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1 n. 2/2009 DESK 3 7 12 21 26 31 33 35 42 45 52 54 56 59 60 61 62 Non serve una stampa inginocchiata al potere Il comunicatore pubblico: spunti per una riflessione dei profili professionali Io difendo la formazione in comunicazione P.Arpa e P. Morlion prommossero i cineforum in Italia Angelo Narducci: un fecondo lavoro di animatore cul- turale Bari - Diritto di cronaca e deontologia Assorel Academy integra per i giovani l’offerta formati- va dell’Università Ordine: le linee di riforma diventano proposta di legge Presto una “carta del lettore” per tutelarne i diritti Giornali e Internet: come uscire dalla crisi Il non-profit una soluzione per la crisi dei giornali GIAMPAOLO PANSA Il revisionista Rizzoli PIERO OTTONE Italia mia Longanesi ed. GIOVANNI RAGONE Classici dietro le quinte La- terza ed. AGATA PIROMALLO GAMBARDELLA La Comunicazione fra incanto e disincanto Franco Angeli editore ENRICO MENTANA, La passionaccia Rizzoli FRANZ FALANGA A proposito della comunicazio- ne. Come perdere cona ssoluta certezza le elezio- ni Armando Editore MOIGE Movimento Italiano Genitori, un anno di zapping, Edizioni Magi MICHELE SMARGIASSI, Un’autentica bugia. La fo- tografia, il vero, il falso Contrasto Ed. Paolo Scandaletti F. Faccioli,B. Mazza Mario Morcellini Gianni Virgadaula Giuseppe Merola Enzo Quartu Furio Garbagnati Rosa Maria Serrao R.M.S. Paolo Scandaletti Gabriella Paci Antonella Scutiero Giustina Scandaletti Rosa Maria Serrao Marica Spalletta S O M M A R I O EDITORIALE STORIA E CULTURA CONVEGNI L’OPINIONE PROFESSIONE DOCUMENTI E NOTIZIE LIBRI

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Non serve una stampa inginocchiata al potere

Il comunicatore pubblico: spunti per una riflessionedei profili professionaliIo difendo la formazione in comunicazioneP. Arpa e P. Morlion prommossero i cineforum in ItaliaAngelo Narducci: un fecondo lavoro di animatore cul-turaleBari - Diritto di cronaca e deontologia

Assorel Academy integra per i giovani l’offerta formati-va dell’UniversitàOrdine: le linee di riforma diventano proposta di leggePresto una “carta del lettore” per tutelarne i dirittiGiornali e Internet: come uscire dalla crisiIl non-profit una soluzione per la crisi dei giornali

GIAMPAOLO PANSA Il revisionista RizzoliPIERO OTTONE Italia mia Longanesi ed.GIOVANNI RAGONE Classici dietro le quinte La-terza ed.

AGATA PIROMALLO GAMBARDELLA

La Comunicazione fra incanto e disincantoFranco Angeli editore

ENRICO MENTANA, La passionaccia Rizzoli

FRANZ FALANGA A proposito della comunicazio-ne. Come perdere cona ssoluta certezza le elezio-ni Armando Editore

MOIGE Movimento Italiano Genitori, un annodi zapping, Edizioni Magi

MICHELE SMARGIASSI, Un’autentica bugia. La fo-tografia, il vero, il falso Contrasto Ed.

PaoloScandaletti

F.Faccioli,B.Mazza

MarioMorcelliniGianniVirgadaula

GiuseppeMerola

EnzoQuartu

FurioGarbagnati

RosaMariaSerraoR.M.S.

PaoloScandaletti

GabriellaPaci

AntonellaScutiero

GiustinaScandaletti

RosaMariaSerrao

MaricaSpalletta

S O M M A R I O

EDITORIALE

STORIA E CULTURA

CONVEGNI

L’OPINIONE

PROFESSIONE

DOCUMENTI

E NOTIZIE

LIBRI

DESKCULTUR A E R I C E RC A D E L L A COMUN I C AZ ION E

Rivista trimestraleUniversità Sr. Orsola Benincasa e Ucsi

Anno XVI n. 2

DIRETTORI

Paolo Scandaletti (responsabile)Lucio D’Alessandro

COMITATO SCIENTIFICO

Francesco M. De Sanctis (Presidente)Giuseppe Acocella, Giuliano Adreani, Gianfranco Bettetini,Pasquale Borgomeo, Isabella Bossi Fedrigotti, GianlucaComin, Massimo Corsale, Piero Craveri, LucioD’Alessandro, Ornella De Sanctis, Furio Garbagnati, EnzoIacopino, Andrea Melodia, Paolo Mieli, Massimo Milone,Mario Morcellini, Agata Piromallo Gambardella, PaoloScandaletti, Franco Siddi

REDAZIONE: ROMA, VIA IN LUCINA 16/ARosa Maria Serrao06/68.80.28.74 fax 06/45.44.96.21cell. 349/09.211.07e-mail: [email protected]

NAPOLI: Arturo Lando, Franco Mennitto

Proprietà ed Editore: Ucsi www.ucsi.it

GIUNTA ESECUTIVAAndrea Melodia (Presidente) Pino Nardi (Vicepresidente),Franco Maresca (Segretario), Mariella Cossu (Tesoriere),P. Pasquale Borgomeo (consulente ecclesiastico), MaurizioBassetti, Sara Bessi, Guido Mocellin, Mario Repetto, GaetanoRizzo

Iscrizione al ROC n. 5421Finito di stampare: giugno 2009da CSR - Roma, Via di Pietralata 157

Paolo Scandaletti,giornalista,insegna etica dellacomunicazioneall’Università Luiss diRoma e Storia delgiornalismo al Sr OrsolaBenincasa di Napoli.Dirige questa rivistainsieme a Luciod’Alessandro

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NON SERVE UNA STAMPAINGINOCCHIATA AL POTERE

E D I T O R I A L E

ei dieci anni a venire i giornali (comprendendovi editori, giornalisti,pubblicitari e comunicatori) non potranno cullare l’illusione che letendenze in atto - l’informazione che cresce nel web e cala sulla carta ein tv - possano invertirsi, né contare su un ritorno salvifico dellapubblicità. Meglio prenderne atto sollecitamente e attivarsi per“imporre una radicale trasformazione delle strutture e delleorganizzazioni editoriali”. Così concludeva il mese scorso la ricercadell’Osservatorio europeo di giornalismo - Università della Svizzeraitaliana, facoltà di Scienze della comunicazione.Volendo ancora puntare a un’informazione di qualità e allasostenibilità editoriale, non c’è dunque che rimettere in discussionealcune certezze e le rispettive culture professionali. Per noi italiani,anche il nostro sistema dei media.Del resto, il mercato americano dice che, al contrario di televisione estampa, l’informazione su internet è in crescita sostenuta e il sorpassoè avvenuto a quota 40 persone su cento, mentre i giornali son fermi a35. Con gli altri dati e le opinioni raccolte fra operatori coinvolti edesperti, le criticità aggiornate dicono: vendita dei patrimoni editorialiper alleggerire gli indebitamenti e gli ammortamenti delle rotativefull color prese col vento in poppa della pubblicità, ricollocazione delpersonale tolto dalle sedi prestigiose per impiegarlo in funzioni tantoindispensabili quanto meno costose, redazioni ridotte e multimediali.Il nuovo giovane direttore de La Stampa, giunto proprio dall’Americaa Torino, come la pensa? “Non viviamo più in un mondo garantito,dobbiamo reinventarci. Molta gente è informata, ma non legge igiornali: s’è ridotto il tempo e la capacità di lettura. Le tradizionalicorrispondenze dall’estero ora si fanno in redazione. Ha senso uninviato solo se ti porta ogni due giorni storie originali”. E aggiunge ilparere di un collega americano: i giornalisti italiani devono scenderedallo sgabello e adottare uno stile di sobrietà.

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una vera societàdemocratica hainteresse a dotarsi emantenere viva quellacarta stampata chesvolge una preziosafunzione diinformazione e dicritica

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Il tema del nuovo modello informativo impone perciò l’abbandonodelle vecchie, comode spesso, organizzazioni redazionali della cartastampata. L’approdo a strutture più snelle, con persone dalle capacitàmultiple (carta, online, ecc.), aperte alle giovani competenze (anche ascapito degli avanzamenti di carriera per anzianità), flessibili negliimpieghi della multimedialità.Alla XII Conferenza internazionale per l’industria dell’editoria e dellastampa italiana a Bari è stato detto che la crisi può diventareun’opportunità se tutti cambiano l’approccio alle rispettiveprofessioni; se, rompendo la continuità, si ripensa “al ciclo editoriale”;se, sfruttando il grandissimo valore della rete, vogliamo e saremo“capaci di essere vicini ai nostri lettori” (Ferruccio de Bortoli).E gli effetti sulla società del restringimento dell’offerta informativa?Due ricercatori dell’università di Princeton, dalle loro indagini eanalisi dopo la scomparsa del Cincinnati Post, ricavano: nelle areeurbane e residenziali è diminuita la partecipazione al voto e si sonopresentati meno candidati alle elezioni municipali, così favorendo laconferma degli uscenti. Altra ricerca di altra collega del medesimoateneo conferma che dove si pubblica un giornale locale più difrequente si scalzano i politici dal loro posto.Vuol dire che una vera società democratica ha interesse a dotarsi emantenere viva quella carta stampata che svolge una preziosa funzionedi informazione e di critica. E ripropone a noi italiani il tema delnostro sempre più equivoco sistema dei media. Qui non solo anche ipiù autorevoli quotidiani s’infarciscono di notizie frivole, più adattealla stampa che si diceva rosa. Da noi il guaio sta proprio nel‘manico’, nella ragione inconfessa di molte proprietà editoriali: nateper fare lobby politica ed economico-finanziaria coi giornali, nonintendono arrendersi dalla violazione della natura propria dei media.Torniamo a Mauro Calabresi che ha detto alla redazione: non farò ungiornalismo ideologico, pregiudiziale nella valutazione delle notizie.“E’ vero o non è vero? Questa è l’unica domanda cui rispondere,fregandosene completamente se sia o meno a favore del governo”.Speriamo che glielo lascino fare. In America è normale; il NYTconquista cinque Pulitzer e l’apertura del premio alle testate onlinenon vede alcun sito web vincitore.Da noi il parlamento continua ad ignorare l’attività dei lobbisti al suointerno, mentre il registro obbligatorio nell’Unione Europea è fatto

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la Rai èdominatadalle bramelottizzatoriedei partiti, nonsi ha ilcoraggio diprivatizzarla ingran parte:rendendolaconcorrenzialesul mercato efacendo, conl’altra parte,vero serviziopubblico

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E D I T O R I A L E

vergognosamente slittare alla prossima legislatura. Per fortuna delVecchio continente, in Inghilterra il Daily Telegraph frugando suirimborsi spese dei deputati ha fatto cadere il presidente della Cameradei Comuni e Scotland Yard ha fermato le indagini perché il giornaleaveva reso un servizio al paese.Qui la Rai è dominata dalle brame lottizzatorie dei partiti, non si ha ilcoraggio di privatizzarla in gran parte: rendendola concorrenziale sulmercato e facendo, con l’altra parte, vero servizio pubblico. Nel qualenon vi sia posto per i telecronisti “dedicati” a questo o quel leaderpolitico; né pseudogiornalisti che seguono il calcio, incapaci di porredomande agli sportivi. Intanto, il pluralismo tv lo vien realizzandoparadossalmente proprio Murdoch. Il nostro governo stringe troppol’informazione sulle intercettazioni. Il suo Capo accusa i giornali dinon capire niente e di armare intrighi, mentre sollecita i suoi colleghiimprenditori a non dare pubblicità alle testate che non scrivonosempre bene di lui. Confermando quel che sostiene Cipolletta:considerano i media degli strumenti per i loro interessi.Il Presidente della Repubblica s’è detto fiducioso “sull’attaccamentodelle opinioni pubbliche ai principi liberali, particolarmente a quellidella libertà e del pluralismo dell’informazione”. Se è vero ches’appresta a dire la sua più organicamente sul tema, forte dell’ottimaconoscenza del mondo anglosassone e di quei sistemi dei media,prenda il toro per le corna e denunci le storture, le debolezze e irischi per il nostro sistema democratico del nostro atipico impianto ecostume mediatico. Ringraziamenti anticipati e a nome di tanti,signor Presidente!

Paolo Scandaletti

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DDEESSKK PPRREESSTTOO CCOONNSSUULLTTAABBIILLEE DDAALLLL’’AARRCCHHIIVVIIOO EELLEETTTTRROONNIICCOO PPEERRIIOODDIICCII EESSSSPPEERR

Presto lo spoglio degli articoli di DESK sarà disponibile su ESSPER, la banca dati telematica dei periodiciitaliani che può essere consultata all’indirizzo http://www.biblio.liuc.it/biblio/essper/default.htm.

Il progetto ESSPER (Economia e Scienze Sociali Periodici) è nato nel 1995 per iniziativa della Biblioteca Ma-rio Rostoni dell’Università Carlo Cattaneo – LIUC di Castellanza (VA) e per adesione, come enti fondatori,delle biblioteche lombarde del settore economico-sociale (in particolare quelle della Facoltà di Scienze Politi-che dell’Università Statale di Milano, Cattolica Sacro Cuore, Bocconi, Bergamo, Pavia, Brescia e Assbank).Due sono stati i principali intenti delle biblioteche:- impegnarsi nel recupero delle informazioni nell’ambito della letteratura periodica in lingua italiana per

l’economia, il diritto, le scienze sociali e la storia;- favorire la realizzazione di servizi bibliotecari innovativi basati su una tecnologia a basso costo e sulla prati-

ca della cooperazione interbibliotecaria al fine di migliorare la fruibilità del patrimonio documentario.1

Nel 2002 ESSPER si è trasformata in Associazione e si è dotata di uno Statuto per proteggere da eventualisfruttamenti commerciali quello che ora è legalmente il suo patrimonio, cioè i suoi archivi elettronici, sempre ospi-tati sul sito della Biblioteca Rostoni, disponibili per la consultazione libera e gratuita in rete. Un aspetto rilevan-te dell’Associazione è che non riunisce più soltanto biblioteche di università, ma anche centri di ricerca e docu-mentazione, biblioteche di istituzioni ed enti pubblici.

Attualmente le bbiibblliiootteecchhee aderenti sono 112222, distribuite su tutta la penisola con un’appendice situata nell’ita-lofono Cantone Ticino e rappresentata dalla Biblioteca dell’Università Svizzera italiana di Lugano. I ppeerriiooddiicciispogliati sono 663322 (249 nel 2003) per un totale di 338866..667777 aarrttiiccoollii (74.473 nel 2003), 3333..339955 ffaasscciiccoollii e 4488..118800 ttii--ttoollii nel catalogo collettivo. Il numero degli accessi negli ultimi anni è più che raddoppiato. 993333 sono invece gliutenti iscritti al servizio di alerting. Con questo servizio, attivo da alcuni anni, ogni utente della banca dati puòrichiedere di essere avvertito via e-mail dell’inserimento dei dati aggiornati relativi a uno o più periodici di suascelta.

Come utenti lettori e professionali, cosa dunque ci sarà finalmente possibile consultare e conoscere di DESKattraverso ESSPER? Innanzitutto ci sarà possibile recuperare, e poi seguire, tutti i contenuti che la rivista trimestrale porta al tavolo

della grande discussione sulla rigenerazione della società italiana1 dal 1994. Quasi 60 fascicoli e 17 quaderni diricerca e analisi critica sul ruolo del sistema dei media per il sistema-Paese.

Come utenti professionali ci sarà possibile consultare DESK nell’ambito di una più ampia lista di discussio-ne telematica1 tra gli associati, attraverso le seguenti funzioni disposte da ESSPER (dal 2002 con la più agiletecnologia delle ASP di Microsoft):- elenco del periodico e annate disponibili, con possibilità di visualizzare i titoli di un’annata o di un singolo

fascicolo e selezionare i dettagli di un titolo;- ricerca per autori, titoli e parole del titolo, con possibilità di selezione per anno;- descrizione degli articoli;- elenco delle biblioteche che possiedono la rivista;- iscrizione al servizio di alerting. (Sabrina Speranza)

circa dieci anni dallapubblicazione dellaLegge 150/2000 è in-dubbio che lo svilup-po della comunica-zione pubblica abbiap e r m e s s o

l’accelerazione di processi di inno-vazione nelle amministrazioni, va-lorizzando la trasparenza dell’azio-ne istituzionale e i rapporti con icittadini. Questi percorsi eviden-ziano come i profili professionali sisiano andati definendo in relazio-ne alle esigenze specifiche degli en-ti e si siano quindi “modellati” sunecessità reali e in sintonia con iprocessi di sviluppo delle organiz-zazioni pubbliche. Questo contesto ha contribuito acostruire una “cultura dell’ammi-nistrazione” come processo condi-viso, come risultato di un semprepiù frequente confronto tra opera-tori di enti diversi che mettono incomune conoscenze e pratiche, maanche di un dialogo tra ammini-strazioni e cittadini sempre piùconsapevoli dei propri diritti. Ilcomunicatore pubblico è oramaiuna figura professionale di ampio

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respiro, caratterizzata da un’etero-geneità di saperi e competenze talida operare in diversi ambiti di at-tività (back e front office, web,ascolto, pianificazione, ecc.) pres-so istituzioni pubbliche, enti e im-prese.Nella fase attuale, come già avve-nuto in precedenti passaggi di tra-sformazione delle pubbliche am-ministrazioni, il comunicatorerappresenta, ancora una volta, unaleva indispensabile in favore diazioni di ristrutturazione organiz-zativa, di potenziamento della cit-tadinanza attiva e di rafforzamen-to di reti dinamiche e interagenti.Proprio per questo, è importantecontinuare e approfondire inter-venti di ottimizzazione del ruolo edelle funzioni del comunicatorepubblico. Ciò allo scopo di evitarela rigidità di una figura che garan-tisca solo prassi tradizionali nellaprospettiva, invece, di valorizzaredinamiche innovative, come adesempio il potenziamento di com-munities in cui far interagire di-verse amministrazioni e utenti,nonché di consolidare l’uso dellarete per migliorare e diversificare

Franca Faccioli,presidentedell`Area Didatti-ca in Comuni-cazione e Orga-nizzazione per leImprese e le isti-tuzioni presso laFacoltà di Scienzedella Comuni-cazione dell’Uni-versità di RomaLa Sapienza

Barbara Mazza,docente a contrat-to Università diRoma La Sapien-za

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FRANCA FACCIOLI E BARBARA MAZZA

IILL CCOOMMUUNNIICCAATTOORREE PPUUBBBBLLIICCOOSSPPUUNNTTII PPEERR UUNNAA RREEVVIISSIIOONNEE DDEEII

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Questo studio è stato realizzato per l’Associazione della Comunicazione Pubblica

ulteriormente i servizi offerti.Nelle pieghe di questi percorsi, siindividua un altro elemento diparticolare interesse relativo al cre-scente orientamento nelle azionidelle Pubbliche Amministrazioniquale punto di riferimento del ter-ritorio. Le competenze del comu-nicatore, acquisite negli anni, at-tengono non solo alla comunica-zione verso gli utenti, che ha rap-presentato una scommessa vintadalle istituzioni, ma consentonouna maggiore attenzione ai rap-porti con le imprese e con il con-testo di riferimento. È su questoterreno che si gioca l’attuale sfidacomunicativa: rendere le Ammini-strazioni protagoniste nella piani-ficazione delle azioni di promozio-ne e di valorizzazione delle aree incui si iscrivono.Per le figure preposte alla comuni-cazione pubblica l’obiettivo prin-cipale del prossimo quinquennio èsupportare le istituzioni nelle poli-tiche strategiche e di interventosul territorio, anche nella prospet-tiva della co-amministrazione.

A tal fine, è necessario valorizzarele conoscenze distintive che ren-dono il comunicatore pubblico unprofessionista polivalente:

- onoscenza dei più recenti model-li organizzativi;- onoscenza delle tecniche e dellestrategie della comunicazione inte-grata;- onoscenza delle tecniche di ana-lisi dei fabbisogni del territorio;- onoscenza delle tecniche di cu-stomer care;

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- onoscenza delle applicazioniinformatiche e multimediali inambienti gestionali e informativi.

Ancor più è necessario ricompren-dere la complessità di funzioni ecompiti assunti dal comunicatore,a diversi livelli – a seconda delleesigenze dei singoli enti – all’inter-no di specifici ambiti di compe-tenza. Ciò a sottolineare la ric-chezza operativa di questa figuraprofessionale che richiede unamaggiore formalizzazione, ancherispetto ad una costante riflessionecondotta dagli operatori stessi edall’Associazione Italiana di Co-municazione pubblica e istituzio-nale.

2. La propostaAlla luce di quanto detto, si indi-viduano le principali aree di com-petenza che consentono, al profes-sionista della comunicazione pub-blica di operare in differenti con-testi, garantendo la massima otti-mizzazione delle risorse a disposi-zione. Nel dettaglio, si articolano le com-petenze in quattro macro-aree cheafferiscono alle sfere della gestionedei processi, della progettualità edella pianificazione delle attività,dell’analisi dei fabbisogni e dellaqualità dei servizi erogati, del-l’informazione e della produzionedi materiale informativo, a garan-zia dell’ottimizzazione delle fun-zioni svolte e della verifica delle di-namiche relazionali con i pubblicidi riferimento.

Skills

è necessariovalorizzare leconoscenzedistintive cherendono ilcomunicato-re pubblicoun professio-nista poliva-lente

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a. gestionali: comprendono quelpatrimonio di capacità e abilitàche rendono il comunicatore capa-ce di coordinare le diverse attivitàsvolte nelle strutture di comunica-zione, nonché di individuare solu-zioni innovative per fronteggiareemergenze o situazioni di cambia-mento.

Tali competenze consentono, inparticolare, - il coordinamento delle attività dicomunicazione interna ed esterna; - indirizzo, coordinamento e ope-ratività delle attività di front eback office;- il coordinamento e la supervisio-ne della comunicazione interna:diffusione della mission, delle stra-tegie, degli obiettivi, trasmissionedell’identità dell’ente, per accre-scere il senso di appartenenza deidipendenti;- la garanzia dei diritti di accesso epartecipazione, nonché di tuteladella riservatezza dei dati (ai sensidelle Leggi 241/90 e 675/96) an-che con interventi formativi edinformativi;- la promozione di processi di co-municazione interistituzionale,anche con l’interconnessione dellebanche dati e il coordinamentodegli URP dei diversi Enti. - la diffusione, nell’ambito dell’en-te, della cultura della comunica-zione;- l’ideazione di progetti di riorga-nizzazione per il miglioramentodelle procedure e dei processi inter-ni ed esterni, compresal’individuazione di soluzioni pereventuali disfunzioni organizzative;

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- la programmazione di nuovi ser-vizi per il cittadino e per le impre-se.

b. progettuali: la dimensione pro-gettuale integra le competenze ge-stionali e consente di individuare,sperimentare e applicare soluzionioperative capaci di offrire un va-lore aggiunto nei diversi processioperativi: da quelli di natura am-ministrativa a quelli di carattereinformativo e di promozione isti-tuzionale.

Tali competenze consentono, inparticolare,

- l’elaborazione dei progetti, deipiani di comunicazione e dimarketing, in accordo con gli or-ganismi e le strategie dell’ente; - l’elaborazione di progetti europeiper lo sviluppo territoriale;- la pianificazione di programmiformativi per la comunicazione; - la semplificazione delle attività edei procedimenti amministrativi; - la promozione e lo sviluppo deiprogetti e iniziative nel campo deinew media, per il miglioramentodei servizi agli utenti; - la progettazione e promozione disistemi integrati di comunicazionepubblica e privata finalizzati allosviluppo del territorio; - la progettazione e la realizzazionedi servizi on line e di attività dipromozione sul web delle attivitàdell’ente.

c. analitici: si tratta di competenzeindispensabili per garantirel’ottimizzazione di processi e servi-

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si individua-no le princi-pali aree dicompetenzache consen-tono, al pro-fessionistadella comu-nicazionepubblica dioperare indifferenticontesti

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il comunica-tore pubblicoè oggi una fi-gura com-plessa cheassume unafunzione stra-tegica nelrapporto trale organizza-zioni pubbli-che e i terri-tori

zioni ed organizzazione dell’ente; - l’attività di informazione, consu-lenza, orientamento e assistenzadegli utenti; - la promozione e lo sviluppo diiniziative per la creazione di reti ela gestione di rapporti interattivicon i cittadini-utenti (sito istitu-zionale, call center, sportelli vir-tuali);- la gestione delle relazioni con en-ti, istituzioni e imprese;- la gestione delle relazione con ifornitori di contenuti e l’areainformatica;- l’incentivazione e la verifica delleattività di implementazione dellebanche dati sui servizi informativi;- il controllo-qualità delle infor-mazioni e dei contenuti, rendendoil più possibile omogenei i codicilinguistici utilizzati.

3. ConcludendoLe linee indicate tengono conto deiprocessi di cambiamento che han-no coinvolto le amministrazionipubbliche negli ultimi anni e chehanno ridisegnato professioni ecompetenze degli operatori. Il co-municatore pubblico è oggi una fi-gura complessa che assume unafunzione strategica nel rapporto trale organizzazioni pubbliche e i ter-ritori, interni ed esterni, nei qualioperano valorizzando in particolareun tessuto di relazioni, di messa inrete e di scambi tra attori e proces-si diversi. Il riconoscimento forma-le di questa figura professionale èdentro questi scenari e appare, per-tanto, indilazionabile.

Franca Faccioli e Barbara Mazza

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zi, nonché per favorire le attivitàdi ascolto, promozione e valorizza-zione dell’immagine dell’ente.

Tali competenze consentono, inparticolare, - il coordinamento delle procedu-re relative a segnalazioni, reclami,proposte e suggerimenti nell’am-bito dell’ascolto degli utenti; - la predisposizione di indaginisulla qualità percepita dei servizi,anche in collaborazione con lestrutture qualità, laddove presenti; - la rilevazione dei bisogni e delleattese degli utenti; - la valutazione delle attività e ana-lisi della loro coerenza con glistandard qualitativi dell’ente;- la gestione della Customer sati-sfaction;- l’analisi dei fabbisogni territoria-li, la progettazione e la gestionedelle azioni di valorizzazione epromozione del territorio.d. informativi: finalizzate a garan-tire la produzione di materialeinformativo e il monitoraggio del-le attività di front office e delle re-lazioni con i cittadini e il territo-rio, nonché la gestione efficacedelle relazioni con i cittadini e conenti, istituzioni e imprese presentisul territorio.

Tali competenze consentono, inparticolare, - la realizzazione del materialeinformativo comunicazionale perla promozione dei servizi e le pre-stazioni dell’Ente; - la realizzazione el’implementazione delle banchedati informative su servizi, presta-

il riconosci-mento for-male di que-sta figuraprofessionaleè dentroquesti scenarie appare,pertanto, in-dilazionabile

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Mario Morcellinipreside della Fa-coltà di Scienzedella Comuni-cazione all’Uni-versità La Sapien-za di Roma doveinsegna Sociologiadella comuni-cazione, Presidentedella ConferenzaNazionale deiPresidi di Scienzedella Comuni-cazione

li, di impareggiabile perfezione, èemblema del valore del lavoro,della fatica e dell’impegno chel’artigiano spende nella propriaattività. E proprio adesso che lacrisi finanziaria ha fatto esplode-re la bolla gonfiata da businessprettamente virtuali, Efesto si er-ge a simbolo di un nuovo sistemaeconomico che restituisce alla co-noscenza tutta la sua centralità. Formazione, ricerca e innovazio-ne costituiscono le uniche stradeper ridare slancio all’economia,la più formidabile ricetta controla crisi, gli asset strategici da cuiripartire. D’altra parte, in una so-cietà in rapido mutamento, for-mare alla comunicazione è indi-spensabile per preparare e/o ag-giornare profili professionali ca-paci di gestire processi e di gover-nare complessità e cambiamento.La leva di comunicatori licenzia-ti in questi quindici anni dai cor-si di Scienze della Comunicazio-ne è stata la risposta - arrivata innotevole ritardo rispetto a quan-to avvenuto a livello internazio-nale - dell’Università italiana albisogno di professionalità mo-

ipartire dalla forma-zione. L’imperativodi una società dellaconoscenzaIncertezza, crisi,spaesamento costi-

tuiscono i frames, le cornici, delnostro tempo. La recessione eco-nomica si sta abbattendo comeun uragano sul mondo del lavo-ro. Con violenza lo lacera, lo in-crina, lo mette in ginocchio e, so-prattutto, rischia di ributtarlo in-dietro. È una crisi profonda, cheinterroga il sistema e i principidel suo modello di sviluppo, maal contempo può rappresentareanche una straordinaria occasio-ne di cambiamento e di rinnova-mento. In questa fase di passaggio ad unmondo nuovo è essenziale rian-nodare i fili tra passato e futuro,puntare sul sapere e sul sapere fa-re. Richard Sennett, nel suo ulti-mo lavoro (2008), proponel’esempio di Efesto (o Vulcano),dio-fabbro della mitologia greca,“orgoglioso del proprio lavoro, senon della propria persona”. Lacura con cui forgia armi infallibi-

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MARIOMORCELLINI

IO DIFENDO LA FORMAZIONE

IN COMUNICAZIONEL’UNIVERSITÀ COME ASSET STRATEGICO DI UN APPROCCIO MODERNO ALLE PROFESSIONI

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1 Proprio a talfine, le Facoltà e icorsi di laurea incomunicazionehanno puntatosul valore dellaspecializzazione,in stretta cor-rispondenza conle predisposizionilocali del tessutoproduttivo ital-iano. Vi è, infatti,un’equa dis-tribuzione ge-ografica dell’offer-ta formativa chesi articola in pe-culiarità forma-tive: al Nord, laformazione siconcentra negliambiti dell’edito-ria, della comuni-cazione multime-diale e del gior-nalismo; al Cen-tro-Nord,l’attenzione èposta sulla co-municazionepubblica,d’impresa e dellapubblicità; alCentro-Sud, in-vece, si punta so-prattutto sullapreparazione nel-la Teoria dellacomunicazione.

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L’architettura dell’offerta propo-sta, anche alla luce delle riformeche hanno investito l’Universitàitaliana nel corso dell’ultimo de-cennio, poggia sul doppio pila-stro del sapere e del saper fare. Rispetto al “debutto” del 1992, siè lavorato per operare un’attentapianificazione e programmazionedei progetti formativi, in strettacorrispondenza con le necessità ele potenzialità offerte dal merca-to. Non a caso, la costituzione divere e proprie Facoltà è rimastacontenuta e, tutt’oggi, se ne con-tano appena 5 (presso Sapienza,Iulm, Università di Modena eReggio Emilia, Università di Ma-cerata e di Teramo), concentrateper lo più nel centro-nord delPaese.Ma, aspetto ancora più decisivo,è costituito dall’intensa attivitàdella Conferenza delle Facoltà edei Corsi di laurea in Comunica-zione preposta a monitorare laqualità dell’offerta, quale dimo-strazione della volontà di forma-re criticamente e responsabil-mente una leva di laureati prepa-rati e di valutare il rapporto trauniversità, territorio e mercato1.

Le spinte riformistiche continua-no a intrecciarsi con il percorsogià avviato dai corsi in Comuni-cazione. Con l’anno accademico2008-009, è partita l’attuazionedei DDMM 270/2004 e544/2007 tesi a ottimizzare leesperienze precedenti e a rivederegli elementi di criticità emersi nelperiodo precedente. Una neces-sità che, del resto, la Conferenza

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derne e di modalità di accessopiù trasparenti. Ben lungi dallo stereotipo che“schiaccia” il laureato in Comu-nicazione al solo sbocco giornali-stico, si tratta di professionistipreparati per diventare operatorianzitutto del settore delle nuovetecnologie comunicative, dellacomunicazione sociale e istitu-zionale, della comunicazioned’impresa, della pubblicità, dellerelazioni pubbliche.Dall’attivazione nel 1992 dei pri-mi corsi molto è stato fatto siasul fronte della domanda che del-l’offerta. Il boom delle immatri-colazioni, associato alla fase diesordio, è ora entrato in una sta-gione di deciso assestamento, fa-vorito anche da una politica diprogrammazione, sebbene nongeneralizzata, degli accessi.L’onda lunga dell’appeal di Co-municazione continua ad eserci-tarsi, ma si è ormai a regime. Larealtà attuale - al di là delle mito-logie giornalistiche - descrive unsignificativo consolidamento isti-tuzionale che, seppur non scevroda contraddizioni, ha lavoratopuntando sulla revisione e sul-l’aggiornamento costante dellaprogrammazione dei curriculanell’ottica della qualità, dell’effi-cacia e di una maggior connes-sione con le richieste del mondodel lavoro.La diversificazione dei percorsiconta, nell’anno accademico piùrecente, 2008/09, 65 corsi dilaurea triennale e 81 corsi dilaurea specialistica/magi-strale(Scienze.com, 2009).

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2 Mario Morcellini,Valentina Martino,Contro il declinodell’università. Ap-punti e idee peruna comunità checambia, Il Sole 24Ore, Milano 2005

significa che il loro spazio nelmondo del lavoro sia esaurito. Idati relativi al 2008 mostrano co-me, alla prova con il mercato, idottori in comunicazione, sia diprimo che di secondo livello, ri-spondono ancora abbastanza be-ne e, pur nelle difficoltà con-giunturali del momento, conti-nuano ad essere apprezzati perun bagaglio di competenze poli-valenti, nonché per la capacità diadattamento e di lavorare inteam.

2. La prova con il mercato. Unosguardo ai datiIl rapporto tra comunicatori emercato, certamente problemati-co in un Paese contraddittoriocome l’Italia, è tuttavia meno cri-tico di quanto emerge da recentiallarmismi, soprattutto di naturagiornalistica. L’approccio al mer-cato del lavoro è evidentementediverso al termine del percorsotriennale rispetto a quello magi-strale. La tendenza, rilevata an-che dall’ultimo rapporto Alma-Laurea (2008), per i laureati diprimo livello è di proseguire lapropria formazione iscrivendosial biennio specialistico. Occorreperò sottolineare come, nel casoin cui decidano di spendere ilproprio titolo di studio, il merca-to inizi ad apprezzarli più diquanto non avvenga per i lorocolleghi di altre aree disciplinari.Ad un anno dalla laurea, la metàdegli intervistati dell’area politi-co-sociale dichiara di avereun’occupazione (49,2%). Si trat-ta di un dato certamente di rilie-

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dei presidi e delle Facoltà diScienze della Comunicazioneaveva già individuato quale esi-genza indispensabile per miglio-rare gli standard della formazionea livello nazionale. Se il principiodi base dell’intero processo rifor-mistico consiste nell’armonizza-zione e nella convergenza dellearchitetture dei sistemi universi-tari nazionali, la parola chiave diquesta fase è qualità dei percorsiformativi. Qualità come impera-tivo normativo, ma anche qualeprogetto culturale proprio di unsistema che prova a pervenire aun cambiamento, non solo “for-male”, ma anzitutto “reale” delleculture didattiche2. Sul piano dell’offerta in Comu-nicazione il processo avviato hapuntato, dunque, ad una pro-grammazione dei curricula piùattenta e mirata, in linea con ifabbisogni espressi dal territorioe dal mondo del lavoro toutcourt. Al di là di vere e propriestigmatizzazioni operate da unacerta parte della stampa, le anali-si annuali condotte da AlmaLau-rea sul destino occupazionale deilaureati italiani, così come i mo-nitoraggi effettuati da Osservato-ri interni alle Facoltà di Comuni-cazione, fanno emergere un qua-dro che scarta miti e luoghi co-muni. Stereotipi creati senza nes-sun radicamento con la realtà deifatti, che le evidenze empirichescompongono senza l’ausilio dialcuna retorica. I laureati in Comunicazione ri-sentono inesorabilmente dellacongiuntura attuale, ma ciò non

i laureati inComunica-zione risen-tono ineso-rabilmentedella con-giuntura at-tuale, maciò non si-gnifica che illoro spazionel mondodel lavorosia esaurito

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il 44% trova occupazione nel set-tore della comunicazione istitu-zionale e d’impresa. Si tratta di settori trasversali nonriconducibili al binomio comu-nicazione-giornalismo, così caroai cliché dei salotti informativi dicasa nostra. Il giornalismo costi-tuisce certo un possibile sbocco,ma è del tutto riduttivo pensareche corsi di laurea in Comunica-zione puntino a formare esclusi-vamente un profilo professiona-le. Sono le organizzazioni com-plesse, le imprese, gli enti e leistituzioni del Paese i naturali ca-nali di sbocco per gli operatoridella comunicazione, ancor piùin un tempo in tumultuoso dive-nire.Tuttavia, sono i laureati di secon-do livello a delineare gli impatti ele risposte che i dottori in comu-nicazione ricevono dal mondodel lavoro. A ciclo di studi con-cluso, le analisi mostrano come icomunicatori hanno buone pro-spettive occupazionali in un mer-cato che, a dispetto di ogni reto-rica, non resta indifferente a queiprofili contraddistinti da ottimecredenziali – come garantito inmolte sedi: un percorso di studieccellente, laurea nei tempi pre-visti, performance brillanti. Adun anno dalla laurea in media il65,2 per cento dei dottori in Co-municazione hanno un’occupa-zione e, dunque, perfettamentein linea con la media registratadal gruppo politico-sociale(65,9%).Sono soprattutto i laureati in“Tecniche e Metodi per la società

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vo, ad esempio a confronto con ilcluster dei laureati nel gruppolinguistico (44,7%), di quelli delgruppo letterario (40,7%) e diquello psicologico (40,4%). Focalizzando l’attenzione sui lau-reati licenziati dai corsi di laureatriennali afferenti alla classe diComunicazione, il dato resta ele-vato, attestandosi al 48,9%. Tut-tavia, come si evince dalla Tabel-la 1 - solo poco più di un terzodei laureati si dedica esclusiva-mente al lavoro, mentre oltre lametà del collettivo analizzatopunta sulla specialistica per mi-gliorare le possibilità di trovareun’occupazione (43%).L’indagine sperimentale svoltadal Consorzio AlmaLaurea a treanni dal consegui-mento del ti-tolo, conferma quanto già evi-denziato nel corso dell’analisi adun anno. La geografia occupazio-nale mostra come il gruppo poli-tico-sociale si attesti al 57%, dicui il 15,4% lavora e studia (Cfr.Graf. 2). Per quanto attiene i settori in cuitrovano occupazione, dall’inda-gine condotta da Unimoni-tor.com (2007), l’Osservatorio suFormazione e Lavoro attivo nellaFacoltà di Scienze della Comuni-cazione della Sapienza di Roma,in linea con le rilevazioni nazio-nali sui laureati triennali, emergecome i settori in cui i comunica-tori svolgono le loro prime espe-rienze di lavoro riguardano, prin-cipalmente, l’area dei media(52%), nello specifico editoria einformazione, new media e mul-timedialità, tv e cinema, mentre

Graf. 1 – La condizione occupazionale ad un anno dei laureati di primo livello. Un confronto per gruppo disciplinare

Fonte: AlmaLaurea 2008

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(38%), geo-biologico (35,5%) egiuridico (24%). Naturalmente,questo è senz’altro collegato allaprosecuzione del percorso forma-tivo con attività post-laureamquali tirocini, dottorati, specia-lizzazioni, non sempre retribuiti.

“Tale scelta riguarda ben l’87,5%dei laureati nel gruppo giuridico(in particolare di tratta di prati-cantati necessari allo svolgimentodella libera professione), il 58%nel geo-biologico e il 56% nelchimico-farmaceutico (per en-trambi si tratta in particolare didottorati di ricerca), il 52,5%

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dell’informazione” a registrare ilmiglior riscontro da parte delmondo del lavoro, seguiti daicolleghi licenziati dai corsi di lau-rea in “Comunicazioned’impresa” (67,3%) e “Scienzedella comunicazione sociale eistituzionale” (65,8%).Se poi si opera un confronto congli altri gruppi disciplinari, si no-ta come gli esiti occupazionalidei laureati del gruppo letterarioe psicologico si attestino al disotto della media, rispettivamen-te pari al 52% e al 47%, così co-me avviene anche per quelli del-l’area chimico-farmaceutico

Tab.1 -La condizione occupazionalee formativa dei laureati triennali adun anno dalla laurea

Fonte: AlmaLaurea, 2008

Graf. 2 - Laureati di primo livello del 2005: condizione occupazionale e formativa a treanni per gruppo disciplinare

Fonte: AlmaLaurea, 2008

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vo intrapreso e relativo sboccoprofessionale può essere misurataconsiderando, tra l’altro, il ramodi attività economica dell’azien-da in cui il laureato ha trovato la-voro. L’indagine conferma la tra-sversalità dei settori in cui trova-no occupazione i laureati del

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nello psicologico (tirocini), il45% nello scientifico (soprattut-to dottorati di ricerca), il 41%nel letterario (scuole di specializ-zazione in particolar modo)” (Al-maLaurea 2008).

La coerenza tra percorso formati-

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Graf. 3 - Lau-reati di secondolivello: condizio-ne occupazionalead un anno pergruppo discipli-

nare

Fonte: Alma-Laurea 2008

bastanza efficace per 84 laureatisu cento) e meglio di quanto av-viene per quelli dell’area umani-stica dove il dato si attesta al disotto della media per i laureati inlettere, psicologia, scienze politi-che e sociologia (Graf. 4). Il primo contatto con il mondodel lavoro per i laureati si caratte-rizza, dunque, per un’elevata cor-rispondenza fra i contenuti delleattività svolte e il bagaglio cultu-rale e formativo acquisito, non-ché con aspettative e aspirazionifuture, e per una bassa rispon-denza in termini contrattuali e direddito, senza però che ciò pesisul livello di soddisfazione per lacondizione occupazionale di-chiarata dagli intervistati (Uni-

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gruppo politico-sociale che si di-stribuiscono in numerosi settorieconomici (ben 9 rami raccolgo-no, infatti, il 70% degli occupa-ti).Sebbene la quota di lavoro atipi-co sia pari al 58%, occorre sotto-lineare come, a parte i laureatidelle professioni sanitarie, il lavo-ro stabile è relativamente più dif-fuso proprio fra gli occupati deigruppi insegnamento (47,5%),politico sociale ed economico-statistico (42%), nonché inge-gneria (41%, di poco superiorealla media). Guardando, invece, all’efficaciadel titolo di secondo livello inComunicazione, questa risultacomplessivamente buona (è ab-

Tab. 2 - La con-dizione occupa-zionale dei lau-reati di secondolivello in Comu-nicazione ad unanno dalla lau-rea

Fonte: Nostraelaborazione sudati AlmaLau-rea 2008

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re al meglio a questo compito.Sono duttili, flessibili, capaci diaccompagnare il cambiamento edi promuovere l’innovazione. So-no la forza e la risorsa di questoPaese. Ed è ai giovani che biso-gna guardare con maggiore at-tenzione, attivando politiche emisure capaci di ridare fiducia espazio a una generazione che fa-tica a coprire ruoli di responsabi-lità in tutti i settori della vitapubblica. Occorre lavorare peraprire varchi negli steccati di cor-porazioni un po’ troppo rigide. Afronte di una leva di professioni-sti pronti a entrare nel mondodel lavoro, contro le logiche delprotezionismo e del clientelismo. La scommessa è forte. Si tratta disapere se il vento della modernitàè solo una parola che lascia van-taggi a pochi o se si apre la stradadel superamento di restrizioniancorate a una logica prettamen-te medioevale e ultracorporativa.

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monitor.com, 2008). Una sortadi percorso iniziatico a cui consa-pevolmente si decide di sottosta-re nella costruzione – sempre piùa tappe - della propria figura pro-fessionale. Ciò avviene nella pro-spettiva di un lavoro che siaespressione, al contempo, delleproprie vocazioni e di concreteopportunità di carriera, anche ascapito di un po’ di stabilità.

Questa è la realtà di un settore incostante fermento, pronto a met-tersi in discussione e a valutare ilproprio operato in un’ottica dicontinuo miglioramento, manon disponibile ad accettare lacampagna denigratoria di cui èbersaglio ormai da alcuni anni.Fare comunicazione è un’attivitàche richiede il massimo della re-sponsabilità, perché è capace diparlare al cuore e alla testa dellepersone. I giovani professionistisono stati preparati per risponde-

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Graf. 4 - Lau-reati di secondolivello occupatiad un anno: ef-ficacia della lau-rea per gruppodisciplinare

Fonte: Alma-Laurea, 2008

zione multimediale e del giorna-lismo; al Centro-Nord,l’attenzione è posta sulla comu-nicazione pubblica, d’impresa edella pubblicità; al Centro-Sud,invece, si punta soprattutto sullapreparazione nella Teoria dellacomunicazione.

2Mario Morcellini, ValentinaMartino, Contro il declino dell’u-niversità. Appunti e idee per unacomunità che cambia, Il Sole 24Ore, Milano 2005

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È la sfida da vincere per conse-gnare ai giovani l’opportunità diun domani al passo con gli orien-tamenti di una società aperta, li-bera, plurale.

Mario Morcellini

1 Proprio a tal fine, le Facoltà e icorsi di laurea in comunicazionehanno puntato sul valore dellaspecializzazione, in stretta corri-spondenza con le predisposizionilocali del tessuto produttivo ita-liano. Vi è, infatti, un’equa distri-buzione geografica dell’offertaformativa che si articola in pecu-liarità formative: al Nord, la for-mazione si concentra negli ambi-ti dell’editoria, della comunica-

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Gianni Vir-gadaula, giornalista, regi-sta

ento anni fa, esatta-mente il 21 marzodel 2009, nasceva aBrusaporco (ora Ca-stelminio) in pro-vincia di Treviso,

padre Angelo Arpa, il gesuita-fi-losofo, esperto di comunicazio-ne, che così profondamente in-cise nella poetica e nel cinema diFederico Fellini, ma anche nellacultura del ‘900. Uomo di rottu-ra per il suo libero pensare chespesso lo portò al di fuori deglischemi che l’abito talare gli im-poneva, padre Arpa divenne fa-moso agli inizi degli Anni ’60 peravere difeso strenuamente ilfilm”La dolce vita” dagli attacchidella censura, che venivano dalVaticano. Ma già nel 1957, gra-zie alla sua intercessione pressol’arcivescovo di Genova card. Si-ri, aveva evitato altre censure aFellini che in quell’anno avevaportato sugli schermi “Le notti diCabiria”.

Quel precedente però era statapoca cosa rispetto all’accanimen-

PADRE ARPA E PADRE MORLION PROMOSSERO

I CINEFORUM IN ITALIA

GIANNI VIRGADAULA

to censorio di cui fu fatto ogget-to il film “La dolce vita”. In par-ticolare fu l’Osservatore Romanoa criticare acerbamente il film edi seguito il Centro Cattolico Ci-nematografico vietò la visionedella pellicola. Padre Arpa peròcontinuò a difendere convinta-mente l’opera di Fellini, e perquesto il religioso ebbe dei severirichiami da parte delle gerarchieecclesiastiche, nonché la proibi-zione da parte del Sant’Uffizio dioccuparsi ancora di cinema. Unacensura che durò un anno. Maqueste amarezze furono compen-sate dal successo mondiale cheottenne il film, rimasto per sem-pre nella storia del cinema e nonsolo.

Arpa, che era entrato nella Com-pagnia di Gesù nel 1940, avevainsegnato filosofia in licei e uni-versità ed anche a Parigi alla Sor-bonne. Egli si vantava spesso del-le sue origini ungheresi ed era or-goglioso di discendere dalla no-bile famiglia degli Arpad, la dina-stia che aveva dato i natali a mol-

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Padre Arpafu anchel’ideatore,negli Anni’60, dellerassegne delcinemad’autore

ti reali d’Ungheria e a santa Eli-sabetta, penitente francescana,che fu anche langravia di Turin-gia. Amava la musica classica pa-dre Arpa e di essa si nutriva ogniqualvolta poteva ritagliarsi deglispazi per il riposo e la meditazio-ne. Ma fra le sue passioni c’eranopure Baudelaire, erasmo da Rot-terdam, Voltaire, Cervantes e na-turalmente Ignazio di Loyola.Autori fra di loro spesso lontanima che comunque, ciascuno peril proprio, gli avevano dato sti-moli, spunti di riflessione e ave-vano affinato il suo pensiero.

A padre Arpa si debbono alcuniimportanti intuizioni ed iniziati-ve che molto sono servite allafruizione del cinema in nuovispazi e in ambiti mai primaesplorati. Prima fra tutte la con-vinta promozione, negli Anni’50, del Cineforum - già avviatoa Roma dal domenicano padreMorlion -come momento di ag-gregazione culturale e sociale,che ha formato non solo i più va-lenti critici cinematografici deldopoguerra, ma educato anchegenerazioni di giovani ad amare ifilm di qualità e a conoscere me-glio i grandi maestri della cine-matografia mondiale. D’altrondeegli fu un convinto assertore delfatto che il cinema – con il suolinguaggio basato essenzialmentesulle immagini – fosse in assolu-to il più efficace mezzo di comu-nicazione inventato dall’uomo,dopo la musica. “In un film – eglidiceva – c’è tutto un universo e in

presenza di un bravo regista quella“comunicazione” può raggiungeretutti a prescindere dalla lingua,dalla cultura, dal credo politico ereligioso. Questo perché davvero illinguaggio espressivo del cinema èuniversale, tanto da potere fare pa-radossalmente anche a meno dellaparola”. E a questo proposito pa-dre Arpa ricordava come anche ilcinema “muto” sapeva parlare al-le platee di tutto il mon-do…senza parlare. Così Chaplin,già fra gli Anni ’10 e ’20, facevaridere o piangere le platee di tut-ti i contenenti solo con la mimi-ca e la forza dirompente delle suestorie. E come lui Murnau, Grif-fith, Dreyer, Lang e tutti gli altriautori che “comunicarono” conle loro e le successive generazionigrazie ai loro film.

Padre Arpa fu anche l’ideatore,negli Anni ’60, delle rassegne delcinema d’autore, e poi a Genova- dove insegnò filosofia all’istitu-to “Arecco” - diede vita alla Fon-dazione Colombianum che mol-to contribuì e ha contribuito agliscambi interculturali fra i varicontinenti; in specie fra l’Europae l’America latina, anticipandoaltre simili iniziative che poi sisarebbero moltiplicate nei decen-ni successivi sino ai nostri giorni,confermando con queste iniziati-ve quanto pensasse essere utilecomunicare attraverso la “Setti-ma Arte”.

Come si è già detto, il gesuita eb-be una notevole influenza sul ci-nema di Federico Fellini. Egli

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aveva conosciuto il maestro rimi-nese nel ’54 alla Mostra di Vene-zia, e i due si erano subito intesi,tanto che il regista non avrebbepiù potuto fare a meno dei con-sigli e della vicinanza di Arpa. AFellini, il gesuita riconosceva unaprofonda religiosità, sia pure fuo-ri dal dogma e delle regole dellagerarchia ecclesiastica. “Federico– ebbe a dire alla morte del regi-sta – era affascinato dalla figuradi Gesù Cristo e il racconto dellaPassione lo sconvolgeva. Certo, nonera un praticante, ma il Signoreconosce i suoi prediletti. E lui lo era… come i bambini.” Ed ancorasul presunto anticlericalismo delcineasta, egli scriveva su Jesus(dicembre 1993): “ Come si fa aritenere irriverente l’immagine diun prete al quale vola via il cap-pello. Non si comprende che è ungioco? Un modo magico e simpati-co di raccontare. In realtà, lui daartista, giocava sulla fastosità diuna certa Chiesa che lo colpiva dalpunto di vista figurativo. Ma luiera un poeta, un poeta dell’imma-gine e i poeti non sono mai cattivi.Egli comunicava con il mezzo chegli era più congeniale, appunto ilcinema. “Fiat lux” dice la Bibbiaall’inizio della Genesi, e Federicofu interessantissimo a questo di-scorso del principio, tra suono e im-magine, tra luce e ombra, che sonoappunto le caratteristiche espressivepregnanti del cinema. Certo, Felli-ni fu un credente pieno di ansiepiù che di dubbi. Egli viveva il mi-stero come dimensione del possibi-le, e del possibile desiderato, ma

difficilmente posseduto. Era la di-mensione dell’artista mai risolta.Ma su Dio diceva spesso. Comefaccio a non pensarci. E’ possibilepensare ad altro?”.

Il rapporto “terreno” fra padreArpa e Federico Fellini ebbel’ultimo atto proprio in occasio-ne della morte del regista, avve-nuta il 31 ottobre 1993. I fune-rali del cineasta si svolsero allaBasilica di S. Maria degli Angelie dei Martiri, in Piazza della Re-pubblica. E fra i celebranti diquelle esequie non poteva man-care certo il gesuita. Di quel tri-ste momento ci rimane una testi-monianza del critico cinemato-grafico Irene Bignardi, che scri-veva su La Repubblica: “Prete in-telligente. Presenza immancabilesui set di Fellini”.

Ma se padre Arpa fu l’amico, ilconsigliere e la guida spirituale diFederico, tanto che alcuni lo de-finirono “l’anima cristiana” diFellini, al contempo il gesuitanon disdegnò collaborazioni conaltri grandi del cinema italianoquali Pier Paolo Pasolini, che fre-quentò molto nel periodo in cuiil regista girava “Il vangelo secon-do Matteo”, e Roberto Rossellinial quale fu legato da profondaamicizia. Sebbene questo legamecon Rossellini gli procurò guaiseri. Egli infatti aveva cercato diaiutare Roberto economicamen-te per l’inizio di un suo nuovoprogetto cinematografico. Il filmsi sarebbe poi intitolato “Era not-te a Roma”. Ma, in mancanza di

il gesuitaebbe unanotevole in-fluenza sulcinema diFedericoFellini

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negli anniOttanta, Ar-pa collaboròcome consu-lente medie-vale al filmdi Jean Jac-ques An-naud “Il no-me della ro-sa”,dal ro-manzo diUmbertoEco

un produttore, il religioso pensòdi anticipare una piccola sommaal regista e cercò anche un’azien-da che finanziasse il film. PadreArpa, in assoluta buona fedefirmò delle cambiali, ma quandola società si rivelò insolvente, lagiustizia risalì al gesuita, che finì– sia pure per un brevissimo pe-riodo – in carcere. Un’esperien-za amara, che fu anche moltostrumentalizzata da chi non ama-va il gesuita-filosofo, ma questi,una volta chiarite le dinamichedella questione, ne uscì a testa al-ta, e disse che l’esperienza dellagalera era stata fatta anche da sanPaolo e che quella vicenda lo ave-va molto rafforzato nella fede enel carattere.

Negli anni Ottanta, Arpa colla-borò come consulente medievaleal film di Jean Jacques Annaud“Il nome della rosa”, pellicolatratta dall’omonimo romanzo diUmberto Eco.

Negli ultimi anni della sua esi-stenza il gesuita continuò ad ope-rare con passione ed entusiasmo,e sino a 90 anni suonati non smi-se di viaggiare, presenziando aconvegni, festival e tavole roton-de, dove con grande generositàelargiva il suo illuminato sapere,di cui egli stesso – senza presun-zione alcuna – diceva di non ave-re una precisa coscienza.

A Roma, visse per lungo temponella “Casa Romana del Clero”in via della Traspontina, dove ri-ceveva regolarmente registi, gior-

nalisti, amici e allievi. Egli fu in-fatti maestro di molti giovani, edio stesso ebbi il privilegio di es-sergli allievo e poi collaboratoredal 1982 sino al 2002.

Nel dicembre del 1995, in occa-sione dei festeggiamenti per ilCentenario del Cinematografo,egli fu anche in Sicilia, a Siracu-sa, ospite del Museo del Cinema“Romeo”, e lì ad una folta assem-blea di studenti che lo ascoltava-no ribadì quanto fosse stata im-portante la nascita dei cineforumin Italia, come nuovo e rivoluzio-nario metodo di comunicare,avendo il cinema questa capacitàstraordinaria di arrivare al cuoree alla mente e predisporre gli uo-mini alla riflessione e alla presa dicoscienza sui mille fatti che ri-guardano il mondo e la società.

Gli ultimissimi anni videro padreArpa impegnato nella realizzazio-ne di un progetto che gli stavaparticolarmente a cuore, ovverola creazione della” FondazioneInterregionale Europa e comu-nità mondiale”. Ma egli si dedicòanche alla pubblicazione di im-portanti libri quali “L’arpa di Fel-lini” pubblicato nel 1996. Ed an-cora“Papi e papato al terzo mil-lennio dell’era cristiana”, “Pro-getto Europa” e “Fellini: sesso esessualità”. Del 2003 è invece,postumo alla sua scomparsa,l’interessantissimo “Io sono lamia invenzione: l’Europa, Fellinie il cinema italiano”, libro curatoda Simone Casavecchia, che rac-chiude fra l’altro le preziose testi-

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monianze del cardinale CarloMaria Martini, di GianfrancoAngelucci e Aldo Viganò.

Padre Arpa venne a mancare il 27marzo del 2003 all’età di 94 an-ni. Da poco lo Stato gli aveva ri-conosciuto il “Vitalizio Bacchel-li” per meriti culturali e artistici.Il gesuita si spense in pace all’o-spedale portuense di Roma e isuoi funerali vennero celebratinella Chiesa di S. Ignazio.

Egli si era preparato bene all’ “ul-timo viaggio” e spesso ne parlavacon pacatezza. Lo immaginavacome un solcare il mare calmo eazzurro; azzurro come i suoi oc-chi vivaci e intelligenti. Arpa,

con la sua mente illuminata ave-va esplorato con curiosità le arti ela filosofia e molto aveva studiatol’animo umano, comunque fusempre coerente alla sua vocazio-ne religiosa e la mise al serviziodella verità, con serenità, anchenei momenti più difficili dellasua esistenza. Egli in una dellesue ultime interviste aveva puredetto: “La felicità non esiste, an-che se alle volte ci si sente felici. So-prattutto nei momenti in cui ci sisente veramente vicini al grandemistero di Dio”.

Gianni Virgadaula

La netta sterzata di molti editori verso i contenuti online a pagamento e il ruolo di primopiano che in questo settore si è assunto Murdoch: lo sostiene un alto dirigente della NewsCorp, Jonhatan Miller, capo della sezione digitale del gruppo, ad annunciare che l’ azien-da si appresta a confezionare i suoi contenuti online adottando un novo modello a paga-mento.Lo scrive Hollywood Reporter, aggiungendo che per Miller ‘’il futuro sarà l’ informazioneonline a pagamento’’ e che, a suo parere, ‘’potrebbe funzionare, anche se naturalmentebisognerà testarlo, il metodo dell’ offerta a pacchetti’’.Secondo Miller si tratta di una idea che ha avuto successo con la tv via cavo e che, peralcuni, potrebbe andar bene anche nel settore dell’ informazione, come una alternativa alsistema dell’ abbonamento ai siti di informazione generalista, che invece ha finora fallito.Parlando a un incontro sul tema del Digital Power, organizzato nei giorni scorsi a NewYork da Hollywood Reporter, Miller ha confermato anche che la News Corp sta lavo-rando con alcuni partner per sviluppare un nuovo sistema di supporto per i contenuti dig-itali (senza però fornire nessun particolare al riguardo). News Corp sembra aver ormai adottato una posizione di prima linea sulla strada versoil pagamento dell’ online. Murdoch d’ altra parte ha annunciato il mese scorso che pun-ta a introdurre il sistema a pagamento su tutti i giornali del gruppo nel giro di un anno euno dei suoi giornali in UK, il Sunday Times, pare sia pronto a farlo al più presto. Fra letestate del gruppo c’ è anche il Wall Street Journal, che ha deciso con successo di far pa-gare una parte dei suoi contenuti online specializzati. (lsdi)

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A VENTICINQUE ANNI DALLA MORTE DI ANGELO NARDUCCI

UN FECONDO LAVORODI ANIMATORE CULTURALEGIUSEPPE MEROLA

l 10 maggio si sono compiu-ti venticinque anni dallascomparsa di Angelo Nar-ducci, aquilano, giornalista,direttore di Avvenire dal1969 al 1980, deputato eu-

ropeo del Partito popolare fra il1980 il 1984, e – per pochi – an-che poeta. Il terremoto che hacolpito l’Abruzzo, seminandomorte e distruzione, ha impeditola realizzazione di un Convegnoche celebrasse la ricorrenza, manon impedisce di poter ricordare,in questa sede, un giornalista cat-tolico tra i più importanti del1900 dell’Aquila, e non solo. Suquesta rivista ho già scritto di lui(Desk 3/2005 e Quaderni di Desk10), soffermandomi in particola-re sulla sua esperienza alla guidadel quotidiano Cei. Ciò che mimuove a scriverne ancora unavolta è il desiderio di ripropornealcuni tratti del suo fecondo la-voro di animatore di cultura, diquando con alcuni amici da’ vitanella sua città natale ad una rivi-sta culturale politica, di quandocura la terza pagina al Popolo, di

quando scrive versi che solo po-chi fortunati possono leggere.

La giovinezza a L’Aquila e il dos-settismo

Narducci nasce il 17 agosto1930 all’Aquila, il capoluogoabruzzese che alla fine della guer-ra vive un periodo di grande cre-scita culturale, di grande passio-ne, dove nascono e si sviluppanodiverse iniziative: il Circolo ArtistiAquilani, luogo di incontro deinumerosi artisti e appassionatid’arte presenti nella città chedanno vita, qualche anno piùtardi, all’Istituto d’Arte; la SocietàAquilana dei Concerti Bonaventu-ra Barattelli che, in breve tempo,si sviluppa e organizza concertidi grandi musicisti nazionali edinternazionali; nascono vari cir-coli culturali e politici tra i qualiil Circolo giovani amici della mu-sica e il Circolo dei trattenimenticulturali aquilani; viene costitui-to il Teatro Stabile. I portici delcorso cittadino, intitolato a Vit-torio Emanuele II, divengono illuogo d’incontro e di discussione

Giuseppe MerolaDottore di ricer-ca in Storia delGiornalismo, in-segna all’Uni-versità Pontifi-cia Salesiana diRoma

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culturale e politica. In questocontesto cresce e si forma Nar-ducci.

Ad appena 16 anni, in occa-sione del referendum istituziona-le, fa libera propaganda per laRepubblica, legge Cronache So-ciali e si sente molto vicino aidossettiani. Nel 1949 si iscrivealla DC e fa il suo esordio dagiornalista: è corrispondente del-la cronaca locale per il Giornaled’Italia e scrive su Lo studented’Italia, L’Azione e collabora aCivitas. Nel 1950 si trasferisce aRoma e va ad alloggiare nellapensione-comunità detta del«Porcellino» – che esprimerà poiil gruppo dei dirigenti fanfaniani–, ed è qui che, insieme con Cor-rado Guerzoni, Franco MariaMalfatti, Bartolo Ciccardini,Franco Salvi e tanti altri, si formaall’attività politica culturale. Con la nascita della corrente diIniziativa democratica, a seguitodel “rifiuto della politica” da par-te di Dossetti, e lo slogan “salva-re il salvabile per poi fare la rivo-luzione”, vanno in stampa diver-se riviste culturali politiche adopera dei “dossettiani puri”. AFirenze nasce la rivista San Mar-co, a Genova Cultura e Società eall’Aquila, nel 1952, Narducci,insieme con gli amici suoi con-cittadini Luciano Fabiani, Silva-no Fiocco e Giovanni De Sanc-tis, da’ vita a Provincia Nostra. Ri-vista mensile di cultura e politicadei giovani democristiani. La rivi-sta, pur avendo un prezzo di ab-bonamento e qualche introito

dalla pubblicità, è a spese deiquattro fondatori e perciò durasolo cinque numeri (settembre eottobre 1952; novembre e di-cembre 1953; gennaio - marzo1954). Seppur breve, resta la me-moria di un’iniziativa audace perdegli intellettuali ventenni diquell’epoca. Provincia Nostra èfrutto delle conversazioni cheNarducci intrattiene con i suoiamici al bar gelateria Veneta, sot-to i portici del corso VittorioEmanuele II all’Aquila, una sortadi caffè culturale. Conversazioniche hanno per oggetto argomen-ti di pittura, cinema, letteraturae, soprattutto, politica. I motivi ele esigenze a cui la rivista cerca dirispondere sono chiariti da Nar-ducci nell’articolo di presentazio-ne del primo numero: “Sarebbefacile cedere a seduzioni retori-che o pseudo romantiche, trac-ciare grandi programmi a sfondorivoluzionario: ma, alle soglie diquesta prima faticosa maturità,di una cosa siamo certi: che la ri-voluzione non si fa a parole nécon gli entusiasmi pirici; che, alcontrario, essa può nascere sol-tanto da posizioni compiuta-mente razionali, frutto di sereneindagini, di decise meditazioni,da una obiettiva, scientifica ana-lisi del reale e dei suoi possibilisviluppi. È per compiere questaanalisi, per imparare noi stessiquello che deve essere il nostrolinguaggio che abbiamo creatoquesta rivista. Abbiamo groviglidi problemi in noi, una massatroppo indistinta di nozioni e de-

ProvinciaNostra è frut-to delle con-versazioniche Narduc-ci intrattienecon i suoiamici al bargelateria Ve-neta, sotto iportici delcorso Vitto-rio EmanueleII all’Aquila

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sideri: portare tutto ciò a chiarez-za, arrivare a nozioni precise edattuali, giungere a possedere unacompiuta ideologia per chiederead essa i motivi nel nostro agire,questo il nostro scopo. La nostragenerazione ha preso su di sé leproprie responsabilità: non percompiacersi di esse, ma per rico-stituire nella luce del Vangelo lapropria personalità e – in essa –la Società. Questa la nostra rivo-luzione: che è interiore, di co-scienze, e sociale, di strutture”.1

Giornalista di Terza pagina escrittore Narducci mette in mostra le suedoti di autore di terza pagina, lesue conoscenze di letteratura,poesia, arte e filosofia quandoscrive su Prospettive Meridionali(1955-1958), mensile di studi ecultura del Mezzogiorno a curadel Centro democratico di cultu-ra e di documentazione; Leggere,mensile bibliografico e di cultu-ra; Terza Generazione, mensile diricerca e di iniziativa; La Discus-sione (1955-1958), settimanaledella DC. E più tardi con la col-laborazione ai settimanali Italia-mondo Cronache, settimanale dipolitica, attualità e cultura natonell’aprile 1959, e Impegno Gio-vanile, settimanale dei giovanidella DC. Preoccupato del rapporto tra cul-tura e società, auspica nei giovaniintellettuali un impegno vivocon i più cocenti problemi delproprio tempo e non retorica,evasione. Con quella giovinezza

di spirito per cui si è pronti a cor-rere tutti i rischi e le avventureper realizzare nell’uomo e conl’uomo la speranza di un mondomigliore. Ecco perché, ispiratoda I giocatori del pittore francesePaul Cézanne, sente il dovere discrivere: “Tutta una generazionedi intellettuali possiamo ricono-scere ne I giocatori di Cézanne,tutta una generazione ha giocatofino alla follia, volgendo le spalle,con totale indifferenza ad ognidisastro. E mentre le città e i pae-si erano colmi di spari e di esplo-sioni e le pianure non riuscivanoa contenere le croci, essi, i gioca-tori, inventavano una filosofiadella solitudine teorizzando la di-sponibilità morale, il non impe-gno, l’autonomia, indifferenti alfatto che le piazze continuasseroa rintronare di spari, che il ventofacesse oscillare lugubri frutti su-gli alberi dei giardini. Poi, quan-do tornarono finalmente i bam-bini a correre nei giardinid’Europa ed anche essi, i giocato-ri, avrebbero potuto riscattarsi(c’era l’ordine nuovo da creare, lapace da consolidare, l’odio, lamiseria da sconfiggere) ecco checontinuarono a giocare e giocanoancora, ancora giocheranno finoalla follia”.1

Nel 1956 Narducci entra ne IlPopolo di Ettore Bernabei, dovegli viene affidata la cura della ter-za pagina. Vi resta dieci anni di-venendone prima notista politi-co, poi redattore capo, infine vi-cedirettore. Incarico con cui pas-sa nel 1966, fino al 1968, alla

nel 1956Narduccientra ne IlPopolo diEttore Ber-nabei, dovegli viene affi-data la curadella terzapagina

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Gazzetta del Popolo.Nei primi anni del 1960 si ci-menta anche nella stesura di unromanzo che, però, non vedràmai le stampe. Neanche per gliamici. Un centinaio di pagine,alcuni capitoli, di un romanzoambientato all’interno di una re-dazione: una scrittura essenzialeche restituisce il ritmo di anninei quali politica e consapevolez-ze culturali marciano insieme.Nel 1965, Il Popolo ne riporta,nella terza pagina, un estrattocon la nota: “Il brano di AngeloNarducci è tratto dal romanzoChe abbiamo fatto della giovinez-za? di prossima pubblicazione”.Dichiaratamente autobiografico,narra di un giornalista che lavorain una redazione romana, si la-scia andare in ricordi della suaadolescenza vissuta all’Aquila, diquando insieme ad alcuni amicidoveva fare i conti con la guerrae la dominazione nazifascista. “I giornali sono già nelle edicole,fra poco arrivano gli uscieri digiorno e il cambio per me.Quanti anni sono passati: ancheallora mi davano il cambio, ades-so viviamo in pace, non c’è biso-gno di fucili e pistole, di badareai tedeschi. Se anche sciupo lemie notti davanti ad una telescri-vente o passeggiando da unastanza all’altra, siamo in pace. Seanche avverto una specie di franain queste lunghe ore di veglia,non sono il terreno della Forra ola neve che si sfaldano sotto imiei passi. Se ho voglia di uncaffè, posso berlo a tutte le ore,

posso fumare trenta sigarette sen-za doverle contare. E se mi sem-bra che tutti questi anni sianotrascorsi come un vento caldoche fa arida ogni cosa il guastosarà forse dentro di me. Perché seun uomo si dissipa negli anni chevanno dall’adolescenza alla ma-turità la colpa è soltanto sua, nonpuò invocare a pretesto gli amicimorti, le furie degli amori inuti-li, la tenerezza che non riuscì maia diventare amore”.1

Poeta della vitaSin dall’adolescenza traduce isuoi sentimenti in versi. Con-trappunta le sue vicende perso-nali e familiari con i versi di unpoeta sicuro, non occasionaleperché la poesia è il suo modo se-greto di leggere la realtà, di af-francarsi dalla realtà, di tenere vi-va la sua vocazione profonda edautentica verso l’assoluto, di nondisperdere se stesso e le cose chefa. Le sue poesie le raccoglie in li-bretti fuori commercio per gliamici, illustrati con disegni di ar-tisti valenti che lo stimano.Compone quasi di nascosto per-ché, come spiega lui stesso, “nonsi può fare insieme il giornalista eil poeta. Uno non viene preso sulserio né come giornalista, né co-me poeta”.1 Solo una raccolta èpubblicata: Il ragazzo che ero(Sciascia, 1958), presentazione diGiacinto Spagnoletti. Le altreraccolte sono: Stagioni (1952);La luna sul Tevere (1960); Il mir-to, il cardo e le rose (1963); Mez-zavita (1974); infine la raccolta

componequasi di na-scosto per-ché, comespiega luistesso, “nonsi può fareinsieme ilgiornalista eil poeta

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dell’intera produzione poetica, intotale 85 poesie, dal titolo Nellatua casa (1975). Titolo con cui lamoglie, Giovanna Annibale, inun’edizione postuma del 1987,ha voluto pubblicare l’intera rac-colta di liriche con prefazione diMario Pomilio.Benché la sua produzione poeti-ca vada dagli anni dell’adolescen-za fino al 1975, il numero mag-giore di componimenti si adden-sa in poco più di un decennio,1952 – 1964, durante i quali, vi-vendo a Roma, sente la nostalgiadella terra natia, dei sogni del-l’età adolescenziale non più rea-lizzabili, degli amici lontani: “Honostalgia del ragazzo che ero /delle mie mani ribelli / dei gridinell’aria gelida / delle notti diaprile / della mia giovinezza can-tata in dialoghi lunghi… Ho fa-me del ragazzo che ero…”.1Lo spazio concessomi si è esauri-to. Ma è difficile, in poche righe,dare un ritratto compiuto, anchesolo sotto il profilo intellettuale,di Angelo Narducci che, a me e aciascuno, riconoscenti per il suospirito cristiano, in coerenza conuna vita che si è dipanata lungol’impegno del professionista, latestimonianza dell’uomo pubbli-co e un fecondo lavoro di anima-tore di cultura, ci tiene a ribadi-re: “A me non dare, ti prego, vo-ce sovrumana, / un nome chenon muti, / un volto non sogget-to a logorìo, / non credere che ilbiondo dei capelli / sia cosa chenon varia / solo perché tu sfiori lamia fronte / a dissipare le ombre

che la sera / addensa intorno anoi.Le inquietudini apprese da bam-bino / le conservo tutte, gli smar-rimenti, le ansie. / Forse avrei po-tuto maturare, farmi grande, /diventare io non so che cosa, /marinaio, santo, poeta, esplora-tore, / creatura non disutile.Ma io nulla più sono di un silen-zio.Di me se vuoi una immagine, /ricorda il ragazzo ventenne / cheleggeva versi al tavolo di un bar /e se alzò il volto dalle pagine / fuper arrossire”.1Ed è così che mi piace ricordarlo.

Giuseppe Merola

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BARI - Diritto di cronaca e deontologia Il rispetto dei soggetti deboli dell’informazione

Davanti ad ogni notizia il giornalista è chiamato a compiere dellescelte, assaporandone innanzitutto, evidentemente, la ragione socialeprima di deciderne la pubblicazione. D’altra parte se solo si dovesseropubblicare tutte le notizie che ruotano attorno alle redazioni si costrui-rebbero giornali e notiziari radiofonici o televisivi talmente lunghi daessere improponibili per ogni lettore o ascoltatore, che mai e poi maiavrebbe il tempo da dedicare a così attenta e minuziosa conoscenzadella realtà sociale.Ecco, il giornalista è un lavoratore della notizia, colui a cui chiederecompetenza professionale ed umana per districarsi nel sempre più com-plesso mondo dell’informazione mass-mediale. La complicazione sorge con il linguaggio predominante dei mass media,persuasivo, accattivante, induttivo, frutto di un predominio nella comu-nicazione contemporanea, ormai dittatoriale della pubblicità, da cuinemmeno il giornalismo è salvo. E così capita che notizie dalla scarsa rilevanza sociale si elevino al rangodi notizie primarie, da prima pagina, accompagnate da titoli gridati e to-ni enfatici, al solo scopo, autogratificante, di essere letti, seguiti più di al-tri giornali o telegiornali.E molto spesso paiono scomparire sia la mediazione del giornalista, ov-vero la sua capacità professionale ed umana di trattare la notizia, sial’etica, ovvero la scelta di informare correttamente nel rispetto degli al-tri, siano essi protagonisti della cronaca o fruitori.Chi predilige questo modo di fare giornalismo, perché rapito letteral-mente dal sistema, sostiene che bisogna dire tutto negando il proprioruolo di filtro, cosa che in realtà è la negazione della propria stessa iden-tità professionale.Dimenticano costoro che in ogni caso compiono scelte nel porre unanotizia prima di un’altra, nell’escludere addirittura altre notizie, nell’e-saltare alcuni aspetti a discapito di altri. Dimenticano cioè che in ognicaso si avvalgono della prerogativa del giornalismo di scegliere di cosa ecome informare, con l’aggravante di usare un linguaggio che allontanadalla obiettività e che agisce prevaricatore sulle coscienze e le reazioni in-dividuali e sociali di chi legge, ascolta e guarda.E allora la domanda è la stessa che rivolgeremmo ad un medico: può esi-stere una medicina senza etica? Ovvero, può esistere un giornalismo sen-za etica?E continuando: Può l’etica piegarsi al volere della induzione e della per-

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suasione? E’ giusto dire tutto e dirlo con enfasi e ridondanza anchequando non ci sarebbe una grande rilevanza sociale, o addirittura la no-tizia potrebbe recare danno morale e non solo a terze persone? I cosid-detti “soggetti deboli” sono da intendersi solo tra coloro che hanno lasfortuna di incappare nella macchina mass-mediale? O “soggetti deboli”sono anche e soprattutto tra i fruitori dell’informazione?Domande sollecitate di recente anche dagli ultimi suicidi raccontati inprima pagina nonostante gli psichiatri dicano con chiarezza che parlaredi suicidi dandone motivazioni “positive” o anche solo di “soluzione diun disagio” può innescare altre reazioni suicide, in chi, già instabile perconto suo, ascolta o legge. Si può fare informazione senza il rispetto de-gli altri? O meglio, il rispetto degli altri può essere solo circoscritto nelfatto di dare in ogni caso le notizie a prescindere dalla loro dannosità edal linguaggio e il tono con cui vengono divulgate?L’informazione educa, c’è poco da fare. E scegliere il bene al male è com-pito primario di tutti coloro che educano, anche quando, nel caso deigiornalisti, si ritrovino ad educare loro malgrado.Siamo tutti chiamati a discutere su questi temi, giornalisti e cittadini,ascoltando innanzitutto gli esperti e confrontandoci per trovare la viamediana da condividere consapevolmente e responsabilmente. Non sitratta di arrivare alle leggi del ventennio fascista, che perché tutto apparisse lindo e perfetto vietavano la diffusio-ne a mezzo stampa dei suicidi, ma di condividere un percorso che pon-ga il rispetto degli altri prioritario ad ogni libertà personale anche quel-la di informare. Per questo l’UCSI -Puglia (Unione Stampa Cattolica) incollaborazione con la sezione di Bari dell’Unione Giuristi Cattolici el’Associazione Psicologie Psichiatri Cattolici di Puglia, ha promosso undibattito sul tema: “Diritto di cronaca e deontologia: il rispetto dei sog-getti deboli protagonisti e fruitori dell’informazione”, il 12 giugno scor-so presso la sede dell’Ordine dei giornalisti a Bari con la partecipazionequalificata di Vito Scalera, consigliere di Cassazione, Francesca De Gi-glio, psichiatra, Maria Laura Basso, avvocato, Pasquale La selva, psicolo-go terapeuta, Paola a forgia, Pres. Ordine dei Giornalisti Puglia, donCarlo Cinquepalmi, dell’Ufficio delle Comunicazioni Sociali della Dio-cesi di Bari-Bitonto.

Enzo Quarto

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ASSOREL ACADEMY INTEGRA PER I GIOVANI

L’OFFERTA FORMATIVA DELL’UNIVERSITÀ

di Furio Garbagnati, Presidente Assorel

Da qualche tempo i corsi di laurea in Scienze della Comunica-zione (insieme con le varie categorie disciplinari e con i nume-

rosi master) sono oggetto di vivace discussione sia all’interno delmondo accademico sia all’interno delle comunità professionali. Ed ègiusto che sia così perché se da un lato la comunicazione è divenutaelemento sempre più pervasivo della nostra società e strumento diret-to di democrazia economica, dall’altro e proprio per questo è neces-sario ed inevitabile domandarsi se la formazione accademica rispondaa quei requisiti di qualità e di eccellenza che il mercato richiede oggicome mai per governare il processo di uscita dalla crisi operando co-me autentica leva strategica del cambiamento. Recentemente poi lostesso Ministro Gelmini ha sollevato dubbi sulla efficacia di questicorsi di laurea e soprattutto sulla loro pletoricità e lo stesso è avvenu-to da parte di importanti opinionisti quali Bruno Vespa e GiulianoFerrara.. Da parte mia non posso negare che da tempo sostengo chenegli anni passati si è verificata una vera e propria corsa verso questediscipline con il rischio di abbassare la qualità del processo formativoe soprattutto di creare una vasta area di disoccupazione intellettualenon essendo il mercato in grado di assorbire nelle sue competenzespecifiche il gran numero di laureati. Oggi la situazione pare stia mi-gliorando con una netta diminuzione delle immatricolazioni e conuna concentrazione di queste verso le aree formative di maggiore qua-lità ed eccellenza. A difesa dei corsi di laurea in Scienze della Comu-nicazione si sono poi levate voci autorevoli quali quelle del Prof. Ma-rio Morcellini e del Prof.

Giovanni Puglisi che hanno suffragato con elementi concreti ed inec-

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L ’ O P I N I O N E

cepibili le loro tesi che oggi mi sento in gran parte di condividere.Due questioni rimangono però aperte ed è su queste che il ruolodelle Associazioni Professionali e più in generale della domande ri-veste una importanza centrale e determinante. Si sostiene (e giusta-mente sulla base di osservatori scientifici) che il tasso di inserimentonel mondo del lavoro da parte dei laureati in scienze della Comuni-cazione è particolarmente levato.

Ma mi domando cosa vanno a fare questi giovani e soprattuttocon quali modalità entrano nel mondo del lavoro? La sensazione èche spesso vadano ad ingrossare la fila del vero precariato o si presti-no ad attività che nulla hanno a che vedere con il loro percorso for-mativo. D’altro canto, proprio da una ricerca commissionata dallaIULM a Makno&Consulting si rileva come uno degli aspetti piùattesi sia quello di poter svolgere uno stage. Ciò induce quindi apensare che vi sia ancora uno iato tra modello formativo e prepara-zione specifica alla professione.

Ed è qui che gioca il ruolo delle Associazioni di Imprese e di Pro-fessionisti del settore. Da parte nostra come Assorel (AssociazioneItaliana delle agenzie di Relazioni Pubbliche e parte di Confindu-stria) abbiamo lanciato dal 2008 un programma formativo, AssorelAcademy, studiato appositamente per rendere più saldi i contatti fraaccademia e mondo del lavoro attraverso un articolato progetto for-mativo gestito su tre moduli principali, le gestione di impresa, inuovi tools della comunicazione orizzontale ed i settori di specializ-zazione, rivolti a professionisti della comunicazione ed in primoluogo ai più giovani entrati nel mondo del lavoro, per rispondereproprio a quelle esigenze di qualità e di competenza che rappresen-tano i principali fattori di competitività.

Furio Garbagnati

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deputati Pino Pisicchio(Idv), Sandra Zampa (PD),Giancarlo Mazzuca (Pdl),Francesco Pionati (Allean-za di Centro per la Li-bertà), Giorgio Merlo

(Pd), Giuseppe Giulietti (Pd),Roberto Rao (Unione di Cen-tro), Matteo Salvini (Lega NordPadania) e Giancarlo Lehner(Pdl), tutti giornalisti, il 22 apri-le scorso hanno annunciato allaCamera dei Deputati la presenta-zione della Proposta di legge2393, primo firmatario Pisic-chio, recante “Modifiche allaLegge 3 febbraio 1963, n. 69, inmateria di ordinamento dellaprofessione di giornalista”.

Il testo è ispirato al Documentodi indirizzo per la riforma del-l'Ordine dei giornalisti approva-to dal Consiglio dell'Ordine nel-l'ottobre scorso a Positano.

Il testo, in attesa di discussionealla Camera, nel sottolineare letrasformazioni profonde dellaprofessione giornalistica tracciale linee di una riforma radicale

ORDINE DEI GIORNALISTI:LE LINEE DI RIFORMA DIVENTANO

PROPOSTA DI LEGGEROSA MARIA SERRAO

P R O F E S S I O N E

Rosa Maria Ser-rao, giornalista

che cambi le regole dell'accesso,consenta una formazione perma-nente, renda possibile una pun-tuale e rapida applicazione deiprincipi deontologici, ridefiniscai meccanismi di selezione dellarappresentanza. La proposta sot-tolinea come le impostazioni diprincipio sono ancora validissi-me - anzi, si può dire che risulti-no persino più attuali e impor-tanti oggi - mentre i dettamistrutturali e organizzativi richie-dono una profonda riforma.

Degno di nota il riferimento allaCorte Costituzionale, che a piùriprese ha confermato la legitti-mità dell'Ordine dei giornalisti,riconoscendo che la legge69/1963 disciplina esclusiva-mente il giornalismo come pro-fessione, e quindi non limita innulla l'accesso ai mezzi di infor-mazione come libera espressionedel pensiero.

Occorre, infatti, distinguere - ci-ta il docuemnto - tral'informazione e altre libere ma-nifestazioni, come le opinioni e

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più in generale ogni tipo diespressione. L'informazione, inregime democratico, non soltan-to è diritto ma anche un dovere.Del diritto sono titolari sia i gior-nalisti (libertà di stampa) sia icittadini tutti (diritto di essereinformati); il dovere, invece, è incapo ai soli giornalisti, comeesplica la legge Gonella all'art. 2.Dire dunque che l'informazionela fanno i giornalisti, ed essi sol-tanto, lungi dal configurare unaesclusione o una limitazione didiritti di tutti, significa invece af-fermare una garanzia democrati-ca, in continuità con l'articolo 21della Costituzione che riconoscea tutti il diritto «di manifestareliberamente il proprio pensierocon la parola, lo scritto e ogni al-tro mezzo di diffusione». In con-creto, non potrebbe, e non è ri-servata ai soli iscritti all'Ordine lafacoltà di scrivere sui giornali oesprimersi con altri mezzi che adessi si possono assimilare.

L'esperienza di questi 45 anni - silegge nel docuemnto - ha fattoemergere i limiti dell'ordinamen-to attuale - ovviabili in gran par-te con una riforma che renda piùagile ed effettiva l'azione dell'Or-dine dei giornalisti - ma ha ancheconfermato l'importanza di essocome strumento in grado di dareancoraggio e certezze normativeall'indipendenza del giornalista.

All'attivo del bilancio di lungoperiodo - sottolineano i firmatari- stanno diversi fattori. Innanzi-

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tutto la promozione dell'applica-zione di regole deontologichesempre più puntuali e severe: peril rispetto dei soggetti deboli eper la tutela dei minori, per svin-colare l'informazione da condi-zionamenti della pubblicità, eper evitare i conflitti di interessiin settori molto sensibili comel'informazione economico-finan-ziaria e quella rivolta ai consuma-tori. L'Ordine ha sviluppato intutto questo periodo la culturadell'informazione, anche attra-verso le scuole di formazione algiornalismo, e promosso iniziati-ve di formazione permanente (inquest'ultimo settore gli interven-ti sono ancora embrionali, e ne-cessitano di nuovi impegni ed in-vestimenti).

I principi su cui si fonda la leggedel 1963 sono dunque piena-mente da confermare. Essi sonoottimamente riassunti nell'art. 2:«È insopprimibile diritto deigiornalisti la libertà di informa-zione e di critica, limitata dall'os-servanza delle norme di leggedettate a tutela della personalitàaltrui». E ancora: «È loro obbligoinderogabile il rispetto della ve-rità sostanziale dei fatti». Impor-tante per una libera professioneanche il comma che recita "Gior-nalisti e editori sono tenuti a ri-spettare il segreto professionalesulla fonte delle notizie, quandociò sia richiesto dal carattere fi-duciario di esse.

Secondo i deputati/giornalisti

art. 2: «È in-sopprimibilediritto deigiornalisti lalibertà diinformazionee di critica, li-mitata dal-l'osservanzadelle normedi legge det-tate a tuteladella perso-nalità altrui»

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firmatari è ovvia osservazioneche, senza queste premesse, lostatus del giornalista sarebbe ri-conducibile a quello di un impie-gato, vincolato agli obblighi difedeltà verso la propria azienda(art, 2105 Codice Civile). Nonpotrebbe esistere un potere deldirettore di testata autonomo ri-spetto alla proprietà; né il dirittodel singolo giornalista di difen-dersi da censure o modifiche ap-portare da altri a ciò che ha scrit-to. Cadendo poi il segreto profes-sionale, le fonti fiduciarie non sisentirebbero tutelate, e la conse-guenza sarebbe una pesante limi-tazione della possibilità di ap-profondire i fatti per poi riferirlial pubblico.

C'è anche da rilevare che la Con-sulta, confermando con la sen-tenza n. 11/1968 la legittimitàdell'Ordine ne sottolinea la capa-cità di tutelare, con la deontolo-gia, «la libertà degli iscritti neiconfronti del contrapposto pote-re economico dei datori di lavo-ro, compito, questo, che superadi gran lunga la tutela sindacaledei diritti della categoria e cheperciò può essere assolto da unOrdine a struttura democraticache con i suoi poteri di ente pub-blico vigili, nei confronti di tuttie nell'interesse della collettività,sulla rigorosa osservanza di quel-la dignità professionale che si tra-duce, anzitutto e soprattutto, nelnon abdicare mai alla libertà diinformazione e di critica e nelnon cedere a sollecitazioni che

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possono comprometterla».

Il documento infine sottolineacome una riforma della legge del-l'Ordine deve mantenere inalte-rate queste impostazioni di prin-cipio, modificando invece alcunipunti specifici che sono:

1. il sistema di accesso alla pro-fessione;

2. il meccanismo elettorale cheoggi porta ad una dimensionepletorica del Consiglio Naziona-le;

3. procedure e organi che inter-vengono in materia deontologi-ca, per garantire tempestività,equità e trasparenza nei procedi-menti disciplinari.

Anlizziamo ora ogni specificopunto contenuto nella proposta.

Accesso

I firmatari sottolineano come datempo è maturata la consapevo-lezza che la professione di giorna-lista, analogamente a molte altre,richiede una base formativa su-periore a quella che era previstadalla legge 69/1963, cioè il di-ploma di scuola media superiore.

I processi attraversati dalla so-cietà, e dalla stessa editoria gior-nalistica, suggeriscono un ap-proccio differente. Di fatto siconstata che nell’ultimo decen-nio più di 3 su 4 delle personeche sostengono l’esame per di-

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non potrebbeesistere unpotere del di-rettore auto-nomo rispettoalla proprietà;né il dirittodel singologiornalista didifendersi dacensure omodificheapportare daaltri a ciòche ha scritto

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ventare professionisti hanno unalaurea.

L‘Ordine dei giornalisti ha stipu-lato convenzioni con numeroseuniversità per corsi specialisticiche danno accesso all’esame pro-fessionale, nel rispetto della leggee delle norme che definiscono ilpraticantato.

È dunque maturo un cambia-mento, che preveda un canale diaccesso unico attraverso:

a) Una fase di formazione preli-minare coincidente con la laurea(laurea triennale se ci si riferisceal nuovo ordinamento oggi in vi-gore) conseguita nelle universitàitaliane estere i cui stati ricono-scano la reciprocità.

b) Una seconda fase di specializ-zazione, di due anni, da realizza-re in forme diverse, e cioè:

1) laurea magistrale in giornali-smo che conduca all’esame pro-fessionale;

2) master specifico riconosciutodall’Ordine dei giornalisti;

3) scuole di giornalismo collega-te ad una struttura universitaria.

La proposta di legge - negli in-tenti dei proponenti - si confor-ma a questi principi ispiratori re-cependo, all’art. 1, l’impiantosuggerito dall’Ordine dei giorna-listi con il documento di indiriz-zo per la riforma.

I Pubblicisti

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Il secondo punto riguarda i pub-blicisti che costituiscono un pre-zioso patrimonio di saperi ecompetenze - si legge nel do-cuemnto - e concorrono in modosostanzioso all’informazionequotidiana e periodica, stampatae no.

Oggi la via per l’accesso all’Elen-co dei pubblicisti è il riconosci-mento di una attività continuati-va nell’arco di almeno due anni.Nessuna prova di ingresso è ri-chiesta in via generalepur nelleeccezioni di alcuni Consigli re-gionali.

Nella proposta di legge i giorna-listi pubblicisti mantengono imedesimi requisiti di accesso conl’aggiunta però di corsi specificidi cultura e norme che regolanoil giornalismo (art. 2) e termina-no con una prova conclusiva sul-le materie studiate. La proposta tiene conto (art. 3),inoltre, dei “pubblicisti di neces-sità”, collocati in un elenco chenon sarebbe il loro proprio, ma èfinora l’unico che possa ospitarliin base alle norme fissate dalla L.69/1963.

In base alla proposta resta nelladisponibilità degli attuali pubbli-cisti la scelta di rimanervi senza ilpassaggio all’elenco dei professio-nisti in una dimensione transito-ria.

Regole elettorali per le cariche

Con l’art. 4 vengono indicati dal

i pubblicisticostituisconoun preziosopatrimonio disaperi e com-petenze econcorronoin modo so-stanzioso al-l’informazionequotidiana eperiodica,stampata eno

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documento i nuovi principi rela-tivi alle regole elettorali perl’elezione dei Consiglieri nazio-nali. Infatti uno dei punti in cuile norme stabilite 45 anni fa ap-paiono più bisognose di cambia-menti è quello delle modalità dielezioni dei consiglieri nazionali.Varate in un’epoca in cui gli ad-detti al giornalismo erano pochecentinaia, oggi hanno portato aduna cifra spropositata di consi-glieri nazionali (con la certezzache la situazione peggiorerà an-cora, se non si interviene). Infat-ti, mentre negli anni ‘60, all’esor-dio, i consiglieri nazionali erano45, oggi superano la cifra di 130.Tutto ciò comporta oneri eccessi-vi, lungaggini, problemi anche dispazio.

Una drastica riduzione del nu-mero dei consiglieri nazionali è -secondo i firmatari della propo-sta - un obiettivo irrinunciabiledella riforma, che si intende co-gliere rinviando definizione delprocedimento elettorale ad unregolamento da emanarsi a curadel Ministro della Giustizia.

Commissione deontologica eprocedura disciplinare

A rendere urgente una modificadelle procedure in campo disci-plinare è l’esperienza passata e re-cente: il Consiglio nazionale fun-ge da tribunale deontologicod’appello rispetto alle delibera-zioni dei singoli Consigli regio-nali. Un collegio formato da piùdi 130 giudici non raggiunge

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quasi mai il plenum; rischia con-tinuamente la dispersione e lelungaggini; procedendo a scruti-nio segreto richiede tempi enor-mi anche per decisioni apparen-temente semplici: è frequenteche il lavoro si paralizzi perchéviene meno il numero legale. Con l’articolo 5 si istituisce unaCommissione Nazionale Deon-tologica, composta da novemembri espressione del CN,competente in materia discipli-nare.

Giurì per la correttezza del-l’informazione

L’articolo 6 del documento rece-pisce la proposta dell’Istituzionedi un Giurì per la correttezzadell‘informazione.

I rimanenti articoli regolanoaspetti procedurali.

Con l’articolo 7 si prevedel’utilizzo anche della posta priori-taria, insieme ad altri strumentidi comunicazione, per la convo-cazione del Consiglio nazionale.Statuizioni di eguale contenutoprocedurale sono nell’articolo 8 enell’articolo 9.

Rosa Maria Serrao

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una drasticariduzione delnumero deiconsiglierinazionali è -secondo i fir-matari dellaproposta -un obiettivoirrinunciabiledella riforma

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Art. 1REQUISITI PER L’ACCESSOAll’art.29 della Legge 3 febbraio 1963, n.69, aggiungere al primo alinea, dopo le parole «di cuiall’art.32», il seguente comma:«Alla prova di idoneità di cui al comma precedente si accede con la laurea in una qualsiasi disci-plina o classe unitamente al compimento della pratica giornalistica da svolgersi in alternativa nel-l’ambito:a) di una laurea specialistica o magistrale il cui percorso formativo biennale sia almeno per il 50per cento costituito da attività pratica orientata alla professione di giornalista e disciplinata sullabase di convenzioni tra l’Università e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, che veri-fica anche 1’effettivo tirocinio professionale svolto; b) di un master universitario biennale il cui percorso formativo sia disciplinato sulla base di con-venzioni tra l’Università e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, che verifica anchel’effettivo tirocinio professionale svolto; c) di corsi biennali presso Istituiti di formazione al giornalismo riconosciuti con deliberazione delConsiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti».

Art. 2STATUS DI PUBBLICISTAAll’articolo 35 della Legge 3 febbraio 1963 n. 69, dopo il l° comma aggiungere: «L’iscrizione è subordinata all’effettuazione di un colloquio presso il Consiglio regionale dell’Or-dine cui viene presentata la domanda, concernente le materie previste dalle lettere d), e) del se-condo comma, art. 44, del DPR 4 febbraio 1965 n. 115 e successive modificazioni cd integra-zioni. La domanda resta sospesa sino all’esito positivo del colloquio. L’effettuazione del colloquiopuò essere sostituita dalla frequenza di corsi formativi della durata di almeno 45 ore organizzatidai Consiglio regionali o dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti».

Art. 3NORME TRANSITORIEDopo l’articolo 32 della L. 3 febbraio 1963, n. 69, aggiungere il seguente 32 bis «1. Sono am-messi agli esami di Stato di cui all’articolo 32:a) coloro che alla data di entrata in vigore del presente regolamento hanno già svolto il periododi pratica previsto dal previgente ordinamento; b) coloro che sono iscritti nel Registro dei praticanti al compimento del periodo di pratica pre-visto dal previgente ordinamento.2. Fino alle sessioni di esame di Stato dell’anno 2015 sono ammessi alle prove di esame anche:a) coloro che, in possesso del titolo di studio previsto dal previgente ordinamento, svolgono at-tività redazionale giornalistica attestata secondo parametri fissati dal Consiglio nazionale del-l’Ordine dei giornalisti, che ne assicura l’applicazione, da almeno due anni consecutivi in organidi informazione, quali quotidiani, telegiornali, giornali radio, periodici, agenzie di stampa, gior-nali telematici regolarmente registrati, purché abbiano seguito, anche via web (e-learning), corsidi formazione teorica e di aggiornamento sulle aree della durata di almeno trecento ore com-plessive, in strutture abilitate mediante la stipula di convenzione con il Consiglio nazionale del-l’Ordine dei Giornalisti; b) coloro che, in possesso del titolo di studio previsto dal previgente ordinamento, esercitano laprofessione giornalistica a tempo pieno e in modo continuativo da almeno cinque anni, com-provata dalla presentazione di un congruo numero di pezzi firmati o di altra documentazione chedimostri l’effettivo e regolare inserimento nella produzione giornalistica di una o più testate, se-condo parametri fissati dal Consiglio nazionale dell‘Ordine dei Giornalisti, che ne assicural’applicazione e dalla documentazione del rapporto contrattuale giornalistico esistente, ovverodalla documentazione degli avvenuti pagamenti, purché abbiano seguito, anche via web (e-lear-ning) corsi di formazione teorica e aggiornamento sulle aree disciplinari di cui all’articolo 32comma 4, lettera a), numero 3), della durata di almeno trecento ore complessive, in strutture abi-litate mediante la stipula di convenzioni con il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti;c) Sono altresì ammessi alle prove dell’esame di Stato, fino alle sessioni dell’anno 2013, coloroche in possesso del titolo di laurea abbiano svolto presso aziende editoriali il periodo di praticaprevisto dal previgente ordinamento ovvero siano iscritti nel Registro dei praticanti al compi-mento del periodo di pratica previsto dal previgente ordinamento».

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G L I A R T I C O L I D E L L A P R O P O S T A D I L E G G E

Art. 4COMPOSIZIONE DEL CN DELL’ORDINEL’art. 16 della 1. n. 69/1663 è cosi sostituito: «La composizione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e le modalità elettorali peresprimere la rappresentanza saranno dettate da apposito regolamento che sarà emanato dal Mi-nistro della Giustizia».

Art. 5COMMISSIONE NAZIONALE DEONTOLOGICADopo l’art. 59 della Legge n. 69/1963 aggiungere il seguente art. 59 bis: «È istituita una Com-missione nazionale Deontologica competente per le decisioni sui reclami contro le deliberazionidei Consigli regionali in materia disciplinare. Ad essa si applicano le disposizioni di cui al titoloIV della legge n.69/1963.Le deliberazioni della Commissione nazionale Deontologica che prevedono la sanzione non su-periore alla censura hanno carattere definitivo e possono essere impugnate ai sensi dell’art. 63della legge n. 69/1963.In caso di sanzione superiore alla censura, la deliberazione della Commissione è sottoposta a ra-tifica del Consiglio nazionale secondo le disposizioni che saranno definite dal regolamento per iricorsi”.Alla lettera b) dell’art. 20 ter del regolamento di esecuzione dopo le parole «... di cui all’art. 20,lettera d) della legge», sono aggiunte «ad eccezione di quelle in materia disciplinare».

Art. 6GRAN GIURI’ PER LA CORRETTA INFORMAZIONEDopo l’art.65 della Legge 69 del 1963 aggiungere il seguente 65bis: «1. È istituito presso ognidistretto di Corte di Appello, il Giurì per la correttezza dell’informazione, di seguito denomina-to “Giurì”, composto da cinque membri, dei quali due nominati dal Consiglio dell’Autorità perle garanzie nelle Comunicazioni, due nominati dal consiglio competente dell’Ordine dei gior-nalisti e uno, con funzioni di Presidente, nominato tra i magistrati di Corte d’Appello. 2) I membri dei Giurì durano in carica cinque anni non prorogabili. Si applicano le cause di in-compatibilità previste per i componenti dell’ Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni.3) L’organizzazione e il funzionamento del Giurì nonché le procedure e i termini perl’espletamento del tentativo di conciliazione, sono disciplinati da apposito regolamento emana-to dal Ministro della Giustizia d’intesa con il consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle Comu-nicazioni e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.

Art. 7All’art. 24, primo comma, DM giustizia 18 luglio 2003, “Regolamento per la trattazione di ri-corsi e degli affari di competenza del CN nell’Ordine dei Giornalisti, dopo le parole «a mezzoraccomandata», aggiungere: “posta prioritaria».

Art. 8All’art. 4 L. 3 febbraio 1963 n. 69, al secondo comma sostituire le parole «otto giorni dalla pri-ma» con “quarantotto ore dalla prima».

Art. 9Dopo il comma dell’art. 46 del Regolamento di esecuzione della L. 3 febbraio 1963 n. 69 ap-provato con DPR 4 febbraio 1965 n. 115, aggiungere: «I candidati possono presentare solo duedomande di ammissione alla prova di idoneità professionale nell’arco di ciascun anno solare».

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NASCE LA SOCIETA’ PANNUNZIO PER LA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE

PRESTO UNA “CARTA DEL LETTORE” PER TUTELARNE I DIRITTI

ROSA MARIA SERRAO

P R O F E S S I O N E

bbiamo così iniziato lanostra battaglia in dife-sa della correttezza del-l’informazione sottoli-neando gravi errori dicontenuto e di compor-

tamento etico rilevati nelle ultimesettimane nei media italiani.Forse siamo sulla buona strada.Quella tanto auspicata cittadinanzaattiva, garanzia nei rapporti patolo-gici tra il sistema dei media e il si-stema paese, inzia ad avere coscien-za del proprio ruolo.Come promesso nella sua Dichia-razione di intenti, la Società Pan-nunzio ha cominciato l’attività conun Seminario ristretto, a Roma il 3giugno, in cui si è discusso tra giu-risti, economisti, giornalisti e rap-presentanti di associazioni in difesadei consumatori su come riuscire aporre nell’agenda politica la que-stione dei diritti dei lettori e dellasua tutela. Avendo constatato chequesti diritti non sono né definitiné tutelati da nessuno, la SocietàPannunzio ha annunciato la suaintenzione di pervenire al più pre-sto alla definizione di una “cartadel lettore” su cui aprire un con-

fronto con la società civile e le for-ze politiche e sociali.Nel frattempo la Società si impe-gnerà, soprattutto con il mezzodella più amplia informazione, didenunciare pubblicamente le vio-lazioni continue e impunite dellelegge sulla stampa in merito allesmentite e il mancato rispetto deicodici deontologici dei giornalisti.È stata inoltre confermata e forma-lizzata la decisione di istituire dueOsservatori permanenti, uno sul-l’informazione scientifica e un al-tro su quella economica, allo scopodi monitorare la correttezza forma-le e sostanziale dell’informazionein questi due ambiti. Entrambi gliOsservatori sono attualmente invia di costituzione. Naturalmente,vi daremo conto dell’evoluzione diquesta come delle altre iniziative.44° posto è quello che L’italia oc-cupa nella classifica mondiale del-la libertà di stampa, redatta comeogni anno da , una posizione per-sino in discesa rispetto a quelladell’anno precedente, indicativa diuna situazione che pur sottol’occhio (e la mente) di tutti nonriesce ad avere una evidenza pub-

Rosa Maria Serrao, giornalista

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blica tale da invertirne la tenden-za. La neonata , che sta coinvol-gendo personalit� fondazioni, as-sociazioni, testate giornalistiche,blog e siti internet, case editriciecc. si rivolge sostanzialmente adue grandi interlocutori il legisla-tore e il lettore, attraverso alcuneproposte concrete, espresse inquattro libri-dossier che articolanopuntualmente questioni e soluzio-ni, come: risolvere il legame politi-ca - economia - editoria, piuttostoche tutelare il lettore come utenteo consumatore finale di un certotipo di prodotti stampa o web chesiano. Si veda a proposito il a cu-ra di Enzo Marzo disponibile sulsito www.societapannunzio.eu

DICHIARAZIONE D’INTENTI

1. Essere consapevoli che i medianon sono liberiNella nuova era dei media la li-bertà d’informazione è garantitabene o male da Costituzioni e leg-gi, ma nella realtà i media sonomanipolati, eterodiretti, confor-misti. Il giornalisti perdono il lororuolo di testimoni della realtà e so-no trasformati in canali di trasmis-sione di messaggi altrui. Il lettore,lo spettatore e l’ascoltatore sono ri-dotti a oggetti inconsapevoli e nonsono titolari di alcun diritto. Ora imedia si identificano sempre piùcon le loro proprietà.2. Non c’e’ democrazia senza infor-mazione indipendenteLe democrazie occidentali non so-no più tali se manca un requisitominimo di democrazia comeun’informazione indipendente.Ora il gioco politico, soprattutto in

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Italia, è visibilmente truccato dallamanipolazione dell’opinione pub-blica. Abbiamo tanto combattutoaffinché le elezioni politiche fosserolibere, bisogna cominciare a lottareaffinché anche le opinioni siano li-bere, ovvero liberamente formate.

3. I tre poteri della “sfera pubblica”:per un nuovo separatismoNelle società moderne la comples-siva “sfera pubblica” è compostadall’apparato politico e statale, dalpotere economico e dal potere me-diatico. Questi tre poteri, inveced’essere separati, sono strettamen-te intrecciati.Bisognerebbe che diventasseroconsapevolezza di massa i guastiprovocati dalla terribile distorsio-ne causata dalla dipendenza delleforze politiche dai finanziamentileciti e illeciti; i guasti generati dal-la informazione eterodiretta daquegli stessi poteri economici epolitici; i guasti provocati al mer-cato dalla burocrazia politica e dal-la dipendenza dai finanziamentipubblici.

4. Cittadini, lettori, consumatoriVa fondato pressoché dal nulla il“diritto dei lettori”, i quali ora so-no senza difese sia in quanto citta-dini (non viene garantita loro né lapluralità né l’indipendenza del-l’informazione) sia in quanto con-sumatori. Eppure come comprato-ri di un bene essi sono “consuma-tori” (peraltro di una merce benpiù delicata di altre, perché condi-ziona la salutementale e democratica) e quindidovrebbero acquisire almeno dirit-

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le democra-zie occiden-tali non so-no più talise mancaun requisitominimo didemocraziacomeun’informa-zione indi-pendente

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DESK n. 2/2009 44

ti analoghi a quelli che con faticahanno gli acquirenti di un qualun-que bene di consumo, in fatto ditrasparenza, di non commistionedi interessi, di non inquinamentodella notizia.

5. L’informazione nella reteInternet rappresenta il media piùgrande mai esistito, per le dimensio-ni del pubblico cui si rivolge, ed ècaratterizzato dalla mancanza di unarigida separazione tra utenti e pro-duttori di informazione: chiunque,in pochi click, ne legge e ne produ-ce. L’informazione in Rete corre,dunque, lungo linee orizzontali cheincrociano costantemente quelleverticali dei media tradizionali e che,proprio in quanto orizzontali, si sot-traggono alle logiche e alle dinami-che di controllo che hanno, sin qui,impedito che stampa, radio e televi-sione svolgessero in modo libero illoro ruolo fondamentale in ogniPaese democratico: quello di creareattraverso il racconto libero ed indi-pendente dei fatti e della storia unacoscienza civile nei cittadini, trasfor-mandoli da soggetti passivi della de-mocrazia a suoi protagonisti. Difen-dere la libertà di manifestazione delpensiero in Internet significa difen-dere questa speranza.6. una politica riformatriceTra le emergenze democratiche vaannoverata una vera riforma, legi-slativa e non, che costruisca cinquecondizioni strutturali sia per garan-tire la libertà d’informazione siaper fondare i diritti dei lettori-consumatori: 1) sancire la rilevanza di primariointeresse pubblico d’una informa-

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zione libera e indipendente, qualecomponente necessaria perl’esistenza di una democrazia poli-tica;2) prendere consapevolezza che lalibertà d’informare può essere ga-rantita esclusivamente da un effet-tivo pluralismo delle fonti;3) perseguire una politica che siponga come fine la massima sepa-razione possibile tra i poteri della“sfera pubblica” e quindi anche trail potere economico e quello me-diatico;4) riconoscere al “bene informa-zione” uno status differente daquello di semplice merce,e quindi costruire per le impreseeditoriali una forma di governancecon una propria esclusiva tipicitàche tenda a realizzare progressiva-mente il principio separatista tra laproprietà del mezzo e la gestionegiornalistica, anche attraverso passiintermedi come la sterilizzazionedel controllo proprietario sui con-tenuti informativi; 5) considerare basilare la presenzadel lettoreconsumatore tra i prota-gonisti della comunicazione.

Rosa Maria Serrao

Internet rap-presenta ilmedia piùgrande maiesistito, per ledimensionidel pubblicocui si rivolge

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in continua trasformazione? Lostudio - realizzato da Piero Macrìcon la supervisione di MarcelloFoa, che ha curato anche la sintesi- indaga su tutti questi aspetti por-tando all’attenzione dati, risultatie opinioni espresse da giornalistied esperti del mondo dell’editoriacon l’obiettivo di fornire una vi-sione complessiva delle dinamichein corso e dando continuità aquanto finora realizzato nelle pre-cedenti analisi.

La ricerca parte da una constata-zione paradossale; i giornali nonsono mai stati letti come ora; tut-tavia l’editoria è in una crisi chenon è passeggera, ma strutturale.Per capire come risolverla bisognaconsiderare questi aspetti:

1) Nonostante il notevole aumen-to dei lettori online, la pubblicitànon aumenta proporzionalmen-te. Anzi, gli incrementi sono pocosignificativi e la migrazione dellapubblicità dalla carta all’online èmolto contenuta: il valore dell’in-vestimento pubblicitario su webmediamente non supera il 10%dei ricavi complessivi dei giornali.

Riportiamo di seguito parti della ricerca dell’osservatorio europeo di giornalismo sulla crisi dei media

GIORNALI E INTERNET: COME USCIRE DALLA CRISI?LA RICERCA DELL’OSSERVATORIO EUROPEO DI GIORNALISMO

a ricerca dell’Osservato-rio europeo di giornali-smo dal titolo “Giornalie Internet: come usciredalla crisi?” terminata amaggio 2009, analizza

quanto accaduto nel corso del2008, gli effetti dell’attuale crisieconomica sullo stato di salute deigiornali e il rapporto di questi ul-timi con le contraddizioni solleva-te dal mercato dell’informazioneonline. In particolare si tende adindividuare i costi associati allastampa e al web verificando qualiipotesi di sviluppo sono possibiliin base ai fondamentali economicilegati all’uno e all’altro modello diproduzione.

Quali sono le tendenze che si stan-no imponendo? Esistono alterna-tive ai modelli ibridi, online-offli-ne, intrapresi dai giornali nati nelmondo della carta? Come possonoessere riorganizzate le strutture re-dazionali per rendere più efficien-te la sostenibilità dell’informazio-ne su web? Quali possono essere ipercorsi per garantire la produzio-ne di un’informazione di qualitàche soddisfi un universo di lettori

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2) Il tentativo di imporre accessi apagamento sembra avere pochepossibilità di successo: i lettori so-no abituati a ottenere gratis leinformazioni e tendono a rifìutarequalsiasi forma di abbonamento omicropagamento. Un cambiamen-to di tendenza potrebbe esserepossibile solo in presenza di unastrategia condivisa dai principaligruppi editoriali. In questa pro-spettiva vanno considerate le mos-se di Rubert Murdoch, che si èdetto intenzionato a estendere laformula a pagamento, oggi attivasul Wall Street Journal, ad altri sitiweb dei giornali di proprietà diNews Corporation. Basterà il trai-no di Murdoch a cambiare le di-namiche? 3) Il modello di business dei gior-nali online soffre la concorrenza diGoogle. Ma se i giornali si privas-sero del traffico generato dai mo-tori di ricerca vedrebbero diminui-re immediatamente il proprio au-dience di oltre il 50%. La criticanei confronti di Google apparequindi strumentale e mira più chealtro a ricercare un compromessoeconomico vantaggioso. 4) I costi di una struttura editoria-le di tipo tradizionale sono assor-biti per un 25%-35% da carta estampa, per un 30%-40% dalla di-stribuzione e per un 15%-25% dalcosto del personale di redazione.In buona sostanza si può afferma-re che un 60% sia rappresentatoda costi industriali, costi, eviden-temente, che si riducono sensibil-mente nel momento in cui si deci-de di passare all’online, in quantoil valore della spesa di infrastruttu-

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ra tecnologica per un’attivitàesclusivamente su web corrispon-de circa a un 10% dei costi com-plessivi, sei volte inferiore a quellodella carta. Tuttavia il modello so-lo online non è economicamentesostenibile, se non in circostanzeeccezionali, e ci vorranno tra i 5 egli 8 anni, secondo una valutazio-ne ottimistica, prima che lo diven-ti. Un periodo di tempo in cuimolte testate saranno costrette achiudere o a ridimensionarsi forte-mente. 5) Gli interventi statali a sostegnodell’editoria servono ad attenuarele difficoltà del settore, ma non so-no sostenibili sul lungo periodo;proprio perché sta cambiando ilmodo in cui il pubblico si infor-ma.

Che cosa fare?

La capacità di sopravvivenza deigruppi editoriali dipenderà dal rit-mo di migrazione dei lettori dallacarta stampata al web. Più è lento,più i giornali avranno tempo diadeguarsi. Gli annunci di mortedei giornali sono pertanto prema-turi, il sistema ibrido online-off li-ne risulterà nel breve periodo ilmodello economico più valido.Tuttavia il volume della pubblicitàsu carta tende ad essere decrescen-te. Da qui la necessità di adottareun nuovo approccio editoriale. L’idea attorno alla quale l’industriadella carta stampata si è coagulataè la convinzione che si possa pre-servare la vecchia forma organizza-tiva, che la logica di un contenutogeneralista sia sostanzialmente va-lida e che sia necessario un sempli-

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ce lifting digitale. Niente di piùsbagliato. Solo pochi grandi grup-pi potranno permettersi di offrireun’informazione generalista diqualità; la grande maggioranza deigiornali dovrà puntare sulla foca-lizzazione ovvero su una serie dielementi informativi che rappre-sentano i punti di forza della testa-ta. A livello locale ciò significa chele testate dovranno diventare iper-locali. La sfida, semmai, sarà quel-la della connettività ovvero pro-porre percorsi di lettura e spuntiche, attraverso link ad altre testate,permettano di accedere alle infor-mazioni più qualificate in rete su-gli argomenti che la testata nontratta o affronta sommariamente.

Con il passare del tempo, il termi-ne stampa è diventato sinonimo digiornalismo, la cui stessa parola èereditata, appunto, dal giornale.Nulla di più anacronistico: il gior-nalismo del futuro sarà multime-diale e fortemente interattivo; maciò richiede un cambiamento dimentalità che i giornalisti tendonoa rifiutare e che nel lungo periodorischia di essere fortemente autole-sionista.

Il web favorirà la moltiplicazionedelle testate, accompagnate, però,da redazioni più snelle e flessibili.Solo così infatti l’informazioneonline può essere economicamen-te sostenibile. Ciò rappresenta unachance per i nuovi siti giornalisticie una sfida per quelle tradizionaliche dovranno risolvere o attenuarele criticità di indebitamento eredi-tate dagli investimenti compiuti in

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passato, come quelli immobiliari ol’ammortamento degli investi-menti nelle rotative full color. Gliasset del passato si sono trasforma-ti rapidamente in passività: la ca-pacità di gestire queste ultime saràmolto importante per determinarele possibilità di adeguamento dellesocietà editoriali esistenti.

La logica di adattamento riguardaanche la pubblicità. Se da un latoemergono seri dubbi sull’affidabi-lità del criterio basato sugli accessiunici, oggi prevalente, dall’altro glieditori sembrano non aver capitole potenzialità di Internet. E se èinnegabile che un modello di busi-ness non è stato ancora trovato, èvero che i tentativi di trovare nuo-ve fonti di reddito sono stati limi-tati o comunque fatti, una voltaancora, seguendo le vecchie logi-che. Perché, ad esempio, non rea-gire alla concorrenza di Googleadottando le sue stesse logiche edunque puntando su forme di ag-gregazione più evolute tra i gior-nali stessi? Il vecchio mondo editoriale erabasato sul concetto di esclusivitàdella testata, quello nuovo invece,proprio per il ruolo dei motori diricerca e i tempi brevissimi di per-manenza sul sito (tre minuti), fa-voriscono la logica opposta: quelladella condivisione dei contenuti edella complementarietà fra le te-state. Ma per coglierle tutti devo-no cambiare approccio: giornali-sti, editori, pubblicitari.

Trasformazione obbligatoriaKen Auletta, giornalista, autore

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dal 1992 della rubrica Annals ofCommunications del New YorkerMagazine e fervente sostenitoredell'unicità dell'online rispetto algiornale tradizionale, ha afferma-to51 che i giornali devono ormaiconvincersi che sono obbligati atrasformarsi. Si deve passare dauna logica di protezionismo dellostatus quo a una logica di cambia-mento che assecondi le nuove mo-dalità di comunicazione interatti-va, dice Auletta. Se tutto questonon avviene i giornali saranno de-stinati a rimanere in una situazio-ne molto problematica.Le attività online del New York Ti-mes generano un profitto del 12%sulle entrate complessive del grup-po. Ora, se si azzerassero i costi didistribuzione e stampa, si potreb-be ottenere un risparmio del 65%dei costi attuali, ma verrebberomeno i guadagni generati dallavendita e l'unica fonte di sostenta-mento si ridurrebbe alla pubbli-cità. Per cui il risparmio del 65%,al netto della mancata vendita inedicola, sarebbe di gran lunga in-feriore e incompatibile con unagestione dell'esistente. La riflessio-ne è sui costi del personale. I gran-di giornali, afferma il giornalistadel New Yorker, spendono milionidi dollari per mantenere propricorrispondenti in alcune aree geo-grafiche, ma il consumatore puòscegliere più cose sul web e po-trebbe non avere necessità diun'informazione come quella of-ferta da un grande giornale. Per legrandi agenzie di stampa, si pensiall'Associated Press, l'investimentoin risorse dislocate in più aree geo-

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grafiche è monetizzato, per il gran-de giornale no.

Il valore del lettoreIl sito del New York Times ha unnumero di 15 milioni di visitatoriunici (dati febbraio 2009) mentrel'edizione quotidiana del giornaleha circa un milione di lettori. No-nostante la differenza numerica illettore del quotidiano ha un valo-re pubblicitario più alto rispetto allettore online. Secondo Hir-schorn,52 in base alle analisi piùcomuni, si è portati a credere cheun prodotto basato su web possagarantire la sopravvivenza di solo il20% di uno staff redazionale comequello del NYT. E la ristruttura-zione conseguente avrebbe un ef-fetto devastante sulla qualità e ti-pologia dei contenuti erogati. Si-gnificherebbe ripensare completa-mente la modalità di produzionedelle notizie. Forzati a trovare unapossibile strategia di profitto sulweb, si dovrebbe ottimizzarel'utilizzo di corrispondenti e invia-ti definendo rapporti diversi so-prattutto con coloro che copronoaree geografiche il cui interesse daparte dei lettori è debole. Blogginge local reporting, in occasione dieventi straordinari, si sino rivelatiuna fonte primaria di informazio-ne. Occorre dunque che questeopportunità vengano gestire inmodo strutturale e non siano im-provvisate.

Salvaguardare il rapporto con ilettori

L'industria dei media ha in gene-

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rale riservato scarsa attenzione aisistemi digitali in quanto il fattu-rato pubblicitario di questi ultiminon ha mai rappresentato un'al-ternativa alla carta stampata (inbase ai dati esposti da Frédéric Fil-loux nel blog MondayNote, pren-dendo come riferimento alcunigiornali nazionali americani, ilrapporto del fatturato medio perlettore è 1 a 5054). La domandacui gli editori hanno cercato e cer-cano di dare risposta è semplice:quando il web potrà generare unlivello di investimento paragona-bile a quello dei giornali? Forsemai. Ma questo non vuol dire chel'online non sia di per sè una for-ma di giornalismo da perseguire.La ricerca di un modello digitale èuna sfida a una esigenza espressadai lettori, i quali evidenziano unaprogressiva tendenza ad accederealle notizie via web.

La domanda da porsi è quindi laseguente: come possono i giornalisalvaguardare la relazione con unafetta di pubblico sempre più con-sistente che vuole accedere al-l'informazione in modo diversodal passato? Molti siti di quotidia-ni non sono esaltanti e nel temposi è creato uno scompenso tecno-logico rispetto all'ecosistema dellarete, si pensi a YouTube, Face-book, tutte le soluzioni che si sonoaffacciate in termini di socialnetworking e, conseguentemente,condivisione delle informazioni. Ilrisultato è che i siti web dei gior-nali appaiono, nel loro complesso,sempre meno attraenti nei con-fronti di potenziali lettori. Una ve-rità, quest'ultima, contenuta nei

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dati raccolti da Alan Mutter55(vedi tabella) da cui si rileva comeil tempo medio trascorso dai visi-tatori su siti di Google, Msnbc eYahoo! sia sei volte superiore altempo trascorso su alcuni impor-tanti siti di giornale.

Previsioni

Per i prossimi anni si prevede chela quota di investimenti pubblici-tari sui giornali americani (online+ offline) possa subire un crollodel 42,5%. Nel rapporto redattoda eMarketer “Newspaper in Cri-sis: Migrating Online” si affermache nel 2008, si sia verificata unaflessione del 16,8% e che il girod’affari complessivo sia stato di37,9 miliardi di dollari, dati in li-nea con quanto affermato dallaNewspaper Association of Ameri-ca.

La contrazione prevista nel 2009 èdel 15,9% per un giro d’affaricomplessivo di 31,9 miliardi didollari e nel 2012 si dovrebbe ri-durre a 28,4 miliardi, una cifra dipoco superiore alla metà dei 49,4miliardi investiti nel 2005, annodi massima espansione del fattura-to pubblicitario.

Significa che ogni anno vengonodrenati miliardi di dollari dall’in-dustria dei giornali, un fenomenoche compromette seriamente la vi-ta di molte testate le quali si trova-no sempre più spesso a decidere ilproprio futuro in termini di dra-stico ridimensionamento e/o pas-saggio all’online.

Il percorso al 2020

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Ci vorranno dai 5 agli 8 anni pri-ma che l’online revenue abbia unvolume sufficiente per rendere so-stenibile il business dell’informa-zione su web, scrive Mark Pottsnel suo Crossing The Chasm.L’affermazione fatta da Potts nelnovembre 2007 è oggi ri-aggior-nata e vede un tempo dilatato cau-sa la concomitante crisi esplosa nelcorso del 2008.

Nel percorso di transizione a unmodello di questo tipo, fondatoprimariamente sulla pubblicitàonline, molti posti di lavoro saran-no cancellati nell’industria deiquotidiani perché si dovrà inevita-bilmente attuare una riduzione deicosti.

Fusioni e acquisizioni diventeran-no sempre più frequenti, la so-pravvivenza di giornali noti e af-fermati sarà messa a rischio e alcu-ni giornali chiuderanno.

L’inversione di tendenza che siprevede possa avere luogo: unacrescita inversamente proporzio-nale che in un decennio potrebbeportare il volume della pubblicitàonline a valori equivalenti a quellidella stampa per poi superarli. Èbene però tenere presente, in me-rito a una ricerca di un modellosostenibile, che i valori non inclu-dono gli 11 miliardi di dollari at-tualmente generati dalla venditadei giornali.

Ergo, la pubblicità online non riu-scirà ancora, e per lungo tempo, acompensare da sola le perdite pro-gressive dei prodotti cartacei. In

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particolare è da rilevare come, afronte di un travaso di investimen-ti dalla carta all’online, nel breve-medio periodo il valore complessi-vo degli investimenti pubblicitarisia destinato a diminuire, quantomeno per i prossimi dieci anni.Solo nel lungo periodo, verso la fi-ne del prossimo decennio, è previ-sta una ripresa globale e una defi-nitiva affermazione dell’online. Lacrisi scoppiata nel corso del 2008sta però esercitando un effetto di-rompente e rimette in discussionei potenziali valori complessivi.

Le prospettive indicate rimangonocomunque abbastanza credibili,quanto meno come evoluzione ditendenza. Nel 2018, affermaPotts, la transizione sarà completa-ta.

Conclusione

In questi dieci anni a venire però igiornali non potranno rimanere inattesa di una auspicabile inversio-ne di tendenza così come descrittada Potts e affidarsi al potere salvi-fico della pubblicità. Le strutturetradizionali dovranno procederenel risolvere o attenuare le criticitàdi indebitamento ereditate dagliinvestimenti compiuti in passato.

Da una parte procedere alla vendi-ta di ingenti patrimoni immobilia-ri, così come procedere alla ricol-locazione del personale in sedi me-no prestigiose, ma più funzionali;dall’altra risolvere questioni anti-che quale quella legata all’ammor-

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tamento dei costi generati dall’in-troduzione di rotative full color,investimento pensato primaria-mente per avere giornali che po-tessero essere più incisivi dal pun-to di vista pubblicitario ma che,alla luce dei risultati di questi ulti-mi anni, non ha prodotto un equi-valente ritorno degli investimenti.

I giornali dovranno quindi agiresu più fronti per recuperare reddi-tività e profittabilità.

Nello stesso tempo dovranno met-tere in atto tutte quelle azioni chepossano consentire di allineare levecchie organizzazioni al nuovomodello informativo come, peresempio, una maggiore integrazio-ne ed equilibrio tra redazioni dellacarta stampata e del web.

La sfida consiste nel sostenere unprocesso di adattamento che dovrànecessariamente garantire una piùefficiente produttività. In questosenso sarà inevitabile procedere aun rinnovamento delle competen-ze giornalistiche tramitel’acquisizione di nuove professio-nalità multimediali così come de-finire un sistema di generazionedell’informazione più flessibilegrazie all’introduzione di una logi-ca di condivisione dei contenuti inrete.

In definitiva il futuro dei giornalisi annuncia ricco di nuove oppor-tunità per tutti coloro che vorran-no e sapranno imporre una radica-le trasformazione delle strutture edelle organizzazioni editoriali chesono state ereditate dal passato.

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IL NON-PROFITUNA SOLUZIONE PER LA CRISI

DEI GIORNALI?

Un articolo sul Washington Post diMichael Kinsley, un noto giornalistae commentatore Usa, ripropone ilpossibile intervento di Fondazioninon-profit per affrontare la crisi deiquotidiani su carta (via Editorswe-blog)

orna sul tappeto l’ ipote-si che l’ intervento diFondazioni nonprofitpossa essere unasoluzione per la crisi deigiornali su carta. Ne par-

la Michael Kinsley, noto giornal-ista e commentatore politico Usa,che qualche giorno fa sul Wash-ington Post ha spiegato le sue val-utazioni su quale tipo di modellosia preferibile.

Kinsley ricorda come molti deigrandi giornali Usa facessero capoa Cgrandi personaggi o famiglie”che li avevano ceduto a gruppi ecatene editoriali i quali, ora, vistoche molti di loro fanno pochi sol-di o ne perdono, stanno meditan-do di disfarsene o di “tagliare”sempre di più. A questo punto, sichiede Kinsley, perché non val-

utare se un loro ritorno nelle manidi altri “grandi personaggi ofamiglie” oppure di istituzioninonprofit possa essere lasoluzione?

“Chi potrebbe meglio assicurarequella combinazione di sicurezzafinanziaria e libertà editoriale dicui i giornali hanno bisogno?” sichiede. Avendo esperienza di en-trambe le situazioni, Kinsley ri-tiene che essere posseduti o dipen-dere da una Fondazione non prof-it sia la strada migliore.

Un problema che potrebbe nascerein relazione all’ ipotesi che i gior-nali possano tornare nelle mani dipersone o famiglie ricche - ragionaKinsley - è il fatto che “i mecenatidi prima facevano soldi coi gior-nali” mentre si sa che in questo mo-mento ciò non accade più. Manonostante questo c’ è ancora genteinteressata a possedere un quotidi-ano. Per motivi come - suggerisce -“la sincera preoccupazione di man-tenere in piedi una importante isti-tuzione, il desiderio di influire sl di-battito pubblico, la convinzione

T

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che un miglior management possaportare dei profitti, un desiderio distatus”, ecc.

Quando Kinsley era direttore diNew Republic, di proprietà diMarty Peretz e famiglia, rimaseimpressionato dall’ indifferenza diPeretz “a quello che gli altri pote-vano pensare”, spiegando che“non c’è nessuna migliore pro-tezione per la libertà di stampa”.

La soluzione migliore, tuttavia, èmolto difficile da realizzare, silamenta: “essere una piccolissimaentità di un grande gruppo che haaltre cose per la testa”. Il riferi-mento è a quando era direttore diSlate. Allora la rivista faceva capo aMicrosoft (mentre ora è della

Washington Post Co) e l’ aziendanon interferiva assolutamente suicontenuti, ma sosteneva adeguata-mente la pubblicazione.

Certo, ciò avveniva anche perchéSlate era "troppo piccola per darefastidio”, ma - aggiunge Kinsley -soprattutto perché, “al di là di as-petti sentimentali, dalle regole delbusiness i vertici dell’ azenda sape-vano che interferendo rischiavanodi distruggere il valore che ave-vano creato con investimenti damilioni di dollari”. (lsdi)

Le valutazioni di Moody’s in uno studio diffuso e analizzato da Edi-tor&Publisher.

C’ è una soluzione immediata per risolvere i problemi del settoreNewspaper: abbandonare il ‘’paper’’ e puntare tutto sulle “news”. Al-meno secondo Moody’s.

Lo segnala Editor & Publisher annunciando uno studio, diffusogiovedì, in cui Moody’s cita, fra l’ altro, una “disfunzione strutturale”visto che i quotidiani spendono il 70% del loro budget in stampa, dis-tribuzione e gestione del personale, mentre solo il 14% va allacreazione dei contenuti (il restante 16% va alla struttura per venditadella pubblicità).

John Puchalla, il vicepresidente di Moody’s che ha firmato il Rappor-to, non si spinge fino a raccomandare di andare verso un modello web-only, ma spiega che un “modello fortemente ibrido”, con prevalenzaonline e una frequenza ridotta del ricorso alla stampa, potrebbe invecefunzionare. (lsdi)

GIORNALI: CONTRO LA CRISI UN MODELLO IBRIDO WEB-STAMPA

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“Sei un ragazzo ingenuo, ma buono, molto buono. Sei untantino egoista, come molti maschi. Ma la tua qualitàmigliore è la bontà. Questo ti spinge ad avere rispetto per

chi è diverso da te. Soltanto i cattivi diventano faziosi, al puntoda odiare chi non la pensa come loro. Cerca di non guastarti nelcrescere”. Questo gli sussurrava Gianna, suo primo amore; eGiampaolo, anche con un certo riconoscente affetto, lo riferiscepresto al lettore: la chiave del mio lavoro è proprio il rispetto perchi la pensa diversamente.

A Pansa piace scrivere, così tanto da non aver fatto altro intutta la vita. Si diceva che gli veniva meglio scrivere ‘contro’: inrealtà, “ho cercato di essere schietto soprattutto con gli eccel-lenti, le star, i big. Anche a costo di passare per irriverente. Delresto, mi sono sempre comportato così: mai da cortigiano, sem-pre da guastafeste. Non è stato difficile, né c’è voluto gran co-raggio. Mi è bastato essere dignitoso. E avere un po’ di fortuna”.

Il libro è un grande elogio e un atto d’amore per la professio-ne del giornalista, e insieme una schietta autobiografia. Ma me-scolata al “percorso controcorrente” che l’A. ha compiuto co-me“dilettante della revisione storiografica”. Se le cronache e leinterviste di Pansa si sono sempre lette d’un fiato, come di gustoquelle del suo lungo “bestiario”, i libri del revisionista storico lohanno portato al successo travolgente. E alle polemiche, soprat-tutto con quella sinistra culturale e politica che tanto lo apprez-zava e ora non gli perdona di aver raccontato, documenti allamano, il rovescio della medaglia ( la Resistenza), per rispetto, ap-punto, di chi la pensava e stava dall’altra parte. E della verità.

Ma qui ci interessa soprattutto il percorso del giornalista,che ha cominciato presto a La Stampa del burbero De Benedet-ti, avendo poi “la fortuna di incontrare tanti maestri”. Al Gior-no Italo Pietra, ancora alla Stampa Alberto Ronchey e Carlo Ca-

GIAMPAOLOPANSA Il re-visionistaRizzoli ed.484 pagine22,00 euro

PIERO OTTO-NE Italiamia Longa-nesi ed. 192 pagine15,00 euro

GIOVANNIRAGONEClassici die-tro le quinteLaterza ed.376 pagine20,00 euro

LIBRIRECENSIONI

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salegno, a La Repubblica Eugenio Scalfari e all’Espresso l’amicoClaudio Rinaldi. Ma anche qui: squarci di vita in redazione, in-vidie e gelosie, ritratti impietosi, come per Giorgio Bocca e Scal-fari. Così come fa scorrere davanti ai nostri occhi i ritratti di queipolitici che scrutava dalle tribune stampa col suo inseparabile ca-nocchiale e descriveva anche nella loro umanità.

E ci piace sottolineare come questo gran mestiere, al di là del-le opzioni cultural-politiche, abbia una partenza davvero esem-plare, soprattutto per i giovani che s’avviano a questa splendidaancorchè dura e rischiosa professione. All’università, Torino -scienze politiche, Pansa ha avuto tre grandi maestri di storia:Luigi Firpo, Alessandro Galante Garrone e Guido Quazza, colquale fece la tesi: “Guerra partigiana tra Genova e il Po”, otto-cento pagine, più duecento di documenti allegati.

Si vuol dire che senza studi solidi e continuità di approfondi-menti non c’è mestiere che tenga. Se è ancora lecito dirlo: il gior-nalista dev’essere un intellettuale, sobrio ma davvero preparato.

Con questo libro, scritto col solito garbo e un po’ più di in-cisività, Piero Ottone tira le somme di una vita da giornalistadietro al pretesto di dirci come son fatti gli italiani. Rientrato inItalia nel ’62, dopo essere stato corrispondente dall’Inghilterra,dalla Germania e dall’Unione Sovietica, ha fatto l’inviato-edito-rialista, ha diretto il Secolo XIX e quindi il Corriere, sul quale haportato gli scritti corsari di Pier Paolo Pasolini, innescando ungran dibattito sul Paese e il costume degli italiani.

Ma qui sono interessanti i rapporti con gli imprenditori-edi-tori: i Crespi, Agnelli e Romiti, Leopoldo Pirelli e Cuccia; e poii Perrone, che avevano a Roma Il Messaggero, oltre il quotidia-no di Genova.

Erano i classici padroni, che del giornale avevano un’ideastrumentale ai loro primari interessi. Eppure, Ottone è nella sto-ria del giornalismo italiano per lo statuto del Corriere che recaappunto il suo nome. “Ogni volta che al Corriere c’è qualcosache non va mi dicono: è colpa dello statuto di Ottone”. Di quelpacchetto di regole che fissano i rapporti tra proprietà e redazio-ne, con un equilibrio di diritti-doveri che tien conto anche de-gli interessi del lettore. Gran novità e di non poco conto, in Ita-lia.

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Un libro che non c’era e del quale si sentiva davvero la man-canza è quello voluto e guidato da Giovanni Ragone, che inse-gna mediologia alla romana Sapienza e ha sempre indagato sul-la editoria nostrana. Come nascono i grandi successi? Da Danteall’Ariosto, da Foscolo a Manzoni, dal dominatore delle classifi-che a cavallo del 1900 Edmondo De Amicis (1886, 18 mila co-pie in 13 giorni fino al milione del 1923, 400 edizioni del Cuo-re ) fino all’autopromozionante principe d’Annunzio. Dal primoeditore Manuzio al grande Treves.

E’ la macchina editoriale nelle sue storiche esperienze che quici viene argutamente e minuziosamente raccontata. E che si leg-ge come un bestsellers. ( Paolo Scandaletti )

“La comunicazione fra incanto e disincanto”, appena pub-blicato da Franco Angeli, è il titolo del nuovo lavoro diAgata Piromallo Gambardella che ancora una volta ci of-

fre originali e fecondi spunti di riflessione, generati da una ri-cerca teorica appassionata e da sempre naturalmente multidisci-plinare sugli esiti e le prospettive implicati nell’evoluzione deiprocessi comunicativi e culturali della società contemporanea.

Il titolo, suggestivo e intrigante: la comunicazione fra incantoe disincanto, termini che evocano immediatamente la cifra del-l’uomo contemporaneo, coevoluto con le conquiste e idis/facimenti della modernità. Incanto frantumato all’incederedel moderno, ne ha raccontato la sociologia classica, Weber pertutti, con il disincanto del mondo prodotto dal dominio dellatecnica e della razionalità. Incanto dispiegato fra le rovine dellamodernità, nell’esplosione comunicativa attuale, in particolarmodo nelle immagini audiovisive che attraverso i media hannovia via pervaso il corpo sociale.

La riflessione di Piromallo risale al valore arcaico, sacro dellaparola per esplorare e interrogarsi sugli sviluppi e le prospettiveche la comunicazione umana ha assunto nel corso della sua evo-luzione fino agli esiti attuali. Riflessione a tutto tondo che uti-lizza differenti approcci e voci e punti di vista, teologico, filoso-fico, sociologico, linguistico, mettendoli “in risonanza” e do-nando così al lettore una visione della complessità sistemica pro-pria della dimensione comunicativa, dal momento che essa coin-

AGATA PIRO-MALLO GAM-BARDELLA

La Comuni-cazione fraincanto e di-sincantoFranco An-geli editore,Milano 2009117 pagine,15,00 euro

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cide con la stessa dimensione dell’umano.“In principio era il Verbo”, la parola che crea del Dio biblico,

il Logos che è Dio stesso quando la parola diventa cosa, mondo,nonché rivelazione diretta di un evento attraverso l’incarnazionedi Cristo. Una parola che dunque incorpora la visione e facen-dosi carne, segna, seguendo Gadamer, il suo destino nella cultu-ra occidentale. Anche l’approccio linguistico evidenzia questaoriginaria coincidenza di Logos e Luce, di ascolto e visione, cheacquista oggi rinnovato slancio nei linguaggi digitali dei nuovimedia, i cui schermi irradiano “l’eloquenza della luce” e lo“splendore della parola”.

I media di massa e le nuove tecnologie che, attraverso i pro-pri apparati, gestiscono i flussi informativi rappresentano la “de-riva naturale” della comunicazione. Il ricorso all’approccio bio-logico di Maturana e Varela alle scienze cognitive torna utile perinscrivere la comunicazione, anche quella mediatica, nel proces-so evolutivo della relazione individuo/ambiente. In termini evo-luzionisti la deriva non è marcata da connotazioni negative oapocalittiche, è una variazione che non ha direzioni preferite,ovvero non c’è un esito favorito rispetto a un altro.

Un tratto peculiare della “deriva mediatica” consiste nel pro-cesso di finzionalizzazione della realtà, e la progressiva virtualiz-zazione del mondo, alla quale le nuove tecnologie danno oggi unimpulso prorompente di attualizzazione. La riflessione di Piro-mallo sul tema della finzione e del virtuale potrebbe essere quisuggestivamente condensata in una pregnante considerazionedel filosofo Peter Sloterdijk: “una volta in posizione eretta,l’uomo vede lo spazio nella volta dell’orizzonte. Ecco il primomondo virtuale. L’orizzonte è la prima trascendenza, la certezzache oltre la savana ci sia ancora qualcosa”.

Piuttosto che di finzionalizzazione, imputabile per Augèprincipalmente al proliferare delle immagini attraverso i media,Piromallo parla piuttosto di iconizzazione, risalendo alla origi-naria funzione dell’icona di collegamento e articolazione fra pia-ni separati, il sacro e il mondano, il visibile e l’invisibile. Nelprocesso di iconizzazione, l’umano diventa ovunque immaginesottoposta all’autocontemplazione: la “deriva fatale” dell’icona èl’idolo, perché alla base non risiede più tanto il desiderio di ve-dere quanto quello di mostrare. I nuovi idoli, che globalizzano

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l’immaginario, attraverso la pervasiva circolazione culturale ope-rata dai media, instaurano tuttavia legami di appartenenza fraindividui culturalmente diversi, creano comunità e operano indirezione di quel reincanto del mondo “nel vuoto delle appa-renze” che per Maffesoli costituisce la cifra della nostra contem-poraneità. Dall’incantesimo del cinema, dispositivo mediaticoche forse più di tutti ha attivato la potenza di seduzione del-l’immagine fino ai new media, tale reincanto è caratterizzato daun’esteticità diffusa e da un’estetica delle emozioni che produceaggregazioni collettive, rafforza la socialità attraverso un condi-viso coinvolgimento emotivo delle persone rispetto agli stessi se-gni, siano essi immagini, suoni, stili di vita e di consumo, mitio idoli.

I new media hanno oggi reso possibile un ulteriore incre-mento di questo processo di smaterializzazione del mondo, peril quale il vissuto quotidiano sociale e individuale si articola nel-l’interrelarsi continuo fra luoghi fisici tradizionali e flussi globa-li.

Giunti a tal punto cruciale di massima esplosione comunica-tiva, mediante i dispositivi tecnologici informatici, uno per tut-ti la Rete, e in pre-visione di ulteriori espansioni, prende corpoun’esigenza più chiaramente etica, oltre che estetica di un “ordi-ne necessario”, un disincanto della regola. Un ordine, una regolache è primariamente una necessità estetica di equilibrio, di ar-monia, di ricerca della forma e contemporaneamente etica nelmomento in cui il conferimento di senso all’esperienza passa na-turalmente dal rapporto con l’altro, dalla cruciale questione del-la libertà individuale, dall’equilibrio, ancora, fra la dimensionesoggettiva e quella oggettiva, fra individuo e collettività. In que-sta direzione risulta estremamente feconda l’adozione del con-cetto di solidarietà di Rorty e l’etica della comunicazione svilup-pata da Apel e fondata sul principio di corresponsabilità, secon-do il quale tutti gli agenti del processo comunicativo, ciascunodi essi, per le proprie competenze e ruolo sociale, risulta respon-sabile e solidale nei confronti della collettività.

Etica ed estetica rappresentano dunque le chiavi di volta at-traverso le quali configurare, entro orizzonti di senso condivisiresponsabilmente e solidalmente dalle comunità di individui, ildestino della comunicazione. E forse solo il disincanto della re-

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gola “può guidare la rotta verso l’oltrepassamento dell’esistente eimpedirne la deriva nella insignificanza, nell’informe, in una pa-rola nell’entropia”, ovvero Logos e Luce per attivare il senso che cifa godere l’incanto del mondo.

(Gabriella Paci)

La passionaccia: si chiama così, senza vezzi né paroloni,il primo libro di Enrico Mentana. Che al solito va drit-to al punto, spiegando il significato di un’opera che ap-

passiona chi l’ha seguito in televisione, e affascina i giovani chesi affacciano al giornalismo, perché parla della voglia di vivereuna professione dura, ma fortunatamente ancora bellissima.

«La passionaccia è una febbre che mi colpì da ragazzo e nonmi ha mai più lasciato. È l’amore per un mestiere totale, che tiassorbe interamente, che ti regala insieme adrenalina e saggezza.Opinabile ma fondato sull’obiettività. Cialtrone e iniziatico altempo stesso. Perché è fatto di fiuto, di istinto, di opportunità,di occasioni, di mestiere, di impegno, di dignità».

È l’incipit del volume, che racconta l’Italia di oggi e quella diqualche ora fa, di Tangentopoli, i sequestri, le guerre.

L’ascesa politica dell’imprenditore Berlusconi, la nascita diuna nuova testata giornalistica che incrina la monarchia dell’in-formazione fino ad allora sovrana, quella della tv di stato. Tuttovisto attraverso i suoi occhi, ricordato dal cuore e dalla memoriadi Enrico Mentana. Che con le vicende del paese ripercorre an-che la sua storia, partendo da un episodio che l’ha cambiata in-esorabilmente, quello della resa dei conti, inevitabile, con la dig-nità di giornalista.

È il momento in cui alza da un tavolo targato Mediaset -un’insolita convocazione dei vertici aziendali all’indomani dellavittoria 2008 di Belusconi - e scrive una lettera notturna a FedeleConfalonieri. A lui, suo testimone di nozze, rivolge un’amara elucida riflessione sulla realtà della televisione di ColognoMonzese, e chiede di poter uscire “in punta di piedi” da quelloche ormai è diventato un comitato elettorale.

È la prima volta che Enrico Mentana rende pubblica la mis-siva, e lo fa per spiegare l’inizio dell’inesorabile declino, nonos-

ENRICO MEN-TANA

La passionac-cia Ed. Rizzo-li,260 pagine18,00 euro

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FRANZ FALAN-GA

A propositodella comuni-cazione. Co-me perderecona ssolutacertezza leelezioni Ar-mando Edito-re,111 pagine12,00 euro

tante le rassicurazioni di allora, di un rapporto durato diciottoanni e conclusosi bruscamente la notte della morte di EluanaEnglaro.

Dinanzi al noto rifiuto dell’azienda di modificare il palinses-to di Canale 5 - dove si trasmetteva il Grande Fratello - Mentanasceglie di onorare la dignità della professione e si dimette da di-rettore editoriale della rete. Poco dopo, Mediaset lo solleva daogni incarico. Ma tra quel momento e l’avvio della sua carrierac’è l’assunzione al Tg1 in quota socialista, il breve passaggio allaseconda rete, la nascita del Tg5, l’intenso e per molti versitravagliato rapporto con l’editore.

Anni vissuti con le notizie più importanti del momento tra lemani, cercando sempre l’onestà, come quando i sequestratori diSoffiantini lo scelsero come mittente di una lettera-appello ac-compagnata da un lembo dell’orecchio destro dell’ostaggio.

Momenti difficili, l’invito al premier - Berlusconi - a non ar-mare l’Italia nella guerra contro Saddam, e abbagli comel’appoggio alla cura oncologica Di Bella.

Tutto con la passionaccia nel cuore, con un inchino al caso,alle coincidenze. E, lo dice lui, alla fortuna.

(Antonella Scutiro)

Francesco "Franz" Falanga ha pubblicato il volume "Aproposito della comunicazione", con il sottotitolo "Co-me perdere con assoluta certezza le elezioni".

La tesi del volumetto è che la comunicazione sia diventatasempre più appannaggio di pochi addetti ai lavori, a fronte dimoltitudini tenute ad arte nella più totale disinformazione. Edun plateale esempio di un uso distorto della comunicazione sa-rebbe osservabile nell'universo politico italiano diviso tra duecontrastanti visioni del mondo. Dove, da una parte i meccani-smi comunicativi sono ben oleati e straordinariamente funzio-nanti, dall'altra sono impegolati in una visione con gli avversaripolitici quanto meno disarmante. “La storia della grande sinistraitaliana - scrive Falanga - e il gran patrimonio storico che moltofortunatamente ancora resta nei cuori e nella cultura della base,non meritano di evaporare lentamente per l'ignoranza, nel cam-po della comunicazione, dimostrata pesantemente dai miei cari

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adorati compagni”. Così secondo l'Autore, docente di Elementidi Architettura e urbanistica all'Accademia di Belle Arti di Ve-nezia, il nocciolo della questione è proprio quello comunicativo:non conoscere gli strumenti di base significa perdere in parten-za. Anche le elezioni.

Questo agile “manualetto minimo sulla comunicazione” cosìcome lo definisce lo stesso Falanga, elenca i mezzi di comunica-zione di base, dà i primi rudimenti, porta alcuni semplici esem-pi: dalla carta stampata all'importanza degli aggettivi, senza tra-lasciare i titoli, le parole, la radio, la televisione e il cinemato-grafo. Completa il volume un simpatico glossario “parole e frasichiave”.

Un libro non destinato ai professionisti del settore ma a tutticoloro che vogliono capire meglio i meccanismi del mondo del-la comunicazione. Giustina Scandaletti

Si può fare televisione di qualità? Come si possono met-tere in luce i chiaroscuri dell’offerta televisiva? Su que-sti temi fornisce un’ampia prospettiva dello stato della tv

italiana “un anno di zapping”, giunto alla sua seconda edizione.Da undici anni è attivo presso il Moige (Movimento Italiano

Genitori) un Osservatorio Media che si occupa di monitorare tv,pubblicità, internet, cinema, a tutela dei diritti e della sensibilitàdei minori. In base alle segnalazioni - che giungono al numeroverde 800.937070, al blog e al sito www.genitori.it - e ai pareridei propri esperti, il Moige inoltra le osservazioni agli organicompetenti e sensibilizza gli stessi responsabili della program-mazione a una maggiore attenzione verso i minori.

L’intento del volume, che contiene le recensioni di 140 pro-grammi, è la valutazione qualitativa delle trasmissioni, sia dalpunto di vista tecnico che da quello delle idee e dei valori veico-lati.

Le schede sono il frutto di un’analisi critica della tv generali-sta redatte da un team di professionisti del settore coordinati daArmando Fumagalli (docente di Semiotica e direttore del «Ma-ster in scrittura e produzione per la fiction e il cinema» pressol’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) e ChiaraToffoletto (story-analyst e coordinatrice didattica dello stesso

MOIGE Mo-vimento Ita-liano Genito-ri, un annodi zapping,Edizioni Magi300 pagine22,00 euro

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master). Il giudizio sui singoli programmi viene espresso, oltre che dal

contenuto della scheda, anche attraverso una valutazione in sim-boli: dal negativo del «trash» (rappresentato da uno, due o tre bi-doncini della spazzatura) all’ottimo espresso dalla conchiglietta(il simbolo del Moige).

Altri simboli - stelle, stop o la tv con il bambino - si riferi-scono ai giudizi sui programmi consigliati, quelli problematici equelli adatti o meno ai minori. In questo senso le valutazionitengono conto anche delle numerose segnalazioni che giungonomensilmente all’Osservatorio Media del Moige direttamente daigenitori.

In uno stile immediato e brioso, in un giusto mix di dati tec-nico-strutturali e analisi del contenuto, questi brevi saggi aiuta-no a scegliere e insegnano a guardare.

(Rosa Maria Serrao)

Espressioni come “un’autentica bugia”, nella lingua ita-liana, sono definite con un nome ben preciso: ossimo-ri, ossia figure retoriche che, giocando sull’accostamen-

to di due termini non solo in forte antitesi tra loro, ma spessoaddirittura incompatibili l’uno con l’altro, creano un originalecontrasto e dunque attirano facilmente l’attenzione del lettore.

“Un’autentica bugia” è anche il titolo del volume in cui Mi-chele Smargiassi, giornalista de la Repubblica, prova a tirare le fi-la del suo pluriennale interesse per i temi legati alla storia e allacultura della fotografia: un interesse che, come precisa il sottoti-tolo, lo ha portato ha indagare la fotografia tanto con riferimen-to a quell’alone di autenticità, di verità, che la foto stessa portacon sé fin dalla sua nascita, quanto in relazione alla congenita ca-pacità di mentire che della fotografia è caratteristica altrettantoinnata e talvolta irrinunciabile. Ma, come, quando e soprattuttoperché una foto dovrebbe mentire? C’è sempre del dolo nel fo-tografo che ritocca la propria immagine? O della colpa nellospettatore che, in una determinata immagine, vede qualcosa cheinvece non dovrebbe vedere? E come porsi nei confronti di fotoscattate in violazione della privacy, di foto “rubate” oppure di fo-to che mostrano impunemente il dolore piuttosto che la soffe-

MICHELE

SMARGIASSI,Un’autenticabugia. La fo-tografia, ilvero, il falsoContrasto,320 pagine19,90 euro

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renza? Esiste una morale per chi scatta una fotografia? O forse,come sosteneva Margzareth Bourke-White, il dovere del foto-grafo (e più ancora del fotoreporter) si riassume nel motto «Pre-cipitarsi a fotografare, scrivere, trasmettere per cablogramma.Registrare adesso, riflettere poi: la Storia giudicherà»? E, ancora,le foto hanno iniziato a mentire solo dopo l’introduzione del di-gitale, o forse il digitale ha solo accelerato e massificato il feno-meno?

Su questo aspetto, in particolare, si concentra gran parte dellavoro di Smargiassi che, attraverso un centinaio di esempi trat-ti da quella che, a tutti gli effetti, può ormai considerarsi una ve-ra e propria “storia della falsificazione fotografica”, smentiscetanto quelli che definisce come nostalgici dell’“immacolata perce-zione” quanto coloro i quali si ergono oggi a apologeti della “ri-voluzione digitale”: a suo avviso, infatti, entrambi sembrano nonricordare che «la fotografia ha sempre “mentito” perché non puòfare altro, perché il processo di trasposizione della realtà inun’immagine bidimensionale glielo impone, perché la sua fab-bricazione richiede una lunga catena di scelte, ognuna delle qua-li modifica la trama e il senso».

Che fare, dunque? Smargiassi sembra non avere dubbi: pos-siamo rinunciare a priori al fatto che la fotografia possa non men-tire, e quindi rassegnarci all’idea che dietro ogni foto c’è unamenzogna, oppure ragionare criticamente, ribaltando i terminidella questione: se è vero, infatti, che la fotografia ha semprementito (e tutt’ora mente), come e perché la società le ha sem-pre creduto e continua a crederle? In questa seconda prospetti-va, il ragionamento si fa ovviamente più accattivante, la rifles-sione più stimolante, e la fotografia stessa ne esce fortemente ri-valutata: non più in bilico tra la dannazione e la santificazione, lafotografia si affaccia infatti nel terzo millennio con una nuovascommessa da vincere: quella di recuperare la propria capacità diessere testimone autentica dell’essere e del divenire. (MaricaSpalletta)

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LIBRI RICEVUTI

Milena Gabanelli Ecofollie Rizzoli Bur ed. 120 pag. e DVD21,00 euro

Massimo Franco Andreotti Mondadori ed. 374 pag. 20,00 eu-ro

Jean-Marie Colombani Un americano a Parigi Sarkozy Rizzo-li ed. 164 pag. 18,00 euro

Lilli Gruber Streghe la riscossa delle donne d’Italia Rizzoli ed.390 pag. 19,50 euro

Maria Latella Come si conquista un Paese I sei mesi in cui Ber-lusconi ha cambiato l’Italia Rizzoli ed. 334 pag. 19,00 euro

Sergio Zavoli La parte in ombra Mondadori ed. 130 pg. 14,00 eu-ro

AA.VV. (e cura di Giuseppe Sicari) Emilio Rossi in memoriaE-graf ed. s.i.p.

Rosanna Roccia (a cura di )Camillo Cavour Epistolario 18613 vol. Leo S. Olschki ed. 1304 pag. sip

Oreste Del Buono Facile da usare (a cura di Guido DavicoBonino) Isbn ed. 124 pag. 10,00 euro

Mirella Serri I profeti disarmati Corbaccio ed. 230 pag. 18,00 eu-ro

Aldo Emanuele Castellani I giorni della mia vita Editing ed.238 pag. 14,00 euro

Franco Di Mare Il cecchino e la bambina Ed. Rizzoli, 260 pag.18,00 euro

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