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Di Paola Bottazzi L’ASSISTENTE SOCIALE IN UN PICCOLO COMUNE: OPPORTUNITÀ E RISCHI Aspetti positivi e criticità del ruolo professionale in una piccola realtà, ragionati a partire da un’esperienza personale e alla luce dei cambiamenti introdotti dalla L.R.3/2008

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Di Paola Bottazzi

L’ASSISTENTE SOCIALE IN UN PICCOLO COMUNE:

OPPORTUNITÀ E RISCHIAspetti positivi e criticità del ruolo professionale in una piccola realtà, ragionati a partire da un’esperienza personale e alla luce dei cambiamenti introdotti dalla L.R.3/2008

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Assistente sociale

figura professionale “chiave”, tra gli attori protagonisti della riforma dell’assistenza e del nuovo welfare lombardo, attraverso la quale si sostanzia la garanzia di accesso personalizzato alla rete delle unità di offerta sociali definite dalla normativa.

Eppure NON VIENE CITATA nelle leggi o DGR (ad esempio nelle linee guida per i Piani di Zona)

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Assistente sociale… verso un nuovo profilo

La definizione tuttora valida è quella data ad dalla L84/1993, istituitiva dell’Albo Professionale e integrata successivamente con Il D.P.R. 328/2001 in cui si attribuiscono ulteriori funzioni legate alla nascita della figura di assistente sociale specialista.

Alla luce del nuovo sistema di welfare appare necessario AGGIORNARE E IMPLEMENTARE

IL PROFILO PROFESSIONALE

è stato presentato al senato a fine gennaio 2009 un disegno di legge

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L’Assistente Sociale in un piccolo Comune

Deve tener conto di 3 mandati:

1. Mandato istituzionale

2. Mandato professionale

3. Mandato sociale

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Mandato istituzionale

funzioni attribuite dalla normativa generale e specifica del Comune, cui si può affiancare la struttura organizzativa propria del servizio di appartenenza

ex: L328/2000, L.R. 3/2008, i Regolamenti comunali per l’erogazione di contributi economici, gli atti di indirizzo politico della Giunta e del Responsabile

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Mandato Professionale

il contenuto della professione definito dalla comunità professionale

ex: Codice Deontologico, modelli teorici di riferimento

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Mandato sociale

le istanze che provengono dalla comunità stessa sia in forma di domande esplicite che implicite

ex: domanda d’aiuto della persona o di particolari gruppi di interesse, legate anche e soprattutto a nuovi bisogni e a momenti di crisi familiare e sociale

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Come conciliare i tre mandati?

RISCHIO è quello di sbilanciarsi verso l’una o l’altra direzione diventando

un “burocrate” un “mistificatore della professione” “figura autoreferenziale”

L’as allora è come un ACROBATA su un filo sospinto da venti che soffiano in direzioni diverse…

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Acrobazie……………sociali

per stare in equilibrio un’analisi critica della

realtà e di tutti i fattori e le variabili in gioco;

garantirsi degli adeguati spazi di riflessione,di valutazione e di confronto

tanto allenamento……

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L’as in un piccolo Comune: peculiarità del ruolo

Unico professionista sociale

Attribuzione di funzioni amministrative

Rapporto diretto con la parte politica

Funzioni di base

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L’as unico professionista sociale

Opportunità

• Immediata riconoscibilità nell’ente, nella comunità e nella rete dei servizi

Rischi

• Isolamento e assenza di équipe interna o supervisione

• Trascurare formazione e aggiornamento prof.le

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L’as con funzioni amministrative

Opportunità• Acquisizione di nuove

competenze

• Maggior consapevolezza delle risorse disponibili e di come utilizzarle

• Unico referente sull’intervento dall’inizio alla fine

Rischi• Burocratizzazione

• Trascurarare il mandato professionale (difficoltà di dover presidiare urgenze sociali e scadenze amm. -carico di lavoro composito)

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L’as e i rapporti con la parte politica

Opportunità

• Reciproco confronto e conoscenza di vision/mission dell’Amministrazione

• Comunicazione rapida

Rischi

• Confusione e sovrapposizione di ruoli

• Necessità di presidiare con attenzione l’aspetto di privacy e riservatezza

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L’as con funzioni di base

Opportunità

• varietà di casistica• applicazione del lavoro

di rete

Rischi• “Tuttologo” ma a livello

superificale- standardizzare interventi

• Ripiegamento sulla propria realtà a discapito di una visione più allargata (PDZ)

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L’as e il cambiamento …………..del quadro normativo

Il solo modo di trarre un senso dal cambiamento è di tuffarvicisi, muoversi con

esso, e divertirsi nella danza.

Alan W. Watts (1915 - 1973), filosofo inglese

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L’as e il cambiamento ………………...del quadro normativo

Gli operatori sociali negli anni sono stati coinvolti nell’evoluzione del sistema di welfare in cui operano

Oggi la legge quadro dell’assistenza e per la Lombardia la L.R.3/2008 danno ulteriore svolta e pongono il singolo operatore di fronte alla necessità di interrogarsi per comprendere quali sono le principali novità introdotte che impattano direttamente sul proprio agire professionale.

Questo cambiamento sta avvenendo per piccoli spostamenti (“delegificazione”, competenze della GR) e occorre prestare ancora più attenzione

È importante “buttarsi nella danza” per non diventare solo spettatori passivi di un cambiamento del sistema, ma protagonisti attivi e propositivi……………..e cercare degli spazi perché ciò sia possibile

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Novità introdotte dalla L.R.3/2008 - alcuni aspetti generali

mette al centro del sistema l’OFFERTA, definita “rete dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario” un sistema che è necessario GOVERNARE.

riconosce secondo il principio di SUSSIDIERIETÀ (soprattutto orizzontale) a tutti i soggetti della polis la libertà di svolgere attività sociali e socio assistenziali

ribadisce il principio della LIBERA SCELTA DEL CITTADINO

Individua nel PIANO DI ZONA il principale strumento programmatorio in cui si attua l’integrazione sociosanitaria e la partecipazione dei vari soggetti

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Aspetti in cui si gioca un (nuovo) ruolo dell’assistente sociale

1. SEGRETARIATO SOCIALE PROFESSIONALE

2. SUSSIDIARIETA’ E RAPPORTO CON LA POLIS

3. IL PIANO DI ZONA

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Segretariato sociale professionale (1)

“attività finalizzata alla presa in carico della persona con lo scopo di garantire e facilitare unitarietà di accesso alla rete delle u.o sociali, orientare il cittadino, assicurare competenza nell’ascolto e nella valutazione dei bisogni…” art 6

Novità: “in forma singola o associata, d’intesa con le ASL e anche in collaborazione con i soggetti individuati all’art. 3”.

Questo comporta un cambiamento a 2 livelli:

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Segretariato sociale professionale (2)

A livello istituzionale, di creare un sistema di segretariato sovrazonale, di ambito, favorendo percorsi comuni tra enti diversi e luoghi di accesso unitari al sistema delle u.o.

A livello professionale, da parte dell’assistente sociale, riconoscersi in questa impostazione più estensiva collegata alla progettazione e attuazione dell’azione di segretariato in modo collaborativo con tutti gli attori sociali della rete e in particolare con le organizzazioni solidali presenti nel territorio, cioè con le forme di cittadinanza attiva nella tutela dei soggetti deboli e nella promozione dei loro diritti.

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Segretariato sociale professionale (3)

Nuovi input per l’assistente sociale Valorizzare questa attività Essere informati sulla rete (anche utilizzando nuove

tecnologie) e in contatto con i vari soggetti Favorire/promuovere l’utilizzo di strumenti per una

raccolta e codifica della domanda Contribuire allo sviluppo di letture allargate del

bisogno per contribuire ad una diagnosi di comunità

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Sussidiarietà e rapporto con la “polis”(1)

La legge disegna un welfare lombardo che punti sulla partecipazione dei soggetti della polis (persone fisiche, famiglie gruppi informali di reciproco aiuto e tutti gli enti ascrivibili al terzo settore- art. 3) che concorrano alla

Programmazione Progettazione Realizzazione

Del sistema delle unità di offerta

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Sussidiarietà e rapporto con la “polis”(2)

gli utenti, presi singolarmente o in formazioni sociali quali la famiglia e le organizzazioni informali e formali, visti nell’questa ottica della L.R.3/2008 diventano da attori passivi a coproduttori e cogestori dei servizi.

Eppure la società odierna si presenta frammentata, le reti naturali sono sempre più deboli e in difficoltà…..

In che modo sostenere il principio di sussidiarietà?

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Sussidiarietà e rapporto con la “polis”(3)

Il servizio sociale può diventare uno spazio per ricontrattare un nuovo “patto sociale” dove avviene la traduzione degli interessi individuali in istanze collettive e l’insieme delle regole (diritti e doveri comuni) in azioni positive per le persone in situazioni di svantaggio.

Favorire la ricerca di soluzioni non solo condivise ma soprattutto co-costruite, le uniche che hanno la possibilità di permanere e di incidere.

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Sussidiarietà e rapporto con la “polis”(4)

Il ruolo dell’assistente sociale in questo processo:

Considerare sempre più l’utente soggetto attivo, portatore di risorse e potenzialmente in grado di partecipare attivamente alla risoluzione della propria situazione problematica.

Facilitatore in questi luoghi di confronto, sulla base del fatto che l’as racchiude in sé competenze tecnico professionali e di gestione di gruppi di lavoro (ad es. conduttore di tavoli tematici del PDZ)

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Il Piano di zona (1)

Riprendendo la legge quadro, anche la L.R.3/2008 riafferma che il Piano di Zona è lo strumento programmatorio in cui:

Si governa la rete delle UO (accesso, obiettivi, priorità interventi..)

Si realizza l’integrazione delle politiche e la partecipazione di tutti i soggetti

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Il Piano di zona (2)

La struttura organizzativa del Piano di Zona è composta da diversi organi (tavolo politico, tecnico, ufficio di piano e tavoli tematici o assemblee del terzo settore).

La metodologia di lavoro prevede una programmazione che si articola in Progetti di Area e di sistema, si realizza nella gestione e attraverso un monitoraggio periodico giunge alla verifica e valutazione finale di esito e di processo.

come valorizzare in questo processo il “sapere” e il “saper fare” dell’assistente sociale?

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Il Piano di zona- un ruolo per l’as

Contribuire alla lettura dei bisogni e delle opportunità da garantire, perché dalle problematiche relative alla casistica in carico si possa giungere a sintetizzare problemi di “Area Tematica” e ad una più complessiva diagnosi di comunità;

Gestire “gruppi di progettazione” sugli obiettivi di Piano di Zona;

Coordinare i tavoli tematici (laddove presenti) Favorire lo sviluppo di una cultura e la prassi valutativa di

progetti e programmi, grazie anche alla elaborazione di strategie, strumenti e metodologie idonee;

Necessità di creare UNO SPAZIO FORMALMENTE RICONOSCIUTO (gruppo tecnico professionale)