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23/02/17 1 + Didattica delle Lingue Moderne Caterina Cangià UPS Scienze dell’Educazione + CAPITOLO 1 L’origine dell’uomo, del linguaggio e della cultura Caterina Cangià UPS Scienze dell’Educazione + Brainstorming Da dove veniamo? È possibile tracciare la linea ininterrotta del tempo che lega tutti gli uomini alla forma di vita primitiva? Perché è affascinante percorrere il tempo a ritroso tentando di costruire la storia della vita sul pianeta Terra e, con la storia della vita, la storia della comunicazione, del linguaggio, della cultura e delle lingue? + Brainstorming Obiettivo del capitolo è far percepire, nel viaggio a ritroso verso la storia dell’uomo e del peculiare dono del linguaggio, il fascino e lo stupore per la comunicazione, matrice del linguaggio, della cultura e di ogni lingua. + Introduzione È alla paleoantropologia – scienza che studia i resti fossili dei tipi umani ormai estinti – che dobbiamo le conoscenze circa lo sviluppo dell’uomo. + Introduzione PALEOANTROPOLOGIA! Il termine ha origine greca e significa: “discorso sull’uomo del passato” e designa quell’insieme di studi che si interessa di tre grandi ambiti.

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Didattica delle Lingue Moderne Caterina

Cangià

UPS Scienze

dell’Educazione

+

CAPITOLO 1 L’origine dell’uomo, del linguaggio e della cultura Caterina

Cangià

UPS Scienze

dell’Educazione

+Brainstorming

Da dove veniamo? È possibile tracciare la linea ininterrotta del tempo che lega tutti gli uomini alla forma di vita primitiva? Perché è affascinante percorrere il tempo a ritroso tentando di costruire la storia della vita sul pianeta Terra e, con la storia della vita, la storia della comunicazione, del linguaggio, della cultura e delle lingue?

+Brainstorming

Obiettivo del capitolo è far percepire, nel viaggio a ritroso verso la storia dell’uomo e del peculiare dono del linguaggio, il fascino e lo stupore per la comunicazione, matrice del linguaggio, della cultura e di ogni lingua.

+Introduzione

È alla paleoantropologia – scienza che studia i resti fossili dei tipi umani ormai estinti – che dobbiamo le conoscenze circa lo sviluppo dell’uomo.

+Introduzione

PALEOANTROPOLOGIA!

Il termine ha origine greca e significa: “discorso sull’uomo del passato” e designa quell’insieme di studi che si interessa di tre grandi ambiti.

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+Introduzione

1) del momento in cui la famiglia degli ominidi ha iniziato a distinguersi dai non ominidi; 2) dell’evoluzione degli ominidi; 3) della comparsa dei tratti anatomici caratteristici dell’essere umano moderno.

+Introduzione

Per approfondire questi ambiti di ricerca la paleoantropologia si avvale anche delle scoperte che vengono fatte in altre discipline quali l’archeologia, la paleobotanica, la paleontologia, la paleodemografia e la paleoecologia fra le principali. Ognuna di queste meriterebbe un approfondimento.

+Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens Il percorso dell’umanità che ha portato alle numerosissime produzioni linguistiche e culturali che oggi conosciamo è ricco di sorprese.

+Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens La preparazione dell’ambiente fisico che avrebbe ospitato, molto tempo dopo, l’uomo, inizia almeno 17-20 milioni di anni fa, con il ponte che si stabilisce tra Africa e Asia in corrispondenza dell’Arabia con la formazione della valle del Rift africano.

+Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens Si tratta di quella grande spaccatura longitudinale che si è formata nelle regioni orientali collegandosi a una precedente spaccatura in senso ovest-est nel golfo di Aden.

+Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens Qual è stata la conseguenza di questi fenomeni? Lo scivolamento della cosiddetta piattaforma afro-arabica verso il continente eurasiatico con la felice conseguenza della formazione di un ponte di terra che ha consentito il passaggio di fauna dall’Africa all’Eurasia (Facchini, 2008).

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+Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens La Rift Valley o Great Rift Valley è una vasta formazione geografica e geologica che si estende per circa 6.400 km in direzione nord-sud della circonferenza terrestre, dal nord della Siria (sud-ovest dell’Asia) al centro del Mozambico (est dell’Africa). La valle varia in larghezza dai 30 ai 100 km e in profondità da qualche centinaio a migliaia di metri.

+Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens La seconda tappa di questa lontana preparazione dell’ambiente fisico che avrebbe ospitato forme primitive di Homo risale a 6-7 milioni di anni fa. In quell’epoca l’ambiente africano a ovest della valle del Rift era forestale mentre a est era aperto, di savana o prateria, a motivo delle minori precipitazioni (Coppens, 1988).

+Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens Così, mentre a ovest l’ambiente forestale ha favorito l’evoluzione delle Antropomorfe che si potevano spostare per brachiazione nelle foreste, a est l’ambiente aperto è stato favorevole al bipedismo, modalità di locomozione degli Ominidi.

+Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens I mutamenti geologici avvenuti in questa zona, infatti, potrebbero aver determinato una divisione geografica tra “ominidi” e “panidi”, per cui i resti dei secondi si trovano solo a ovest della spaccatura, mentre i primi si riscontrano a est della stessa.

+ ARDI

+ Le forme australopitecine

Australopithecus afarensis camminava in posizione eretta: lo sappiamo grazie al ritrovamento ad Hadar, nella regione etiope di Afar, lungo la formazione geologica che si estende per circa 6.400 Km – la citata Rift Valley o Valle del Rift –, di alcuni resti fossili di individui appartenenti a questa specie.

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+ Le forme australopitecine

Particolarmente nota è la vicenda che ha portato al ritrovamento dello scheletro di “Lucy”, esemplare adulto di donna che calpestava questa parte del suolo africano più o meno 3 milioni di anni fa.

+ LUCY: stazione eretta

+ Le forme australopitecine

Gli Australopiteci sono vissuti per un lungo arco di tempo nella savana africana e si sono portati sia a ovest sia nell’Africa del Sud, ma si sono estinti intorno a 1,5 milioni di anni fa, periodo in cui si sono affermate le forme del genere Homo abilis, Homo rudolfensis e Homo ergaster.

+ Il genere Homo

Altra grande tappa nel percorso evolutivo che ha portato alla comparsa dell’uomo come lo conosciamo oggi, ovvero Homo sapiens sapiens, è rappresentata da Homo habilis, da Homo erectus e da Homo sapiens.

+ Il genere Homo

Reperti di Homo abilis sono stati ritrovati nel 1963 a Olduvai, nella pianura di Serengeti, nel nord della Tanzania, insieme a ciottoli taglienti (choppers) realizzati mediante l’asportazione di alcune schegge da poliedri, pezzi sferoidali e schegge ritoccate da un lato o da entrambi i lati (Leakey - Tobias - Napier, 1964).

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+ + Il genere Homo

Homo ergaster è la forma più antica di erectus in Africa. Resti di ergaster sono stati scoperti nel Kenya settentrionale e risalgono a circa 2 milioni di anni fa. La struttura anatomica di ergaster, con mandibola, mascella e denti più piccoli rispetto al corpo, fa pensare che seguisse una dieta diversa oppure che fosse in grado di ammorbidire il cibo con l’uso del fuoco.

+ Il genere Homo

Tra 30 mila e 100 mila anni fa (Wood, 2005) o 35.000 e 13.000 secondo Facchini (2008) compare Homo neanderthalensis, i cui resti sono stati ritrovati nel 1856 da Johann Fuhlrott (Johanson - Edey, 1981) nella valle di Neander, in Germania.

+ L’umanità moderna

È da notare che intorno ai 100.000-150.000 anni fa, rappresentanti di questa umanità si sono spostati in Eurasia dove sono stati trovati reperti di Homo sapiens sapiens arcaico in varie località, vicino a Nazaret e sul Monte Carmelo.

+ +

La conquista della stazione eretta (bipedismo)

L’aumento del quoziente di encefalizzazione e la crescita delle funzioni del cervello

L’ovulazione nascosta

I cambiamenti dell’apparato vocale

2. Le conquiste che hanno consentito l’evoluzione

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+ I cambiamenti dell’apparato vocale

C’è stato poi un altro cambiamento – epocale – che avrebbe potuto avere effetti disastrosi sulla specie, ma che ha determinato, invece, la nascita del linguaggio.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Viene fatto riferimento, qui, ai mutamenti di cui è stato protagonista il nostro apparato respiratorio superiore, in particolare la posizione della laringe, che influisce in modo determinante sul modo in cui respiriamo, deglutiamo e comunichiamo.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

C’è una configurazione anatomica che Laitman (1993; 1985) e, recentemente, Laitman e Reidenberg (2009) definiscono fondamentale perché è caratteristica di tutti i mammiferi a tutti gli stadi di sviluppo e c’è, poi, quella conformazione che è tipica delle persone adulte.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Negli animali, la laringe si trova nella parte alta del collo: questo le consente di chiudere il rinofaringe e di sovrapporsi al palato molle con l’epiglottide. Grazie al citato meccanismo, gli animali sono in grado di respirare e deglutire contemporaneamente, ma la gamma di suoni che possono produrre è estremamente ridotta.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Ciò avviene perché la posizione della laringe influisce sulle dimensioni della faringe che si trova poco sopra: è la faringe che ha il compito di modulare i suoni e negli animali la sua estensione è ridotta. Cosa accade, invece, negli umani? Dipende dall’età.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Per i neonati e i bambini fino a 18-24 mesi, le analogie con l’apparato respiratorio degli altri mammiferi sono sorprendenti. Dal secondo anno di vita circa, la laringe inizia a scendere e il modo in cui il bambino respira, deglutisce e produce suoni cambia completamente.

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+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Ecco allora che nell’uomo adulto la laringe viene a trovarsi più in basso rispetto a quanto avviene negli altri mammiferi. L’epiglottide, a questo punto, non può più arrivare a chiudere la parte posteriore della cavità nasale e i canali: digerente e respiratorio non sono più separati.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Per questo motivo, tale cambiamento poteva non essere vantaggioso per la specie: a ogni boccone l’uomo rischiava di soffocare. Ma lo spazio che la laringe lascia alla faringe sopra le corde vocali è più ampio e fa di quest’ultima un ottimo strumento di modulazione dei suoni che la faringe emette.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Ecco perché siamo in grado di produrre suoni complessi e articolati che chiamiamo linguaggio.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Dagli studi dei fossili si è giunti a ritenere che, probabilmente, il primo a subire un abbassamento della laringe sia stato Homo Erectus, anche se la sua conformazione anatomica non era paragonabile a quella dell’uomo contemporaneo. Per questo dobbiamo aspettare che Homo Sapiens faccia il loro ingresso nel mondo (Laitman, 1993; 1985).

+ +

Nello studio sulle origini del linguaggio c’è una certa concordanza tra gli studiosi nello stabilire il terminus ante quem rispetto al suo uso da parte di Homo Sapiens.

3. Quando e come si è evoluto il linguaggio?

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Gli aborigeni australiani emigrarono dall’Asia verso l’Australia circa 40-60.000 anni fa e sono vissuti isolati da quel momento fino ai nostri giorni.

3. Quando e come si è evoluto il linguaggio?

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Questa popolazione possiede una propria lingua, quindi, possiamo dedurre che intorno ai 40-60.000 anni fa il linguaggio fosse già sviluppato. Più complesso invece è definire da quando l’essere umano ha iniziato a utilizzare il linguaggio, ovvero il terminus post quem (Anolli, 2006).

3. Quando e come si è evoluto il linguaggio?

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Come si è già osservato attraverso l’analisi dell’apparato respiratorio umano, le prime modifiche si verificano al tempo di Homo erectus, ma non sono tali da consentire una comunicazione basata sul linguaggio vero e proprio.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Come attesta Facchini (2008; 2006), probabilmente solo con la forma moderna di Homo sapiens sapiens si può parlare di linguaggio vero e proprio nell’uomo perché l’apparato fonatorio a questo stadio dell’evoluzione ha assunto la configurazione più moderna e si è verificata la concomitanza di tre condizioni.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

La prima riguarda lo sviluppo delle strutture anatomiche per la fonazione, la seconda lo sviluppo dei centri nervosi per regolare i suoni e la terza riguarda lo sviluppo dei centri nervosi per operare l’integrazione fra suoni e simboli.

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+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Facchini mette in guardia però perché le osservazioni da fare non sono state sempre possibili dato che i reperti di Homo abilis sono mancanti della base cranica. «Il calco endocranico di Homo abilis rivelerebbe un certo sviluppo delle aree di Broca e di Wernicke relative al linguaggio articolato.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

La prima, deputata ai muscoli necessari alla fonazione, la seconda alla comprensione dei suoni e delle parole. Con ciò non si può dimostrare che Homo abilis parlasse, ma si può ritenere che avesse le basi neurologiche del linguaggio (secondo Tobias)» (Facchini, 2006, p. 146).

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Se Anolli (2006) fa risalire la presenza del linguaggio a 150.000 anni fa, Facchini (2006), riportando studi di Toth e Schick del 1993, mostra come una correlazione tra sviluppo dell’area di Broca situata nell’emisfero cerebrale sinistro e l’abilità di costruire strumenti con la mano destra si suppone già in Homo abilis e Homo erectus.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Ma com’è nato il linguaggio? I tentativi di rispondere a questo interrogativo hanno determinato lo sviluppo di diverse teorie che vengono qui presentate in sintesi.

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Prima di ogni teoria, si può affermare che una qualche forma di linguaggio sia antica quanto l’uomo (Facchini, 2008).

+ I cambiamenti dell’apparato vocale

Un linguaggio senz’altro semplicissimo, fatto di fonemi e accompagnato da gesti, ma comunicativo per il significato con valore simbolico che avevano i suoni e i gesti. Un significato con forza propulsiva per trasmettere cultura e progredire.

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+ Teoria della discontinuità

Secondo Chomsky (1988) l’essere umano è dotato di una specializzazione cognitiva detta grammatica universale (GU). È grazie a questo “dispositivo” che il bambino sarebbe in grado di apprendere la lingua in maniera efficace. La GU sarebbe distinta dal resto delle abilità cognitive e sarebbe codificata nei geni che attendono alla formazione della struttura nervosa del nostro cervello.

+ Teoria della discontinuità

Per spiegare il linguaggio dobbiamo andare a cercare nella fisiologia e nella chimica dell’organismo umano e non spaziare in possibili evoluzioni da sistemi di comunicazione precedenti.

+ Ipotesi del protolinguaggio

Bickerton (Bickerton, 2009; Bickerton - Calvin, 2000) propone la teoria del protolinguaggio, in cui tenta di mettere d’accordo la visione chomskiana con quella darwiniana. Bickerton risponde: esiste nell’uomo una predisposizione biologicamente determinata che fornisce a una lingua la sua forma e la sua struttura.

+ Ipotesi del protolinguaggio

Le forme primitive di linguaggio possedute da Homo erectus sarebbero consistite in poche parole comprensibili solo grazie al contesto di riferimento, in cui non si poteva rintracciare un’organizzazione grammaticale vera e propria.

+ Ipotesi del protolinguaggio

A un certo punto, nel periodo dei Sapiens, grazie a una mutazione genetica, si sarebbero determinate una riorganizzazione del cervello, una nuova conformazione dell’apparato fonatorio e la sintassi. Quindi, la capacità di articolare il linguaggio sarebbe comparsa improvvisamente e avrebbe determinato tutta la riorganizzazione cerebrale.

+ Ipotesi del protolinguaggio

Bickerton, quindi, aderirebbe a quella che è nota come teoria del grande salto in avanti. Questa ipotesi è stata oggetto di numerose osservazioni: sembra poco convincente che il protolinguaggio sia rimasto sostanzialmente invariato e fisso per lungo tempo per poi progredire tutto insieme in seguito a una mutazione genica.

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+ Il linguaggio come istinto

Anche Pinker (1994) tenta di conciliare le teorie di Darwin con la visione di Chomsky. Il linguaggio è visto come un istinto piuttosto che come un prodotto culturale.

+ Il linguaggio come istinto

Seppur affascinante, questa teoria ha sollevato alcune critiche soprattutto per l’introduzione del termine “istinto”. Le ricerche neurologiche e neurofisiologiche hanno da tempo messo in luce come per il linguaggio non esista una sede unica e come esso, sia riconducibile, piuttosto, a differenti aree cerebrali.

+ Il linguaggio come istinto

A questo va aggiunto che rendere il linguaggio un istinto lo impoverisce di quella componente relazionale che è, invece, determinate affinché si impari a parlare correttamente.

+ Teoria della continuità

Jackendoff (2002) ritiene che nella formazione del linguaggio vi sia una continuità evolutiva: il linguaggio sarebbe articolato in sottosistemi che si sono evoluti progressivamente e in maniera parallela riuscendo a raggiungere livelli di efficienza più elevati.

+ Teoria della continuità

Tutto avrebbe avuto inizio, quindi, da singoli simboli che avrebbero determinato la capacità di saper condividere dei significati all’interno del clan. A questo si sarebbe unita la convenzionalizzazione delle vocalizzazioni: si sarebbe determinato, quindi, un sistema, un codice di riferimento fonologico tramite il quale i membri del clan potevano comunicare.

+ Teoria della continuità

Da questo sistema fonologico si sarebbero originate combinazioni di suoni da cui si poteva formare un numero di parole pressoché illimitato.

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+ Il “grooming” e il pettegolezzo

Dunbar (20005) propone un’origine del linguaggio che ha natura sociale e che avrebbe svolto la stessa funzione che all’interno del gruppo dei primati svolge il grooming. Quest’ultimo consiste nelle operazioni di pulizia che i membri del gruppo si fanno a vicenda: ben il 20% della loro giornata è dedicata a questi gesti!

+ Il “grooming” e il pettegolezzo

Queste operazioni non hanno importanza solo ai fini dell’igiene, bensì sono indispensabili per rinsaldare i legami sociali, sentire la vicinanza e per favorire la cooperazione nel gruppo. Il linguaggio, allora, sarebbe un’evoluzione del grooming.

+ Il “grooming” e il pettegolezzo

Lo sviluppo del cervello umano, infatti, sembra essere conseguente alla necessità di elaborare scambi sociali, piuttosto che attendere alle informazioni fisiche; esisterebbe, quindi, una correlazione tra il numero d’individui che fanno parte del gruppo e la crescita neocorticale.

+ La teoria motoria

Secondo questa teoria, proposta per la prima volta da Étienne Bonnot de Condillac (1746) il linguaggio si sarebbe evoluto a partire dalla gestualità e dalla mimica con cui gli Ominidi comunicavano tra di loro: venivano utilizzati segni convenzionali che prendevano forma iconica o spaziale.

+ Linguaggio e cultura

La capacità di verbalizzare è stata fondamentale per costruire mappe territoriali e temporali che hanno influito sul successo del gruppo. Questa comunicazione simbolica ha, probabilmente, modificato l’architettura dei sistemi cerebrali i quali, a loro volta, hanno consentito un’ulteriore evoluzione del sistema linguistico.

+ Linguaggio e cultura

Il linguaggio, infatti, essendo un sistema di riferimento «in absentia» (Mithen, 2002, p. 19) permetteva una comunicazione che non era solo referenziale – cioè legata alla presenza dell’oggetto – ma di tipo astratto o simbolico. Grazie al linguaggio, la comunicazione supera i limiti del tempo e dello spazio e le conoscenze possono essere tramandate all’infinito.

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+ Linguaggio e cultura

Con la comparsa del linguaggio simbolico viene anche “inventata” la cultura. Come si esprime Facchini (2008; 2006): sia lo sviluppo della tecnologia che lo sviluppo della vita sociale, così come la trasmissione della cultura, sono stati possibili grazie al linguaggio articolato e alla comunicazione simbolica. Caratteristiche della cultura sono la progettualità e il simbolismo.

+ Linguaggio e cultura

Dal verbo “colere”, coltivare, la cultura esprime, nella concezione antropologica, quel ricco insieme di sapere, arte, morale, diritto, costume che caratterizzano l’uomo in quanto membro di una società. E nella concezione paleoantropologica?

+ Linguaggio e cultura

La lentezza che ha caratterizzato la cultura per alcune centinaia di migliaia di anni si è trasformata poi in rapida corsa negli ultimi 40.000 anni. Corsa costellata da innovazioni sorprendenti (Facchini, 2008).

+ Linguaggio e cultura

Ciò che colpisce, a questo proposito, è la capacità innovativa nella fabbricazione di strumenti; c’è creazione e innovazione, perciò riflessione sulla propria azione. Il progresso nella fabbricazione sistematica di utensili è tipico dell’uomo. E tutta la straripante produzione culturale che l’umanità ha conosciuto e continua a conoscere, inizia da qui. Il bouquet fatto di composizioni musicali, creazioni pittoriche, espressioni poetiche e coreografiche inizia dagli umili choppers.

+ Linguaggio e cultura

Così tutte le caratteristiche che hanno connotato e connotano ogni più piccolo gruppo sociale sono nate con la fabbricazione di strumenti per spezzare, tagliare, incidere, scuoiare e scavare.

+ Una valutazione

Corballis, oltre a rivendicare la natura protolinguistica della mimesis, trova una conferma empirica nella scoperta dei neuroni-specchio, precisamente nella scoperta dell’omologia funzionale tra l’area F5 del cervello in cui risiede il sistema mirror dei macachi e l’area di Broca.

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+ Una valutazione

Per Corballis (2010) l’area 44 di Brodman, peraltro scoperta all’inizio del secolo scorso, oltre a essere coinvolta nella produzione linguistica, è coinvolta pure in funzioni motorie complesse come l’articolazione della mano e l’apprendimento senso-motorio. Così la concezione gestuale del linguaggio avvalora i costituenti più semplici della cognizione umana.

+ Una valutazione

Questa conferma è un punto d’arrivo, per Ferretti (2010), nella considerazione dell’origine del linguaggio. Ma già Facchini (2006, pp. 146-147), basandosi su autori di spicco degli anni Settanta, affermava che Homo habilis e Homo erectus, utilizzando tecnologie via via più complesse per la lavorazione di manufatti, necessitavano di comunicazione verbale per la trasmissione delle stesse.

+ Una valutazione

Questa conferma è un punto d’arrivo, per Ferretti (2010), nella considerazione dell’origine del linguaggio. Ma già Facchini (2006, pp. 146-147), basandosi su autori di spicco degli anni Settanta, affermava che Homo habilis e Homo erectus, utilizzando tecnologie via via più complesse per la lavorazione di manufatti, necessitavano di comunicazione verbale per la trasmissione delle stesse.

+ Una valutazione

Allora, quale Homo ha iniziato a usare il linguaggio? Secondo Facchini (2008, p. 67) «vi sono anche evidenze archeologiche indirette sul linguaggio umano, costituite dalle industrie litiche e dalla documentazione sulla vita sociale. Lo sviluppo tecnologico e le forme di organizzazione sociale che si hanno a partire da Homo abilis si accordano con una forma di comunicazione e di trasmissione attraverso il linguaggio e non solo con l’imitazione».

+ Una valutazione

Nello scorrere dei millenni, il linguaggio si è declinato nella variopinta molteplicità delle lingue rendendo ragione della straordinaria adattabilità dell’uomo al suo ambiente, oltre che della sua creatività.

+ Una valutazione

Una volta portato a perfezione da Sapiens sapiens, il linguaggio è diventato il ponte indispensabile per raggiungere l’Altro. E da allora si è declinato in miliardi di “testi” parlati, scritti e multimediali. La sofisticatezza delle clausole di un contratto, la precisione di una dimostrazione geometrica, la sistematicità di un’argomentazione filosofica utilizzano il linguaggio.

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+ Una valutazione

Così come i milioni di lettere d’amore, di discorsi, di poesie e di preghiere. «L’uomo non è che una canna pensante, la più debole della natura, ma una canna pensante» (Pascal, Pensiero n° 347). Pensiamo e siamo coscienti di pensare e con noi la materia tutta si fa pensante. Qualcuno avrà previsto questo nostro punto d’arrivo e avrà agito perché diventasse realtà? Dietro a quest’apoteosi dell’evoluzione – l’umanità tutta – c’è un Disegno Intelligente?

+ Una valutazione

A questo proposito, Facchini (2009) afferma che non si devono mescolare indebitamente i piani della scienza e della fede come si sostiene con la teoria dell’Intelligent Design. Difatti, non è possibile operare una «estrapolazione di un modello empirico di lettura della storia della vita sulla terra a una visione filosofica della realtà, in cui si va oltre gli aspetti scientifici» Facchini (2008, p. 96).

+ Una valutazione

Sarebbe meglio parlare di una causalità esterna che agisce attraverso le cause seconde, i fattori della natura. Non si possono mettere in alternativa evoluzione e creazione, ma visione di un mondo in evoluzione, dipendente da un Dio creatore pieno d’amore per l’uomo e visione di un mondo che si crea e si trasforma da sé, così, per fatti puramente casuali. Il discorso meriterebbe uno spazio maggiore e un tempo prolungato. Si rimanda il lettore ad altri contesti (Facchini, 2008).

+ Una valutazione

Nella volontà di chiudere con la formulazione di una considerazione antropologica, va detto che tra le specie precedenti e il Sapiens sapiens c’è una differenza, sostanzialmente di carattere qualitativo e non meramente quantitativo, differenza che – dal punto di vista filosofico – richiede una causa proporzionata che non può essere identificata esclusivamente nelle potenzialità della materia stessa, sia pure neurobiologica.

+ Una valutazione

Come afferma Martínez (2008, p. 147), «Anche i grandi creatori del neodarwinismo, come Theodosius Dobzhanski o Francisco Ayala, mettono in evidenza questo paradosso: anche se l’uomo si dà in una continuità biologica con il resto delle specie animali, esso manifesta dal punto di vista culturale un comportamento che non è più “meramente biologico”. Il volume è un’eccellente presentazione dell’esplosione della vita sulla Terra, circa 570 milioni di anni fa.

+ Una valutazione

Cfr. Mauro Mantovani, Discipline in dialogo. Un esercizio di “razionalità allargata”, in Mantovani M. - M. Amerise (a cura di), Fede, Cultura e Scienza. Discipline in dialogo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2008, pp. 29-79.

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Impossibile raccogliere e illustrare in modo esaustivo le migliaia di produzioni culturali che fanno parte di quello che comunemente viene raggruppato nell’insieme infinito dello scibile umano.

4. La comunicazione del patrimonio culturale dell’umanità

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Ci si limita qui a ripercorrere le tre rivoluzioni che hanno segnato la storia della trasmissione della cultura: la rivoluzione della scrittura, della stampa ed elettrica-elettronica. In questo modo si privilegiano gli aspetti più vicini all’ambito della comunicazione e del linguaggio.

4. La comunicazione del patrimonio culturale dell’umanità

+ Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica

Prime forme di produzione culturale le ritroviamo già in Homo habilis. Circa due milioni e mezzo di anni fa, si serviva di utensili – i choppers – fatti di litio e ricavati dalla lavorazione di una delle facce della pietra (industria litica olduvaiana).

+ Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica

Essi erano utilizzati per poter operare più agevolmente all’interno dell’ambiente: tali manufatti erano taglienti e servivano per squarciare, forare, rompere e raschiare.

+ + Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica

Questi utensili furono prodotti per circa un milione di anni, fino a che non si giunse alla lavorazione su entrambe le facce della pietra che si riscontra nei manufatti con la forma ad “amigdala” (industria litica acheuleana).

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+ + Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica

Ancora, tra i 50.000 e i 250.000 anni fa compaiono raschiatoi, punteruoli, lance per la caccia (industria musteriana), mentre tra i 20.000 e i 50.000 anni fa vengono prodotte spatole, aghi, scavatori, lamette, anche di altri materiali come l’avorio (industria aurignaziana).

+ + Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica

Dobbiamo attendere la comparsa di Homo sapiens per avere cambiamenti sostanziali nella produzione culturale. Le prime forme di comunicazione e di espressione “artistica”, quindi scevre da un’utilità pratica, si riscontrano nell’arte parietale e in quella mobiliare.

+ Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica

La prima si riferisce a quei disegni che vengono realizzati prima sui massi e poi con dei graffiti sulle pareti delle grotte e che rappresentano mammiferi come i bisonti e i cavalli.

+ Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica

Uno degli esempi più stupefacenti è quello delle pitture preistoriche della grotta di Altamira, nella Spagna settentrionale. Risalgono al Paleolitico superiore (10.000-15.000 a.C.) e rappresentano figure di animali e oggetti stilizzati.

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+ Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica

I più antichi dipinti sembrano essere stati scoperti nella grotta di Fumane, vicino Verona, e risalgono a un periodo che va tra i 32.000 e i 36.500 anni fa (Balter, 2000).

+

+ + Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica

L’arte mobiliare, invece, si caratterizza per la creazione di piccole statue, le cosiddette “Veneri”, legate al culto della fecondità. Tra queste spicca quella di Willendorf, probabilmente realizzata fra il 19.000 e il 23.000 a.C. Da semplici segni sui muri, tali disegni potrebbero essere diventati pittogrammi, ovvero forme espressive standardizzate (Corballis, 2002).

+ + La rivoluzione tipografica

È nel 1440 che la stampa diventa uno strumento più economico per gli europei, grazie alla tecnica dei caratteri mobili introdotta dal tedesco Johannes Gutenberg.

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+ La rivoluzione tipografica

La stampa rivoluziona la comunicazione poiché rende il messaggio riproducibile in grandi quantità: il pubblico che ne può usufruire diventa sempre più vasto. Con l’avvento della parola stampata si passa alla produzione di mezzi quali i libri e i periodici, che sono così messi alla portata di tutti, anche se l’interazione comunicativa rimane sempre univoca.

+ La rivoluzione tipografica

Da quando un messaggio può essere trasmesso a più destinatari contemporaneamente si entra nell’era dei mass media o mezzi di comunicazione di massa.

+ La rivoluzione elettrica e i mezzi di comunicazione di massa

La locuzione mass media deriva dal latino, dove media è da intendersi come il plurale di medium, ma il suo significato non ha nulla a che vedere con l’origine del vocabolo.

+ La rivoluzione elettrica e i mezzi di comunicazione di massa

Le due parole definiscono, infatti, i “mezzi di comunicazione di massa”, laddove nella voce latina alla parola medium non appare nessuna accezione corrispondente a “mezzo, strumento”. Questo accade perché pur derivando dal latino, la parola è da intendersi con il valore attribuitole dalla lingua che l’ha coniata, ovvero quella anglosassone (Bracchi, 2002, pp. 716-718).

+ +

Se è vero che la produzione scritta ha determinato un grande cambiamento all’interno della comunicazione umana e della trasmissione della cultura, è anche vero che la prima forma d’interazione linguistica, l’oralità, non è mai stata abbandonata. Anzi, dalle prime forme di linguaggio dei Sapiens, il linguaggio ha assunto sfumature differenti e si è declinato in tanti idiomi diversi. Com’è avvenuta questa evoluzione?

5. Dal linguaggio e dalla cultura alle lingue

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Grazie alle ripetute migrazioni che l’uomo ha vissuto in luoghi e tempi della sua storia. L’espansione umana potrebbe aver seguito due percorsi differenti: da un lato potrebbero esserci state frequenti migrazioni; dall’altro, individui provenienti dall’Africa potrebbero essersi incrociati con altri gruppi stanziati in regioni adiacenti.

5. Dal linguaggio e dalla cultura alle lingue

+

A loro volta, questi ultimi potrebbero essersi mescolati con popolazioni un po’ più distanti dal continente africano.

5. Dal linguaggio e dalla cultura alle lingue

+

Questa seconda ipotesi, definita dell’ondata di diffusione (diffusion wave hypothesis) sembrerebbe in linea con i dati emersi da uno studio sui resti di uomo anatomicamente moderno: la distanza genetica sembrerebbe correlata a quella percorsa in termini di chilometri nei brevi tragitti sulla terraferma che sono stati effettuati dai nostri primi antenati (Wood, 2005).

5. Dal linguaggio e dalla cultura alle lingue

+ Per terra e per mare

Dopo essersi affermato in Africa, Homo sapiens sapiens inizia a colonizzare la Terra tutta, spostandosi attorno alle coste, ma approfittando anche dell’aumento delle terre emerse a causa delle glaciazioni.

+ Per terra e per mare

Intorno ai 55.000-60.000 anni fa dovrebbe essere avvenuta una delle prime migrazioni dall’Africa: sono stati ritrovati reperti risalenti a quest’epoca in Cina, Nuova Guinea e Australia.

+ Per terra e per mare

Verso i 35.000-40.000 anni fa inizia ad essere popolata l’Europa, probabilmente a partire da oriente. Più tardi vengono colonizzate le zone fredde dell’Asia, e tra i 15.000 e i 35.000 anni fa deve essere avvenuta, proprio da questa parte del mondo, la migrazione verso le Americhe.

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+ Per terra e per mare

Insieme alla diversificazione dei caratteri esterni, che si sono “adattati” ai vari ambienti colonizzati, si assiste alla maturazione di lingue diverse. Luca e Francesco Cavalli-Sforza e chi, con Paolo Menozzi e Alberto Piazza (Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995) ha ipotizzato una relazione tra genetica e linguistica, ha sovrapposto le famiglie linguistiche con l’albero genetico delle popolazioni del mondo, riscontrando una straordinaria corrispondenza di dati.

+ Per terra e per mare

Naturalmente, la storia successiva delle popolazioni ha giocato un ruolo fondamentale nella caratterizzazione di determinate popolazioni creando anche dissonanze tra patrimonio genetico e linguistico.

+ Per terra e per mare

È il caso degli etiopi che hanno un patrimonio genetico per il 60% africano e per il 40% di origine caucasoide e che, dal punto di vista linguistico, sono riconducibili agli Arabi, poiché le loro lingue fanno parte della famiglia afroasiatica (Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995).

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+ Lingue del mondo e lingue nel mondo

6.909. Questo il numero di lingue parlate nel mondo secondo quanto stabilito nella sedicesima edizione del catalogo Ethnologue (Lewis, 2009). Alcune abbracciano grandi fette della popolazione mondiale, altre sono tramandate da pochissimi parlanti e rischiano di scomparire. Inoltre proprio perché la cultura ha, di rado, confini precisi, spesso le lingue si sono mescolate e hanno dato vita a idiomi nuovi, particolari, magari parlati solo in piccoli spicchi di terra.

+ Lingue del mondo e lingue nel mondo

Va sottolineato che i modi di classificare una lingua sono molteplici. Tra i più significativi dal punto di vista scientifico troviamo i seguenti, elencati da Gobber e Morani (2010):

Per approfondimenti sul profilo linguistico dell’Italia si può consultare la pagina web di Ethnologue (2009) all’indirizzo: http://www.ethnologue.com/show_language.asp?code=ita.

+ Lingue del mondo e lingue nel mondo

Ricostruire l’albero genealogico delle lingue non è compito semplice, anche perché difficile, utilizzando il metodo della glottocronologia – che permette di datare, anche se in modo approssimativo e con margini di errore, le lingue, nonché di ripercorrere i passi che hanno portato a separazioni e distinzioni – raggiungere parentele che siano precedenti ai 6.000 anni fa.

+ Lingue del mondo e lingue nel mondo

Andando indietro nel tempo, infatti, le parole comuni rintracciabili sono ridotte al 10% e l’errore statistico diventa troppo grande. Avvalendosi di approcci differenti si possono però raggiungere epoche precedenti e si può valutare la possibilità di riunire alcune grandi famiglie di lingue in una “superfamiglia”, quella “Eurasiatica”, ad esempio, che per i russi prende il nome di “Nostratico”.

+ Lingue del mondo e lingue nel mondo

Tale classificazione è stata proposta separatamente da Greenberg e da alcuni studiosi russi (citati in Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995), con alcune differenze nelle famiglie di lingue inserite all’interno della superfamiglia. Resta da chiedersi se sia possibile risalire a un’unica lingua comune, ancestrale.

+ Lingue del mondo e lingue nel mondo

È di nuovo Greenberg (1966), sulla scia di altri pionieri come Trombetti (1905) a dare il via alle danze, risalendo a una matrice che sembra riscontrabile in tutte le lingue: tik. Bengtson e Ruhlen (1994) forniscono un elenco dettagliato delle possibili etimologie comuni tra le lingue.

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+ Lingue in movimento

Accanto a fattori che accomunano le lingue ce ne sono molti che le rendono peculiari. Tali distinzioni non si registrano solo tra una lingua e l’altra, ma di frequente all’interno della stessa lingua dove si possono distinguere delle varietà che vengono enucleate a partire dalla sistematizzazione proposta da Gobber e Morani (2010).

+ Lingue in movimento

Lingue che si mescolano, che si differenziano, che rivendicano un’identità culturale propria, come il caso delle lingue friulana e sarda che, in seguito alla legge n. 482 del 1999 sono state considerate realtà linguistiche da tutelare e da insegnare nelle scuole, accanto all’italiano. Interessante poi notare come la diffusione di alcune lingue abbia superato i confini geografici in cui si erano originariamente formate.

+ Lingue in movimento

È il caso dello spagnolo e dell’inglese che, durante i periodi di colonizzazione di terre lontane dall’Europa, hanno “contaminato” le lingue locali, oppure si sono lentamente imposte come lingue ufficiali.

+ Lingue in movimento

Più attuale, invece, la diffusione della lingua inglese come strumento “universale” per dialogare: non solo la sua conoscenza è richiesta sui luoghi di lavoro, ma essa si è introdotta anche all’interno delle nostre abitazioni attraverso le nuove tecnologie che parlano inglese.

+ Lingue in movimento

Sempre più espressioni lessicali della lingua inglese sono entrate a far parte del nostro vocabolario: personal computer, week-end, cocktail sono solo alcuni esempi (Severgnini, 2010; Crystal, 2000).

+ Lingue in estinzione

Come evidenzia Crystal (2000) ci sono tre fasi nella “morte” di una lingua: la prima prevede un momento in cui una lingua s’impone su un’altra. Può trattarsi di un processo dall’alto verso il basso o processo d’imposizione di una lingua sull’altra, o, al contrario, possono essere le esigenze sociali a imporsi per decisione di una minoranza linguistica o semplicemente per ragioni di moda.

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+ Lingue artificiali e immaginarie e linguaggi di programmazione

Da una parte la creatività umana, dall’altra impellenti esigenze di comunicazione hanno avviato la produzione di lingue artificiali o immaginarie scritte e parlate o solo parlate (Albani - Buonarroti, 1994).

+ Lingue artificiali e immaginarie e linguaggi di programmazione

La sigla LAI, che sta per Lingue Ausiliarie Internazionali, raggruppa un buon numero di lingue tra le quali la più conosciuta è l’Esperanto, sviluppata tra il 1872 e il 1887 da Ludwik Lejzer Zamenhof. Questa Lingvo Internacia è stata creata con lo scopo di far dialogare fra loro i diversi popoli per creare pace e comprensione.

+ Lingue artificiali e immaginarie e linguaggi di programmazione

L’Esperanto ha voluto appartenere e continua a voler appartenere all’umanità e non a un popolo (Macrì, 2010). L’Esperanto ha conosciuto un progetto di riforma nel 1937, per opera di René de Saussure.

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Come spendere quanto illustrato fin qui nella quotidianità dell’insegnare e acquisire lingue altre? Bisogna davvero tornare indietro agli albori della storia dell’uomo e all’origine del linguaggio per insegnare una lingua altra? È necessario conoscere in che modo si è evoluta la cultura e capire come siamo passati dal colore del linguaggio alla tavolozza di lingue oggi a nostra disposizione?

Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre

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Non è solo importante. È fondamentale. Sapere come si sono sviluppate le nostre abilità linguistiche permette di utilizzare mezzi e tecniche più efficaci ai fini dell’apprendimento, come ad esempio l’uso della gestualità, della mimica e della manualità.

Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre

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Quanto detto sul rapporto tra gesto e linguaggio suggerisce alcune condotte fondamentali per la didattica.

Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre

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Partire dall’azione, dalla manipolazione, dalla concretezza di una comunicazione che si basa anche sui gesti permette di facilitare l’acquisizione di una lingua altra. Lo fanno generalmente i genitori che stimolano le prime parole del bambino indicando gli oggetti, facendo movimenti o sottolineando con un gesto.

Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre

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Se viene naturale e spontaneo nell’acquisizione della prima lingua, potrebbe essere un passaggio essenziale anche nell’apprendimento di una lingua altra. Più i mezzi che utilizziamo sono vicini a ciò che naturalmente fa un bambino che impara la propria lingua materna e più la trasmissione di un altro patrimonio linguistico potrebbe essere efficace.

Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre

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Questo ci è stato anticipato dall’excursus sull’origine del linguaggio che ha visto nel gesto il precursore della parola. Le ricerche nel campo delle neuroscienze, che saranno esposte nel capitolo terzo, sembrano andare nella stessa direzione. Il gesto diventa un potente alleato per comprendere meglio il modo di esprimersi linguisticamente.

Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre

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Soprattutto perché nel passaggio dall’azione al linguaggio sono state rese possibili alcune conquiste che hanno determinato numerosi cambiamenti nella vita dell’umanità.

Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre

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La cultura, complesso di beni o di valori che altri prima di noi hanno accumulato e trasmesso e che noi, con un tocco in più, trasmettiamo ad altri dopo di noi, è caratterizzata dal tempo storico e dallo spazio geografico. È viva, malleabile e dinamica: avvengono cambiamenti al suo interno e fra culture.

Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre

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Anche la comprensione etnica avviene grazie all’apprendimento delle lingue Dalla ricerca empirica emerge che l’acquisizione di un codice linguistico differente sembra essere un mezzo capace di ridurre i vincoli culturali e preparare la strada per una comprensione reciproca. Com’è il rapporto tra lingua e cultura?

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È stretto e nasce dal fatto che la lingua fa parte di un sistema culturale. Lo straordinario mezzo di trasmissione del pensare, del sentire e dell’agire che è il linguaggio è strettamente legato ai modelli culturali e sociali di comportamento.

Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre

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Di conseguenza, il contatto tra le lingue produce il contatto tra le culture. La lingua si rapporta con la cultura del popolo che la parla, è la chiave di accesso alla comprensione della cultura e, viceversa, la cultura spiega molte strutture della lingua.

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Le differenze nel preparare i cibi indicano maniere diverse di vedere il mondo e particolari stili di vita. Sono “testi” culturali ricchissimi.

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Lingua e cultura sono due entità così interrelate e interdipendenti da non potersi scomporre. Se attraverso la lingua passano i valori della comunità che la parla, la lingua è la concretizzazione della società che rappresenta.

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L’apprendimento di una lingua diversa dalla lingua madre è l’occasione per scoprire un’altra maniera di sentire, percepire e comprendere. Pensare e sentire in una lingua altra significa aderire completamente a un altro sistema semantico. Ne usciamo arricchiti.

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Accostare bambini, ragazzi e giovani a più lingue, e perciò a più culture, significa immergerli in contesti vivi, intrisi dei comportamenti socio-affettivi specifici di altri universi culturali intessuti con le lingue apprese.

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Non serve un semplice condizionamento verbale e cognitivo, è indispensabile un’immedesimazione empatica, un legame vitale tra lingua e cultura.

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La strada verso la piena umanizzazione passa per la com-prensione – che diventa passione – per l’Altro nella sua cultura e nella sua lingua. Si potrebbe levare allora un coro di sei miliardi di voci che cantano insieme: “And I think to myself: what a wonderful world”? Chissà.

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