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Projet BEACHMED Phase A Pagina 159 di 206 4. DEPOSITI SABBIOSI MARINI SULLA PIATTAFORMA CONTINEN- TALE E CONDIZIONI PER IL LORO IMPIEGO 4.1 La ricerca di depositi sabbiosi L’estensione delle piattaforme continentali che caratterizzano le coste del Mediterraneo occidentale pu variare fortemente da 40-60 Km (Costa Ebro-Valencia-Murcie, Golfo di Lyon, Costa Toscana) a 10-30 Km (Costa Brava, Costa del Lazio e della Campania, Costa della Sar- degna Occidentale), a meno di 10 Km (Costa di Gibilterra-Murcia, Costa di Provenza-Liguria, Costa di Calabria-Sicilia e Costa di Sardegna Orientale). Nel contesto delle piattaforme conti- nentali esistenti, occorre determinare la "banda utile" di territorio dove ricercare i sedimenti di sabbia. Infatti, nelle profondit comprese tra 0 e 40 m, non L opportuno effettuare estrazioni, nel- la misura in cui queste zone possono ospitare praterie di Fanerogame (Posidonia Oceanica) e dove sono piø sensibili dal punto di vista ambientale. Le variazioni della morfologia del fondo marino vicino alla costa potrebbero influenzare inoltre il regime del movimento ondulatorio e causare effetti non desiderati. PoichØ il bordo del- le piattaforme si situa generalmente circa a 100 metri di profondit e questa profondit segna attualmente il limite delle capacit d’estrazione delle draghe, la "banda utile" per la ricerca dei depositi sabbiosi possibili si situa tra -40 e -100 m di profondit. La ricerca dei depositi sabbiosi sulla piattaforma continentale richiede una lunga serie di indagini di tipo geofisico e geognostico, con un grado di dettaglio diverso. I dati raccolti grazie a queste campagne d’indagine devono essere correttamente interpretati per concentrare le ricer- che sui settori sempre piø vicini agli eventuali depositi. Le attivit di ricerca condotte dalla Regione Lazio e dallUniversit di Roma hanno per- messo di individuare numerosi siti di estrazione delle sabbie situati allinterno della banda uti- le. In effetti, lestensione dei depositi sabbiosi L ben piø ampia di quella rappresentata nello schema, ma spesso i depositi sabbiosi sono coperti da una coltre di pelite, il cui spessore rende lestrazione non significativa. I siti individuati sono caratterizzati sia da sabbie affioranti sia da depositi ricoperti di una coltre pelitica compresa tra 3-4 metri. Il progetto BEACHMED si propone di definire le metodo- logie comuni di ricerca dei de- positi sabbiosi al fine di rendere la ricerca piø efficace e perveni- re alla loro determinazione e ca- ratterizzazione lungo tutta la co- sta europea del Mediterraneo Occidentale. Le attivit perseguite per la ricerca delle cave marine sulla piattaforma continentale della Regione Lazio, sono descritte in modo dettagliato nellANNESSO III Individuazione e Carat- terizzazione dei Depositi Sabbiosi presenti sulla Piattaforma Continentale del Lazio e Va- lutazione della loro Coltivazione per i Ripascimenti dei Litorali in Erosione edito dallUniversit di Roma « La Sapienza » Dipartimento Scienze della Terra, consultabile sulla versione web del presente rapporto al sito www.beachmed.it .

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4. DEPOSITI SABBIOSI MARINI SULLA PIATTAFORMA CONTINEN-TALE E CONDIZIONI PER IL LORO IMPIEGO

4.1 La ricerca di depositi sabbiosi

L'estensione delle piattaforme continentali che caratterizzano le coste del Mediterraneo occidentale può variare fortemente da 40-60 Km (Costa Ebro-Valencia-Murcie, Golfo di Lyon, Costa Toscana) a 10-30 Km (Costa Brava, Costa del Lazio e della Campania, Costa della Sar-degna Occidentale), a meno di 10 Km (Costa di Gibilterra-Murcia, Costa di Provenza-Liguria, Costa di Calabria-Sicilia e Costa di Sardegna Orientale). Nel contesto delle piattaforme conti-nentali esistenti, occorre determinare la "banda utile" di territorio dove ricercare i sedimenti di sabbia.

Infatti, nelle profondità comprese tra 0 e 40 m, non è opportuno effettuare estrazioni, nel-la misura in cui queste zone possono ospitare praterie di Fanerogame (Posidonia Oceanica) e dove sono più sensibili dal punto di vista ambientale.

Le variazioni della morfologia del fondo marino vicino alla costa potrebbero influenzare inoltre il regime del movimento ondulatorio e causare effetti non desiderati. Poiché il bordo del-le piattaforme si situa generalmente circa a 100 metri di profondità e questa profondità segna attualmente il limite delle capacità d'estrazione delle draghe, la "banda utile" per la ricerca dei depositi sabbiosi possibili si situa tra -40 e -100 m di profondità.

La ricerca dei depositi sabbiosi sulla piattaforma continentale richiede una lunga serie di indagini di tipo geofisico e geognostico, con un grado di dettaglio diverso. I dati raccolti grazie a queste campagne d'indagine devono essere correttamente interpretati per concentrare le ricer-che sui settori sempre più vicini agli eventuali depositi.

Le attività di ricerca condotte dalla Regione Lazio e dall�Università di Roma hanno per-messo di individuare numerosi siti di estrazione delle sabbie situati all�interno della �banda uti-le�. In effetti, l�estensione dei depositi sabbiosi è ben più ampia di quella rappresentata nello schema, ma spesso i depositi sabbiosi sono coperti da una coltre di pelite, il cui spessore rende l�estrazione non significativa. I siti individuati sono caratterizzati sia da sabbie affioranti sia da depositi ricoperti di una coltre pelitica compresa tra 3-4 metri.

Il progetto BEACHMED si propone di definire le metodo-logie comuni di ricerca dei de-positi sabbiosi al fine di rendere la ricerca più efficace e perveni-re alla loro determinazione e ca-ratterizzazione lungo tutta la co-sta europea del Mediterraneo Occidentale.

Le attività perseguite per la ricerca delle cave marine sulla piattaforma continentale della

Regione Lazio, sono descritte in modo dettagliato nell�ANNESSO III Individuazione e Carat-terizzazione dei Depositi Sabbiosi presenti sulla Piattaforma Continentale del Lazio e Va-lutazione della loro Coltivazione per i Ripascimenti dei Litorali in Erosione edito dall�Università di Roma « La Sapienza » Dipartimento Scienze della Terra, consultabile sulla versione web del presente rapporto al sito www.beachmed.it .

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4.2 Le risorse di depositi sabbiosi della piattaforma continentale del Mediterra-neo Occidentale

4.2.1 La Regione Lazio Da un punto di vista morfologico, la piattaforma laziale si presenta più stretta ed acclive

rispetto alla media delle piattaforme italiane (Savelli e Wezel, 1980), sebbene essa sia una delle piattaforme maggiormente sviluppate dell�intero margine tirrenico (Marani et al., 1986). L�ampiezza è variabile: è più limitata nel settore centrale, tra Capo Linaro e Capo Circeo (20km), ed è più estesa (30-40km) nei settori settentrionale (tra l�Argentario e Capo Linaro) e meridionale (tra Capo Circeo e Gaeta). La sua pendenza media è di poco inferiore a 0.5° mentre il margine, ove inizia la scarpata continentale, è ben definito e si trova ad una profondità varia-

bile tra i 120m e i 150m (Chiocci e La Monica, 1996; 1999).

Questo tratto di piattaforma vie-ne oggi definita come un margine conti-nentale passivo molto giovane, essen-zialmente di età pliocenica e quaternaria (ultimi 5 milioni di anni), dominato da una sedimentazione detritica e caratteriz-zata da una modesta escursione di marea (Bartole, 1990; Chiocci, 1989; Chiocci e La Monica, 1999).

Essa è ubicata immediatamente a nord del limite tra il dominio del Tirreno

settentrionale (con caratteristiche tipiche di un margine continentale) e quello del Tirreno meri-dionale (interpretato come bacino in via di oceanizzazione), entrambi legati alla generale disten-sione post-orogenica che ha interessato tutto il margine occidentale della penisola italiana (Chiocci e La Monica, 1996, Trincardi e Zitellini, 1987; Zitellini et al. 1986).

Indagini sismiche condotte nel tratto di piattaforma compreso tra Civitavecchia e Capo Circeo hanno evidenziato come le strutture tettoniche ivi presenti siano riconducibili a due epi-sodi differenti, legati da un lato all�apertura del bacino tirrenico (alto Miocene-basso Pliocene) e dall�altro a movimenti trasgressivi di età pleistocenica (Marani e Zitellini, 1986).

Per la costruzione del margine continentale sono state riconosciute condizioni eustatiche diverse dall�attuale, come è testimoniato dalle differenze riscontrate tra le unità sismiche che co-stituiscono il margine e i depositi olocenici (Marani et al., 1986; Chiocci et al., 1997) e dai line-amenti morfosedimentari (incisioni sulla piattaforma; spiagge e costruzioni carbonatiche nella piattaforma media ed esterna; incisioni lungo la scarpata superiore) non compatibili con l�attuale posizione del mare.

Le attuali caratteristiche dei fondali marini (almeno fino all�isobata dei 120m) sono, in-fatti, il risultato dell�azione di due fattori diversi: l�apporto di sedimenti della terraferma e le va-riazioni glacioeustatiche pleistoceniche (ultimi 2.000.000 anni), in particolare quelle relative all�ultima risalita del livello del mare (20.000-8000 anni fa) (La Monica e Raffi, 1996).

I depositi del Pleistocene medio-superiore che costituiscono il margine laziale si sono formati durante un periodo di abbassamento del livello del mare o lowstand (Marani et al., 1986; Chiocci et al., 1997). La sedimentazione olocenica di alto stazionamento (highstand) è, invece, principalmente collegata a sorgenti di materiale detritico che hanno favorito la progra-dazione dei settori costieri antistanti, i quali hanno ricevuto un consistente apporto di sedimenti. La sedimentazione è sempre ristretta alle spiagge o alla porzione di piattaforma interna o media antistante la sorgente di materiale detritico (Chiocci et al., 1997).

Le indagini sismiche condotte lungo il margine tirrenico laziale (Chiocci, 1991; Chiocci e La Monica, 1996; 1999) hanno permesso di riconoscere come la piattaforma sia costituita, dal basso verso l�alto, da un basamento acustico su cui poggia una potente serie clinostratificata

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troncata al tetto da una superficie d�erosione subaerea; la successione termina con la sequenza deposizionale post-glaciale.

Il basamento acustico è stato correlato da Bartole (1984; 1990) alle unità geologiche dell�Appennino e, in particolare, procedendo da nord a sud:

- ai depositi di Falda Toscana di età triassico-cretacica, che affiorano all�Isola di Giannutri e ad Ansedonia;

- ai depositi flyschiodi liguridi di età cretacico-paleocenica (probabilmente Pietrafor-te) che costituiscono il Promontorio di Capo Linaro;

- al substrato carbonatico di età meso-cenozoica, presente in affioramento tra Sper-longa e Gaeta.

Nel tratto che va dal Fiume Tevere a Capo Circeo l�unità più profonda è stata attribuita da Marani et al. (1986) a una formazione sedimentaria stratificata e tettonizzata di età mio-pliocenica.

La serie clinostratificata di età pleistocenica (da 2.000.000 a 20.000 anni fa) presenta una stratificazione che evidenzia l�assetto progradante e la pendenza del fondo marino sui cui si depositavano i sedimenti. L�inclinazione degli strati, maggiore verso largo, indica una deposi-zione in ambiente di scarpata continentale (Marani et al., 1986). All�interno della serie clinostra-tificata sono presenti superfici di discordanza angolare e terrazzi deposizionali, che testimoniano l�emersione della piattaforma nel Pleistocene durante le fasi di basso stazionamento eustatico.

La serie termina con una superficie d�erosione generata dall�emersione della piattaforma avvenuta durante la glaciazione würmiana (20.000-18.000 anni fa), quando il livello del mare era di circa 120m più basso dell�attuale in seguito all�immobilizzazione di grandi masse d�acqua nelle calotte polari e nei ghiacciai continentali (Chappel e Shakleton, 1986; Williams, 1988). 11 unità ben riconoscibile sui profili sismici perché completamente sorda alla prospezione.

15 La superficie d�erosione, caratterizzata sismicamente da un forte coefficiente di ri-flessione e da una netta discordanza angolare con i depositi sottostanti, è localmente interessata dalla presenza di paleoalvei associati o meno alla presenza di corsi d�acqua tuttora attivi (tratto Ansedonia-Civitavecchia) o attivi solo nel passato (tratto Capo Circeo-Gaeta) (Chiocci e La Monica, 1996; 1999).

La trasgressione versiliana, che corrisponde all�innalzamento del livello del mare che ha avuto luogo a partire da circa 18.000 anni fa, pur essendo stata prevalentemente di tipo non de-posizionale, ha lasciato, in alcune aree, depositi trasgressivi che sono ciò che rimane dei sedi-menti costieri che si andavano formando durante la risalita del mare. Tali depositi sono caratte-rizzati da una base piatta e un tetto ondulato, causato dalla rielaborazione subita in seguito al passaggio della linea di riva.

Circa 8.000-6.000 anni fa ha, infine, avuto inizio la stabilizzazione del livello del mare su quote prossime all�attuale; sulla piattaforma continentale è iniziata così la deposizione dei

sedimenti olocenici, che in piattaforma esterna sono costituiti prevalentemente da peliti drap-peggianti le morfologie sottostanti.

Da segnalare, infine, la presenza, al largo della costa meridionale del Lazio (golfo di Gaeta), dell�arcipelago pontino. Esso è co-stituito dalle isole di Ponza, Palmarola e Zan-none a ovest e da quelle di Ventotene e Santo Stefano a est e dà luogo a una catena allungata per circa 30km in direzione NO-SE.

L�evoluzione dell�arcipelago è connes-so sia con i processi tettonici distensivi post-orogenici che all�ispessimento crostale associa-to all�apertura del Mar Tirreno (Bartole, 1984).

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Ad eccezione delle unità sedimentarie del Mesozoico e Cenozoico e delle metamorfiti affioranti in limitati settori dell�isola di Zannone, tutte le isole sono interamente vulcaniche e principal-mente di età pleistocenica (Report TI.VOL.I. CRUISE, 1998).

4.2.2 La Regione Toscana Vengono brevemente descritti i criteri di impostazione e le metodologie adottate per il

rilievo effettuato per placers da varie Unità Operative sulla piattaforma continentale toscana e laziale. Tale rilievo è stato articolato in un rilievo generale tra Livorno e Capo Linaro ed in due rilievi di dettaglio, all'Isola d'Elba e nella zona tra l'Argentario e il fiume Mignone.

Gli studi effettuati hanno permesso di delimitare arealmente una zona a sabbie ferrifere di interesse minerario, già precedentemente individuata e di indicare come zone di possibile in-teresse alcune aree con strutture di tipo dunare esistenti tra le batimetriche 100 e 120 a Sud e Sud-Est dell'Isola d'Elba e tra le batimetriche 60 e 100 tra Ansedonia ed il fiume Marta.

La ricerca di placers attuali o fossili nel-la piattaforma continentale tirrenica è stata af-frontata, nell'ambito del Progetto Finalizzato O-ceanografia e Fondi Marini, da un gruppo di U-nità di ricerca facenti capo alle Università di Ge-nova, Firenze, Roma e Torino, all'Istituto di Geologia Marina del CNR di Bologna ed al Ser-vizio Geologico d'Italia.

Le Unità di ricerca facenti capo all'Istitu-to di Geologia e Paleontologia dell'Università di Firenze, all'Istituto di Geologia dell'Università di Genova, all'Istituto di Geologia Marina del CNR di Bologna ed al Centro di Studio per i problemi minerari del CNR di Torino hanno eseguito uno studio a maglie larghe su di una fascia di mare tra Livorno e Capo Linaro (Civitavecchia) com-

presa tra la costa e le isole della Gorgona, Capraia, Pianosa, Montecristo e Giglio, riservando una particolare attenzione alle zone tra Livorno e l'Elba, alla zona intorno l'Elba ed a quella tra l'Argentario e Capo Linaro.

La zona compresa tra l'Argentario e Civi-tavecchia, tra la costa e la batimetrica 50 è stata oggetto di un rilievo di dettaglio eseguito dall'Uni-tà operativa dell'Istituto di Geologia e Paleontolo-gia dell'Università di Roma (coordinatori Ange-lucci e Burragato) con la collaborazione dell'Istitu-to di Geofisica Mineraria della stessa Università.

Un altro prelievo di dettaglio (coordinatori Bernabini e Maino) è stato eseguito dalle Unità Operative facenti capo al Servizio Geologico d'Ita-lia ed all'Istituto di Geofisica Mineraria dell'Uni-versità di Roma ed ha riguardato una fascia di ma-re di circa 6 km a partire dalla costa, ad Est e Sud dell'Elba tra il Cavo e Golfo Stella.

La stesura del presente rapporto che sinte-tizza i risultati delle indagini sopra indicate con particolare riferimento al tema placers è stata cura-ta da M. Bernabini con la collaborazione di C. Bartolini, F. Burragato e A. Maino. Per i dettagli

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sui singoli rilievi e per i risultati ottenuti dal punto di vista geofisico, geologico e mineralogico si rimanda ai numerosi lavori riportati in bibliografia.

Il primo obiettivo della ricerca ha riguardato (per diverse ragioni legate alla naturale collocazione dei minerali obiettivo della ricerca) l'individuazione di corpi sabbiosi allungati che potevano essersi costituiti nel passato come dune o barre costiere. Il rilievo a mare è stato quindi impostato in due fasi successive: la prima basata sulla utilizzazione dei metodi geofisici e la seconda su campionature dirette.

Il metodo geofisico impiegato in tutte le aree rilevate è stato il metodo sismico a rifles-sione monocanale (o continuo) nelle sue varie versioni.

Dall�insieme delle attività di ricerca svolte si è delineato un quadro della morfologia e della sedimentologica della piattaforma toscana.

Nella zona tra Monte Argentario ed Ansedonia la frazione sabbiosa è essenzialmente silicatica leggera con relativi arricchimenti all'aumentare della profondità del prelievo e scarsa presenza di minerali utili quali magnetite, rutilo e zircone; a maggiore profondità la percentuale di minerali pesanti sull'intero campione in genere aumenta perché cresce la frazione sabbiosa anche fino al 90%. La frazione leggera assume sovente le caratteristiche quarzoso-feldspatiche con relativi arricchimenti carbonatici. Dal punto di vista degli scopi della ricerca, le indagini hanno evidenziato la presenza di corpi "dunari" tra la batimetrica 50 e 100; poiché sulla stessa fascia compaiono anche deboli anomalie magnetiche, è probabile quindi che alcuni di tali corpi possono avere percentuali anomale in minerali magnetici (essenzialmente magnetite) però non elevate data la bassa entità delle anomalie. Si ricorda che i principali corpi dunari non sono sta-ti raggiunti dal carotaggio perché sepolti sotto una coltre di depositi limosi. In ogni modo alcuni tra i livelli più ricchi in magnetite tra quelli campionati provengono da quest'area. Più sotto co-sta non si hanno dati magnetici, ma le indagini sismiche hanno indicato la presenza di stratifi-cazioni piuttosto irregolari senza evidenziare "corpi" di notevoli dimensioni. Ciò è confermato dalla variabilità laterale nei tenori dei minerali e della stessa litologia delle carote.

Nella zona compresa tra l'Isola d'Elba l'Argentario il tipo di sedimenti presenti sul fondo del mare ha forti analogie con quanto riscontrato nella zona tra Capo Linaro e l'Argenta-rio. Nelle zone del Canale di Piombino con batimetriche inferiori ai 60-70 m il fondo è modera-tamente irregolare e sono presenti sedimenti prevalentemente sabbioso-limosi e banchi o plaghe rocciose costituite, sulla base degli scarsissimi campioni ivi prelevati, da resti di organismi co-struttori e da sedimento. Fa eccezione la zona del Cavo ove sono presenti in superficie sedimenti sciolti relativamente più fini. A Sud dell'altezza di Capo Ortano, i sedimenti di fondo divengono decisamente limosi ed il fondo è il più piatto. L'andamento regolare del fondo si interrompe po-co a Nord dell'altezza di P. Galera ove, tra le batimetriche 100 e 120 m, è presente una serie di dossi e depressioni che si prolungano verso S-SW fin quasi a Sud del Golfo Stella sempre tra le due stesse batimetriche. Intorno al Promontorio di Calamita i sedimenti limosi sono quasi as-senti o hanno piccolo spessore (minore di 2 m) su di una larghezza che partendo dalla costa è dell'ordine del centinaio di metri a P. Nera e aumenta progressivamente fino ad oltre due chilo-metri sotto le isole Gemini . Nella parte centrale del Golfo Stella sono presenti sul fondo o a piccola profondità sabbie grossolane mentre sottocosta sia ad Est che ad Ovest si riscontra una copertura limosa dello spessore di qualche metro. Oltre alla coltre superficiale di limo è stata individuata una serie sedimentaria di spessore anche superiore ai 200 millisecondi (tempi doppi) costituita in genere da una parte superiore più irregolare e da una inferiore regolarmente stratifi-cata, poggiante su di un substrato acustico. Tale substrato è stato individuato su ampia zona del-l'area rilevata: è quasi affiorante in corrispondenza del canale di Piombino e nella parte setten-trionale del Golfo Stella e degrada prima bruscamente e poi più dolcemente allontanandosi dalla costa nelle altre zone. Nell'area tra il canale di Piombino e Capo Ortano i sedimenti, pur in me-dia regolarmente stratificati, mostrano eterogeneità da punto a punto senza che si possano indi-viduare particolari strutture. Soltanto sotto costa tra Cavo e Rio Marina è presente un deposito superficiale il cui spessore, dell'ordine della decina di metri vicino a terra, diminuisce verso il largo fino a divenire inferiore ai 2 m a 4-500 m dalla riva. A Sud di Capo Ortano, lo spessore dei sedimenti limosi si fa via via maggiore tanto da essere anche superiore ai 30 m di fronte a

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Porto Azzurro; procedendo ancora verso Sud, lo spessore del limo diminuisce di nuovo, fino a scendere a 5-10 m, passando lateralmente in un complesso sedimentario più superficiale, con spessore dell'ordine di 50 millisecondi, con stratificazione a luoghi incrociata nel quale sono e-videnti numerose discontinuità stratigrafiche. Alcune di tali discontinuità hanno profili di tipo dunare e si riscontrano anche localmente al di sotto della copertura limosa. Tale complesso è presente in tutta la zona a Sud e ad Est di Calamita e passa verso il basso a sedimenti regolar-mente stratificati suborizzontali. Nel Golfo Stella si riscontra una situazione simile a quella in-dividuata nella zona tra il Canale di Piombino e C. Ortano.

Nella zona che va da Livorno all'Isola d'Elba sono stati eseguiti rilievi geofisici (vedi introduzione) con maglie di circa 3 miglia di lato in un'area che si estende, fra Livorno e l'Isola d'Elba, per una ampiezza media di circa 30 miglia nautiche (Bartolini et alii, 1979). Le 22 carote raccolte sono state tutte ubicate su alti morfologico-strutturali, con lo scopo di acquisire cono-scenze sulla stratigrafia quaternaria (Bartolini et alii, 1979; Fanucci et alii, 1981). L'area si pre-senta caratterizzata da una profonda incisione (Vallone dell'Elba) che dal Golfo di Procchio (El-ba) si spinge verso NNW fra le isole di Gorgona, (terreni di facies alpina) e di Capraia (vulcaniti mioceniche). L'area prossimale rispetto al Vallone dell'Elba, cioè in pratica la piattaforma con-tinentale, è caratterizzata dalla presenza di bacini in attivo sprofondamento. Ne risulta una mor-fologia la cui complessità è attenuata, ma non cancellata dai processi sedimentari in atto. Analo-gamente a quanto si verifica nell'area a Sud del M. Argentario, anche in questa zona sono state identificate tre unità sedimentarie. La più superficiale corrisponde all'Olocene; la più profonda potrebbe corrispondere al Calabriano, la cui trasgressione costituisce nell'area un evento di rilie-vo e assai generalizzato. I profili trasversali alla costa rivelano una marcata progradazione cui è legata la migrazione verso Ovest degli assi dei bacini sedimentari in via di rapido colmamento sul bordo orientale.

Le ricerche effettuate con la finalità di rintracciare giacimenti di minerali ferrosi o co-munque di interesse industriale, hanno consentito comunque una prima indagine estesa che ha evidenziato corpi dunari sabbiosi di recente interesse minerario. In effetti la possibilità di rin-venire nuovi corpi mineralizzati a piccole profondità sotto il fondo è legata alle morfologie di tipo « dunare » individuate tra le batimetriche 60 e 100 nelle zone tra l'Argentario e Civitavec-chia e tra le batimetriche 100 e 120 ad Est e a Sud del promontorio di Calamita (Isola d'Elba). Tali strutture potrebbero costituire un obiettivo minerario per l�estrazione di sabbie per quanto siano sepolte sotto coltri di limo che raggiungono anche spessori di oltre 5 m .

4.2.3 La Regione Liguria I dati relativi alle conoscenze sismostratigrafiche dei fondali del Mar Ligure ad oggi di-

sponibili, riguardano sia batimetrie di dettaglio sia profili sismici. Questi ultimi, effettuati dal 1973 a tutt'oggi, hanno un diverso grado di risoluzione e penetrazione, sia per mettere in evi-denza le caratteristiche dei depositi, idonei a caratterizzare i rapporti tra evoluzione geologica del margine e coperture sedimentarie. La copertura sismica totale mostrata in figura copre l�intero Bacino Ligure, survey sismico riferito alla piattaforma continentale si estende per un to-tale di più di 1000 km. A questi dati si sono aggiunte recentemente le risultanze delle campagne di geofisica e campionamento relative al Progetto CARG della Regione Liguria.

In generale si può affermare che la piattaforma continentale ligure appartiene quasi to-talmente alle piattaforme di costruzione sedimentaria, in cui, ad un substrato roccioso che si ap-profondisce secondo uno stile "distensivo" del margine, si sovrimpone una copertura sedimenta-ria modellata dalle ripetute oscillazioni del livello marino.

Pur inquadrabile in questi caratteri generali, la piattaforma continentale della Liguria, mostra una notevole variabilità tipologica in funzione dello stile evolutivo di pertinenza struttu-rale: piattaforma alpina collegata al bacino ligure-provenzale, piattaforma appenninica collega-ta con l'evoluzione tirrenica.

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In particolare la piattaforma continentale della Liguria occidenta-le è caratterizzata da una ampiezza general-mente limitata, suddivi-sa da particolarità mor-fologiche o allineamenti tettonici in settori ben definiti; si tratta di una piattaforma di natura prevalentemente roccio-sa con limitati depositi sedimentari nella sua parte più prossima a co-sta e costituita da sedi-menti plio-quaternari nella sua parte esterna.

La piattaforma continentale del settore appenninico rappresenta una tipica piattaforma di costruzione sedimentaria in cui la subsidenza, l'apporto sedimentario e i cicli trasgressi-vo/regressivi collegati a glacioeustatismo quaternario hanno giocato un ruolo fondamentale nel-l'assetto definitivo del margine.

La piattaforma continentale ligure ha, mediamente, estensione modesta e caratteri variabili. La sua genesi e il suo sviluppo si sono com-piuti interamente nel Plio-Quaternario, anche se in talune zone si riconoscono fasi di modellamento erosivo precoce risalenti al Miocene superiore. Pur presentando estensioni variabili, può essere considerata, anche se non totalmente, come una fascia piuttosto stretta di costruzione sedimentaria, modellata dalle oscillazioni glacioeu-statiche del livello marino nel Pleisto-cene superiore-Olocene. I cicli tra-sgressivi/regressivi hanno conferito alla piattaforma la morfologia attuale, conseguente a periodi di alto stazionamento � con processi di aggradazione e/o di progradazione � o di basso stazionamento � capace di generare evidenti troncature erosive e strutture progra-danti di basso stazionamento oltre il ciglio della piattaforma.

Sulla base di quanto già esposto a riguardo dei caratteri morfostrutturali dei settori della piattaforma ligure e dall�esame della evoluzione sia della copertura sedimentaria dei depositi più superficiali riconducibili all�ultimo episodio glacioeustatico, che ha depresso il livello medio del mare di circa 120 metri, si possono osservare le seguenti caratteristiche morfo-sedimentologiche: - A levante di Portofino la piattaforma è di costruzione sedimentaria a estensione crescente da

W verso E, caratterizzata in superficie da una coltre sedimentaria recente (Olocene) di con-siderevole spessore e di natura prevalentemente limoso-argillosa; detta coltre è costituita dagli apporti solidi dei fiumi Serchio, Magra ed Entella, veicolati verso NW dalle correnti del Mediterraneo occidentale, che circolano in senso antiorario. Il limite piattaforma-scarpata si situa tra i 120 e i 150 metri di profondità.

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- I settori centrale e di ponente della piattaforma continentale ligure hanno ampiezza media decisamente più ridotta, che si riduce ulteriormente in corrispondenza delle testate dei nu-merosi canyon sottomarini che incidono la piattaforma, esponendo localmente i corpi sedi-mentari a imponenti fenomeni di erosione, trasporto e collasso gravitativo. Sottoposta ad un dinamismo considerevole, anche per fenomeni sismotettonici e di frana sottomarina nelle zone frontali, la piattaforma è limitata ai 90-110 metri di profondità. Solitamente è caratte-rizzata da una zona interna, modellata dall�erosione marina, e da una zona esterna, di co-struzione sedimentaria, instabile. La copertura lutitica recente ha importanza variabilissima, ma mediamente modesta, in rapporto alla scarsezza di importanti corsi d�acqua e alla rapidi-tà con cui i sedimenti terrigeni vengono trasferiti a maggiori profondità, lungo i canyons e la ripida scarpata, ad alimentare l�imponente conoide profonda detta �Ligurian Fan�.

Lo studio degli effetti sulla sedimentazione durante i cicli trasgressivo-regressivi colle-

gati al glacioeustatismo è una componente fondamentale per la ricerca di sedimenti relitti. Infatti durante la fase di basso stazionamento del livello marino contemporanea all�ultimo acme glacia-le (Wurm III), la piattaforma continentale era emersa e i corsi d�acqua riversavano i loro carichi solidi direttamente sul fronte della stessa, formando corpi progradanti (Lowstanding System Tract), sovente soggetti a scivolamenti gravitativi che hanno coinvolto anche i sistemi costieri della detta fase. Si conoscono infatti lungo tutte le scarpate liguro-provenzali sedimenti di facies litoranea con faune di clima freddo franati sino a 200 metri di profondità e oltre. I corpi progra-danti sul fronte della piattaforma potrebbero rappresentare un buon serbatoio di materiali sab-

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biosi se non fosse per i fenomeni di frana subiti e per il fatto che in più zone sono coperti da un corpo prismatico di sedimenti lutitici, detto «struttura d�accumulo frontale», formatosi durante le prime fasi di risalita del livello marino.

La parte della piattaforma a monte del ciglio (piattaforma esterna) è generalmente sgombra da forti accumuli di sedimento recente. In passato, depositi costieri di sabbie grossola-ne con faune fredde sono stati campionati in quel settore morfologico, di fronte a Genova a circa 95 m di profondità, ma non è mai stato rilevato dalla sismica a riflessione alcun accumulo con-sistente risalente a quella fase di deposizione, che deve aver preceduto di poco o accompagnato la prima, veloce, risalita del livello marino.

Durante il sollevamento eustatico "Versiliano" del mare le zone costiere sono quindi migrate dal ciglio della piattaforma alla posizione attuale. Poiché questa migrazione non è stata continua, ma è avvenuta a più riprese, durante momenti di stasi della trasgressione, si possono essere depositati accumuli sedimentari riferibili a sistemi deltizi o litorali (paleodelta e/o paleo-spiagge) a batimetrie intermedie, determinando strutture morfologiche e depositi sedimentari individuabili dall�analisi dei profili sismici.

In particolare nel corso della trasgressione postglaciale, corpi sedimentari di una certa consistenza (Transgressive System Tract) si sono costituiti in almeno due fasi, verosimilmente riferibili a episodi di rallentamento o di stasi della risalita delle acque.

Durante una prima fase, relativa ad un livello marino sui �70 m rispetto al livello medio attuale, si sono costituite vere e proprie piane costiere sulla piattaforma di levante. Costituite da sedimenti grossolani al top e con fronte progradante sommersa, a sedimentazione più fine, sono incise da un reticolo idrografico piuttosto complesso (vd. figura sotto). Altrove i corpi costieri hanno assunto piuttosto le caratteristiche di delta-fan più o meno ampi, ma mediamente poco

importanti. Durante la seconda fase, col

livello di base a circa �35 metri, gli apparati hanno assunto ovunque carat-teri di conoidi deltizie di ampiezza li-mitata, anche se talvolta saldate tra di loro.

Alla conclusione della tra-sgressione si ebbe una ripresa massic-cia degli apporti terrigeni, prevalente-mente fini, che portò alla lenta costru-zione delle piane costiere attuali, mo-dellate in epoca storica e tutt�ora in evoluzione, e alla più rapida costitu-zione di quelle che vengono chiamate le «coltri lutitiche oloceniche» di spes-sore tutt�altro che trascurabile (Hi-ghstanding Systen Tract).

Praticamente continua nel set-tore di levante la coltre olocenica rag-giunge spessori massimi (oltre 30 m)

in una posizione relativamente distale, assottigliandosi tanto verso il ciglio della piattaforma che verso terra.

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Spessori dei sedimento lutitici olocenici da Portofino a La Spezia (misure espresse in millisecondi, tempi doppi)

Tra Camogli e Genova vi è, sottocosta, una zona praticamente priva di depositi fini olo-

cenici, ma con substrato roccioso affiorante. Analoga situazione si riscontra tra Capo Vado e Capo Noli, mentre la piattaforma savonese mostra una zona, pressoché priva di depositi recenti, in cui si osservano dei gradienti morfologici interpretabili come antichi apparati litoranei (cor-doni dunari); la loro sopravvivenza è legata presumibilmente a processi di cementazione preco-ce. Situazioni varie e discontinue si riscontrato in tutta la restante piattaforma di ponente.

Spessori dei sedimento lutitici olocenici da Capo Noli a Portofino

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Piattaforma continentale in corrispondenza di Celle Ligure. Profilo Sparker 72 J

Spessori dei sedimento lutitici olocenici da Ventimiglia a Capo Noli

In questo settore le aree promettenti per la ricerca di corpi sabbiosi superficiali possono

essere: - quella a N della foce del Fiume Centa. I sedimenti del fiume vengono attualmente trasporta-

ti verso SW dalle correnti, mentre vi sono indizi sulla possibilità che antichi apparati deltizi

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fossero invece spostati a NE della foce attuale; - l�area di piattaforma attorno ad Imperia; - l�area tra Arma di Taggia e Bordighera.

Per un approfondimento delle conoscenze finalizzato ad un progetto di sfruttamento dei materiali sabbiosi, occorre distinguere tre situazioni basilari: 1) Aree in cui la conoscenza è sufficiente ad indicare siti in cui effettuare prelievi di assaggio

per definire meglio la qualità dei materiali e la loro idoneità all�uso previsto; 2) Aree in cui è necessario un raffittimento di dati per poter individuare con certezza siti idonei

al prelievo; 3) Aree che paiono promettenti in base a dati sporadici, ma in cui non sono mai state effettuate

indagini di dettaglio del tipo adatto al presente studio Sulla base delle analisi preliminari della copertura sismica disponibile è possibile indi-

care tre aree che corrispondono alle situazioni basilari sopra esposte: • categoria (1): l�area prospiciente il porto di Sanremo, caratterizzata da un corpo sedimenta-

rio di fase trasgressiva coperto da scarso sedimento recente (spessore < 2 m) che si sviluppa tra i 20 e i 50 m di profondità;

• categoria (2) : l�area di piattaforma tra Albenga e Loano; • categoria (3) : le aree di piattaforma immediatamente a NE e a SW dell�area urbana di Im-

peria e la zona antistante Celle Ligure-Albissola.

Carta morfologica del settore di piattaforma continentale tra Bordighera e S. Lorenzo al Mare. 1) Isoba-te in metri; 2) Ciglio della piattaforma continentale; 3) Rotture di pendio; 4) Canali di drenaggio e Can-yon; 5) Praterie di Fanerogame (da Bianchi e Peirano, 1985 mod.)

Sulla base delle considerazioni sopra esposte si propongono le seguenti aree di indagi-

ne: • Zona Ospedaletti San Lorenzo (esclusi settori di testata dei canyon), con particolare riferi-

mento al settore antistante la città di San Remo evidenziato puntinato in figura. • Zona Ceriale - Loano (sottoflutto al paleo-Centa)

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• Zona tra Santo Stefano al Mare - Torrente Prino e limite Ovest di Andora • Zona Celle - Albissola • Piattaforma continentale Prospiciente il promontorio di Portofino • Zona Sestri Levante - Levanto - 5 Terre • Conoide P.ta Bianca

Tale segnalazione tiene conto sia delle priorità di indagine dovuta alla scarsa copertura di sismica sufficientemente risolutiva, sia delle considerazioni di ordine geologico-sedimentologiche che fanno ritenere le aree di interesse per la possibile presenza di depositi sabbioso-ciottolosi superficiali (o a limitata copertura fangosa), sia del grado di conoscenza del-la stratigrafia dei fondali in aree già indagate per carte geologico-geomorfologiche.

4.2.4 Il Département de l’Hérault La ricerca di depositi sabbiosi sulla piattaforma continentale richiede una buona cono-

scenza generale della zona di studio e si basa su dati batimetrici, geofisici e sedimentologici. Gli strumenti geofisici permettono cartografare la copertura sedimentaria: la sismica a

riflessione consente di stimare lo spessore e la struttura dei sedimenti mobili e permette di iden-tificare la morfologia del substrato roccioso sottostante (piano verticale); il sonar laterale forni-sce un'"immagine acustica" secondo un piano orizzontale che dà la ripartizione delle formazioni e la morfologia del fondo. È ovviamente necessaria una taratura per mezzo di prelievi che forni-scono un'informazione diretta sulla natura del fondo.

Di seguito vengono sintetizzati i dati disponibili per il Golfo del Leone, a disposizione dell�IFREMER (dipartimento di Geo-scienze marine), all�università di Perpignan (BDSI), al GD ARGO (gruppo per lo sviluppo di attività di ricerca in geologia ed oceanologia) ed al BRGM.

La piattaforma del Golfo del Leone è stata oggetto di molte sintesi cartografiche (mor-fo-batimetria, geologia, sedimentologia) e di molte campagne di misure. Una carta morfo-batimetrica del Golfo del Leone è stata prodotta dall�IFREMER (coordinatore S. Berné) nel 2002, con il sostegno della Regione Languedoc-Roussillon. Questa carta copre la piattaforma, la scarpata ed il �glacis� continentale (da 0 a 2300 metri). I risultati di questi lavori vengono pre-sentati come:

- un Modello Numerico del Terreno (MNT), realizzato a partire: o dai rapporti di monitoraggio del SHOM (Servizio Idrografico e Oceanografico

della Marina) per la zona compresa tra la costa e -150 m (scala 1/10000 tra 0-50 e 1/20000 tra 50-150 m) o dalle carte nautiche di alcune zone;

o dai dati acquisiti con delle sonde munti-banda dall�Ifremer oltre i 150 m o il tratto di costa utilizzato è fornito dal SHOM e la topografia del fondo è

dell�IGN. - Una carta morfo-sedimentologica della piattaforma del Golfo del Leone a 1/100000 (proie-

zione di Mercatore, Ellissoide WGS 84), realizzata a partire dall'interpretazione di dati ba-timetrici, geofisici e sedimentologici (sismica, acustica, prelievi superficiali e carotaggi).

- un documento di sintesi, che accompagna la carta suggerisce un�interpretazione delle strut-ture visibili sulle carte e dei loro processi di formazione (Ifremer, 2002).

Le figure qui presentate descrivono le informazioni che l�IFREMER ha dedotto da questa sintesi: carta delle pendenze, carta interpretativa della morfologia dei fondali secondo l'anali-si della batimetrie, della sedimentologia e di dati geofisici.

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Carta delle pendenze della piattaforma continentale del Golfo del Leone prodotta dal MNT dell’IFREMER (fonte IFREMER)

Carta interpretativa semplificata delle strutture ed unità morfologiche identificate nel Golfo del Leone risultante dall’interpretazione dei dati batimetrici, carte delle pendenze, dati geofisici e sedimentologici realizzata dall’IFREMER (fonte IFREMER)

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Una sintesi della sedimentologia all� 1/250000 è stata realizzata da Aloisi (1986). Questa carta è stata vettorializzata ed integrata al GIS dell'Ifremer sviluppato su ArcView.

Le mappe geologiche 1/50.000 realiz-zate dal BRGM sono disponibili in formato MapInfo. Dall�interpretazione di queste carte possono essere dedotti i grandi depositi sedi-mentologici situati vicino alla costa. I dati di geofisica sono i seguenti: " Sismica: i dati disponibili sulla piattaforma

del Golfo del Leone hanno due principali fonti, Perpignan (laboratorio BDSI dell�università e GD ARGO) e Brest (I-FREMER). I dati sono costituiti princi-palmente da profili di "sparker", con una penetrazione compresa tra 50 m e 300 m secondo la natura dei fondali. Anche i dati ottenuti con �ricevitore acustico di sedi-mento� (mud penetrator) sono lì disponibi-li. L�IFREMER dispone inoltre di dati a

forte penetrazione (campagna di multi-tracce sismiche ad alta risoluzione "Marion"), come pure dei dati ottenuti da esplorazione petrolifere.

" Acustica: l�IFREMER nel Golfo del Leone ha effettuato molte campagne di misura con so-nar a �balayage� laterale ad alta frequenza.

Le figure che seguono sintetizzano i dati geofisici di Perpignan (BDSI e GD ARGO), acquisiti in 30 campagne di alto mare e nel programma "litorale", i dati geofisici raccolti dall�IFREMER in 35 campagne condotte dal 1970, ed un mosaico di immagini acustiche ottenu-te dalla IFREMER.

Generalmente, i dati relativi alle campagne oceanografiche dell�Ifremer sono integrati in un GIS creato nel 2000 con Arcview. Questo database propone 3 livelli d'informazione:

- metadati (informazioni sulla missione, localizzazione dei profili di misura e carote) - dati di base (log dei carotaggi, immagini acustiche, immagini dei profili sismici) - dati elaborati (carte derivate dall'interpretazione dei dati).

L�Ifremer dispone di ca-rotaggi effettuati nel corso delle sue campagne di misura. Nel suo GIS sono integrati 135 carotaggi effettuati in occasione di 9 cam-pagne oceanografiche dal 1992. I carotaggi realizzati dal CE-FREM sono stati integrati nel GIS di GD ARGO e del BDSI e non vengono qui presentati. Un certo numero di carote sono ar-chiviate nella banca di geologia marina (BGM) del BRGM.

Carte di presentazione dei diversi dati geofisici raccolti dal laboratorio BDSI (Univ. Perpignan) nel Golfo del Leone (fonte BDSI)

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Carte di presentazione dei diversi dati geofisici raccolti dalla IFREMER nel Golfo del Leone dal 1970 (fonte IFREMER)

Mosaico di immagini acustiche registrate dalla IFREMER nel Golfo del Leone (IFREMER)

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4.2.5 La Generalitat Valenciana. Lo sviluppo di una strategia di di-

fesa e recupero delle coste esige una piani-ficazione nella quale si realizzi un valida-zione tenendo conto delle possibili alter-native di attuazione. Ciascuna delle possi-bili alternative richiede determinate quan-tità di sabbia: non è la stessa cosa sceglie-re una strategia di ricostruzione massiva di spiagge rispetto ad un altra che associa l�impiego di difese rigide od ancora altre che prevedano ritirate pianificate. E� es-senziale che qualsiasi strategia di attua-zione tenga in debito conto le disponibilità reali di attuazione.

Resta inteso che quantificare le risorse potenziali per la ricostruzione ed il mantenimen-to delle spiagge è una condizione necessaria per poter stabilire una strategia di attuazione soste-nibile a lungo termine.

Nel caso della Comunità Valenciana, fino ad oggi, l�inesistenza di volumi sufficienti di sabbia con una granulometria idonea per la rigenerazione di spiagge è l�elemento limitante delle possibilità di intervento lungo le nostre coste.

Nei fondali perlustrati fino ad oggi , abbondano i depositi di sabbie fini o con percentua-li di fino che sconsigliano il loro uso nel recupero di spiagge. In altre occasioni l�importanza degli ecosistemi presenti nei fondali ne impediscono l�impiego minerario.

Come detto in precedenza nella Comunità Valenciana i dragaggi effettuati a tutt�oggi per il recupero di spiagge, sono stati effettuati su giacimenti a profondità inferiori ai 50 m.

Come si può osservare nella precedente immagine, gli studi geofisici realizzati fino ad oggi coprono un 50% della piattaforma continentale fino ad una profondità di 50 m, salvo nella

costa di Castellòn nella quale si sono com-pletati fino alla batimetrica degli 80 m.

La possibilità di trovare giacimenti di sabbia a profondità intorno ai 100 m sem-bra fattibile sempre che intorno a questa ba-timetrica si situi la linea di costa dell�ultima glaciazione.

Per questo all�interno del progetto BEACHMED è previsto, attraverso un pro-tocollo di collaborazione con il Ministero dell�Ambiente, il completamento delle pro-spezioni in tutta la costa Valenciana fino ad una profondità di 80 m ed a profondità supe-

riori, in forma selettiva, in funzione degli indizi che si otterranno sull�esistenza di risorse poten-zialmente sfruttabili.

Come si può osservare nella precedente figura, la posizione della batimetrica dei 100 m rispetto alla costa, condiziona la prospezione completa dei fondali fino a tale profondità in quan-to potrebbe risultare non essere la migliore opzione dal punto di vista tecnico-economico.

L�obiettivo di tutti questi studi è quello di ottenere una cartografia unica dove restino rappresentati , validati qualitativamente e quantificati i principali depositi di sabbia esistenti sul-la piattaforma continentale della Comunità Valenciana.

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4.2.6 La Tunisia Lo scopo delle indagini effettuate in Tunisia è di scoprire stock sabbiosi sufficientemen-

te importanti per effettuare le operazioni di ripascimento. Questa sabbia deve avere una granu-lometria il più possibile simile a quella delle sabbie che costituiscono le spiagge attuali e devono avere una resistenza all�erosione che permetta loro di opporsi all�azione meccanica del trasporto litorale e del calpestio degli utenti delle spiagge.

L'indagine copre tre zone distinti: - Gruppo n°1: Riguarda la regione nord (Golfo di Tunisi) per ripascere le spiagge di RafRaf,

da Gammarth a Cartago, da Cartago a la Goulette e da Radès a Suleiman. - Gruppo n°2: Riguarda la regione Sud (isola di Jerba) per ripascere le spiagge del nord-est e

sudorientali di Jerba. - Gruppo n°3: Riguarda la regione centro (Sousse-Monastir) per ripascere le spiagge di Sous-

se Nord, ed eventualmente Sousse Sud e Monastir. Questi lavori consisteranno in:

- La localizzazione delle regioni da esaminare per mezzo delle carte nautiche, delle fotografie aeree e satellitari secondo la batimetria e la posizione geografica della località in questione.

- La copertura con sonar a �balayage� laterale per determinare la morfologia del sito, il limite di distribuzione delle praterie di Posidonia e con l�eventuale utilizzo della riflessione sismi-ca per l�identificazione delle zone di accumulo delle sabbie.

- L�esecuzione di carotaggi per determinare la qualità del sedimento che costituisce il giaci-mento.

- Fotografare il fondo marino in modo da giustificare la struttura del fondo marino, sempre che la visibilità lo permetta.

- Sarà intrapreso uno studio d�impatto nei siti di prelievo per determinare le condizioni ini-ziali del mezzo e conoscere la posizione delle praterie di posidonia delle loro fauna associa-te per determinare il grado di biodiversità del sito.

- Le prove di laboratorio per determinare la granulometria dei sedimenti e la loro percentuale di carbonati di calcio, il grado d'inquinamento e la loro resistenza all�erosione, al fine di stimare la loro compatibilità anche nel corso delle operazioni di ripascimento delle spiagge.

4.3 Le attività per la valutazione dei sistemi di individuazione e impiego delle ri-sorse marine di sabbia nel progetto BEACHMED

Le attività per la definizione dei sistemi per l'individuazione e lo sfruttamento dei depo-siti marini di sabbia previste nel progetto BEACHMED sono condotte dal Dipartimento de l�Hérault e della Regione Liguria.

Nel Golfo del Leone, si prevede la scelta almeno di 2 siti detti APE (Aree Potenzial-mente Sfruttabili):

- il primo prossimo alla costa, al largo dell�Espiguette a - 40m - il secondo più al largo, ai bordi della piattaforma, a circa 90m di profondità.

Per questi siti, si prenderà in considerazione una sintesi dei dati esistenti (sismici, pre-lievi...) per valutare le necessità di indagine nella fase C (progetto pilota per le ricerche in mare) e per suc-cessivamente fornire un�interpretazione dei dati e per costituire un GIS con le batimetrie, i risultati delle analisi morfologiche (pendenza, massimo...), la natu-ra del sedimento superficiale e le isopache del pri-sma.

Il BRGM coordinerà la sintesi dei dati pub-

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blicati sulle APE. Il numero di APE è fissato a priori a due, ma potrebbe salire a tre a seconda dell�interesse che apporterebbe al progetto. La superficie totale deve in ogni caso essere inferio-re a 1500 km².

I dati riguarderanno la batimetria, la geologia, la sedimentologia, la morfologia, i caro-taggi e le misure geofisiche. Sulle APE, il BRGM parteciperà alla formattazione dei dati digitali ed analogici disponibili ed interpretati dagli altri par-tner (IFREMER ed università di Perpignan).

Questi dati saranno interpretati in termini di isopache.

Quest�attività concorrerà, con gli altri par-tner (IFREMER ed Université di Perpignan), alla messa in opera di un GIS creato in ArcView sulle APE (dati e carte di isopache), all�edizione di una relazione e di una carta di sintesi generale all� 1/100.000 e di carte di sintesi e d�interpretazione all�1/50.000 per ogni APE.