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Alberi ed arbusti sono vegetali con fusto legnoso e perenne, quindi a differenza di molte piante erbacee non muoiono tutti gli anni, ma tutti gli anni crescono, condizioni ambientali permettendo naturalmente. Un albero è provvisto di un fusto principale, il tronco, molto robusto, mentre l'arbusto ha un fusto ramificato addirittura a livello del suolo: questa è la principale differenza tra i due. Gli arbusti raramente superano i 5 metri di altezza, mentre gli alberi possono arrivare ai 100 metri come la sequoia americana, ad esempio. Un albero, se tagliato raso terra nel periodo di quiescenza (in inverno) molto probabilmente la primavera successiva emetterà nuovi rami dal ceppo tagliato.Per gli arbusti questo è più difficile ed un taglio drastico può significare la morte relativa. Insomma, quanto sopra elencato rappresenta tutta la gamma di differenze tra alberi ed arbusti in quanto riproduzione, cicli vegetativi, fruttificazione, etc. sono pressoché uguali. Aceri (gen. Acer - fam. Aceracee) L'antico nome latino di acero significa anche duro con allusione al legno adoperato per fare lance. Il genere Acer comprende circa 150 specie che vivono prevalentemente in Asia, Europa e nord America. In Italia vegetano spontanee almeno 7 specie distinguibili principalmente per i diversi caratteri delle foglie e dei frutti. Acero campestre (Acer campestre - Aceracee) Detto comunemente anche oppio, il nome specifico deriva dal fatto che è spesso coltivato nei campi, in particolare come albero tutore della vite e nelle formazione di siepi. E' un albero caducifoglie, alto sino a 20 m e non molto longevo (100-150 anni); spesso assume forma arbustiva. E' una specie che preferisce le esposizioni soleggiate e si adatta a vivere anche su terreni argillosi. L'areale di diffusione è vasto e comprende quasi tutta l'Europa centro-meridionale. Il legno trova impiego per la fabbricazione di attrezzi agricoli, calci di fucile e per costrure il fondo, le fasce laterali e i manici dei violini; è ottimo come combustibile. Tronco spesso contorto, può raggiungere in alcuni esemplari anche 1 m di diametro; la chioma è molto ramificata ed espansa; Corteccia grigio-giallastra, si screpola verticalmente; Foglie palmato-lobate, con 3-5 lobi diseguali, rilasciano linfa dal picciolo; colori dal giallo al rosso in autunno; sono più piccole rispetto a quelle degli altri aceri (3-8 cm); sono un buon foraggio per pecore e capre; Fiori ermafroditi verdi riuniti in grappoli eretti; compaiono in aprile- maggio insieme alle foglie; Frutti samare doppie, con ali aperte. Acero riccio (Acer platanoides - Aceracee) Il nome specifico deriva dalla somiglianza della foglia con quella del platano. E' un albero caducifoglie, alto fino a 25-30 m; predilige le vallate e le pianure alluvionali perchè richiede terreni profondi, freschi, fertili e i luoghi ombrosi; sopporta i freddi invernali, le brinate, le gelate tardive. E' utile per la formazione di boschi misti di latifoglie in sostituzione dei castagneti distrutti, consociato col Frassino maggiore, Farnia e Noce nero. Molto simile all'Acero di monte, si può distinguere da questo per la corteccia finemente fessurata longitudinalmente che non si distacca in placche, e per le foglie semplici e caduche ma con incisione dei lobi poco profonde e aperte, verdi sulle due facce e sostenute da un picciolo rossastro emettente lattice quando è staccato. E' presente in tutta l'Europa dai Pirenei agli Urali e al Caucaso, dalla Grecia fino alla Scandinavia. E' spesso piantato lungo le strade e in parchi e giardini. Il legno, pesante e omogeneo, compatto, è meno bianco e meno lucente di quello dell'Acero 1/26

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Alberi ed arbusti sono vegetali con fusto legnoso e perenne, quindi a differenza di molte piante erbacee non muoiono tutti gli anni, ma tutti gli anni crescono, condizioni ambientali permettendo naturalmente. Un albero è provvisto di un fusto principale, il tronco, molto robusto, mentre l'arbusto ha un fusto ramificato addirittura a livello del suolo: questa è la principale differenza tra i due. Gli arbusti raramente superano i 5 metri di altezza, mentre gli alberi possono arrivare ai 100 metri come la sequoia americana, ad esempio. Un albero, se tagliato raso terra nel periodo di quiescenza (in inverno) molto probabilmente la primavera successiva emetterà nuovi rami dal ceppo tagliato.Per gli arbusti questo è più difficile ed un taglio drastico può significare la morte relativa. Insomma, quanto sopra elencato rappresenta tutta la gamma di differenze tra alberi ed arbusti in quanto riproduzione, cicli vegetativi, fruttificazione, etc. sono pressoché uguali.

Aceri (gen. Acer - fam. Aceracee) L'antico nome latino di acero significa anche duro con allusione al legno adoperato per fare lance. Il genere Acer comprende circa 150 specie che vivono prevalentemente in Asia, Europa e nord America. In Italia vegetano spontanee almeno 7 specie distinguibili principalmente per i diversi caratteri delle foglie e dei frutti. Acero campestre (Acer campestre - Aceracee) Detto comunemente anche oppio, il nome specifico deriva dal fatto che è spesso coltivato nei campi, in particolare come albero tutore della vite e nelle formazione di siepi. E' un albero caducifoglie, alto sino a 20 m e non molto longevo (100-150 anni); spesso assume forma arbustiva. E' una specie che preferisce le esposizioni soleggiate e si adatta a vivere anche su terreni argillosi. L'areale di diffusione è vasto e comprende quasi tutta l'Europa centro-meridionale. Il legno trova impiego per la fabbricazione di attrezzi agricoli, calci di fucile e per costrure il fondo, le fasce laterali e i manici dei violini; è ottimo come combustibile. Tronco spesso contorto, può raggiungere in alcuni esemplari anche 1 m di diametro; la chioma è molto ramificata ed espansa; Corteccia grigio-giallastra, si screpola verticalmente; Foglie palmato-lobate, con 3-5 lobi diseguali, rilasciano linfa dal picciolo; colori dal giallo al rosso in autunno; sono più piccole rispetto a quelle degli altri aceri (3-8 cm); sono un buon foraggio per pecore e capre; Fiori ermafroditi verdi riuniti in grappoli eretti; compaiono in aprile-maggio insieme alle foglie; Frutti samare doppie, con ali aperte.

Acero riccio (Acer platanoides - Aceracee) Il nome specifico deriva dalla somiglianza della foglia con quella del platano. E' un albero caducifoglie, alto fino a 25-30 m; predilige le vallate e le pianure alluvionali perchè richiede terreni profondi, freschi, fertili e i luoghi ombrosi; sopporta i freddi invernali, le brinate, le gelate tardive. E' utile per la formazione di boschi misti di latifoglie in sostituzione dei castagneti distrutti, consociato col Frassino maggiore, Farnia e Noce nero. Molto simile all'Acero di monte, si può distinguere da questo per la corteccia finemente fessurata longitudinalmente che non si distacca in placche, e per le foglie semplici e caduche ma con incisione dei lobi poco profonde e aperte, verdi sulle due facce e sostenute da un picciolo rossastro emettente lattice quando è staccato. E' presente in tutta l'Europa dai Pirenei agli Urali e al Caucaso, dalla Grecia fino alla Scandinavia. E' spesso piantato lungo le strade e in parchi e giardini. Il legno, pesante e omogeneo, compatto, è meno bianco e meno lucente di quello dell'Acero

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di monte e quindi è meno pregiato; è impiegato per la fabbricazione di mobili, nell'industria cartaria ed è ottimo come combustibile. Tronco diritto, che può superare 1 m di diametro, con rami eretti che formano una chioma densa e tondeggiante; Corteccia nelle piante adulte più scura e incisa da rughe in superficie; nei tronchi giovani, la corteccia è bruno-grigiatra e finemente fessurata longitudinalmente; Foglie palmate, con un lungo picciolo e 5 lobi, verde chiaro uniforme su ambedue le facce, in autunno si colorano di rosso vivo prima di cadere; la lamina fogliare si differenzia da quella dell'Acero di monte per i lobi finemente appuntiti e le incisioni tra i lobi meno profonde e più arrotondate; Fiori si sviluppano prima delle foglie, poligami, provvisti di stami e pistilli, giallastri, con cinque petali larghi 0,5-1 cm riuniti in infiorescenze a corimbo erette di 4-8 cm di diametro; fioritura da aprile a maggio; Frutti rappresentati da samare doppie ad ala allungata di circa 3-4 cm e disposte in modo da formare fra loro un angolo di circa 180° o appena arcuate; inizialmente pelose, a maturità sono perfettamente lisce e verdognole.

Acero saccarino, Acero argenteo (Acer saccharinum - Aceracee) Originario delle zone orientali del Nord America, fu introdotto in Europa nel 1730 per ornamento di parchi e giardini per il suo rapido accrescimento. Spesso confuso con l'Acero da zucchero a causa dei loro nomi botanici simili, l'Acero argenteo non produce zucchero, che si ottiene invece dall'Acer saccharum (Acero da zucchero) ed è utilizzato per la produzione dello sciroppo d'acero utilizzato come dolcificante. È facile trovare esemplari presso corsi d'acqua e nei luoghi umidi (in America è conosciuto anche con il nome Water Maple ossia "Acero d'acqua" oltre che come Silver Maple "Acero Argentato"). La pianta raggiunge normalmente l'altezza di 20-30 metri, eccezionalmente 35; è un albero particolarmente adattabile, sebbene richieda una maggiore esposizione ai raggi solari rispetto agli altri aceri. In Italia tuttavia la produzione di zucchero dall'Acero è scarsa. E' usata anche come ornamentale in quanto le foglie in autunno assumono un bel colore rossastro. Tronco eretto, con rami incurvati verso l'esterno e ramuli pendenti, chioma largamente globosa (sferica), allargata in alto; Corteccia grigia, liscia; Foglie profondamente lobate, palmate 8-15 cm., con lobi acuti doppiamente seghettati, pagina inferiore tomentosa, di color argento. Pianta monoica a fiori sia unisessuali che ermafroditi appaiono riuniti in infiorescenze a corimbo poco evidenti (5-10 mm di diametro); fiorisce prima della fogliazione in febbraio-marzo; Frutti disamare pendenti, molto divergenti e lungamente peduncolate; ali di 3-5 cm., che si separano a maturità avvenuta (i cosiddetti "elicotterini").

Acero da zucchero (Acer saccharum Marsh - Aceracee) Proviene dal Canada orientale; è sia un albero di legname e la fonte dello sciroppo d'acero, un liquido zuccherino ottenuto bollendo la linfa dell'Acer saccharum e dell'Acer nigrum. È il dolcificante naturale meno calorico (circa 250 calorie per 100g) dopo la melassa; ha un alto

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contenuto di sali minerali. Già verso la fine del 1600, gli esploratori notarono che gli indiani irochesi del Canada conoscevano la lavorazione della linfa d'acero. In origine veniva trattata in modo da ottenerne cristalli che fungevano da surrogato dello zucchero di canna. Solo in seguito si scoprì la possibilità di ricavarne sciroppo. Nel Canadà la linfa viene raccolta all'inizio della primavera (in genere in marzo o aprile) quando l'acero è in stato quiescente, in aree di coltivazione note come sugarbush o sugarwoods. La maggior parte dello sciroppo di acero è prodotto in Canada e nel nord degli USA, dove sussistono le condizioni ideali per la produzione; durante il lungo l'inverno di queste regioni, infatti, gli aceri accumulano amido, che viene trasformato in zuccheri semplici da appositi enzimi durante la primavera, quando la temperatura inizia ad aumentare. Specie che nell’areale di vegetazione spontanea che occupano nella regione Centro Orientale degli Stati Uniti e Canada è indicata come sugar maple, predilige posizioni solatie o di media ombra e i terreni freschi ma non umidi e argillosi, ricchi di sostanza organica, tollera poco i terreni calcarei, resiste al freddo e non tollera il vento. Esistono molte cultivar ed ibridi, varietà con colorazione autunnale particolarmente vistosa, dalla chioma fastigiata (di forma conica, con rami diretti verso l’alto e vicini al tronco), o anche varietà nane, di dimensioni contenute. Il legno, con tonalità bianco pallido con lieve tendenza al rosso bruniccio, viene usato per svariati impieghi come mobili e arredamenti in genere, pavimentazioni, parti di veicoli o macchine, tornerai in genere, giocattoli, forme di scarpe, strumenti musicali e attrezzi sportivi. Portamento eretto, con fusto largo, coperto da corteccia grigia, che con il passare degli anni tende a screpolarsi ed a fessurarsi; le giovani piante hanno chioma ovale, allungata, mentre gli esemplari adulti tendono ad avere una chioma abbastanza tondeggiante, molto densa e ben ramificata; gli esemplari adulti possono raggiungere i 20-25 metri di altezza; Foglia caduca, palmata, caratterizzato dai cinque lobi tipici di molti aceri, con i due lobi vicini al picciolo della foglia più piccoli degli altri; hanno un bel colore verde scuro sulla pagina superiore, prima di cadere, in autunno, assumono una vistosa colorazione nei toni del rosso, dell’arancio e del rosa intenso; la foglia di questo albero è raffigurata sulla bandiera del Canada; All’inizio della primavera, prima che compaiano le foglie, l’acero produce piccoli fiori giallo-verdi; Frutti piccole samare appaiate, dotate di una piccola ala papiracea che permette loro di volare a distanza dalla pianta madre.

Acero di monte (Acer pseudoplatanus - Aceracee) Il nome specifico allude alla somiglianza della foglia con quella del platano. Nella mitologia classica era l'albero del dio della paura, Fobos; questo accostamento era probabilmente dovuto al colore rosso sangue che le foglie prendono in autunno. Per questo motivo il contatto con l'acero era evitato dagli antichi Romani e Greci, i quali gli preferivano il platano, dalle foglie simili. E' un grande albero caducifoglie, alto fino a 30 m, il più longevo tra gli aceri (2-300 anni). Molto simile all'Acero riccio, si può distinguere da questo per i caratteri delle foglie e dei frutti. Il suo areale occupa tutta l'Europa media dai Pirenei al Caucaso. Componente dei boschi misti di latifoglie della collina e della montagna fino ad oltre i 1000 m, si adatta a

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qualsiasi tipo di terreno, escluso quelli argillosi compatti. Mentre a bassa quota predilige le stazioni fresche e ombrose, più in alto preferisce le esposizioni calde e soleggiate. In gioventù sopporta l'ombra, perciò è utile per rinfoltire boschi degradati; isolato, è molto ornamentale perchè forma un'ampia chioma. Il legno è ricercato per la fabbricazione di mobili e rivestimenti di pregio.L'acero di monte è impiegato nelle alberature stradali e nei parchi di città tollerando abbastanza bene l'inquinamento atmosferico. Tronco diritto e ampia chioma ovoidale; Corteccia grigia con sfumature rossastre, prima liscia poi in scaglie o a placche irregolari a maturità; Foglie opposte, palmate, con 5 lobi profondi appuntiti e dentati, cordate alla base, verde scuro sopra, chiaro sopra; si differenzia da quella dell'Acero riccio per la lamina fogliare con incisioni tra i lobi più profonde e per il picciolo molto lungo (5-15 cm); Fiori verdi, in piccoli grappoli che pendono da esili rami; compaiono da aprile a giugno; Frutti disamare con ali lunghe 3-6 cm, riunite in grappoli; samare con ali più chiuse rispetto a quelle dell'Acero riccio.

Acero americano (Acer negundo - Aceracee) L'origine del nome deriva da Nuttel, uno studioso che ha dato il nome a questa nuova specie originaria dell'America del nord (negundo = americano). E' stato coltivato in Europa come ornamentale dal 1690. Detto anche manitoba maple è una pianta ad accrescimento molto veloce, che si adatta bene a vivere sia su terreni calcarei che silicei, poco longeva, resistente alla siccità e alle gelate, predilige le zone esposte al sole o parzialmente ombreggiate; è una pianta abbastanza sensibile alla malattia dell'oidio o mal bianco e ad alcuni lepidotteri defogliatori (Ifantria). Ha funzione di frangivento ed è diffuso nei parchi e nelle alberature stradali. Dalla linfa si può estrarre una sostanza zuccherina detta sciroppo d'acero. Esistono poi le varie cultivar ornamentali tra cui la "Variegatum" a foglie screziate di bianco utilizzato soprattutto nei viali, la "Violaceum" con germogli purpurei o viola e la "Auratum" con foglie giallo vivace. Il legno ha scarsi impieghi per la sua mediocre qualità e si usa per imballaggi, nell'industria cartaria, per fabbricare utensili ed é anche un ottimo combustibile. Tronco eretto, alto sino a 15-20 m, chioma irregolarmente globosa; i giovani rami sono pendenti; gli organi legnosi sono deboli e fragili al vento e alla neve; Corteccia da beige a bruno chiaro, squamata, corrugata (a lamine pieghettate) con l'età; Foglie decidue, imparipennate (15-25 cm), composte da 3 a 7 segmenti lanceolati od ellittici (5-7 x 10-12 cm), irregolarmente dentate; Pianta dioica coi fiori femminili e maschili su alberi distinti, con infiorescenze maschili in corimbi e quelle femminili a grappolo; i singoli fiori sono giallo-verdi e la fioritura in aprile-maggio Frutti disamare di 3-4 cm, munite di ali, divergenti tra loro a formare un angolo acuto, che si separano a maturità in 2 distinti frutti; si moltiplica con estrema facilità seminando le samare in autunno.

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Frassini (gen. Fraxinus - fam. Oleacee) Il nome frassino proviene dal latino "phraxis" che significa siepe, in quanto queste piante venivano usate per formare delle siepi o come piante di confine. Il genere comprende circa 70 specie arboree ed arbustive, per la maggior parte appartenenti alle regioni temperate dell'emisfero boreale. In Italia sono almeno tre le specie, perchè poi ci sono molte varietà. Il Frassino maggiore (Fraxinus excelsior), presente dal piano fino all'area montana, si distingue oltre che per il portamento slanciato e le maggiori dimensioni, per le foglie composte da foglioline più lunghe e prive di picciolo, le gemme nere ed il seme appiattito con ala allungata. L'Orniello (Fraxinus ornus) è invece un piccolo albero, molto diffuso in tutta Italia, dal piano fino all'area collinare. Ha foglie composte da foglioline picciolate, maggiormente ovate; le gemme sono grigie e seme a sezione arrotondata. Sotto il nome di Fraxinus angustifolia, vengono comprese varie entità (F. oxycarpa, F. angustifolia, F. oxyphilla ecc.) che un tempo venivano considerate varietà del Fraxinus excelsior. Molto meno diffuso in Italia, si trova nelle foreste planiziarie, lungo i litorali e soprattutto in Sicilia dove è coltivato nei manneti (piantagione di frassini per la produzione della manna)

Frassino maggiore (Fraxinus excelsior - Oleacee) Così chiamato per distinguerlo dal minore, l'Orniello, è un albero caducifoglie, abbastanza longevo, dal portamento slanciato, alto anche 30 m e con diametro del tronco fino 1 m. E' presente in tutta Europa e in parte dell' Asia minore. In Italia è frequente soprattutto al nord dove vegeta nella zona fitoclimatica del Faggio (< 1500 m) con preferenza su terreni freschi, fertili e profondi. Il legno, molto resistente ed elastico, ha vari impieghi; è molto usato nella fabbricazione di attrezzi sportivi (sci, remi, racchette da tennis, stecche da biliardo etc.). Tronco snello e lineare poco ramificato con chioma ampia e rotondeggiante; Corteccia rimane a lungo piuttosto liscia, poi finemente fessurata, solo dopo una certa età la corteccia diventa rugosa; il colore inizialmente verde olivastro passa col tempo al grigio bruno; Foglie opposte, imparipennate, composte da 5-7 paia di foglioline più allungate rispetto a quelle dell'Orniello; Fiori costituiti da racemi che compaiono in maggio, prima della fogliazione; Frutto samara appiattita, con un'ala lunga 3-4 cm, più allungata rispetto a quella dell'Orniello; i frutti sono in grappoli, di colore prima verde e poi bruno chiaro a maturità.

Orniello (Fraxinus ornus - Oleacee) Originario dell'Europa meridionale, il nome della specie deriva da quello che i latini davano al frassino da manna. L'Orniello o Frassino minore è un piccolo albero caducifoglie, (raramente supera i 10 m). Pianta di media montagna, presente dal piano fino ai 1500 m, molto diffusa, di modesto sviluppo, preferisce le esposizioni più calde, resiste alla siccità e si adatta a terreni superficiali, perciò può essere impiegato per formare boschi misti con Cerro, Roverella, Carpino nero, Castagno a protezione delle pendici aride, soleggiate delle Prealpi. Produce un legno resistente ed elastico, ricercato per lavori artigianali (manici di attrezzi sportivi, pali e cerchi di botte); è anche un ottimo combustibile. Dai rami si estrae una sostanza zuccherina (la manna), usata nei farmaci. In Sicilia si ha la maggior coltivazione di frassini da manna.

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E' un piccolo albero con fusto diritto e chioma arrotondata; Corteccia grigia e liscia fino ad età avanzata; solo nei tronchi più grossi la corteccia si presenta ruvida e screpolata finemente; Foglie imparipennate (10-20 cm di lunghezza), con foglioline più corte e ovali di quelle del Frassino maggiore; Fiori pannocchie dense, odorose. Compaiono dopo le foglie nella primavera avanzata. La fioritura bianca ed intensa fa dell'Orniello un bell'albero da ornamento; Frutti samare alate, meno allungate rispetto al Frassino maggiore e ovate alla base, riunite a grappoli. Olmi (gen. Ulmus - fam. Ulmacee) Il genere "Ulmus" comprende specie arboree delle regioni temperate dell'emisfero boreale. In Italia sono due le specie spontanee: l'Olmo campestre e l'Olmo montano. Una caratteristica tipica degli olmi è la netta asimmetria della foglia alla base. L' Olmo campestre (Ulmus minor), presente in Italia dal piano fino ai 1000 circa nell'area collinare, è coltivato e diffuso fin dall'antichità come albero campestre. Fornisce un legno considerato pregiato di notevole resistenza e durata. Il frutto è una samara lunga 1-2 cm L' Olmo montano (Ulmus glabra) è invece albero dell'ambiente montano, di minore importanza e diffusione rispetto al campestre. Non è facile da distinguere dal precedente, anche se ha foglie un po' più piccole e a picciolo più corto, mentre invece il frutto (la samara) è leggermente più grande (2-2,5 cm). Nell'ultimo secolo sono state introdotte in Italia alcune specie esotiche come l'Olmo ciliato (Ulmus Laevis) e l'Olmo siberiano (Ulmus pumila) nel tentativo di trovare piante resistenti ad una grave malattia (la Grafiosi dell'olmo) che ha colpito gli olmi indigeni. Olmo campestre (Ulmus minor - Ulmacee) Diffuso in tutta l'Europa centro-meridionale e in parte dell'Asia minore e dell'Africa settentrionale, l'Olmo campestre si trova in Italia ormai soprattutto nei filari ai bordi dei campi o nelle alberature stradali. Un tempo molto più frequente, è stato decimato negli ultimi decenni da una grave malattia, la grafiosi. E' un albero caducifoglie, longevo (5 secoli) che può arrivare a 30 m di altezza e a 2-3 m di diametro del tronco. Una caratteristica tipica degli olmi è la netta asimmetria della foglia alla base. Fornisce un legno di bell'aspetto, resistente e di lunga durata, per questo ha molti impieghi. In passato il legno veniva particolarmente ricercato per lavori da carradore (mozzi e raggi di ruote), mentre le foglie costituivano ottimo foraggio per il bestiame. Spontaneo dell'ambiente planiziario, è anche spesso coltivato nelle alberature e nei filari ai bordi dei campi. Presente in Italia dal piano fino ai 1000 circa nell'area collinare, è coltivato e diffuso fin dall'antichità come albero campestre. Fornisce infatti un legno considerato pregiato di notevole resistenza e durata. Chioma ampia e allungata; Corteccia, dapprima liscia, diventa poi screpolata con lunghe e profonde spaccature verticali; Foglie ovate, asimmetriche alla base e appuntite all'estremità, lunghe 6-8 cm , doppiamente seghettate ai margini; Fiori compaiono prima delle foglie, in fascetti di color rosa porpora; Frutto piccola noce alata (samara) larga 1-2 cm.

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Olmo montano (Ulmus glabra - Ulmacee) E' un albero caducifoglie di 25-30 m di altezza, meno longevo rispetto all'Olmo campestre, di minore importanza e diffusione rispetto al campestre. Il suo vasto areale europeo si spinge meno a sud e più a nord rispetto a quello dell'Olmo campestre. In Italia si trova sulle Alpi e sugli Appennini fino all'Italia centrale, sporadico nei boschi montani dell'Italia settentrionale e centrale dagli 800 ai 1500 m d'altitudine, predilige terreni fertili e freschi. Anche l'Olmo montano, come il campestre è stato negli ultimi anni decimato dalla Grafiosi. Il legno è un po' meno pregiato di quello dell'Olmo campestre, ma impiegato per gli stessi usi: in particolare per mobili, liste per pavimenti e per pezzi di macchine soggetti a forte attrito. Non è facile da distinguere dal precedente, anche se ha foglie un po' più piccole e a picciolo più corto, mentre invece il frutto (la samara) è leggermente più grande (2-2,5 cm). Nell'ultimo secolo sono state introdotte in Italia alcune specie esotiche come l'Olmo ciliato (Ulmus Laevis) e l'Olmo siberiano (Ulmus pumila) nel tentativo di trovare piante resistenti ad una grave malattia (la Grafiosi dell'olmo) che ha colpito gli olmi indigeni. Corteccia dapprima liscia e poi screpolata, di colore grigio-bruno; Foglie ovate, appuntite, con margine doppiamente seghettato, leggermente pelose nella pagina inferiore, asimmetriche alla base e con nervature parallele ben evidenti. Somigliano a quelle dell'Olmo campestre, ma sono più grandi (10-15 cm); Fiori in fascetti ascellari, sessili, con calice e corolla ridotti di colore rosso, 5-6 stami ad antere rosse; fioritura a marzo-aprile; Frutto samara ovata, con seme centrale all'ala, leggermente più grande (2-3 cm) di quella dell'Olmo campestre.

Pioppi (gen. Populus - fam. Salicacee) Il nome deriva dal termine con cui i Romani designavano queste piante, "arbor populi", cioè albero del popolo. Il genere Populus comprende una quarantina di specie delle zone temperate dell' emisfero boreale. In Italia vegetano spontanee 4 specie distinguibili principalmente per i diversi caratteri delle foglie. Sono tutti alberi a rapido accrescimento, ma poco longevi che prediligono terreni alluvionali, umidi. Il Pioppo nero (Populus nigra), ha foglie di forma triangolare. Il Pioppo bianco (Populus alba) ha foglie palmato-lobate , di colore verde intenso superiormente e di color bianco e tomentose (pelose) inferiormente. Il Pioppo tremolo (Populus tremula) ha foglie arrotondate a margine dentato. Il Pioppo gatterino (Populus canescens) è un ibrido naturale tra il Pioppo bianco e il Pioppo tremolo. Molti pioppi oggi coltivati in Italia sono poi il prodotto di incroci tra il Pioppo nero d'Europa e vari pioppi nord-americani. Questi pioppi euroamericani, coltivati su larghissima scala in pianura per l'arboricoltura intensiva da legno, si caratterizzano in genere per la maggior dimensione della foglia.Pioppo tremulo (Populus tremula - Salicacee) Questo pioppo è diffuso soprattutto in ambiente collinare e montano sino a 2000 m di quota. Deve il suo nome alla facilità con cui le foglie si muovono alla più debole brezza a causa del picciolo lungo e sottile, E' un albero caducifoglie alto fino a 25 m e con tronco che può arrivare a misurare 1 m di diametro. Ha un vastissimo areale che si estende in Europa e gran parte dell'Asia. E' specie eliofila ma per la sua capacità di adattamento viene impiegato nel rimboschimento di terreni nudi di

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montagna; di veloce accrescimento, predilige terreni freschi, ma si insedia facilmente nelle radure dei boschi adattandosi anche a terreni sciolti. Il legno, tenero, viene utilizzato per imballaggi, fiammiferi e per la produzione di cellulosa nell'industria cartaria. Portamento slanciato con tronco dritto e pochi rami alti; Corteccia liscia, di color grigio-verde, con l'età diventa bruna e fessurata alla base del tronco; Foglie arrotondate, con con margine ondulato o dentato, colore verde brillante sopra e verde chiaro sotto, picciolo lungo e appiattito che determina il loro movimento (da cui il nome tremolo); Fiori maschili e femminili (amenti), crescono su alberi separati (pianta dioica): amenti femminili verdi, lunghi 4 cm diventano lanosi e bianchi quando liberano i semi, amenti maschili dal grigio al viola, diventano gialli con il polline; fiorisce da marzo a maggio, impollinazione e disseminazione ad opera del vento; Frutto capsula che a maturità libera dei piccolissimi semi avvolti da una lanugine bianca che viene trasportata dal vento.

Pioppo nero (Populus nigra - Salicacee) Il nome specifico allude alla corteccia nerastra, differente da quella biancastra del Pioppo bianco. E' un albero caducifoglie che può raggiungere le stesse dimensioni del Pioppo bianco (30 m di altezza e 1 m di diametro del tronco). L'areale dei Pioppo nero è esteso a tutta l'Europa meridionale e viene ovunque largamente coltivato. Questa specie s'incontra di frequente sulle rive dei corsi d'acqua, dove insieme a Salici e Ontani forma boscaglie, su suoli permeabili, profondi, periodicamente inondati. E' esigente per luce e temperatura; piuttosto longevo, raggiunge 300 anni di età. e ha impieghi simili agli altri pioppi; in Italia è utilizzato nelle alberature stradali, in parchi e giardini; predilige terreni freschi, profondi, e sciolti, ma si adatta anche a ghiaioni. Del Pioppo nero è molto diffusa nella pianura Padana la varietà italica conosciuta anche come Pioppo cipressino (Populus nigra var. Italica), il nome richiama la somiglianza del suo portamento a quello del Cipresso; Si tratta di un albero in grado di raggiungere i 40 m e che, a differenza del Pioppo nero, ha portamento colonnare, affusolato e fastigiato (di forma conica, con rami diretti verso l’alto e vicini al tronco), chioma ampia e ovata con rami eretti e molto addossati al tronco. Le foglie e le infiorescenze sono più piccole del Pioppo nero. E' molto utilizzato a scopo ornamentale e frangivento. Il legno, tenero, è di modesta qualità ed è impiegato per tavolame, imballaggi, fiammiferi e per la produzione di carbone vegetale e cellulosa nell'industria cartaria. Corteccia bianco-grigiastra e liscia nei tronchi giovani; con l'età la corteccia diventa bruno-nerastra e fessurata per il lungo; Foglie a lamina triangolare-romboidale, con margine dentato, verde più scuro sulla pagina superiore; Fiori maschili e femminili crescono su alberi diversi (pianta dioica), per cui si hanno piante maschio e piante femmina; ifiori maschili, in amenti rossastri, compaiono in marzo-aprile; Frutto capsula che a maturità libera dei piccolissimi semi avvolti da una lanugine bianca che, trasportata dal vento, favorisce la disseminazione.

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Pioppo bianco (Populus alba - Salicacee) Il nome specifico allude al colore chiaro della corteccia, differente da quella nerastra del Pioppo nero. E' un albero caducifoglie che può superare i 30 m di altezza e il metro di diametro. Specie a rapido accrescimento, come tutti i pioppi, predilige i terreni alluvionali. Il suo areale si estende dall'Europa centro meridionale, all'Asia occidentale e al Nord Africa. Il legno è tenero e trova impiego per la costruzione di imballaggi e nell'industria cartaria per la produzione di cellulosa. Portamento eretto e chioma ampia; Corteccia biancastra e liscia; Foglie verde intenso e lisce nella pagina superiore, grigie e pelose di sotto. Sono ovate, con margine dentato, o palmato-lobate con 5 lobi; Fiori maschili, in amenti prima porporini e poi gialli, compaiono in febbraio-marzo; Frutto capsula che si apre per liberare i semi avvolti da una lanugine bianca.

Ontani (gen. Alnus - fam. Betulacee) Il nome alnus deriva dal celtico "al" e "han" che vuol dire vicino alle acque, con allusione all'habitat di queste piante. Il genere comprende circa 35 specie delle regioni fredde e temperate dell'emisfero boreale. Sono alberi e arbusti decidui di rapido accrescimento, ma poco longevi. Le infiorescenze maschili si formano già nell'autunno dell'anno precedente e si sviluppano nella primavera successiva. Le infruttescenze hanno l'apparenza di uno strobilo di conifera. In Italia le specie indigene sono 4: • Ontano nero (Alnus glutinosa): si riconosce per i caratteri della foglia, arrotondata e

troncata all'estremità e per le infruttescenze provviste di peduncolo. • Ontano bianco (A. incana): con foglie ovali, biancastre nella pagina inferiore e

infruttescenze prive di peduncolo. • Ontano napoletano (A. Cordata): albero alto fino a 25 m, la cui distribuzione è limitata al

piano collinare-montano dell'Appennino campano e calabro-lucano, alla Sardegna settentrionale e alla Corsica.

• Ontano verde (A. viridis): arbusto presente solo sulle Alpi tra 1500 e 2500 m d'altitudine. Ontano nero (Alnus glutinosa - Betulacee) Il nome specifico "glutinosa" allude alla vischiosità delle giovani foglie. E' un albero caducifoglie che raramente supera i 20 m in altezza, poco longevo. E' presente in tutta Europa, parte dell'Asia occidentale e dell'Africa minore. In Italia è frequente lungo i corsi d'acqua, nei terreni inondati e paludosi. Il legno nell'acqua indurisce e diventa resistente per cui trova impiego per palafitte e lavori idraulici. L'Ontano nero è piantato per consolidare pendici umide e franose. Portamento slanciato con chioma rada ed espansa; Corteccia da giovane bruno verdognola, liscia e lucida; con l'età diventa bruna e rugosa, fessurata in scaglie sottili; Foglie lamina ovata arrotondata, troncata o smarginata all'apice, di colore verde scuro di sopra, più chiara di sotto ed hanno margine irregolarmente dentato. Cadono tardivamente senza cambiare colore; Fiori maschili, in amenti di colore giallo, si aprono in febbraio-marzo, prima della comparsa delle foglie, ma sono visibili chiusi, all'apice dei

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rametti, già dall'autunno precedente; Frutto a forma di un piccolo strobilo, provvisto di peduncolo. I colore è prima verde e poi bruno a maturità, quando si apre per liberare i piccoli semi (acheni).

Ontano bianco (Alnus incana - Betulacee) Il nome latino della specie significa canuto, con allusione alla pelosità dei giovani rametti e dei piccioli delle foglie. E' un albero caducifoglie con dimensioni simili a quelle dell'Ontano nero, di rapido accrescimento, ma poco longevo. Ha un areale limitato all'Europa centrale e settentrionale. Predilige i terreni freschi, ma rifugge da quelli dove l'acqua ristagna a lungo. Il legno è simile a quello dell'Ontano nero e trova gli stessi impieghi. L'Ontano bianco è resistente al freddo e viene impiegato per rimboschire e consolidare pendici e ghiaioni franosi. Tronco irregolare e chioma epansa, con portamento simile a quello dell' Ontano nero. Corteccia grigio verde, liscia e lucida; Foglie ovali, terminanti a punta, con margine dentato e venature parallele;Fiori maschili, in amenti penduli, simili a quelli dell'Ontano nero e sviluppantesi, come questi, già dall'autunno precedente; Frutti a forma di strobilo come quelli dell'Ontano nero, ma attaccati direttamente al rametto, senza peduncolo.

Betulle (gen. Betula - fam. Betulacee) Il nome Betulla deriva dal celtico "betu" (= albero). Il genere comprende circa 40 specie di alberi o arbusti caducifoglie delle regioni fredde o temperato-fredde dell'emisfero boreale. In Italia insieme alla specie indigena Betulla bianca (Betula pendula o Betula alba) esiste anche la Betulla pelosa (Betula pubescens), molto meno diffusa della precedente; un tempo ambedue venivano considerate sottospecie dell'unica entità riconosciuta: Betulla bianca (Betula alba). La Betulla dell'Etna (Betula aetnensis) è poi una varietà della Betulla bianca presente solo in Sicilia. Per il colore della corteccia e delle foglie e il portamento leggero ed elegante, le betulle sono spesso coltivate come piante ornamentali e diverse varietà sono state create a questo scopo. Betulla bianca , Betulla verrucosa, Barancio (Betula pendula Roth = Betula verrucosa EhRh - Betulacee) Citata da Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, libro XVI), perché dai suoi rami si ricavano le verghe dei magistrati e per la sua flessibilità si fanno cerchi e coste dei cestini, il nome specifico allude alla caratteristica che hanno i giovani rami di essere penduli. E' una delle poche latifoglie in grado di spingersi fino quasi al limite della vegetazione arborea; albero caducifoglie abbastanza longevo alto fino a 25-30 m, le dimensioni si riducono con la quota, il tronco raggiunge al massimo 70 cm di diametro. Ha un vasto areale centro e nord europeo. Sporadica o a gruppi, amante del sole, frugale, resistente al freddo, si trova in Lombardia in brughiera e sulle Prealpi, ove valorizza terreni ingrati, ciottolosi ed acidi. Può formare boschi puri (betuleti) o, più spesso, si consocia in boschi radi con conifere e latifoglie dell'ambiente alpino (400-2000 m). Il legno viene utilizzato nella costruzione di compensati, sci, giocattoli e altri oggetti, i ramoscelli sono usati per fabbricare scope; dalla corteccia si estrae un olio che trova impiego come medicinale e per la concia delle pelli. La Betulla è coltivata

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nei giardini come specie ornamentale. Fusto diritto e slanciato con chioma leggera e rami penduli; Corteccia sottile, bianco sericea, striata (a strisce lunghe e sottili), tendente a sfaldarsi verso la base in strisce orizzontali papiracee; Foglie di forma romboidale, a punta lunga, lunghe 4-7 cm, doppiamente dentate ai margini; di colore verde chiaro sulla pagina superiore, più pallido inferiormente; in autunno diventano giallo-dorate; Fiori maschili, in amenti penduli lunghi fino a 10 cm, visibili fin dall'autunno precedente; i femminili in amenti più piccoli (2-4 cm) ed eretti, compaiono con le foglie; fiorisce in aprile-maggio; Frutti piccoli acheni alati (samare) riuniti in un'infruttescenza pendula.

Carpini (gen. Carpinus/gen. Ostrya - fam. Corylacee) Il nome Carpino proviene dal celtico "carr"=legno e "pen" testa, cioè legno adatto a far gioghi per buoi. In Italia sotto il nome di carpino vengono identificati specie di due differenti generi appartenenti alla stessa famiglia: il gen. Carpinus e il gen. Ostrya. Il genere Carpinus comprende circa 26 specie dell'emisfero boreale, ma solo due interessano la flora italiana: il Carpino bianco (Carpinus betulus) e la Carpinella (Carpinus orientalis). Quest'ultima, di minore importanza, è un piccolo albero, non più alto di 4-5 m, presente a volte nell'area mediterraneo-collinare dell'Italia Centro-meridionale, del Carso, Maremma e Sicilia. Il genere Ostrya comprende 7-8 specie diffuse nel Nord America, Asia ed Europa. Carpino bianco (Carpinus betulus- Corylacee) In passato, insieme alla Farnia, costituiva le vaste foreste che coprivano la pianura padana e proprio dalla lingua delle popolazioni celtiche che la popolavano pare che derivi il suo nome. E' un albero caducifoglie, alto fino a 20 m, non molto longevo. E' diffuso nell'Europa centro-meridionale e nell'Asia minore. Componente dei boschi cedui misti della zona climatica del Castagno e del Faggio, sopporta l'aduggiamento, sicchè è preziosa per rinfoltire i boschi radi degradati; preferisce terreni sciolti, silicei e si adatta a quelli magri. Ha elevata attitudine pollonifera ed è impiegata come specie di interesse forestale; oggi è comunque molto apprezzata e rivalutata anche come essenza ornamentale e di interesse paesaggistico per la sua rusticità e adattabilità. Il legno è tenace e compatto, è ricercato per torneria nella fabbricazione di manici di martello, birilli, asce, ruote dentate, parti per le meccaniche dei pianoforti ed attrezzi rurali sottoposti a sforzo. Le foglie sono un buon foraggio per gli animali. Portamento diritto con fusto scanalato e chioma ovale, allungata; Corteccia liscia, color grigio cenere a strisce brune, screpolata o incisa verticalmente, simile a quella del Faggio; Foglie ovali e appuntite, a margine doppiamente seghettato come quelle del Carpino nero; le foglie del Carpino bianco diventano di colore giallo carico in autunno, prima di cadere; Fiori unisessuali, quelli maschili, in amenti penduli, compaiono in aprile-maggio assieme alle foglie; Frutti acheni portati a grappoli.

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Carpino nero (Ostrya carpinifolia - Corylacee) Il nome deriva dal latino ed era già usato da Plinio per indicare una specie del carpino. Il Carpino nero è un albero caducifoglie alto fino a 15-20 m, originario dell'Europa sud orientale e dell'Asia minore. Più frugale del Carpino bianco, vegeta bene anche nei terreni calcarei superficiali e viene adoperato sia nelle alberature che nei rimboschimenti essendo una specie non molto esigente in fatto di terreno e che resiste bene agli incendi. Ha un legno rossiccio e duro; si usa come combustibile (legna e carbone) e per torneria Tronco diritto e chioma raccolta un po' allungata; Corteccia marrone-rossastro scuro, prima liscia e poi con spaccature verticali; Foglie ovali e appuntite, a margine doppiamente seghettato e nervature primarie parallele molto evidenti; Fiori unisessuali, quelli maschili, raggruppati in amenti penduli di 2-4, compaiono già in autunno; Frutti acheni portati a grappoli, di colore biancastro o verde. Noccioli (gen. Corylus - fam. Corylacee) Al genere Corylus appartengono piccoli alberi o arbusti dell'emisfero boreale. Sono specie a foglie decidue con fiori maschili e femminili separati, ma sullo stesso albero. Il frutto è una noce. In Italia l'unica specie spontanea è il Nocciolo (Corylus avellana). Altre specie europee che si possono ritrovare nei parchi sono: Corylus colurna (Nocciolo turco) e Corylus maxima. Quest'ultimo in particolare viene coltivato nella varietà "purpurea", a foglie color porpora. Nocciolo (Corylus avellana - Corylacee) Il nome deriva dal greco "koris" (= elmo), con allusione all'involucro foliaceo che ricopre il frutto. E' un piccolo albero (alto al massimo 12-15 m), spesso cespuglio, caducifoglie, poco longevo (60-70 anni). Vive in quasi tutta Europa, in Asia minore e in Algeria. In Italia è frequente in pianura e collina, nei boschetti e nelle siepi campestri. La pianta viene coltivata per i frutti, le nocciole. Il legno è forte ed elastico, ma non dura molto; è usato per pali e cerchi di botte; dai rami inoltre si ottengono anche le bacchette per rabdomanti. Il carbone che si ottiene dal legno, oltre che come combustibile, è impiegato nella preparazione della polvere pirica e dei carboncini da disegno. Portamento quasi sempre cespuglioso, ampio, molto ricco di fusti di varie dimensioni, talvolta ha solo un piccolo tronco; Corteccia liscia, bruno-grigia e brillante, con pori (lenticelle); Foglie arrotondate, con estremità appuntita e margine doppiamente seghettato; sono ruvide e un po' pelose nella pagina inferiore; diventano gialle in autunno prima di cadere; Fiori maschili sono amenti penduli che compaiono già in autunno e si aprono in febbraio-marzo liberando il polline; Frutti acheni (nocciole) in gruppi di 1-4 protetti da un involucro erbaceo dentato, maturano in settembre-ottobre.

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Querce (Quercus - Fagacee) Il nome quercia proviene dal celtico "kaer quer"=bell'albero. Il genere Quercus comprende circa 300 specie che vivono prevalentemente nelle regioni temperate dell'emisfero settentrionale. In Italia vegetano una decina di querce indigene; tra le querce americane importate in Europa la Quercia rossa è la migliore per il suo sviluppo: i giovani alberi crescono con una media di 2,5 m ogni anno. La differenziazione tra le varie specie non è sempre facile, anche per la presenza di numerosissimi individui ibridi. Uno dei sitemi di classificazione delle querce si basa sulla maggior o minore persistenza delle foglie sulla pianta per cui possiamo distingure querce a foglie persistenti (sempreverdi), semipersistenti (cadono tardivamente in inverno) o caduche. Nei boschi dell'area mediterranea troviamo in particolare querce sempreverdi: il Leccio è largamente diffuso in tutta Italia, la Sughera è presente soprattutto in Sardegna, Sicilia e Toscana, la Quercia spinosa nel sud d'Italia La Vallonea e il Fragno sono invece querce a foglie semipersistenti presenti solo in Puglia. Querce a foglia caduca, come la Farnia, la Rovere e l'esotica Quercus rubra sono presenti nell'ambiente planiziario e collinare. Nei boschi collinari troviamo querce a foglie tardivamente caduche come la Roverella, il Cerro e il Farnetto. Leccio (Quercus ilex - Fagacee) Il nome specifico proviene dal nome "ilex"con cui i Romani indicavano il leccio o elce, le cui foglie talora somigliano a quelle dell'Agrifoglio (Ilex aquifolium). Il Leccio è una quercia sempreverde, caratteristica della vegetazione a "macchia mediterranea", diffusa in tutto il bacino mediterraneo. Si adatta facilmente a qualsiasi tipo di terreno; vive in formazioni pure o miste, dal mare fino a 1000 metri nella fascia prealpina (Lago di Garda) e 1500 m nell'Appennino. Dalle rive del mare il leccio, spesso, penetra profondamente nell'entroterra, colonizzando specialmente suoli calcarei e le esposizioni a sud. E' un albero alto fino a 20 metri, con tronco che può raggiungere 1 metro di diametro, anche se più spesso si presenta come piccolo albero o addirittura cespuglio. E' una specie longeva che può arrivare fino a oltre 1000 anni di età. Il suo legno molto duro e pesante, ma difficile da stagionare e da lavorare, veniva usato in passato per lavori di carradore e manici per attrezzi, oggi è ancora apprezzato come combustibile per legna da ardere e da carbone. Chioma densa, a forma ovale o espansa, con fogliame di colore verde cupo; Corteccia, grigia e lucida da giovane, diventa grigio-brunastra poi con l'età, screpolandosi in piccole placche; Foglie di consistenza coriacea, con pagina superiore di colore verde scuro lucente, inferiore verde grigiastra e tomentosa (con peli); sono lunghe 3-7 cm a forma talora allungata oppure ovale, con margini lisci o ondulati o, a volte, dentati; Fiori maschili compaiono in aprile-maggio in forma di amenti penduli; Frutto ghianda lunga 1,5-2 cm, di colore verde chiaro prima e poi bruna in autunno quando giunge a maturità.

Farnia (Quercus robur - Fagacee) Il nome latino "robur" veniva usato con riferimento ad ogni legno duro ed in particolare a quello della quercia. La Farnia è un grande albero caducifoglie. Alta anche più di 40 m e molto longeva (1000 anni), è la più maestosa tra le querce. Vegeta in quasi tutta l'Europa con esclusione delle regioni più mediterranee. In Italia è presente soprattutto su terreni freschi e profondi di pianura. Manca in Sardegna e Sicilia. Il legno è molto ricercato per la sua lunga durata. Viene impiegato per costruzioni navali,

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travature, mobili, doghe per botti, liste per pavimenti (parquets). La Farnia è un bell'albero, maestoso; tra le querce italiane è quella che raggiunge le maggiori dimensioni. Fusto diviso molto presto in rami robusti e contorti che formano un'ampia chioma; Corteccia, grigia e liscia nei rami giovani, diventa poi marrone-scuro, nerastra e fessurata; Foglie lunghe fino a 10 cm, più strette alla base, con 5-7 paia di lobi, di colore verde scuro lucido di sopra, opache di sotto; sono caduche e acquistano colori giallo-rossastri in autunno; Fiori maschili compaiono in aprile-maggio in forma di amenti penduli; Frutto ghianda acuminata, lunga da 1 a 4 cm.

Rovere (Quercus petraea - Fagacee) Il nome specifico indicherebbe il fatto che la pianta ama i luoghi pietrosi ben drenati. E' una quercia caducifoglie che può superare anche i 30 m di altezza e raggiungere i 2 m di diametro. Simile alla Farnia, con la quale è spesso confusa, è un po' meno longeva (3-400 anni). Ha un'areale comprendente gran parte dell'Europa centrale e sudorientale. Produce un legno del tutto simile a quello della Farnia, ma più pesante; si usa per costruzioni edili e navali, travature, mobili, liste per pavimenti, doghe per botti ed è ottimo da ardere e per carbone. Portamento della chioma che somiglia alla Farnia, ma si distingue per il tronco che si ramifica più in alto; i rami nodosi formano una corona ampia, densa e abbastanza regolare; Corteccia con fessurazioni più piccole e meno profonde rispetto a quella della Farnia; Foglie con picciolo più lungo (1,5-3 cm) e lobi più rotondati e meno profondi rispetto alla Farnia; Fiori maschili compaiono in aprile-maggio, ma dopo quelli della Farnia, in forma di amenti penduli, lunghi 3-6 cm; Frutto con ghiande che si differenziano da quelle della Farnia perché più tozze e prive di peduncolo.

Roverella (Quercus pubescens - Fagacee) Il nome indica la minor taglia della pianta rispetto alla Rovere, con la quale a volte viene confusa. E' un albero alto 20 m e che può anche superare i 2 m di diametro; è abbastanza longevo, ma in genere meno della Farnia e della Rovere. L'areale di diffusione si estende sull'Europa meridionale e l'Anatolia. In Italia è molto più diffusa della Rovere e si adatta bene anche a terreni aridi e rocciosi. Il legno è un ottimo combustibile, più pesante di quello della Rovere, tende ad imbarcarsi ed essendo più difficile da lavorare trovava impiego in passato soprattutto per traverse ferroviarie, oggi ancora solo per travature e costruzioni navali. Tronco breve, contorto e ramificato in branche sinuose, ha chioma ampia e piuttosto irregolare; Corteccia grigio-bruna, rugosa a scaglie; Foglie simili, ma più piccole di quelle della Rovere, lisce di sopra e

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tomentose (= pelose) di sotto; come nel Cerro, pur seccandosi ed ingiallendo in autunno, non cadono dal ramo che nella primavera successiva; Pianta monoica a fiori unisessuali, infiorescenze maschili in amenti penduli color verde-giallastro e lunghi 5 cm circa , femminili, solitari o a piccoli gruppi; Frutto più piccolo e la cupola non ha le squame tomentose come il Cerro; la ghianda è più piccola rispetto a quelle della Farnia e della Rovere. Cerro (Quercus cerris - Fagacee) Il nome ha conservato l'origine latina. E' un maestoso albero caducifoglie, che può superare anche i 30 m di altezza e raggiungere 1,5 m di diametro; tra le querce italiane è quella che cresce più rapidamente. E' longevo anche più di 200 anni. Diffuso dal sud-est europeo al sud-ovest dell'Asia, in Italia forma boschi puri o misti nell'area collinare fino a 1200 m di altitudine. Predilige terreni profondi, ma non è particolarmente esigente e non soffre la siccità. Il legno è usato per produrre traverse ferroviarie, doghe per botti, pali ed è anche un ottimo combustibile. Viene usato nei rimboschimenti dell'area mediterranea collinare-montana anche mediante semina diretta, data la buona capacità di germinazione del seme ed il veloce accrescimento della pianta. Tronco diritto e portamento slanciato; Corteccia grigio scura, fessurata abbastanza profondamente; Foglie molto variabili nella forma, ma generalmente hanno 4-9 lobi triangolari e ineguali su ciascun lato; come nella Roverella, sono tardivamente caduche; Pianta monoica a fiori unisessuali riuniti in infiorescenze, maschili raggruppati e penduli di 4-5 cm; femminili più solitari, sull' ascella delle foglie in posizione terminale, fioritura a fine primavera; Frutto ghianda protetta per metà o anche più da una cupola a squame tomentose (= con peli), matura nel secondo anno; è generalmente più grande rispetto a quello delle altre querce (fino a 3 cm di lunghezza).

Quercia rossa (Quercus borealis F.Michx - Fagacee) La quercia rossa è originaria delle regioni orientali del Nord America. Introdotta alla fine dei secolo XVII in Europa, si è diffusa come ornamentale per l'aspetto decorativo della chioma (rossa in autunno) e del portamento. Si dimostra meno esigente delle querce europee ed ha la capacità di adattarsi a terreni argillosi, purché profondi e ben drenati. Questa specie esotica sopporta anche climi freddi, predilige ampi spazi nei quali potersi espandere senza competizione, è molto indicata per formare fustaie di latifoglie in sostituzione dei castagneti distrutti; utilizzata spesso per alberatura di viali dato il rapido accrescimento è stata in tempi recenti impiegata anche in selvicoltura, dando soddisfacenti risultati per il rendimento in legname e la resistenza nei confronti del parassita oidio. Come per le querce indigene è preferibile la semina diretta alla piantagione. Il legno è duro, leggero e resistente; le radici sono solide e profonde, in grado di consolidare anche i terreni più instabili; meno pregiato rispetto a quello delle querce europee, è durevole e facile da lavorare e si utilizza soprattutto per pavimenti, serramenti, paleria e combustibili. Portamento fusto diritto la cui altezza raggiunge i 20-25 m, i giovani

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esemplari presentano una chioma di forma conica che assume aspetto tondeggiante in età adulta; Corteccia liscia e grigiastra nella pianta giovane, per poi scurirsi e fessurarsi parzialmente in senso longitudinale con l'invecchiamento; Foglie caduche, picciolate, lunghe 8-14 cm, a disposizione alterna, con lamina ovale e lobata; i lobi sono generalmente 5-7 con margine dentellato ed appuntito all'apice; la pagina superiore è di colore verde scuro, quella inferiore verde chiaro; in autunno le foglie assumono la tipica colorazione rosso-brunastro; Fiori la pianta è monoica a fiori unisessuali; quelli maschili sono composti da lunghi amenti penduli di colore verde-giallastro; quelli femminili sono formati da piccoli fiori singoli o riuniti a gruppi, in posizione terminale o situati all'ascella delle foglie; la fioritura si ha tra aprile e maggio; Frutti ghiande ovali lunghe 2-3 cm ricoperte da un'ampia cupola con squame appiattite.

Faggi (gen. Fagus - fam. Fagacee) Al genere Fagus appartengono alberi a foglie decidue dell'emisfero boreale. I fiori maschili e femminili in infiorescenze separate, ma presenti sullo stesso albero. I frutti sono acheni racchiusi in una cupola legnosa e spinosa simile al riccio del Castagno. In Italia l'unica specie spontanea è il Faggio (Fagus sylvatica). Un'altra specie diffusa nelle regioni montane dell'Europa orientale (Balcani), Asia minore e Caucaso è il Faggio orientale (Fagus orientalis). Faggio (Fagus sylvatica - Fagacee) E' il principale componente dei boschi montani di latifoglie. E' un albero caducifoglie che può raggiungere i 30 m di altezza e 1,5 m di diametro del tronco; è abbastanza longevo (300 anni). Ha un vasto areale europeo, in Italia si trova sulle Alpi (fino a 1400m) e sugli Appennini (fino a 1800 m) formando boschi puri e misti in stazioni fresche. In Lombardia forma estesi boschi cedui e qualche fustaia sulle Alpi e nell'Appennino Pavese. Predilige un clima umido, temperato, ama l'ombra, vuole terreni fertili, ricchi di humus, profondi, freschi. Il legname è pregiato per il bell'aspetto e la facile lavorabilità: si impiega per mobili, oggetti da tornio, liste per pavimenti, compensati e impiallacciature; è inoltre ottimo come combustibile (legna da ardere e carbone) e per la produzione di cellulosa nell'industria cartaria. Tronco dritto e regolare, con rami ascendenti che formano una chioma ampia; Corteccia grigia e liscia; Foglie ovali a margine ondulato, con venature ben evidenti, verde più scuro nella pagina superiore, più chiare inferiormente; diventano giallo-bruno vivo in autunno; Fiori compaiono in aprile-maggio, quelli maschili, più evidenti dei femminili, sono raggruppati in amenti corti e penduli, all'estremità di un peduncolo lungo 5-6 cm; Frutto formato da una cupola che a maturità si apre liberando 1-2 acheni (faggiole); fruttifica annualmente, ma ogni 4-5 la fruttificazione è particolarmente abbondante e ogni 10-15 ancora maggiore (annate di "pasciona").

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Tigli (gen. Tilia - fam. Tiliacee) Il nome tiglio proviene dal greco "ptilon" che vuol dire ala, con allusione alla grande brattea visibile già nel fiore e che facilita poi, con l'aiuto del vento, la disseminazione del frutto (calcerulo). Il genere comprende numerose specie che sono interfertili per cui è facile trovare ibridi naturali. In Italia sono almeno tre le specie: • Il Tiglio selvatico (Tilia cordata), presente dal piano fino all'area montana, ma soprattutto in

collina. • Il Tiglio nostrale (Tilia platyphyllos), di maggiori dimensioni, si differenzia dal Tiglio

selvatico per la foglia di maggiore dimensione, con nervature più prominenti e leggermente vellutata inferiormente. Il frutto è un po' più grande e con 5 costole sporgenti. Anche i fiori sono leggermente più grandi e più odorosi. E' presente nei boschi freschi di pianura e arriva fino ai 1500 m di altitudine del piano montano.

• Il Tiglio intermedio, (Tilia x vulgaris o Tila intermedia), considerato ibrido dei due precedenti, presenta caratteristiche intermedie ed è altrettanto diffuso in Italia ed in molte regioni d'Europa.

Tiglio selvatico (Tilia cordata Miller - Tiliaceee) Il nome specifico allude alla forma della base fogliare (cordata = cuoriforme). E' un albero caducifoglie alto fino a 25-30 m di altezza e 2 m di diametro del tronco, molto simile al Tiglio nostrale, con il quale è facilmente confuso. Se ne differenzia in particolare per la foglia più piccola, liscia nella pagina inferiore e con nervature poco prominenti. Ha un vasto areale europeo che va dalla Spagna al Caucaso. Bellissima pianta che cresce isolata o a gruppi nei boschi di latifoglie freschi, ombrosi di fondovalle delle Prealpi fino a 1000 m; predilige terreni freschi, profondi, leggeri, calcarei e si adatta a quelli umidi; soffre per i freddi troppo intensi e per la siccità. Il legno del Tiglio, di facile lavorazione, trovava impiego in passato per fabbricare mobili e zoccoli, per lavori da intaglio e tornio. Il carbone è apprezzato per fabbricare la polvere pirica. Tronco dritto e rami robusti che formano una corona densa, ampia e regolare; è una pianta a rapido accrescimento ed il suo tronco può raggiungere ragguardevoli dimensioni; Corteccia liscia e bruna da giovane; nei tronchi più grossi diventa più scura e si sfalda in sottili fessure longitudinali, molto separate l'una dall'altra; Foglie cuoriformi, molto simili a quelle del Tiglio nostrale, ma più piccole (lunghe 4-7 cm); Fiori compaiono in giugno-luglio, sono di colore bianco giallognolo, poco odorosi; Frutto piccola noce (6 mm) con costole meno evidenti rispetto a quelle del Tiglio nostrale.

Tiglio nostrale (Tilia platyphyllos - Tiliaceee) Il nome specifico allude alle foglie più grandi rispetto a quelle degli altri tigli. E' un albero caducifoglie, molto longevo (2-300 anni ed oltre), con fusto diritto e slanciato e chioma ampia. Può raggiungere i 30-35 m d'altezza e 2 m circa di diametro del tronco. E' diffuso nell'Europa centro-meridionale e predilige terreni freschi e ambiente relativamente umido. Viene frequentemente piantato nei parchi e nelle alberature stradali. Il legno è tenero e si presta per lavori da intaglio e tornio. Tronco diritto e forma una chioma densa e ampia con numerosi rami; Corteccia grigia, fessurata verticalmente, ma non screpolata;

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Foglie con margine dentato, verdi sulle due facce e vellutate nella pagina inferiore; le foglie, cuoriformi, sono molto simili a quelle del Tiglio selvatico, ma più grandi (lunghe 10 cm); Fiori compaiono in giugno-luglio. Sono più grandi e profumati rispetto a quelli del Tiglio selvatico; Frutto noce arrotondata, non più grande di 1 cm, con 5 costole sporgenti, matura in ottobre.

Robinie (gen. Robinia - fam. Leguminose) Il nome "Robinia" deriva da Jean Robin, giardiniere di Enrico IV, che nel 1601 introdusse la pianta dall'America nord-orientale a Parigi. Al genere appartengono alberi a foglie decidue originari del nord-America. In Italia la specie più diffusa è la Robinia (Robinia pseudoacacia). Altre specie introdotte a livello sporadico sono: Robinia neomexicana, utilizzata in Italia in alcuni rimboschimenti, e Robinia viscosa, di interesse ornamentale. Robinia (Robinia pseudoacacia - Leguminose) Il significato del nome specifico deriva da "pseudos" (= falso) e Acacia, quindi "Falsa acacia". E' un albero caducifoglie, alto fino a 25 m, originario del Nord America e introdotto in Europa dal 1601. In Italia si è naturalizzata diventando una componente della vegetazione di pianura e collinare, spesso infestante, grazie alla rapida crescita, la capacità di diffondersi facilmente e di adattarsi anche a terreni sassosi e argillosi. Per queste sue caratteristiche e anche per il suo apparato radicale forte, ha spesso trovato impiego in campo forestale per il consolidamento di scarpate franose e terreni sabbiosi. Allevata ad alto fusto è ornamentale, il legno, duro e resistente, è impiegato per paleria e per liste per pavimenti; è inoltre ottimo come combustibile. Portamento eretto con chioma irregolare, aperta; Corteccia grigio-bruna, rugosa e scanalata; i rami sono dotati di spine robuste; Foglie imparipennate, lunghe 15-20 cm, formate da 4-10 paia di foglioline lunghe 3-4 cm; Fiori, bianchi, a grappoli profumati compaiono in maggio-luglio; la ricca fioritura fa della Robinia una specie di interesse non solo ornamentale, infatti i fiori sono molto appetiti dalle api; Frutti baccelli lunghi 5-10 cm.

Platani (gen. Platanus - fam. Platanacee) Il nome del genere deriva dal greco "Platys" (= largo), con riferimento probabilmente alla foglia larga. Al genere Platanus appartengono alberi a foglie decidue, longevi e di grandi dimensioni. In Italia la specie più diffusa è il Platano comune (Platanus acerifolia). In realtà questo viene considerato un ibrido tra il Platano orientale (Platanus orientalis), spontaneo in Italia solo in Sicilia, Calabria e Campania (Cilento) e il Platano occidentale (Platanus occidentalis) introdotto dal Nord America nel XVII secolo. Platano (Platanus acerifolia - Platanacee) Il significato del nome specifico allude alla somiglianza della foglia con quella dell'Acero. E' un albero caducifoglie, alto fino a 30 m, che può raggiungere notevoli dimensioni diametriche. E' un ibrido, ottenuto intorno al 1670 in Inghilterra per incrocio tra il Platano orientale (specie dell'Europa sud-orientale e dell'Asia minore) e il Platano occidentale (del

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Nord America). Diffuso in tutta Europa, in Italia è coltivato frequentemente nelle alberature stradale, nei parchi e giardini e nelle siepi campestri della pianura. Negli ultimi anni questa pianta è stata colpita da una grave malattia, "il cancro colorato del Platano" che ha decimato molte alberature soprattutto nel nord Italia. Il legno è usato nella falegnameria corrente e nell'industria della carta. Tronco diviso in grossi rami frondosi che formano una chioma ampia; Corteccia liscia, sottile, grigio-bruna e si squama mostrando placche chiare; Foglie con lamina palmato-lobata a margini grossolanamente dentati, di color verde brillante nella pagina superiore, più chiare in quella inferiore; somigliano a quelle dell'Acero riccio, ma sono più grandi (lunghe 15-20 cm); Fiori maschili e femminili si sviluppano separatamente, ma sullo stesso albero, formando capolini appesi ad un lungo peduncolo: i fiori maschili sono gialli, i femminili rossastri, fiorisce in aprile-maggio; Frutti numerosi, riuniti in grappoli (capolini) tondeggianti; rimangono sull'albero per tutto l'inverno e si aprono in primavera.

Sambuchi (gen. Sambucus - fam. Caprifoliacee) Al genere Sambucus appartengono piccoli alberi o arbusti a foglie decidue. In Italia la specie più diffusa è il Sambuco nero (Sambucus nigra), alberello non più alto di 10 m. Allo stesso genere appartengono la Sambuchella (Sambucus ebulus), di minor statura, diffuso in tutta Italia fino a 1300 m d'altitudine, e il Sambuco di montagna (Sambucus racemosa), alto 2-3 m, proprio delle Alpi, ma presente anche negli Appennini centro-settentrinali (900-2000 m). Caratteristica distintiva di quest'ultimo rispetto ai due precedenti è il frutto di colore rosso a maturità, anziché nero. Sambuco nero (Sambucus nigra - Caprifoliacee) Il nome che ha conservato l'origine latina, è da attribuire alla "sambuca", strumento musicale che veniva fabbricato con il legno della pianta. E' un piccolo albero caducifoglie, a larga distribuzione euroasiatica. Predilige terreni freschi e si trova spesso nei boschi di ripa, nelle siepi e tra le macerie di vecchie case. Specie poco longeva, è più spesso presente allo stato di arbusto anche se può arrivare ad una altezza massima di 8-10 m. Fornisce un legno biancastro, tenero e di scarsa durata. E' coltivato anche come pianta ornamentale: le foglie sono velenose, ma i frutti sono eduli e utilizzati per le proprietà medicinali. Portamento generalmente arbustivo con molti fusti che formano una chioma bassa e arrotondata; Corteccia grigio-verde da giovane è ornata di lenticelle (pori), invecchiando si screpola e assume un colore più scuro; Foglie composte da 5-7 foglioline ovali a margine finemente dentato; emanano un odore caratteristico e poco piacevole; Fiori bianchi, riuniti in infiorescenze grandi e profumate; la fioritura inizia in aprile e finisce in giugno; Frutti piccole bacche nero-violacee che maturano in agosto-settembre.

Biancospino (Crataegus monogyna Jacq. - Rosaceae) Il nome Crataegus deriva dal greco "krataigos" e veniva impiegato fin dai tempi di Teofrasto (che significa 'divino pensatore'), soprannome del filosofo Tirtamo, il più grande botanico dell'antichità. Il suo areale comprende tutta l'Europa; si incontra spontaneamente lungo le strade,

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nelle siepi, e nei boschi e presenta un portamento arbustivo, raggiungendo di rado le dimensioni di piccolo albero. Molto longevo è adattabile a qualsiasi condizione climatica e di terreno. In genere il Biancospino selvatico si presenta sotto forma di arbusto tipicamente spinoso, provvisto di foglie coriacee, ma può, in alcuni casi, raggiungere anche un'altezza di 8-10 metri e presentarsi come un vero e proprio albero. E' diffuso in tutta Italia tra gli arbusti, nelle radure dei boschi di latifoglie e nelle pinete di Pino silvestre; generalmente tollera molto più l'ombra e predilige terreni argillosi e incolti; si spinge sulle colline fino ad un'altitudine di 1000 m. È coltivato nei parchi e nei giardini come pianta ornamentale. Spesso si trova nelle siepi lungo le strade di campagna. In tempi di carestia i frutti del Biancospino sono stati utilizzati anche dall'uomo: seccati e macinati, venivano mescolati col pane. Sicuramente rientravano nell'alimentazione degli abitanti delle palafitte: ingenti depositi di semi sono stati trovati tra le vestigia degli antichi villaggi lacustri. Ha proprietà medicinale: i fiori contengono i principi ad azione cardiotonica per cui servono ad equilibrare le funzioni cardio-circolatorie, come antispasmodici e sedativi; vanno usati però con estrema cautela. Il Biancospino è ritrovato come pianta benefica nelle tradizioni di molti paesi; i greci lo consideravano l'emblema della speranza. Il legno è color rosso-giallastro, a grana fine, difficile da stagionare e da lavorare, viene impiegato per lavori al tornio; per le ridotte dimensioni è usato al più per piccoli oggetti di uso domestico e come combustibile. Arbusto, talvolta piccolo albero, alto 3 - 10 m, caducifoglio, tronco sinuoso e molto ramoso, chioma irregolarmente globosa, allungata; rami spinosi, lisci, bruno rossastri, più tardi grigi; spine di 1 - 2 cm; Corteccia del fusto da grigio bruna a nerastra, che si desquama a scaglie; Foglie semplici, alterne, con margine a 3 - 7 lobi incisi più o meno profondamente, dentati verso l'apice; nervature incurvate verso l'apice; 2 stili e 2 semi; gemme fogliari arrotondate, giallastre.Le foglie di questa pianta sono generalmente ovoidali o romboidali; sono provviste di picciolo e presentano la pagina superiore color verde chiaro e lucida, mentre quella inferiore è verde-grigiastra, glabra o leggermente pelosa; Fiori ermafroditi dal tenue profumo , di forma regolare, bianchi, in infiorescenze portati da rami corti, numerosissimi (15-20), in corimbi terminali (piccoli ombrelli) eretti ; calice a 5 sepali, corolla a 5 petali bianchi, concavi e rotondeggianti; 20 stami ad antere rosate; uno stilo e ovario infero; fioritura aprile - maggio; Il nettare, prodotto in gran quantità, è raccolto in prevalenza da mosche, coleotteri e imenotteri; gli organi femminili del fiore maturano prima di quelli maschili; impollinazione entomofila; disseminazione ad opera degli uccelli. Frutti falsi perché derivano non dall'accrescimento dell'ovario, ma bensì da quello del ricettacolo fiorale, sono drupe ovoidali, rossi quando diventano maturi, coronati all'apice dai residui del calice; contengono un solo seme osseo; sono insipidi e farinosi ed assai apprezzati dai passeracei, merli, tordi e cornacchie.

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Ciliegio selvatico (Prunus avium - Rosaceae) Diffuso in tempi antichissimi, si pensa che sia originario dell'Asia occidentale ma forse anche dell'Europa centrale e nord occidentale come dimostrano molti resti fossili e archeologici nella regione mediterranea; secondo una tradizione affermata, fu introdotto nel nostro Paese da Lucio Lucullo che ne aveva portato a Roma alcuni esemplari dall'Asia Minore. E' una delle latifoglie nobili dei nostri boschi; albero caducifoglio a rapido accrescimento, con tronco slanciato, a chioma piramidale da giovane, piuttosto rada, poi con l'età più tondeggiante; normalmente in bosco raggiunge i 20–25 m d'altezza. Longevità 100 anni, molto pollonifera. Pianta di pregio per il tronco dritto e senza rami, il legno è di colore bianco rosato, semiduro, lucido ed elastico, suscettibile di buona lavorazione; è pregiato per la fabbricazione di mobili massicci e impiallacciati, per liste da pavimenti; come combustibile ha un elevato potere calorifico. I Prunus avium, come del resto altre specie di ciliegio, incluse le varietà coltivate, dimostrano apprezzabili proprietà salutari: le parti utilizzate per preparare rimedi cosmetici "casalinghi " possono essere i fiori e, soprattutto, i frutti. Corteccia, da giovane rossastra e grigia, liscia in fasce orizzontali con numerose lenticelle (pori) allungate anch'esse orizzontali; con l'età diviene rosso-bruna scura, con grosse lenticelle allungate e appiattite orizzontalmente; Foglie alterne morbide, dentate, color verde lucente, sono dotate di lungo picciolo, hanno forma ovale, superficie liscia, bordo seghettato, di colore verde scuro e glabre sulla pagina superiore, più chiare e inizialmente leggermente pubescenti in quella inferiore; Fiori ermafroditi, lungamente peduncolati, hanno 5 petali, sono rosa o bianchi e fioriscono in primavera prima che compaiono le foglie, impollinazione entomofila, disseminazione da parte degli animali; il ciliegio selvatico ha bisogno, per fruttificare, di polline proveniente da altre piante della stessa specie; Frutto drupa rotondeggiante di piccole dimensioni che contiene un nocciolo, matura un paio di mesi dopo l' impollinazione, è edulo e di colore rosso cupo, molto ricercato dagli uccelli ("avium" significa degli uccelli), ma anche dai mammiferi.

Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia - Rosaceae) Il nome della specie, "aucuparia", deriva dal termine "aucupio", cioè uccellagione, perché i frutti sono usati dai cacciatori come richiamo per gli uccelli che ne sono ghiotti; spesso coltivata come ornamentale in montagna per lo splendido aspetto dei fiori e dei frutti; è diffuso in tutta l'Europa, fino ai 2000 m di altitudine; la sua zona d'origine è l'Asia Minore. E' presente, inselvatichito, nei boschi freschi e luminosi, su terreni calcarei. Albero caducifoglio alto da 10 a 20 m, cresce isolato nei boschi anche in alta montagna, amante del sole, si adatta ai climi più diversi, preferendo però quelli freschi e umidi; utile nei rimboschimenti fin quasi al limite della vegetazione forestale anche per favorire l'insediamento dell'avifauna. E una delle latifoglie che si spingono più in alto. In autunno porta a maturazione dei frutti piccoli e globosi di colore rosso cui gli uccelli sono molti ghiotti. Dalle sorbe dell'aucuparia si ottiene il "sorbitolo", una delle sostanze più usate negli sciroppi f i i i d i di i i il b l i l

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farmaceutici e nei prodotti dietetici per il suo basso contenuto calorico. Il legno, di colore rosso bruno, con alburno più chiaro, è duro e resistente, compatto ed elastico, si impiega per lavori di carradore, per tornio ed intaglio e serve per fabbricare le slitte. Tronco breve con corteccia a fessure longitudinali grigio nerastre, chioma aperta e rada; Foglie pennate, a 9 - 15 foglioline a margine seghettato, sessili e pelose nella parte inferiore, di colore autunnale rosso, inserzione alterna; Fiori con infiorescenze a corimbo, di 15 cm di diametro, bianchi, fioritura a maggio-luglio dal profumo dolciastro; impollinazione entomofila, disseminazione ad opera degli animali; Frutti pomi più o meno sferici, di circa 1 cm di diametro, rossi e lisci, in infruttescenze pendenti derivate dalle infiorescenze.

Gelso Bianco (Morus alba L. - Moraceae) Si è diffuso in Europa dalle zone originarie dell'Asia orientale piú tardi rispetto al gelso nero, intorno al XII secolo, parallelamente al diffondersi dell'allevamento dei baco da seta, che ne utilizzava le foglie come alimento. Coltivato fino a 600-700 metri di quota, il gelso bianco può vivere fino a 150 anni; preferisce terreni profondi, umidi ma senza ristagni idrici; è una pianta eliofila ma resiste abbastanza al freddo e tollera sia siccità sia ambienti marini. È un albero caducifoglie alto fino a 15 - 20 m. Il legno, ad alburno bianco giallognolo e durame giallo bruno, è duro e molto resistente alle alterazioni; si impiega per la costruzione di attrezzi che debbono venire a contatto con dell'acqua (mastelli, secchi, ecc.) e per lavori da carradore, nonchè per piccoli lavori da tornio e intarsio e tornitura. Combustibile buono per legna da ardere. Il frutto è di ottimo valore alimentare, le foglie per anni hanno costituito la fonte di alimentazione per l'allevamento del baco da seta. Il frutto maturo è ricco di zuccheri e vitamine e, se mangiato al mattino, ha un effetto lassativo. Il succo delle more viene anche utilizzato per sciroppi contro il mal di gola e stomatiti. Tronco diritto o sinuoso e irregolarmente ramificato a formare una corona allargata; la chioma assume una forma molto espansa; i rami sono grossi e slanciati; Corteccia grigia verdastra da giovane, poi bruna e fessurata longitudinalmente con la formazione di scaglie irregolari; Foglie caduche lunghe fino a 10 cm, semplici, alterne con picciolo manifestamente scanalato di circa 2 cm e ornato da stipole caduche, a lamina cuoriforme, intera, apice acuto e margine finemente seghettato o dentato; il colore della pagina superiore è verde scuro, mentre la pagina inferiore è più chiara; Pianta monoica coi fiori riuniti in infiorescenze unisessuali che si sviluppano contemporaneamente alle foglie. Gli amenti maschili, di circa 2 cm di lunghezza, sono riuniti in gruppi di 2-4 all'estremità oppure all'ascella delle foglie dei rami dell'anno precedente. A maturità sono penduli e misurano 3-4 cm. I fiori maschili sono sprovvisti dell'involucro e hanno quattro stami. I fiori femminili, visibili sin dall'inizio della primavera, sono corte spighe di 1-2 cm, con caratteristici stigmi piumosi, fioritura aprile - maggio, impollinazione anemofila; Frutti false infruttescenze (come il lampone), detti sorosi o più comunemente more, di circa 2 cm di lunghezza di color bianco-rosato,

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dove i perigoni dei fiori (petali e sepali di aspetto simile) si sono trasformati in strutture carnose che racchiudono i veri frutti rappresentati dagli acheni. Fico (Ficus carica L. - Moraceae) E' una pianta di origini antiche, proveniente dall'area del Medio Oriente da cui si diffuse successivamente in tutto il bacino del Mar Mediterraneo. I fichi erano un frutto molto noto ai popoli dell'antichità, come greci e romani e sono citati anche nel Vecchio Testamento come simbolo di abbondanza. Ai tempi dell'antica Grecia questi frutti erano considerati "degni di nutrire oratori e filosofi". Sappiamo che Platone era ghiottissimo di fichi secchi. Anche il latino Cicerone cita il "ficus carica", spiegando che la parola Carica, trae origine dalla "Caria", provincia orientale di Roma e dalla quale furono importati gli innesti per il fico nostrano. Vive, da 0 a 800 m di altitudine, sulle pendici sassose, calde e solide, nelle fessure delle rupi. L'albero di fico ha spesso un portamento maestoso. Comunemente è coltivato il Ficus carica domestica per i frutti eccellenti, molto dolci e nutrienti. Il legno, di colore bianco giallognolo, senza netta distinzione degli anelli annuali, è tenero, poco consistente, idoneo solo per piccoli lavori; è di modestissimo valore anche come combustibile. Tra le proprietà farmaceutiche quelle diuretiche, digestive, lassative, revulsive, caustiche. Fusto che può raggiungere gli 8 metri di altezza, coperto da una corteccia liscia sottile, di colore grigio cinerea e presenta rami nodosi, contorti, fragili e irregolari a formare una corona rada ed espansa; crescita rapida ma poco longevo; Foglie semplici e alterne, lobate con 3-5 lobi, picciolate, ampie, cordate alla base, ruvide sulla pagina superiore e lanuginose su quella inferiore; Fiori monoici, maschili con 3 - 5 stami con polline arancione, femminili con 1 ovario 1 stilo e 1-2 stigmi; fiori formati da minuscoli acheni all'interno di una struttura carnosa, chiamata ricettacolo, da cui in seguito si sviluppa il frutto (il fico o il fiorone); fioritura da giugno ad estate avanzata, impollinazione anemofila.

Bagolaro (Celtis australis - Ulmaceae) Per alcuni Plinio usò questo nome per indicare una specie di origine africana, per altri il nome deriverebbe dai Celti nei territori in cui l'albero cresceva in abbondanza. Nei dialetti regionali del Nord la parola "bagola" significa anche il "fare chiasso" di sera degli uccelli sui rami oppure il "manico" relativo all'utilizzo del suo legno per manici di fruste. Per l'usanza di forare e infilare i semi dei frutti per ottenere collane o corone da rosario, un altro nome comune del bagolaro, specie in Meridione, è "albero dei rosari". Diffuso in tutta l'Europa mediterranea e, verso est, fino all'Asia Minore, è molto longevo, raggiunge i 500 anni di età. E' un albero caducifoglie alto fino a 18 - 25 m utilizzato lungo i viali come pianta ornamentale per il bel portamento dei rami; si utilizza per rimboschimenti su terreni sassosi dove le radici robuste e molto sviluppate penetrano nelle fessure delle rocce favorendone lo sgretolamento (da ciò il nome volgare, molto usato, di "spaccasassi". Fruttifica dopo i 10 anni e preferisce l'esposizione al sole e alla luce. Resiste molto bene all'inquinamento, alla siccità e al gelo. Il legno, grigio- biancastro, è duro ed elastico e si utilizza per attrezzi e strumenti che devono resistere alle sollecitazioni (ruote, incastri remi stanghe basti e lavori al tornio); impiego speciale trova

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incastri, remi, stanghe, basti e lavori al tornio); impiego speciale trova nella fabbricazione delle fruste in considerazione della sua grande elasticità. Ottimo come combustibile per legna e carbone.Con le foglie si possono fare infusi con proprietà rinfrescanti e lenitive. Tronco dritto; corteccia grigio cinerea che rimane liscia per lungo tempo; Foglie semplici, ovali lanceolate, di 5-15 cm, asimmetriche alla base con apice acuminato e margine seghettato; inserzione alterna; Fiori ermafroditi o poligami, ascellari, solitari o riuniti in piccoli grappoli, con perianzio (insieme di calice e corolla) giallo-verde; fioritura ad aprile- maggio, impollinazione entomofila e anemofila; Frutto drupa sferica od ovale mangereccia, molto apprezzata dagli uccelli, peduncolata, glabra, dapprima bianco giallastra, poi bruna o nerastra a maturità.

Liquidambar, Storace (Liquidambar styraciflua - Hamamelidaceae) Il nome Liquidambar deriva dal latino liquidus e dall'arabo ambar ed è riferito alla resina profumata che sgorga dalla corteccia. L'aggettivo styraciflua significa "albero da cui sgorga lo storace", cioè l'ambra liquida. Albero a foglia caduca di dimensioni medio grandi, originario del Nord America, importato in Europa verso il 1680 come pianta ornamentale e per la produzione legnosa. Pianta longeva, molto rustica, che si adatta a qualsiasi terreno, anche umido e inondato temporaneamente; resiste alle basse temperature sino a -15, -20 C. Nei luoghi d'origine è importante per il legno, simile al mogano, pesante, omogeneo, facile da lavorare e che viene usato per pannelli e mobili. In Europa la specie è diffusa soprattutto come ornamentale, ma recentemente è stata impiegata anche in selvicoltura, come specie a rapido accrescimento. La resina che viene prodotta incidendo la corteccia è detta "balsamo d'ambra" e ha forte odore aromatico. Esistono numerose cultivar a foglie variegate o con colori autunnali molto appariscenti. La corteccia seccata, bollita e quindi spremuta produce una resina oleosa, detta storace, che viene impiegata in applicazione terapeutiche e come fissatore per i profumi. Il legname di queste piante è utilizzato dai cinesi per costruire le cassette destinate a conservare il thè. Fusto eretto, densamente ramificato, con chioma piramidale che diventa arrotondata con il passare degli anni; albero che a maturità può raggiungere i 20-25 m; Corteccia grigio-chiaro, poi fessurata in profondità; Foglie a stella, palmate con 5 -7 lobi acuminati, lunghe 12-15 cm, inserzione alterna, picciolate, lisce e lucide sulla pagina superiore, hanno colore verde scuro e in autunno divengono color porpora o arancione prima di cadere; pianta monoica che in primavera produce fiori femminili giallastri, riuniti in racemi penduli e fiori maschili che formano infiorescenze sferiche disposte a grappoli, di colore bianco-verdastro, poco appariscenti; in estate inoltrata i fiori lasciano il posto ai frutti; Frutti infruttescenze (circa 3 cm), tondeggianti, composte da numerose capsule spinose che si aprono permettendo l'uscita di 1-2 semi alati; sono sospesi a lunghi peduncoli di circa 2-4 cm e ricordano il frutto del platano.

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L'ECOSISTEMA BOSCO E LA SUA FUNZIONE

com'è fatto un bosco ( distribuzione spaziale delle piante, componente animale ) il bosco e la sua capacità di interagire con l'ambiente con il clima ( azione mitigatrice ) con il terreno ( protezione idrogeologica ) con gli altri organismi viventi ( produzione di biomassse e di ossigeno ) la qualità dell'ambiente bosco ( i licheni, per lo studio della qualità dell'aria ) le funzioni del bosco e la loro evoluzione ( produttiva, protettiva, igienico-ricreativa )

CONOSCERE GLI ALBERI

diamo un nome alle piante ( caratteri di riconoscimento delle specie e arbustive più rappresentative dei nostri boschi )

come costruire un erbario ( conoscenze pratiche di base per la realizzazione di un erbario didattico )

l'erbario ( costruzione guidata di un erbario relativo alle specie più rappresentative dei nostri boschi )

L' USO DEGLI ALBERI

l'uso ( possibili impieghi delle piante dei nostri boschi, legna da ardere, legname da lavoro, utensili, ecc.)

il bosco in cucina ( esperienze culinarie della tradizione locale legate al bosco e ai suoi prodotti )

le piante in farmacia ( usi e proprietà medicinali delle piante selvatiche ) le leggende ( leggende e tradizioni culturali legate agli alberi e alla loro utilizzazione )

L'ALBERO, IL BOSCO, IL PAESAGGIO

l'albero ed il paesaggio ( l'albero come elemento del paesaggio urbano, agrario e forestale ) il bosco ed il paesaggio ( le principali formazioni forestali del nostro territorio che

caratterizzano il paesaggio ) i patriarchi dei nostri boschi ( alberi monumentali e storici del territorio )

L' UOMO E L' ALBERO

i comportamenti negativi ( atteggiamenti ed attività ricreative e produttive che possono danneggiare, direttamente o indirettamente, gli alberi e il bosco )

i comportamenti positivi ( atteggiamenti e precauzioni da seguire per il rispetto degli alberi e del bosco )

LA DIFESA DEL BOSCO

i nemici del bosco ( piogge acide, incendi, disboscamenti, ecc. ) che fare? ( comportamenti individuali e collettivi utili alla difesa del bosco )