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Letteratura italiana Einaudi Operette morali di Giacomo Leopardi

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Letteratura italiana Einaudi

Operette morali

di Giacomo Leopardi

Letteratura italiana Einaudi ii

Edizione di riferimento:Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano 1991Selezione e commento di Giorgio Panizza

Sommario

Storia del genere umano 1Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo 42Dialogo di Malambruno e di Farfarello 53Dialogo delle Natura e di unAnima 60La scommessa di Prometeo 72Dialogo di un Fisico e di un Metafisico 96Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare 112Dialogo della Natura e di un Islandese 137Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie 156Cantico del Gallo silvestre 175Dialogo di Timandro e di Eleandro 189Dialogo di un Venditore dalmanacchi edi un Passeggere 216Dialogo di Tristano e di un Amico 221

Letteratura italiana Einaudi iii

1Letteratura italiana Einaudi

1 rr. 1-46. Primo stadio della storia umana. un periodo del tut-to immaginario, ma funzionale, secondo quella che possiamo chia-mare una ipotesi per assurdo, alle riflessioni che Leopardi inten-de proporre.

2 Narrasi: il verbo regge il primo periodo (che + cong.) e il se-condo (E che... si scuopre); ma gi il terzo, molto lungo, indipen-dente (Ma nondimeno... crescevano).

3 e tutti bambini: si noti lirrealt dellinvenzione; unita agli altridati di partenza (uomini creati per ogni dove a un medesimo tem-po), questa una delle premesse pi importanti per lo svolgimentodellipotesi formulata con il primo tratto di racconto.

4 fossero... Giove: le fonti sono ricordate da Leopardi in una no-ta dellautografo: api. Callim[aco]. colombe. Ateneo. capre. la ca-pra amaltea. Nutricati (latinismo) la forma continuativa di nu-trire (sono forme che Leopardi studia a lungo in appunti delloZibaldone); educazione ha il senso latino di crescita, sviluppo.

5 E che la terra... scuopre: e laltro insieme di condizioni, an-chesse irreali, da cui pu muovere lipotesi. Magnificenza: mani-festazione di grandezza.

6 pascendosi: alimentandosi.

STORIA DEL GENERE UMANO

1Narrasi2 che tutti gli uomini che da principio popo-larono la terra, fossero creati per ogni dove a un medesi-mo tempo, e tutti bambini3, e fossero nutricati dalle api,dalle capre e dalle colombe nel modo che i poeti favo-leggiarono delleducazione di Giove4. E che la terra fos-se molto pi piccola che ora non , quasi tutti i paesipiani, il cielo senza stelle, non fosse creato il mare, e ap-parisse nel mondo molto minore variet e magnificenzache oggi non vi si scuopre5. Ma nondimeno gli uominicompiacendosi insaziabilmente di riguardare e di consi-derare il cielo e la terra, maravigliandosene sopra modoe riputando luno e laltra bellissimi e, non che vasti, mainfiniti, cos di grandezza come di maest e di leggiadria;pascendosi6 oltre a ci di lietissime speranze, e traendo

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7 contento: contentezza. 8 Ma nondimeno... felicit: la costruzione del periodo rallenta-

ta dalla lunga serie dei gerundi, ma nello stesso tempo tesa verso laproposizione principale e verso la conclusione sulla parola chiavedel passo (felicit), rilevata per significato, posizione e accento. Inquesto modo consentito al lettore di cogliere con un unico sguar-do effetto e cause, nel loro prodursi; pu cio percepire che la feli-cit degli uomini non cosa diversa dalle sensazioni descritte. No-tiamo quali sono: piacere generato dallidea di vastit e infinit delmondo; speranze; diletti provocati dal sentirsi vivi, cio dal sentirele sensazioni. Poich anche il secondo e terzo motivo sono causa dipiacere in quanto non limitati, conclusivamente felicit e piacereproveniente dalla sensazione di infinito vengono a coincidere. Ol-tre alleffetto determinato dalla struttura sintattica, altri fatti for-mali si collegano a rendere sensibile la descrizione di Leopardi. Ve-diamoli in sintesi: parole polisillabe, e in particolare dilatate quelleche indicano il sentimento umano (compiacendosi insaziabilmente,riguardare, considerare, meravigliandosene, ecc.); superlativi (bellis-simi, lietissime); composti con in- negativo (insaziabilmente, incre-dibili, infiniti); plurali non strettamente giustificati dalloggetto de-scritto (quindi, a parte bellissimi... vasti infiniti, anche lietissimesperanze, incredibili diletti). Sono tutti fenomeni che rientrano traquelli chiamati da uno studioso (Blasucci) i segnali dellinfinito,perch ad essi Leopardi ricorre tutte le volte in cui vuole che la pa-gina richiami sensazioni vaste e indefinite, e insomma lidea delpiacere. Anche a proposito della descrizione del mondo al tempodi Adamo nellabbozzo dellInno ai Patriarchi Leopardi notava: Siprocuri di destare unidea vasta e infinita di questa solitudine (Lepoesie e le prose, op. cit., I, p. 429). 9 consumata dolcissimamente:ecco un altro superlativo; tutta lespressione riassume per forma eper contenuto il passo precedente, preparando il lettore a una mu-tazione.

10 ferma: matura; cfr. Al conte Carlo Pepoli, v. 115, nella fermae nella stanca etade (e vedi tutto il passo).

da ciascun sentimento della loro vita incredibili diletti,crescevano con molto contento7, e con poco meno cheopinione di felicit8. Cos consumata dolcissimamente9

la fanciullezza e la prima adolescenza, e venuti in et piferma10, incominciarono a provare alcuna mutazione.

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11 Perciocch: Per il fatto che; introduce come causale tutto ilcomplesso periodo che segue.

12 rimettendo: come se le spostassero avanti continuamente, inattesa di un compimento; cfr. Il Parini ovvero della gloria, X, r. 42 eseg.: la speranza, quasi cacciata e inseguita di luogo in luogo, inultimo [...] si ferma nella posterit.

13 non si riducendo... effetto: non realizzandosi. 14 massimamente: soprattutto. 15 quella prima vivacit: vedi rr. 14-15. Per tutto il passo cfr. Zi-

baldone, p. 166: perch questa unaltra delle propriet delle co-se, che tutto si logori, e tutte le impressioni a poco a poco svanisca-no, e che lassuefazione, come toglie il dolore, cos spenga ilpiacere.

16 ancorch grande... certi: esatto contrario di quanto sembravaprima (il cielo e la terra [...] non che vasti, ma infiniti), come no-ta in Zibaldone, p. 1465: Lesperienza dimostra necessariamente iconfini di molte cose anche alluomo naturale e insocievole. Cfr.Ovidio, Metamorfosi, I, vv. 30-31: Vix ita limitibus dissaepseratomnia certis.

17 non... incomprensibili: non tali da non poter essere contenu-

Perciocch11 le speranze, che eglino fino a quel tempoerano andati rimettendo12 di giorno in giorno, non si ri-ducendo ancora ad effetto13, parve loro che meritasseropoca fede, e contentarsi di quello che presentemente go-dessero, senza promettersi verun accrescimento di bene,non pareva loro di potere, massimamente14 che laspettodelle cose naturali e ciascuna parte della vita giornaliera,o per lassuefazione o per essere diminuita nei loro ani-mi quella prima vivacit15, non riusciva loro di gran lun-go cos dilettevole e grata come a principio. Andavanoper la terra visitando lontanissime contrade, poich lopotevano fare agevolmente, per essere i luoghi piani, enon divisi da mari, n impediti da altre difficolt; e doponon molti anni, i pi di loro si avvidero che la terra, an-corch grande, aveva termini certi16, e non cos larghiche fossero incomprensibili17 e che tutti i luoghi di essa

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ti dalla mente, cio misurabili e rappresentabili. La tendenza no-stra invece verso un infinito che non comprendiamo (Zibaldo-ne, p. 165). Cfr. poi r. 304 e seg. e, per tutto il passo, Ad AngeloMai, vv. 98-100: e figurato il mondo in breve carta; / Ecco tutto simile, e discoprendo, / Solo il nulla saccresce.

18 la luce e lo spirito: per indicare la vita, come ne Le ricordanze,vv. 44-46, dove il perduto caro tempo giovanil sar pi caro an-che che la pura / Luce del giorno, e lo spirar; sulla parola spiritocfr. le osservazioni di Zibaldone, pp. 602 e 3854.

19 se ne privarono: attraverso una sintassi che tiene legato un pe-riodo allaltro (Per le quali cose, E di mano in mano) fino alla conse-cutiva (in s fatta... che), siamo portati senza interruzione a questaconclusione violenta, segnata dal passato remoto come da un rim-bombo. Per lidea narrativa, cfr. il passo di Zibaldone, p. 216.

20 rr. 47-124. Reazioni e provvedimenti degli dei. 21 Parve... Dei: la collocazione delle parole, con lattesa creata

dalla prolessi di questo caso (vedi Galimberti), sottolinea il cambia-mento di scena, secondo lalternanza su cui costruita tutta lope-retta. Lattacco, che del resto un endecasillabo, ricorda Bruto Mi-nore, v. 46 (Spiace agli Dei...), ma largomento qui tuttaltro.

terra e tutti gli uomini, salvo leggerissime differenze,erano conformi gli uni agli altri. Per le quali cose cresce-va la loro mala contentezza di modo che essi non eranoancora usciti dalla giovent, che un espresso fastidiodellesser loro gli aveva universalmente occupati. E dimano in mano nellet virile, e maggiormente in sul de-clinare degli anni, convertita la saziet in odio, alcunivennero in s fatta disperazione, che non sopportando laluce e lo spirito18, che nel primo tempo avevano avuti intanto amore, spontaneamente, quale in uno e quale inaltro modo, se ne privarono19.

20Parve orrendo questo caso agli Dei21, che da crea-ture viventi la morte fosse preposta alla vita, e che que-sta medesima in alcun suo proprio soggetto, senza forzadi necessit e senza altro concorso, fosse instrumento a

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22 che questa medesima... disfarlo: che la vita stessa, di per s,senza motivi o necessit speciali, fosse un mezzo di morte per lecreature, cio per coloro che sono lunico suo ambito di realizza-zione (in alcun suo proprio soggetto); in breve, che la vita si auto-distruggesse. Per lespressione, precisamente calibrata da Leopardinei suoi elementi, cfr. Dialogo di un Fisico e di un Metafisico, rr. 28-29, e soprattutto il passo di Zibaldone, pp. 3783-3784.

23 stanza: dimora. 24 con singolare studio: con impegno del tutto speciale.25 maravigliosa eccellenza: ripetendo la concezione tradizionale

dellordine perfetto delle cose create, lautodistruzione degli uomi-ni, che sono il vertice di tale ordine, risulta ancora pi assurda. Peril modo in cui Leopardi interpreta lidea delleccellenza delluomonella scala degli esseri viventi, vedi Dialogo della Natura e di unA-nima, r. 31 e seg. e r. 154 e seg.26 tocchi: toccati, commossi; cfr. Ilprimo amore, v. 60, Chaltro sar, dicea, che il cor mi tocchi?.

27 tanta miseria effetti: alleccellenza stabilita dagli dei si con-trappone la miseria che la realt dimostra.

28 eziandio: anche.

disfarlo22. N si pu facilmente dire quanto si maravi-gliassero che i loro doni fossero tenuti cos vili ed abbo-minevoli, che altri dovesse con ogni sua forza spogliarse-li e rigettarli parendo loro aver posta nel mondo tantabont e vaghezza, e tali ordini e condizioni, che quellastanza23 avesse ad essere, non che tollerata, ma somma-mente amata da qualsivoglia animale, e dagli uominimassimamente, il qual genere avevano formato con sin-golare studio24 a maravigliosa eccellenza25. Ma nel me-desimo tempo, oltre allessere tocchi26 da non mediocrepiet di tanta miseria umana quanta manifestavasi daglieffetti27, dubitavano eziandio28 che rinnovandosi e mol-tiplicandosi quei tristi esempi, la stirpe umana fra pocaet, contro lordine dei fati, venisse a perire, e le cose

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29 perfezione: cfr. Genesi, 2,1: igitur perfecti sunt caeli et terraet omnis ornatus eorum.

30 dubitavano uomini: lo spunto viene da Ovidio, Metamorfo-si, v. 246 e seg. Con le considerazioni degli dei svolte in questo pa-ragrafo, chiarita la formulazione dellipotesi per assurdo diLeopardi: se la natura avesse fornito alluomo un mondo comequello descritto allinizio, gli uomini non avrebbero resistito e si sa-rebbero estinti.

31 querelavano: lamentavano. 32 che le cose non fossero... anzi essere: variazione nella struttura

sintattica (usata da Leopardi anche altrove), per cui in dipendenzada si querelavano un che + congiuntivo coordinato a un infinito;questultima una forma di accusativo + infinito normale nella tra-dizione della prosa letteraria italiana.

33 dellet provetta... giovent: in scala decrescente; provetta si-gnifica avanzata (lespressione anche nel Cantico del gallo silve-stre, r. 123, e in Per una donna inferma di malattia lunga e mortale,v. 126; provetti giorni ne Il passero solitario, v. 21, cfr. anche ilcommento di De Robertis).

34 essere tornati: si noti luso passivo, allinterno delle Operettemorali ripetuto solo in questa, r. 547 (nei Canti, tornare transiti-vo in una variante rifiutata de Alla Primavera o delle favole anti-che, v. 92).

35 fanciullezza: perch lunica et in cui avevano potuto conside-

fossero private di quella perfezione29 che risultava lorodal nostro genere, ed essi di quegli onori che ricevevanodagli uomini30.

Deliberato per tanto Giove di migliorare, poich pa-rea che si richiedesse, lo stato umano, e dindirizzarlo al-la felicit con maggiori sussidi, intendeva che gli uominisi querelavano31 principalmente che le cose non fosseroimmense di grandezza, n infinite di belt, di perfezionee di variet, come essi da prima avevano giudicato; anziessere32 angustissime, tutte imperfette, e pressoch diuna forma; e che dolendosi non solo dellet provetta,ma della natura, e della medesima giovent33, e deside-rando le dolcezze dei loro primi anni, pregavano ferven-temente di essere tornati34 nella fanciullezza35, e in quel-

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rare il mondo bellissimo e infinito, per la forza dellimmaginazionedi cui si parler tra poco [sulla fanciullezza vedi inoltre i passi cita-ti nelle note 60 e 211].

36 uffici: compiti; a uffici si connette in fine esercitare (com-piere attivamente), a utilit, produrre.

37 comunicare: rendere comune. 38 Della qual cosa... uomini: attraverso la risposta di Giove di-

chiarata da subito la condizione costitutiva del genere umano: gliuomini sono mortali, finiti, limitati; nessun sussidio divino pu su-perare questo limite, posto dalle leggi universali della natura, edunque le richieste degli uomini non possono essere esaudite nellasostanza, ma solo alleviate da provvedimenti sostitutivi: la varietdelle cose e le apparenze di infinito. A questo scopo si indirizzanogli aiuti di Giove descritti di seguito, che corrispondono alla effet-tiva creazione del mondo, tradizionalmente intesa; fin dallini-zio, dice dunque Leopardi, il mondo fu disposto per soccorrereluomo, nei limiti che si sono visti, e per evitargli una precoce auto-distruzione. Oltre alla teoria del piacere, vedi il Frammento sulsuicidio: Tutto il piano della natura intorno alla vita umana si ag-gira sopra la gran legge di distrazione, illusione e dimenticanza(Le poesie e le prose, cit., I, p. 1083).

39 Ben gli parve conveniente...: vari i punti di contatto con la de-scrizione ovidiana della creazione del mondo in Metamorfosi. I, v.32 e seg.; vedi in particolare vv. 43-44: Iussit et extendi campos,subsidere valles, / fronde tegi silvas [per cui cfr. qui rr. 114-116],lapidosos surgere montes.

40 distinguerlo: renderlo diverso. 41 consiglio: decisione.

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la perseverare tutta la loro vita. Della qual cosa non po-tea Giove soddisfarli, essendo contraria alle leggi uni-versali della natura, ed a quegli uffici36 e quelle utilitche gli uomini dovevano, secondo lintenzione e i decre-ti divini, esercitare e produrre. N anche poteva comu-nicare37 la propria infinit colle creature mortali, n farela materia infinita, n infinita la perfezione e la felicitdelle cose e degli uomini38. Ben gli parve conveniente39

di propagare i termini del creato, e di maggiormenteadornarlo e distinguerlo40: e preso questo consiglio41,

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42 acciocch: in modo che. 43 sembianza: aspetto. 44 impedisse che... non... conosciuti: il non dovuto al senso di

divieto del verbo impedire. Leopardi riprende lidea antica percui lattraversamento dei mari era stato uno dei principali atti didisobbedienza delluomo e tra i motivi della fine dellet dello-ro. Cfr. Orazio, Odi, I, 3, v. 21 e seg., citato dallo stesso Leopardi inuna lunga riflessione sullargomento, in Zibaldone, p. 3646; Ovi-dio, Metamorfosi, I, vv. 94-96, 132 e seg. Come tale, ma adattata al-la propria ricostruzione, limmagine ripresa pi volte da Leopar-di: cfr. almeno Ad Angelo Mai, v. 84 e seg.; Inno ai Patriarchi. vv.67-69 (Aglinaccessi / Regni del mar vendicatore illude / Profanadestra).

45 depresse: abbass. 46 suscitando: facendo sorgere. 47 cosperse: Leopardi avvicina litaliano cospargere alla sua matri-

ce latina cospergere; recuperando cos una parola pellegrina, mariconoscibile.

48 aria: cfr. Ovidio, Metamorfosi , I, v. 23: liquidum spisso se-crevit ab are caelum.

49 confuse: mescol.

ringrand la terra dognintorno, e vinfuse il mare, ac-ciocch42, interponendosi ai luoghi abitati, diversificassela sembianza43 delle cose, e impedisse che i confini loronon potessero facilmente essere conosciuti44 dagli uomi-ni, interrompendo i cammini, ed anche rappresentandoagli occhi una viva similitudine dellimmensit. Nel qualtempo occuparono le nuove acque la terra Atlantide,non solo essa, ma insieme altri innumerabili e distesissi-mi tratti, bench di quella resti memoria speciale, so-pravvissuta alla moltitudine dei secoli. Molti luoghi de-presse45, molti ricolm suscitando46 i monti e le colline,cosperse47 la notte di stelle, rassottigli e ripurg la na-tura dellaria48 ed accrebbe il giorno di chiarezza e di lu-ce, rinforz e contemper pi diversamente che perladdietro i colori del cielo e delle campagne, confuse49

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50 in guisa: in modo. 51 quellinfinito desideravano: ecco riassunta in unespressione

sola la ragione di tutte le richieste degli uomini. 52 pascere: vedi nota 6. 53 coloro: luso letterario antico del pronome colui in senso

possessivo, che Leopardi mantiene (ma con significativi tentativi dicorrezione) in soli due casi, qui e in Dialogo di un Folletto e di unoGnomo (r. 116).

54 immaginazioni...fanciullezza: cfr. Zibaldone, p. 167 (teoriadel piacere); vedi anche qui r. 401.

55 mare: vedi rr. 65-69. 56 leco... cime: vedi Zibaldone, pp. 1928-1929: piacevole

qualunque suono (anche vilissimo) che largamente e vastamente sidiffonda [...], massime se non si vede loggetto da cui parte. A que-sta considerazione appartiene il piacere che pu dare e d (quandonon sia vinto dalla paura) il fragore del tuono, massime quandpi sordo, quando udito in aperta campagna; lo stormire del ven-to, massime nei detti casi, quando freme confusamente in una fore-sta, o tra i vari oggetti di una campagna [...]. Perocch oltre la va-stit, e lincertezza e confusione del suono non si vede loggettoche lo produce, giacch il tuono e il vento non si vedono. E piace-vole un luogo echeggiante, un appartamento ec. che ripeta il calpe-stio de piedi o la voce ec. Perocch leco non si vede ec.. NegliErrori popolari aveva scritto: Il timore aveva fatto riguardare il

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le generazioni degli uomini in guisa50 che la vecchiezzadegli uni concorresse in un medesimo tempo collaltruigiovanezza e puerizia. E risolutosi di moltiplicare le ap-parenze di quellinfinito che gli uomini sommamentedesideravano51 (dappoi che egli non li poteva compiace-re della sostanza), e volendo favorire e pascere52 le colo-ro53 immaginazioni, dalla virt delle quali principalmen-te comprendeva essere proceduta quella tantabeatitudine della loro fanciullezza54; fra i molti espe-dienti che pose in opera (siccome fu quello del mare)55,creato leco, lo nascose nelle valli e nelle spelonche, emise nelle selve uno strepito sordo e profondo, con unvasto ondeggiamento delle loro cime56. Cre similmente

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tuono e la folgore come cose soprannaturali. Esso fece qualche co-sa di pi riguardo al vento. Per sua opera si attribu a questo la Di-vinit! Si videro gli alberi agitarsi e crollare, mentre per laria udi-vasi un soffiai veemente e un romor forte, quasi di torrente chedallalto precipitasse con empito. Guardando intorno, non vedeasicosa che cagionasse quel soffio. Questo fenomeno inconcepibilecolp gli uomini primitivi (cap. XIV, in Le poesie e le prose, op.cit., II, pp. 398-399). Si noti lallitterazione in s e in o: mise nelleselve uno strepito sordo e profondo.

57 il popolo dei sogni: limmagine, come tutti i commentatori ri-cordano, di Esiodo.

58 figurassero: rappresentassero; come in Amore e Morte, v.39: Felicit che il suo pensier figura (a sua volta da Petrarca, ve-di il commento di De Robertis).

59 perplesse: confuse; cfr. Detti memorabili di Filippo Ottonieri,IV, r. 9: perplessit e sospensione danimo.

60 Cre reale: cfr. Zibaldone, p. 514: Da fanciulli, se una ve-duta, una campagna, una pittura, un suono, ec. un racconto, unadescrizione, una favola, unimmagine poetica, un sogno, ci piace ediletta, quel piacere sempre vago e indefinito: lidea che ci desta sempre indeterminata e senza limiti. solo in questa immagina-zione che si possono placare i desideri degli uomini per quella pie-na felicit non realizzabile (ridurre in atto) e nemmeno intelligibile(vedi anche r. 35). Concludendo lesposizione dei provvedimentidivini, si ripetono i dati di partenza, ma con nuovi elementi.

61 rr. 126-151. Secondo stadio della storia umana, conseguentealla prima serie di provvedimenti divini. la fase primitiva, cheprecede il diluvio universale, corrispondente alla cosiddetta etdelloro.

il popolo de sogni57, e commise loro che ingannandosotto pi forme il pensiero degli uomini, figurassero58

loro quella pienezza di non intelligibile felicit, che eglinon vedeva modo a ridurre in atto, e quelle immaginiperplesse59 e indeterminate, delle quali esso medesimo,se bene avrebbe voluto farlo, e gli uomini lo sospirava-no ardentemente, non poteva produrre alcun esempioreale60.

61Fu per questi provvedimenti di Giove ricreato ed

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62 eretto: da avvilito che era (ma tra poco si torner allabbatti-mento, r. 137, e agli animi affievoliti, r. 190); lespressione latina;cfr. inoltre Ovidio, Metamorfosi, I, v. 86: erectos ad sidera tollerevultus.

63 grazia... vita: genitivo oggettivo: il favore e lamore verso lavita, in seguito di nuovo soppiantati da tedio e disistima (r. 135-136).

64 et verde: la giovinezza; metafora letteraria tra le pi tradizio-nali, usata spesso da Leopardi (cfr. Al conte Carlo Pepoli, v. 116, e ilrelativo commento di De Robertis). Calore e speranze si contrap-pongono a freddi e stanchi.

65 affatto: del tutto. 65 bis serbarono: nota di leopardi: (1) Erodoto, lib. 5, cap. 4.

Strabone, lib. 11, edit. Casaub. p. 519. Mela, lib. 2, cap. 2. Antolo-gia greca, ed. H. Steph. p. 16. Coricio sofista, Orat. fun. in Procop.gaz. cap. 35, ap. Fabric. Bibl. Graec. ed. vet. vol. 8, p. 859. PerPlutarco si tratta delledizione recente (Firenze, Piatti, 1819) degliOpuscoli morali nella traduzione cinquecentesca dellAdriani.

66 che nacque allora estinto: dalle testimonianze sopravvissutenella fase successiva del genere umano, quella antica, si ricavano

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eretto62 lanimo degli uomini, e rintegrata in ciascuno diloro la grazia e la carit della vita63, non altrimenti chelopinione, il diletto e lo stupore della bellezza e dellim-mensit delle cose terrene. E dur questo buono statopi lungamente che il primo, massime per la differenzadel tempo introdotta da Giove nei nascimenti, sicch glianimi freddi e stanchi per lesperienza delle cose, eranoconfortati vedendo il calore e le speranze dellet ver-de64. Ma in progresso di tempo tornata a mancare affat-to65 la novit, e risorto e riconfermato il tedio e la disisti-ma della vita, si ridussero gli uomini in taleabbattimento, che nacque allora, come si crede, il costu-me riferito nelle storie come praticato da alcuni popoliantichi che lo serbarono65bis, che nascendo alcuno, sicongregavano i parenti e loro amici a piangerlo; e mo-rendo, era celebrato quel giorno con feste e ragionamen-ti che si facevano congratulandosi collestinto66. Allulti-

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notizie sulle abitudini dello stadio in cui ora si trovano gli uomini,quello primitivo. I fatti citati da Leopardi al servizio del proprioracconto derivano dalle decisive letture da lui svolte durante il pri-mo soggiorno a Roma (novembre 1822-maggio 1823), che gli di-mostrarono chiaramente lesistenza di un pensiero pessimista an-che nellantichit. Tra gli appunti presi allora nello Zibaldone,eccone due riutilizzati in questa operetta: Parmi plusieurs de cesnations que les Grecs appellent barbares, le jour de la naissancedun enfant est un jour de deuil pour sa famille (HERODOT., 1. V,c. 4; STRAB., XI, p. 519, Anthol., p. 16). Assemble autour de lui,elle le plaint davoir reu le funeste prsent de la vie. Ces plainteseffrayantes ne sont que trop conformes aux maximes des sages dela Grce. Quand on songe, disent ils, la destine qui attendlhomme sur la terre, il faudroit arroser de pleurs son berceau:(EURIP., fragm. Ctesiph., p. 476; AXIOCH., ap. Plat., l. III, p. 368;CICER0, Tuscul., l. I, e. 48, t. II, p. 273) [Zibaldone, p. 2671].Pianger si de il d nascente chincomincia Or a solcare il mar ditanti mali, E con gioia al sepolcro saccompagni, Luscito de trava-gli della vita. Poeta antico, appo Plutarco, Come debba il giovaneudir le poesie, volgarizzamento di Marcello Adriani il giovane [Zi-baldone, p. 2673]. Il primo passo una citazione da una delle lettu-re fondamentali di quel periodo, il Voyage du jeune Anacharsis enGrce di Jean-Jacques Barthlemy; da l come si vede provengonoper gran parte i riscontri citati nella nota 1 di Leopardi.

67 a ogni modo: da ogni punto di vinta, comunque. 68 Perciocch... calamit: interrotta la narrazione, al commento

diretto del narratore-autore tocca il compito di esprimere esplicita-mente il punto di pi forte divergenza con le interpretazioni reli-giose, pagana e cristiana, della storia umana, in entrambe le quali presente lidea che il dolore degli uomini provenga dalla loro em-piet, dalla rottura di un patto che li lega alla divinit, tanto chequesta costretta a punirli (in special modo col Diluvio Universa-

mo tutti i mortali si volsero allempiet, o che paresse lo-ro di non essere ascoltati da Giove, o essendo proprianatura delle miserie indurare e corrompere gli animieziandio pi bennati, e disamorarli dellonesto e del ret-to. Perciocch singannano a ogni modo67 coloro i qualistimano essere nata primieramente linfelicit umanadalliniquit e dalle cose commesse contro agli Dei; maper lo contrario non daltronde ebbe principio la malva-git degli uomini che dalle loro calamit68.

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le). Ovviamente la veste pagana copre il vero bersaglio polemico,che il cristianesimo, indirizzandosi non solo al Diluvio, ma ancorpi alla ricostruzione che la Genesi propone della cacciata delluo-mo dalloriginaria condizione di felicit per sua colpa. A questoproblema Leopardi dedica numerose e importanti riflessioni delloZibaldone, sorte in seguito alla lettura del cattolico Lamennais (ve-di pp. 393-437, dicembre 1820), ma la sua impostazione gi chia-ra nelle Canzoni del 1824 (dalla cui edizione cito); cfr. Inno ai Pa-triarchi, v. 11 e seg.: E se di vostro antico / Error che luman semea la tiranna / Possa de morbi e di sciagura offerse, / Grido anticoragiona, altre pi dire / Colpe de figli, e pervicace ingegno, / E de-menza maggior loffeso Olimpo / Narmaro incontra, e la neglettamano / De laltrice Natura; e Ultimo canto di Saffo, v. 37 e seg.(nel testo del 1824): Qual de la mente mia nefando errore / Mac-chiommi anzi 1 natale, onde s crudo / Il Ciel mi fosse e di fortunail senno? / Qual ne la prima et (mentre di colpa / Nudi viviam)ecc.

69 rr. 152-247. Dopo la punizione del diluvio, nuovi provvedi-menti degli dei.

70 protervia: superbia sfrontata. 71 Deucalione e Pirra: Deucalione, figlio di Prometeo, e sua mo-

glie Pirra sono gli unici scampati al diluvio secondo il mito greco,narrato distesamente da Ovidio. Il racconto tradizionale dice chela coppia, interrogata la dea Temi su come dar continuazione al ge-nere umano, ne ebbe come risposta di gettare dietro di s le ossadella gran madre, vale a dire le pietre, come interpret Deucalio-ne, la gran madre essendo la Terra. Le pietre buttate si trasfor-marono appunto in uomini e donne. Opposto il racconto di Leo-pardi, che dei due superstiti fa uomini coscienti della loro sortedisperata e che dunque resistono a farsi strumento di perpetuazio-ne di una specie condannata allinfelicit. Rintracciabile anche inquesto passo qualche tassello dalle Metamorfosi ovidiane: nuncgenus in nobis restat mortale duobus (I, v. 365) rimanda a i duesoli; desolatas... terras (v. 349) e populos reparare (v. 363) ri-mandano a riparare alla solitudine della terra.

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69Ora poich fu punita dagli Dei col diluvio di Deu-calione la protervia70 dei mortali e presa vendetta delleingiurie, i due soli scampati dal naufragio universale delnostro genere, Deucalione e Pirra71, affermando secomedesimi niuna cosa potere maggiormente giovare alla

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Giacomo Leopardi - Operette morali

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72 giovare... spenta: paradosso tragico: lunico aiuto la fine del-la specie.

73 chiamando desiderio: cfr. Dialogo di Tristano e di un amico,r. 310 e seg.

74 non che... deplorassero: tuttaltro che disposti a temere ecompiangere. Rovesciamento della narrazione di Ovidio, doveper bocca di Deucalione, i due si interrogano angosciati sul futuroloro e della specie (cfr. Metamorfosi, I, v. 350 e seg.). La costruzio-ne sintattica (principale + non che...) la forma capovolta di quellapi usuale non che ma (vedi per esempio rr. 261, 330).

75 come: siccome. 76 dopo: dietro (cfr. post terga, in Metamorfosi, I, v. 394); e di

uso frequente in Dante. 77 Ma Giove fatto accorto... felicit: torna il tema dominante del-

stirpe umana che di essere al tutto spenta72, sedevano incima a una rupe chiamando la morte con efficacissimodesiderio73, non che temessero n deplorassero74 il fatocomune. Non per tanto, ammoniti da Giove di ripararealla solitudine della terra; e non sostenendo, come75 era-no sconfortati e disdegnosi della vita, di dare opera allagenerazione; tolto delle pietre della montagna, secondoche dagli Dei fu mostrato loro, e gittatosele dopo76 lespalle, restaurarono la specie umana. Ma Giove fatto ac-corto, per le cose passate, della propria natura degli uo-mini, e che non pu loro bastare, come agli altri animali,vivere ed essere liberi da ogni dolore e molestia del cor-po; anzi, che bramando sempre e in qualunque statolimpossibile, tanto pi si travagliano con questo deside-rio da se medesimi, quando meno sono afflitti dagli altrimali; deliber valersi di nuove arti a conservare questomisero genere: le quali furono principalmente due. Lu-na mescere la loro vita di mali veri; laltra implicarla inmille negozi e fatiche, ad effetto dintrattenere gli uomi-ni, e divertirli quanto pi si potesse dal conversare colproprio animo, o almeno col desiderio di quella loro in-cognita e vana felicit77.

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loperetta. Lespressione bramando... limpossibile richiama quellaprecedente (r. 107-108), quellinfinito che gli uomini sommamentedesideravano (si noti il climax da desiderare a bramare), e chegi si visto non era realizzabile; infatti desiderio di una felicitincognita e vana, come prima era non intellegibile (r. 119). Dunquela condizione primitiva alluomo non basta, come sembra basta-re invece agli altri animali (cfn. Dialogo di Malambruno e di Farfa-rello, rr. 81-85). Perch? Per ci che Leopardi chiama noia ( im-portante notare per che in questa operetta la parola non maicitata: si descrive il fenomeno, senza darne il nome; solo tedio, r.135), chiarendo fin dalla teoria del piacere: Insomma la noianon altro che una mancanza del piacere... (vedi Zibaldone). Co-me dir ne Al conte Carlo Pepoli: e per se sola / La vita alluomnon ha pregio nessuno (vv. 16-17); la riflessione che troveremopoi nella quinta strofa del Canto notturno di un pastore errante del-lAsia (v. 105 e seg.). Ma a questa noia esiste ancora almeno qual-che tentativo di rimedio (in Zibaldone, p. 175: E la natura certoche ha provveduto in tutti i modi contro questo male [...]; si ri-cordi ancora Ad Angelo Mai, vv. 70-72: E pur men grava e morde/ Il mal che naddolora / Del tedio che naffoga. I rimedi sono ap-punto le nuove arti messe in opera da Giove, tutte con lo scopo didivertire (nel significato etimologico: distogliere) gli uomini eraggruppabili in due categorie: mescere, mescolare, la vita di ma-li, e implicarla, cio impiegarla, avvolgerla in impegni gravosi(negozi, nel senso latino di attivit, e fatiche). Sotto questa formaLeopardi reinterpreta i dolori e le attivit a cui luomo fu costrettouscendo dallet delloro, secondo il racconto della mitologia clas-sica, ovvero dallEden, secondo la Genesi, cio nel passaggio dallastato naturale alla civilt antica.

78 Quindi: definiti i principi generali, si viene allesposizionedettagliata (fino a r. 247) dei provvedimenti di Giove: in primo luo-go (rr. 179-211) mescere la [] vita di mali veri.

79 ovviare alla saziet: rimediare alla saziet, gi vista comeuna delle cause principali del tedio umano.

80 crescere... beni: accrescere il pregio dei beni nel contrasto

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Quindi78 primieramente diffuse tra loro una variamoltitudine di morbi e un infinito genere di altre sven-ture: parte volendo, col variare le condizioni e le fortunedella vita mortale, ovviare alla saziet79 e crescere collaopposizione dei mali il pregio de beni80; parte accioc-

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con i mali, come Leopardi esemplifica ne La quiete dopo la tempe-sta (e cfr. qui rr. 203-211).

81 acciocch... comportabile: perch la mancanza dei godimentifinisse per essere, a chi aveva esperienza di cose peggiori, pi sop-portabile.

82 la ferocia degli uomini: cfr. Dal greco di Simonide, I, vv. 27-28:i miseri mortali / Volgo fiero e diverso.

83 sorte: si confronti con quanto Leopardi ebbe a dire di se stes-so: Lanimo, dopo lunghissima e ferocissima resistenza, finalmen-te soggiogato, e ubbidiente alla fortuna (lettera al Giordani del5 gennaio 1921); e, pi in generale, si legga un pensiero degli stessigiorni in Zibaldone, pp. 503-504.

84 acume... veemenza: parole dalla sonorit spigolosa, che feri-sce. Cfr. uno spron quasi mi punge (Canto notturno di un pasto-re errante dellAsia, v. 119), e qui r. 397 e seg. Limmagine vieneprobabilmente da Dante, Paradiso, I, vv. 83-84: un disio / mai nonsentito di cotanto acume (Della Giovanna).

85 interviene: avviene (ma Leopardi evita la ripetizione con r.142).

ch il difetto dei godimenti riuscisse agli spiriti esercitatiin cose peggiori, molto pi comportabile81 che non ave-va fatto per lo passato; e parte eziandio con intendimen-to di rompere e mansuefare la ferocia degli uomini82,ammaestrarli a piegare il collo e cedere alla necessit, ri-durli a potersi pi facilmente appagare della propriasorte83, e rintuzzare negli animi affievoliti non meno dal-le infermit del corpo che dai travagli propri, lacume ela veemenza84 del desiderio. Oltre di questo, conoscevadovere avvenire che gli uomini oppressi dai morbi e dal-le calamit, fossero meno pronti che per laddietro a vol-gere le mani contra se stessi, perocch sarebbero inco-darditi e prostrati di cuore, come interviene85 per lusodei patimenti. I quali sogliono anche, lasciando luogo al-le speranze migliori, allacciare gli animi alla vita: imper-ciocch glinfelici hanno ferma opinione che eglino sa-

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86 glinfelici... mali: questa speranza unillusione, poich, comesi visto, agli uomini non pu [] bastare [...] vivere ed essere li-beri da ogni dolore (rr. 123-124) per essere felici; ma per Leo-pardi una delle illusioni tipiche dello stato antico. Sono semprestato sventurato, ma le mie sventure dallora erano piene di vita, emi disperavo perch mi pareva [...] che mimpedissero la felicit,della quale gli altri credea che godessero. In somma il mio stato eraallora in tutto e per tutto come quello degli antichi, (cos Leopar-di di se stesso, Zibaldone, p. 143; cfr. anche pp. 76-77). Il motivo ri-torna qui a rr. 376-377. Riavere ha il senso di ristorare (suquesto significato vedi un preciso appunto in Zibaldone, p. 4200).

87 la qualcosa... modo: vedi il detto di Simonide citato nel IlParini ovvero della gloria, X ( parziale anticipazione del testo datopoi per intero nei Canti): La bella speranza tutti ci nutrica / Disembianze beate; / Onde ciascuno indarno si affatica; / Altri lau-rora amica, altri letate / O la stagione aspetta; / E nullo in terra ilmortal corso affretta, / Cui nellanno avvenir facili e pii / Con Plu-to gli altri iddii / La mente non prometta.

88 Appresso... nembi: cfr. Ovidio, Metamorfosi, I, vv. 54-56: illicet nebulas, illic consistere nubes / iussit et humana motura tonitruamentes.

89 tridente: Al tridente di Nettuno attribuivano gli antichi lapotenza di scuoter la terra coi terremoti (Porena). Lui che la ter-ra scuote, inizia difatti lInno a Nettuno, il falso volgarizzamentodal greco di Leopardi giovane (Le poesie e le prose, op. cit., I, p.310).

90 sapendo...fuggirla: vedi qui rr. 181-183. Cfr., oltre al canto A

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rebbero felicissimi quando si riavessero dei propri ma-li86; la qual cosa, come la natura delluomo, non man-cano mai di sperare che debba loro succedere in qual-che modo87. Appresso cre le tempeste dei venti e deinembi88, si arm del tuono e del fulmine, diede a Nettu-no il tridente89, spinse le comete in giro e ordin le eclis-si; colle quali cose e con altri segni ed effetti terribili, in-stitu di spaventare i mortali di tempo in tempo:sapendo che il timore e i presenti pericoli riconciliereb-bero alla vita, almeno per breve ora, non tanto glinfeli-ci, ma quelli eziandio che lavessero in maggiore abbo-minio, e che fossero pi disposti a fuggirla90.

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un vincitore nel pallone, loperetta Dialogo di Cristoforo Colombo ePietro Gutierrez. La frase che lavessero in maggior abbominio signi-fica a cui ripugnasse di pi.

91 E... oziosit: inizia lesposizione della seconda serie di provve-dimenti, quelli destinati a implicare la vita in mille negozi e fatiche.La passata oziosit quella attribuita allet delloro.

92 appetito: desiderio. 93 arbori: alberi. 94 vili: di poco valore. 95 California: fino al pensiero di Zibaldone, pp. 3773-3810, con

cui pi criticamente Leopardi rivede le proprie approssimazionisullo stato selvaggio dellumanit, gli indigeni della Californiasono per lui lesempio pi significativo, e alla fine forse unico(Zibaldone, p. 3801), di popolo che vive ancora allo stato di natura;idea che si fatta da tempo: per ci che ne riferiscono i viaggiato-ri, vive con maggior naturalezza di quello cha noi paia, non dircredibile, ma possibile nella specie umana, dice nelle Annotazionialle Canzoni (in Le poesie e le prose, op. cit., I, p. 181). Come tali iCaliforni sono infatti citati pi volte nello Zibaldone e un pane-girico dei loro costumi contenuto nellInno ai Patriarchi, chesi conclude contrapponendo la beata prole delle Californie sel-ve, ultimo esempio di unumanit a cui il mondo ancora dilet-toso e caro come nellet delloro dei patriarchi, allinfelice e cor-rotta condizione dei popoli progrediti. Ancora pi esplicito ilpasso corrispondente nella prosa dellabbozzo, che presenta moltidegli elementi che tornano in questa operetta: i californiani nonhanno n desiderii n timori, ignorano i morbi, la tempesta liturba per un momento, non alberga tra loro n tristezza n noia(Le poesie e le prose, op. cit., I, p. 432, corsivo di Leopardi); ed

18Letteratura italiana Einaudi

E per escludere la passata oziosit91, indusse nel ge-nere umano il bisogno e lappetito92 di nuovi cibi e dinuove bevande, le quali cose non senza molta e grave fa-tica si potessero provvedere, laddove insino al diluvio gliuomini, dissetandosi delle sole acque, si erano pasciutidelle erbe e delle frutta che la terra e gli arbori93 sommi-nistravano loro spontaneamente, e di altre nutriture vi-li94 e facili a procacciare, siccome usano di sostentarsianche oggid alcuni popoli, e particolarmente quelli diCalifornia95. Assegn ai diversi luoghi diverse qualit ce-

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forse per essere fedele a questa immagine che Leopardi non hausato prima la parola noia (vedi nota 77). Ma la Storia del genereumano lultimo testo di Leopardi in cui appare questo riferimen-to; pur legata al pensiero citato dello Zibaldone, ormai dimostrache quello dei Californiani un esempio irraggiungibile, forse fin-to: solo un riferimento ideale.

96 Assegn... cielo: cfr. in Ovidio, Metamorfosi, il passaggio dal-let aurea, quando Ver erat aetemum (v. 107), alle stagioni (vv.116-120); qualit celesti: climi; industrie: nel senso latino di ope-rosit.

97 Mercurio: cos nel mito del Protagora di Platone (XI-XII,320c-322d), ricordato da tutti i commentatori, secondo cui Zeusinvi Ermes perch portasse agli uomini il pudore e la giustizia af-finch servissero da ordinamento della citt e da vincoli costituentiunit di amicizia (trad. Adorno, ed. Laterza). Come stato nota-to, in Leopardi seguono invece gara e discordia (per cui vedi piutto-sto Esiodo, Le opere e i giorni, v. 11 e seg.), ma secondo Leopardilodio nazionale era una caratteristica della vitalit degli stati an-tichi: quanto pi una nazione sentiva e amava se stessa, che avvie-ne massimamente ai popoli liberi, tanto pi era nemica delle stra-niere (Zibaldone, pp. 888-889).

98 divine: cfr. V. Monti, Musogonia, v. 3: Arte figlia del cielo(Della Giovanna); ma luogo comune, vedi per esempio la Prefa-zione alle Favole e novelle del Pignotti (Pavia, 1796), p. 25: LaPoesia fu un tempo venerata da popoli come unarte divina.

99 incomparabile dono: che si aggiunge alla doppia serie di prov-vedimenti appena elencati.

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lesti, e similmente alle parti dellanno, il quale insino aquel tempo era stato sempre e in tutta la terra benigno epiacevole in modo, che gli uomini non avevano avutouso di vestimenti; ma di questi per linnanzi furono co-stretti a fornirsi, e con molte industrie riparare alle mu-tazioni e inclemenze del cielo96. Impose a Mercurio97

che fondasse le prime citt, e distinguesse il genere uma-no in popoli, nazioni e lingue, ponendo gara e discordiatra loro; e che mostrasse agli uomini il canto e quelle al-tre arti, che s per la natura e s per lorigine, furonochiamate, e ancora si chiamano, divine98. Esso medesi-mo diede leggi, stati e ordini civili alle nuove genti; e inultimo volendo con un incomparabile dono99 beneficar-

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100 fantasmi: in seguito anche larve (rr. 254, 295), per dire en-tit ideali, non reali. Cfr. Nelle nozze della sorella Paolina, vv. 2-3:le beate / Larve e lantico error, celeste dono; Le ricordanze, v. 77e seg.: O speranze, speranze; ameni inganni / Della mia primaet! [...] / [...] Fantasmi, intendo, / Son la gloria e lonor. Oltre aisurrogati di infinito e alle distrazioni, Giove fornisce agli uomini lapossibilit di entusiasmarsi per grandi illusioni, perseguendole co-me se fossero beni reali; questo il dono che rende particolarmen-te apprezzabile e beato lo stato antico ed a maggior ragione undono incomparabile perch rappresenta il massimo che gli dei po-tessero fare per aiutare gli uomini (vedi rr. 334-335). La natura illu-soria ma benefica delle virt uno dei fondamenti originari del-la riflessione e della poesia di Leopardi, tema conduttore delleCanzoni del 1824 (con la Comparazione delle sentenze di Bruto Mi-nore e di Teofrasto vicini a morte). Cfr. almeno Zibaldone, p. 272:Coloro che dicono per consolare una persona priva di qualcheconsiderabile vantaggio della vita: non ti affliggere; assicurati chesono pure illusioni: parlano scioccamente. Perch quegli potr edovr rispondere: ma tutti i piaceri sono illusioni o consistono nel-lillusione, e di queste illusioni si forma e si compone la nostra vita.Ora se io non posso averne, che piacere mi resta? e perch vivo?Nella stessa maniera dico io delle antiche istituzioni ec. tendenti afomentare lentusiasmo, le illusioni, il coraggio, lattivit, il movi-mento, la vita. Erano illusioni, ma toglietele, come son tolte. Chepiacere rimane? e la vita che cosa diventa? Nella stessa maniera di-co: la virt, la generosit, la sensibilit, la corrispondenza vera inamore, la fedelt, la costanza, la giustizia, la magnanimit, ec. uma-namente parlando sono enti immaginari. E tuttavia luomo sensibi-le se ne trovasse fraequentemente nel mondo, sarebbe meno infeli-ce, e se il mondo andasse pi dietro questi enti immaginari(astraendo ancora da una vita futura), sarebbe molto meno infelice[...] (11 ottobre 1820). Vedi anche nota 119.

101 sembianze: cfr. r. 91. 102 uno chiamato Amore...: questo il primo punto di una sto-

ria di Amore, che sar ripresa nella conclusione delloperetta; sia-

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le, mand tra loro alcuni fantasmi100 di sembianze101 ec-cellentissime e soprumane, ai quali permise in grandissi-ma parte il governo e la potest di esse genti: e furonochiamati Giustizia, Virt, Gloria, Amor patrio e con al-tri s fatti nomi. Tra i quali fantasmi fu medesimamenteuno chiamato Amore102, che in quel tempo primiera-

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mo per ora informati che era proprio dellet primitiva un sempliceimpeto animale, mentre nellet antica che si pu parlare di Amo-re, in quanto anchesso uno dei fantasmi; vedi poi r. 502 e seg.

103 bruti: il termine tradizionale per indicare gli animali prividi ragione.

104 nella guisa: nel modo. 105 rr. 247-339. Terzo stadio della storia umana: lo stato anti-

co. 106 larve: i fantasmi gi citati. 107 geni: divinit tutelari. 108 culte: venerate. 109 nobili artefici: artisti nel senso moderno (le arti nobili si

contrappongono a quelle meccaniche).

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mente, siccome anco gli altri, venne in terra: perciocchinnanzi alluso dei vestimenti, non amore, ma impeto dicupidit, non dissimile negli uomini di allora da quelloche fu di ogni tempo nei bruti103, spingeva lun sessoverso laltro, nella guisa104 che tratto ciascuno ai cibi ea simili oggetti i quali non si amano veramente, ma si ap-petiscono.

105Fu cosa mirabile quanto frutto partorissero questidivini consigli alla vita mortale, e quanto la nuova condi-zione degli uomini, non ostante le fatiche, gli spaventi e idolori, cose per laddietro ignorate dal nostro genere,superasse di comodit e di dolcezza quelle che eranostate innanzi al diluvio. E questo effetto provenne ingran parte da quelle maravigliose larve106; le quali dagliuomini furono riputate ora geni107 ora iddii, e seguite eculte108 con ardore inestimabile e con vaste e portentosefatiche per lunghissima et; infiammandoli a questo dalcanto loro con infinito sforzo i poeti e i nobili artefici109,tanto che un grandissimo numero di mortali non dubita-rono chi alluno e chi allaltro di quei fantasmi donare esacrificare il sangue e la vita propria. La qual cosa, non

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110 valsero in guisa: ebbero tanta forza (cos una variante alter-nativa di Leopardi).

111 Le cagioni alterarsi: la nuova alterazione, preannunciatanel periodo precedente, ha due ordini di cause, il primo in corri-spondenza coi provvedimenti di Giove per distrarre gli uomini, ilsecondo, pi importante e decisivo, col dono dei fantasmi.

112 ingegni: invenzioni tecniche (oggetto in particolare di sati-ra in una successiva operetta, la Proposta di premi fatta dallAccade-mia dei Sillografi); si noti che nel mito del Protagora (op. cit.) luo-mo fornito da Prometeo del sapere tecnico (ntecnoj sofa,312d).

113 vanit: nel senso etimologico di vuotezza, inconsistenza.

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che fosse discara a Giove, anzi piacevagli sopra modo,cos per altri rispetti, come che egli giudicava dovere es-sere gli uomini tanto meno facili a gittare volontaria-mente la vita, quanto pi fossero pronti a spenderla percagioni belle e gloriose. Anche di durata questi buoniordini eccedettero grandemente i superiori, poichquantunque venuti dopo molti secoli in manifesto ab-bassamento, nondimeno eziandio declinando e posciaprecipitando, valsero in guisa110, che fino allentrare diunet non molto rimota dalla presente, la vita umana, laquale per virt di quegli ordini era stata gi, massime inalcun tempo, quasi gioconda, si mantenne per beneficioloro mediocremente facile e tollerabile.

Le cagioni e i modi del loro alterarsi111 furono i mol-ti ingegni112 trovati dagli uomini per provvedere agevol-mente e con poco tempo ai propri bisogni; lo smisuratoaccrescimento della disparit di condizioni e di ufficiconstituita da Giove tra gli uomini quando fond e di-spose le prime repubbliche; loziosit e la vanit113 cheper queste cagioni, di nuovo, dopo antichissimo esilio,occuparono la vita; lessere, non solo per la sostanza del-le cose, ma ancora da altra parte per lestimazione degliuomini, venuta a scemarsi in essa vita la grazia della va-

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114 la grazia della variet: cfr. r. 127. 115 le altre cose... distinguere: come nota Fubini, Leopardi si rife-

risce ai delitti attribuiti alla decadenza delluomo nellet delbronzo, secondo il racconto di Ovidio.

116 rinfrescossi... universo: cfr. rr. 122-131; per lespressione cfr.Petrarca, Rerum Vulgarum Fragmenta [Canzoniere], XXXVII, vv.49-50: Lasso, se ragionando si rinfresca / quellardente desio(Della Giovanna; si noti che rinfrescossi lezione non dellauto-grafo, ma della stampa 1827, cio dopo che Leopardi aveva com-mentato Petrarca per leditore Stella).

117 Ma... questa: lattenzione del lettore fortemente richiamata(Ma... cagione diversa... e fu questa) su ci che si preannuncia comeil definitivo cambiamento nella storia del genere umano (totale, ul-timo esito), tanto da costituire il pi importante elemento di perio-dizzazione di tutto il racconto: il passaggio dallo stato antico aquello moderno (cfr. Zibaldone, p. 144: La mutazione totale in me,e il passaggio dallo stato antico al moderno []).

118 Era: il mutamento annunciato ha bisogno di una spiegazionepi larga; nel filo principale del racconto si innesta una narrazionesecondaria, alla quale d avvio con procedimento tra i pi con-sueti la collocazione iniziale di Era (dello stesso Leopardi si ricor-di lo stacco di Era il maggio odoroso, in A Silvia, v. 13), dopo diche la digressione continua allimperfetto, riallacciandosi al filoprincipale solo con il passato remoto di volsero (r. 320).

119 una... Sapienza: laccrescimento del sapere un bene appa-

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riet114, come sempre suole per la lunga consuetudine; efinalmente le altre cose pi gravi, le quali per essere gidescritte e dichiarate da molti, non accade ora distin-guere115. Certo negli uomini si rinnovell quel fastidiodelle cose loro che gli aveva travagliati avanti il diluvio, erinfrescossi quellamaro desiderio di felicit ignota edaliena dalla natura delluniverso116.

Ma il totale rivolgimento della loro fortuna e lulti-mo esito di quello stato che oggi siamo soliti di chiamareantico, venne principalmente da una cagione diversadalle predette: e fu questa117 . Era118 tra quelle larve, tan-to apprezzate dagli antichi, una chiamata nelle costorolingue Sapienza119; la quale onorata universalmente co-

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rente, in quanto conduce alla conoscenza del vero, che rivela al-luomo la sua infelicit ( quanto pi avanti spiegher ampiamenteGiove). Lo stesso processo esposto nella Comparazione delle sen-tenze di Bruto Minore e di Teofrasto vicini a morte: Questi tali rin-negamenti, o vogliamo dire, apostasie da quegli errori magnanimiche abbelliscono o pi veramente compongono la nostra vita, ciotutto quello che ha della vita piuttosto che della morte, riesconoordinarissimi e giornalieri dopo che lintelletto umano collandaredei secoli ha scoperto, non dico la nudit, ma fino agli scheletridelle cose, e dopo che la sapienza, tenuta dagli antichi per consola-zione e rimedio principale della nostra infelicit, s ridotta a de-nunziarla e quasi entrarne mallevadrice a quei medesimi che, nonconoscendola, o non lavrebbero sentita, o certo lavrebbero medi-cata colla speranza (Le poesie e le prose, op. cit., I, p. 1039); e perquanto riguarda se stesso, nella lettera a Perticari del 9 aprile 1821:Tutti i beni di questo mondo sono inganni. Ma dunque toglietevia questi inganni: che bene ci resta? dove ci ripariamo? che cosa la sapienza? che altro cinsegna fuorch la nostra infelicit? In so-stanza il felice non felice, ma il misero veramente misero, permolto che la sapienza anche pi misera sadopri di consolarlo. Eraun tempo chio mi fidava della virt, e dispregiava la fortuna: oradopo lunghissima battaglia son domo, e disteso per terra, perchmi trovo in termine che se molti sapienti hanno conosciuto la tri-stezza e vanit delle cose, io, come parecchi altri, ho conosciuto an-che la tristezza e vanit della sapienza.

120 diceva essere sedere: ancora proposizioni dichiarative al-linfinito (vedi r. 74); appena oltre, prometteva regge che intendevae dovere.

121 essa: la Sapienza.

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me tutte le sue compagne, e seguita in particolare damolti, aveva altres al pari di quelle conferito per la suaparte alla prosperit dei secoli scorsi. Questa pi e pivolte, anzi quotidianamente, aveva promesso e giurato aiseguaci suoi di voler loro mostrare la Verit, la quale di-ceva ella essere un genio grandissimo, e sua propria si-gnora, n mai venuta in sulla terra, ma sedere120 cogliDei nel cielo; donde essa121 prometteva che collautorite grazia propria intendeva di trarla, e di ridurla perqualche spazio di tempo a peregrinare tra gli uomini:per luso e per la familiarit della quale, dovere il genere

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122 instantissime: molto pressanti. 123 invidiasse: rifiutasse per invidia (senso e costruzione sono la-

tini). 124 insieme: contemporaneamente. 125 odiose: per Giove; anticipa lirritazione di Giove per gli uo-

mini che si manifester in pieno tra poco. 126 speciosissime: bellissime. 127 non... erano: che Giustizia, Virt, Gloria, ecc. siano illusioni,

fantasmi, sar rivelato agli uomini solo dopo larrivo della Verit.128 ignavia: indolenza, apatia.

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umano venire in s fatti termini, che di altezza di cono-scimento, eccellenza dinstituti e di costumi, e felicit divita, per poco fosse comparabile al divino. Ma come po-teva una pura ombra ed una sembianza vota mandare adeffetto le sue promesse, non che menare in terra la Ve-rit? Sicch gli uomini, dopo lunghissimo credere e con-fidare, avvedutisi della vanit di quelle profferte; e nelmedesimo tempo famelici di cose nuove, massime perlozio in cui vivevano; e stimolati parte dallambizione dipareggiarsi agli Dei, parte dal desiderio di quella beati-tudine che per le parole del fantasma si riputavano, con-versando colla Verit, essere per conseguire; si volserocon instantissime122 e presuntuose voci dimandando aGiove che per alcun tempo concedesse alla terra quelnobilissimo genio, rimproverandogli che egli invidias-se123 alle sue creature lutilit infinita che dalla presenzadi quello riporterebbero; e insieme124 si rammaricavanocon lui della sorte umana, rinnovando le antiche e odio-se125 querele della piccolezza e della povert delle coseloro. E perch quelle speciosissime126 larve, principio ditanti beni alle et passate, ora si tenevano dalla maggiorparte in poca stima; non che gi fossero note per quelleche veramente erano127, ma la comune vilt dei pensierie lignavia128 dei costumi facevano che quasi niuno oggi-

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129 gridavano: dopo essersi manifestata con progressiva intensit(instantissime e presuntuose voci, querele, bestemmiando scellerata-mente), esplode infine la ribellione degli uomini. Siamo ormai allesoglie dellultimo esito della storia, con la richiesta di qualcosa (laVerit), che per molti segni si preannuncia fatale agli uomini.

130 non essere: altra infinitiva, dipendente da gridavano insieme ache... non era degnata.

131 rr. 340-457. Provvedimenti finali degli dei, vista linutilit de-gli sforzi precedenti.

132 Molte cose...: lesito finale ancora ritardato da un prologoin cielo; alla crescita delle lamentele (e della corruzione) degli uo-mini si accompagna parallela quella dellinsofferenza di Giove; lanarrazione ancora allimperfetto, fino alla risoluzione.

133 alienata: resa diversa, allontanata. 134 dopo tante esperienze prese: cfr. Ovidio, Metamorfosi, I, v.

190: cuncta prius temptata, sed inmedicabile corpus, che richia-ma il successivo inquieta, insaziabile, immoderata natura umana.

135 quando bene: introduce la protasi di un periodo ipotetico.

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mai le seguiva; perci gli uomini bestemmiando scellera-tamente il maggior dono che gli eterni avessero fatto epotuto fare ai mortali, gridavano129 che la terra non eradegnata se non dei minori geni; ed ai maggiori, ai qualila stirpe umana pi condecentemente sinchinerebbe,non essere130 degno n lecito di porre il piede in questainfima parte delluniverso.

131Molte cose132 avevano gi da gran tempo aliena-ta133 novamente dagli uomini la volont di Giove; e trale altre glincomparabili vizi e misfatti, i quali per nume-ro e per tristezza si avevano di lunghissimo intervallo la-sciate addietro le malvagit vendicate dal diluvio. Sto-macavalo del tutto, dopo tante esperienze prese134,linquieta, insaziabile, immoderata natura umana; allatranquillit della quale, non che alla felicit, vedeva ora-mai per certo, niun provvedimento condurre, niuno sta-to convenire, niun luogo essere bastante; perch quandobene135 egli avesse voluto in mille doppi aumentare gli

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136 universit: totalit. 137 Stomacavalo... pregio: allinizio del periodo una parola dal

contenuto forte (Galimberti) segna il limite dellirritazione diGiove, cresciuta non pi solo per i vizi e misfatti, ma per le caratte-ristiche proprie della natura umana. Ci di cui Giove si era gi ac-corto (limpossibilit di esaudire il desiderio degli uomini: vedi rr.106-109 e 165-78), si rivela infine pienamente: nessun sussidio,provvedimento o arte pu bastare ad accontentare gli uomini; latragedia della loro condizione chiara: sono parimente incapaci ecupidi dellinfinito. Non resta che avviarli al loro destino terribile, aconoscere la verit della loro condizione. il momento centraledelloperetta, quello in cui Leopardi condensa lessenziale dellasua scoperta sulla condizione umana. Larchitettura del periodo solennemente impiantata su una serie di elementi tripartiti, chedanno alle affermazioni un senso di conclusione e di completezza einsieme esprimono lultima noia di Giove per fatti che si ripetonocos immutabili. Ma (come fa notare Galimberti) si veda che a taliaffermazioni conclusive si arriva per via di ripetute negazioni; siprende atto insomma di una limitazione, di una condizione negata,come condensato nellallitterazione di INcapaci e cupidi, doveil movimento dato dal secondo termine tenuto bloccato dal pri-mo.

138 Ma... dio: la narrazione torna al passato remoto e risolve la-spettativa creata dallannuncio del totale rivolgimento (r. 292): sitratta di una punizione in perpetuo degli uomini, ottenuta mandan-do loro la Verit. Cfr. Ovidio, Metamorfosi, I, v. 166: ingentes ani-mo et dignas Iove concipit iras.

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spazi e i diletti della terra, e luniversit136 delle cose,quella e queste agli uomini, parimente incapaci e cupididellinfinito, fra breve tempo erano per parere strette,disamene e di poco pregio137. Ma in ultimo quelle stoltee superbe domande commossero talmente lira deldio138, che egli si risolse, posta da parte ogni piet, dipunire in perpetuo la specie umana, condannandola pertutte le et future a miseria molto pi grave che le passa-te. Per la qual cosa deliber non solo mandare la Veritfra gli uomini a stare, come essi chiedevano, per alquan-to di tempo, ma dandole eterno domicilio tra loro, ed

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139 eterno perpetua (e prima in perpetuo... per tutte le et futu-re): Leopardi insiste sulleternit della condanna.

140 signora: la Verit immediatamente contrapposta ai vaghifantasmi. Cfr. anche Ad Angelo Mai, vv. 100-103 (Galimberti).

141 E maravigliandosi... consigli: una domanda anche del let-tore (consiglio vale sempre decisione); perch la Verit, che sipresenterebbe di per s come conquista positiva, invece una cosgrave punizione? Da qui la lunga e risolutiva spiegazione di Giove.

142 come quelli: corrisponde alla costruzione latina quippe qui,con valore causale.

143 egli: il consiglio. 144 maggioranza: superiorit, come dice una variante scartata

dellautografo (cfr. anche Dialogo della Natura e di unAnima, nota16).

145 ingegno: indole. 146 non fortuna: che concezione propria dello stato antico

(cfr. nota 86), nel quale gli uomini quando erano travagliati dallesventure, se ne dolevano in modo come se per queste sole fosseroprivi della felicit, che stimavano possibilissima a conseguire, anzipropria delluomo, se non quanto la fortuna gliela vietasse (Com-parazione delle sentenze di Bruto Minore e di Teofrasto vicini a mor-te, in Le poesie e le prose, op. cit., I, p. 1040).

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esclusi di quaggi quei vaghi fantasmi che egli vi aveacollocati, farla perpetua139 moderatrice e signora140 dellagente umana.

E maravigliandosi gli altri Dei di questo consiglio141,come quelli142 ai quali pareva che egli143 avesse a ridon-dare in troppo innalzamento dello stato nostro e in pre-giudizio della loro maggioranza144, Giove li rimosse daquesto concetto mostrando loro, oltre che non tutti i ge-ni, eziandio grandi, sono di propriet benefici, non esse-re tale lingegno145 della Verit, che ella dovesse fare glistessi effetti negli uomini che negli Dei. Perocch laddo-ve aglimmortali ella dimostrava la loro beatitudine, di-scoprirebbe agli uomini interamente e proporrebbe aimedesimi del continuo dinanzi agli occhi la loro infeli-cit; rappresentandola oltre a questo, non come operasolamente della fortuna146, ma come tale che per niuno

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147 campare: evitare, liberarsi [da]; cos spiega, con diversiesempi, Leopardi in un appunto della stesura manoscritta del Bru-to Minore, che ai vv. 33-34 portava scritto: e sa campar non vale /Gli oltraggi lor, poi corretto in cessar.

148 nocumento: danno. 149 Ed avendo genio: cfr. Zibaldone, p. 169: Tutti i piaceri, co-

me tutti i dolori ec. essendo tanto grandi quanto si reputano, ne se-gue che in proporzione della grandezza e copia delle illusioni va lagrandezza e copia de piaceri, i quali sebbene neanche gli antichi litrovassero infiniti, tuttavia li trovavano grandissimi, e capaci senon di riempierli, almeno di trattenerli a bada. La natura non vole-va che sapessimo, e luomo primitivo non sa che nessun piacere lopu soddisfare. Fin dai primissimi pensieri dello Zibaldone (vedipp. 58-59), Leopardi annota un verso di Sannazzaro (Arcadia,VIII, v. 126): E tanto miser luom quantei si reputa, che tornapoi nellabbozzo dellInno ai Patriarchi (Le poesie e le prose, op.cit., I, p. 432) come emblema di un convincimento ormai raggiun-to: che linfelicit delluomo nasce dalla consapevolezza del suostato; nello stato antico invece signoravano le sventure che igno-rate non sono tali (Abbozzo, op. cit.).

150 Ai quali dolori: la forma paradossale (per ossimori) d par-ticolare forza allenunciato: vera...falsit; solida... vanit; solida vale(come nota Leopardi stesso nellautografo rinviando al Vocabolariodella Crusca e al lessico latino del Forcellini) di corpo, cio cor-posa, piena, al contrario di vuotezza (vedi r. 280). Leopardi siera gi espresso in modi analoghi; cfr. Ad Angelo Mai, vv. 119-120:

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accidente e niuno rimedio non la possano campare147,n mai, vivendo, interrompere. Ed avendo la pi partedei loro mali questa natura, che in tanto sieno mali inquanto sono creduti essere da chi li sostiene, e pi o me-no gravi secondo che esso gli stima; si pu giudicare diquanto grandissimo nocumento148 sia per essere agli uo-mini la presenza di questo genio149. Ai quali niuna cosaapparir maggiormente vera che la falsit di tutti i benimortali; e niuna solida, se non la vanit di ogni cosafuorch dei propri dolori150. Per queste cagioni sarannoeziandio privati della speranza; colla quale dal principioinsino al presente, pi che con altro diletto o confortoalcuno, sostentarono la vita. E nulla sperando, n veg-

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Il certo e solo / Veder che tutto vano altro che il duolo; Saffo,vv. 46-47: Arcano tutto, / Fuor di nostro dolor; ma si veda so-prattutto la lettera al Giordani del 6 marzo 1820: questa la mise-rabile condizione delluomo, e il barbaro insegnamento della ra-gione, che i piaceri e i dolori umani essendo meri inganni, queltravaglio che deriva dalla certezza della nullit delle cose, sia sem-pre e solamente giusto e vero. E se bene regolando tutta quanta lanostra vita secondo il sentimento di questa nullit, finirebbe ilmondo e giustamente saremmo chiamati pazzi, a ogni modo for-malmente certo che questa sarebbe una pazzia ragionevole perogni verso, anzi che a petto suo tutte le saviezze sarebbero pazzie,giacch tutto a questo mondo si fa per la semplice e continua di-menticanza di quella verit universale che tutto nulla. A questeriflessioni sono molto vicine quelle di Zibaldone, p. 103, dalle qualiprender il via lesposizione della teoria del piacere (Zibaldone,p. 165).

151 E nulla... sepolti: altro ossimoro (vivi sepolti); la scopertadel vero toglie alluomo ogni motivo di attivit, tema centrale di al-cune operette (Dialogo dErcole e di Atlante, Dialogo della Moda edella Morte), ma gi delle Canzoni del 1824.

152 lentezza: inerzia; cfr. AllItalia, v. 178: affaticata e lenta;Ad Angelo Mai, vv. 17-18: ove pi lento / E grave il nostro di-sperato obblio.

153 desiderio congenito: vedi qui rr. 170-171, 346, 352-353. Ve-di Zibaldone, p. 165: Questo desiderio e questa tendenza [al pia-cere, n.d.c.] non ha limiti, perch ingenita o congenita collesi-stenza.

154 punga e cruci: vedi qui r. 141: lacume e la veemenza. Ana-loghe espressioni ne Al conte Carlo Pepoli, vv. 57-59: al duro mor-so / Della brama insanabile che invano / Felicit richiede.

155 meno ingombro... azioni: vedi qui r. 173 e seg.

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gendo alle imprese e fatiche loro alcun degno fine, ver-ranno in tale negligenza ed abborrimento da ogni operaindustriosa, non che magnanima, che la comune usanzadei vivi sar poco dissomigliante da quella dei sepolti151.Ma in questa disperazione e lentezza152 non potrannofuggire che il desiderio di unimmensa felicit, congeni-to153 agli animi loro, non li punga e cruci154 tanto piche in addietro, quanto sar meno ingombro e distrattodalla variet delle cure e dallimpeto delle azioni155. E

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156 destituiti: privati. 157 naturale virt immaginativa: vedi qui rr. 110-112, e Al conte

Carlo Pepoli, v. 112: Virt del caro immaginai. Cfr. T. Tasso, Ilmessaggiero: Le forze de la virt imaginatrice sono incredibili (Idialoghi, I, 212). Virt in questi passi ha il significato di facolt,potenzialit, proprio del lessico filosofico e scientifico pre-otto-centesco (cfr. Zibaldone, p. 2215).

158 questa felicit... sospirano: cfr., oltre a rr. 119 e 178, r. 290,felicit ignota e aliena dalla natura delluniverso. Si noti come ildiscorso si sia trasformato da indiretto in diretto (n da me), to-gliendo alle parole di Giove ogni carattere di disquisizione genera-le e ipotetica (r. 368 e seg.: Giove li rimoss mostrando loro, oltreche... non essere... Perocch laddove... ella dimostrava... discoprireb-be... e proporrebbe... fino allindicativo di Ai quali niuna cosa appa-rir). Sospirano, qui come a r. 122, sostituisce la variante bramano(e cfr. Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare, r. 250).

159 tutte... indeterminati: vedi r. 106 e seg.; per inclinazione, vediDialogo della Natura e di unAnima, nota 15.

160 abiti: abitudini, modi. 161 instrutti: istruiti. 162 arcani: cfr. Zibaldone, p. 125: tutte queste verit che la natu-

ra aveva nascoste sotto un profondissimo arcano.

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nel medesimo tempo si troveranno essere destituiti156

della naturale virt immaginativa157, che sola poteva peralcuna parte soddisfarli di questa felicit non possibile enon intesa, n da me, n da loro stessi che la sospira-no158. E tutte quelle somiglianze dellinfinito che io stu-diosamente aveva poste nel mondo, per ingannarli e pa-scerli, conforme alla loro inclinazione, di pensieri vasti eindeterminati159, riusciranno insufficienti a questeffettoper la dottrina e per gli abiti160 che eglino apprenderan-no dalla Verit. Di maniera che la terra e le altre partidelluniverso, se per addietro parvero loro piccole, par-ranno da ora innanzi menome: perch essi saranno in-strutti161 e chiariti degli arcani162 della natura; e perchquelle, contro la presente aspettazione degli uomini, ap-

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163 appaiono... notizia: cfr. Ad Angelo Mai, vv. 87-90: Ahi, ahi,ma conosciuto il mondo! Non cresce, anzi si scema, e assai pi va-sto / Letra sonante e lalma terra e il mare / Al fanciullin, che nonal saggio, appare (e laltro passo citato qui alla nota 17).

164 fantasmi: vedi r. 235 e seg. 165 insegnamenti: ancora un ossimoro (un insegnamento serve a

far mancare alla vita ogni valore).166 contezza: consapevolezza. 167 lo studio e la carit: da legare a delle nazioni e delle patrie; ge-

nitivo oggettivo. 168 recandosi... uomini: lamor di patria, che fa tuttuno con la

gloria, la pi attiva delle passioni antiche. Tra le moltissime ri-flessioni dello Zibaldone al proposito, vedi almeno pp. 457 e 885 (eanche Costumi degli italiani, in Le poesie e le prose, op. cit., II, p.555).

169 strani: stranieri.

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paiono tanto pi strette a ciascuno quanto egli ne ha pinotizia163. Finalmente, perciocch saranno stati ritolti al-la terra i suoi fantasmi164, e per glinsegnamenti165 dellaVerit, per li quali gli uomini avranno piena contezza166

dellessere di quelli, mancher dalla vita umana ogni va-lore, ogni rettitudine, cos di pensieri come di fatti; enon pure lo studio e la carit167, ma il nome stesso dellenazioni e delle patrie sar spento per ogni dove; recan-dosi tutti gli uomini, secondo che essi saranno usati didire, in una sola nazione e patria, come fu da principio,e facendo professione di amore universale verso tutta laloro specie; ma veramente dissipandosi la stirpe umanain tanti popoli quanti saranno uomini168. Perciocchnon si proponendo n patria da dovere particolarmenteamare, n strani169 da odiare; ciascheduno odier tuttigli altri, amando solo, di tutto il suo genere, se medesi-mo. Dalla qual cosa quanti e quali incomodi sieno pernascere, sarebbe infinito a raccontare. N per tanta e sdisperata infelicit si ardiranno i mortali di abbandona-

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170 N... rifiutarla: cfr. Zibaldone, p. 2030: Quando gli uominiavevano pur qualche mezzo di felicit o di minore infelicit chalpresente, quando perdendo la vita, perdevano pur qualche cosa,essi lavventuravano spesso e facilmente e di buona voglia, non te-mevano, anzi cercavano i pericoli, non si spaventavano della mor-te, anzi laffrontavano tutto d o coi nemici o tra loro, e godevanosopra ogni cosa e stimavano il sommo bene, di morire gloriosa-mente. Ora il timor dei pericoli tanto maggiore quanto maggiore linfelicit e il fastidio di cui la morte ci libererebbe, e se non al-tro, quanto pi e nullo quello che morendo abbiamo a perdere. Elamor della vita e il timor della morte cresciuto nel genere uma-no e cresce in ciascuna nazione secondo che la vita val meno. Va-lore: forza.

171 fiera: violenta. 172 Amore: vedi r. 240 e seg., e pi avanti rr. 503-511. 173 E non... se non di rado: cfr. Ad Angelo Mai, vv. 128-129:

Amore, / Amor, di nostra vita ultimo inganno; Inno ai Patriarchi,vv. 83-84. invitto / Amor; e anche lespressione usata nella letteracitata del 6 marzo 1820 a Giordani, dove Leopardi lamenta la finedella stessa onnipotenza eterna e sovrana dellamore. Il tema vaseguito fino ai canti pi tardi come Il pensiero dominante e Amoree Morte.

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re la luce spontaneamente: perocch limperio di questogenio li far non meno vili che miseri; ed aggiungendooltremodo alle acerbit della loro vita, li priver del va-lore di rifiutarla170.

Per queste parole di Giove parve agli Dei che la no-stra sorte fosse per essere troppo pi fiera171 e terribileche alla divina piet non si convenisse di consentire. MaGiove seguit dicendo. Avranno tuttavia qualche me-diocre conforto da quel fantasma che essi chiamanoAmore172; il quale io sono disposto, rimovendo tutti glialtri, lasciare nel consorzio umano. E non sar dato allaVerit, quantunque potentissima e combattendolo dicontinuo, n sterminarlo mai dalla terra, n vincerlo senon di rado173. Sicch la vita degli uomini, parimenteoccupata nel culto di quel fantasma e di questo genio,

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174 et gravi: la vecchiaia. 175 il difetto: la mancanza. 176 essere vita: cfr. Zibaldone, pp. 633-635. 177 come animali: vedi qui r. 168. 178 rr. 58-480. Ultimo e definitivo stadio del genere umano,

quello moderno. 179 appo: presso (latino apud). 180 luttuosi: mortiferi; cfr. Nelle nozze della sorella Paolina, 8-

9: in gravi e luttuosi tempi. 181 con autorit di principe: cfr. r. 449 imperio e r. 461 signoria;

ma tra poco tirannide (r. 476).

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sar divisa in due parti; e luno e laltro di quelli avrannonelle cose e negli animi dei mortali comune imperio.Tutti gli altri studi, eccetto che alcuni pochi e di piccioloconto, verranno meno nella maggior parte degli uomini.Alle et gravi174 il difetto175 delle consolazioni di Amoresar compensato dal beneficio della loro naturale pro-priet di essere quasi contenti della stessa vita176, comeaccade negli altri generi di animali177, e di curarla dili-gentemente per sua cagione propria, non per diletto nper comodo che ne ritraggano.

178Cos rimossi dalla terra i beati fantasmi, salvo sola-mente Amore, il manco nobile di tutti, Giove mand tragli uomini la Verit, e diedele appo179 loro perpetuastanza e signoria. Di che seguitarono tutti quei luttuo-si180 effetti che egli avea preveduto. E intervenne cosa digran meraviglia; che ove quel genio prima della sua di-scesa, quando egli non avea potere n ragione alcuna ne-gli uomini, era stato da essi onorato con un grandissimonumero di templi e di sacrifici; ora venuto in sulla terracon autorit di principe181, e cominciato a conoscere dipresenza, al contrario di tutti gli altri immortali, che pichiaramente manifestandosi, appaiono pi venerandi,contrist di modo le menti degli uomini e percossele di

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182 percossele... orrore: luso figurato di percuotere per indicareuna commozione violenta tradizionale gi in latino e nellitalianoletterario (per lespressione qui usata cfr. Dante, Paradiso,XXXIII, vv. 140-141: se non che la mia mente fu percossa / da unfulgore; di Leopardi vedi anche Amore e Morte, vv. 17-18: cor...percosso damor), ma qui contribuisce a riprodurre il suono duncolpo improvviso e cupo: perCOSSele di cOS fatto OrrOre.

183 in vece che: mentre. 184 in che : sui quali. 185 sostengono... sosterranno: clausola definitiva, con la ripetizio-

ne sostengono... sosterranno disposta a chiasmo. 186 rr. 481-562. Nuovo speciale intervento degli dei: Amore Ce-

leste visita i pochi mortali che ne sono degni. 187 Se non che la piet ...: molto efficacemente, dopo la chiusura

definitoria del capoverso precedente (lo nota in particolare Fubi-ni), la forma grammaticale esprime il rinascere di un movimentonel destino umano.

188 non gran tempo: in questi ultimi anni si reso per la primavolta comune quellamore che con nuovo nome, siccome nuova co-sa, si chiamato sentimentale, si dice in Zibaldone, p. 3911.

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cos fatto orrore182, che eglino, se bene sforzati di ubbi-dirlo, ricusarono di adorarlo. E in vece183 che quelle lar-ve in qualunque animo avessero maggiormente usata laloro forza, solevano essere da quello pi riverite ed ama-te; esso genio riport pi fiere maledizioni e pi graveodio da coloro in che184 egli ottenne maggiore imperio.Ma non potendo perci n sottrarsi, n ripugnare allasua tirannide, vivevano i mortali in quella suprema mise-ria che eglino sostengono insino ad ora, e sempre soster-ranno185.

186Se non che la piet187, la quale negli animi dei ce-lesti non mai spenta, commosse, non gran tempo188,la volont di Giove sopra tanta infelicit; e massime so-pra quella di alcuni uomini singolari per finezza dintel-letto, congiunta a nobilt di costumi e integrit di vita; i

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189 fatture: creature. La credenza nella visita degli dei sullaterra (trattata fin dal Saggio sopra gli errori popolari degli antichi,cap. VII) era per Leopardi uno dei frutti pi vivi della capacit diimmaginazione che rendeva beati gli antichi tempi, quando lanatura nei suoi fenomeni parlava senza svelarsi (Ad Angelo Mai,vv. 53-54), risultando viva, animata dalla presenza divina. il te-ma di Alla Primavera, o delle favole antiche (cfr. in particolare lAn-notazione a II, 9), presente anche nellInno ai Patriarchi, vv. 73-78.Nel Saggio sopra gli errori popolari degli antichi e nelle Annotazionisono elencati numerosi passi classici e della Sacra Scrittura che te-stimoniano di tale credenza; il pi vicino al nostro (come ricordaGalimberti) quello di Catullo, 64, v. 384 e seg. Una discesa divinain terra volta in satira costituisce la trama narrativa di una successi-va operetta, La scommessa di Prometeo.

190 significando: cfr. Ovidio, Metamorfosi, I, v. 220: signa dedivenisse deum.

191 stata: avvenuta. 192 compassionando: la reggenza col dativo latina.

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quali egli vedeva essere comunemente oppressi ed afflit-ti pi che alcun altro, dalla potenza e dalla dura domina-zione di quel genio. Avevano usato gli Dei negli antichitempi, quando Giustizia, Virt e gli altri fantasmi gover-navano le cose umane, visitare alcuna volta le propriefatture189, scendendo ora luno ora laltro in terra, e quisignificando190 la loro presenza in diversi modi: la qualeera stata191 sempre con grandissimo beneficio o di tutti imortali o di alcuno in particolare. Ma corrotta di nuovola vita, e sommersa in ogni scelleratezza, sdegnaronoquelli per lunghissimo tempo la conversazione umana.Ora Giove compassionando192 alla nostra somma infeli-cit, propose aglimmortali se alcuno di loro fosse perindurre lanimo a visitare, come avevano usato in antico,e racconsolare in tanto travaglio questa loro progenie, eparticolarmente quelli che dimostravano essere, quantoa se, indegni della sciagura universale. Al che tacendotutti gli altri, Amore, figliuolo di Venere Celeste, confor-

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193 Amore... diversissimo: il chiasmo (conforme... diversissimo)contribuisce a rilevare con nettezza lopposizione. Come ricordaFoscolo, sulla scorta di un passo molto noto del Convito di Platone(180d-e) e dellEpigramma XIII di Teocrito, gli antichi distingue-vano due Veneri; una terrestre e sensuale, laltra celeste e spiritua-le (nota a Dei Sepolcri, v. 179), da cui discendevano due diversiAmori. Limmagine di Amore Celeste da Leopardi per adattataa un proprio e diverso ragionamento, dovendo rappresentarelamore sentimentale proprio solo dellultima fase della storiaumana (vedi Introduzione; lespressione di natura, di virt e diopere diversissimo riprende direttamente quella di Zibaldone, p.3913, l citata: di natura e di principio e di origine affatto diversoe distinto).

194 come: siccome (cfr. in latino ut + indicativo). 195 sofferendo: sopportando 196 per: causale. 197 commercio: nel senso, gi latino, di compagnia, conversazio-

ne, societ; cos spiega Leopardi, sulla scorta di un passo di Guic-ciardini, in una delle sue giunte al Vocabolario della lingua italianadel Manuzzi (Firenze 1833-1842), integrando il Vocabolario dellaCrusca (vedi Nencioni, Leopardi lessicologo e lessicografo, p. 282,citato in bibliografia). Sulla parola lattenzione di Leopardi si sof-fermata in modo particolare: vedi Zibaldone, pp. 1422-1423 e pp.1427-1428.

198 Se bene... Verit: linganno si riferisce a ci che gli antichiuomini (con cui si intendono anche gli scrittori del Cinquecento,

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me di nome al fantasma cos chiamato, ma di natura, divirt e di opere diversissimo193; si offerse (come194 sin-golare fra tutti i numi la sua piet) di fare esso lufficioproposto da Giove, e scendere dal cielo; donde egli maiper lavanti non si era tolto; non sofferendo il conciliodeglimmortali, per196 averlo indicibilmente caro, cheegli si partisse, anco per piccolo tempo, dal loro com-mercio. 197Se bene di tratto in tratto molti antichi uomi-ni, ingannati da trasformazioni e da diverse frodi delfantasma chiamato collo stesso nome, si pensarono ave-re non dubbi segni della presenza di questo massimo id-dio. Ma esso non prima si volse a visitare i mortali, cheeglino fossero sottoposti allimperio della Verit. 198Do-

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come il Castiglione, che termina il Cortegiano con unapologiadellamor santissimo recitata dal Bembo, e il Bembo stesso) han-no chiamato amore platonico, confondibile con lamore idealedi cui parla Leopardi, ma che in realt non era che una trasforma-zione e frode del fantasma di Amore, in quanto il vero amoreideale non nasce che dopo la scoperta del vero.

199 in sulla: doppia preposizione non rara nelluso leopardiano;vedi per esempio lattacco de Il passero solitario (e commento diDe Robertis).

200 i cuori magnanime: cfr. gli uomini singolari (r. 484). Si vedaquesto passo duna lettera al Brighenti: Tutti noi combattiamoluno contro laltro [...]. Ciascuno nemico di ciascuno, e dalla suaparte non ha altri che se stesso [cfr. qui, r. 420 e seg.]. Eccetto queipochissimi che sortirono le facolt del cuore, i quali possono averdalla loro parte alcuni di questo numero (22 giugno 1821).Espressioni simili sono in altre lettere di quegli anni: a LeonardoTrissino (Quanto pi conosco la scelleratezza e la vilt degli uo-mini, tanto pi divento animato e fervoroso verso i cuori nobili ebuoni come il suo, stimando somma e rarissima fortuna il trovarne,e molto pi lesser degnato dellamor loro, 27 settembre 1819); aGiordani (procuriamo di piangere insieme giacch la fortuna tan-to nemica in ogni altra cosa ci ha favoriti oltre dellordinario inquesto, che avessimo dove riporre sicuramente il nostro amore, 1ottobre 1819).

201 siede: regna, secondo una caratteristica immagine stilnovi-stica; cfr. Dante: Tre donne intorno ai cor mi son venute, / e seg-gonsi di fore: ch dentro siede Amore (Rime, v. 104). Tutto il pas-so costruito su una filigrana stilnovista, ripresa attraverso ilCanzoniere di Petrarca: da sceglie i cuori pi teneri e pi gentili (cfr.la canzone fondatrice del nuovo stile, Al cor gentil rempaira sem-pre amore, di Guinizzelli); alla mirabile soavit; alla beatitudine (cfr.per esempio Dante, Vita nuova, X, 2: lo suo dolcissimo salutarene lo quale stava tutta la mia beatitudine, e il nome stesso di Bea-trice). Leopardi fa sue queste immagini per rappresentare un amo-re non reale, portatore di beatitudine in quanto slancio soggetti-

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po il qual tempo, non suole anco scendere se non di ra-do, e poco si ferma; cos per la generale indegnit dellagente umana, come che gli Dei sopportano molestissi-mamente la sua lontananza. Quando viene in sulla199

terra, sceglie i cuori pi teneri e pi gentili delle personepi generose e magnanime200; e quivi siede201 per breve

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vo, suscitatore di idee vaste e indefinite, quale cantato in Allasua donna. Lo stato danimo di Leopardi ben chiarito dal passodella lettera allo Jacopssen citato alla nota 22, del Dialogo di Tor-quato Tasso e del suo Genio familiare.

202 pellegrina: rara. 203 Rarissimamente... insieme: rare volte si combinano de cuo-

ri umani sensibili e onesti, scrive Ferdinanda Melchiori al nipoteLeopardi, in una lettera tra le sue pi vicine ai sentimenti di Giaco-mo (21 marzo 1821).

204 felicit: cfr. Consalvo, vv. 123-126: Lice, lice al mortal, non gi sogno / Come stimai gran tempo, ahi lice in terra / Provai feli-cit. Ci seppi il giorno / che fiso io ti mirai (il canto appartiene alciclo fiorentino, ma nella raccolta ledizione del 1835 signifi-cativamente anticipato appena prima di Alla sua donna).

205 ma Giove divina: lo stesso concetto gi in Alla sua donna,vv. 23-33: Fra cotanto dolore / Quanto allumana et propose ilfato, / Se vera e quale il mio pensier ti pinge, / Alcun tamasse interra, a lui pur fora / Questo viver beato [...] / [...] Or non aggiun-se / Il ciel nullo conforto ai nostri affanni; / E teco la mortal vita sa-na / Simile a quella che nel cielo india. Cfr. anche Consalvo, vv.111-113: Ahi, ma cotanto / Esser beato non consente il cielo / Anatura terrena.

206 migliori tempi: quelli dei buoni ordini dello stato antico. Per

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spazio; diffondendovi s pellegrina202 e mirabile soavit,ed empiendoli di affetti s nobili, e di tanta virt e for-tezza, che eglino allora provano, cosa al tutto nuova nelgenere umano, piuttosto verit che rassomiglianza dibeatitudine. Rarissimamente congiunge due cuori insie-me203, abbracciando luno e laltro a un medesimo tem-po, e inducendo scambievole ardore e desiderio in am-bedue; bench pregatone con grandissima instanza datutti coloro che egli occupa: ma Giove non gli consentedi compiacerli, trattone alcuni pochi; perch la felicit204

che nasce da tale beneficio, di troppo breve intervallosuperata dalla divina205. A ogni modo, lessere pieni delsuo nume vince per se qualunque pi fortunata condi-zione fosse in alcun uomo ai migliori tempi206. Dove egli

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lespressione di tutto il passo, cfr. Consalvo; vv. 110-111: felice iofui / Sovra tutti i felici.

207 consuetudine umana: frequentazione degli uomini. 208 convenientemente: in maniera conforme. 209 quel primo voto... puerizia: il racconto si avvia alla conclusio-

ne tornando circolarmente alla fase iniziale: cfr. rr. 78-79, da cui ri-prende con piccola variazione lespressione centrale (essere tornatinella fanciullezza).

210 si elegge: sceglie. 211 suscita... teneri: cfr. il seguente passo di una lettera al Giorda-

ni, tutta da leggere: Che far, mio povero amico, per te, o cheposso f