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7/23/2019 Didattica Gioco Attivita' Motoria http://slidepdf.com/reader/full/didattica-gioco-attivita-motoria 1/22  DIDATTICA DEL GIOCO NELL’ ATTIVITA’ MOTORIA prof. Angela Capuzzo A.A. 2006/2007  __________________________________________________________________ Lezione on line n. 6  ______________________________________________ L’ u o m o n o n s m e t t e d i giocare p e r c h éi n v e c c h i a ma i n v e c c h i a p e r c h és m e t t e d i giocare G.B.Shaw GIOCO DUNQUE SONO Prima di essere faber l’uomo è ludens. Ed ogni bambino, attraverso il gioco, si misura con i propri limiti e prende coscienza delle proprie qualità e delle proprie potenzialità provando l’ebbrezza della vittoria o la frustrazione del perdere. Attraverso il gioco ogni bambino può anche fingersi “altro da sé” e sperimentare con la finzione e la fantasia nuovi ruoli, nuovi apprendimenti, nuovi mondi. Tuttavia il ricorso ed il bisogno di gioco non sono caratteristiche legate solo all’infanzia, ed i giochi ai quali “gli uomini giocano”, come bene ha spiegato Caillois nel suo Les Hommes et les Jeux (Parigi, 1957) sono raggruppabili in quattro grosse categorie: i

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 DIDATTICA DEL GIOCO NELL’ ATTIVITA’ MOTORIA

prof. Angela Capuzzo

A.A. 2006/2007 __________________________________________________________________

Lezione on line n. 6

 ______________________________________________

L ’ u o m o n o n s m e t t e d i g io ca r ep e r c héi n v e c c h i a m a

i n v e c c h i a p e r c hésm e t t e d i g i o c a r eG .B . Sh a w

GIOCO DUNQUE SONO

Prima di essere faber l’uomo è ludens. Ed ogni bambino, attraverso il gioco, simisura con i propri limiti e prende coscienza delle proprie qualità e delle propriepotenzialità provando l’ebbrezza della vittoria o la frustrazione del perdere.Attraverso il gioco ogni bambino può anche fingersi “altro da sé” e sperimentarecon la finzione e la fantasia nuovi ruoli, nuovi apprendimenti, nuovi mondi. Tuttaviail ricorso ed il bisogno di gioco non sono caratteristiche legate solo all’infanzia, ed igiochi ai quali “gli uomini giocano”, come bene ha spiegato Caillois nel suo Les

Hommes et les Jeux (Parigi, 1957) sono raggruppabili in quattro grosse categorie: i

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giochi di competizione (Agon: la lotta, la corsa, gli scacchi etc), i giochi ditravestimento (Mimicry: i giochi di simulazione, il teatro, la maschera, il carnevale,ecc), i giochi di vertigine (Ilinx: le montagne russe, il jumping, l’altalena, ecc).Accanto a questi giochi che fanno parte dell’esperienze anche del regno animale (sipensi alla competizione ed al mimetismo) esiste però un tipo di gioco tipicamenteumano: il gioco di Alea (dal latino alea: dado). Un gioco il cui risultato dipende dalcaso, dalla fortuna: è imprevedibile ed incontrollabile con gli strumenti dellarazionalità. E qui sta il suo fascino, la sua attrazione ed anche per molti la suadannazione. E’ questo un gioco probabilmente sconosciuto agli animali i quali, cosìpresi dalla sopravvivenza materiale e quotidiana, non si possono interrogare intornoal loro destino ed affidare o chiedere alla fortuna il responso. E la storiadell’umanità, come l’archeologia, la mitologia e la letteratura insegnano, è intrisa digiochi di alea, di superstizioni, di tentativi di interpretare il futuro, il destino, ilvolere degli dei. Oggi però il gioco degli adulti viene considerato sempre più comeelemento “distraente” dal lavoro che si configura come la principale attività “seria”dell’uomo. Ma per molti “questa distrazione” diventa talmente coinvolgente “eseria” da perdere la dimensione ludica e di intrattenimento. Ciò che appare

incomprensibile tuttavia ad alcuni è come - in un’epoca che si pensa dominata dallarazionalità - non solo gli uomini giochino, ma si appellino al caso, alla fortuna, allamagia per avere una risposta ai loro problemi.

Diverse sono le funzioni che svolge il gioco d’azzardo. Per molti può costituire unantidoto alla depressione, per altri la possibilità di socializzare, per altri ancora lapossibilità di vivere un’avventura, una parentesi, inseguire un sogno. E’ stato adesempio evidenziato come nei periodi di diffuso benessere ed ottimismo ci si rivolgaai giochi d’azzardo per rispondere ad un bisogno di tipo ludico, di distrazione, didivertimento mentre nei periodi di difficoltà lo si fa per compensazione, sperando inuna vincita che appiani i problemi o possa realizzare un sogno. Nei periodi di diffusaincertezza rispetto a sé ed al futuro come quello che stiamo vivendo, invece ci si

rivolge al gioco d’azzardo per trovare un “luogo di regressione”, di distacco, un’oasiin un deserto di relazioni e di prospettive: un “luogo” dove si mettono tra parentesii problemi della quotidianità, le frustrazioni. Un luogo dove ci si appella, si sfida, sicorteggia il caso e se questo ci premia ci possiamo sentire scelti e se questo non cipremia è sempre possibile rifarsi [Mauro Croce, docente di Psicologia Sociale dellaSvizzera Italiana, pubblicato da Modus Vivendi, Dicembre 2003]

Il gioco nell'era dell'immagine:

simboli, mode, modelli e devianze.

Il “gambling" 

Nel gioco si condividono azioni ed emozioni: il gioco è unevento, un viaggio a cui corpo e mente partecipano insieme.Nel gioco infantile, fondato sulle più semplici simulazioni, è

spesso presente il principio del transfert teatrale: il bambino sitrasfigura completamente nell'essere che rappresenta, ma può

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al contempo trasformarsi anche nello spettatore e spaventarsi orribilmente per ilruggito di ciò che egli tuttavia sa non essere un leone vero.

È quanto scrive Huizinga nel suo Homo Ludens a proposito di gioco, teatro esimulazione. Questi tre aspetti hanno da sempre svolto una funzione socialeimportantissima, perché permettevano di esorcizzare timori collettivi, cercando diricondurre la carica fobica delle paure ancestrali ad un valore simbolico, ad unarappresentazione che così sottraeva alla paura dell'incognito lo spazio percompiersi.

Il gioco rappresenta quindi una forma di alfabetizzazione sensoriale ed emotiva,didatticamente necessaria per la formazione dell'individuo. Ma non è solo questol’aspetto che lo rende indispensabile. Quando giochiamo si realizza in noi un sensodi esuberanza che ci fa esprimere gioia: è la gioia per le cose che si fanno solo peril fatto di farle. Quel "fare", quel “agire” può essere fisico ma anche immaginario,grazie alla capacità di elaborare con la mente soluzioni fantastiche. In entrambi icasi scatta una profonda soddisfazione che può essere definita come “piacere della

funzione”: è il piacere di percepire il nostro corpo e la nostra mente attivi in unaserie di esperienze che ci danno la conferma del nostro funzionamento.

Il gioco è dunque un ponte verso la realtà, un mezzo attraverso il quale si rendepossibile per automatismo l'apprendimento, è la possibilità di riflettere in modoindiretto su se stessi, per valutare i propri limiti... E’ un'emozione sottile maprecisa, che è possibile provare anche quando si entra in relazione con ambienti ditipo digitale, in cui si è spesso sollecitati ad uscire fuori dagli schemi preordinati,anche solo per ambientarsi. Ambientarsi: è stare nel gioco, ovvero nello spazio-tempo dell’azione, sia esso un cortile o una "scrivania" virtuale. E stare nel gioco,esserci: a quel punto pensare al risultato, vincere o risolvere, nella dimensioneludica è secondario [Infante C., 2000]

LA DIPENDENZA DAL GIOCO(GAMBLING)

Ma cos’è la dipendenza da gioco? Chi è il giocatoredipendente? Molte sono le associazioni diprofessionisti che si occupano di questa emergenzasociale. Vediamo le caratteristiche che

contraddistinguono il gambler.

Il giocatore dipendente (gambler) è un appassionato al gioco che ha perso ilcontrollo del suo impulso al gioco, per cui la sua passione volontaria si ètrasformata in una necessità irrefrenabile. La dipendenza dal gioco è l’unicadipendenza legale senza uso di droghe riconosciuta ufficialmente dalla psichiatriacome un’alterazione psichica originata dal disturbo del controllo degli impulsi. Ladipendenza dagli impulsi consiste, pertanto, in un impulso incontrollato che èaccompagnato da una forte tensione emotiva e non si lascia influenzare dalpensiero riflessivo. Quando il dipendente si abbandona al gioco, attraversa unmomento di sommo piacere che può raggiungere il livello della sbornia o dell’estasi,causata dalla sensazione che il tempo si sia fermato e dal fatto che il soggetto esce

da se stesso per entrare in uno stato di coscienza particolarmente alterato.

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 L’impulso a giocare del gambler acquista un andamento progressivo e, a questoritmo, il senso di colpa si nasconde dietro le razionalizzazioni, i ragionamentiapparentemente veri e ingannevoli. L’autoinganno si verbalizza in svariate forme:  “Giocherò solo fino alla tal ora e al tale momento”  “Dato che sto vincendo, devo continuare… devo approfittare della fortuna”  “Ora che sto perdendo non devo smettere… devo rifarmi”  “Non giocherò più”.

Se il giocatore dipendente perde, tenta di continuare il gioco per riguadagnare isoldi persi, e, se vince, continua a giocare perché sente che è il suo giornofortunato. In generale, il gambler aumenta maggiormente la posta in gioco dopoaver perso, che dopo aver vinto, influenzato dal desiderio di recuperare il denaro.Quando il gambler tenta di rinunciare al gioco e di resistere all’impulso a giocare,cade in preda ad un profondo malessere in forma di ansietà o di irascibilità,associato a turbe vegetative e disturbi del comportamento che possono culminarein un atto suicida, preceduto o no da una sintomatologia depressiva. Lo stimolo che

può scatenare l’impulso al gioco può essere un fattore esterno o circostanziale,come il luogo, l’ora o la situazione, oppure può essere un fattore interno opersonale di tipo affettivo o cognitivo. In entrambi i casi, il gambler arriva allestesse conclusioni: “Oggi mi sento fortunato, è il mio giorno”.

Non esiste un profilo di personalità specifico particolarmente predisposto alladipendenza dal gioco, bensì alcuni tratti che coincidono più o meno con quelliosservati in altri tipi di dipendenza, quali la mancanza di autocontrollo (responsabiledi comportamenti impetuosi ed impulsivi), la bassa autostima e gli elementi checostituiscono la personalità limite, narcisistica e antisociale. Inoltre, il sovraccaricodi stress, la sensazione di solitudine e la difficoltà di concentrare la propriaattenzione sono fattori caratteriali o situazionali che, venendo meno la capacità di

autocontrollo, facilitano l’insorgenza di tale dipendenza. E’ necessario sottolineareche l’assenza di leggi sufficientemente restrittive, accompagnata dall’incitazioneproveniente dalla pubblicità e dall’alta disponibilità degli strumenti di gioco, sonotutti fattori eziologici ambientali importanti.

I giochi che danno più dipendenza sono quelli che permettono la maggioreprossimità spaziale e temporale tra la scommessa ed il premio, quali ad esempio leslot-machine e la roulette. Per la donna la fascia più a rischio per l’inizio di questadipendenza patologica si colloca tra i 40 e i 50 anni, mentre per l’uomo si ha unforte rischio nell’età giovanile e poi attorno ai 40 anni. La situazione lavorativa,familiare ed economica della persona dipendente si aggrava a poco a poco, senzache questo costituisca però un deterrente per l’interruzione del gioco incontrollato.

La personalità del dipendente subisce una riduzione progressiva importante checolpisce la sfera volitiva, affettiva e quella cognitiva. La fase finale è caratterizzatadalla disperazione causata da diversi fattori: il conflitto familiare, la crisiprofessionale o la perdita del lavoro, gli attacchi dei creditori, la salute debole.

La strategia terapeutica più indicata prevede la combinazione dei seguentitrattamenti:  Tecnica cognitivo-comportamentale  Riunioni di gruppo (psicoterapia di gruppo o gruppi di auto-aiuto tipo GamblersAnonymous)  Psicoterapia intersociale bifocale  Somministrazione di uno psicofarmaco ansiolitico o betabloccante (per contenerela crisi di astinenza) e somministrazione di un antidepressivo

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  Riorganizzazione dello schema di vita nelle seguenti unità: tempo dedicato allafamiglia, al sociale, al riposo, al lavoro.

[Vedi: http://www.cedostar.it/gambling.htm]

 

Gioco e allenamento al cambiamento

In una sua analisi su alcuni scritti di Bruner relativi alla natura e agli usidell’immaturità nel cucciolo della specie uomo, Paglieri riflette in modo approfondito

sullo sviluppo e le funzioni del gioco e sulle dipendenze che esso può creare.

Aspetto caratteristico delle società umane è la strategia adattiva dell’uomo basatasulla capacità di produrre continui cambiamenti nel proprio ambiente vitale. L’uomosi “allena” al cambiamento, reso tanto più necessario nella nostra società modernain continua evoluzione.

Sugli esiti di questo allenamento influiscono:  poco il patrimonio genetico  molto il patrimonio culturale  moltissimo gli usi dell’immaturità, ovvero le strategie di trasmissione eacquisizione di conoscenze sviluppate durante la fase infantile e giovanile

. Precondizioni sociali del fenomeno del giocoIn natura, fenomeni rilevanti di gioco si riscontrano solo nelle specie che vivono insistemi sociali di tipo relativamente rilassato, e questo avviene solo per alcuniprimati e per l’uomo. La struttura attentiva, che nelle specie sottoposte a pressioniadattive dirette e continue è fissa e tesa, in questi casi muta, "lasciando spazio"anche a fenomeni di gioco: anzi, si vede come il gioco tenda ad assolvere in modidifferenti quelle stesse funzioni adattive (di educazione giovanile allasopravvivenza) cui altre specie rispondono con una "allerta" continua e vigile.

Come già abbiamo analizzato nei precedenti moduli, gli effetti prodotti dalle attivitàludiche sono:

 

un prolungato periodo di prevalenza delle manifestazioni ludiche giovanili  la partecipazione degli adulti nei giochi dei giovani  un minor uso della minaccia e della punizione nell’educazione dei giovani  maggiori occasioni per i giovani di osservare gli adulti e di "imitarli" nel gioco

. Il gioco come esplorazioneDurante le attività di gioco i giovani nei loro comportamenti manifestano unacomponente esplorativa, caratterizzata da una forte spinta alla variazione eall’invenzione di soluzioni creative a situazioni abituali.Questo avviene proprio nel gioco perché:

  il contesto ludico minimizza le conseguenze delle azioni in esso attuate (e delloro eventuale e talvolta probabile fallimento)

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  la "cornice" del gioco permette esperimenti altrimenti impensabili, giacchésotto pressioni adattive "reali" ogni innovazione presenta rischi e incognite cosìelevati da dissuadere chiunque dal perseguirla.

. Giovani e adulti giocano insieme

La presenza e la partecipazione degli adulti nei giochi dei giovani consente a questiultimi frequenti apprendimenti basati sull’osservazione degli adulti come modelli esulla riproduzione nel gioco di quanto osservato. Non si tratta tuttavia di unsemplice caso di apprendimento mimetico, cioè di imitazione e riproduzionepedissequa di atteggiamenti adulti. Al contrario, i giovani nel gioco tendono asviluppare e padroneggiare le caratteristiche salienti dell’azione, anziché l’azionestessa: in altre parole, "estraggono" dal comportamento adulto ciò che secondo lorolo rende efficace, e si ingegnano di riprodurre i tratti responsabili di tale efficacia,che è il vero oggetto della loro "imitazione". Essi vedono gli adulti come modelli dastudiare, non come semplici esempi da replicare.

. Gioco e linguaggio: un’opportunità per la specie umana

L’introduzione di un linguaggio articolato all’interno delle relazioni sociali e del giocoin particolare è una caratteristica rilevante ed esclusiva della specie umana. L’usodel linguaggio rispetto alla funzione educativa dei fenomeni di gioco, consente unapprendimento decontestualizzato, cioè la trasmissione e l’acquisizione di schemi diazione (e di pensiero) che andranno poi applicati in contesti diversi da quello in cuisi apprendono. Alcuni esempi di apprendimento decontestualizzato li abbiamo nellascuola ma in larga parte anche nella famiglia. Grazie al linguaggio la natura delsapere trasmesso ai più giovani muta in modo cruciale: si passa infatti da un"sapere come" (il saper fare in contesti specifici) al "sapere che" (una conoscenzapiù teorica, potenzialmente applicabile a svariati contesti differenti).

Questa considerazione ci permette di riflettere su due problemi che appaiono

evidenti nella società odierna:  un problema di effettività, poiché spesso non è facile convertire un "sapereche" in un "sapere come", cioè passare dalla teoria alla prassi

un problema di coinvolgimento, poiché la decontestualizzazione dell’apprendimentoe la sua crescente formalità strutturale potrebbero rivelarsi implicitamente "anti-gioco" e "anti-fantasia", demotivando in tutti i sensi i più giovani dall’apprendere. [Paglieri, 1999]

Cavaliere descrive il gioco d'azzardo, considerato come una vera e propria forma di “dipendenza senza droga”, attraverso i criteri del D.S.M.IV (Manuale diagnostico e

statistico dei disturbi mentali) che propone la seguente descrizione deicomportamenti maladattivi legati al gioco d'azzardo; devono essere presentialmeno 5 dei sintomi seguenti per poter identificare un soggetto come dipendente:

1.  Coinvolgimento sempre crescente nel gioco d'azzardo (ad esempio, ilsoggetto è continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di gioco, avalutare o pianificare la prossima impresa di gioco, a escogitare modi perprocurarsi il denaro con cui giocare).

2.  Bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungerelo stato di eccitazione desiderato.

3.  Irrequietezza e irritabilità quando si tenta di giocare meno o di smettere.4.  Ripetuti e inutili tentativi di tenere sotto controllo, ridurre, o

interrompere l’attività di gioco.

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5.  Il soggetto ricorre al gioco come fuga da problemi o come confortoall'umore disforico (senso di disperazione, di colpa, ansia, depressione…).

6.  Quando perde il soggetto ritorna spesso a giocare per rifarsi ("inseguimento" delle perdite).

7.  Il soggetto mente in famiglia e con gli altri per nascondere il grado dicoinvolgimento nel gioco.

8.  Il soggetto compie azioni illegali (ad esempio, reati di falso, truffa, furto,appropriazione indebita) per finanziare il gioco.

9.  Il soggetto mette a rischio o perde una relazione importante, unlavoro, un'opportunità di formazione o di carriera a causa del gioco.

10. Confida negli altri perché gli forniscano il denaro necessario a farfronte a una situazione economica disperata, causata dal gioco (una"operazione di salvataggio")

L’allarme sociale sulle problematiche legate al gioco d’azzardo riflette la diffusapercezione della crescente gravità del problema. La massiccia invasione di poker-machines, l’enorme crescita dell’offerta di possibilità legali di scommettere (lotto e

super-enalotto, “gratta e vinci”, scommesse sull’ippica, centri scommesse dellaSnai…) alimenta le speranze illusorie (il-ludere  entrare nel gioco) di molti, esappiamo che il secondo tempo della speranza spesso si chiama de-lusione (sempre facendo riferimento all’etimo  uscita dal gioco). Ma, allo stesso tempo, èevidente la difficoltà ad intervenire sulle problematiche legate al gioco d’azzardoattraverso un’ottica proibizionista (l’idea di proibire tout court molte forme di giocooltre a risultare estremamente impopolare priverebbe lo stato di ingenti risorseeconomiche, visto che le entrate per il gioco del lotto ed affini costituiscono unavera e propria forma di tassazione parallela.).

Ma qual è la relazione tra gioco ed azzardo? Se facciamo riferimento alla classicacategorizzazione di Caillois delle quattro forme fondamentali di gioco (alea, agon,

mimicry, ilinx,) possiamo intanto evidenziare come la componente della casualità (ildado, la sorte, la fortuna\sfortuna…) appartenga in misura più evidente, anche senon esclusiva, ai giochi detti di alea, nei quali la componente casuale èpreponderante (esempio classico la roulette). L’aleatorietà, cioè l’incertezzasull’esito, permette la scommessa, la scommessa determina la vincita o la perdita,vincite e perdite possono rinforzare o indebolire il desiderio di scommetterenuovamente. Il giocatore definito compulsivo, che va comunque inquadrato lungoun continuum (giocatore occasionale, abituale, a rischio, compulsivo…) evidenziauna progressiva perdita della capacità di porre dei limiti al coinvolgimento nel gioco,perdite economiche frequenti e sempre più vistose, assorbimento sempre piùesclusivo nell’attività di gioco (tanto che da alcuni egli è definito ludomane).

Ci sono numerose testimonianze di un restringimento del campo di coscienza(simile a ciò che si verifica nei fenomeni di trance) e ad aspetti quasi psicotici delgiocatore compulsivo (perdita dell’esame di realtà). In una significativa analogiacon la dipendenza da sostanze, sono state inoltre evidenziate forme di assuefazione(bisogno di scommettere cifre sempre più alte) e di astinenza (sudorazione,tremori, tachicardia, ansia) in giocatori ai quali il gioco stesso viene impedito (ades. a causa di ospedalizzazione o detenzione). L’inseguimento della perdita, vale adire il desiderio di rifarsi, precipita in un progressivo e sempre più vorticoso disastroeconomico il giocatore compulsivo. Compaiono a questo punto fenomeni quali larichiesta di prestiti ad usura, le frequenti menzogne in famiglia volte a nasconderela reale situazione economica, la scarsa attenzione o il disinteresse per l’attivitàlavorativa, che conducono in lassi di tempo più o meno lunghi a gravi crisi personali(a volte con suicidi o tentativi di suicidio) che possono motivare il giocatore

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compulsivo a chiedere aiuto (più spesso sono i familiari del giocatore a rompere lacortina di omertà, vergogna e disperazione). [Vedi Cavaliere R., cit]

IL CONCETTO DI DEVIANZA

Sul concetto di "devianza" Generalmente per "devianza" si intende l’allontanamento da una norma, ove ilconcetto di norma è definito dall’analisi del comportamento umano; è una normadeterminata dall’uomo e denota un margine o una classe di comportamenti entro iquali rientra la normalità, che confina con la devianza. La devianza, come lanormalità, è soggetta a slittamenti semantici, a mutamenti dovuti ai mutamenti delcostume, delle società, dei contesti politico e territoriale all’interno dei quali citroviamo a dover distinguere ciò che è deviante da ciò che invece si conforma allanorma. È evidente che ci siano dei territori di confine, ambigui, ove norma edevianza si confondono e si sovrappongono. La devianza può coincidere (e inpassato alcune coincidenze sono state forzate) con la patologia (fisica o mentale: ilmalato o il folle) e con la criminalità (il ladro, l’assassino), ove l’allontanamento

dalla normalità implica l’allontanamento dalla salute o dal rispetto della legalità.È indubitabile che il concetto di devianza (e il suo simmetrico, la conformità allanorma) si offra a inferenze paradossali, determinate dal particolare punto diosservazione. Per rendere esplicito il carattere convenzionale della definizione didevianza basti ricordare che in un contesto ove 80 persone su 100 fossero malatedi tisi, il deviante sarebbe colui che è non è malato di tisi (il sano). A questoproposito è interessante notare che in un esperimento scientifico si parla di errore,piuttosto che di devianza dalle leggi di natura. Senza entrare nei complessiproblemi che la definizione di legge di natura comporta, potremmo accettare, inquesta sede, l’opposizione di legge di natura e legge sociale (in cui si parla didevianza solo nel secondo caso) come di leggi la cui violazione implichi differenticonseguenze. Nel caso delle leggi di natura vi può essere errore (falsità contro la

verità della legge), nel caso delle leggi sociali vi può essere soltanto allontanamento(devianza, appunto) dai comportamenti più frequenti che hanno dato corpo a quelleleggi. La devianza, dunque, non coincide con l’errore. La devianza, inoltre, implicaun dominio attinente alla sfera di volontà (intenzionalità) da parte del soggettodeviante: anche chi è deviante per "colpa", ad esempio il guidatore che guida instato di ebbrezza, non è esente da considerazioni riguardanti la sua volizione. Per ladottrina penale egli poteva usare la sua volontà, prima dello stato di ubriachezza,risolvendosi nella scelta di non bere (o di bere, evitando poi di trovarsi a guidare).La devianza, secondo le leggi di un ordinamento giuridico, implica sempre uncontrasto concreto, non astratto, tra due soggetti (il deviante e il controllore delleregole sociali): tale aspetto è assente nell’errore di natura.

Quando ci si appresta a indagare il fenomeno della devianza minorile, ci imbattiamoin alcune implicazioni che l’aggettivo "minorile" determina: il problema della

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punibilità, il problema della distinzione tra devianza minorile e devianza in sensolato. Inoltre, sono quasi esclusivamente gli adulti a stabilire le norme positive(siano esse regole del comportamento in società, leggi civili o penali, codiciamministrativi), quelle stesse norme che se violate da un minore comportano ladefinizione di "minore che ha compiuto un atto deviante". Qui ci può essere unapericolosa somiglianza con un soggetto di una cultura a che ‘vìola’ una normacostituita all’interno di una cultura b: il membro a è difeso dal relativismo culturalee dal fatto che non ha collaborato alla definizione di quella norma (l’appartenenza aun gruppo sociale diverso diventa una attenuante o addirittura una giustificazione; ilimiti sono stabiliti dalla ammissione di alcuni valori universali la cui violazionecomporta sempre devianza). Il minore si trova a "non collaborare alla definizionedella norma" in un modo particolare rispetto alla generale condizione in cui sitrovano gli adulti rispetto alle norme cosiddette "eterodate". Quasi tutte le norme,infatti, lo sono. Tuttavia in rapporto agli adulti si ritiene, almeno in linea teorica,che essi possano, o almeno abbiano avuto la possibilità, seppure indiretta, dicontribuire alla creazione della norma. Essi hanno diritto di voto, pertanto lapossibilità di votare in Parlamento un rappresentante incaricato, per mandato

elettorale, di approvare leggi che loro stessi, come cittadini, sono tenuti adosservare. Si potrebbe obiettare che se il cittadino ha votato un candidatoperdente, le norme che è tenuto a rispettare non sono le stesse cui egli avrebbedovuto obbedienza nel caso in cui il suo candidato avesse vinto, dunque godrebbedi un diritto di disobbedienza. In questo caso tuttavia subentrerebbe in soccorsol’argomento della responsabilità del cittadino elettore adulto: quella di rispettare,responsabilmente, le regole del gioco elettorale. Anche se il suo partito ha persoegli è tenuto a rispettare gli esiti parlamentari scaturiti dalla partita elettorale il cuirisultato è, appunto, normativo. Non potrebbe rappresentare una via di fuga logicaneanche l’argomentare che il cittadino che si è astenuto dal votare non è tenuto alrispetto delle norme. In questo caso infatti il cittadino adulto, a differenza delminore, aveva la possibilità di giocare e non ne ha usufruito. È come se egli avesse

implicitamente accettato di rispettare qualsiasi nuova regola fosse in seguitoscaturita dal potere legislativo. Se poi il suo vero atteggiamento è di tutt’altrotenore – ad esempio "non voto perché non vi riconosco come autorità" – il suocomportamento esteriore legittima comunque, astrattamente, un’interpretazioneche vada nel senso di una sua rinuncia al gioco, non di un mancato riconoscimentodel gioco elettorale e delle sue regole. Per i minori, questo legame tra il cittadino ela norma, per quanto teorico, non sussiste. Anche nel rapporto normativo pereccellenza tra padre e figlio le regole sono esterne al minore, e non potrebbe esserealtrimenti, in quanto la soggezione normativa è caratteristica tipica dell’esserebambini. Le attenuanti che pervengono dal non essere parte del sistema sociale cheha cooperato alla creazione di un insieme di norme sono tuttavia condizioni rare eche in nessuna circostanza forniscono un lasciapassare valevole in ogni latitudine

normativa, come per apolidi della legalità: se un inglese guida tenendo la sinistra inItalia prende comunque una multa, se un musulmano rifiuta alcuni cibi in Italia nonpuò essere sanzionato, sebbene sia considerato deviante in quanto, pur noninfrangendo norme di un ordinamento giuridico, infrange norme che sono alla basedel comune concetto di corretta alimentazione. Diversamente, un musulmano chepretendesse di contrarre in un paese occidentale due matrimoni in sede civile sivedrebbe, con tutta probabilità, incriminato per bigamia, pur rispondendo, questasua volizione, ad un insieme di valori e comportamenti di cui fa partequell’astensione da carne di maiale che non è penalmente sanzionata. La devianza,e con essa la devianza dei minori, si riflette su una superficie sempre mutevole dicondizioni sociali e circostanze storiche: la devianza non ha un volto in sé ma la suaconfigurazione ci è data dallo specchio su cui è riflessa.

[vedi http://www.educare.it/Frontiere/carcere_devianza/piccoli_criminali_1.htm]

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PROGETTI IN GIOCO:un’ipotesi di recupero della devianza attraverso il gioco[vedi

http://www.lacasadelcireneo.it/centro_per_minori_a_rischio.htm]

Premessa: Il Progetto “Non solo Ludoteca” è finalizzato a facilitare il sostegnosocio-educativo ai soggetti a rischio, e può considerarsi di appoggio ad interventipiù propri dell’intervento sociale. Sarà indirizzato ai soggetti impegnati nei passaggidelicati dell’età adolescenziale. E’ dedicato ai ragazzi dell’ultimo anno della scuolaelementare e ai ragazzi della scuola media che devono affrontare il delicatopassaggio da un modello all’altro (non solo scolastico ma comportamentale, diaspettative, di obiettivi). Vuole creare occasioni di riflessione, attirare i giovani ascambi e nuove esperienze, offrire l’opportunità di trovare degli adulti disponibili aldialogo e contesti dove lo scambio sia facilitato. Il progetto riconosce moltaimportanza all’aspetto del tempo libero giovanile, come dimensione temporaleampia nella quale buona parte può, o deve essere dedicata al gioco.

 “Non solo Ludoteca” vuole dare un senso concreto alle varie campagne diprevenzione fatte sul territorio sulle devianze giovanili (droga, alcol, ecc.). Durantegli ultimi anni l’associazione ha avuto l’opportunità di entrare in contatto concretocon uomini e donne provenienti da dipendenze di vario genere: ciò ci ha dato laconsapevolezza che è fondamentale un intervento a monte. Crediamo che gli annidell’adolescenza, dove si ravvisa la necessita, debbano essere seguiti eaccompagnati in modo terapeutico ma soprattutto con amore. È fondamentalequindi creare nelle nostre città luoghi dove ragazzi, meno fortunati, possano trovareun “ambiente famiglia” che gli consenta di coltivare le motivazioni per dire no aquanto di sbagliato viene proposto oggi dalla nostra società.Finalità: Favorire l’aggregazione tra i giovani e prevenire la devianza.

L’obiettivo aggregativo verrà perseguito attraverso i gruppi di gioco e d’interesse.Se funzioneranno potranno scaturire obiettivi operativi meglio delineati secondo leaspettative dei singoli soggetti e potrà prefigurarsi la formazione di gruppi stabili.Destinatari : Ragazzi tra i nove e i tredici anni.

Il gioco:• È un bisogno e un diritto degli esseri umani, non solo dei bambini;• È uno strumento di formazione e di crescita;• È un mezzo di comunicazione e d’incontro tra le varie persone;• È uno spazio di espressione e di creatività.

Da tali consapevolezze sono stati formulati obiettivi di carattere formativo e

culturale:  Far scoprire agli accolti nuove possibilità di gioco che si traducono in possibilità diformazione, di crescita individuale e d’espressione della propria creatività  Permettere a tutti gli accolti di usufruire di una grande varietà di giochi,sperimentarli con libertà, sceglierli e imparare a valutarli con autonomia di giudizio  Offrire agli accolti un luogo dove trovarsi per condividere l’esperienzasocializzante del gioco, dove essere protagonisti nel progettare e realizzareiniziative  Proporsi ai genitori e agli operatori dei servizi educativi come luogo d’incontro eriflessione sul gioco e sull’educare.

La Ludoteca: è lo spazio rivolto ai ragazzi di età scolare. Attraverso di esso ci

poniamo lo scopo di educare adolescenti con problemi relazionali, seguendoli grazieall’aiuto di specialisti e operatori formati per queste emergenze. Negli stessi locali

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della Ludoteca sarà attivato il “punto d’ascolto” per gli adolescenti dove unapsicologa, ascolterà e darà suggerimenti utili ai piccoli e grandi problemi dellaquotidianità.

 Articolazione del programma: Allestimento di spazi riservati ai ragazzi, dotati di:• Angolo lettura, con sedie, scaffale per libri e riviste;• Ludoteca, con giochi di ruolo o quanto altro indicato per ragazzi destinatari delprogetto;• Laboratorio di attività espressive.

 Attività per i ragazzi:• Si organizzerà un corso di attività espressive. Sarà finalizzato principalmenteall’apprendimento d’alcune tecniche d’improvvisazione teatrale ed all’eventualemessa in scena di una rappresentazione.• Tornei di giochi e di giochi di ruolo. In periodi da stabilire, saranno organizzati, neilocali della ludoteca, tornei di giochi. Si avrà particolare attenzione a favorire ogni

disponibilità all’impegno organizzativo da parte dei giovani, in modo di incoraggiarel’autonomia.

L’obiettivo aggregativo verrà perseguito attraverso i gruppi di gioco e d’interesse.Se funzioneranno potranno scaturire obiettivi operativi meglio delineati secondo leaspettative dei singoli soggetti e potrà prefigurarsi la formazione di gruppi stabili. Igruppi di gioco e d’interesse che proporranno confronti aperti; momenti di grandeaggregazione attorno a temi di festa, di gioco, di spettacolo; uno spazio aperto allafrequentazione, invitante, che promuove informazione, appare essere lo strumentopiù agile e appropriato a creare interessi, rompere l’apatia, offrendo appigliopositivo alle tentazioni di isolamento e devianza che possono determinarsi insoggetti deboli.

IL GIOCO TRA LIBERTA' E CONDANNA

L’uomo tra realtà e rappresentazione Nel suo tentativo di orientarsi in un mondo caratterizzato da elementi di invarianza(cicli stagionali e biologici) o, al contrario, imprevedibili ed in balia di forzesconosciute, l’uomo ha dovuto sviluppare progressivamente la sua capacità dicogliere le leggi che regolano gli avvenimenti naturali e, se possibile, prevenirle.

Anche i primi “giochi” di cui abbiamo notizia in epoca storica, dimostranointrinseche correlazioni con i grandi temi della vita con cui i nostri “padri culturali” siconfrontavano: strategie di caccia e di guerra, studio dei cicli della natura e delleloro correlazioni con il moto degli astri, percorsi esistenziali mondani o ultraterreni.

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Giocare coi simboli del mondo sarebbe quindi divenuto lo sport elettivo della specieumana e legittimamente Huizinga (1946), sottolinea la sostanziale sovrapponibilitàdi significato tra sapiens, faber e ludens. 

Delle quattro componenti, nelle quali Callois distingue le attività giocose -competizione, imitazione, ricerca di ebbrezza ed alea - forse è proprio l’ultimaquella più tipica degli esseri umani. Ha infatti a che fare più di ogni altra con deisimboli astratti, in genere numeri o ideogrammi. Rispecchia, in altri termini, quellatendenza, instauratasi con l’ homo sapiens, a manipolare i simboli e non solo glioggetti. La “pressione evolutiva” determinata dalla sfida a sopravvivere nellasavana e quindi di confrontarsi con prede e predatori di grandi dimensioni, ha resonecessario lo sviluppo di tecniche collettive di caccia che implicavano latrasmissione di informazioni complesse e quindi l’uso di un linguaggio piùarticolato. Il prodigioso accrescimento della materia cerebrale sarebbe infatticollegata a tale scarto evolutivo che ha reso possibile una progressiva capacità dimappare il territorio, di rappresentare simbolicamente la realtà, di manipolareconcetti condivisi e di elaborare un pensiero anticipativo. Una battuta di caccia, per

essere coronata da successo, doveva quindi essere “giocata a tavolino” eprogrammata anticipatamente. La corrispondenza tra modelli rappresentativi edesiti della azione comune sul piano di realtà divenne progressivamente la cartavincente per la competizione inter o intraspecifica.

L’essenza stessa del pensare, consiste nel cogliere i nessi  che interconnettono glielementi costitutivi del discorso, l’idea di fondo che sottende i molteplici dati direaltà. Le cose non appaiono quindi più separate e scollegate ma come aspettimolteplici di un una totalità nella quale ogni parte acquista i suo significatoparticolare. Tale attitudine conoscitiva, è quella di cui primariamente dispongono glidei. Solo divenendo partecipi di tale visione l’uomo può cogliere quella visioned’insieme che sola può dare significato ai dati dell’esperienza.

L’eterno fanciullo che è in noi Di qui l’umana proiezione sulla giocosità degli dei, sintesi di attività conoscitiva ecreativa a cui anche l’uomo, nei suoi momenti di autorappresentazione idealizzatatende ad assimilarsi.

“…è nel giocare – ci riocorda anche Winnicott - che l’individuo, bambino oadulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera personalità, èsolo nell’essere creativo che l’individuo scopre il Sé”. 

L’attività giocosa avvicina, in particolare, l’attività divina a quella dei bambini per

quella componente di gratuità, libertà ed inventiva che si presenta come categoriadello spirito a cui anche l’adulto tende, potendo, a ritornare quando i vincoli allecostrizioni imposte dal “principio di realtà” lo consentono.

Anche la definizione di Huizinga, nel suo Homo ludens, riprende il tema dellagratuità come caratteristica distintiva dell’attività ludica: “Il gioco: un’azione libera,un’occupazione volontaria, compiuta entro certi limiti di spazio e di tempo, secondouna regola volontariamente assunta e che ha un fine in se stessa; accompagnata daun senso di tensione e di gioia e dalla coscienza d’essere diversi dalla vitaordinaria” .

“Nell’analisi di  Huizinga - annota tuttavia Callois - vengono scarsamenteconsiderati i giochi d’azzardo (bische, casinò, lotterie, corse dei cavalli, ecc.) che

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invece rappresentano una realtà a forte impatto economico e con ripercussionisignificative sull’individuo, il tessuto sociale” .

E’ interessante osservare quindi come il gioco, pur presentandosi all’insegna dellagratuità e slegato dalle leggi di necessità, manifesti al contempo caratteristiche chelo collegano in modo strutturale e non marginale all’uomo e al suo destino.

Il gioco conserva in definitiva una pluralità di valenze che vanno tenute conto inmodo differenziato per evitare valutazioni riduzionistiche e sommarie che nonrendono conto della complessità del fenomeno e quindi delle misure adeguate afronteggiarne gli aspetti negativi che pure sono inconfutabili.

Nella sua fondamentale opera Callois distinguendo tra le quattro tipologie di giochisottolinea come tra agon ed alea, in particolare, vige una relazione disimmetria/opposizione in quanto, “mentre i giochi di competizione, o di agon, sonouna rivendicazione del merito e della responsabilità personale, quelli di rischio, o di alea, sono un’abdicazione della volontà e un abbandono al destino”. Con mimicry  

l’Autore intende l’attitudine di simulare la realtà attraverso le infinite forme ditravestimento e simbolizzazione che compaiono frequentemente nelle attività digioco mentre con ilinx  si allude alla ricerca di excitement  (vertigine) collegatoall’incertezza del risultato e che si rende ovviamente tanto più intenso quantomaggiore è la posta in gioco, non solo in termini di denaro ma anche di rischiopersonale come è evidente nella cosiddetta roulette russa o negli sport estremi.

Mettersi in gioco Giocare non significa quindi soltanto un’attività esterna al giocatore, ma una formadi rispecchiamento nel quale lui stesso si esprime. “Dimmi come giochi e ti dirò chisei”, potremmo parafrasare. In tale senso appare evidente il collegamento tramodalità ludica e profilo di personalità, argomento che è stato ampiamente

sviluppato nella nosografia delle tipologie caratteriali più frequentementeriscontrabili tra i giocatori.

In occasione di momenti di sfida, nelle quali tutte le nostre conoscenze, abilità,lacune e condizionamenti caratteriali vengono messi alla prova, si gioca la nostrapossibilità di prevalere o di soccombere. Non è poi così rilevante se lo sfidante siaun competitore in un agone sportivo, di guerra, di abilità intellettiva, se siaaddirittura il computer con cui giocare a scacchi, il videogioco o la slot machine.

“E’ per questo – ricordano Rovatti e Dal Lago - che, con un po’ di esperienza, nullacome il gioco del poker vi rivela, più di qualunque test, la persona morale di chi vista di fronte (e la vostra a loro). Sono giochi (al casinò o a casa vostra) che non

consentono distrazioni, diversioni o estasi, ma un’adesione totale, una discesa in un piccolo inferno che voi e i vostri compagni avete deliberatamente creato”. Questo elemento di sfida, in certi casi estrema, richiama una componente che èstata evidenziata da Le Breton il quale ricorda come “il sacro compare spesso come

 prossimità con la morte”. Forse per questo, attraverso la ricerca di situazioniestreme e che rasentano situazioni reali o fantasmatiche di pericolo “…sempre di

 più il rischio di perdere la vita si configura come il mezzo più radicale e piùimmediato per produrre del sacro intimo, per generare la metamorfosi individuale”  (Le Breton, 1991).

Una matrigna di nome Fortuna Nel suo importante contributo di orientamento psicoanalitico, Psicologia delgiocatore, Bergler (1957) sviluppa alcune idee proposte da Freud (1927),approfondendo in particolare l’importanza del pensiero magico-onnipotente del

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bambino che, nella nevrosi del giocatore, resta “fissato” anche in età adulta.L’intuizione, già avanzata da Freud nel saggio citato, secondo cui “il Fato, infine,non è altro che una proiezione paterna”, viene ripresa nel senso che “ogni bambinocrede nell’amore esclusivo dei suoi genitori, che è una perpetuazione proiettatadell’amore per se stesso. Il “vantaggio” che il giocatore trae da questa forma ditransferenza delle aspettative genitoriali sul Fato starebbe nel fatto che egli non sipercepisce più come “libero agente perché una potenza più alta lo domina”. Il giocare con il destino, nella pretesa megalomania di controllarlo, si traduce quindiin un “progetto per perdere” fine, questo, autopunitivo e riparativo, cherappresenta il vero obiettivo inconscio del giocatore seppure camuffato dal suoautoinganno teso alla sete spasmodica per la vincita. La stessa “tensionepiacevolmente penosa” del giocatore che attende il verdetto del Fato non farebbealtro che richiamare, a livello inconscio, il tempo che intercorre “tra la

 perpetuazione di un qualche misfatto infantile e l’attesa del relativo castigo”, il suodesiderio di essere punito. A tale desiderio inconscio debbono, quindi, attribuirsi gli

 “errori” tipicamente reiterati dai giocatori. La risposta, quindi, alla domanda delgiocatore di Dostoevskij se “Veramente è impossibile stare al tavolo da giuoco

senza essere immediatamente infettati dalla superstizione?”  è inequivocabilmente,secondo lo stesso Autore: “Si. La superstizione è l’altra faccia del desiderio infantiledi onnipotenza” .

Secondo altri Autori, come Greenberg (1980) è l’elemento materno a prevalerecome introietto onnipotente nel giocatore. Questo quadro teorico implica che laFortuna sia simbolicamente la madre cattiva che il giocatore compulsivo si sforza,attraverso la sua sofferenza, di incolpare e costringere così a fornirgli un eterno ebeato nutrimento.

Rosenthal (1992), mette in evidenza come l’attrazione più forte nel gioco sial’imprevedibilità del risultato che spinge a giocare per controllare l’incontrollabile;

questo atteggiamento è considerato la conseguenza di un forte senso di debolezza,un senso di disgregazione della famiglia e di sopraffazione della realtà. Nella suaessenza il pensiero magico affonda verosimilmente le sue radici nel bisognodell’essere umano, specie in condizioni di maggiore precarietà e vulnerabilità, perneutralizzare, almeno in parte, la penosa condizione di inadeguatezza di fronte aglielementi strapotenti con cui si deve confrontare. Alla voce magia del Dizionario diPsicologia, a cura di Galimberti (1999), si legge come “dal punto di vista psicologicola magia ha la sua radice nella precarietà dell’esistenza, sempre alla ricerca diforme protettive e rassicuranti”. 

Anche per Lavanco (2001) “Quasi tutte le teorie sul gioco d’azzardo confermano chequesto senso d’onnipotenza, che caratterizza il giocatore, può essere messo in

relazione a qualche forma d’insoddisfazione o debolezza, oppure al senso disopraffazione della realtà, o ancora alla disgregazione della famiglia, o all’incertezzacirca il proprio futuro economico o, infine, a minacce di distruzione della società.”  A conferma della componente magica, recentemente valorizzata anche intrattamenti di orientamento cognitivo-comportamentale (Laduceur, 1996) stanno leosservazioni empiriche delle modalità operative dei giocatori come la microanalisidei procedimenti mentali che sostengono le pratiche di gioco. Rientrano tra questemodalità l’ illusione di controllo definita come “un’aspettativa di successo personaleerroneamente alta rispetto a quanto l’obiettivo possa garantire”  (Langer, 1975). Sitratta di una distorsione cognitiva che concerne le situazioni in cui le personetrattano gli eventi di tipo aleatorio come se fossero sotto il loro controllo. In taleforma di dispercezione i risultati positivi vengono sovrastimati (emergono in figura)mentre quelli negativi vengono deenfatizzati (lasciati sullo sfondo) con il risultato diperpetuare comportamenti sfavorevoli ma che non producono autoapprendimento.

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 Linee programmatiche per una politica sul “gioco responsabile” È noto come le attività di gioco, in particolare quelle che comportano investimenti didanaro, possono essere oggetto, in personalità predisposte, di forme di abuso. Taliaspetti indesiderati, oltre a produrre un danno al giocatore problematico sia sotto ilprofilo psicologico, che dei rapporti familiari e sociali, hanno giustificato l’adozionedi legislazioni repressive più o meno rigorose, a seconda delle diverse culture, e laconseguente collocazione del gioco in un ambito disvalorativo. Tale tentativo dirimuovere la tendenza al gioco ha, tuttavia, impedito l’evoluzione di una piùresponsabile cultura del gioco che si rende necessaria nel momento in cui latendenza a giocare si diffonde massicciamente e gli stessi governi si rendonopromotori, anziché censori, di attività di gioco che implicano il rischio di investire e,quindi, potenzialmente, perdere del denaro.

Nonostante l’art. 721 del Codice penale definisca giochi d’azzardo quelli “nei qualiricorre il fine di lucro e la vincita o perdita è interamente o quasi interamentealeatoria” e vieti, tranne rare eccezioni, l’apertura di case da gioco (come i

tradizionali casinò), vengono consentite attività di gioco d’azzardo (sotto forma dilotterie, lotto, scommesse sportive, gratta e vinci, ecc.) che implicano la stessalogica di fondo seppure presentandosi in forma più rassicurante ed accessibile afasce sociali tradizionalmente escluse dalla frequentazione dei luoghi deputatispecificamente al gioco.

Laddove le attività di gioco si sono maggiormente diffuse, è nata e si è vieppiùconsolidata, un’attitudine di co-esistenza con il fenomeno. Valutata l’attualeimpraticabilità di crociate “contro” il diffondersi di attività di gioco d’azzardo,seppure nelle sue espressioni che dovrebbero comportare una minore quota dirischio, si è teso gradualmente a promuovere iniziative tese a “vaccinare” lapopolazione di fronte ai rischi collegati al gambling più che perpetuare leggi

proibizionistiche. La promozione di una cultura del gioco – concetto che trova unaanalogia non casuale nella cultura del bere quale orientamento teso a valorizzarel’apprezzamento degli alcolici, in particolare del vino, prevenendo forme di usoinadeguato per quantità, qualità e modalità di assunzione – si definisce come unatteggiamento socialmente condiviso teso a valorizzare gli aspetti ludici esocializzanti di detti comportamenti unitamente alla consapevolezza dei suoi rischipotenziali e, quindi, all’adozione di misure di gioco responsabile. Tale concetto, chesi è gradualmente esteso a molti Paesi europei ed extraeuropei implica, da unaparte, l’adozione di leggi e regolamenti chiari atti a tutelare il giocatore da forme diabuso e manipolazione degli strumenti di gioco da parte dei gestori e, dall’altra,l’educazione del giocatore ad avvicinarsi alle attività di gioco con senso critico e diautotutela.

Nell’esperienza svizzera, la Legge federale sul gioco d’azzardo e sulle case da gioco,prevede un intervento anche economico da parte dei Casinò nell’ambito dellaprevenzione, della formazione, della ricerca e della cura, anche in collaborazionecon specialisti ed enti preposti alla salute pubblica. La prevenzione del giocod’azzardo nella sua dimensione problematica si realizza attraverso azioni quali:informazione sui rischi del gioco e sulle possibilità di aiuto effettuata tramite ladistribuzione di volantini, somministrazioni di test di valutazione personale,accessibilità ad un Telefono Amico, la possibilità di rivolgersi ad uno psychologicalhelp, o esclusione volontaria o imposta dalle case da gioco. Un’altra efficace misurapreventiva è il monitoraggio, cioè l’osservazione sistematica dei giocatori; essoviene realizzato dal servizio di sicurezza, addestrato a considerare indicatori come:la frequenza del casinò e delle giocate, la durata, le somme destinate al gioco e ilcomportamento in sala. In caso di particolari segnalazioni, si interviene tramite un

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colloquio di sensibilizzazione. L’ Organizzazione Socio-psichiatrica cantonale (OSC),che si fa carico dei problemi dell’assistenza psichiatrica, ha assunto recentementeanche la gestione della problematica collegata al gioco d’azzardo patologico. Ilgruppo di lavoro sul Gioco d’Azzardo patologico s’incarica quindi sia degli interventiterapeutici che di prevenzione, di formazione e di supervisione nel campo deiproblemi collegati con il gioco d’azzardo patologico.

Su orientamenti analoghi si muove l ’ e sp e r i e n z a o l a n d e s e dove un Decreto cheautorizza il gioco d’azzardo nelle case da gioco collegate alla Compagnia NazionaleHolland Casino comporta l’obbligo di avviare iniziative di informazione e diaddestramento finalizzate al riconoscimento precoce dei vari tipi di giocatori(ricreativi, problematici, compulsivi e professionali) ed alla possibilità di intervenireprecocemente per evitare forme autolesive nell’uso di attività di gioco d’azzardo.Nei casi più eclatanti si ricorre al metodo dell’esclusione dei giocatori dal casinò, perperiodi di tempo direttamente proporzionali al livello di gravità riscontrato. Un datoincoraggiante è che, spesso, sono i giocatori stessi ad auto-escludersi dalle sale dagioco. Le persone segnalate vengono, quindi, affidate ai “Consultori per Alcool e

Droghe” che, da alcuni anni, sono anche autorizzati a trattare persone con problemidi gioco.

Anche oltreoceano, la Canadian Foundation on Compulsive Gambling (Ontario) haavviato, a partire dal 1977, il programma Ontario for Responsible Gambling che sipropone di sviluppare strategie di contenimento degli aspetti problematici del giocod’azzardo a beneficio degli individui predisposti a forme di abuso e della collettivitànel suo insieme, attraverso iniziative di sensibilizzazione, informazione eprevenzione. La filosofia che ispira tale azione tende a ribadire la responsabilitàdella persona e della collettività intera, richiamando tutti i soggetti cointeressati alfenomeno - singoli cittadini, operatori pubblici e gestori delle attività di gioco,governanti – ad elaborare sinergicamente strategie utili alla salvaguardia delle

situazioni di tutela dei singoli e delle collettività in riferimento alle attività di gioco.Vengono forniti servizi di counseling ai cittadini, ai giocatori problematici ed alle lorofamiglie sia attraverso interventi professionali che sotto forma di volontariato. Unosguardo particolare è rivolto al fenomeno del gioco d’azzardo tra i giovani(Zerbetto, a, 2001).

Anche a Las Vegas, noto regno del gioco, “non si consentono mai perditesproporzionate o eccessivamente vistose. In questi casi i croupier intervengonosempre prima e paternamente per dissuadere dall’insistere nel gioco. L’intento èmeramente di mercato ma è pieno di saggezza e buon senso. Las Vegas non deveessere immagine di perdizione ma di divertimento” (Imbucci, 1997).

Linee per una strategia di intervento sul territorio nazionale Nel panorama italiano, simili strategie di intervento hanno ispirato un Comunicatoconclusivo dei lavori del Primo Congresso Nazionale su “Il gioco & l’azzardo” –svoltosi nell’aprile 2000 e promosso da ALEA-Associazione per lo studio del giocod’azzardo e dei comportamenti a rischio con il patrocinio del Ministero della Sanità,del Dipartimento per la Solidarietà Sociale, della EASG (European Association for

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the Study of Gambling) e di altre associazioni professionali nel campo delletossicodipendenze e della psicoterapia.

I professionisti firmatari propongono una serie di azioni capaci di incidere contempestività ed efficacia sull’attuale scenario nazionale quali:· promuovere un’adeguata cultura del gioco che ne valorizzi le potenzialitàsenza sottovalutarne le componenti di rischio attraverso campagne di informazione,sensibilizzazione e prevenzione da comportamenti inadeguati rivolti in modoparticolare alla popolazione giovanile;· realizzare una rete di referenti in ambito istituzionale, privato-sociale elibero professionale in grado di contenere aspetti problematici già evidenziati eche potrebbero ulteriormente crescere in prospettiva;· istituire o potenziare un numero verde a livello nazionale gestito daprofessionisti in grado di dare assistenza telefonica a situazioni di difficoltà,informazioni corrette sul tema specifico, riferimenti ad altri numeri in sede localecollegati alla rete d’interventi di prevenzione e cura;· avviare iniziative di aggiornamento per operatori già impegnati in ambiti

consimili per dare risposta in tempi brevi anche a queste nuove forme di abuso;· stimolare iniziative di aggiornamento destinate agli operatori delleagenzie di gioco (casinò, tabaccherie, ricevitorie, bar, sale giochi etc.) affinchépossano intervenire in prima istanza nel contenimento delle forme autodistruttive digioco, coerentemente alla filosofia del “gioco responsabile” già adottata consuccesso in altri paesi europei [Zerbetto R.]

IL GIOCO PROFONDO

Come già introdotto nel descrivere le funzioni del gioco …nella nostra società si usamolto il gioco nelle sue forme o espressioni sociali, ma non sempre sembraemergere una competenza al gioco o una consapevolezza delle forme socializzantidel gioco nelle sue componenti: spesso il gioco sembra essere usato funzionalmentead altro… Tra le funzioni del gioco considerate un posto era riservato alle dinamichedi gioco profondo

A! = il comportamento aggressivo e violento si rivela nel gioco PROFONDO.[codice convenzionale proposto: A o A!].A o A! = a esperienza con situazioni ansiogene, A! attenzione.(Ansia ≠ Violenza, come Competizione ≠ Conflitto o Aggressività ≠ Agonismo)

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Il gioco profondo è l'unico gioco che contiene i caratteri della violenza edell'imbecillità insiemeSolo nel gioco profondo si ha coscienza “prima” del suo carattere violento, si può prevedere

“prima” che il prezzo da pagare per consentire il gioco è altissimo: cioè è prevedibile ciò che si

 potrebbe vincere e questo ha infinitamente meno valore di ciò che potremmo perdere.

Anche questo “comportamento ludico” può essere compreso tra le forme del gioco, l'azione di

gioco non è orientata dalla piena consapevolezza delle conseguenze, ma da una “curiosità

abnorme”, forse malata, e dal desiderio di vivere in “equilibrio” tra paura di perdere la propria

integrità e il desiderio di trasfigurare e ampliare la propria persona, per conquistare infine e

vincere una nuova possibilità di continuare a “giocare”, tra insoddisfazione del proprio stato e il

desiderio estremo di cambiare, di trasformarsi – diventare altro da sé o agli occhi di altri -.

Tutto questo avviene all’interno di una relazione, (teniamo conto che anche l’isolamento e la

difficoltà alla relazione è una forma della relazione) molto spesso all’interno di un gruppo.

 Nel gioco profondo si “mette in gioco” l'integrità della propria persona o quella di altri. In

alcune condizioni è manifesto il condizionamento del gruppo (branco o banda); raramente il

gioco profondo si pratica al di fuori di situazioni dinamiche di gruppo “deviate” o fortemente

alterate, si nota spesso una completa dipendenza e sottomissione ai soggetti che esercitano il potere nel gruppo con forme di ricatto o di vero e proprio plagio. Finanche nel “gioco” del

 pugilato, i duellanti agiscono orientati da pensieri distruttivi e da azioni coerenti, ma

combattono nella speranza di sopravvivere integri per considerare e riflettere sulla posta

conquistata nel gioco “giocato”. Il gioco del pupilare può contenere tutte le caratteristiche del

gioco aggressivo, trasformarsi violento e correre sull’esile confine tra gioco “agonistico di

combattimento aggressivo” e trasformarsi in gioco “profondo violento”.

Credo che, in fondo, anche i pugili, “si divertano” – credo più a darli che prenderli i pugni –

 perché considerano la pratica del gioco, - prendere e dare pugni, appunto, in proporzione

 possibilmente inversa - una condizione preliminare ed essenziale alla conquista dei “beni” che

la vittoria può riservare loro, ciò che li muove parte dalle azioni di gioco, ma si orienta poi –

meglio sarebbe presto - su aspetti ed oggetti esterni al gioco che praticano.

Altra cosa è la valutazione morale del senso che queste azioni contengono, del senso che possono avere, nella nostra società, la pratica di questo tipo di giochi e di queste logiche di

gioco. Logiche poi, non così rare, che informano similmente l’uso di droghe per praticare gli 

sport in una condizione alterata. Gli stessi “bari” sono giocatori, fin tanto che non vengono

scoperti, i bari sono a pieno titolo inseriti nelle dinamiche dei giochi che contengono caratteri

“aggressivi” e la loro funzione è molto importante: consentono di elevare la qualità e la

complessità dei giochi e dei modi di giocare. Il ruolo dei bari nei giochi è assimilabile a coloro

che producono il nuovo, sono dei creativi, produttivi se consentono di esplorare nuovi modi di

 praticare i giochi e garantire che ci siano ancora giocatori disposti a riprendere ancora il gioco

riformulato da nuove regole, dai limiti modificati imposti dalle scoperte di “bari” e “arbitri”

vecchi, che hanno giocato altrove o in un altro tempo. Quando sono scoperti si riformulano le

regole del gioco e questa funzione della ridefinizione e del controllo del rispetto delle regole è

spesso esercitata dagli “arbitri”, anche loro giocatori con compiti non solo normalizzanti enormativi, ma di controllo, di regolazione e di orientamento delle diverse attività e dinamiche di

gioco. Bari ed arbitri giocano una partita che si svolge dentro i campi di gioco, ma a differenza

dei giocatori che praticano il gioco nel tempo e negli spazi delle attività di gioco definiti e

normalizzati, essi giocano anche al di fuori di questi spazi, giocano anche nel dopo gara e nel

dopo partita. Orientati dal progetto di consumare profondamente il “gioco giocato” per

trasfigurarlo in un nuovo, più interessante “gioco da giocare”. Bari e arbitri, a loro modo, sono i

giocatori più competenti. << Grazie per il giocattolo che mi hai regalato, ma è mio, proprio

mio? Posso romperlo?>> E’ questa la condizione di appropriazione piena di un oggetto, se

l’oggetto è mio posso distruggerlo come azione di completamento e consumazione del giocare,

 posso poi farlo rivivere, modificato e trasfigurato in un nuovo oggetto che contenga i segni della

mia azione distruttiva e creativa. La potenza e il potere sugli oggetti è espressa dal vedere -

misurare- il proprio oggetto portare i segni della nostra azione: quell’oggetto l’ho creato io porta

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il mio segno, a quella persona ho in-segnato io a giocare. La svista è che, a volte, l’oggetto su

cui bari e arbitri giocano, l’oggetto sul quale lasciano i segni i giocatori di “giochi profondi”,

non sono cose, ma persone e , i segni sulle persone non sempre sono facili da “lavare”. Con

questo non si vuol dire che i giocatori di giochi profondi siano solo bari e arbitri, ma certamente

sono i giocatori che hanno le maggiori responsabilità sulle azioni di gioco che si praticano. Le

responsabilità sono anche degli organizzatori di giochi (purtroppo giocatori anche loro), ma

quelli non praticano un gioco come i partecipanti ai giochi, arbitri e bari compresi, ma giocano

un altro gioco che non ha nulla a che fare con il gioco praticato, viene agito su campi diversi,

ma il discorso si farebbe molto lungo e questa non è la sede per parlare anche degli

organizzatori di giochi. Nel gioco profondo raramente vi è consapevolezza di attribuire valore ai

soggetti e agli oggetti coinvolti e alle azioni che si compiono. Gli oggetti di gioco dei giocatori

di giochi profondi sono banali, grossolani, singolari, insoliti strumenti e materiali di gioco. Il

 problema si pone se questi oggetti sono persone, ma questo slancio, questo bagliore, questa

discriminante è visibile solo da chi non pratica questi giochi.

Infatti, nel gioco profondo, il valore della persona, della sua salute fisica e mentale, è poco

influente, sembra interessare marginalmente, è solo la sorte e le leggi delle probabilità che

 possono garantire di poter continuare la pratica di questo tipo di giochi. Questa riflessione infineapre al tema, non ancora discusso abbastanza, sulla condizione di cercare di superare il limite,

 pratica comune dei giochi agonistici, mi lascia non risolta una domanda: E’ proprio vero che è

salutare la pratica di giochi al limite delle proprie possibilità? Se fosse vero potremmo pensare

che, per analogia, tra una macchina da corsa che viaggia in autostrada ai canonici 130 Km

all’ora e una piccola utilitaria che viaggia alla stessa velocità non ci siano differenze di

incolumità per i viaggiatori [Zocca E., 2004]

Gioco profondo Gioco esploratorio 

Implica “mettersi alla prova”, l’azzardo, l’azioneè orientata da pre-giudizi (prima d’agire),

Implica desiderio di esplorare il non conosciuto,l’azione non è orientata da pre-giudizi,

è un comportamento altamente socializzato, inaltre parole è un gioco che richiama o si rivolge,in modo implicito o esplicito, in relazioni ad altri,molto spesso è manifestazione di immaturità, disottomissione al gruppo, di disadattamento o didevianza,

compare fin dai primi mesi di vita ed è, più tardi,caratteristico del comportamento creativo edartistico e dell’apprendimento per scoperte ederrori,

l’azione prende le mosse da un processo diattribuzione di significato: “l’azione può nonessere significativa, ma il suo risultato sì!”

l’azione prende le mosse dalla percezione e dalla “curiosità sensoriale”: non conosco il risultato,ma l’azione è significativa!

Gioco profondo Gioco esploratorio 

È PREVEDIBILE,  NON È PREVEDIBILE, 

ciò che si può vincere ha un valore infinitamenteinferiore (diverso) da ciò che si può perdere,

il risultato, non atteso, può riservare dellesorprese significative,

per aumentarne l’interesse:1. elevo il livello di rischio,2. si può alzare la “posta in gioco”, in caso disuccesso avrò una ricompensa molto alettante,3. qualifico il processo di attribuzione disignificato, l’azione che compio, seppurrischiosa, “giustifica” le azioni che si compionoe le prevedibili conseguenze …

per aumentarne l’interesse:1. creo condizioni di alta sensibilità, (“marcare” lepercezioni, come nelle attività in condizione dideprivazione sensoriale, al buio oppure in unambiente rumoroso … o nelle produzioni cheprovocano forti emozioni: artistiche o creative,colori, movimenti e suoni non usuali);2. uso strumenti fortemente stimolanti: suoni,immagini diversificate percezioni tattili;3. favorisco e facilito azioni non usuali onormalizzate …

condizionamenti: il caso, la sorte, le probabilità, condizionamenti: il caso, la sorte, le probabilità,

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le dinamiche di gruppo, il livello di accettabilitàpersonale e sociale,

le dinamiche di gruppo, il livello di accettabilitàpersonale e sociale

l’interesse è condizionato dal rischio e dalleprobabilità (possibilità) di poter continuare lapratica del gioco …

l’interesse è condizionato dalla prevedibilità,maggiori sono le possibilità minore è l’interesse,lo sviluppo di nuove competenze influenzano la

pratica del gioco …

Qualche riflessione tratta dal volume Culture in gioco:“Per chiudere e per aprire. Il percorso che abbiamo sin quicompiuto attorno al gioco, ci consente di condensare in pochiconcetti alcune idee di riferimento. Abbiamo visto che i giochirappresentano un elemento importante di ogni cultura. Li

troviamo in popoli antichi e nei tempi moderni; li troviamo presso classiagiate e nei ceti più poveri; li troviamo adatti agli adulti e adatti ai bambini; litroviamo collegati a feste e a rituali… Non c’è da dilungarsi su questo, se non perconstatare che il gioco/i giochi sono sempre stati considerati in modi diversi, ancheall’interno di una stessa cultura: allontanati, vietati, emarginati, inglobati, utilizzati,regolamentati… i giochi sono una sorte di specchio della cultura nella quale essi sisviluppano. Questo rispecchiamento lo abbiamo visto in giochi antichi (come il Go oil Tablut), e in giochi contemporanei (come il calcio), in giochi per bambini (i giochidell’Oca) e in giochi per adulti (Il Civettino). Abbiamo detto che tutti i giochi – inqualche misura – sono dei giochi profondi e che parlano ‘al congiuntivo’. In questaottica, i giochi sono portatori di modelli (impliciti ed espliciti) propri del tempo e delluogo nel quale essi si sviluppano, tanto che si può parlare di etnomotricità e dietnoluditictà. Abbiamo anche visto che ci sono giochi che attraversano culture o chesi modificano nel tempo (il gioco della palla del Cusano ed i giochi con la palla deinostri giorni), adattandosi ai tempi e ai luoghi: i giochi sono un fenomenocamaleontico. I giochi sono di tanti tipi e mostrano le varie facce di una cultura (chenon è mai uniforme e unitaria). Nel momento stesso nel quale i giochi rispecchianouna cultura, lo fanno in maniera particolare, in una maniera dinamica, dove vige il

 principio costante del vero=falso o del “come se”, o anche del paradosso (elevato a potenza). Gli inventari di giochi (come il Codice Ashburnhan), i confronti fra raccoltediverse (come i giochi di Bruegel e i giochi presenti nelle fiabe de Lo cunto de liCunti), o l’analisi delle tipologie di uno stesso gioco (come La cavallina, il Salto dellacorda…), ci indicano la grande varietà delle modalità ludiche utilizzate in uno stessoambiente ed in uno stesso tempo, varietà che appare anche dimostrabile quando sisottopongono i giochi all’analisi della loro logica interna (dove si scopre l’esistenza

di giochi simmetrici, dissimmetrici, cooperativi, paradossali, ambivalenti…).I giochi, che abbiamo detto essere in-disciplinati, producono degli effetti checonsentono di entrare in un rapporto dinamico con la cultura. Non a caso tutte leculture hanno provato ad agire in maniera restrittiva o diffusiva questo o quelgioco, questa o quella maniera di manifestare la ludicità. I divieti delle autoritàlaiche o religiose non si contano; gli interventi ‘educativi’ che utilizzano il gioco perindurre modelli di comportamento o di pensiero ci sono stati da che mondo èmondo. Tutti sembrano – in questo modo - condividere l’idea che il gioco non è solouno specchio di un modo di essere e di pensare, quanto è piuttosto uno specchioche può alterare le immagini che trattiene dalla propria cultura. Il gioco sembra atutti uno strumento ‘educante’, tale da modificare l’individuo e per suo tramite il

 proprio contesto (si è detto della logica interna, della logica esterna e della il-logica

dei giochi). Se così è, allora dobbiamo pensare che l’educazione debba imparare a

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giocare a cinque stelle, accogliendo l’ottica del cambiamento e della relativizzazionedei modelli culturali. Abbiamo detto – scherzosamente – che la ludicità – e lacoscienza degli espliciti e degli impliciti ludici - per produrre certi effetti, debbaservirsi di ‘giochi buoni’. Compito dell’educazione non è solo adattare gli allievi al

 proprio tempo e alla propria cultura (o nella nostra società), ma pensare ad un

domani che si spera possa essere migliore dell’oggi. I giochi ‘buoni’ che aiutano acambiare (se stessi ed il contesto) sono i giochi che consentono quelli che abbiamochiamato “scontri di sensibilità”, cioè immersioni in modalità relazionali, affettive,cognitive che alterano, forse modificano, modi di essere (ludici, ma anche qualcosadi più) e di pensare che appaiono spesso ai bambini, e talvolta anche agli adulti,socialmente definiti (se non definitivi) e chiari (se non immutabili). Certi giochi

 possono rimettere in moto pensieri e sentimenti, riposizionando e relativizzando il proprio essere nel mondo. E’ una sfida interessante e complessa (come i giochi,d’altra parte) che richiede un collegamento fra educatori e famiglie, tra scuola econtesto sociale, fra ciò che c’è e ciò che ci potrebbe essere. Una sfida difficile,certo, ma non è proprio il gioco – tradizionalmente - il regno delle sfide?”  

[Staccioli, op. cit.]

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Per approfondimenti sul tema:

  Infante Carlo [2000] “Imparare giocando, Torino, Bollati e Boringhieri•  Zocca Edo [2004], “Forme del movimento, azioni e gesti di gioco”, in

Carraro A. e Lanza M. “Insegnare/apprendere in Educazione Fisica”,Armando Editore, Roma

•  Zerbetto R . (2001), Il gioco nel mito e il mito del gioco da Il gioco &l’azzardo a cura di M. Croce e R. Zerbetto, Franco Angeli Ed.

•  Croce M., Zerbetto R . (2001), Il gioco & l’azzardo, Franco Angeli Ed.Milano

•  Staccioli (2002), Il gioco e il giocare, Carocci, Roma•  Staccioli (2003), Saltarsi addosso, CEMEA, Firenze•  Staccioli (2004), Culture in gioco. Attività ludiche per l’apprendimento,

Carocci, Roma

Approfondimenti in rete:

  PAGLIERI FABIO: BRUNER “NATURA E USI DELL’IMMATURITA’http://www.media.unisi.it/ingioco/archivio/bruner.htm 

  GIOCO E VIDEOGIOCOhttp://www.hackerart.org/corsi/aba01/natasciaebea/didattica.htm 

  GRUPPI ETNOCULTURALI E DIPENDENZA DA GIOCOhttp://www.gamb-ling.com/italian/index.php?section=get_informed&page=ethnocultural_groups 

 

DIPENDENZA DA VIDEOGAMES http://www.soscrescere.org/ehi.htm   GIOCO PROFONDO

http://www.media.unisi.it/ingioco/archivio/bruner.htm   CAVALIERE ROBERTO: IL GAMBLING E LE DIPENDENZE DA GIOCO

http://www.iltuopsicologo.it/dipendenza%20da%20gioco.asp