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23 DI ORIENTAMENTO QUADERNI Periodico semestrale II semestre - Dicembre 2003 Anno XII - N. 23 Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Direzione regionale per le identità linguistiche e i migranti, l’istruzione, la cultura, lo sport Servizio per l’istruzione e l’orientamento ORIENTAMENTO Dalla mente alle relazioni La sfida emergente ORIENTAMENTO E SCUOLA La scuola come organizzazione La formazione per l’insegnamento I circoli di formazione degli adulti ORIENTAMENTO E SOCIETÀ Informarsi studiare e lavorare senza confini Tracce e profili di disoccupazione SPAZIO APERTO INFORMA LIBRI

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DI ORIENTAMENTOQ

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Periodico semestraleII semestre - Dicembre 2003Anno XII - N. 23

Regione Autonoma Friuli-Venezia GiuliaDirezione regionale per le identità linguistichee i migranti, l’istruzione, la cultura, lo sportServizio per l’istruzione e l’orientamento

ORIENTAMENTODalla mente alle relazioni

La sfida emergente

ORIENTAMENTOE SCUOLA

La scuolacome organizzazione

• La formazione

per l’insegnamento•

I circoli di formazionedegli adulti

ORIENTAMENTOE SOCIETÀ

Informarsistudiare e lavorare

senza confini•

Tracce e profilidi disoccupazione

SPAZIO APERTO

INFORMA

LIBRI

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EDITORIALE ............................................................... Redazione...........................

Dalla mente alle relazioniLa sfida emergente ................................................ K. J. Gergen........................

La scuola come organizzazione ........................... M. Cornacchia ...................

La formazione per l’insegnamento ...................... F. Ometto .............................

I Circoli di formazione degli adulti ........................ G. Iannis................................

Informarsi, studiare e lavoraresenza confini ............................................................ P. Vattovani, G. Pellegrini ..

Tracce e profili di disoccupazione........................ G. Blasutig ...........................

“I ragazzi della panchina” ..................................... A. Zamai, A. Picco, F. Merlo

Bullismo in classe e soluzione dei conflitti ............ L. Francarli ...........................

Progetto Gioventù Youth Interaction Wb 1 ......... G. Marino, L. Conte ...........

La qualità nei servizi scolastici ............................... S. Vizin ..................................

Inaugurazione dello Sportello Ri.T.M.O. ................ G. Zoff ..................................

C. G. Jung “Psicologia analitica” ......................... T. Tonchia.............................

Le attività di Ri.T.M.O.

L’Orientamento in Slovenia

IN QUESTO NUMERO

Orientamento

Orientamento e Scuola

Orientamento e Società

Spazio Aperto

Informa

Libri

Inserto

Allegato

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Gli articoli di questo numero dei Quaderni di Orientamento sono ritmati da nume-rose opere fotografiche di colui che viene considerato il più importante fotografod’arte (così un tempo si diceva) del primo Novecento friulano.Nato a Udine nel 1890, Buiatti da giovanissimo apprende i primi segreti della foto-grafia frequentando lo studio di Pietro Modotti, pioniere e ricercatore di tecniche fo-tografiche, zio della mitica Tina, fotografa e rivoluzionaria.Dal temperamento ribelle, per fuggire le strettoie della provincia intraprende di-versi viaggi attraverso l’Europa alla ricerca di nuovi stili e di vivaci ambienti cultu-rali. Nel 1909 si trova a Parigi dove lavora come operatore al Pathé Journal, quindi sitrasferisce alla Nordish Film di Copenaghen, ed infine a Monaco. Quest’ultimo sog-giorno risulta alquanto utile, perché nella capitale bavarese apprende con raffina-tezza tutte le principali tecniche della fotografia pittorica, come l’uso degli “obietti-vi d’artista” (dalla resa morbida), la stampa al bromolio e alla gomma bicromata, ilviraggio, le carte al carbone. Sono tutte tecniche che appartengono al filone della fo-tografia artistica, al quale il fotografo udinese resta fedele per tutta la vita, tanto daessere annoverato dagli storici come il più importante e testardo rappresentante diquella tendenza che alimentò il cosiddetto “salonismo fotografico”.Rientrato definitivamente a Udine nel 1923, Buiatti apre uno studio in via Cavourper dedicarsi principalmente al ritratto. Partecipa a diverse esposizioni e nel 1924ottiene il primo premio al Salone internazionale di Londra.Dal 1928 al 1935, forse il periodo più fertile, tiene studio nel palazzo Plateo di viaMarinoni, dove esegue ritratti della piccola e media borghesia friulana, oltre a regi-strare i volti di tutti gli artisti che appartengono all’arte friulana d’avanguardia (Di-no, Mirko, Afro, Filipponi); la sua fama di ritrattista richiamerà poi in Friuli diversiartisti italiani (Carena, Cagli, Guidi).Nei tanti decenni di attività, Buiatti si dedica con particolare attenzione alla foto-grafia di paesaggio; immagini che gli valgono prestigiosi premi alle mostre interna-zionali di Varsavia, Roma, Stoccolma. Si tratta di una appassionata indagine sullanatura, che viene colta in momenti romantici, lirici e bucolici.Pubblica su numerose riviste e tiene solidi contatti con il mondo della fotografiafriulana (Pignat, Brisighelli, Turrin).Sposta nuovamente lo studio in via Tiberio Deciani, dove lavora per molti anni, tra-scorre il periodo del secondo dopoguerra e prepara un’ampia rassegna di sue ope-re (paesaggi, ritratti, nudi e nature morte) per il Circolo Artistico Friulano.Negli anni Sessanta, con studio in piazzale Primo Maggio, ai piedi del Castello, sidedica alla ristampa di molte lastre dei decenni precedenti.L’ultima sua esposizione, antologica, viene allestita a Udine nel 1978 a cura del Cir-colo fotografico friulano.Silvio Maria Buiatti conclude la sua lunga vita nel gennaio del 1982.

Prof. Riccardo Toffoletti

Errata corrige

Per uno spiacevole refuso negli allegati al N. 22 della rivista la dott. Fiorella Balestrucci è stata presentataerroneamente. Scusandoci con l’interessata, si precisa che la dott.ssa Balestrucci opera presso il CRDA -Centro regionale di Documentazione e Analisi sull’infanzia e sull’adolescenza - Direzione Regionale dellaSanità e delle Politiche Sociali.

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Editoriale

La principale sfida del sistema formativo sostiene, nel-l’articolo di apertura, Kenneth J. Gergen, ci induce a concentrare l'attenzione ed a con-vogliare gli investimenti sul processo di relazione, rinunciando definitivamente a centrarel’obiettivo sul singolo studente. Si tratta di un passaggio che dovrebbe essere scontatoma che, in realtà, nel mondo occidentale è assai impegnativo e costringe a superare unaconcezione sedimentata della teoria e dell'organizzazione. Quando riteniamo che lamente individuale sia la realtà primaria, chiosa Gergen, creiamo un abisso fra l'individuoe gli altri poiché il buon ragionamento non è un momento privato, bensì l'autenticaespressione di una rielaborazione interpersonale.Il ruolo e la formazione della scuola, nell'attuale società complessa, dipendono anche dallasua organizzazione dato che 'i fallimenti nella scuola sono dovuti in grande misura a ca-renze organizzative e di intesa fra i docenti'. Allora, si chiede Matteo Cornacchia, qualipossono essere i rimedi? Superata la logica centralistica e verticistica ed in accordo conl'autonomia scolastica egli, nella sua disamina, suggerisce l'opportunità di soluzioni di-versificate, contestuali ed orientate all'apertura e all'integrazione fra sistemi.Franca Ometto scrive che la società della conoscenza esprime un bisogno crescente di for-mazione e che la formazione degli insegnanti è il nodo cruciale di tale azione. I docentihanno il compito non solo di creare un clima di classe facilitante, ma soprattutto di or-ganizzare condizioni di apprendimento facilitanti che consentano il raggiungimento de-gli obiettivi prestabiliti.In Svezia gli Studiecirkel hanno una tradizione centenaria, essendo stati proposti da OscarOlsson, all’inizio del secolo scorso. Il modello non solo non è invecchiato ma continua afar proseliti; infatti, è stato recentemente sperimentato in Toscana per sviluppare attivitàformative organizzate per piccoli gruppi di cittadini, a partire dalla loro domanda di for-mazione. La scelta toscana, scrive Giulio Iannis, è stata quella di creare un sistema di edu-cazione permanente che comprende sia l’educazione formale (che permette il consegui-mento di un titolo o di un attestato professionale), sia l’educazione non formale, che im-plica modalità di apprendimento meno strutturate.I cambiamenti che investono l’Unità Europea con l’ingresso, a breve, dei nuovi partnersimpegneranno sempre più i Paesi a confrontare progettualità e metodologie. Piero Vat-tovani e Graziella Pellegrini presentano un progetto per realizzare, nell’ambito del pro-gramma INTERREG III A Italia-Slovenia, azioni e iniziative di orientamento scolastico eprofessionale a dimensione transnazionale.Il mercato del lavoro è, probabilmente, l'ambito socio-economico che ha maggiormente ri-sentito dei cambiamenti strutturali della società e che mostra la maggior cesura rispettoal passato anche recente. Pertanto, l'osservazione del fenomeno della disoccupazionenon può affidarsi ai vecchi strumenti ma deve sperimentare nuovi modelli interpretati-vi. Nel suo intervento che si concentra sull’ambito regionale ma che può essere paradig-matico di una realtà più ampia, Gabriele Blasutig rileva che la disoccupazione appare co-me un fenomeno poco strutturato, 'che appare e scompare, localizzato e mobile nellospazio territoriale e nella geografia sociale, che a volte si manifesta con forza dirompen-te, oppure in maniera larvata e silente'.Spazio Aperto ospita un intervento di Alessandro Zamai, Andrea Picco e Francesca Mer-lo nel quale gli autori presentano un progetto di integrazione di un gruppo ‘deviante’ al-la città. L’assunzione di una identità secondaria rende difficile qualsiasi progetto di re-cupero in quanto la persona si vede impotente, incapace di attivare qualsiasi forma dicambiamento. La devianza sarebbe il tentativo estremo di adattarsi a tale fallimento.Dunque, valorizzare la diversità, comprendere la storia personale senza allontanare il de-viante, può rappresentare un’importante possibilità di integrazione. Il progetto ‘Ragazzidella panchina’, che ha già cinque anni di vita propone, attraverso iniziative di diversorespiro, un’idea più articolata del mondo della tossicodipendenza e contribuisce attiva-mente al miglioramento delle condizioni di vita della persona in difficoltà, ma anche dichi gli sta intorno.

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DALLA MENTE ALLE RELAZIONILA SFIDA EMERGENTE

Kenneth J. Gergen

LA SFIDA EDUCATIVA

L’idea della quale tratterò è che laprincipale sfida del sistema educati-vo del nostro secolo sia quella di so-stituire la tradizionale attenzione alsingolo studente con investimenti fi-nalizzati al processo di relazione. Checosa significa questo, sia dal puntodi vista teorico che pratico? Prima ditutto consideriamo la nostra tradi-zionale opinione secondo cui il finedell’istruzione è quello di impartirela conoscenza allo studente, miglio-rare le sue capacità di ragionamentoe giudizio. Una buona istruzionepreparerà l’individuo a partecipareproduttivamente alla società ed acontribuire come cittadino responsa-bile al processo democratico. Taliteorie sono d’altronde fortementeconnesse alle nostre pratiche d’inse-gnamento. Rendiamo ogni singolostudente responsabile del proprio la-voro, registriamo i suoi progressi,valutiamo e classifichiamo le sueesecuzioni individuali; i punteggi di

ogni singolo studente vengono regi-strati gerarchicamente, con lo scopodi valorizzare i voti migliori e di cor-reggere le aree carenti.Peraltro, stiamo diventando manmano e spesso dolorosamente, con-sapevoli del fatto che questa costel-lazione di teorie e pratiche appartie-ne ad un giovane di altri tempi. Latradizione sembra meno importantee, nelle condizioni attuali di cambia-menti globali accelerati, pare inade-guata. Facciamo risalire questa tra-dizione al periodo dell’Illuminismooccidentale, che consiste nella cele-brazione della mente dell’individuo,della capacità di ognuno di pensieroe giudizio autonomo e che fornivaun fondamento logico per la libera-zione dal controllo assoluto dellaChiesa e dello Stato. Nel processo disviluppo del modernismo occidenta-le, la celebrazione della mente del-l’individuo ha proceduto contestual-mente alla ricerca della libertà, dellagiustizia e della democrazia.A questo punto, perché cercare al-ternative? Non siamo dove dovrem-mo essere, e non dovrebbe la nostratradizione essere condivisa global-mente? Per molti la sofferenza iniziacon la realizzazione del mondo checreiamo quando celebriamo la men-te dell’individuo. Quando crediamoche la mente individuale sia la realtàprimaria, creiamo un abisso fra l’in-dividuo e gli altri. Vediamo noi stes-si come individui che vivono all’in-terno dei propri mondi isolati. “Iosono qui e tu sei lì.” Non potremomai sapere quello che passa nellamente degli altri, dietro la mascheradegli occhi, perciò non potremo fi-darci pienamente delle azioni deglialtri. Quindi il nostro compito prin-cipale è quello di “prenderci curadel number one”. Secondo questa vi-sione del mondo, i rapporti inter-personali sono artificiali e seconda-

ri, vanno ricercati fondamentalmen-te quando possono essere utili pergli scopi del singolo. Credere nellasupremazia della mente del singoloincoraggia una cultura di solitudi-ne, sfiducia ed antagonismo. Equando l’individuo viene prima ditutto, i rapporti interpersonali e lapartecipazione alla vita della comu-nità deteriorano entrambi.Questi dubbi sul punto di vista in-dividualistico fanno da comple-mento ad un crescente numero distudi che esplorano le basi comunidella conoscenza e della ragione. Inquesto caso l’eredità cartesiana delpensatore solitario è necessaria allaconcezione individualistica. Se ciaccingessimo ad eliminare dallamente umana tutti i concetti e le lo-giche fornite dalla cultura, che cosaresterebbe di significativo? Nell’iso-lamento, potrei pensare ai temi del-la moralità, della giustizia, o ai costie ai benefici dei vari corsi d’azionesenza un corpus di concetti e logi-che fornitemi dai rapporti con glialtri? “Ragionare bene” non è man-tenersi fuori dai rapporti interper-sonali per un “momento privato”,ma partecipare pienamente ad essi.Questa modalità di pensiero è anco-ra diffusa tra gli studenti, rivelandola dipendenza della conoscenza daicomuni e condivisi valori ed inten-dimenti. Da questo punto di vista,lo scienziato non lavora mai vera-mente da solo; lui (o lei) viene pre-parato dalla comunità grazie allaquale avvengono le scoperte trami-te l’osservazione. Quella che rite-niamo la conoscenza non è tantouno specchio del “mondo com’è”,ma il risultato di un tentativo inter-pretativo della comunità di realiz-zare i suoi valori dentro certi conte-sti. La conoscenza medica dell’Oc-cidente, per esempio, non è tanto“vera” quanto è funzionale in ter-

e riflessioni sull’istruzionecostituiscono un significativocontrappunto ai movimentiche si muovono velocementeattraverso la cultura, se nonaddirittura attraverso ilmondo. In parte a causa delleprofonde trasformazionitecnologiche del secolopassato, ci siamo messi incontatto con un crescentenumero di persone, provenientida differenti luoghi e perdiversi scopi. Dovunque c’èuna forte necessità dicollaborazione, di lavoro disquadra, di rete e negoziazione

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mini di valori e credenze. La medi-cina occidentale rappresenta primadi tutto il progresso all’interno delsistema concettuale condiviso o dif-fuso dalla cultura occidentale. Allo-ra, la conoscenza scaturisce dallecomunità e non dalle menti indivi-duali dei suoi partecipanti.Le implicazioni di questa nascentecoscienza dell’istruzione sono pro-fonde. La nostra attenzione primadi tutto si sposta dalla mente deisingoli studenti alle tipologie dirapporti interpersonali dai quali laconoscenza, il sapere possonoemergere. Inoltre, ci siamo sensibi-lizzati alle differenze della comu-nità ed ai modi in cui la conoscenzain un individuo può essere disfun-zionale senza l’altro. Cominciamo achiederci di chi sono le voci presen-

ti in ogni processo che produce co-noscenza e di chi sono le voci as-senti o silenziose. E siamo attenti aiproblemi creati dai campi tradizio-nali della conoscenza. Le distintediscipline della biologia, della lette-ratura e dell’arte, per esempio, nonvengono definite dal “modo in cuiil mondo è”, ma riflettono le diver-se tradizioni della comunità. Quan-do queste comunità cesseranno dicomunicare tra loro, o anche conmolte delle comunità che compon-gono la società, il risultato sarà unisolamento doloroso.Dialoghi su argomenti di questo ge-nere stanno anche diventando sem-pre più di centrale interesse nellasfera educativa. Il lavoro di un lea-der dell’educazione, Jerome Bruner,fornisce un’interessante “segnalato-

re del tempo”. Negli anni Settanta illavoro di Bruner contribuì forte-mente a stimolare il movimento co-gnitivo nell’istruzione; in esso il te-ma della ragione del singolo eracentrale. Nel suo lavoro più recente,“La Cultura dell’Istruzione”, Brunerindica che la via verso la conoscen-za deriva da una “sotto-comunità ininterazione”. Questo cambiamentodi sensibilità è altresì evidente inuna pletora di recenti pubblicazionisul significato del dialogo nell’edu-cazione, sulla cognizione distribui-ta socialmente e sulla costituzionesociale delle classi scolastiche. An-che le pagine di “Education Canada”si sono dimostrate particolarmentesensibili verso questi temi, elabo-rando per esempio articoli sull’i-struzione dei diritti di cittadinanza,

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Orientamento

Moggio Udinese, 1948

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sul tele-apprendimento, sull’ap-prendistato, sulla politica del curri-culum, e altro.Credo che queste riflessioni sull’i-struzione costituiscano un significati-vo contrappunto ai movimenti che simuovono velocemente attraverso lacultura, se non addirittura attraversoil mondo. In parte a causa delleprofonde trasformazioni tecnologi-che del secolo passato, ci siamo mes-si in contatto con un crescente nume-ro di persone, provenienti da diffe-renti luoghi e per diversi scopi. Do-vunque c’è una forte necessità di col-laborazione, di lavoro di squadra, direte e negoziazione. Vengono richie-sti continui adeguamenti ad un maredi significati e materiali in continuocambiamento. Nella sfera organizza-tiva, per esempio, questa fiducia neirapporti interpersonali si riflette inmovimenti da strutture gerarchiche astrutture piane e nella crescente fidu-cia nelle squadre che funzionano inmodo incrociato per decisioni vitali.Il cambiamento verso la costruzionecollaborativa è imperniato sul dram-matico ondeggiare delle organizza-zioni virtuali ed i movimenti volonta-ri internazionali (NGOs). È dalle rela-zioni interpersonali coordinate chedipendono i movimenti ecumenici, leorganizzazioni geo-politiche (come laComunità Europea) ed i team di ricer-ca scientifica. La dimensione relazio-nale nell’istruzione è essenziale e lescuole e le università devono essereadeguate alle profonde trasformazio-ni del mondo.

PARLANDOPRATICAMENTE

Le discussioni teoriche sui processirelazionali, per i nostri tempi, sonoun buon inizio. L’ultima questione

è se tali discussioni possano fare ladifferenza in pratica. Dal mio puntodi vista esiste già un movimento si-gnificativo nel mondo della peda-gogia. Si manifesta in svariate for-me, e quando le osserviamo nel lo-ro insieme iniziamo a scorgere unmodello dal quale potremo trarrenutrimento per il futuro. Lasciatemiparlare di tre domini significativi inuna chiave relazionale.

Dal monologo al dialogo

Esiste una lunga storia riguardantela pedagogia del monologo secon-do la quale l’insegnante si compor-ta come un alto prelato e gli studen-ti come i supplicanti. In termini didialoghi correnti, forse è “La peda-gogia dell’oppresso” di Friere che èservita come maggiore stimolo al-l’innovazione. Istruiti dalla sensibi-lità critica di Friere alle ideologie edai valori portati da ogni forma diconoscenza disciplinare, gli inse-gnanti a qualsiasi livello hannomesso in dubbio l’autorità del “mo-nologante” ed hanno aperto le clas-si alla piena partecipazione. La pe-dagogia critica ora siede accanto aduna varietà di forme meno politiciz-zate di collaborazione in classe. Peresempio, nella sua opera, Apprendi-mento collaborativo, Kenneth Bruffeedescrive una varietà di esercizi de-signati ad elevare al massimo gradol’espressione e l’interscambio dellostudente. Le istituzioni come laSudbury School hanno coinvolto glistudenti in qualsiasi cosa dalla for-ma del curriculum a decisioni sullacondotta; Patricia Lather sfida i suoistudenti a scrivere in stili moltepliciper spettatori e finalità diverse; ilnovellista Ken Kesey ed i suoi stu-denti sono andati così lontano dascrivere e pubblicare un romanzocollettivo. L’innovazione collabora-

tiva è in fermento ovunque.

Dalla razionalità isolata alla razio-nalità relazionale

Per la tradizione individualista esi-steva una netta divisione fra il ruo-lo dell’insegnante e quello dellostudente. Il primo doveva fornire lemigliori informazioni e capacitàd’osservazione disponibili, mentreil lavoro del secondo era approfon-dire queste informazioni. L’insuc-cesso dello studente era convenzio-nalmente attribuito alla mancanzada parte dello studente stesso dellecapacità, delle attitudini e delle mo-tivazioni. Nei decenni recenti siamomano a mano giunti a comprendereche il lavoro effettivo dello studen-te è il risultato di una collaborazio-ne. Il fulcro centrale della collabora-zione risiede certamente fra l’inse-gnante e lo studente. Oggi numericrescenti dimostrano valido il pun-to di vista di Lev Vygotsky secondoil quale non c’è nulla nella menteche non sia prima nella cultura. Lospecialista della comunicazioneWilliam Rawlins sostiene che l’i-struzione maggiormente efficacenasca da una relazione di amiciziafra insegnante e studente.Inoltre, non è solamente il rapportodello studente con l’insegnante cheè importante. Gli allievi e gli inse-gnanti vengono attratti in modocrescente dai rapporti interpersona-li (amicizia, interazioni nei gruppi,antagonismo razziale ed economi-co), che si evincono dai lavori dellostudente. Più ampiamente, moltipedagogisti hanno puntato l’atten-zione sul più ampio contesto socia-le dell’istruzione. Comprendiamoin maniera crescente l’importanzadella povertà, dell’etnicità, e dellacomposizione della famiglia, peresempio, nella formazione del lavo-

DALLA MENTE ALLE RELAZIONILA SFIDA EMERGENTE

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ro dello studente. L’attività di un in-dividuo è solo la manifestazione diun ampio network di relazioni. Unostudente non ce la fa mai da solo néfallisce da solo.

Dai curricula ai criteri culturali

Secondo la tradizione individuali-sta, il lavoro di uno studente vienevalutato in base a standard di unprogramma di studi fisso. La logicaed il contenuto del programma,predisposto in assenza dello stu-dente, stabilisce ciò che conta come“conoscenza importante”. Con unacrescente sensibilità verso il conte-sto relazionale, iniziamo a vedere ilimiti di un programma di studi ba-sato sull’individuo e la disciplina.Sempre più vediamo le mura delleclassi come barriere artificiali tra ilprocesso educativo e culturale. Lenostre attività nel mondo vengonoraramente incasellate in pacchettidisciplinari, né la ragione effettiva èmai slegata da contesti spesso com-plessi. “L’istruzione situata” è es-senziale. È in questa prospettivache potremmo apprezzare gli sforziinnovativi di molti insegnanti checreano dei legami fra le classi ed ilcontesto culturale. Per esempio, gliesercizi di “valutazione autentica”,nei quali gli studenti lavorano in-sieme per risolvere problemi com-plessi nell’ambiente esterno e co-municano i loro risultati ad un pub-blico diverso da quello degli inse-gnanti, stanno gradualmente tro-vando una loro maturazione. Piùampiamente visibili sono i pro-grammi universitari nel serviziodell’apprendimento; in questo casol’impegno della comunità serve damatrice educativa. Più sottilmentema persuasivamente, gli educatorispingono i loro studenti ad esplora-re il Web mondiale per avere pro-

spettive molteplici su un tema asse-gnato. Alla Rice University il labo-ratorio di insegnamento GardinerSymonds non fornisce leggii o scri-vanie per gli insegnanti. Piuttostotroviamo molti computers, sedie gi-revoli per studenti ed insegnanti, etre pareti provviste di pannelli suiquali ogni computer può proiettarei suoi contenuti, insieme a materia-le video e CD Rom. La classe puòlavorare virtualmente e simultanea-mente in ogni parte del mondo.

IMPEDIMENTIED INVITI

La mia speranza è che si possa indi-viduare tra i frammenti del cambia-mento educativo un modello emer-gente, e che si possa porre questomodello all’interno di una più am-pia trasformazione culturale. Allostesso tempo credo che siamo appe-na arrivati al punto di partenza. Se-condo la mia opinione la maggiorparte dell’attività educativa rimanecollocata all’interno della tradizio-ne individualista. Tra i più forti im-pedimenti al cambiamento relazio-nale ci sono le forti convinzioni sul-la valutazione individuale e la re-sponsabilità standardizzata. Per va-rie ragioni, buone e cattive, gli inse-gnanti sono vicini ai genitori ed an-che agli studenti nel desiderio di sa-pere dove si colloca l’attività diogni individuo in confronto agli al-tri. L’ideologia individualista è tan-to forte quanto penetrante. Gli inve-stimenti nella valutazione indivi-duale si intensificano, comunque,se si pensa che sono collegati agliesami di valutazione standardizza-ti. Quando vince la visione secondocui la ragione e la conoscenza sonouniversali, trascendendo da ogni

bisogno e valore della comunità, siarriva alla brutale competizione frastudenti, scuola, regioni e nazioni. Concludo con un aneddoto perso-nale, in parte per sottolineare il bi-sogno di un impegno dalle salde ra-dici nella sfida relazionale ed inparte per riflettere sulle sue poten-zialità. Spinta dalla sfida del rela-zionismo, ho compiuto un esperi-mento sostituendo la composizionescritta con il dialogo. In questo casogli studenti lavorano in piccoligruppi su un argomento attinenteal corso. Ogni studente contribuiscead una serie di scambi via mail. Ilvoto si basa sulla qualità del dialo-go, se le parole di uno arricchisconoquelle dell’altro, informano il grup-po, e portano il dialogo verso nuo-ve direzioni. Secondo la mia espe-rienza gli studenti amano questomodo di lavorare e ne sperimenta-no significativi benefici. Inoltre, cre-do di aver imparato anch’io dalladiscussione che è nata. Comunque,nonostante io abbia valutato il dia-logo nel suo insieme, gli studentihanno insistito nell’avere un votopersonale corrispondente al loropersonale contributo. Ho esitato, ri-flettuto ed alla fine ho capitolato ailoro desideri. Forse le innovazionisono migliori quando portano consé residui di tradizione. La discus-sione rimane aperta…

Kenneth J. GergenDocente di PsicologiaSwarthmore College Pennsylvania(Trad. di Sabrina Perini)

Orientamento

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LA SCUOLA COME ORGANIZZAZIONEIL PUNTO DI VISTA DELLA PEDAGOGIA

Matteo Cornacchia

Nel più recente panorama della ri-cerca educativa si sta riscontrando,ormai già da qualche anno, unemergente interesse per gli aspettiorganizzativi delle agenzie formati-ve e della scuola in particolare. Finoa non molto tempo fa i pedagogistiguardavano ai contesti scolasticidal punto di vista delle finalità edu-cative, dei processi di insegnamen-to e degli stili di apprendimento.Tutto il resto (dalla gestione delle ri-sorse umane all’organizzazione deitempi e degli spazi) sembrava noninteressarli direttamente perchéestraneo al dominio pedagogico diloro competenza. Si era dunque venuta a creare unadistinzione piuttosto rigida. Da unaparte i processi formativi, da sem-pre considerati come il regno del-l’affettività, dei carismi personali,della gestione creativa di ciò che ac-cade «qui e adesso» tra insegnanti ealunni e, pertanto, meritevoli di

studi empirici. Dall’altra tutte quel-le sovrastrutture formali che, di fat-to, limitando con regole, proceduree controlli l’esercizio della libertàd’azione degli insegnanti (Romei,1999), venivano percepite come al-tra cosa rispetto alla didattica ed allavoro d’aula. Significativo, in pro-posito, lo sfogo di una maestra rac-colto da Romei durante un corsod’aggiornamento per insegnanti:«Passo il mio tempo ad occuparmidi organizzazione: la mensa, la bi-blioteca, la ricreazione, le uscite, lecompresenze, e non me ne resta al-tro per il mio compito principale,che è educare». Singolare, sottoli-nea lo stesso Romei, non tanto laprotesta per il sovraccarico di in-combenze, quanto piuttosto la di-stinzione netta fra il mondo dell’or-ganizzazione, che si occupa di “co-se materiali”, e il mondo dell’edu-cazione, che evidentemente ne puòfare a meno. Il problema della separazione fra ilmomento educativo e quello orga-nizzativo era già ben noto a KarlWeick, sociologo che ha dedicatobuona parte dei suoi studi proprioai contesti scolastici. Egli, in un ce-lebre articolo pubblicato nella rivi-sta Administrative Science Quarterlynel 1976, descriveva la scuola attra-verso questa paradossale metafora:«Immaginate di essere arbitro, alle-natore, giocatore o spettatore di unasingolare partita di calcio: il campoha forma circolare, le porte sono piùdi due e sono sparse disordinata-mente lungo i bordi del campo. Ipartecipanti possono entrare e usci-re dal campo a piacere; possono di-re “ho fatto gol” per quanto voglio-no, in ogni momento, per quantevolte vogliono. Tutta la partita sisvolge su un terreno inclinato e vie-ne giocata come se avesse senso.Ora, se sostituiamo nell’esempio

l’arbitro con il preside, gli allenato-ri con gli insegnanti, i giocatori congli studenti, gli spettatori con i ge-nitori e il calcio con l’attività scola-stica, si ottiene una definizione al-trettanto singolare delle organizza-zioni scolastiche». L’intento diWeick non era quello di descriverela scuola come un’organizzazionepriva di senso, ma, al contrario,quello di sottolineare la necessità dipossedere, anche per la scuola, unmodello organizzativo adatto allefinalità educative, didattiche e so-ciali dei sistemi di istruzione. Que-sta esigenza nasceva dalla volontàdi superare alcuni atteggiamentispontaneistici ed occasionali concui, troppo stesso, venivano definitii processi di insegnamento ed ap-prendimento e le attività scolastichein generale. Weick, pertanto, propo-se di intendere i contesti scolasticicome sistemi a legame debole, caratte-rizzati cioè da un elevato grado diautonomia e indipendenza dellesingole componenti (docente, am-ministrativa, studentesca, ambien-tale) che costituiscono l’organizza-zione scolastica. Il mondo della pedagogia ha rece-pito relativamente tardi questo in-vito ad aprire la riflessione sullascuola anche alle istanze organizza-tive ed alla necessità di conciliarlecon quelle educative e didattiche.Le ragioni di tale ritardo possonoessere sintetizzate in tre considera-zioni principali. Anzitutto è sopravvissuta troppo alungo la confusione che, nel corsodegli anni, si è venuta a creare fra ilconcetto di organizzazione ed il con-cetto di azienda. In altri termini perlungo tempo la riluttanza nei con-fronti di un approccio organizzati-vo alle istituzioni scolastiche è statogiustificato dal timore di ridurre lascuola alla stregua di un’azienda,

ual è il modello organizzativopiù adeguato alle esigenzedell’attuale sistemaformativo? Superatadefinitivamente la logicacentralistica e verticistica diderivazione gentiliana, oggil’autonomia scolasticasuggerisce l’opportunità disoluzioni diversificate,contestuali ed orientateall’apertura e all’integrazionefra sistemi

Q

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identificando erroneamente que-st’ultima con l’organizzazione toutcourt. Da una parte è certamentevero che l’attuale lessico della scuo-la ha mutuato molti termini dal mo-dello aziendale (basti pensare allaleadership dirigenziale, ai modelli dimanagement scolastico, all’importan-za attribuita agli stakeholder, o a con-cetti quali la soddisfazione del cliente,qualità totale, accreditamento e certifi-cazione, ecc.). Ciò ha determinato,almeno inizialmente, un atteggia-mento abbastanza prudente da par-te della ricerca pedagogica, impe-gnata soprattutto a precisare il si-gnificato che certi modelli assumo-no una volta adattati alle peculia-rità dell’organizzazione scolastica,nonché a prendere le distanze da

certi eccessi nelle interpretazionidella cultura d’azienda (ad esem-pio, soprattutto negli anni Ottanta,la tendenza a mutuare in manieraacritica strutture e modalità orga-nizzative dal modello razionale-aziendale aveva alimentato l’illu-sione di poter rendere la scuola piùefficiente e moderna). D’altra parte,tuttavia, va precisato che la neces-sità di garantire alla scuola una coe-rente dimensione organizzativanon significa in alcun modo “ridur-la” ad azienda (operazione, que-st’ultima, operativamente ed ideo-logicamente non percorribile).La seconda spiegazione sottolineainvece lo stretto legame fra l’ap-proccio organizzativo e l’attualecontesto di riforma e cambiamento

che sta investendo il sistema scola-stico. In sostanza, secondo diversiautori, l’interesse nei confronti del-la scuola in quanto organizzazionesi sarebbe consolidato solo a partiredalle recenti disposizioni con cui siè avviato il processo di autonomiadelle scuole. In particolare il nuovocorso normativo che ha messo a re-gime l’autonomia di gestione degliistituti scolastici ha suggerito unanuova opportunità di lettura dei te-mi relativi all’organizzazione anchenella realtà specifica della gestionedei processi formativi (Alessandri-ni, 1999). Gli attuali scenari di cam-biamento introducono nella scuolaitaliana prospettive pedagogiche e diorganizzazione del lavoro diverse dalpassato, per cui la realizzazione del

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Orientamento e scuola

Paesaggio a Lateis, 1955

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nuovo quadro normativo, divenutogià vincolante per l’attività didatti-ca, richiede un’attenta riflessione sualcune questioni (anche organizza-tive) che esso suscita nella sua fasedi attuazione (Semeraro, 1999). Lenorme sul riconoscimento di speci-fiche ed autonome unità scolastichehanno posto le premesse per l’avviodi un processo in cui la dimensionegiuridica si intreccia con quella cul-turale e comportamentale e la di-mensione pedagogica si fonde conquella organizzativa. I cambiamen-ti e le innovazioni che caratterizza-no la scuola italiana di oggi sonodestinati a modificare radicalmenteil suo assetto strutturale: «occorreràancora del tempo perché emerganotutte le implicazioni che potrannoderivare dal passaggio da un siste-ma centralistico, nel quale gli aspet-ti burocratici hanno conservato alungo la loro importanza, a un mo-dello ispirato all’autonomia orga-nizzativa e didattica. Tale cambio discenario trova la sua ragione cultu-rale da un lato nella complessità in-trinseca a un diverso quadro delleaspettative della società; dall’altronella definitiva affermazione dellaprospettiva dell’autonomia, caratte-rizzata da comportamenti profes-sionali del personale della scuolache non trovano alcun riscontro inquelli di epoche precedenti. Proce-dere nella direzione dell’autonomiarichiede l’acquisizione di nuoveconsapevolezze e, soprattutto, la ca-pacità di ricercare soluzioni ade-guate a bisogni ed esigenze che im-plicano un investimento culturale eorganizzativo nella prospettiva delmiglioramento continuo del servi-zio erogato»1. La terza spiegazione, infine, ripro-pone la questione dei compiti dellascuola e, in particolare, l’annosacontroversia fra l’educare e l’istrui-

re. Tale dicotomia appartiene allastoriografia della “lunga durata”,nel senso che ha da sempre interes-sato i pedagogisti ed ha visto con-frontarsi, nel corso degli anni, op-posti schieramenti a sostegno del-l’una o dell’altra tesi. In Italia, il di-battito sui compiti della scuola haripreso vigore nei primi anni Ot-tanta, ovvero quando si pose ilproblema di ridefinire la funzionedella scuola pubblica in linea conlo sviluppo delle scienze dell’edu-cazione e con i nuovi bisogni dellasocietà (Desinan, 1998). Dopo glianni Novanta il quadro concettua-le entro il quale si svolgeva il di-battito si è arricchito di nuovi in-terrogativi e nuovi spunti, consoli-dando la convinzione che qualsiasi

compromesso fra le due alternati-ve sarebbe fuori luogo. In altri ter-mini oggi la questione non si ponepiù fra due alternative (educare oistruire) che si escludono a vicendae, soprattutto, non è di esclusivacompetenza pedagogica. Il ruolo ela funzione della scuola nell’attua-le società complessa dipendonoanche dalla sua organizzazione, in-tesa come un fattore chiave dell’ef-ficienza complessiva dei processiformativi: «i fallimenti nella scuolasono anche dovuti a carenze orga-nizzative e di intesa fra docenti. Letesi sostenute da educazionisti eistruttivisti hanno quasi sempreignorato i problemi organizzativi.Per una organizzazione efficace bi-sognerebbe anche pensare a nuove

LA SCUOLA COME ORGANIZZAZIONE

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Tramonto a Rutte, 1938

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figure nella scuola con una direttaresponsabilità organizzativa e di-dattica e con un ruolo propositivonelle stesse decisioni collegiali,perché gli insegnanti non possonoessere sovraccaricati di compiti»2.A fronte delle richieste sempre piùnumerose che oggi vengono avan-zate all’istituzione scolastica, la ca-pacità di organizzarsi significaammettere che la scuola non puòfare tutto, ma che è necessario sce-gliere, fissare dei paletti, stabiliredelle priorità. Come spiega Romei(2001), non si tratta di una “ridu-zione” indebita e squalificante, mala “selezione” (magari sofferta, macompetente) è il presupposto el’essenza stessa della costruzionedella trama organizzativa finaliz-zata al tentativo di governo dellacomplessità scolastica. L’approccioorganizzativo, dunque, si pone co-me un contributo di metodo (il“come”) per affrontare e gestire lacomplessità della scuola. La peda-gogia deve costruire gli orizzontidi senso dell’azione scolastica (il“cosa”, e il “perché”); deve certa-mente indicare gli oggetti rilevantinel percorso di crescita delle perso-ne, definire i modelli di riferimen-to e le ipotesi circa le modalità diinsegnamento e di apprendimentoplausibilmente efficaci (Romei,2001). A partire da queste considerazionisullo “stato dell’arte”, rimane dachiedersi quale sia il modello orga-nizzativo più adeguato alle esigen-ze dell’attuale sistema formativo.Superata definitivamente la logicacentralistica e verticistica di deriva-zione gentiliana, oggi l’autonomiascolastica suggerisce l’opportunitàdi soluzioni diversificate, conte-stuali ed orientate all’apertura e al-l’integrazione fra sistemi. Ogni sin-golo istituto, pertanto, potrà adotta-

re il proprio modello organizzativosulla base delle risorse interne(umane e strumentali), delle esigen-ze espresse dal territorio e delle ca-ratteristiche dell’offerta formativaerogata. Ciò, naturalmente, richiede l’acqui-sizione di specifiche competenze or-ganizzative non solo da parte dei di-rigenti scolastici, come inizialmenteprevisto dal DM 5 agosto 1998, maper tutto il personale della scuola esoprattutto per i docenti. In tal sen-so nel prossimo futuro sarà necessa-rio prevedere adeguate integrazioniai percorsi formativi sia a livellouniversitario (in particolare per queicorsi che preparano alle professionieducative) sia a livello di scuole dispecializzazione (si pensi alla SISS)sia a livello di formazione continua(corsi di aggiornamento per docentie capi d’istituto).

NOTE

1) N. Capaldo, L. Rondanini, Gestiree organizzare la scuola dell’autonomia,Erickson, Trento 2002, p. 11. 2) C. Desinan (a cura di), Discuterela scuola, Franco Angeli, Milano1998, p. 41.

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Matteo Cornacchia Dipartimento dell’EducazioneUniversità di Trieste

Orientamento e scuola

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I

I CIRCOLI DI FORMAZIONEDEGLI ADULTIDALL’IDEA SVEDESE ALL’ESPERIENZA TOSCANA

Giulio Iannis

VERSO UN SISTEMADI EDUCAZIONEPERMANENTE

Con il Memorandum on lifelong lear-ning, l’Italia è entrata, assieme aglialtri paesi europei, nell’era dellaconoscenza e dell’apprendimentocontinuo. Questo significa che i no-stri tradizionali modelli di appren-dimento, di vita e di lavoro sonodestinati ad una rapida trasforma-zione, in funzione dei nuovi modidi sviluppo e gestione delle intera-zioni sociali ed economiche. Il buonesito della transizione dalle realtàtradizionali ad un’economia e aduna società basate sulla conoscenzadeve essere accompagnato da unorientamento generale verso la dif-fusione dell’istruzione e della for-mazione permanente.La scelta toscana, in questo senso, èstata quella di creare un sistema dieducazione permanente che com-prende sia l’educazione formale,

che porta ad un titolo di studio o adun attestato professionale, sia l’edu-cazione non formale, che prevedemodalità di apprendimento menostrutturate. In questo ambito, la Re-gione Toscana ha promosso e soste-nuto il modello dei Circoli di Stu-dio, ovvero di attività formative or-ganizzate per piccoli gruppi di cit-tadini a partire dalla loro domandadi formazione.Il modello toscano di educazionepermanente si basa sull’idea di unaformazione:• adeguata alle modalità reali con

cui i cittadini adulti apprendononella vita quotidiana e nel lavo-ro;

• attenta alla domanda individua-le di sapere;

• indipendente dalle rigide logi-che della formazione basata sul-l’offerta;

• mirata a promuovere e rafforza-re le capacità della popolazionedi fruire delle opportunità e deiprocessi di apprendimento giàdisponibili nel contesto locale;

• in grado di integrare percorsiformali e non formali.

In questo senso l’idea dei Circoli diStudio rappresenta una soluzioneottimale per lo sviluppo di questomodello e per la piena diffusionedella formazione permanente versotutta la popolazione del territoriotoscano.Il circolo di studio (Studiecirkel)1 èuna struttura pedagogica, sistema-tizzata in Svezia da Oscar Olssonall’inizio del secolo scorso. In Sve-zia questo tipo di formazione van-ta una tradizione molto importantee positiva, che si è poi diffusa in al-tri paesi del Nord Europa. Nel1912 lo Stato svedese iniziò a fi-nanziare dei circoli di studi lettera-ri, mentre dal 1947 i circoli di stu-dio organizzati da associazioni

educative beneficiano di sovven-zioni pubbliche per coprire le spe-se relative agli istruttori, al funzio-namento e al materiale didattico.Ancora oggi in Svezia vengono at-tivati ogni anno circa 320 mila cir-coli di studio, con una diffusioneche raggiunge il 75% della popola-zione adulta. I circoli di studio rap-presentano una modalità didatticacon cui si organizzano molte delleattività formative all’interno delleaziende, delle istituzioni, del mon-do dell’associazionismo.Il circolo, nella tradizione svedese,è un piccolo gruppo di personeche si riuniscono volontariamenteper un lungo periodo di tempo alfine di partecipare ad attività orga-nizzate di carattere culturale o pe-dagogico. Non è sempre necessa-ria la presenza di un formatore,ruolo che può essere svolto da unodei partecipanti. L’idea del piccologruppo è un aspetto molto impor-tante, in quanto, mancando la fi-gura del formatore, è necessarioche il gruppo sia ristretto, in mododa organizzare più facilmente epiù efficacemente i processi di ap-prendimento. Poiché non c’è la fi-gura ben definita di un formatore,il circolo di studio ha una forte va-lenza di autonomia e autogestio-ne, tanto che nel processo di costi-tuzione del circolo la prima fase èsempre dedicata alla definizionecomune degli obiettivi formativi edelle modalità di lavoro del grup-po. Da una parte vi è la necessitàche le persone che partecipano sia-no in grado di interagire all’inter-no del gruppo, ma al tempo stessooccorre che questa modalità di ap-prendimento sia supportata da unsistema, da un’organizzazione ingrado di promuovere, progettare emonitorare tutte le attività del cir-colo stesso.

l circolo favoriscel’incontro e l’autonomiadei partecipanti: ognipersona deve infattipartecipare attivamente,valorizzare e trasferire ipropri saperi all’internodel gruppo, ottimizzando ipropri tempi di studio e diapprendimento. Gli adultihanno modo di rientrare in formazione e riattivarequindi il proprio percorsodi apprendimentoindividuale

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Per garantire continuità, sostegno emetodo, il circolo di studio deve es-sere dunque integrato in un sistemaorganizzato che, attraverso azionidi tutoraggio e coordinamento, pos-sa garantire le condizioni miglioriper l’attivazione di autonomi pro-cessi di apprendimento da parte deipartecipanti. In questo senso il mo-dello dei circoli dovrebbe essere ingrado di generare, in contesti diver-si, un’offerta di opportunità educa-tive come risposta diretta alla do-manda precedentemente espressadagli stessi partecipanti.Una tra le prime sperimentazionitoscane del modello dei circoli di

studio si è svolta a Chiusi, graziealla collaborazione tra l’Ammini-strazione Comunale ed il CentroStudi Pluriversum di Siena. Larealizzazione dei circoli di studioin un piccolo comune del Suddella Toscana è stata un’espe-rienza molto interessante, poichéha dimostrato come il modellopossa trovare applicazione anchein contesti territoriali di dimen-sioni limitate, valorizzando lerealtà culturali esistenti e svol-gendo una funzione di promo-zione e di “moltiplicazione” deisaperi già presenti tra la popola-zione locale.

Il progetto di Chiusi si è sviluppatoattraverso le seguenti azioni:• coordinamento e monitoraggio

del progetto;• informazione e promozione;• analisi della domanda;• formazione dei tutors;• incontri di orientamento e pre-

parazione per la costituzione deiCircoli di Studio;

• realizzazione di 20 Circoli di Stu-dio;

• diffusione dei risultati.L’azione di coordinamento ha ga-rantito la pianificazione e la pun-tuale organizzazione delle azionipreviste, con particolare attenzione

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Orientamento e scuola

1937 ca.

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verso un percorso formativo di 60ore. L’obiettivo dell’azione di for-mazione dei tutors è stata quello dipreparare un gruppo di operatori ingrado di promuovere ed accompa-gnare le attività formative realizza-te attraverso i circoli di studio. Al-cuni tutors sono persone che giàoperano nella formazione, altri so-no operatori e volontari dell’asso-ciazionismo locale, motivati adiffondere il modello dei circoli distudio all’interno delle organizza-zioni del territorio.Centrale rispetto alle dinamiche disviluppo del progetto è stata anchel’azione di orientamento per la co-stituzione dei circoli: gli adulti inte-ressati a partecipare ai Circoli diStudio hanno potuto accedere ad

un percorso di orientamento, fina-lizzato ad analizzare e definire gliobiettivi formativi individuali. Perogni persona si presentavano duepossibilità: promuovere un circolodi studio su un argomento di pro-prio interesse o aderire ad un grup-po di studio già avviato su argo-menti simili o diversi.In questa fase, attraverso colloquiindividuali e di gruppo con i citta-dini interssati al progetto, sono sta-ti definiti i temi e le finalità dei cir-coli che potevano realisticamenteessere promossi e finanziati.Gli incontri di orientamento hannorappresentato una fase molto im-portante perché non tutte le propo-ste di circolo hanno potuto trovareuna realizzazione e molto spesso lepersone, nella scelta di un nuovotipo di formazione, hanno dimo-strato di avere bisogno di riflettere,per cercare di trovare all’interno diquesta nuova modalità educativa iltipo di circolo e di percorso forma-tivo più adatto alle loro esigenzeed interessi. L’eterogeneità delpubblico dei circoli di studio è sta-ta infatti una delle caratteristichepiù importanti: sono stati realizza-ti circoli con persone di età diversa,con occupati e disoccupati, constudenti universitari, anziani epensionati, iscritti a diverse asso-ciazioni e semplici cittadini inte-ressati ad un unico e specifico ar-gomento. La possibilità di inserireall’interno di questi percorsi perso-ne con caratteristiche molto diver-se è stato un elemento interessantedi sperimentazione e sviluppo delmodello.A Chiusi sono stati attivati com-plessivamente venti Circoli di Stu-dio, con il coinvolgimento di 141partecipanti, di cui 99 donne e 42uomini. Ad ogni circolo, la cui du-rata minima è stata di 18 ore, han-

18 QUADERNI DI ORIENTAMENTO ■23

ai rapporti istituzionali. Le attivitàdi informazione e promozione,svolte in collaborazione con l’Infor-magiovani di Chiusi, hanno rappre-sentato uno degli aspetti centrali estrategici del progetto in quanto ilnuovo modello formativo dovevaessere correttamente e adeguata-mente presentato ed illustato ai po-tenziali fruitori delle diverse oppor-tunità di apprendimento. L’analisidella domanda è stata realizzata sudati raccolti attraverso un questio-nario ed una serie di incontri digruppo con l’utenza interessata alprogetto.La diffusione del modello è statagarantita in particolare dalla pre-senza di un gruppo di tutors, for-mati nell’ambito del progetto, attra-

I CIRCOLI DI FORMAZIONE DEGLI ADULTI

Vecchia stalla, 1940 ca.

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no partecipato in media sette per-sone. Ogni circolo ha potuto con-tare sul sostegno di un tutor per16 ore e di un esperto per un nu-mero di ore variabile (da 4 a 8), inbase ai contenuti e alla comples-sità degli argomenti. I circoli sonostati autogestiti dai partecipanti,attraverso un accordo, patto forma-tivo, definito in collaborazione coni tutors. Prima dell’avvio del cir-colo la definizione di un patto for-mativo tra i partecipanti è risulta-ta un’azione necessaria e fondan-te, per delineare gli obiettivi co-muni del gruppo di studio, in mo-do da evitare che i circoli si risol-vessero in un semplice “stare in-sieme”. Ogni circolo si è poi aper-to con una fase di negoziazione edefinizione di comuni modalità etempi di studio.Al termine del progetto l’Informa-giovani di Chiusi ha raccolto la do-cumentazione ed i materiali pro-dotti attraverso i Circoli, metten-doli a disposizione della cittadi-nanza. I risultati e gli strumentielaborati saranno inoltre resi di-sponibili attraverso il sito Internetwww.circolistudio.it, al fine di pro-muovere altre iniziative in questoambito, stimolando la collabora-zione tra istituzioni, associazioni egruppi locali.I punti di forza di questa esperien-za sono stati:• il supporto operativo dell’Infor-

magiovani, in quanto il modellodei circoli di studio si basa sullapresenza di una sede operativadi supporto alle attività, in gradodi far incontrare tra loro le diver-se idee e proposte formative;

• la formazione di tutors, perchél’autogestione non è semplice daattivare, senza un’efficace azionedi orientamento e tutoraggio;

• il coinvolgimento di associazio-

ni e gruppi locali, in quanto ilmodello dei circoli di studiodeve essere profondamente le-gato al territorio, al contesto eai saperi già diffusi tra la popo-lazione.

I punti ancora da sviluppare sonoinvece:

• gli strumenti di informazione ediffusione del modello che, senon correttamente compreso,non riesce a svilupparsi in modoefficace e generare quindi pro-cessi virtuosi di “moltiplicazionedel sapere”;

• l’aspetto della promozione del-l’autogestione implica un’attentariflessione, infatti la difficoltà deicircoli è legata spesso all’incapa-cità del gruppo di valorizzare lalibertà di scelta nella progetta-zione del proprio percorso for-mativo.

Questa sperimentazione toscana haevidenziato sicuramente moltiaspetti positivi di un modello diformazione che si presenta moltoflessibile, aperto e socializzante. Ilcircolo favorisce l’incontro e l’auto-nomia dei partecipanti: all’internoogni persona deve infatti partecipa-re attivamente, mettersi in gioco,confrontarsi con gli altri e condivi-dere nuovi e diversi linguaggi, va-lorizzare e trasferire i propri saperiall’interno del gruppo, ottimizzan-do i propri tempi di studio e di ap-prendimento.Per ognuno degli adulti partecipan-ti il circolo è stato un modo perrientrare in formazione e riattivarequindi il proprio percorso di ap-prendimento individuale. Per la co-munità locale il progetto è servitocome stimolo all’aggregazione deicittadini e alla costituzione infor-male di una collettività di studio, ingrado di autopromuovere al pro-prio interno percorsi di apprendi-

mento, di produzione e di trasmis-sione del sapere.Il modello dei Circoli di Studio rap-presenta sicuramente un’esperien-za didattica particolarmente adattaalla formazione degli adulti, anchein contesti locali di piccole dimen-sioni, dove meno ricca è l’offerta for-mativa istituzionale. Nelle paroledel fondatore dei circoli, che diceva“i circoli servono a tener vivo l’im-pegno e a far crescere la capacitàdella gente di creare vita e cultura”,è riassunto anche il senso di questaprima sperimentazione toscana delmodello pedagogico svedese.

NOTE

1) La definzione è tratta da un sag-gio di Arne Carlsen, referente del-l’Accademia Popolare Nordica, inFederighi P. (a cura di), Glossariodell’educazione degli adulti in Europa,Firenze, quaderni Eurydice, n.19 –2000.

Giulio IannisCentro Studi Pluriversum – Siena

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INFORMARSI, STUDIARE E LAVORARESENZA CONFINI

Piero Vattovani, Graziella Pellegrini

NUOVI SCENARI PERL’ORIENTAMENTONELLA SOCIETÀGLOBALE

I processi personali e sociali attra-verso i quali le persone orientano leloro scelte formative, professionalie di vita sono ormai fortemente ca-ratterizzati e influenzati, in varimodi, dalla dimensione globale dacui dipendono anche i fatti e glieventi locali.In premessa, pare opportuno farecenno ad alcuni elementi chiaveche dovrebbero guidare l’orienta-mento dei cittadini europei1 deglianni a venire che, pur essendoampiamente condivisi tra gliesperti e gli operatori di settore,non sono ancora significativa-mente presenti nelle praticheeducative, nelle esperienze e de-cisioni del quotidiano delle per-sone. Tra gli elementi strutturalihanno assunto un ruolo rilevante

la velocità dei cambiamenti e laturbolenza presente nei sistemisocio-economici mondiali. Esse,grazie anche all’aumentata inter-dipendenza delle parti nell’eco-nomia mondiale, hanno determi-nato un aumento dell’imprevedi-bilità degli eventi a livello macro(economie e mercati) ma portan-do pure una maggiore impreve-dibilità ed incertezza a livello mi-cro (vita lavorativa, professionalee sociale delle singole persone).Nella vita ordinaria sono aumen-tati la frequenza, il grado e la ve-locità dei cambiamenti impostidal contesto esterno e ognuno de-ve imparare a gestire eventi nonprevisti e a convivere con unamaggior incertezza. Purtroppo leidee, i valori e gli atteggiamentidelle persone e dei gruppi hannotempi di recepimento e di adatta-mento molto più lenti, con il ri-schio che si trasformino così inuna barriera inconsapevole cheostacola la comprensione deinuovi fenomeni e impedisce allepersone di introiettare atteggia-menti più funzionali e di adottareregole di comportamento piùconsone al successo nei contestimutati.Il rischio concreto è che la genera-lità delle persone non riesca a “ve-dere” e di conseguenza a "sfrutta-re concretamente” la natura dellenuove opportunità e, pertanto sivenga a trovare in una situazionedi maggior debolezza e margina-lità. L’Istruzione, la Formazionecontinua e anche l’Orientamentodevono pertanto diventare dei si-stemi solidi in grado non solo ditrasmettere conoscenza e informa-zione ma anche di accompagnaregli individui, giovani o adulti chesiano, nel processo di costruzionee ricostruzione delle esperienze,

dei valori e dei significati. Non sitratta più solo di offrire degli og-getti statici di scelta (le alternativedi studio/lavoro presenti sul terri-torio), quanto piuttosto di offrireun “sistema di mediazione” capa-ce di rendere le opportunità più ri-conoscibili, gli individui più com-petenti a riconoscerle e ad utiliz-zarle quando esse realmente sipresentano. In altre parole le per-sone sono chiamate non solo a sce-gliere tra alternative preesistentima anche a costruire, quasi costan-temente, nel corso della loro vitascolastica, lavorativa e sociale, unproprio originale percorso perso-nale e professionale. Specularmen-te anche i servizi e gli operatoridevono assumere un ruolo più at-tivo, ricercando il contatto con gliutenti secondo un approccio pre-ventivo, offrendo prestazioni for-temente integrate in rete con leistituzioni formative, i centri perl’impiego, i servizi socio-assisten-ziali, l’associazionismo giovanile ele imprese. Una parte dell’offertadei servizi per l’orientamento de-ve anche essere ripensata in mododa essere facilmente e localmenteaccessibile e poter entrare nei con-testi dell’educazione informale (lafamiglia, le associazioni, i luoghidi lavoro), ove si formano gli at-teggiamenti, i valori e le motiva-zioni che determinano di fatto lospettro di quali sono le possibilitàdi scelta “pensabili” per ogni sin-golo individuo. Le recenti tecnolo-gie e Internet aprono nuove possi-bilità in tal senso ma per risultareagenti di orientamento e non di di-sorientamento, non possono limi-tarsi a replicare all’infinito, sottoapparenze diverse, la medesimainformazione già presente nel si-stema. Devono invece essere deglistrumenti per veicolare informa-

n progetto perl’orientamentoscolastico eprofessionaletransfrontaliero tral’Italia e la Sloveniacome azionespecialisticafortemente integratacon i servizi educativi,informativi e diorientamento dei duePaesi

U

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zione nuova, per stimolare unamaggiore responsabilizzazione eautonomia degli utenti e per pro-porre diversificate possibilità dicomunicazione con i servizi in re-lazione ai propri specifici bisogni.

PERCHÉL’ORIENTAMENTOTRANSFRONTALIEROE TRANSNAZIONALEITALIA -SLOVENIA

Nel contesto sopra delineato, leazioni per sostenere la mobilitàtransfrontaliera e quelle per pro-muovere la mobilità transnaziona-le possono diventare obiettivi diorientamento per la generalità del-le persone, in particolare modo peri giovani. Il sostegno alla mobilitànon va dunque considerato unprogetto di nicchia riservato ad al-cune categorie di lavoratori o pro-ponibile solo a porzioni limitate diutenti, interne alle reciproche mi-noranze. Le aree confinarie tra l’I-talia e la Slovenia, a ragione dellavicinanza geografica, delle vicendestorico-politiche, delle situazionisociali ed economiche, hanno avu-to continui flussi di comunicazionee di scambio che tuttavia, almenonegli ultimi decenni, hanno inte-ressato prevalentemente il piccolocommercio di confine o il pendola-rismo dei lavori non regolari legatiad alcune categorie di servizi equello inverso vacanziero e deltempo libero.E’ anche vero che esiste da sempreuna mobilità interna all’area dell’e-ducazione e della formazione cheriguarda le scuole medie (Gorizia elimitatamente Trieste), alcune tipo-logie di corsi di formazione profes-

sionale, la frequenza di corsi uni-versitari a Lubiana per la minoran-za slovena in Italia, e l’interesse perl’offerta didattica dell’ateneo triesti-no da parte dei giovani di linguaitaliana dell’Istria.Il Documento congiunto di pro-grammazione INTERREG III A Ita-lia-Slovenia prevede espressamen-te che il periodo di programmazio-ne 2000-2006 abbia come finalitàgenerale, trasversale a tutte le assie le misure del programma, la pre-parazione e l’accompagnamentodella Slovenia all’adesione a pienotitolo all’UE2. L’adesione infattiporterà, in tempi brevissimi, so-stanziali cambiamenti nelle possi-bilità di movimento dei cittadinisloveni verso le opportunità di la-

voro e di studio presenti nei paesidell’UE. Questo flusso interesseràin modo particolare il Nord Est ita-liano e coinvolgerà, ovviamente,anche i cittadini italiani di questiterritori ai quali si apriranno nuoviscenari per l’accesso allo studio eal lavoro verso Est.Pertanto, un progetto per l’orienta-mento scolastico e professionale diinteresse comune tra l’Italia e laSlovenia non può ormai porsi soloobiettivi immediati legati alla mo-bilità transfrontaliera, ma deve ne-cessariamente entrare nella pro-spettiva più ampia di favorire, aivari livelli, la libera circolazionedei cittadini dei due stati, per la ri-cerca delle migliori condizioni direalizzazione professionale, sociale

21QUADERNI DI ORIENTAMENTO■23

Orientamento e società

Sauris di sopra, 1950 ca.

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e personale. La cultura della vici-nanza, dell’interazione e della mo-bilità va coltivata fin dalla scuola,per poter dispiegare successiva-mente le sue potenzialità. In que-sto senso un forte ruolo per l’orien-tamento preventivo deve esseresvolto, prioritariamente, ancor pri-ma che dai servizi dedicati, dalleistituzioni educative e accademi-che creando, proponendo e soste-nendo occasioni di scambio, per-corsi formativi aperti, proposte distage, ecc.Al settore dell’orientamento, comesua specificità, spetta il ruolo direndere innanzitutto “pensabili”,poi “reperibili e riconoscibili” e infi-ne “realisticamente perseguibili ocostruibili”, le opportunità di for-

mazione - lavoro che il territorio al-largato propone.La “pensabilità” pone la questionedi quanto un'alternativa sia vicinao lontana rispetto al mondo cultu-rale e valoriale di una persona. E’un pre-requisito che precedel’informazione e che va perseguitocon idonee azioni di orientamentoeducativo o consulenziale. Nel ca-so di azioni volte a incentivare lamobilità per studio o lavoro deigiovani è necessario un forte coin-volgimento delle famiglie, dellescuole, dei servizi informativi edell’associazionismo giovanile, perentrare anche nei contesti informa-li della cultura e della comunica-zione giovanile, ove si creano gliatteggiamenti personali e si attri-

buisce significato e riconoscimentosociale alle scelte di vita.La “reperibilità e la riconoscibilità”sono invece due delle caratteristi-che fondamentali che devono assu-mere le informazioni per diventareorientative, una volta che sianostate reperite, trattate e offerte agliutenti. Nel caso di servizi che siprefiggono di facilitare la mobilità,queste operazioni vanno fatte an-che per informazioni molto parti-colari che, proprio perché non ser-vono a tutti gli utenti, spesso sonosconosciute anche agli addetti ailavori di settore, tranne ai pochiche hanno dovuto faticosamentericercarle.3 Le aree informative dacoprire sono relative all’istruzione,alle professioni, al mercato del la-

INFORMARSI, STUDIARE E LAVORARE SENZA CONFINI

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Lussari, 1950 ca.

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voro, alle borse di studio, al rico-noscimento dei titoli e alle diverseforme di assistenza e previdenza.E’ evidente che, almeno una partedegli strumenti informativi, vaproposta sia in italiano che in slo-veno per garantire la massimacomprensione e accessibilità daparte di entrambe le popolazioniconfinarie.Infine, per rendere effettivo l’ac-cesso alle possibilità di studio o dilavoro transfrontaliero, si dovreb-be lavorare per un maggiore colle-gamento tra i professionisti delsettore dell’orientamento dei dueStati, in particolare nelle fasceconfinarie. Una parte delle ener-gie dovrebbe venir investita permigliorare le partnership del pro-

getto e attivare così una rete di co-municazione tra i servizi di orien-tamento scolastico o professionaleitaliani e sloveni, in modo da po-ter offrire azioni di consulenzae/o di accompagnamento perso-nalizzato ai casi di orientamentotransnazionale.In sintesi, un progetto per l’orienta-mento transfrontaliero e transna-zionale può essere comunque im-maginato come un’azione speciali-stica che risponde a bisogni partico-lari e ha suoi propri strumenti di in-tervento ma che contemporanea-mente deve nascere in modo forte-mente integrato con l’insieme deiservizi educativi, informativi e diorientamento ordinari, presenti neidue Paesi.

OBIETTIVIDEL PROGETTO

Lo scopo del progetto è quello dicontribuire, con la specificità delleazioni orientative di seguito de-scritte, al raggiungimento degliobiettivi del Programma INTER-REG III A Italia-Slovenia 2000-2006che, così come vengono definiti nelComplemento di Programmazione,consistono “..nel valorizzare le risorseumane e nel qualificarle ai fini di met-terle in grado di far fronte ai cambia-menti in atto nel mercato del lavoro,contribuendo ad aumentare così lacompetitività del territorio.” (misura3.1) e, obiettivo fondante del pre-sente progetto, nel "sostenere inter-

Orientamento e società

23QUADERNI DI ORIENTAMENTO■23

Poesia della neve, 1940 ca.

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venti informativi che favoriscano loscambio, la mobilità e l’orientamentodei cittadini italiani e sloveni nell’am-bito dei sistemi di istruzione, formazio-ne professionale e mercato del lavoro deidue Stati". (azione 3.1.2). Natural-mente l’efficacia di questo obiettivoorientativo è strettamente collegatacon le altre azioni previste all’inter-no della misura 3.1, quali la coope-razione e gli scambi tra scuole, l’of-ferta di formazione professionale,gli stages con valenza transfronta-liera ed infine il sostegno alle nuoveopportunità in un mercato del lavo-ro integrato.4

Più in particolare, il progetto vuolerealizzare l’obiettivo generale sopracitato attraverso un limitato nume-ro di obiettivi specifici. Questi ulti-

mi, a loro volta, si concretizzerannoin mirate azioni operative (macrointerventi), tali da produrre un’inte-razione non occasionale tra i sistemidi orientamento dei due paesi, of-frendo contemporaneamente alcuniservizi informativi e di orientamen-to preventivo, facilmente integrabi-li nei servizi esistenti e immediata-mente spendibili da operatori eutenti.Gli obiettivi specifici individuatidal progetto sono dunque i seguen-ti:1. Verificare i bisogni e ricercare

le fonti informative.Il primo obiettivo specifico è di tipoconoscitivo e riguarda la necessitàdi focalizzare innanzi tutto i bisognidi informazione già espressi dal ter-

ritorio e di produrre una mappadelle risorse informative idonee arispondere a tali bisogni.Le aree da indagare riguardano l’in-sieme delle condizioni sottostantialla mobilità negli ambiti dellascuola, dell’università e del lavoro,con lo scopo primario di ricavare leinformazioni essenziali a realizzareil secondo obiettivo, successiva-mente descritto.Lo scopo prioritario di questa azio-ne conoscitiva è eminentementepratico e deve: precisare i contornidelle aree su cui intervenire; identi-ficare i destinatari tipo; individuaree contattare le fonti, gli esperti di ri-ferimento e la struttura da coinvol-gere per il mantenimento dei servi-zi a regime; enucleare le problema-

INFORMARSI, STUDIARE E LAVORARE SENZA CONFINI

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Estate a Rutte, 1938

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tiche e gli snodi che l’adesione del-la Slovenia alla UE porrà al sistemadi orientamento dei due paesi.2. Mediare l’informazione (racco-

gliere, tradurre, diffondere, per-sonalizzare).

Il secondo obiettivo si propone didotare i servizi di orientamento deidue paesi di un’area informativaplurilingue specificatamente pro-gettata per mediare l’informazionesulla mobilità transfrontaliera. Con-cretamente ci si propone di realiz-zare un sito Internet almeno bilin-gue che, con opportune sezioni te-matiche anche interattive, possasvolgere un’azione pratica di sup-porto alla mobilità transfrontalierae di accompagnamento alle nuoveforme di mobilità conseguenti al-l’ingresso della Slovenia nell’UE.I destinatari finali dei servizi pre-senti nel sito saranno i giovani e ilavoratori, sia come fruitori direttidei servizi on line resi disponibilidal sito, sia come utenti dei servizidi orientamento dei due paesi, tra-mite l’azione di mediazione e di fil-tro svolta dagli operatori, cui saràrivolta un’azione di sensibilizzazio-ne e di coinvolgimento privilegiata.Il sito sarà strutturato come unosportello di autoconsultazione vir-tuale che, con diversi livelli di ap-profondimento, permetterà di in-contrare per la prima volta i sistemiformativi e professionali del paeseconfinante, ma anche di accederealle fonti, alla documentazione spe-cialistica, ai servizi e alle basi datiinformativi disponibili nelle diver-se aree d’interesse in Friuli VeneziaGiulia e in Slovenia. E’ previstoinoltre un servizio informativo per-sonalizzato che, tramite uno spor-tello on line bilingue, garantiscaagli utenti del sito una consulenzaqualificata centrata sulla specificaesigenza del cliente.

Il sito potrà anche essere utilizzatoquale luogo di incontro virtuale, didialogo e di confronto, tra operato-ri (insegnanti, formatori, consulentidi orientamento) che avranno lapossibilità, tramite un’apposita pro-cedura on line, di implementare emantenere aggiornata l’informazio-ne sulle aree di propria competen-za.3. Orientare al sistema delle pro-

fessioni.Il terzo obiettivo specifico si propo-ne di realizzare un prodotto esplo-rativo sulle professioni che sia rap-presentativo del lavoro in Friuli-Ve-nezia Giulia ma anche coerente conun omologo strumento sloveno. Inentrambi i prodotti si potrà cosìprevedere una sezione speciale de-dicata ai profili professionali tran-sfrontalieri e transnazionali di rile-vanza attuale o futura, nella pro-spettiva di un mercato del lavorointegrato.La scelta di questo obiettivo hacomportato la necessità di trovaredelle soluzioni operative affinché icittadini di questi territori di confi-ne possano disporre di un patrimo-nio di conoscenze sulle professionifruibile all’interno dei percorsi deci-sionali di scelta ed utilizzabile nellesituazioni di orientamento educati-vo ordinarie del proprio Paese. Ciòperchè possano percepire la mobi-lità transfrontaliera come una ulte-riore opportunità di valorizzazioneprofessionale, culturale e personaleche il processo di allargamento del-l’Unione europea potrebbe amplia-re e riempire di nuovi contenuti.In particolare, per quanto riguardala conoscenza delle professioni, ènecessario prevedere che l’esplora-zione dei vari profili professionalisia preceduta e strettamente corre-lata da un’attività di autoconoscen-za da parte del soggetto che produ-

ca l’incontro tra il suo mondo valo-riale, le sue rappresentazioni, anchese frutto di stereotipi e semplifica-zioni ed i contenuti informativi piùstrutturati, presenti nelle banchedati sulle professioni. Se tale pro-cesso non viene attivato, l’acquisi-zione di nuova conoscenza sui con-tenuti di un’attività professionalenon sarà utile perchè non verrà ri-conosciuta come pertinente al pro-prio processo decisionale e orienta-tivo.Questa attività di mediazione di-venta fondamentale nei percorsi diorientamento con utenza femmini-le, in quanto la forte presenza distereotipi di genere condiziona an-cora pesantemente la ricerca infor-mativa e preclude spesso a questisoggetti la possibilità ed il diritto disfruttare appieno le opportunitàprofessionali e di carriera offertedall’attuale mercato del lavoro.La soluzione adottata per il presen-te progetto è stata quella di realiz-zare la versione italiana di unsoftware internazionale per esplo-rare le professioni (InternationalAdult Directions di Cascaid) giàadattato al contesto sloveno ed inuso nelle scuole e servizi di orienta-mento sloveni con il nome di Kamin Kakò.Tale scelta operativa sembra, infatti,possedere degli indubbi vantaggi,in quanto, oltre alla garanzia forni-ta da un prodotto già consolidato alivello internazionale permette unostimolante parallelismo con l’atti-vità di orientamento svolta in Slo-venia, facilitando lo sviluppo diuna comune cultura professionaletra gli operatori di orientamentoitaliani e sloveni e favorendo in ge-nerale quell’armonizzazione dei si-stemi che è alla base dello stessoprogramma comunitario Interreg.Non bisogna, infine, neppure sotto-

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25QUADERNI DI ORIENTAMENTO■23

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valutare che in questo modo si crea-no le condizioni affinché gli utenti,soprattutto quelli bilingui, possanoesplorare in maniera analoga i con-testi professionali italiano e slovenoe, nel rispetto delle specificità na-zionali, fare degli utili confronti su-gli esiti delle loro ricerche, primoma importante passo verso una vi-sione ed una percezione dei merca-ti del lavoro di tipo transnazionale eglobale.L’archivio delle professioni propo-ste nel prodotto sarà anche imple-mentato con la descrizione di unnuovo gruppo di profili professio-nali “transfrontalieri”, circa 50, atti-nenti alle professioni attualmentediffuse nel mercato del lavoro tran-sfrontaliero o che verranno richiestedai mutamenti economico-produt-tivi connessi all’allargamento del-l’Unione Europea.Lo scopo di quest’ultima sezione èquello di far in modo che i cittadinidei due paesi possano esplorare ledimensioni e le potenzialità del la-voro transnazionale, nel momentostesso che si orientano ai contestiprofessionali nazionali, correlandoimmediatamente le conoscenze e lecompetenze professionali possedu-te con quanto il mercato allargatorichiede e soprattutto richiederà infuturo.Nei due anni conclusivi del proget-to è prevista un’ampia sperimenta-zione del nuovo prodotto, per per-metterne il consolidamento all’in-terno di istituti scolastici e di servi-zi informativi e di orientamento delFriuli Venezia Giulia.4. Attivare una rete di comunica-

zione e collaborazione tra servi-zi e operatori.

Il quarto obiettivo si propone direalizzare una rete di comunicazio-ne stabile tra i servizi e gli operato-ri di orientamento scolastico e pro-

fessionale dei due paesi partendodalla partnership che si è raccoltaattorno al progetto. In particolarmodo nelle aree di confine, si inten-de stimolare gli operatori all’utiliz-zo delle risorse informative prodot-te dal progetto, anche tramite azio-ni di sensibilizzazione e di forma-zione congiunta.Sinteticamente, questo obiettivosarà perseguito con una costanteattività di assistenza tecnica escientifica, con azioni mirate disensibilizzazione (convegni eworkshop, e brevi moduli nellescuole ), con attività di formazionecongiunta per un gruppo di orien-tatori dell’area transfrontaliera einfine curando una campagna diinformazione e pubblicità al fine difar conoscere gli obiettivi e soprat-tutto ii risultati del progetto mede-simo.

PIANOORGANIZZATIVO

Il valore economico del progetto,per quanto riguarda la quota a cari-co del Programma Interreg, è di568.790,00 euro, a cui va ad aggiun-gersi il lavoro dei tecnici messi a di-sposizione dal Servizio regionale diorientamento e dei partner istitu-zionali del progetto.Come già evidenziato, il progettoha una durata quadriennale a parti-re dai primi mesi del 2004. La pro-grammazione prevede che gli inter-venti legati alla realizzazione deiprodotti ed all’organizzazione deiservizi informativi (macro interven-to 1, 2 e 3) vengano sviluppati nelprimo biennio di attività, mentresono riservate prevalentemente agliultimi anni le azioni a favore deglioperatori e degli utenti.

Questa organizzazione, sebbenecomporti la necessità di concentraregran parte degli sforzi operativi edelle risorse finanziarie in un perio-do di tempo abbastanza ristretto,consente, tuttavia, da un lato diavere poi a disposizione un suffi-ciente lasso temporale per speri-mentare e consolidare i prodotti edall’altro di riservare un’adeguataattenzione e di attribuire il giustopeso a tutte quelle azioni di sensibi-lizzazione (macro intervento 4) chedovrebbero creare le condizioni af-finché istituzioni, operatori e citta-dinanza in generale conoscano efacciano un corretto uso di quanto èstato realizzato.La specificità degli interventi darealizzare, che risultano essere tra-sversali agli ambiti di competenzadi istituzioni diverse (Scuola, Uni-versità, Lavoro), l’importante parte-nariato che si è raccolto attorno alprogetto e la necessità di garantire ilmassimo di trasparenza ai servizida realizzare hanno indotto il Servi-zio per l’orientamento a ipotizzareuna struttura organizzativa del pro-getto su più livelli, in modo da rag-giungere una sicura integrazionecon il sistema di orientamento re-gionale, un forte coordinamentoistituzionale e una realizzazione deicompiti tecnici efficace, affidata asoggetti competenti per ciascunamateria da trattare.In particolare i livelli di responsa-

bilità previsti sono sintetizzati nelseguente schema. (Tab. 1)

RISULTATI ATTESIE IMPATTO

Gli effetti del progetto si possonovalutare in due momenti distinti: a

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breve termine vengono presi inconsiderazione i risultati immediatidegli interventi specifici realizzati,a lungo termine viene invece ana-lizzato l’impatto duraturo del pro-getto sui destinatari e sul settored’intervento.Iniziando dunque dai risultati abreve termine, la conseguenza di-retta del macro intervento 1, “Inda-gine conoscitiva preliminare”, saràche i prodotti ed i servizi messi a

punto all’interno degli altri macrointerventi (2, 3 e 4) saranno più ade-renti ai bisogni effettivi degli utenti.Per quanto riguarda il macro inter-vento 2, “Sito Internet” con i con-nessi servizi informativi on line, i ri-sultati attesi sono che i cittadini ita-liani e sloveni reperiscano, conmaggiore facilità ed in modo piùpersonalizzato, le informazioni pra-tiche necessarie a soddisfare esigen-ze o a realizzare progetti concreti di

mobilità transfrontaliera. Inoltre,dal punto di vista dell’approcciopreventivo, la mediazione culturalee linguistica, svolta da questi nuoviservizi informativi, renderà più evi-denti e conoscibili alla generalitàdella popolazione le opportunità distudio e lavoro offerte dai due terri-tori.L’approccio preventivo/formativoalla mobilità è poi la caratteristicafondamentale del macro intervento

Orientamento e società

27QUADERNI DI ORIENTAMENTO■23

Responsabile del proget-to

• Servizio per l’istruzionee l’orientamentodella Regione FVG

Ha la responsabilità del progetto, curail coordinamento istituzionale, indivi-dua e dirige gli attuatori /fornitori deiquattro macro interventi, garantisce lasostenibilità e il mantenimento nel tem-po dei prodotti e dei servizi realizzati.

Partner istituzionali • Direzione reg.le del LavoroFormazione, Universitàe Ricerca

• Ufficio scolastico regionaleper il FVG

• Università di Trieste• Università di Udine• Istituto per l’Impiego della

Repubblica slovena• Istituto per l’Istruzione

e lo Sport della Repubblicaslovena

Condividono gli obiettivi dell'iniziati-va, partecipano alla progettazione ge-nerale, supportano le fasi di ricerca e direalizzazione, verificano e contribui-scono al mantenimento dei risultati.

Realizzatori/fornitoriservizi

• Insiel SpA

• CASCAiD Ltd (in colla-borazione con ASTER)

• ATI tra istituti di ricercalocali

➜ Sviluppa il sito Internet e ne cura laprima implementazione.

➜ Realizza e sperimenta la versioneitaliana del Cd ROM sulle profes-sioni.

➜ Produce ricerca sulle fonti, testi edocumenti, fornisce assistenza tec-nica, scientifica e organizzativa.

(Tab. 1)

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3, il cui effetto più significativo stanel fatto che le scuole ed i servizi diorientamento, sia in Italia che inSlovenia, disporranno di uno stru-mento interattivo per far esplorareregolarmente ai propri studenti o aipropri utenti il mondo delle profes-sioni locali e transfrontaliere, all’in-terno dei normali programmi diorientamento o di consulenza. Inol-tre, la scelta di descrivere e metterein evidenza le nuove professiona-lità emergenti in ambito transfron-taliero, all’interno di uno strumentoinformativo generale sulle profes-sioni, farà in modo che i giovani siavvicinino naturalmente all’ideache il lavoro e la professionalità delfuturo si costruiscono anche al dì làdei singoli confini nazionali.

Il risultato del lavoro di partenaria-to e di promozione del progetto(macro intervento 4) sarà, da un la-to, di ottenere una migliore sensibi-lizzazione dei cittadini, residentinella fascia confinaria tra l’Italia e laSlovenia, alle opportunità offertedai rispettivi sistemi di istruzione,formazione e lavoro e, dall’altro, diprodurre un rafforzamento dellecollaborazioni operative tra le isti-tuzioni di settore. In particolare,grazie a quest’ultimo intervento sipuò prevedere che a fine progettoun certo numero di operatori deiservizi di orientamento (sia scola-stico che professionale) italiani esloveni siano in grado di utilizzarecorrentemente nel proprio lavoroquotidiano gli strumenti informati-

vi realizzati dal progetto e sianopreparati a comunicare efficace-mente tra loro sulle problematichedei propri utenti interessati alle di-verse forme di mobilità transfronta-liera.Passando ora ad analizzare gli im-patti a lungo termine sul territorio esulla popolazione dell’area Interreginteressata, essi vanno riferiti ai duedestinatari principali: i cittadini deidue stati ed il “Sistema” dei serviziin essi operanti.Nel primo caso gli effetti duraturida ricercare riguardano prevalente-mente una migliore e più diffusaconoscenza, da parte della popola-zione, delle opportunità offerte daidue territori e un incremento dellamobilità per ragioni di studio o di

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Lago di Fusine, 1957 ca.

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lavoro. Ovviamente, come già inprecedenza accennato, un progettodi orientamento scolastico-profes-sionale, che si proponga di promuo-vere la dimensione transnazionale,può raggiungere risultati significa-tivi solo se incrementa contestual-mente anche l’acquisizione di mo-delli culturali che favoriscano lapropensione alla mobilità. In altreparole, per porre le premesse aduna successiva progettualità orien-tativa transnazionale, è indispensa-bile, parallelamente alle azioni pret-tamente informative/orientative,offrire ai giovani più occasioni perfare esperienze pratiche di mobilitàe sostenere con un approccio inter-culturale le problematiche connessea tali scelte.A seguito di queste considerazionirisulterebbe non appropriato valu-tare i risultati a lungo termine deiprogetti rientranti in questa partico-lare azione in modo indipendentedalle realizzazioni quantitative equalitative ottenute tramite le altreazioni previste dalla misura 3.1, lequali, necessariamente anche senon in maniera esclusiva, fornisco-no gli oggetti sostanziali (scambi,corsi, stages, lavori, ecc.) su cui ba-sare gli specifici interventi orientati-vi.Infine, il mantenimento e l’eventua-le sviluppo degli effetti benefici suidestinatari finali del progetto si ba-sano sull’idea che i prodotti/servizirealizzati vengano successivamentefatti propri dal “Sistema di orienta-mento” dei due paesi. L’impatto suisistemi per l’orientamento e suglioperatori è dunque lo snodo crucia-le per garantire continuità a quantoraggiunto tramite le singole macroazioni.La partnership istituzionale che si ècostituita attorno al progetto non èallora strumentale solo al raggiun-

gimento degli obiettivi operativima, raccogliendo attorno ad un ta-volo tecnico di lavoro le principalistrutture responsabili dei servizioperativi del Friuli-Venezia-Giuliae della Slovenia, è un obiettivo pro-gettuale essa stessa. Ci si attende in-fatti che il lavoro di partenariato,sostenuto dalla modalità a regia re-gionale e dalle precise azioni disupporto previste nell’assistenzatecnica, favorisca la reciproca cono-scenza e crei le condizioni per in-crementare la cooperazione istitu-zionale e progettuale tra i servizi,anche a conclusione dell’iniziativamedesima.Inoltre, le azioni di promozione e diformazione congiunta, rivolte adun gruppo significativo di operato-ri collocati nell’area di confine, sonostate ipotizzate in modo da sostene-re lo sviluppo di una rete di comu-nicazione professionale e personale,che potrà facilitare sia la successivanascita di altri progetti di area, siala possibilità di soddisfare meglio leesigenze pratiche degli utenti deiservizi, attingendo anche alle risor-se derivate dalla suddetta rete di re-lazioni tra operatori.

NOTE

1) Il progetto, a titolarità regionale,viene realizzato dal Servizio per l’i-struzione e l’orientamento della Re-gione Friuli-Venezia Giulia, nel-l’ambito del Programma di iniziati-va comunitaria INTERREG III AItalia- Slovenia 2000-2006.

2) A tale proposito si vedano le par-ti riservate all’orientamento conti-nuo (lifelong guidance ) nei seguen-

ti documenti ufficiali dell’UE:• Comunicato della Commissione

sulla realizzazione di uno spazioEuropeo dell’apprendimento per-manente COM(2001)678def del21.11.2001;

• Memorandum sull’istruzione esulla formazione permanenteDOC 0015120003 del 30.10.2000.

3) Si pensi ad esempio al problemadel riconoscimento dei titoli di stu-dio o delle qualifiche professionaliche, anche nei casi in cui si debba ri-correre ad un procedimento già co-dificato, costringe quasi semprel’interessato a lunghe peregrinazio-ni tra uffici diversi solo per poter ri-costruire con certezza la catena del-le procedure e delle istituzioni com-petenti per la sua situazione.4) Il Complemento di programma-zione del programma INTERREGIII A Italia Slovenia 2000-2006 pre-vede che la misura 3.1 “Qualificazio-ne delle risorse umane, aggiornamentoprofessionale e iniziative innovative sulmercato del lavoro” si articoli nelle se-guenti quattro azioni:azione 3.1.1 “Cooperazione transfron-taliera nel campo dell’istruzione”;azione 3.1.2 “Orientamento scolasticoe professionale transfrontaliero”;azione 3.1.3 “Formazione professiona-le transfrontaliera”;azione 3.1.4 “Cooperazione transfron-taliera nel mercato del lavoro”.

Piero VattovaniGraziella PellegriniServizio per l’Istruzione e l’Orientamento Regione FVG

Orientamento e società

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me ipotesi, da vagliare con ulterioriapprofondimenti di ricerca, che co-me conclusioni. Ci si propone dun-que di fornire qualche ausilio cono-scitivo e spunto di riflessione perl’elaborazione, soprattutto in chia-ve strategica, di politiche e pro-grammi da parte dei soggetti cheoperano nella vasta ed articolataarea formata dalle cosiddette “poli-tiche attive del lavoro”1.Il taglio analitico qui proposto edutilizzato si inserirà nel solco del-l’approccio “orientato all’offerta”;ovvero i dati ed i fenomeni sotto-posti ad esame, verranno letti edinterpretati prevalentemente allaluce di quanto accade sul versantedell’offerta di lavoro2. Ciò non soloperché l’interesse analitico e lo sco-po operativo delle politiche del la-voro verte sui lavoratori ed in par-ticolare su quelli che appaiono piùvulnerabili nel MdL (dal punto divista della difficoltà di trovare unlavoro e del rischio di perderequello posseduto). Ma tale sceltadiscende soprattutto dal fatto chesi sta facendo vieppiù spazio, sullabase di riflessioni teoriche e riscon-tri empirici, l’idea della centralitàed autonomia analitica dell’offertadi lavoro [Accornero-Carmignani1986, Ballarino-Bernardi 1997, Do-nati 2002, La Rosa 2002, Mingione-Pugliese 2002, Reyneri 2002]. Talevisione si contrappone ad una let-tura di marca economicista che at-tribuisce priorità analitica alla do-manda. In quest’ultimo caso, l’an-damento del MdL dipenderebbeessenzialmente dall’evoluzione ge-nerale e settoriale dell’economia e,al suo interno, delle variabili tecni-che ed organizzative che determi-nano l’evoluzione quali-quantitati-va della struttura professionale.Secondo questa prospettiva l’offer-ta denoterebbe una forte ed incon-

dizionata propensione ad adattarsialla domanda. La logica d’azionedei lavoratori sarebbe infatti im-prontata da una razionalità econo-mica in senso stretto: essi elegge-rebbero il salario quale incontra-stato parametro di scelta tra le di-verse opportunità, ravvisabili dalconfronto tra imprese, aree geogra-fiche, settori economici, ambiti e li-velli professionali. Dati tali assun-ti, il comportamento dell’offerta ri-sulterebbe analiticamente trascura-bile, visto che il MdL verrebbe so-stanzialmente “spiegato” dall’an-damento della domanda.La visione supply-side oriented, in-vece, questa volta di matrice socio-logica, attribuisce all’offerta auto-nomia e centralità analitica, nelsenso che vede il comportamentodegli attori in rapporto al MdL co-me dettato da dimensioni, logiche,vincoli “sociali”, non riconducibilialle mere finalità e funzioni econo-miche. L’offerta viene dipinta co-me più rigida, più selettiva, menomalleabile rispetto alla concezionealternativa, poc’anzi illustrata. IlMdL, pertanto, non può esserecompreso senza tematizzare l’of-ferta come dimensione capace dicondizionarne l’andamento ed ilfunzionamento. Da questo puntodi vista, contano i fattori struttura-li connotanti l’offerta, quali i trenddemografici, la stratificazione so-ciale, il livello e la distribuzionedell’istruzione e delle competenzeprofessionali; ma contano anchefattori soggettivi e di natura sim-bolica, ovvero i sistemi di “senso”che i soggetti, anche in base alleidentità ed ai valori sociali condi-visi, attribuiscono al lavoro, deter-minando così il proprio sistema dimotivazioni, atteggiamenti, orien-tamenti rispetto al lavoro stesso.L’attenzione analitica riservata al-

N

TRACCE E PROFILIDI DISOCCUPAZIONECOME CAMBIA IL MERCATO DEL LAVORONEL FRIULI-VENEZIA GIULIAGabriele Blasutig

UNA LETTURA DELLADISOCCUPAZIONECENTRATASULL’OFFERTADI LAVORO

Questo articolo si propone di ana-lizzare l’evoluzione del Mercato delLavoro (d’ora in avanti MdL) inFriuli-Venezia Giulia, con particola-re riferimento alle tendenze ineren-ti il problema della disoccupazione.L’obiettivo è quello di andare al dilà di una mera descrizione quanti-tativa, nell’attuale quadro congiun-turale. La domanda di fondo a cui sicercherà di rispondere è pertanto laseguente: leggendo tra le pieghe deidati statistici, si possono riconosce-re segnali di cambiamenti di fondoattribuibili al fenomeno della disoc-cupazione in Friuli-Venezia Giulia?La risposta a tale domanda sarà po-sitiva, ancorché le interpretazioniproposte andranno assunte più co-

ell’osservare ladisoccupazione, nonpossiamo più utilizzaremodelli esplicativi diportata generale ocategorie analitiche troppoinclusive. Più che grandi“serbatoi” didisoccupazione che siimpongono all’osservatore,dobbiamo ricercarne letracce, più o menoprofonde, e ricostruirne iprofili, sempre piuttostoincerti e cangianti

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[Donati 2002], prescindendo dalledefinizioni “oggettivate” dalla enella struttura sociale.La distinzione tra i due contrappo-sti tagli analitici è particolarmenterilevante in relazione alle interpre-tazioni che verranno proposte nelcorso della trattazione. È vero infat-ti che la logica demand-side orientedci predispone cognitivamente apensare la disoccupazione in termi-ni di grandi numeri e di categoriefortemente inclusive. Se si presup-pone infatti che la struttura dell’of-ferta si adegua automaticamente esistematicamente (seppur in viatendenziale e non istantanea) alladomanda, risulta analiticamentetrascurabile la conoscenza ap-profondita di come la disoccupazio-

ne si articoli, di quali logiche presie-dano il comportamento dei disoc-cupati nella ricerca di soluzioniadeguate, di quali siano i fattori chedeterminano la loro condizione ed iproblemi che la condizione medesi-ma produce. L’approccio in parolafa pensare i disoccupati come una“massa” di soggetti disposti a cam-biare continuamente le proprie po-sizioni di status, identità sociali, si-stemi relazionali, ecc., in funzionedelle opportunità occupazionali ereddituali generate dal MdL [Am-brosini 2000, 44-45]. Le linee di de-marcazione e stratificazione socialeperdono dunque significato analiti-co, divengono, per così dire, “invi-sibili”. Per fare un esempio, tra itanti possibili, si può fare riferimen-

31QUADERNI DI ORIENTAMENTO■23

l’offerta costituisce pertanto unespediente conoscitivo necessarioper comprendere lo stato attuale ele condizioni future del MdL3. Pe-raltro, va sottolineato che tale mag-giore sensibilità analitica non sigiustifica solo in chiave metodolo-gica. Risultano infatti fondamenta-li i richiami che ci provengono dal-la “realtà” sociale, in particolare inseguito a quei fenomeni che sonostati evidenziati dalla letteraturasulla post-modernità [Ungaro2001]. In seguito al mutamentodelle condizioni materiali e simbo-liche, la società contemporaneaconcede crescenti margini per laproliferazione dei significati del la-voro (e del non lavoro), definiti subase soggettiva o intersoggettiva

Orientamento e società

Neve a Rutte, 1940 ca.

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to alla categoria fortemente inclusi-va dei “giovani” (oggettivamentediscriminata nel MdL, come vedre-mo in un successivo paragrafo), tra-scurando fattori di ripartizione in-terni a tale categoria, quali possonoessere le appartenenze e le identitàsociali, oppure i livelli e gli indiriz-zi di studio, o ancora le specifichefasce d’età. Da tali differenziazionipossono derivare diversi orienta-menti e sistemi di aspettative ri-spetto al lavoro, diverse strategie diinserimento nel MdL, nonché di-verse dotazioni di capitale intellet-tuale e di capitale sociale.In termini di politiche di contrastoalla disoccupazione, la medesimalogica porta quindi a concentraregli sforzi quasi esclusivamente sul-

l’espansione della base occupazio-nale, ovvero sullo stimolo genera-lizzato dell’economia, trascurandotra l’altro i problemi di “allinea-mento” con le caratteristiche del-l’offerta (per esempio rispetto allanatura dei posti di lavoro che ven-gono generati). Per quanto concer-ne le politiche del lavoro in sensostretto, queste assumono un ruoloresiduale, di tipo “riparatorio”, ri-spetto all’eventuale “difettoso” fun-zionamento del MdL (come adesempio introducendo sussidi didisoccupazione o rendendo obbli-gatoria l’assunzione di determinatecategorie di lavoratori). Va peraltro sottolineato che non so-lo la logica “orientata alla doman-da” induce a pensare la disoccupa-

zione in termini di “masse critiche”,ma è anche vero il contrario. Cioèche una disoccupazione “di massa”implica e richiede, a sua volta, l’ap-proccio analitico in parola. Infatti, èindubbio che, in presenza di dimen-sioni critiche o allarmanti del feno-meno (quali ad esempio quelle ri-scontrabili attualmente nell’Italiameridionale), risulti del tutto sterileun approccio “sottile” alla disoccu-pazione, senza una preventiva poli-tica di allargamento della base oc-cupazionale, da effettuarsi attraver-so la somministrazione, in “dosi dacavallo”, di risorse a sostegno dellosviluppo [Reyneri 2002]. È indub-bio pertanto, che la riduzione delladisoccupazione su soglie accettabilio addirittura fisiologiche, costitui-

TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE

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“Salici”, 1950 ca.

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sca una condizione base per la pos-sibilità di rendere consono e pro-duttivo un approccio supply-sideoriented nella lettura della disoccu-pazione. Tale approccio implica il fatto diriconoscere l’articolazione delleidentità sociali dei disoccupati,nonché di attribuire ad esse unacerta stabilità (ovvero una certaresistenza rispetto ai “richiami”della domanda e, più in generale,rispetto a scelte di mera conve-nienza economica indotte dalMdL). La sensibilità analitica ver-so l’offerta di lavoro, in primoluogo, consente di non abbassarela soglia di attenzione sociale ver-so la disoccupazione, anche inpresenza di dimensioni contenutedel fenomeno: tale atteggiamentoci permette, infatti, di ravvisareappieno la drammaticità della di-soccupazione, che coinvolge nonsolo il singolo individuo disoccu-pato, ma anche il suo sistema, piùo meno allargato, di appartenenzesociali. In secondo luogo, questotaglio analitico rende evidente chedifficilmente, oltre una certa so-glia, il funzionamento del MdLgarantisce aggiustamenti e riequi-libri automatici, ma vengono vice-versa richiesti degli interventiesterni (attraverso le politiche atti-ve del lavoro). In terzo luogo,l’approccio supply-side oriented li-mita il rischio, crescente quandola disoccupazione si riduce, chele politiche del lavoro “manchinoil bersaglio”, perché continuano a“sparare sul mucchio” oppureperché non conoscono sufficien-temente il “gruppo-bersaglio”.Quando i numeri della disoccupa-zione si riducono, paradossalmen-te, le politiche del lavoro risultanopiù difficili, richiedono maggioreimpegno e sforzo cognitivo, sia

sul piano progettuale, sia sul pia-no operativo. Si possono sul punto proporre in-numerevoli esempi di situazioni,desumibili dalla realtà, in cui gliobiettivi delle politiche non ven-gono colti, perché queste risultanomal calibrate. Ne citiamo alcuni inordine sparso: politiche di svilup-po occupazionale che generanoposti di lavoro non in linea con leaspirazioni dell’offerta locale eche di fatto favoriscono, eventual-mente, solo l’occupazione di lavo-ratori immigrati; iniziative per in-centivare la mobilità dei lavorato-ri disoccupati del Sud che non tro-vano adesioni o che coinvolgonolavoratori del tutto inadeguati ri-spetto alle esigenze del tessutoproduttivo destinato ad accoglier-li; azioni di promozione dell’oc-cupazione giovanile che favori-scono, di fatto, giovani che trove-rebbero ugualmente lavoro (peresempio perché diplomati pressoistituti professionali o tecnici),sbarrando invece la strada ad al-tre categorie di offerta giovanileparticolarmente svantaggiate (adesempio giovani in possesso dellecosiddette lauree deboli); azioniin favore dei “disabili” che, di fat-to, non articolando gli interventiin funzione delle diverse forme didisabilità, finiscono per sosteneregli atteggiamenti stereotipati epregiudiziali delle imprese; istitu-zione di sistemi di incentivazionedel lavoro femminile, inefficaciperché non accompagnati da con-testuali interventi sul fronte dellepolitiche alla famiglia; svolgimen-to di programmi di lavoro social-mente utile, finalizzati alla riqua-lificazione dei disoccupati, quan-do questi concepiscono tali inizia-tive unicamente in termini risarci-tori o di sostegno assistenziale;

potenziamento dei servizi dedica-ti alle attività di diffusione delleinformazioni sulle opportunità dilavoro, senza integrare le medesi-me attività con opportune e quali-ficate azioni di orientamento, perprodurre il necessario grado di al-lineamento tra la aspettative deidisoccupati stessi e la strutturadelle opportunità occupazionali;potenziamento degli strumenti disostegno al reddito dei disoccupa-ti senza sviluppare contestualiazioni di sostegno alla ricerca atti-va del lavoro e finendo per favori-re atteggiamenti passivi e rinun-ciatari dei disoccupati stessi4; cor-si di formazione imprenditorialefrequentati da giovani disoccupa-ti, estremamente deboli dal puntodi vista della dotazione di risorsecognitive, motivazionali, espe-rienziali e relazionali, risorse irri-nunciabili per il percorso impren-ditoriale a cui le iniziative forma-tive mirano. Passiamo ora a verificare qual è lasituazione in Friuli-Venezia Giuliaed in che misura le precedenti os-servazioni possano trovare applica-zione in tale contesto.

LE DIMENSIONICOMPLESSIVE DELLADISOCCUPAZIONEIN FVG

Lo stock di disoccupati registraticomplessivamente e mediamente inFriuli-Venezia Giulia nel corso del2002 è stato pari a circa 19.000 per-sone (Fonte: Istat)5. Tale valore cor-risponde ad un tasso di disoccupa-zione del 3,7%6. Si tratta di un valo-re che può considerarsi in linea conle soglie di disoccupazione prodot-

Orientamento e società

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te fisiologicamente dal MdL (la co-siddetta disoccupazione “friziona-le”) e, comunque, ben al di sotto deilivelli che possono essere ritenutisocialmente critici o, ancor peggio,allarmanti.Tale rilievo positivo trova molte-plici conferme, a cominciare daquelle desumibili confrontando lasituazione attuale con il passato.Storicamente, a partire dagli anni’80, la disoccupazione regionaleha proceduto in maniera ondula-toria, seguendo l’andamento con-giunturale dell’economia. I perio-di di crisi più profonda si sono re-gistrati verso la metà degli anniOttanta e nel corso del primoquinquennio del decennio scorso.In particolare, i due picchi negati-vi sono stati toccati nel 1987 e nel1994, quando il tasso di disoccu-pazione regionale aveva superatoil 9%, con un numero di disoccu-pati superiore alle 45.000 unità. Ildato relativo al 2002 costituiscedunque il valore più basso dal1980 in poi7. Nel passato venten-nio, il MdL regionale ha fatto regi-strare performance paragonabili aquelle attuali soltanto nel 1991,quando il tasso di disoccupazioneè sceso sotto il 6%. Ancor piùesplicative risultano le dinamichepiù recenti. In un solo quinquen-nio la percentuale di disoccupati,su scala regionale, si è quasi di-mezzata (cfr. figura 1). Ciò si devead una forte ripresa dell’occupa-zione, avviatasi già a partire dal1995, ulteriormente accelerata nel-l’ultimo triennio. In questo lassodi tempo il MdL regionale ha re-cuperato quasi 50.000 unità occu-pazionali, sfiorando la soglia dei500.000 occupati. Per contro, l’of-ferta di lavoro è cresciuta secondotassi di incremento meno pronun-ciati. Di qui la forte erosione del

bacino di disoccupati, che è passa-to dalle 37.000 unità del 1995 alleattuali 19.000. La positiva situazione occupazio-nale del Friuli-Venezia Giulia èconfermata anche da un confrontocon quanto avviene nel resto d’I-talia. La regione si colloca al quin-to posto nella graduatoria relativaai più bassi tassi di disoccupazio-ne, trovandosi sostanzialmente inlinea con regioni quali Emilia Ro-magna (3,3%), Veneto (3,4%), Val-le d’Aosta (3,6%), Lombardia(3,8%). Il solo Trentino Alto Adigesi stacca, positivamente, da questogruppo, con un tasso di disoccu-pazione che scende al 2,6%. Que-sti dati si inquadrano in una situa-zione generale dell’Italia che, co-me è noto, è contraddistinta da unforte dualismo. A fronte di tassi didisoccupazione bassi o contenuti,nelle regioni del Nord-Est (3,3%),del Nord-Ovest (4,4%) e del Cen-tro (6,6%), nelle regioni meridio-nali ed insulari la percentuale didisoccupati raggiunge soglie diassoluto allarme sociale (18,3%)8.Peraltro, la positiva situazionedella regione, trova una confermaanche allargando il quadro com-parativo attraverso confronti in-ternazionali. Da questo punto divista, i bassi livelli di disoccupa-zione del Friuli-Venezia Giuliatrovano riscontri analoghi in po-chissimi altri casi in Europa [Gam-buzza-Rasera 2003].È difficile dire quanto la situazio-ne appena descritta possa ritener-si stabile, ovvero in che misura ipositivi risultati degli ultimi annisiano suscettibili di peggioramen-to in seguito al profilarsi di unanuova congiuntura negativa del-l’economia. Sono peraltro ricono-scibili segnali che inducono a pen-sare ad una possibile stabilizza-

zione (o ulteriore riduzione) delladisoccupazione. Infatti, dal puntodi vista della domanda, gli anni re-centi hanno dimostrato che le areeterritoriali più dinamiche conti-nuano a generare posti di lavoro inmaniera proporzionalmente supe-riore alla crescita dell’economia[Gambuzza-Rasera, 2003]. Da alcu-ni, ciò è stato spiegato evidenzian-do l’efficacia delle riforme chehanno deregolamentato il MdL edhanno incentivato l’occupazione,consentendo un uso più flessibiledella manodopera. Altri hanno in-vece evidenziato la correlazionetra l’incremento di occupazione ela riduzione della produttività[ibidem], connessa anche allo svi-luppo di settori ad alta intensitàdi lavoro, quali sono in generequelli dei servizi a cui è imputabi-le larga parte dell’incremento oc-cupazionale degli ultimi anni[Gallino 1998, 141-156, Zucchetti2001, 114]. In questo caso si trattadi flussi occupazionali che posso-no essere ritenuti stabili, nella mi-sura in cui per loro natura (il luo-go di produzione coincide con illuogo di erogazione) non sonoesportabili presso altri sistemi[Lafay 1998]. Ma l’ipotesi di stabi-lità della disoccupazione, può es-sere sostenuta anche e soprattuttoin considerazione di quanto av-viene sul fronte dell’offerta. Preci-samente, lo squilibrio demografi-co della popolazione è di tali pro-porzioni9 che i bacini di offerta lo-cale disponibile tendono a con-trarsi. Viene quindi eliminato ilfattore demografico di spinta ver-so l’alto dell’offerta, “vitale” finoalla metà degli anni Novanta,quando si è esaurita la carica pro-pellente data dall’immissione nelMdL dei cosiddetti baby boomers.

TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE

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EQUILIBRI INCERTINELLA DISTRIBUZIONETERRITORIALEDEL FENOMENO

Passiamo ora ad analizzare i valoridella disoccupazione regionale inrelazione a come essa si distribuiscetra le principali categorie sociali.Utilizziamo i criteri di disaggrega-zione più generali, partendo dalledifferenze riscontrabili nella distri-buzione territoriale. I dati del 2002evidenziano differenze di qualchesignificato (cfr. Fig. 1). In particola-re, è la provincia di Pordenone apresentare i valori nettamente mi-gliori. La percentuale di disoccupa-ti in questo caso è pari all’1,9%, unvalore eccezionalmente contenuto.In effetti, si tratta della provinciaitaliana (ex aequo con Bolzano) con ilpiù basso tasso di disoccupazionenel 2002. Il differenziale rispetto al-le restanti tre province regionali èsignificativo, anche se ciò non im-plica per queste ultime situazioni diparticolare criticità: Udine si allineasostanzialmente al valore medio re-gionale, Gorizia la supera solo diqualche decimo. Soltanto Triestepresenta un certo scostamento, re-gistrando un valore di un punto emezzo percentuale superiore allamedia, ma non si tratta di un diffe-renziale di particolare rilievo anali-tico. L’elemento che invece va rilevato esottolineato riguarda il fatto che, fi-no a pochi anni fa, ricorreva insi-stentemente, nel dibattito regionale,la sottolineatura del differenzialetra le due province friulane, da unlato, e quelle isontina e giuliana,dall’altro. In effetti, anche nel recen-te passato, i dati occupazionali ren-devano abbastanza evidente tale li-

nea di demarcazione. Basti ricorda-re che la soglia del 10% di disoccu-pazione è stata superata nel corsodel decennio scorso sia in provinciadi Gorizia, nel 1995, sia in provin-cia di Trieste, nel 1997. Tuttavia èaltrettanto evidente che le dinami-che recenti hanno determinato unsostanziale annullamento dell’as-setto dualistico riconoscibile e più

volte segnalato in passato. Se si os-serva infatti i dati presentati nellaFig. 1, si ha modo di riscontrare chenell’ultimo quinquennio Trieste eGorizia hanno abbattuto la percen-tuale di disoccupati più di quantosia avvenuto in provincia di Udine.Trieste in particolare ha più che di-mezzato la quota di persone in cer-ca di lavoro, avvicinandosi molto,

Orientamento e società

35QUADERNI DI ORIENTAMENTO■23

Fig. 1: Tassi di disoccupazione, totali, maschili e femminili, per provincia, nel 1997e nel 2002 Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat

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da questo punto di vista, a Porde-none. Ciò assume ancor più rilievose si considera che Trieste ha conse-guito questo risultato grazie ad unincremento dei posti di lavoro deci-samente elevato e nettamente supe-riore a quello delle altre province.Nei cinque anni considerati, il nu-mero di posti di lavoro è cresciutonella provincia giuliana quasi del20%, mentre a Gorizia la crescita siè fermata all’8%, a Pordenone al6%10 ed a Udine a poco più del 2%. L’analisi dei dati occupazionali inbase alla disaggregazione territoria-le consente quindi di affermare cheuna descrizione in chiave dualisticadel MdL regionale non appare ade-guata. Non è più ravvisabile, su ba-se territoriale, una “massa critica”della disoccupazione regionale. E visono elementi per affermare che ta-le stato di cose perdurerà nel tem-po. È chiaro che il futuro risulta dif-ficile da prevedere, se si parla di an-damento dell’economia, in partico-lare nell’attuale fase segnata dagrande complessità ed incertezza[Anastasia-Corò 2003]. Peraltro, losviluppo di questi anni di Gorizia eTrieste è imperniato su settori (ri-spettivamente, la navalmeccanicaed i servizi) che indurrebbero adescludere rapide inversioni di rotta.Tuttavia, al di là delle previsioni,comunque incerte, opinabili e su-scettibili di contro-argomentazioni,la storia recente, in particolare laforte ed inattesa accelerazione del-l’area giuliana, ci dimostra che irapporti di forza ed i differenzialieconomici tra le diverse aree territo-riali sono tutt’altro che strutturati estabili, i trend economici ed occupa-zionali appaiono poco lineari, co-stanti e omogenei; i percorsi risulta-no viceversa fortemente differen-ziati, seguendo specifiche traietto-rie, iscritte nella storia dei tanti si-

stemi locali di cui si compone il tes-suto economico e sociale della re-gione [Ires 2001, cap. 6].

NUOVE MAPPEDELLADISOCCUPAZIONE“DI GENERE”

Il secondo usuale criterio di disag-gregazione, col quale si suole rap-presentare la disoccupazione, coin-cide con la distinzione di genere.Da questo punto di vista, sappiamoche il MdL italiano risulta cronica-mente segnato da una forte seletti-vità: la disoccupazione tende infattia colpire le donne in proporzionidecisamente superiore a quello deimaschi. Tutte le regioni italiane,Friuli-Venezia Giulia compreso,partecipano a tale fenomeno. Tutta-via, anche da questo punto di vista,si registrano rapidi cambiamenti,che investono in particolare alcunearee italiane. Tornando alla Fig. 1,osserviamo infatti che le donnehanno beneficiato della generaliz-zata riduzione del tasso di disoccu-pazione, registrata negli ultimi an-ni, in maniera analoga o superioreai maschi; in particolare, tale feno-meno è decisamente marcato per laprovincia di Udine (che, è bene ri-cordarlo, rappresenta una quota su-periore al 40% del MdL regionale).Inoltre, grazie a tale andamento, ladisoccupazione femminile è rien-trata entro soglie accettabili (tra il 6ed il 7% a Udine, Gorizia e Trieste)o, addirittura, entro soglie friziona-li (a Pordenone). Tale constatazionerisulta significativa, soprattutto sesi confronta la situazione attualecon quella del passato, anche recen-te, quando la disoccupazione delle

donne aveva assunto dimensionidecisamente elevate, collocandosistabilmente, ed anche in manieraconsistente (a Gorizia e Trieste), aldi sopra del 10%. La marcata riduzione della disoccu-pazione femminile delle donne sispiega soprattutto in seguito al for-te incremento dell’occupazione at-tribuibile a tale categoria dell’offer-ta. I dati evidenziano che quasi tut-ta l’occupazione aggiuntiva prodot-ta in Friuli-Venezia Giulia nel corsodegli anni Novanta è imputabileproprio alle donne (cfr. Fig. 2) lequali, nel frattempo, hanno note-volmente incrementato il propriogrado di partecipazione al MdL edhanno così sostenuto in maniera de-cisiva lo sviluppo economico regio-nale dell’ultimo decennio. Ciò che preme qui sottolineare èche anche la disoccupazione fem-minile sta velocemente perdendo iconnotati di un fenomeno genera-lizzato, per così dire “di massa”.Con la rapida riduzione dalla disoc-cupazione femminile, si assiste adun effetto di “smagrimento” di tale“corpo sociale”; ciò consente viep-più di rilevare, in maniera delinea-ta, la specificità e l’articolazionedelle “nervature” e delle “forme”sottostanti. Risulta quindi possibileun’analisi “fine” della disoccupa-zione di genere, ovvero la capacitàdi cogliere, riconoscere, distinguerei segmenti e le connotazioni socialispecifiche di cui si compone. Adesempio pesa in modo molto signi-ficativo il posizionamento delledonne disoccupate all’interno delproprio ciclo di vita: le problemati-che della giovane ragioniera checerca di inserirsi nel MdL risultanodel tutto difformi rispetto a quelledella donna adulta, con passateesperienze di lavoro impiegatizio,che cerca di reinserirsi nel MdL, do-

TRACCE E PROFILI DI DISOCCUPAZIONE

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po una prolungata uscita per impe-gni familiari. Le due situazioni sonoa tal punto diverse, che tali due seg-menti di offerta femminile sono ad-dirittura in competizione tra loro,specie dopo che la legge Treu (la196/97) ha esteso anche ai diploma-ti, e fino ai 24 anni, la possibilità diessere assunti con contratto di ap-prendistato (che sappiamo essereestremamente appetibile per le im-prese). Tale legge ha attribuito unindubitabile vantaggio competitivoalle donne più giovani, rispetto aquelle adulte. Parimenti, i modellidi partecipazione al MdL mutano inmaniera profonda e radicale in fun-zione dei livelli e titoli di studioposseduti. In particolare varia ilgrado di partecipazione (momentied intensità di entrata ed uscita dalMdL), nonché variano le strategie dipartecipazione da cui dipendonogli obiettivi professionali assunti, ilsignificato ed il valore attribuito allavoro, le soluzioni adottate rispet-

to ai conflitti di ruolo che pesano inmaniera particolare sul sistema mo-tivazionale delle donne [Reyneri2002, cap. 4]. Ma pensiamo ancheagli esiti, su segmenti ancora piùcircoscritti, di crisi industriali che

spiazzano imprese ad alta intensitàdi occupazione femminile (ad esem-pio l’elettronica o il tessile). Sappia-mo che il lavoro industriale delledonne è stato tradizionalmente ca-ratterizzato da forte parcellizzazio-ne e specializzazione funzionale. Ingenere le donne espulse da settoriindustriali segnati da crisi struttu-rale, specialmente nel caso di im-prese situate in aree territoriali peri-feriche, risultano di difficilissima ri-conversione e ricollocazione.

LA VULNERABILITÀDEI PIÙ GIOVANI,TRA VECCHIEE NUOVE FORMEDI DISOCCUPAZIONE

Infine esaminiamo come si distri-buisce la disoccupazione in rappor-to all’età. Anche da questo punto divista, l’Italia si distingue nel pano-rama dei paesi a più alto indice di

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Fig. 2: Andamento dell’occupazione totale, femminile e maschile dal 1993 al 2002(numeri indice) Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat

Fig. 3: Tassi di disoccupazione per classi d’età e per genere nel 2002Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat

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sviluppo. Il paese rispecchia infattiin maniera quasi tipica un modelloin cui i più giovani si trovano incondizione di netto svantaggiocompetitivo rispetto ai lavoratoriadulti nel MdL11. Tale assetto risultarispecchiato anche in Friuli-VeneziaGiulia. Osservando la Fig. 3, abbia-mo infatti modo di riscontrare chia-ramente come la disoccupazione siamal distribuita in rapporto all’età.Da questo punto di vista spicca ildato estremamente contenuto rela-tivo alla classe dei maschi adultiche costituiscono un segmento del-la disoccupazione regionale assolu-tamente residuale. Tra gli adulti l’u-nico bacino disoccupazionale diqualche rilievo è costituito dalledonne. Tale bacino comprende an-

che uno specifico segmento, datempo ormai oggetto di analisi, rap-presentato dalle donne che rientra-no nel MdL, dopo averlo tempora-neamente abbandonato per dedi-carsi alla famiglia. Peraltro i dati di-mostrano in maniera piuttosto evi-dente che la principale area di criti-cità, per lo meno da un punto di vi-sta quantitativo, è rappresentatadalle fasce d’età più giovani. Perqueste ultime i tassi di disoccupa-zione superano di gran lunga lamedia regionale e si collocano susoglie che possono essere definitecritiche12, in particolare per quantoriguarda la componente femminile.Evidentemente, quindi, la discrimi-nazione che il MdL regionale pro-duce in rapporto all’età della popo-

lazione assume una fisionomiastrutturale e quindi connotata dauna certa continuità e stabilità. Tuttavia non vanno sottaciuti e sot-tovalutati gli elementi di cambia-mento ed innovazione che si stannoregistrando anche sotto questo pro-filo. Anzitutto anche i giovani stan-no beneficiando delle accresciuteopportunità lavorative offerte dalMdL. Pure per tale categoria, è di-minuito in questo anni, di diversipunti percentuali, il tasso di disoc-cupazione. Tale fenomeno ha in par-ticolare coinvolto la fascia dei giova-ni disoccupati in cerca di prima oc-cupazione (statisticamente definiticome inoccupati). Peraltro, più chedi una effettiva diminuzione deigiovani in cerca di prima occupazio-

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“Braida matta”, 1960 ca.

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ne, sarebbe più corretto parlare diuna loro “riconversione”. È vero in-fatti che la crescente fluidità e dere-golamentazione del MdL, legata acambiamenti economici ed istituzio-nali, ha reso disponibile un crescen-te numero di cosiddetti “lavoretti”,ovvero esperienze lavorative noniscrivibili, nemmeno ex post, entropercorsi professionali, e dettati uni-camente da esigenze reddituali mi-nime dei giovani lavoratori. Moltipertanto, avendo alle spalle questotipo di esperienze di lavoro (volan-tinaggio, somministrazione di inter-viste, babysitteraggio, ecc.) non sitrovano formalmente alla ricerca diuna prima occupazione, ma è comese lo fossero13. Più interessante, ri-spetto alla ormai obsoleta distinzio-ne tra inoccupati e disoccupati, ri-sulta la differenziazione tra i diversiprofili sociali della disoccupazionegiovanile. La crescente complessitàdella società fa infatti emergere di-stinzioni rilevanti. Non sembranoinfatti facilmente assimilabili figurecome il drop-out che paga in termi-ni di deficit di competenze l’antici-pata uscita dalla scuola, la ventenneragioniera spiazzata da una satura-zione dell’offerta nelle professioniimpiegatizie di sua pertinenza, il/laventicinquenne-trentenne laurea-to/a in discipline umanistiche,spiazzato da un MdL che richiedesoprattutto profili tecnici.Molto interessante risulta anche l’e-mergere di una nuova categoria chele statistiche tendono a “nasconde-re”, ma che, per la sua rilevanzaquantitativa e qualitativa, godesempre più di uno statuto analiticoproprio. Si fa qui riferimento ai tan-ti giovani che imboccano la lunga,incerta, zizzagante strada dei lavoriprecari (statisticamente tali lavora-tori vengono classificati tra gli occu-pati, ma di fatto, per molti aspetti,

sono assimilabili ai disoccupati). Sitratta di una pletora di situazionioccupazionali di varia natura, acco-munate dal fatto di essere inquadra-te in rapporti di lavoro fortementeinstabili e asfittici dal punto di vistatemporale, non soltanto perché re-golati da forme contrattuali flessibi-li, ovvero a tempo determinato emolto frequentemente fuori dal rag-gio di copertura del diritto del lavo-ro (prestazioni d’opera occasionale,collaborazioni coordinate e conti-nuativa, partite Iva con monocom-mittenza, ecc.); ma l’instabilità è da-ta, ed esacerbata, anche dalla stessasituazione di mercato, assolutamen-te incerta, in cui versano le organiz-zazioni che generano tali opportu-nità di lavoro. Quest’area sociale è

oggetto di crescente attenzione daparte degli analisti. Essa producenuove forme, quasi “clandestine”,di marginalità, vulnerabilità o esclu-sione sociale [Borghi 2002, Fullin2002, Gallino 2001], come pure unachiara difficoltà di allineamento tra isistemi di senso che governano lavita sociale extra-lavorativa e quelliche invece si impongono dentro ilMdL [Sennet 2001]. Più in generaleviene a determinarsi quella che Rey-neri [2002, 336-340] descrive comeuna lunga transizione verso il lavo-ro stabile che coincide anche conuna lunga transizione verso l’etàadulta, i cui effetti sociali, nel mediolungo periodo, possono essere di-rompenti14. Peraltro non va trascura-to il fatto che, anche all’interno di ta-

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Estate, 1955

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le raggruppamento, sono riconosci-bili chiare distinzioni. In prima ap-prossimazione ed in forma moltoschematica, si riconosce una chiarasuddivisione tra una “via alta” eduna “via bassa” della precarietà (adesempio, gli “analisti simbolici”operanti nelle società di consulenza,da un lato, gli operatori di tele-marketing, dall’altro). I giovani pre-cari si differenziano, e andrebberodunque analiticamente distinti, perlivello di competenze che possonomettere in campo, per ricchezza del“capitale sociale” disponibile, perstato di salute e grado di stabilitàdei settori economici nei quali si in-seriscono. Anche in questo caso,quindi, si evidenzia l’opportunità dinon utilizzare categorie troppo in-clusive [Bertolini 2002].

RICONOSCERELA COMPLESSITÀDEL FENOMENO:NUOVE SFIDEPER LE POLITICHEATTIVE DEL LAVORO

Le precedenti analisi hanno consen-tito di riconoscere alcuni segnali disignificative trasformazioni che ilfenomeno della disoccupazione stasubendo in Friuli Venezia Giulia.Tali trasformazioni si produconoparallelamente e correlativamentealla diminuzione generalizzata del-le quote di disoccupazione. Si è inparticolare sostenuto che, nell’os-servare la disoccupazione, non pos-siamo più utilizzare modelli espli-cativi di portata generale o catego-rie analitiche troppo inclusive. Piùche grandi “serbatoi” di disoccupa-zione che si impongono all’osserva-tore, dobbiamo ricercarne le tracce,

più o meno profonde, e ricostruirnei profili, sempre piuttosto incerti ecangianti. La disoccupazione appa-re vieppiù come un fenomeno pocostrutturato (in consonanza conquanto avviene in maniera semprepiù evidente nell’economia e nellasocietà). Un fenomeno che appare escompare, localizzato e mobile nel-lo spazio territoriale e nella geogra-fia sociale, manifestantesi a voltecon forza dirompente e notevoleimpatto sociale, a volte in manierapiù larvata e silente (ma con esitisociali ugualmente rilevanti). Ciòaccade anche perché le categorie so-ciali colpite dalla disoccupazionesono sempre più segmentate. Ognisegmento è caratterizzato da unospecifico “sistema” di problemi checolpiscono le persone interessate, difattori e cause a cui si può addebita-re la situazione problematica, di op-portunità che possono essere attiva-te o colte per avviare delle possibilisoluzioni. Volendo riportare un ulterioreesempio, ad integrazione di quelligià forniti, possiamo trarre spuntoda un importante progetto, attual-mente in fase di realizzazione inprovincia di Trieste, a favore dellacategoria dei disoccupati adulti, conpiù di 45 anni15. Non entriamo quinel merito rispetto alle questioni ge-nerali relative a tale area sociale didisoccupazione (dimensioni quanti-tative, confronti nazionali ed inter-nazionali, modelli teorici sulla natu-ra e le cause del fenomeno, ecc.). Ciòche preme invece sottolineare, nel-l’economia del discorso qui svilup-pato, è che anche una categoria co-me quella degli Over 45, che apparedi primo acchito selettiva e specifi-ca, ovvero omogenea, in realtà con-tiene una pluralità di segmenti, pernulla assimilabili l’uno all’altro. An-che una schematizzazione piuttosto

grossolana consente di individuarealcuni di questi profili: soggettiespulsi da imprese industriali in cri-si e con competenze professionalivariabilmente spendibili (ed il gra-do di spendibilità e “rigidità” di talicompetenze determina ulteriori su-barticolazioni); donne che rientranonel MdL dopo essersi dedicate allafamiglia ed ai figli (ulteriormentesuddivisibili tra quelle con alto obasso livello di qualificazione); don-ne che si (ri)presentano nel MdL eche si trovano in condizione di gra-ve stato di necessità, non disponen-do di supporti reddituali di tipo fa-miliare (perché separate o vedove) edovendosi oltretutto assumere l’o-nere di figli a carico; soggetti per iquali la situazione di disoccupazio-ne si è cronicizzata, inibendo ormaiun atteggiamento di ricerca attivadel lavoro, anche in seguito ad unareiterata dipendenza dai servizi edalle provvidenze assistenziali ero-gate in varia forma dallo stato; sog-getti formalmente disoccupati(iscritti alle liste di disoccupazione),ma che in realtà lavorano (più o me-no stabilmente) e maturano redditi(più o meno significativi) nell’ambi-to dell’economia informale; soggettiin condizioni di disagio o margina-lità sociale, eventualmente legate asituazioni di devianza; soggetti por-tatori di disabilità fisica o psichica(ulteriormente distinguibili in baseal tipo di disabilità posseduta). Fat-ta la mappatura dei profili di cui sicompone la categoria in parola, in-dividuate le opportunità che il terri-torio specifico offre (anche in pro-spettiva), gli interventi in favore ditali soggetti vanno dunque articola-ti e calibrati in funzione delle carat-teristiche di ogni singolo segmento.Potranno essere dunque variabil-mente modulate misure di supportoinformativo, orientamento, suppor-

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to psicologico, affiancamento nellaricerca del lavoro, sussidi a copertu-ra del reddito, formazione profes-sionale, interventi diretti sul back-ground familiare sociale, stageaziendali, incentivi alle imprese perl’assunzione dello specifico seg-mento, consulenze e garanzie forni-te alle imprese stesse.Riconoscere che la disoccupazionecostituisce un fenomeno complesso,nei termini precedentemente de-scritti, determina, dunque, ricaduteprofonde sulle politiche del lavoro.Sono in particolare le politiche gene-raliste e standardizzate, invalse inpassato, a risultare oggi inadeguate.La recente letteratura indica alcunicriteri guida che dovrebbero ispirarele politiche di settore, visti i cambia-

menti in atto [Ambrosini 2000, Zuc-chetti 2001]. Sintetizzando le diverseproposte, i criteri portanti risultano iseguenti: a) l’orientamento promozio-nale delle politiche, ovvero non piùpolitiche che obbligano o garantisco-no i soggetti (lavoratori e imprese),ma che, viceversa, puntano a pro-muovere una loro “attivazione” lun-go le direttrici comportamentali au-spicate; b) la selettività delle politiche,ovvero il fatto che tali politiche deb-bano essere articolate (in sede pro-gettuale ed attuativa) in funzionedei diversi segmenti sociali a cui sirivolgono e dei differenti contesti so-cioeconomici su cui insistono; c) in-tegrazione delle politiche, ovvero la ne-cessità di un utilizzo organico, e inun’ottica sistemica, delle diverse mi-

sure di cui si compongono le politi-che del lavoro (attive e passive), diun loro sviluppo integrato con le piùampie politiche sociali, nonché diun’integrazione di tipo istituzionaletra soggetti ed istituzioni che hannocompetenze in materia.In base a tali indicazioni, sistemicome i servizi per l’impiego, la for-mazione professionale, l’orienta-mento dovrebbero procedere adampie falcate lungo il percorso, in-vero già avviato, che supera unaconcezione standardizzata ed in-differenziata del servizio, e produ-ce, attraverso la modularizzazioneorganizzativa ed operativa, la ca-pacità di calibrare, mirare, orienta-re flessibilmente e rapidamente ipropri strumenti progettuali ed

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Estate, 1938

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operativi. Come si è già avuto mo-do di asserire nel primo paragrafo,la situazione attuale, proprio per-ché i numeri della disoccupazionesono diminuiti, rende le politichedel lavoro più difficili, nella loroconcezione ed attuazione; richiedequindi maggiore riflessione, atten-zione, competenza, capacità rispet-to al passato. Nel caso del Friuli-Ve-nezia Giulia, risulta pertanto decisi-va l’accelerazione della riforma suiservizi per l’impiego, in seguito alrecente conferimento alle Province,da parte della Regione, delle com-petenze in materia, anche e soprat-tutto in un’ottica di una crescenteintegrazione tra i soggetti che ope-rano nelle politiche attive del lavo-ro. Da più parti si ravvisa, infatti,

una situazione di empasse, proprioin un momento in cui il sistema ne-cessiterebbe di un processo di fortee rapido cambiamento, che non ri-guardi soltanto la forma istituziona-le, ma incida sulla natura sostanzia-le dei servizi erogati.

NOTE

1) Ricordiamo che la principale li-nea di demarcazione tra le diversepolitiche del lavoro coincide con ladistinzione tra le politiche passive ele politiche attive. La differenza trale due “famiglie” è rappresentata

dal fatto che le prime intervengonosolo ex post, in chiave “riparatoria”nei confronti degli eventuali “difet-ti” di funzionamento del MdL, inparticolare sostenendo il redditodei lavoratori disoccupati (inden-nità di disoccupazione, mobilità,cassa integrazione, prepensiona-menti, ecc.). Le politiche attive in-tervengono invece anticipatamente,influenzando, con una strumenta-zione varia ed articolata, i meccani-smi di incontro tra domanda ed of-ferta (ad esempio: incentivi per l’as-sunzione di particolari categorie dilavoratori, servizi per l’impiego,formazione professionale, servizi diorientamento, ecc.) [Reyneri 2002,420-1].2) Ricordiamo che per “offerta di la-

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Inverno sul Carso, 1949

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voro” si intende, in senso stretto, lasomma dei lavoratori occupati (informa dipendente o indipendente)e di quelli in cerca di occupazione.Peraltro, un’analisi generale delmercato del lavoro non può evitaredi assumere anche una definizioneallargata dell’offerta, che compren-de la parte non attiva della popola-zione in età lavorativa, tenuto contodei continui e consistenti flussi in-tercorrenti tra le condizioni di atti-vità ed inattività [Reyneri 2002, 43-47].3) Altrove ho cercato di dimostrareche tale attenzione e sensibilità ana-litica dovrebbe caratterizzare sem-pre di più lo stesso mondo delle im-prese. La loro sensibilità rispetto al-le dimensioni e logiche sociali del-

l’offerta e la capacità di fornire ri-sposte strategiche di retroazione sulMdL costituiscono un fattore dicompetitività vieppiù rilevante[Blasutig 2002].4) Si fa qui implicito riferimento alproblema della “attivazione” deibeneficiari dei servizi per l’impiegosollevato da Ambrosini [2000]. Sul-l’impatto delle politiche di welfarerivolte ai disoccupati, si veda inparticolare Gallie-Paugam [2000].5) Tutti i dati presentati utilizzanocome fonte le medie annuali dellerilevazioni trimestrali sulla forze la-voro dell’Istat.6) Rammentiamo che il tasso di di-soccupazione si ricava calcolandola quota percentuale di persone checercano attivamente lavoro, in rap-

porto alla forza lavoro, ovvero allaparte di popolazione in età lavorati-va attiva nel MdL (da questa quotasono ad esempio esclusi studenti,casalinghe, pensionati, ecc).7) Bisogna peraltro sottolineare ilfatto che i dati disponibili per l’ef-fettuazione delle serie storiche dal1993 in poi non sono omogenei ri-spetto a quelli riguardanti gli anniprecedenti, in quanto sono nel frat-tempo mutati i parametri per la de-finizione delle categorie statistiche.Tra l’altro è stata assunta una defi-nizione più restrittiva della catego-ria dei disoccupati. Standardizzan-do indicativamente i dati attualicon quelli del passato, il tasso di di-soccupazione assumerebbe un va-lore di poco superiore al 5%.

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Sera sul Cormor, 1955

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8) Il differenziale tra il Nord ed ilSud del paese è tale da indurresconcerto e da inficiare ogni tentati-vo di analisi del MdL italiano, attra-verso ricostruzioni di quadri anali-tici generali [Blasutig 2003]. 9) Il recente rapporto della Fonda-zione Nord Est ha evidenziato alproposito un dato su cui si è moltoconcentrato il dibattito successivoalla presentazione del rapportostesso. Ovvero, ha mostrato che neiprossimi vent’anni, le variabili de-mografiche endogene (cioè al nettodei flussi migratori) porterebbero leregioni del Nord Est ad una dimi-nuzione della popolazione di etàcentrale (quella compresa tra i 20 edi 50 anni) vicina al 30% [Castiglioni-Dalla Zuanna 2003].

10) Potrebbe sorprendere il fattoche in provincia di Trieste la per-centuale di disoccupati sia diminui-ta meno che a Pordenone, a frontedi una crescita occupazionale deci-samente superiore. L’apparentecontraddizione si può facilmentespiegare. Infatti, il tasso di disoccu-pazione è influenzato non solo dal-l’andamento degli occupati, ma an-che dall’andamento della forza la-voro (influenzato dalla continua en-trata ed uscita di persone nella edalla condizione di attività o parte-cipazione al MdL). Anche se Triesteha assicurato una crescita dei postidi lavoro decisamente superiore aquella di Pordenone, ciò ha deter-minato un abbattimento inferioredel tasso di disoccupazione, in

quanto nel frattempo nella provin-cia giuliana si sono presentate nelMdL forze di lavoro aggiuntive inpercentuale superiore rispetto aPordenone. Per un approfondimen-to su tali argomenti si veda Reyneri[2002, cap. 3].11) Per una approfondita analisi suimodelli di disoccupazione in rap-porto all’età si veda Reyneri [2002,141-148].12) Anche se lontane da livelli diautentico allarme sociale che carat-terizzano molte altre regioni italia-ne. Si pensi che nel 2002, il tasso didisoccupazione medio dei giovanicompresi tra i 15 ed i 25 anni era del27,2%, con punte vicine al 60% inregioni del Sud come la Calabria ela Campania, e valori superiori o vi-cini al 20% in regioni del Centro-Nord come la Liguria e la Toscana.Non molto inferiori sono le percen-tuali di disoccupazione dei giovanidi età compresa tra i 25 ed i 29 anni.La media nazionale è in questo casodel 20,1%.13) Tra l’altro le ricerche dimostra-no che questo è anche il vissuto sog-gettivo di tali giovani lavoratori,che stentano ad etichettare taliesperienze come “vere” esperienzedi lavoro [Reyneri 2002, 218].14) Su questo punto Reyneri è mol-to esplicito: «È certo, in ogni casoche l’incertezza del lavoro e del red-dito costringe i giovani a un conti-nuo rinvio delle decisioni crucialiper la vita, dallo sposarsi ad averefigli, e rischia di distruggere la lorocapacità di fare progetti per il futu-ro, confinandoli nel limbo di un’in-finita adolescenza. Anche se nonsarà un intrappolamento definitivoin occupazioni precarie, lo slitta-mento dell’ingresso nella vita adul-ta, se si prolunga troppo, può met-tere in crisi l’equilibrio tra le gene-razioni. I giovani di oggi saranno in

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Pastorale, 1952

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grado in futuro di svolgere quellafunzione di sostegno e garanziaverso i propri figli che ora svolgonoi loro genitori? E si pensi anche agliaspetti previdenziali: quale pensio-ne avranno i giovani di oggi quan-do si ritireranno dal lavoro, pur inetà più avanzata rispetto a quellaattuale, ma avendo versato discon-tinui e bassi contributi sociali?»[Reyneri 2002, 340]. 15) Si tratta di un’iniziativa finan-ziata con fondi europei, gestita dal-l’Enaip Friuli-Venezia Giulia, inpartenariato con un pool di sogget-ti, tra cui enti strumentali, associa-zioni di categoria e sindacati.

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Gabriele BlasutigSociologo dei processi economicie del lavoroUniversità degli Studi di TriesteDipartimento di Scienze dell’Uomo

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Spazio aperto

che succede. La panchina è un“monstrum”, un’esibizione di quelgrido silenzioso che la città ancoranon ha raccolto. Il grido si spegnenella frattura che c’è tra i due grup-pi sociali, che mal si sopportano vi-cendevolmente. Ma le morti, quellemorti, rendono palese un malesseresommerso che per svariati motivi siera lasciato andare alla deriva. Le strutture di competenza, ServizioTossicodipendenza e Servizi Sociali,si trovano impreparate a gestireun’esplosione di aggressività cosìimprovvisa; per contro i ragazzi sisentono frustrati, hanno appreso nelcorso degli anni ad essere impoten-ti e non sanno come uscire da que-sta situazione. Lo fanno in manierarivendicativa, cercando i colpevolidi quella situazione; lo fanno in ma-niera disperata, perché il tempo

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Pordenone, nord est d’Italia: picco-la città, ricca, con un reddito procapite medio alto, città con impor-tanti insediamenti industriali e in cuivi è pressoché piena occupazione.Città, anche, in cui il rapporto per-centuale tossicodipendenti/popo-lazione era, nel corso degli anni ot-tanta, tra i più alti d’Italia. Per com-prendere il fenomeno “Ragazzi del-la Panchina” è forse utile partire pro-prio da qui: da una città che pre-senta in quegli anni una forte con-traddizione, in termini di qualità del-la vita, tra la maggioranza della suapopolazione e una minoranza signi-ficativa della sua giovane genera-zione. Il problema, trascurato in quelperiodo, mostrerà il suo volto piùdrammatico a dieci anni di distan-za, quando la sieropositività porteràa termine il suo percorso allora inevi-tabile. Per una realtà come Porde-none sarà un brusco risveglio, quellodella metà degli anni novanta, an-che in considerazione del fatto che,in rapporto alla popolazione, le mor-ti si portano via, in quei dieci anni,molti giovani.Un brusco risveglio, dunque. Un ri-sveglio causato da alcune morti

drammatiche che scuotono unacomunità tranquilla come quellapordenonese: in una casa abban-donata muore un ragazzo bruciatodal fuoco che aveva acceso persalvaguardarsi dai topi; a poca di-stanza di tempo muore di overdoseun altro ragazzo in un bagno dell’o-spedale civile: viene ritrovato sei, di-co sei, giorni dopo. Improvvisamen-te qualcosa scuote la città: il caso fi-nisce sui giornali e, contempora-neamente, i ragazzi della “piazza”iniziano a guardarsi in faccia. C’è lapaura, paura di morire. E c’è un pri-mo, rabbioso, grido silenzioso. I ragazzi si trovano presso una pan-china all’uscita dell’ ospedale civile.Il luogo di ritrovo non è nascosto aipiù, anzi: c’è un continuo viavai dipersone che vedono e passano ol-tre, incuranti all’apparenza di ciò

I “RAGAZZI

DELLA PANCHINA”

UN PROGETTOPER INTEGRAREIL GRUPPOALLA CITTA’

La Poe, 1938

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maniera pressante. Riescono tutta-via in gruppo a stemperare quel-l’angoscia che altrimenti non sa-prebbero come canalizzare in mo-do non lesivo. Iniziano a crearsi rela-zioni diverse tra le stesse personeche frequentano la piazza. Con-temporaneamente attraverso ini-ziative di respiro più ampio (un libroche raccoglie gli scritti dei ragazzi,un film documentario che ne foto-grafa la realtà) il gruppo esce alloscoperto e incontra la città. Le rea-zioni sono contrastanti ma ci sono:la risposta della città funge a suavolta da stimolo per il proseguimen-to dell’esperienza: l’apprezzamen-to da parte della società ha incri-nato la convinzione di impotenza.Nel frattempo il gruppo viene forte-mente segnato dalla morte del lea-der iniziale, figura carismatica che

Spazio aperto

stringe. Si forma un gruppo in nuce,persone che vivono il problema HIVsulla loro pelle. Si trovano per prova-re a dirsi cosa stia accadendo.Chiedono aiuto a un medico delSerT perché possa nascere qualco-sa che dia loro una mano. Intanto purtroppo le morti continua-no e i mezzi d’informazione tengonoalta l’attenzione sul problema. Il me-dico cerca uno strumento che pos-sa scuotere tutte e due le realtà, siaquella della tossicodipendenza, sia ilquotidiano della comunità di Porde-none; per lui l’emergenza è sociale,non riguarda solo la parte legata al-l’uso di sostanze. Pensa alla poesiae contatta uno dei massimi poeti vi-venti, Andrea Zanzotto, per un in-contro aperto a tutti sul tema “L’uo-mo di fronte ai fatti estremi”. Chiedeai ragazzi un confronto su questo te-

ma con il poeta. Riesce in questomodo a stabilire un contatto diver-so, a dare uno stimolo. Il pericolo èche, distoltasi l’attenzione dal fattodi cronaca, tutto muoia. Bisogna farsì che il gruppo intraprenda unastrada a lunga percorrenza, checreda a una modalità diversa di vi-ta che non sia la oppressiva ruotaquotidiana imperniata sull’uso di so-stanze. Coinvolge due assistenti sociali delServizio per cercare di elaborare imessaggi che provengono dai ra-gazzi; i ragazzi a loro volta si coagu-lano intorno a un leader che all’in-terno della “piazza” ricopriva giàquesto ruolo. Le riunioni settimanalial SerT si susseguono ed emergonotemi di grande sofferenza. I ragazzivogliono parlare dell’eutanasia: lamorte occupa il loro quotidiano in

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La Maina di Sauris, 1948 ca.

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Spazio aperto

aveva coagulato intorno a sé moltiragazzi. Si cercano nelle parole deiragazzi i loro obbiettivi; la richiestapiù pressante riguarda un posto incui poter stare, una sede propria incui incontrarsi in maniera diversa ri-spetto alla panchina. La richiestapiù drammatica è di poter “morirecon dignità”, ovvero che il restodella città riconosca ad ognuno deiragazzi uno sforzo per recuperare lafrattura che fino a quel momentoha tenuto le due parti lontane. Lasensazione è che il gruppo dei tossi-codipendenti voglia lasciare un se-gno, voglia ripristinare un ponte in-terrotto. Per farlo è necessario tutta-via superare la diffidenza di chi stadall’altra parte, diffidenza acuitada una ritualità che allontana il re-sto della popolazione, per la qualenon è condivisibile nemmeno il so-

stare come alienati su una panchi-na. Si aprono dibattiti in città: “Macosa vogliono questi ragazzi dellapanchina?” “Pretendono d’inse-gnare qualcosa a chi?” Anche lacittà è spiazzata e non sa come in-staurare un dialogo. “Vogliamo unposto per noi, che non sia un ghet-to. Lo vogliamo in centro città.” I ra-gazzi continuano a riunirsi in unastanza del SerT. C’è un nuovo lea-der, ci sono persone che lentamen-te iniziano a cambiare il loro stile divita in virtù anche di migliori relazio-ni e di un’appartenenza diversa ri-spetto alla “piazza”. Si cercano stra-tegie per ottenere gli obiettivi che ilgruppo si propone. Lentamente ilgruppo riesce a capire che un at-teggiamento rivendicativo non pa-ga; si devono usare altre armi: me-diare, proporre, pazientare, convin-

ti che la strada per il riconoscimen-to e il riscatto è lunga. Ai ragazzi delgruppo non interessa dimostrare ase stessi il proprio valore; interessadimostrarlo ad una società che li harifiutati. Aiuta la risonanza data alprogetto, l’invito alla Seconda Con-ferenza Nazionale sulle Tossicodi-pendenze a Napoli; aiutano le nu-merose attestazioni di stima e inte-resse da svariate zone d’Italia; aiu-tano le modalità che il gruppo ha diproporsi anche attraverso la sua im-magine pubblica. Viene messo indiscussione lo stereotipo del tossico-dipendente. Le opinioni si diversifi-cano. Fuoco di paglia? O piuttostogruppo di auto-aiuto con un suopensiero, una sua idea, una sua te-nuta alla frustrazione causata da unobbiettivo, la sede, che tarda adarrivare ma è sempre motivo di

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Bauneri, 1939

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Ma cos’è questo gruppo e cos’èper lui questa sede?E’ un gruppo di autoaiuto che si av-vale attualmente della collabora-zione di due operatori, il medicoideatore e responsabile del proget-to e un educatore.Ha già cinque anni di vita, nel corsodei quali ha avuto variazioni sostan-ziali dei membri pur mantenendouna sua coerenza di percorso. Ini-zialmente il fattore aggregante so-no state la tossicodipendenza e lasieropositività, che accomunavanola maggior parte dei suoi elementi.Ora alcuni sono usciti dalla tossico-dipendenza, altri hanno avuto unsensibile miglioramento dal punto divista clinico; altri purtroppo sonomorti.Il suo obbiettivo è promuovere, at-traverso iniziative di diverso respiro,

Spazio aperto

coinvolgimento nei discorsi dei ra-gazzi e nel loro impegno? Anche lacittà, le sue istituzioni, iniziano a ri-conoscere nel gruppo un interlocu-tore. I ragazzi possono dire la loro, fi-nisce quella povertà che è di chinon ha voce su niente. La tenacia,la tenuta, pagata da alcuni unprezzo altissimo, alla lunga si rivelavincente. Si arriva addirittura ad in-dire un consiglio comunale per sta-bilire o meno il patrocinio del Co-mune all’apertura della sede. Al-l’approvazione seguono fiaccolatee petizioni di protesta di cittadini delquartiere in cui sorgerà la sede deiragazzi. Tutto questo a significarequanto la città comunque si sia mo-bilitata intorno a questo gruppo,quanto questo gruppo abbia per-messo di far discutere i cittadini suun problema come quello della tos-sicodipendenza che spesso è esclu-sivamente materia di cronaca ne-ra, ricondotto all’overdose o allospaccio malavitoso, raramente av-vicinato dal punto di vista umanoda chi non è direttamente coinvol-to.Anche il comportamento dei citta-dini pordenonesi regala uno spac-cato delle reazioni che permettonood ostacolano comunemente lapossibilità di integrarsi da parte di unsoggetto, siano i tossicodipendentio qualsiasi altra minoranza. Il riman-dare uno stereotipo rinforza il com-portamento deviante, creando unadevianza secondaria come reazio-ne. La categoria “tossicodipenden-te”, riconosciuta tale dalla società,per reazione spinge il tossicodipen-dente a riorganizzare il sé intorno atale categoria, per darsi un’identità,che finisce con coincidere con ilcomportamento stigmatizzato.L’assunzione di un’identità deviantesecondaria, rende difficile qualsiasiprogetto di recupero, in quanto lapersona si vede impotente, diun’impotenza appresa che bloccaqualsiasi tipo di cambiamento: ladevianza sarebbe un tentativo diadattamento al fallimento. Si crea

così una subcultura deviante chemantiene un’identità di gruppo: lasocietà nell’allontanare tale gruppoa tutti gli effetti lo consolida. A Por-denone invece ha prevalso la scel-ta di chi ha cercato di comprende-re, di valorizzare, senza allontanare,la diversa storia che ognuno ha, ri-tenendola una ricchezza.Ha prevalso anche la capacità dichi non era in sintonia con le propo-ste del gruppo di dare comunqueuna possibilità, in quanto gruppocredibile. Il gruppo e di conseguen-za ogni individuo che ne è parte, èstato capace di resistere all’alter-nanza di successi e frustrazioni, rica-vando da questa resistenza moda-lità di pensiero più stabili, imparan-do a dilazionare la gratificazione ea pianificare le proprie aspettativein un percorso di tipo progettuale.

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Paesaggio, 1938

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Spazio aperto

un’idea più articolata del mondodella tossicodipendenza e contribui-re attivamente al miglioramentodelle condizioni di vita non solo dichi vive quotidianamente questoproblema, ma anche di chi gli sta in-torno, in un’idea di integrazionegruppo-società. Si punta al recupe-ro del valore dell’identità del tossi-codipendente, agendo prima sulladevianza, poi sulla tossicodipenden-za. L’idea è di approccio alla perso-na, non al tossicodipendente: si puòipotizzare addirittura che l’offrireuna terapia rinforzi lo stigma, per cuipuò essere che una parte dei tossi-codipendenti rifiuti le terapie pernon sentirsi ulteriormente stigmatiz-zato. E’ un gruppo di strada, rivolgealla strada le sue attenzioni più signi-ficative. E’, anche, un gruppo che siè tolto dalla strada, promuovendo

al suo interno regole e stili di com-portamento diversi rispetto ai codiciche sulla strada dettano legge. Lostesso gruppo che prima si ritrovavain strada per usare sostanze, oracon modalità diverse si trova perobbiettivi diversi, in una sua sede. E’,infine, un gruppo che per la preca-rietà delle condizioni passate di vitadei membri, si trova spesso ad avera che fare con loro interruzioni dipercorso, magari per scontare penedi dieci anni prima. Questo gruppoha da tre anni una sede aperta tut-ti i giorni, che si prefigura come unponte, un luogo fisico e ideale discambio, di dialogo con la città.A spiegare cosa sia la sede per i ra-gazzi forse c’è riuscito meglio di tut-ti Romeo. Dice testualmente: “Lasede per me è un posto in cui si puòaffrontare il problema tossicodipen-

denza senza per forza rivolgersi astrutture elefantiache. Anche la se-de è collegata in varie forme alSerT, ma per venire qui non serve te-lefonare prima, non è necessarioavere una motivazione eclatante oun’urgenza qualsiasi: qui si entra li-beramente e si incontrano personea posto che si ritrovano anche soloper il piacere di stare insieme. Que-sto mi gratifica per due motivi: il pri-mo perché fa bene a me stessoconfrontarmi con ragazzi sereni eaffidabili sotto tutti i punti di vista,poter dialogare di tossicodipen-denza o di Formula 1 senza l’obbli-go di dover per forza parlare deimiei problemi. E il secondo punto èche vedere queste persone che cel’hanno fatta ad uscire, che sonoqui di fronte a me, che sono reali,esistono veramente, è di stimolo per

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Riflessi, 1958 ca.

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manalmente attraverso due suoirappresentanti per i colloqui. In que-sto modo la struttura riesce a funge-re da cuscinetto al momento dell’u-scita, riducendo il rischio di overdo-se, che è il più alto al momento del-la riacquistata libertà.Cerchiamo ora di tirare un po’ le fi-la. Si possono evidenziare numerosiaspetti di quest’esperienza e di que-sto tipo di approccio al problema,che possono consentire successiveriflessioni. Ne proponiamo quattro: - un’enfasi sull’uscita dalla devianzapiuttosto che sull’uscita dalla tossi-codipendenza;- l’importanza d’intervento su ungruppo preesistente nel suo com-plesso, piuttosto che tentare dicreare gruppi ad hoc.- l’importanza data all’aspetto dellagratificazione e del riconoscimentodelle produzioni e delle iniziative delgruppo deviante nell’ambito del so-ciale;- l’importanza, infine, della reinte-grazione dei tossicodipendenti neltessuto sociale, piuttosto che la loroesclusione da esso.

E’ una strada, nonostante il duro la-voro di questi quasi otto anni, appe-na iniziata.

Alessandro Zamai Medico e psicologo,Responsabile Progetto Ragazzidella Panchina, Dipartimentoper le Dipendenze Pordenone

Andrea PiccoEducatore Progetto Ragazzidella Panchina,Cooperativa Itaca Pordenone

Francesca MerloPresidente AssociazioneI Ragazzi della Panchina,Pordenone

Spazio aperto

me, perché anch’io vorrei esserecome loro. E’ importante per meavere davanti degli esempi concre-ti, reali, perché di solito le personeche escono dalla tossicodipenden-za sono persone lontane, che non sivedono più in giro, che si distacca-no e vivono delle vite che non si in-trecciano più con la mia e quindidiventa anche difficile credere eaver coscienza che esiste un’alter-nativa positiva.” Romeo parla diascolto, dialogo, esempio concre-to, persone che altrimenti non in-treccerebbero più la loro vita conla sua. Questo gruppo ha permessoa chi ne ha fatto parte di non esse-re sradicato dal suo ambiente, dinon dover abbandonare amicizie,affetti, relazioni per ricostruire un’al-tra vita altrove. Ha scelto un’altravia di crescita comune, aspettandochi ha ritmi più lenti, ha favorito ilcontinuo intreccio di vite che primaavevano altri motivi per incontrarsi,conscio che questa fosse una ric-chezza per il percorso individuale diognuno. La scelta di gruppo si diffe-renzia dall’ approccio individuale inquanto non prevede la fuoriuscitadal gruppo di origine e la creazioneartificiosa di un nuovo gruppo ag-gregato intorno all’obiettivo dell’u-scita dalla tossicodipendenza. Si èriconosciuto al gruppo di esserecompetente in fatto di devianza.Questo ha permesso ai ragazzi uncoinvolgimento in prima persona inun percorso terapeutico che nonruotasse solamente attorno alla so-stanza, ma attorno alla persona inuna collettività che non necessaria-mente termina al confine di unapanchina. E’ così riuscito a recupe-rare motivazioni importanti qualiquella dell’attaccamento alla vita,anche in persone che a causa del-la sieropositività avevano persoogni stimolo e vivevano “come fo-glie su un ramo, in attesa”. E’ que-sto, un gruppo che ha inoltre pun-tato molto sul cambio di mentalità,non solo dei ragazzi che lo frequen-tano. Si è speso per cercare di mo-

dificare il contesto, per allontanarel’indifferenza sul problema e la diffi-denza sulle persone.La reintegrazione implica anchel’abbattimento dello stigma. Riusci-re a far percepire gli elementi delgruppo come elementi della so-cietà, in quanto detentori di valoricondivisibili porta ad eliminare pro-gressivamente la devianza secon-daria. In questo senso si può direche l’atteggiamento nel corso diquesti anni è molto cambiato incittà. Prova ne sia che questa sedeè stata aperta, anzi, non è stata an-cora chiusa. Sette anni orsono unarealtà di questo tipo non sarebbepotuta nascere, perché le due partiin causa, gruppo dei tossicodipen-denti e città, erano entrambe im-preparate a convivere in una strut-tura simile. Adesso la sede è nellatesta di tutti.Si è puntato molto sulla sede comeponte, come luogo deputato adunire: non a caso la sede è in centrocittà, per avere un’inclusione com-pleta nella realtà di Pordenone. Enon è una appartenenza solo ap-parente, quella del gruppo al con-testo sociale. A testimonianza di ciòva menzionato l’interesse con ilquale la città segue le proposte deiragazzi: si pensi al teatro pieno, loscorso giugno, per uno spettacoloteatrale. Sta, nel corso del tempo,mutando la prospettiva e questo fa-vorisce enormemente una convi-venza più pacifica, anche sulla stra-da.Nell’intervento di Romeo si facevariferimento anche alla facile acces-sibilità del luogo. Non è un dato datrascurare, in particolare se collega-to anche alle difficoltà che incontrachi per esempio esce dal carcere.Spesso in questi mesi si è verificato ilcaso di ragazzi che come primatappa dopo aver riavuto la libertà sifermano in sede. Sanno che c’èquesto posto, lo sanno perché ilgruppo tiene una fitta corrisponden-za con chi è detenuto, lo sanno per-ché il gruppo entra in carcere setti-

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Informa

sto e i suoi valori, le risorse umane ele capacità. Abbiamo analizzato di-versi tipi e modelli di conflitto, le pe-culiarità, gli aspetti e le differenti fa-si. Poi ci siamo divisi in gruppi e fissa-to una lista di valori fondamentali.Abbiamo tentato di definire i vari ter-mini di conflitto, violenza, bullismo ecanzonatura. Sono stati definiti i piùprobabili e frequenti contrasti tra do-cente/docente, docente/docenti,docente/alunni, alunno/alunno, alun-no/società, genitori.La prima relazione è stata quellasvolta dalle insegnanti Cerne Boza,Milena Vidovic e Erika Kovak prove-nienti dalla Slovenia, nella quale lerelatrici hanno presentato il loro pro-getto mirato ad affrontare i contra-sti e la violenza nelle loro scuole. Laseconda è stata quella di AndrewMellor, proveniente dalla Scozia,molto interessante perché ha per-messo di scoprire l’esistenza di unarete anti-bullismo, un sito web, unnumero telefonico informativo, ma-teriale illustrativo e altre pubblicazio-ni per docenti, genitori e giovani sul-lo stesso argomento. Ho anche con-statato che nulla del genere è maistato fatto nel mio Paese. Nellescuole scozzesi, invece, un pro-gramma governativo di contrasto albullismo è iniziato alla fine degli anniOttanta. Questa relazione mi ha for-nito una ricca documentazione eimportanti linee guida da utilizzarenella mia futura attività e neglieventuali corsi in Italia sull’argomen-to. Terminata la relazione, ci siamosoffermati a riflettere sui valori perso-nali e i conflitti della nostra vita pri-vata, fornendo degli esempi e suinostri atteggiamenti di risposta. Peter Hayes ha presentato il suo di-scorso sull’Educazione civica, sotto-lineandone l’importanza come ma-teria fondamentale del curriculumscolastico nazionale. Si tratta di unamateria che necessita di un’attivapartecipazione da parte degli alun-ni, un mezzo per arrivare all’autosti-ma, alla motivazione, alla parteci-

pazione, alla ricerca, alle riunionistudentesche, un mezzo per far lorocomprendere il loro coinvolgimentonella comunità più ampia in cui vi-vono. La giornata si è chiusa conl’intervento della delegata dell’Esto-nia. La relatrice ha parlato dell'’or-ganizzazione estone per il benesseredei minori, di un programma chia-mato il “Minore e la Violenza” e diun progetto contro la violenza rivol-to a studenti di età fra i 12 e i 16 an-ni. In quel paese infatti il problemamaggiore, per il 65% delle scuole, èproprio la violenza. Abbiamo analizzato i modi principa-li di affrontare i conflitti: giochi sulleabilità di ascolto, giochi con disegni,giochi con le parole e giochi finaliz-zati a creare una squadra. Tuttequeste attività dovrebbero essereutilizzate con gli studenti. La signora Brodala ha indicato leabilità e le capacità necessarie perla risoluzione dei conflitti: abilità diorientamento, di percezione, emoti-ve, comunicative, di pensiero crea-tivo e di pensiero critico. Ha parlatodi specifici progetti scolastici di edu-cazione tra pari e della loro concre-ta realizzazione. Sono sempre statiforniti opuscoli e materiali utili peraiutarci a fare lo stesso nei nostripaesi. Poi, durante un lavoro in pic-coli gruppi e ci è stato chiesto di or-dinare alcuni verbi in modo da rag-grupparli secondo il loro significato,da quello più positivo a quello piùnegativo. Dopo aver discusso sui ri-sultati di tale compito, ci siamo divi-si per formare gruppi di soli uomini esolo donne allo scopo di redigereuna specie di lista contenente i van-taggi e gli svantaggi di appartenereall’uno o all’altro sesso. Durante la visita alla “Tring School”nell’Hertfordshire abbiamo parteci-pato a quattro diverse lezioni relati-ve al programma scolastico di Edu-cazione civica. Abbiamo interloqui-to con ragazzi di 12 e 16/17 anni chefacevano parte del “Progetto Edu-cazione tra Pari” e discusso breve-

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Questa esperienza è stata di gran-de interesse poiché mi ha permessodi incontrare colleghi di sedici diffe-renti paesi europei, scambiare e ap-prendere nuove idee, opinioni, stra-tegie e approcci al problema delbullismo; ha consentito di entrare incontatto con persone appartenentia diversi campi educativi (docenti,ricercatori, studiosi, psicologi) e diconstatare che molti di loro stannolavorando seriamente e con passio-ne per affrontare tali problemati-che. Il corso è stato organizzato otti-mamente. Dopo una breve introdu-zione e qualche notizia informale suipartecipanti, abbiamo iniziato a la-vorare con grande impegno sotto laguida qualificata e sempre disponi-bile di Amanda Brodala, direttoredella Peer/Aid Consultancy. Dopoun’attività “rompighiaccio”che ciha permesso di conoscerci un po’meglio, è seguito un dibattito sulloscopo del programma e i suoi puntiprincipali. Abbiamo descritto i con-flitti rilevati nelle nostre scuole e leprocedure di verifica, comprenden-do che è necessario conoscere i bi-sogni della propria scuola, il conte-

LondonCouncil of Europe in-serviceTraining Course for TeachersQueen Mary University

BULLISMOIN CLASSEE SOLUZIONEDEI CONFLITTI

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lare. Mi è stato dato molto materia-le per uso pratico, inclusi quattroopuscoli sulle abilità essenziali per lavita, per studenti dai sette ai diecianni. Queste abilità sono particolar-mente interessanti perché sono lemedesime su cui la nuova riformascolastica sta insistendo. La relazione del sig. Asad Ahmadverteva sulle risorse della diversità, larisoluzione dei contrasti, il dialogo el’integrazione culturale. Si è presen-tato e ci ha chiesto di presentarci anostra volta. Ha spiegato il sistemaevolutivo del pensiero di Lemniskat.Poi ci ha divisi in gruppi e ci ha fattoriflettere sui nostri nomi di battesimo(spiegare perché questo nome erastato scelto, le sue origini, se reagia-mo nel caso vengano fatti errori or-tografici nello scriverlo, o sia pronun-

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mente un programma per ridurre lesituazioni di contrasto con il presidevicario. Sono stata positivamentecolpita dal grande interesse dimo-strato, da una classe di 29 alunni,per il filmato sulla carenza di cibo ela carestia in Etiopia. Dopo la proie-zione quasi tutti hanno preso partealla discussione che è seguita, man-tenendo ordine e disciplina. Ciò miha ricordato la difficile situazione dacui provenivo: il pochissimo rispettodimostrato da così tanti miei alunninei confronti dei docenti e addirittu-ra dei loro stessi compagni e l’indif-ferenza verso le più comuni regolesociali. Gli studenti inglesi erano an-che vestiti in modo decoroso e puli-to, i capelli tagliati e pettinati. Uncartello appeso nella mensa ha su-scitato il mio interesse: una specie di

vademecum scritto in prima perso-na contenente dei suggerimenti sulcomportamento corretto da man-tenere quando si è a scuola. L’at-mosfera era rilassata, i colleghi in-glesi non sembravano costretti a ur-lare o a rimproverare per la maggiorparte della lezione. Gli studenti coin-volti nel progetto “Educazione traPari” erano a loro agio e orgogliosidella loro esperienza. Sembravanopiù responsabili e maturi a confrontodi altri studenti della loro stessa età;hanno parlato di problemi giovanilie di come affrontarli, cosa che mi èapparsa piuttosto insolita. Sono mol-to più abituata ad ascoltare degliadulti che affrontano tali problemi.Ciò mi ha fatto capire una volta dipiù l’importanza di dare voce aglialunni, di incontrarli e di lasciarli par-

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Novembre, 1956

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ciato male, o ci affibbino dei dimi-nutivi o nomignoli, ecc.). I bambiniinfatti sono molto spesso profonda-mente offesi da tali esperienze: sa-rebbe consigliabile chiedere loro inomi e come desiderano esserechiamati. Dopo di che il sig. Ahmadha analizzato il tema dei cambia-menti sociali che provengono dal-l’interno della società (lo sviluppodel sistema di previdenza sociale, ilmovimento di liberazione della don-na, il movimento giovanile) e i cam-biamenti sociali che provengonodall’esterno della sociètà (i metodidi cura alternativi, gli immigrati). Moira Atria, proveniente dall’Au-stria, ha illustrato le sue ricerche uni-versitarie nelle scuole per conoscerei sentimenti conseguenti ad espe-rienze di violenza provate dagli stu-

denti austriaci. Edmund Pace diMalta ha presentato una relazionesull’approccio “Niente Rimprovericontro il bullismo”, la prospettivamaltese nei confronti della risoluzio-ne dei contrasti e il bullismo e “Co-me affrontare il Bullismo, Misure sco-lastiche basilari”. Nel lavoro di grup-po si è cercato di trovare un accor-do, dopo aver analizzato “Una tristestoria d’amore” allo scopo di verifi-care e comprendere quante reazio-ni diverse si possono avere nei con-fronti degli stessi avvenimenti, quan-to diverso sia il nostro codice mora-le e quanto difficile sia raggiungereun compromesso. Asad Ahmad, consigliere pedago-gico, ha tracciato una specie dipercorso che indicava come pro-cede di solito un contrasto: fiducia-

sfiducia-accordo-armonia-stasi-di-saccordo-movimento-caos/lotta.Poi abbiamo discusso (a gruppi) suun evento concreto verificatosi inuna scuola, intitolato “Festa di com-pleanno”. Ci è stato chiesto, comedocenti, di scegliere una linea dicomportamento nel caso di una si-tuazione di alienazione razziale.Amanda Brodala ha parlato profusa-mente della risoluzione dei contrasti,del progredire dei contrasti, dei tipi dicontrasto, del contrasto come car-burante infiammabile, delle caratte-ristiche dei ragazzi adatti all’educa-zione tra pari, dei comportamentiche attizzano il contrasto, dei quesitida porsi per analizzare una situazio-ne di contrasto, dei punti da control-lare nel caso di violenza nelle scuo-le, dell’approccio basato sul nego-

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Tramonto, 1960 ca.

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centi perché la maggior parte di lo-ro non sembra interessata per princi-pio e si pone contro qualsiasi pro-getto o promozione di esso sulla ma-teria in questione. L’ultimo interven-to è stato quello di Jill Lyall dell'’Uffi-cio ‘Pupil Support & Inclusion’ del Di-partimento Esecutivo per l’Istruzionescozzese. Ci ha illustrato i mezzi con-creti che il governo fornisce allescuole che hanno bisogno di sup-porto per affrontare fenomeni diviolenza e bullismo. Abbiamo infine rivisto la nostra listadi scopi e aspettative nei confrontidel corso osservando che erano sta-ti soddisfatti. Il corso è stato piuttostoimpegnativo e mi ha fornito molteinformazioni che vorrei far conosce-re ai miei colleghi. Il mio desiderio èdi riferire queste esperienze nelle al-tre scuole della mia provincia e diorganizzare o di promuovere incon-tri sulla risoluzione dei contrasti e vio-lenza/bullismo nelle scuole dovun-que il Direttore Scolastico Regionalelo riterrà opportuno.

Lorella Francarli

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ziato e di quattro tipi di educazionemirata alla soluzione dei contrasti.La parte più rilevante è stata quellarelativa ai materiali da usare duran-te il corso per la formazione docen-ti che hanno l’intenzione di realizza-re progetti di educazione tra parinelle loro scuole. Ho potuto acquisi-re una nutrita documentazione ri-guardante le fasi da seguire con ta-li soggetti. Se mi sarà richiesto, mipiacerebbe realizzare un progettodi educazione tra pari nella miascuola o altrove. In un gruppo di la-voro abbiamo analizzato due storieidentificate con i nomi di ‘La storiadi Elaine’ e ‘La storia di Adam’ nellequali dovevamo affrontare un casodi violenza e appellarci a tutte leautorità competenti per ottenereaiuto: indagini e aiuti esterni, sup-porto sindacale, consiglio scolasti-co, organizzazioni statali, associazio-ni giovanili, una specifica politicaatta ad affrontare il problema, il go-vernatore, il dirigente scolastico, ilpreside vicario, le associazioni sporti-ve, i gruppi comunitari.Sono seguite le relazioni della sig.raLut Vinck del Belgio sulla ’Politicascolastica nei confronti del Bullismo”al Kardinaal van Roey Instituut equella della sig.ra Anna GeorgievaMarinava della Bulgaria, che si riferi-va al progetto contro la violenza invigore al Aprilov National HighSchool a Gabrovo.Nell’ultima giornata del corso ab-biamo iniziato con un gioco a tem-po, in cui due gruppi in piedi su duelenzuola diverse dovevano rigirarlesenza toccare il pavimento. Dopoquesta fase di ‘riscaldamento’ ab-biamo riassunto e rivisto i punti fon-damentali discussi negli ultimi giorni.La sig.ra Brodala ci ha parlato nuo-vamente dell’esistenza di un Centrodanese per l’approccio per la risolu-zione dei contrasti e dei quattro tipidi istruzione volti alla risoluzione deicontrasti (Processo curricolare, Pro-gramma di Mediazione, Classe tran-quilla, Scuola tranquilla). Ha aggiun-

to che il docente è il risultato di mol-ti fattori: esperienza, rapporti perso-nali, valori, storia personale, climasociale e politico. Ha ridefinito il suomateriale di formazione per la risolu-zione dei contrasti riferendosi:1) alle diverse persone che possonoessere coinvolte in un programma dieducazione tra pari, che sono: for-matore, docenti, educatori alla parie pubblico appartenente ad uncerto target; 2) la sua divisione in quattro sezioni:informazioni sulla storia e le basi delprogetto di educazione tra pari, leattività di formazione sulla risoluzio-ne dei contrasti che devono esseremesse a disposizione dei formatori edei docenti che desiderano realiz-zare tali progetti, un programma di formazione campione per docentiche poi deve essere insegnato aglieducatori alla pari, incluse una seriedi attività che possono essere inseri-te dal formatore nel programma diformazione docenti e infine attivitàdi formazione sulle abilità e la ge-stione della classe da riferire da par-te dei docenti nel corso della for-mazione degli educatori alla pari.

Madalena de Baptista Pereira delPortogallo ha sviluppato il suo inter-vento su ‘Promozione della Cittadi-nanza Europea’: lotta alla violenza,xenofobia e razzismo nelle scuole,Attività per la Scuola Primaria e laScuola Secondaria’ promossa dalMinistero dell'’Istruzione portoghese.Ci ha consegnato anche un utileopuscolo con ottimi suggerimenti diattività atte ad aiutare il docente arealizzare il progetto. Una volta dipiù ho compreso quanto sia neces-sario oggigiorno per il sistema scola-stico italiano sviluppare un’istruzionemulticulturale nel curricolo con loscopo di dare ai giovani l’opportu-nità di potenziare attitudini e com-portamenti che li trasformino in cit-tadini dalla mentalità aperta, pacifi-ca e tollerante. Ma è anche indi-spensabile innanzitutto agire sui do-

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Nell’ambito delle Politiche Sociali ilProgetto Giovani del Comune diPordenone e l’Arci, che gestisce lacasa della musica, hanno parteci-pato al Progetto Gioventù dellaCommissione Europea denominatoYouth Interaction Web 1 nel qualehanno collaborato quattro città del-la Comunità Europea, Barcellona(Spagna), Pordenone (Italia), Lidko-ping (Svezia), Belfast (Irlanda delNord), coinvolgendo un totale di 50ragazzi dai 15 ai 25 anni sui temi del-la tolleranza e dell’esclusione socia-le, per sviluppare una più forte co-scienza europea. L’ incontro si è te-nuto a Barcellona dal 04 al 14 luglio2003.Youth Interaction web 1 vuole es-sere un progetto itinerante; dopoBarcellona, la città ospitante perl’estate 2004 sarà Pordenone e ne-gli anni successivi le altre città par-tecipanti. Il progetto vedrà modifi-care negli anni alcuni dei suoiobiettivi e/o temi secondo la fun-zione e le necessità del territorio incui si svilupperà; ciò che rimarrà inogni caso come elemento carat-terizzante è il tema dell’intercultu-ralità, come metodo di costruzio-ne di una coscienza e di una unità

Europea come lotta contro l’esclu-sione sociale. Tutte le attività chesono state realizzate (laboratori,dibattiti, escursioni ecc.) e la con-vivenza che si è generata in talimomenti, hanno rappresentato lebasi su cui ogni partecipante hafatto leva per accostarsi alla co-noscenza di altre culture e lingue,per apprendere così ad essere tol-leranti, democratici, in definitivacittadini dell’Europa. Altra caratte-ristica del progetto è stata la rea-lizzazione di una pagina web, cheservirà da veicolo permanente dicomunicazione e contatto per losviluppo del progetto stesso maanche per ragazzi dei vari paesi,poiché l’idea è che ogni anno ilpaese organizzatore sia responsa-bile del suo mantenimento. In defi-

nitiva, l’interscambio oltre che adessere stato motivo per svilupparenei ragazzi una maggiore coscien-za europea è risultato anche co-me stimolo per i gruppi di giovanipartecipanti a diventare soggettiattivi nelle loro comunità di prove-nienza. Gli undici ragazzi e ragaz-ze che hanno partecipato a que-sta iniziativa provengono dai Cen-tri di Aggregazione del Comune diPordenone e da altre realtà dellanostra città (scuole superiori eduniversità). Si tratta di un’iniziativaallargata che ha voluto e vuoledare un’opportunità a ragazzi eragazze di confrontarsi e vivereun’esperienza arricchente e dallaquale possano trarne nuovi valorie una maggior coscienza di sé.I ragazzi hanno affrontato una setti-

BarcellonaYouth Interaction web 1

Progetto Gioventù

della Commissione

Europea

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Lo scultore Dino Basaldella, 1930 ca.

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no a Barcellona, presso il centro cul-turale di Boca Nord, della coordina-trice del Progetto Giovani, nel qua-dro di un progetto “Leonardo”. L’in-dividuazione dei gruppi partecipan-ti è avvenuta attraverso i contattiche precedentemente avevano glispagnoli e gli italiani; a integrazionedi tali contatti è risultata utile la listadi partners dell’Agenzia spagnola diGioventù con l’Europa. La prepara-zione del progetto, portata avanticon il proprio gruppo e con i part-ners, ha avuto come tappe signifi-cative l’elaborazione del profilo del-le attività, il contatto con associazio-ni, e un incontro, tenutosi nel Mag-gio 2003 a Barcellona, tra tutti i tutor-

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mana di preparazione al progetto,necessaria alla costituzione di mini-gruppi di lavoro, cosa che ha per-messo loro di conoscersi e di lavora-re alla ricerca di materiali ed infor-mazioni riguardanti la loro città, ilmondo giovanile, la musica, le nuo-ve tecnologie, la fotografia, ecc.Tale attività è stata utile alla presen-tazione agli altri gruppi della nostrarealtà, alla realizzazione dei vari la-boratori e per la costituzione del si-to web; il gruppo è stato supporta-to dalla presenza di un educatoreche opera in un Centro di Aggre-gazione Giovanile del Comune diPordenone e dalla referente delProgetto Giovani che hanno ac-

compagnato i ragazzi nella prepa-razione e nel viaggio.Il progetto quindi non si è affattoconcluso, anzi, è solo partito dalviaggio a Barcellona e proseguecon un costante aggiornamentodella pagina web, strumento princi-pale di contatto tra tutti i parteci-panti e cantiere permanente delleprossime tappe, in attesa dell’acco-glienza, la prossima estate, dei ra-gazzi di altri paesi Europei del nuovoprogetto europeo“Youth InteractionWeb 2”. Il progetto “Youth Interaction Web”,come opportunità di interscambiotra realtà di diversi paesi d’Europa,nasce da un’esperienza di soggior-

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Aquileia, 1950 ca.

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accompagnatori dei gruppi. Nelledieci giornate di durata del viaggioi ragazzi hanno avuto modo di ci-mentarsi in vari laboratori e attivitàquali danza contemporanea, tea-tro, percussioni gitane, fotografia,dj, danza del ventre, giocoleria epagina web, che sono poi statecentro di espressione e di interessenella festa finale. Alle attività di la-boratorio, prevalentemente mattuti-ne, si sono affiancate visite a realtàsignificative della città di Barcellonadal punto di vista culturale e socia-le, quali la fondazione Caixa di artecontemporanea, il distretto Horta

Guinardò, una casa occupata chesi dedica ad attività a sfondo socia-le. Significativa è stata la collabora-zione con la scuola di cucina-risto-rante, che impiega studenti addettialla ristorazione portatori di handi-cap.A questo si aggiunge l’attività quoti-diana di scoperta della città nellesue componenti, artistiche, sociali,associative, turistiche, nel tentativodi sviluppare una sua conoscenzaarticolata, approfondita e consciadelle complessità e problematicità.Il viaggio si è concluso con un sog-giorno in campeggio nella località

della Costa Brava di Blanes, che èstato un momento di svago e relaxappezzato dai ragazzi. Significativoè stato, ed appagante, per gli ac-compagnatori il sensibile grado diintegrazione dei ragazzi del nostrogruppo tra di loro, con gli accom-pagnatori, con i coetanei degli altrigruppi; sono nate e continuanoamicizie e contatti in un’ottica diconfronto, integrazione, curiosità econdivisione che costituiscono l’es-senza e il senso del progetto stesso. Altre due iniziative vanno citate acoronare le iniziative a cui il SettorePolitiche Sociali del Comune di Por-denone con il progetto Giovani e gli

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Piani di Vas, 1950 ca.

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operatori dei Centri di aggregazio-ne Giovanile vogliono dare a sup-porto delle attività nell’ambito deiProgetti Europei. Prima di tutto si pre-vede nei primi mesi del 2004 l’aper-tura nel centro della città nei localidi nuova realizzazione in Piazza XXSettembre un Punto Europa in con-venzione con L’Info Point Europa diTrieste. Le funzioni principali di talesportello sono quelle di dare ai gio-vani informazioni sull’U.E. le politichee i programmi comunitari, l’opportu-nità di lavoro in Europa, dando alcontempo la possibilità di accederead internet e di effettuare ricerchesu banche dati. Continuerà la fortunata esperienzadel Progetto Meeting che con il Pro-getto Gioventù ha un legame moltoforte fatto di compartecipazione, dipersone, idee e forze che interagi-scono tra loro. Il Progetto che coin-volge oltre 500 studenti degli istitutisuperiori di Pordenone e Provinciapresenterà e confronterà i loro lavo-ri, frutto di un percorso espressivofatto insieme ai compagni di scuola,accompagnati e seguiti da docentie da operatori esterni. Il “Meeting”non è una gara, né un palcosceni-co per "nuovi talenti", ma solo unmomento per dare spazio libera-mente alle parole e alle idee di tut-ti, senza l'obbligo di seguire percorsiprestabiliti e di raggiungere un risul-tato. Il tema dell’anno scorso era:"Essere Figli che Fatica" quest’annoè stato scelto, il tema: “Ma chemondo ci stanno preparando?”

Giuseppe MarinoOperatore del Progetto Giovani edaccompagnatore-tutor del Y.I.W. 1

Luisa Conte Referente del Progetto Giovani

Gli istituti che hanno partecipato sono:

Liceo Scientifico "Grigoletti" - PordenoneIPSSCT "Flora" - PordenoneITC "Mattiussi" - PordenoneLiceo Classico Scientifico Sociopedagogico"Leopardi-Majorana" - PordenoneITIS "Kennedy" - PordenoneLicei Sperimentali e Istituto Magistrale "Pujati" - PordenoneIPSIA "Lino Zanussi"- PordenoneITS per geometri "Pertini" - PordenoneITC-IPSC "Marchesini" - SacileIstituto d'Arte Statale "Galvani" - PordenoneIPSIA "Piero della Valentina" - Sacile e BrugneraC.f.p. al Villaggio del Fanciullo - Pordenone

Hanno collaborato: i Centri di aggregazione giovanile e il LAKRUS delComune di Pordenone, il gruppo Con-Tatto dell’Azienda Sanitaria, ilConsultorio Giovani, il dott. Marini Dario, il dott. Del Frate Alessandro, ladott.ssa Del Pup Elodia del Consultorio Familiare, la dott.ssa Cibin dellaDirezione Scolastica Regionale con la Consulta Giovanile, il Giardinodelle Sorprese/Cooperativa Laboratorio Scuola, Amministrazione Provin-ciale e il dott. CUNDO dell'azienda Sanitaria di Parma.

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Locandina del Meeting 2003

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Il giorno 11 ottobre 2003 a Tolmezzo èstato inaugurato lo Sportello di acco-glienza ed informazione del progettoRi.T.M.O. L’evento si è svolto nell’am-bito della manifestazione “Una mon-tagna di idee: muoversi ed orientarsitra formazione, scuola, progetti edesperienze”. L’iniziativa, avente co-me filo conduttore il tema dell’orien-tamento, si è snodata in due sessioni.La sessione del mattino, promossa edorganizzata dalla Direzione regionaledell’istruzione e della cultura tramite ilCentro di orientamento dell’Alto Friu-li, è stata dedicata all’ambito dellaformazione, quella del pomeriggio,realizzata dalla Cooperativa Cra-mars, al lavoro.Nella mattinata il sindaco S. Cuzzi,nell’inaugurare lo Sportello di acco-glienza e informazione, ha manife-stato l’auspicio che il servizio diventiuna concreta opportunità per lacomunità di Tolmezzo e delle vallatelimitrofe, impegnandosi a promuo-verne la diffusione. Il dott. B. Fortedella Direzione regionale dell’istru-zione e della cultura, nel porgere isaluti del prof. R. Antonaz, Assessoreregionale all'istruzione e alla cultura,per le identità linguistiche e cultura-li, ha evidenziato la significativitàdell’offerta di servizi e di opportunitàformative in un contesto territorialeconsiderato svantaggiato, quale èl’area montana, sottolineando l’im-portanza e le radici dell’orienta-mento nell’intero percorso evolutivodella persona.Il brindisi inaugurale ha registrato lapresenza di un’ampia rappresen-tanza di studenti, famiglie, dirigentiscolastici, politici, amministratori edoperatori dei vari servizi territoriali.Sempre nel corso della prima sessio-ne è stata organizzata l’iniziativa“Scuole aperte” presso l’istituto IPSIACandoni: con la preziosa collabora-zione degli Istituti Superiori sono statiaccolti, presso il Centro studi, gli stu-denti delle scuole medie inferiori diTolmezzo e del bacino carnico. Perloro sono stati allestiti spazi dedicati

all’orientamento, all’istruzione supe-riore e alla formazione professionalee sono state organizzate visite gui-date per illustrare le opportunità diistruzione e formazione successivealla terza media. L’iniziativa ha vistola collaborazione di diversi soggettiappartenenti non solo all’area del-l’istruzione e della formazione, maanche di forze operanti sul territorio:l’obiettivo comune è infatti quello dicreare una proficua azione di rete edi sinergie tra i diversi servizi e struttu-re locali.Nella sessione del pomeriggio i la-vori sono proseguiti presso la sededel Comprensorio Montano dellaCarnia. La Cooperativa Cramars haorganizzato, nell’ambito del proget-to “Articolo 6 - Verso l’eccellenzadel Mercato del Lavoro”, finanziatodal FSE, una conferenza transnazio-nale di disseminazione del progetto“L’eccellenza nel mercato del lavo-ro”. In questa sede è stata presen-tata un’ampia rassegna di progettia carattere internazionale e diesperienze realizzate nel contestomontano. Presso la Galleria della

Cooperativa sono stati allestiti deglispazi di animazione ed espositivi sul-l’orientamento scolastico e profes-sionale, con la straordinaria parteci-pazione di una trentina di artigianiche hanno lavorato “dal vivo”.

Gabriella Zoff

TolmezzoINAUGURAZIONEDELLO SPORTELLORi.T.M.O.

Oranti nel tempio, 1948

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Libri • la recensione

Edizioni Scientifiche Magi,Roma, 2003, pp. 258, U 20,00.

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Il volume raccoglie la traduzione ita-liana di un Seminario tenuto dallopsicanalista svizzero Carl GustavJung nel 1925, anno per Jung impor-tante in quanto festeggiava i suoicinquant’anni. Le lezioni del semina-rio che si sono articolate e sono sta-te svolte durante la primavera e l’e-state di quell’anno, sono rivolte adun pubblico internazionale e perquesto sono state tenute in linguainglese. Come partecipanti sono in-tervenuti non solo professionisti ecolleghi dello stesso Jung, ma an-che letterati e suoi pazienti. Lo sco-po del seminario era quello di divul-gare le idee junghiane sia in Europache oltre oceano. Le lezioni sono di-namiche e vivaci in quanto sonosempre seguite da un dibattito, dauna discussione per cui la lettura delvolume coinvolge il lettore anchese, talvolta, non è sempre immedia-tamente comprensibile il pensierodell’autore ai non addetti ai lavori.E’ la forma dialogica che in questicasi permette di coglierne il signifi-cato altrimenti oscuro ed apparen-temente irraggiungibile attraversola lettura del testo junghiano.Il volume è interessante in quanto

chiarifica le tematiche principaliinerenti alla psicologia analitica e aisuoi contenuti che abbracciano uncampo talmente vasto da dover es-sere contestualizzato. Non bisognadimenticare che Jung aveva co-struito questa sua teoria innovativadistaccandosi da quella freudianaprevalente. Teoria che lo costrinse asacrificare la relazione con Freud ead isolarsi, di conseguenza, dallacarriera accademica. Questo mo-mento fu necessario, però, per il suo«incontro con l’inconscio» che con-dusse Jung a rapportarsi in manierapersonale a tale concetto. Per que-sto non mancano, all’interno del Se-minario, riferimenti alla sua esperien-za personale che corrispondono alsuo processo individuativo, ovveroal processo di presa di coscienza disé, come, ad esempio, la morte del-la madre. Questo evento è impor-tante come era già evidente nel te-sto Ricordi, sogni e riflessioni, inquanto inerisce non soltanto al con-cetto di Anima, ma anche all’evolu-zione psichica dei primi anni di vita.Da essa emergono le definizioni del-le personalità che non sono legateessenzialmente al materiale eredita-rio-personale. Il punto di partenza del Seminario èl’analisi del concetto di inconscioovvero di quei processi psichici noncoscienti e non riferibili all’Io in mo-do percettibile. L’idea di Jung sul-l’inconscio non ha solo un’origineteorica sorta e supportata dalla let-tura di Schopenhauer e di von Hart-mann, ma è correlata ad una casoconcreto, all’esperienza: è il casoclinico di una ragazza sonnambulache si rivelò essere una medium. Ilraggiungimento di questo particola-re status dimostra, secondo Jung,che il materiale inconscio fluisce en-tro modelli prestabiliti. Modelli che sipossono rendere manifesti soltanto,appunto, in particolari situazioniquando cioè il controllo della co-scienza è nullo. In questo periodo diconfronto con l’inconscio, Jung si in-teressa di spiritismo, di filosofia, di let-teratura per cercare una confermaa fondamento delle sue intuizioni. E’

stato in particolar modo aiutato dal-la teoria di Kant sui limiti della cono-scenza che gli fornì utili criteri episte-mologici. Seguendo Kant, Jung ritie-ne che la conoscenza riguardi sologli oggetti fenomenici del mondo.Ma questo mondo fisico e psichicoè riflesso, proiezione di un’altrarealtà. La realtà noumenica di Kantche è il nocciolo essenziale dell’uni-verso, inaccessibile alla conoscenzae che Jung chiama archetipi.E’ necessario sottolineare che tutto ilmateriale da lui analizzato lo porta-va a rilevare la naturale confluenzadei contrari. L’idea della coppie de-gli opposti è antica e talvolta com-pare come legge dell’enantiodro-mia, ovvero nella tendenza di ognifattore psichico a trasformarsi nelproprio opposto al fine di progrediread un più alto sviluppo psicologico.In tal caso diventa un principio euri-stico, insomma di comprensionedella realtà come ben esprime ilsimbolo del Tao, ove i principi oppo-sti sono rappresentati da settori aspirale di un cerchio colorati di bian-co e nero. Essi vengono intesi rispet-tivamente come principio maschilee femminile. Inoltre la porzione bian-ca contiene in sé una macchia ne-ra, mentre quella nera una bianca.L’inconscio allora si contrappone alconscio, alla coscienza ma non èprivo di significato perché, per Jung,“possiede una mente”. Quest’affer-mazione è supportata dall’analisidei sogni in cui emergono delle im-magini che costituiscono un mate-riale simbolico significativo in quan-to scaturiscono dall’inconscio ehanno una funzione compensativadella personalità soprattutto quandol’atteggiamento cosciente è unila-terale. La patologia ne offre nume-rosi esempi che, in questa sede, èinutile analizzare. Certamente l’at-teggiamento che “prende sul serio”ciò che emerge dall’inconscio co-stituisce una delle caratteristichedella psicologia analitica e il suonuovo atteggiamento terapeutico.Per questo è possibile spiegare i fe-nomeni inconsci delle psicosi. L’a-nalisi ha la possibilità di rendere con-

Carl Gustav Jung

PSICOLOGIA ANALITICA

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Libri • la recensione

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sci i contenuti inconsci svolgendocosì una funzione di mediatrice cheevidenzia quella che da Jung è de-nominata trascendente che si evi-denzia all’interno della psiche indivi-duale. Essa può essere intesa comequella funzione psichica che riescea mediare la realtà conscia e quel-la inconscia in quanto riunisce i poliopposti, conflittuali della psiche chesi pongono tra l’Io e le immagini sim-boliche emergenti dall’inconscio. Illinguaggio di tale mediazione è ilsimbolo il quale è in grado di inte-grare nella coscienza dei contenutipsichici nuovi. Tale funzione è chia-mata trascendente non perché èmetafisica, ma perché attraverso diessa si opera la trasformazione, lacrescita psichica individuale. Essaemerge non solo nei sogni, ma an-che durante l’analisi. L’evidenza deicontenuti inconsci emerge per Junganche nella figura del Zarathustranietzeschiano, come immagine in-conscia di ciò che il filosofo tedescoavrebbe voluto essere. Attraverso l’analisi dei pazienti,emerge come la natura dell’incon-scio sia finalistica ovvero porti aduna meta che risulta essere la cono-scenza di Sé, il raggiungimento di unSelbst autonomo, di un terzo termi-ne che è il prodotto della funzionemediatrice o trascendente e cheguida il processo individuativo. Inol-tre attraverso il sogno che conducealla parte occulta della nostra psi-che, Jung ha potuto riscontrare l’e-sistenza di un inconscio non perso-nale che egli definisce collettivo.Scoperta che, oltre a segnare un ul-teriore rottura con Freud, costituisceun’importante innovazione. Questoinconscio infatti è comune a tutti gliuomini di qualsiasi tempo quasi acostituire una sorta di patrimoniogenetico psichico. In esso risiedonodelle idee primordiali simili all’eido-lon platonico, che Jung chiama ar-chetipi, e che facilmente si rendonovisibili, ma non si esauriscono, adesempio, attraverso la creazione ar-tistica e i simboli. E’analizzando l’archetipo dell’eroe,dell’uomo assolutamente prefetto,

che Jung giunge alla teoria dei tipipsicologici che si basa essenzial-mente sulla definizione di due tipifondamentali o modelli di atteggia-mento: l’introversione e l’estroversio-ne che determinano le modalità dicomportamento nei confronti dellavita. L’introverso è colui che con-centra il suo interesse sui processipsichici interiori, al contrario dell’e-stroverso il cui interesse si concentrasu un oggetto esterno. Questa tipo-logia non è riduttiva, ma è psico-di-namica in quanto completata dallequattro funzioni psichiche due dellequali vengono considerate raziona-li, l’intelletto e il sentimento, e due ir-razionali, la sensazione e l’intuizione.La prevalenza di una o dell’altradelle funzioni correlata alla preva-lenza dell’uno o dell’altro dei tipid’atteggiamento determina le mo-dalità di orientamento individualenella vita e il diverso, se necessario,approccio terapeutico.Nel corso delle lezioni Jung raccon-ta l’incontro interiore con quel com-plesso di fattori psichici che egli hademoninato Anima. Anima è quellacomponente femminile che in Jungsi manifestò in vari modi, soprattuttoa seguito della rottura con Freud,nella figura di miss Miller, una sua pa-ziente, nel suo interesse per i sogni ei fenomeni psichici. E proprio un so-gno gli è chiarificatore e che è col-legato alle figure di Elia e Salomè.Elia è la personificazione dell’ele-mento cognitivo, della razionalità,del pensiero, del Logos, mentre Sa-lomè personifica l’Anima cieca inquanto non vede le operazioni del-l’inconscio sebbene la sua funzionesia quella di doverlo collegare con ilconscio. Quanto alle funzioni psichi-che, ella corrisponde al sentimento.Ecco perché Elia e Salomè sonouna coppia di opposti per cui Elia, ilvecchio saggio, compensa, nell’in-conscio dell’uomo, le seduzioni diSalomè.Ecco allora prospettarsi la teoriadell’Anima e dell’Animus come figu-re controsessuali insite nella psicheumana che svolgono la funzionecompensatrice di collegamento tra

la coscienza individuale e l’incon-scio collettivo. Nonostante la tenta-zione di ipostatizzare, di personifica-re la nozione di Anima/Animus, Jungha sempre insistito sulla loro funzionedi ponte o porta alle immagini del-l’inconscio collettivo e della neces-sità di interiorizzarli e di integrarli nel-la personalità individuale. SecondoJung, l’Anima corrisponde all’imma-gine innata della donna nell’uomo,così come l’Animus a quello dell’uomo per la donna. L’Anima si ma-nifesta tramite rappresentazioni eimmagini legate alla sfera affettivadell’uomo, mentre l’Animus è colle-gato alla vita mentale e spiritualedella donna. Essendo quest’imma-gine inconscia, può essere proietta-ta su una persona concreta come,ad esempio, quella amata. Percomprendere pienamente la figuradell’Anima che contiene in sé gliopposti in quanto può manifestarsicome positiva o negativa a secon-da dell’opposto atteggiamento neiconfronti della donna reale, Jungutilizza degli esempi letterari. Nell’ul-tima parte del Seminario, vieneanalizzato il simbolismo presente nelromanzo di Lei di H. Rider Haggard,L’Atlantide di Pierre Benoit, e The EvilVineyard di Marie Hay. Tutto ciò perfar comprendere ai partecipanti,come a chi leggerà questo testo,come sia necessario raggiungere ilSé, ovvero la totalità o la somma deiprocessi consci ed inconsci che si di-stingue dall’Ego il quale non è incontatto con il lato inconscio dellapersonalità. Mediante il contattocon l’Anima/Animus, ogni individuoha la possibilità di raggiungere il Sée così può comunicare con quelleimmagini ancestrali che sono in luiinsite e che gli trasmettono un sensodi immortalità.

Teresa Tonchia

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Regione Autonoma Friuli-Venezia GiuliaDirezione regionale per le identità linguistiche e i migranti,

l’istruzione, la cultura, lo sport

Servizio per l’istruzione e l’orientamento

L’ORIENTAMENTOIN SLOVENIA

A L L E G A T O

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L'ORIENTAMENTO IN SLOVENIA

In Slovenia, Paese in via di transizione, si sono avuti negli ultimi anni notevolicambiamenti anche nell’ambito dell’orientamento. Le mutate condizioni socio-economiche e l’avvicinamento della Slovenia all’Unione europea hanno por-tato ad una rapida evoluzione, sia la disciplina, che gli approcci utilizzati. Primadel 1990, in un periodo caratterizzato da uno sviluppo socio-economico piùo meno pianificato, il fabbisogno di determinate qualifiche e professionalità erarelativamente prevedibile. A ciò si adeguava anche l’orientamento che ovvia-mente privilegiava un metodo di lavoro ben preciso. Oggi, quando la Slove-nia sta per aderire all’Unione europea, dove l’economia si fonda sul capitale esull’interscambio commerciale (fatto che riduce la prevedibilità diretta delle pro-fessionalità necessarie), la mentalità degli operatori sloveni che si occupano diorientamento si sta sempre più allineando con gli approcci dei loro colleghi cheoperano nei Paesi dell’Unione. Da questo punto di vista, le ridotte dimensio-ni della Slovenia possono essere una carta vincente, poiché le consentono diessere molto flessibile. Le idee delle persone che occupano le cariche di re-sponsabilità possono infatti irradiarsi più velocemente su un territorio relativa-mente piccolo, dove i nuovi approcci sono più facilmente gestibili. In Slove-nia si è avuta una vera e propria esplosione di creatività, forme di collabora-zione, curiosità e tentativi di mettere alla prova se stessi, fenomeni che caratte-rizzano non solo il Paese in generale ma anche il più specifico ambito dell’o-rientamento. I cambiamenti maggiori sono ovviamente più evidenti quando siesaminano sistemi di notevoli dimensioni. Le singole scuole rappresentano inquesto caso dei piccoli sistemi.E’ difficile descrivere in breve il sistema dell’orientamento. Si tratta, infatti, diun ambito molto ampio che comprende il sistema scolastico di diversi ordini egradi, l’assegnazione di borse di studio (un’iniziativa meritevole del vecchio si-stema che si è mantenuta fino ai giorni nostri), il settore produttivo e quello del-la formazione professionale, della riqualificazione e del perfezionamento. L’o-rientamento tuttavia si rivolge soprattutto al mercato del lavoro (disoccupati,soggetti difficilmente impiegabili, giovani in cerca della prima occupazione).Nell’articolo di Brigita Rupar il lettore troverà una panoramica delle attività deiservizi di consulenza scolastici che si occupano anche di orientamento forma-tivo e professionale.1 Gli altri contributi presentano le realtà concrete di alcunescuole per quanto riguarda l’orientamento. Il nostro auspicio è di poter conta-re sulla collaborazione dei colleghi sloveni anche nella realizzazione del pro-getto Interreg dal titolo “Informarsi, studiare e lavorare senza confini – Proget-to di orientamento transfrontaliero Italia-Slovenia”. Il progetto, gestito dal nostroufficio, vuole imbastire una stretta collaborazione tra gli esperti dell’orienta-mento professionale sloveni e italiani attraverso un proficuo scambio di espe-rienze e competenze settoriali. L’iniziativa vuole mettersi a disposizionedei nuovi utenti, ma soprattutto delle generazioni più giovani di qua e di là del confine.

Zdenka Prebil

1) Per un approfondimento sulle esperienze slovene nel campo dell’orientamento degli adulti si rimandaanche all’intervento di Sasa Niklanovic -ZRSZ-, pubblicato in allegato al n. 21 di questa rivista all’internodegli atti del convegno “L’orientamento degli adulti: una risposta possibile” – Trieste, 4 ottobre 2002

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meno un terzo è rappresentato dapsicologi, un terzo da pedagogistied un terzo da socio-pedagogisti,una figura relativamente nuova,introdotta recentemente con uncorso di studi presso la Facoltà dipedagogia. Per legge gli operato-ri del servizio di consulenza sco-lastico sono inquadrati come per-sonale docente, sebbene non in-segnino alcuna materia, limitan-dosi alle attività di consulenza. Inseguito al calo delle nascite equindi alla riduzione del numerodi sezioni, sempre più spesso glioperatori, se vogliono mantenerel’occupazione a tempo pieno, siritrovano a dover svolgere anchealtre mansioni a scuola. Di con-seguenza alcuni hanno optatoper l’insegnamento, alcuni fun-gono da assistenti del direttore di-dattico o del preside, altri lavora-no nella biblioteca scolastica evia dicendo.Durante la loro stesura, gli indi-rizzi programmatici sono statipresentati due volte ad un pub-blico di esperti, prima sotto for-ma di bozza e successivamentesotto forma di proposta, nellaquale erano state già integrate leosservazioni degli “addetti ai la-vori”. Soltanto dopo aver verifi-cato il testo per due volte è stataelaborata la versione definitivadegli indirizzi. La commissioneche si è occupata della stesuradel testo, si rendeva conto di an-dare così a porre le basi del lavo-ro di consulenza scolastica e sipreoccupava soprattutto di crea-re un documento omogeneo chenon lasciasse spazio ad interpre-tazioni distorte. Il fulcro dell’atti-vità del servizio di consulenzaviene ad essere costituito dalrapporto che l’operatore deve in-staurare, alimentare e verificarecostantemente, il che significache tutto ciò che il servizio diconsulenza offre come assisten-za, deve essere il risultato di unmutuo accordo. La struttura degliindirizzi programmatici valoriz-za il ruolo di tutti i soggetti coin-volti nell’istituzione scolastica,vale a dire gli operatori, ma an-

L'ORIENTAMENTONEGLI INDIRIZZIPROGRAMMATICIDEL SERVIZIODI CONSULENZASCOLASTICO

Brigita RuparServizio di consulenzapedagogicaSovrintendenza scolasticadella Repubblica di Slovenia

LA FORMULAZIONEDEGLI INDIRIZZIPROGRAMMATICI

Gli indirizzi programmatici delservizio di consulenza scolasticodefiniscono il lavoro degli opera-tori del servizio in tutte le istitu-zioni scolastiche, vale a dire nel-le scuole materne, nelle scuoleelementari e medie inferiori, nel-le scuole medie superiori e nellecase dello studente. Gli indirizzicostituiscono il documento fon-damentale che a livello naziona-le stabilisce il programma di la-voro dei consulenti scolastici inSlovenia. Tali indirizzi sono statiformulati durante il periodo diriforma dell'istruzione in Slove-nia ovvero dal 1997 al 1999. So-no stati elaborati da un gruppo diprofessori universitari in rappre-sentanza delle facoltà in cui ven-gono formati i futuri consulentiscolastici, affiancati da esperti dialtre istituzioni che abitualmentecollaborano con i servizi di con-sulenza. Nell'aprile del 1999 ilConsiglio nazionale dell'istruzio-ne ha approvato tali indirizzi cheda allora costituiscono il quadrodi riferimento vincolante per tut-te le attività afferenti.Nelle scuole materne sono im-piegati circa 50 operatori, nellescuole elementari e medie infe-riori 450, mentre nelle scuolemedie superiori e nelle case del-lo studente circa 250. Complessi-vamente il servizio di consulenzascolastica in Slovenia conta 800operatori che hanno alle spallediversi percorsi formativi: più o

che gli insegnanti, gli alunni ostudenti ed i loro genitori.La Commissione ha elaborato treversioni degli indirizzi program-matici, una destinata alle scuolematerne, una alle scuole elemen-tari e medie inferiori ed una allemedie superiori. Quest’ultima siapplica anche alle attività svoltenelle case dello studente. Ciascu-na versione è suddivisa in dueparti: nella parte generale è con-tenuta una descrizione di massi-ma del servizio di consulenza, iprincipi fondamentali e le princi-pali tipologie di attività del servi-zio ovvero l’attività di assistenza,l’attività di prevenzione e svilup-po e l’attività di pianificazione evalutazione. Nella parte specialedegli indirizzi programmatici,che naturalmente è distinta perciascuna versione, sono invecedescritti i principali settori di atti-vità degli operatori in ciascunambito. In allegato a ciascunaversione sono elencate anche lecondizioni di lavoro che devonoessere garantite per un adeguatosvolgimento dell’attività; a taleproposito va ricordato che l’ope-ratore deve disporre di un suo uf-ficio e di quanto necessario allosvolgimento del suo lavoro, ognianno deve elaborare un program-ma di attività annuale, essere de-bitamente preparato e seguire re-golarmente seminari e corsi diaggiornamento.

L’ORIENTAMENTOSCOLASTICOE PROFESSIONALE

Un importante settore di attivitàdegli operatori del servizio diconsulenza, contemplato anchedagli indirizzi programmatici, èl’orientamento scolastico e pro-fessionale. Gli indirizzi program-matici per la scuola dell’obbligo(elementare e media inferiore)stabiliscono che l’orientamentoconsiste nelle “attività con alun-ni, insegnanti, genitori e direzio-ne scolastica allo scopo di aiuta-re gli alunni nella scelta e nellarealizzazione del loro percorso

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formativo e professionale”. Il set-tore dell’orientamento è suddivi-so nei seguenti ambiti: partecipa-zione all’educazione professio-nale, attività di consulenza congli alunni, attività di consulenzacon gli insegnanti e gli altri colla-boratori, attività di consulenza edi consultazione con i genitori,collaborazione con la direzionescolastica e coordinamento conle istituzioni esterne. Le attivitàprincipali di orientamento scola-stico e professionale che devonoessere svolte da ciascun operato-re, indipendentemente dal suopercorso formativo e dal numerodi alunni della scuola, sono rias-sunte in sei punti.Per ciascun capitolo dell’orienta-mento sono stati stabiliti deglistandard che determinano in chemisura tutti gli alunni devono frui-re dell’assistenza e della formazio-ne per essere in grado di sceglierei loro studi futuri e la loro profes-sione. Nelle attività di orientamen-to anche gli insegnanti svolgonoun ruolo non di secondo piano,come avviene altrove nel mondo.Senza gli insegnanti l’educazionee l’orientamento professionale nonavrebbero senso nel contesto deiprogrammi didattici, poiché essinon prevedono esplicitamente unorario da dedicare all’orientamen-to. Ne consegue che tali contenutivanno inseriti nei programmi conl’aiuto degli insegnanti e con unapproccio diverso. Ci sono variepossibilità: utilizzare le ore desti-nate alle altre attività di classe, svi-luppare degli appositi progetti, uti-lizzare le giornate naturalistiche oculturali e via dicendo. Natural-mente tutto ciò implica una strettacollaborazione tra insegnanti eoperatori del servizio di consulen-za.

IL RUOLO DEGLI OPERATORIDEL SERVIZIODI CONSULENZANELL’ORIENTAMENTO

Nonostante gli operatori non di-spongano di apposite ore di di-dattica, lavorano comunque a

contatto diretto con i ragazzi inaula. I loro compiti principali,stabiliti anche mediante standardnegli indirizzi programmatici,sono i seguenti:• assicurare a tutti gli alunni l’ac-

cesso alle informazioni relativeall’orientamento scolastico eprofessionale; ciò significa chetutti gli allievi devono essere ingrado di ottenere informazioniutili ed obiettive sul mondo dellavoro e sulle possibilità diistruzione, di beneficiare diborse di studio e via dicendo;

• organizzare e realizzare semi-nari ovvero altre attività digruppo destinate agli alunni;ciò significa che per alunni,genitori e insegnanti vengonoorganizzati seminari sui per-corsi formativi successivi,mentre si approfondisce congli alunni la loro conoscenzadi sé, dei propri interessi e del-le proprie capacità e si lavorasullo sviluppo delle competen-ze trasmissibili e sulle strategiedecisionali;

• raccogliere dati e informazionisulle scelte degli alunni in me-rito a studi e professioni futuree trasmetterli al Ministero del-l’Istruzione e al Ministero delLavoro;

• somministrare questionari e te-st sulle attitudini e gli interessiprofessionali degli alunni;

• fornire consulenza individualeagli alunni nella scelta dellaprofessione futura o del percor-so formativo.

Un importante ambito di attivitànell’orientamento riguarda an-che i genitori degli alunni o stu-denti. È un dato di fatto che nel-la scuola dell’obbligo la sceltadella futura scuola o della pro-fessione è influenzata in misurapreponderante dai genitori e lodimostrano anche i dati empirici.Perciò gli operatori del serviziodi consulenza organizzano rego-larmente seminari destinati ai ge-nitori per informarli delle moda-lità d’iscrizione, delle caratteri-stiche delle singole scuole e perfornire altre forme di assistenza.

IL RUOLO DELL’AGENZIADELL’IMPIEGODELLA REPUBBLICADI SLOVENIA

Nello svolgimento di questi com-piti i servizi di consulenza scola-stici collaborano con gli operato-ri dell’Agenzia dell’impiego, co-me previsto anche dalla Leggesul finanziamento all’istruzione.I contenuti relativi all’orienta-mento, come stabiliti dagli indi-rizzi programmatici, sono statipreventivamente armonizzaticon i compiti affidati all’Agenziadell’impiego nel campo dell’o-rientamento, informazione econsulenza professionale. L’A-genzia dell’impiego è un validocollaboratore della scuola nelsettore dell’orientamento profes-sionale, poiché tale attività è sta-ta solo recentemente affidata perintero ai servizi di consulenzascolastici, mentre in precedenza,dagli anni ’50 fino alla metà de-gli anni ’90, se ne occupavanosoprattutto gli operatori dell’A-genzia. Soltanto negli ultimi annitale ruolo è stato riservato preva-lentemente ai servizi scolastici.L’Agenzia dell’impiego assumedunque in tale contesto un ruolosecondario, sebbene continui afornire un valido aiuto agli opera-tori dei servizi di consulenza sco-lastici. Infatti tuttora l’Agenzia or-ganizza nelle scuole seminari peralunni e genitori, partecipa aiconsigli di orientamento assiemead insegnanti e operatori, orga-nizza test attitudinali per gli alun-ni e li assiste nella ricerca di bor-se di studio e di informazioni.Rappresenta dunque un impor-tante anello di congiunzione trala scuola e il mondo del lavoro.

BIBLIOGRAFIA

Consiglio curricolare nazionale eCommissione curricolare per leattività di consulenza, “Indirizziprogrammatici per il servizio diconsulenza nella scuola elemen-tare e media inferiore”, Lubiana,1999.

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nita da Claude Steiner (1997) co-me la coscienza delle proprieemozioni e di quelle altrui, lacomprensione del rapporto dicausalità nelle emozioni e lacomprensione dell’influenza chel’espressione delle nostre emo-zioni può avere sugli altri. Steinerritiene che la consapevolezzaemotiva si sviluppi in un conti-nuum dall’apatia all’interazione.L’apatia rappresenta quello sta-dio nel quale gli individui non sirendono conto delle proprieemozioni, sebbene ne siano for-temente permeati, perché sonoriusciti a reprimerle completa-mente. Quando si chiede loro didefinire il proprio stato, diconosoltanto di sentirsi intorpiditi, diavere freddo ed altre cose analo-ghe. Molto spesso invece chi liosserva, riesce facilmente a rico-noscere le emozioni che trapela-no dall’espressione o dal rossoredel volto, dal tono della voce …Le sensazioni fisiche rappresenta-no la dimensione successiva. Inquesto caso gli individui si rendo-no conto delle sensazioni fisicheche accompagnano l’esperienzaemotiva, ma non delle emozioni.Ad esempio avvertono una sensa-zione opprimente al torace, manon si rendono conto di essere inansia; avvertono il cuore sobbal-zare nel petto, ma non si rendonoconto di avere paura. Le loro sen-sazioni cercano di aprirsi un var-co verso lo stadio cosciente. Spes-so queste persone assumono variesostanze per mettere a tacere que-ste sensazioni.Esperienze primarie. Se viene rag-giunta tale dimensione, l’indivi-duo percepisce un più elevato li-vello di energia che non compren-de e non sa spiegare a parole eche tuttavia gli provoca sensazionispiacevoli. Spesso si trova a reagi-re attraverso esplosioni incontrol-late e scoppi di impulsività/actingout o episodi depressivi. La dimensione successiva è co-stituita dal discernimento cheriflette il grado di riconosci-mento delle diverse emozioni edella loro intensità. Questa di-

mensione viene sviluppata sol-tanto da coloro che crescono inun ambiente favorevole alleinformazioni emotive, nel qua-le hanno modo di sviluppare edampliare la coscienza delleproprie esperienze.Causalità. Quando l’individuoinizia a comprendere la naturadelle emozioni, comprende an-che la loro causa e quali sono glieventi che scatenano una reazio-ne emotiva. Comprende adesempio perché in una data si-tuazione prova paura, ansia, ecc.Empatia. Quando l’individuo im-para a distinguere le emozioniche prova e la loro intensità ecomprende la loro causalità, in-comincia a recepire ed a ricono-scere intuitivamente le analoghecomponenti nelle reazioni emo-tive altrui. L’empatia può essereinterpretata come una forma diintuizione delle emozioni chetuttavia rimane poco definita e discarso valore per l’individuo, fin-ché egli non sviluppa delle tecni-che di validazione obiettiva delleproprie percezioni.Interazione. Non necessaria-mente l’individuo empatico sacome comportarsi in una deter-minata situazione. Il comporta-mento emotivo delle personesembra voler provocare una rea-zione che tuttavia in alcune si-tuazioni non risulta opportunaoppure non è possibile. Un indi-viduo emotivamente interattivo èin grado di prevedere come l’al-tro reagirà al suo sentimento dirabbia, paura, felicità, gioia …Questa complessa coscienza ecapacità di predizione dell’inte-razione tra emozioni costituiscelo stadio più elevato di consape-volezza emotiva.

Sintesi dell’osservazione dellaconsapevolezza emotiva dei li-ceali di Brezice al momento del-la scelta degli studi da intrapren-dere

Allo scopo di analizzare empi-ricamente il fenomeno dellaconsapevolezza emotiva nel

LA CONSAPEVOLEZZAEMOTIVA E LA SCELTADEL CORSO DI STUDI

Gordana RostoharLiceo di Brezice

INTRODUZIONE

Nella vita di ogni giorno spessonon ci rendiamo conto della no-stra complessa natura emotiva,non sappiamo riconoscere le no-stre emozioni, non sappiamoesprimerle a parole e non siamoin grado di dominarle. Le emo-zioni sono processi psichici cherappresentano la reazione del-l'individuo ad una situazioneche egli reputa importante nellasua vita. Per gli studenti che altermine della scuola media supe-riore si trovano a decidere qualestrada intraprendere, tale condi-zione risulta indubbiamentemolto importante, perciò possia-mo ragionevolmente prevedereda parte loro una forte reazioneemotiva. Tuttavia non necessaria-mente si tratterà di una reazioneconsapevole, come spesso siconstata nelle interviste e neicolloqui con i ragazzi. In alcunicasi le reazioni emotive cercanodi farsi strada nella coscienza delragazzo, ma questi tenta in tutti imodi di ricacciarle, mentre in al-tri casi tali emozioni rimangonoconfinate allo stato di spiacevolie fastidiose sensazioni corporee.Spesso i ragazzi lamentano fre-quenti dolori al capo, insonnia,mal di pancia e una gran stan-chezza, senza saperne ricono-scere le cause.Questa inconsapevolezza dei ra-gazzi riguardo alle loro reazioniemotive rappresenta un proble-ma che merita di essere trattatocon particolare attenzione nelprocesso di orientamento.

LA CONSAPEVOLEZZAEMOTIVA

La consapevolezza emotiva checostituisce parte integrante del-l’intelligenza emotiva, viene defi-

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zare efficacemente le proprieemozioni, altri meno. Inoltre iragazzi esprimono un elevatogrado di interazione, il che si-gnifica che sono attenti alle rea-zioni emotive altrui e sanno mo-dificare il proprio comporta-mento di conseguenza.Tra loro non ci sono differenzestatisticamente significative (loscarto deve essere di almeno il5%) nel grado di consapevolez-za emotiva in relazione al corsodi studi prescelto. È stato inveceregistrato uno scarto interessan-te tra il gruppo di studenti cheintendevano iscriversi ad una fa-coltà a numero chiuso ed ilgruppo di studenti che intende-vano iscriversi ad una facoltàsenza tali limitazioni. I ragazzidel primo gruppo riferivano me-diamente un maggior numero disensazioni fisiche sgradevoli,quali mal di testa, dolori allostomaco, disturbi del sonno,tensione e irritabilità che nonsapevano spiegare.Tra i ragazzi e le ragazze sono sta-te rilevate alcune differenze stati-sticamente significative e precisa-mente in relazione a tre dimensio-ni: reazioni fisiologiche, esperien-ze primarie caotiche ed empatia.Rispetto a tutte e tre le dimensionii valori delle ragazze erano supe-riori a quelli dei maschi.

CONCLUSIONI

La consapevolezza emotiva è unimportante aspetto della perso-nalità di ciascun individuo. L’atti-vità di orientamento al momentodella scelta degli studi futuri odella professione deve essere in-tesa come un processo, nell’am-

momento in cui ci si trova a de-cidere dei propri studi futuri,abbiamo sottoposto, nel marzo1999, ad un campione di 109studenti del quarto anno del li-ceo di Brezice (37 maschi e 71femmine) il Questionario sullaconsapevolezza emotiva dellopsicologo americano C. Stei-ner, opportunamente modifica-to. Dai risultati si desume chela dimensione maggiormenterappresentata è quella del ra-giomento (media aritmetica 3,1- deviazione standard 1,24); se-guono a breve distanza l'intera-zione (media aritmetica 2,9 -deviazione standard 1,27) el'empatia (media aritmetica 2,7- deviazione standard 1,38). Sein base ai risultati ottenuti, do-vessimo tracciare un profilo, fa-cendo riferimento alle catego-rie delineate da Steiner (ovveroalto, medio o basso profilo diconsapevolezza emotiva), po-tremmo dire che nel caso deinostri studenti si ricava un pro-filo medio. (Vedi Tab. 1)Mediamente gli studenti si ren-dono conto delle proprie emo-zioni, ma non sanno sempre do-minarle. Alcuni hanno raggiuntoun buon livello di comprensio-ne delle proprie emozioni, altrimeno. I ragazzi esprimono pa-recchia empatia nei confronti diamici e compagni di scuola chesi trovano nella loro medesimasituazione, cioè in quella di af-frontare la scelta degli studi fu-turi e l’iter selettivo di iscrizionealla facoltà, nonché di far frontealle aspettative dei genitori. Avolte i ragazzi preferisconoignorare le proprie emozioni.Alcuni sono capaci di verbaliz-

bito del quale un obiettivo im-portante è costituito anche dallacapacità di vivere coscientemen-te quell’esperienza di vita. Neicasi in cui il ragazzo si rivolge al-l’operatore per un’informazione,un aiuto o un consiglio, manife-stando però un disagio o unaproblematica emotiva attinentealla scelta che deve compiere edi cui il ragazzo non ha coscien-za o ne ha soltanto in parte, per-ché gli risulterebbe inaccettabile,è necessario innanzitutto “sinto-nizzarsi” sulla frequenza giusta,altrimenti il ragazzo resterà sem-pre sulla difensiva e non saràpossibile risolvere efficacementeil suo problema. Soltanto quandoavrà la consapevolezza delle suereazioni emotive, potrà assumer-sene la responsabilità, verificarlee, se necessario, correggerle.La verifica della consapevolezzaemotiva nel processo di orienta-mento potrebbe fungere ancheda eccellente strumento di previ-sione dell’attitudine a questa oquella professione. Infatti in alcu-ne professioni è possibile preve-dere una maggiore idoneità daparte di coloro che manifestanoun grado più elevato di consape-volezza emotiva: ad esempio unlivello superiore di empatia saràauspicabile nei casi in cui lo stu-dente opterà per un indirizzo distudi che lo condurrà poi ad unaprofessione caratterizzata da unaforte componente interpersonale.

BIBLIOGRAFIA

Milivojevic, Z. (1993) Psicotera-pia e emozioni – come capirle.Novi Sad, Prometej.Steiner, C. (1997). AchievingEmotional Literacy. A personalprogram to increase your Emo-tional Intelligence. New York,Avon Books.Rostohar, G. (1999). Esiti della ri-cerca sulla consapevolezza emo-tiva dei liceali – ricerca presenta-ta in occasione della Conferenzainternazionale sull'orientamentoscolastico e professionale, Bled,1999.

Torpore Sensazioni Esperienze Ragionamento Empatia Interazionefisiche primarie

caotiche

5

4

3

2

1

0

Tab. 1

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è soltanto la conseguenza della per-cezione della situazione vissutadall’assistito, è possibile influire sulrifiuto soltanto modificando il con-testo referenziale che condiziona lesue reazioni emotive.In materia di emozioni ci imbattia-mo spesso, sia tra gli esperti che trale persone comuni, in pregiudizi,teorie, miti e interpretazioni distortedi ciò che dovrebbero essere le rea-zioni emotive, la loro funzioneadattiva, il loro manifestarsi, la lorostruttura e intensità, la loro influen-za sul rifiuto, sull’adattamento e sul-l’indecisione, nonché su ciò chenella sfera delle emozioni va ritenu-to normale o alterato. Molte perso-ne ritengono di essere “assennate”,quando reagiscono in maniera ra-zionale, mentre tutto ciò che è emo-tivo rientra a loro avviso nella sferadell’“irrazionale”, dell’insensato edel non dignitoso. Anche nelle no-stre scuole si stanno ingrossando lefila dei sostenitori della cultura“cool” ovvero della freddezza e del-l’indifferenza. Perciò molti ragazzi sitrovano in costante lotta con le pro-prie emozioni. Inoltre essendo cosìdiffusa questa tendenza, è com-prensibile il manifestarsi di ulteriorireazioni emotive, e precisamente divergogna e rifiuto per le sensazioniprovate o addirittura di rifiuto diqualsiasi emozione. Dunque non èpossibile comprendere il rifiuto sen-za comprendere la sequenza dellereazioni psichiche, descritte nel se-guente modello causale.

ventati adulti e non dal contributoche sapranno dare alla società. Lun-go il percorso di consulenza si vadunque a cozzare contro un rifiutodeterminato dalla scala dei valori delragazzo e dalle tendenze del mo-mento che lo inducono ad optaresempre per le professioni di grido.Molte sono le professioni che forni-scono all'adolescente un immediatoritorno dal punto di vista del conso-lidamento della sua identità (dell'im-magine ideale che ha di sé), sebbenea lungo termine non siano in gradodi garantirgli una congrua fonte direddito. Il rifiuto dell'adolescente èdunque un segnale per l’operatore, eprecisamente un segnale che rivelala «consapevolezza» dell'importan-za della situazione che l'adolescentesi trova a vivere.Il dr. Zoran Milivojevic (2001) se-gnala che l’individuo non tolleraquelle strutture di rappresentazionedella realtà che demoliscono unaparte importante del suo contestoreferenziale. L’individuo si opponea tutti gli stimoli che intaccano lastruttura e la gerarchia dei suoi va-lori fondamentali. A questa disso-nanza egli si oppone con una seriedi meccanismi di difesa che l’ope-ratore riconosce e definisce comerifiuto. I meccanismi di difesa ser-vono dunque a preservare l’equili-brio psichico dell’assistito. Alcunioperatori ed anche psicoterapeuticercano di modificare il comporta-mento degli assistiti che esprimonoun rifiuto. Poiché il comportamento

nuova situazione di vita

azione – rifiuto percezione

immagine mentale attribuzione percezione cosciente

tendenza comportamentale (coscienza) valutazione

reazione emotiva

IL RIFIUTONELL’ORIENTAMENTOSCOLASTICOE PROFESSIONALE

Mihajlo Rostohar (psicologo)Gordana Rostohar (psicologa)

LA NATURA DEL RIFIUTO

Il rifiuto nel campo dell'orienta-mento scolastico e professionale simanifesta sotto tre forme: rifiuto delrapporto con l'operatore, rifiuto del-le proprie sensazioni e rifiuto deiproblemi che l'assistito desidera (omeglio non desidera) risolvere. Se-condo l'opinione di alcuni operato-ri tale rifiuto si ricollega alle reazio-ni mediante le quali l'assistito si op-pone ad un efficace percorso diorientamento. Tutto ciò che ostaco-la il processo di orientamento, cosìcome inteso dall’operatore, dai ge-nitori e dagli insegnanti, viene dun-que definito rifiuto.Tale definizione di rifiuto si basa suun approccio epistemologico ob-biettivista. Gli operatori dei servizi diconsulenza scolastica, che si identi-ficano nel ruolo di «salvatori», sonoconvinti di avere il diritto ed il dove-re esclusivo di stabilire la realtà psi-cologica ed obiettiva dell'assistito.L'approccio intersoggettivo a questotipo di attività postula invece che larealtà soggettiva del consulente nonè più reale di quella del ragazzo. Se-condo questo approccio, l'esperien-za viene plasmata da entrambi edunque il consulente non presuppo-ne di essere l'unico depositario dellarealtà obiettiva. In tal modo può av-vicinarsi alla percezione soggettivadella realtà del suo assistito. Tipica-mente il ragazzo si è creato un'im-magine di sé da adulto, di cosa faràe di quale sarà il suo status sociale.Tuttavia provare ad immaginare ilproprio percorso professionale futu-ro tende a scatenare nella maggiorparte dei ragazzi reazioni emotiveestremamente sgradevoli. Molti ri-tengono che il valore futuro della lo-ro persona dipenda esclusivamentedalla loro capacità o incapacità di«essere davvero unici» una volta di-

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Se la risposta emotiva dell’indivi-duo ad una determinata situazioneesistenziale derivante dall’ambien-te è una reazione non riflessiva del-la coscienza (J. P. Sartre, 39), si diràche tale reazione è egosintonica,mentre il riflesso cosciente ad un’e-sperienza inaccettabile viene defi-nito come reazione egodistonicadell’individuo. Vale a dire che lareazione emotiva ego-distonicaviene considerata come una tipolo-gia particolare di reazione emotivasecondaria che in seguito al nostrorapporto rispetto alle emozioni ma-schera la reazione emotiva prima-ria dell’ego. In questo modo la rea-zione primaria ci appare logica edaccettabile. Il processo viene defi-nito reazione meta-emotiva.In considerazione dell’atteggia-mento assunto dalla nostra culturanei confronti delle emozioni, pos-siamo ben comprendere l’insoddi-sfazione di alcuni individui rispettoa determinate emozioni o alleemozioni in genere quale reazionemetaemotiva ad un contesto emoti-vo primario, vale a dire rabbia,apatia, paura, ansia, preoccupazio-ne, sospetto, vergogna, frustrazioneo noia. Tale diffusa tendenza puòinfluire anche sul rifiuto quale rea-zione alla paura e ad altre sensa-zioni spiacevoli che i ragazzi edanche gli adulti sperimentano co-me emozioni autentiche, ma sgra-devoli. Spesso il rifiuto si manifestaanche sotto forma di sensazionispiacevoli derivanti dal corpo (sete,fame, freddo, prurito). Attraverso leloro tre dimensioni fondamentali, i

processi psichici uniti alle reazioniemotive ci forniscono una rispostaal fenomeno del rifiuto che nell’at-tività di consulenza e orientamentocostituisce un ostacolo che impedi-sce a molti ragazzi di intraprendereil percorso più promettente.

LE DIMENSIONIFONDAMENTALIDELLE EMOZIONI

Secondo un approccio scientifi-co a carattere più edonistico po-tremmo suddividere le emozioni,nonostante il prevalere dell’opi-nione che esse siano soltanto po-sitive o negative, in piacevoli espiacevoli in base ad una scaladi utilità rapportata al nostrocomportamento adattivo.Piacevolezza e spiacevolezza so-no due elementi determinanti deiprocessi emotivi in tutta la loro fe-nomenologia. Naturalmente im-plicano una vasta gamma di in-tensità e sfumature che rappresen-tano l’espressione dell’ambientepsicologico ovvero dell’interocontesto del loro manifestarsi. Inseguito a tale interdipendenza dalcontesto, la dimensione edonisti-ca assume consapevolezza sol-tanto in rapporto alle altre espe-rienze ed attraverso il proprio in-flusso su di esse.La dimensione cognitiva delleemozioni determina la reazioneemotiva di ciascun individuo nel-la medesima situazione esisten-ziale, reazione che, in base almodello sopra illustrato, dipende

dai processi cognitivi e dalle con-clusioni su di sé, sulle circostan-ze in cui ci si trova ovvero sul si-gnificato della situazione qualestimolo e sull’importanza dellasituazione per l’individuo. Nonappena la persona riconosce il si-gnificato della situazione ne va-luta anche i possibili esiti e con-stata se i suoi desideri sono stru-mentali o frustranti. Se giudicache la situazione non sia minac-ciosa, ma attraente, sviluppa unareazione emotiva piacevole e at-traverso il proprio comportamen-to si adegua. Se invece giudicache tale situazione possa essereminacciosa, si confronta con essain base all’immagine che ha di sée valuta la sua accettabilità. Sereputa la situazione accettabile,sviluppa un sentimento di rabbiao di frustrazione e si appresta asuperare aggressivamente gliostacoli che aveva valutato comeminacciosi. Se invece reputa chela situazione sia inaccettabile,passa subito a valutare l’inelutta-bilità di tale situazione. Se l’indi-viduo conclude di non poter evi-tare o fuggire da quella situazio-ne, reagirà con tristezza o terroree metterà in atto un comporta-mento passivo oppure in casocontrario reagirà con panico opaura e attiverà un comporta-mento di fuga. Tutte le reazionicomportamentali saranno dun-que diverse in dipendenza dell’e-laborazione cognitiva dell’indivi-duo, come risulta dallo schemaseguente.

SITUAZIONE ESISTENZIALE

(SIGNIFICATO)

- SITUAZIONE MINACCIOSA + SITUAZIONE ATTRAENTE

(VALORE DEL SIGNIFICATO)

LA SITUAZIONE E’ ACCETTABILE LA SITUAZIONE NON E’ ACCETTABILE

LA SITUAZIONE PUO’ ESSERE EVITATA LA SITUAZIONE NON PUO’ ESSERE EVITATA

RABBIA PAURA TRISTEZZA FELICITA’

AGGRESSIVITA’ FUGA PASSIVITA’ ADESIONE

(RIFIUTO)

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9QUADERNI DI ORIENTAMENTO■23

La funzione conativa delle emo-zioni viene attribuita soprattuttoal loro aspetto edonistico, percui l’influenza della piacevolez-za sul comportamento ha un ef-fetto di attrazione, mentre leemozioni spiacevoli attivano uncomportamento di rigetto. Que-sta influenza delle emozioni ciaiuta a spiegare il manifestarsidel RIFIUTO.L’aspetto edonistico non è l’uni-ca dimensione delle emozioniche si registra nell’analisi dellereazioni soggettive, tuttavia que-sto influisce anche su tutte le al-tre funzioni delle reazioni emoti-ve, tra le quali, dal punto di vistadella consulenza scolastica, ri-sulta particolarmente interessan-te la dimensione conativa, cioèdell’attivazione.Tale dimensione delle emozioni,ovvero l’attivazione o l’adegua-mento, può essere metaforica-mente equiparata al movimento,dunque alla vita stessa. È su diessa che si fonda l’intera attivitàfisica umana.

LE REAZIONI PSICO-ADATTIVEE IL RIFIUTO

Il concetto di espressione ade-guata delle emozioni, soprattut-to della rabbia nelle ragazze edi paura nei ragazzi, è social-mente determinata; ne conse-gue un’intensificazione dell’atti-vazione dell’espressione di rab-bia sotto forma di aggressività.L’aggressività può essere tollera-ta nella scuola, tuttavia nellamaggior parte dei casi gli indivi-dui aggressivi vengono esclusidalla scuola. Perciò tutti coloroche devono rimanere in un am-biente non tollerante si trovanocostretti a sublimare l’espressio-ne delle proprie emozioni. Inquesti individui il rapporto cheessi hanno nei confronti delleproprie emozioni conduce adun rifiuto.Si può dunque concludere che ilrifiuto da parte dell’assistito è unfenomeno che costituisce unareazione conativa nei confronti

l'orientamento scolastico deglistudenti che, avendo scelto dopola scuola media inferiore gli stu-di liceali, non sanno ancora qua-le corso di studi universitario in-traprendere.Il conseguimento della maturitàliceale consente allo studente diiscriversi a qualsiasi facoltà, tut-tavia per accedere ad un quartodi tutti i corsi universitari (ai qua-li desiderano iscriversi ben dueterzi di tutti i maturandi), a causadel «numero chiuso», è necessa-rio conseguire, al terzo ed alquarto anno di liceo ed all'esa-me di maturità, i voti migliori.Inoltre nel caso delle Accademied'arte ed in alcuni altri casi, lostudente dovrà anche sostenereun esame di ammissione.

I problemi connessi con l'orien-tamento scolastico sono i se-guenti:

• il profitto degli studenti sloveniè mediamente basso (tra il 25 eil 60%). Ben pochi concludonogli studi medi superiori neitempi prestabiliti. Inoltre moltiragazzi dopo il primo annocambiano indirizzo di studi;

• l’operatore non riesce a segui-re per quattro anni in manieracontinuativa lo studente nellaconoscenza di se stesso, del-l’ambiente sociale e nell’ac-quisizione degli strumenti permeglio scegliere l’ulteriore per-corso educativo e successiva-mente la professione;

• l’operatore della scuola mediasuperiore è l’ultima occasioneche lo studente ha per impara-re come trovare lavoro, presen-tare domanda di impiego e for-mulare un curriculum vitae.Nelle facoltà tale insegnamen-to non è previsto;

• durante la loro formazione glioperatori non apprendono nul-la (i pedagogisti) o molto poco(gli psicologi) sulla program-mazione, attuazione e valuta-zione dell’orientamento scola-stico e professionale;

• l’Agenzia dell’impiego che un

di se stesso, dell’operatore, dellascuola e del lavoro, vale a direnei confronti del mondo e dellapropria vita futura.

L’ORIENTAMENTOSCOLASTICOE PROFESSIONALE

Tatjana Azman(pedagogista e sociologa)Servizio di consulenza scolasticoLiceo di Vic, Trzaska cesta 72,Lubiana

INTRODUZIONE

In Slovenia presso ciascunascuola media superiore (daiquattordici ai diciotto anni dietà) opera un servizio di consu-lenza svolto solitamente da ununico operatore (psicologo, pe-dagogista, assistente sociale,esperto di handicap o socio-pe-dagogista). Il suo lavoro risultamolto vario e dipende dalle esi-genze degli studenti, degli inse-gnanti e delle famiglie: quando sirivolge ai ragazzi delle scuolemedie inferiori, il suo compito èquello di informarli sulle caratte-ristiche della scuola e sulle mo-dalità d'iscrizione; mentre quan-do si rivolge agli studenti dellesuperiori, provvede ad informarliin merito agli sbocchi professio-nali oppure all'ulteriore percorsoformativo. Inoltre si occupa siadei “talenti” che dei ragazzi piùproblematici, insegna ai ragazzi imetodi di apprendimento più ef-ficaci, segue ed analizza il loroprofitto scolastico, assiste i ra-gazzi che si occupano di volon-tariato, si preoccupa dei rapportiinterpersonali all'interno dellascuola, tiene seminari per docen-ti e genitori su argomenti vari ecollabora nell'introduzione di in-novazioni nel programma didat-tico.Una delle mansioni principalidell'operatore è naturalmente

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tempo assolveva tale ruolo an-che presso le scuole, ora nonlo svolge più.

COME VIENE SVILUPPATOL’ORIENTAMENTOSCOLASTICO

L’orientamento scolastico rivol-to agli studenti del secondo an-no

La sottoscritta ha aderito congrande interesse al progetto dellaSovrintendenza scolastica, coor-dinato dalla psicologa dott. Brigi-ta Rupar che ha consentito di ac-quisire le conoscenze necessarieal buon svolgimento dell’attivitàdi orientamento scolastico. Il pro-getto prevede che gli studentivengano informati sul ruolo del-l’orientamento a partire già dalsecondo anno di liceo. A talescopo vengono destinate 15 oreobbligatorie, ma escluse dalle oredi didattica, e precisamente 1 oraper settimana. I contenuti vengo-no concordati con l’insegnante diclasse. Nel corso del secondo an-no gli studenti imparano soprat-tutto a conoscere se stessi, il pro-prio carattere, le proprie abilità ecapacità, i metodi di studio ed ipropri interessi, ma anche il mon-do del lavoro. Al terzo anno im-pareranno invece a conoscerel’immagine che hanno di sé, leloro motivazioni e desideri, gli in-teressi professionali e i corsi distudio. Inoltre si sottoporranno adue test: uno dedicato ai loro in-teressi ed uno alla professionepiù adatta. Al quarto anno gli stu-denti si prefiggeranno degli obiet-tivi di studio e professionali, re-periranno le informazioni in me-rito alle modalità d’iscrizione,sceglieranno il corso di studio, siiscriveranno ed impareranno aformulare una domanda d’impie-go. L’obiettivo fondamentale èdunque quello di insegnare loroa pianificare autonomamente ilproprio percorso professionale, acercare efficacemente le informa-zioni necessarie ed a prendere leopportune decisioni.

L’orientamento scolastico rivol-to agli studenti del quarto (ulti-mo) anno

Qui di seguito descriverò comesi sono svolte concretamente leattività di orientamento rivolteagli studenti del quarto anno nel-l’anno scolastico 2000/01. Lasottoscritta ha programmato, at-tuato e seguito il percorso deci-sionale degli studenti che li hacondotti alla scelta di una futuraprofessione.Gli obiettivi perseguiti erano tre:fornire ai ragazzi il maggior nu-mero di informazioni sui possibi-li percorsi di studio e professio-nali, insegnare loro a reperirle eaiutarli a comprenderle, selezio-nando solo quelle rilevanti; faracquisire ai ragazzi alcune espe-rienze nello studio o nella pro-fessione cui si erano detti interes-sati ed in terzo luogo aiutarli afare chiarezza sui propri reali in-teressi e possibilità.Allo scopo di realizzare questiobiettivi, sono state programma-te e sviluppate le seguenti atti-vità:

• le informazioni contenute inopuscoli, pieghevoli e volumierano disponibili per gli studen-ti nella biblioteca scolastica,presso il servizio di consulen-za, in bacheca e via Internet;

• durante l’ora settimanale obbli-gatoria la sottoscritta informavai ragazzi su bandi, domande dapresentare e iscrizioni, mentre igenitori venivano messi al cor-rente di queste informazionidurante gli incontri di classe.Inoltre è stata preparata e distri-buita agli studenti una listascritta di istruzioni per l’elabo-razione di una strategia di scel-ta della professione e degli stu-di;

• in collaborazione con l’Istituto“Izida” gli studenti hanno avu-to modo di visitare diversi entied aziende e di venire a contat-to con alcune professioni. Han-no così potuto appurare di checosa si occupa il sociologo, lo

storico d’arte, il chimico, il tra-duttore, il criminologo, il lega-le, il giornalista, lo psicologo,l’informatico, l’esperto di co-municazione e l’economista.Agli incontri con 11 professionihanno partecipato complessi-vamente 182 studenti;

• gli studenti hanno visitato an-che il Centro di orientamento einformazione professionale do-ve, in quella occasione e nellesuccessive, hanno potuto rac-cogliere preziose informazioni.Hanno visitato il Centro 116ragazzi;

• la scuola ha organizzato unaserie di presentazioni tenute daprofessori universitari (presen-tazione delle facoltà di fisica,economia e chimica). Inoltretutti gli studenti hanno parteci-pato alla giornata informativain facoltà;

• i ragazzi hanno avuto modo disviluppare e riconoscere i pro-pri interessi e le proprie attitu-dini nel corso di varie attivitàscolastiche ed extrascolasti-che quali il volontariato socia-le, il circolo di sperimentazio-ne chimica, di informatica,l’astronomia, l’orticoltura el’alpinismo, la partecipazionealla giornata informativa rivol-ta agli alunni della scuola me-dia inferiore, ai progetti inter-nazionali di scambio, ai cam-pi di ricerca, alle escursioni,alle ore di conversazione inlingua straniera ed al giornali-no scolastico;

• a scuola hanno potuto compi-lare il test sugli studi cui sonointeressati ed il test “dove e co-me” in tema di professioni.Molti studenti hanno compila-to soltanto un test, ma nellamaggior parte dei casi hannocompletato entrambi. I test so-no accessibili anche in formaelettronica;

• i ragazzi hanno potuto fruireanche del servizio di consulen-za individuale (circa il 50% dei210 studenti);

• i ragazzi hanno partecipatospontaneamente alle varie atti-

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vità, facendone richiesta. Lun-go questo percorso sono statiseguiti dalla sottoscritta, daiprofessori di classe e da altricollaboratori. Le visite sonostate organizzate in parte du-rante l’orario scolastico ed inparte dopo le lezioni.

Nel mese di marzo la sottoscrittaha elaborato un’analisi della par-tecipazione degli studenti allesingole attività ed ha compilatoun questionario di valutazionedelle attività di orientamento.Hanno compilato il questionario192 studenti di 7 sezioni delquarto anno del liceo.

I RISULTATIDEL QUESTIONARIO

Gli studenti si sono dichiarati in-teressati alle seguenti professio-ni: legale, economista, direttore,allenatore, arbitro, bancario, de-signer, politico, PR, traduttore,imprenditore, politologo, inse-gnate della terza età, sociologo,antropologo culturale, dirigented’azienda, revisore dei conti, ar-redatore, agente di borsa, impie-gato nelle telecomunicazioni,odontoiatra, informatico, medi-co, urbanista, farmacista, giorna-lista, professore di matematica,psicologo, costruttore, esperto dicomunicazione, infermiera, fisi-co, veterinario, guida turistica,militare, biologo, storico, inge-gnere meccanico, geografo, pi-lota, bibliotecario, esperto dicultura, ingegnere idraulico, fo-restale, paleontologo, diplomati-co, attore, pubblicitario, crimi-nologo. La maggior parte deglistudenti ha scelto come primaopzione la facoltà di economiaed a seguire quelle di legge,scienze sociali e informatica.La maggior parte degli studentiha optato per una professione alquarto anno (48%); il 32% avevagià scelto una professione nelcorso dei primi tre anni, mentresoltanto il 15% l’aveva già fattoalla scuola media inferiore. Ilcorso di studi universitari è stato

scelto nella maggior parte dei ca-si al quarto anno (72%), il 24%degli studenti lo ha scelto nelcorso dei primi tre anni di liceo,mentre il 9% già alla scuola me-dia inferiore.La maggior parte degli studentiha confermato di aver ricevutosufficienti informazioni per ope-rare la scelta (56%), il 36% ha ri-tenuto di aver avuto a disposi-zione una quantità modesta diinformazioni, mentre il 5% hadichiarato di averne avute trop-po poche. Quest’ultimo gruppoha anche dichiarato di non esse-re stato sufficientemente attivonella ricerca delle informazioninecessarie, avendo per lo piùutilizzato un’unica fonte, vale adire la giornata informativa. Glistudenti hanno riferito di aver re-perito il maggior numero diinformazioni dagli amici (72%),a seguire dalle facoltà ed acca-demie (72%), dal servizio diconsulenza scolastica (62%), daisiti web delle facoltà, dai genito-ri, dal Centro di orientamento einformazione professionale, dal-le biblioteche, dai parenti, dalleattività extrascolastiche e infinedagli insegnanti. Soltanto pochistudenti hanno dichiarato di averreperito informazioni dai circoliscolastici.Nella scelta degli studi universi-tari da intraprendere gli studentihanno utilizzato le seguenti fontid’informazione: la più frequenteè stata la giornata informativa(82%), seguita dagli stampati di-sponibili presso il servizio diconsulenza (58%). Il 55% deglistudenti si è sottoposto al test su-gli interessi nel campo degli stu-di e il 43% a quello intitolato“dove e come”, il 47% ha utiliz-zato Internet, il 45% ha consulta-to il materiale disponibile nellabiblioteca scolastica, il 36% si èavvalso delle informazioni in ba-checa, il 20% degli studenti hapartecipato alle visite in azienda,mentre il 16% ha visitato il Cen-tro di orientamento e informazio-ne professionale.Nella maggior parte dei casi

(58%) i ragazzi hanno affermatodi non essere stati assolutamenteinfluenzati nella loro scelta,l’11% ha dichiarato di essere sta-to influenzato dai genitori, il 7%dagli amici e il 5% dalla giorna-ta informativa.La maggioranza dei ragazzi si èdetta soddisfatta delle informa-zioni e del sostegno fornito dalservizio di consulenza (61%), il35% si è dichiarato mediamentesoddisfatto e il 3% insoddisfatto.Gli studenti hanno avanzato leseguenti proposte per migliorareil servizio di consulenza: leinformazioni devono arrivare ra-pidamente; invece di pubblicarlein bacheca si usi piuttosto il sitoweb della scuola; sarebbero gra-dite più presentazioni di corsiuniversitari e più visite in azien-da, più incontri con gli studentiuniversitari e più informazionisulle possibilità d’impiego; le at-tività di orientamento dovrebbe-ro essere avviate già dal primoanno e dovrebbero essere dispo-nibili più operatori con i qualipoter sviluppare un dialogo piùapprofondito.

CONCLUSIONI

Gli studenti sono soddisfatti delservizio di orientamento cheopera presso la scuola. Visto econsiderato che le attività vengo-no portate avanti da un’unicaoperatrice che si occupa di di-versi compiti, si è rivelato utilecoinvolgere nell’orientamentoanche altri servizi e collaboratorie precisamente l’Istituto “Izida”,il Centro di orientamento e infor-mazione professionale, i profes-sori universitari e i docenti dellascuola. Si constata che la mag-gior parte degli studenti ha diffi-coltà a decidere su come prose-guire gli studi, soprattutto perchémanca di esperienza. Le infor-mazioni non sono sufficienti, iragazzi devono imparare a cono-scere i propri interessi. Inoltre èbene che le attività di orienta-mento abbiano inizio già al se-condo anno.

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testimoni di una profonda trasfor-mazione dell’economia slovenae in genere della sua società. Nu-merose grandi aziende si sonosgretolate durante il processo diristrutturazione e parecchi lavora-tori sono rimasti senza lavoro.Purtroppo tra questi molti svolge-vano mansioni di carattere tecni-co. Tale esperienza ha involonta-riamente indotto molti genitori aindirizzare i propri figli verso stu-di più umanistici o comunquenon tecnici (ad esempio liceali).Attualmente questa tendenza èdivenuta così spiccata da andareal di là di qualsiasi ragionevolespiegazione. Non pochi compar-ti economici ed artigianali si tro-vano in difficoltà a causa dell’as-sottigliarsi delle iscrizioni negliistituti tecnico-professionali, tan-to che spesso si registra una ca-renza di figure professionali tec-niche adeguatamente preparate.Ne consegue un rallentamentodella crescita produttiva e dellacrescita economica in genere.Non di rado le aziende ed anchei singoli imprenditori ed artigianisi rivolgono al nostro Centro tec-nico-scolastico nella speranza ditrovare, tra gli studenti degli ulti-mi anni degli indirizzi metalmec-canico ed elettrotecnico, i dipen-denti di cui hanno bisogno. No-nostante offrano ai ragazzi unposto sicuro ed un buon tratta-mento economico, spesso nonriescono a reperire la manodope-ra necessaria, perché il numerodi studenti va riducendosi di an-no in anno e perché i ragazzipreferiscono comunque prose-guire gli studi a livello universita-rio o parauniversitario.In seguito alla riduzione degliiscritti e delle sezioni negli istitu-ti tecnico-professionali ed all’au-mento della domanda di mano-dopera da parte dei datori di la-voro, il nostro Centro di NovaGorica ha deciso di avviare unaserie di nuove attività, il cuiobiettivo principale è la promo-zione di determinati mestieri eprofessioni tecniche e dell’inte-resse nei loro riguardi.

Tali attività si rivolgono ai giova-ni che al termine della scuoladell’obbligo si trovano di frontead una decisione molto impor-tante e difficile: che cosa fare,quale mestiere intraprendere, aquale scuola iscriversi? Le attivitàsvolte in forma di workshop siprefiggono lo scopo di trasmette-re un’immagine vivida del me-stiere ed in tal modo di agevola-re la scelta del percorso profes-sionale. I partecipanti vengono aconoscenza di determinati com-parti tecnici, ovvero mestieri, at-traverso le loro mansioni più ca-ratteristiche e le capacità psico-motorie richieste al loro espleta-mento. Inoltre hanno la possibi-lità di sperimentare il lavoro inmaniera diretta, poiché questo èuno degli obiettivi fondamentalidel nostro progetto.Al progetto partecipano gli opera-tori dei servizi di consulenza dellascuola dell’obbligo, ovvero i coor-dinatori che svolgono l’effettiva at-tività di orientamento, nonché gliesperti e gli insegnanti del Centroscolastico. Si auspica che il proget-to venga sostenuto anche dalleparti sociali, quali la Camera diCommercio, l’Agenzia dell’impie-go della Repubblica di Slovenia, iComuni, le imprese e gli artigianidella zona, poiché le nostre attivitàche si prefiggono di promuoverepresso i giovani l’interesse per imestieri del comparto tecnico so-no di grande utilità anche per i po-tenziali datori di lavoro.In primo luogo è stato organizza-to presso il Centro tecnico-scola-stico un incontro di lavoro congli operatori dei servizi di consu-lenza della scuola dell’obbligo,durante il quale è stato presenta-to il progetto e sono state con-cordate le modalità di collabora-zione. Compito degli operatori èinformare i propri alunni sull’of-ferta formativa del nostro Centro,nonché spronarli a partecipare ainostri workshop di presentazioneper ciascun settore tecnico.Le attività di workshop vengonoorganizzate per gruppi di 10-14alunni, separatamente per gli in-

BIBLIOGRAFIA

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PROGETTODI INCENTIVAZIONEDELL’ISTRUZIONETECNICA

Vanesa FranceskinCentro Tecnico-Scolastico,Nova Gorica

LA PRESENTAZIONEDELLE PROFESSIONI

Nell’ultimo decennio siamo stati

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dirizzi elettrotecnico e metal-meccanico, e si svolgono nei la-boratori e nelle officine scolasti-che, solitamente dalle 8 alle 12con un intervallo per la ricreazio-ne. A titolo introduttivo vengonopresentate agli alunni alcune ca-ratteristiche dei singoli mestieri,mentre non ci si sofferma sui pro-grammi didattici e sulla presenta-zione della scuola, poiché questeinformazioni vengono comunquefornite in occasione della “gior-nata delle porte aperte” e dellagiornata informativa.In seguito sotto la guida dei tu-tors gli alunni in visita realizzanoun oggetto non impegnativo.Nell’esecuzione li assistono i ra-gazzi del nostro Centro. In que-sto modo oltre all’esperienzapratica gli alunni acquisisconoanche qualche notizia “di primamano” da parte dei loro compa-gni più grandi ed hanno la soddi-sfazione di poter portare a casal’oggetto finito.Nel corso della dimostrazione glialunni hanno modo di venire acontatto con macchine moderneed apparecchiature e si impratichi-scono al computer. In questo mo-do viene posto l’accento sulla mo-dernità, sulle novità e sulle pro-spettive di ulteriore sviluppo delletecnologie che certamente posso-no risultare stimolanti per i ragazzipiù capaci, creativi e determinati.Al termine del workshop i parte-cipanti compilano un questiona-rio di valutazione, con il quale siverificano le loro impressioni du-rante lo svolgimento delle atti-vità: che cosa è risultato più inte-ressante e che cosa meno, qualeopinione hanno ricavato del me-stiere o professione che hannoavuto modo di approfondire.Il progetto di cui sopra è stato av-viato presso il Centro tecnico-sco-lastico di Nova Gorica nell’annoscolastico 2000/2001. Finorahanno chiesto di partecipare adette attività 22 scuole medie in-feriori dell’Isontino sloveno, dellazona costiera e del Carso interno.Dall’ottobre 2000 ad oggi hannofrequentato i nostri workshop per

zione al lavoro è un compitoestremamente importante ed im-pegnativo.Un’inadeguata scelta del propriomestiere o professione può farinsorgere nell’individuo un senti-mento di insoddisfazione e fru-strazione e conseguentementene può risentire l’intera colletti-vità. Si tratta di una decisioneche deve essere presa dallo stu-dente che tuttavia deve essere as-sistito dai genitori, dai parenti edanche dai consulenti scolastici,facendo attenzione a non metter-si nelle mani di persone incom-petenti o a lasciar fare al caso.Se desideriamo aiutare gli stu-denti nella loro scelta, dobbiamoeducarli, così da farne individuipsicologicamente e socialmentematuri, in grado di assumersi laresponsabilità del proprio com-portamento e di valutare il pro-prio valore. Al contempo dobbia-mo spronarli allo studio, adope-rarci affinché gli abbandoni sco-lastici si riducano, aumentare laflessibilità di azione e reazione,nonché sviluppare la capacità diinstaurare rapporti positivi con ilprossimo.Gli operatori che nelle scuole sioccupano dell’orientamento sco-lastico e professionale, constata-no spesso di non disporre diinformazioni sufficienti su me-stieri e professioni. In seguito ainumerosi cambiamenti, di cuisiamo stati testimoni negli ultimitempi, il materiale attualmentedisponibile relativo alle profes-sioni ed ai programmi scolasticirisulta obsoleto e inutilizzabile.Inoltre sono venute alla ribaltanuove professioni e nuovi indi-rizzi di studio. Anche gli studen-ti sono diventati sempre più esi-genti e sanno meglio destreggiar-si nella ricerca di informazioni,mentre gli operatori dei servizi diconsulenza hanno progressiva-mente assunto il ruolo di tramitenella ricerca di informazioni,poiché da soli non sono più ingrado di seguire tutti i rapidicambiamenti. Di grande aiuto siè rivelato Internet, dove è possi-

gli indirizzi elettrotecnico e me-talmeccanico più di 700 alunnidella scuola media inferiore. Trale motivazioni che li hanno indot-ti a partecipare vengono citate piùfrequentemente il desiderio di ve-rificare quali sono le modalità diapprendimento di capacità prati-che (21%), l’interesse per le atti-vità tecniche (20%), la possibilitàdi conoscere il mestiere attraversoun’attività pratica (17%), l’aiutonella scelta del mestiere (16%). Lamaggior parte dei partecipanti ri-tiene che l’attività sia stata interes-sante (94%), mentre il 79% la re-puta anche utile e rilevante. In ba-se all’analisi dei questionari si de-sume che le presentazioni sonostrutturate in modo tale da soddi-sfare completamente le aspettati-ve dei partecipanti – ben il 95% siè detto soddisfatto della presenta-zione. Incoraggiante è anche ilfeedback fornito dagli operatoridei servizi di consulenza dellascuola dell’obbligo e dai genitori.Tutte le informazioni raccolte in-dicano che il metodo sopra espo-sto risulta molto interessante pergli alunni della scuola dell’obbli-go e consono agli obiettivi stabili-ti. Vale a dire che l’impegno pro-fuso dai collaboratori e i fondistanziati sono stati messi a fruttonel migliore dei modi.

L’ORIENTAMENTOPROFESSIONALENELLA SCUOLAMEDIA SUPERIORE

Andreja PetrovicIstituto tecnico commerciale(Ekonomska sola) – Novo mesto

INTRODUZIONE

Le decisioni riguardanti il futuroprofessionale di ciascun indivi-duo non sono cosa da poco. Il la-voro svolge un ruolo determi-nante nella vita della maggiorparte delle persone e la prepara-

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professioni o mestieri, visite inazienda, osservazione degli ad-detti durante lo svolgimento del-le loro mansioni.Al quarto anno gli studenti inte-ressati possono partecipare ad untest, svolto dagli psicologi dell’A-genzia dell’impiego della Repub-blica di Slovenia. Sulla base deirisultati del test gli psicologi svi-luppano un colloquio individua-le con ciascuno degli studenti.Abbiamo constatato che limitarsia fornire informazioni scritte inmerito alle singole professioninon è sufficiente. Certo tali infor-mazioni aiutano lo studente afarsi un’idea che tuttavia devepoi essere integrata da altri cana-li. Le informazioni acquisite at-traverso la lettura devono esserecompletate da un’immagine più“vivida” della professione che glistudenti traggono da seminari ecolloqui con persone del mondodel lavoro, in grado di presentarela propria esperienza.Con il patrocinio dell’Agenziadell’impiego della Repubblica diSlovenia viene sviluppato il pro-getto “UN NUOVO APPROC-CIO ALLE PROFESSIONI” (DRU-GACE O POKLICIH). La realizza-zione del progetto è stata affida-ta al Centro per l’imprenditoria(Podjetniski center) di Novo Me-sto che ha organizzato presso lanostra scuola un ciclo di presen-tazioni dedicato a varie profes-sioni, tra le quali il dirigente d’a-zienda, l’ispettore di commercio,l’operatore turistico, l’esperto dicultura, il politologo e via dicen-do. Il progetto persegue l’obietti-vo di informare approfondita-mente i ragazzi sulle singole pro-fessioni, sulla base dei loro inte-ressi. Per gli studenti che deside-rano individuare la professionepiù adatta, verificare come vieneconcretamente svolto il lavoro,constatare quali caratteristichesono necessarie, apprendere co-me si sono formati coloro che giàsvolgono quella professione esoddisfare tutte le loro curiositàin merito, vengono organizzativisite e colloqui in azienda o sul

posto di lavoro, nonché seminaritenuti da esperti dell’argomento.Le esperienze maturate attraversoquesto tipo di attività si sono rive-late molto positive. Gli studentipartecipano numerosi alle pre-sentazioni, sebbene queste av-vengano al di fuori dell’orarioscolastico, essi sono motivati epongono molte domande, tantoche spesso gli incontri si protrag-gono al di là dell’orario previsto.Hanno inoltre la possibilità di in-contrare persone che effettiva-mente svolgono quella professio-ne, di scoprire come hanno trova-to impiego e quali sono i requisitirichiesti … In questo modo glistudenti possono appurare sequella è la professione che fa dav-vero al caso loro o se magari sen’erano fatta un’idea sbagliata.

Alcune opinioni espresse daglistudenti:

ESPERTO DI CULTURALa presentazione della professionedell’esperto di cultura è stata estre-mamente interessante. L’ospiteche svolge questa professione, ciha presentato esaurientemente ilcorso di studi. Ci ha illustrato i proe i contro di questa professione ele possibilità di impiego. La cosache più mi è piaciuta, è la varietàdi questa professione. L’esperta haanche risposto a tutte le nostre do-mande. Mi ha entusiasmato l’ideadi poter conoscere attraverso il la-voro artisti e gente dello spettaco-lo, poter visitare luoghi interessan-ti, assistere ai più importanti spet-tacoli e concerti … La presenta-zione di questa professione è stata“musica” per le mie orecchie epenso che tutti coloro che sono in-teressati alla cultura ed all’arte ab-biano molto apprezzato questoseminario che li ha sicuramentestimolati ad intraprendere questaprofessione.

Ivana

ISPETTORE DI COMMERCIOHo deciso di assistere a questapresentazione perché ero curiosadi sentire che cosa ci avrebbe

bile reperire interessanti informa-zioni e novità sui programmi distudio. Presso la nostra scuola,tutti gli studenti hanno accesso aInternet e ne fanno ampio uso.

L’ORIENTAMENTOPROFESSIONALEPRESSO LA NOSTRA SCUOLA

Si osserva che la motivazione de-gli studenti allo studio non è pro-porzionale alle loro aspirazioniprofessionali. Nel pianificare ilpercorso formativo e professio-nale gli studenti, in base alle no-stre esperienze, spesso non ten-gono conto delle proprie effettivecapacità e possibilità di trovareun impiego. Perciò ci siamo pre-fissi l’obiettivo di aiutare gli stu-denti a trovare una via per cono-scere meglio se stessi, di spiega-re loro l’importanza dello studioe dell’apprendimento continuoai fini di una futura occupazionee di presentare loro le opzioni distudio e di impiego.Nel corso del primo e del secon-do anno, nell’ambito degli inse-gnamenti opzionali, lavoriamosoprattutto sulla motivazione allostudio e sullo sviluppo di abitu-dini di studio efficaci, li aiutiamoa scoprire in maniera più siste-matica le proprie qualità, capa-cità e valori personali e svilup-piamo con loro le capacità co-municative e il lavoro di gruppo.Tali attività vengono svolte in ap-positi laboratori sperimentali. Inquesto modo stimoliamo e pre-pariamo gli studenti ad una pia-nificazione attiva del loro percor-so professionale e di vita.Nel corso del terzo e del quartoanno gli studenti vengono a co-noscenza delle alternative cuipossono accedere per il prose-guimento degli studi, dei requisi-ti per l’iscrizione, delle caratteri-stiche di determinate professioni,delle possibilità di occupazionee delle tendenze sul mercato dellavoro. A tali informazioni acce-dono attraverso stampati, visitadi manifestazioni fieristiche,conferenze e seminari su singole

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raccontato in proposito l’esperto.Ho sentito molte cose nuove. Ciòche maggiormente mi ha colpitoè stato il fatto che si tratta di unaprofessione estremamente obiet-tiva che non lascia spazio ai rap-porti interpersonali: l’ispettoretratta l’individuo con molto di-stacco, quasi fosse un oggetto.Ho potuto constatare che l’ispet-tore deve conoscere e rispettareleggi e regolamenti ed infatti lamaggior parte del seminario èstata dedicata alla presentazionedelle leggi che costituiscono ilpresupposto del suo lavoro. Seb-bene l’esperto si sia impegnatomolto, la sua professione non miha attratto particolarmente. Misembra più interessante svolgereun lavoro che consideri l’indivi-duo in tutta la sua interezza enon soltanto come un soggetto dilegge. Sono sicura che non faròmai l’ispettore di commercio.

Brigita

MANAGERHo partecipato alla presentazio-ne della professione di dirigented’azienda. Ce ne ha parlato il ti-tolare di una piccola impresa. Ciha parlato di che cosa fa un ma-nager, rifacendosi soprattutto allasua esperienza pluriennale. Daun punto di vista tecnico la pre-sentazione è stata interessante,l’oratore ha saputo darci un’im-magine vivida del suo lavoro edha risposto a tutte le domande,anche piuttosto impegnative, delpubblico. Ho potuto constatareche non si diventa buoni impren-ditori in quattro e quattr’otto. C’èbisogno di molto duro lavoro e dimolte esperienze.

Luka

VISITE AI POSTI DI LAVOROAltrettanto importanti sono le vi-site sul posto di lavoro, dove glistudenti possono vedere in primapersona di che cosa si tratta. Tut-tavia soltanto svolgendo una pro-fessione, è possibile ricavarneun’immagine veramente affidabi-le. Dal nostro punto di vista l’at-tività che più si avvicina a ciò è

vitati a parlare delle proprie espe-rienze all’università. In questo casosi cerca di coprire la più vastagamma di indirizzi di studio; que-st’anno gli studenti hanno presen-tato ben 23 corsi diversi. Durantel’anno scolastico fa visita al liceoanche un consulente dell’Agenziadell’impiego che presenta i trenddel mercato del lavoro, le opportu-nità d’impiego e le possibilità di ot-tenere borse di studio. Inoltre glistudenti possono usufruire dellaconsulenza individuale che tutta-via presenta non pochi problemi acausa del limitato numero di oreche la sottoscritta può mettere a di-sposizione: quest’anno ben il 96%degli studenti del quarto anno(cioè 176) hanno optato anche perla consulenza individuale. Tutti glistudenti che accedono a questoservizio desiderano sottoporsi pre-liminarmente al test attitudinaleche viene svolto in piccoli gruppi.Nonostante il notevole impegnoda me profuso, dai colloqui avuticon i ragazzi ho potuto constatareche essi ricevono informazioni in-sufficienti, che molti tendono adecidere all’ultimo momento eche per questo motivo sonopreoccupati e che tale stato d’ani-mo influisce sul loro rendimentoscolastico. Ho pertanto deciso diverificare, mediante un sondag-gio, il grado di soddisfazione, lenecessità e i desideri dei ragazzinell’ambito dell’orientamentoscolastico e professionale.

LE RISPOSTE DEGLI STUDENTI

Al questionario hanno rispostogli studenti di tre sezioni delquarto anno del liceo ovvero il64% dei tutti gli iscritti al quartoanno. Si è così potuto constareche il 65% dei ragazzi decide delfuturo indirizzo di studi nella se-conda metà del quarto anno.Soltanto il 16% aveva già decisoal momento dell’iscrizione al li-ceo. Il 60% degli studenti ritienedi aver ricevuto le informazionipiù rilevanti per la scelta deglistudi futuri proprio a scuola,mentre il 40% ritiene di averle

lo stage in azienda che consenteallo studente di individuare laprofessione che più gli interessa.Da questo punto di vista le scuo-le professionali e gli istituti tecni-ci hanno un vantaggio rispetto ailicei, poiché prevedono propriola pratica in azienda.In tali occasioni gli studenti con-solidano ed arricchiscono le co-noscenze acquisite a scuola esviluppano l’attitudine al lavorodi gruppo, inoltre hanno l’oppor-tunità di conoscere meglio le sin-gole mansioni nei vari settoriaziendali.

L’ORIENTAMENTOSCOLASTICOE PROFESSIONALEAL QUARTO ANNODEL LICEODI NOVO MESTOPROPOSTEDI ADEGUAMENTO

Zlatka Butkovec Gacnik(psicologa),Liceo di Novo Mesto, Seidlova 9– 8000 Novo Mesto

PREMESSA

La mia attività di orientamento èimprontata agli indirizzi pro-grammatici che regolano il servi-zio di consulenza scolastico; neconsegue che la maggior partedelle attività viene svolta con glistudenti del quarto anno di liceo.Per ciascuna classe sono previstequattro ore di consulenza digruppo (procedure e scadenzeper le iscrizioni, analisi dei crite-ri che determinano il numerochiuso, metodo di calcolo delpunteggio necessario per acce-dere alle facoltà, programmi distudio presso varie facoltà …).Inoltre vengono organizzati se-minari tenuti da professori uni-versitari, durante i quali vengonopresentati gli insegnamenti.Anche gli ex studenti vengono in-

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ottenute fuori dalla scuola – so-prattutto attraverso le giornateinformative, il lavoro estivo op-pure dai conoscenti.Gli studenti hanno così valutatole informazioni raccolte a scuo-la: il 46% degli intervistati ritieneche la fonte più importante siastata la consulenza individuale,il 19% i seminari tenuti dai pro-fessori universitari, l’11% la con-sulenza di gruppo, un altro 11%le presentazioni degli ex studen-ti, mentre l’8% dei ragazzi ritienedi aver ricavato le informazionipiù rilevanti per la scelta deglistudi futuri dalle lezioni scolasti-che e il 5% dagli opuscoli infor-mativi disponibili presso il servi-zio di consulenza. Il 65% ha de-finito molto buona la strutturadell’orientamento, il 30% l’hadefinita mediamente buona ed il5% insufficiente.Gli studenti ritengono di avere bi-sogno di più presentazioni da par-te delle facoltà; essi dichiaranoinoltre che le giornate informativesi svolgono troppo tardi, problemaal quale purtroppo è molto diffici-le ovviare poiché alcune facoltànon dimostrano grande sensibilitàin questo senso, infatti non ne han-no bisogno, avendo comunque unelevatissimo numero di domandedi immatricolazione. Gli studentiritengono anche che alcune fa-coltà non mettano a disposizioneuna quantità sufficiente di materia-le informativo. Il 76% dei ragazziha espresso il desiderio di poterfruire della consulenza individualegià al terzo anno per poter giunge-re prima ad una decisione in meri-to al futuro. In questo modo si po-trebbe forse porre rimedio ancheai loro disagi, poiché il 48% dei ra-gazzi ha dichiarato che l’indecisio-ne li ostacola nello studio.In seguito a questi risultati ho ri-tenuto di apportare una serie dimodifiche alla struttura dell’o-rientamento ed ho elaborato ilseguente programma:1.gli studenti devono ricevere le

informazioni fondamentali suipossibili ulteriori percorsi for-mativi già durante il secondo

anno di liceo. Devono essereindirizzati ad una ricerca auto-noma delle informazioni eistruiti su come, dove e qualiinformazioni ricercare. A talescopo ho elaborato un manua-le per la raccolta e la ricerca diinformazioni suddiviso in treparti:

a)le informazioni sui propri inte-ressi e sulle proprie capacitàvanno raccolte nel seguentemodo:

- riflettendo a fondo su che cosavi rende felici e in quali campiavete più successo;

- chiedendo ai genitori ed amiciche cosa pensano delle vostreattitudini;

- compilando il test sugli interes-si nello studio e il test “Dove ecome” (disponibile presso ilservizio di consulenza scolasti-co o presso l’Agenzia dell’im-piego);

b)le informazioni sui corsi di stu-di vanno raccolte dalle seguen-ti fonti:

- sfogliando il manuale “Gli stu-di universitari e le professioni”disponibile in biblioteca;

- partecipando alle presentazio-ni delle singole facoltà, svoltepresso la scuola;

- partecipando alla giornatainformativa in facoltà;

- esaminando gli opuscoli infor-mativi delle facoltà;

- seguendo le informazioni pub-blicate in bacheca dal serviziodi consulenza scolastico;

c)le informazioni sulle opportu-nità d’impiego vanno raccoltenei seguenti modi:

- partecipando al seminario te-nuto dall’Agenzia dell’impiegosulla domanda di lavoro e sul-le possibilità di trovare occu-pazione;

- utilizzando il lavoro estivo persondare le effettive opportunitàin termini di occupazione;

2.le attività svolte al quarto annovengono anticipate al terzo;

3.gli studenti del quarto anno cheancora non abbiano preso unadecisione in merito agli studi fu-turi, avranno accesso alla consu-

lenza individuale (si ritiene co-munque che le richieste sarannomolto più contenute);

4.andranno sfruttate anche tuttele potenzialità rimaste inutiliz-zate, vale a dire:

- coinvolgimento dei genitoriche presenteranno le proprieesperienze professionali e la-vorative;

- coinvolgimento delle facoltàche finora non hanno mostratointeresse a collaborare in formadi presentazioni; andrà sottoli-neato che in tal modo sarannoin grado di attrarre ragazzi piùmotivati e informati, andandocosì a ridurre il numero degliabbandoni nel corso del primoanno di università;

- coinvolgimento delle aziendeche dovranno presentare leproprie necessità e prospettivedi sviluppo; le aziende avran-no così modo di scoprire pre-cocemente nuovi talenti.

Attraverso l’adeguamento dellastruttura del servizio di orienta-mento secondo le linee sopra de-scritte, ritengo di poter ridurre emeglio ridistribuire il carico dilavoro che grava sul servizio diconsulenza scolastico. Secondoil nuovo modello, il compitoprincipale dell’operatore sarebbequello di coordinare le attività diorientamento che garantirebberoagli studenti la possibilità digiungere prima ad una decisionein merito agli studi futuri, ridu-cendo così lo stress nelle ultimefasi del loro percorso liceale.

QUADERNI DI ORIENTAMENTOIscr. Tribunale n. 774

Registro Periodici del 6/2/90

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UNIONE EUROPEAFondo sociale europeo Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia

Direzione regionale del lavoro, formazione, università e ricerca

Direzione regionale per le identità linguistiche e i migranti, l’istruzione, la cultura, lo sport

MINISTERO DEL LAVOROE DELLE POLITICHE SOCIALI

Dipartimento per le politiche del lavoroe dell’occupazione e tutela dei lavoratori

Ufficio Centrale OFPL

Le attività di

Risorse Territoriali Motivazione Orientamento

Progetto della Regione Friuli-Venezia Giuliafinalizzato a promuovere sinergie

nelle azioni di orientamento sul territorio

L’ inserto raccoglie alcune riflessioni sulle principali attività sviluppate tramite il Progetto Ri.T.M.O..Promosso dal Servizio per l’istruzione e l’orientamento

della Direzione regionale per le identità linguistiche e i migranti, l’istruzione, la cultura, lo sportnell'ambito del Programma Operativo dell'Obiettivo 3 - 2000/2006 del Friuli-Venezia Giulia, il progetto è

finalizzato allo sviluppo di un sistema integrato scolastico e professionale in regione.La sua realizzazione operativa viene curata da un’Associazione temporanea d’imprese tra le società

Aster, Cetrans, Ires FVG, Gandalf, Codess FVG e Cramars.Ulteriori informazioni sono disponibili nella sezione Orientamento del sito della Regione Friuli-Venezia Giulia

(www.regione.fvg.it/orientamento/orientamento.htm).

-- INSERTO II --

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Il Centro risorse regionale per l’orientamentoMacrointervento 1Cos’è un Centro Risorse? E' forse questa la domanda essenziale, la cui risposta può guidarci nel percorso di analisidell'attività fin qui svolta da quello che rappresenta uno dei principali dispositivi attivati attraverso il progetto Ri.T.M.O..

Un Centro Risorse è un luogo di informazione, documentazione, animazione, sensibilizzazione, formazione e consulen-za su un determinato tema. Le sue attività caratteristiche sono la consultazione, il confronto e la sperimentazione indi-viduale e collettiva, come momento di raccordo tra le varie realtà del territorio, come strumento di ricerca e osservato-rio su tematiche specifiche.E’ il “luogo” che favorisce la circolazione delle informazioni affinché queste siano la base di una costante azione for-mativa per la comunità e che valorizza le competenze individuali per un interesse collettivo, affinché si creino “reti dipersone risorse” che agiscano da propulsore e stimolo di nuove progettualità.Sono questi i concetti che hanno ispirato la costituzione del Centro risorse regionale per l’orientamento del Friuli -Venezia Giulia e che, partendo anche dall’esperienza che l’ente gestore Aster ha capitalizzato gestendo dal 1993 ilCentro Risorse Nazionale per l’Orientamento a Bologna, hanno permesso l'individuazione di due capisaldi delle sueattività: il lavoro in rete e la valorizzazione dell'informazione.

L’informazione nel processo di orientamento può essere definita come una condizione di base per assicurare a tutti icittadini la possibilità di formulare scelte motivate e consapevoli sui percorsi formativi e lavorativi. Parlare di condizionedi base significa avere chiaro che l’informazione non esaurisce il processo di orientamento, sia dal punto di vista dell’u-tente sia dal punto di vista dell’operatore, ma che tuttavia un adeguato patrimonio informativo è una pre-condizionesenza la quale le attività di consulenza orientativa perderebbero la loro finalizzazione e la loro efficacia. Il tema dell’informazione, che negli ultimi anni è rimasto un po’ sullo sfondo nel dibattito sull’orientamento dopo averconosciuto, verso la fine degli anni’80/inizi anni ’90, una forte attenzione - anche in concomitanza dell’apertura deiprimi servizi informativi rivolti all’utenza giovanile (Informagiovani) - ritorna oggi di grande attualità a partire da alcunecondizioni che hanno modificato profondamente il contesto di riferimento. Si allude, nello specifico:

o ai profondi mutamenti, in particolare di tipo normativo, che interessano il mondo dell’istruzione, della formazio-ne e del lavoro e che ridisegnano il sistema delle opportunità dei cittadini nel campo dello studio e dell’occupa-zione, all’interno di uno scenario in continua evoluzione. Scenario che richiede, a chi di occupa di informazioneorientativa, un importante e continuo lavoro di monitoraggio sui costanti sviluppi del contesto formativo-profes-sionale (si pensi, per fare un solo esempio, a come si è ridefinita, negli anni, l’offerta di percorsi di studio all’in-terno dei sistemi dell’istruzione superiore e dell’università a seguito dell’autonomia).

o all’avvento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che fanno sì che il pubblico acceda, consempre maggiore frequenza, direttamente alle fonti informative presenti su Internet, senza garanzia sull’affida-bilità dei contenuti informativi che vengono acquisiti.

La complessità di queste problematiche, qui semplicemente accennate, si intreccia con il tema, ampiamente dibattutonella letteratura di riferimento, su cosa debba intendersi per “buona informazione”. Se si concorda nel ritenere che una buona informazione debba rispondere ad alcuni criteri (fra i più condivisi quelli diveridicità, comprensibilità, pertinenza, utilizzabilità e accettabilità) si intuisce come le competenze richieste per produrreinformazione siano competenze ad alta specificità professionale e le risorse economiche necessarie per mantenere unsistema informativo aggiornato (anche sfruttando le potenzialità delle nuove tecnologie) siano cospicue. Ecco perché,anche all’interno di documenti a valenza internazionale1, viene sottolineata l’importanza di servizi che, a livello nazio-nale e/o regionale, coordinano le attività di raccolta, trattamento e verifica delle risorse informative nonché di identifi-cazione dei bisogni, delle richieste e del livello di conoscenza degli utenti, attraverso il monitoraggio delle problemati-che riscontrate dagli operatori a contatto con il pubblico. Un centro risorse deve essere un servizio caratterizzato inquesta direzione.

D'altra parte, l'integrazione è una finalità irrinunciabile per l’orientamento se si vuole ridurre la frammentarietà/par-zialità delle risposte agli utenti e se si vuole eliminare la discontinuità del sostegno orientativo. E la rete2 è la modalitàorganizzativa propria dell’integrazione.I servizi in rete sono in grado di affrontare la complessità sociale che viviamo, spostando l’attenzione sui bisogni dei cit-tadini e non sulle proprie specifiche competenze.

I Le attività di Ri.T.M.O.

1 Si veda, a questo proposito, il recente ed esaustivo documento di A. Tricot, Amélioration de l’information sur les métiers, (dicembre 2002),predisposto nell’ambito dell’indagine OCSE sulle politiche relative ai servizi di informazione e orientamento e accessibile all’indirizzo web:www.oecd.org/dataoecd/59/27/2485385.pdf

2 Per approfondire il tema delle reti in rapporto ai servizi di orientamento si veda l’articolo di D. Pavoncello e F. Marcigliano, Le reti territoriali.Sviluppo e organizzazione dei servizi di orientamento (D.M. 166/2001), in Magellano, n. 17, 2003, pp. 33-42

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Ciò nella duplice prospettiva di assicurare, da un lato, capillarità e facilità di accesso ai servizi di base in una pluralità distrutture diffuse su un determinato bacino territoriale e, dall’altro, di integrare professionalità diverse nella presa incarico di utenti che esprimono bisogni di orientamento in rapporto a problematiche complesse, legate ad esempio, algenere o alla condizione di svantaggio sociale o, ancora, alla difficoltà nei percorsi di transizione fra e nei sistemi dellaformazione e del lavoro oppure, al contrario, all’esigenza di evoluzione e di sviluppo formativo e/o professionale.Problematiche che spesso si presentano in forma combinata: si pensi, a titolo puramente esemplificativo, alla comples-sità di aspetti – psicologici, sociali, culturali - che devono essere affrontati nella presa in carico di una donna immigratao di un soggetto adolescente che manifesta l’intenzione di non assolvere l’obbligo formativo. Rispetto a queste e adaltre situazioni con caratteristiche di complessità analoghe è impensabile che l’obiettivo di un inserimento in un percor-so formativo/professionale soddisfacente (per la persona e per la comunità socio-economica) possa essere raggiuntosenza una cooperazione fra servizi di natura diversa. Tale consapevolezza, tuttavia, sebbene sempre più presente fra isoggetti che a diverso titolo si occupano di informazione e orientamento, non sempre riesce a tradursi, automatica-mente, nella piena attuazione di una “rete integrata per l’orientamento”. In questa prospettiva un centro risorse puòessere inteso anche come un dispositivo di sistema finalizzato a supportare il passaggio da reti naturali, o parzialmenteregolate, spesso presenti nei diversi contesti territoriali, ad una rete integrata intenzionalmente costruita.

Alla base della costituzione del Centro risorse regionale per l’orientamento del Friuli – Venezia Giulia ci sono questi pre-supposti teorici, che hanno portato alla definizione di alcuni ambiti prioritari d’intervento: la gestione delle risorseinformative, l’animazione della rete territoriale, la promozione dei servizi presso i cittadini.

Il Centro è stato pensato per consentire l'ottimizzazione delle risorse, onde evitare sovrapposizioni di iniziative ed evi-denziare carenze di interventi relativi ad alcune categorie di destinatari, e la valorizzazione delle esperienze maggior-mente significative, maturate sul territorio.Concretamente il Centro risorse regionale si caratterizza come una struttura di “servizio ai servizi” in grado di ottimiz-zare e qualificare un’offerta orientativa che per sua stessa natura è costituita da una pluralità di destinatari, di azioni edi luoghi. Rappresenta, cioè, il punto nodale per il rafforzamento del sistema e per un efficace scambio di risorse estrumenti e svolge funzione di animazione e supporto della rete dei servizi territoriali.In particolare la necessità da cui si è partiti è quella di:

✓ contribuire ad elevare il livello qualitativo dei servizi offerti dal Sistema Regionale di orientamento e inserimentolavorativo;

✓ rafforzare il sistema attraverso un efficace scambio di esperienze e confronto fra servizi regionali ed extra-regio-nali;

✓ valorizzare i progetti pilota e gli strumenti di eccellenza realizzati, promuovendoli e facilitandone la trasferibilitànei diversi contesti.

Il Centro risorse regionale ha l’obiettivo di far fronte ad alcune delle esigenze dei destinatari diretti del progetto (le isti-tuzioni, i servizi e la comunità degli operatori di orientamento) che, in un sistema a regime, avranno modo di:

o analizzare le proprie azioni partendo da riferimenti più ampi dell’ambito territoriale in cui operanoo sviluppare strumenti e metodologie per passare da un’idea a una strategia condivisa e in seguito a una rea-

lizzazione comune, il tutto in modo coerenteo beneficiare di luoghi e di strutture d’appoggio e d’accompagnamento nella realizzazione delle diverse

idee progettualio usufruire di uno spazio di confronto e scambio per far fronte alle difficoltà che si incontrano nell'operare

quotidianamente a contatto con i fruitori dei servizi

Il Centro risorse si è inserito in un contesto regionale molto avanzato e preso ormai a modello da altre realtà in ambitonazionale. La Regione Friuli - Venezia Giulia ha infatti sviluppato nel corso degli anni dei centri di competenza relativiall’erogazione di servizi di orientamento che vantano la presenza di personale altamente qualificato. I 6 Centri territo-riali di orientamento possono contare sull’esperienza pluridecennale di circa 30 psicologi specializzati in tematicheorientative che assicurano l’erogazione di consulenza orientativa volta all’approfondimento degli interessi, motivazionie potenzialità degli utenti.

Inoltre, un’esperienza fortemente innovativa di collegamento in rete di tutti i servizi di orientamento esistenti in ambitoregionale è la “Rete informativa per l’orientamento”, promossa dal Servizio di orientamento continuo e nata nel 1996in occasione dell’adesione del servizio stesso alla Rete Nazionale di Diffusione del Centro Risorse Nazionale perl’Orientamento. Si tratta in primo luogo di uno strumento di coordinamento informativo, che si propone di sviluppare epotenziare le relazioni ed i rapporti tra gli operatori del settore.

E’ in questo contesto che si inserisce la funzione di stimolo e raccordo che il Centro risorse regionale vuole svolgere.

Lo scenario regionale e l’offerta di orientamento in Friuli - Venezia Giulia è tale da evidenziare il bisogno di un efficacescambio e confronto di risorse e strumenti fra servizi centrali e servizi territoriali. Il Centro risorse regionale, percorren-do la logica dell'innovazione, vuole svolgere il ruolo di laboratorio fondato sull'integrazione di:

Le attività di Ri.T.M.O. II

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III Le attività di Ri.T.M.O.

o azioni (formative, informative, di consulenza e di assistenza tecnica per l'orientamento)o servizi (pubblici e del privato sociale con funzioni e ruoli complementari)o competenze (tra loro collegate e coordinate)

Il Centro risorse regionale si configura, in sintesi, come luogo in cui convergono:o tutte le esperienze significative (con relativi strumenti e materiali) per l’orientamento e l’inserimento lavorativo

per essere poi valorizzate e diffuse, o le informazioni sulle esigenze degli operatori e dei servizi,o le indicazioni e le richieste di materiali specifici da realizzare a supporto degli operatori.

I destinatari diretti delle attività del Centro risorse sono sia soggetti pubblici sia del privato sociale: istituzioni, servizi el’insieme degli operatori presenti nel contesto regionale del FVG. Il Centro risorse intende infatti fornire supporto:

– alle attività e alle esperienze realizzate dai Centri Regionali di Orientamento della Direzione Regionale per leidentità linguistiche e i migranti,l’istruzione, la cultura, lo sport

– agli operatori degli Sportelli territoriali di accoglienza e informazione attivati nell’ambito del progetto Ri.T.M.O.– agli operatori dei Centri per l’Impiego in merito alle nuove funzioni di accoglienza e orientamento– agli operatori dei Centri territoriali permanenti (CTP) in particolare per le azioni rivolte ad adulti e fasce deboli– agli esperti di orientamento operanti nelle Università della regione FVG e negli Enti Regionali per il Diritto allo

Studio Universitario in merito all’orientamento universitario in entrata e in uscita avendo come dimensione quel-la locale, nazionale e europea

– agli operatori dei Centri di formazione professionale che hanno il compito di gestire attività di orientamentoprofessionale e al lavoro

– agli operatori di servizi e progetti presenti sul territorio regionale radicati nel tessuto giovanile e delle famiglie

Come si può sintetizzare il lavoro svolto nel primo anno di attività dal Centro risorse?

Sicuramente la struttura costituita esattamente un anno fa è riuscita a farsi carico delle attività informative ereditatedalla gestione diretta del Servizio per l’istruzione e l’orientamento, già Struttura di orientamento, cercando laddovepossibile di migliorare le procedure e di garantire una qualità elevata all’informazione messa a disposizione del Sistema,curando anche l’attivazione di canali di diffusione più capillari e strutturati. Il Centro risorse ha anche avviato un per-corso di consolidamento della rete territoriale, individuando delle piste di lavoro per la costruzione di dispositivi di colla-borazione sempre più fattiva con la rete territoriale e in primo luogo con i Centri territoriali di Orientamento e gliSportelli di accoglienza e informazione. Su questo percorso si concentreranno le risorse nel prossimo anno di attivitàdel Centro, cercando di valorizzare al massimo le preziose competenze che già caratterizzano il Sistema.

Marina SilveriiCoordinatore Centro risorse regionale per l’orientamento Friuli - Venezia Giulia

Il Centro risorse regionale per l’orientamento in breve

Le azioni e le iniziative sviluppate dal Centro risorse possono venire classificate nell’ambito di tre macro-aree di atti-vità: “Informazione”, “Animazione”, “Promozione”.Per semplicità e chiarezza espositiva di seguito viene riportata, per ognuna delle tre macro-aree di azione individua-te, una descrizione delle principali attività svolte nel corso del periodo gennaio – ottobre 2003, con indicazionedegli obiettivi specifici.

AREA INFORMAZIONE

Gestione delle banche dati e dei siti “Orientamento” e “Planet Giovani” della RegioneIl Centro risorse cura l’aggiornamento delle pagine istituzionali dell’Orientamento e il sito Planet Giovani, dedi-cato all’informazione, all’orientamento e alla consulenza per i giovani, con particolare riferimento anche alle ban-che dati Orientarsi nella Formazione professionale, Informascuole On-line, Arion e F.a.r.o.. Le attività riguardanti l’aggiornamento del sito Internet sono legate inoltre all’implementazione della nuova sezio-ne dedicata agli operatori in corso di realizzazione nell’ambito del Macrointervento 3 del progetto Ri.T.M.O. e pen-sata per il supporto dell’attività degli operatori di orientamento.

Gestione dello Sportello informativo on lineCon il progetto Ri.T.M.O. il Servizio regionale per l’istruzione e l’orientamento ha delegato la gestione delloSportello on line al Centro risorse.Attraverso tale servizio viene erogata consulenza informativa tramite e-mail.La gestione dello Sportello comprende l’attività di back office per la ricerca e il trattamento delle informazioni, finalizzata siaall’alimentazione dell’informazione da erogare tramite lo Sportello on line stesso sia all’aggiornamento costante degli operatoridegli Sportelli territoriali di accoglienza e informazione del progetto Ri.T.M.O. e dei Centri regionali per l’orientamento.

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Le attività di Ri.T.M.O. IV

Supporto alla redazione delle guide informative Informascuole e Vie al Futuro

Il Centro risorse collabora con il gruppo di lavoro degli psicologi dei Centri regionali per l’orientamento che si occu-pano della redazione delle guide fornendo il supporto per l’attività di aggiornamento.

Centro di documentazioneIl Centro di documentazione nasce con l’obiettivo di raccogliere e sistematizzare la documentazione cartacea emultimediale e il materiale documentale prodotto a livello locale, nazionale ed europeo relativo all’orientamento eai suoi ambiti di applicazione, quali istruzione e formazione, lavoro, formazione professionale, università.

A seguito di un’analisi delle principali classificazioni, nazionali ed europee e della classificazione in uso presso iCentri regionali per l’orientamento nel periodo precedente all’attivazione del Progetto Ri.T.M.O., è stato ideato eprogettato uno specifico Sistema di classificazione del materiale informativo che potrà essere utilizzato anchein auto-consultazione.Contestualmente è stato elaborato il documento Mappa dei prodotti per la classificazione del materiale informa-tivo di base, che ha permesso la costituzione di un il patrimonio informativo comune per gli operatori dei Centriterritoriali e degli Sportelli del progetto Ri.T.M.O..Il Centro di documentazione si occupa sia della ricerca di nuovi materiali documentali sia del nuovo servizio diRassegna stampa, disponibile on line nell’area che il sito istituzionale dell’Orientamento dedica al Centro risorse.

Redazione della newsletter mensile Orientamento News e di testi on-line per la promozione delle atti-vità formativeOrientamento News è una newsletter mensile - supplemento alla rivista Quaderni di Orientamento. La newsletter vuole essere un mezzo costante e veloce di aggiornamento sul mondo dell’orientamento, dell’istru-zione e della formazione, con uno sguardo particolare al territorio regionale.E’ inoltre uno strumento per informare periodicamente sugli stati di avanzamento delle attività previste nelProgetto Ri.T.M.O.. Attualmente viene inviata tramite mailing list in versione .pdf a chi ne faccia richiesta. In futuro la newsletter verràpubblicata on line nell’area web dedicata agli operatori di orientamento.

Il Centro risorse cura inoltre la realizzazione di testi sulle novità relative alle opportunità formative destinati in parti-colare agli iscritti alla mailing list del sito “Orientarsi nella Formazione professionale” e pubblicati sullo stesso sitonella sezione specificatamente dedicata alle “News” sulla Formazione Professionale.

AREA ANIMAZIONE

Animazione della Rete informativa per l’orientamento Friuli - Venezia GiuliaLa Rete informativa per l’orientamento Friuli - Venezia Giulia è uno strumento di coordinamento informativonato nella regione Friuli - Venezia Giulia nel 1996, in concomitanza con l’adesione dell’allora Struttura regionale diorientamento (oggi Servizio per l’istruzione e l’orientamento) alla Rete Nazionale di Diffusione del Centro RisorseNazionale per l’Orientamento – Area Formazione e Lavoro.L’attività di animazione della Rete informativa per l’orientamento ha lo scopo di sviluppare e potenziare le relazionie la comunicazione tra gli operatori del settore.

Con l’attivazione del progetto Ri.T.M.O. parte dell’attività di animazione della Rete informativa per l’orientamentoè stata delegata al Centro risorse, il quale, per lo svolgimento delle proprie attività, si raccorda in primis con iCentri regionali per l’orientamento e con gli Sportelli territoriali di accoglienza e informazione del progettoRi.T.M.O. stesso, in quanto interlocutori privilegiati di riferimento del sistema regionale di orientamento.Fra le attività di animazione della Rete informativa per l’orientamento FVG va menzionata l’organizzazione degliincontri della Rete, la gestione degli scambi comunicativi e l’invio delle informazioni di aggiornamento per gli ope-ratori dei servizi che aderiscono all’iniziativa, nonché la distribuzione del materiale informativo del Servizio regiona-le per l’istruzione e l’orientamento.

Organizzazione di laboratori di buone pratichePer l’anno 2003 sono stati organizzati tre laboratori di buone pratiche, con l’intento di raccogliere le esigenze for-mative e di approfondimento che emergono dal sistema dell’orientamento, di individuare le esperienze più signi-ficative e maggiormente trasferibili al contesto territoriale, di organizzare dei momenti di presentazione, approfon-dimento e discussione per gli operatori coinvolti e interessati dall’argomento affrontato, favorendone il confronto ecreando le premesse per possibili sviluppi di attuazione.I laboratori realizzati:- Dall’università al lavoro: quali esperienze per favorire la transizione post-laurea

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V Le attività di Ri.T.M.O.

- Attività di orientamento, strumenti e servizi informativi: quale fruibilità per i Servizi per l’impiego- Intercultura a scuolaPer il periodo novembre 2003 – giugno 2004 sono previsti ulteriori momenti di approfondimento per operatori suitemi delle pari opportunità e dell’orientamento in una dimensione europea.

Sensibilizzazione sull’Europa per target specifici, scuole, servizi di orientamento

Le principali attività svolte dal Centro risorse riguardano sia il reperimento e la divulgazione delle informazioni circale opportunità europee per l’aggiornamento degli operatori del territorio, sia il raccordo con le strutture che sulterritorio si occupano di tale ambito, per la realizzazione di giornate di sensibilizzazione sull’Europa. L’obiettivogenerale di tale ambito di attività è di promuovere a livello regionale la dimensione europea e di sensibilizzare allacultura della mobilità.

AREA PROMOZIONEL’obiettivo dell’attività di promozione è quello di fornire all’utente finale, destinatario delle attività proposte dalServizio regionale per l’orientamento continuo, un’immagine coerente e unitaria degli strumenti e dei servizi diinformazione ed orientamento presenti sul territorio.

In tal senso, il Centro risorse cura la realizzazione dei materiali promozionali del Servizio e si pone come interfacciatra quest’ultimo e i media, gestendo i rapporti con gli organi di stampa e fornendo contenuti e materiali di suppor-to alla creazione degli elaborati grafici e di comunicazione.

Informazioni specifiche sulle attività del Centro risorse regionale per l’orientamento sono disponibili alla paginaInternet www.regione.fvg.it/orientamento/txt-centro.htm

Gli Sportelli territoriali di accoglienza e informazioneMacrointervento 2Nell’ambito del progetto Ri.T.M.O. il Macrointervento 2, gestito da CODESS FVG e CRAMARS, ha previsto l’attivazionedi otto Sportelli di accoglienza e informazione dislocati in modo tale da coprire l’intero territorio regionale, capaci diintegrarsi funzionalmente e di agire in stretto raccordo da un lato con i Centri Regionali di Orientamento già esistenti,anche grazie al supporto del Centro risorse regionale e dall’altro con il sistema socio - produttivo dell’area territoriale incui operano.L’integrazione tra Centri di Orientamento e Sportelli di accoglienza e informazione ha fatto sì che alcune funzioni fino-ra proprie del Centro di Orientamento quali il ricevimento, l’accoglienza, la consulenza informativa, la gestione delladocumentazione di centro, la funzione di primo filtro verso la consulenza ed il monitoraggio dell’utenza divenganofunzioni proprie degli Sportelli territoriali. Mentre i Centri Regionali di Orientamento svolgono sempre più le attività dicentri di secondo livello con funzioni specialistiche quali la consulenza tecnica, il counseling, il bilancio di competenze.E’ importante sottolineare che il servizio degli Sportelli territoriali rappresenta una modalità di animazione dal bassodella rete di orientamento ed è in grado di garantire un collegamento tra le iniziative dei diversi soggetti locali, nonchédi offrire attività di animazione ed informazione diretta presso gruppi di utenza organizzata.L’operatività degli Sportelli si attua dunque in due direzioni: da un lato azioni informative e accoglienza dell’utenza inbase ai bisogni, dall’altro animazione e collegamento con il territorio.

Le principali attività e funzioni assolte dagli Sportelli di accoglienza e informazione sono:

Accoglienza dell’utenza ed analisi dei bisogniGli operatori degli Sportelli accolgono l’utenza che accede al servizio direttamente, telefonicamente o attraverso canalitelematici. La funzione di accoglienza è la prima interfaccia dell’intera struttura con l’utente ed ha l’obiettivo di illustra-re e facilitare l’accesso e l’utilizzo dei servizi offerti.Inoltre attraverso l’analisi dei bisogni dell’utenza essi svolgono azioni di filtro indirizzando la stessa:

- all’interno della struttura, nel caso necessiti di consulenza orientativa ed informativa;- all’esterno della struttura, orientando alla fruizione dei servizi offerti dal sistema territoriale, nel caso di bisogni

che la struttura non è in grado di soddisfare.

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Consulenza informativaGli operatori degli Sportelli offrono una consulenza informativa non solo sui servizi erogati dallo sportello stesso e dallarete regionale allargata di orientamento, ma anche sull’offerta formativa e scolastica regionale, su servizi relativi almondo del lavoro, su iniziative ed attività promosse da altre strutture nei settori della formazione ed istruzione.

Assistenza alla fruizione dei materiali e degli strumenti di auto-orientamentoPresso gli Sportelli è a disposizione dell’utenza uno spazio di autoconsultazione all’interno del quale è possibile accede-re direttamente all’informazione sia in formato cartaceo che informatico.Le informazioni sono organizzate e classificate in cinque macro aree informative:Orientamento – Istruzione e Formazione – Lavoro – Professioni Aziende e tendenze del mercato – Estero.Tali macro aree a loro volta sono suddivise in sotto aree informative più dettagliate.Ulteriori strumenti a disposizione dell’utenza per la ricerca (di tipo individuale o assistito dall’operatore) delle informa-zioni riguardano la consultazione di siti Internet, di banche dati, di programmi multimediali su argomenti e tematichespecifiche.

Animazione della rete locale Gli operatori degli Sportelli agiscono anche in termini di animazione ed informazione della rete locale costituita dallealtre strutture che operano nei medesimi settori di intervento ( istituti scolastici, centri di formazione professionale, entilocali, biblioteche, associazioni, ecc. ) attraverso la raccolta e la diffusione di informazioni a livello territoriale.

Attivazione e gestione di sportelli temporanei itineranti Tale attivazione è prevista presso strutture pubbliche locali quali ad esempio biblioteche, comuni, associazioni di cate-goria, servizi di informazione, ecc. per una più capillare diffusione dei servizi e dei prodotti di orientamento. L’obiettivoè quello di favorire l’accesso ai servizi e alle informazioni da parte di quell’utenza che per svariati motivi non ha la pos-sibilità di usufruirne.

Attività di informazione per gruppi di utenza con l’utilizzo di pacchetti informativi predefinitiGli operatori degli Sportelli, utilizzando gli strumenti informativi predisposti dal Macrointervento 5 del progettoRi.T.M.O., organizzano, anche in collaborazione con altre strutture o servizi presenti sul territorio in cui operano, incon-tri / seminari su argomenti di interesse specifici destinati ad un’utenza diversa ( giovani, adulti, utenza svantaggiata,immigrati, in cerca di prima occupazione, genitori, ecc.).

Assistenza e supporto allo sviluppo di piccoli progetti integrati di orientamento Gli Sportelli possono rappresentare un importante punto di contatto tra i diversi attori presenti a livello locale (scuole,enti pubblici e privati, imprese, ecc.) e svolgere un ruolo di raccordo tra i soggetti stessi, occupandosi dell’organizzazio-ne e del coinvolgimento a più livelli e secondo modalità diverse, delle categorie esistenti.

Azioni di supporto agli interventi inerenti l’obbligo formativoFerme restando le competenze riconosciute ai Servizi per l’Impiego e ai Centri Regionali di Orientamento, il ruolo degliSportelli in questo campo si concretizza in attività di sensibilizzazione e di informazione nei confronti sia dell’utenzaindividuale che si reca presso gli sportelli sia di gruppi di utenza scolastica, in chiave preventiva, tramite la realizzazionedi incontri informativi utilizzando i materiali predisposti nell’ambito del Macrointervento 5.

Il primo anno di attività degli Sportelli di accoglienza e informazione (febbraio – settembre 2003) si è sviluppato attra-verso una fase di preparazione e successivamente di attivazione del servizio nel suo complesso. Seguendo un program-ma di lavoro predefinito, gli operatori degli Sportelli si sono attivati attraverso contatti con le strutture e gli attori princi-pali del territorio in cui operano per promuovere il servizio, hanno iniziato a riorganizzare il materiale informativo pre-sente presso i Centri di Orientamento al fine di creare lo spazio di autoconsultazione, svolgendo quotidiana attività diback e front office.Nel secondo anno di attività (ottobre 2003 – giugno 2004) maggiore impulso sarà dedicato all’attività di animazioneesterna, attraverso l’organizzazione degli sportelli itineranti, la realizzazione di progetti sperimentali di azioni integratedi orientamento che coinvolgano più sistemi e laboratori di orientamento rivolti a diverse categorie di utenza al fine diperseguire un effettivo radicamento del servizio stesso nel territorio in cui opera ed agisce.

Presso gli Sportelli di accoglienza e informazione sono occupati 16 operatori che, opportunamente formati, svolgono lefunzioni di accoglienza, di informazione e comunicazione, di ricerca e di documentazione.Presso ogni Sportello è presente un PC a disposizione dell’utenza per l’autoconsultazione libera o guidata di materialiinformativi, banche dati, siti web.

Michela AltranCoordinatore Sportelli territoriali di accoglienza e informazione

Le attività di Ri.T.M.O. VI

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Cervignano del FriuliVia I° Maggio, 9Tel. 0431 371414 – 0431 35296; fax 0431 [email protected]ì e giovedì 9.00 – 12.30 e 15.00 – 17.30martedì e mercoledì 10.00 – 12.00

Gemona del FriuliVia Trasaghis, 86Tel. 0432 970839; fax 0432 [email protected]ì e giovedì 9.00 – 12.30 e 15.00 – 17.30martedì e mercoledì 10.00 – 12.00

GoriziaVia Roma, 9Tel. 0481 386420; fax [email protected] lunedì a venerdì 10.30 – 13.30 e 14.30 – 17.30

ManiagoVia Dante, 39Tel. [email protected]ì e giovedì 9.00 – 12.30 e 15.00 – 17.30martedì e mercoledì 10.00 – 12.00

PordenonePiazza Giustiniano, 5(angolo Riviera del Pordenone)Tel. 0434 529033; fax 0434 [email protected] lunedì a venerdì 10.30 – 13.30 e 14.30 – 17.30

TolmezzoVia xxv Aprile, 31Tel. [email protected]ì e giovedì 9.00 – 12.30 e 15.00 – 17.30martedì e mercoledì 10.00 – 12.00

TriesteVia San Francesco, 37Tel. 040 375238; fax 040 [email protected] lunedì a venerdì 10.30 – 13.30 e 14.30 – 17.30

UdineVia Uccellis, 12Tel. 0432 555963; fax 0432 [email protected] lunedì a venerdì 10.30 – 13.30 e 14.30 – 17.30

Qui di seguito vengono indicati gli indirizzi completi e l’orario di apertura dei singoli Sportelli di accoglienza e informa-zione, sei dei quali (Cervignano del Friuli, Gorizia, Gemona del Friuli, Pordenone, Trieste e Udine) sono collocati pressole sedi dei Centri Regionali di Orientamento.