Dipartimenti di prevenzione e qualità dell'assistenza

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LXIX.4.2013 481 Igiene e Sanità Pubblica Dipartimenti di prevenzione e valutazione della qualità dell’assistenza Rendiamo note in questa sezione delle lettere pervenute alla Redazione scritte da illustri colleghi contenenti osservazioni sull'Editoriale "Rinascita o fallimento della Sanità pubblica?" (Ig. Sanità Pubbl. 2013; 69: 3-11). Non nascondiamo la soddisfazione di questa decisione per un triplice motivo. Un dibattito, anche critico, sugli argomenti pubblicati è presente in tutte le riviste scientifiche di prestigio ed è segno di vitalità di una disciplina, rivelando gli interessati ad un determinato argomento e apportando così nuovi contributi alla materia trattata. Il secondo è che si è ottenuto un risultato atteso, di suscitare qualche reazione cultu- rale in quanto gli Editoriali sono spesso volutamente provocatori, non sono e non vogliono essere mai apodittici, sono sempre animati da uno spirito costruttivo e di grande amore per la sanità pubblica, ovunque se ne discuta la teoria e la pratica. Il terzo è che le osservazioni, oltre a fornire nuove idee o elementi di giudizio, consen- tono nella risposta di illustrare meglio quanto esposto che spesso, per rispettare la concisione, può risultare poco chiaro o esplicito. 30 agosto 2013 Cari Colleghi, sulla Rivista Scientifica “IGIENE e SANITÁ PUBBLICA” di Gennaio/Febbraio 2013 si può leggere un interessante editoriale su "Rinascita o fallimento della Sanità pubblica?" Gli autori giustamente si preoccupano della "qualità delle cure mediche e del ruolo della Dirigenza di sanità pubblica" per garantire la qualità dell'assistenza e per migliorare costantemente gli esiti di salute. Essa "è una responsabilità presente in entrambi i settori sanitari pubblico e privato". Il passaggio successivo è grave, incomprensibile, strumentale, privo di qualsiasi evidenza documentale e scientifica. Vediamolo. Gli autori infatti senza preamboli scrivono : "Con alcune eccezioni degne di nota, i Dipartimenti di Prevenzione a livello statale e locale hanno giocato un ruolo passivo nella ricerca e nell'accertamento della garanzia di qualità del sistema assistenziale. Anche perché molti Dipartimenti di Prevenzione, pure quelli più grandi, *****

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EDITORIALE

Igiene e Sanità Pubblica

Dipartimenti di prevenzione e valutazione della qualitàdell’assistenza

Rendiamo note in questa sezione delle lettere pervenute alla Redazione scritte daillustri colleghi contenenti osservazioni sull'Editoriale "Rinascita o fallimento dellaSanità pubblica?" (Ig. Sanità Pubbl. 2013; 69: 3-11).

Non nascondiamo la soddisfazione di questa decisione per un triplice motivo.Un dibattito, anche critico, sugli argomenti pubblicati è presente in tutte le riviste

scientifiche di prestigio ed è segno di vitalità di una disciplina, rivelando gli interessatiad un determinato argomento e apportando così nuovi contributi alla materia trattata.

Il secondo è che si è ottenuto un risultato atteso, di suscitare qualche reazione cultu-rale in quanto gli Editoriali sono spesso volutamente provocatori, non sono e nonvogliono essere mai apodittici, sono sempre animati da uno spirito costruttivo e digrande amore per la sanità pubblica, ovunque se ne discuta la teoria e la pratica.

Il terzo è che le osservazioni, oltre a fornire nuove idee o elementi di giudizio, consen-tono nella risposta di illustrare meglio quanto esposto che spesso, per rispettare laconcisione, può risultare poco chiaro o esplicito.

30 agosto 2013Cari Colleghi,

sulla Rivista Scientifica “IGIENE e SANITÁ PUBBLICA” di Gennaio/Febbraio2013 si può leggere un interessante editoriale su "Rinascita o fallimento della Sanitàpubblica?" Gli autori giustamente si preoccupano della "qualità delle cure medichee del ruolo della Dirigenza di sanità pubblica" per garantire la qualità dell'assistenzae per migliorare costantemente gli esiti di salute. Essa "è una responsabilità presentein entrambi i settori sanitari pubblico e privato". Il passaggio successivo è grave,

incomprensibile, strumentale, privo di qualsiasi evidenza documentale e scientifica.Vediamolo. Gli autori infatti senza preamboli scrivono : "Con alcune eccezioni degnedi nota, i Dipartimenti di Prevenzione a livello statale e locale hanno giocato unruolo passivo nella ricerca e nell'accertamento della garanzia di qualità del sistemaassistenziale. Anche perché molti Dipartimenti di Prevenzione, pure quelli più grandi,

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mancano di competenze e di personale per essere esperti credibili di garanzia dellaqualità assistenziale". Sono stupefatto ed incredulo. Un Servizio Sanitario Nazionaleche non sa più che cosa è un ospedale pur spendendo più del 43% del fondo sanitario,con una assistenza sanitaria di base, pomposamente chiamata assistenza primaria,

con una disponibilità enorme di risorse fino al 52% del cosidetto FSN e con risultatidisastrosi, che Ti prendono come responsabili totali della cattiva assistenza: iDipartimenti di Prevenzione che tra grandi difficoltà concorrono invece a garantireprevenzione e sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro, compresi gli ospedali e leRSA, nonché nei Distretti. I nostri igienisti sono dunque incompetenti? Non credo,se ci fossero dati certificati in questo senso, si porrebbe con urgenza il problema della

formazione dei laureati, soprattutto degli specialisti in Igiene e Sanità pubblica.Forse hanno qualche ragione gli amici professori Augusto Panà e Armando Muzzi,grandi esperti di formazione, resta ancora molto, ma molto, da fare in questo variegatomondo universitario e parauniversitario. Chiedo pertanto alla Giunta Esecutiva dellaSItI di esaminare questi temi con la collaborazione dei Collegi dei docenti universitarie degli operatori, anche in occasione del prossimo Congresso Nazionale della nostra

Società Scientifica.Vittorio Carreri

*****30 agosto 2013

Caro Vittorio,

ho letto adesso l'Editoriale e concordo con te. Inoltre mi sembra un mix di"citazioni" anglo- italo.... che se da una parte va bene a tutti per considerazionigenerali casca sull'unico punto concreto il Dipartimento di Prevenzione la cuimission come è noto a tutti è quella "dell'accertamento della garanzia di qualitàdel sistema assistenziale"(?).

Anche io credo che sia utile chiarirsi su terminologia, ruoli e funzioni sotto il

cappello sanità pubblica ci sta di tutto anche la stesura di documentati rapporti,relazioni scientifiche e proposte concrete ed operative che sicuramente influenzanopositivamente le scelte dei decisori e supportano gli operatori nel loro lavoroquotidiano sul campo. Sì forse vale la pena di parlarne.

Un saluto a tuttiAntonio Gattinoni

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31 agosto 2013Caro Antonio,spero che anche gli altri colleghi condividano le nostre preoccupazioni e la

necessità che almeno in sede scientifica i giudizi siano suffragati da una precisa

conoscenza di ciò di cui si parla e da una corretta valutazione delle funzioni, delleattività, dei risultati ottenuti anche dai Dipartimenti di Prevenzione (DP) chenon sono né statali né locali bensì delle AUSL. In nessuna legge statale o regionale,negli ultimi venti anni, sta scritto che essi sono responsabili della qualità dellaassistenza sanitaria. Essi sono competenti invece di numerose funzioni e compitiche svolgono tra mille difficoltà e carenze decennali di risorse. In Italia si "risparmia"

solamente sul primo LEA quello della prevenzione collettiva negli ambienti di vitae di lavoro. Se la sanità pubblica è quella descritta dai proff. Panà e Muzzi, allorava riconosciuto che il modello istituzionale ed organizzativo dei Dipartimenti diPrevenzione proposti e normati dal Parlamento prima e dalle Regioni poi è statorealizzato in modo corretto e confrontabile da Trapani a Trieste. Lo sfascio ancheorganizzativo e qualitativo lo abbiamo subito nell'assistenza ospedaliera i cui costi

sono in continuo ed inarrestabile aumento e soprattutto nella assistenza primaria,nella continuità assistenziale, nella assistenza

domiciliare integrata, nel rapporto tra ospedali e territorio. Mi si dica che c'entranoi Dipartimenti di Prevenzione? Forse è il caso che la Rivista Scientifica "Igiene eSanità Pubblica" che ha sempre svolto una funzione importante per la promozionedella salute chiarisca alcune affermazioni, a mio avviso, inaccettabili sui DP

comparse nell'editoriale "Rinascita o fallimento della Sanità pubblica?". Spero cheanche gli amici stimati e di vecchia data, Panà e Muzzi, siano del nostro parere.Grazie.

Vittorio Carreri

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31 agosto 2013Cari Colleghi,intenzione, ampiamente documentata, dell’Editoriale “Rinascita o fallimento

della Sanità pubblica?” era quella di richiamare l’attenzione sulla opportunità chei Dipartimenti di prevenzione, (DP) dovrebbero assumere una responsabilità diretta(definita “rinascita”) proprio “nell’accertamento della garanzia di qualità del

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sistema assistenziale” (oltre ad altre iniziative suggerite nell’Editoriale in questione).Si tratta di una attività consona alla missione della sanità pubblica sia per la tuteladella salute dei cittadini che vengono assistiti presso strutture sanitarie di qualsiasitipo (cosidetta “prevenzione quaternaria”), sia per un più corretto e più utile utilizzo

delle risorse destinate alla sanità. Data la presenza obbligatoria dei DP in tutte leAziende sanitarie locali a chi altri affidare il compito delicato di incrementare ilvalore (efficacia, efficienza e sicurezza) delle prestazioni sanitarie? (a condizioneche il valore venga definito dall’assistito/cliente e non dal fornitore, che vengamisurato dai risultati di salute e non dal volume dei servizi erogati, che i costi sianocongrui ed adeguati alle risorse). Ci sono alcuni elementi che vanno in questa

direzione come l’affidamento ai DP, almeno in alcune regioni, dell’accreditamentoistituzionale delle strutture sanitarie. Sarebbe quanto mai necessario ottenereindicazioni sui DP che hanno stabilmente inserito nelle loro attività “l’accertamentoe la garanzia di qualità del sistema assistenziale”. Purtroppo, fino a prove contrarieche si spera saranno fornite dai lettori, non si può che confermare la “mancanza dicompetenze e di personale per essere esperti credibili di garanzia della qualità

assistenziale” che viene riduttivamente semplificata a cultura aziendalistica emanageriale, la cui pratica viene generalmente affidata ad “esperti” non medici disanità pubblica.

Armando Muzzi, Augusto Panà

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31 agosto 2013Caro Armando, anch’io resto della mia opinione. Se l’intenzione Tua e di Augusto

era quella di aprire un dibattito sulla qualità dell’assistenza sanitaria e sul ruolo deiDipartimenti di Prevenzione che debbono esercitare in materia di igiene e disicurezza, prerequisiti della qualità dell’assistenza, della certificazione edell’accreditamento all’eccellenza delle strutture sanitarie e socio sanitarie,

pubbliche e private, dichiaro il mio pieno accordo. Per quanto riguarda invece laverifica della soddisfazione degli utenti dei servizi di prevenzione, diagnosi, cura eriabilitazione, altro aspetto fondamentale del sistema del sistema della qualità,credo che anche altre strutture delle Aziende Sanitarie debbano essere attivate.Per la prevenzione sono previste risorse pari ad almeno il 5% del bilancio dellasanità. Mediamente in Italia si spende per il 1° LEA poco più del 3%. A Milano, io

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abito vicino all’Ippodromo di San Siro. Anche da queste parti si sostiene che nonsi possono vincere le gare con un cavallo zoppo. I DP delle 150 AUSL hannobisogno urgente di stare meglio, anzi di essere potenziati anche qualitativamente.Speriamo! Grazie.

Vittorio Carreri

*****31 agosto 2013

Caro Vittorio, provo imbarazzo a dover ricordare che abbiamo appellato illustriIgienisti, come Giovanardi e Seppilli, “padri” del servizio sanitario nazionale, perché

ne hanno ideato la istituzione decenni prima della sua realizzazione (uno di noinegli anni ’60 partecipava alle riunioni settimanali, di solito il mercoledì, pressol’Istituto di Igiene dell’Università di Perugia, dove Seppilli avviava e indirizzava ladiscussione su questo argomento). Come pure, che il capitolo sull’Ordinamentosanitario italiano era quello che apriva ogni Trattato di Igiene su cui si sono formatiuna miriade di Igienisti. Queste radici, che rappresentano “lo sforzo organizzato”

della classica definizione di Sanità pubblica, a partire da Winslow ad Acheson,hanno prodotto un “albero” di ricerche e conoscenze che hanno assunto variedenominazioni (ricerca sui servizi sanitari, ricerca sui sistemi sanitari, ricerca suisistemi e politiche sanitarie ecc.), e sviluppato particolarmente nei paesianglosassoni (che costringe purtroppo (!!) a ricorrere ad «un mix di “citazioni”anglo- italo....». Ebbene questa materia, tipicamente multidisciplinare (come lo è

la Sanità pubblica), non risulta essere stata sufficientemente coltivata ed insegnatanelle Scuole di specializzazione e perfezionamento di Sanità pubblica, in modo daformare “esperti credibili di garanzia della qualità assistenziale”. È un vanto dellaCattedra di Igiene e Sanità pubblica di Tor Vergata avere da decenni portato atermine una serie di iniziative per tentare di sanare queste carenze.

Il principale movente dello sviluppo di questo campo di conoscenze ed attività è

stato economico, quando ci si è accorti che la spesa sanitaria aumentava in modogeometrico e veniva utilizzata in gran parte per il recupero della salute lasciandoscoperta la riabilitazione e soprattutto la prevenzione (come giustamente fa notareCarreri). Com’è noto, per recuperare efficienza e contenimento dei costi, si èricorsi all’aziendalizzazione della sanità e resa obbligatoria la formazionemanageriale. I risultati sono stati deludenti: è stato appena pubblicato un volume

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dal titolo molto significativo (NHS SOS: How the NHS Was Betrayed and How WeCan Save It. Jacky Davis, Raymond Tallis, eds. Oneworld, 2013), e la FondazioneGIMBE ha invitato tutti i cittadini a sottoscrivere il Manifesto della Sostenibilitàper conservare il Servizio sanitario nazionale come l’avevano concepito i nostri

Maestri Igienisti (http://www.gimbe.org/pagine/751/it/salviamo-ssn).Si può sostenere la tesi che il personale di ogni livello impiegato nei Dipartimenti

di Prevenzione deve già sopportare gravosi impegni lavorativi in situazioneemergenziale, ma l’Editoriale finora citato intendeva porre il quesito, che rimaneaperto, se la strada tradizionale fosse ancora da perseguire o se bisognava iniziarea percorrerne un’altra, se ritenuta più vantaggiosa per i cittadini e per il personale

stesso.Armando Muzzi, Augusto Panà

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