o altruistici possono svolgere attività commerciale qualificabile come attività di impresa. Essenziale per aversi impresa è che l’attività produttiva venga condotta con metodo economico-L’impresa socialeIl dlgs 155/2006 disciplina le imprese gestite senza scopo di lucro in settori di utilità sociale. “Possono acquistare la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale” (assistenza sociale e sanitaria; educazione; tutela dell’ambiente; servizi culturali; inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili). Utili e avanzi di gestione devono essere destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del patrimonio dell’ente (che è indisponibile a coloro che fanno parte dell’organizzazione). In caso di cessazione dell’impresa, il patrimonio residuo è devoluto ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale, associazioni, comitati, fondazioni ed enti ecclesiastici. Le finalità di interesse generale realizzate dalle imprese sociali vengono favorite dal legislatore con un singolare privilegio sul piano civilistico: quello di potersi organizzare in qualsiasi forma di organizzazione privata. Più imprese sociali possono inoltre formare fra loro un gruppo di imprese. Non possono essere imprese sociali invece: le amministrazioni pubbliche e le organizzazioni che erogano beni e servizi a favore dei propri soci, associati o partecipi. Altro privilegio concesso alle impresi sociali è la possibilità di limitare a certe condizioni la responsabilità patrimoniale dei partecipanti, anche quando è impiegata una forma giuridica che prevedrebbe invece la responsabilità personale ed illimitata. Le imprese sociali, indipendentemente dalla natura agricola o commerciale dell’attività esercitata devono:

Iscriversi in un’apposita sezione del registro delle imprese

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Redigere le scritture contabili In caso di insolvenza, sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa, invece che

al fallimento Le organizzazioni che intendono assumere la qualifica di “impresa sociale” devono costituirsi per atto pubblico, osservando le disposizioni di legge in merito al contenuto dell’atto costitutivo.Le imprese sociali sono soggette alla vigilanza del Ministero del lavoro, che può anche procedere ad ispezioni.L’Acquisto della qualità di imprenditoreL’individuazione del soggetto cui è applicabile la disciplina dell’attività di impresa non solleva problemi quando gli atti di impresa sono compiuti direttamente dall’interessato o da un terzo che agisce come suo rappresentante. -Esercizio indiretto dell’attività di impresa. L’imprenditore occultoL’esercizio di attività di impresa può dar luogo ad un fenomeno analogo a quello determinato dal compimento di singoli atti giuridici tramite un mandatario senza rappresentanza. È questo il fenomeno dell’esercizio dell’impresa tramite interposta persona. Altro è il soggetto che compie in proprio nome i singoli atti di impresa (imprenditore palese o prestanome). Altro è il soggetto che somministra al primo i necessari mezzi finanziari, dirige in fatto l’impresa e fa propri tutti i guadagni. Altro è il dominus dell’impresa, pur non palesandosi come imprenditore di fronte ai terzi: cosiddetto imprenditore indiretto o occulto. A questo espediente si può ricorrere per aggirare un divieto di legge ( es, il divieto per gli statali di esercitare attività di impresa), ovvero per non esporre al rischio di impresa tutto il proprio patrimonio personale. Gli atti di impresa saranno formalmente decisi dagli amministratori della società e posti in essere in nome della società (imprenditore palese), ma è evidente che nella sostanza ogni decisione sarà indotta dal socio che ha la (quasi totalità delle azioni (imprenditore indiretto). Questo modo di operare non crea problemi se gli affari prosperano e i creditori sono pagati. Solleva problemi quando gli affari vanno male e il soggetto utilizzato dal dominus è nullatenente o è una società con capitale irrisorio (società di comodo). Parte della dottrina ha ritenuto di poter neutralizzare i pericoli per i creditori insiti nella rigorosa applicazione del principio della spendita del nome (obbligato e responsabile è solo colui che ha agito in proprio nome), sostenendo che per l’attività di impresa “nel nostro ordinamento giuridico è espressamente sanzionata la inscindibilità del rapporto potere-responsabilità” (chi esercita il potere di direzione di un’impresa se ne assume necessariamente anche il rischio e risponde delle relative obbligazioni con la conseguenza che, quando l’attività di impresa è esercitata tramite prestanome, responsabili verso i creditori sono sia il prestanome sia il reale dominus dell’impresa).La teoria dell’imprenditore occulto ha però incontrato scarsi consensi. La premessa su cui essa si fonda è smentita dai principi che regolano le società di capitali: l’azionista o gli azionisti di comando non sono in quanto tali chiamati dal legislatore a rispondere personalmente dei debiti della società. Secondo la giurisprudenza il socio che ha abusato dello schermo societario risponderà come titolare di un’autonoma impresa commerciale individuale per le obbligazioni da lui contratte nello svolgimento dell’attività fiancheggiatrice della società di capitali ed in quanto tale potrà fallire sempreché si accerti l’insolvenza della sua impresa. -Inizio e fine dell’impresaLa qualità dell’imprenditore si acquista con l’effettivo esercizio dell’attività di impresa. -La fine dell’impresaL’esatta determinazione del giorno di cessazione dell’attività di impresa aveva particolare rilievo per l’imprenditore commerciale ai fini dell’applicazione dell’art 10 legge fall. Norma che nella versione originaria disponeva che l’imprenditore commerciale poteva essere dichiarato fallito “entro un anno dalla cessazione dell’impresa”. Per quanto riguarda l’imprenditore individuale la qualità di imprenditore si perdeva solo con l’effettiva cessazione dell’attività. È da tenere presente che la fine dell’impresa è di regola preceduta da una fase di liquidazione più o meno lunga, durante la quale l’imprenditore completa i cicli produttivi iniziati.

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Il nuovo art 10 legge fall dispone ora che “gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo” (1°comma). -Capacità e impresaLa capacità all’esercizio di attività di impresa si acquista con la piena capacità di agire e quindi al compimento del diciottesimo anno di età. Si perde in seguito ad interdizione o inabilitazione. Non costituiscono limitazioni della capacità di agire, ma semplici incompatibilità, i divieti di esercizio di impresa commerciale posti a carico di coloro che esercitano determinati uffici o professioni (impiegati dello Stato, avvocati, notai). La violazione di tali divieti non impedisce l’acquisto della qualità di imprenditore commerciale, ma espone a sanzioni amministrative e ad una aggravamento delle sanzioni penali per bancarotta in caso di fallimento (art 219 legge fall). -L’impresa commerciale degli incapaciè possibile l’esercizio di attività di impresa per conto di un incapace (minore e interdetto) da parte dei rispettivi rappresentanti legali. Una specifica disciplina è prevista per l’attività commerciale (artt 320, 5°comma, 371, 2°, 397,424 e 425). Diversamente che per gli altri incapaci, il minore emancipato può essere autorizzato dal tribunale anche ad iniziare una nuova impresa commerciale (art 397). Con l’autorizzazione il minore emancipato acquista la piena capacità di agire. Lo statuto dell’imprenditore commerciale-La pubblicità legaleQuanti operano sul mercato avvertono la necessità di poter disporre con facilità di informazioni veritiere e non contestabili su fatti e situazioni delle imprese con cui entrano in contatto. Per le imprese commerciali e per le imprese societarie questa esigenza è soddisfatta con l’introduzione di un sistema di pubblicità legale. Le relative informazioni non solo sono rese accessibili ai terzi interessati (pubblicità notizia), ma diventano opponibili a chiunque indipendentemente dall’effettiva conoscenza (conoscibilità legale). Il registro delle imprese è lo strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali non piccole e delle società commerciali previsto dal cc del 1942. La nuova disciplina del 1993 del registro delle imprese ha introdotto alcune novità rispetto a quella vecchia:

L’attuale registro delle imprese non è solo strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali. Con la riforma del 1993 è diventato anche strumento di informazione sui dati organizzativi di tutte le altre imprese. L’iscrizione è stata estesa agli imprenditori agricoli, ai piccoli imprenditori ed alle società semplici, oggi con effetti di pubblicità legale anche per gli imprenditori agricoli.

La tenuta del registro delle imprese è affidata alle camere di commercio Il registro delle imprese è tenuto con tecniche informatiche

-Il registro delle impreseIl registro delle imprese è istituito in ciascuna provincia presso la camera di commercio. Il registro è articolato in una sezione ordinaria ed in tre sezioni speciali. Nella sezione ordinaria sono iscritti gli imprenditori (non agricoli) per i quali l’iscrizione nel registro delle imprese produce gli effetti di pubblicità legale. Nelle sezioni speciali: in una sono iscritti gli imprenditori che secondo il cc ne erano esonerati e per i quali l’iscrizione aveva originariamente solo funzione di pubblicità notizia (imprenditori agricoli individuali; i piccoli imprenditori; le società semplici). La seconda sezione è destinata alla pubblicità delle società tra professionisti nella quale si iscrivono, con funzione di pubblicità notizia, le società tra avvocati. La terza è dedicata alla pubblicità dei legami di gruppo. Vi si indicano le società o gli enti che esercitano attività di direzione e coordinamento e quelle che vi sono soggette. I fatti e gli atti da registrare sono specificati dagli artt 2196, 2197, 2198 e 2200 e sono diversi a seconda della struttura soggettiva dell’impresa. Riguardano gli elementi di individuazione dell’imprenditore e dell’impresa, nonché la struttura e l’organizzazione delle società.

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L’iscrizione nella sezione ordinaria ha funzione di pubblicità legale; serve cioè non solo a rendere conoscibili i dati pubblicati, ma ha anche efficacia dichiarativa, costitutiva o normativa. Di regola, l’iscrizione nella sezione ordinaria ha efficacia semplicemente dichiarativa. Rileva solo sul piano della conoscenza e dell’opponibilità dell’atto o del fatto. In alcune ipotesi l’iscrizione produce effetti ulteriori e più rilevanti. Ha efficacia costitutiva totale l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto costitutivo delle società di capitali e delle società cooperative. -Le scritture contabiliLe scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e monetari, dei singoli atti di impresa, della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta. La tenuta delle scritture contabili è disciplinata per gli imprenditori commerciali (2214), con esclusione dei piccoli imprenditori. Le società commerciali e gli enti sociali sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili. -La rappresentanza commerciale-L’institore è institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio dell’impresa (2203). Tale posizione comporta che l’institore è tenuto, congiuntamente con l’imprenditore, all’adempimento degli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili (2205). Ed in caso di fallimento dell’imprenditore troveranno applicazione anche nei confronti dell’institore le sanzioni penali a carico del fallito. Come ogni rappresentante, l’institore deve rendere palese al terzo con cui contratta tale sua veste, affinché l’atto compiuto e i relativi effetti ricadano direttamente sul rappresentato; e deve renderla palese spendendo il nome del rappresentato (1388). Perciò, l’institore è personalmente obbligato se omette di far conoscere al terzo che egli tratta per il preponente. Tuttavia personalmente obbligato è anche il preponente, quando gli atti compiuti dall’institore “siano pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto” (2208). -I procuratoriI procuratori sono coloro che “in base ad un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad esso” (2209). Differenze con l’institore: non sono posti a capo dell’impresa o di un ramo; pur essendo degli ausiliari con funzioni direttive, il loro potere decisionale è circoscritto ad un determinato settore operativo dell’impresa.-I commessiI commessi sono ausiliari subordinati cui sono affidate mansioni esecutive o materiali che li pongono in contatto con i terzi. Per questa loro posizione, ai commessi è riconosciuto potere di rappresentanza dell’imprenditore anche in mancanza di specifico atto di conferimento. Il principio base art 2210, 2° comma, è che essi “possono compiere gli atti che ordinariamente comporta la specie di operazioni di cui sono incaricati”. L’azienda“L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” (2555). Organizzazione e destinazione ad un fine produttivo sono dati che attribuiscono ai beni costitutivi in azienda e all’azienda nel suo complesso specifico e particolare rilievo economico. I beni organizzati ad azienda consentono infatti la produzione di utilità nuove. Il rapporto di strumentalità e di complementarietà fra i singoli elementi costitutivi dell’azienda fa si che il complesso unitario acquisti di regola un valore di scambio maggiore della somma dei valori dei singoli beni che in un dato momento lo costituiscono. Tale maggior valore si definisce avviamento. Si può distinguere fra avviamento oggettivo (quello ricollegabile a fattori che permangono anche se muta il titolare dell’azienda in quanto insiti nel coordinamento esistente fra i diversi beni) e avviamento soggettivo (quello dovuto all’abilità operativa dell’imprenditore sul mercato ed in particolare alla sua abilità nel formarsi, conservare ed accrescere la clientela). -La circolazione dell’azienda. Oggetto e forma.L’azienda può formare oggetto di atti di disposizione di diversa natura. Può essere venduta, conferita in società, donata e sulla stessa possono essere altresì costituiti diritti reali (usufrutto) o

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personali (affitto). L’imprenditore può compiere anche atti di disposizione che riguardano uno o più beni aziendali. È importante perciò stabilire in concreto se un determinato atto di disposizione dell’imprenditore sia da qualificare come trasferimento di azienda o come trasferimento di azienda o come trasferimento di singoli beni aziendali, dato che solo nel primo caso potrà trovare applicazione la disciplina per la circolazione di un complesso aziendale. Necessario e sufficiente è che sia trasferito un insieme di beni potenzialmente idoneo ad essere utilizzato per l’esercizio di una determinata attività di impresa. È però necessario che i beni esclusi dal trasferimento non alterino l’unità economica e funzionale di quella data azienda. Le forme da osservare nel trasferimento dell’azienda sono fissate dall’art 2256. È al riguardo operata una distinzione fra forma necessaria per la validità del trasferimento e forma richiesta ai fini probatori e per l’opponibilità ai terzi. Solo per le imprese soggette a registrazione con effetti di pubblicità legale, è previsto che ogni atto di disposizione dell’azienda deve essere provato per iscritto (art 2556, 1°comma).Per tutte le imprese soggette a registrazione è oggi prescritto che i relativi contratti di trasferimento devono essere iscritti nel registro delle imprese nel termine di trenta giorni.-La vendita dell’azienda. Il divieto di concorrenza dell’alienanteL’alienazione dell’azienda produce ex lege effetti ulteriori che riguardano il divieto di concorrenza dell’alienante (art 2557), i contratti (2558), i crediti (2559) e i debiti aziendali (2560). Chi aliena un’azienda commerciale deve astenersi, per un periodo massimo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che possa sviare la clientela dell’azienda ceduta. -La successione nei contratti aziendaliè previsto che “se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei confronti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale” (2258). Al terzo contraente è riconosciuto il diritto di recedere dal contratto “entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa”. Inoltre il recesso non determina il ritorno del contratto in testa all’alienante, bensì la definitiva estinzione dello stesso.-I crediti e i debiti aziendaliSe invece l’imprenditore ha già adempiuto le obbligazioni a suo carico, residuerà un credito a suo favore nei confronti del terzo. Viceversa, residuerà un debito dell’imprenditore qualora il terzo contraente abbia integralmente eseguito le proprie prestazioni. In sede di vendita dell’azienda troverà applicazione la disciplina dettata dagli artt 2559 e 2560 per i crediti e i debiti aziendali. Resta fermo il principio generale secondo il quale l’alienante non è liberato dai debiti se non risulta che i creditori vi hanno consentito (2560, 1°comma). È invece derogato per le sole aziende commerciali il principio che “nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori” (art 2560, 2°comma). -Usufrutti e affitto dell’aziendaL’azienda può formare oggetto di un diritto reale o personale di godimento. La costituzione in usufrutto di un complesso di beni destinati allo svolgimento di attività di impresa comporta il riconoscimento in testa all’usufruttuario di particolari poteri-doveri (2561). L’usufruttuario deve esercitare l’azienda sotto la ditta che la contraddistingue. Deve condurre l’azienda senza modificarne la destinazione ed in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti. L’usufruttuario potrà acquistare ed immettere nell’azienda nuovi beni; beni che diventano di proprietà del nudo proprietario e sui quali l’usufruttuario avrà diritto di godimento e potere di disposizione. La disciplina prevista per l’usufrutto si applica anche all’affitto di azienda per l’espresso rinvio operato dall’art 2562. L’affitto di azienda è contratto diverso dalla locazione di un immobile destinato all’esercizio di attività impresa: nel primo caso, oggetto del contratto è un complesso di beni organizzati; nel secondo caso, il contratto ha per oggetto il locale in quanto tale.I segni distintivi

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Ciascun imprenditore utilizza di regola uno o più segni distintivi che consentono di individuarlo sul mercato e distinguerlo dagli altri imprenditori concorrenti. La ditta, l’insegna ed il marchio sono i tre principali segni distintivi dell’imprenditore. La ditta contraddistingue la persona dell’imprenditore nell’esercizio dell’attività di impresa (norme commerciale). L’insegna individua i locali in cui l’attività di impresa è esercitata. Il marchio individua e distingue i beni o i servizi prodotti. Ditta, insegna e marchio favoriscono la formazione ed il mantenimento della clientela in quanto consentono ai consumatori di distinguere fra i vari operatori economici. Dalle tre discipline è possibile desumere taluni principi comuni applicabili agli altri simboli di identificazione sul mercato utilizzati dall’imprenditore quali lo slogan pubblicitario:

L’imprenditore è tenuto a rispettare determinate regole, volte ad evitare inganno e confusione sul mercato: verità, novità e capacità distintiva

L’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo dei propri segni distintivi L’imprenditore può trasferire ad altri i propri segni distintivi

-La dittaLa ditta è il nome commerciale dell’imprenditore ed è segno distintivo necessario, nel senso che in mancanza essa coincide col nome civile dell’imprenditore. Nella scelta della propria ditta l’imprenditore incontra due limiti rappresentati dal rispetto dei principi della verità e della novità. La ditta originaria è quella formata dall’imprenditore che la utilizza: essa deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore. La ditta derivata è quella formata da un dato imprenditore e successivamente trasferita ad altro imprenditore insieme all’azienda. La ditta non deve essere “uguale o simile a quella usata da altro imprenditore” e tale da “creare confusione per l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui questa è esercitata”.La ditta è trasferibile, ma solo insieme all’azienda (2565).-Il marchioIl marchio è il segno distintivo dei prodotti o dei servizi dell’impresa.Il marchio nazionale è regolato dagli artt (2569-2574) e dal codice della proprietà industriale.La tutela internazionale del marchio è disciplinata da due convenzioni, che consentono di semplificare le procedure per accedere alla tutela del marchio nei singoli stati aderenti. Tali normative riconoscono al titolare del marchio, rispondente a determinati requisiti di validità, il diritto all’uso esclusivo, così permettendo che il marchio assolva la sua funzione di identificazione e differenziazione dei prodotti similari esistenti sul mercato.L’imprenditore può utilizzare un solo marchio per tutti i propri prodotti (marchio generale), ma può anche servirsi di più marchi. E ciò farà quando vuole differenziare i diversi prodotti della propria impresa o anche tipi diversi dello stesso prodotto per sottolineare ai consumatori le relative diversità qualitative (marchi speciali). Il marchio può essere costituito solo da parole (marchio denominativo) e può coincidere con la stessa ditta o con il nome civile dell’imprenditore. Inoltre, può essere costituito, da figure (marchio figurativo) ed anche da suoni. Un tipo particolare di marchio è infine il marchio collettivo (2570). Si distingue nettamente dai marchi di impresa in quanto titolare del marchio collettivo è un soggetto che svolge “la funzione di garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi”.Per essere tutelato giuridicamente, il marchio deve rispondere a requisiti di liceità, verità, originalità e novità. Il marchio non deve contenere segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. Deve cioè essere composto in modo da consentire l’individuazione dei prodotti contrassegnati fra tutti i prodotti dello stesso genere immessi sul mercato. -Il marchio registratoIl contenuto del diritto sul marchio e la relativa tutela sono però sensibilmente diversi a seconda che il marchio sia stato o meno registrato presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi, istituito presso il ministero dello sviluppo economico. La registrazione attribuisce al titolare del marchio il diritto all’uso esclusivo dello stesso su tutto il territorio nazionale.

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La rigorosa applicazione di tale regola può tuttavia dar luogo a conseguenze gravi quando si tratti di marchi celebri. L’uso di tali marchi da parte di altri imprenditori, anche per merci del tutto diverse può facilmente determinare equivoci sulla reale fonte di produzione. Con la riforma del 1992 la tutela dei marchi celebri è stata svincolata dal criterio dell’affinità merceologica. La registrazione nazionale dura dieci anni. È però rinnovabile per un numero illimitato di volte. Il marchio registrato è tutelato civilmente e penalmente. Il titolare del marchio, il cui diritto di esclusiva sia stato leso da un concorrente, può promuovere contro questi l’azione di contraffazione.Il marchio è trasferibile e può essere trasferito sia a titolo definitivo sia a titolo temporaneo (licenza di marchio).-L’insegnaL’insegna disciplinata dall’art 2568 cc non può essere uguale o simile a quella già utilizzata da altro imprenditore concorrente.Opere dell’ingegno: invenzioni industrialiLe opere dell’ingegno e le invenzioni industriali (idee creative nel campo della tecnica) costituiscono le due grandi categorie di creazioni intellettuali regolate dal nostro ordinamento. Le opere dell’ingegno formano oggetto del diritto d’autore, regolato dagli artt 2575-2583 cc e dalla l 663/41. Le invenzioni industriali possono formare oggetto a seconda dello specifico contenuto:

Del brevetto per invenzioni industriali Del brevetto per modelli di utilità oppure della registrazione per disegni e modelli. Istituti

regolati dal codice civile artt2584-2591 e artt 2592-2594 e dal codice civile della proprietà industriale.

-Il diritto d’autoreFormano oggetto del diritto d’autore le opere dell’ingegno scientifiche, letterarie, musicali, figurative, architettoniche, teatrali e cinematografiche, qualunque sia il modo e la forma di espressione (artt 2575). Unica condizione richiesta è che l’opera abbia “carattere creativo” (art 2575); presenti cioè un minimo di originalità oggettiva rispetto a preesistenti opere dello stesso genere. Il diritto di autore gode di una tutela sia morale, sia patrimoniale. Si distingue quindi fra diritto morale e diritto patrimoniale di autore.L’autore ha diritto di rivendicare nei confronti di chiunque la paternità dell’opera; di decidere se pubblicarla o meno e se pubblicarla col proprio nome o in anonimo; di opporsi a modificazioni o deformazioni dell’opera e ad ogni altro atto a danno dell’opera che possa arrecare pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione. Questi diritti sono irrinunciabili, inalienabili, non si perdono con la cessione dei diritti patrimoniali e possono essere esercitati anche dai congiunti dopo la morte dell’autore. L’autore ha il diritto di utilizzazione economica esclusiva dell’opera “in ogni forma e modo, originale o derivato”. Il diritto patrimoniale di autore ha durata limitata di 70 anni dopo la morte dell’autore (art 17 legge 52/1996).Diritti connessi affini al diritto d’autore sono poi riconosciuti a determinate categorie di soggetti: produttori di dischi ecc. A tali soggetti è riconosciuto il diritto ad un equo compenso da parte di chiunque utilizzi, in qualsiasi modo ed anche senza scopo di lucro, la loro opera creativa o interpretativa. -Trasferimento del diritto di utilizzazione economicaIl diritto di utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno è liberamente trasferibile sia fra vivi che a causa di morte (2581). Il trasferimento per atto fra vivi può essere sia a titolo definitivo, sia a titolo temporaneo. I contratti normalmente utilizzati per lo sfruttamento economico di un’opera dell’ingegno sono il contratto di edizione (artt 118-135 l aut) ed il contratto di rappresentanza e di esecuzione (136-141 l aut).Col contratto di edizione, l’autore concede in esclusiva ad un editore l’esercizio del diritto di pubblicare per la stampa l’opera a spese dell’editore.Col contratto di rappresentazione e di esecuzione, l’autore cede il solo diritto di rappresentazione in pubblico di opere destinate a tal fine (drammatiche, coreografiche, musicali).

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Il diritto d’autore è protetto con specifiche sanzioni civili, amministrative pecuniarie e penali, a carico di chi ponga in essere comportamenti lesivi, che possono andare dall’imitazione totale o parziale degli elementi creativi essenziali di un’opera altrui. Le opere dell’ingegno godono di una protezione circoscritta al territorio nazionale; l’Italia ha aderito alle due principali Convenzioni internazionali in materia: la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche; la Convenzione di Ginevra.-Le invenzioni industrialiLe invenzioni industraiali (art 2584-2591 cc) sono idee creative che appartengono al campo della tecnica. Consistono nella soluzione originale di un problema tecnico, suscettibile di pratica applicazione nel settore della produzione di beni o servizi. Netta è la distinzione rispetto alle opere dell’ingegno, dalle quali le invenzioni industriali si differenziano anche per il diverso modo di acquisto del diritto di utilizzazione economica: la concessione del corrispondente brevetto da parte dell’Ufficio italiano brevetti e marchi. Possono formare oggetto di brevetto le idee inventive di maggior rilievo tecnologico:

1. invenzioni di prodotto, che hanno per oggetto un nuovo prodotto materiale2. invenzioni di procedimento3. invenzioni derivate, che si presentano come derivazione di una precedente invenzione.

Per scelta legislativa, ispirata dalla finalità di favorire la libera utilizzazione delle idee fondamentali, non sono considerate invenzioni:

a) le scoperte, le teorie scientifiche e o metodi matematicib) i principi ed i metodi per attività intellettualic) le presentazioni di informazioni.

I trovati devono infine essere leciti, devono essere nuovi, devono implicare un’attività inventiva e idonei ad avere un’applicazione industriale. -L’invenzione brevettataIl brevetto è concesso dall’Ufficio brevetti, sulla base di una domanda corredata dalla descrizione dell’invenzione “in modo sufficientemente chiaro e completo perché ogni persona esperto del ramo possa attuarla”. Il brevetto per invenzioni industriali dura venti anni ed è esclusa ogni possibilità di rinnovo. Il relativo diritto di esclusiva si può perdere prima della scadenza qualora sia dichiarata la nullità del brevetto o sopravvenga una causa di decadenza dello stesso. Il brevetto conferisce al suo titolare la facoltà esclusiva di attuare l’invenzione e di trarne profitto nel territorio dello Stato. Il brevetto è liberamente trasferibile sia fra vivi sia mortis causa, indipendentemente dal trasferimento dell’azienda. Sul brevetto possono essere costituiti diritti reali di godimento o di garanzia e lo stesso può anche formare oggetto di esecuzione forzata e di espropriazione per pubblica utilità. Il titolare del brevetto può concedere licenza di uso dello stesso, con o senza esclusiva di fabbricazione a favore del licenziatario. L’invenzione brevettata è tutelata con sanzioni civili e penali (473 cod pen). Il titolare e il licenziatario del brevetto possono esercitare azione di contraffazione neo confronti di chi abusivamente sfrutti l’invenzione. Un brevetto autonomo e unitario è invece il brevetto comunitario, regolato dalla Convenzione del Lussemburgo ma non ancora entrato in vigore in Italia. -L’invenzione non brevettataLa nuova disciplina delle invenzioni riconosce una sia pur limitata tutela anche a chi abbia utilizzato un’invenzione senza brevettarla. Dispone infatti che chiunque ha fatto uso dell’invenzione nella propria azienda, nei dodici mesi anteriori al deposito dell’altrui domanda di brevetto, può continuare a sfruttare l’invenzione stessa nei limiti del preuso.-I modelli industrialiI modelli industriali sono creazioni intellettuali applicate all’industria di minor rilievo rispetto alle invenzioni industriali. Essi sono distinti in modelli di utilità e disegni e modelli.I modelli di utilità sono nuovi trovati destinati a conferire particolare funzionalità a macchine, strumenti, utensili o oggetti d’uso (art 2592).

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I disegni e modelli sono invece nuove idee destinate a migliorare l’aspetto dei prodotti industriali (industrial design). La tutela dei modelli di utilità si fonda sull’istituto della brevettazione. Il punto più significativo di differenziazione rispetto alle invenzioni industriali riguarda la durata del brevetto: dieci anni per i modelli di utilità. Per i disegni e modelli con il dlgs 95/2001 il disegno o modello da registrare non deve essere identico ad un disegno o modello già divulgato in precedenza. La registrazione dura cinque anni, ma può essere prorogata fino ad un massimo di 25.La disciplina della concorrenzaLa concorrenza perfetta è un modello ideale e teorico. La realtà è diversa. Le imprese dedite alla produzione industriale di massa diventano sempre meno numerose e sempre più grandi dando così vita in taluni settori a situazioni di oligopolio; ad un mercato cioè caratterizzato dal controllo dell’offerta da parte di poche grandi imprese. Gli imprenditori concorrenti molto spesso preferiscono l’accordo all’incerta competizione. Essi perciò stipulano patti volti a limitare la reciproca concorrenza. E fra concentrazioni ed intese concorrenziali si può arrivare fino al punto che tutta l’offerta di un dato prodotto è controllata da una sola impresa. È evidente la necessità di interventi del legislatore volti ad impedire il formarsi ed il perpetuarsi di situazioni di monopolio o di quasi-monopolio. Fissato il principio guida della libertà di concorrenza (art 41 cost), il legislatore italiano:

a) consente limitazioni legali della stessa per fini di “utilità sociale” ed anche creazione di monopoli legali in specifici settori di interesse generale (art 43 cost)

b) consente limitazioni negoziali della concorrenza, ma ne subordina nel contempo la validità al rispetto di condizioni che non comportino un radicale sacrificio della libertà di iniziativa economica attuale e futura (2596)

c) assicura l’ordinato e corretto svolgimento della concorrenza attraverso la repressione degli atti della concorrenza sleale (artt 2598-2601)

-La legislazione antimonopolisticaLa libertà di iniziativa economica e la competizione fra imprese non possono tradursi in atti e comportamenti che pregiudicano in modo rilevante e durevole la struttura concorrenziale del mercato. È questo il principio cardine della legislazione antimonopolistica dell’Unione Europea (artt. 81 e 82 del Trattato Ce). È questo il principio cardine oggi recepito anche dalla legislazione antimonopolistica italiana generale (legge 287/1990), a preservare il regime concorrenziale del mercato nazionale e reprimere i comportamenti anticoncorrenziali che incidono sul mercato italiano. La legge 287 ha istituito un apposito organo pubblico indipendente- l’Autorità garante della concorrenza e del mercato- che vigila sul rispetto della normativa antimonopolistici necessari ed irroga le sanzioni amministrative e pecuniarie previste dalla legge.-Le singole fattispecieTre sono i fenomeni rilevanti per la disciplina antimonopolistica nazionale e comunitaria:

1. le intese restrittive della concorrenza;2. l’abuso di posizione dominante;3. le concentrazioni.

Le intese sono comportamenti concordati fra imprese, anche attraverso organismi comuni (consorzi, associazioni di imprese ecc), volti a limitare la propria libertà di azione sul mercato. Sono lecite le cosiddette intese minori; quelle intese che per la struttura del mercato interessato, le caratteristiche delle imprese operanti e gli effetti sull’andamento dell’offerta non incidono in modo rilevante sull’assetto concorrenziale del mercato. Le intese vietate sono nulle. Chiunque può agire in giudizio per farne accertare la nullità. L’abuso di posizione dominante da parte di una o più imprese è regolato dagli artt 3 legge 287/1990 e 82 Trattato Ce). Vietato non è il fatto in sé dell’acquisizione di una posizione dominante sul mercato, vietato è lo sfruttamento abusivo di tale posizione con comportamenti capaci di pregiudicare la concorrenza effettiva.

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Ad un’impresa in posizione dominante è vietato di:a) imporre prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravosib) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercatoc) applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti

Nel contempo è oggi vietato nell’ordinamento nazionale anche l’abuso dello stato di dipendenza economica nel quale si trova un’impresa cliente o fornitrice rispetto ad una o più altre imprese.Si intende per dipendenza economica “la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi”.Il terzo ed ultimo fenomeno posto sotto controllo della legislazione antimonopolistica è costituito dalle operazioni di concentrazione fra imprese (artt. 5-7 legge 287/1990).Si ha concentrazione quando:

1) due o più imprese si fondono dando così luogo ad un’unica impresa (concentrazione giuridica);

2) due o più imprese diventano un’unica entità economica (concentrazione economica)3) due o più imprese indipendenti costituiscono un’impresa societaria comune.

Le concentrazioni costituiscono un utile strumento di ristrutturazione aziendale. Diventano però illecite e vietate quando diano luogo a gravi alterazioni del regime concorrenziale del mercato.-Le limitazioni della concorrenza La libertà di iniziativa economica privata e la conseguente libertà di concorrenza sono libertà disposte nell’interesse generale e non possono svolgersi “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art 41). Sia la Costituzione, sia il codice civile consentono che tali libertà possano essere compresse e limitate dai pubblici poteri. L’interesse generale può legittimare anche la radicale soppressione della libertà di concorrenza attraverso la costituzione per legge di monopoli pubblici (art 43 Cost), in settori predeterminati dalla stessa Costituzione. I monopoli pubblici ed in particolare quelli determinati dallo scopo di procurare entrate allo Stato (monopoli fiscali) tendono oggi a ridursi, mal conciliandosi con i principi ispiratori dell’Unione Europea e con la legge antimonopolistica nazionale. Quando la produzione di determinati beni o servizi è attuata in regime di monopolio legale il legislatore si preoccupa di tutelare gli utenti contro possibili comportamenti arbitrari del monopolista.Derogando al principio generale della libertà di contrattare, l’art 2597 cc pone un duplice obbligo a carico di chi opera in regime di monopolio:

l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni e di soddisfare le richieste che siano compatibili con i mezzi ordinari dell’impresa

l’obbligo di rispettare la parità di trattamento fra i diversi richiedenti.-Limitazioni convenzionali della concorrenzaPer esigenze di certezza giuridica, il patto che limita la concorrenza: deve essere provato per iscritto, non può precludere al soggetto che si vincola lo svolgimento di ogni attività professionale in quanto è previsto che il patto stesso è valido solo se circoscritto ad un determinato ambito territoriale o ad un determinato tipo di attività. È infine imposto un limite di durata: massimo cinque anni. Costituiscono esempi classici di patti limitativi della concorrenza i cartelli ed i consorzi anticoncorrenziali; i contratti con i quali più imprenditori possono prevedere impegni reciproci di vario tipo. -Concorrenza slealeLa libertà di iniziativa economica implica la normale presenza sul mercato di più imprenditori in competizione fra loro per conquistare il potenziale pubblico dei consumatori e conseguire il maggior successo economico. Ciascun imprenditore può porre in atto le tecniche e le strategie che ritiene più proficue la competizione può essere anche rude e pesante. Il danno che un imprenditore subisce a causa della sottrazione della clientela da parte dei concorrenti non è danno ingiusto e risarcibile. È tuttavia interesse generale che la competizione fra imprenditori si svolga in modo corretto e leale. Questa esigenza è soddisfatta dalla disciplina della concorrenza sleale (artt 2598-

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2601 cc). Nello svolgimento della competizione fra imprenditori concorrenti è vietato servirsi di mezzi e tecniche non conformi ai “principi della correttezza professionale” (art2598 n.3). Sufficiente perché scattino le sanzioni tipiche dell’inibitoria alla continuazione degli atti di concorrenza sleale è il cosiddetto danno potenziale; vale a dire che “l’atto sia idoneo a danneggiare l’altrui azienda” (art 2598). Tutelato è anche il più generale interesse a che non vengano falsati gli elementi di valutazione e di giudizio del pubblico e non siano tratti in inganno i destinatari finali della produzione: i consumatori.-Gli atti di concorrenza slealeI comportamenti che costituiscono atti di concorrenza sleale sono definiti dall’art 2598 cc. È atto di concorrenza sleale ogni atto idoneo a creare confusione con i prodotti o con l’attività di un concorrente: l’uso di nomi o di segni distintivi “idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri” imprenditori concorrenti; l’imitazione servile dei prodotti di un concorrente. La seconda vasta categoria di atti di concorrenza sleale (art 2598, n.2) comprende gli atti di denigrazione, che consistono nel diffondere “notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito”; l’appropriazione di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente. Fra le altre forme di concorrenza sleale vanno ricordate:la concorrenza parassitaria, la sistematica vendita sotto costo dei propri prodotti (dumping), la sottrazione ad un concorrente di dipendenti particolarmente qualificati. I consorzi fra imprenditoriLa legge 377/1976 introduce la nozione. “Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese” (art 2602). Il consorzio è oggi schema associativo tra imprenditori idoneo a ricomprendere due distinti fenomeni della realtà. Un consorzio può essere costituito al fine di disciplinare la reciproca concorrenza fra imprenditori (consorzio con funzione anticoncorrenziale). Più imprenditori possono dar vita ad un consorzio anche per conseguire un fine parzialmente o totalmente diverso: “per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese”. In tal caso il consorzio rappresenta uno strumento di cooperazione interaziendale, finalizzato alla riduzione dei costi di gestione delle singole imprese consorziate (consorzio con funzione di coordinamento).I consorzi anticoncorrenziali sollecitano controlli volti ad impedire che per loro tramite si instaurino situazioni di monopolio di fatto contrastanti con l’interesse generale. I consorzi di cooperazione interaziendale rispondono invece all’esigenza di accrescere la competitività delle imprese e concorrono a preservare la struttura concorrenziale del mercato; sono perciò guardati con favore dal legislatore, che ne agevola l’attività con una serie di provvidenze creditizie e tributarie a favore dei consorzi.Nei consorzi con sola attività interna il compito di tale organizzazione si esaurisce nel regolare i rapporti reciproci fra i consorziati e nel controllare il rispetto di quanto convenuto. Nei consorzi con attività esterna, invece, le parti prevedono l’istituzione di un ufficio comune (art 2612), destinato a svolgere attività con i terzi nell’interesse delle imprese consorziate. Ed è questa la struttura dei consorzi di cooperazione interaziendale. Il codice prevede una disciplina comune, volta a regolare la costituzione del consorzio ed i rapporti fra i consorziati (artt 2603-2611) e disposizioni relative ai soli consorzi con attività esterna (artt 2612-2615-ter), che regolano i rapporti fra il consorzio ed i terzi.-Il contratto di consorzio. L’organizzazione consortileIl contratto di consorzio può essere stipulato solo fra imprenditori e deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità (art 2603), deve contenere una serie di indicazioni specificate dal 2°comma del 2603. Essenziale è la determinazione dell’oggetto del consorzio, degli obblighi assunti dai consorziati e contributi in danaro da essi dovuti. È un contratto di durata che può essere fissata dalle parti. Nel silenzio il contratto è valido per dieci anni (2604). È un contratto aperto, è possibile la

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partecipazione al consorzio di nuovi imprenditori senza che sia necessario il consenso di tutti gli attuali consorziati. Salvo diversa pattuizione fra le parti, il trasferimento dell’azienda comporta l’automatico subingresso dell’acquirente nel contratto di consorzio. Il contratto di consorzio può sciogliersi limitatamente ad un consorziato, per volontà di questi (recesso) o per decisione degli altri consorziati (esclusione). Le cause di scioglimento dell’intero contratto di consorzio sono elencate dall’art 2611. Carattere essenziale dei consorzi è la creazione di un’organizzazione comune, cui è demandato il compito di attuare il contratto. La disciplina si limita a prevedere la presenza di un organo con funzioni deliberative composto da tutti i consorziati (assemblea) e di un organo con funzioni gestorie ed esecutive (organo direttivo).-I consorzi con attività esternaUna specifica disciplina è prevista per i consorzi destinati a svolgere attività con i terzi (art 2612). Per essi è previsto un regime di pubblicità legale destinato a portare a conoscenza dei terzi i dati essenziali della struttura consortile. Il contratto deve indicare le persone cui è attribuita la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio e i relativi poteri.Nei consorzi con attività esterna è poi espressamente prevista la formazione di un fondo patrimoniale (fondo consortile), costituito dai contributi iniziali e successivi dei consorziati e dai beni acquistati con tali contributi (2614). Esso è destinato a garantire il soddisfacimento dei creditori del consorzio e solo da questi è aggredibile fin quando dura il consorzio. I creditori particolari dei consorziati non possono far valere i loro diritti sul fondo medesimo (2614).-Le società consortiliSocietà e consorzi con attività esterna presentano in comune, sia il normale carattere imprenditoriale dell’attività esercitata, sia il fine di realizzare attraverso tale attività un interesse economico dei partecipanti (scopo egoistico). Funzione tipica di un consorzio (con attività esterna) è quella di produrre beni o servizi necessari alle imprese consorziate e destinati, di regola, ad essere assorbiti dalle stesse senza il conseguimento di utili da parte del consorzio. Lo scopo è solo quello di conseguire un vantaggio patrimoniale diretto nelle rispettive economie, sotto forma di minori costi sopportati o di maggiori ricavi conseguiti. Con la modifica della disciplina dei consorzi del 1976 è stato consentito di perseguire gli obbiettivi propri del contratto di consorzio attraverso la costituzione di una società. -Il Gruppo europeo di interesse economicoFunzione identica a quella dei consorzi di coordinamento con attività esterna può essere realizzata in campo transnazionale attraverso la costituzione di un Gruppo europeo di interesse economico (Geie). Il Geie è un istituto giuridico predisposto dalla Unione Europea per favorire la cooperazione fra imprese appartenenti a diversi Stati membri. La disciplina base del Geie è fissata dal regolamento comunitario 25-7-1985 n.2137.