Di fame e di parole

136

description

Il testo che ha per sottotitolo "Il coraggio dei genitori diventa testimonianza, anoressia e bulimia dramma del corpo e dell'anima, raccontate dalle famiglie" è stato realizzato dal gruppo di auto mutuo aiuto Lady Tramp seguito in un percorso di scrittura autobiografica da Ludovica Danieli e Maria Bice Beltrami nel 2011.

Transcript of Di fame e di parole

Page 1: Di fame e di parole
Page 2: Di fame e di parole
Page 3: Di fame e di parole

ASSOCIAZIONE AMA BRESCIA

DI FAME E DI PAROLE

IL CORAGGIO DEI GENITORIDIVENTA TESTIMONIANZA.

Anoressia e bulimia, dramma del corpo e dell’anima, raccontate dalle famiglie

Scritto daGruppo di auto mutuo aiuto Lady Tramp

a cura diLudovica Danieli

Mariabice Beltrami

Page 4: Di fame e di parole

Pubblicazione realizzata con il progetto promosso dall’associazione AMA Brescia

IL CORAGGIO DEI GENITORI DIVENTA TESTIMONIANZA

Anoressia e bulimia, dramma del corpo e dell’anima raccontate dalle famiglie

Bando 2010Legge Regione Lombardia n. 1/2008 (ex 23/99)

In copertina: Marc Chagall, La passeggiata 1917 - 1918

Museo di Stato Russo di San Pietroburgo

CremonaCOMUNE DI CREMONASettore Politiche Sociali

Auto Mutuo AiutoONLUS |bs|

Page 5: Di fame e di parole

Il gruppo di auto mutuo aiuto Lady Tramp ringrazia:

! l’Associazione AMA Auto Mutuo Aiuto di Brescia, la sua coordinatrice Mara Mutti, la collaboratrice Valentina Fanelli;

! il Centro per le Famiglie del Comune di Cremona per la sede e il coordinamento;

! l’ASL della Provincia di Cremona Servizio Famiglia;

! la Regione Lombardia Settore Famiglia e Solidarietà Sociale;

! le istituzioni e le persone che ci sono state vicine in tutti questi anni.

! Grazie a Ludovica Danieli per la professionalità e la sensibilità.

! Un ringraziamento particolare a Mariabice Beltrami (il nostro angelo), per la grande professionalità, disponibilità e umanità con cui ci ha accompagnate in questo percorso. Grazie Bice!

Page 6: Di fame e di parole
Page 7: Di fame e di parole

Trappola.

Ci si sente dentro ad una trappoladalla quale non sai più come uscire.

Anoressia-Bulimia.Ma cos’è questa strana malattia

che il senso della vita ti porta via?È vuoto d’amore,

l’interno è ingestibile,il grande vuoto aumenta sempre più e ti spaventa.

Come lo puoi colmare?Solo col cibo, continui a mangiare,tanto poi tu sai che lo puoi vomitare

e il grande vuoto torna a farsi sentire.Vuoto d’amore,

un amore che non riconosci,che non vuoi sentire.

Un amore che non ti appartienee tu non appartieni a lui,

ti senti indifferente a questo sentimento terreno.Il tuo ego si erge oltre,

chi ti ama non sa come raggiungerti,chi ti ama non sa come comunicare con te

per dirticon tutto l’amore e il calore del mondo

lasciati aiutare a ritrovare il senso della vita.Lady Tramp, 2007

Page 8: Di fame e di parole
Page 9: Di fame e di parole

Il gruppo Ama Lady Tramp:

un’esperienza di condivisione.

di Mariabice Beltrami*

*Assistente sociale presso il Comune di Cremona, Settore Politiche Sociali

9

Page 10: Di fame e di parole

10

Page 11: Di fame e di parole

“Chi ti ama non sa come raggiungerti, chi ti ama non sa come comunicare con te”

Tutto ebbe inizio con Rosa, o meglio “zia Rosa”, come lei ama essere chiamata.Ho conosciuto Rosa ad un corso di formazione sull’auto mutuo aiuto svoltosi a Cremona nella primavera del 2006. All’inizio dell’estate, quando c’incontrammo la prima volta al Centro per le Famiglie, mi raccontò che nella sua famiglia c’era un problema di disturbo alimentare e che lei conosceva altri�  genitori�  con�  figli�  che�  soffrivano�  di�  anoressia�  e�  bulimia.Mi disse anche che quella del Centro per le Famiglie era l’ultima tra le tante porte bussate, a volte solcate…..Chiedeva di essere aiutata a “fare qualcosa” a Cremona, un’associazione, un gruppo di auto mutuo aiuto o altro, che fosse di aiuto concreto alla sua famiglia e alle altre famiglie�  che�  vivevano�  l’esperienza�  dei�  figli�  con�  disturbi�  del�  comportamento alimentare.Al Centro per le Famiglie già s’incontravano altri gruppi di auto mutuo aiuto, tra i miei compiti di referente del centro vi era anche quello di facilitatore di gruppi Ama. Accompagnare le famiglie e collaborare con le associazioni familiari erano “il pane quotidiano” del lavoro del Centro per le Famiglie, stava nel suo DNA.Mi sembrò però importante dare a zia Rosa tutte le informazioni�   affinché�   lei�   e�   le�   famiglie�   che�   conosceva�  potessero�  fare�  la�  scelta�  più�  vicina�  al�  loro�  sentire,�  perché�  loro�  vivendo il problema avevano il sapere dell’esperienza.

11

Page 12: Di fame e di parole

Dopo aver incontrato il CISVOL di Cremona e l’associazione AMA di Brescia, zia Rosa mi comunicò che il gruppo di auto mutuo aiuto era la risposta che in quel momento era più vicina a lei ed agli altri genitori che conosceva. L’associazione Ama di Brescia avrebbe dato il supporto come associazione ombrello,�   ma�   zia�   Rosa�   mi�   chiese�   di�   affiancarla�   in�   questa�  nuova avventura.Ma cosa c’entra un’assistente sociale con i disturbi del comportamento alimentare? È un ambito d’intervento tradizionalmente�   riservato�   alle�   figure�   con�   formazione�  sanitaria e terapeutica!Cosa potevo offrire?Nella mia esperienza professionale avevo incontrato persone che soffrivano di anoressia e bulimia, ma i sintomi facevano da sfondo ad altri problemi sanitari di salute o di vita, che in qualche modo li mimetizzavano o li nascondevano. Ricordo poi come la malattia dei disturbi del comportamento alimentare “scivolava e sgusciava via” dalle mani dei vari professionisti…Ma accogliere in una relazione d’aiuto chi vive nella sua famiglie una sofferenza, non partendo dalla malattia ma dalle persone, compete anche a chi non ha una formazione sanitaria o terapeutica. Mi si chiedeva di stare “nella relazione con i genitori”, non di guarire la malattia. Il mio compito era quello di rendere più facile la comunicazione, il confronto, lo scambio d’esperienze e l’aiuto reciproco nel gruppo di familiari. Questo lo potevo dare!Rispetto poi a conoscere i sintomi e gli effetti che ne

12

Page 13: Di fame e di parole

scaturivano sulla persona e all’interno della famiglia, potevo leggere, informarmi, confrontarmi con professionisti con esperienza su questo tema, ma soprattutto avrei “appreso e imparato” dai familiari stessi.Fondamentale fu la richiesta formale inoltrata tramite l’associazione AMA Brescia (alla quale il Centro per le Famiglie del Comune di Cremona era associato dal 2001) al Settore Affari Sociali del Comune di Cremona. Seguì un incontro con l’Assessore Maura Ruggeri che subito colse la drammaticità del problema che le famiglie coinvolte stavano vivendo, e la potenzialità di come un gruppo di auto mutuo aiuto poteva essere una prima risposta per la città di Cremona.Il primo incontro del gruppo avvenne il 10 novembre 2006, a pochi mesi di distanza dalla conoscenza di zia Rosa. Ricordo la trepidazione mia e di Rosa, i dubbi, la domanda fatidica: “Verranno i genitori?”I genitori si presentarono puntuali, mamme e papà, quelli conosciuti già da Rosa ed alcuni non conosciuti, arrivati attraverso il passaparola del suo medico di famiglia.L’avvio del gruppo avvenne con naturalezza, nel rispetto dei tempi di ognuno, ascoltando le loro storie, accogliendo e condividendo rabbie, paure, speranze di guarigione…Fin dai primi incontri emerse una sensazione condivisa: quella di sentirsi in trappola, tutti i tentativi per trovare una via d’uscita sembrano essere vani; a volte la sensazione era quella�  di�  finire�  in�  fondo�  ad�  un�  baratro.�  Allora�  si�  vaga�  tra�  i�  vari�  servizi e professionisti, del pubblico e del privato, a Cremona

13

Page 14: Di fame e di parole

e nelle città vicine…Da questo sentire condiviso, dopo alcuni incontri, il gruppo ama sceglie di darsi come nome Lady Tramp, ossia “signora vagabonda”, che ben rappresenta il vagare dei genitori alla�   ricerca�   di�   un�   ascolto�   autentico�   e�   di�   cure�   efficaci,�   ma�  anche�   il�   vagare�  delle�  figlie�   che�   ricercano�  un�  “luogo”�  dove�  stare. “L’anima ha bisogno di un luogo”�  diceva�  il�  filosofo�  Plotino.“Ma perché le cose accadano, ci vuole un luogo” leggevo qualche mese fa questa frase, non ricordo dove, e il Centro per le Famiglie rappresenta per il gruppo Lady Tramp luogo fisico�  e�  relazionale.Il Centro per le Famiglie del Comune di Cremona, sorto grazie�  ad�  un�  finanziamento�  della�  Legge�  R.�  L.�  23/99,�  è�  nato�  per essere uno spazio d’incontro per la città dove le famiglie sono famiglie e basta, non utenti, non pazienti, non persone fragili.�  Vi�  è�  uno�  sguardo�  autentico�  alla�  famiglia�  come�  risorsa,�  partendo anche dalla consapevolezza dell’essere genitori non-perfetti e di come il confronto tra esperienze sia un valore prezioso da promuovere e accompagnare.Nel�   gruppo�   Lady�   Tramp�   emerse�   fin�   da�   subito�   come�   il�  raccontare l’esperienza di ognuno fosse di sollievo per chi la raccontava e risorsa per chi l’ascoltava. Si ripercorre ciò che si�  è�  già�  vissuto,�  sotto�  una�  luce�  diversa,�  meno�  cupa;�  s’intravede�  quello che potrebbe accadere, sia con la sofferenza che la malattia comporta e sia con la speranza quando si viene a conoscenza�  della�  possibilità�  di�  una�  cura�  efficace.�  Si�  diventa�  più�  forti�  nell’affrontare�  la�  malattia,�  “perché�  altri�  ci�  sono�  già�  

14

Page 15: Di fame e di parole

passati e ce l’hanno fatta”. La comunicazione si sviluppa in un clima “caldo e vissuto”: il fardello della sofferenza si alleggerisce un po’, la meta di una guarigione sembra più raggiungibile. Tutto questo non avviene rimanendo soli ma in gruppo, nel rispetto e ascolto reciproco. Il genitore che partecipa al gruppo “porta sempre a casa qualcosa in dono” anche all’altra metà della coppia, che magari non partecipa al�  gruppo�  stesso,�  ai�  figli,�  alla�  sua�  famiglia.�  Lo sguardo rispetto alla malattia e alle relazioni in generali cambia�  perché�  ci�  si�  sente�  “genitori�  più�  capaci”.�  S’impara�  ad�  essere�  più�  autorevoli�  nella�  relazione�  con�  i�  figli;�  ad affrontare con coraggio la malattia e la richiesta d’aiuto ai professionisti e ai centri dedicati alla cura dei disturbi del comportamento alimentare, superando il senso di vergogna che spesso si vive.Ma�   accanto�   all’apprendere,�   dall’esperienza,�   vi�   è�   una�   sete�  di sapere e capire tutto ciò che ruota attorno ai disturbi del comportamento alimentare. Sono stati organizzati incontri con ragazze che hanno intrapreso un percorso di cura e sono vicine alla guarigione; incontri con professionisti invitati nel gruppo; incontri con rappresentanti istituzionali, lettura di libri, ricerca su internet, attenzione alla comunicazione dei media su questo tema.Si�  è�  diventati�  “genitori�  competenti”�  ed�  è�  emersa�  con�  chiarezza,�  come a Cremona vi sia un grande vuoto rispetto a luoghi dedicati alla cura dei disturbi del comportamento alimentare. Accanto a quanto già sperimentato nel vagabondare come�   genitori,�   vi�   è�   la�   consapevolezza�   della�   necessità�   di�  

15

Page 16: Di fame e di parole

sensibilizzare�  le�  istituzioni�  e�  la�  città�  affinché�  si�  costruiscano�  risposte concrete per aiutare le famiglie e chi vive in prima persona un disturbo del comportamento alimentare.Ma come parlare alla città e alle sue istituzioni?Attraverso lo stile dell’auto mutuo aiuto, con la condivisione, l’ascolto, una comunicazione rispettosa di ognuno.Il�  compito�  di�  un�  gruppo�  di�  auto�  mutuo�  aiuto,�  non�  è�  quello�  di�  sostituirsi ai servizi, ma di rendere il sapere dell’esperienza una�  risorsa,�  e�  per�  far�  questo�  è�  indispensabile�  diffonderla.Il�   gruppo�   Lady�   Tramp,�   con�   il�   Centro�   per�   le�   Famiglie,�   è�  diventato�   allora�   oltre�   che�   luogo�   relazionale�   e�  fisico,�   anche�  spazio creativo attraverso il progetto realizzato nel periodo 2007 – 2008 “Caro cibo, nella mia famiglia sei diventato un problema” promosso dall’Associazione AMA Brescia e finanziato�  dalla�  Legge�  R.�  L.�  23/99.Attraverso questo progetto il sapere dell’esperienza delle famiglie�   si�   è�   incontrata�   e�   confrontata�   con�   il�   sapere�   dei�  professionisti, sia nella preparazione del convegno svoltosi l’8 novembre 2008 e sia nel convegno stesso. Da quella data, sono state molte decine le famiglie che hanno contattato il gruppo Lady Tramp e il Centro per le Famiglie per informazioni o per partecipare al gruppo stesso. I professionisti dei servizi pubblici informano i loro pazienti della presenza del gruppo Ama nella città di Cremona.Il�  gruppo�  Lady�  Tramp�  è�  così�  conosciuto�  e�  ri-­conosciuto,�  così�  come il gruppo Ama Le matriosche, nato come frutto di quel progetto “Caro cibo…” che accoglie ragazze che soffrono di anoressia e bulimia.

16

Page 17: Di fame e di parole

Importante�   è�   anche�   l’incontro�   con�   alcune�   classi�   delle�  scuole medie superiori della città di Cremona (grazie alla collaborazione dello sportello Scuola/Volontariato del Cisvol e alla competenza e sensibilità di Chiara) e delle province di Brescia�  e�  Mantova,�  iniziato�  sempre�  nel�  2007,�  dove�  è�  il�  sapere�  dell’esperienza delle ragazze che hanno vissuto la malattia, ad incontrarsi con gli studenti adolescenti e gl’insegnanti sensibili a questa tematica.Anche questa pubblicazione “Di fame e di parole” nasce dal gruppo Lady Tramp.Dopo aver letto molti libri, una mamma del gruppo disse “Vi sono libri scritti su questo tema da professionisti o da ragazze, ma nessuno scritto interamente dai genitori.” Da�   questa�   riflessione,�   nacque�   un�   pensiero�   condiviso:�   “Se come genitori e familiari raccontiamo la nostra esperienza, possiamo essere utili ad altri genitori a trovare il coraggio per farsi aiutare. Inoltre è un modo per far sentire la nostra voce, con la forza delle emozioni e dell’esperienza, alle istituzioni�   preposte�   affinché�   anche�   a�   Cremona�   vi�   sia�   un�  

centro pubblico dedicato alla cura dei disturbi alimentari, evitando a tante famiglie e ragazze di vagare come abbiamo fatto noi.” Ma�  poi�   il�  gruppo�  Ama�  Lady�  Tramp�  si�  è�  sentito�  anche pronto a rendere più solido quel “fare qualcosa” per la città di Cremona, attraverso la creazione di un’associazione. Il gruppo si domandò: “Facciamo nascere un’associazione dedicata esclusivamente ai disturbi del comportamento alimentare o un’associazione che accoglie altri gruppi di auto mutuo aiuto della zona di Cremona? Noi abbiamo

17

Page 18: Di fame e di parole

sperimentato la forza di un gruppo Ama, perché chiuderci in noi stessi...”.Al Centro per le Famiglie già s’incontravano altri gruppi Ama, da alcuni anni era stato avviato il gruppo d’intervisione...In questa nuova avventura il gruppo Lady Tramp ha incontrato nuove�   compagne�   di�   viaggio,�   compagne�   fidate�   e�   preziose:�  Silvia e Cinzia del Cisvol, Ivana dell’AMA Brescia. Il�  19�  settembre�  2011�  è�  nata�  l’associazione�  AMA�  Cremona,�  una risorsa nuova per il territorio cremonese.Il libro “Di fame e di parole” e l’associazione AMA Cremona sono qualcosa di “grande”, ma hanno avuto origine da azioni e gesti piccoli e semplici, come l’incontro in gruppo di familiari che hanno scelto di condividere un’esperienza della loro vita.Nelle pagine seguenti troverete gli scritti del gruppo Lady Tramp. Sono scritti che emozionano e che “colpiscono e aprono al cuore”. Ho sentito pronunciare questa frase da mamme e da ragazze quando hanno incontrato chi le ha accolte e ascoltate: un professionista per la cura di questa malattia, un medico di famiglia, un operatore, un insegnante, una persona amica, un familiare, un gruppo di auto mutuo aiuto.�   Allora�   si�   sono�   affidate,�   si�   sono�   lasciate�   prendere�  per mano, non si sono più sentite sole. Hanno iniziato a condividere.

18

Page 19: Di fame e di parole

Scrivere di sé, scrivere come dono

di Ludovica Danieli*

*Ludovica Danieli,�   è�  nata�  nel�  1964�  e�   risiede�   in�  un�  piccolo�  paese�  situato�  nelle colline moreniche del lago di Garda. Frequenta la Libera Università dell'Autobiografia�  di�  Anghiari�  dall'anno�  2000.�  È�  collaboratrice�  scientifica�  e�  docente al corso Graphein. Da diversi anni ha fatto proprio l'approccio e la metodologia�  autobiografica�  nel�  contesto�   formativo�  di�  gruppo,�  comunità�  e�  con la singola persona.

19

Page 20: Di fame e di parole

20

Page 21: Di fame e di parole

“La�  scrittura�  di�  sé�  è�  un'arte�  umile,�  fedele�  e�  semplice.[…]�  La�  penna�  ci�  racconta�  di�  noi�  e�  di�  quel�  che�  più�  ci�  è�  oscuro:�  per�  questo�  una�  modesta�  matita può e sa mostrarci, ogni volta, diversi e nuovi in quel che pensiamo�  di�   essere�  o�  di�   essere�   stati.�   […]�  Quando�   incominciamo�  a scrivere di quel che andiamo vivendo (già rivivendolo in altro modo, a nostro modo) scopriamo – e con sorpresa – di essere i più autentici destinatari, i primi attori e gli interpreti di quanto già ci appartiene di diritto. La penna cuce ferite senza rimarginarle del tutto, consentendoci di vederle in faccia con il coraggio di ricominciare�   senza�   volerle�   cancellare.�   […]�   La�   scrittura�   […]�   È,�  soprattutto, un simbolo della nostra impensata ricchezza, che ci è�   ignota�   finché�   non�   iniziamo�   a�   raccogliere�   le�   parole�   in�   ordinate�  sequenze più che in caotiche misture”.Duccio Demetrio, Quell'invisibile virtù fra le dita, in Emanuela Mancino, Autoformazione in età adulta. Fernando Pessoa e la scrittura di sé.

Una penna e le parole

Scrivere�   in�   termini�   autobiografici�   è�   un�   atto�   di�   cura�   inteso�  come coniugazione del “conosci te stesso” e dell’occuparsi di�   sé.1 È uno spazio esistenziale, anche quotidiano, grazie al quale possiamo intrecciare questi due atti importanti per avvicinarci agli eventi che hanno segnato e segnano la nostra vita. La scrittura educa la disponibilità ad accoglierli, ospitarli, ri-conoscerli come trama narrabile.

Dunque�  scrivere�  di�  sé�  ci�  aiuta�  a�  conoscerci�  un�  po’�  di�  più�  e�  aprenderci cura di noi stessi. Quanto incontriamo con la penna è�  la�  nostra�  esistenza:�  le�  stagioni�  attraversate�  e�  il�  presente�  che�  

1 Vedi studi di Michel Focault: L’ermeneutica del soggetto 21

Page 22: Di fame e di parole

viviamo,�   il�   futuro�  da�  pro-­gettare.�  La�   scrittura�  è�  dunque�  un�  esercizio di conoscenza.Scrivere�  è�  concedersi�  uno�  spazio�  nella�  “geografia�  dell’anima”,�  un golfo prossimo alla terra, nel quale potersi un po’ fermare, gettare l’ancora, per incontrare le nostre stesse parole che ci abitano e di cui siamo fatti.

Si rimane per poi levare, ancora una volta, l’ancora per rientrare nella vita nostra musa ispiratrice di scrittura.

È�  quanto�  accaduto�  nell’atelier�  di�  scrittura�  di�  sé�  che�  ha�  visto�  coinvolte le donne, le madri, del gruppo di auto mutuo aiuto Lady Tramp di Cremona.Nel�   tempo�   dell’atelier�   si�   è�   voluto�   proporre�   una�   sosta�  introspettiva,�   riflessiva,�   retrospettiva�   intorno�   ad�   alcune�  �  “Parole di vita” e che, attraverso la scrittura, potessero raccontarne le storie, le teorie esistenziali soggettive che vivono dentro ai vocaboli che ci appartengono, che permettono alle parole di essere riconosciute come modalità esistenziali del “Chi sono”.Perché�  noi�  siamo�  anche�  le�  nostre�  parole�  che�  nascono�  dalla�  relazione con il mondo. Cresciamo e con noi cresce il nostro “Dizionario esistenziale”.

Francois�  Dolto�  scrive�  che�  “Un�  nome�  è�  il�  punto�  d’aggancio�  per un susseguirsi di scoperte”2 e la parola che incontriamo

2 Si veda Chiara Zamboni, Parole non consumate. Donne e uomini del linguaggio, Liguori Editore, Napoli 2001

22

Page 23: Di fame e di parole

diviene così la possibilità di ri-visitare i passi compiuti ed aprire verso la meraviglia che infonde il desiderio di ricercare, di domande intorno alle quali tentiamo, per l’intera vita, di costruire tracce di senso.

Le�   parole�   attraversate�   hanno�   così,�   alla�   fine�   dell’atelier�  ma�  anche�  nel�  frammento�  dell’evento�  della�  scrittura,�  raffigurato,�  come mappa che prende forma e che ci aiuta ad orientarci, un itinerario esistenziale che chiede di essere accolto, ospitato per nuovamente interrogarlo, se ne sentiamo l’urgenza.

E ben sappiamo che noi umani non possiamo non essere itineranti, anche quando la sofferenza del corpo e dell’anima sembra�  bloccarci,�  perché�  è�  essenza�  della�  vita�  mutare,�  anche�  se�   talvolta�   impercettibili�   sono�   i�   cambiamenti.�  Ma�   il�   fiume�  scorre�  e�  noi�  siamo�  il�  nostro�  fiume.

Perché la penna?

Perché�  la�  penna?�  Non�  basta�  forse�  la�  parola�  parlata�  che�  vive�  di�  soffio?

Ritrovare�  le�  “proprie�  parole”�  è�  un�  evento�  importante�  perché�  è�  uno�  spazio�  di�  cura�  di�  sé.Gli�  eventi�  che�  viviamo�  ci�  appaiono�  talvolta�  così�  “gonfi”�  di�  emozioni, di pensieri da non riuscire a esprimerli e trovarne il disegno di senso. Ci possono apparire come “chimere e mostri fantastici” scrive Michel de Montaigne. Come poterli avvicinare?

23

Page 24: Di fame e di parole

Ascoltiamo cosa scrive Maria Zambrano:

[…]�  Salvare�  le�  parole�  dalla�  loro�  esistenza�  momentanea,�  transitoria,�  e�  condurle�  nella�  nostra�  riconciliazione�  verso�  ciò�  che�  è�  durevole,�  è�  il�  compito�  di�  chi�  scrive.�  […]�  La�  verità�  di�  ciò�  che�  accade�  nel�  seno�  nascosto�  del�   tempo�  è�   il�   silenzio�  delle�  vite,�   e�  che�  non�  può�  essere�  detto.�   […]�   Ma�   è�   proprio�   ciò�   che�   non�   si�   può�   dire�   che�   bisogna�  scrivere.�  […]�  Il�  segreto�  si�  rivela�  allo�  scrittore�  mentre�  lo�  scrive,�  non�  quando lo pronuncia.

È ciò che non si può dire che bisogna scrivere per allenarci a�   scavare,�   ricucire,�   ri-­guardare�   e�   trovare�   significati�   ancora�  sconosciuti.La penna ci aiuta a fare un po’ più di chiarezza; a distanziarci dall’evento apparentemente non narrabile. A scioglierlo in frammenti, a ricostruirlo poi in una forma nuova.Ci permette, la penna-scrittura, quanto Duccio Demetrio chiama bilocazione cognitiva: la possibilità di staccarci, per un momento dal fatto che ci coinvolge, senza il timore di perderci. La penna non ci allontana da noi, ci riporta a noi e alla nostra parola.Ci permette di creare una relazione tra me – che – vivo e me – che – scrivo con l’intenzione di aprire uno sguardo diverso, forse di-vergente.Con la penna possiamo depositare sulla pagina emozioni troppo forti che, talvolta, bloccano il respiro, che producono apnea.�  Scrivere�  allora�  è�  un�  modo�  per�  ricontattare�  il�  respiro.Ancora.�  Usare�  la�  penna,�  un�  foglio�  significa�  trovare,�  scegliere�  un appoggio: serve fermarsi, sedersi. Trovare un luogo

24

Page 25: Di fame e di parole

esterno ed interiore per cominciare a ospitare l’emozione, il pensiero che ci abita.Scrivere in completa solitudine così come avviene nella pratica del diario o scrivere in un contesto “accompagnato” da�  chi�   si�  occupa�  di�  metodologie�  autobiografiche,�   sono�  due�  spazi di esperienza che, pur nella loro diversità attinente ai processi che vengono attivati in termini cognitivi ed emozionali, ci educano al rapporto con noi stessi.

Duccio Demetrio, scrive:

“[…]�   Scrivere�   è�   riscatto,�   salvezza,�   amicizia�   vera�   per�   le�   parole�  […]�   Poiché�   lo�   scrivere�   scaturisce�   dal�   silenzio�   della�   mente,�   non�  solo ci abituiamo a tacere, impariamo soprattutto a pensare in modi diversi. Siamo educati dalla scrittura alla riservatezza e al pensiero profondo. In un alternarsi di modi e momenti lo scrivere accellera il nostro eloquio, comunque reso più armonioso del solito.�  Perché�  la�  scrittura,�  nell’una�  o�  nell’altra�  sua�  maniera,�  muta�  il�  dolore in un’esperienza maturativa. Rende meno agro assaggiarne il sapore”.3

Le donne di Lady Tramp a tal proposito scrivono

“Cos'è per me la scrittura?È un modo per esternare i miei pensieri, sentimenti, emozioni più profondi, senza paura del giudizio di chi legge.Scrivere e poi rileggere ciò che è uscito dalla penna, a volte, può�  servire�  anche�  a�  rielaborare�  i�  nostri�  conflitti�  interiori.

Amo descrivere tutto ciò che la bellezza della natura mi

3�  Duccio�  Demetrio,�  La�  scrittura�  clinica.�  Consulenza�  autobiografica�  e�  fragilità�  esistenziali, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008

25

Page 26: Di fame e di parole

trasmette come lo dipingerebbe un pittore sulla sua tela.Cosa è stato per me scrivere insieme al gruppo?È stata una bellissima e nuova esperienza perché mi ha permesso di conoscere profondamente l'anima delle persone con le quali ho condiviso un momento di vita doloroso.Scrivere nell'atelier ha permesso di dar voce a sentimenti ed emozioni che non erano mai emersi non tanto nel ruolo di mamme o mogli ma come donne. Questo credo rafforzi ulteriormente la nostra persona che si senta stima e rispetto reciproci. Ci sentiamo più unite. Ho apprezzato lo stile e la metodologia con la quale Ludovica ci ha avvicinato a questo lavoro di scrittura di sé. È un percorso che consiglierei di fare a qualsiasi persona che si senta pronta ad una crescita interiore personale.” (Rosa)

“Scrivere innanzi tutto per me vuol dire mettere a fuoco i miei sentimenti, le emozioni, buttare fuori il dolore che mi opprime, sfogarmi. Ma anche essere vicino a tutte le persone che hanno questo problema.Scrivere nel gruppo è bellissimo perché c'è il momento della condivisione e non ti senti più sola.Nel gruppo AMA ho trovato delle vere amiche, delle persone fantastiche che mi hanno accolta con tutta la mia sofferenza e i miei sensi di colpa e non mi hanno giudicata, ma mi hanno ascoltata.” (Eleonora)

26

Page 27: Di fame e di parole

“Scrivere è un sollievo per l'anima.Quando le emozioni sono troppo forti e ti sembra di non poterle contenere, lo scrivere può alleggerirti.A me è servito soprattutto nei momenti di dolore. Può sembrare stupido cercare sollievo in un foglio ma, dopo aver scritto, su quel foglio ci siamo noi.È per questo che tanto spesso nascondiamo agli altri i nostri diari. Ci vergogniamo tanto di quello che siamo veramente!Mi ricordo che quando ero ragazzina tenevo il diario: avevo tanta paura che qualcuno lo potesse trovare e leggere, ma desideravo tanto che qualcuno lo facesse!” (Novella)

“Per me la scrittura è un bellissimo modo per poter tirare fuori tutto quello che non avresti avuto il coraggio di dire. È anche un modo di scrivere tutto quello che vuoi ma soprattutto non vieni mai interrotta da chi lo leggerà.Per me scrivere nel gruppo è stato meraviglioso; poter condividere tutte le mie emozioni che ho sempre tenuto dentro di me, con persone che hanno un cuore grande e sono molto dolci ma, soprattutto, che ti capiranno sempre e non ti punteranno mai il dito contro giudicandoti male. Grazie carissime amiche, vi voglio bene.” (Loredana)

“Si comincia da ragazzine, a scuola sui libri di testo. Si inizia a conoscere i grandi scritti, la poesia, dove inevitabilmente ci ritroviamo a condividere le gioie e le pene della vita, le

27

Page 28: Di fame e di parole

sofferenze del cuore e dell'anima. È un ciclo che continua come il sole che sorge ogni mattina ma ogni giorno in modo diverso.Noi scriviamo per necessità di raccontare il nostro dolore, la paura. Per quanto mi riguarda la gioia la esprimo con più pudore e riservatezza tenendola dentro di me. La scrittura è un modo di analizzare le proprie emozioni che magicamente cambiano aspetto nel momento che, a distanza di tempo, le rileggi. Senti ancora il sapore di quando hai scritto ma non è più dentro di te e se è un dolore è come se fosse passato; lo analizzi meglio e la cosa più bella è che si riduce come un piccolo sassolino.Scrivere nel gruppo è stata un'esperienza nuova. Quando si scrive da soli, se tu l'unico testimone delle tue emozioni; farlo con altre persone e mettersi in discussione non è semplice, ma molto costruttivo. Ho condiviso questa esperienza con delle grandi donne; ci accomunava un problema, ma con un dolore diverso. Non credevamo al fatto di poter riuscire a scrivere qualcosa di buono, insomma qualcosa da trasmettere agli altri. Ricordo ancora adesso gli sguardi esterrefatti di noi che ci dicevamo: «Ma saremo all'altezza di scrivere delle cose che possano interessare veramente gli altri? È un progetto importante, si tratta di comunicazione. Noi che spesso non riusciamo a farci capire dalle persone più care, da quelle con cui condividiamo la nostra quotidianità, come faremo a trasmettere il nostro messaggio?».Ho scoperto che dentro di noi c'è una parte che fatica a mettersi in luce, forse per paura o semplicemente c'è una

28

Page 29: Di fame e di parole

sorta di disagio a mostrare questo nostro aspetto. È vero, possiamo essere prese in giro, ma chi se ne frega! Attraverso questo percorso fatto con le mie amiche di penna ho affrontato angosce, paure, emozioni. Abbiamo pianto, riso, scherzato, scritto, lavorato sul serio, ci abbiamo creduto e ci crediamo.Tutto questo è stato possibile attraverso l'incredibile aiuto di Ludovica che ci ha guidate. Eravamo come piccole barchette in mezzo al mare, lei ci ha portato una ad una, in porto, al sicuro dalla tempesta, e lì nelle acque calme abbiamo avuto l'opportunità di pensare alle nostre emozioni e scriverle.” (Daniela)

Cosa avviene, cosa è accaduto, nell’atelier di scrittura di sé?

Innanzi tutto si crea un contesto. Prendersi cura del setting è�   la�   prima�   azione.�   Un�   luogo�   accogliente,�   tranquillo�   e�  silenzioso.�  Un�  tavolo�  sufficiente�  ampio�  perché�  trovino�  posto�  chi accompagna nella scrittura e chi scrive. E il necessario: fogli, penna e un quadernetto regalato da chi conduce per i pensieri da raccogliere nel quotidiano.Le�   “regole”�   del�   patto�   autobiografico�   sono�   condivise:�   la�  scrittura�  è�  il�  medium�  utilizzato�  durante�  gli�  incontri�  supportata�  da letture di poesie, di brani narrativi, di frammenti riflessivi.L’atelier�  è�  un�  luogo�  non�  per�  apprendere�  “a�  scrivere�  bene�  o�  ad essere nel tema” ma per intraprendere una ricerca su se stessi, sugli eventi della propria esistenza.Le regole importanti: sospensione del giudizio rispetto

29

Page 30: Di fame e di parole

alla�  propria�  scrittura�  e�  a�  quella�  altrui.�  Cosa�  significa?�  Fare�  un�  passo�   indietro�  affinché�   le�  parole�   che�  giungono�  possano�  essere accolte e senza interpretazione o commento bensì in un atteggiamento di ascolto in risonanze, “ad eco”. Ci si chiede: cosa le parole ascoltate mi aprono? In un atelier ci si fanno “prestiti narrativi”: le parole ascoltate mi aiutano a risvegliare le parti della mia storia e a rispecchiarmi nell’umanità altrui con la quale mi sento accomunato/a in quanto persona.Ancora: priorità della scrittura su altri mezzi espressivi (salvo�   l’uso�   della�   fotografia�   come�   medium�   che�   apre�   alla�  narrazione). Silenzio durante la scrittura per avvicinarsi alla propria memoria, alla propria interiorità, al proprio pensiero. La�  scrittura�  è�  individuale,�  non�  è�  mai�  collettiva;�   intercalata,�  nella struttura dell’intero atelier, con un lavoro a coppie.La condivisione:�  è�  un�  momento�  importante�  in�  quanto�  permette�  di�  meta�  riflettere�  su�  quanto�  è�  accaduto�  nella�  e�  con�  la�  scrittura.�  Cosa�  è�  successo?�  Una�  sollecitazione�  che�  riporta�  la�  priorità�  del�  guardare la propria scrittura come evento, accadimento che ci fa scoprire qualcosa di noi. Un nuovo sguardo comincia a far capolino. Non si condividono i contenuti in quanto tali, bensì il processo del lavoro che la scrittura ha attivato. La condivisione da dunque spazio ad una contenuta oralità per con-­riflettere�  nelle�  modalità�  sopraindicate�  e�  per�  chi�  desidera,�  senza obbligatorietà, leggere il brano ritrovato con la penna. È questo solitamente un momento altamente emozionante sia per chi legge, che si da voce esponendosi, sia per chi ascolta che può rispecchiarsi e sentirsi prossimo dell’umanità altrui.

30

Page 31: Di fame e di parole

Le scritture vengono attivate con sollecitazioni predisposte appositamente da chi accompagna seguendo un andamento che possa prima riscaldare il pensiero e la penna (lavoro su engramma o frammento) e che possa poi ri-trovare trame di significato�  attraverso�  forme�  narrative�  diverse.�  Tre�  sono�  le�  fasi�  importanti che si intrecciano in movimento ciclico e costante affinché�  lo�  spazio�  di�  scrittura�  possa�  diventare�  spazio�  di�  auto-­�  formazione: la fase ricognitiva; la fase di co-costruzione; la fase�  di�  riflessione�  formativa.4

In un atelier si apprende l’esperienza dell’essere “soli in compagnia dell’altro”, dell’essere “individualmente insieme”; dell’ascolto attivo; dell’attenzione; dell’ospitalità delle proprie parole e di quelle dell’altro. Si fanno scoperte. Si re-incontra la meraviglia anche nello scrivere di dolore.Si scopre che possiamo costruire nuove versioni di accadimenti che ci appartengono attraverso strutture narrative diverse per esempio il frammento, la poesia, la novella, la fiaba�  o�  la�  favola.L’inizio�  e�  la�  fine�  dell’incontro�  sono�  segnati�  da�  un�  rituale�  e�  in�  questo�  lavoro�  con�  il�  gruppo�  Lady�  Tramp�  è�  stata�  la�  lettura�  di�  frammenti letterari o poesie e il dono reciproco di una parola segreta da portare a casa.Le scritture prodotte sono solitamente raccolte da chi conduce per produrre una piccola antologia da consegnare a ciascun partecipante.

4 Si veda Micaela Catiglioni, La Ricerca in educazione degli adulti. L’approccio�  autobiografico,�  Edizioni�  Unicopli,�  Milano�  2002

31

Page 32: Di fame e di parole

Le parole Ri-trovate

Quando ho ricevuto la proposta dell’Associazione AMA di accompagnare con la scrittura le componenti del gruppo Lady Tramp, ho sentito emergere dentro di me domande intorno all’esperienza di queste donne e madri. Per formazione professionale ho lavorato per diversi anni nell’ambito del disagio individuale e familiare; ho incontrato genitori con figli�  diversamente�  abili;�  ho�   lavorato�  con�  gruppi�  di�  persone�  che affrontavano la dipendenza dall’alcool, ma ancora una volta “sapevo di non sapere”, di essere nuovamente al punto di partenza. La sofferenza esistenziale che coglie gli umani nel�  tragitto�  della�  vita�  “non�  è�  mai�  saputa”�  e,�  a�  parer�  mio,�  chi�  si�  occupa ogni giorno e si confronta con il male di vivere, non può non assumere la postura del ricercare, dello scoprire, quale�  è�  la�  storia�  soggettiva�  che�  segna�  l’esperienza�  del�  disagio�  non chiudendo il proprio sentire e agire professionale alle sole�  “certificazioni”�  o�  dichiarazioni�  diagnostiche.�  Chiedersi�  dunque come si intreccia questa tipologia di sofferenza con la persona che la esiste.L’attenzione�   autobiografica,�   nelle�   sue�   declinazioni�   di�  attenzione “clinica”,5 ci invita a riconoscere la singolarità,

[...]�   quell’unicum�   che�   viene�   avvicinato�   indipendentemente�   dalla�  sua�   pre-­appartenenza�   a�   una�   classe,�   a�   un�   genere,�   a�   un�   tipo.�   […]�  Clinico diventa in tal modo uno sguardo che include la storia, le scelte, le forme del conoscere di chi guarda, ascolta, interagisce, entra�  in�  contatto�  con�  i�  corpi�  o�  le�  menti�  dolenti�  […]

5 Si veda Duccio Demetrio, capitolo XIV in La scrittura clinica. Consulenza autobiografica�   e�   fragilità�   esistenziali,�   Raffaello�   Cortina�   Editore,�   Milano�  2008

32

Page 33: Di fame e di parole

e, aggiungiamo noi, sa accogliere quella storia unica che appartiene ad “Un Chi”.

Confrontandomi con la referente del progetto per il Centro per le Famiglie, Mariabice Beltrami, ho cercato un canovaccio di lavoro, considerate le diverse variabili del progetto stesso, che�  offrisse�  l’opportunità�  di�  riflettere�  sulla�  propria�  esperienza�  di donne e genitrici che hanno sperimentato la sofferenza di una malattia che – nonostante l’invasività nella vita di molte famiglie�  –�  è�  tuttavia�  ancora�  guardata�  con�  pregiudizio.Ho condiviso il canovaccio pensato con Mariabice e con il gruppo Lady Tramp, in un primo incontro di presentazione, proponendo le seguenti parole come oggetto di autoconoscenza attraverso la scrittura: “Il mio Nome”; “Ascolto”; “Dolore”; “Abbraccio”.

Parole che fanno parte del quotidiano ma anche che si intrecciano con l’esperienza della sofferenza di fronte alla malattia e della lotta per cercare strade di ri-nascita.La�   vita�   nascosta�   in�   queste�   parole�   è�   diventata�   la�   traccia�   di�  ricerca individuale e condivisa nel gruppo.

Il progetto intendeva “Dar voce” a queste donne desiderose di parlare alla polis, alla città intesa come l’insieme di chi la abita, per narrare la loro storia di soggetti che congiuntamente alle loro famiglie avevano incontrato l’anoressia e la bulimia: un evento ritratto spesso come “terremoto” che fa scoprire, in tempi�  diversificati,�  la�  voglia�  di�  lottare�  per�  traghettarsi�  in�  un�  

33

Page 34: Di fame e di parole

porto più tranquillo. Non solo, forte era anche l’intenzione di risvegliare la coscienza della città intorno a questo tema. Cosa possiamo fare insieme? Come essere prossime ad altre famiglie?La�  narrazione�  della�  propria�  storia�  è�  dunque,�  in�  tale�  contesto,�  un dono alla Comunità. È un “Chi sono” che si espone per innalzare ponti di parole che possano unire azioni di sensibilizzazione volte alla costruzione di luoghi e momenti dedicati in un processo di “auto aiuto diffuso”, di comunità, fra le famiglie e quelle parti della città intenzionate a interloquire con chi vive la sofferenza legata all’anoressia e alla bulimia.

Abbiamo scelto, per raccontare l’esperienza, una narrazione attraverso le Parole Importanti.

Il libro presenta i testi nati nel processo accompagnato da specifiche�   sollecitazioni.�   Ogni�   scritto�   nasce�   da�   un�   lavoro�  individuale che dal frammento giunge ad una forma compiuta attraversando�   la�   metariflessione�   individuale�   e�   condivisa.�  Sono scritture che narrano del passato, del presente, del futuro. Sono scritture di ricerca introspettiva.

La parte centrale presenta “I dizionari che narrano le storie di cinque persone” contenuti in questo piccolo libro.Il dizionario nasceva con l’intento non solo di generare autoconoscenza soggettiva ma anche per chi, leggendo queste parole ri-trovate, potesse a sua volta riconoscerle

34

Page 35: Di fame e di parole

e, soprattutto, provare a narrare la storia personale e rintracciarne altre. La ricerca collettiva intorno alle parole è�  dunque�  anche�  una�  proposta�  di�  itinerario�  individuale�  che�  il�  lettore potrà assumere come esercizio di autoconoscenza. È un ponte nella città.

35

Page 36: Di fame e di parole

36

Page 37: Di fame e di parole

PAROLE DA INCONTRARE

Le scritture del gruppo Ama Lady Tramp

37

Page 38: Di fame e di parole

38

Page 39: Di fame e di parole

La mia barca è carica di…

“A ottanta miglia incontro al vento maestro l’uomo raggiunge la città di Eufemia, dove i mercanti di sette nazioni convergono a ogni solstizio ed equinozio. La barca che vi approda con un carico di zenzero e bambagia tornerà a salpare con la stiva colma di pistacchi e semi di papavero, e la carovana che ha appena scaricato sacchi di noce moscato e di zibibbo già affastella i suoi basti per il ritorno con�   rotoli�   di�  mussola�   dorata.�  Ma�   ciò�   che�   spinge�   a�   risalire�   fiumi�  e�  attraversare�  deserti�  per�  venire�  fin�  qui�  non�  è�  solo�   lo�  scambio�  di�  mercanzie che ritrovi sempre le stesse in tutti i bazar dentro e fuori l’impero del Gran Kan, sparpagliate ai tuoi piedi sulle stesse stuoie gialle, all’ombra delle stesse tende scacciamosche, offerte con gli stessi ribassi di prezzo menzogneri. Non solo a vendere e comprare si�   viene�   a�   Eufemia,�  ma�   anche�   perché�   la�   notte�   accanto�   ai�   fuochi�  tutt’intorno al mercato, seduti sui sacchi o sui barili o sdraiati su mucchi di tappeti, a ogni parola che uno dice – come “lupo”, “sorella”, “tesoro nascosto”, “battaglia”, “scabbia”, “amanti” – gli altri raccontano ognuno la sua storia di lupi, di sorelle, di tesori, di scabbia, di amanti, di battaglie. E tu sai che nel lungo viaggio che ti attende, quando per restare sveglio al dondolio del cammello o della giuntaci si mette a ripensare tutti i propri ricordi a uno a uno, il tuo lupo sarà diventato un altro lupo, tua sorella una sorella diversa, la tua battaglia altre battaglie, al ritorno da Eufemia, la città in cui ci si scambia la memoria a ogni solstizio e a ogni equinozio”. Italo Calvino, Le città invisibili

Pensieri, stanchezza e voglia di riuscire a fare tutto ciò che ti chiede la vita nonostante si abbia poco tempo.Speranza�  che�  tutto�  quello�  che�  è�  successo�  prima�  non�  si�  ripeta�  più e che la vita offra sempre cose belle.Rabbia�   perché�   tante�   volte�   non�   riesci�   a�   farti�   capire�   proprio�  dalle persone che ti sono più vicine e non riesci a esprimere quello che vorresti nemmeno con chi conosci.

39

Page 40: Di fame e di parole

"!

Rabbia angoscia aspettativa attesa di un gesto che mi conforti, un sorriso che mi rassereni, una mano tesa che mi accompagni�  per�  sentirsi�  sconnessi�  dalle�  difficoltà�  della�  vita.�  In questo momento sto percorrendo una lunga galleria dove c’è�  una�  luce,�  ma�  è�  lontana�  e�  vado�  a�  tentoni�  al�  buio�  cercando�  di�  sentire�  quello�  che�  mi�  circonda,�  perché�  non�  lo�  vedo.�  Tutti�  i miei sensi sono all’erta per cercare di schivare il pericolo e sentire.

"!

Speranza�  per�  i�  miei�  figli.�  Paura�  per�  loro�  e�  per�  mio�  marito.Riconoscenza verso la vita che mi ha dato troppo rispetto a tante altre persone e rispetto ai miei meriti.È quindi anche carica di qualche rimorso come se non avessi pagato�  tutte�  la�  merce�  che�  sto�  trasportando.�  Allora�  perché�  mi�  sono tante volte lamentata davanti ai problemi?

"!

Di amore, dolore, entusiasmo, gioia di vivere. Per me e per l’altro che mi sta accanto…paura dell’incognito.

"!

40

Page 41: Di fame e di parole

Dolore, sofferenza, preoccupazioni, amore, solitudine.Mi voglio bene. Vorrei qualcuno che mi coccolasse, che si occupasse di me, che mi dicesse che valgo qualcosa. So di essere importante per la mia famiglia ma nessuno me lo dice. Vorrei essere su un prato verde circondato dal verde dei prati, seduta con una leggera brezza che mi scompiglia i capelli e che trasporta profumo di primavera, giovane, adolescente con tutta la mia vita ancora da riscrivere. Vorrei riavvolgere la bobina della mia vita, tornare indietro e ricominciare.Ho voglia di piangere, ho sempre voglia di piangere con qualcuno, qualcuno che mi abbracciasse mentre piango, mentre singhiozzo forte e mi libero da questo nodo, da questo peso.

"!

41

Page 42: Di fame e di parole

Ode al mio nome

“Il�  tuo�  nome�  è�  una�  rondine�  nella�  mano,�  il�  tuo�  nome�  è�  un�  ghiacciolo�  sulla lingua. Un solo unico movimento delle labbra. Il tuo nome sono cinque lettere. Una pallina afferrata al volo, un sonaglio d'argento nella bocca”. Marina Ivanovna Cvetaeva

Novella

Una speranzaUna speranza di primavera.

Un mattino di primavera, in montagna.Il suono delle campane di una chiesa.

Il profumo delle viole; una musica leggera che hai in testa e che ripeti,

ripeti senza un senso.Un gusto aspro ma fresco di limone in bocca.

Un’aria fredda, troppo fredda, che ti fa irrigidirecome un triangolo di ghiaccio appuntito.

42

Page 43: Di fame e di parole

Rosa

Il sole sorgendo da dietro le montagne pian piano s’alza.Del suo calore inonda le verdi vallate.

Le�  corolle�  dei�  fiori�  si�  schiudono�  baciate�  con�  tenerezza�  dal�  suo tepore sprigionando nell’aria il loro intenso odore.

Profumo di roseDi mughetti

Di boscoDi rugiada.

Tutto intorno si rianima.Una musica giunge in lontananza

è�  dolcissima!Ma�  cos’è?�  Ascolto�  attenta…è�  un�  organino!

Il suo suono mette gioia nel mio cuore e una grande energia mi pervade.

Il contatto con la natura scatena in me tanta gioia di vivere,la voglia di ballare a tempo di un limbo rock.

Con questo ritmo mi avvicino al paese.Dalle�  finestre�  delle�  case�  esce�  un�  profumo�  agro�  dolce�  di�  cibo�  

che sta cucinandosul fuoco.

Cibo che una mamma prepara con amore per chi deve ritornare.

Un�  altro�  giorno�  è�  appena�  cominciato.Il�  mio�  sguardo�  va�  oltre�  le�  montagne,�  verso�  l’infinito

e pensoGrazie Signore!

Se tu vorrai un altro sorgerà.

43

Page 44: Di fame e di parole

Daniela

Nel silenzio del mattino,quando il sole ancora

non�  ha�  definito�  il�  suo�  cerchio�  di�  luce,�  sulledolci curve delle colline bagnatedalla rugiada e dalla freschezza

dell’acqua dove l’odore dierba�  appena�  tagliata�  è�  accompagnato

dal cinguettio degli uccellidove il sapore del pane appena sfornato evoca

i gesti semplicidi una giornata d’estate cheha un sentore di malinconia

sulle note lontane di un appassionatotango.

44

Page 45: Di fame e di parole

Loredana

Una bambola tutta solaIn una sera

d’inverno, doveil ricordo di una

giornata in spiaggiaa osservare il mare in tempesta,

la rende più dolce e con tanta voglia d’amare.Comincia a ballare una polka e non si ferma mai.

Fino a quando un profumo di lavandala fa fermare

a pensare che il cerchio rotondo della sua vita armoniosasta�  finendo�  e�  comunque

la�  morbidezza�  che�  c’è�  in�  leirimarrà per sempre

nei cuori di chi ha pronunciato Loredana.

45

Page 46: Di fame e di parole

Eleonora

Ho sognato un prato verde in collinailluminato dal sole primaverile.Nell’aria�  profumo�  di�  fiori.

Sapore dolce Eleonora, Eleonora si udiva.Un�  suono�  dolce�  melodico�  lento�  armonioso�  di�  flauti

che faceva il giro del mondoondeggiando e donando dolcezza

a tutte le persone.Seduta su un prato morbido e rotondo

ascoltavo e sorridevo.E fu subito tramonto, sera, pace.

46

Page 47: Di fame e di parole

Quella volta che qualcuno sussurrò il mio nome

“Due anni prima di morire mio padre mi consegnò un valigetta piena di suoi scritti, manoscritti e taccuini. Assumendo la sua solita espressione ironica e scherzosa mi disse che voleva che li leggessi dopo che se n’era andato, intendendo con ciò dopo la sua morte. «Dai un’occhiata», disse con aria di lieve imbarazzo. «Guarda se c’è�  dentro�  qualcosa�  che�  ti�  può�  servire.�  Forse,�  dopo�  che�  me�  ne�  sarò�  andato, potrai fare una cernita e pubblicare il materiale». Eravamo nel mio studio, circondati da libri. Mio padre cercava un posto dove posare la valigetta andando avanti e indietro come chi voglia liberarsi�  di�  un�  penoso�  fardello.�  Infine�  la�  depose�  con�  discrezione�  in�  un angolo dove non avrebbe dato fastidio. Una volta passato questo momento un po’ imbarazzante ma indimenticabile, riprendemmo la leggerezza tranquilla dei nostri soliti ruoli, le nostre personalità sarcastiche e disinvolte. Parlammo come sempre facevamo delle piccole�  cose�  della�  vita�  quotidiana,�  degli�   infiniti�  problemi�  politici�  della Turchia e delle avventure imprenditoriali di mio padre, per lo più fallimentari. Ne discorremmo senza troppo rammarico. Ricordo che, andato via mio padre, per giorni passai accanto alla valigetta senza�   neppure�   sfiorarla.�   Conoscevo�   dalla�   mia�   infanzia�   quella�  piccola borsa di pelle nera, la sua serratura, gli angoli arrotondati. Mio�  padre�  la�  teneva�  sempre�  con�  sé�  nei�  brevi�  spostamenti�  e�  talvolta�  la usava per portare documenti al lavoro. Ricordo che, da bambino, quando tornava da un viaggio aprivo quella valigetta e frugavo tra le sue cose, beandomi del profumo di colonia e di paesi stranieri. Quella valigetta era una presenza amica e familiare, mi ricordava intensamente l’infanzia, il mio passato, ma ora non riuscivo neppure a�  toccarla.�  Perché?�  Senza�  dubbio�  dipendeva�  dal�  peso�  misterioso�  del�  suo contenuto”. Orhan. Pamuk, La valigia di mio padre

Mio�  papà�  non�  mi�  chiama�  Eleonora�  ma�  Ele;�  è�  un�  soprannome�  che usano gli amici e le amiche quando mi chiamano, ma dei�  familiari�  l’unica�  persona�  che�  mi�  chiama�  così�  è�  mio�  papà.�  Ele, quando lo sento pronunciare il mio “soprannome” il mio

47

Page 48: Di fame e di parole

cuore batte di gioia, mi sento importante, utile, orgogliosa di me�  stessa,�  mi�  sento�  figlia.�  Mio�  papà�  è�  cambiato�  negli�  ultimi�  anni;�  con�  l’età�  che�  avanza�  e�  gli�  acciacchi�  fisici,�  e�  non�  solo,�  che fanno la loro comparsa, allora mi chiama, ha bisogno di me e così posso fare qualcosa per lui. Io lo chiamo allora papà, anche se un po’ mi vergogno a pronunciare questa parola�  (perché�  è�  una�  parola�  da�  bambini)�  e�  gli�   racconto�  dei�  miei�  figli,�  i�  suoi�  nipoti:�  cosa�  fanno,�  cosa�  dicono�  e�  gli�  parlo�  di�  D.; qualche volta del mio dolore, delle mie preoccupazioni e lui mi ascolta e anche se non dice niente so che mi capisce, che�  mi�  comprende�  come�  nessuno�  può�  farlo�  perché�  lui�  è�  come�  me anche se non sembra. E quando mi chiama e mi ascolta io sono felice come sono felice anche quando ascolto lui e lo chiamo papà.

"!

La prima volta che ho udito il mio nome era la voce della mia mamma. Mi sembra di risentirla, calda, avvolgente, amorevole�  mi�  chiamava�  Rosa.�  La�  sua�  sola�  voce�  era,�  è,�  dentro�  di me. Mio padre non c’era, non era presente per me.

"!

Dovrei cambiare questa frase in: quella volta in cui qualcuno non sussurrò il mio nome.Infatti se penso a tutte le persone care che mi hanno accompagnato nella vita non ricordo nessuno di loro che

48

Page 49: Di fame e di parole

mi chiamasse Novella. Tutti, a partire da mio padre, mi hanno chiamata sempre con nomignoli, vezzeggiativi, soprannomi…Tata, Nani, Sburdach, Spennacchio…Devo�  dire�  che�  questo�  mi�  ha�  sempre�  fatto�  piacere;�  non�  perché�  il�   mio�   nome�   non�   mi�   piaccia�   ma�   perché�   quel�   soprannome�  era inventato apposta per me. Brutto o bello che fosse testimoniava che qualcuno pensava a me tanto da inventarsi un nome nuovo, unico e che io gli ispiravo dopo avermi conosciuta.Ho sempre sentito questo come la testimonianza di un legame, di un rapporto personale più intimo e profondo.Solo ultimamente mi capita di sentire piacere quando qualcuno mi chiama con il mio nome. Capita soprattutto con i clienti del bar e devo dire che mi stupisce quando qualche ragazzo si ricorda di come mi chiamo.

"!

Qualche anno fa, un giorno di domenica, stavo in casa, tranquilla e mi suonò il telefono: era una amica. Loredana – mi disse – vieni al pronto soccorso, ho bisogno di te.La�  mia�  amica�  era�  caduta�  mentre�  guardava�  suo�  figlio�  giocare�  a�  calcio�  e�  si�  era�  fratturata�  una�  spalla.�  Ciò�  che�  mi�  stupì�  è�  che�  pur essendo con suo marito chiamò me. Corsi da lei per darle coraggio�  e�  sono�  rimasta�  fino�  al�  suo�  ritorno�  a�  casa.Tuttora siamo amiche e ci sentiamo sempre anche se non lavoriamo insieme e quando lei ha bisogno di sfogarsi e di raccontarsi chiama ME.

49

Page 50: Di fame e di parole

"!

Domani�  nasce�  per�  forza,�  è�  in�  ritardo�  di�  una�  settimana�  –�  mi�  disse mia sorella – voglio ci sia tu con me –Io le risposi – Si va bene, ma devo fare un colloquio, ma faccio presto, poi arrivo –Così erano gli accordi.Il mio colloquio si dilungò quasi tutta la mattina e il mio unico pensiero era di non poter stare con mia sorella. C’era mia madre con lei, com’era giusto che fosse. Ma lei aveva chiesto a me di esserci ed io non c’ero, ero arrabbiata.Appena mi fu possibile corsi da lei in clinica e vidi la piccola, bella, riposata. Ma la cosa che mi colpì furono i suoi occhi. Aveva solo due ore di vita ma era come se fosse lì da sempre…ad aspettare noi.

50

Page 51: Di fame e di parole

Ascolto

Il mio ascolto assomiglia

Un�  corpo�  attento,�  immobile,�  fermo�  fisso.Come un sole che avvolge e illuminai prati verdi di un paesaggio collinare.Luminoso come la primavera.Tutti i sensi sono coinvolti.La vista mentre scorrono davanti ai miei occhi i paesaggi descritti;il tatto che mi fa sentire l’aria fresca e frizzante del mattino; il gusto con il sapore aspro e fresco dei limoni; l’olfatto con il profumo del pane appena sfornato; l’udito con il rumore della vita e della natura che si risvegliano al mattino quando il panettiere apre la saracinesca del suo negozio per vendere il pane appena sfornato.

Il mio ascolto assomiglia

Al ricercare nelle parole degli altri le mie parole.Paura�  di�  non�  capire�  fino�  in�  fondo�  ciò�  che�  gli�  altri�  vogliono�  farmi arrivare.Paura di scoprire quanto poco io abbia da dire.Dovrei esercitarmi ad ascoltare con l’orecchio.Ho sempre pensato che sia più importante ascoltare col cuore, ma in questo momento mi sorge un dubbio. Ascoltare con l’orecchio può voler dire essere più obiettivi, aperti agli altri; mentre quando si ascolta col cuore forse abbiamo già cambiato il messaggio.

51

Page 52: Di fame e di parole

Il mio ascolto assomiglia

Un�  pomeriggio�  di�  inizio�  estate,�  quando�  il�  caldo�  non�  è�  ancora�  afoso e insopportabile, all’ombra di aceri pieni di foglie colorate. Un prato rotondo e morbido.Le mie orecchie odono il canto degli uccelli, dei grilli, il fruscio delle foglie, le urla dei bambini che giocano spensierati. Il vociare di donne che si raccontano la quotidianità. Io con i gomiti appoggiati al tavolo, sorreggendo il mento con le mani, ascoltavo i racconti scritti da penne acculturate e da poeti navigati; dissetandomi con una limonata con triangoli di ghiaccio.

Il mio ascolto assomiglia

Alla fantasia. Se l’interlocutore riesce a risvegliare i miei sensi; se mi parla col cuore, allora ascolto rapita, attenta e�   ne�   colgo�   l’essenza.�   Diversamente�   faccio�   fatica�   a�   fissare�  l’attenzione; la mia testa ogni tanto vola via da sola…devo riprenderla e dirle – Fermati, stai qui e ascolta! –

Il mio ascolto assomiglia

Un bambino che ascolta la sua mamma che gli parla e che racconta una storia.Un modo per rilassarmi, non pensare più a nulla se non a quello che ascolto.Un�  piccolo�   spazio�   per�  me�  difficile�   da�   trovare�   nella�   vita�   di�  ogni giorno.Un modo di coccolarsi.

52

Page 53: Di fame e di parole

Chi mi ha insegnato ad ascoltare

Per�  me�  mio�  padre�  è�  stato�  davvero�  un�  maestro�  di�  vita.�  Ricordo�  che�   già�   da�   bambina�   provavo,�   oltre�   all’affetto�   di�   figlia,�  un’enorme stima nei suoi confronti. Era un uomo con tanti principi�  morali�  e�  pochi�  interessi�  superficiali.�  Ho�  passato�  tanto�  tempo con lui, da bambina e poi da adolescente.Prima nei campi, quando faceva il contadino e poi nei suoi viaggi in camion quando, cambiato mestiere, andava a comprare l’uva e il vino. Ero sempre con lui.Dei tanti momenti passati insieme non ricordo neanche un minuto vuoto. Da ogni fatto, da ogni incontro o situazione riusciva sempre a trovare un insegnamento per me.Ricordo che verso i dodici anni avevo tanta paura di non riuscire ad imparare tutti questi suoi insegnamenti.Con�  i�  miei�  figli,�  poi,�  mi�  sono�  sempre�  paragonata�  a�  lui�  e�  mi�  dispiace di non essere stata alla sua altezza.Purtroppo qualcosa di quello che mi ha insegnato l’ho perso per strada.Tra le tante cose che mi ha insegnato: ad ascoltare gli altri, a rispettarli e a porgere sempre il saluto.

"!

La�   persona�   che�   mi�   ha�   insegnato�   ad�   ascoltare�   non�   è�   tanto�  la mamma o il papà ma soprattutto, nel presente, LA MIA GRANDE BAMBINA.

53

Page 54: Di fame e di parole

"!

Fin dall’infanzia mia mamma mi ha sempre parlato e ascoltato.Mi piaceva ascoltarla quando cantava e poi mi spiegava quel che�  non�  capivo.�  Era�  solare,�  sempre�  gioiosa�  con�  noi�  figli.L’ascoltavo rapita quando si raccontava, io mi sentivo grande.Quando�  mi�  parlava�  di�  Dio�  e�  del�  suo�  bene�  infinito.L’ascoltavo�   attenta�   quando�  mi�   insegnava�   ciò�   che�   è�   bene�   e�  ciò�  che�  è�  male.�  Mi�  ha�  sempre�  parlato�  con�  infinita�  dolcezza�  e�  determinazione se occorreva.L’ho�  ascoltata�   sempre�  finché�  un�  giorno�  ho�  detto�  basta,�  ora�  faccio a modo mio. Sentivo che per crescere dovevo far questo e non l’ho più ascoltata; non ho più voluto sentire il suo vuoto, la sua solitudine, i suoi bisogni…ne avevo paura.È stata la persona più importante della mia vita.Oggi�  vorrei�  risentire�  la�  sua�  voce.�  Oggi�  che�  non�  è�  più�  vorrei�  riascoltarla.

"!

Chi�   mi�   ha�   insegnato�   ad�   ascoltare�   sono�   stati�   i�   miei�   figli,�  soprattutto�   mia�   figlia�   che�   ha�   aperto�   la�   strada�   ai�   suoi�   due�  fratelli.Spesso�   è�   cupa�   ma�   quando�   ride�   la�   sua�   risata�   è�   squillante,�  fresca, contagiosa: era da anni che non la vedevo sorridere tanto.

54

Page 55: Di fame e di parole

La rivedo bambina, con i codini, che gioca sull’altalena mangiando un gelato sotto il sole d’estate. La rivedo spensierata mentre se ne va in giro con la su bicicletta nel cortile di casa. La rivedo ancora bambina mentre mangia con gusto quanto ho cucinato.La rivedo adolescente grigia e tesa con gli occhi spenti e sofferenti, rigida, pensierosa.La rivedo ora, ibrida. Un misto fra la bambina e l’adolescente. Una�  giovane�  donna�  come�  un�  fiore�  appena�  sbocciato,�  come�  una crisalide che si trasformerà in farfalla. Io sono in attesa di questa trasformazione.

"!

Sicuramente mia madre. Ho imparato ad ascoltare i miei doveri.Mia�  madre�   è�   una�   donna�   un�   po’�   ruvida;�   sembra�   quasi�   che�  le�   emozioni�   non�   la�   sfiorino.�  Ma�  non�   è�   così�   nel�   suo�   essere�  forte:�  è�  anche�  fatta�  di�  vetro,�  trasparente�  in�  cui�  si�  vede�  la�  sua�  confusione tra quanto vorrebbe e quello che ha. Cordiale con gli altri, severa con me. Soprattutto con me. Critica in ogni mia scelta, anche nel mio essere madre. Quello che cerco da�  tutta�  la�  vita�  è�  che�  lei�  mi�  dica�  –�  Sei stata brava! – Ma non dispero, ho ancora tempo!

55

Page 56: Di fame e di parole

Rifletto�  sul�  mio�  ascolto

Se riesci a non perdere la testa, quando tutti intorno la perdono, e se la prendono con te; se riesci a non dubitare di te stesso, quando tutti ne dubitano, a anche a cogliere in modo costruttivo i loro dubbi; se sai attendere, e non ti stanchi di attendere; se sai non ricambiare menzogna con menzogna, odio con odio, e tuttavia riesci a non sembrare troppo buono, e a evitare di far discorsi troppo saggi; se sai sognare - ma dai sogni sai non farti dominare; se sai pensare - ma�  dei�  pensieri�  sa�  non�  farne�  il�  fine;�  se�  sai�  trattare�  nello�  stesso�  modo�  due impostori - Trionfo e Disastro - quando ti capitano innanzi; se sai resistere a udire la verità che hai detto dai farabutti travisata per ingannar gli sciocchi; se sai piegarti a ricostruire, con gli utensili ormai tutti consumati,le cose a cui hai dato la vita, ormai infrante; se di tutto ciò che hai vinto sai fare un solo mucchio e te lo giochi, all'azzardo, un'altra volta,�  e�  se�  perdi,�  sai�  ricominciare�  senza�  dire�  una�  parola�  di�  sconfitta;�  se sai forzare cuore, nervi e tendini dritti allo scopo, ben oltre la stanchezza, a tener duro, quando in te nient'altro esiste, tranne il comando della Volontà; se sai parlare alle folle senza sentirti re, o�   intrattenere�   i�   re�   parlando�   francamente,�   se�   né�   amici�   né�   nemici�  riescono a ferirti, pur tutti contando per te, ma troppo mai nessuno; se riesci ad occupare il tempo inesorabile dando valore a ogni istante�  della�  vita,�   il�  mondo�  è�   tuo,�  con�   tutto�  ciò�  che�  ha�  dentro,�  e,�  ancor di più, ragazzo mio, sei Uomo! Rudyard Kipling, Se

Quando ascolto, soprattutto nell’ambito familiare, il cuore, le emozioni hanno il sopravvento. Vorrei invece che anche l’intelletto avesse il suo spazio per mitigare le emozioni di gioia�  o�  di�  dolore�  che�   l’ascolto�  mi�  procura.�  Non�  so�  perché,�  non so come, ma vorrei fosse così.Però�  mi�  piace�  ascoltare�  chi�  mi�  parla�  di�  sé,�  mi�  sento�  importante�  e�  degna�  di�  fiducia.

56

Page 57: Di fame e di parole

"!

Anch’io come le mie amiche faccio fatica a farmi ascoltare ma�  perché�  per�  prima�  io�  non�  mi�  ascolto.�  Temo�  di�  non�  avere�  nulla�   da�   dire.�   Non�   è�   importante�   parlare�   tanto�   per�   farsi�  ascoltare; bastano poche parole vere dette col cuore.L’ascolto�  è�  radicarmi�  dentro�  di�  me.�  Nel�  tempo�  ho�  imparato�  a�  stare anche in silenzio per lasciare spazio all’altro.

"!

Riuscire a farmi ascoltare senza alzare la voce e che le mie poche parole possano essere percepite ed accettate.

"!

Ascolto le poesie delle mie amiche. Donne che come me hanno bisogno di tanto amore; di essere comprese. Donne piene d’amore…

"!

Mi piace parlare al mattino appena sveglia. Ascoltarmi dentro e condividere i miei pensieri con la persona che mi sta accanto.

"!

57

Page 58: Di fame e di parole

Apprezzo la vena poetica, la profondità d’animo e d’espressione che abita nelle mie amiche di penna.

"!

Vorrei�  affinare�  la�  mia�  capacità�  di�  espressione�  della�  parola.

"!

Nel�  mio�  ascolto�  c’è�  l’orecchio,�  c’è�  il�  cuore,�  ci�  sono�  gli�  occhi�  perché�  vedo�  immagini,�  c’è�  attenzione�  unitaria.�  Non�  c’è�  il�  tu,�  sono ripiegata su me stessa?

"!

Penso a quanto di positivo vive nell’animo umano e quanto poco, nella vita di tutti i giorni, emerga questa qualità.

58

Page 59: Di fame e di parole

I Dizionari esistenziali

59

Page 60: Di fame e di parole

60

Page 61: Di fame e di parole

Il Dizionario di Eleonora

AAmore, abbraccioAbbraccio/tenerezza di un abbraccio. Il giorno che ho accompagnato�  mia�  figlia�  all’ospedale�  lei�  mi�  raccomandò�  di�  non piangere. In auto, durante il tragitto, cercammo di parlare del�  più�  e�  del�  meno.�  Eravamo�  io,�  mio�  marito�  e�  nostra�  figlia.Quando arrivammo salimmo in sala d’attesa del reparto dei disturbi alimentari e attendemmo l’arrivo di una infermiera. L’infermiera�  arrivò�  e�  disse�  a�  mio�  marito�  di�  scendere�  agli�  uffici�  amministrativi per la compilazione della cartella clinica. Io e�  mia�  figlia�  restammo�  lì�  in�  silenzio,�  ma�  non�  volevo�  piangere.�  Lei sembrava di pietra, chissà quanto dolore aveva nella sua anima. Mio marito tornò e l’infermiera ci comunicò che potevamo�  salutare�  nostra�  figlia�  e�  poi�  partire.Crollai. L’abbracciai forte e le dissi: “Fai la brava”. Strinsi forte quel corpicino esile, rigido, indifeso. Da molti anni non�  l’abbracciavo,�  lei�  rifiutava�  il�  contatto�  fisico,�  ma�  in�  quel�  momento si abbandonò e anche lei mi abbracciò.Io e mio marito uscimmo e io piangevo. Ricordo era una giornata primaverile di pioggia piuttosto fredda. Ci recammo in un vicino negozio e mi regalai un paio di jeans e una maglia. Poi�  entrammo�  in�  un�  bar�  per�  un�  caffè�  anche�  se�  la�  voglia�  non�  c’era. Ma sentivo che in questo modo potevo stare ancora un po’�  vicino�  a�  mia�  figlia.�  Sentivo�  tutta�  la�  fatica�  a�  tornare�  a�  casa�  senza lei.Sembrava inghiottita nel nulla. Un mese senza vederla

61

Page 62: Di fame e di parole

sapendo che stava male.Tornammo. Mio marito passò il pomeriggio a letto, al buio, voleva andarla a riprendere. Anch’io stavo male ma tenevo la speranza che sarebbe guarita.Di notte sognavo spesso il momento in cui l’avrei riabbracciata e mi immaginavo il suo corpo più in carne e morbido.Passò un mese dal ricovero e potemmo andarla a trovare. Per l’occasione mi vestii bene, volevo essere bella per lei. Volevo mi considerasse la mamma più bella di tutte. Ero emozionata e felice, aspettavo con ansia quel momento dal giorno del ricovero.Entrammo in reparto. La vidi, era bella come il sole. La pelle ed il corpo morbidi, gli occhi lucenti, solare come non la vedevo�  da�  molti�  anni�  e�  finalmente�  l’abbracciai.Ci sedemmo su uno dei divanetti; lei vicino a me mi prendeva le�  mani,�  cercava�  il�  contatto�  fisico.Fu un momento meraviglioso.

BBacio

CCalore di una famiglia

DDolore, dono di séDono di sé.�  Come�  mamma�  dono�  tutta�  me�  stessa�  ai�  miei�  figli.�  Per me questo dono si riassume nel momento del pasto.

62

Page 63: Di fame e di parole

Cucinare per loro, preparare il tavolo mi riempie di gioia e di amore.Purtroppo però il momento del pasto si trasforma spesso in un campo di battaglia per le discussioni accese che si vengono ad instaurare e questo mi fa soffrire.

FFelicità d’amare

GGioia

IInadeguatezza, incredulitàIncredulità. Alla comparsa della malattia avevo acquistato un libro che parlava di Anoressia e leggendolo mi sono detta che�  mia�  figlia�  non�  era�  anoressica�  perché�  non�  mi�  sembrava�  proprio come le ragazze descritte nel libro.La diagnosi l’abbiamo avuta dopo cinque anni passati fra specialisti diversi: ginecologo, psicologo, dietologo, gastroenterologo. Nessuno mi fece una diagnosi della malattia�  di�  mia�  figlia.Durante la sua degenza alla clinica che si occupa di disturbi del�  comportamento�  alimentare�  mia�  figlia�  scrisse�  una�  lettera�  a casa, ricordo un frammento: “Mamma, avresti mai pensato di�  avere�  una�  figlia�  ammalata�  di�  anoressia?”.�  No,�  non�  avrei�  mai pensato che potesse accadere alla nostra famiglia. A me che�  ho�  sempre�  amato�  i�  miei�  figli�  come�  me�  stessa�  se�  non�  di�  

63

Page 64: Di fame e di parole

più? A me che ho sempre sofferto e gioito con loro? Pensi sempre che le cose brutte a te non possano accadere.Ora mi sento marchiata come mamma; soprattutto sento questo marchio sulla mia famiglia. Io, più facilmente di mio marito,�  mi�   sono�  messa�   in�   discussione.�   Per�   lui�   non�   è�   stato�  facile�  e�  non�  lo�  è�  tutt’ora.Questa�  malattia�  è�  considerata�  spesso�  un�  capriccio�  ed�  è�  difficile�  far comprendere la grande sofferenza che abita la persona che�  ne�  è�  colpita.�  Anch’io�  ho�  faticato�  tanto�  per�  comprendere�  questa situazione, ho dovuto lavorare con me stessa. Mio marito ancora non riesce a considerarla una malattia. Non riesce�  a�  unire�  la�  sofferenza�  dell’anima�  con�  il�  rifiuto�  del�  cibo.Durante il primo mese di ricovero non potemmo vederla ne sentirla per telefono. Unico modo per comunicare erano le lettere. Lettere lunghe, belle, strazianti, aperte. Ognuno di noi apriva il suo cuore e la sua anima reciprocamente.Attendevo le lettere con ansia, come lei attendeva le nostre. Quando�   le�   leggevo�   piangevo�   perché�   finalmente�   vedevo�   e�  capivo tutta la sua sofferenza.Restavo�  alzata�  fino�  alle�  due�  di�  notte�  per�  risponderle:�  quando�  tutti gli altri se ne erano andati a dormire andavo nella sua camera e mi sedevo alla sua scrivania. Lì, in quel luogo dove tante volte l’avevo vista soffrire, conversavo con lei. Lo�   facevo�   di�   sera�   perché�   non�   volevo�   che�   gli�   altri�   figli�   si�  potessero�   ingelosire�  e�  anche�  perché�  nessuno�  mi�  disturbava�  così potevo piangere in pace.Tutte le settimane io e mio marito andammo a portarle il cambio della biancheria. Quando, entrata nella sala d’aspetto,

64

Page 65: Di fame e di parole

vedevo la sua borsa pensavo: “Eccola qui la mia bambina, non�  è�  sparita”.�  A�  casa�  lavavo�  i�  suoi�  vestiti�  con�  tanto�  amore.Verso�  la�  fine�  del�  ricovero�  veniva�  a�  casa�  ogni�  fine�  settimana.�  Il momento del rientro diventava per me doloroso e quando la lasciavo sentivo sgorgare lacrime silenziose senza che io lo�  volessi.�  Sentivo�  una�  grande�  angoscia�  nel�  cuore�  perché�  il�  ricovero stava terminando ma lei ancora non stava bene e tornata a casa mi chiedevo cosa sarebbe successo. Come avremmo continuato?Figlia mia ti amo, ti voglio bene. Le regalo ora questa parola che ho scritto ma non le ho dato.

MMamma

NNido, nostalgia del passatoNostalgia.�  Ho�  spesso�  nostalgia�  di�  quando�  i�  miei�  figli�  erano�  piccoli, di quando giravano in bicicletta. Li accompagnavo ai giardinetti a giocare con gli altri bambini, li accudivo fisicamente�   lavandoli,�   vestendoli,�   pettinandoli.�   Quando�   li�  tenevo in braccio e li coccolavo, quando leggevo loro le favole.Ora�  mi�  sento�  una�  mamma�  inadeguata�  perché�  mi�  sembra�  di�  non avere più niente da dare. Spesso non li capisco; alle loro richieste di aiuto non so come rispondere. Faccio fatica a lasciarli andare, vorrei sempre tenerli con me. Quando crescono hai paura di perderli. Ti accorgi che loro hanno

65

Page 66: Di fame e di parole

interessi diversi dai tuoi e che tu non sei più al centro della loro vita e questo, ti fa sentire il sentimento strano forse un po’ di gelosia.

OOrgogliosa�  dei�  miei�  figli

PPaura del futuro, panico, pazienza, piangere, protezione, pregiudizioPiangere.�  Quante�  volte�  ho�  pianto�  vedendo�  mia�  figlia�   stare�  male. Mi sentivo impotente, non capivo il suo malessere, la vedevo triste, grigia, sola, tesa, con due occhioni verdi che mi imploravano di aiutarla. Ma io non capivo, non sapevo cosa fare. Spesse volte mi arrabbiavo con lei quando non voleva mangiare, quando non voleva uscire. Mi rispondeva in malo modo e questo mi faceva sentire ancor peggio. Quando lavavo i piatti dopo pranzo lei si metteva vicina al calorifero e mi parlava delle sue paure ed io cercavo di tranquillizzarla pensando che bastasse quello per farla star bene. Non sapevo fosse ammalata, che avesse dentro di lei quella terribile malattia che la stava divorando e che quindi non bastavano le mie parola per farla stare meglio.Spesso mi coinvolgeva nella ricerca di ricette, facevo torte che poi non mangiava e io non sapevo che quelli erano i sintomi di questa malattia.Pregiudizio. Spesso i genitori, soprattutto le madri, vengono attaccate�  e�  colpevolizzate�  quando�  un�  figlio�  o�  una�  figlia�  soffre�  

66

Page 67: Di fame e di parole

di anoressia e bulimia. Dai libri che ho letto le madri vengono dipinte come persone dure, insensibili e, addirittura, come esse stesse la causa dell'insorgenza della malattia.Nessuno sembra parlare anche della sofferenza, dell'angoscia, del dolore, dei sensi di colpa e di impotenza che un genitore vive�  quando�  si�  trova�  di�  fronte�  un�  figlio�  o�  una�  figlia�  ammalati.�  La�  diagnosi�  di�  anoressia�  porta�  con�  sé�  anche�  la�  vergogna�  di�  sentirsi�  giudicate�  dalle�  altre�  madri;�  è�  come�  se�  ti�  guardassero�  con aria di superiorità sentendosi più brave di te che, come madre, hai fallito. Io spesso mi sento addosso questo sentimento di fallimento, anche se il mio vero e unico sbaglio è�  stato�  di�  amare�  troppo�  i�  miei�  figli.

RResponsabilità

SSperanza

TTristezza/tenerezza di un abbraccio

67

Page 68: Di fame e di parole

Il Dizionario di Daniela

AAmore, amiciziaL’amore�  per�  i�  figli�  è�  un�  amore�  incondizionato,�  non�  ha�  misura�  per me. Come genitore che comporta impegno e rigore, ma anche i gesti del quotidiano che esprimono, nella loro semplicità,�   essere�   accanto.�  La�   cosa�   che�  mi�  preme�  di�   più�   è�  il�   rapporto�  con�   le�  mie�  figlie.�  Talvolta�  si�  dice�  che�   i�  figli�  “si�  ammalano” per troppo amore dei genitori, può darsi. Ma prendersi�  cura�  dei�  propri�  figli�  mi�  sembra�  la�  cosa�  principale�  della�  vita.�  Essere�  genitore�  non�  è�  solo�  garantire�  i�  beni�  materiali,�  è�  prima�  di�  ogni�  cosa�  attenzione�  d’amore.

BBuono

CColpa, cura, cibo, coraggioColpa, il senso di colpa blocca un genitore nell’assumersi a pieno la responsabilità del mettere in moto cambiamenti. Il senso di colpa provoca un arresto.Sentirsi colpevoli e colpevolizzati per un evento, un problema,�  inerente�  tuo�  figlio�  è�  molto�  doloroso.Cura, anche i genitori hanno bisogno di essere presi in cura nel percorso doloroso dell’Anoressia e della Bulimia. Si sentono spiazzati, incapaci, spaventati: che si prende cura di loro? Come possono assumersi la responsabilità se loro stessi

68

Page 69: Di fame e di parole

sono presi nel vortice di queste emozioni e sentimenti?Cibo,�  nella�  nostra�  cultura�  è�  il�  modo�  di�  occuparci�  della�  persona�  che�  amiamo.�  Offrire,�  preparare�  un�  buon�  cibo�  per�  i�  figli�  è�  atto�  d’amore;�   la�  prima�  cosa�  che�  un�  genitore�  chiede�  a�  suo�  figlio�  spesso�   è:�   “Hai�   mangiato?”.�   Una�   domanda�   semplicissima�  che apre un mondo immenso. Quando il cibo diviene un segnale di sofferenza all’interno della famiglia tutto sembra precipitare nella confusione, le certezze delle consuetudini spariscono.Coraggio, tanti sono i gesti di coraggio che un genitore può sperimentare:�   lasciare�   che�   i�  figli�  vadano�  verso�   la�  vita,�  non�  trattenerli.�  Io�  spesso�  mi�  trovo�  nella�  paura�  che�  mia�  figlia�  se�  ne�  vada e che prenda il coraggio di partire.Il coraggio di stare con i propri timori tipici di un genitore: dunque il coraggio di esserci e non esserci.

DDisagio, diplomazia

EEnfasi, entusiasmo

FFelicità

GGenitori, gruppo di auto mutuo aiuto, gioiaI Genitori hanno bisogno di parlare con qualcuno che li

69

Page 70: Di fame e di parole

capisca. Troppo spesso ho sentito dire:“Ma�   se�   la�   figlia�   è�   così,�   è�   colpa�   dei�   genitori”.�  Queste�   frasi�  sono fonte di dolore fortissimo per un genitore che già vive nel proprio intimo il senso di colpa. Sono frasi ferenti che ti fanno sentire in difetto, solo, nella disperazione e inutili perché�  evidenziano�  la�  stupidità�  di�  chi�  con�  leggerezza,�  senza�  conoscere, etichetta le persone. Sono discorsi terribili alle orecchie di un genitore.I genitori hanno bisogno di qualcuno che li ascolti e che li comprenda. E questo nella cerchia amicale, familiare, nelle strutture sociali e sanitarie.Gruppo di auto mutuo aiuto. Per caso circa due anni fa, 2009, avevo incrociato il gruppo AMA. All’inizio ho frequentato qualche incontro e poi ho smesso. Io in quel momento mi sentivo,�  nei�  confronti�  della�  malattia�  di�  mia�  figlia,�  nel�  baratro�  e non riuscivo a sostenere la comunicazione con altre mamme e papà che vivevano in famiglia la sofferenza e anche la ri-uscita dal tunnel di dolore inerente i disturbi del comportamento alimentare. Non riuscivo a compartecipare, oltre il dolore, anche la gioia di questi genitori. Ho mollato la�  frequentazione�  del�  gruppo�  e�  dopo�  un�  po’�  ho�  ripreso�  perché�  ne sentivo il bisogno e lo sguardo mio era cambiato. È una esperienza�  molto�   importante,�  un�  modo�  per�  credere�  che�  c’è�  una�  soluzione�  al�  problema�  della�  bulimia�  o�  dell’anoressia;�  è�  un�  modo�  perché�  non�   ti�   senti�   solo�   e�   condividi�   con�  persone�  che hanno il medesimo problema e dunque puoi osare dire quanto�  ti�  sta�  nel�  cuore�  perché�  sarai�  compresa�  e�  non�  vista�  come�  la�  “pazza”,�  come�  mi�  è�  capitato�  di�  sentirmi�  dire.�  Partecipare�  

70

Page 71: Di fame e di parole

al�  gruppo�  è�  un�  sollievo�  dell’anima,�  del�  cuore.�  Apri�  la�  porta�  della tua abitazione, magari anche a mezzanotte, ma ti senti con�   qualcuno�   vicino�   perché�   le�   parole�   restano�   e�   ti�   aiutano�  a�   riflettere.�   Spesso�   arrivo�   al�   gruppo�   con�   un�   sentimento�   di�  pesantezza e poi me ne vado con la lievità che abita il mio cuore.Al gruppo ci si ascolta vicendevolmente; nessuno ha il sapere in tasca ma ciascuno cresce con l’aiuto di tutti. Insieme proviamo a farcela. Io ho vagato, vagato per anni fra una struttura e l’altra, uno specialista e l’altro senza venire a capo di nulla!

IIngoiare, iraIngoiare,�  perché�  i�  nostri�  figli�  fanno�  fatica�  ad�  ingoiare?�  Cosa�  devono, metaforicamente, ingoiare?

LLuce

MMomenti

NNullità

OOssessione

71

Page 72: Di fame e di parole

PPaura, pregiudizi, parolePaura, la paura più grande che ho vissuto, che vivo, di non vedere�   mia�   figlia�   prendere�   in�   mano�   la�   sua�   vita;�   di�   essere�  consapevole del valore della sua vita. La paura di non riuscire a�  vedere�  svilupparsi�  in�  mia�  figlia�  la�  giusta�  autonomia�  di�  cui�  necessita per essere donna adulta.La paura che io non vivrò per sempre.Pregiudizi che ho sentito dire:Sono�  figlie�  viziate!Sono�  figlie�  che�  non�  hanno�  voglia�  di�  far�  niente!I genitori fanno troppo per loro!Vogliono soltanto attirare l’attenzione!Sono persone cattive!Sono tiranne!Sono Fatte Così!È colpa dei genitori!Sono fannullone, non hanno voglia di fare niente!

I pregiudizi fanno sentire il genitore inadeguato, fallito, un niente.

QQuotidiano

RRigore

72

Page 73: Di fame e di parole

Rigore,�  il�  rigore�  è�  per�  responsabilità�  del�  genitore.�  Se�  mia�  figlia�  ha un problema io in qualità di genitore ho la responsabilità, da�   gestire�   con�   rigore,�   di�   quanto�   accade;�   anche�   quando�   è�  soltanto possibile la vicinanza e nessun altro intervento. Il mio sguardo deve essere rigoroso nel senso di attento. Un genitore ha la responsabilità di assumersi la sofferenza dei figli�  per�  affrontarla�   insieme.�  Anche�  insieme�  ad�  altri�  esterni�  alla famiglia che possono essere di aiuto nel capire. Quando si vive la condizione di genitore “unico” assumersi la responsabilità�   nei�   confronti�   dei�   figli�   è�   una�   esperienza�   che�  misura la capacità di equilibrio fra la funzione materna e paterna incarnati in un solo genitore. Dunque ci si misura fra cura e rigore.

SScoperta, stanchezzaScoperta, ho scoperto che esistono tantissime patologie rientranti nei disturbi del comportamento alimentare, non solo Anoressia e Bulimia. Quindi quanta informazione ancora�  è�  da�  costruire�  per�  offrire�   alle�   famiglie�  delle�  visioni�  sempre più complete.

TTitubanzaTitubanza. Sembra proprio il contrario del rigore, ma noi umani viviamo di polarità e quindi sono anche titubante in alcuni momenti. Il rigore va di pari passo con la titubanza nella mia vita. Mi sento in questo stato quando, nella

73

Page 74: Di fame e di parole

relazione�   con�  mia�   figlia,�   devo�   assumermi�   delle�   scelte�   che�  chiamo “forti”: allora nascono le domande, i dubbi, e poi il senso di responsabilità. Insomma una bella danza!

UUmiltà

VVerità, viaggi

ZZeroZero.�  Vorrei�  partire�  da�  zero�  perché�  è�  da�  zero�  che�  mi�  è�  capitato,�  spesso,�  nella�  mia�  vita�  di�  ripartire.�  Non�  è�  detto�  che�  sia�  finita�  perché�  ogni�  volta�  che�  cambia�  qualcosa�  nelle�  situazioni�  faccio�  fatica�  a�  trovare�  un�  filo�  conduttore,�  un�  obiettivo�  raggiunto�  e�  sentire continuità. Quando vivo una situazione di disagio interrompo tutto quanto e riparto da zero.Se prima era un incentivo, una nuova energia, un qualcosa in cui�  credere�  di�  nuovo,�  adesso�  mi�  è�  più�  difficile.�  Vorrei�  trovare�  una continuità nella mia vita ma vado in confusione, ora. Le cose mi spaventano di più.La�  continuità�  è�  allacciarmi�  a�  qualcosa�  del�  passato,�  a�  tutte�  le�  esperienze belle e brutte. Di queste io ne tengo conto per non fare gli stessi errori ma spesso mi capita di ricascare nello stesso identico errore e questo mi turba. Talvolta mi pare che le�  cose�  procedano�  per�  conto�  loro�  e�  non�  perché�  io�  abbia�  messo�  del mio.

74

Page 75: Di fame e di parole

Tante cose negative mi hanno insegnato. Io, spesso, mi sento dire dagli altri che sono stata sfortunata nella mia vita ma questo�  non�  lo�  accetto�  perché�  non�  mi�  pare�  vero.�  Le�  esperienze�  negative�   che�   all’inizio�   non�   ne�   comprendi�   il�   significato�  esistenziale�   perché�   ferenti�   e�   dolorose,�   poi�   le�   consideri�   di�  nuovo, col senno di poi, capaci di positività.Mi viene in mente una cosa quando io e mio fratello siamo stati mandati in collegio. Col senno di poi, forse, quella esperienza mi ha aiutato a sopravvivere meglio nelle avversità della vita: l’abbandono, essere lasciati nelle mani di qualcun altro, ha fatto di me una bambina già allora consapevole della mia autonomia dalla mia famiglia. Se fossi cresciuta in quell’ambiente mi avrebbe forse chiusa in un mondo chiuso; essere stata sradicata mi ha fatto capire che�   c’è�  molto�   altro�   oltre�   la�   famiglia,�   il�   paese,�   anche�   se�   le�  radici sono importantissime.

Il collegio mi ha aiutato anche a farmi un mio pensiero culturale che nella mia famiglia non avrei potuto sperimentare. I due anni di collegio mi hanno formata da un punto di vista emotivo e del pensiero. Un esempio: tornata dal collegio io parlavo, a differenza della mia famiglia che usava per esprimersi il dialetto, in italiano. E ho educato i miei�   genitori�   a�   parlare�   in�   italiano�   e�   questo�   è�   stato�   per�  me�  una conquista. Ho sempre letto, mi sono sempre informata. Per�  me�  l’informazione�  è�  stata�  sempre�  importante�  perché�  non�  mi piace vivere nell’ignoranza. L’ignoranza mi spaventa molto. Da piccola ero l’unica in famiglia che frequentava

75

Page 76: Di fame e di parole

la�  biblioteca.�  Questo�  è�  il�  carattere�  che�  segna�  la�  mia�  curiosità�  esistenziale. Mia madre qualche anno fa ha riconosciuto la mia capacità di pensiero e questo mi ha fatto piacere.

Io�  ho�  sempre�  sentito�  che�  mia�  figlia�  era�  turbata�  sin�  dalla�  scuola�  materna.�  Quando�  è�  successo�  il�  rifiuto�  del�  cibo,�  perché�  tutto�  è�  iniziato così, non mi sono trovata del tutto impreparata. Non ero a zero.Questa intuizione, questo sentire mi ha permesso di vedere, di�  cogliere�  quanto�  accadeva�  con�  il�  rifiuto�  del�  cibo.Quali sono stati gli elementi che mi hanno fatto cogliere la�  sofferenza?�  Non�  se�  se�  è�  perché�  “sentivo”,�  molto�  più�  che�  vedere, cose particolari. Una sensazione impalpabile che va oltre il dato di realtà. Io mi sento sempre vigile dentro ai miei giorni e questo mi permette di non trovarmi impreparata. Anche�  con�  mia�  figlia�  ho�  colto�  subito,�  come�  un�  campanello�  di�  allarme,�  l’atteggiamento�  di�  rifiuto�  del�  cibo.�  Era�  una�  bambina�  di dieci anni che chiedeva attenzione.

Come�  genitore�  mi�  sono�  affidata�  subito�  alle�  strutture.�  Nasce�  la�  consapevolezza di non essere in grado di fare nulla. Cosa fai? Senti�  che�  c’è�  un�  problema�  serio�  e�  tu,�  genitore,�  non�  sai�  cosa�  fare.�   Sentivo�   il�   grande�   vuoto�   di�  mia�  figlia�  ma�   non�   sapevo�  cosa potesse colmare questo vuoto. Io non bastavo.Pur�  essendo�  preparata�  ad�  un�  evento�  indefinito,�  nel�  momento�  in cui compare questa determinazione della cosa ho capito che da sola non poteva affrontarla.Affidarsi�  alla�  strutture�  vuol�  dire�  anche�  mettersi�  in�  discussione�  

76

Page 77: Di fame e di parole

come genitore, come donna. Ma bisogna interrompere un gioco�   relazionale�   che�   provoca�   sofferenza,�   è�   necessario�  vederlo e dare un taglio netto. Io ci sto ancora lavorando.

Negli�   anni�   il�   rapporto�   con�   gli�   operatori�   delle�   strutture�   è�  stato complesso: discussioni sulle psicoterapie se famigliare o singola; ricoveri sì, ricoveri no; come intervenire con la scuola.

Come�  genitore�  mi�  sono�  confrontata�  con�  la�  malattia�  di�  mia�  figlia�  molto�  precocemente;�  è�  una�  situazione�  che�  ha�  accompagnato�  la vita della famiglia dagli anni dell’adolescenza e della giovinezza�  di�  mia�  figlia.

77

Page 78: Di fame e di parole

Il Dizionario di Novella

AAutostima, aiutoAutostima. Alcuni anni fa una persona a me molto cara e che�  stimo�  molto�  mi�  ha�  detto:�  “L’autostima�  è�  fondamentale”.�  Questa�  affermazione�  che�  per�  i�  più�  è�  giusta�  e�  scontata,�  per�  me,�  non lo era, anzi, la sentivo contraria a quelle convinzioni che hanno determinato il mio modo di vivere e di essere madre. Infatti�   io�   ho�   sempre�   pensato�   che�   la�   troppa�   sicurezza�   di�   sé�  porti alla prepotenza, alla poca umiltà. Nel crescere i miei figli�  ho�  sempre�  tenuto�  presente�  questa�  mia�  convinzione�  che�  per me era un principio importante. Per questo non ho mai fatto loro tanti complimenti e tanti elogi per le cose positive che facevano ma, al contrario, sottolineavo solo i loro errori. Non�  è�  sempre�  stato�  facile�  rispettare�  questa�  regola�  che�  mi�  ero�  data, e per farlo mi dicevo (e mi dico) che una madre non deve lasciarsi guidare dai pregiudizi, ovviamente positivi, che�  per�  natura�  ha�  verso�   i�  propri�  figli.�  Solo�  adesso�  che�  mia�  figlia�  soffre�  di�  bulimia�  capisco�  quanto�  avesse�  ragione�  quella�  persona e quanto il mio modo di fare abbia determinato la sua�  mancanza�  di�  autostima�  che�  è�  alla�  base�  del�  suo�  disturbo.�  Mi vergogno tanto di questo mio gravissimo errore, ma vorrei farle capire che ho agito in buona fede: guidata forse dall’egoismo di un amore troppo possessivo, che mi faceva sentire�   una�   sola�   cosa�   con�   i�   figli.�   Lodare�   loro�   voleva�   dire�  lodare me stessa; sgridare loro era punire me stessa per non essere stata capace di insegnare il giusto.

78

Page 79: Di fame e di parole

C

Cambiamenti, capire, colpa, condivisoneCambiamenti. Problemi e dolori possono distruggerci se la nostra mente non trova il modo di affrontarli.Il�  problema�  di�  mia�  figlia�  è�   stato�  per�  molto�   tempo�  causa�  di�  disperazione,�  dolore�  e�  anche�  conflitti�  tra�  me�  e�  mio�  marito.�  In�  casa non c’era più un momento di serenità.Lei stava male, io soffrivo per lei, mio marito per non soffrire�  rifiutava�  di�  ammettere�  l’esistenza�  di�  una�  malattia�  e�  mi accusava di vedere sempre negativo, io ero risentita con lui. Così l’atmosfera era sempre tesa e insopportabile. Come può una situazione del genere far venire voglia di vivere a una�  ragazza�  che�  dalla�  vita�  si�  è�  in�  qualche�  modo�  distaccata?Bisognava assolutamente cambiare qualcosa e rompere quella spirale che ci stava distruggendo tutti…ma come?Per�  molto�  tempo�  lei�  ha�  rifiutato�  ogni�  tipo�  di�  terapia�  e�  quando�  finalmente�  si�  è�  decisa�  a�  rivolgersi�  ai�  medici�  non�  ha�  trovato�  qualcuno�   disposto�   ad�   ascoltarla�   subito�   ma�   è�   stata�   messa�  in lista d’attesa per due anni (per fortuna oggi i tempi si sono accorciati). Si può immaginare che delusione le abbia procurato una cosa simile. Senza contare che con il tempo il disturbo diventa cronico, i sintomi diventano una dipendenza, la guarigione sempre più un miraggio e i rapporti sempre più difficili.Per anni non ho trovato nessun tipo di aiuto.L’unico�  ed�  importante�  sostegno�  è�  arrivato�  dal�  gruppo�  genitori�  Lady Tramp. Un gruppo di auto mutuo aiuto. Parlare, essere

79

Page 80: Di fame e di parole

ascoltate ed ascoltare altre mamme che scoprivo avere i miei stessi problemi, i miei stessi dubbi ha permesso, almeno a me, di uscire da quella trappola in cui ero caduta. La mia mente ha cominciato ad elaborare in modo diverso un problema che non�  si�  risolveva�  (e�  non�  si�  è�  ancora�  risolto)�  e�  i�  cambiamenti�  positivi sono arrivati.Ho capito che dovevo sdrammatizzare un po’ tutte le situazioni. Mi sono imposta di non dar peso a tutte le cose�   ferenti�   di�   mia�   figlia,�   di�   non�   reagire�   alle�   sue�   tante�  provocazioni,�  anche�  se�  non�  sempre�  riesco�  a�  resistere�  perché�  lei�  è�  assai�  tenace.�  Con�  mio�  marito�  cerco�  di�  evitare�  i�  conflitti�  inutili sforzandomi di scherzare anche quando avrei voglia di arrabbiarmi o di piangere. Cambiando il mio comportamento e�  riflettendo�  devo�  dire�  che�  la�  vita�  in�  casa�  è�  molto�  migliorata�  e�  spero�  che�  mia�  figlia�  possa�  comprendere�  che�  se�  lei�  vuole�  si�  può�  vivere�  bene�  nonostante�  le�  difficoltà.Capire. Questo voler vedere soprattutto gli errori dei miei figli�  mi�  ha�  portato�  a�  riconoscere�  in�  ritardo�  il�  disagio�  di�  mia�  figlia.�   Pur�   avendo�   individuato�   presto�   la�   bulimia,�   non�   ho�  capito subito cosa si nascondesse dietro questo “sintomo”.All’inizio anch’io ragionavo come fanno tanti, giudicandolo più che altro un capriccio. Credevo dipendesse tutto dalla vanità di una ragazzina un po’ prepotente che si era fatta plagiare dal messaggio con cui la nostra società ci martella: nella vita conta soprattutto l’aspetto esteriore, quindi bello uguale magro. Troppo tardi ho capito che quello che in certi momenti ti aggredisce con offese e rimproveri, che ti butta addosso ogni tipo di cattiverie, che ti da la colpa di tutto, non

80

Page 81: Di fame e di parole

è�  tua�  figlia,�  ma�  la�  sua�  malattia.E anche questa ignoranza mi crea un senso di colpa.Una buona madre sarebbe stata in grado di capirlo prima. Ancora adesso dopo nove anni di “convivenza” con questo disturbo,�   mi�   chiedo�   quando�   è�   lei�   che�   parla�   e�   quando�   è�  “l’altra”.È�   demoralizzante�   il�   fatto�   di�   non�   conoscere�   mia�   figlia:�   mi�  sento stupida e piena di rabbia verso questa cosa che mi ha e le ha portato via tanto tempo. Il tempo che serviva a lei per crescere e a me per aiutarla a crescere.“Malattia�   dell’anima”,�   la�   definiscono�   i�   medici�   e�   infatti�   è�  proprio l’anima ad essere deturpata e imbruttita ancor prima del corpo.Quando�  sento�  mia�  figlia�  giudicare�  tutto�  e�  tutti�  in�  modo�  negativo�  ho proprio l’impressione che i suoi sentimenti positivi siano chiusi come in una gabbia. Io so che la sensibilità, l’affetto, l’amicizia, la tenerezza, il rispetto sono dentro di lei ma non riescono�  ad�  uscire.�  Quello�  che�  mostra�  agli�  altri�  è�  solo�  rancore�  e�  rabbia,�  come�  un�  filo�  spinato�  che�  impedisce�  a�  lei�  di�  uscire�  e�  agli altri di entrare in quella gabbia.Penso anche che solo lei abbia la chiave per potersi liberare ma�  non�  la�  può�  usare�  perché�  la�  troppa�  paura�  di�  affrontare�  la�  vita le fa preferire la prigione.

“�  –�  Dovete�  allearvi�  con�  la�  vita�  e�  andare�  a�  riprendervi�  i�  vostri�  figli,�  a poco a poco, con l’astuzia di un serpente e la purezza di una colomba – . Dovete far breccia sul sistema difensivo e da quelle fessure far rientrare il mondo, gli amici, le parole, i sapori, i colori dell’esistenza”. (Il Vaso di Pandora, L. Dalla Ragione e Paola Bianchini)

81

Page 82: Di fame e di parole

Condivisione. È stato importante condividere il mio dolore con�  altri�  genitori.�  Parlare�  con�  qualcuno�  è�  sempre�  positivo�  e�  quando ci sono problemi penso sia necessario. Se anche mia figlia�  riuscisse�  a�  farlo�  sono�  certa�  che�  ne�  avrebbe�  un�  grande�  beneficio.�  Mi�  vengono�  in�  mente�  i�  “Filos”�  di�  una�  volta,�  quando�  le donne si trovavano insieme, davanti alle porte delle case, per parlare, solo per parlare. Da bambina mi piaceva andarci con mia mamma, dopo cena in estate, e ascoltare le cose che le donne si raccontavano, quelle allegre, quelle dolorose, quelle�   tristi.�  Oggi�   è�  molto�   più�   difficile�   che�   questo�   accada;�  siamo�  diventati�  tutti�  molto�  chiusi,�  diffidenti�  e�  non�  riusciamo�  a costruire rapporti veri.Parlare�  di�  questa�  malattia�  non�  è�  facile�  perché�  ci�  si�  vergogna.�  Si ha la sensazione che venga considerata frutto di un capriccio e anche da parte dei medici non poche volte viene sottovalutata.Dice Fabiola de Clercq:

“Giudicare�   il�   comportamento�   anoressico�   e�   bulimico,�   bocciarlo�   è�  percepito come un disconoscimento dell’intera persona e può far ritrarre�  definitivamente�   chi�   chiede�   aiuto,�   con�   conseguenze�  molto�  gravi”. (Donne Invisibili)

DDisperazione, discussione, dialogo, dovere, dubbi

EErrori

82

Page 83: Di fame e di parole

FFiducia, fallimento

GGioia,�  giudicare,�  giustificare,�  gratificare,�  genitore

Genitore. Essere informato delle caratteristiche della malattia.Nessun ragazzo esce dal problema senza coinvolgere i genitori.Scardinare il pregiudizio sulla malattia promuovendo una informazione corretta da parte della società, della comunità in cui si vive.Un rapporto collaborativo con i medici di base, solitamente il primo livello di contatto.

IIncomprensione, impotenzaIncapacitàIndipendenzaIstintoIncomprensione. Per risolvere si deve prima conoscere il problema. Come può un genitore conoscere una malattia quando la incontra per la prima volta? Penso non sia giusto da parte di molti terapeuti escludere i genitori durante la terapia. Prima di tutto dovrebbero informarli subito che quanto�   vedono,�   cioè�   le�   abbuffate,�   il�   vomito,�   il�   digiuno,�  non sono la malattia, ma i sintomi di un disturbo molto

83

Page 84: Di fame e di parole

complesso. Sapere ci aiuterebbe ad affrontare il problema in modo diverso: quanto tempo abbiamo sprecato a “misurare” il�  piatto�  di�  nostra�  figlia!�  Un’altra�  cosa�  importante�  è�  insegnare�  ai familiari quali comportamenti devono evitare e quali invece potrebbero essere utili.

“Capire�  che�  è�  meglio�  dire�  “questa�  bulimia�  nervosa�  mi�  fa�  arrabbiare�  per il male che ti sta facendo” e non dire “Smetti di essere così egoista, non vedi ciò che stai facendo a te stessa?” Senza coerenza fra tutti i familiari nessun ragazzo guarisce dal disturbo alimentare. Solo se i genitori hanno collaborato insieme in modo costante comprendendosi e aiutandosi reciprocamente la ragazza può trovare la�  fiducia�  necessaria�  per�  confrontarsi�  con�  le�  sue�  paure.�  Scontrarsi�  con lei rende solo più grave il problema”. (Disturbi alimentari, Williams Gianna, Williams Paul)

Quanti libri deve leggere un genitore prima di trovare un consiglio importante, e intanto quante volte ha già sbagliato?

“La guarigione da un disturbo alimentare implica l’acquisizione di nuovi ruoli non solo da parte delle persone ammalate, ma anche da parte di tutti i membri della famiglia”. (Il vaso di Pandora, L. Dalla Ragione e P. Bianchini)

LLavoro

MMoralità

84

Page 85: Di fame e di parole

OOssessione, onestà

PParlare, pudore, paura, pregiudizio

RRabbia, regole, rispetto

SSdrammatizzare, scontro, solitudini, sofferenza, senso di colpaSofferenza.�  Perché�  mia�  figlia�  non�  ha�  cercato�  un�  modo�  per�  farsi�  curare?�  Perché�  è�  più�  caparbia�  delle�  altre?�  Perché�  è�  più�  orgogliosa?�  Perché�   si�   è�   ammalata?�  Oppure�   è�   perché�   le�   ho�  trasmesso un modo sbagliato di pensare?Questa malattia io la paragono ad un’adolescenza che non finisce�  mai.�  Per�  me�  l’adolescenza�  è�  stata�  un�  periodo�  molto�  difficile,�  tanto�  da�  farmi�  cadere�  in�  una�  forma�  di�  depressione�  molto seria.Forse sbaglio a paragonare il suo disturbo al mio, ma troppo spesso nella sua sofferenza ho riconosciuto la mia sofferenza di allora. Anch’io tra i quindici e i sedici anni mangiavo in�  modo�   esagerato�   e�   nervoso,�  mi�   rifiutavo�   di�   vivere�   e�   per�  questo non riuscivo ad alzarmi dal letto per giorni e giorni. Sono stata talmente male da ritrovarmi con un’artrite reumatoide inutilmente curata con farmaci per due anni

85

Page 86: Di fame e di parole

e miracolosamente scomparsa quando sono uscita dalla depressione�  (malattia�  psicosomatica�  cioè�  uno�  stato�  mentale�  negativo che può tradursi in malattia organica).I miei familiari provarono a convincermi di farmi aiutare da�   uno�   psicologo�  ma�   inutilmente�   perché�   io�   volevo�   farcela�  da sola. Pur essendo consapevole della gravità delle mie condizioni mi dicevo che se non fossi riuscita a guarire con le mie sole forze, avrei perso per sempre la stima in me stessa. E allora sarebbe valsa la pena di vivere?Quello�  è�   stato�  un�  periodo�   tremendo�  nella�  mia�  vita,�   eppure�  quella sofferenza mi ha dato tanto.Solo grazie a quel dolore ho capito cosa sia vivere pienamente. Prima di allora ero stata una bambina contenta di quanto avevo, senza problemi, serena. Dopo sapevo che potevo essere anche felice.“Una�  vita�  che�  non�  è�  stata�  messa�  alla�  prova�  non�  è�  una�  autentica�  vita”. SocrateIl�  dolore�  si�  supera�  con�  il�  dolore:�  è�  vero�  e�  accettabile�  quando�  riguarda�   noi�   stessi,�   più�   difficile�   è�   accettare�   il�   dolore�   di�   un�  figlio.Io�  sono�  stata�  fortunata�  perché�  ho�  superato�  quel�  periodo�  e�  non�  proprio da sola, come volevo fare, ma grazie soprattutto a quello�  che�  poi�  è�  diventato�  mio�  marito.E mi ritengo fortunato di avere vissuto quel dolore.Non so chi ha scritto: “Il tutto nasce dal dolore, dal benessere nasce solo il vizio”.Per�   me�   è�   stata�   una�   fortuna�   poter�   crescere�   in�   una�   società�  diversa da quella odierna e mi chiedo se fossi nata trenta

86

Page 87: Di fame e di parole

anni dopo sarei diventata anch’io bulimica?

“La cultura (la quale opera non solo mediante l’ideologia e le immagini ma anche mediante l’organizzazione della famiglia, la costruzione della personalità, l’educazione della percezione) non concorre semplicemente all’insorgere dei disturbi dell’alimentazione, ma addirittura ha un ruolo preminente nel produrli”. (Il vaso di Pandora, L. Dalla Ragione e P. Bianchini)

Senso di colpa. Il gruppo mi ha aiutato ad accogliere ed accettare le mie colpe, ad assolvermi (come dice Bice) e�  vorrei�   tanto�   che�   anche�  mia�  figlia�   riuscisse�   a�   farlo�  per�   se�  stessa.Sono sicura che scoprire i difetti di sua madre abbia contribuito non poco a far nascere il suo disagio e quindi la malattia. Forse lei aveva bisogno di una madre perfetta, o�  meno�   imperfetta�   di�  me,�   perché�   ha�   paura�   di�   essere�   come�  me. A volte ho la sensazione che a livello inconscio lei abbia “cercato” con la sua malattia di punirsi per espiare le mie colpe.

TTensione, tormento, tacere

VVolontà, vergogna

87

Page 88: Di fame e di parole

Il Dizionario di Rosa

AAmore, anoressiaAmore, un amore che si interroga sul come viene dato. Un�   genitore�   che�   si�   chiede�   come�   ama�   il�   proprio�   figlio;�   un�  medico che lo esercita e trasmette al paziente accoglienza e comprensione. Le giovani e i giovani che soffrono di disturbi alimentari hanno bisogno di sentire un amore che si esprime nell’ascolto e nell’accoglienza di un adulto che, da parte sua, si interroga.Anoressia, la prima volta che ho incontrato il problema anoressia�  è�  stato�  molto�  tempo�  fa.�  Ero�  una�  giovane�  donna�  in�  vacanza al mare. Una mattina in spiaggia vedo un gruppetto di gente che commenta qualcosa davanti ad un corpicino ormai inerte e sento dire: “È un’anoressica, è un’anoressica!”. In quel momento scrivevo su un diario i mie pensieri e le mie emozioni�   e�   scrissi�   questa�   scena�  perché�  mi�   aveva�   colpito�   e�  anche ferito nello stesso tempo.

Le onde lambivano la spiaggia e bagnavano quel corpicino ormai inerme..Tutto era scarnoIn quel corpo raggomitolato su se stesso.Non eri che un mucchietto di ossa.“Mio Dio”, pensai “come ha potuto ridursi così?”Seppur debilitata, quella mattina hai voluto farti la tua nuotata,

88

Page 89: Di fame e di parole

sperando inconsciamente che potesse essere l'ultima.Era una calda mattina d'estate,ma tu eri là immobile…solo l'onda ti accarezzava.Quella tua malattia che ti ha vintasulla Vita si chiamaANORESSIA.Allora non sapevo cosa fosse,ma di certo non ti ho più dimenticata.

Dopo alcuni anni accadde anche nella mia famiglia qualcosa di simile; scoprire che una giovane nipote soffriva di bulimia. Nel frattempo mi comprai un libro che parlava di anoressia, il�  primo�  che�  ho�  letto�  è�  stato�  quello�  di�  Chiara�  Sole,�  il�  secondo�  Briciole. Leggevo, trascrivevo frasi che sentivo importanti. Poi, come familiare, ho cercato il primo contatto con il centro di Gussago. La mia intenzione era raccogliere informazioni su come si poteva curare questa malattia. I miei familiari li sentivo spaventati e questo li portava a chiudersi. Io ero la zia e forse, pur sentendomi molto coinvolta, potevo far si che la mia distanza fruttasse in bene. Partecipai, successivamente, ad alcuni convegni e conobbi l’associazione AMA (Auto Mutuo Aiuto) e le persone incontrate mi chiarirono le idee e come muovermi. E quindi mi mossi. Mia nipote, prendendo a�  prestito�   le�  parole�  di�  una�  canzone�  di�  De�  Andrè�  spesso�  mi�  diceva: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i�   fiori…”�  e�   per�  me�  questi�   versi�   rappresentavano�  una�   forza�  morale e ideale per proseguire nel cammino intrapreso per far conoscere anoressia e bulimia e come affrontarle.

89

Page 90: Di fame e di parole

BBulimia, beneAnoressia, Bulimia, strana malattia! Ti distrugge il corpo e manipola la tua mente… “malattia dell’anima”.Diavolo,�  mostro.�  Così�  è�  considerata�  dai�  genitori�  che�  spesso�  impotenti�   assistono�   all’autodistruzione�   dei�   propri�   figli�   e�   si�  sentono soli, abbandonati a se stessi, neanche il loro medico di fiducia�  li�  aiuta.�  Non�  capisce�  la�  gravità.�  Non�  hanno�  la�  pastiglia�  in tasca che toglie il dolore! Da qui inizia il vagabondare da un professore all’altro alla ricerca di aiuto, di risposte e che venga ascoltato il grido disperato di una mamma “Aiutatemi a�  salvare�  mia�  figlia,�  mio�  figlio”.Nella speranza che qualcuno senta e l’aiuti ad abbattere quel muro silenzioso creatosi intorno.Bene.�   Il�   bene�  di�   una�   sorella,�   di�   un�   fratello,�   di�   un�   amico�   è�  sufficiente�  per�  non�  sentirsi�  soli�  nei�  momenti�  di�  difficoltà.�  È�  la persona che ti dice: “Vai, ce la farai!”

CCibo,�  conflitto

Conflitto�  dell’anima.�  Conflitto�  con�  il�  mondo�  che�  ti�  circonda.�  Non sai esprimere il tuo disagio, le tue paure se non attraverso il�  conflitto�  con�  il�  cibo.

DDolore, desiderioDolore�   fisico,�   spirituale.�   Dolore�   psichico,�   dolore�  

90

Page 91: Di fame e di parole

dell’impotenza. Dolore di rabbia per non sentirti ascoltata.Desiderio di farcela a superare questo uragano che sconvolge tutta la tua famiglia. Desiderio di sentire queste parole “Mamma sto male! Accetto di essere aiutata, di lasciarmi curare”.Desiderio di uscire da questo tunnel mano nella mano con tua figlia,�  tuo�  figlio�  e�  dirle:�  “Ce�  l’abbiamo�  fatta!!!�  Ora�  cammina�  da�  sola,�  da�  solo,�  senza�  paura,�  perché�  l’amore�  che�  hai�  sentito�  accanto ti accompagnerà sempre, vai e lasciati accarezzare dal�  calore�  dei�  raggi�  del�  sole,�  nella�  tua�  guarigione�  c’è�  la�  tua�  rinascita.�  Vai�   figlia�  mia,�   figlio�  mio,�   oggi�   ti�   ho�   partorito�   di�  nuovo”.

EEssere, esprimereEssere. Essere se stessi sempre. Accettarsi per come siamo: belli, brutti, grassi…ma con la consapevolezza delle proprie emozioni, gioie e dolori.

FFelicità, fede, famiglia

GGruppo, genitori, gioireGruppo di auto mutuo aiuto,�  Lady�  Tramp,�  è�  un�  gruppo�  di�  accoglienza e di ascolto che si trova una sera ogni quindici giorni.�  Lo�  scopo�  del�  gruppo�  è�  accogliere�  e�  accompagnare�  i�  genitori in questo momento di sofferenza. La condivisione

91

Page 92: Di fame e di parole

apre lo sguardo. Si liberano le paure, le vergogne, i sentimenti trattenuti per costruire un percorso di risalita verso la salute.Genitori, hanno bisogno di sostegno: sapere dove rivolgersi e essere accolti; avere informazioni sulla malattia e su cosa fare nella�  gestione�  della�  relazione�  con�  i�  figli.�  Essere�  accompagnati�  per non perdere il ruolo di genitori e per assumere un corretto atteggiamento nei confronti della malattia.Gioire.�  Gioire�  di�  un�   sorriso,�  di�  un�  abbraccio�  dei�   tuoi�  figli.�  Gioia�  è�  la�  condivisione�  della�  quotidianità�  con�  chi�  ami.�  Gioia�  è�  la�  guarigione�  di�  chi�  hai�  curato�  con�  amore.

HOspedale, sanitàSanità. La sanità dovrebbe farsi più attiva verso questa patologia�  perché�  è�  molto�  carente.�  In�  ogni�  Presidio�  ospedaliero�  dovrebbe esistere un ambulatorio diagnostico sui DCA (disturbi�   del�   comportamento�   alimentare)�   con�   un’équipe�  preparata e motivata dove la famiglia possa trovare una prima accoglienza di cura e diagnosi puntuali e corrette. Incontrando una dirigente della sanità locale per presentare il nostro progetto di gruppo, ricordo le sue parole: “Caspita è un tema molto profondo ma così complicato che si tende a lasciarci il coperchio perché non si sa come gestirlo. Però il fatto che voi siete qui vuol dire che questo coperchio si deve alzare. Adesso facciamo qualcosa anche noi. Diteci cosa possiamo fare”. Questa affermazione, per noi del gruppo Lady�  Tramp,�  è�  stata�  molto�  importante�  perché�  ha�  aperto�  una�  speranza per progettare azioni nel nostro territorio.

92

Page 93: Di fame e di parole

IIngoiareIngoiare per non esprimere tutto ciò che vorresti dire. Ingoiare tutto ciò che non dici per non ferire chi ami. Ingoiare. Saziarti�  col�  cibo�  fino�  a�  vomitare.Quella volta che, durante una discussione familiare ho sentito mia nipote urlare parole: “Basta!! Adesso non ingoio più niente, quello che penso lo dico, che vi piaccia o meno”, ho pensato tra me: “Signore ti ringrazio ce l’ha fatta! Da oggi mia nipote non starà più male!”

LLibertàLibertà di espressione, di essere se stessi, senza la paura del giudizio degli altri. Solo se liberiamo la nostra anima da tutto ciò che la opprime possiamo apprezzare in tutta la sua potenza�  questo�  meraviglioso�  dono�  che�  è�  la�  vita.

MMorteMorte. Morte del corpo: devi accettarla con rassegnazione. Morte dell'anima: a questa no, ti devi ribellare, puoi reagire e rinascere.

NNaturaNatura. Questo meraviglioso paesaggio che ci accompagna

93

Page 94: Di fame e di parole

dall’alba al tramonto. Ci rendiamo conto di quanto poco ci fermiamo ad osservare i suoi colori, ad ascoltare i suoi rumori, ad annusarne i suoi profumi? Impariamo a fermarci perché�   è�   solo�   così�   che�   possiamo�   ricevere�   la�   sua�   energia�   e�  attraverso di lei rigenerarci nel corpo e nello spirito.

OOsservarsi, orizzonti

PParole, paura, pregiudizi, passioneParole e gesti che aiutano una famiglia: Ascolto prima di tutto da parte dei professionisti della sanità. Accoglienza, cercare di comprendere la sofferenza dell’intera famiglia nel percorso di cura che può essere lungo e oneroso dal punto di vista emotivo ed economico. Le famiglie possono anche giungere a sfasciarsi per il troppo dolore vissuto, dunque hanno necessità di essere accompagnate.Paura. Paura di essere genitori, mamme inadeguate per questi�  figli.�  Paura�  di�  non�  riuscire�  a�  proteggere�  il�  resto�  della�  famiglia da questo tornado che sono Anoressia e Bulimia e che travolge tutti e tu genitore, mamma, inizi il tuo calvario, la tua passione in cerca di aiuto, di risposte. Ma nessuno ti vuol ascoltare, nessuno ascolta la tua disperazione. “È l’interessata che deve chiamare”, ti senti rispondere alla tua richiesta di aiuto. Ma come fanno a non capire che soltanto collaborando insieme si può intervenire preventivamente evitando�  lunghe�  sofferenze�  ai�  figli�  e�  alle�  famiglie?

94

Page 95: Di fame e di parole

A queste risposte ti senti inutile come se tu genitore non contassi niente, zero e intanto continui a vedere il vomitare di�  tua�  figlia,�   tuo�  figlio.�  Oppure�  un�  pasto�  preparato�  che�  non�  verrà mai consumato e ti senti morire dentro giorno dopo giorno con lei, con lui. Ma la tenacia e la caparbietà non ti devono abbandonare e preghi, credente o no, preghi tanto che qualcuno quaggiù con un po’ di umiltà ti stia ad ascoltare. Ritorna�   la�   speranza,�   riprendi�   a�   lottare.�  Abbracci�   tua�   figlia,�  tuo�   figlio�   e�   dici�   “Lasciati�   aiutare,�   insieme�   ce�   la�   possiamo�  fare. Lottiamo insieme. Questo vagabondare alla ricerca di un luogo o di un medico che ti possa curare”.Pregiudizi. Viene immediatamente puntata la famiglia come responsabile unica della malattia. Ma anche la società ha la sua parte di responsabilità nel presentare modelli di perfezione che non sono reali.

QQuantità

RRinascereRinascere�   dopo�   un�   grande�   dolore.�  C'è�   sempre�   una�   grande�  rinascita. Ma bisogna crederci e volerlo intensamente.

SSpronareSpronare. È dalla sofferenza che ho sperimentato nella mia famiglia�  che�  mi�  è�  venuta�  la�  forza�  di�  aprire�  uno�  spiraglio,�  di�  

95

Page 96: Di fame e di parole

guardare�  e�  cercare�  e�  di�  rivolgermi�  ad�  altri.�  Il�  dolore�  è�  stato�  un motore di trasformazione. Proprio nel sentirmi impotente è�  scattata�  la�  molla�  che�  mi�  ha�  dato�  la�  forza�  per�  muovermi.�  Il�  dolore talvolta può bloccare e non aprire lo spiraglio della guarigione. Bisogna che lo sguardo dei genitori si apra e veda che Anoressia e Bulimia sono malattie e come tali possono essere prese in cura da specialisti

TTunnel

UUnione, umiltàL'amore della famiglia unita al professionista, con l'umiltà di chiedere aiuto da parte di chi vive la malattia, sono la ricetta per una rinascita.

VVivereVivere�  con�  la�  consapevolezza�  che�  la�  vita�  è�  un�  dono�  prezioso,�  unico in ogni momento. Per vivere questo dono bisogna amare se stessi.

ZZero, nullità

96

Page 97: Di fame e di parole

Il Dizionario di Loredana

AAmore, abbandonoProvo tanto amore�  per�  i�  miei�  figli.

BBacioBacio.�  Se�  potessi�   li�   riempirei�  di�   baci�   i�  miei�  figli�   appena�   è�  possibile!�  Per�  me�  baciare,�   abbracciare�   i�  miei�  figli,�   fargli�   il�  solletico�  è�  un�  modo�  per�  dire�  loro:�  “Vi�  voglio�  bene!”

CColpeColpe.�  Si�  vive�  con�   il�  senso�  di�  colpa.�  Non�  sai�  se�  è�  davvero�  colpa�  tua�  la�  malattia�  di�  tua�  figlia.�  Poi�  capisci�  che�  dare�  colpe�  non aiuta nessuno. Meglio assumersi la responsabilità di affrontare�  la�  malattia�  anziché�  la�  colpa.

DDovere, doloreQuanto dolore provocano i pregiudizi delle persone intorno alla bulimia e anoressia. Io mi sono chiesta da subito: cosa è�  successo�  nella�  mia�  famiglia�  per�  capitare�  questa�  malattia?�  Cosa hanno di diverso da me le altre mamme? Dove ho sbagliato? Non l’ho fatta crescere? Si, mi sono resa conto di essere stata una mamma chioccia e piano piano sto imparando a�   comprendere�   questo�   mio�   aspetto�   e�   lasciare�   ai�   miei�   figli�  

97

Page 98: Di fame e di parole

l’autonomia�  corretta�  perché�  possano�  diventare�  grandi.�  Non�  è�   un�   compito�   facile!�  Quanta�   autonomia�   concedere?�   Come�  deve essere messa in atto la cura? Tante domande. Questo penso sia il dovere di essere genitori e la responsabilità di crescere come mamma e papà.

EErrori

FFelicità

GGioia, genitoriGenitori. La società dovrebbe aiutare i genitori attraverso una precisa informazione: conoscere le strutture che possono dare una risposta a questa malattia, non lasciarli vagare per mesi da uno specialista all’altro.Aiutarci a comprendere come comportarci in questa situazione�  così�   difficile.�  Spesso,�   soli,�   restiamo�   in�  balia�  dei�  tanti consigli che amici, parenti ci danno ma che non sempre sono corretti e creano confusione. Per i genitori deve esserci un punto di riferimento per confrontarci e imparare dagli altri.�  Questo�  è�  quello�  che�  accade�  nel�  nostro�  gruppo�  di�  Auto�  Mutuo Aiuto.

98

Page 99: Di fame e di parole

IIndifferenzaIndifferenza. L’indifferenza in questo caso per me ha un valore positivo: riuscire a non farmi attrarre dalla trappola della mamma chioccia, tenere a bada quel desiderio di sostituirmi�  a�  mia�  figlia�  e�  dunque�  indifferenza�  come�  capacità�  di�  ascoltare�  ma�  anche�  fare�  un�  passo�  indietro�  quando�  c’è�  in�  gioco la necessità di lasciare vivere l’esperienza. È una delle responsabilità di me come genitore. Per esempio se trovo le sue magliette sparse qua e là, un tempo le avrei raccolte e sistemate,�  ora�  faccio�  “l’indifferente”�  perché�  deve�  essere�  lei�  ad occuparsi dei suoi indumenti.

LLealtàLealtà. È importante comunicare, dirsi le cose fra genitori e figli.�  Non�  nascondere�  la�  malattia�  ma�  spiegare�  ai�  membri�  della�  famiglia�   che�   c’è�   una�  malattia�   che�   provoca�   sofferenza,�   che�  scatena�  certi�  comportamenti�  e�  che�  è�  importante�  che�  insieme�  si faccia qualcosa per affrontarla. Lealtà come trasparenza.

MMalattiaAnoressia e Bulimia. Malattie dell’anima che si nutrono di una�   carente�   autostima,�   di�   una�   difficoltà�   a�   trovare�   amicizie�  con�  le�  quali�  parlare�  e�  confidarsi.…e il gruppo AMA. Ho incontrato il gruppo nel novembre

99

Page 100: Di fame e di parole

del�   2008.�   Mia�   figlia�   da�   un�   po’�   di�   tempo�   dava�   segni�   di�  sofferenza.�  Mi�   capitava�   di�   confidarmi�   con�   le�  mie�   colleghe�  che mi sollecitavano a farmi aiutare da qualcuno che aveva gli strumenti per farlo.Quel giorno prima di andare al lavoro mi recai da una psicologa e le raccontai quanto stava accadendo nella mia famiglia.Mi ascoltò e mi disse che si trattava di bulimia. Una parola per�  me�  sconosciuta�  e�  il�  cui�  significato�  mi�  era�  oscuro.Mi�  propose�  di�  ritornare�  con�  mia�  figlia�  per�  un�  suo�  percorso�  personale e noi genitori avremmo iniziato un percorso come coppia.Mentre esco vedo un foglio informativo. Guardo l’indirizzo e�   il�   servizio�   è�  molto�  più�  vicino�   a�   casa�  mia.�  Dopo�  qualche�  giorno�  vado.�  Il�  primo�  incontro�  è�  stato�  con�  Bice.Mi�  accoglie,�  mi�  ascolta�  e�  mi�  informa�  che�  c’è�  in�  programma�  a�  Cremona il primo convegno sui disturbi del comportamento alimentare e mi invita dicendomi che saranno presenti alcune ragazze che porteranno la loro testimonianza.Il sabato andai. Mi commossi tanto ad ascoltare queste storie.Bice mi disse dell’esistenza del gruppo di auto mutuo aiuto Lady Tramp. Mi ricordo la prima volta: c’era tantissima gente e subito pensai che io mai avrei parlato di fronte a così tanta gente. Ma non era il mio gruppo! No, il mio era più piccolo�  e�  così�  ho�  potuto�  affidare�  le�  mie�  parole,�  la�  mia�  storia.�  Ho�  ricevuto�  un�  grande�  aiuto�  perché�  mi�  hanno�  ascoltata,�  ho�  potuto confrontarmi e mi hanno orientata sul cosa fare, dove

100

Page 101: Di fame e di parole

andare,�   come�   fare�   per�   aiutare�   mia�   figlia�   e�   cominciare�   ad�  affrontare la malattia anche da un punto di vista sanitario completo.Ogni quindici giorni venivo al gruppo e per me era una fonte rigenerante. Piano piano si sono avvicinate altre mamme. Il�   gruppo�   è�   un�   luogo�   prezioso�   dove�   poterci�   confrontare,�  imparare nuovi atteggiamenti, sperimentare il cambiamento sostenuto dagli altri. Io torno a casa sempre con un sacco pieno�  di�  cose�  utili.�  Meno�  male�  che�  c’è�  questo�  gruppo!

NNoNo. Ci sono stati in casa mia i NO. Ora sono NO autentici. Prima erano No che diventavano Ni e poi Si. Ora sono No pieni, sono No che educano. Anch’io, come genitore, sono cresciuta e ho imparato a dire No.

OOstinazioneOstinazione come capacità di assumermi la capacità e la responsabilità di saper dire No.

PPaura, pregiudiziPaura. Certo ho paura di sbagliare. Ho paura ad assumermi i�  No.�  Ma�  d’altra�  parte�  fare�  il�  genitore�  è�  una�  ricerca.�  Mi�  metto�  alla prova. Ascolto gli altri genitori, mi sperimento.Pregiudizi. Faccio ancora molta fatica in prima persona a

101

Page 102: Di fame e di parole

dire “Io ho vissuto in famiglia l’anoressia, la bulimia”. Anche�  dentro�  di�  me�  viveva�  all’inizio�  il�  pregiudizio.�  Ora�  c’è�  la conoscenza.

Una malattia che se la cercano!

Hanno�  tutto,�  perché�  devono�  sentirsi�  malati?

L’anoressia�  non�  è�  una�  malattia�  grave�  come�  altre�  patologie!

La�  colpa�  è�  dei�  genitori!

La�   colpa�   è�   dei�   genitori�   perché�   gli�   danno�   tutto�   quel�   che�  vogliono!

QQuieteQuiete. Anch’io ogni tanto desidero un po’ di quiete, un pochino di sollievo.

RRabbia, rispetto

SSperanza, sofferenzaSperanza. Con l’aiuto del gruppo di auto mutuo aiuto ho preso il coraggio di chiamare la struttura sanitaria che segue persone con disturbi del comportamento alimentare.

102

Page 103: Di fame e di parole

Telefonai e presi appuntamento.Io,�  mio�  marito,�  e�  i�  miei�  figli�  partimmo.Ricordo il primo incontro con il medico e l’indicazione di non chiudere a chiave le stanze dove c’era il cibo e che avevamo�  via�  via�  iniziato�  a�  blindare�  perché�  nostra�  figlia�  non�  si abbuffasse.Il secondo incontro, dopo un mese, lo stesso medico ci disse che�  nostra�  figlia�  aveva�  bisogno�  di�  un�  aiuto�  più�  sostanziale�  e�  ci�  propose�  il�  ricovero.�  Nostra�  figlia�  accettò.�  Mia�  figlia�  voleva�  guarire.Sarebbe�  stato�  un�  percorso�  più�  lungo�  di�  un�  mese�  e�  nostra�  figlia�  avrebbe compiuto il suo sedicesimo compleanno lontano da noi.Arrivò il giorno del ricovero. Lei era abbastanza tranquilla. Io�  non�  avevo�  il�  coraggio�  di�  guardarla�  perché�  mi�  arrivava�  un�  pianto lungo. Lei non piangeva e questo mi tranquillizzò e mi fece comprendere che si, lei voleva guarire. È stata dura quella separazione. Era la prima volta che avveniva una separazione. Per un mese non abbiamo potuto vederla e�  iniziò�  una�  corrispondenza�  epistolare�  perché�  il�  programma�  prevedeva questo modo per mantenere la relazione. Abbiamo un bel carteggio. Quanto attendevo le sue lettere! Dopo un mese abbiamo iniziato a sentire per telefono, una volta alla settimana, la terapeuta che ci informava dei progressi di nostra�  figlia.�  Mi�  diceva:�  “Sua�  figlia�  sta�  crescendo,�  non�  troverà�  più la bambina di prima”. Là le hanno insegnato il rapporto con il cibo, le regole da adottare per migliorare piano piano questo aspetto.

103

Page 104: Di fame e di parole

Anche noi genitori una volta al mese abbiamo avuto un incontro con il terapeuta e con la dietista. Dopo un mese e una�   settimana�   finalmente�   arrivò�   la�   possibilità�   di�   andarla�   a�  trovare. E così da ottobre 2009 sino a gennaio 2010. Quando tornò a casa, per fare una sorpresa al fratello, si nascose nell’armadio e organizzammo una caccia al tesoro che portava alla sorpresa: uscì all’improvviso come una magia. Che�  commozione!�  Mia�  figlia�  ora�  rideva�  di�  gusto�  e�  mangiava�  con cura.

TTenerezza, tensione

UUmiltàUmiltà. Come genitore sentirsi umili vuol dire ricercare la comunicazione�  con�  i�  figli�  anziché�  opporre�  un�  muro�  di�  potere.�  Non�  perché�  sei�  un�  genitore�  sei�  sempre�  nel�  giusto.

VVerità, volontàLa volontà�  è�  la�  capacità�  di�  fare�  un�  passo�  dopo�  l’altro,�  giorno�  per giorno.

104

Page 105: Di fame e di parole

Novelle e favole

Dalla�  fotografia�  alla�  scrittura

105

Page 106: Di fame e di parole

106

Page 107: Di fame e di parole

È venerdì

Ore�  7:00,�  suona�  la�  sveglia,�  è�  venerdì.Comincia il giorno, e che giorno! Passano cinque minuti e la�  mia�   testa�   è�   già�   piena�  di�   cose,�   un�  milione�  di�   cose.�  Sofia�  finalmente�   dorme�   e�   io�  mi�   godo�   il�   silenzio�   della�  mia�   casa.�  Sono già stanca, ma devo andare al lavoro, quel lavoro che amo,�  ma�  che�  riesco�  anche�  ad�  odiare�  perché�  non�  sono�  serena.�  Detesto le clienti esigenti che ti espongono i loro problemi di taglia anche quando non ci sono! Allora cerchi di entrare in sintonia con loro dicendo che non vedi problemi particolari e�  in�  effetti�  è�  così,�  ma�  vedi�  che�  il�  problema�  non�  è�  la�  taglia.�  Il�  problema�  è�  la�  misura�  che�  è�  dentro�  di�  noi,�  quello�  che�  noi�  vediamo di noi stesse; la misura della nostra autostima, quanto siamo disposte ad esporci e farci vedere. Vedo corpi bellissimi, visi stupendi senza bellezza, quella bellezza che esce da un sorriso e dagli occhi lucenti di chi la bellezza ce l'ha dentro.Torno�  al�  silenzio�  della�  mia�  casa.�  Sofia�  dorme�  ancora,�  vorrei�  svegliarla, ma non ho la forza di sopportare i suoi malumori, la sua non vita, e piano piano raccolgo i segni dei suoi disagi, del suo star male, il disordine in cucina, i piatti mezzi pieni del�   suo�   cibo,�   sì,�   perché�   Sofia�   ha�   un�   suo�   cibo.�   Quello�   che�  c'è�  nei�  suoi�  piatti�  non�  lo�  trovi�  nei�  negozi,�  neanche�  in�  quelli�  specializzati. I suoi cibi sono frutto di un lavoro e di una ricerca�  che�   ti�   inonda�  la�  giornata,�  sì,�  perché�  ci�  vuole�   tempo�  e una lunga preparazione; bisogna pensare come fare a sopravvivere e tutto questo ogni maledetto giorno. Le ore

107

Page 108: Di fame e di parole

sono scandite da tempi lunghi; decidere di alzarsi e come affrontare la giornata già pesante solo per il fatto che bisogna viverla.�  Bisogna�  mangiare,�  ma�  ogni�  boccone�  sembra�  difficile�  da�   ingoiare�   perché�   ti�   sembra�   di�  morire�   ogni�   volta�   e�   allora�  quel boccone diventa mille briciole, come le piccole briciole di vita che vive. Lotto da sedici anni; ho sentito ogni parere condivisibile e non. L'ultimo, il più spietato e crudele. Una cifra�   consistente�   per�   sentir�   dire�   che�   Sofia�   è�   una�   ragazza�  superficiale.�  Come�   fa�  una�   ragazza�   a�   essere�   superficiale,�   se�  vive ogni giorno come se fosse una battaglia; che per forza di cose ha imparato anche a non vivere sentendo il peso e la frustrazione della sua non vita? Non ci sto a questo verdetto. Deve esserci qualcosa di diverso e di più umano.

Voglia di tenerezza

Un tempo non troppo lontano, in un paese piccolo piccolo, nacque una bimba bella e paffuta di nome Fior di loto. Forse per i suoi genitori era stata un po’ una sorpresa, ma per�  Rosellina,�   la�  figliola�  più�  grandicella,�  era�  stata�  un'attesa�  felice. Nessuno le aveva detto che sarebbe arrivato un nuovo fratello o sorella, ma lei aveva capito che qualcosa stava succedendo. La pancia della sua mamma diventava sempre più grande e quando Rosellina andava a fare la spesa insieme a lei tutti si preoccupavano di come stava.Poi,�  un�  giorno�  caldo�  di�  fine�  agosto�  Fior�  di�   loto�  venne�  alla�  luce, bella e paffuta con tanti capelli, una bambola. Era davvero�  splendida�  e�  questo�  bastava�  a�  giustificare�  il�  problema�  

108

Page 109: Di fame e di parole

di�  mantenere�  un�  terzo�  figlio.�  Rosellina,�  a�  quel�  tempo,�  aveva�  otto anni e suo fratello Bosco dodici. Mamma Quercia faceva la sarta in casa e papà Olmo il muratore. Abitavano in una casa piccola, con poco spazio per tre bambini e fu così che decisero di trasferirsi in una casa più grande. A ottobre le giornate erano ancora tiepide e prima del trasloco mamma Quercia e papà Olmo decisero che era giunto il tempo del battesimo di Fior di loto. Che bello, pensò Rosellina, una festa! E così fu. Rosellina aveva un vestito nuovo cucito dalle abili mani della sua mamma, così come l'abito di Fior di loto e forse, anche quelli delle zie. Rosellina, quel giorno, saltellava come una cavalletta felice di tutta quella gente venuta per festeggiare la sorellina. Finalmente sembrava avesse trovato un�  posto�  dove�  stare.�  Sì,�  perché�  lei�  e�  il�  fratello�  Bosco,�  per�  due�  anni erano stati lontano da casa. Insieme avevano condiviso il collegio, vedendo i genitori una volta al mese. Fior di loto rappresentava per lei la nuova opportunità per rientrare in famiglia. Si impegnava tantissimo per aiutare la mamma nella vita quotidiana. Rosellina stendeva i panni, portava la sorellina a passeggio, aiutava la mamma a cucire, lavava i piatti�   sistemandosi�   su�  uno�   sgabello�  perché�  non�   arrivava�   al�  lavandino, nel pomeriggio si occupava di far addormentare la sorellina, le preparava la merenda. Tutto questo diventò la sua quotidianità. Rosellina si impegnava, per quanto piccola ed�  esile,�  a�  soddisfare�  le�  esigenze�  del�  momento,�  fino�  a�  che,�  si�  rese indispensabile e così non fu più allontanata da casa.Nella�  difficoltà�  di�  sfamare�  una�  bocca�  in�  più,�  Rosellina�  vide�  il�  suo ritorno a casa per sempre.

109

Page 110: Di fame e di parole

Fior di loto ancora oggi considera Rosellina la sua seconda mamma.

L'essenza

In un piccolo appartamento in via dei Ricordi al n. 10, vivevano�  una�  mamma�  con�  suoi�  tre�  figlioli�  e�  una�  nonna.La nonna era una donnina minuta e ben curata, dolce e sempre allegra.�  La�  nonna�  era�  cieca�  e�  nonostante�  le�  sue�  difficoltà�  ad�  essere�  autonoma�  si�  mostrava�  con�  i�  nipoti�  e�  la�  figlia�  gioiosa�  e tenera.La mamma, una donna molto bella e armoniosa, spesso soffriva; la sua voglia di vivere si spegneva per la preoccupazione di riuscire con le proprie e sole forze a sostenere�  la�  famiglia.�  Il�  marito�  non�  era�  mai�  presente�  né�  per�  lei�  né�  per�  i�  figli.�  Questa�  condizione�  di�  donna�  e�  madre�  la�  portò�  ad essere forte, determinata e dominante. Ma la sua forza le�  arrivava�  soprattutto�  dall'amore�  per�  i�  suoi�  figli.�  Un�  amore�  grande, immenso, la sua unica ragione di vita.Il�   figlio�   maschio,�   Davide,�   era�   un�   bambino�   taciturno.�   Nel�  contesto familiare faceva i fatti suoi.La sorella Anna, invece, già all'età di sei anni si occupava della nonna cieca. L'accompagnava mettendo a disposizione la propria vista. Anna adorava la nonna per la sua vitalità e l'ascoltava estasiata nei racconti e per la saggezza che dimostrava vivendo.La piccola Anna aveva anche altri compiti in famiglia. Era “una donnina di casa”: si occupava delle pulizie quando la

110

Page 111: Di fame e di parole

mamma per troppo lavoro le mancava il tempo per riordinare la casa. Non arrivava neppure al lavandino ma si attrezzava per riuscire a lavare i piatti.Anna era sempre brava per non dispiacere la mamma. Sentiva la sofferenza e l'impegno della mamma e non voleva procurarle altri pensieri. Anna era diventata il suo sostegno. Per Anna, sapere che la madre contava su di lei era motivo di orgoglio; la faceva sentire importante.Intanto Giulietta, la sorella minore, cresceva e Anna si curava di lei come una mamma: la lavava, la pettinava, la preparava per la scuola. Proprio come avrebbe voluto fosse fatto a lei, pensava Anna.Anna era felice comunque di questi impegni e crescendo divenne�  l'amica�  di�  sua�  madre.�  Si�  confidavano,�  si�  raccontavano.�  Anna non sapeva cosa stava perdendo della sua vita; era inconsapevole cosa le stava rubando il suo essere cresciuta tanto in fretta. Stava perdendo l'opportunità di essere bambina con la spensieratezza di quell'età; stava perdendo il tempo della sua infanzia.A tredici anni Anna affrontò il primo lutto per la morte del padre. Guardava il corpo inerte e pensava che per lei, quel corpo, non era mai stato vivo, mai una coccola, mai una parola, mai gli aveva sentito dire: “Sei la mia bambina, ti voglio bene”. In quel momento si stringeva forte al braccio della mamma e al braccio della nonna.Tre anni più tardi si spense anche l'adorata nonna. Anna rimase con un grande vuoto e dolore ma aveva fatto tesoro di tutta l'esperienza trasmessale dalla nonna e la sentiva al

111

Page 112: Di fame e di parole

suo�  fianco.Attraversò l'adolescenza vicino alla madre e con non poche difficoltà.�  Crebbe�  e�  diventò�  una�  donna,�  una�  donna�  con�  una�  grande�  fragilità�  verso�  la�  figura�  maschile.Ma giunse un amore. Si sposò innamorata. Finalmente amata.Da�   questo�   matrimonio�   non�   nascerà�   mai�   il�   figlio�   tanto�  desiderato e dopo i primi anni il sogno d'amore si trasforma in un incubo. Il marito dominato dall'alcol la umiliava.Si�   domandava�   perché�   mai�   le�   fosse�   accaduto?�   Perché�   da�  principessa era diventata Cenerentola?A queste domande le risposero tre persone stupende: uno psicologo, un avvocato e una cara amica.L'aiutarono a riconquistarsi la dignità e a togliere la dipendenza dall'alcol nella vita del marito.Quando pensava di avercela fatta il marito si ammalò e morì. La beffa del destino.Anna era nuovamente sola nella sua vita di donna.42 anni. Una donna adulta. Decise di fare un viaggio. Come Alice prese il coraggio per inoltrarsi nel viaggio all'interno di sé.�  Desiderava�  comprendere,�  conoscersi,�  accettarsi�  con�  pregi�  e difetti.Da questo lungo e faticoso viaggio Anna ritornò con un tesoro: le�  sembrava�  di�  aver�  finalmente�  trovato�  la�  sua�  essenza.Un'essenza fatta di dolore, di amore, di tanta gioia di vivere. Tutto questo sentiva di volerlo condividere.Oggi�  Anna�   è�   una�   donna�   e�   una�   mamma�   serena,�   appagata.�  La vita le ha dato ancora tanto amore. Non smette di fare,

112

Page 113: Di fame e di parole

ogni�  tanto,�  quel�  meraviglioso�  ed�  infinito�  viaggio�  all'interno�  della sua isola con la consapevolezza che nel suo cammino l'accompagneranno�  sempre�   tre�  figure:�   la�  mamma,�   la�  nonna�  da un lato; dall'altro una piccola bimba che prende per mano. Anna�   non�   lascerà�  mai�   queste�   mani�   perché�   sa�   che�   da�   loro�  nasce la sua Essenza.

La resa

È questa la storia di una famiglia normale, padre, madre e due�  figli,�  maschio�  e�  femmina,�  che�  vivono�  in�  un�  paese�  amato�  da tutti loro. Non hanno problemi particolari. Insomma una famiglia fortunata. Peccato che non tutti i membri si rendano conto di quello che hanno.La madre, soprattutto, ama lagnarsi sempre. Continuamente si�   lamenta�   del�   marito,�   del�   figlio,�   della�   suocera,�   dei�   pochi�  soldi eccetera eccetera eccetera. Non si capisce se queste lamentele siano dovute al trauma che ha subito al momento del�  parto�  del�  primo�  figlio�  e�  che�  lei�  racconta�  a�  tutti�  con�  termini�  drammatici; o se sia nel suo carattere non riuscire mai ad essere contenta.Il�  padre�  è�  invece�  l'opposto.�  Un�  uomo�  che�  lavora�  duramente,�  al massimo delle sue forze per migliorare le condizioni economiche della famiglia senza farlo pesare. È anzi felice di�  farlo�  e�  questo�  insegna�  ai�  suoi�  figli:�  fare�  del�  proprio�  meglio,�  sempre,�   perché�   questo�   li�   farà�   sentire�   soddisfatti�   di�   loro�   e�  quindi�  felici�  di�  vivere.�  Dunque�  questi�  figli�  crescono,�  grazie�  e�  soprattutto agli insegnamenti del padre, con buoni principi e

113

Page 114: Di fame e di parole

con dei valori che dovrebbero facilitare il loro futuro.La�   figlia�   è�   talmente�   sicura�   di�   avere�   dentro�   questi�   buoni�  principi che non penserebbe mai di dover incontrare nella sua vita il rimorso. In età ormai matura, voltandosi indietro, capisce di aver commesso tanti errori. Però sa anche di aver sbagliato�  in�  buona�  fede�  perché�  non�  aveva�  gli�  strumenti�  per�  fare diversamente. Non ha mai tradito i principi importanti che�  il�  padre�  le�  ha�  affidato�  e�  quindi,�  nonostante�  abbia�  avuto�  nella�   vita�  momenti�   difficili,�   si�   sente�   ancora�   forte�   perché�   a�  posto con se stessa. Fino a quando accade qualcosa che per lei�  è�  come�  un�  terremoto.�  Per�  motivi�  di�  età�  la�  madre�  che�  viveva�  da�  sempre�  con�  il�  figlio�  viene�  mandata�  a�  finire�  la�  sua�  vita�  in�  casa�  di�  riposo.�  La�  figlia�  è�  così�  contraria�  a�  una�  cosa�  di�  questo�  genere che cerca di fare ogni cosa per evitarlo. Si dice: “La cambio io la vita…”, e invece non lo sa fare. Non riesce a mettere�  in�  pratica�  quello�  che�  le�  è�  stato�  insegnato.�  Si�  arrende.Tutti i buoni principi non le hanno impedito di fare male a sua madre e a se stessa. Si era chiesta tante volte come si potesse vivere con un rimorso e la cosa le era sembrata impossibile.�   Perché�   un�   rimorso�   non�   è�   una�   colpa�   che�   puoi�  scontare�  con�  una�  pena.�  Il�  rimorso�  è�  la�  pena�  e�  non�  si�  estingue�  mai. Però andava avanti normalmente con la sua vita e lo spirito�  di�  sopravvivenza�  –�  o�  l'egoismo�  –�  è�  talmente�  forte�  che�  le faceva pensare che forse questo rimorso era il prezzo che doveva pagare per quanto aveva avuto dalla vita. Che morale può esserci in questa storia?Forse che anche le cosiddette “brave persone”, quelle che rincorrono solo il bene non sempre riescono ad evitare

114

Page 115: Di fame e di parole

il male. Può essere che ci sia dentro di noi il male e che nonostante le barriere costruite con la buona volontà e con gli insegnamenti positivi ricevuti, in qualche modo, prima o poi, lo incontriamo?

Una piccola lucciola

C'era una volta, in un paese lontano, lontano una famiglia. Il papà,�  la�  mamma�  e�  i�  due�  figli�  un�  maschietto�  e�  una�  femminuccia.�  In questa famiglia tutto procedeva bene e regnava l'amore dei due�  genitori�  verso�  i�  loro�  figli.�  C'era�  tanta�  allegria�  e�  la�  voglia�  di ritrovarsi ogni sera e giocare insieme ai loro bambini.La mamma era sempre presente. Li svegliava la mattina con un sorriso sulle labbra e a volte con tante coccole. Preparava loro la colazione e, uscito il marito, li portava a scuola per poi ritornare a casa e successivamente al lavoro.Finita la scuola li andava a riprendere e quando chiedeva al più piccolo come aveva passato la giornata a scuola, lui le rispondeva sempre “Bene, mamma!”, ma lei non ne era convinta. Talvolta la sera, nel momento della doccia, il bambino chiedeva alla mamma di restare nel bagno con lui e allora, cominciava a raccontarle che talvolta la maestra lo sgridava, che i suoi amici lo prendevano in giro e spesso si sentiva�  umiliato�  perché�  nessuno�  lo�  difendeva.La�  mamma,�   cercava�  di�   consolarlo.�  Diceva�   al�  figlio�   di�   non�  preoccuparsi, che non era successo niente, che erano cose di poca importanza, che tutto sarebbe passato. Ma la risposta della�  mamma�  non�  rassicurava�  il�  figlio,�  anzi�  lo�  rendeva�  ancor�  

115

Page 116: Di fame e di parole

più triste.Una volta, mentre tutti dormivano, un piccola lucciola entrò nell'orecchio della mamma e cominciò a svolazzarle nella testa. La lucciola diceva alla mamma queste parole:“Tu,�   cara�   mamma,�   hai�   tanto�   amore�   da�   dare�   ai�   tuoi�   figli�  ma certe volte sbagli. Devi cercare di aiutarli rendendoli più responsabili e autonomi; inoltre dovresti anche dargli ragione, qualche volta!”La�  mamma,�  che�  aveva�  preso�  confidenza�  con�  la�  lucciola,�   le�  rispondeva così:“Aiutami tu, piccola lucciola. Fammi un magia che mi renda una mamma migliore”.La lucciola, svolazzando qui e là, le rispondeva che non c'era�  nessuna�  magia�  perché�  diventasse�  una�  mamma�  migliore�  di quanto già non fosse. La lucciola rassicurava la mamma pensierosa e desiderosa di migliorarsi che non l'avrebbe lasciata sola e poteva contare sul suo piccolo e luminoso aiuto.In questa famiglia, che vive in un paese lontano molto lontano, regna ancora la serenità e l'amore fra i genitori e i figlioli.La�  mamma,�  con�  grandissima�  fatica,�   imparò�  a�  modificare�  il�  suo�  atteggiamento�  un�  po’�  troppo�  da�  chioccia�  e�  rifletteva�  che�  con il tempo sarebbe cresciuta.Ma questa mamma ha un piccolo segreto: ogni notte, quando dorme, una piccola lucciola, si appoggia delicatamente sul suo cuscino e le lascia in dono piccoli ma preziosi pensieri.

116

Page 117: Di fame e di parole

Messaggi ai genitori…

Assumersi la responsabilità dell’Amore nei confronti dei�  vostri�  figli,�  delle�  vostre�  

figlie�  e�  la�  guarigione�  sarà�  un�  

orizzonte da raggiungere.

Muovetevi subito, lasciando da parte il senso di vergogna.

Cercate gruppi di auto mutuo aiuto per condividere pensieri ed esperienza.

Il genitore non può risolvere da solo questa situazione così complessa

ha bisogno di una rete di sostegno in ambito sanitario e sociale.

Guardare,�  affinare�  lo�  sguardo,�  il�  sentire.�  

Non�  sentirsi�  genitori�  falliti�  perché�  si�  ha�  un�  figlio�  

che�  vive�  difficoltà�  perché�  non�  dipende�  da�  voi,�  

perché può succedere in tutte le famiglie. Anoressia e bulimia sono malattie

e come tutte le malattie devono essere prese in cura con attenzione complessa,

rispettosa e senza pregiudizi. Un genitore che vede e prende in carico la sofferenza è un genitore coraggioso.

Non rimanere soli perché è la cosa più sbagliata. Trovare un gruppo, una struttura che aiuti

il�  genitore�  ad�  aiutare�  i�  figli.

Non vergognarsi!

117

Page 118: Di fame e di parole

Di quali parole, di quali gesti hanno bisogno i genitori…

Essere informato delle caratteristiche della malattia.Nessun ragazzo esce dal problema

senza coinvolgere la famiglia.

Un rapporto collaborativo con i medici di base,

solitamente il primo livello di contatto.

Scardinare il pregiudizio sulla malattiapromuovendo un’informazione corretta da parte

della società, della comunità in cui si vive.

118

Page 119: Di fame e di parole

Bibliografia*

*I libri elencati sono disponibili attraverso il prestito presso la biblioteca del Centro per le Famiglie – Largo Madre Agata Carelli, 5 (ex Via Brescia, 94)Cremona (Tel. 0372 433176).

119

Page 120: Di fame e di parole

120

Page 121: Di fame e di parole

INFORMARSI E CAPIRE

! ANORESSIA E BULIMIA FARE PACE CON IL CIBO, Speciani Attilio, Speciani Luca! ANORESSIE E BULIMIE, Cuzzolaro Massimo! FINALMENTE LIBERI DAL CIBO, Gockel Renate! LA GABBIA D'ORO, Bruch Hilde! MANGIARE PER SCELTA, NON PER ABITUDINE, Haskvitz Sylvia! OBESITA' E SOVRAPPESO, Bosello Ottavio, Cuzzolaro Massimo

"MANUALI" PER CERCARE UN PERCORSO DI "CURA O DI PRENDERSI CURA" (PER GENITORI E/O PERSONE DIRETTAMENTE INTERESSATE)

! ANORESSIA E BULIMIA, Malucelli Maria! COME VINCERE L'ANORESSIA (E RITROVARE IL PIACERE DI VIVERE), Simon Yves, Nef Francois! CON GLI OCCHI DEI FIGLI, Manara Fausto! DISTURBI ALIMENTARI, Bryant Rachel, Lask Waugh, Lask Bryan! ...E LIBERACI DA ANORESSIA E BULIMIA, Pagnanelli Roberto! IL VASO DI PANDORA, Dalla Ragione Laura, Bianchini Paola! IN FONDO AL PIATTO - IL CIBO COME COMUNICAZIONE TRA GENITORI E FIGLI, Canciani Domenico, Sartori Paola! MAMMA; MI CHIAMANO CICCIONE, Lesne Elisabeth! UN BOCCONE DOPO L'ALTRO, Ostuzzi Roberto, Luxardi Gian Luigi

121

Page 122: Di fame e di parole

! VINCERE L'ANORESSIA NERVOSA - STRATEGIE PER PAZIENTI, FAMILIARI E TERAPEUTI, Vanderlinden Johan! BODY DRAMA – IL MIO CORPO, Red Nancy A.! NO ANNA E IL CIBO, Safena Marina

AUTOBIOGRAFIE E STORIE VISSUTE

! ANGELI SENZA ALI, Donati Mimma! APPETITI, Knapp Caroline! BRICIOLE - STORIA DI UN'ANORESSIA (anche in DVD), Arachi Alessandra! DONNE INVISIBILI, L’ANORESSIA, IL DOLORE, LA VITA De Clercq Fabiola! FAME D’AMORE, De Clercq Fabiola! TUTTO IL PANE DEL MONDO, De Clercq Fabiola! HO DECISO DI NON MANGIARE PIU', Justine! IL CUSCINO DI VIOLA, Bianchini Paola, Dalla Ragione Laura! LA RAGAZZA CHE NON VOLEVA CRESCERE, Caro Isabelle! MANGIA CHE TI PASSA, Bruni Aurora! PERFETTA - UNA STORIA VERA, Bellomi Francesca! TRENTA CHILI, Sabbadini Stefania, De Vita Luana! UNA VITA BIPOLARE, Hornbacher Marya! VALEANA, Fardin Martita! 360 GRADI DI RABBIA, Mearini Elena! CHIARA SOLE. ANORESSIA E BULIMIA: UN’ESPERIENZA DI VITA E DI MORTE, De Filippi David, Ciavetta Chiara! L’INFINITO IN UN BOCCONE, Balzarro Paola! A VEDERLA NON SI DIREBBE, D’Angelo Silvana! VOLEVO ESSERE UNA FARFALLA, Michela Marzano

122

Page 123: Di fame e di parole

TESTI SCRITTI DA PROFESSIONISTI COME RIFLESSIONE CLINICA E SCIENTIFICA

! ADOLESCENZA E ANORESSIA, Riva Elena! ANORESSIA, BULIMIA, OBESITÀ, Cuzzolaro Massimo, Piccolo Francesca, Speranza Anna Maria! FIGLIE IN LOTTA CON IL CIBO, Ostuzzi Roberto, Luxardi Gian Luigi! GIGANTI D'ARGILLA - I DISTURBI ALIMENTARI MASCHILI, Dalla Ragione Laura, Scoppetta Marta! I DISTURBI ALIMENTARI NELL'ADOLESCENZA, Williams Gianna, Williams Paul Desmarais Jane, Ravenscroft Kent! IL DIO CANNIBALE, Testoni Ines! IL DISTURBO ALIMENTARE, Faccio Elena! IL MISTERO DELL'ANORESSIA, Pommereau Xavier, De Tonnac Jean Philippe! Il MURO DELL'ANORESSIA, Cosenza Domenico! LA CASA DELLE BAMBINE CHE NON MANGIANO, Dalla Ragione Laura! L'ANIMA HA BISOGNO DI UN LUOGO, Marucci Simonetta, Dalla Ragione Laura! L'ULTIMA CENA: ANORESSIA E BULIMIA, Recalcati Massimo! QUESTO CORPO NON È MIO, Salvo Anna! UNA FAME DA MORIRE, Schelotto Gianna! LA SANTA ANORESSIA – DIGIUNO E MISTICISMO DAL MEDIOEVO AD OGGI, Bel Rudolph M.! L’ANORESSIA MENTALE. DALLA TERAPIA INDIVIDUALE ALLA TERAPIA FAMILIARE, Selvini Palazzoli Mara! ELOGIO DEL FALLIMENTO, Recalcati Massimo! IL SOGGETTO VUOTO, Recalcati Massimo (a cura di)

123

Page 124: Di fame e di parole

CORPO E… EMOZIONI, ARTE, DANZA, STARE A TAVOLA, GRAFOLOGIA

! ANORESSIA BULIMIA OBESITA' LA CURA DELLA PAROLA, Balsamo Beatrice! FAMIGLIE ALL'ITALIANA, Pontecorvo Clotilde, Arcidiacono Francesco! GRAFOLOGIA E SALUTE, Crotti Evi, Magni Alberto! IL CERVELLO DIPENDENTE, Pulvirenti Luigi! MALATE DI EMOZIONE, Lowenstein William, Rouch Dominique! STORIA DELLA MAGREZZA, (a cura di) Lippi Donatella, Verdi Laura! UN NUOVO SGUARDO SULL'ANORESSIA, Lorin Claude

ROMANZI

! BELLA DA MORIRE, Newman Lesléa! IL CORPO ODIATO, Lecca Nicola! IL DIGIUNO DELL'ANIMA, Panza Pierluigi! LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI, Paolo Giordano! WINTERGIRLS, Laurie Halse Anderson! UN CORPO DI DONNA, Giusi Quarenghi

124

Page 125: Di fame e di parole

L’associazione A.M.A. Brescia

di Mara Mutti*

*Assistente sociale specialista, fondatrice di AMA Brescia, da alcuni anni ricopre il ruolo di coordinatrice dell’associazione.

125

Page 126: Di fame e di parole

126

Page 127: Di fame e di parole

L’idea�   di�   costituire�   un’associazione�   di�   auto/mutuo�   aiuto�   è�  nata da alcuni facilitatori di gruppi che sentivano l’esigenza di incontrarsi e confrontarsi periodicamente. Inoltre, era presente la necessità di realizzare un punto di riferimento per le nuove esperienze che via via andavano sviluppandosi.L’associazione A.M.A. auto/mutuo aiuto ONLUS di Brescia è�  stata�  costituita�  a�  Montichiari�  nel�  settembre�  del�  1997�  ed�  è�  iscritta al Registro Regionale del Volontariato e al Registro Regionale delle Associazioni di Solidarietà Familiare (L.R. 23/99). L’Associazione opera su tutto il territorio provinciale e nelle province di Mantova e Cremona.Con�  questa�  Associazione�  si�  è�  cercato�  di�  creare�  una�  realtà�  che,�  prendendo spunto da esperienze già collaudate (Alcolisti anonimi, Club degli alcolisti in trattamento, Associazione A.M.A. di Trento), potesse promuovere e coordinare gruppi di auto/mutuo aiuto, occupandosi di problematiche “nuove”.L’Associazione A.M.A. di Brescia, durante i 14 anni di attività (1997-­2011),�  si�  è�  sviluppata�  ed�  è�  cresciuta�  insieme�  alle�  persone,�  rappresentando una risorsa reale di auto/mutuo aiuto. Mentre i servizi convenzionali sono organizzati prevalentemente per fornire�  prestazioni�  dirette,�  �  l’Associazione�  ha�  come�  finalità�  il�  sostegno dell’iniziativa di tutti verso una maggiore capacità di gestione dei propri problemi. Un altro punto importante è�   la�   promozione�   dell’aiuto�   reciproco�   (“fare�   insieme”)�   sia�  tra�   pari�   che�   tra�   operatori�   e�   fruitori�   dei�   servizi,�   al�   fine�   di�  contribuire congiuntamente al benessere delle persone e della comunità.

127

Page 128: Di fame e di parole

Obiettivi

�   •�  Favorire�  la�  cultura�  dell’auto/mutuo�  aiuto�   •�  Promuovere�  e�  sostenere�  i�  gruppi�  a.m.a.�  in�  ambiti�  diversi�   •�  Rappresentare�  a�  livello�  locale�  un�  punto�  di�  riferimento�  le realtà di auto/mutuo aiuto�   •�  Sensibilizzare�  le�  persone�  all’auto/mutuo�  aiuto�  attraverso corsi e momenti di confronto�   •�  Promuovere�  interconnessioni�  tra�  i�  vari�  soggetti�  delle politiche sociali�   •�  Promuovere�  lavoro�  di�  comunità�  e�  progetti�  a�  valenza collettiva�   •�  Sostenere�  la�  creatività�  dei�  gruppi�  attraverso�  dei�  laboratori di sperimentazione

Funzioni e attività

Sostenere l’attivazione e il mantenimento dei gruppi di auto/mutuo aiutoIl sostegno all’attivazione e al funzionamento dei gruppi da parte dell’Associazione si concretizza attraverso diverse azioni. Le principali sono elencate di seguito.Accoglienza di persone interessate all’auto/mutuo aiuto e loro invio ai gruppi esistenti.Raccolta di nuovi bisogni e sostegno nella creazione di nuovi gruppi, favorendo i contatti tra gli interessati.Disponibilità delle risorse materiali e strutturali necessarie ai

128

Page 129: Di fame e di parole

gruppi: locali per gli incontri; telefono; fotocopiatrice; fax; sito internet.Attività di segreteria.Accompagnamento nella fase di avvio del gruppo o nei momenti di criticità, ad esempio mettendo a disposizione un facilitatore che ha seguito un apposito percorso formativo.Organizzazione degli incontri mensili per i facilitatori (intervisioni).Promozione dei rapporti con le istituzioni locali, provinciali e regionali e con il privato sociale e il mondo del volontariato.Realizzazione di momenti informativi/formativi aperti alla cittadinanza,�  finalizzati�  alla�  sensibilizzazione�  all’auto/mutuo�  aiuto,�  su�  tematiche�  specifiche.�  Un�  esempio�  è�  il�  progetto�  Caro cibo, nella mia famiglia sei diventato un problema promosso dal gruppo Lady Tramp di Cremona nel 2007 - 2008, rivolto a�   genitori�   che�   hanno�  figli�   con�   disturbi�   del�   comportamento�  alimentare.

Attivare corsi di formazione sull’auto mutuo aiutoNell’arco dei 14 anni di vita dell’associazione, sono stati organizzati 15 corsi di formazione dedicati alla promozione dell’auto mutuo aiuto e al ruolo del facilitatore.

Ruolo di centro di documentazione sull’auto/mutuo aiutoNel corso del tempo l’Associazione, in modo spontaneo e naturale,�  è�  diventata�  un�  luogo�  riconosciuto�  di�  documentazione�  per�   l’auto/mutuo�   aiuto,�   inteso�   sia�   come�   spazio�  fisico�   dove�  

129

Page 130: Di fame e di parole

si trovano libri, riviste, saggi, sia come spazio virtuale attraverso il sito www.amabrescia.org. L’Associazione rappresenta inoltre un universo dove si possono ascoltare esperienze�   personali�   e�   testimonianze,�   e�   dove�   è�   possibile�  studiare e fare ricerca. Grazie a convenzioni con Università e Scuole di Specializzazione, numerosi tirocinanti hanno avuto l’opportunità di avvicinarsi alla mutualità. Sono state molte le tesi di laurea in Scienze del Servizio Sociale, Psicologia e�  Scienze�  dell’Educazione,�  così�  come�  gli�  elaborati�  finali�  per�  le Scuole di Specializzazione, che descrivendo l’auto/mutuo aiuto hanno approfondito alcune attività dell’Associazione A.M.A. di Brescia.L’Associazione�   è�   disponibile�   e�   aperta�   alle�   proposte�   di�  ricerca, ma solo se basate su una reale motivazione, in modo da tutelare i propri associati, ma nello stesso tempo aprirsi�   a�   nuove�   idee.�   Il�   film�   documentario�  Nessun Dorma (contenuto nella pubblicazione “Esperienze di auto mutuo aiuto”�  a�  cura�  di�  Mara�  Mutti�  –�  ed.�  Erickson)�  ne�  è�  l’oggettiva�  dimostrazione.

Gestione di una mailing list dei gruppi di auto/mutuo aiuto presenti sul territorio della provincia di BresciaL’Associazione gestisce una mailing list costantemente aggiornata delle realtà di auto/mutuo aiuto che si associano a essa.Attualmente sono associati 32 gruppi di auto mutuo aiuto suddivisi tra le seguenti aree:

130

Page 131: Di fame e di parole

6 area famiglia10 area disabilità7 area salute mentale7 area nuove dipendenze2 elaborazione del lutto

Coordinamento con gruppi e altre Associazioni Ombrello presenti in LombardiaL’Associazione�  A.M.A.�  di�  Brescia,�  a�  partire�  dal�  2007,�  si�  è�  fatta�  promotrice del Coordinamento regionale delle realtà di auto/mutuo aiuto lombarde. Gli obiettivi del Coordinamento sono: conoscersi per crescere insieme ed essere più rappresentativi; curare l’aggiornamento della banca dati; avviare una comunicazione diretta con la Regione Lombardia e con il coordinamento dei Centri di Servizio per il Volontariato; partecipare, come realtà lombarde, al convegno nazionale delle realtà di auto-aiuto.I gruppi e le associazioni che intendono partecipare possono aderire compilando una semplice scheda sul sito regionale www.amalo.it.

Collegamento con il Coordinamento Nazionale delle realtà di auto aiutoUno o più rappresentanti dell’Associazione partecipano agli incontri del Coordinamento Nazionale (tre/quattro incontri all’anno) che hanno luogo a Bologna. I compiti principali del Coordinamento Nazionale sono: promuovere circolarità e scambio di informazioni; creare un organismo a livello

131

Page 132: Di fame e di parole

nazionale che rappresenti il mondo dell’auto/mutuo aiuto; organizzare a cadenza biennale un convegno.Ogni�   intervento�   che�   l’Associazione�   compie�   è�   rivolto�  alla comunità. Sulla spinta della ricerca di nuove risorse economiche che permettano di realizzare azioni volte alla diffusione della cultura della mutualità, l’Associazione dal 1997 ad oggi ha presentato e sviluppato circa ventisette progetti a valenza collettiva, attraverso la partecipazione a bandi attivati da varie istituzioni. Si tratta di progetti di durata�  predefinita�  (in�  genere�  12�  mesi)�  che�  prevedono,�  di�  volta�  in�   volta,�   proposte�   riferite�   a�   un’area�   specifica�   (ad�   esempio,�  il progetto Io e gli altri nell’area disabilità) o trasversali, riferite alle varie aree (ad esempio, il progetto Le famiglie risorse di esperienza).

Gli�  esiti�  positivi�  dei�  risultati�  fino�  ad�  oggi�  raggiunti,�  rinforzano�  il bisogno che proviene dai soci di tracciare nuove linee. Alle richieste di informazione, sostegno e accompagnamento all’avvio�   dei�   gruppi,�   si�   affiancano�   ora�   più�   che�  mai�   quelle�  relative alla necessità di emergere come risorse per arricchire il�  tessuto�  territoriale.�  Si�  è�  pensato�  quindi�  a�  uno�  “spazio”,�  fisico�  e relazionale, dove le famiglie siano e si sentano protagoniste, cioè�   parte�   integrante�   di�   un�   processo�   in�   cui�   possano�   a�   loro�  volta adoperarsi per proporre e sviluppare idee innovative, al fine�  di�  creare�  una�  circolo�  virtuoso�  di�  mutualità.

132

Page 133: Di fame e di parole

URL.: www.amabrescia.orgE-mail: [email protected]

Via XXV Aprile n. 51/53C.a.p. 25018 - Località Montichiari (Brescia)

Tel. 030 9961163 – 3396639382 - Fax. 030 9961163

Presidente:Anne Barbara Zerneri

Componenti Consiglio Direttivo:Claudio Capretti, Sara Conforti, Laura Gatti, Carlo

Gipponi, Teresa Pasini, Cinzia Rossetti

Coordinatrice:dott.sa Mara Mutti

133

Page 134: Di fame e di parole
Page 135: Di fame e di parole

Indice

Il gruppo Ama Lady Tramp: un’esperienza di condivisione pag. 9Scrivere�  di�  sé,�  scrivere�  come�  dono�  �   pag.�  19Parole da incontrare pag. 37I Dizionari esistenziali pag. 59Favole e novelle pag. 105Messaggi ai genitori pag. 117Bibliografia�  �   pag.�  119L’associazione Ama Brescia pag. 125

Page 136: Di fame e di parole

La�  proprietà�  dei�  contenuti�  del�  presente�  libro�  è�  di�  ASSOCIAZIONE�  A.M.A. AUTO MUTUO AIUTO ONLUS

Via XXV Aprile n. 51/53 - 25018 Montichiari (Brescia)Tel. 030 9961163 - 3396639382 - Fax 030 9961163

e-mail: [email protected]

Ogni uso commerciale o simile dei contenuti del presente libro, o di parte di essi, deve essere preventivamente accordata dal

proprietario.

DI QUESTO LIBROSONO STATI IMPRESSI

SU CARTA ARALDA AVORIOMILLE ESEMPLARI

NUMERATI DA 1 A 1000A CREMONA

PER I TIPISTAMPERIA COOP ANTARES ONLUS

NOVEMBRE 2011COPIA AD PERSONAM