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54 GIOVEDI 14 FEBBRAIO 2013 DI A R I O DI REPUBBLICA D iciamo la verità, Be- nedetto XVI era un papa “dimesso” prima di dimetter- si, mentre è diven- tato forte e persino squillante dopo le dimissioni: solo lascian- do il soglio pontificio ha dimo- strato al mondo d’essere stato l’uomo più adatto ad occuparlo. Le dimissioni infatti salvaguar- dano l’Istituzione, stabiliscono la differenza tra l’Istituzione e il suo funzionario, tra la Chiesa e il papa, tra il Regno e il re, tra la Re- pubblica e il presidente, tra la Banca e il governatore, tra il ge- nerale e l’Esercito, tra il diretto- re e il Giornale, ed è la stessa dif- ferenza che c’è tra la Specie e l’individuo. Tanto più che Rat- zinger, difensore della vita dalla prima cellula embrionale alla malattia terminale di Eluana, se ne va per ridare vita alla Chiesa di Dio, come i capi spirituali in- doeuropei, i Lama che abban- donano la guida delle anime per il romitaggio in attesa di rein- carnarsi: la “renovatio” come ri- voluzione, come “revolvere”, tornare indietro per aiutare la circolarità del Cosmo o la linea- rità di Dio e trovarsi in qualsiasi momento dell’esistenza al cen- tro dell’universo. Del resto si lascia non solo quando ci si sente “al di sotto”, ma anche quando ci si sente “al di sopra”, come fu, per esempio, il caso di De Gaulle che andò via senza dare spiegazioni e perciò permise a Raymond Aron di scrivere: «È un piacere ascoltare il silenzio di quest’uomo». E an- che Ratzinger precipiterà nel si- lenzio, non avrà altro dialogo che con la sua coscienza, ma an- che con il suo corpo, ascolterà il gorgoglio delle proprie viscere, la stanchezza delle giunture, il fruscio del sangue in attesa che Dio venga a fargli visita. E infatti Ratzinger non si è di- messo ma ha rinunziato — «de- clarorenuntiare» — perché il verbo, “dimitto”, nella lingua madre — il latino — è solo tran- sitivo: «mandare via, licenziare, congedare». Non esiste la forma riflessiva “se dimittere” e dun- que, come scrisse De Sanctis di Napoleone, «non si dimette ma abdica all’Impero di Francia, al regno d’Italia e si ritira all’Elba». Il latino è una lingua dove non c’è il “dimissionario” ma ci sono il “dimettitore” e il “dimesso” che in italiano significa pure umile, modesto, pacato e mite. Dunque ci si può dimettere re- stando in carica: il Papa minore, il conservatore stanco, il mozar- tiano, il gattaro, il bavarese or- nato di ninnoli pseudo rinasci- nato, vale a dire “dimesso”, dal- l’anarchico Bresci, il quale, a sua volta, l’anno dopo “si dimi- se” togliendosi la vita in galera. A Ratzinger non sarà conces- sa nessuna dimissione liberato- ria. Del resto il prete può spo- gliarsi, mai dimettersi; ottiene la dispensa, non l’annullamento. E il Pontefice non può “dismet- tere” i suoi ponti. Non è previsto un Pontefice Cincinnato in riti- ro operoso, in romitaggio tra gli amati libri elevati a feticci. L’uo- mo di Dio deve pregare e non potrà più cedere alla vanità del- lo studioso, un Pontefice non può tornare professore, il suo unico privilegio sarà denudarsi sino a diventare la propria ani- ma ben prima della morte del corpo e l’arrivo nel Paradiso do- ve Dante incontra Beatrice: «Avete il Nuovo e Vecchio Testa- mento / e il pastor della Chiesa che vi guida / questo vi basti a vostro salvamento». Se è davvero raro trovare nel- la storia una rinunzia vera come quella di Ratzinger, è quasi im- possibile trovare un italiano che non sia stato dimesso, deposto, costretto alle dimissioni. Così Mussolini che il 25 luglio fu por- tato in galera (una clausura co- me il convento dove andrà Rat- zinger). E così Berlusconi che fu accompagnato alla porta per- ché aveva trasformato il potere in un banchetto indecente. Di- messi furono il presidente Leo- ne, minacciato di impeach- ment, e i tanti segretari dei parti- ti, da De Mita a Craxi a Occhetto, dimissionato da un “complot- to”, e così Prodi, dimissionato da un ribaltone aritmetico-poli- tico. Persino Celestino V, secon- do i pettegolezzi d’epoca, veni- va ossessionato durante la not- te dai cardinali che, nascosti sotto il letto, gli mormoravano «dimettiti, dimettiti». Fratello maggiore delle di- missioni è il suicidio, condan- nato dalla Chiesa con la danna- zione eterna. E spesso le dimis- sioni, proprio come il suicidio, sono ricatti, minacce retoriche: «O fate così o me ne vado». In Ita- lia abbiamo inventato le “quasi dimissioni” che, come il tentato suicidio, sono un imbroglio mo- rale. C’è infatti una sola manie- ra, secca e definitiva, per ucci- dersi, come c’è una sola manie- ra per dimettersi: tornarsene a casa e farsi dimenticare. Il para- dosso di Ratzinger è che, al con- trario, sono proprio le dimissio- ni a renderlo indimenticabile. E nessuno potrà più dire che fu un papa minore, un papa “dimes- so”. VINCENZO FERRONE Lo strano illuminismo di Joseph Ratzinger Laterza 2013 UMBERTO GALIMBERTI Cristianesimo Feltrinelli 2012 PAOLO FLORES D’ARCAIS La sfida oscurantista di Joseph Ratzinger Ponte alle Grazie 2010 JACQUES RANCIÈRE L’odio per la democrazia Cronopio 2011 GEORGES BATAILLE La sovranità Se 2009 GIOVANNI BOTERO La ragion di Stato Donzelli 2009 GIOVANNI FILORAMO La Chiesa e le sfide della modernità Laterza 2007 ALBERTO MELLONI L’inizio di papa Ratzinger Einaudi 2006 J.HABERMAS J.RATZINGER Ragione e fede in dialogo Marsilio 2005 ANDREA RICCARDI Governo carismatico Mondadori 2003 LIBRI I Diari online TUTTI i numeri del “Diario” di Repub- blica, comprensivi delle fotografie e dei testi completi, sono consultabili su In- ternet in formato pdf all’indirizzo web www.repubblica.it. I lettori potranno accedervi diretta- mente dalla homepage del sito, clic- cando sul menu “Supplementi”. Gli autori IL TESTO del Sillabario di Guido Morsel- li è tratto da Roma senza papa (Adelphi). Maurizio Bettini insegna Filologia classi- ca all’università di Siena. Tra i suoi libri, Vertere (Einaudi). Massimo Recalcati, psicoanalista, ha pubblicato recentemen- te Ritratti del desiderio (Raffaello Cortina). Quella scelta difficile di abbandonare il potere DIMISSIONI S arebbe allo studio, dico: allo studio, una proposta da presentare al Sinodo per un’ulteriore riforma costi- tuzionale, relativa sia alle forme dell’elezione papa- le sia alla durata del pontificato. E qui la cosa, nella sua enormità paradossale, si smentisce subito da sé. Il papa non sarebbe alieno dal progetto di un pontificato a tempo! Poniamo, un quindicennio. A cominciare da lui stesso, per caso? Proprio oggi mentre la Sua sapienza così bene riful- ge nell’interesse della pace del mondo; anzi, degli spazi. Eravamo a metà di via Nazionale. Mi sono fermato di botto.. – Caro amico, Lei non si rende conto sa, e mi scusi! Sa- rebbe lo sfacelo. Diciamo la resa senza condizioni ai peg- giori nemici della Chiesa. Della religione. Non ci penso nemmeno, io. – Vediamo gli effetti dell’infallibilità abolita di fatto. In- fallibile, purché sia d’accordo col Sinodo! SILLABARIO DIMISSIONI GUIDO MORSELLI L’annuncio di Benedetto XVI fa riflettere su un gesto che ha una lunga storia. Dall’abdicazione dei sovrani ai passi indietro dei politici. Che poi spesso ci ripensano Si lascia non solo quando ci si sente “al di sotto” ma anche se ci si considera “al di sopra” come nel caso di De Gaulle De Gaulle Può essere anche una decisione liberatoria, perché l’ufficialità impedisce di coltivare l’umanità Liberazione FRANCESCO MERLO mentali come le babbucce rosse e i cappelli… Ci sono lavori che sono svolti con spirito dimissionario. Gli insegnanti, per esempio, demo- tivati e maltrattati, non poten- dosi dimettere dal lavoro, si di- mettono dall’attaccamento al lavoro. In questi casi le vere di- missioni suonano come il tribu- to della consapevolezza alla di- gnità. D’altra parte le dimissioni possono essere liberatorie e redditizie, perché l’ufficialità impedisce di coltivare l’uma- nità. Ci si dimette per immetter- si nella pienezza dei sentimenti, delle emozioni. Ci si può dimet- tere da manager per immettersi nel padre di famiglia, nell’ami- co. Ci si può dimettere dalla di- rezione di un giornale per cura- re se stessi, i parenti, gli amori, la scrittura, i viaggi, lo studio, gli affari. Francesco Giuseppe fin- geva di essere sordo, si dimette- va cioè dalla acusticità, per non dover commerciare verbal- mente e intellettualmente con i suoi cortigiani. E lo scrittore Guido Morselli, che morì suici- da, vale a dire dimissionario dalla vita, raccontò nel roman- zo Divertimento 1889 che Um- berto I di tanto in tanto si “di- metteva” da re e si mescolava al- la gente. Ne 1900 fu poi assassi- © RIPRODUZIONE RISERVATA

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GIOVEDI 14 FEBBRAIO 2013

la Repubblica

DIARIODI REPUBBLICA

Diciamo la verità, Be-nedetto XVI era unpapa “dimesso”prima di dimetter-si, mentre è diven-

tato forte e persino squillantedopo le dimissioni: solo lascian-do il soglio pontificio ha dimo-strato al mondo d’essere statol’uomo più adatto ad occuparlo.Le dimissioni infatti salvaguar-dano l’Istituzione, stabilisconola differenza tra l’Istituzione e ilsuo funzionario, tra la Chiesa e ilpapa, tra il Regno e il re, tra la Re-pubblica e il presidente, tra laBanca e il governatore, tra il ge-nerale e l’Esercito, tra il diretto-re e il Giornale, ed è la stessa dif-ferenza che c’è tra la Specie el’individuo. Tanto più che Rat-zinger, difensore della vita dallaprima cellula embrionale allamalattia terminale di Eluana, sene va per ridare vita alla Chiesadi Dio, come i capi spirituali in-doeuropei, i Lama che abban-donano la guida delle anime peril romitaggio in attesa di rein-carnarsi: la “renovatio” come ri-voluzione, come “revolvere”,tornare indietro per aiutare lacircolarità del Cosmo o la linea-rità di Dio e trovarsi in qualsiasimomento dell’esistenza al cen-tro dell’universo.

Del resto si lascia non soloquando ci si sente “al di sotto”,ma anche quando ci si sente “aldi sopra”, come fu, per esempio,il caso di De Gaulle che andò viasenza dare spiegazioni e perciòpermise a Raymond Aron discrivere: «È un piacere ascoltareil silenzio di quest’uomo». E an-che Ratzinger precipiterà nel si-lenzio, non avrà altro dialogoche con la sua coscienza, ma an-che con il suo corpo, ascolterà ilgorgoglio delle proprie viscere,la stanchezza delle giunture, ilfruscio del sangue in attesa cheDio venga a fargli visita.

E infatti Ratzinger non si è di-messo ma ha rinunziato — «de-claro… renuntiare» — perché ilverbo, “dimitto”, nella linguamadre — il latino — è solo tran-sitivo: «mandare via, licenziare,congedare». Non esiste la formariflessiva “se dimittere” e dun-que, come scrisse De Sanctis diNapoleone, «non si dimette maabdica all’Impero di Francia, alregno d’Italia e si ritira all’Elba».Il latino è una lingua dove nonc’è il “dimissionario” ma ci sonoil “dimettitore” e il “dimesso”che in italiano significa pureumile, modesto, pacato e mite.Dunque ci si può dimettere re-stando in carica: il Papa minore,il conservatore stanco, il mozar-tiano, il gattaro, il bavarese or-nato di ninnoli pseudo rinasci-

nato, vale a dire “dimesso”, dal-l’anarchico Bresci, il quale, asua volta, l’anno dopo “si dimi-se” togliendosi la vita in galera.

A Ratzinger non sarà conces-sa nessuna dimissione liberato-ria. Del resto il prete può spo-gliarsi, mai dimettersi; ottiene ladispensa, non l’annullamento.E il Pontefice non può “dismet-tere” i suoi ponti. Non è previstoun Pontefice Cincinnato in riti-ro operoso, in romitaggio tra gliamati libri elevati a feticci. L’uo-mo di Dio deve pregare e nonpotrà più cedere alla vanità del-lo studioso, un Pontefice nonpuò tornare professore, il suounico privilegio sarà denudarsisino a diventare la propria ani-ma ben prima della morte delcorpo e l’arrivo nel Paradiso do-ve Dante incontra Beatrice:«Avete il Nuovo e Vecchio Testa-mento / e il pastor della Chiesache vi guida / questo vi basti avostro salvamento».

Se è davvero raro trovare nel-la storia una rinunzia vera comequella di Ratzinger, è quasi im-possibile trovare un italiano chenon sia stato dimesso, deposto,costretto alle dimissioni. CosìMussolini che il 25 luglio fu por-tato in galera (una clausura co-me il convento dove andrà Rat-zinger). E così Berlusconi che fuaccompagnato alla porta per-ché aveva trasformato il poterein un banchetto indecente. Di-messi furono il presidente Leo-ne, minacciato di impeach-ment, e i tanti segretari dei parti-ti, da De Mita a Craxi a Occhetto,dimissionato da un “complot-to”, e così Prodi, dimissionatoda un ribaltone aritmetico-poli-tico. Persino Celestino V, secon-do i pettegolezzi d’epoca, veni-va ossessionato durante la not-te dai cardinali che, nascostisotto il letto, gli mormoravano«dimettiti, dimettiti».

Fratello maggiore delle di-missioni è il suicidio, condan-nato dalla Chiesa con la danna-zione eterna. E spesso le dimis-sioni, proprio come il suicidio,sono ricatti, minacce retoriche:«O fate così o me ne vado». In Ita-lia abbiamo inventato le “quasidimissioni” che, come il tentatosuicidio, sono un imbroglio mo-rale. C’è infatti una sola manie-ra, secca e definitiva, per ucci-dersi, come c’è una sola manie-ra per dimettersi: tornarsene acasa e farsi dimenticare. Il para-dosso di Ratzinger è che, al con-trario, sono proprio le dimissio-ni a renderlo indimenticabile. Enessuno potrà più dire che fu unpapa minore, un papa “dimes-so”.

VINCENZOFERRONELo stranoilluminismo di JosephRatzingerLaterza 2013

UMBERTOGALIMBERTICristianesimoFeltrinelli 2012

PAOLOFLORESD’ARCAISLa sfidaoscurantistadi JosephRatzingerPonte alleGrazie 2010

JACQUESRANCIÈREL’odio per lademocraziaCronopio2011

GEORGESBATAILLELa sovranitàSe 2009

GIOVANNIBOTEROLa ragion di StatoDonzelli 2009

GIOVANNIFILORAMOLa Chiesa e lesfide dellamodernitàLaterza 2007

ALBERTOMELLONIL’inizio di papaRatzingerEinaudi 2006

J.HABERMASJ.RATZINGERRagione e fede indialogoMarsilio 2005

ANDREARICCARDIGovernocarismaticoMondadori2003

LIBRI

I Diari onlineTUTTI i numeri del “Diario” di Repub-blica, comprensivi delle fotografie e deitesti completi, sono consultabili su In-ternet in formato pdf all’indirizzo webwww.repubblica.it.

I lettori potranno accedervi diretta-mente dalla homepage del sito, clic-cando sul menu “Supplementi”.

Gli autoriIL TESTO del Sillabario di Guido Morsel-li è tratto da Roma senza papa (Adelphi).Maurizio Bettini insegna Filologia classi-ca all’università di Siena. Tra i suoi libri,Vertere (Einaudi). Massimo Recalcati,psicoanalista, ha pubblicato recentemen-te Ritratti del desiderio (Raffaello Cortina).

Quella scelta difficiledi abbandonare il potere

DIMISSIONI

Sarebbe allo studio, dico: allo studio, una proposta dapresentare al Sinodo per un’ulteriore riforma costi-tuzionale, relativa sia alle forme dell’elezione papa-

le sia alla durata del pontificato. E qui la cosa, nella suaenormità paradossale, si smentisce subito da sé. Il papanon sarebbe alieno dal progetto di un pontificato a tempo!Poniamo, un quindicennio. A cominciare da lui stesso, percaso? Proprio oggi mentre la Sua sapienza così bene riful-ge nell’interesse della pace del mondo; anzi, degli spazi.

Eravamo a metà di via Nazionale. Mi sono fermato dibotto..

– Caro amico, Lei non si rende conto sa, e mi scusi! Sa-rebbe lo sfacelo. Diciamo la resa senza condizioni ai peg-giori nemici della Chiesa. Della religione. Non ci pensonemmeno, io.

– Vediamo gli effetti dell’infallibilità abolita di fatto. In-fallibile, purché sia d’accordo col Sinodo!

SILLABARIODIMISSIONI

GUIDO MORSELLI

L’annuncio di Benedetto XVI fa riflettere su un gestoche ha una lunga storia. Dall’abdicazione dei sovraniai passi indietro dei politici. Che poi spesso ci ripensano

Si lascia non soloquando ci si sente“al di sotto” ma anchese ci si considera“al di sopra” comenel caso di De Gaulle

De Gaulle

Può essere ancheuna decisioneliberatoria, perchél’ufficialitàimpedisce di coltivarel’umanità

Liberazione

FRANCESCO MERLO

mentali come le babbucce rossee i cappelli…

Ci sono lavori che sono svolticon spirito dimissionario. Gliinsegnanti, per esempio, demo-tivati e maltrattati, non poten-dosi dimettere dal lavoro, si di-mettono dall’attaccamento allavoro. In questi casi le vere di-missioni suonano come il tribu-to della consapevolezza alla di-gnità.

D’altra parte le dimissionipossono essere liberatorie eredditizie, perché l’ufficialitàimpedisce di coltivare l’uma-nità. Ci si dimette per immetter-si nella pienezza dei sentimenti,delle emozioni. Ci si può dimet-

tere da manager per immettersinel padre di famiglia, nell’ami-co. Ci si può dimettere dalla di-rezione di un giornale per cura-re se stessi, i parenti, gli amori, lascrittura, i viaggi, lo studio, gliaffari. Francesco Giuseppe fin-geva di essere sordo, si dimette-va cioè dalla acusticità, per nondover commerciare verbal-mente e intellettualmente con isuoi cortigiani. E lo scrittoreGuido Morselli, che morì suici-da, vale a dire dimissionariodalla vita, raccontò nel roman-zo Divertimento 1889 che Um-berto I di tanto in tanto si “di-metteva” da re e si mescolava al-la gente. Ne 1900 fu poi assassi-

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CINCINNATODiventa dittatore nel458 a.C. e dopo sedicigiorni si dimette e torna a occuparsi delle sueproprietà terriere

Non preoccupatevi delle miedimissioni, le ho già datestamattina in cancelleriaI fratelli Karamazov, 1879

Fëdor Dostoevskij

Disse che aveva dimostrato diessere un democratico perchéaveva accettato di dimettersiCapire il potere, 2002

Noam Chomsky

Perché ho dato le dimissioni?Quando me ne sono andato ilproblema, in sostanza, era risoltoLa macchia umana, 2000

Philip Roth

Le tappe

OGGIFanno discutere ledimissioni di papaBenedetto XVI. A marzoil Conclave eleggerà il nuovo pontefice

BEATRICE D’OLANDAIl 28 gennaio scorso la regina ha abdicato in favore del figlio per“trasmettere il potere auna nuova generazione”

DE GAULLEDopo aver vinto leelezioni presidenziali nel giugno 1968, il 28aprile 1969 annuncia le sue dimissioni

CELESTINO VSale al soglio pontificionel 1294, ma rassegnale dimissioni dopo pochi mesi nel corso di un Concistoro

MARCOPOLITIJosephRatzingerCrisi di unpapatoLaterza 2013

VITOMANCUSOObbedienza elibertàFazi 2012

PAOLOPRODICristianesimoe potereil Mulino 2012

GIANLUIGINUZZISua santitàChiarelettere2012

JEAN-MICHELMEURICEIl vero poteredel VaticanoSan PaoloEdizioni 2011

CORRADOAUGIASI segreti del VaticanoMondadori2011

ALANPOSENERLa crociata di BenedettoGarzanti 2010

LILL RUDOLFIl potere dei papiLaterza 2010

GIANCARLOZIZOLASantità e potereSperling & Kupfer2009

ANDRÉ GIDEI sotterraneidel VaticanoFeltrinelli 2004

HANS KÜNGCristianesimoBur 1999

LIBRI

La tradizione inizia con Solone e Cincinnato

ILMITO ANTICODELLA RINUNCIA

Agli inizi del VI secolo a. C. Atene, preda di gravi tu-multi, decise di affidarsi a un solo uomo: Solone.Egli fu nominato arconte, arbitro e legislatore,una posizione che gli permise di dare alla città

leggi destinate a durare nei secoli. Ma non tutti i contem-poranei le apprezzarono. Non passò giorno infatti senzache vi fossero rimostranze, tanto che Solone decise di ri-nunziare alla carica. Dichiarò che voleva fare un viaggio echiese alla città un congedo di dieci anni. Immaginava chenel frattempo gli Ateniesi si sarebbero abituati alle sue leg-gi — non fu così, via lui prese il potere Pisistrato e ad Atenefu instaurata la tirannide. Ma non è questo che interessa, èpiuttosto il modo in cui Solone lasciò il potere. Egli crede-va fortemente nell’uguaglianza, per questo se ne andò co-me sarebbe potuto andarsene chiunque altro: imbarcan-dosi su una nave, senza né cerimonie né dichiarazioni uf-ficiali.

Ed eccoci a Cincinnato. Tutti ricordano la scena dei le-gati del Senato che si recano da lui per offrirgli la carica didittatore. Lo trovano che sta arando il proprio campo, e pri-ma di dar loro ascolto egli chiede alla moglie di portargli latoga. La situazione è drammatica, Equi e Sabini minaccia-no la città e c’è bisogno di un dictator. Cincinnato lascia l’a-ratro, assume la dittatura, che gli conferisce un potere pra-

ticamente assoluto, e porta a termine la propria missione.Dopo di che, passati appena sedici giorni, e nonostantefosse stato nominato dittatore per sei mesi, egli abbando-na i suoi poteri e torna ad arare. Questo gesto lo trasformeràin un paradigma di disinteresse e amore per la patria —tanto che gli americani, dopo la Rivoluzione, deciderannodi dedicargli perfino una città, Cincinnati Ohio. Ed ecco ilmodo in cui Livio descrive l’abbandono del potere: dicta-tura… se abdicauit, letteralmente Cincinnato «si esclusedalla dittatura». In realtà questa espressione, se abdicare,costituisce la formula canonica usata in latino allorché unmagistrato rinunzia alla propria carica. Perché dunquenon l’ha usata anche Benedetto XVI? Al contrario si è con-tentato di un semplice ministerio… renuntiare, dichiaran-do cioè di “rinunciare” al proprio ministero. Naturalmen-te non si tratta di «dare le dimissioni», come qualcuno hafrettolosamente tradotto, trasformando così il papa in unamministratore delegato che non ha soddisfatto il Cda. Dicerto però l’altra espressione, se abdicare, sarebbe stata al-meno più classica. Dato che il latino della dichiarazionenon è impeccabile (il cardinale Antonio Bacci, per annimassimo latinista del Vaticano, avrebbe almeno control-lato le concordanze), potremmo immaginare che si trattidi un italianismo, un calco del nostro «rinunciare all’inca-rico».

Però potrebbe trattarsi anche di una scelta di modestia,dato che il verbo abdicare, ancora per un uditorio italiano,avrebbe evocato connotazioni (forse troppo) regali. Pur sela formula usata da Edoardo VIII di Inghilterra, quando ab-dicò in favore del fratello nel 1936, fu proprio «to renouncethe throne», come correttamente si dice in inglese. Dun-que per un uditorio anglofono, ammesso che vi siano an-cora inglesi disposti ad ascoltare dichiarazioni in latino,quel renuntio del papa suona inevitabilmente solenne. Ese invece pensassimo a tutte le volte in cui il verbo renun-tio, specie nella latinità cristiana, viene usato per descrive-re la “rinunzia” alle cose del mondo, che distolgono dapensieri più alti? Le recenti vicende in cui il soglio pontifi-cio si è trovato coinvolto, potrebbero in effetti suggerirlo.

MAURIZIO BETTINI

Con il suo atto il “dictator” romano ha creatoil paradigma del disinteresse e dell’amoreper la patria. Un eroe universale,tanto che in America gli hanno dedicato una città

Eroe universale

Il significato psicoanalitico dell’abbandono

QUANDO NARCISOSA DIRE ADDIO

La vita umana necessita di maschere per esistere. È unfatto: ciascuno di noi ne indossa una o più d’unaquando si trova impegnato nelle funzioni e nei ruo-li sociali che lo riguardano. Non a caso l’interrogati-

vo: «ma chi credo di essere?» spesso attraversa il dubbio del-la coscienza che muove verso il gesto della dimissione da unincarico. Per questo i soggetti che credono senza incertezzeal proprio Io, gli “Egoarchi” come li avrebbe definiti Giusep-pe D’Avanzo, sono solitamente soggetti immuni dal rischiodi dimissioni perché privi di quella quota necessaria di di-stanza da se stessi che rende possibile l’autocritica e il rico-noscimento dei propri errori. Una leadership consapevolesi misura dal modo in cui sa lavorare per preparare la sua dis-soluzione rendendo possibile la sua permutazione e la suatrasmissione simbolica. Al contrario un eccessivo attacca-mento al proprio Io rende impossibile l’esercizio di una lea-dership democratica perché resiste al principio della delegadella responsabilità. Perché vi sia il gesto autentico delle di-missioni vi deve essere esperienza tormentata del dubbio edella propria vulnerabilità.

Gli incarichi, i ruoli professionali, le funzioni sociali, le in-vestiture pubbliche, insomma tutto ciò che offre una iden-tità collettivamente riconoscibile alla vita umana, ricopro-no il carattere finito, mortale, leso dell’esistenza umana. Il

gesto delle dimissioni è sempre ricco di echi emotivi perchéimplica la caduta della funzione stabilizzatrice e rassicuran-te di queste maschere che agiscono come dei veri e propriabiti identificatori. Si tratta di una spogliazione traumaticache riporta la nostra vita alla sua condizione più nuda. È l’o-ra della verità; l’evento che ci ricorda che il nostro essere è ir-riducibile alla maschera sociale che lo riveste. Per questa ra-gione nel soggetto dimissionario possiamo rintracciaresempre una quota depressiva legata alla perdita dell’identitànarcisistica che l’identificazione alla maschera pubblica gligarantiva. Ma può valere anche il contrario: dare le dimis-sioni può significare per chi compie questo atto un effetto sa-lutare di liberazione dai lacci della maschera. All’uomo —che è un essere in continuo divenire — l’abito rigido dell’i-dentificazione appare sempre come un abito troppo stretto;lasciarlo cadere può allora allargare la vita, può essere unaperdita feconda che rende possibile un affacciarsi rinnova-to sul mondo.

Per la psicoanalisi la malattia e la sofferenza mentale so-no legate ad un eccesso di identificazione rigida al proprio Ioe al suo Ideale di padronanza. Il gesto della dimissione è untest di salute mentale perché implica la capacità del ricono-scimento del proprio limite, cioè della propria castrazione.Non a caso è proprio la Legge simbolica della castrazione apresiedere l’intero percorso evolutivo della vita, il quale esi-ge continue dimissioni simboliche: il bambino deve dimet-tersi dal suo ruolo per entrare nella turbolenze attive dell’a-dolescenza; l’adolescente deve dimettersi per assumersi laresponsabilità della vita adulta e, a sua volta, l’adulto deve af-francarsi dal proprio Io per accettare la vecchiaia come tran-sizione finale verso la morte. E non è forse proprio questo ul-timo passaggio della vita a rivelare che l’attaccamento aduna identità rigida non può essere il destino dell’uomo, mail tentativo, tragico o farsesco, di rivestire artificialmente lasua finitezza mortale? Non è forse questo che s’incontra ognivolta che si dà gesto autentico, non solo tattico, di dimissio-ni? Non è per questa ragione che Nietzsche pensava all’uo-mo come ad un “ponte ”, ad un “tramonto”, ad un essere de-stinato a superare sempre se stesso, ad un “oltreuomo”?

MASSIMO RECALCATI

Gli incarichi, i ruoli professionali, le funzionisociali, servono a nascondere il carattere finitoe mortale dell’esistenza umana. Si trattadunque di saper accettare i propri limiti

Accettare il limite

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