Direzione medica: cambio alla guida - ulssasolo.ven.it · rato con il dottor Giovanni Pilati nella...

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1 Newsletter - notizie di informazione socio-sanitaria del territorio dell’Ulss 8 Anno I - numero 4 - dicembre 2014 Direzione medica: cambio alla guida Da dicembre la direzione medica di ospedale è stata affidata alla dottoressa Chiara Berti. CLICCA QUI per iscriverti alla newsletter SaluteInsieme Cosa ha trovato al suo arrivo in Ulss 8? Ho trovato un’ottima accoglienza da parte del personale. Sono arrivata da poche settimane ma ho già avuto molti incontri con le figure professionali dei due presidi che pian piano mi stanno aiutando a comprendere come è impostata la struttura. Ho tro- vato anche due presidi molto ben dotati sia dal punto di vista strutturale che tecnologico cui, purtroppo, non sempre corri- sponde una dotazione di organico adeguata. Che cosa si porta qui dell’esperienza professionale passata? La capacità di riuscire ad essere flessibile rispetto alla variabilità delle organizzazioni. Ogni ospedale è un organizzazione a sè, frutto di una storia, di relazioni e di un tessuto sociale specifico, difficilmente replicabile altrove. Il mio sforzo si concentrerà nel cercare di introdurre nei due ospedali, adattandole se necessa- rio, le soluzioni di eccellenza sperimentate in altre Ulss . Cosa prevede, nello specifico, il suo ruolo? Quello della direzione medica è una sorta di lavoro di “retro- bottega”, è una struttura a servizio delle altre strutture i cui in- terlocutori principali non sono i pazienti ma le figure interne: la direzione strategica, i direttori di struttura e i coordinatori infermieristici, il Dipartimento di prevenzione ed il distretto. Sopratutto con quest’ultimo sarà fondamentale intensificare le relazioni, alla luce delle nuove disposizioni regionali che spin- gono sempre più verso la de-ospedalizzazione a favore di trat- tamenti e presa in carico del paziente sul territorio. Quali saranno i suoi obiettivi come direttore? Assieme alla direzione strategica abbiamo concordato degli obiettivi che, ovviamente, dovranno tenere conto delle schede ospedaliere approvate a livello regionale nel 2013 e del nuovo Piano socio-sanitario regionale. Il punto chiave della riorganiz- zazione, in parte già in atto, è la volontà, in ciascuna Ulss, di evitare la convivenza di Unità operative doppie: le prossime azioni dovranno quindi tendere a definire attività differenziate e specifiche per quelle Unità operative presenti sia nella sede castellana che in quella montebellunese, rendendole comple- mentari. CHIARA BERTI: il profilo Dallo scorso 1° dicembre la dot- toressa Chiara Berti è il nuovo direttore della Direzione medi- ca dell’Ulss 8 che prende il po- sto della dottoressa Anna Maria Brosolo, direttore della struttu- ra dal 1998. Nata nel 1970 a Cittadella (Pd), la dottoressa Berti si è laureata all’Università di Padova ed ottenuto la specializzazione in Igiene presso lo stesso ate- neo. Durante la specializzazione ha frequentato la direzione sanitaria dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso e collabo- rato con il dottor Giovanni Pilati nella direzione sanitaria dell’Ulss 15 Alta Padovana. Dal 2001 al 2008 ha svolto servizio presso la direzione me- dica del presidio ospedaliero di Cittadella (dal 2006 al 2008 è stata responsabile della struttura semplice di controllo delle schede di dimissione ospedaliera e organizzazione degli spazi nel presidio ospedaliero di Cittadella e dal 2007 al 2008 è stata direttore medico dello stesso presidio. Dal 2008 al 2012 è stata direttore medico dell’ospedale Sant’Antonio dell’azienda Ulss 16 di Padova, mentre dal 2012 ha prestato servizio nell’Ulss 3 di Bassano del Grappa come direttore del Dipartimento dei servizi ospedalieri e direttore della struttura complessa di direzione medica dei presidi ospedalieri. Si conclude con questo numero il primo anno di questa newsletter che contiene una serie di contenuti collegati da un unico filo conduttore - che coincide con gli obiettivi principali che come direzione stiamo portando avanti - l’ap- propriatezza delle prescrizioni e la sinergia tra ospedale e territorio (medici di base in ambito clinico ed amministra- zioni in ambito sociale). Vi augurio una buona lettura e, con l’occasione, vi trasmet- to i migliori auguri di buone festività. Bortolo Simoni direttore generale

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Newsletter - notizie di informazione socio-sanitaria del territorio dell’Ulss 8

Anno I - numero 4 - dicembre 2014

Direzione medica: cambio alla guidaDa dicembre la direzione medica di ospedale è stata affidata alla dottoressa Chiara Berti.

CLICCA QUI per iscriverti

alla newsletter SaluteInsieme

Cosa ha trovato al suo arrivo in Ulss 8?Ho trovato un’ottima accoglienza da parte del personale. Sono arrivata da poche settimane ma ho già avuto molti incontri con le figure professionali dei due presidi che pian piano mi stanno aiutando a comprendere come è impostata la struttura. Ho tro-vato anche due presidi molto ben dotati sia dal punto di vista strutturale che tecnologico cui, purtroppo, non sempre corri-sponde una dotazione di organico adeguata.

Che cosa si porta qui dell’esperienza professionale passata?La capacità di riuscire ad essere flessibile rispetto alla variabilità delle organizzazioni. Ogni ospedale è un organizzazione a sè, frutto di una storia, di relazioni e di un tessuto sociale specifico, difficilmente replicabile altrove. Il mio sforzo si concentrerà nel cercare di introdurre nei due ospedali, adattandole se necessa-rio, le soluzioni di eccellenza sperimentate in altre Ulss .

Cosa prevede, nello specifico, il suo ruolo?Quello della direzione medica è una sorta di lavoro di “retro-bottega”, è una struttura a servizio delle altre strutture i cui in-terlocutori principali non sono i pazienti ma le figure interne: la direzione strategica, i direttori di struttura e i coordinatori infermieristici, il Dipartimento di prevenzione ed il distretto. Sopratutto con quest’ultimo sarà fondamentale intensificare le relazioni, alla luce delle nuove disposizioni regionali che spin-gono sempre più verso la de-ospedalizzazione a favore di trat-tamenti e presa in carico del paziente sul territorio.

Quali saranno i suoi obiettivi come direttore?Assieme alla direzione strategica abbiamo concordato degli obiettivi che, ovviamente, dovranno tenere conto delle schede ospedaliere approvate a livello regionale nel 2013 e del nuovo Piano socio-sanitario regionale. Il punto chiave della riorganiz-zazione, in parte già in atto, è la volontà, in ciascuna Ulss, di evitare la convivenza di Unità operative doppie: le prossime azioni dovranno quindi tendere a definire attività differenziate e specifiche per quelle Unità operative presenti sia nella sede castellana che in quella montebellunese, rendendole comple-mentari.

CHIARA BERTI: il profiloDallo scorso 1° dicembre la dot-toressa Chiara Berti è il nuovo direttore della Direzione medi-ca dell’Ulss 8 che prende il po-sto della dottoressa Anna Maria Brosolo, direttore della struttu-ra dal 1998.

Nata nel 1970 a Cittadella (Pd), la dottoressa Berti si è laureata all’Università di Padova ed ottenuto la specializzazione in Igiene presso lo stesso ate-neo.Durante la specializzazione ha frequentato la direzione sanitaria dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso e collabo-rato con il dottor Giovanni Pilati nella direzione sanitaria dell’Ulss 15 Alta Padovana.Dal 2001 al 2008 ha svolto servizio presso la direzione me-dica del presidio ospedaliero di Cittadella (dal 2006 al 2008 è stata responsabile della struttura semplice di controllo delle schede di dimissione ospedaliera e organizzazione degli spazi nel presidio ospedaliero di Cittadella e dal 2007 al 2008 è stata direttore medico dello stesso presidio.Dal 2008 al 2012 è stata direttore medico dell’ospedale Sant’Antonio dell’azienda Ulss 16 di Padova, mentre dal 2012 ha prestato servizio nell’Ulss 3 di Bassano del Grappa come direttore del Dipartimento dei servizi ospedalieri e direttore della struttura complessa di direzione medica dei presidi ospedalieri.

Si conclude con questo numero il primo anno di questa newsletter che contiene una serie di contenuti collegati da un unico filo conduttore - che coincide con gli obiettivi principali che come direzione stiamo portando avanti - l’ap-propriatezza delle prescrizioni e la sinergia tra ospedale e territorio (medici di base in ambito clinico ed amministra-zioni in ambito sociale).Vi augurio una buona lettura e, con l’occasione, vi trasmet-to i migliori auguri di buone festività.

Bortolo Simonidirettore generale

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dall’ulss 8

Risonanza magnetica in sicurezzaQuello che il paziente deve sapere per effettuare l’esame in sicurezza.

Una Risonanza Magnetica (RM) spesso può essere riso-lutiva per determinate problematiche diagnostiche perché permette la determinazione di molti parametri vitali, come un esame del sangue da un unico prelievo.

L’indicazione precisa del medico prescrittore permette al radio-logo di sfruttare le potenzialità della RM per mettere in eviden-za anomalie anatomiche localizzate dei tessuti o degli organi in maniera generalmente più risolutiva rispetto ad altre metodi-che di diagnostica per immagini. A differenza dell’esame radiologico (lastra, TAC, mammografia) o di medicina nucleare (PET, scintigrafia), la RM non utilizza radiazioni pericolose (raggi X o sostanze radioattive) e quindi, come l’ecografia, viene considerato un esame sicuro, privo dei rischi per la salute causati dall’impiego di raggi X. Ma a pre-scindere dagli aspetti clinici, esistono alcune controindicazio-ni specifiche che devono essere escluse dal medico radiologo prima di fare accedere il paziente alla sala RM ed effettuare l’esame. Tali condizioni in alcuni casi comportano un deterio-ramento delle immagini che ne impediscono la refertazione, mentre in altre possono costituire un pericolo concreto e un danno anche irreversibile per la salute del paziente.

Se il magnete è così intenso da provocare l’orientazione di tut-te le cellule, purtroppo è in grado anche di provocare sposta-menti di materiale ferromagnetico (oltre al ferro anche cobalto e nichel, presenti in molte leghe); per questo motivo il pazien-te viene fatto spogliare prima dell’esame: monetine, fermagli, carte di credito, cinture, tutto ciò che contiene ferro non deve entrare dentro la sala esame. Ma cosa succede al paziente che entra nella sala magnete con un piercing all’orecchio? E se ha un chiodo ortopedico nella tibia? O piccole schegge metalliche residue da lavori di salda-tura?Il rischio in questi casi viene chiamato “effetto proiettile” ed è dovuto ai possibili spostamenti del materiale ferromagnetico all’interno del corpo che possono danneggiare i tessuti circo-stanti.Oltre all’effetto proiettile, anche la radiofrequenza può costituire un pericolo, in questo caso si parla di ustioni termi-che e di interferenze “RF” che possono verificarsi in particolari

COS’E’ UNA RM?Lo strumento che esegue la RM è come una grossa calamita (da cui il termine “Magnetica”), così potente da orientare come l’ago di una bussola alcuni “ingredienti magnetici” presenti in tutte le cellule del corpo umano. Fatto ciò, usando onde radio (dette ra-diofrequenze), è possibile ricostruire un’immagine corporea in base alla risposta (in fisica: “Risonanza”) dei differenti tessuti. In questo modo ottenere l’immagine di un muscolo nel corpo del paziente diventa qualcosa di molto simile a selezionare un canale sulla televisione: ad ogni tessuto corrisponde un canale. Con un processo simile allo “zapping” vengono identificati tutti i tessuti permettendo di ricostruire l’immagine completa. Questo “zap-ping” genera il rumore fastidioso simile ad una mitraglia che viene attenuato dalle cuffie / tappi per le orecchie che il personale con-segna al paziente.

condizioni. Per cercare di spiegare utilizziamo un altro elet-trodomestico ormai abbastanza comune: il forno a microon-de. Ciascuno di noi sa che ci sono recipienti che non devono essere utilizzati quando si cucina con un forno a microonde: ceramica e metallo riflettono le onde, impedendo ai cibi di cu-cinarsi, i contenitori metallici tendono a riscaldarsi molto più velocemente del cibo e il loro uso può provocare scintille; la plastica lascia passare le microonde, ma non tutte le plastiche trasferiscono uniformemente al cibo il calore accumulato, alcu-ne possono fondere.... Anche alcuni cibi hanno comportamen-ti imprevedibili: le ossa non si riscaldano, mentre le uova, cotte intere con il guscio (uova sode) tendono ad esplodere se non si curano alcuni dettagli.

Tutte le volte che, durante l’esame, viene inviata la radiofre-quenza di risonanza, il corpo del paziente si riscalda; la quan-tità di onde inviate è tale per cui il riscaldamento medio dei tessuti non supera il grado centigrado, però in alcuni casi è ne-cessario prestare attenzione:

In molti dei casi descritti, il personale medico e tecnico della Radiologia, se informato preventivamente, può individuare la modalità di esame RM più opportuna per rendere trascurabili gli effetti sopracitati, in alcuni casi potrà invece rifiutarne l’e-secuzione, per garantire la sicurezza e l’integrità del paziente.E’ per questi motivi che risulta necessario compilare un que-stionario preventivo obbligatorio, scaricabile dalle pagine web dell’Ulss 8. Questo è lo strumento che, compilato correttamen-

Alzare la temperatura corporea di un grado può essere pericoloso se il paziente è già febbricitante, in particolare se è un bambino cui spesso l’alterazione febbrile causa già da sola un innalzamento della tempe-ratura corporea che raggiunge o supera i 39°.In presenza di protesi metalliche (ma anche di tatuaggi cutanei), que-ste tendono ad accumulare il calore generato e a riflettere le onde ra-dio. Un eccessivo riscaldamento può tradursi in ustioni, generalmente modeste, del tessuto sano adiacente, mentre la riflessione può pro-durre artefatti sull’immagine, esattamente come i disturbi di ricezione sulla televisione. Ad esempio molte protesi ortopediche utilizzate al giorno d’oggi sono in titanio e ceramica, il titanio è un metallo che non risente del campo magnetico ma metallo e ceramica, come nel forno a microonde, riflettono le onde e possono creare disturbi che peggiorano l’immagine; alcuni pigmenti dei tatuaggi possono conte-nere ossidi metallici e causare ustioni di grado modesto; infine se il paziente non toglie le lenti a contatto o è portatore di alcune protesi plastiche (ad esempio il cristallino artificiale), in specifiche condizioni, da esaminare singolarmente per ogni dispositivo, potrebbe verificarsi lo scioglimento della lente o l’occhio potrebbe surriscaldarsi al punto tale da danneggiarsi irrimediabilmente.Nel caso in cui siano presenti dispositivi elettronici impiantati (impian-ti per l’udito, stimolatori cardiaci, polmonari, neurologici, gastrici) il loro corretto funzionamento può essere compromesso dalla interfe-renza con le onde radio; l’effetto è generalmente transitorio, ma per un dispositivo come il pacemaker il cui corretto funzionamento ga-rantisce la sopravvivenza del paziente, anche un malfunzionamento temporaneo può essere fatale. Si ricorda che la legge attualmente in vigore sul territorio nazionale vieta l’esame RM su ogni tipo di pacema-ker, compresi quelli dichiarati RM compatibili dal produttore.

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Il diabete in Veneto è una delle malattie più comuni: su una popolazio-ne di circa 5 milioni di persone, vi sono circa 250mila pazienti diabetici noti e circa la metà ignoti, cioè che non sanno di soffrirne. Tra l’altro, si tratta di una patologia in crescita, basti pensare che si è passati dal 2,5% della popolazione del 1985 al 5% del 2010, fino all’attuale 6,2%.Due sono gli strumenti per far fronte a questa patologia in crescita: la prevenzione e la diagnosi precoce.La prevenzione consiste nel mantenere uno stile di vita sano, fatto di una dieta equilibrata e varia e da attività motoria regolare. In questo ambito una funzione molto importante, a livello locale, viene svolta dall’Associazione diabetici, che in più occasioni promuove iniziative di prevenzione.La diagnosi precoce, invece, richiede per le persone sopra i 50 anni non a rischio, un esame della glicemia una volta all’anno mentre per le persone a rischio lo stesso esame va fatto a partire dai 40 anni(come chi ha familiari stretti diabetici o gli obesi).L’importanza di una diagnosi precoce sta nel fatto che, prima viene in-dividuata la malattia, prima è trattata, inferiore è il rischio di incorrere in complicanze, anche gravi (come la retinopatia fino alla cecità, dialisi per insufficienza renale, il coma, la gangrena) che richiedono ricoveri con costi umani, sociali ed economici molto elevati.Una volta diagnosticata la patologia, il paziente viene preso in carico dal servizio di Diabetologia e, grazie ad una consolidata collaborazio-ne con i medici di medicina generale del territorio, viene avviato e gestito il percorso terapeutico più adeguato per il paziente.Su questo aspetto, è utile sottolineare che la Regione Veneto ha rece-pito il Piano nazionale del diabete, approvando una specifica legge regionale e istituendo una Commissione regionale Diabete - di cui fa parte anche il dottor Loris Confortin, presidente della Società italia-na di Diabetologia (SID) Veneto e Trentino Alto Adige e responsabile della Diabetologia di Castelfranco Veneto – che ha il compito di predi-sporre quanto la legge regionale prevede.I primi lavori della Commissione si stanno concentrando affinché pos-sa essere unificato in tutte le Ulss venete il percorso diagnostico-tera-peutico del diabete in modo che qualsiasi paziente veneto che soffra di diabete possa essere curato ed assistito secondo una procedura standardizzata.Inoltre, a partire dallo scorso agosto, in collaborazione con il Pronto soccorso nella struttura sono state attivate il “fast track” e osservazio-ne breve intensiva per i malati di diabete.

RISULTATI ANDATA RITORNO

A piedi-in bici A motore A piedi-in bici A motore

Scuole con Pedibus

90(51,4%)

85(48,6%)

66(38,2%)

107(61,8%)

Scuole senza Pedibus

248(27,6%)

650(72,4%)

278(31,4%)

606(68,6%)

Totale 338 735 344 713

dall’ulss 8

“Prevenire il Diabete? Una passeggiata!”

A novembre, in occasione della Giornata mondiale contro il dia-bete, in Piazza Giorgione si è svolta l’iniziativa “Prevenire il Diabe-te? Una passeggiata!” promossa da Farmacieunite e Farmarca in collaborazione con le Associazioni dei Diabetici e Acqua Minerale San Benedetto che ha permesso di evidenziare quali sono i bene-fici effetti del moto sulla glicemia. Nell’occasione si è svolta una camminata di qualche km per dimostrare come un poco di moto possa abbattere i livelli di zucchero nel sangue; grazie ai volontari che hanno effettuato la misurazione della glicemia ‘ante’ e ‘post’ camminata”.

te, mette in evidenza al medico radiologo i possibili rischi, perché la risposta a ciascun quesito del questiona-rio attesta l’assenza o la presenza di un pos-sibile fattore di rischio

concreto e immediato.

Quando le risposte del paziente sono tutte negative, la riso-nanza magnetica è un esame che può essere svolto in com-pleta tranquillità, in caso contrario probabilmente potrà essere svolto comunque, ma richiederà una valutazione supplemen-tare a tutela del paziente e ciò può comportare un tempo di attesa aggiuntivo, in alcuni casi anche un rinvio della prestazio-ne ad altra data.

Al via il fast track e l’Obi per i diabeticiAvviati a Castelfranco Veneto in collaborazione con il Pronto soccorso due nuovi percorsi “veloci”.

Per semplificare tutto ciò ed evitare ritardi e rinvii è bene che:• qualora il paziente sia portatore di dispositivi medici im-

piantati (protesi ortopediche, cristallini artificiali, stimolatori elettronici, ecc.) deve portare con se tutta la documentazio-ne relativa, in particolare l’anno di impianto e la tessera del dispositivo con nome, marca, modello, anno di fabbricazio-ne ed eventuale certificazione di compatibilità RM rilasciata dal produttore: la risonanza magnetica è un esame recente, molti dispositivi che oggi sono fabbricati per l’uso sicuro in RM, 10 anni fa non potevano entrare in una sala magnete.

• in caso di presenza di schegge o dispositivi elettronici non rimovibili si consiglia di chiedere un colloquio in radiologia qualche giorno prima dello svolgimento dell’esame: questo eviterà al paziente le eventuali preparazioni preesame e l’at-tesa fuori dalla sala di risonanza nel caso in cui esso risulti controindicato.

a cura del dottor Enrico Bollaresponsabile Sicurezza RM - SSD Fisica Sanitaria Ulss 8

La prima consente ai diabetici di accedere direttamente – subito dopo il triage - al Servizio di Diabetologia, senza attendere la visita del medico di Pronto soccorso; l’osservazione breve intensiva, invece, è rivolta alle persone diabetiche che non hanno gravità clinica e che, dopo un limitato periodo di assistenza in Pronto soccorso, possono essere eventualmente dimesse in sicurezza, evitando ricoveri impro-pri. L’introduzione di questi due percorsi di cui l’Ulss 8 è apripista, rap-presenta tra l’altro uno degli obiettivi principali della SID Veneto e Trentino Alto Adige.

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Trattare lo scompenso cardiacoMedici di medicina generale e cardiologi: un’alleanza per trattare i pazienti scompensati.

Ne soffre una persona su 20. In Italia sono circa 3milioni le persone affette da scompenso cardiaco conclamato o asinto-

matico, cioè dall’incapacità del cuore di pompare quantità di sangue sufficienti per far fronte alle necessità dell’organi-smo. Nel mondo occidentale lo scompenso cardiaco è una delle patologie croniche a più alto impatto sulla sopravvivenza. Me-diamente si verificano da 1 a 5 casi ogni 1000 abitanti e nell’Ulss 8 si presentano circa 750 nuovi casi ogni anno.

“Quella dello scompenso cardiaco rap-presenta la prima causa di ricovero ospe-daliero, nonché una patologia comples-sa da trattare perché spesso insorge in seguito ad un quadro clinico piuttosto compromesso (nella maggior parte dei casi lo scompenso è la conseguenza di una cardiopatia ischemica o di una car-diomiopatia dilatativa idiopatica, di iper-tensione o di una cardiopatia valvolare).Ma, sebbene nella fase di esordio sia im-prescindibile il trattamento in ospedale, molto è possibile fare a livello territo-riale”, sottolinea il dottor Carlo Cernetti, direttore dell’Unità operativa di Cardio-logia dell’ospedale San Giacomo di Ca-stelfranco Veneto.

Il rapporto tra ospedale e territorio nel-la gestione dello scompenso cardiaco è stato proprio al centro del corso di ag-giornamento promosso a fine novembre dalla Cardiologia castellana e rivolto ai medici di medicina generale del territo-rio con l’intento di consolidare l’alleanza tra i medici cardiologi ed i medici che per primi hanno un rapporto coi pazienti a rischio o scompensati, quelli di medicina generale, appunto.

Vi hanno preso parte il dottor Carlo Cer-netti e il dottor Nicola Pellizzari della Cardiologia di Castelfranco Veneto, il professor Gianfranco Sinagra, direttore Dipartimento Cardiovascolare Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riu-niti” Trieste, il dottor Cataldo Abaterus-

so, direttore della Nefrologia dell’Ulss 8, il dottor Luigi Lusiani, direttore della Medicina interna, il medico di medicina generale, dottor Pierantonio Rossato; è seguita la tavola rotonda cui hanno pre-so parte il direttore della Cardiologia di Montebelluna, dottor Gianfilippo Neri, il direttore della Cardiologia riabilitati-va di Motta di Livenza, dottor Giuseppe Favretto, il direttore del Dipartimento di prevenzione Medicina dello sport di Treviso, dottor Patrizio Sarto, ed i dottori Alessandro Desideri e Giovanna Colan-geli della Cardiologia castellana.

Anche per lo scompenso cardiaco, infatti, la tendenza attuale prevede la deospe-dalizzazione, cioè concentrare il ricovero solo nella fase più acuta e strettamente

necessaria, e favorire la fase di convale-scenza a domicilio, sotto stretto control-lo del medico di medicina generale.

Questa tendenza è sempre più giustifi-cata da ragioni mediche ed economiche: ridurre i giorni di ricovero a favore della domiciliarità aumenta la qualità di vita del paziente e riduce i costi relativi alla degenza ospedaliera (che in Italia, am-montano a circa 400milioni di euro, pari al 2% della spesa sanitaria globale).

dall’ulss 8

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Breast Unit,esempio di qualitàLa gestione del tumore al seno con il percorso diagnostico terapeutico assistenziale.

Sono circa 200 i nuovi casi di donne trattate per un tumo-re maligno al seno nell’Ulss 8 nell’ultimo anno.Il tumore al seno è stato al

centro di due recenti incontri promossi dall’Ulss 8 e rivolti ai medici di medici-na generale del territorio nelle due sedi ospedaliere, mercoledì 17 dicembre al San Giacomo di Castelfranco per i medici di medicina generale dell’area castellana e giovedì 18 dicembre al San Valentino di Montebelluna per quelli dell’area mon-tebellunese.I due incontri sono stati organizzati allo scopo, non solo di illustrare ai medici di medicina generale l’attuale offerta assi-stenziale dell’Ulss 8 in campo di tumori al seno, ma anche di stringere una più stretta collaborazione nella gestione del-le pazienti allo scopo di migliorare l’ap-propriatezza delle prestazioni, evitare prescrizioni inutili e perfezionare la fase di follow up successiva al trattamento terapeutico.Oltre al direttore generale, dottor Bor-tolo Simoni, il direttore sanitario, Paola Corziali, e al direttore del distretto unico, Cristina Beltramello, e la rappresentante della direzione medica, dottoressa Salva-torelli, erano presenti tutte le figure pro-fessionali coinvolte nella presa in carico delle pazienti colpite da tumore al seno a partire dal dottor Antonio Rizzo, coordi-natore della Breast Unit, il direttore dello screening mammografico, l’infermiera case manager, il radiologo, il chirurgo se-nologo, il patologo, l’oncologo, il medico nucleare, il fisiatra, lo psicologo e, per la parte relativa alle donne ad alto rischio, il genetista ed il ginecologo.Quella del tumore al seno è, infatti, una patologia, che, da diversi anni, nell’Ulss 8 viene trattata in maniera multidisciplina-re, con il coinvolgimento di più speciali-sti che seguono la paziente dal momen-

to della diagnosi fino al follow up.Risale già al 2010, ad esempio, l’avvio dell’Unità funzionale multidisciplinare di patologia della mammella allo scopo di dare forma e continuità a questo tipo di gestione delle pazienti.Un ulteriore passo è intervenuto lo scor-so anno, quando le schede ospedaliere introdotte dalla Regione Veneto hanno riconosciuto la Breast Unit dell’Ulss 8 come centro hub per il trattamento dei tumori al seno, e l’ha inserita tra le strut-ture all’interno della rete regionale dei Centri di Senologia del Veneto.“Il percorso verso la completa istituzio-nalizzazione del Centro – spiega il di-rettore sanitario, Paola Corziali - , che in futuro avrà anche una propria apicalità, prevede il raggiungimento di una serie di parametri di qualità; possiamo dire che, nel caso dell’Ulss 8, gli obiettivi sono stati raggiunti anche grazie all’attivazio-ne di un percorso diagnostico terapeuti-co assistenziale specifico per la patologia mammaria. Un percorso che permette la presa in carico complessiva della pazien-te con l’obiettivo di individuare le neo-plasie ad uno stadio sempre più precoce di malattia e garantire la tempestività del trattamento, nonché la migliore soprav-vivenza e qualità di vita”.Nello specifico il percorso prevede la presa in carico della paziente con mo-dalità di accesso differenziate a seconda che si tratti di una donna con sintomi, o risultata dubbia o positiva allo scre-ening mammografico, o senza sinto-mi e di età inferiore ai 40 anni o, infine, senza sintomi ma di età superiore ai 40 anni. Fondamentale la gestione in ma-niera integrata tra gli specialisti che si riuniscono con cadenza settimanale in videoconferenze tra le due sedi ospeda-liere per approfondire insieme i casi so-spetti, individuati con la mammografia di screening, o quelli dei pazienti inviati

dal medico di medicina generale che il radiologo ritiene meritevoli di ulteriori approfondimenti. “Questo approccio multidisciplinare - spiega il dottor An-tonio Rizzo – consente, per ogni caso in esame, di decidere la procedura più ef-ficace per giungere alla diagnosi di be-nignità o malignità e stabilire la terapia individualmente più idonea: nodulec-tomia, quadrantectomia, asportazione della mammella con eventuale ricostru-zione, radioterapia, chemioterapia, assi-curando a tutte sostegno psicologico e riabilitativo con un percorso dedicato per le donne ad alto rischio di cancro an-che in collaborazione con il laboratorio di genetica dello IOV di Padova”.Il percorso è stato presentato ai medici di medicina generale, evidenziando gli ottimi risultati raggiunti nel tempo ri-spetto ai parametri definiti dalle Linee guida europee 2006, a partire ad esem-pio dal ridottissimo tasso di falsi negativi e inadeguati riscontrati, l’assenza di falsi positivi ed una elevatissima concordan-za dell’esame immunoistochimico in-traoperatorio del linfonodo sentinella. Ottimi anche i tempi medi di refertazio-ne che attualmente di attestano sui 3-4 giorni per le agobiopsie. Inoltre, la mag-gior parte delle donne hanno la diagnosi e vengono operate entro i tempi ottimali fissati dal Ministero della Salute. Il tutto entro una cornice di controlli di qualità che rappresentano le fondamenta del futuro accreditamento delle Breast Unit.

dall’ulss 8

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dall’ulss 8

È entrato in servizio lo scorso 1° settembre il nuovo primario della Chirurgia del presidio ospedaliero di Montebelluna. Nato nel 1966 a Napoli, il dottor Mau-rizio De Luca si è laureato in Medicina e chirurgia

presso la Seconda Università degli studi di Napoli nel 1993 e si è specializzato in Chirurgia generale con indirizzo oncolo-gico presso la stessa Università nel 1999. Ha recentemente conseguito anche due master: nel 2012 in chirurgia toracica oncologica presso l’Università di Torino e nel 2013 in chirur-gia bariatrica e metabolica all’Università di Napoli. Dopo la laurea ha svolto numerosi corsi clinici di perfezionamento in laparoscopia, in toracoscopia e chirurgia toracica e addomi-nale oncologica e chirurgia del trauma e ha approfondito le sue competenze anche presso importanti centro stranieri, in Europa e negli Stati Uniti.

Il nuovo primario, assieme al suo staff, si è presentato ai me-dici di medicina generale nel corso di una serata che si è svolta a novembre allo scopo di creare un legame più stret-to tra i medici specialisti ospedalieri ed i medici di famiglia, secondo una visione per cui tanto più forte è la collabora-zione tra “ospedale e territorio”, tanto più il servizio offerto ai pazienti è di qualità.

L’incontro è stato, infatti, l’occasione per illustrare ai medici di medicina generale l’offerta clinico-assistenziale del re-parto: dalla chirurgia in elezione con tecnica mininvasiva e tradizionale, la chirurgia in urgenza e quella ambulatoriale nelle nuove sale operatorie dell’ospedale, appositamente dedicate.

Nel reparto montebellunese, oltre alla chirurgia in elezione (chirurgia gastroesofagea, epato-bilio-pancreatica, del si-stema ematopoietico laparoscopica, del surrene laparosco-pica, del colon-retto laparoscopica, di parete laparoscopica; diagnostica laparoscopica), è disponibile la chirurgia delle neoplasie cutanee, quella dell’obesità (Montebelluna è cen-

tro di riferimento riconosciuto dalla Sicob, Società italiana di chirurgia dell’obesità e delle malattie metaboliche), quella proctologica, quella toracica.

La maggior parte dell’attività chirurgica attuale praticata a Montebelluna è di tipo mini-invasivo. Spiega il dottor De Luca: “I grandi tagli sono dolorosi, allungano le degenze ed il decorso post operatorio per cui sempre più spesso gli interventi chirurgici avvengono in laparoscopia con l’utilizzo anche di una singola incisione, “single incision laparoscopic surgery (Sils) - per interventi come il ben-daggio gastrico, l’appendicite, la colecisti, la laparosco-pia diagnostica - e con la “fast track surgery”, cioè un percorso veloce che consente di accelerare i tempi del-le varie fasi del ricovero per intervento chirurgico (fase preoperatoria, fase operatoria, fase post-operatoria). I pazienti operati di cancro del colon, ad esempio, a dif-ferenza di un tempo, riescono ad avviare una dieta soli-da già il giorno seguente l’intervento in laparoscopia e le dimissioni avvengono già in terza o quarta giornata”.

Ai medici di medicina generale è stato inoltre presentato l’approccio sempre più multidisciplinare portato avanti dal reparto chirurgico e che prevede incontri a cadenza setti-manale tra più specialisti dell’Ulss 8 coinvolti nella diagnosi e nel trattamento dei casi più complessi che coinvolgono più aree cliniche.

Vi intervengono, oltre al chirurgo, anche il radiologo, l’inter-nista, l’oncologo, l’anestesista, il geriatra. Si tratta di incontri aperti anche ai medici di medicina generale che, parteci-pandovi, possono comprendere le scelte degli specialisti e condividere il percorso diagnostico-terapeutico del pazien-te. A questi incontri di studio ed analisi, si sta implementan-do anche una parte più scientifica, con approfondimenti specifici su alcune patologie (ad esempio gestione del ver-samento pleurico, trattamento del diabete preoperatorio, il rischio trombo embolico, il prolasso rettale...).

Chirurgia, il futuro è la mini-invasivitàIl nuovo direttore della Chirurgia di Montebelluna, Maurizio De Luca.

La Chirurgia di Montebelluna è stata recentemente in-serita in due studi:• lo studio europeo promosso dall’Escp ((European

society of Coloproctology) sul percorso chirurgico dei pazienti con tumori al colon retto;

• lo studio osservazione in associazione con la Fon-dazione PTV Policlinico Tor Vergata di Roma sulla chirurgia delle neoplasie del retto finalizzato a va-lutare i risultati a lungo termine di questa proce-dura.

Inoltre, il dottor De Luca, assieme ai chirurghi, dottor Lunardi, Pellicanò, Sartori e Clemente fanno parte della Commissione tecnica che sta lavorando alla definizio-ne delle linee guida nazionali della Società della chirur-gia dell’obesità.

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prevenzione

È un fenomeno sottovalutato, ma quello degli incidenti domestici, in Italia, è una delle principali cause di morte e di invalidità.Le cause sono molteplici e comprendono la distrazione,

la superficialità, la scarsa conoscenza e l’inosservanza delle più elementari norme di sicurezza. Un fenomeno che nasce princi-

palmente dalla carenza di una corretta cultura della sicurezza e della prevenzione.Tra gli eventi più drammatici che si registrano in questa stagio-ne vi sono quelli derivanti dalle intossicazioni dal monossido di carbonio (CO).

Un “killer” pericoloso dentro casaAlcune utili norme di comportamento per evitare le intossicazioni da monossido di carbonio.

IL MONOSSIDO DI CARBONIO O CO

E’ un gas tossico incolore e ino-dore che, se respirato, può por-tare a gravi conseguenze, fino alla morte. I primi sintomi di intossicazio-ne sono mal di testa, nausea, vomito, stanchezza e confusio-ne.

DOVESI TROVA IL CO?

Il CO si trova nei fumi di com-bustione prodotti da bracieri, stufe, fornelli, caldaie, boiler, camini aperti e nei gas di scari-co degli auto veicoli.Il CO è prodotto da queste fon-ti in particolare quando non c'è aria sufficiente a garantire un'adeguata combustione ed è pericoloso se si concentra negliambienti chiusi come le stan-ze di una abitazione, garage o cantine.

DA NON FARE

• Non usare mai dentro casa bracieri, griglie a carbone, barbe-cue, scaldaacqua o fornelli a gas senza cappa collegata con l’esterno.

• Non usare mai un braciere o un fornello a gas per riscaldare la casa.

• Non usare mai generatori o qualsiasi apparecchio a gas o al-tro combustibile, compresi gli spiedi per cottura cacciagione, all’interno di scantinati, garage o altri spazi chiusi.

• Non lasciare mai un veicolo acceso all’interno di uno spazio completamente o parzialmente chiuso, come un garage.

• Far installare gli impianti termici da personale esperto ed esi-gere la certificazione che l’impianto è stato installato secon-do la regola dell’arte e la normativa vigente.

• Far eseguire regolarmente, da personale esperto, la manu-tenzione dell’impianto ed apparecchio termico in conformità alla normativa vigente.

• Evitare il fai da te, non modificare gli impianti di propria ini-ziativa e non otturare le prese d’aria.

• Assicurare sempre un’efficiente aerazione nei locali dove si trovano gli impianti, con adeguate aperture.

• Non utilizzare negli ambienti di casa, specie quelli dove si dorme, forme di riscaldamento improprie come i bracieri.

• In caso di sospetta intossicazione da CO che si manifesta con mal di testa, nausea, vomito, stanchezza, confusione mentale e perché si è rimasti in un ambiente chiuso in presenza ap-parecchi di combustione non idonei, ventila subito i locali, aprendo le finestre e chiama immediatamente il 118.

DA FARE

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Piano di Zona, la sfida delle sinergieIl futuro del sociale chiede un cambio di rotta da un modello gerarchico ad uno collaborativo.

Tra ottobre e novembre i rappre-sentanti dei 30 Comuni dell’Ulss 8 si sono riuniti nella Sala Con-vegni di Montebelluna per par-

tecipare al ciclo di tre incontri di forma-zione promossi in collaborazione con l’Ulss 8.Il direttore dei servizi sociali e della fun-zione territoriale dell’Ulss 8 , dottor Gal-lo ha illustrato agli amministratori un nuovo approccio di intervento socio-as-sistenziale che prevede il passaggio dal modello di welfare state al welfare com-munity. Un approccio più aderente alla situazione attuale e che dovrebbe guida-re anche le scelte per la predisposizione del nuovo Piano di zona.“Per anni abbiamo considerato la per-sona per se stessa, non come soggetto all’interno di un sistema - ha sottolineato il dottor Gallo -. Questo tipo di approc-cio gerarchico-assistenziale, tipico del welfare state, si è rivelato fallimentare in quanto, rispondendo solo al bisogno del singolo, ha trascurato il ruolo della fami-glia, delle associazioni, dell’ambiente”.L’approccio gerarchico ha generato una dipendenza degli assistiti verso le istitu-zioni e una generale situazione di assi-stenzialismo.“E’ diventato imperativo cambiare la rotta - ha commentato il dottor Gallo -, a partire dalle energie della comunità. E’ necessario iniziare a considerare la per-sona e le sue relazioni come una risorsa secondo un approccio di pari dignità in cui l’assistito viene inteso parte di un sistema che coinvolge anche le istitu-zioni, la famiglia, le reti informali, le as-sociazioni, il terzo settore, il mercato e le imprese”. Questo modello di welfare community, nell’Ulss 8, è in parte già presente ad esempio con le reti di fami-glie per l’affido dei minori, con i Centri di sollievo Alzheimer, con i gruppi di mutuo aiuto rivolti alle persone con problemi di dipendenza.“Il percorso di trasformazione del model-lo di intervento è una sfida prima di tut-to culturale che mette in prima linea noi amministratori che quotidianamente ci troviamo a fare i conti con persone e fa-miglie con bisogni socio-assistenziali cui,

complici i tagli dei trasferimenti statali, non sempre è facile dare una risposta - ha sottolineato il presidente della Con-ferenza dei sindaci dell’Ulss 8, Annalisa Rampin -. Iniziare a pensare al cittadino come parte di un sistema di relazioni

risulta una nuovo opportunità e ci per-mette di iniziare ad ipotizzare soluzioni alternative ed innovative di intervento in sinergia con gli altri attori del territorio”.

UNA FOTOGRAFIA DEI SERVIZI OFFERTI

DAL PIANO DI ZONA ATTUALE

sociale

AREA FAMIGLIA INFANZIA ADOLESCENZA MINORIContinuità dei servizi in attoConsultori familiari - Tutela sociale minorile - Comunità diurne e residenziali per minori - Servizi per la prima infanzia (asilo nido e nido integrato) presenti nel territorio - In-terventi sociali, domiciliari e economici dei ComuniNuovi progetti: affido rinforzato, progetto Reti di famiglie

Gli interventi del 2013Sono stati potenziati gli interventi nell’a-rea della promozione e prevenzione, con particolare attenzione allo sviluppo di una maggiore capacità di attivazione di percorsi di sussidiarietà per creare una rete di colla-borazione e interventi integrati tra le diver-se aree di lavoro e con le diverse realtà del

territorio.• Utenti presi in carico dai consultori:

8029, di cui 3674 nuovi utenti.• Percorsi nascita: 36 corsi di prepara-

zione al parto con 557 partecipanti; 35 corsi post partum con 503 parteci-panti.

• Consultori giovani: 168 giovani hanno richiesto consulenze dirette; in 75 clas-si di scuole superiori sono stati effet-tuati incontri di eduzione all’affettività.

• Tutela sociale minorile: 909 casi in carico. Per 135 minori sono stati atti-vati interventi diurni (40 minori, 30 in comunità e 10 in affido) e residenziali (95 minori, di cui 35 in comunità e 60 in affido)

• Azioni innovative: affido rinforzato (8 minori) e Reti di famiglie (102 famiglie attive con 186 minori accolti)

AREA PERSONE ANZIANEIl sistema della domiciliaritàInterventi di promozione della domiciliarità: Servizi sociali e centri diurni dei Comuni Interventi di sostegno della domiciliarità:Servizio assistenza domiciliare dei ComuniServizio cure palliative e domiciliari dell’ULSSTelesoccorso e telecontrolloInterventi di sostegno economico:Contributi dei ComuniAssegno di cura (ora ICD impegnativa di cura domiciliare)Alzheimer: Rete dei Centri Sollievo Progetto “Malattia di Alzheimer: in viaggio verso casa”

Gli interventi del 2013AssistenzA domiciliAre

Servizi dei Comuni: • utenti: 2.487 in SAD, di cui 954 in ADI;• personale: assistenti sociali 10,29 TPE;

operatori di assistenza 61,37 TPE• spesa complessiva: € 3.936.013Servizi dell’ULSS: • utenti: 10.800, di cui 1032 in ADIMED e

ADIHR; 6144 in assistenza infermieristi-ca; 3166 in ADI C; 458 in cure palliative

• Spesa complessiva: € 5.778.842,60

sostegno economico

Impegnative di cure domiciliari ICDbma• 1206 beneficiari• costo € 2.514.399 (finanziamento re-

gionale)Alzheimer

Rete dei Centri di Sollievo• funzionanti 20 centri che coprono tutti

i 30 Comuni dell’ULSS• contributi alle associazioni di volonta-

riato: € 75.457 (finanziamento regio-nale)

Progetto “Malattia di Alzheimer: in viaggio verso casa”: • 50 utenti, di cui 32 tuttora in carico • costo € 100.000 (finanziamento regio-

nale)ResidenzialitàIl ricorso alle strutture residenziali si è spo-stato verso i casi di acuzie per i quali la fami-glia non riesce più a farsi carico delle attività di assistenza e i tempi di permanenza nelle strutture si sono accorciati. • le impegnative di residenzialità ordi-

narie emesse dall’Ulss 8 sono 905 di 1° livello, 222 di 2° livello, 12 SVP, 5 SAPA, 44 diurne.

• 145 cittadini dell’Ulss 8 sono in lista d’attesa.

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sociale

AREA DISABILIContinuità dei servizi in attoServizio di neuropsichiatria infantile (ora sdoppiato in Servizio età evolutiva e Snpi) - Servizio disabilità - Assistenza scolastica e socia-le disabili - Servizio integrazione lavorativa (trasversale tra servizi)- Centri diurni - Servizi residenziali

Nuovi progettiInterventi per persone con autismoUn nuovo centro diurno (non attivato)

Gli interventi del 2013• Assistenza scolastica: 260 alunni in carico; 830 alunni con certi-

ficazione; costo € 1.607.000 Ulss - sociale• Servizio integrazione lavorativa: 307 persone hanno svolto un

tirocinio, 167 aziende ospitanti, 27 persone assunte a conclu-sione del tirocinio; costo € 265.063 per borse lavoro ai tiroci-nanti

• Valutazione disabili adulti: completa applicazione della scheda SvaMDi/ICF prima di disporre l’accesso ai servizi;

• Centri diurni: 460 utenti; 17 centri attivi (compresa la Struttu-ra Intermedia cessata al 30.6.2014); costo € 7.856.435, di cui 4.925.751 sanitari e € 2.597.231 sociali

• Servizi residenziali: 160 utenti (comprese le accoglienze tem-poranee) in 6 strutture (3 comunità alloggio e 3 RSA residenze sanitarie assistenziali), che complessivamente hanno capacità ricettiva di 121 posti (49 in comunità alloggio e 121 in RSA); co-sto € 3.998.927, di cui € 1.943.211 quote sanitarie e € 2.055.716 rette alberghiere (stimate)

AutismoComunità educativa diurna per minori con autismo: è attiva la co-munità Kaleido di 10 posti (oltre 25 utenti inseriti alcuni giorni alla settimana)Centri diurni per giovani adulti con autismo: sono stati attivati inter-venti per 15 disabili in due centri (Kairos e Casa Gialla); sono in corso le procedure di autorizzazioneComunità residenziale Casa del Campo: proposta come struttura di area vasta, non ancora attiva (sono in corso le procedure di au-torizzazione)

AREA DIPENDENZEContinuità dei servizi in atto afferenti al Dipartimento per le Di-pendenzeServizio DipendenzeServizio Alcologia e TabagismoComunità terapeutica pubblica di 20 postiServizio semiresidenziale pubblico e progetto “Un giorno in più” di complessivi 30 postiClub Alcolisti in trattamento (39 attivi)Inserimento di utenti in comunità terapeutiche di altri territori

Progetti in corso: Progetto Gap-net 2w per contrastare il gioco d’azzardo patologico (finanziamento regionale)

AREA SALUTE MENTALEContinuità dei servizi in atto afferenti al Dipartimento Salute Men-taleCentro di Salute Mentale (6 sedi)Servizio Psichiatrico (ospedaliero)8 centri diurni attivi, di cui 7 gestiti dal privato sociale e 1 in corso di esternalizzazione, di 20 posti ciascuno2 CTRP (comunità terapeutica residenziale protetta) di 16 posti ciascuna5 Comunità alloggio, di cui 4 attive per complessivi 38 posti6 gruppi appartamento protetti, di cui 5 attivi per complessivi 18 posti1 RSA (residenza sanitaria assistenziale) di 44 posti, da trasformare in 2 comunità alloggio

AREA MARGINALITA’ E INCLUSIONE SOCIALEStanno proseguendo i progetti relativi a:Case famiglie per soggetti con fragilità sociale (coop. soc. Sonda)Asilo notturno (IPAB Guizzo Marseille)Banco Alimentare per il recupero degli alimenti invendutiAgenzia sociale per favorire l’inserimento lavorativo (coop. soc. N.O.I.)

AREA IMMIGRAZIONEStanno proseguendo le azioni e i progetti relativi a:Progetto Incontriamoci per favorire l’integrazione scolastica e la mediazione culturale nei servizi comunali (parziale finanziamento regionale) La mediazione culturale nei servizi ULSS (ospedalieri e territoriali)

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dal territorio

Hanno sconfitto il cancroPromossa dalla Lilt una passeggiata nordic walking a Jesolo per le donne operate al seno.

Trentacinque donne, molte delle quali operate per can-cro al seno, sulla spiaggia di Jesolo, munite di bastonci-ni, in una piacevole passeggiata Nordic Walking.

E’ quanto è successo ad ottobre con un’iniziativa promossa dalla delegazione della Lilt di Castelfranco Veneto (Tv) in colla-borazione con Anwi, Associazione Nordic Walking Italia e con l’associazione Strada Facendo, per sensibilizzare le donne sul tema della prevenzione del tumore al seno.Le donne, guidate dalla fisioterapista Rafaela Pellizzari e dal-

la professoressa Laura Gasparini, istruttore ANWI, sempre di-sponibile per il gruppo hanno raggiunto la città di mare per una passeggiata che, in un’atmosfera rilassata e conviviale, ha testimoniato l’importanza della prevenzione ed i benefici del nordic walking.Diversi studi confermano infatti che nelle donne operate al seno che praticano il Nordic Walking la circolazione linfatica migliora, mentre l’intero sistema psico-fisico gode di una sen-sazione di benessere diffuso.L’esperienza del nordic walking è da qualche tempo proposta alle donne operate al seno che aderiscono alla Lilt castellana, le quali ne stanno apprezzando i benefici per la salute.“Essendo una camminata che coinvolge anche il movimen-to degli arti superiori, richiedendo l’apertura e la chiusura della mano ad ogni passo - spiegano la fisioterapista Rafaela Pellizzari e la professoressa Laura Gasparini -, in più occasio-ni abbiamo notato che dopo la camminata c’è stato un netto miglioramento nelle donne partite con gonfiore alla mano e pesantezza del braccio”.Per informazioni sulle atti-vità della Lilt e sui corsi di nordic walking contatta-re il numero 0423.732318, il lunedì, mercoledì e ve-nerdì dalle 8.00 alle 13.00.

Il Comitato etico per la pratica clinicaDieci anni di attività.

I l Comitato Etico per la Pratica Clini-ca è nato nel dicembre del 2003 con delibera del Direttore Generale. Per individuare e formarne i membri fu

attivata la Scuola Italiana di Medicina e Cure Palliative di Milano.Questi i 2 criteri (ancora vigenti) adottati per la scelta dei membri: disponibilità al

confronto e all‘autoformazione; prove-nienza professionale e territoriale, utile alla maggior rappresentanza sanitaria, sociale e di fede del territorio. Il Comitato Etico ha il compito di: esprimere pareri, riservati e non vincolanti, su singoli casi legati alla Pratica Clinica a supporto di chi deve decidere.Operatori sanitari, assistiti, familiari e cit-tadini possono chiedere gratuitamente un parere al Comitato Etico per iscritto, descrivendo la situazione e ponendo i quesiti (per informazioni: tel. 0423-732290, fax 0423-732291, mail: [email protected].).

Il Comitato redige anche raccomanda-zioni su specifiche tematiche ricorrenti e sensibilizza operatori sanitari e cittadini su tematiche etiche attuali: nutrizione artificiale, aborto, eutanasia, testamento biologico, medicina difensiva.

Il Comitato, che si riunisce una volta al mese, opera tramite gruppi di lavoro. Questi i componenti attuali: avvocato Arata Cristina Presidente (CF), coordina-tore infermieristico Berton Marina (Pe-diatria), infermiera Boin Monica (Cure Palliative e domiciliari), dottoressa Car-gnel Claudia (Urologia), coordinatrice infermieristica Cavalli Nadia, Vicepresi-dente (Week-Surgery), Cusinato Michela Docente (Discepole Vangelo), Donato Lara Rappresentante familiari; psicolo-ga Girardello Caterina (Psichiatria), assi-stente sociale Schiavetto Paola (Disabi-lità Adulta), coordinatore infermieristico Spaliviero Stefano (Coop. GAP), coordi-natore infermieristico Tiatto Paola (Ri-animazione), Torresin Serena Filosofo, dottor Venza Enzo Comitato Diritti Ma-lato, dottor Vicario Giovanni (Oncologia), dottor Zanardo Giorgio (Rianimazione), dottoressa Zaramella Cristina (Pediatria).

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Giovani e volontariatoUn’alleanza per il ben-essere

dal territorio

Èun vento quello del Volontariato che, in barba a chi vede nei ragazzi degli abulici senza valori, investe la scuola della Castellana. Centosessanta sono gli stu-denti e le studentesse che si sono impegnati a presta-

re servizio, per un pomeriggio ogni settimana durante l’anno scolastico, presso varie associazioni (68 con l’Associazione IRIS INSIEME PER L’ALZHEIMER, 7 con l’ABIO Associazione per il bambino in ospedale, 7 con il GRUPPO SORRISO di Castello di Godego, 13 con l’AUSER Circolo ricreativo culturale “Pacifico Guidolin”, 23 con la Bottega del Commercio equo solidale, 13 con il Centro di Solidarietà CARITAS, 29 con il Centro Residen-ziale per Anziani “Domenico Sartor”). Inoltre ogni sabato po-meriggio 3-4 studenti sono stati presenti alla Mostra del Vero-nese per la guardiania. Il Laboratorio Scuola Volontariato è un progetto voluto dal Coordinamento delle associazioni di volontariato della provin-cia di Treviso (Volontarinsieme) attivo a livello provinciale dal 2000. ll Coordinamento del Volontariato della Castellana si è attivato da subito per calarlo nel suo territorio, nella convin-zione del valore di un’esperienza che vuole essere una sorta di ponte che mette in relazione il mondo della scuola con quel-lo del volontariato e non solo. Negli anni non si è fermato alle scuole, ma è divenuto un luogo di educazione non formale che collabora con Enti ed Istituzioni per favorire sinergie, fare rete, valorizzando le risorse e proponendo alle agenzie educa-tive (formali e non) percorsi di approfondimento e laboratori di pratica di cittadinanza-attiva. Il LSV non si rivolge solo agli studenti, ma anche ai ragazzi che dalla scuola si sono allonta-nati o che sono a rischio dispersione, cercando di attivare in loro nuova motivazione per un impegno nella vita sociale da cui c’è il pericolo si sentano esclusi, quindi inclusione con altri, in progetti partecipati.

Perché parlare in una newsletter dell’Ulss dei rapporti tra Scuo-la e Volontariato? Nessuno si sorprende oramai se la cura della salute viene considerata come una dimensione globale che investe il benessere psico-fisico dell’individuo, come indica-to dalla Costituzione stessa dell’OMS, che definisce la salute come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”Essa viene individuata come un diritto e come tale si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali che spettano alle per-sone. Questo principio assegna agli Stati e alle loro articolazio-ni compiti che vanno ben al di là della semplice gestione di un sistema sanitario. Essi dovrebbero farsi carico di individuare e cercare, tramite opportune alleanze, di modificare quei fattori che influiscono negativamente sulla salute collettiva, promuo-vendo al contempo quelli favorevoli al “ben-essere” .Il Laboratorio Scuola Volontariato vuole promuovere fin dalla più giovane età quei comportamenti e atteggiamenti che in-centivano l’armonia e la solidarietà sociale e quindi la promo-zione dell’agio e il ben-essere collettivo.

La finalità generale è l’educazio-ne al tempo libero come tempo solidale, la promozione dell’a-zione volontaria, per una cultura della solidarietà e della gratuità, come Capitale Sociale.Per formare ragazzi che siano cittadini responsabili e attivi occorre co-in-volgerli, renderli partecipi della realtà e delle problematiche per trovare rispo-ste nuove. Per ora sono più di 160 quelli che si sono iscritti per “esperienze di volontariato”, essendo il LSV un luogo principe per accompagnare nell’esperienza di conoscere, vivere e toc-care con mano le realtà sociali che spesso vengono nascoste “sotto lo zerbino”. Proporre una gestione diversa e ricca del proprio tempo libero vuole favorire nei ragazzi il formarsi della consapevolezza di ESSERE CITTADINI, offrire loro orientamento nel “progetto di vita”. In un momento storico in cui si avverte sempre più una crisi di senso, gli adulti (volontari e non) deb-bono essere capaci di presentare dei modelli positivi e vitali.Attraverso la presentazione di tematiche vive (dal passaggio di informazioni sulle organizzazioni attive nel territorio, alle ri-flessioni sul senso dell’essere volontari, all’approfondimento di tematiche specifiche quali la cittadinanza, l’accoglienza del di-verso, la cura dell’ambiente e del territorio...) si mette in atto un intervento di prevenzione primaria che favorisce, nei giovani, un confronto su modi diversi di interpretare la quotidianità e uno scambio delle rispettive conoscenze. Anche i ragazzi infat-ti devono essere riconosciuti come portatori di storie e cono-scenze da valorizzare.Attraverso la proposta di percorsi particolarmente coinvolgen-ti (teatro, animazione, fotografia, video-making,…), individuali e/o per piccoli gruppi, si intende promuovere la valorizzazione di sé, delle proprie competenze in una dimensione relazionale e incentrata sul fare.È un’opportunità per vivere un’esperienza positiva, in cui spe-rimentare i valori dell’attenzione alla persona, della centralità della relazione e dell’accoglienza, ad esempio partecipando ad un laboratorio teatrale con persone disabili, oppure condivi-dendo un percorso di animazione con gli anziani in un centro sollievo Alzheimer, o vivendo attività motoria in palestra con disabili, giocare e leggere in corsia per i bambini ricoverati, ri-spondendo alle richieste di bisogno delle persone in momen-tanea difficoltà, con l’animazione in casa di riposo o vivendo un’esperienza di video o magari prendendo parte ad un grup-po in partenza per un campo di volontariato residenziale (da 4

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anni in estate si parte per un Campo di lavoro con” LIBERAESTA-TE “ sulle terre confiscate alla mafia).L’azione volontaria permette di intensificare le relazioni che stanno alla base della costruzione solidale del tessuto della no-stra società, generando nuovi stili di pensiero, cultura e azione.Infatti, la promozione del volontariato giovanile, per la sua intrinseca valenza pedagogica, può facilitare lo sviluppo alla dimensione personale e sociale solo se sostenuta dalla colla-borazione e sinergia tra le agenzie educative, e il mondo del volontariato è un valore aggiunto per la costruzione umana e sociale del giovane cittadino che trova nel volontariato uno spazio per riflettere, agire, costruire nuovi scenari. Le associazioni di volontariato radicate ed operanti nel tessuto sociale del territorio rappresentano quindi partner preziosi e di rilievo per la promozione dei valori di cittadinanza attiva e di responsabilità sociale. Molte sono le associazioni che si sono offerte di farsi conoscere con formazioni specifiche nelle classi, aprendo le porte a giovani che scelgono di dedicare una parte del loro tempo libero ad un progetto solidale in stage estivi e durante l’anno scolastico, riconosciuti anche dall’istituzione scolastica come credito formativo.

A gennaio saremo attivi nelle scuole in ogni ordine e grado di Castelfranco Veneto con “Pane e Tulipani”, un progetto attivo da 4 anni in tutta la provincia, volto a stimolare la crescita di una sensibilità personale e di partecipazione significativa riguardo le povertà economiche e relazionali presenti nel territorio. Il volontariato è conosciuto solo per il “fare”, ma la cura nei percorsi scolastici deve essere rivolta all’ “essere”, a fornire un orientamento di tipo culturale sia di senso che di motivazione fondato sulla relazione sociale e su valori condivisi nella consa-pevolezza che, in linea con la Carta dei Valori del Volontariato, con la sola beneficenza si fa poca strada se si vogliono dare ri-sposte ai bisogni delle persone. Il volontariato non deve fornire solo “braccia” ma anche “teste” capaci di concepire e alimentare un mondo basato su valori alternativi al culto del consumo e dell’individualismo.Il Coordinamento del Volontariato della Castellana a supporto del LSV, accanto alla sede di Via Verdi, a Castelfranco Veneto, ha attivi ben 3 sportelli che si trovano presso il Liceo “Giorgione”, gli Istituti “Martini” e “Rosselli”, aperti in orario scolastico dalle 10.30 alle 11.30 in giorni differenti e su appuntamento per ri-spondere alle esigenze dei ragazzi.

dal territorio

IRIS INSIEME PER L’ALZHEIMER: QUANDO LA MALATTIA NON FA PAURA. L’ESPERIENZA DEGLI STUDENTI VOLONTARI

Giovani ed Alzheimer, sembra un binomio dissonante, eppure nell’ambito del Labora-torio Scuola volontariato l’associazione ad aver ospitato il maggior numero di studenti è stata proprio Iris Insieme per l’Alzheimer, l’associazione di volontariato che da anni collabora con l’Ulss 8 ed accoglie nel Centro Sollievo di Castelfranco Veneto le persone affette da Alzheimer e demenza senile solle-vando per qualche ore le famiglie.Un luogo dove si respira aria di casa, in cui malattia, solidarietà ed ironia si mescolano rendendo l’atmosfera calda, accogliente. Un’atmosfera che, non senza stupore, ha attratto moltissimi giovani che proprio nel Centro sollievo hanno voluto svolgere il pro-prio periodo di volontariato.

I ragazzi fin dall’inizio di quest’esperien-za hanno chiesto di poter avere supporto dall’Associazione Iris per essere ascoltati, for-mati e incentivati a sviluppare le loro abilità emozionali e creative in favore dei più svan-taggiati, ritenendo che le attività e la quoti-dianità con persone anziane in difficoltà e con volontari e professionisti impegnati da anni in questo ambito potesse essere un’oc-casione personale per l’acquisizione di com-portamenti e valori di tipo solidaristico e di scambio intergenerazionale. Terminato il loro percorso durato all’incir-ca quanto l’anno scolastico, i ragazzi hanno espresso il desiderio di divulgare nel terri-torio cittadino quello che hanno iniziato ad apprendere in merito alla malattia di Alzhei-mer che, una volta conosciuta, ha suscita-to meno timore del previsto, grazie anche all’interazione con i volontari e la psicologa che li hanno accompagnati durante tutto il percorso.

L’esperienza vissuta dai ragazzi si è quindi tradotta in una suggestiva rappresentazione teatrale, “Fra (m) menti di Alzheimer”, che è stata presentata al pubblico al Teatro Acca-demico di Castelfranco Veneto lo scorso 4 ottobre.I testi e l’allestimento della rappresentazione sono stati interamente curati dai ragazzi, dai 14 ai 23 anni, provenienti da quattro istituti superiori di Castelfranco Veneto: Giorgione, Nightingale, Martini, Rosselli e da due facoltà universitarie di Padova.

Attraverso un viaggio introspettivo, i ragazzi hanno voluto mettere in luce il lato psicolo-gico di chi si trova a vivere in prima persona una tragedia familiare e personale qual è l’Al-zheimer, che inevitabilmente coinvolge tutta la società. Nell’ambito del progetto “Laboratorio scuola

e volontariato” a luglio è stato anche pro-mosso un gemellaggio fra i giovani volon-tari dell’associazione Iris e una delegazione composta da una trentina di studenti e al-cuni professori delle università californiane di Devis, Berkeley, Santa Barbara, Los An-geles, Cal Poly San Loius e Auburn, giunti nel nostro paese per un ciclo di studi sulla Governance dei territori in Europa, per una comparazione tra 4 modelli: Italia, Germania, Francia e Svizzera, tra loro leggermente dis-simili, ma agli antipodi rispetto al modello statunitense.La delegazione americana ha così avuto modo di toccare con mano le attività di uno dei centri sollievo del territorio, centri ritenu-ti innovativi per i servizi offerti alla colletti-vità , nel tentativo di migliorare le condizioni di vita delle persone colpite dalla malattia di Alzheimer e dei loro familiari.

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Alcolismo: “C’entro e ti ascolto”Attivato da AcatNordEst un numero verde per persone e familiari che soffrono di problemi legati all’alcol.

AcatNordEstOnlus, Associazione dei Club Alcologici Territoriali, attiva nel ter-ritorio dell’Ulss 8 dal 1988, si occupa di promuovere la salute della comunità lo-cale coordinando il lavoro dei CAT, club alcologici territoriali. Il club è una comu-nità multifamiliare che si incontra con regolarità per produrre un cambiamento di stile di vita con l’obiettivo di allontana-re l’alcol dalla vita familiare, ma non solo, anche di condividere esperienze d’ami-cizia, solidarietà, pace, amore, ascolto, accoglienza, corresponsabilità, le gioie e i dolori della vita in presenza di “una per-sona al servizio dei club” chiamato servi-tore insegnante. Il club lavora secondo l’approccio ecologico sociale di Vladimir Hudolin, psichiatra croato, che conside-ra il consumo di alcol come uno stile di vita, un comportamento che crea disagi alla persona, alla famiglia e alla comuni-tà. La proposta del club è una proposta di benessere personale, familiare e della comunità e per questo è una proposta di uguaglianza, di pace e di accettazione dell’altro, chiunque questo sia. Il club ac-coglie, ascolta empaticamente, non giu-dica il disagio portato da ciascuno, ma sostiene le scelte di risposta personali e libere di ciascuno.L’Associazione sviluppa, inoltre, pro-grammi di informazione, ricerca, pro-

mozione della salute e prevenzione nel campo delle dipendenze proponendo corsi e progetti continuare a sensibilizza-re e formare non solo le famiglie già inse-rite nei Club, ma anche il territorio.Nel 2014/15 la nostra Associazione ha promosso un progetto intitolato “C’entro e ti ascolto. Un’esperienza di cittadinan-za attiva per l’informazione e la sensi-bilizzazione sui problemi alcolcorrelati e complessi” in collaborazione con altri servizi pubblici e privati del nostro terri-torio (Ser.AT- Servizio Alcologia e Tabagi-smo di Castelfranco Veneto, Comune di Castelcucco, Cooperativa Una Casa per l’uomo, Associazione Ambra). Attraverso il finanziamento del Centro Servizi per il Volontariato di Treviso, abbiamo potuto attivare un numero verde 800 68 44 29 raggiungibile dalle 8.00 alle 22.00 tutti i giorni della settimana al quale le perso-ne, le famiglie, la comunità che hanno avuto o hanno un problema con l’alcol possono rivolgersi per avere informa-zioni sulla nostra associazione e quindi sui nostri club. Contemporaneamente abbiamo predisposto, grazie alla dispo-nibilità di alcuni volontari della nostra associazione, degli Sportelli Itineranti (tra Asolo, Montebelluna, Castelfranco e Valdobbiadene) dove incontrare chi chiamerà per offrire uno spazio d’acco-

glienza e di ascolto e per dare risposte concrete su come attivarsi per iniziare a scegliere di non bere!!Oltre a ciò il progetto prevede l’orga-nizzazione di un Cineforum Itinerante e serate d’informazione aperte a tutta la popolazione con un occhio di riguardo agli stranieri.

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“Se l’alcol ha creato problemi a te, alla tua famiglia, alla tua comunità CHIAMACI al numero: 800 68 44 29!

Nessuno cambia un altro, ma nessuno cambia senza un altro”.

RIFERIMENTIAcat Nordest Onlus

via dei Carpani 16/z - 31033 Castelfranco Veneto (TV)

0423 720581 [email protected]

NATALE IN PEDIATRIALunedi 22 dicembre si è svolta la tradizionale Festa di Natale presso il reparto di Pediatria dell’ospedale di Montebelluna. Come ogni anno la festa è organizzata dalla scuola operante presso il reparto stesso (“La Scuo-la dei cerbiatti”) e dai volontari di ABIO Montebelluna. Quest’anno si è esibito l’ensamble “Le giovani armonie” con musiche natalizie e Nicoletta Mondin ha allietato con i più famosi canti natalizi i piccoli pazienti e i loro genitori (Adeste Fideles, White Christmas, We wish you a merry Christmas, Silent night…).

Novità di quest’anno il laboratorio LIGHT LAB con la consulenza di Gloria Spagnolo: i bambini ed i ragazzi hanno potuto giocare con i circuiti elettrici e costruire un biglietto natalizio luminoso.Attesissimo e molto apprezzato l’arrivo di Babbo Natale con il suo carrello carico di doni.Alla fine un piccolo rinfresco per scambiarsi gli auguri.

INCONTRO SULLA GESTIONE DEL PRONTO SOCCORSO

E’ fissato per venerdì 16 gennaio 2015 alle 20.30 presso Casa Roncato a Montebelluna l’incontro pubblico in cui saranno presentati i risultati rag-giunti ed i progetti futuri nel migliorare l’efficienza del Pronto soccorso promos-so dall’Ulss 8 assieme al gruppo di lavoro Salute e Territorio e le associazioni del circondario di Montebelluna.Un primo incontro si era già svolto lo scorso 2 dicembre presso il Centro Bordi-gnon di Castelfranco Veneto.