Dipartimento di Scienze umane, sociali e della salute Uniclam Laboratorio di ricerca sociale
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Lo sport degli europei Modelli e sistemi di governance: una comparazione internazionale, Roma, 3 giugno 2014
Dipartimento di Scienze umane, sociali
e della salute
Uniclam
Laboratorio di ricerca sociale
Prof. Nicola PORRO, Uniclam
Una ricerca sui sistemi sportivi europei
• Fra la fine del 2010 e i primi mesi del 2013 un gruppo di ricerca italiano, sostenuto da un finanziamento Prin e composto da quattro unità universitarie (coordinatore nazionale prof. Nicola Porro), ha sviluppato una ricerca comparativa sui sistemi sportivi dei Paesi UE.
• L’indagine ha coinvolto studiosi appartenenti a 18 università europee e ha prodotto tre pubblicazioni monografiche e numerosi articoli comparsi su riviste nazionali e internazionali.
• La sezione della ricerca condotta dall’unità 1 (Uniclam), centrata sul rapporto fra sport e politiche sociali, si è valsa della collaborazione e del costante confronto con il programma OSO dell’Università di Lione, diretto dal prof. Jean Camy.
Parte I. Il modello di analisi. Quattro elementi strategici per spiegare i differenziati tassi di pratica fisico-
motoria e sportiva nel contesto UE
Pratica sportiva diffusa
Regolazione istituzionale dei sistemi
sportivi nazionali
(ssn)
Regimi di Welfare (Ferrera)
Indicatori dello
sviluppo socio-
economico (HDI)
Fattori culturali,
tradizioni, stili di vita
La regolazione istituzionale dei sistemi sportivi nazionali (ssn)
della UEMinisteri dedicati Francia, Lussemburgo
Poteri decentrati Germania, Spagna, Austria, Belgio
Agenzie pubbliche specializzate
Danimarca, Finlandia, Svezia
Sponsor e soggetti economici
Gran Bretagna, Irlanda, Malta
Delega a reti associative
Paesi Bassi
Delega alle istituzioni olimpiche federali
Italia, Portogallo, Cipro e la maggioranza dei Paesi ex socialisti
ATTORI E DINAMICHE DEL PROCESSO DI REGOLAZIONE DEI SISTEMI SPORTIVI
NAZIONALI (CAMY 2013)
“LIBERO MERCATO”
CONCORRENZA
ISTITUTI DI REGOLAZIONE
PUBBLICA
“CULTURASPORTIVA”
ASSOCIATIVA
DIALOGO SOCIALE
ISTITUZIONI SPORTIVE UFFICIALI
I modelli di Welfare nel contesto UE (elaborazione da Ferrera 1998, 2004)
Welfare socialdemocratico, prestazioni universalistiche ‘dalla culla alla tomba’, elevata imposizione fiscale: S, Sf, Dk
Politiche pubblico di tipo liberista, con forte ruolo del mercato in regime semi-
universalistico: Gb, Irl, Mt
Welfare corporativo ‘renano’, basato sulla tutela del lavoratore, sussidiarietà e concertazione sociale: D, F, B, Nl *, Lux,
A
Welfare familistico, interventismo pubblico ma prestazioni a regime
differenziato: I *, Sp, Pt, Gr, Cy
Stato assistenziale in tipologie post-socialiste (non omologabili): Paesi ex
comunisti
L’analisi statistico-descrittiva• La comparazione si è valsa • 1.dei dati ufficiali delle indagini
Eurobarometro (sequenza temporale considerata 2007-2010-2013)
• 2.delle rilevazioni nazionali (per l’Italia dati Coni, Censis, Istat), talvolta dissonanti con (1)
• 3.delle statistiche di fonte Onu proposte dall’Human Development Index (edizione 2013)
La sedentarietà nei Paesi Ue (Eurobarormetro 2013). Indicatori stimati percentualmente.
Max (oltre 60%): Bg. Mt, Pt
Elevata (oltre il 50%): Ro, I, Gr, Cy, Pl
< 50% ma oltre media Ue: Lt, Sp, H, F
Valore medio% UE 42
Sotto media Ue ma oltre 30%: sk, lv, est, gb, cz, irl, b
< 30%: Hr, Nl, D, Lux, A, Sl
Min (sotto 20%):Sf, Dk, S
Rapporto fra pratica relativamente continuativa e generica attività fisica (Eurobarormetro 2013). Indicatori stimati
percentualmente.
Max (oltre 80%): Spagna 82
Fra 70 e 80%: s, sf, dk, nl, lux, f, mt, gb, irl, cy, p, it, gr
Valore medio% UE 71
Fra 60 e 70%: sl, b, d, a, lt, est, h
Sotto il 60%: sk, cz, lv, pl, ro, bg
Min (sotto 50%): Croazia 49
Evidenziati in rosso i Paesi dove il valore indice cresce rispetto al 2010, in verde dove diminuisce
Percentuali relative all’attività secondaria abituale (almeno 5 volte a settimana) in Eurobarormetro 2013.
Max (oltre 40%): Paesi Bassi 44
Fra 20 e 40%: s, sf, dk, lv, h
Sopra valore medio UE: b, d, f, sl, est, lt
Valore medio% UE 15 (Lux, Sk, Hr)
Sopra il 10%: irl, gb, mt, cz, ro, bg, sp
Min (sotto 10%): gr, pl, a, i, pt, cy
Evidenziati in rosso i Paesi dove il valore indice cresce rispetto al 2010, in verde dove diminuisce
Prime considerazioni• I dati forniti dalle rilevazioni Eurobarometro sono oggetto di non poche
contestazioni relative all’ampiezza dei campioni, ai criteri di rilevazione e alla stessa uniformazione linguistica delle domande.
• Si possono comunque individuare alcune linee di tendenza: dal 2010 al 2013, malgrado le iniziative promosse in sede UE, il tasso di attività diminuisce (in maniera disomogenea) mentre cresce – anch’esso non uniformemente - quello che misura la pratica (almeno una volta a settimana).
• La stima delle attività secondarie (come raggiungere abitualmente in bicicletta il luogo di lavoro) sembra molto condizionata da fattori ambientali e tradizioni culturali e poco riferibile alla configurazione dei ssn.
• E’ molto importante però disaggregare per le 5 aree che identificano i diversi regimi di Welfare e i loro ambiti territoriali.
• In estrema sintesi si può affermare che (i) la propensione alla pratica non è significativamente correlata ai modelli di regolazione pubblica dello sport; (ii) è debolmente connessa agli indicatori di sviluppo socio-economico; (iii) è invece in nitida relazione con i regimi di Welfare.
Esiste uno sport degli europei?• La comparazione fra ssn europei conferma l’insostenibilità di un presunto ‘modello
europeo’, contrapposto al paradigma Usa. Si tratta di un’opposizione che risale al Novecento e non corrisponde più al disegno a mosaico dello sport europeo.
• Si può però ripercorrere l’itinerario recente della tematizzazione della pratica nel percorso della costruzione Ue dal Rapporto di Helsinki (1999) alla formulazione dell’articolo 165 del Trattato di Lisbona (2009) che per la prima volta definisce lo sport ‘materia di interesse comunitario’.
• Il programma de Coubertin 2010 e le 53 azioni che ne discendono non sembrano però aver dato i risultati sperati e le stesse politiche di sussidiarietà e di uniformazione legale e amministrativa trovano difficoltà a essere sviluppate in presenza di sistemi istituzionali tanto variegati e di competenze distribuite secondo criteri quanto mai difformi. Esemplare il caso della formazione degli operatori sportivi (v. slide 18).
• Lo sport si conferma perciò un fenomeno di difficile e controversa regolazione ma allo stesso tempo uno straordinario sensore di processi più profondi, anche di natura culturale (opposizione particolarismo vs universalismo; sport di prestazione identitario vs sport per tutti solidaristico; tradizione amatoriale vs avanzata commercializzazione).
Una rappresentazione istituzionale: la Piramide dello sport europeo (UE Commissione 1999)Fe
derazioni europee
Federazioni nazionali
Federazioni regionali
Società o club sportivi
Il modello della ‘chiesa’ (Scheerder 2007)
Alto livello
Elite
Sport competitivo
Sport ricreativo
I sistemi di reperimento delle risorse finanziarie per lo sport nella UE (Oso 2013)
Composizione del finanziamento allo sport negli otto Paesi della UE considerati dalla comparazione (in Oso, Camy 2013):
in righe gialle max finanziamento privato, in blu max finanziamento pubblico
Paese Stato Poteri locali
Totale pubblico
Famiglie Imprese Totale privato
Totale
Germania 0.5% 14% 14.5% 78% 7.5% 85.5% 100%
Bulgaria 35% 44% 79% 18% 3% 21% 100%
Estonia 13% 37% 50% 12% 38% 50% 100%
Francia 9% 31% 40% 50% 10% 60% 100%
Gran Bret. 1.5% 7.5% 9% 80% 11% 91% 100%
Paesi Bassi 12% 10% 22% 70% 8% 78% 100%
Slovacchia 16% 56% 72% 14% 14% 28% 100%
Svezia 5% 15% 20% 73% 7% 80% 100%
Addetti al settore sport sul totale della popolazione attiva (Oso, Camy 2013)
0,00%0,10%0,20%0,30%0,40%0,50%0,60%0,70%0,80%0,90%1,00%
Le istituzioni preposte alla formazione sportiva nella UE
Istituzioni formative In quanti Paesi esistono
Numero di sedi
Insegnamento superiore/ Università
24/25 453
Federazioni/ Confederazioni sportive
25/25 774
Istituti promosso da ministeri dello sport
14/25 109
Istituti pubblici di generica formazione professionale
11/25 148
Strutture private di formazione specializzata
19/25 322
Totale: 1806
L’anomalia italiana nel contesto Ue
• Le ‘anomalie’ del caso italiano rispetto agli altri Paesi sono di grande evidenza. Siamo infatti l’unica potenza agonistica internazionale a presentare:
• livelli di pratica diffusa deprimenti (attivi, praticanti, attività secondarie) ed elevata sedentarietà (allarma soprattutto l’espansione crescente dell’obesità infantile)
• una persistente sottovalutazione dell’educazione motoria e sportiva nei percorsi formativi scolastici
• un riconoscimento parziale dello sport dei cittadini in presenza di una delega quasi monopolistica delle competenze in materia sportiva (compreso lo sport per tutti) a istituzioni preposte altrove, quasi ovunque, alla sola performance, come Coni e federazioni.
settore pubblico
club profess.e attività
commerciali
società amatoriali
pratiche informali
Il triangolo del Welfare di Evers e Wintersberger (1990), rielaborato in Ibsen e Ottesen (2000) e applicato al sistema sportivoitaliano da Porro (2005, 2013)
Stato
Mercato Società
informale
formale
pubblico
privato
non profit
profit
I quattro sub-triangoli
Tipologia Attori e attività
Settore pubblico Non profit, pubblico, organizzato
Gruppi sportivi militari e paramilitari, sport scolastico e universitario
Area del mercato Profit, privato, organizzato
Club professionistici, offerta tecnica e ben-essere commerciale
Sport del terzo settore
Non profit, organizzato, privato
Società dilettantistche compet., attività non compet., ben-essere
Pratiche informali Non profit, informale, privato
Attività competitive, non competitive e di tipo espressivo
Legenda del triangolo
La ferrea legge dei 4/5…• Disaggregando le aree del triangolo equilatero(slide 20)
per l’Italia si hanno 4 sottosistemi:• Quello che possiamo chiamare ‘sport di Stato’ (es.
gruppi militari, paramilitari, universitari) genera i 4/5 delle medaglie olimpiche italiane 1992-2012
• Lo sport commerciale (club professionistici) genera i 4/5 del fatturato
• Le attività libere informali rappresentano i 4/5 dei praticanti (cfr. Multiscopo Istat)
• Il sistema delle società amatoriali in regime non profit organizza i 4/5 delle società sportive
Una difficile governance e un passato che non vuole passare
• Nel nostro ssn la stessa configurazione istituzionale è incerta e volubile: i ministeri dello sport conoscono da decenni un’esistenza carsica, soggetta alle ragioni del ciclo politico;
• le politiche pubbliche di settore non sono mancate ma si sono concentrate in massima parte sulla regolazione dello sport professionistico;
• soprattutto è mancato il ruolo d’indirizzo dello Stato, che ha delegato le proprie funzioni al Coni sovraccaricandolo di responsabilità e imponendogli oneri organizzativi e gestionali altrove affidati a strutture ad hoc, quasi sempre operanti nell’ambito delle policies di Welfare;
• al di là di qualche sortita declamatoria, lo sport di cittadinanza, ispirato all’inclusione sociale anziché alla selezione dei talenti, orientato alla prevenzione sanitaria, all’educazione civica ecc., non pare ancora trovare posto nell’agenda del Welfare. I contributi indiretti e ‘a pioggia’ alla promozione sportiva, veicolati dalle risorse trasferite dallo Stato al Coni, rappresentano un surrogato discutibile di politiche pubbliche inadeguate;
• Le competenze attribuite alle Regioni in materia di sport di base (modello tedesco) con la riforma del titolo V della Costituzione hanno prodotto più conflitti di competenza (vedi la questione della ‘legislazione residuale e concorrente’) che decentramento di risorse e competenze. Gli effetti del ciclo economico sugli enti locali ha aggravato la situazione a partire dal 2010.
Il sottosistema delle organizzazioni sportive
• Il Coni continua a esercitare una delega funzionale sul sistema dello sport grassroots che rappresenta l’eredità di una stagione trascorsa, talvolta facendo dimenticare i meriti che l’ente olimpico italiano ha avuto nel garantire al movimento sportivo nazionale livelli di eccellenza nella competizione agonistica internazionale.
• Il sistema federale, disponendo di una base di reclutamento ristretta (basso tasso di praticanti) ha saputo nel tempo – come dimostra il medagliere olimpico postbellico - massimizzare risorse scarse valorizzando l’expertise tecnica, specializzando le attività di preparazione e promuovendo una selezione dei talenti complessivamente efficace.
• Lo sport per tutti costituisce un attore in larga misura privo di adeguata rappresentanza e prigioniero di strutture organizzativa e modelli culturali che lo rendono poco idoneo a intercettare le trasformazioni in atto.
• La comparazione con i ssn più avanzati nel contesto europeo suggerisce di aprire una riflessione strategica sui destini del movimento sportivo, individuando come priorità la formazione scolastica, la promozione di politiche pubbliche di settore e il riconoscimento della specificità dello sport per tutti in forme rinnovate, che superino l’imprinting tradizionale della ‘promozione sportiva’.
Una giungla di competenze e di incerte responsabilità
• In Francia, ad esempio, le società olimpiche, non olimpiche, scolastiche ed universitarie e le discipline associate godono di un regime di sostanziale autonomia, in relazione più o meno diretta con il Comitato olimpico e sportivo nazionale. Il Ministero è articolato sui ‘quattro pilastri’ e il Comitato olimpico è stato ribattezzato Comitato olimpico e sportivo
• In Italia, invece, le federazioni sportive olimpiche sono dal 1999 formalmente costituite come soggetto di diritto privato (con effetti concorrenziali rispetto ad altri attori organizzativi, tipo la promozione sportiva), ma al sistema olimpico è assegnata la rappresentanza dell’intero movimento sportivo nazionale e rendendolo di fatto un soggetto pubblico semimonopolistico, persino a dispetto della riforma che ha interessato il sistema Coni a cavallo fra i Novanta e il Duemila.
• Il quadro aiuta, ad esempio, a comprendere perché, in assenza di una precisa responsabilità istituzionale, la formazione motoria e sportiva sia relegata al rango di cenerentola nell’ordinamento educativo.
Processi critici e mutamento culturale
• Nei fatti la mancata presa d’atto della crescente diversificazione culturale e della differenziazione funzionale fra diverse tipologie di sport si traduce in:
• (i) disuguale distribuzione delle risorse pubbliche fra alta prestazione e sport di base, • (ii) freno al processo di emancipazione del sistema dello sport di cittadinanza
dall’obsoleto modello della promozione sportiva, prodotto storico del collateralismo politico-religioso postbellico
• (iii) strategie di finanziamento sottratte a qualunque verifica di rendimento• (iv) riproduzione di un modello culturale di pratica fisica molto arretrato rispetto ai
mutamenti intervenuti con l’espansione della pratica autogestita, la proliferazione dei centri privati, l’affacciarsi di potenziali cittadini dello sport non prioritariamente orientati all’agonismo (prima infanzia, anziani, disabili, popolazione a rischio di marginalità sociale ecc.).
• Occorre anche ricordare il fenomenoa scala mondiale che è stato definito di ‘sportivizzazione della società e desportivizzazione dello sport’ (De Knop 2004), riflettendo la differenziazione interna del sistema culturale dello sport (Heinemnann e Puig 1996): commerciale-spettacolare, amatoriale-competitivo, strumentale, espressivo.
I nostri punti di forza• L’Italia merita uno sforzo straordinario di potenziamento quantitativo,
miglioramento qualitativo e adeguamento legislativo di un ssn che, malgrado le criticità evidenziate, presenta:
• un forte tessuto di associazionismo sportivo volontario;• un’invidiabile tradizione tecnica per la selezione e la valorizzazione dei
talenti agonistici in seno alle federazioni;• una poderosa riserva competitiva rappresentata dai gruppi sportivi militari
e paramilitari (il boom dell’alto livello femminile e Pechino 2008 è un effetto diretto della caduta delle barriere di genere indotta dalla riforma dei corpi armati e di Polizia);
• una rete di cooperazione fra promozione sportiva e sistema del non profit che ha stimolato sensibilità civiche e solidaristiche, creando forse le condizioni per un riposizionamento della promozione sportiva al di là e al di fuori dell’obsoleto imprinting del collateralismo politico, religioso, aziendale.
Parte II. Appendice documentaria
• Quelle che seguono sono le tabelle che incrociano i dati della ricerca relativi alla pratica e agli indicatori di sviluppo (Human Development Index, HDI) con i modelli di organizzazione e istituzionalizzazione delle politiche di Welfare secondo la sistematizzazione proposta da Titmuss (1986) ed Esping Andersen (1990), rielaborata e aggiornata da Maurizio Ferrera (1998, 2004).
• Rispetto alla prima versione di questo testo (cfr. A.M. Pioletti e N.Porro, a cura di, Lo sport degli europei, FrancoAngeli, Milano 2013 e A. Mussino e N. Porro, a cura di, monografico Lo sport come spazio sociale, Rivista trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, 1, 2013), i dati dell’HDI sono stati aggiornati con quelli 2013.
Indice di sintesi(attività intensa+regolare-sedentarietà), Mussino 2014: le
colorazioni si riferiscono ai modelli di Welfare di cui alla slide 6)
EU28 34Svezia 87
Lettonia 53
Slovacchia 44
Polonia 9
Olanda 85
Belgio 52
Francia 43
Grecia 8
Danim. 84
Estonia 49
Rep. Ceca 39
Cipro 0
Finlandia 80
Regno U. 48
Lituania 36
Italia -6
Luxemb. 64
Irlanda 45
Ungheria 33
Malta -8
Germania 60
Austria 45
Spagna 20
Bulgaria -12
Slovenia 60
Croazia 45
Romania 15
Portogallo -17
29
Stime Eurobarometro
2013 (2010)
Valori Human Development Index 2013
% attivi HDI sintetico
HDI corretto
Asp. vita Istruzione(anni)
Istruzione (attesi)
Pil pro capite $
Area scandinava, Welfare socialdemocratico, altissima percentuale praticanti
Svezia 91 (94) 0.916 0.859 81.6 11.7 16 36143
Danimarca 86 (82) 0.901 0.845 79.0 11.4 16.8 33518
Finlandia 85 (93) 0.892 0.839 80.1 10.3 16.9 32510
Pop. stimata 20mln (2011)
Area britannica, Welfare liberista, alta percentuale praticanti
Irlanda 66 (74) 0.916 0.850 80.7 11.6 18.3 28671
Gran Bretagna 65 (68) 0.875 0.802 80.3 9.4 16.4 32538
Pop. stimata 66mln (2011)
Stime Eurobarometro
2013 (2010)
Valori Human Development Index. 2013
% attivi HDI sintetico
HDI corretto
Asp. vita Istruzione (anni)
Istruzione (attesi)
Pil pro capite $
Area centro-europea, Welfare ’corporativo’, percentuale praticanti superiore a media UE
Austria 73 (71) 0.895 0.837 81.0 10.8 15.3 36438
Paesi Bassi 71 (72) 0.921 0.857 80.8 11.6 16.9 37282
Germania 71 (69) 0.920 0.856 80.6 12.2 16.4 35431
Lussemburgo 71 (68) 0.875 0.813 80.1 10.1 13.5 48285
Belgio 69 (72) 0.897 0.825 80.0 10.9 16.4 33429
Francia 58 (66) 0.893 0.812 81.5 10.6 16.1 30277
Pop. Stimata 182mln (2011)
Stime Eurobarometro
2013 (2010)
Valori Human Development Index nov. 2013
% attivi HDI sintetico
HDI corretto
Asp. vita Istruzione (anni)
Istruzione (attesi)
Pil pro capite $
Area meridionale, Welfare ’famigliare’, percentuale praticanti inferiore a media UE
Spagna 56 (58) 0.885 0.796 81.6 10.4 16.4 25947
Cipro 46 (54) 0.848 0.751 79.8 9.8 14.9 23825
Grecia 41 (33) 0.860 0.760 80.0 10.1 16.3 20511
Italia 40 (45) 0.881 0.776 82.0 10.1 16.2 26158
Portogallo 36 (45) 0.816 0.729 79.7 7.7 16.0 20.573
Malta 25 (62) 0.847 0.778 79.8 9.9 15.1 21184
Pop. Stimata 129mln (2011)
Paesi ex socialisti appartenenti alla UE con livello medio-alto di pratica
% attivi2013 (2010)i
HDI sintetico
HDI corretto
Asp. Vita (2) Istruz. anni (3)
Istruz. attesi
PIL cap. $ (4)
Sub-area a elevato tasso di praticantiSlovenia 78 (78) 0.892 0.840 79.5 11.7 16.9 23999
Croazia 71 (nr) 0.805 0.683 76.8 9.8 14.1 15419
Sub-area con tasso di praticanti superiore alla media UERep. Ceca 65 (63) 0.873 0.826 77.8 12.3 15.3 22067
Estonia 63 (59) 0.846 0.770 75.0 12 15.8 17402
Lettonia 61 (56) 0.814 0.726 73.6 11.5 14.8 14724
Slovacchia 59 (65) 0.840 0.788 75.6 11.7 14.7 19696
Paesi ex socialisti appartenenti alla UE con livello medio-basso di pratica
% attivi2013 (2010)i
HDI sintetico
HDI corretto
Asp. Vita (2) Istruzione anni
(3)
Istruzione
attesi
PIL cap. $ (4)
Sub-area con tasso di praticanti inferiore alla media UEUngheria 56 (47) 0.831 0.769 74.6 11.7 15.3 16088
Lituania 54 (56) 0.818 0.727 72.5 10.9 15.7 16858
Polonia 48 (51) 0.821 0.740 76.3 10.0 15.2 17776
Sub-area con tasso di praticanti sensibilmente inferiore alla media UERomania 39 (51) 0.786 0.687 74.2 10.4 14.5 11011
Bulgaria 20 (42) 0.782 0.704 73.6 10.6 14.0 11477
1. La diffusione della pratica nell’areascandinava. Comparazione fra popolazione genericamente attiva e praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
Paesi % attivi2010
% attivi2013
% praticanti
2010
% praticanti
2013
B:A2010
B:A2013
Svezia 94 91 72 70 77 77Finlandia 93 85 71 66 76 77Danimarca 82 86 64 68 78 79UE 61 58 40 41 66 71
1bis La diffusione della pratica nell’area scandinava: attività / pratica / attività secondaria abituale (in rosso valori superiori a media Ue)
Paesi % attivi2013
% praticanti
2013(1x7)
% attività secondaria
abituale 2013(5x7)
Svezia 91 70 30Finlandia 85 66 28Danimarca 86 68 32UE 58 41 15
2. La diffusione della pratica nell’areainsular-liberista. Comparazione fra popolazione genericamente
attiva e praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
Paesi % attivi2010
% attivi2013
% praticanti
2010
% praticanti
2013
B:A2010
B:A2013
Irlanda 74 66 58 52 78 79GB 68 65 45 46 66 71UE 61 58 40 41 66 71
2bis. La diffusione della pratica nell’area insular-liberista: attività / pratica / attività secondaria abituale
(in rosso valori superiori a media Ue)
Paesi % attivi2013
% praticanti2013(1x7)
% attività secondaria
abituale 2013(5x7)
Irlanda 66 52 14
GB 65 46 14
Malta 25 19 11
UE 58 41 15
3. La diffusione della pratica nell’arearenana. Comparazione fra popolazione genericamente attiva e
praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
Paesi % attivi2010
% attivi2013
% praticanti
2010
% praticanti
2013
B:A2010
B:A2013
Belgio 72 69 49 47 68 68
P. Bassi 72 71 56 56 78 79
Austria 71 73 38 45 54 62
Germania 69 71 49 48 71 68
Lussemb. 68 71 51 54 75 76
Francia 66 58 48 43 73 74
UE 61 58 40 41 66 71
3bis. La diffusione della pratica nell’area renana: attività / pratica / attività secondaria abituale
(in rosso valori superiori a media Ue)
Paesi % attivi2013
% praticanti2013 (1x7)
% attività secondaria
abituale 2013(5x7)
Belgio 69 47 18
P. Bassi 71 56 44
Austria 73 45 8
Germania 71 48 18
Lussemb. 71 54 15
Francia 58 43 17
UE 58 41 15
4. La diffusione della pratica nell’areameridionale. Comparazione fra popolazione genericamente attiva e
praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
Paesi % attivi2010
% attivi2013
% praticanti
2010
% praticanti
2013
B:A2010
B:A2013
Spagna 58 56 39 46 67 82
Cipro 54 46 41 36 76 78
Italia 45 40 29 30 64 75
Portogallo 45 36 33 28 73 78
Grecia 33 41 18 31 55 76
Malta 62 25 48 19 77 76UE 61 58 40 41 66 71
4bis. La diffusione della pratica nell’area meridionale: attività / pratica / attività secondaria abituale
(in rosso valori superiori a media Ue)
Paesi % attivi2013
% praticanti
2013(1x7)
% attività secondaria
abituale 2013(5x7)
Spagna 56 46 11
Cipro 46 36 7
Italia 40 30 7
Portogallo 36 28 7
Grecia 41 31 8
Malta 25 19 11UE 58 41 15
5. La diffusione della pratica nell’areaex socialista. Comparazione fra popolazione genericamente attiva e
praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
Paesi % attivi2010
% attivi2013
% praticanti2010
% praticanti2013
B:A2010
B:A2013
Slovenia 78 78 52 51 67 65
Slovacchia 65 59 30 34 46 58
Rep. Ceca 63 65 28 36 44 55
Estonia 59 63 34 39 58 62
Lettonia 56 61 27 31 48 51
Lituania 56 54 36 37 64 69
Polonia 51 48 26 28 51 58
Romania 51 39 21 21 41 54
Ungheria 47 56 23 38 49 63
Bulgaria 42 20 13 11 31 55
Croazia nr 71 nr 35 nr 49
UE 61 58 40 41 66 71
5bis. La diffusione della pratica nell’area scandinava: attività / pratica / attività secondaria abituale
(in rosso valori superiori a media Ue)
Paesi % attivi2013
% praticanti2013(1x7)
% attività secondaria
abituale 2013(5x7)
Slovenia 78 51 17
Slovacchia 59 34 15
Rep. Ceca 65 36 11
Estonia 63 39 17
Lettonia 61 31 24
Lituania 54 37 18
Polonia 48 28 8
Romania 39 21 14
Ungheria 56 38 27
Bulgaria 20 11 14
Croazia 71 35 15
UE 58 41 15
Lo sport degli europei Modelli e sistemi di governance: una comparazione internazionale
Roma, 3 giugno 2014
Grazie dell’attenzione!