Dietro Ragionevoli Scelte

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Per quali motivi i giovani posticipano l’entrata nella vita adulta? Perché rinviano l’uscita dalla casa dei genitori, la formazione di una coppia stabile, la nascita di un figlio?A questi interrogativi si risponde in genere enumerando le sfavorevoli contingenze materiali - disoccupazione, precarietà, bassi salari, mercato immobiliare ingessato - che nel nostro paese più che altrove, scoraggiano le giovani generazioni. Ma affidarsi A questa sola chiave di lettura può essere riduttivo, o persino fuorviante. Dietro i condizionamenti economici, nella formazione di scelte apparentemente ragionevoli, opera infatti sempre il filtro degli stati d’animo, capaci di accelerare o sospendere lo stesso processo di formazione delle scelte. Il diffondersi di alcuni stati d’animo di crisi (insicurezza, ansia, inadeguatezza) può far smarrire alle giovani generazioni la capacità di rischiare in proprio, inducendoli ad adagiarsi nello spazio rassicurante e avvolgente della famiglia mediterranea. Ma a loro volta gli stati d’animo di crisi sono innescati non da singole transitorie difficoltà, quanto piuttosto dal cronicizzarsi delle prospettive di precarietà: prospettive che accomunano oggi il paradigma del lavoro flessibile a quello della vita flessibile. Per uscire dallo stallo occorre senz’altro favorire la diffusione di condizioni materiali che rendano più agevole l’emancipazione delle giovani generazioni. Questa è tuttavia una condizione necessaria ma non sufficiente. Occorre anche ridisegnare l’architettura complessiva (tempi, luoghi, relazioni) delle forme della riproduzione sociale, ricostruendo un clima fiduciario che maggiormente predisponga al mettersi in gioco

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  • Giuseppe A. Micheli

    Dietro ragionevoli sceltePer capire i comportamentidei giovani adulti italiani

    EdizioniFondazione Giovanni Agnelli

  • Copyright 2008 by Edizioni della Fondazione Giovanni Agnellivia Giacosa 38, 10125 Torino

    tel. 011 6500500, fax 011 6502777e-mail: [email protected] Internet: http://www.fondazione-agnelli.it

    Cura editoriale di Veronica Strobbia

    ISBN 978-88-7860-213-7

    Le opinioni espresse dallautore non riflettono necessariamenteil punto di vista dellEditore

  • VIndice

    IntroduzioneConsuntivo per una generazione1. En ralenti VII2. Calendari dilatati, sequenze reversibili IX3. Queste pagine. Come nascono e come leggerle XII

    Capitolo primoLimiti delle spiegazioni razionali a senso unico1. Vincoli materiali e ordini lessicografici 12. Staccarsi non conviene: cause e INUS-cause 43. Perch mai tuffarsi in piscina 8

    Capitolo secondoGrandi contenitori (e tautologismi sistemici)1. Bene, bene, bene respondre 152. Ambiguit della percezione del rischio 183. Sapienza malinconica: le due facce del postmod 234. Virtus dormitiva: il gioco degli atteggiamenti 285. Ex post: il mistero di dissonanze non ridotte 30

    Capitolo terzoIl colore delle cose1. Quando cambia la percezione dei fatti oggettivi 352. Tre dimensioni della (in-)sicurezza 383. Cosa sta dietro il cambiamento delle pratiche 424. Cosa sono i moods 455. Malinconie che sperano malinconie che disperano 47

  • VI

    Indice

    Capitolo quartoGli ingredienti delle contingenze di crisi1. Apocalissi e grandi faglie collettive 512. Entrapment: persistenze di crisi e paradossi 543. Entrapment: lincantesimo della famiglia forte 604. Entrapment: porte girevoli 635. Tra generazioni: aloni e attaccamenti 66

    Capitolo quintoStrategie frontali1. Identificarsi in valori, identificarsi nellatto 712. Riconoscimento, stabilizzazione, self-respect 753. Leffimero dellidentit 804. Identit come disconferma 815. Perch a identiche apocalissi risposte diverse? 87

    Capitolo sestoStrategie allintorno1. Incidentalmente 912. Il disancoraggio delle azioni dalle intenzioni 943. Strategie diversive: rimozione e cut-off 964. Ricostruire climi 985. La frizione staccata 100

    Capitolo settimoReinnestare la frizione1. Annacare non basta 1032. Primum vivere: le condizioni e i climi 1053. Gabbie di ruolo e tempo dellesserci 1104. La lunga marcia verso attaccamenti multipli 1145. Ripristinare il contatto 116

    Bibliografia 121

    Indice dei nomi 133

    Indice degli argomenti 137

    Nota sullautore 143

  • VII

    IntroduzioneConsuntivo per una generazione

    1. En ralenti

    Se leggere i fenomeni demografici vuol dire cogliere le tendenzeintrinsecamente regolari sottostanti lintrecciarsi delle biografie indi-viduali, nessuno schema logico supera in efficacia la grande metafo-ra che Johann Peter Sssmilch, cappellano dellesercito prussiano,propose nel 1741 per evidenziare lordine divino dei mutamenti delgenere umano. Per illustrare questordine, con candida deformazio-ne professionale Sssmilch si serv del paragone con la sfilata di unreggimento (una sorta di 2 giugno):

    Se niente lasciato al caso, se soldati e plotoni si susseguono in or-dine di altezza, secondo le loro uniformi e le loro armi, se gli spazi so-no gli stessi, se tutti marciano con lo stesso passo, si potr ammirare ilpi perfetto e armonioso degli ordini. Lungo il tempo lEterno Gover-natore del mondo ci fa sfilare similmente sotto i suoi occhi, fino al mo-mento in cui ciascuno, raggiunto lobiettivo prefissato, lascia il luogodella parata. La nostra apparizione nel paese dei viventi si produce apoco a poco, senza scosse e secondo numeri che sono sempre in unrapporto preciso sia con larmata dei vivi sia col numero di coloro chelasciano il campo (Sssmilch, 1741).

    Nel 1974 nei pressi del monte Li, nel nord della Cina, fu scopertaunenorme fossa, duecentodieci metri da est a ovest, sessanta da norda sud, al cui interno undici corridoi paralleli contavano seimila figurea grandezza naturale di soldati e cavalli in terracotta, dipinti originaria-mente in colori vivaci. Pi di tremiladuecento soldati di fanteria, e poi,in misura minore in proporzione al grado, arcieri, balestrieri, ufficia-

  • VIII

    Introduzione

    li, lancieri, aurighi. Tutti immobili, a custodire (sacrifici iconici al po-sto di sacrifici umani) il mausoleo di Chin Shih-huang-ti, primo im-peratore della Cina e costruttore della Grande Muraglia, morto venti-due secoli or sono.

    Per la verit, un reputato sinologo (Leclerc du Sablon, 2002) haavanzato lipotesi dissacrante che non della scoperta archeologica delsecolo si sia trattato, ma di una messinscena ingegnosamente allestitaa scopo di propaganda politica. Ma che importa? Finzione moderna oritualismo antico, resta questo esercito inquadrato e composto, sfer-ragliante e baluginante, allo stesso tempo spettrale nella sua immobi-lit. Come l'esercito in parata di Sssmilch, davanti al sovrano, diodegli eserciti, le diverse coorti dei soldati di terracotta sfilano semprepi lente, alla moviola, quasi in un fermo-immagine. Ne risultano tempipi lunghi di scorrimento e di permanenza nellorizzonte, dirada-mento della frequenza di nuove entrate.

    Agli occhi di un ipotetico osservatore esterno la popolazione ita-liana dellultimo scorcio del Novecento come unarmata le cui lineeentrano alloriente dellorizzonte visivo sempre pi rade quanto pirade diventano le nascite e sfilano pi lentamente, allungando il tempoche intercorre prima che, giunte al loro nadir, esse scompaiano al-lorizzonte dellosservatore. La sfilata delle coorti (le chiameremo ge-nerazioni) mostra agli occhi dellosservatore un impressionante effettoralenti.

    La societ italiana aggiunge al quadro della sindrome del ritardo alcunitratti peculiari. La rigidit con cui fattori individuali e di contesto con-dizionano le tappe formative del ciclo di vita e il costo che il metter su fa-miglia comporta. Non appaiono per ora in Italia quei connotati di flessibi-lit, duttilit, elasticit con cui in altri paesi si esce dalla famiglia di origineper andare a vivere per conto proprio, per studiare, lavorare, stare con unpartner e fare dei figli [...]. Dal canto loro le famiglie italiane mostranopoco entusiasmo a spingere i figli fuori del nido (Salvini, 2004).

    La stessa studiosa prende in prestito da un racconto di Calvinodel 1957, per rappresentare lo scenario che ci sta dinnanzi, una me-tafora marinara:

    Riferendosi alla situazione di stallo in cui versava la politica italianadellepoca, densa di conflittualit latente e di una mancanza di sbocchi

  • IX

    Consuntivo per una generazione

    dialettici, [Calvino] racconta, attraverso i ricordi di un vecchio mari-naio inglese, lincontro-scontro di due galeoni, luno inglese e laltrospagnolo, nei mari delle Antille allepoca delle guerre di corsa e del-lInvincibile Armada. Malgrado i continui stimoli dei nipoti che voglio-no strappare una conclusione alla narrazione del vecchio e insonnolitozio marinaio, il racconto si chiude senza n vinti n vincitori. Calvinosuggerisce per bocca del marinaio solo possibili scenari (quello che sisarebbe potuto fare... ma con rischi!) ma i galeoni sembrano potercontinuare a fronteggiarsi per leternit in un mare senza vento, di cal-ma piatta [...]. E allora: gli attori protagonisti della congiuntura demo-grafica italiana e generazioni attualmente in et riproduttiva si comportano come i galeoni immersi nella gran bonaccia delle Antille?

    Conta poco la recente, pubblicizzata, ripresa delle nascite, in buonaparte dovuta al contributo dei nuovi ospiti giunti in Italia da altre re-gioni del mondo. Il ritratto complessivo della sfilata delle coorti nonne sostanzialmente scalfito: rallentato il flusso in entrata, rallentato iltempo di percorrenza della vita individuale, nello stesso momento incui altri segnali (la diminuzione della dimensione familiare, la ridottapropensione a spostarsi sul territorio, il crescente carico di anni in nonbuona salute che la popolazione pi longeva si porta in dote sulle spal-le) sembrano indicare un crescente isolamento fra gli individui in mar-cia. Non pi il passo rapido e sicuro dellarmata di Sssmilch, insom-ma: al suo posto la sensazione dello sfilare congelato sulla muraglia diun esercito di soldati di terracotta. Perch mai?

    2. Calendari dilatati, sequenze reversibili

    Parliamo di una generazione, quella dei giovani entrati in vita adultatra il 1973 e il 2000, dopo lo shock petrolifero e prima del cambio disecolo, nata (andando a ritroso) nel quarto di secolo tra la fine dellaseconda guerra mondiale e gli ultimi fuochi degli anni sessanta. Ten-tiamo un consuntivo di questa generazione del grande freddo, se-gnata dalla stagnazione dei comportamenti di passaggio; forse co-glieremo cosa la distingue dalle ondate successive, entrate in et adul-ta nel XXI secolo.

    Questa onda generazionale stata segnata dal crollo della fecondite da una traslazione in avanti dei calendari di entrata in vita adulta.

  • XIntroduzione

    Trentanni fa John Modell (et al., 1976) aveva osservato come len-trata in vita adulta non si compie in un amen, in un unico punto neltempo, ma copre una sequenza di eventi. Un giovane diventa adultoquando ha finito gli studi, quando ha trovato un lavoro (stabile, se pos-sibile), quando uscito dalla casa dei genitori, quando ha fatto coppiastabile (non necessariamente sposandosi), fino alleventuale passo deldiventare padre o madre. Ebbene, londa dei giovani adulti fin de sicle contrassegnata da una posticipazione sostenuta in tutte questestazioni di passaggio intermedie.

    Partiamo dallultima. La proporzione di giovani che a 35 anni an-cora non hanno un figlio cresciuta negli ultimi tre decenni in tuttaEuropa, ed cresciuta di pi nei paesi del sud, in particolare in Italia.Per la verit, non c un divario incolmabile tra il nostro e gli altri paesi:il fenomeno del rinvio dellapprodo a un figlio , dove pi dove meno,comune a tutta lEuropa, e dovrebbe avere almeno in parte spiegazionicomuni. Ma sulle sponde europee del Mediterraneo il fenomeno haassunto dimensioni pi vistose e persistenti.

    Quali ingredienti si aggiungono, sulla sponda del Mediterraneo, allaricetta europea? Pi duno, vedremo, e tra loro straordinariamenteaggrovigliati. Due di questi ingredienti sono certo il faticoso distaccodalla famiglia di origine e laggancio temporale, che fatica a dissolversi,tra uscita dalle mura della famiglia di origine e formazione di ununionestabile. Due meccanismi distinti, che insieme producono un bloccovisibile e consistente dellentrata in vita adulta, accentuando il contrastorispetto ai modelli nordeuropei e atlantici.

    Mentre negli altri paesi occidentali la posticipazione delle nozze haliberato spazio per esperienze di vita autonoma o in convivenza, nel-lEuropa mediterranea lo spostamento in avanti del matrimonio si quasi completamente tradotto in una ancora pi lunga permanenza deigiovani in famiglia (Biliari e Rosina, 2004).

    Cos, mentre nei paesi scandinavi la maggioranza dei giovani escedalla casa dei genitori poco dopo il raggiungimento della maggioreet, e in gran parte dei paesi europei a 25 anni solo una minoranza nonha ancora conquistato una propria autonomia, nel nostro paese sta di-ventando sempre pi comune rimanere a vivere con i genitori fin oltrei 30 anni. E il processo di continua posticipazione dellet di uscita

  • XI

    Consuntivo per una generazione

    dalla famiglia di origine si trascina automaticamente dietro lo sposta-mento in avanti di un altro passaggio che, nella tradizione mediterra-nea, coincideva con luscita di casa:

    A met degli anni Settanta le donne si sposavano mediamente dopo i 24anni e gli uomini poco dopo i 28. I figli e le figlie di chi si sposato in quelperiodo hanno posticipato la sperimentazione di tale evento in media di oltrecinque anni rispetto ai loro genitori (Gruppo di coordinamento per lademografia, 2007).

    Ma accanto al calendario frenato unaltra mutazione segna lultimoquarto del Novecento in tutte le societ avanzate dellOccidente. Nel-laccresciuta flessibilit delle sequenze di vita, lordine temporale disuperamento delle varie stazioni di passaggio si scompiglia e perderegole fisse. La precarizzazione del mercato sostituisce alla ricerca delposto fisso un processo lento, graduale e non necessariamente coro-nato da successo, di stabilizzazione del lavoro, che spesso si concludedopo luscita di casa e lentrata in vita di coppia (eventi ancora forte-mente incardinati luno allaltro). Anche le unioni informali inizianoa uscire dal cono dombra del matrimonio a cui tradizionalmente sisovrapponevano, per diventare il primo passo verso una vita in comu-ne, contribuendo al contempo alla posposizione dei calendari e alladestandardizzazione dei percorsi di vita. La deregolazione dei calen-dari dei principali passaggi porta a copioni di vita individualizzati, de-standardizzati: copioni come percorsi tracciati in una carta stradale diuna citt in cui scompaiano i sensi vietati e le direzioni obbligate.

    Fin dalla seconda met degli anni settanta le pratiche, i valori e imodelli dellimmaginario collettivo sono segnati da una mutazioneimportante di quello spirito del tempo che aveva marcato gli anni del-la grande modernizzazione:

    Lidea emancipatrice e razionale di un abbattimento delle barriere che sifrappongono al dispiegamento del destino individuale di vita, senza pidiscriminanti di genere, di classe, di et, sembra ora lasciare il posto a unarepulsione istintiva e paralizzante verso ogni destino in qualche modoirreversibile (Micheli, 1999a).

    negli anni novanta che prendiamo consapevolezza di questo in-quietante processo di mutagenesi. Le Lezioni americane di Italo Calvino

  • XII

    Introduzione

    (1985) ci hanno familiarizzato con lidea di leggerezza, che aspira-zione a rendere reversibili percorsi obbligati e a riaprire vicoli ciechio, come diremo, doppi vincoli. E alla mezzanotte del secolo ZygmuntBauman (2000), fotografando una societ fluida in quanto in conti-nuo mutamento di forma quando soggett(a) a pressione, la battezzacon una parola preziosa per capire il senso dei cambiamenti in atto: laparola reversibilit. Reversibilit concepita come nocciolo duro equintessenza della evoluzione inerziale della modernit, liquefatta,fluttuante, frammentaria e deregolamentata.

    Reversibilit e dilazione sono le dominanti del passaggio di seco-lo. Lo sono in tutto lOccidente che ha varcato le soglie della postmo-dernit. E contrassegnano in modo indelebile i nuovi calendari, i nuo-vi comportamenti e i nuovi riti di passaggio. Ma come dar conto diquesta mutazione della filosofia del vivere quotidiano? E come spie-gare le specificit che essa assume nel nostro paese?

    3. Queste pagine. Come nascono e come leggerle

    Queste pagine hanno una storia lunga. Una prima versione, siste-matica ma terribilmente prolissa, risale allinverno del 2004, in occa-sione di un corso sulla logica delle dinamiche familiari tenuto allIsti-tuto Max Planck per la ricerca demografica, a Rostock. Ma a sua vol-ta quel corso era lo sbocco di una lunga incubazione dei temi, maturatafin dagli anni ottanta nei corsi tenuti prima allUniversit Bocconi, poialla Cattolica di Milano. Lobiettivo perseguito fin dallinizio era quel-lo di costruire una rudimentale scatola degli attrezzi per comprenderein modo meno superficiale i processi di formazione di comportamen-ti demografici che stavano cambiando volto. Una scatola degli attrez-zi per portare a galla le logiche sottese a quelle che ci vengono presen-tate come ragionevoli scelte di vita, e che quindi ci consentisse discavare al di sotto delle regole ortodosse della teoria della scelta ra-zionale, muovendoci senza troppo rispetto per le tradizionali compar-timentazioni tra le scienze delluomo.

    Sia per detto una volta per tutte: non c in queste pagine alcuna in-tenzione di negare il ruolo decisivo di un ampio ventaglio di fattoristrutturali economici, sociologici e antropologici nel condizionare legiovani generazioni a censurare le loro scelte negli snodi cruciali

  • XIII

    Consuntivo per una generazione

    dellentrata in et adulta. per necessario sforzarsi di capire come lechiavi di lettura basate sulla razionalit economica e (pi in senso la-to) cognitiva siano necessarie, ma per nulla sufficienti.

    Il fascio di luce diffuso in una camera da una lampada a incande-scenza dipende, s, dalle condizioni strutturali (la forma e la composi-zione del filamento metallico, il gas inerte allinterno del bulbo) checonsentono il prodigioso processo di trasformazione di energia elet-trica in luminosa. Ma quando la luce viene a mancare pu essere inutilearmeggiare intorno alla lampadina, finch non si verificato selinterruttore generale attaccato o no. Alla stessa stregua, la conve-nienza di un comportamento non basta ad attivarlo, se non si accom-pagna a un flusso di stati danimo sottostanti, favorevoli a intrapren-dere unazione, quale che sia.

    La prima aspirazione di queste pagine intaccare un po della gra-nitica sicurezza di chi si affida con troppa fiducia alla logica della ra-zionalit (economica) per render conto di cambiamenti e persistenzenei comportamenti demografici. Chi crede che i costi (economici)trattengano la gente dal mettere al mondo i figli incorre nelle insidiedel suo stesso pensare in termini di costi e benefici (Beck, 1999). Nonsi tratta di mettere in discussione la ragionevolezza di quelle scelte (inrealt di tutte le scelte, incluse quelle strettamente economiche), madi aprirsi al dubbio che la loro traduzione in opera dipenda prelimi-narmente dallagire di stati danimo, la cui geografia, la cui sintassi ele cui dinamiche tendiamo in genere a trascurare.

    Ma se la chiave di lettura dellhomo oeconomicus non spiega tutto,nelle tendenze in atto alla dilazione e alla reversibilit, altrettanto fuor-viante attribuirle come in certe diffuse vulgate al peso schiacciantedella globalizzazione dellincertezza e dei suoi disastri; quei disastri checolpiscono alla cieca, scegliendo le proprie vittime in base alla logicapi bizzarra o senza alcuna logica apparente, menando i loro fendentia casaccio, cosicch non c alcun modo di prevedere chi condannato e chi si salver (Bauman, 2000). Anche questa seconda,granitica e insieme nichilista certezza vorremmo minare: la certezzache i processi decisionali degli individui siano sottomessi tota-litariamente al condizionamento delle grandi derive culturali della mo-dernit. Per questo ci domanderemo quali contingenze storiche dicambiamento hanno prodotto non tanto la crescita della complessit edel rischio, quanto la mutata percezione di una complessit da sem-

  • XIV

    Introduzione

    pre presente, pur sotto differenti vesti. Come riflette Forrest Gump,forse vero che ognuno costruisce da s il suo destino, e forse ve-ro che siamo sospinti qua e l come una piuma dalla brezza. Forse vera luna e laltra cosa. E sono vere insieme.

    Se riuscissimo a districarci un po nel groviglio di nessi logici cheintercorrono tra processi cognitivi e non cognitivi di decision-making,avremmo forse qualche strumento in pi per comprendere comporta-menti sociali ai bordi, come le condotte sociali di crisi e di disagio, ole delicate scelte di entrata in vita adulta. E avremmo forse iniziato acolmare l' isolamento intellettuale (Caldwell, 1982) che separa comeun fossato la demografia dalle altre scienze delluomo.

  • 1Capitolo primoLimiti delle spiegazioni razionali a senso unico

    1. Vincoli materiali e ordini lessicografici

    Ripartiamo dai fatti. Un numero crescente di persone rinvia il ma-trimonio e, prima di esso, pospone luscita dalla famiglia di origine.Fino a met di questo decennio let media di uscita lentamente cre-sciuta, divergendo vistosamente dai calendari dei paesi centro e nor-deuropei. E se lultimo rapporto IARD (Buzzi, 2007) segnala unin-versione di tendenza e unanticipazione dellet delluscita di casa,ci verosimilmente legato alla diffusione nel Nord-Italia della con-suetudine modernizzante di una indipendenza abitativa (da soli o inconvivenza) solo apparente, in quanto sganciata da quella economicae tutta appoggiata sulle solide spalle finanziarie di genitori condi-scendenti. Indipendenza gentilmente octroye graziosamente e gra-tuitamente concessa che (ci torneremo) non pu non rivelarsi, nelprosieguo della vita, fragile e colonizzata.

    Come interpretare allora questa lunga apnea che accomuna ragazzie ragazze delle ultime generazioni, questo loro rannicchiarsi nel protettivoalveo della famiglia? Certamente molti segnali raccontano un aumentodella possibilit o capacit di gestione efficiente del tempo in variambiti di vita (Billari e Rosina, 2004). Ma cosa significa gestioneefficiente? Davvero limpatto delle nuove generazioni con lecontingenze, economiche e sociali, di entrata in vita adulta tenutosotto controllo da ragazzi e ragazze? In che misura invece questo con-trollo sfugge loro?

    Partiamo dallipotesi pi semplice. Sempre pi le nuove genera-zioni del Duemila, con sfumature (diverse tra ragazzi e ragazze) legateal distinto retaggio culturale, tendono a contrapporre i benefici del-

  • 2Giuseppe A. Micheli

    lemancipazione dalla famiglia di origine ai rischi di perdita di statusche essa, in filigrana, lascia intravedere e paventare. Diamo allora ret-ta a questa vox populi, e vediamo dove ci porta un approccio interpre-tativo tutto centrato sui parametri economici.

    Una lettura in chiave solo economica dei comportamenti indivi-duali tiene (apparentemente) conto di due insiemi di fattori: i costi e ibenefici materiali, valutati oggettivamente, che lindividuo ottiene dauna decisione presa o da unazione effettuata, e le preferenze o gusti,priorit tra diverse alternative possibili. In realt del sistema di prefe-renze lutilitarismo neoclassico si libera senza grossi sensi di colpa,predeterminandole misteriosamente dallesterno, in pratica privando-le di meccanismi intrinseci che ne consentano il mutamento. Resta co-s solo il quadro dei condizionamenti oggettivi, materiali. a questiche deleghiamo, con totale fiducia, la determinazione delle scelte, tra-mite la prodigiosa semplificazione del calcolo economico.

    Ecco un buon esempio di ordine lessicografico. Parola miste-riosa questa, parola intrigante, dal sapore di certi scioglilingua esote-rici; ma assai utile a capire molte situazioni in cui ci troviamo a dovervalutare, e scegliere, tra molti criteri. Nellordinamento lessicografi-co una stringa di elementi (quali che essi siano) si dispiega con unaprocedura rigida: in presenza di pi possibili criteri, tra loro viene sta-bilito un ordine gerarchico forte, e si procede allutilizzo del primocriterio (il criterio dittatore), senza alcuna conciliazione e compro-messo con i successivi. Solo quando e se il primo criterio in ordine diimportanza non permette di discriminare, si passer allutilizzo pervalutare o decidere del criterio successivo. Limportanza coincidecon lordine.

    Lordinamento lessicografico analogo a quello di un dizionario:prima si ordinano due parole secondo la prima lettera dellalfabeto, poisecondo la seconda lettera e cos via. La posizione di tutte le lettere diun nome nelle rispettive scale gerarchiche non conta per niente nella de-funzione dellordinamento complessivo. Cognomi come Zaba o Waab,pur essendo composti quasi totalmente di lettere che stanno tutte in testaallordine alfabetico, resteranno malinconicamente in fondo allelencotelefonico. Quando lItalia, alle Olimpiadi di Montreal del 1976, vinseun paio di ori solo allultimo giorno, pur avendo accumulato un sac-chetto pieno di argenti, tutto il paese prov la vergogna di restare Cene-rentola nellordine (lessicografico) che laureava le nazioni pi titolate.

  • 3Limiti delle spiegazioni razionali a senso unico

    Nella formazione delle scelte una concezione allargata della ra-zionalit economica non accetta altra ragione che se stessa, che possaspingere a prendere decisioni. Scatta una sorta di ordinamento lessi-cografico. La massimizzazione del profitto il criterio dittatore.

    Eppure la dittatura del criterio economico non lunica opzionepossibile. La proposta di Mead Cain (1983) di certo la pi radicale,nel contrapporsi a un puro economicismo. Per valutare cosa fa scattarela scelta di avere un figlio (o un figlio in pi), Cain parte da un diversoordine lessicografico, per il quale le scelte di passaggio sono in agendasolo se le probabilit di sopravvivenza superano una certa soglia. Safetyfirst, anzitutto la sopravvivenza: solo assicurata questa condizioneminimale, possono scattare strategie subordinate.

    Uno schema simile adottato da Abraham Maslow (1992), per ilquale c una gerarchia nei bisogni espressi da un individuo. Solo unavolta soddisfatte le pi elementari necessit fisiologiche dormiremangiare respirare lindividuo comincer a preoccuparsi di bisogni diun livello pi alto, quelli associati alla sicurezza e alla salute; solosoddisfatti questi egli sposter la sua attenzione su bisogni relazionaliassociati a un senso di mutuo riconoscimento e di legame affettivo chediscende dallappartenenza a un gruppo. Un ultimo passo, ed ecco leesigenze di autorealizzarsi attraverso la ricerca creativa di verit esenso nella vita. Sono le condizioni materiali della societ in cui vivonogli individui a determinare la loro collocazione potenziale lungo la scalagerarchica dei bisogni.

    Partendo dalla teoria masloviana, Ronald Inglehart (1997) lega ilcambiamento nei valori generazionali al cambiamento negli standard divita. Maslow e Inglehart, insieme, possono essere sintetizzati in dueregole. La prima che esiste un ordinamento forte nelle strategie, inbase alla loro capacit di fare fronte a contingenze in trasformazione; laseconda che un qualsiasi cambiamento nella pressione ambientaleproduce necessariamente un qualche slittamento adattivo nelle logicheo nelle strategie dazione. Qualcosa accomuna quindi lordinelessicografico di Maslow e quello (safety first!) di Cain, qualcosa cheha a che fare con il meccanismo che produce slittamenti nelle proce-dure decisionali: ogni cambiamento nelle logiche o nelle strategie infondo indotto da qualche variazione (in pi o in meno) nella pressionedelle contingenze.

    Ma quali variazioni nella pressione delle contingenze esterne pos-

  • 4Giuseppe A. Micheli

    sono spiegare i consistenti mutamenti del comportamento demografi-co in corso? Qui le risposte si fanno multiple, i nessi nebulosi, mi-schiando chiavi di lettura microfondate e variabili aggregate. Si ricor-re spesso, per darsene una ragione, alla caduta di convenienza dellecondizioni che, tradizionalmente, inducono a uscire dalla famiglia diorigine (fattori di spinta) e attraggono verso una vita autonoma (fat-tori di attrazione). Per esempio, la percezione di difficolt crescenti (o lapercezione crescente di difficolt) ad accedere a una casa, o a un lavoro. Ilcosto insostenibile di un figlio, che aumenta con la qualit desiderata delfiglio. La difficolt crescente a controllare il proprio futuro con unasola entrata in famiglia, lesigenza di liberare tempo per una doppiaoccupazione della coppia, tempo sottratto in assenza di servizi e di unacultura di condivisione tra partner al tempo per un figlio. O ancora, ilconflitto di interessi tra la realizzazione del destino di genere e lalegittima esigenza di realizzazione della donna, conflitto reso lacerantedalle forme propriamente mediterranee di divisione dei ruoli nellacoppia, che spinge a strategie di compromesso, o forse meglio di barattoperdente (tu non ti sottometti a una condivisione dei carichi familiari, ionon mi sottometto al destino di genere). E ancora la convenienza,sempre e comunque, di restare appoggiati o appollaiati o accovacciatinel grembo caldo e ospitale della famiglia di origine, per la fruizionedella casa o dei servizi, per il supporto morale o finanziario.

    Tutte spiegazioni ragionevoli, razionali, e politically correct. Ep-pure tutte insieme portano a una lettura debole dei processi cui assi-stiamo. Ripercorriamole ancora una volta.

    2. Staccarsi non conviene: cause e INUS-cause

    frequente che si attribuisca la responsabilit per il rinvio dellescelte di entrata in vita adulta alle difficolt dei giovani a trovare la-voro, e pi in generale al rischio su di loro incombente di sperimentareuno stato di povert.

    La tardiva et alla quale si conquista lindipendenza abitativa daigenitori legata a tassi di attivit e a salari di ingresso sensibilmentepi bassi rispetto alla media di altri paesi industrializzati. Negli altri

  • 5Limiti delle spiegazioni razionali a senso unico

    grandi paesi europei (dati Eurostat) nella fascia det 20-24 glioccupati sono la netta maggioranza (quasi il 60%), mentre sono pocopi del 40% in Italia. Nella fascia 25-30 gli occupati sono tre suquattro negli altri paesi, mentre ci si ferma a due su tre in Italia. Ilreddito medio di un occupato italiano tra 25 e 30 anni , ad esempio,circa il 10% inferiore a quanto percepisce un coetaneo spagnolo,oltre un terzo meno di quanto ottengono i coetanei degli altri grandipaesi. Il differenziale tra occupazione nella fascia 20-29 e 30-54 paria circa il 20%, tra i pi elevati in Europa. LItalia ha la maggioredisoccupazione giovanile, vicina al 10%, e coi salari dingresso pibassi (Rosina, Billari e Livi Bacci, 2006).

    Altri dati, tuttavia, pur restando ferma limportanza del lavoro nelcalendario di entrata in et adulta, smentiscono unapplicazione radicalee meccanica di questo collegamento. Che sia per il pi lento ingresso invita adulta e autonoma, o per il persistente supporto della famiglia diorigine, non si pu non sottolineare come, nei dodici mesi successivialluscita di casa il giovane scandinavo (rigorosamente ventenne, per uncalendario di transizione allet adulta che nellEuropa del Nord ferocemente rigido) e anche il giovane francese o inglese in misura assaielevata provano lesperienza di vivere al di sotto della soglia standard dipovert; al contrario, il giovane mediterraneo che esca di casa vive assaipi di rado contingenze di povert e disagio abitativo (Rosina, Micheli eMazzuco, 2007). Rinviare luscita pu dunque essere, in Italia, una sceltadettata da (estrema) prudenza, ma certo non giustificata da un rischioconsistente di ristrettezza economica, rischio che al contrario la normain buona parte dEuropa.

    Se anche ci concentriamo sulla mancanza di unoccupazione, chepure aspetto critico dellItalia di fine secolo, neppure questo paremotivo determinante nel rinvio delle nozze. Analisi basate su compa-razioni internazionali avvalorebbero anche lipotesi opposta, spie-gando il rinvio delle nozze con una maggiore facilit di inserimentodella donna nel mercato del lavoro. La variabile lavoro, dunque, seppurimportante non un efficace predittore della posposizione delluscita dicasa e della formazione di una nuova unione stabile. Avere un lavoro generalmente precondizione imprescindibile per metter su famiglia; matrovare un lavoro anche un buon lavoro non porta automaticamente auscire di casa.

    Conclusioni analoghe valgono per il vincolo della casa: condizio-

  • 6Giuseppe A. Micheli

    ne forse necessaria, ma certo non sufficiente per le scelte di formazio-ne di una famiglia. Anche negli anni cinquanta per risparmiare i de-nari necessari a compiere quello che sembrava un atto fondamentalenella vita di una coppia, venivano affrontate incredibili privazioni(Pedemonte e Tagliasco, 1996). Anche allora la casa era una meta ar-dua da raggiungersi, gli ostacoli erano pesanti quanto oggi quelli del-lanticipo al rogito e della concessione di un mutuo (Campig,lio, 1996).In quegli anni il lavoro era lontano (come, di nuovo, oggi) dalla ma-terna protezione di uno statuto di diritti elementari, e la rete di prote-zione della famiglia, retaggio delle terre dellEuropa del Sud, era al-trettanto forte. Eppure in quegli anni si mettono le basi della grandeonda del baby-boom.

    nota inoltre una specificit tutta italiana, unalta diffusione del-la propriet abitativa delle famiglie. A ci va aggiunto il robusto siste-ma di mutuo aiuto entro la parentela, che caratterizza il modello su-deuropeo e mediterraneo di famiglia, che produce il modello diffusodellabitazione goduta a titolo gratuito. E poich facile prevedereche i figli unici o con un solo fratello saranno entro dieci anni i due ter-zi di tutti i trentenni, questo esercito di figli unici o quasi potr conti-nuare a vivere nei pressi della casa parentale anche dopo il matrimo-nio, con interesse sia suo sia dei suoi genitori.

    Intendiamoci. Le dinamiche dei mercati del lavoro e della casa in-cidono pesantemente sulle dinamiche demografiche; ma non ne sonodeterminanti. Anche accostando e rinforzando lun laltro questi in-gredienti (per esempio, Francesca Bettio e Paola Villa, 1993, spiega-no la peculiarit demografica italiana con il combinarsi di pi fattorieconomici come la disoccupazione elevata e uno sviluppo econo-mico tardivo e sociologici, come la cultura familistica), nulla garantisceche la miscela sia detonante. Uova, olio e limone sono certamente presentinella ricetta della maionese, ma quale sequenza di atti e quali processichimici fan s che essa non impazzisca?

    Risulta da una recente indagine nazionale (Micheli e Rivellini,2006) che chi non ha o non desidera mettere in conto un figlio non so-no tanto i giovani adulti flessibili e precari, rappresentanti di una mo-dernitflou, quanto piuttosto le coppie con doppia occupazione stabi-le. Chi frena sono i garantiti, medio-scolarizzati del Nord, portatori diuna filosofia non dissimile da quella che un secolo fa Arsne Dumont(1890) definiva capillarit sociale, marcati a fuoco cio dallambi-

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    zione di salire e dalla paura di precipitare lungo la scala del benessere edello status sociale.

    questo un segmento consistente di popolazione, stretto tra vincoliferrei che richiedono uno sforzo continuo di conciliazione tra oppostimal conciliabili: tra le proprie attese e le proprie realizzazioni, tra itempi di lavoro e quelli di organizzazione domestica propri e del propriopartner, tra i propri tempi di lavoro e quelli dedicati a s. Para-dossalmente, in questo caso il lavoro, e non lassenza di lavoro, aprodurre la dilazione delle scelte di paternit.

    Lacuta carenza di risorse-tempo nella donna che vive lesperienzadella maternit pu effettivamente essere un potente disincentivo a sceltedi emancipazione e di vita familiare, per lagire combinato di duefattori devastanti: la rigidit persistente nella divisione dei ruoli elinconsistenza di una seria offerta di servizi alla persona. Davvero sitratta di nodi assai pi critici e circostanziati di quelli generici del lavoro,della casa, del costo del figlio; requisti essenziali del vivere, il cui mancatosoddisfacimento giustifica il troncamento di molte traiettorie genitoriali, espiega forse (aggiungendosi ad altre chiavi esplicative) molte resistenzeindividuali a compiere il passo irreversibile dellaccettazione di paternito maternit.

    E tuttavia, se molte delle dimensioni individuate si intrecciano nellaformazione di una scelta (scelte che, come quelle familiari, possonoessere delicate e non totalmente reversibili), nessuna di esse di pers sufficiente a produrla con certezza. Lidea di causazione necessaria esufficiente deve essere adattata in modo da contemplare quadri dicausazione complessa, introducendo il concetto (Mackie, 1974) di I.Nus-cause: Parti necessarie ma insufficienti di una condizione pi generale chein s sarebbe sufficiente ma non in s necessaria. Non bastano unlavoro con scarse prospettive, la difficolt a trovar casa, il costo delvivere quotidiano a impedire il distacco dalla casa paterna. Non basta laprecariet del bilancio familiare di coppia, non basta la previsione dicosti aggiuntivi, non basta il cappio del tempo di lavoro e dellassenzadi nidi a bloccare lirrompere solo in parte voluto di un figlio. Coscome non bastano lerba alta e secca di un campo, un cielo assolato e unvento impetuoso e infuocato se manca una scintilla a scatenare unincendio.

    Le spiegazioni strutturali adottate per spiegare la formazione discelte e comportamenti demografici hanno insomma alcune compli-

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    cazioni. Sono anzitutto predittori non deterministici, che agiscono nonadditivamente ma quasi sempre (salvo eventi apocalittici, su cui tor-neremo) in combinazione tra loro, intrecciandosi in INUS-cause. E an-che leffetto della loro azione non uno stato semplice di esclusione,ma un plesso di condizioni concomitanti, una situazione. Cercareun criterio dittatore nellordinamento lessicografico dei criteri di de-cisione pu essere allora un falso obiettivo. Quando diamo peso do-minante ai criteri di natura economica, siamo sicuri di avere trovato ildittatore giusto? O si tratta, per dirla cos, di un dittatore di paglia?

    3. Perch mai tuffarsi in piscina

    Leggiamo ancora la stagnazione dei comportamenti di passaggiocon unultima chiave di lettura economica. Il costo di un figlio crescecon let del figlio (cosa notissima a qualunque genitore: laccademiaci arrivata, e con grande stupore, solo da una decina danni). Vienespontaneo allora domandarsi cosa succede al bilancio di una famiglialungo il corso della sua esistenza, man mano che i figli irrompono inscena e crescono in et e costo.

    La coppia con due o tre figli si trover intorno ai 50 anni schiac-ciata tra due impegni finanziari e di cura pressanti, quello dei figli nelmassimo della loro onerosit e quello dei genitori anziani. La soprav-vivenza della coppia con figli, in tali circostanze, sar assicurata nongrazie a improbabili entrate straordinarie (i genitori anziani, nel frat-tempo, restano comunque titolari del patrimonio immobiliare), masemplicemente abbassando radicalmente il proprio tenore di vita. Nonbaster un pacchetto di sigarette in meno a riequilibrare i conti, n pas-sare dal ristorante al MacDonald. Una famiglia inizialmente bene-stante sar spinta, per meriti procreativi, a fluttuare per un lungo arcodi tempo sotto la soglia simbolicamente e non solo materialmenterilevante della linea della povert.

    Ma se il costo di un figlio oggi quello che abbiamo descritto, qua-le razionale bilancio tra i costi e i benefici economici di un figlio po-trebbe mai portare qualcuno ad averne? Se economicamente un figlionon conviene, perch mai nascono figli? Se il mio personale interesse,definito dal soppesamento comparato di costi e vantaggi, di non usci-re allo scoperto (formando una impresa di coppia, generando un fi-

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    glio) lasciando che altri lo facciano assicurando un vantaggio collettivo,perch mai sentirmi obbligato a farlo?

    Distinto, ancora una volta, ci rispondiamo affidandoci allidea (ilcriterio dittatore!) che le strategie familiari siano sempre e comunqueadottate in termini di razionalit adattiva, dove la parola razionalesta per rigidamente conseguente al computo dei costi e dei benefici.La tenace longevit di questa idea spiegabile solo rimuovendo tutte lesituazioni in cui le scelte razionali partoriscono esiti paradossali (tutti icasi, per esempio, difree rider, che viaggiano gratis sui trasporti pubbliciportandoli alla chiusura per bancarotta), e solo se (ideologicamente) ciaggrappiamo allidea di un mondo di individui tutti perfettamente ingrado di percepire le ricadute individuali di scelte collettive cooperative,come nella metafora humeana dei due vogatori, che sospingono unabarca a forza di remi e che

    lo fanno in virt di un accordo o convenzione, sebbene essi non si sianodati alcuna promessa reciproca. La regola sorge gradualmente e acquistaforza attraverso un lento progresso, e in virt di una reiterata esperienzadegli inconvenienti che sorgono dal trasgredirla (Hume, 1740).

    La tentazione di comportarsi ciascuno, individualmente,secondo il proprio personale tornaconto, sarebbe cio frenata dallapercezione di trovarci tutti sulla stessa barca. Ma ahim ci non valeper comportamenti atomizzati di massa, in cui la percezione dellericadute positive sul singolo individuo di un sacrificio (quindi delvalore collettivo del sacrificio stesso) del tutto sfocata. Per laverit nemmeno la ricaduta negativa (sulla collettivit e su ciascuno)del comportamento non altruista del singolo percepita dal singolostesso, perch non coglie un nesso diretto, immediato, tra la suaazione e le dinamiche globali perverse della societ. Il fatto che labarca non abbastanza piccola (e la comunicazione tra i passeggerinon abbastanza efficiente) perch i rematori si accorgano di doverlegare il proprio destino a quello degli altri. I giochi di convenzionein questo caso non possono funzionare.

    Assistiamo tutti i giorni, nelle nostre routines urbane, a giochi diconvenzione disattesi. Tutti i giorni ci colpisce una sequenza di pic-cole manifestazioni di assenza di civicness. Declinando in forme do-mestiche la metafora humeana, tornano in mente i mezzi pubblici an-

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    ni sessanta, sempre stracolmi, in cui lo scorrimento dallentrata versoluscita era assicurato automaticamente dallingabbiamento nella cal-ca era insomma il sistema, la forza ineluttabile delle sue regole, cheassicurava di procedere nel mezzo. Oggi che nelle carrozze dei metr,che passano con regolarit, laffollamento poco frequente, i passeg-geri, non pi obbligati a percorrere una via crucis interna, lasciano am-pie radure al centro e si fermano alla soglia delle porte, ostruendo en-trate e uscite: perch mai faticare oltre se il risultato minimo indivi-duale raggiunto? il paradosso di una cultura civile delle libert,aggrappata in ordine sparso a difendere la propria postazione. Comespiegare queste clamorose dfaillances della ragione utilitaristica?

    Un passo indietro, per favore. Un librettino del 1635 del duca diRohan (Hirschman, 1977) sullinteresse dei principi contrappone-va per la prima volta una passione buona linteresse, il tornacontoindividuale, legoismo del macellaio di cui parler poi Adam Smith alla selva delle cattive passioni infestanti luniverso delle azioni: lirae lignavia, la lussuria e lincontinenza, insomma tutto il catalogo dimotori del comportamento che deduciamo ogni giorno dalla letturadei quotidiani. Linteresse irrompe subito con fragore nel mercato del-le idee: la categoria di interesse appariva infatti come un efficace in-termediario tra i due moventi dellagire umano, luno la passione effettuale ma distruttivo, laltro la ragione costruttivo ma incapace dispingere allazione. Ai filosofi del Seicento linteresse parve laquadratura del cerchio, unentit dotata delle qualit di entrambi i po-li: una passione s, ma fredda, controllata dalla ragione; allo stessotempo un esercizio speculativo s, ma pur sempre emozionale e quin-di capace di fare discendere lazione dal pensiero.

    La ragione utilitaristica (presto assurta per antonomasia al rangodi ragione) dunque essa stessa una passione, e opera insieme e incontrapposizione ad altre logiche affettive. Ci era ben presente a Wil-liam Nassau Senior, quando dalla cattedra di Economia politica diOxford nel 1829 cos si opponeva allidea di Malthus, di una progres-sione inarrestabile del numero dellumanit, sospinta geometrica-mente dallimpulso dellattrazione tra i sessi:

    Ammetto che la natura umana tende direttamente allunione coniu-gale e solo indirettamente ad accrescere le sussistenze, tramite linter-vento della prudenza. Si pu dire che luomo tende naturalmente non a

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    Limiti delle spiegazioni razionali a senso unico

    produrre ma a consumare cibo, e solo attraverso lintervento della ra-gione cerca di migliorare la propria condizione. Ma la ragione, in qual-che misura, altrettanto naturale nelluomo quanto la passione (Senior,1829).

    La ragione altrettanto naturale della passione. Una passione pre-vedibile e calcolabile, che grande qualit! Ma anche una passione incapace da sola di portare chi la vive allazione. Una passione inef-fettuale, come ha sancito Georg Simmel (1907):

    Come la volont non sceglie da sola nessun contenuto determinato,cos dalla pura conoscenza dei contenuti del mondo, dunque dalla in-tellettualit, non deriva alcuna posizione del fine [...]. Anche se affer-riamo il concetto del calcolo dei mezzi con assoluta chiarezza, finchci fermiamo ad esso restiamo esseri puramente teoretici, per nulla pra-tici. La volont si limita ad accompagnare la serie delle nostre riflessionicome un pedale dorgano, o come la premessa generale di un campo, sullecui particolarit contenutistiche e sulla cui situazione non incideminimamente, nel quale per essa soltanto pu introdurre vita e realt.

    Torna in mente la piroetta intellettuale che Max Weber compie nelsaggio del 1913 in cui si sforza di dare limiti chiari al campo dellin-tendere sociologico dellagire sociale un agire intenzionato, socialmenteorientato, dotato di senso. Nel far ci, Weber delimita arbitrariamenteil campo delle funzioni dellintendere lagire sociale: apparentementeintroducendo un onesto e oggettivo criterio pragmatico (ilcomportamento interpretabile razionalmente [rispetto allo scopo]rappresenta molto spesso il tipo ideale pi adatto nellanalisi sociolo-gica di connessioni intelligibili), in realt ghettizzando le logiche af-fettive dellagire (il corso tipico degli affetti e le loro conseguenzetipiche per latteggiamento) in un limbo che lui stesso definiscedell abnorme, dove lazione ridotta a nudo fatto psichico e dovecolloca, accanto ai processi attinenti la nascita e la morte, lestasi elesperienza mistica, al pari di certe forme di connessioni psicopatiche,o dellatteggiamento dei bambini piccoli.

    Fuori dalla stanza dello studioso dellazione sociale restano dun-que, assieme alle bizze del bambino e alle angoscie del depresso, lemotivazioni che spingono alcuni a migrare, altri ad avviare un inve-stimento rischioso, altri a tentare lazzardo di una vita in due, altri an-

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    Giuseppe A. Micheli

    cora a lasciare che nasca un figlio. Ecco lo scotto che Weber accetta dipagare a una definizione operativa di sociologia comprendente. Ep-pure quanti e quanto ricchi stimoli e intuizioni possono venire, a chivoglia comprendere le logiche dellazione, dallosservazione delle fo-bie di un depresso o di certe bizze dei bambini...

    Quanti tra noi, per esempio, da bambini, hanno provato lespe-rienza di un affollato corso di nuoto, e il vissuto angoscioso del rito fi-nale del tuffo in piscina? Molte erano ricordiamo le ragioni per nonfarlo: troppa gente sui bordi e troppo scivoloso il bordo, troppa gentein acqua. Ragionamenti ex post. Se le scelte di passaggio fosserodavvero del tutto assoggettate alla gabbia della razionalit econo-mica, quando mai un passaggio sarebbe compiuto?

    Un passaggio di vita sempre un tuffo verso una dimensione me-no nota e controllata. Sei! controllo freddo della ragione prevale, nes-sun investimento in unazione rischiosa prenderebbe pi corpo, perch icosti del distacco da una situazione di equilibrio sono in genere su-periori agli incerti benefici dello stato futuro. Anche la maternit, scel-ta di passaggio per eccellenza, come tuffarsi in una piscina. Lo dicebene una trentenne interpellata da Marina Piazza (2003):

    una decisione da prendere senza fare troppi calcoli, devi propriobuttarti, come un tuffo in piscina. Sai quello che c sopra, ma non saiquello che c sotto: devi tapparti il naso, chiudere gli occhi e saltare,perch veramente unincognita.

    Se tuffarsi unincognita e un rischio, e il rischio alza il costo del-la scelta, e un payoff elevato impedisce che si converga a scelte co-operative, come spiegare allora il baby-boom, o i segnali di ripresa de-gli ultimi anni (in un tempo in cui pare crescere drammaticamente lin-certezza globale sul futuro)? Come spiegare il semplice, banalecomportamento di quanti, in questo ultimo quarto di secolo, si sonocomunque lasciati andare a varcare la soglia non dominata dei di-versi stadi di vita?

    Sono forse solo gli stupidi ad avere figli, sono forse solo gli inge-nui ad accettare i costi connessi alluscire di casa, allassumersi la re-sponsabilit di una vita in comune, allentrare in una vita adulta pipiena? Oppure esistono logiche razionali che non siano riducibili alcalcolo di costi e benefici, ma che non per questo siano illogiche, e

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    Limiti delle spiegazioni razionali a senso unico

    non per questo siano irrazionali, e che interagiscono e interferisconocon le logiche standard, rendendole a volte insufficienti?

    Alla domanda in cui eravamo imbattuti (come spiegare le dfail-lances della ragione) abbiamo ora, almeno, un inizio di risposta:non utile scindere i due elementi del binomio della ragione utilitari-stica, che inscindibilmente passione e fredda. Meglio lasciareaperta la porta ad altri modi di esprimersi della ragione. Il mistero, sug-geriva Ren Magritte, non una delle possibilit di esistere del reale,ma ci che necessario perch il reale stesso esista. Meglio attrezzarsia non interpretare troppo semplicisticamente (solo passioni, soloragioni) le nostre azioni e le nostre motivazioni.

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    Capitolo secondoGrandi contenitori (e tautologismi sistemici)

    1. Bene, bene, bene respondre

    Molire scriveva la sua ultima commedia, Il Malato immaginario,nel 1673 (pens bene anche di morire sulla scena, alla quarta rappre-sentazione). Nel terzo, sfarzoso, intermezzo compariva in scena unacerimonia burlesca, con recitato canto e danze, per il conferimento diuna laurea in medicina, con cinque esaminatori e un presidente di com-missione. Ecco uno stralcio dellesame di baccellierato:

    Primus doctor: Sapientissimo Bacceliero,/ quem ego estimo et honoro/Domandabo causam et rationem quare / opium facit dormire.Baccelierus: A questo respondeo, / quia est in eo/ virtus dormitiva,/cuius est natura / sensus assopire.Corus: Bene, bene, bene, bene respondre: / Dignus, dignus est entrare/ in nostro docto corpore.

    Rispetto alle spiegazioni causali di stampo economico delle tra-sformazioni nei passaggi di vita, una soluzione interpretativa solo ap-parentemente pi complessa e raffinata passa attraverso linserimen-to di quelle trasformazioni in un quadro di riferimento storico di piampia portata e di pi lungo respiro (gli addetti ai lavori usano spesso evolentieri lattributo macro), ma che troppo spesso nulla aggiunge allacomprensione dei processi stessi. un approccio per il quale occorreesercitare la stessa sana diffidenza che Molire provava per i medici delsuo tempo che proiettavano i segni di una malattia in unacorrispondente e tautologica vis retrostante.

    A questa famiglia di interpretazioni fondamentalmente tautologi-

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    che appartiene per esempio la pi diffusa e conosciuta tra le chiavidi lettura dei cambiamenti demografici dellultimo quarto di secolo,quella della cosiddetta seconda transizione demografica. Ron Le-sthaeghe e Dick van de Kaa (1991) inseriscono i mutamentistrutturali in corso nella riproduzione sociale e demografica dellesociet occidentali in un cambiamento di pi lungo respiro. Icomportamenti privati, svincolati da tab, obblighi morali, norme etradizioni, subiscono uno slittamento epocale verso la sfera dellaneutralit emozionale. Le scelte di passaggio escono dalla sfera dellanorma imposta, della tradizione, dellobbligo morale, ed entrano inquella della valutazione fredda.

    Lesthaeghe interpreta la seconda transizione demografica (attivadagli anni settanta in poi), come una sostanziale continuazione e ac-centuazione della (prima) transizione demografica: la grande faglianella mortalit e nei comportamenti riproduttivi che si distende in Oc-cidente lungo lOttocento e la prima met del Novecento.

    Lesthaeghe non legge questa faglia epocale in termini strutturali:non concentra la sua attenzione sui mutamenti sociotecnici, ma suuno slittamento cruciale nella filosofia del mondo che marca la cul-tura dellOccidente. Il punto centrale, per lui, che la (prima) transi-zione demografica d per la prima volta spazio allautonomia indivi-duale. Ma ecco il germe di una rivoluzione incompiuta che trova lasua conclusione assai pi tardi gli atti del dissenso che devono daresostanza alla nuova autonomia si compiono esclusivamente nel privatodelle stanze delle famiglie borghesi. Al contrario, la secondatransizione mette in scena manifestazioni di autonomia individualepi pubbliche e pervasive: manifestazioni dirette contro tutte leespressioni di autorit istituzionalmente imposta nel campo della so-cializzazione, della religione, dei valori politici, della sfera domesti-ca, della sessualit.

    Lapproccio della seconda transizione demografica non certo iso-lato, nella riflessione europea sulle radici delle trasformazioni in attonei nostri modelli valoriali. Interrogandosi sui meccanismi che questetrasformazioni possono avere innescato, nel 1988 Amitai Etzioni economistanonstandardavanzaquesta tesi:

    La piuparte delle decisioni prese dagli individui, incluse quelle eco-nomiche, sono basate completamente o in gran parte su considera-

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    Grandi contenitori (e tautologismi sistemici)

    zioni normativo-affettive; e ci non semplicemente con riferimento allaselezione degli obiettivi, ma anche dei mezzi [...]. Le limitate zone incui prevalgono altre considerazioni, logico-empiriche, hanno confini aloro volta tracciati da fattori normativo-affettivi, che legittimano ocomunque motivano tali processi decisionali.

    Sono molti i modi in cui i fattori normativo-affettivi influenzanole scelte di fini e mezzi. Etzioni ne individua alcuni. Due in particola-re sono luno interfaccia dellaltro: luno consiste nellescludere daalcuni territori di valutazione il ruolo delle considerazioni razionali(quelle che Etzioni definisce considerazioni logico-empiriche), lal-tro consiste nel recintare (fencing) i processi decisionali razionaliin specifiche zone di indifferenza affettiva.

    Si tratta, come subito evidente, di due meccanismi di indirizza-mento dei processi decisionali tra loro speculari. Lesclusione entra inazione ogni volta che la fusione e il cortocircuito tra mezzi e fini pro-vocati da stimolazioni normativo-affettive spingono a trattare le con-siderazioni razionali come moralmente o emozionalmente irrile-vanti o non formulabili. Le opzioni cos escluse non vengono nem-meno prese in considerazione dagli individui: non solo la loroadozione non contemplata, ma anche il loro semplice inserimentonel processo deliberativo in qualche modo bloccato, reso tab. Sen-so vietato. Specularmente, i processi valutativi razionali possonoessere sospinti da fattori normativo-affettivi fino a rinchiuderli in bendelimitate zone legittimate alla neutralit emozionale.

    La seconda transizione demografica, per esempio, pu essere in-terpretata come un processo di slittamento (forse di estensione) dellazona di indifferenza, in una sorta di processo unilineare di raffredda-mento della razionalit. Unidea, questa di progresso della ragione,antica quanto il pensiero filosofico occidentale.

    Non difficile individuare un filo rosso che lega lo schema dellaseconda transizione demografica a una tradizione di pensiero che daLocke conduce a Weber, e che trova espressione nella riflessione de-mografica gi nella teoria con cui Ansley Coale (1973) spiega la (pri-ma) transizione demografica, cio linnesco di strategie di controllorazionale della dimensione familiare lungo lOttocento. Le scelte pro-creative slitterebbero dallarea dominata da norme e tradizioni a quel-la della neutralit affettiva, pronte per passare attraverso il soppesa-

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    mento freddo di costi e benefici. La transizione di Coale e la secondatransizione di Lesthaeghe sarebbero entrambe il risultato, uno dopolaltro, di un pi generale processo di emersione di una grande isola discelte affettivamente neutrali, processo che la filosofia del No-vecento ha chiamato variamente razionalizzazione, secolarizzazione,modernizzazione.

    Non c dunque problema a inserire gli schemi di Coale o Le-sthaeghe nella grande famiglia delle macroteorie culturali che spieganocambiamenti di vario tenore e titolo nelle pratiche sociali inserendoli inun cambiamento pi grande. Mutano i comportamenti perch sonomutati i quadri culturali (Lesthaeghe dice ideazionali) che stannodietro. Quadri che peraltro, a loro volta, prendono consistenza e realtproprio in quelle pratiche e in quei comportamenti (bene, bene, benerespondre. . .) .

    Il sospetto del tautologismo ritorna, in questo fiducioso abbandonarela comprensione di un mutamento tra le braccia di un altro mutamento diordine (o anche solo dimensione) superiore. E si accompagna ad altridubbi. Molti segnali, per esempio, ci dicono che la regione dei tab edella dominanza affettiva nei paesi mediterranei non sembracircoscriversi. Il macroprocesso non trascina con s, necessariamente,tutti i segmenti del vivere sociale; la modernizzazione e la raziona-lizzazione non sono grandi ramazze del tutto omologanti. Anche lapeste, daltronde, si lasciava dietro ceppi immunoresistenti.

    Inoltre e prima di tutto, se le procedure di formazione di scelte dipassaggio transitassero integralmente sotto il segno della mera razio-nalit economica, quando mai qualcuno dovrebbe impegnarsi in questogenere di azioni, visto che comportano rischi e costi economicamentenon rifondibili, se non sullorizzonte di pi generazioni?

    2. Ambiguit della percezione del rischio

    Riproponiamo i dubbi da una diversa angolazione, aprendo una finestrasu un altro approccio sistemico. La crescita dellarea affettivamenteneutrale comporta un accrescimento del controllo razionale. Maggiorecomplessit del mondo tenuta sotto controllo razionale implica maggiorerischio di insuccesso, cio di perdere il controllo stesso. Viviamo inuna societ sempre pi consapevole del rischio.

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    Grandi contenitori (e tautologismi sistemici)

    Quanto pi cerchiamo di colonizzare il futuro, tanto pi probabileche spuntino sorprese [...]. Man mano che la natura occupata, fino adecretarne la fine, dalla socializzazione umana, e man mano che si dis-solve la tradizione, nuove forme resistenti ad ogni calcolo vengono allaluce (Giddens, 1994).

    Le trasformazioni economiche e sociali in corso colorano di incer-tezza le nuove forme di riproduzione sociale. Improvvisamente, ognicosa diventa incerta: il modo di vivere insieme, chi fa cosa, dove e co-me, le idee su sessualit e amore e il nesso di queste con famiglia e ma-trimonio (Beck, 1986). Nondimeno, nelle parole di Beck e Giddensla transizione in corso una questione prevalentemente tecnologica. E laconsapevolezza del rischio, che per Beck (1999) si sta diffondendo nellasociet occidentale, ancora perfettamente coerente col paradigmadella scelta razionale. Qualcosa del genere suggerisce Peter McDonald(2001) quando, applicando il concetto di avversione al rischio alle sferesociali dellintimit e della persona, fa emergere i cambiamenti o lepersistenze nei comportamenti demografici:

    C il rischio che i figli rompano il loro rapporto coi genitori. C ilrischio che i figli seguano strade che causino tanta ansiet. C il ri-schio che ai figli capiti qualche guaio. C il rischio che la relazione tra igenitori si spezzi, lasciandoli da soli, a dover sostenere i figli. C ilrischio, una volta rimasti soli coi figli, di dover patire e faticare a farfronte a un mondo gi cos difficile di suo. C il rischio che continuiquesta tendenza della societ ad essere assai poco ospitale per i figli. Ec il rischio che laiuto pubblico alle famiglie con figli continui a ri-dursi. Possiamo evitare tutti questi rischi limitando il numero dei figli.

    Con lo stesso spirito, Robert Castel (2003) individua un meccani-smo perverso di questo genere: una societ che poggia su un robustosistema di garanzie non pu che accentuare la propria complessit; maaccrescendo il controllo sui rischi inevitabilmente crea nuovi rischi;cos la moltiplicazione delle possibili opzioni di vita (ognuna dellequali porta in dote nuove incognite e pericoli) conduce per inevitabileconseguenza a una crescente paralisi nel processo di formazione dellescelte.

    Ma questa paralisi ha una doppia natura e un doppio processo for-mativo. Da un lato essa pu essere generata da eventi esterni e visibi-

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    li, fossero anche prodotti dalla societ stessa; ma da unaltra angola-zione essa deriva da unansiet che sgorga da dentro, frutto come ap-profondiremo pi avanti di una reazione ritardata a una minacciapersistente. Se ci domandiamo perch la percezione del rischio (e lav-versione a esso) sta crescendo, almeno due distinte risposte sono pos-sibili: pu crescere per lestendersi dellincertezza oggettiva (spiega-zione esogena), ma anche perch si espande unansia priva di uno spe-cifico oggetto (spiegazione endogena).

    Questo doppio livello semantico evidente nel dibattito oggi cosacceso sul tema dellinsicurezza, espressione ambigua che oscilla tradue significati distinti (Amendola, 2003): da una parte il timore, og-gettivamente agganciato ai livelli di criminalit o devianza del terri-torio, di poter subire un reato che tocchi la propria incolumit o i propribeni, dallaltra un indistinto sentimento di insicurezza per la criminalitIl fear of crime paura legata a un oggetto e un movente preciso,individuato. Il crime concem pur avendo come oggetto apparente lacriminalit diffusa non uno stato cognitivo dotato di un oggettopreciso. piuttosto uno stato danimo, prodotto s da criticit, situazioniintollerabili e persistenti, ma che perde i riferimenti specifici alloggettoe resta in forma di disagio complessivo. un senso di insicurezzaindistinto quel che fa da convitato di pietra nelle dinamichescomposte dellopinione pubblica.

    sorprendente come le scienze sociali oggi siano tutte uniforme-mente assestate su una linea riduttivamente cognitivista. La riduzionedellinsicurezza a incertezza statistica, in un contesto dai pericoli cre-scenti, solo uno degli aspetti di questa sindrome. Strettamente legatoa quello lerrore telescopico che spinge anche autorevoli storici ainterpretare levoluzione di lungo periodo della popolazione europeacome una graduale sostituzione delle strategie meramente adattive acostrizioni esterne del tutto coercitive, proprie dellAncien Rgime, congli attuali processi di libera e razionale formazione delle scelte.Massimo Livi Bacci (1998), per esempio, vede nel XX secolo pilibert di scelta, pi consapevolezza, e meno casualit, ma

    anche sullaltro piatto della bilancia pi responsabilit, pi timore,pi ansia. E non sono forse questi timori e queste ansiet, i nuovi

    fattori di costrizione?Sulla stessa lunghezza donda sono alcuni strumenti della psicologia

    sociale che si collocano oggi nel mainstream delle scienze sociali.

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    Prendiamo la categoria di self-efficacy proposta da Albert Bandura(1997), che sta a indicare la capacit percepita di perseguire un obiet-tivo desiderato con le proprie armi, con la propria azione (ci tornere-mo pi avanti). Una ridotta self-efficacy vista in genere come sotto-prodotto dellespandersi della massa di pericoli esterni. Ma la scena acui assistiamo oggi davvero solo quella di una espansione dei rischiesterni, o si tratta anche (o piuttosto) di una mera percezione di qualcosasempre pi fuori controllo?

    Occorre muoversi con cautela, nella diagnosi. In effetti, estre-mamente difficile scindere i due livelli, quello oggettivo e quello dellapercezione. La percezione del rischio e lavversione a esso puaumentare per leffettivo estendersi del rischio, ma anche per il diffon-dersi di qualche sorta di insicurezza intrinseca, che faccia leggere gliscenari di incertezza in una luce di maggior pessimismo. Due squarcinel complesso scenario odierno possono chiarirci le idee.

    Primo scenario: che influenza ha la sicurezza di un lavoro sullu-scita dalla famiglia di origine? Interpellato in proposito, un campione digiovani ha messo in evidenza come quel che trattiene in misurastatisticamente significativa un individuo dalluscire dalla casa pa-tema non leffettiva disponibilit di un lavoro al momento del col-loquio, ma il grado di insicurezza lavorativa, misurata come perce-zione della probabilit di avere (o mantenere) un lavoro nei dodici mesisuccessivi (Becker, Bentolila et al., 2002). Non c dunque evidenza diuna relazione causa-effetto tra eventi ed eventi (tra lavoro e uscita di casa),o tra informazione oggettiva e scelte successive. Levidenza empiricatratteggia piuttosto una relazione causale tra percezione e scelte. E checosa mai, in questo caso, una percezione? Un semplice meccanismocognitivo, sensoriale, o forse anche (o soprattutto) lesito di unaricostruzione mentale?

    Secondo scenario: che influenza ha la disoccupazione nazionalesulla scelta di avere un figlio? Nella Repubblica Ceca (uno dei paesioggi a pi bassa fecondit al mondo) i redditi sono lievitati e la disoc-cupazione scesa ai suoi minimi dellultimo decennio. Tuttavia lasociet pervasa da un forte timore di disoccupazione e da una profon-da apprensione per la perdita di certezza di unoccupazione stabile(Caldwell e Schindlmayr, 2004). I due studiosi non accettano inter-pretazioni degli attuali processi demografici legate a fattori irrazio-nali, e affermano senza incertezze: Il declino della fecondit frut-

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    to di adattamento razionale a nuove contingenze. Nondimeno, essidevono ammettere che un senso di insicurezza pi acuto di quello chepervade lOccidente si ritrovava in un paese caratterizzato da un col-lasso economico contenuto e dal massimo sforzo di ricostruire unaqualche forma di welfare. Non tanto la criticit in s degli indicatorieconomici congiunturali a produrre insicurezza, verrebbe da pensare,quanto il trovarsi al buio in un passaggio depoca, nel mezzo di unatrasformazone strutturale profonda.

    Lo scenario della Repubblica Ceca ormai condiviso da tutto lOc-cidente europeo, accomunato da una cruciale mutazione del mercatodel lavoro che ha reintrodotto la flessibilit e quindi la precariet come stato normale di vita. La flessibilit, scrive Bauman (2000), sovente unoperazione una tantum, lattivit di un bricoleur, mirata aquanto a portata di mano e a sua volta limitata da quanto a portatadi mano, risultato di unoccasione presa al volo pi che di un processoprogrammato. La flessibilit (torneremo inevitabilmente su questonodo) aumenta lincertezza con cui le nuove coorti diventano adulte,facendole accettare dogmaticamente una filosofia di vita sul filo dellaprecariet: una vita senza accumulazione di conoscenza professionale,senza copertura di un sistema previdenziale, senza una rete di relazioniche assicuri integrazione, soprattutto segnata da una insostenibileimpossibilit di progettare futuri, professionali o familiari. SheldonZedeck (1992) cataloga questo meccanismo tra gli effetti spillover checontraddistinguono la relazione tra vita lavorativa e comportamentidemografici: Il successo o insuccesso sul mercato del lavoro inducesuccesso o insuccesso nei comportamenti familiari (Tolke eDiewald, 2003). Anche in questo caso lansiet ha una doppia natura e undoppio processo di formazione. Pu nascere da eventi esterni e visibili,dalla societ stessa o da suoi segmenti; ma pu anche scaturiredallinterno dellindividuo, come reazione a scoppio ritardato a unaminaccia perdurante.

    Non si pu davvero ignorare, quindi, la straordinaria ambiguit delconcetto di percezione del rischio, il doppio registro che lo connota.Il controllo percepito (Heckausen, 1999) ha a che fare con le opinionio le concezioni di un individuo sulla sua personale capacit di produrreun certo evento con un certo comportamento. Opinioni o concezioni:informazioni oggettive o costruzioni mentali. Confrontata con lacertezza epistemologica e un po tautologica (bene, bene, bene re-

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    spondre.. .) di altri maitres penser, lidea di Anthony Giddens (1990)di sicurezza ontologica almeno pi prudente, ambivalente e ricca:

    La sicurezza ontologica una sorta di senso di sicurezza [...1. Ha ache fare con lessere o per dirla con il codice linguistico della feno-menologia con lesserci nel mondo. E tuttavia essa un fenomenoemozionale, pi che cognitivo, ben radicato nellinconscio.

    Sarebbe meglio tenere maggior conto di questo modo di avvici-narsi alla categoria di insicurezza, tutte le volte che ci confrontiamocon le evoluzioni e involuzioni del comportamento collettivo entrola societ del rischio.

    3. Sapienza malinconica: le due facce del postmod

    Di recente van de Kaa (2001) ha sottolineato come gli orientamenti divalore postmoderni (per brevit postmod) potrebbero essere unostrumento importante per spiegare i cambiamenti improvvisi e spetta-colari nei comportamenti demografici, osservati in tutte le societ eu-ropee a partire dalla met degli anni sessanta:

    Lo sviluppo delle societ trascina con s inevitabilmente la classicatransizione demografica. Ma a uno stadio avanzato dello sviluppo lan-damento tender ad avere un sussulto. Le rappresentazioni culturalidelle popolazioni tenderanno a mutare. Nei comportamenti demografi-ci il postmodemismo borghese comincer ad agire come un addensan-te, e sar altrettanto inevitabile una seconda transizione demografica.

    Un corollario dellipotesi di van de Kaa che i paesi che da pitempo si sono mossi in una direzione postmateriale/postmod sarannoanche i primi a entrare nella fase della seconda transizione demogra-fica. Non c per un nesso cos chiaro ed evidente tra lentrata in que-sto nuovo stadio e il ventaglio di atteggiamenti e valori tipici della po-stmod borghese, come per esempio lautorealizzazione o la libert per-sonale. Inoltre, rimane pi di un dubbio sullutilit di un concetto comequello di postmod, cos difficile da controllare scientificamente perchcos sfocato e tendente a sfociare in tautologismi. Ma c un aspettopi insidioso.

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    Non certamente isolato, van de Kaa, a interpretare il postmod(Inglehart, 1997) come ulteriore stadio avanzato di sviluppo, con-traddistinto da credenze e opinioni (beliefs) nettamente distinti daquelli che caratterizzano la modernit. La discontinuit postmod sicolloca cos nel solco centrale di un cambiamento essenzialmente co-gnitivo. Nella crisi della modernit Ulrich Beck e Giddens puntano ildito sulla difficolt a far fronte con successo a una massa via via cre-scente di gradi di libert del sistema. Anche van de Kaa concepisce lapostmod come una semplice inflessione di un processo cognitivo,avendo a che fare esclusivamente con un aggiustamento di tiro di cre-denze e opinioni, reso necessario (in linea con Beck e Giddens) dalfatto che (van de Kaa, 2002) i rischi crescono col crescere della co-noscenza, e si riduce fortemente la capacit di tenere sotto controllogli sviluppi sociali. Niente di pi di una accelerazione cognitiva dellospirito della modernit. Ma assai dubbio che il problema difronteggiare la complessit possa essere risolto muovendosi nella soladimensione cognitiva.

    Sembra di vedere in controluce, dietro le argomentazioni di vande Kaa (e degli autori che ne costituiscono il riferimento), un locusclassicus della grande teorizzazione storiografica: la modernizzazionecome macroprocesso che contiene in s i germi del proprio supe-ramento. Nondimeno, lesaurimento della spinta propulsiva della mo-dernit non pu ridursi a una semplice revisione delle idee e delle cre-denze, insomma degli strumenti logico-cognitivi, dopo un tagliandodi controllo. La discontinuit che ci sta davanti non attiene solo alla di-mensione cognitiva, ma anche (o piuttosto) a quella normativo-affet-tiva; un movimento tellurico che scuote le regioni ancora non norma-lizzate da una legittima indifferenza emozionale, le regioni degli statidanimo.

    Postmod anche (o piuttosto) uno stadio del tutto nuovo della mo-dernit, in cui emerge una faccia nascosta della accentuazione del-lautonomia e della responsabilit individuale. Qualcosa del generetroviamo nelle pagine in cui Joseph Schumpeter (1947) descrive lamutazione dello spirito del protocapitalismo in quelle regioni chesono state nel Novecento la culla del capitalismo renano, variantedi un modello di welfare conservativo. Al cuore di tale mutazioneprimigenia dopo le generazioni dei fondatori Schumpeter poneappunto una riduzione dellorizzonte temporale strategico della home

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    (la casa e la famiglia, insieme, in un concetto simile a quello di casa-to) allorizzonte di breve respiro della vita e dellinteresse del singo-lo, e il collasso del valore stesso della home, della filosofia di vita,cio, che spinge a operare primariamente per i figli. Alla conclusionedi questo collasso

    ci troviamo davanti un tipo ben diverso di Homo Oeconomicus, che sipreoccupa di cose differenti e che opera in modo differente. Per lui edal punto di vista del suo utilitarismo individualistico, il comportamen-to dei fondatori risulta del tutto irrazionale. Perde cos quel solo aspet-to di romantico eroismo che rimaneva addosso alla civilizzazione delcapitalismo, che romantica ed eroica non era, leroismo del navigarenecesse est, vivere non necesse [NdA: iscrizione in una vecchia casa diBrema]. E perde per strada letica capitalistica che trae soddisfazione esenso dal lavorare seminando per il futuro, senza preoccuparsi che sianoaltri [altre generazioni] a raccogliere le messi.

    Anche la mutazione postmod dei valori della modernit non si ri-duce a una semplice escalation della complessit delle informazioni,nellorizzonte decisionale dellindividuo-imprenditore: anche il nuo-vo uomo economico della postmod il risultato di un collasso del-lorizzonte di vita, un collasso che non pu produrre altro che insicu-rezza non solo incertezza. Per trovarne conferma non occorre andarlontano; basta rileggere alcune pagine di van de Kaa (2001), prestareattenzione a certe categorie

    siamo entrati in unepoca senza verit oggettive, in cui le persone cer-cheranno continuamente la loro identit riflettendo su se stesse. La po-stmodernit spinge le persone a rigettare ogni precedente verit auto-evidente riguardo alla religione, allordine sociale, ai diritti ed obblighidegli individui, ai comportamenti sessuali, alle regole di genere e cosvia. Pagando il costo di una sempre pi diffusa insicurezza, la postmo-dernit mette in questione i fondamenti del sistema di significati dellesociet moderne [corsivo nostro]

    e confrontare questo rigetto delle preesistenti verit, per esempio,con la lettura che Ludwig Binswanger (1956) d del manierismo: sta-to di esistenza sospesa, marcato da una moltiplicazione e frantumazio-ne dei mondi di vita, che produce una perdita del centro e limpulso aadattarsi volta a volta alle allures, gli andamenti assunti dal mondo.

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    Il manierismo una espressione artistica dello spirito di un tempo sto-ricamente ben determinato, ma in Binswanger esso al contempo unasindrome clinica, una situazione di esistenza, un mondo del dubbio edi una segreta paura della vita, marcata a fuoco da una sorta di me-lanconia e dalla insicurezza di una forza di vita scossa. In entrambele vesti spirito del tempo e forma di esistenza il manierismo enfatizzala dolorosa impossibilit per una persona di essere se stessa, e nasconde lamancanza di una patria.

    Qualcosa accomuna van de Kaa e Binswanger. Entrambi descri-vono mondi in cui i processi di formazione delle scelte sono rimastiorfani di un oggetto specifico, di una stella polare. Da modernit apostmod, quel che cambia non il sistema di valori e parametri og-gettivi, ma lesistenza stessa di un sistema di valori e parametri di ri-ferimento. Non un semplice aggiustamento del processo decisio-nale razionale cognitivo, ma il suo sradicamento a partire dalle sueradici affettive. Il che obbliga a puntare lattenzione su due concettichiave.

    Il primo quello di assenza o perdita del centro. Peter Berger eThomas Luckman (1997) sottolineavano lo stesso concetto: Pecu-liare della societ moderna la pluralizzazione dei mondi di vita incui immerso un individuo. Unansia incontrollata lo sbocco diquesta sovra-identificazione del soggetto, di questa incapacit cre-scente di dare senso. Lo stesso van de Kaa (2001) echeggiando a unsecolo di distanza la descrizione di Simmel di un modo di vita metro-politano come accelerazione parossistica degli stimoli neurali con-ferma la centralit di questa chiave di lettura:

    Una tremenda deformalizzazione ha avuto luogo. Lavvento della societdellinformazione postindustriale ha avuto un preciso impatto sullenuove generazioni: frammentazione, discontinuit e incongruenzasono diventati la regola.

    Manierismo perdita di un centro. duplicazione del senso, unavolta e unaltra ancora, fino alla sua frantumazione. Colpisce lassonanza tradue storie, partorite luna nella realt quotidiana delle nostre citt, laltranel pensiero riflesso del Novecento. La prima una voce femminileraccolta di recente nel Nord-Italia (Micheli, 2003), del tutto similenello spirito a un milione di altre:

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    Grandi contenitori (e tautologismi sistemici)

    Un contratto a tempo indeterminato full-time in ununica strutturanon laccetterei. Perch quanto meno ho due anime lavorative, quindidovrei cercare di salvaguardare entrambe. Il fatto di avere almeno dueappartamenti istituzionali mi solleva, perch quando le cose vannomale in uno ho lancora di salvataggio nellaltro.

    Qui linsofferenza esistenziale alla logica del lavoro dipendenteassume la forma di una frammentazione dellIo tra anime lavorativeseparate, una pendolarit rivendicata tra una molteplicit di apparte-nenze. La seconda storia la ricostruzione anamnestica di una formadi esistenza mancata, che Binswanger (1956) colloca tra i percorsiclinici etichettabili con diagnosi psichiatrica non lieve:

    Il giovane Jurg Znd, universitario vivace, sensibile e impulsivo,soffre oggi di stati angosciosi e di sensazioni corporee abnormi. Gimolto presto egli si mosso in tre mondi diversi o addirittura contrad-dittori famiglia, nonni, compagnia di amici della strada e per tutta lavita non ha superato questa contraddizione, non riuscendo a mettereradici in nessuno di questi mondi, giacch vedeva costantemente cia-scuno di essi nello specchio degli altri due. Cos non mai giunto a unostile di vita proprio, seguendo piuttosto ora questo ora quel modello of-fertogli dagli altri, adottandone le allures. Un equilibrio frutto dellin-capacit di scegliere.

    La seconda parola chiave comune a Binswanger e van de Kaa al-lora insicurezza, lo stato disposizionale generato dalla pluralizza-zione dei mondi di vita. Uno stato danimo ancora una volta privo di unsuo oggetto specifico. In entrambi gli studiosi linsicurezza emana nondirettamente da un rischio oggettivo, quanto piuttosto da una sua per-cezione. Percezione di una modernit liquida:

    Scopo della modernit era sbarazzarsi dei vecchi corpi solidi e so-stituirli con altri nuovi e migliori, di una solidit duratura. La situazio-ne odierna invece nasce dalla radicale opera di abbattimento di ogniimpedimento che limiti la libert individuale di scegliere e agire (Bau-man, 2000).

    A dispetto delle assonanze evocate nella definizione di liquidit, ilcuore dello stato danimo emergente a cavallo di secolo, nelle rifles-

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    sioni di Bauman, proprio la perdita di un centro, la continua risaccadegli eventi e delle azioni, sempre e comunque obbligatoriamente re-versibili:

    Perdita di autonomia, difficolt a darsi unidentit e allo stesso tem-po ricerca di codici sostanziali e non solo formali. Attribuzione di unacarica di straordinariet a tempi ed eventi delle transizioni cruciali dellavita, ma insieme incapacit a prendere decisioni su eventi cos carichidi straordinariet e come tali irreversibili. Esaltazione delle esperienzeesistenziali e al contempo perdita di un rapporto fiduciario tra gli attoricostituenti di tali esperienze. Quel che rende coerenti tra loro questiprocessi contraddittori (e che si imparenta con le strategie dimutamento istituzionale della seconda transizione demografica) unostato danimo pi generale che li accomuna: un crescente disconosci-mento di ogni alternativa secca e apparentemente fossilizzante(Micheli, 1999a).

    Una dimensione oscura del cambiamento degli anni settanta, incui accanto alla volont di cogliere le nuove opportunit che si apronoe di controllare il proprio destino, fiorisce

    lansia di restare intrappolati nella ragnatela di condizionamenti esterni.Timore dellirreversibile che si manifesta attraverso molte forme, qualila dilazione della fuoruscita dallet giovanile, laccreditamento evalorizzazione nellimmaginario collettivo di nuove scorciatoie allaemancipazione sociale, fino a forme di radicale insofferenza a restarefuori dal gioco (ibidem).

    4. Virtus dormitiva: il gioco degli atteggiamenti

    Rispetto alle grandi costruzioni teoriche della razionalizzazione,della complessit e della (post)modernit, esiste una strada pi sem-plice, teoricamente pi povera ma pi diretta, alla costruzione di quadritautologici per interpretare i cambiamenti nelle pratiche demografiche.Luovo di Colombo sta nellipotizzare dentro allattore (non im-porta dove localizzato) il formarsi di un costrutto intenzionale del tuttospeculare al comportamento esterno messo sotto osservazione, e nellospiegare questo con quello, il comportamento con latteggiamento.Molti giovani frenano il loro calendario di vita? perch cambiano i

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    corrispondenti atteggiamenti rispetto al diventare adulti. Pochi ven-tenni diventano padri o madri? perch cambiato latteggiamentoverso la paternit o la maternit. Il gioco fatto: bene, bene, bene re-spondre. Come la virtus dormitiva che bastava per spiegare la-zione sedativa delloppio, cos basta un atteggiamento (o uninten-zione) estratti dal cappello del ricercatore per spiegare unazione ouna non azione.

    Cos un atteggiamento? stato definito in molti modi: Statomentale e neurale di disponibilit, organizzato tramite lesperienza,che esercita uninfluenza direttiva e dinamica sulle risposte di un in-dividuo a ogni oggetto o situazione in cui coinvolto (Allport, 1935);Organizzazione relativamente stabile nel tempo [enduring] di opi-nioni [beliefs] intorno a un oggetto o situazione, che predispone lin-dividuo a risponde secondo linee preferenziali (Rokeach, 1968); Di-sposizione a rispondere favorevolmente o sfavorevolmente a un og-getto, una persona, unistituzione o un evento (Ajzen, 1988).

    un artefatto scientifico, la categoria di atteggiamento, e anche re-cente. Da meno di un secolo ha preso il posto di gloriose categorie co-me quelle rinascimentali di vis e di virtus (o degli dei di Omero), rin-verdendone gli allori. Grande successo di pubblico, insomma Ma pursempre un artefatto, che sposta solo la localizzazione del problema enon ne nasconde la debolezza teoretica.

    Ma il limite fondamentale, totalmente inficiante, della categoria diatteggiamento sta nella sua capacit predittiva straordinariamente ri-dotta. I modelli che scompongono i processi di formazione dei pro-getti di genitorialit delle coppie, basandosi sulle dichiarazioni di at-tesa e attrazione dei diretti interessati, pomposamente ridefiniti mo-delli expectancy and value, hanno da tempo perso la fiducia degliaddetti ai lavoro perch hanno mostrato tutta la loro inconsistenza einconclusivit (Crosbie, 1984). Gli atteggiamenti possono esserebuoni predittori delle intenzioni, ma sono assai meno efficaci a predi-re gli effettivi comportamenti che seguiranno nel tempo.

    La bassa capacit predittiva degli atteggiamenti ha prodotto una se-rie di critiche di importanza variabile. Una prima critica ha a che farecon la consuetudine, tanto poco accorta quanto molto diffusa, di iden-tificare come atteggiamento qualunque cosa una persona dichiari co-me tale. Una critica pi radicale (Festinger, 1964) ribalta invece la se-quenza tradizionale, in cui gli atteggiamenti precedono lazione sia

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    cronologicamente sia geneticamente: al contrario, latteggiamento (assai spesso) unelaborazione ex post a partire dal comportamento ef-fettivo, il cui obiettivo implicito non di anticipare le azioni future,ma di dare struttura e legittimazione a quelle passate e correnti.

    Chi non ha conosciuto, o non annovera tra gli amici, una coppiamatura, da molti anni insieme e che per molti anni ha cercato di avereun figlio ma inutilmente, per una lunga serie di valide ragioni? Chinon li ha sentiti reclamare per s facendo buon viso a cattivo gioco il diritto a realizzarsi pienamente nella vita di coppia e in quella diciascuno dei partner, nello spregiudicato stile di vita double-incomeno-kids? E daltra parte, chi non condivide il loro elementare diritto a esserefelici anche senza figli?

    Il punto che il meccanismo della razionalizzazione ex post si mettein moto solo se e in quanto preesiste a esso un cambiamento nellepratiche sociali, dovuto ad altri eventi, anche incontrollati o del tuttoindesiderati. La formazione degli atteggiamenti a cui si tende ad attri-buire la responsabilit dellazione che ne segue non , nella maggioranzadei casi, il primo mobile di quellazione. Non fidiamoci ciecamente diquesta chiave interpretativa. E traiamone come logica conseguenza uninterrogativo: se il cambiamento nei comportamenti e nelle pratiche nondiscende sempre da una curvatura del quadro cognitivo degliatteggiamenti e delle preferenze, che cosa mai sta dietro quelcambiamento?

    5. Ex pose il mistero di dissonanze non ridotte

    una domanda cruciale, questa. Merita di essere riproposta una se-conda volta, utilizzando una categoria preziosa di lavoro della psico-logia sociale, quella di dissonanza cognitiva. Ladattamento ex postdegli atteggiamenti dichiarati reso necessario dal bisogno di ridurre ladistanza tra due elementi conflittuali della nostra esistenza: peresempio, il desiderio di un figlio o di una vita di coppia, o di qualunquealtra desiderabile manifestazione del proprio io e una collosa misceladi fatti oggettivi e norme ingabbianti che quella manifestazionedesiderabile impediscono. Non senza sofferenza interiore, questoadattamento; ma una sofferenza mirata a lenirne unaltra, quelladel conflitto, la cui persistenza pu essere non tollerabile. Lo si po-

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    trebbe definire, con un ossimoro, una scelta coatta: un meccanismopsicologico di riduzione della pena che va sotto il nome di dissonan-za cognitiva. Due elementi cognitivi (o un elemento cognitivo e uncomportamento) sono in un rapporto dissonante se lopposto dellu-no consegue dallaltro (Secord e Backman, 1971). Nella formula-zione originaria proposta da Leon Festinger nel 1957,

    lesistenza della dissonanza, essendo causa di disagio psicologico,spinge lindividuo a cercare di ridurla e a raggiungere la consonanza[...]. Quando vi una dissonanza lindividuo, oltre a cercare di ridurla,cercher anche di evitare sistematicamente situazioni e informazioniche potrebbero aumentarla LA. Lintensit delle spinte a ridurre la dis-sonanza una funzione della grandezza della dissonanza.

    Vi sono pi modi per ridurre la dissonanza: dalla modificazione delcomportamento dissonante, alla manipolazione degli elementi cogni-tivi, allaggiunta di nuovi elementi che controbilancino quelli disso-nanti La volpe affamata che vorrebbe addentare i grappoli dorati manon ci arriva, che insomma frustrata dalla dissonanza tra un deside-rio e una sconfortante constatazione di impotenza, se ne potr fare unaragione (potr cio ridurre la dissonanza) cambiando il proprio siste-ma di preferenze (in fondo non mi piace) o aggiungendo una infor-mazione controbilanciante (tanto acerba).

    Applichiamo allora la categoria di dissonanza (e quel che ne con-segue) alla discrepanza osservata negli ultimi decenni nelle dinami-che demografiche nei paesi mediterranei, in particolare in Italia, tranorme ancora prevalenti, che indirizzano verso lesperienza di una fa-miglia con due figli, e comportamenti effettivi assai pi parsimoniosi.Quando le et del calendario di entrata in vita adulta si spostano inavanti, e le scelte di passaggio si diradano, siamo in presenza di un ra-dicale cambiamento nelle pratiche. I giovani adulti non riescono (pi)a realizzare obiettivi che prima erano obbligati e naturali (un ragione-vole calendario di uscita di casa, di formazione di una coppia stabile,di trasformazione in genitore); viene cos allo scoperto una dolorosadivaricazione tra realizzato e atteso, tra un comportamento che franae un sistema cognitivo e normativo che gli tiene dietro.

    La lettura di questa divaricazione in termini di dissonanza cogniti-va semplice e (apparentemente)