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Diario di Viaggio nella Cina Centrale Alla scoperta delle meraviglie del Celeste Impero Quante aspettative in un viaggio! La preparazione nozionistica, le speranze nell’attesa di avventure nuove, il desiderio di assaporare emozioni e cultura… tutto infonde nell’animo un piacevole stato di all’erta. Si vive per qualcosa che sarà di sicuro più bello del presente quotidiano.. non c’è timore, non ci sono incertezze: il viaggio sarà interessante e unico, e la Cina, rivisitata più volte, così vasta, diversa ed unica, con il suo grande ed illustre passato, è sempre stata un luogo magico, interessante e straordinario, ricco di nuovi luoghi da scoprire. Cercherò dunque, anche questa volta, di scoprire la vera forza di quel paese che nelle grandi città sta un po’ perdendo la sua millenaria identità. Cercherò di rivivere i fasti del “Celeste Impero” che gli stessi cinesi stanno cercando di preservare dall’ incombente modernità .

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Diario di Viaggio nella Cina CentraleAlla scoperta delle meraviglie del Celeste Impero

Quante aspettative in un viaggio! La preparazione nozionistica, le speranze nell’attesa di avventure nuove, il desiderio di assaporare emozioni e cultura… tutto infonde nell’animo un piacevole stato di all’erta.

Si vive per qualcosa che sarà di sicuro più bello del presente quotidiano.. non c’è timore, non ci sono incertezze: il viaggio sarà interessante e unico, e la Cina, rivisitata più volte, così vasta, diversa ed unica, con il suo grande ed illustre passato, è sempre stata un luogo magico, interessante e straordinario, ricco di nuovi luoghi da scoprire.

Cercherò dunque, anche questa volta, di scoprire la vera forza di quel paese che nelle grandi città sta un po’ perdendo la sua millenaria identità. Cercherò di rivivere i fasti del “Celeste Impero” che gli stessi cinesi stanno cercando di preservare dall’ incombente modernità .

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Quando si arriva a Pechino, ogni volta, si trova sempre la città cambiata e, purtroppo, in peggio.

In questo viaggio, dopo una notte insonne trascorsa in aereo, nel tragitto verso l’hotel, le prime impressioni sono state: un caos indescrivibile, auto che strombazzavano ed intasavano qualsiasi via del centro… per fare pochi metri con un pulmino, ci si trovava sempre in coda o fermi, mentre le piccole autovetture cercavano di intrufolarsi a destra e a sinistra.

Le antiche case, circondate da grigie mura che tanto mi piacevano, attorno alla città proibita, erano scomparse, sopraffatte da alti e anonimi palazzi, una serie di moderni casermoni.

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I giovani cinesi, ormai occidentalizzati, passeggiavano abbigliati e acconciati nei modi più strani e stravaganti, quasi a contestare un sistema che ormai non esisteva più!

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Dopo un rapido relax in hotel che non è mai vero relax, era necessario andare a rivedere alcuni punti interessanti della città, almeno quelli che l’UNESCO stava cercando di preservare e valorizzare come patrimonio mondiale dell’umanità! Prima tappa il Tempio del Cielo, retaggio di un passato glorioso ancora interessante e ricco di storia.

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Quel tempio, di cui ho raccontato anche in altri diari di viaggi, era un nobile esempio di architettura religiosa del regno di mezzo, cioè del periodo Ming. Era un complesso di edifici taoisti, la cui costruzione era iniziata nel lontano 1420.

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In quel magico luogo il figlio del cielo, l’imperatore, trascorreva una notte di digiuno, di preghiera e di astinenza, prima di dedicarsi, il mattino seguente, alle cerimonie sacrificali, che sarebbero servite, nel solstizio d’inverno, a ringraziare per il buon raccolto e a benedire quello futuro.

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Dal Tempio del Cielo, ci siamo spostati al Tempio del Buon Raccolto, sopraelevato, maestoso anche se avvolto dalla calda umidità estiva, di un clima poco invitante.

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Abbiamo passeggiato, sbirciando nelle stanze interne del complesso, con la speranza di vedere improvvisamente comparire un mandarino, pronto ad accoglierci… abbiamo percorso un tratto della lunga strada che in passato portava l’imperatore direttamente alla Città Proibita…

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Poi, lasciato il luogo, abbiamo scoperto una zona che ancora aveva resistito alle demolizioni selvagge: la via degli antiquari, situata un po’ nascosta, con le grigie mura che impedivano la vista all’interno, era una viuzza con i caratteristici tetti decorati a pagoda. Il luogo ci ha riportato a quella che doveva essere la vecchia Pechino, raccolta, austera, ma quasi aristocratica nella sua ricercatezza e riservatezza.

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Verso la fine della giornata è stato quasi un obbligo andare nella grandiosa Tienanmen, ovvero nella Piazza della Pace Celeste, guardata a vista dall’imponente ritratto di Mao e circondata da monumentali costruzioni, una piazza storica, che ha visto gli eventi principali della repubblica popolare cinese.

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L’abbiamo rivista come un luogo di ritrovo, dove uomini, donne e bambini facevano volare al cielo i loro aquiloni colorati, incuranti dell’effigie grigia, sinistra, un po’ sorniona di Mao Zedomg, il discutibile salvatore della Cina. Chi non aveva in mano gli aquiloni se ne stava seduto per terra a chiacchierare con gli amici, quasi fosse in un caffè all’aperto!

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Il giorno dopo, sempre sotto un cielo plumbeo che pareva non aprirsi mai, siamo andati a visitare le tombe dei Ming, che non conoscevo. Il luogo, lontano dal traffico, immerso nel verde, poco visitato dai turisti, mi è piaciuto. Siamo giunti alle tombe dopo aver attraversato la grande Porta Rossa...

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...poi abbiamo percorso il Sentiero dell’Anima, o Via Sacra, o ancora Via degli Spiriti, fiancheggiata da ben 24 animali (leoni, cavalli, cammelli, elefanti e creature mitiche).

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Questi erano praticamente dei guardiani di pietra che avevano il compito di allontanare gli spiriti cattivi insieme a dodici statue di funzionari civili e militari che vegliavano impassibili sul sonno dell’imperatore.

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In particolare mi è rimasto impresso il significato che si dava alla statua della tartaruga, simbolo di longevità e di immortalità. Essa poggiava su una base quadrata che simoboleggiava la terra, mentre il suo guscio rotondo rappresentava la volta del firmamento.

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“Vedere è facile, capire è difficile” dice un vecchio adagio cinese e infatti, in Cina, spesso si corre il rischio di vedere troppe cose e di capirne poche.

Sotto molti profili la Cina è strana, lontana dalla nostra mentalità europea, spesso incomprensibile nei suoi eccessi.

E' una nazione che ha, per un certo tempo, rigettato il passato, eppure in cuor suo, è rimasta legata a leggende, culti di antenati, ad una religiosità che nessuna imposizione politica è riuscita a debellare, ed ora sta rispolverando tutto ciò che aveva cercato di cancellare!

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Non mi vorrei dilungare sulla visita alla Città Proibita, gioiello indiscusso di Pechino che, ad ogni visita, anche con il trascorrere degli anni, affascina sempre, perché ne ho già parlato in dettaglio, in questo sito, in altri diari e particolarmente in una “Destinazione”. Posso solo dire che di padiglione in padiglione, tra marmi bianchi e rosse mura ho riscoperto sempre angoli particolari, scorci di bellezza artistica che altre volte non avevo osservato.

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Tutto mi è apparso, di nuovo, come un grande quadro impressionistico: tetti spioventi, portali elaborati, archi da cui si intravedevano i muri con i draghi verdi, tutto meraviglioso e sontuoso per l’abitazione del figlio del cielo, l’imperatore, che qui viveva con i guardiani, i servitori, le mogli, le concubine, le favorite, gli eunuchi, i principi e i parenti tutti…

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Come sempre la città proibita mi è apparsa un’oasi fiabesca ed irreale e per questo, vagando tra quelle mura mi sono chiesta come quel capolavoro fosse sfuggito agli eccessi di zelo delle guardie rosse e dei rivoluzionari estremisti nel 1966…

Ebbene mi hanno detto che molto semplicemente la città era stata effettivamente “proibita”, dopo i primi sintomi di disordine e quindi, mentre ufficialmente veniva emanato l’ordine di distruggere tutto ciò che poteva ricordare il “corrotto” passato, si dava segretamente ordine ai conservatori dei musei ed agli archeologi di proseguire nel lavori di restaurazione e conservazione.

Praticamente in pubblico si distruggevano oggetti senza valore più o meno fedeli delle opere artistiche e le si mettevano al rogo, mentre in segreto i grandi capolavori venivano, per fortuna, conservati!

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Non si poteva poi venire a Pechino senza fare una tappa alla Grande Muraglia, dato che era sempre un’esperienza unica e ricca di emozione. Quella monumentale, faraonica costruzione, poteva essere visitata partendo da tronchi diversi, più vicini o più lontani dalla capitale.

Questa volta sono andata a Badeling, un punto della muraglia paesaggisticamente molto bello e lì è iniziata la camminata, o per meglio dire l’ardua salita attraverso lo stretto sentiero delle mura, costruite migliaia e migliaia di anni fa.

Si dice che la Grande Muraglia Cinese sia la sola opera umana visibile dalla Luna… essa serpeggia come un esile ed interminabile drago, intervallata da solitarie torri di vedetta, dal Mar Giallo, attraverso cinque provincie e due regioni autonome, fino al deserto del Gobi.

È semplicemente fantastica! I cinesi chiamano questa colossale struttura Wang Li Chang Cheng ovvero il muro dei 10.000 Li.

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Guardavo dall’alto, colpita dal vento, quell’immensa distesa che circondava le mura.. dava il senso dell’infinito e non solo… pensare poi come l’uomo aveva saputo concepire, con i mezzi di allora, una simile colossale impresa risultava quasi inimmaginabile.

Si era voluto delimitare l’impero cinese per impedire ai nemici di accedere, e quelle mura di difesa erano, per buona parte, sopravvissute alla rovina del tempo! Mi è molto piaciuto sostare e soffermarmi a guardare quei torrioni che si perdevano in lontananza.. in un luogo immaginario, quasi ponti tra due mondi…

“La forza di una muraglia dipende dal coraggio degli uomini che la difendono” aveva detto Gengis Khan e bisognava proprio dire che oltre ad essere stata un baluardo difensivo e una grandiosa opera civile, costringendo ad immensi spostamenti di uomini e macchinari, a lotte con i popoli sottomessi, la muraglia, voluta dai Ming, aveva rappresentato anche un mezzo importante di comunicazione… era una strada nell’infinito!

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Mi hanno poi raccontato che la Grande Muraglia, quell’enorme bastione che aveva fatto sognare il mondo intero e che aveva nutrito l’immaginazione, era stato poi abbandonato nel momento in cui non poteva più servire come frontiera tra i barbari e la Cina imperiale.. e solo più tardi, nel periodo tumultuoso della dinastia Ming, quando i Mongoli erano diventati pericolosi e intraprendenti, le grandi mura cadenti erano state rimesse in piedi, rinforzate con torrioni e vere e proprie fortificazioni.

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Con un breve volo, da Pechino siamo arrivati alla città di Xian, seconda tappa del nostro viaggio alla scoperta delle meraviglie del Celeste Impero. Questa città era ricca di storia e di leggende anche simpatiche, che ci sono state narrate… ricordo quella legata alla Pagoda dell’Anatra Selvatica, una costruzione alta, slanciata, inserita in una specie di parco vivace ed affollato dove si svolgevano varie cerimonie rituali.

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Il nome della Pagoda, quasi spiritoso, era legato al monaco buddista Xinanzang, che, con devozione, aveva continuato a pregare Buddha affinché donasse del cibo ai suoi confratelli monaci, dato che erano poveri ed affamati.

Dopo tanto pregare, un giorno era caduta dal cielo proprio un’oca e quell’evento miracoloso aveva, di conseguenza, portato ad edificare nel punto esatto della caduta, una sacra Pagoda.

L’oca era stata, ovviamente, mangiata, le sue ossa sotterrate, e… Buddha ringraziato a dovere!

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Dalla Pagoda poi, attraversando il centro della città, che non era particolarmente interessante, siamo arrivati al Museo Storico situato in un antico tempio confuciano, dove abbiamo ammirato la “Foresta delle Stele”, provenienti da ogni parte della Cina, raccolte e conservate dato che erano i più antichi scritti cinesi su pietra, una vera e propria biblioteca con tutti i libri di testo degli studenti del collegio imperiale.

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Su alcune pietre erano stati addirittura incisi caratteri non ancora del tutto decifrati, mentre altre, pure molto antiche potevano essere lette con facilità da qualsiasi bambino cinese.

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Ma il luogo che mi è piaciuto di più è stato quello della Grande Moschea Cinese. Essa risaliva al periodo Ming, ma era stata ricostruita e rinnovata più volte, ed oggi, più che una Moschea nel senso tradizionale che conosciamo, ci è apparsa un tempio cinese molto pittoresco.

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Infatti, l’architettura cinese rendeva quella moschea difficile da distinguere, in un primo momento, da un tempio buddista, ma si trattava invece di uno dei più grandi edifici musulmani esistenti in Cina.

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Ho gustato l’atmosfera serena e il grande raccoglimento che aleggiava su quel grande giardino. In quell’ambiente di verde rigoglioso e colorato, che si estendeva attorno alle varie piccole pagode, ho visto passeggiare, pregando, alcuni religiosi, tutti molto austeri e riservati, avvolti in tuniche bianche.. nel loro insieme davano l’idea di un quadro religioso abbastanza mistico...tanto che qualcuno ha affermato che più si passeggiava più ci si sentiva in pace!

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Anche i non musulmani potevano passeggiare liberamente in quel grande cortile e dare un’occhiata all’interno della sala delle preghiere, ma non avevano il diritto di entrarvi. Per avere un’idea delle grandi dimensioni bisogna sapere che i cortili occupavano un’area di circa 12.000 metri quadrati, mentre la Grande Moschea era lunga 250 metri e larga 47, con una pianta studiata nei dettagli.

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Ma Xian era famosa per la meraviglia delle meraviglie: “L’Esercito dei Guerrieri di Terracotta!”, l’armata del primo imperatore Qin Shi Huangdi che si trovava nel museo archeologico della ciità.

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Si narra che alcuni contadini, scavando un pozzo, avessero trovato alcune statuette di guerrieri e dei frammenti di terracotta, tuttavia non vi avevano prestato attenzione, preparandosi a distruggerli.

Per fortuna un addetto alla tutela dei cimeli culturali, che si trovava sul posto, dopo aver visto i pezzi, si era reso immediatamente conto dell’entità della grande scoperta.

Il ritrovamento è stato analizzato, approfondito e ben presto sono venute alla luce più di 8000 statue, a grandezza naturale, di una bellezza e di una perfezione da mozzare il fiato.

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L’esercito era il corredo funerario dell’imperatore, il quale aveva iniziato a costruire la sua tomba addirittura quando aveva solo 13 anni e per il compimento dell’impresa, sono stati necessari 36 anni e centinaia di migliaia di lavoratori che poi sono stati uccisi perché non potessero svelare il segreto della tomba, il luogo della sua ubicazione. L’impatto con questi reperti mi ha creato oltre che ammirazione, tanta emozione.

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Prima abbiamo visitato la sala dei due carri in bronzo dell’imperatore che erano serviti negli anni tra il 246 e il 208 a. C. a realizzare il folle sogno, l’impresa di unificare la Grande Cina.

Questi carri, fantastici reperti, estremamente realistici da sembrare vivi, di una bellezza strepitosa, necessari anche per il viaggio del defunto nell’aldilà, erano perfetti nei particolari, nelle ruote, nel muso dei cavalli, i famosi cavalli Tang, nei visi dei guidatori.

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Mi sono in particolare soffermata ad osservare proprio i lineamenti di uno di quei visi umani che mi è apparso quasi misterioso, avvolto da un’espressione severa, inviolabile, che caratterizzava le persone decise, che per il potere, per raggiungere l’obiettivo prefissato, non si facevano scrupolo di calpestare i propri simili.

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Accanto ai carri alcune statue di soldati di terracotta non rendevano a sufficienza la spettacolarità e la raffinatezza che si poteva invece ammirare nella sala grande della Necropoli.

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Quando infatti sono entrata in quell’enorme salone, mi sono quasi bloccata per lo stupore nel vedere questo infinito esercito schierato, pronto per andare in battaglia: fanti a piedi, cavalieri, generali e mandarini, e poi anche servitori e concubine.. una statua diversa dall’altra, tutte alte 1 metro e 80 cm.

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Li vedevo impettiti e severi, in marcia, pronti ad affrontare la guerra voluta dal loro imperatore…. file e file, in formazione da battaglia, disposti su 38 colonne, con in pugno alabarde e lance affilate. È stato uno spettacolo veramente unico e impareggiabile!

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Ho guardato quell’esercito di terracotta dall’alto, dato che i cinesi avevano ideato dei camminamenti sopraelevati intorno alla grande sala e guardando sono rimasta colpita dall’estremo realismo e mi sono sentita trasportare nel passato, in quel mondo crudele che esaltava la figura dell’imperatore, sanguinario e guerrafondaio, giudicandola una divinità.

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Quell’imperatore megalomane, che ha voluto eternare le sue gesta, per avere quella tomba particolarissima con il suo esercito, non ha esitato a uccidere chiunque avesse potuto ostacolare il suo disegno.

Ci hanno raccontato che nessuno si poteva avvicinare al suo cospetto, se non in ginocchio, con il viso chino a terra, infatti l’imperatore, come un dio, non poteva essere guardato ed aveva potere assoluto su tutto e su tutti.

Ma la storia è sempre tappezzata di crudeltà … pensiamo solo al sangue

che sono costate le grandi costruzioni delle piramidi egizie, degli ipogei nella valle dei re, dei templi Maya, Inca… e chi più ne ha, ne metta… non ci dobbiamo stupire, l’egoismo dei potenti è stato ed è tuttora comune a tutti i popoli, ma spesso ha anche dato vita a monumenti d’arte senza confini…

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Dalla Grande Sala ci siamo spostati in alcuni angoli dove si potevano ammirare gli accurati e precisi lavori di scavo, ancora in corso, dato che i cinesi pretendono di gestire tutto da soli, senza alcun aiuto esterno. Abbiamo visto con emozione parti non ancora portate alla luce e recuperate nella loro interezza, le abbiamo viste ammassate, contorte, guerrieri che si intrecciavano con i cavalli mutilati, teste e gambe confuse ancora tra la sabbia.. in quel momento ci siamo tutti sentiti vicini alla trepidazione dei primi archeologi che si sono trovati a scoprire un simile tesoro.

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Abbiamo poi attraversato velocemente il centro di Xian, soffermandoci un poco ad ammirare il bellissimo edificio, risalente al 1300 durante la disnastia Ming, chiamato “Torre del Tamburo”.

Il suo nome derivava dal fatto che all'interno era conservato un antico grande tamburo che veniva fatto rimbombare ogni giorno al calar del sole secondo un vecchia tradizione locale.

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Dopo Xian con le sue meraviglie, un altro breve volo ci ha portato alla ridente cittadina di Chengdhu, dove ci aspettava la visita al monastero Baoguangsi o meglio “il Monastero della Luce Preziosa”, un complesso di templi nascosti tra gli alberi, isolato, ricco di giardini pittoreschi e quasi intimi, padiglioni di bambù…

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Oltrepassato l’ingresso attraverso vari portali, abbiamo visto troneggiare sulle piccole pagode, alta ed elegante la Grande Pagoda Shelita, ma abbiamo anche ammirato, con il piacere di essere gli unici turisti del luogo, i piccoli cortili, gli angoli ed i portali stupendi che invitavano non solo a curiosare di più, ma anche a sedersi, guardare e meditare.

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Devo dire che spiritualmente mi sono sentita vicino al canto dei monaci che proveniva dalla sala del tempio, insieme ad un profumo di incenso bruciato che penetrava nel cuore. Devo anche confessare che in questo luogo ho acceso delle candele votive insieme ad una piccola supplica al Dio di tutte le religioni del mondo.

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Il giorno dopo ci aspettava un lungo tragitto in pullman, attraverso una campagna verdeggiante ricca di sterminate piantagioni di the. La visione dei campi rappresentava sempre uno spettacolo di piacere, di serenità estremamente rilassante.

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Durante alcune soste nei vari villaggi di cui mi riesce impossibile ricordare i nomi, era bello poter incontrare la gente del luogo, scambiare con loro uno sguardo, un sorriso. Nasceva così un nuovo modo di comunicare, ricco di simpatia, di curiosità da entrambe le parti...forse un po' superficiale ma estremamente piacevole.

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Siamo finalmente arrivati al fiume Minjiang dove, dopo un’estenuante attesa, siamo potuti salire su un barcone che solcava quel fiume poco invitante, giallo e limaccioso, per andare a visitare il gigantesco Buddha seduto di Lesham. Nonostante il cielo nuvoloso e una fitta nebbiolina che impedivano di vedere nitidamente il paesaggio, durante la navigazione, non sono mancate le possibilità di cogliere immagini suggestive di vita sul fiume.

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Il Buddha di Lesham era la più alta statua religiosa della Cina (ben 71 metri!) che tra due pareti di roccia rossa, poste a precipizio dominava il paesaggio circostante con la sua maestosa mole.

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Dalla barca lo abbiamo ammirato da lontano.. la statua rappresenta il Buddha Maitreya o Buddha del Futuro e ci è apparso veramente imponente, conficcato a lato della collina di Lingyun, con la testa che si ergeva al di sopra della sommità dei pendii, seduto con le mani appoggiate sulle ginocchia, mentre sorvegliava i fiumi.

Tanto per dare un’idea delle sue esagerate proporzioni ci hanno raccontato che “le orecchie misuravano sette metri di lunghezza, i capelli erano un insieme di migliaia di panini, ed ogni piede era lungo 11 metri!

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Secondo la leggenda, e la Cina era ricca di belle storie leggendarie, un mostro viveva in questo luogo ed era la causa delle inondazioni e dell’affondamento di alcune imbarcazioni.

Pertanto il Maestro Haitong, un buddhista del Monastero di Lingyun, convintosi che una statua religiosa avesse protetto le barche e la cittadina, iniziò il progetto di costruzione, raccogliendo a fatica i fondi necessari. Così durante il regno del primo imperatore della dinastia Tang, Xuanzong, nel 713 d. C. il monaco iniziò la costruzione, molto difficoltosa però, a causa di un ufficiale corrotto che cercava di ricattarlo per ottenere parte dei fondi.

Un giorno il Maestro Haytong lo affrontò dicendo: “Potrai cavarmi gli occhi dalle orbite, ma non avrai il denaro!”. L’ufficiale corrotto incollerito, lo sfidò a mettere in pratica le parole e allora il monaco si strappò gli occhi e glieli consegnò.

Purtroppo il Maestro morì lasciando a metà i lavori di costruzione, ma i suoi discepoli continuarono la sua opera e dopo ben 90 anni, nell’803 d. C, il grande Buddha giunse a compimento.

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Pare poi che la massa rocciosa rimossa per la costruzione del Buddha e depositatasi nel letto dei fiumi, abbia effettivamente alterato il corso delle acque, rendendo la navigazione più sicura. Di fronte a quell’imponente statua si provava l’emozione indescrivibile di avere davanti a sé uno dei pezzi fondamentali che componevano l’immenso puzzle della millenaria storia della Cina. Addirittura un motto locale affermava che “la montagna era un Buddha e il Buddha era una montagna!”

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Accanto alla statua di quel grande Buddha abbiamo potuto vedere, sempre scolpiti nella roccia, anche i due suoi discepoli, in piedi, meno grandiosi, ma altrettanto monumentali.

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Dal barcone poi vedevamo la gente locale, che in pellegrinaggio, saliva e scendeva per le ripide scalinate ai lati delle statue: parevano nel loro insieme tante formiche che assalivano giganti dai visi impassibili, ieratici, per nulla infastiditi da tutto quel traffico. Purtroppo ora a causa dell’inquinamento, dell’erosione provocata dalle piogge, quelle statue stavano rovinandosi e il governo insieme all’Unesco avrebbe dovuto seriamente ben impegnarsi a salvaguardarle.

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Il mio breve viaggio nel “Celeste Impero” cinese era ormai terminato… tante erano ancora le bellezze da scoprire in quella nazione, tanti i viaggi che avrei ancora dovuto fare, perché, come si ripete spesso Jan Myrdal...

“Viaggiare non è solo vedere cose nuove, è lasciarsene altre indietro” per avere la gioia e la possibilità di farsi sempre attirare verso nuove mete, nuove immagini, nuovi usi e costumi… nuovi sogni!