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DELLO STESSO AUTORE

LA VIA DELLA VOLONTA' SOLAREFenomenologia dell'Uomo Interiore (Roma, 1962)

DELL'AMORE IMMORTALE(TILOPA - Roma, 1963)

SEGRETI DELLO SPAZIO E DEL TEMPO(TILOPA - Roma, 1963)

LA LUCEIntroduzione all'imaginazione creatrice

(TILOPA - Roma, 1964)

MAGIA SACRAUna via per la reintegrazione dell'uomo

(TILOPA - Roma, 1966)

LA LOGICA CONTRO L'UOMOIl mito della scienza e la via del pensiero

(TILOPA - Roma, 1967)

RIVOLUZIONEDiscorso ai giovani

(PERSEO - Roma, 1969)

GRAALSaggio sul Mistero del Sacro Amore

(PERSEO - Roma, 1969)

LOTTA DI CLASSE E KARMA(PERSEO - Roma, 1970)

YOGA, MEDITAZIONE, MAGIA(TESEO - Roma, 1971)

LA TRADIZIONE SOLARE(TESEO - Roma, 1971)

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DALLO YOGA ALLA ROSACROCE(PERSEO - Roma, 1972)

MANUALE PRATICO DELLA MEDITAZIONE(TESEO – Roma, 1973)

IL LOGOS E l NUOVI MISTERI(TESEO - Roma, 1973)

PSICOTERAPIAFondamenti esoterici

(PERSEO - Roma. 1974)

TECNICHE DELLA CONCENTRAZIONE INTERIORE(EDIZIONI MEDITERRANEE - Roma, 1975)

GUARIRE CON IL PENSIERO(EDIZIONI MEDITERRANEE - Roma, 1975)

L'UOMO INTERIORETecnica dell'esperienza sovrasensibile

(EDIZIONI MEDITERRANEE Roma, 1976)

REINCARNAZIONE E KARMA(EDIZIONI MEDITERRANEE - Roma, 1976)

MEDITAZIONE E MIRACOLO(EDIZIONI MEDITERRANEE - Roma, 1977)

IL PENSIERO COME ANTI-MATERIA(PERSEO - Roma, 1978)

___________________________________________________Per Informazioni bibliografiche, rivolgersi al

dott. Alfredo Rubino, Via Rubicone. 42 - Roma

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Massimo Scaligero

TRATTATOdel

PENSIEROVIVENTE

Una via oltre le filosofieoccidentali, oltre lo Yoga,

oltre lo Zen

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Terza Edizione

Edizioni Tilopa

Via della Pinacoteca, 14 – Teramo

Uff. di Roma: Via Annibal Caro, 22

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Il presente trattato, anche se logicamente formulato eaccessibile, propone un còmpito attuabile forse da pochissimi.La sua concatenazione di pensieri è congegnata in modo che ilripercorrerla comincia a essere l'esperienza proposta:esperienza che, in quanto si realizzi, risulta non una tra levarie possibili all'uomo, ma quella della ma essenza interiore,che lo spirito esige da lui in questo tempo.

Il trattato non è filosoficamente confutabile, essendofondato su tale esperienza: che va compiuta, se si vuoledisporre dei mezzi per porta in questione. Ma chi possacompierla, comincia a vivere in un pensare che non ba nullada porre in questione, perché penetra il mondo. È il pensareche è la verità di tutte le teorie e di nessuna, essendone lasostanza pre-dialettica.

Chi percepisca la distinzione tra il seguire logicamente undiscorso e il muovere nel pensare che ne tesse la strutturalogica, può verificare l'esperienza proposta: vivendo i pensieridi queste pagine, può sperimentare la potenza della“concentrazione”, o la tangibile presenza dello spirito: la viaal pensiero vivente, la trascendenza comunque presente, masconosciuta, in ogni pensiero che pensa.

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L'Io che l'uomo dice di essere non puòessere l'Io, se non nel pensiero vivente:ancora da lui non conosciuto. Egli conoscesolo il pensato, o pensiero riflesso, ma non sacome lo conosce. Deve prima pensare, perconoscere il proprio pensiero: non conosce ilpensare.

L'uomo conosce ed opera secondo ilpensato, che, esaurito nella suadeterminazione, non ha vita. Non avvienemai che in lui il pensiero operi direttamentecome vita, essendo ogni moto vitale unprocesso a sé, traentesi dalla inconosciuta vitadell'organismo corporeo: processo che attingedirettamente al pensiero soltanto neimovimenti volontari: a un pensierocomunque riflesso.

Al massimo oggi l'uomo giunge aconcepire il “pensiero pensante” come “atto”,o momento dinamico del pensiero: ultimapositiva intuizione della filosofia occidentale.Egli filosoficamente intuisce il “pensieropensante”, tuttavia senza possibilità di

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percepirlo direttamente, come fa con ilpensiero pensato, che può ogni voltaconoscere, ripensandolo: facendolo risorgerecome pensiero pensante.

In effetto, il pensiero pensante gli si dànella misura in cui egli non l'abbia, attuandosiesso solo in quanto rivolto a un oggetto, ossiapensante qualcosa, non pensante come tale:come· puro pensiero. È pensante in quantopossa essere per un tema, senza il quale nonsaprebbe essere pensiero, svolgendosi neivari sistemi logici come una teorica del suosvolgersi solo per un tema, in vista deifondamenti e dei metodi della scienza.Pensante, dunque, secundum quid: nonsecondo se stesso.

Conoscendo solo il pensato, l'uomoveramente non può dire di conoscere: inrealtà non ha il conoscere, ma il conosciuto,privo del momento interiore per virtù delquale è conoscenza. Il pensiero deve primavenir pensato, cadere nella riflessità, peressere da lui conosciuto. Ma, conosciuto,cessa di essere conoscenza.

Così la morte del pensiero è la condizionedel suo dialettificarsi in forme diverse, soloapparenza contrastanti. Onde se all'uomovenisse oggi comunicato il segretodell'essere, gli sarebbe inutile, perché nonsaprebbe pensarlo: potrebbe pensarlo solo a

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condizione di ridurlo a quella riflessità, oastrattezza, al cui livello non è possibile si diaqualcosa dell'essere.

L'uomo, però, può trovare la forza delpensiero che pensa, ove giunga a scorgerel'essere del mondo fluente in lui come vita:vita dell'idea, che è vita della realtà percepita,nascente in lui come dal centro del mondo.Apice dell'ascesi del pensiero, che sia capacedi portarsi oltre le posizioni idealistiche, oltrela dialettica del “pensiero pensante”, oltrerealismo fisico e metafisico.

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V'è un pensare che non è stato ancorapensato: un pensare che non può darsi comepensiero, finché è pensante nel processo dellariflessità e limita la sua attualità al momentodialettico, che è già determinazione. È ilpensare che può sorgere solo nellacontemplazione dell'atto pensante: il pensieropensante se stesso, reale perciò in quantoesprimente il proprio essere. Pensiero che nonha bisogno del momento riflesso, permanifestare la propria vita: sperimentabileperciò senza mediazione dialettica. Un talepensare non è ancora conosciuto dall'uomo,perché non può scaturire in lui se non comeoriginario potere del pensiero: come potere divita.

Potere di vita che non è imagine filosofica,ma percezione dell'essere radicale del mondo,nascente come forza-pensiero non vincolataad oggetto, avente in sé tutto il pensabile,dall'essenza: essendo essa l'essenza.

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Il vero pensare non può essere il pensato, opensiero riflesso, e, come riflesso, fissato inparole; ma neppure il pensiero riflettentesi, opensante, comunque condizionato dalla formadel suo esprimersi. Il vero pensare èlogicamente l'essere del pensiero, non legatoad alcun determinato pensiero. Essereconoscibile come pensiero che, facendo di sestesso il proprio contenuto, esprime ciò da cuiscaturisce: una corrente superiore di vita,presente nel sorgivo darsi di ogni pensiero,tuttavia diversa da quel che ordinariamente siconosce come pensiero.

Come esperienza, è quella che, sopra tutte,ha il diritto di chiamarsi positiva, essendo lapiù diretta che l'uomo possa compiere e di cuil'Io possa rendere conto a se stesso come diciò che è veramente oggettivo.

Ma non è speculare, non è filosofare. È ilcoraggio di conoscere: che è conoscere laverità: la verità che rende liberi. Non è

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argomentare, ma creare: non è riflettere, madominare. È percepire in enti pensiero ilsovrasensibile, così come normalmente sipercepisce il sensibile in forme e colori.

Quando veramente si pensa, si attua ilpensiero pensante, ma in quanto l'oggetto siagià un pensato che giunga a coscienza comepercezione già involta di pensiero - larappresentazione, tendente a farsi concetto -oppure come nostro o altrui pensiero:pensiero, comunque, di qualcosa.

Non pensiamo mai qualcosa che non siaun tema, o un oggetto: ed un tema, unoggetto, è sempre un pensato. In quantopensato e avuto come pensato, è astratto; nonesiste, è segno, possibilità di pensiero o diricordo, sapere; e, come tale, ossia nonrianimato di pensiero, ma alluso con parole eusato come nozione, è la retorica, sostanzadella cultura morta. Cultura di uomini chenon pensano più in pensieri, ma in parole o incorrelazioni quantitative, ogni volta mnemo-nicamente evocabili nella loro meccanicità.

Ma un pensato può di nuovo tornarepensiero, ed è il pensiero pensante: che èresurrezione di un pensato, ossia di unriflesso del pensiero: di un riflesso senza vita.Mentre vita è sul punto di affiorare nelpensiero pensante: non percepibile, perchépuntualmente estinguentesi nel farsi pensiero.

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È la vita stessa, ma non conosciuta, nonposseduta: vita del pensiero, o essere delpensiero, che si riflette come pensieropensante, senza darsi oggettivamente:negantesi nel pensiero, perché comunquepensante per un pensato, per la riflessità, perl'astrattezza. Senza cui, tuttavia, non avrebbestimolo ad essere quel pensiero che è:necessario alla coscienza, che tende apermanere coscienza del limite onde sorge.

Il pensiero pensante sta per uscire, ma nonesce dalla riflessità, pur essendone ilmomento dinamico. Ma percepire questomomento è risalire il processo per cui siproduce: sollevarsi dalla riflessità al puroessere, che in essa si dà come pensiero. Noncaduto nella riflessità, il pensiero è luce, ovita: ancora impercepibile all'Io che si appagadel riflesso, che ritiene l'essere: nel quale,come Io, non può essere. Ma questo risorgeredel pensiero come luce, o vita, o luce di vita,esige essere voluto, determinatamente voluto,asceticamente provocato.

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La possibilità di ridestare il momento on-de nasce un pensiero e di restituire ai prodottidell'intelletto, altrui o nostri, il momentoproduttivo, come pensiero pensante, a undeterminato momento si rivela funzione diun'ulteriore possibilità, in vista della qualesoltanto quella si dava: che allo stesso modovenga contemplato il pensiero normalmentesconosciuto in quanto pensante. Questa la viadel pensiero vivente.

Può sorgere, come pensiero, la forza cheprecede il suo prodursi: pensiero pensante,ma fuori della riflessità, cioè non filosofico,essendogli obiettivo il processo del riflettersi,epperò recante la vita che prima si annientavanell'atto pensante e per cui questo non ha maipotuto evitare di essere la caduta del pensieronella fisicità, i. e. nel dialettismo e nellaretorica. In verità, non può essere conosciutopensiero pensante, senza ascesi del pensiero:senza percezione della sua vita.

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È in vero la vita verso la cui luce volge lavicenda dell'uomo, in quanto luce che untempo, a lui trascendente, rischiarò il suocammino, e, via via egli individuandosi, siritrasse per risorgere dall'intimo della suaanima: come pensiero che, riflettendosi nelmolteplice, si particolarizza, ma eo ipso tendea restituire al diviso l'interezza propria al suoessere irriflesso.

L'essere irriflesso del pensiero è la luceprimordiale della vita terrestre: affiorandonell'uomo dall'anima cosciente, esige lapropria ascesi.

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Nel pensiero pensante può esserericonosciuto il momento del riflettersi delpensiero, non il pensiero nel suo originarioessere, prima che lampeggi riflesso: non ilpensiero indipendente dai contenuti oggettivi,che tuttavia si danno come tali per via delpensiero: in realtà per farlo esprimere: persuscitarne quella relazione con il molteplice,o con il particolare, in cui la coscienzaindividuale si determina.

Chiamiamo vivente il pensiero che è primadi estinguere la propria vita nel farsi pensieropensante, o pensante secondo un tema,essendo esso reale, invece, fuori di ogni tema.L'osservazione del processo del pensieroporta a intuirlo; ma intuirlo non è ancorasperimentarlo. Il pensiero pensante divienevivente, se realizza la continuità della sua in-dipendenza da qualsiasi tema.

Il pensiero vivente è l'unità già fatta: daattuare e rendere ulteriormente creatrice, se si

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pon mente che verun tema avrebbe senso ocorrelazione con altri temi senza il pensiero:la cui virtù è nella correlazione, non nelcorrelato, o nella serie dei concetti.L'oggettività di questi, sia pure riflessamente,è stabilita dal pensiero: che non potrebbeessere pensiero pensante e disanimarsinell'astrattezza, se esso stesso non fosse in sépura oggettività, sintesi indipendente da ognideterminazione: onde, per esso, ogni oggettopuò ritrovare la sua unità basale con il tutto.Ma risorge vivente, perché il Logosnell'uomo lo decide.

Pensiero vivente, o sostanza delle pureidee, alla cui luce l'uomo, senza saperlo,tende con il pensare e l'esistere, perché è in séla dynamis del pensare e dell'esistere, la vita:che egli per ora può soltanto imaginare oastrattamente pensare: vita che egli in realtànon vive, percependo di essa solo lemanifestazioni sensorie onde illudendosi diviverla, deve morire. La sua morte, infatti,malgrado l'apparente esistere, comincia con ilmorire del pensiero nella riflessità e nellaastrattezza: che gli danno l'imagine della vita,non la vita.

Nella riflessità pensante si estingue ognivolta la vita che, come sostanza sorgiva delpensare, è forma dell'immortale edell'infinito: onde, come essere astrattamente

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pensante, l'uomo taglia fuori dalla correntedella vita il Logos, il proprio essere vivo.

Fluente e morente nel pensiero, la vita nonè percepita dall'uomo, ma semplicementepensata, non percependo egli il vivente, cosìcome percepisce, per esempio, forme e colori.

Ove egli giunga a percepire l'esserevivente delle cose e degli enti, incontra nelsensi- bile il Sovrasensibile, il Logos chesorregge il mondo. È il potere vivente delpensiero, che l'uomo è libero di ignorare, maparimenti di accogliere come il donarsiimpetuoso di una resurrezione.

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Il pensiero pensante, che può far risorgeredall'astrattezza il pensiero riflesso, riattivandoil momento dinamico della riflessità, non èancora, dunque, l'interiore vita che lo faessere pensante, spegnendosi questa ognivolta che esso si attui come tale. Questa vita èbensì presente nel pensiero pensante, ma ognivolta per dileguare.

È vita che l'uomo può accogliere noncome vita, ma solo in quanto si disanimi,essendo per ora il “disanimato” il livellodell'autocoscienza e la sua correlazione con ilmondo. Onde, anche dandosi il pensieropensante, questo è il pensiero che può darsinella misura in cui rinunci all'essenza, perchésoltanto in tale condizione può divenireesperienza individuale, ossia esperienzaindipendente dal sovrasensibile, ma parimentida inconsapevoli dogmatismi o tendenzeillusoriamente metafisiche, sopravviventinell'anima legata alla corporeità.

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L'autentico metafisico può nuovamentedarsi nel pensiero che si attui come “pensieropuro”, ossia nel pensiero che, essendoneindipendente, sappia che cosa fare di questaindipendenza: virtuale, non reale. Reale solose attua, sul piano in cui è, la sua natura: laperennità metafisica stessa.

Quel che era metafisica un tempo si fa ora,negandosi, sostanza della individualità: è ladisanimazione del pensiero che, comepensiero riflesso, proietta il mondonell'astrata oggettività.

Ma la disanimazione presuppone ilmomento dell'animazione, o della vita, e lalogica stessa del pensiero che pensa,sperimentata compiutamente, conduce aintuire il momento intemporale e incorporeodel pensiero, o pensiero vivente: intuizioneche, tuttavia, è soltanto lampeggiare delpensiero vivente. Non è ancora il suo essere.Il suo reale essere è il Logos da cui discende,a cui segretamente è volto, e che sempre èpronto a darglisi come presenza della suaforza, identità, perennità.

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Il pensiero pensante può essere obiettivato,così come per ora ordinariamente si giungead obiettivare il pensiero astratto. Questaoperazione è la concentrazione del pensieromediante un tema. Occorre sul filo stesso delprocedimento del pensiero avvertire lanecessità logica dell'ascesi pensante.

Normalmente il pensiero è pensante inquanto possa avere innanzi a sé il pensieropensato, o il tema, o la cosa nella suaastrattezza: un avere innanzi a sé, che è giàpensiero che pensa. E questa è la funzione diogni pensato: che possa sempre di nuovovenir pensato, essendo soltanto segno omotivo per il manifestarsi del pensiero. Percui sempre l'oggetto del pensiero è statol'astrattezza da rianimare: il pensatodell'uomo, o il pensato dell'universo, che è lanatura.

Ma la rianimazione, ogni volta abbozzata,non si compie mai, perché normalmente la

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astrattezza viene pensata dal pensieropensante, non risolta: viene ricondotta almomento del suo farsi astrattezza, non al suonon es- sere astrattezza, ove sorge il veropensiero. Non viene ripercorso compiuta-mente il processo per cui l'astrattezza si dà:che è il senso ultimo dell'astrattezza. Perciònon si penetra neppure il pensatodell'universo.

Né con il pensiero astratto né con ilpensiero pensante si esce dal cerchio dellariflessità; onde l'Io, a tale grado, obbligato acoincidere con la riflessità, non è l'Io desto,ma quello che, per la limitata coscienza di sé,necessita del supporto del pensiero: che nonpuò non riflettergli come reale la condizionedella riflessità. Il momento del pensieropensante, infatti, è inconscio, essendo consciosolo il momento riflesso.

L'Io s'identifica con il pensiero, in quantoè pensiero riflesso: subisce tale identifica-zione perché non è il pensiero da essopensato. Infatti, anche se il pensiero pensanteè dinamico rispetto alla statica astrattezza, es-so veicola la forza dell'Io, ma non in modoche questo possa disidentificarsi dal pensiero.L'Io non è l'Io pensante, ma l'Io riflesso nelpensiero pensante: perciò nel pensato,condizionato dalla corporeità. L'ego.

L'obiettivazione del pensiero pensante, o

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del pensiero in quanto sintesi dinamica,comporta il sorgere dell'Io fuori dellecondizioni della riflessità. Ma è già l'azionedell'Io. Per essere, ora esso non ha bisogno diriflettersi nell'astrattezza che lo riduce alsensibile: comincia a vivere in quanto hacome supporto il moto sintetico del pensiero,in cui l'astrattezza è dissolta.

Nella meditazione, o nella concentrazione,non coinvolto nel sensibile, l'Io vede esternoa sé il pensare, ma, parimenti, non vienecoinvolto dal sensibile, in quanto può vedereobiettivamente il pensiero: comincia a essereindipendente dalle condizioni della natura, laquale normalmente per via del pensiero puòastringerlo a sé.

L'Io può volersi nell'esistere, secondolibertà: può creare oltre il già creato, inquanto comincia a conoscere terrenamente unvivere che prima gli era estraneo: un vivereoltre quel passato che obbliga l'uomo sottoforma di natura, tradizione, cultura, ed èerrore se diviene condizione dell'esistere,fuori del principio dell'Io da cui sostanzial-mente origina.

L'Io può vedere il pensare libero nella suaoggettività: il pensare che pensa il mondo,onde può penetrare il segreto del mondo.Normalmente, l'aderire dell'uomo al mondodei sensi non è un penetrarlo, ma un essere

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afferrato dalle correnti della natura.Innanzi all'Io libero, il mondo dei sensi

sorge come mondo sovrasensibile, perchépenetrato nel fondamento: quello cheerronea- mente si cerca oltre il conoscere,fuori dell'Io.

Occorre essere l'Io che si dice di essere,per non avere di contro a sé un mondoobiettivo, una natura opposta, una realtàrecalcitrante e addolorante. L'Io non conosceopposti, se attua se stesso nel pensieroliberato, in cui vive l'essenza di ogni ente:essenza che nella propria essenza è identicain tutto. In verità, l'unità centrale del mondotende a manifestarsi nell'uomo, comenascente potere di pensiero: attraverso la suacontinua esigenza di determinazione.

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Gli oggetti che normalmente l'uomo crededi pensare e che ne suscitano la brama lavisione del mondo, la cultura, in effettoancora non sono da lui veramente pensati:sono soltanto riflessi dal pensiero nel loroapparire. Che è l'apparire per il pensieroriflesso: mentre in realtà è la richiestaall'essere del pensiero vivente. Onde lariflessità, non la realtà, motiva la brama e lacultura.

Pensare gli oggetti può soltanto il pensierovivente, non legato ad alcun oggetto, e cheperciò penserà l'oggetto, non in quanto sia giàda questo determinato, ma in quanto,indipendente da esso, lo penserà ripercor-rendo ogni volta il processo per cui èquell'oggetto, quel fatto, quell'astrattezza:restituendogli la essenza, o la vita della cuiprivazione il suo apparire è il segno.

Il vero pensare è l'essenza che integral'apparire e perciò di ogni fatto è il contenuto

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interiore che lo completa, togliendolo allacontingenza e all'esteriore grossolanità. È ilpensare che, indipendentemente dallanecessità razionale, in quanto abbia in sé tuttala razionalità, non dialettizza, ma tocca lecose. Non cade nell'argomentare, maimmediata- mente ha l'essere, penetrando larealtà di ciò a cui si volge: non ha bisogno diperdersi in pensieri, perché la sua percezioneè diretta. Accosta il mondo e lo palpa: lo ha.Questo pensiero, però, deve essereconquistato, mediante l'ascesi che il suo puromoto esige. A questa ascesi deve poterrispondere diretta- mente il Logos, perchéessa divenga creatrice, dallo spirituale alsensibile.

Sperimentare l'essere del pensiero identicoa ciò che, come veste del mondo, ne inscenal'alterità - necessaria all'uomo esteriore, nonal pensiero - è parimenti il segreto dellatrasparenza e della rettificazione degli statid'animo: i quali giungono a involgere l'Io -l'aspetto di esso che inerisce alla corporeità -mediante la sostanza-pensiero con cui sidanno forma e significato, e in virtù dellaquale soltanto possono assurgere a contenuticondizionanti.

Ove gli stati d'animo siano privati di taleforma - e questa è l'arte dell'uomo - il loromoto viene riacquisito in profondità

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dall'equilibrio della natura corporea, del cuialterarsi essi sono manifestazione, mentre ilsenso del loro essere, ciò che essi erano inquanto pensiero, diviene auto-conoscenza:ritorna possibilità del pensiero-essenza dipenetrare quella profondità.

L'uomo deve farsi. Egli non è passivoricettore dell'esperienza terrestre, macooperatore del suo compiersi: che esige iltramutarsi di lui da creatura dipendente dallanatura a essere libero: i cui stati d'animo nonsiano il giuoco della natura in lui, ma lapresenza agitante dello spirito. Onde eglirealizzi nella natura il proprio stato: la sopra-natura.

Egli deve passare da creatura a essere checrea secondo il proprio principio, il Logos,ogni creatura vincolata alla condizioneterrestre attendendo da lui la proprialiberazione.

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L'esperienza che intendiamo indicare cessadi essere filosofia, essendo ciò a cui ha tesotutto il filosofare come al suo compimento, ea cui tende tuttora l'operare umano nel suocredere di volere determinati oggetti o ideali,tra loro in contrasto.

La “via” alla quale alludiamo non è idea-lismo, o fenomenologia, o esistenzialismo, néYoga, né Zen, ma qualcosa rigorosamenteoltre, tendendo a disimpegnare dalle variedeterminazioni il puro moto della coscienza,che in quelle dottrine e in quei metodiinevitabilmente oggi viene identificato conl'obiettivo proposto, ogni esigenza d'incondi-zionatezza ricadendo inconsapevolmente peressi nel modo della riflessità: costituzionalealla psiche dell'uomo moderno, unicointerprete di quelli: onde quelli in realtàmancano del pensiero trascendente da cuinacquero.

È la via dell'uomo al punto in cui è, al

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limite della contraddizione del suo essere conil suo pensare: non certo con il pensiero concui egli fa la sua cultura, ma con il processoautonomo per cui tale pensiero si produce:secondo trascendenza di continuo immanente,ignorata.

La percezione di tale processo, maiconseguita da alcuno speculare, è il segretodell'identità tra l'essere e il pensare, perché siapre all'essere nel pensare. Diviene l'accordotra il pensare vivente e l'esistere, che èl'esistere perché usa la vita onde quello èvivente. Il vero essere è il pensare, se ilpensiero vive: onde la vita viene realmentevissuta: secondo il Logos immediato,piuttosto che secondo mediazionetradizionale. Perciò la via da noi indicata, vaoltre ogni sistema del passato: esige il Logosperenne, presente.

Normalmente l'uomo si limita a usare lavita, senza essere in tale vita. Vivere nellacoscienza riflessa, o nelle sensazioni maiafferrate, non è essere nella vita, ma dicontinuo supporla e tuttavia cercarla incon-sciamente oltre la riflessità, senza saperedella riflessità e di ciò che può superarla.Onde non si ravvisa nel presente la possibilitàdi risolvere la riflessità, e, di continuo,nell'istante successivo, si proietta la ricercadella vita: mai avuta, perché ogni volta

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sfuggita. Per non conoscerla.Il pensiero che in definitiva si sperimenta è

sempre il pensiero disanimato, perché ilmomento del pensiero pensante puòverificarsi solo in quanto non venga veduto.Può infatti esser veduto e obiettivatounicamente come pensato.

Il momento del pensiero pensante èpossibile solo in quanto un tema o un oggettolo impegni: è veduto l'oggetto del pensiero,non il pensiero per cui l'oggetto è pensato. Edè giusto, perché contemplare questo pensiero,analogamente, significa vederlo mediante unulteriore atto che non può esser veduto,essendo moto superiore a quello del pensieropensante, che pensa per l'astrattezza. Èattingere alla trascendenza del pensiero, opensiero vivente.

Ma è un risalire verso il “soggetto puro”, o“veggente non veduto”, che cessa di averel'essere come oggetto, essendo esso stessol'essenza dell'essere: che per essere non habisogno di contrapporsi ad alcun oggetto.L'essenza del “soggetto puro” è il Logos delmondo.

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Nel pensiero pensante, ogni voltal'istantaneo moto dell'incorporea corrente divita si accende e si disanima, si arresta peressere l'astrattezza, di cui la limitatacoscienza individuale ha bisogno, per essereciò che è. È la condizione in cui l'Io semi-dormiente deve scambiare per propria azioneciò che gli viene posto dalla natura, essendoquesta supporto della coscienza di veglia.Sogna di agire e non si avvede di darel'assenso della sua relativa coscienza a ciòche agisce per lui. Moto semi-spento dell'Ioche, tuttavia, tende alla sua riaccensione pura:impegna la coscienza sino a che, attraverso lacontraddizione insita nel suo essere forma delnon-essere, essa decida farsi forma delproprio essere. Nel pensiero pensante èl'accensione continuamente spenta, continua-mente resuscitabile.

Il pensiero astratto, che è l'ordinario, non èil pensiero in cui l'Io può pensare, ma ciò che

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condiziona l'Io secondo la riflessità mediatadalla natura corporea. Non l'Io pensa ilpensiero, ma l'anima legata alla corporeità: laquale vuole se stessa attraverso l'anima, per ilfatto che può divenire pensiero: invertendo ilsenso radicale della vita dell'uomo. Èl'inevitabile passività del pensiero chenormalmente viene pensato in quanto tagliatofuori dalla incorporea corrente di vita da cuinasce, perciò contraddicente la propria naturaspirituale.

Sperimentare il pensiero nel suo nascerenon è operazione dialettica: è sperimentarevolitivamente l'atto pensante: inserire volontànel pensiero riflesso, così che giunga arìanimarsi dell'intima forza da cui nasce e dicui è riflesso, onde non è più riflesso, bensìirraggiante l'essere dalla propria essenza. Losi coglie dove scaturisce, perché nelloscaturire è vero, e subito dopo non lo è più.Subito dopo è l'astrattezza che veste diprovvisoria concretezza il mondo: il mondoche non si ha, perché si ritiene reale comescena che si abbia dinanzi e come oggetto chesia da sé, quale appare nell'astratta veste.Mentre il suo apparire è già risultato dell'attointeriore inscindibile al percepire. Il verodella Scienza è reale, ma ignora il pensieroche lo riempie di realtà: perciò non va oltrel'apparire.

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È il mondo che sfugge ancor più quando sicrede di amare o di soffrire, o di bramare o diodiare, perché sono gli stati d'animo e gliistinti in cui l'astrattezza del mondo, ossia lasua irrealtà, si è fatta potenza interiore, setedella vita riflessamente rappresentata epensata: che è dire assunta nella suainversione. Onde si crede di amare ciò che èl'imagine della continua perdita di una segretacapacità di amare, e si odia ciò che nonrisponde all'elemento di brama di questoillusorio amore.

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Anche nel pensare logicamente articolato epiù razionalmente consapevole, l'Io in realtànon va oltre uno stato di sogno, in quanto nonesprime il proprio essere, bensì ciò che diesso viene riflesso dallo strumento fisico delpensiero e dalla correlativa condizione dellacoscienza. Condizione analoga a quella delsogno, che è mondo estrasensibile riflessodalla corporeità, e perciò immediatamentetradotto nel simbolismo tratto dall'esperienzasensibile.

Nella coscienza di veglia non si è vera-mente desti, ma si ha il principio dell'esseredesti: le imagini sono suscitate non da unosperimentare sovrasensibile, come nel sogno,che la coscienza ordinaria non può seguiredirettamente, ma da un'esperienza sensibileche la coscienza può seguire per il fatto che ècoscienza di tale livello. Si può dire che nellostato di veglia il sognare coincide con losperimentare sensibile della coscienza.

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In realtà, l'Io sogna il suo stato di veglia elo sognerà finché il pensiero cosciente non siavvivi della incorporea corrente di vita chegli dà modo di essere pensiero: vivendo ilproprio essere, non alienandosi nel proprioriflesso: non facendo di una imagine sognanteil mondo, bensì realizzando lo stato di vegliaverace: il livello dell'Io, a cui di continuo siappella.

L'Io può suscitare nel pensiero il propriosuperiore stato di veglia, se consciamentericonosce nel pensiero fluente l'essere delmondo in cui ogni volta l'intuire predialetticodiviene risveglio del suo potere originario.

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Un pensato è pensiero immoto, ricordo, omero nome: non è nulla, se non viene dinuovo pensato. Di nuovo pensato, si anima eil suo animarsi è pensiero pensante: sul puntodi esprimere la vita da cui in forma dipensiero si trae, ma inevitabilmente perden-dola nella riflessità. Pensante, dunque, inquanto limitantesi alla proiezione spettrale disé: all'astrattezza, senza la quale non saprebbeessere pensante. E questo è il limite di tuttol'idealismo di tutto il filosofare. Il limite cheva superato. La concentrazione lo supera,realizzando volitivamente la continuità delmomento pensante.

Normalmente non si ha il pensieropensante a cui si attinge ciò che, in quantopensato, è subito spento. Ma nel contemplareil pensiero farsi forma di ciò che, comeastratto “contenuto”, sostituisce il suocontenuto, questo infine può esprimersi.Allora è pensiero che si percepisce risorto,

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come vita pensante del mondo: ma nulla ha avedere con la dialettica o il filosofare, i suoiimpedimenti.

È il contemplare, al quale si dà l'essere delpensiero non ancora disanimato: per la primavolta non perduto nel pensare, ma affiorantecome essenza pensiero. Il pensiero ascende apensiero vivente, ritorna ciò che era inorigine.

In quanto non condizionato dalla riflessità,l'Io che si attua come soggetto delcontemplare è l'Io reale. È l'Io che nonnecessita del pensiero per essere, potendocontemplare il pensiero: può vederlo comeper ora l'occhio vede il mondo esteriore, o ilpensiero il pensato. Ma è un vedere che non èun arrestarsi ad esso, bensì penetrare l'essereche, come pensato, sembra stare di contro alconoscere, ma, essendo, è il conoscere stesso.

Obiettivo innanzi all'Io, il pensiero non èalterità, ma trasparenza. È l'occhio dellospirito, che non vede per sé, ma per lo spirito.Non è oggetto, se non per il meditare: perestinguersi di continuo come oggetto, perchési compia il meditare. Un oggetto veramentecontemplato come oggetto, non è nulla difisso: si anima e trasmuta, diviene tuttopensiero, che vive, pronto a cedere al suo“vuoto”, all'essenza.

L'Io, fuori della riflessità, attua il suo

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essere: contemplando il pensare, comincia acontemplare l'interiore realtà del creato: ciòper cui è creato. Che è più vero del creato,essendo il creato qualcosa solo in quanto,pensato, rimanda alla forza creante.

Contemplare il pensiero è la possibilità diporsi innanzi l'anima: vedere obiettivamenteil sentire e il volere, identificandosi non conle loro modificazioni egoiche, bensì con laloro sorgente incorporea. Ciò che si haveramente come oggetto, infatti, si estingueper essere avuto come essenza. Nel pensarevivente, pensare sentire volere sono uno.

Ma è parimenti essere nel pensiero da cuigermina la storia dell'uomo e del mondo:perché questo pensiero è operante e dal suooperare non si è presi: si merita di esserneradicalmente emanatori.

Chi contempla il pensiero, è libero dallanecessità di legarsi a determinati pensieri,avendo come oggetto il pensiero che pensa sestesso e che non ha senso pensare, come nonha senso pensare un colore.

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Nel pensiero riflesso, nel pensiero che nonsi manifesta come forma di sé, ma solo comeforma di un “contenuto”, che sembra darsi esimultaneamente chiudersi nella sua alterità,l'Io è semplicemente sognante. Nel pensareriflesso, in effetto manca il soggetto pensante,essendo esso stesso riflesso, ossia meramentepensato, come tutto ciò che, in quantopensato, non è: riportato perciò al sentirecorporeo. Di cui, tuttavia, anche quando nonsi avverte, si sa mediante pensiero.

In sostanza, pensando l'apparire minerale,si pensa qualcosa che già come imagine delmondo è tessuto di pensiero: assorbito inun'oggettività che si crede avere ma non si ha,perché si ha come appare: riflesso di unriflesso. Onde ciò di cui è duplicementeriflesso, è ignorato. È ignorato il Logos delmondo, la vita radicale del pensiero e di ogniente.

Perciò si pensa il nulla: che, soltanto dopo

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la morte, si vedrà come il nulla, che si ècreduto di percepire, che si è pensato e percui si è gioito e sofferto. Ma è il pensare ilgioire e il soffrire attraverso cui l'Io comincia,sia pure ottusamente, a operare.

L'Io pone di continuo un segno nelpensiero. In ogni pensare individuale, siapure riflesso, astratto, estinto come correntedi vita, l'Io, come io riflesso, affiora. È la suaforma inferiore, l'ego: il cui conoscere esigela contingente visione spazio-temporale, chea torto si ritiene l'essere, onde si crede poterpersino conoscere altri mondi già categoriz-zati secondo tale vedere spazio-temporale,mediante il quale non si comprende neppureil proprio mondo.

L'ego non può conoscere alcun oggetto inquanto oggetto riflesso e, come riflesso, pen-sato e a sé sufficiente, non esigente penetra-zione, ma solo indefinita serie di rapporti ri-flessi o astratti. Solo se l'Io fosse presente,l'oggetto potrebbe essere conosciuto; ma l'Iopuò essere presente non dove si estingue lacorrente del pensiero, bensì dove è viva. Nelpensiero vivente, l'essere dell'oggettocoincide con l'essere dell'Io.

È il pensiero vivente, senza il quale non sidarebbe pensiero pensante e di conseguenzaneppure pensiero riflesso, come sua negazio-ne. Ad esso si può risalire dal pensiero che

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normalmente si ha, o pensiero riflesso, pervia del pensiero pensante che non si ha, inquanto si estingue ogni volta esprimendosi,anzi balena nell'estinguersi. Se non si estin-guesse, non si avrebbe pensiero dialetticocosciente in quanto riflesso, ossia nonautentico, proprio nel suo essere dotato dinome e forma: pur avendo origine nelpensiero vivente. Il cui Logos si è incarnato eha dato il segreto del nome e della forma: cheoccorre ritrovare.

Ogni ente ha il suo nome segreto, cheattende essere pronunciato dall'uomo, inquanto egli ne ritrovi in sé l'insostanzialeluce, come vivo pensiero creante.

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Vero uomo comincia a essere colui che savedere, anche senza ancora direttamentesperimentarlo, la priorità del pensare comeinsostanziale luce del tutto, di cui ognipensare e rappresentare mediante forme non èche modificazione. Modificazione necessaria,finché l'uomo è pago di avere il pensierocome forma di qualcosa d'altro, che non èpensiero ma si dà per via del pensiero, ed è ilmondo: perciò inconosciuto, come ilpensiero.

Nel pensiero informale, o pensierovivente, l'oggetto coincide con il soggetto:finché non coincida si avrà sempre l'illusione“realistica” che l'oggetto, come oggetto,preesista al pensiero. Ciò che sembra a tutti.In realtà preesiste solo ciò che effettivamenteprecede il pensiero ordinario, o riflesso, ossiail principio onde è possibile la riflessità e cheè prima dell'esser riflesso: il pensiero vivente.Che nelle cose, negli oggetti, negli eventi,

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pietrificato e sostanzializzato, può esserveduto come l'astratto pensiero dell'universo,che attende di essere realmente pensato:astratto solo innanzi al conoscere umano.Pensiero che fu vivente ed è ancora viventenell'essenza pre-dialettica del pensiero, mache per l'uomo comune si cela nella formadella morta oggettività, poi che il pensieroriflesso non può se non astrarre dall'essere ilsensibile: il sensibile, che è meno di quel chefluisce nel percepire. Il sensibile astratto: chesi crede concreto ed è concreto, ma non sirealizza come tale.

È la natura, la fattualità, la soggettiva vitadell'Io, la contraddizione non afferrabile dalpensiero che ne sia già un prodotto: il mondodelle cose e dei fatti, che sta di contro alpensiero come alterità, nella misura in cuiquesto proietta nella loro forma il suo limite,traendone significati di cui il suo limite habisogno per sussistere: limite che non precedeil pensiero, in sé libero di limiti.

Nessun oggetto preesiste al pensiero, se ilpensiero è consapevole di dare l'immediatotessuto che traduce il percepire in sensazioni,o in rappresentazioni: sensazioni o rappresen-tazioni di qualcosa che effettivamente c'è,non è soggettiva costruzione, ma la cuipresenza nel tempo, per la quale sembra giàesserci, è la relazione del pensare con il

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percepire. È l'inconsapevole inerire delpensare al percepire: la temporalità che sorgedal pensiero, in sé intemporale. Onde nelpercepire l'uomo può cogliere il tempo cometessuto di pensiero. Liberare il pensare nelpercepire, infatti, è sperimentare il tempocome presenza.

La successione temporale non riguarda lecose, ma è propria alla relazione sensoriadell'uomo con esse: è la relazione conl'“apparire” forma inconsapevole del pensierovivente fornita al contenuto del mondo,ancora non penetrabile fuori della suaesteriore discontinuità, o frammentarietà:esigente la provvisoria connessione spazio-temporale. Che è sempre connessione ideale.

L'apparente preesistere delle cose alpensiero è la collocazione che fa di esse neltempo, epperò nello spazio, il pensiero,ancora incapace di afferrarsi nella propriaintemporalità, o nel proprio essere tessuto ditempo: che è la simultaneità, o il vero spazio.Ma parimenti il vero preesistere.

Preesiste infatti, l'essenza del mondo, laserie degli archetipi, che l'uomo ritrovapensando sino all'essenza il pensiero, che nonè più pensiero ma Logos, sostanza di vita:forza-pensiero che ogni momento pensa ed èprima del suo farsi velo di ciò che, velato, èchiuso nella esteriorità: che sembra preesi-

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stere. In realtà, non preesiste, ma sorge comeconseguenza del moto dell'Io, che sperimentail proprio immediato essere e provvisoria-mente lo trova nell'assoluto immediatoesteriore, lo spazio.

Anche sulla linea della progressionetemporale, l'animadversio dell'uomo a sestesso, precede l'avvertire il mondo, perchél'avvertire il mondo è sempre un riferirlo a sestessi, da momento a momento del tempo, mada un'essenza intemporale.

Essenza intemporale, perciò a-spaziale,onde non esiste un “fuori” o un “dentro”, un“oggettivo” o un “soggettivo”, ma soloidentità dell'Io con l'essere del mondo: con lastruttura pensante del mondo.

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Il mondo, lo scenario esteriore, indubbia-mente sono e sembrano preesistere all'uomo,che a un determinato momento compare e livede. Tuttavia, il momento autentico delconoscere è quello capace di afferrare non ilfatto ma il farsi, non l'oggetto compiuto - che,come si vedrà, appare nella sua esauritadeterminazione solo al pensiero astratto - mail processo onde si è compiuto o si vacompiendo: processo identico al processo delpensiero che lo ripercorre.

Il mondo veduto è il fatto congelato e,come fatto, fissato dal pensiero che ancoranon ha la capacità di penetrare l'interioritàdiveniente, o il farsi, del fatto.

Ma il farsi del fatto si dà come farsi delpensiero, che collega nota a nota e momentoa momento, e che non può avere in sé altroche pensiero: non cose.

L'oggetto veduto è l'oggetto che giàcomincia a essere pensato: assunto così come

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è veduto, in realtà viene arrestato in tale suoaspetto: nel quale, invece, il pensierodovrebbe, per virtù contemplativa, scorgere ilproprio moto, tendente all'assoluta identitàcon l'oggetto.Scorgendo il proprio moto, lo vedrebbeanimarsi nella cosa insieme con un piùinterno moto che sorge da questa e gli èpercepibile in quanto è uno con esso. È ilpensiero creante onde è nato l'oggetto.Pensiero che è vita rivelantesi nel pensieroche, donandosi ad esso, si anima dal suointimo di tale vita. Pensiero vivente. Nonesiste un reale obiettivo opposto al pensiero.Se qualcosa come reale obiettivo esiste, esisteperché già sorge come pensiero.

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Gli oggetti e gli stimoli del mondoesteriore sembrano precedere il pensiero. Maoc- corre essere svegli, per intendere comequesti si diano per un soggetto percipienteche va incontro ad essi mediante veicoli, odorgani, già provvisti della loro correlazionecon gli oggetti: correlazione grazie alla qualeessi costituiscono strutturalmente un unicomondo con quelli. A chi sappia guardare, iprocessi fisici correlati agli organi dipercezione non hanno nulla a vedere con ciòche essi trasmettono al soggetto del percepire.Questo precede e determina, con il pensare, lafunzione della correlazione. Perciò il pensarepreesiste al percepire.

La correlazione invero è la correlazioneper l'Io, senza il quale essa non sarebbe nulla,riflettendo l'alterità necessaria perché l'imme-diata animadversio in cui esso comincia aessere presente si faccia autocoscienza e sicontinui. La correlazione è vitalmente il moto

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del pensiero, che diviene cosciente solo làdove si fa riflesso e astratto.

Preesiste forse il mondo esteriore alpensiero? No, perché quel mondo esteriorenon è ciò che preesiste, ma ciò che cominciaa esistere per via del pensiero articolantesi nelpercepire. Quello che veramente preesiste èsupposto, ma non conosciuto, perciò assuntocome “essere”: provvisorio riconoscimentodel pensiero a qualcosa inconsapevolmentesentito come base, ma in effetto nonpercepibile ai sensi. Pensiero pensante delcosmo: non presupposto, ma interno alpensiero che acquisisca coscienza basale disé, sino al potere del proprio trascendimento.

È il pensiero vivente, del quale in effettonon si può dire che preesista al pensiero,essendo il suo essere intemporale, ossiaessendo né prima né dopo il pensiero chepensa, per il quale soltanto, in quanto riflesso,sorge la categoria del tempo.

Tuttavia l'uomo, nella sua normaleattitudine realistico-ingenua, ritiene che lavita come scenario esteriore preesista alpensiero: non s'avvede che egli suppone lavita e, supponendola, la identifica con ciò chevede, senza in realtà vederla, perché vedesoltanto le manifestazioni fisico-sensibilidella vita, non la vita. Vede soltanto unarealtà esteriore che sembra preesistere al

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pensiero, perché gli sta dinanzi: ma gli stadinanzi come evento il cui limite è limitesorgente solo per il pensiero che l'assumecome oggettività altra da lui, pensato in cuinon riconosce il proprio moto. Non saravvisare congelato nelle cose il pensierovivente: il pensato dell'universo che egli puòripensare, essendo questo il suo còmpito, mache egli pensa come un impensabile, o cosa.

Può ritrovarlo vivente soltanto se in séritrova la vita: è un evento simultaneo. Percui, se, guardando il seme di una pianta, egliattentamente mediante imagine pensa il suosviluppo in albero fiori e frutti, può giungeread avere vivo innanzi a sé il pensiero di ciòche quel seme, in effetto, invisibilmente con-tiene. Quel che si anima nel pensiero coincidecon ciò che nel tempo si manifesterà, essendocompiuto nell'essenza. Nell'essenza checomincia a darsi, come pensiero, imagineviva, la realtà di ciò che è contemplato sorge,o risorge.

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L'uomo vede soltanto le manifestazionidella vita, ossia ciò che dalla vita è mosso eche egli percepisce come fatto, non comefarsi. La relazione tra un momento e l'altrodel prodursi di un fenomeno, o deltrasformarsi di un'entità organica, o di unessere vivente, è relazione di pensiero, nonpercezione. Si tratta di aver coscienza dicome opera il pensiero indipendentemente dalsuo farsi dialettico: non limitarsi al suo usorelativo agli oggetti, in vista dei risultati.Occorre vedere che cosa nel conoscere, vienedal pensiero e non potrebbe mai venire dallapercezione: così da afferrare l'obiettività delpensiero.

Ogni percepire è quel determinatopercepire, perché con esso ogni volta sicombina un moto interiore: pensiero noncosciente, in quanto più profondo e autentico.La cui incoscienza lascia libero il campo alpensiero riflesso, che immediatamente nel

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mondo organico suppone la vita: vita chel'uomo crede di percepire e non percepisce,ma potrebbe percepire come vita, ove in séafferrasse quel moto interiore. Moto delpensiero vivente.

In realtà, nulla il pensiero può avere in séche non sia del suo stesso tessuto, nullainnanzi a sé che non sia pensiero. Lapercezione è sempre la percezione avvertita, el'avvertire è pensiero, anche se non è pensierocosciente.

Afferrando il proprio pensare, l'uomo puògiungere a sperimentare come impersonaleattività il pensiero soprarazionale, o cosmico,che ha pensato e pensa il creato. Sperimentail trascendente nell'ambito della individualità:che è portare innanzi la creazione, terrestre-mente paralizzata dal pensiero riflesso.

Il pensiero dell'uomo, ritrovandosi vivente,attua in sé il pensiero del Cosmo: che si èespresso nel linguaggio del creato, perrisorgere pensiero dell'uomo: non certorazionalismo. È pensiero che, individuandosi,eppur rimanendo inalterata la sua virtùoriginaria, non ripete il già fatto, né è lalogica del già fatto, ma è il farsi ulterioredella creazione.

La creazione si continua come pensierovivente dell'uomo.

L'ideare umano, ove sia autentico, è il

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fiorire dell'albero della vita. Il segreto delpensare è la sua intima trascendenza, pronta arivelarsi: ma può rivelarsi solo dove èdivenuto immanente, individuale, in sécapace di assoluta autonomia.

L'autonomia del pensiero è la sua realtàsovrasensibile. Ma non è un dono gratuito: èla conseguenza del suo unirsi con la volontà,là dove tale unione, o fusione, non dipendedalla natura corporea, ma dal volutotrascendimento di questa natura,potenzialmente insito nel pensiero, in ognipensiero, ove sia pensato dall'Io. Occorre chel'Io sia nel pensiero: presente, ma nonavvertito, silenziosa potenza del pensierovivente. Normalmente è raro che nel pensierosia presente l'Io: occorre invero una ascesispecifica del trascendimento.

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Il lungo affaticarsi dell'uomo per usciredalle strettoie dell'illusione, come dallacontraddizione del dolore e della morte, è insostanza un inconsapevole ricercare lesorgenti del pensiero, con cui edifica lapropria vita; ricerca alla quale egli hacominciato a operare da quando la saggezzaoriginaria, la tradizione, ha cessato di pensareper lui. Cessò gradualmente di pensare perlui, allorché nacque il pensiero individuale, incui l'Io, sia pure riflesso, cominciò ad esseresoggetto, in quanto soggetto pensante: eancora non veramente pensante, in quantopensante nell'astrattezza.

Da quando il germe dell'autocoscienza ènato, ciò che veramente ha fatto procederel'uomo è stato non quello che egli ha pensatoe tradotto in sapere e progresso esteriore, mala vitalità spirituale di quel pensare, la suapotenza morale, che nella cultura e nelprogresso ha avuto soltanto le inessenziali

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incidenze: progresso e cultura non veri in sé,ma soltanto per quel che del pensaresovrarazionale mediante essi si è animato,lasciandoli quali suoi segni. Che, come segni,sono morti, non sono spirito, non sonocultura: espressivi soltanto per il pensare chepossa ravvivarli secondo la propria intimaforza, secondo la vitalità che è il suo veroessere, indipendente da ciò che quellisignificano all'intelletto.

L'essere del pensiero è ciò che radicalmen-te opera nel mondo: non ciò che vienedeterminatamente pensato e che, come sapereo come storia, si tramanda di generazione ingenerazione. L'essere del pensiero è lo spiritonella sua infinità, avente in sé il sentire e ilvolere, nella loro incorporea essenza. Non è ilpensare, ma il suo Logos, o puro principio,che pensa tutto il pensare dell'uomo,animandosi direttamente in quei rari pensieriche non rinunciano, sia pure nell'ambito dellanatura, alla sorgente da cui scaturiscono.Sono i pensieri che tendono a far fluire nelmondo la vitalità spirituale ordinariamenteestinta nel tessuto dialettico delle idee e delledottrine, costituenti il livello del sapere: vigiacciono infatti come inanimata nozione, ameno che un nuovo pensare non le assumacome mezzo per il suo rivivere.

Ma altro è il mero ripensare le idee, altro è

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il rivivere il momento creativo pre-dialettico,che si aliena nella loro forma, essendo laforma dialettica la riflessità che, assuntacome valore, diviene il falso continuo di unacultura tratta bensì dallo spirituale maopponentesi ad esso, anche quandofavoleggia lo spirituale.

La più alta dottrina dello spirito, congelatanella forma riflessa, in cui necessariamente siesprime, può divenire dogma, esigenteconformità, piuttosto che vita interiore, se ilpensiero non la fa risorgere dal propriooriginario essere. Tanto originario essere,però, risorge, per quanta luce di pensiero puòaccendersi da essa. Ciascuno vi ritrova laluce-pensiero di cui è capace e che .il MondoSpirituale gli consente.

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Il pensare, per valere nell'umano ciò che èprima di riflettersi come pensiero, ossia peressere pensante secondo il suo essere e nonsolo in quanto pensi un determinato oggetto,non esige soltanto il momento del “pensieropensante”, o l'“atto” del pensiero, comunquepresente in ogni effettivo pensare - che è lapossibilità interiore ogni volta smarrita -bensì anche il volere il momento del pensieropensante: che è più che un essere pensantisecondo lo spontaneo processo del pensiero,contraddicente, in quanto riflesso, il moto dacui nasce, onde, come ordinario pensiero, èsempre opposizione allo spirito.

Il volersi nel pensare è il puro motodell'Io: l'aprirsi immediato allo spirito:ingenuamente richiesto a mediazioni varie dalpensiero riflesso, che non ravvisa in sél'elemento spirituale che si va rappresentandomisticamente o metafisicamente, fuori di sé,fuori del suo essere.

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Ascesi vera è quella del pensiero che sivoglia talmente nella determinazione di sé, dasuperare il limite della riflessità propria aquesta, animandosi di un volere che, inquanto si articola nel pensare, può volersi nonsecondo il moto abituale nella corporeità, maattingendo direttamente alla sorgenteincorporea, superumana.

Il vero pensiero è il pensiero che vuole:pensiero che penetra il mondo, o si dona, o dàluogo al silenzio, sparendo nell'essenza,perché vuole. Questo volere è vita fluente delLogos.

Volgendosi attentamente ad un oggetto,per la sua ascesi, il pensiero a un determinatomomento si anima, presentandosi comel'essere dell'oggetto. L'oggetto sparisce comeciò che si oppone al pensiero: sorge comeessenza. Il pensiero, pensando con coscienteintensità un oggetto - quale che esso sia -comincia a essere il pensare dell'Io, o dellospirito: ha infatti l'oggetto, non è avuto daesso: che è il superamento della contingentedualità. Contemplato nella sua profondaoggettività, il mondo affiora nell'intimodell'essere pensante, uno con esso.

Il pensiero si apre alla propria radicaleforza, il cui fluire, insistendo, supera i limitinei quali ordinariamente è concluso l'oggettoe per cui l'oggetto è legato a una determinata

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forma: l'essere del pensiero è uno con l'esseredell'oggetto, di là dalla provvisoria relazionedella riflessità.

Non ha importanza che cosa sia sceltocome pensato da ripensare, ossia l'oggetto delpensiero, ogni pensare appartenendo all'unicadimensione della riflessità ed equivalendositutti i temi rispetto all'essenzialità della forzache si aliena nella loro dialettificazione. Nonv'è pensare che non sia la proiezione inferioredell'essere trascendente del pensiero.

L'essere trascendente del pensiero, infatti,ha bisogno di farsi immanente, determinan-dosi in idee, concetti, o rappresentazioni, peresprimersi allivello del mentale umano. Sidetermina per oggetti o temi, ciascuno deiquali perciò è il tema o l'oggetto che puòdivenire veicolo del pensiero, che lo pensa,ogni volta attingendo alla propria scaturigine.Ogni tema o oggetto può condurre all'essenzadi tutti gli altri: nel cuore del mondo, graziealla concentrazione.

È il pensiero che l'uomo non ha ancora lacapacità di accogliere come contenuto diretto:che è il senso ultimo del pensiero. Comecontenuto diretto, è il Logos, pensareuniverso, in cui l'uomo attinge i pensieri cheriesce a pensare indipendentemente dallapropria natura.

È l'esperienza della libertà, che la presente

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storia dell'uomo esige, inizialmente almenoda pochissimi, come virtù di orientamentodell'umano, secondo il Logos che edifica lavita, ma perciò distrugge ciò che si opponeall'edificazione della vita.

La trascendenza del pensiero può farsiogni volta immanente, grazie al volere puro.È questo che, insistendo nel propriomovimento, supera ogni patimento umanodovuto alla condizione dell'immanenza privadella luce della sua trascendenza, e perciòriedifica la vita: realizza l'umano secondo ilLogos che trasforma, anzi resuscita, l'umano.

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L'essere del pensare, o potere ideante, oidea originaria, per essere, esige l'intensità diun pensiero che in ogni suo punto lo accolgacome nel momento del suo scaturire, inquanto in ogni momento abbia il suo oggettocome pensiero di ciò per cui può esserequell'oggetto.

In ogni momento tale pensiero è perciò ilprius, il darsi interiore del movimento ondel'oggetto è sino all'apparire, ossia sino allaprima animadversio. Di continuo vieneattinto il punto in cui il fluire pensanteprecede il fluito, che si ha come pensiero eimmediatamente come pensato: in cui quellonon è mai concludibile.

È evidente che non si tratta di “trapasso”da un tipo di pensiero a un altro, bensì diintensificazione di uno stesso pensiero. Sitratta della intensificazione del momento pre-dialettico, immediatamente perdutonell'ordinario rappresentare, ossia della

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possibilità di sperimentare con intensità ilpensiero, che da prima non può non essere undeterminato pensiero - rappresentazione, oconcetto, o giudizio - ricostruito secondo ilprocesso della sua determinazione, sino a chemediante esso si esprima la forza per cui puòessere, riflessamente, quel determinatopensiero. La cui verità è dunque la suapossibilità di sparire ogni volta in ciò da cuinasce, per rinascere come obiettivo potere dipensiero.

Nessun determinato pensiero reca quellaforza e tutti scaturiscono da essa: onde laverità non può appartenere ad alcun pensato -e di conseguenza a nessuna dottrina, o scuola,o accademia, o corrente spiritualistica - ma alpensiero nel quale viva la forza onde nasconole verità e le dottrine. Che non è piùl'ordinario pensiero.

La verità è appunto questa forza, non ledottrine che la dialettificano, onde nessunconoscere la verità è la verità, ma solo ilconoscere in quanto espressione di tale forza:non il conoscere che si persegua per il sapere,ma quello a cui si subordini ogni sapere. Ilvero sapere è il pensare che sappia esserepensiero: puro conoscere.

Le determinazioni del pensiero possonoessere ravvisate come vie dello spirito dalmolteplice e dal contingente, al ritrovamento

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del pensiero uno, o pensiero originario delmondo, manifestantesi come pensieroindividuale. Il Logos esige divenire potere diluce individuale, responsabilità, libertà.

La trascendenza del pensiero, ogni voltarealizzata come determinazione, segreta-mente esige che tale atto doni la propriapotenza: nell'immanenza sia ritrovato comepotenza del volere il Logos. Il segreto di tuttol'operare, il lottare, il soffrire umano, èquesto: ritrovare la potenza dell'atto che ognivolta si compie, volitivamente pensando: laluce che risolve la tenebra della psicheumana.

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Il pensiero, sempre disanimato nel suoessere assunto riflesso, in sostanza, cosìriflesso, si dà. È perciò il darsi che può essereavuto sino a ciò che essenzialmente si dà. Sipuò aprire ad esso il varco con il volere, che èil darsi dell'Io, illimitato.

Il pensiero può animarsi e vivere, se siinsiste volitivamente nel processo per cui siproduce, pensandolo non in quantocondizionato da un oggetto, ma in quanto,posto un oggetto, lo si pensi cosìintensamente, da afferrare obiettiva l'attivitàpensante: che si realizza indipendentedall'oggetto, e autentica appunto per taleindipendenza.

Lo sperimentare la propria attivitàpensante è un grado più alto del pensiero,ignoto all'ordinario raziocinare come allospeculare filosofico, ma altresì a quelmeditare che, ignorando il processo delpensiero, in quanto processo della riflessità,

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ignora quale conversione debba compiere insé per non essere illusorio. Per via di talesperimentare, si può scoprire come ognioggetto sia in definitiva un pretesto almanifestarsi del pensiero, che abbia adafferrare se stesso.

Il vero pensiero non è il pensiero giàcaduto nella forma come forma di una cosa odi uno stato d'animo o di un giudizio, o di unsapere - che può anche essere saperespiritualistico - ma il pensare grazie a cuiquesta forma sorge, onde l'oggetto si dà comepensiero, non veduto come pensiero, perchési crede di vedere l'oggetto. Ma è questopensiero che va conosciuto per quello che èin sé, prima di darsi come forma dell'apparireo del sentire. Ed è la via per la qualeunicamente il mondo delle parvenze e deglistati d'animo cessa di essere la condizionedella vita della coscienza divenendo materiaal suo indipendente sperimentare, sino allalimpidezza dell'anima.

Ogni volta che si pensa, il pensiero è sulpunto di vivere, ma immediatamente la suavita, proiettandosi nella forma, si arresta.Questa vita può anche essere indirettamente omediatamente evocata in un pensarecosciente: se ogni volta un pensiero è pensatodal suo nascere e, per dignità e senso delvalore, non ci si allontana dalla fonte in cui

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nasce, pur continuando a dargli forma eparola. Ma è l'attività di pochi momenti e dirari uomini.

Tuttavia, anche questo caso, quandoeffettivamente si dia, non è ancora quello incui si sperimenta il pensiero vivente, inquanto si attinge minimamente al suo fluire:si deliba di quell'“acqua di vita”, ma a pattodi non averla allo stato puro e di ignoraredonde e come scaturisca: quale possa esserela sua vera virtù. Essa è avuta solo nel suouso, in relazione ad altro: nella suaalterazione.

Non si ha il pensiero come tessuto stessodella verità, onde s'inverano i pensieri cherendono vero il mondo. Non si ha il pensierocosì come per ora, in veste di pensiero si ha lapercezione delle cose del mondo. Anche se sipossiede la logica del pensiero vivente e dellaliberazione cognitiva, l'accensione delpensiero vivente viene comunque accordatadal Mondo Spirituale, ove sia conseguito queltrascendimento di sé che è nel pensiero ognivolta, ma esige, per essere avvertito, lalimpidezza dell'anima.

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Possiamo attingere al pensiero vivente pervia di determinati pensieri, che risorganocompiutamente come nostra attività. Neppurequesti preesistono al pensiero, in quantos'inverano solo divenendo il pensiero che lipensa. Non v'è, infatti, altro pensiero fuori delpensiero che pensa; mentre, come si è visto,solo illusoriamente un pensato preesiste alpensiero. Il momento del destarsi di unpensiero è il suo momento intemporale,ancora non dispiegato in concetti né rivestitodi proposizioni: intemporalità che logica-mente precede il processo dialettico, esigentela successione temporale, essendo essa sintesisorgente nel pensatore che, sul punto diesprimersi, sappia in un solo istante quel chepensa e che dispiegherà in concetti e inproposizioni.

Un pensiero, ove sia pensato con insisten-za, così che nella sua determinatezza fluiscaintensificato l'elemento interiore o momento

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creante da cui necessariamente deriva, puòcondurre al proprio essere vivente. Non vienesperimentato il pensiero vivente in sé, ma sene accoglie la forma con cui primamente simanifesta nell'anima: forma normalmentealienantesi come veste di supposti contenuti,mentre essa è il vero contenuto. Da ritrovare:il trascendente da rendere immanente.

Simile esperienza esige la consapevolezzache l'accrescimento interiore derivante daessa non si deve alla particolare determina-zione del pensiero, ossia al senso di ciò cheviene pensato, ma alla indeterminata forza-pensiero chiamata in alto mediante quella:grazie al volere pensante, o pensiero chevoglia insistentemente se stesso nel punto delsuo determinarsi.

Attraverso le determinazioni del pensiero,ove siano ravvisate come tali, si può risalireal pensiero puro, o pensiero potente, perchévuoto di pensieri. Ma tale possibilità deveessere decisione dell'uomo, essendo la logicastessa del processo del pensiero: non puòessergli offerta da un'evoluzione naturale.Ordinariamente, infatti, le determinazioni, nelloro essere forma interiore del percepire, sonovedute necessarie in sé e identificate con icontenuti di cui sono veste, onde, peresempio, la molteplicità esteriore si proiettacome serie di fatti nella vita interiore,

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dominando regolarmente il pensiero. È lacontraddizione che viene consacrata scientifi-camente, divenendo l'intricata foresta delleparvenze, da cui non si esce che con il sonnoo con la morte: o con l'ascesi del pensiero.

È questa ascesi il senso ultimo dellacontraddizione: il ritrovamento del Logosmediante ciò che lo immette come attivitàindividuale nella coscienza, il pensiero. Ilpensiero non appartiene all'uomo, ma alLogos: tuttavia diviene individuale nell'uomo,perché egli, mediante esso, possa giungere alLogos.

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Chi si educa alla contemplazione delpensiero, secondo il canone ricavabiledall'osservazione del suo processo tipico,sperimenta l'obiettivazione del pensierorelativo a un oggetto - che è il pensieroordinario, pensante o pensato - comepreparazione all'obiettivazione del pensarestesso, grazie a insistenza nell'iniziale motodel pensiero: che è in sé la luce-Logos delpensiero.

È la concentrazione, o intensificazione, delmomento pre-dialettico del pensiero,sperimentabile da prima indirettamente, inquanto si volga tutta l'attenzione pensante aun oggetto. Questo, a un determinatomomento, cessa di essere limite al pensiero, ocosa assunta come pensiero, divenendo essostesso tutto pensiero. Atto che viene pensato,sino a che esiga qualcosa di più che esserepensato: contemplato.

Non v'è oggetto che non si dia come

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pensiero; ma è sempre il pensierodell'oggetto, non è veramente il pensiero chepensa l'oggetto: pensiero sperimentabileunicamente come volitivo atto che afferri sestesso nell'oggetto, assumendo la propriaforza nella forma per la quale esso è“materia”. L'oggetto come oggetto siestingue, lasciando libero il pensiero. Ilpensiero pensante è quello che non viene maiveramente pensato, proprio perché pensantequalcosa. Esso non può essere che immobilespeculazione, se non si fa esperienza, ossia senon attua la vita che lo fa essere pensante:onde si possa essere pensanti nel pensiero enon in ciò in cui esso si annienta. Che è la viadella meditazione.

La differenza tra l'intuizione filosofica delpensiero pensante - che, quando si dia, è essastessa pensiero pensante - e l'esperienza diesso, o meditazione, è la stessa che quella tral'acqua che si evoca per desiderio di bere el'acqua che, bevuta, disseta.

Normalmente l'anima esprime il male delmondo, che non viene dal mondo, ma daldipendere di essa dalla corporeità e perciòdall'aver essa smarrito la sua natura spirituale,cioè la forza che domina la corporeità.Occorre che agisca nell'anima qualcosa che,pur appartenendole, abbia il potere ditrascendere la dipendenza di essa dalla

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corporeità e di ridestare in essa l'elementoparalizzato della perennità. Questo qualcosa èil pensiero, il moto originario della coscienza,che ogni volta, nel momento pre-cerebrale delconoscere, si accende della luce del Logos,ma ignorato, contraddetto nella riflessità.Dalla quale non si esce con la teoretica del“pensiero pensante”.

Il vero “atto” è il volere del pensiero, cioèl'essere del pensiero, che incontra il Logosdel mondo. Ma tale atto si apprende soltantonella meditazione, o nella concentrazione:grazie ad esso, si realizza nell'essere delpensiero l'essere del mondo, la scaturigine delCielo e della Terra, il segreto della connes-sione originaria con ogni creatura.

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Il pensiero sembra sufficiente, quando sialogico e penetrante, o sottile, e in quanto diacontezza del mondo, delle cose, degli esseri edi se stessi, degli stati d'animo, dei ricordi edegli stessi pensieri. Ma questo non è ancorail vero pensare: non è ancora il pensare chenon necessita di temi o oggetti per avereconcretezza avendo in sé il fondamento:fondamento, mediante esso, cercato in altrienti: enti pensati, senza coscienza di averlisoltanto come pensiero.

I fatti, le cose, gli esseri, il mondo, esigononon il sapere con cui l'uomo li sistema -anche se questo sapere a un certo livello ènecessario - ma il conoscere: quello che,normalmente alienandosi come loro forma, èil loro iniziale essere, la possibilità del loroautentico essere. Il mondo esistente è ilmondo spirituale, non avvertito: il suo essereè negato nel pensiero che, per essereordinario pensiero, estingue il proprio essere

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e perciò non penetra il mondo, non si realizzacome potere pensante del mondo, trascen-denza del mondo. Non conosce il proprioLogos che è il Logos degli enti.

L'uomo ancora veramente non pensa, inquanto crede che il pensare gli sia dato perspiegarsi il mondo e gli accadimenti e sestesso. Ma ciò è indifferente al mondo, comeè indifferente allo spirito.

L'uomo deve poter scoprire che pensa ilmondo, le cose, se stesso, solo perché siastimolato a identificare il pensiero, chepenetra il mondo: per avvertire il pensiero,che non è mai avvertito, perché sempremescolato con le cose, usato a riempire ilvuoto guscio delle percezioni: infatti, ognivolta viene avvertito solo ciò che si pensa pervia del pensiero e che si dà come contenuto.Mentre il vero contenuto, direttamentesperimentabile, è il pensiero puro, da cuiscaturiscono i pensieri tessenti la formadell'esperienza ordinaria: esteriore e interiore.

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Il mondo giunge all'uomo già avendoforma tessuta di pensiero: che inizialmentenon è certo pensiero concettuale, ma, inquanto imagine, della stessa sostanza diquesto: non avvertita.

Il mondo così avuto e pensato non è ilmondo. Esso si dà come forma, o riflesso,assunto come contenuto, soltanto, acciocchési conosca la forza in virtù della quale nascela forma. La forma deve diventare contenuto,perché la forza formatrice è pensierooriginario: pensiero vivente, che infine puòriconoscersi in essa. E attraverso essa, puòattingere lo spirituale che si dà come mondosensibile. La forma pura del pensiero è ilcontenuto vero, la potenza pensante delmondo.

Il mondo può essere penetrato non dalpensiero che ignora dì essere astratta veste alsuo essere, avuto come apparire, ma dalpensiero che attui se stesso di qua dal limite,

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afferrando il suo farsi forma dell'apparire, oriflessità del mondo. Ma è questo pensieroche, afferrando se stesso, continua lacreazione del mondo, oltre il già fatto.

Ciò che ha fatto e fa il mondo, cominciaad affacciarsi nell'uomo, come pensiero, chesi dà come forma delle cose. Tale forma è insé forza creatrice, che il pensiero riflessoignora e contraddice.

Il mondo vuole essere penetrato dalpensiero che riviva il processo onde èimpietrato nelle forme, come natura, comepassato, come storia: perché queste forme,assunte fuori del processo da cui sono sorte, efatte sensazioni, imagini, pensieri, sono lanon-verità, che ammala l'uomo. In verità, ilmondo pietrificato è lo spirito: che urgenell'uomo come vita.

Queste forme non debbono diventarerealtà, brama, pensiero, ma essere mezzo alpensiero che acquisisca coscienza di essereciò per cui esse si danno come forme, fingentila vita: ché della vita esse sono solo il segno.La vita non è mai percepita, ma solo desunta,pensata, essendo essa incorporeo movimentodel pensiero e forza formatrice, di cui sicolgono soltanto gli effetti sensibili medianteil percepire.

La correlazione con la vita già è nelpercepire, ma nessuno ha il percepire

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nell'essenza, in quanto in nessuno èveramente desto colui che percepisce. Ilpercepire ordinario si dà al soggetto, ma perlui è il continuo inavvertito sfuggire l'oggettodella percezione, per sentire la propriacorporeità, i. e. ciò che in base alla coscienzariflessa può avere come sensazione di sé,rispetto al contenuto percettivo. Nessuno hamai il percepire, perché nessuno sa esserepresente ad esso, o essere “immobile” innanziad esso, o dedito ad esso più che allasensazione di sé.

Tuttavia si crede di percepire l'oggetto.Soltanto mediante pensare originario, non-dialettico, si accosta la vita: in effetto, maialcun organo sensorio ha bisogno dipercepirla, essendo esso strutturalmente unocon il mondo sensibile. Esiste, infatti, un solovero percipiente: l'Io. L'errore è il sostituirsidell'anima all'Io nel percepire, epperòl'inevitabile alterarsi del contenuto di questo:la dualità.

I sensi sono organi strutturalmentecorrelati al mondo: correlazione della qualel'anima sottrae per sé, nella sua sferainconscia, l'intima vita, e nella quale l'Ios'inserisce percependone consciamentesoltanto quel che in tale condizione gli è datopenetrare, risultandogli normalmente estraneoo altro il proprio moto fluente nei sensi, in sé

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identico al moto della vita del mondo. Salvoche esso non desti il pensiero vivo, o ilpercepire puro: che colgono la vita una.

Vita: moto incorporeo come il pensiero:perciò pensiero dell'universo: pensante laforma dell'uomo. Onde si può dire che lanatura è il pensato dell'universo, l'astrattezzache attende di essere nuovamente pensata,tolta all'apparire, che è il primo moto con cui,non avvertendolo, il pensiero la fissa in ciòche essa sarebbe per essere e non giunge adessere. I sensi ne alimentano l'alterità.

Ancora veramente il pensiero non incontrala natura, perché la dualizza: non sa pensarla,non essendo esso il pensiero che libero dinome e di forma, può lampeggiare comeintima luce, o pensiero creante, di cui quellaappare pietrificazione. Ma è la pietrificazioneche, già semplicemente o pensata, comincia arisolversi, per ricadere tuttavia, ogni volta, inciò che appare pietrificazione nella dualità,non essendo il pensiero consapevole del suopotere solvente: potere intimo del pensare,che entra in azione nel volere liberamentevoluto.

La natura è l'astrattezza contingente alpuro moto vivente che in essa si alienatendendo a ritrovarsi mediante l'uomopensante. La forma nella quale essa puòrisolversi è quella attraverso cui vorrebbe

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essere percepita con la forza-pensiero, ognivolta evocata ed estinta per essere soltantoastratta forma. Con questa forza-pensiero,l'unità originaria del mondo tende ad affiorarenella coscienza umana, come impulsoulteriore di evoluzione: superamento dellaparvenza, dell'astratta forma, della dualità.

Questa sintesi è richiesta al pensiero,perché esso la reca in sé trascendente, dicontinuo in procinto di redimere il mondosecondo il Logos, ma di continuo impeditadal volere non libero, che compenetra la suaforma riflessa, la dialettica, la dualità:normalmente esso venendo manovrato dallepotenze che avversano il Logos appenaaffiorante nel pensiero, ma dominante ilmondo. Il Logos domina il mondo, anchequando questo sembra sottrarsi al suodominio.

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Gli enti del mondo, gli oggetti, i fatti, glistati d'animo, possono esser veduti non comeenti, oggetti, stati, fatti, ma come ciò chedeve stimolare il pensiero: perché il pensierosia se stesso rispetto ad essi. Allora sonoveramente veduti, perché si vede ciò in cuicominciano ad essere: qualcosa d'altro. Ilpensiero infatti si esprime come loro velo oveste o forma, onde vengono assunti comereali; mentre reale ancora non è nulla.

In effetto il pensiero, divenendo attivitàrappresentativa e concettuale, evoca un realedel quale ignora di fornire la forma, e che,essendo reale solo nella riflessità, è già derea-lizzato.

I fatti e gli stati d'animo, una voltaprodottisi, sembrano irreversibili, in quantosolo come divenuti sono percepibili, nondivenienti. Ma la ragione di ciò è che non si ècapaci di afferrare e risalire la corrente dipensiero che dà modo ad essi di accamparsi

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come fatti nella coscienza. Il pensiero, infatti,è, mediante la contemplazione, reversibile: sipuò risalire al suo nascere. È l'attività, l'unica;che può conoscere se stessa, il suo proprionascere.

Gli oggetti si danno per stimolare ilpensiero, così che esso risalga in sé lacorrente interiore della cui privazione sono ilsegno. Non si danno per subordinare a sé ilpensiero e per assurgere a una realtà a cui sianela e che si fa fondamento di una cultura,di cui solo il dolore e la morte possonomostrare la provvisorietà.

Le cose, i fatti, gli stati, sono logici segni:pretesti per il pensiero, che affiora incono-sciuto: usato ma non veduto, anzi, pensabileproprio in quanto non veduto. Veduto nellecose, nei fatti, negli stati: nei pensati. Nonveduto come pensiero. Ma tutto il giuoco èper questo: che esso entri tanto nell'esperien-za, che l'uomo lo avverta obiettivamente e diconseguenza risalga il suo fluire, sino ariconoscerlo come ciò che ha in sé il suofondamento. E lo cerchi, perché l'essenza acui egli tende, delle cose e di sé, è quelfondamento: che rende uno il mondo.

Il pensiero deve prima legarsi a determi-nati contenuti, per esprimersi al livellodell'esperienza sensoria, rinunciando provvi-soriamente a essere ciò che è prima di questo

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suo legarsi: necessario all'autocoscienza. Intali condizioni, non il pensiero media ilmondo - come dovrebbe avvenire - ma ilmondo non avvertito nel suo darsi, che è giàpensiero, in realtà media il pensiero: ilpensiero che deve ancora essere conosciuto eal cui conoscere l'uomo resiste con tutti ipensieri possibili, vincolati al mondo,vincolanti l'Io alla visione duale.

Il vero pensiero non è stato ancorapensato. Fatti, cose, emozioni e istinti nondovrebbero aver valore in quanto, afferrandoil pensiero, divengano la realtà che dominal'uomo ma in quanto il pensiero possa dicontro ad essi percepire il proprio essereinalterabile e volgere mediante essi allapropria essenza: per stimolare la cui ricercaessi sostanzialmente si danno, anelando adessa come alla loto virtù integratrice.L'essenza è l'Io.

Solo il puro pensare può assumere in sépuro il sentire, che nei moti istintivi e neglistati d'animo si corrompe. Onde è il principiodi un amore che non si corrompe: che,immergendosi inalterato nel mondo dei sensi,può donarsi illimitatamente all'umano.

I moti istintivi e gli stati d'animo si dannonon per essere sofferti, ma per suscitare ilpensiero: certo non il pensiero dialettico, maquello che, giungendo a percepire se stesso,

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giunge a percepirsi nel loro essere, che è, allostato puro, la sostanza di vita in quellialteratasi. Essi si danno per essere non subiti,ma sperimentati: perché l'Io non li abbiacome forme del suo soggiacere alla natura,ma attui ciò di cui essi sono suscitatori dallaradicalità della natura. Essi chiedono all'Io lasua autonomia, che è loro autonomia, per laquale essi possano esprimersi liberamente nelmondo, operando come forze creatrici, nonpiù distruttrici.

Il pensiero terso di dialettica, in sé vuotodi pensieri, è la luce prima del pensare delsentire e del volere, che riconduce a puraemanazione d'amore il calore sotterraneodegli istinti. Innanzi a tale luce, tutto ilpercepire è santo: essendo l'alimento terrestredello spirito.

Il contenuto sensibile si dà soltanto peressere percepito, ossia solo per colui chepercepisce. Ma colui che percepisce non èl'essere corporeo: è l'Io. Nell'Io è il Logos.

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Il pensiero, rivivendo, giunge asorprendere il proprio moto immediato nellaveste con la quale gli si dà il percepito. Lapercezione infatti sorge in quanto già assuntain una forma, che è incontro inavvertito dellapiù pura attività interiore individuale, opensiero pre-dialettico, con il mondo. Taleincontro appartiene alla spontaneitàdell'essere naturale dell'uomo, al puntoattuale della sua evoluzione. Rispetto ad essosi è dormenti o sognanti, perché se ne cogliesoltanto la tangenza con la coscienza riflessa:come fatto percettivo, avente la propriaoggettività: fittizia, perché opponentesi alpensiero e dominata dalla correlazione congli istinti.

Il percepire è sempre per un soggetto: chedeve esserci, deve esser presente, se ilcontenuto del percepire deve essereconosciuto per quello che è nell'essenza e nonper la soggettiva reazione senziente-razionale

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al fatto sensorio. È un contenuto che non hanulla a vedere con questa reazione, né conl'apparato fisiologico dei sensi, la cuifunzione è esclusivamente trasmettitrice.Onde si può dire che rari uomini hanno ilpercepire. Normalmente si percepisce ilproprio reagire, non l'oggetto, che permaneinconosciuto: limitante il pensiero. Ma solo ilpensiero può porre a sé un limi- te: che èinavvertito pensiero.

Lo sperimentatore può cogliere il segretofluire del pensiero, prima che come dialettica,come forma immediata del percepire. Primadel tradursi di questa in sensazione, o in rap-presentazione e in correlazione mnemonica,egli afferra il segreto incontro del proprioessere con l'essere del mondo. Che è il verosenso del percepire, in quanto non rimangaun fatto fisio-psichico, ma sia ciò che si dàper il percipiente. Altrimenti non ha senso; néha senso l'esistere: che si riduce a unrincorrere ciò che non si ha mai in alcunpunto, in ogni punto essendo ottusasensazione di sé, piuttosto che contenuto delmondo.

Il mondo, non essendo vivente il pensiero,non può che apparire, stimolando gli organidei sensi e immediatamente farsi sensazionedi tale apparire. Che non è percezione delmondo, ma brama dominante l'Io,

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correlazione istintiva.La percezione non è l'oggetto: è inizio

della sintesi, che non dovrebbe esser vedutacome l'oggetto nella sua finità, o alterità.L'alterità dell'oggetto è già il segno delpensiero. E il pensiero del mondo che tende asorgere nell'uomo come individuale pensiero,venendo arrestato nella sua iniziale sintesidalla necessità della coscienza riflessa disentirsi mediante il percepito, perciòignorando il percepire: che essa tuttavia crededi avere.

Percepire può soltanto il soggetto dellapercezione, attuante, mediante questa, la suarelazione con il mondo: che è relazioneincorporea.

Per attuare il pensiero del mondo, ilpensiero deve cogliere se stesso dovecomincia a essere vivo: nel suo primo esserepensiero, senza oggetto, o nel percepire in cuisi fa forma del percepito. Deve afferrarequesto suo farsi forma, per afferrare l'esseredel mondo come vivente pensiero.

Il percepire che non si proietti nell'animacome sensazione-rappresentazione, o comepensiero astratto, è per un soggetto, che in sénon ha bisogno di sentirsi nel percepito, per-che vive nell'essere che è: essere che simulta-neamente gli giunge per via del percepirecome potere più profondo del Logos.

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L'arte del percepire puro è il pensare che siimmerge nell'essere del mondo senza caderenella riflessità: non è il pensiero dialettico,ma la sua pura vitalità coincidente con la puravitalità di ciò che è percepito. La resurrezionedel sovrasensibile dal sensibile: la nuovaEucarestia.

Il percepire puro lascia come improntanell'anima la devozione: il senso del rapportoverace dell'anima dell'uomo con l'essere. Nonv'è conoscenza vera che non conduca alladevozione.

Il pensiero puro, presente nel percepireconsapevole, attinge la sua luce direttamentealla luce del Logos, che opera nella segretastruttura della Terra, come Spirito veracedella materia, folgore recondita dellamineralità.

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La natura, i fatti, il divenire esteriore, ilproprio divenire, cessano di essere quello chesembrano essere e che ci determina, se siriesce a cogliere il pensiero che si contessecon la percezione che si ha di essi: pensieroper il quale essi sono soltanto il mezzo dellasua iniziale manifestazione. Che invece va adapparire la concretezza di quelli: illusoriaconcretezza che ammala la psiche umana,divenendo normale materia della cultura edella storia. L'iniziale e incompiutaoggettività dei fenomeni tende, attraverso lacontinua interna contraddizione, ad indicareciò che, così incompiuta, la rende operantenella coscienza: l'inconsapevolezza del motopiù profondo del pensare identificantesi conciò che in essi è più profondo, onde si crededi dover operare una sintesi dialettica, perconoscerli, laddove la sintesi già c'è. È giàiniziata, è appunto quella oggettività: che nonsi avrà mai come oggettività, finché non si

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sappia come ha inizio e dove comincia ilrapporto con essa: come, contemplata, essasia la contemplazione stessa in cui colui checontempla afferra il proprio essere nell'essere:onde la sintesi è continuabile. Contenutointeriore che l'uomo può restituire al mondo:privo del quale, il mondo è inevitabilmenteprivo di senso: privo di ispirazione morale,malgrado ogni aspirazione morale.

Dinanzi al pensiero vivente, l'appariredella natura, della storia e della soggettività siestingue come apparire, perché non avevaaltro senso. Viene di nuovo empito della inte-riore vita, della cui privazione esso è il segno:che normalmente si scambia per il reale.

Il reale può essere concretamenteconosciuto, in quanto il pensiero avverta laforma con cui fa apparire il suo essere e lapercepisca come propria attività: nella qualetuttavia è impresso il segno - ladeterminazione della forma - dell'essere cheancora non è, ma comincia ad esserenell'iniziale contatto o identità, onde si dàcome forma.

La forma è il segno, o il simbolo, di unaconoscenza arrestata nel suo sorgere e,ciononostante, accolta come qualcosa dicompiuto: per cui, in vero, non si ha mai ciòche si crede di avere, e si procede nel tempomediante sete di vita: che si ritiene vita, ma è

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solo la vita rincorsa e mai in alcun puntoafferrata. Laddove il pensiero, auto-riconoscendosi nella determinazione dellaforma, epperò affrancandosi, può continuareil contatto sino all'essenza.

Essenza del pensiero, che è simultanea-mente essenza della cosa, in quanto ilpensiero possa essere veduto là dove, permoto spontaneo, è identico alla cosa, giàcome radice ideale di essa: risultando dapercezione e non da speculazione, anche sepossa in un secondo tempo essere espresso inconcetti. Esperienza dell'idea come contenutoreale, evento oggettivo, che collega la cosacon la realtà universale da cui ha origine. È larealtà che, fluendo nell'anima, divienepotenza d'ispirazione morale, non in quantopresupponga una morale, ma in quanto comepensiero pregno di puro volere, possa andareincontro agli enti del mondo, assumendonegli intenti originari, di cui sono simboli: pertradurli in forze di ulteriore evoluzione.Nessuna cosa è staccata dal centro delpensiero del mondo, dal Logos: sta all'uomooperare la ricongiunzione di ciò che sullaTerra appare diviso e molteplice, con la suascaturigine trascendente. La redenzione dellamolteplicità è invero la trascendenza delpensiero: realizzata.

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Il mondo diviene vero se, come astrattaoggettività, perde consistenza, dinanzi allaconsistenza del pensiero che solo ha potutofare della provvisoria esteriorità di quello laconcretezza: che in effetto non si ha mai.Nessuno ha mai potuto trattenersi in unasensazione o in un sentimento, in ogni puntoessi trapassando in ciò che si cerca nelsuccessivo istante, identico, come privazione,all'antecedente. La brama, infatti, ha radicenel pensiero riflesso.

È l'oggettività, o concretezza, transitoria,perché correlata al transitorio, in quantoriflesso, pensiero: concretezza, tuttavia, diqualcosa che in realtà c'è, non èrappresentazione o soggettiva costruzione dipensiero: qualcosa che i sensi effettivamentepercepiscono, ma senza che risulti comesorga dall'impercepibile, il percepibileessendo qualcosa unicamente per la coscienzainerente ad esso. Limite riconoscibile come

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limite di pensiero, esigente il suosvincolamento.

Non è dunque il mondo, ma ciò che diesso, per via del percepire, si arresta in formevestite d'immediato pensiero, che debbonoessere scambiate per il mondo, acciocchél'uomo, ogni volta attratto e deluso da esse,attraverso la contraddizione e il dolore, cerchiil vero pensiero: che rettifichi la visione.Visione, per ora, di un'astratta terrestrità, chesi vorrebbe consacrare mediante un meccani-co e astratto progresso, definitiva morte delpensiero: riguardo al quale può essere intesoil senso del monito: “Il mio regno non è diquesto mondo”. Ossia di un mondo nel qualenon si è capaci di avvertire ciò che ha la forzadi far apparire reale la sua irrealtà: principiodella sua realtà, esigente la redenzione delpensiero, la scoperta della trascendenza delpensiero risolutore dell'apparire.

L'animadversio della trascendenza, però, èun dono, o una “trasmissione”, che occorremetitare.

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Il pensiero può essere conosciuto come ilmovimento grazie al quale il mondo esterioree l'interiore si danno forma nella coscienza:forma appena abbozzata e provvisoria, per laprovvisoria vita dell'Io riflesso. Tale movi-mento in realtà non è per far apparire la vitaall'ego, ma perché il principio dell'ego a taleapparire, riflettentegli il suo limite, reagisca,da prima attraverso il grossolano pensareprovocato dai fatti, senza i quali l'uomocomune non saprebbe pensare, poi attraversoi concetti e i nessi logici relativi ai fatti - cheè il grado della scienza - infine mediante ilpensare che afferri se stesso operando lasintesi dei concetti: sperimenti ciò checongiunge un concetto all'altro, l'essenzaidentica in ogni concetto, il segreto del poteredel mondo.

Quel movimento è dunque solo perpreparare la via al più vasto essere delpensare: ancora non conosciuto, perché di

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continuo alienantesi come forma diquell'apparire e dialettizzante l'aspettodell'alterità, ossia di ciò che si assume comecontenuto oggettivo. Contenuto sensibile alquale il pensiero dà forma di realtà,cominciando con ciò a manifestare il suoessere: che tuttavia si aliena nel rivestire talecontenuto, venendo questo scambiato per ilmondo oggettivo, mentre non sarebbe nullasenza quella forma, inizio della veraoggettività. La potenza della forma dovràessere sperimentata come l'inizio del verocontenuto: la trascendenza visibile.

Occorre ridestare in sé tanto il pensiero, dagiungere ad avvertire la trascendenza visibile.La materia, infatti, per quanto si creda dipenetrarla fisicamente, è sempre internastruttura, forma, ossia ogni volta relazione dipensiero tra dati percettivi. È l'apparire perl'uomo che non sa cogliere ciò che vuoleapparire e lo arresta nel suo immediatoaffiorare. È solo per l'uomo: l'apparire cheunicamente per via del grossolano pensareegli può vedere come oggettività in séconclusa, prendendo per sostanza basale delmondo qualcosa chiamato materia, che comesostanza basale non è in alcun punto e ognivolta si dà come forma percepita e semprecome simile forma, quale che sia lapenetrazione di quella. Contenuto perciò

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effettivo soltanto nella sua strumentalefunzione e penetrabile attraverso questaprovvisoria funzione dal pensare che, peressere, non necessiti di esso: in quanto peròabbia potuto trovare la via mentale attraversoesso. Il contenuto trascendente di vita dellaforma sensibile del mondo, fluisce e muore inogni pensiero, tuttavia non supposto.

Nel pensare che si estingue divenendopensiero riflesso, si dà la continua possibilitàdella vita: quella che, inconosciuta, anima lacorporeità e fluisce come potere di movimen-to delle membra, onde l'uomo non opera némuove mai in una forza in cui direttamente siarticoli, come nel pensare o nell'imaginare,sia pure riflessi. L'abito del pensiero riflessogli toglie la possibilità di concepire che eglipossa articolarsi nel pensiero come in unaforza di vita, o in una volontà motoria chegiunge direttamente dal cosmo, incontrabileappunto solo dal pensiero trascendente, per-ché dotato di tutta la forza di vita.

È la riflessità, per la quale inclinazioni edemozioni non sono obiettivamentepercepibili: esse possono involgere l'anima inquanto fornite di inconscio e a-dialetticopensiero attraverso cui si manifestano,invertendo l'ordine del pensiero, dato cheesso, privo di vita non può pensarle. E questosarebbe il còmpito del pensiero: afferrarle per

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trasformarle in sua vita, dandosi esse solo perquesto.

Il pensiero a-dialettico da esse sottratto sianima della vis dell'alterata natura, donante lasensazione di una vitalità mai reale, perchéperseguita nel suo contraddire il fondamento.Solo il pensiero non riflesso potrebbe pensarele inclinazioni e le emozioni: cioè compene-trarle della luce di cui esse sono diminuzione.Esse si presenterebbero a tale pensiero comesostanza di una sintesi vivente mai compiuta:come vero oggetto, non come ciò che è inquanto ha già afferrato la coscienza e tende aoperare per essa: come sintesi della luceoriginaria, o Logos.

L'essere del pensiero, ove possa venirrivolto al mondo, non più come pensiero giàimprontato dal mondo, porta a compimento lasintesi appena ottusamente abbozzatanell'esperienza ordinaria.

Gli istinti e le emozioni, nella lototransitoria alterità, appartengono al mondo:sono natura, in cui l'uomo è passivamenteimmerso e che egli deve risolvere in vitainteriore, conoscenza secondo l'Io Logos.

Il conoscere non può avere nulla innanzi asé che non sia conoscibile. Ciò che gli èdinanzi gli può essere dinanzi perché è giàconoscenza: anche se non avvertita.

L'esserci presuppone il conoscere.

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L'esserci è già pensiero.Solo un pensiero incapace di coscienza di

sé può presupporre l'esserci al conoscere,ovvero opporre il prodotto del pensiero alpensiero, la logica al Logos.

Nel pensiero verace, o vivente, l'uomovive immanente la trascendenza del tutto.Questo il segreto del pensiero, che si reca consé, senza conoscerlo, anche se si conosconole leggi della sua dialettica.

In verità, nel pensiero puro s'incarna ognivolta la corrente dell'avvenire dell'evoluzioneumana, indipendente dal karma. Essa preparala Terra futura, la Terra già sin d'ora segre-tamente nascente: viva di luce eterica delpensiero che si libera della sua condizione di“parvenza” dialettica.

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I fatti del mondo, le sensazioni piacevoli odolorose, gli eventi emotivo-razionali, nonchiedono all'uomo di costituire essi la vitadell'anima, ma esigono con la loro ragiond'essere che tale vita, attraverso il suoconoscere ritorni se stessa, poiché infine liviva e nel viverli li riconduca al suoprincipio: che è il loro principio.

Essi non chiedono il deliquio doloroso opiacevole nella loro fattualità, ma chiedonoche l'uomo, ravvisando suo il potere ondeappaiono, o compaiono, conosca questopotere come il primo suo intimo penetrarli einsieme come forza liberatrice dell'incanta-mento attraverso cui si lega ad essi: in quantoappaiono.

Essi sono lettere di un linguaggio che vaconosciuto oltre il momento in cui la formadelle lettere costituisce il problema delsapere, o lo sterile dramma della penetrazioneintellettuale, psicologica, del loro senso: chenon è la loro singolarità, né la loro meccanica

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giustapposizione, ma la sintesi onde l'esseredel pensiero che si frammenta e recludeprovvisoriamente in essi può divenireesperienza dell'Io immanente: che proprio perintima logica dovrebbe appellarsi allacorrelazione di cui essi si presentano comesegni. Eventi esteriori e interiori tessenti lavita dell'uomo in quanto egli fornisce ad essiveste di pensiero, non hanno realtà se noncome stimoli al pensiero che, determinandosiattraverso essi, egli può solo per tale viacominciare a conoscere. È il limite dellariflessità, sino al quale egli è stato condotto: ilcui superamento è il principio della libertà.

La libertà, prima di tale superamento è lalibertà dall'egoismo.

Il pensiero riflesso è quello che, nono-stante sia capace di pensare tutto, comepensiero pensante, pure non ha la forza disvincolare l'uomo dalla natura, acciocché lanatura infine sia conosciuta. La natura è lafalsa o inferiore natura, appunto perché nonla si conosce, onde si subisce il proprioinconsapevole inerire e soggiacere ad essa. Èl'inerire necessario al pensiero, per essere ilpensiero ordinario, o riflesso: la cui intimavirtù tuttavia è ciò che può superare eredimere la natura, in quanto esso giunga aconoscere se stesso come potere che preesistealla natura.

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La natura domina l'uomo, persino comenatura spirituale, in quanto ancora egli non èessere pensante secondo il pensiero che è, masecondo il pensiero che non è.

Negandosi come pensiero, ossia comeforma del proprio essere, il pensiero si alienaper rivestire l'esperienza: la quale vieneguardata come la realtà, mentre il darsi diessa - come si è veduto - è soltanto l'inizio diun'esperienza più vasta. Nella sua inizialeforma essa si dà soltanto per stimolare e faressere esperienza il pensiero: che, in sé speri-mentato, può condurre al proprio oggettivoessere, intimo all'uomo e al mondo. Taleessere è ciò che veramente penetra la natura.

Privato dell'incontro con il vero pensiero,il mondo non è, e il suo non essere è l'appari-re che si scambia per l'essere: apparire il cuitessuto formale, tuttavia, è pensiero che nonsa di fluire pre-dialetticamente in tale forma.Può saperlo se attua se stesso come pensiero

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positivo, in quanto libero dai sensi, o si auto-percepisce, così libero dai sensi, nel “percepi-re puro”: come forma del darsi del dato.

L'esperienza del pensiero vivente è lapossibilità del razionalismo vissuto sino allesue ultime istanze, ossia sino ad esaurimentodella sua riflessità: possibilità che puòattuarsi non per evoluzione naturale, ma per ilfiorire cosciente dell'elemento di libertà e divolontà insito nella razionalità.

La razionalità stessa, ove sia conosciutanel suo obiettivo processo, e non venendo op-posto un aspetto di tale processo a un altro,conduce a ciò per cui si dà: alla propriaestinzione: che è dire, alle soglie del pensierovivente.

Onde ogni logica che si ponga comecondizione del conoscere, rinunciando allacoscienza del principio da cui trae la suaformale struttura, in effetto in tale strutturacristallizza la riflessità, senza speranza di ri-salirla. Fa dell'analitica dell'apparire unametafisica: discorsività matematicamente omeccanicamente organizzata, a cui riferireuna volta per tutte il pensiero: per cessare dipensare.

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Proiettate le tradizioni, poste le norme,avviata la cultura del pensiero riflesso, il cuisviluppo non è che la progressione meccanicadella riflessità, in ogni punto identica, e, sullalinea di tale astrattezza, orientata verso le sueconseguenze la scienza del misurabile, chefavoleggia persino conquiste cosmiche, privadella coscienza dei propri limiti - nonrisolubili dalla possibilità di passare piùrapidamente da un punto fisico a un altro,ogni punto a tale grado dell'essere valendol'altro, né da fatti atomici che, assunti assolutiin quanto fatti, divengono miti, anch'essitendenti a sostituire l'atto interiore - sembraormai escluso e inconcepibile il movimentodello spirito come presenza di ciò che, nellasua assoluta indipendenza, sorregge laconcretezza del mondo.

Lo spirito stesso, di cui parlano le dottrineche ignorano il proprio dipendere dalpensiero riflesso, diviene astrazione: valendo

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come una qualunque imagine tratta dalmondo sensibile.

Il regno dei fatti e dei fatti divenuti miti edei miti dominanti la cultura, non può esseredisincantato se non da un pensare che, perintima esigenza logica, attui compiutamenteil proprio movimento, sino ad attingere allasorgente della sua forza. Questo è il veropositivismo.

L'inalterabilità di tale forza, fluendo noncome pensiero già improntato dai sensi, macome puro pensiero, diviene tra l'altropossibilità di riconoscere la forma dei fatti,dei miti, della cultura, come suo inconsape-vole movimento: da riassumere come tale.Solo come che veramente viva: nella qualel'essere dell'uomo e l'essere del mondocominciano a coincidere.

L'esperienza sovrasensibile non eliminal'esperienza ordinaria, anzi la esige comemateria dell'opera: necessaria all'elementointeriore che, svincolandosi, percepisceattraverso essa le alterità più profonde epperòil senso dell'esistere: che è il senso del suoessere.

La natura è necessaria alla sopranatura chevada riconoscendo se stessa; ma nella misurain cui tale auto-riconoscimento si dia, lanatura cessa di essere il semplice apparire. Ilsuo apparire ogni volta può essere soglia

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dell'esperienza sovrasensibile, e significantesolo per questa.

I pensieri non sono per le cose, ma per laindividuazione di un pensare che è lorosostanza originaria: sostanza che, ove siesprimesse direttamente, non potrebbe nondisincantare i fatti e i miti: i quali, validisoltanto come motivi della riflessità e dellafittizia alterità, non le sarebbero più necessarinella forma in cui per ora si danno: ondemuterebbe la prospettiva del mondo. Ma èl'esperienza che attende l'uomo: il sensodell'essere viventi, o liberi, nel mondo,realizzatori del Logos del mondo.

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Almeno una esigua minoranza di ascetidovrebbe giungere oggi a pensare tutto ilpensiero: non certo nella indefinita estensivitàpropria al suo aspetto riflesso, ma nell'intimomoto onde nasce .

È il còmpito della concentrazioneesercitata secondo il moto puro del pensiero,che già nella rigorosa razionalità propria allascienza moderna manifesta un'esigenza diautonomia rispetto a inerenze o influenze diordine psichico: autonomia, che è inizialeeducazione del pensiero, ove l'oggetto siaveduto non come fine, ma come mezzo perl'estrinsecazione del pensiero. Tale del restodoveva essere il senso della scienza moderna:non il sorgere di uno scientismo implicante,in definitiva, l'eliminazione del moto primodel pensiero, e perciò di un sano uso dellatecnologia.

La concentrazione è vera quando èconforme al canone stesso del pensiero

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percepito dall'essenza, e non quando èl'espressione di dottrine del passato che,proponendo specifici oggetti spirituali alpensiero, e distogliendolo dalla propria puraimmanenza - metodo che un tempo aveva lasua ragion d'essere - oggi si presentano comecanoni del pensato, i. e. di un contenutismometafisica che paralizza la reale dynamisdello spirito.

Per via di un determinato pensiero, ci siapre alla forza onde si può pensarlo, grazieall'intensità e alla continuità con cui ci sidedica ad esso, sia pure per breve durata ognivolta. Va pensato con le forze che vengonodall'intimo pensare stesso, non da tensionepsico-fisica. Non si deve pensare con l'essereche si è, ma con il pensare che è se stesso,

Il tema, non avendo valore in sé, ma solocome mezzo per l'attivarsi del pensiero, è unqualsiasi tema, segno o punto di partenza delpensiero ordinario: punto attraverso il qualesi rientra nell'Infinito. La forma del tema è ilpensiero che ora si pensa, non in quanto siaquella determinata forma, ma in quanto sia ilpensiero che si può immediatamente speri-mentare mediante quella. L'attitudine dellaconcentrazione risponde, in effetto, allarelazione che l'Io nell'essenza ha con ilpensiero.

Va veramente pensato il pensiero che non

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è stato mai pensato: perché sia infinesperimentata la vita: perché sia infinel'esperienza non di determinati oggetti informa di pensiero e perciò non concretamenteavuti come oggetti né come pensieri, ma delpensare stesso non legato ad alcun oggetto:senza nome né forma. Solo questo pensarepuò attuare la radicale comunione con glioggetti del mondo e farsi forma di contenutisperimentabili come tali: del loro fonda-mento, o tessuto archetipico.

È il pensare che può pensare la realtà,perché esso stesso in sé ne è l'essenza. Deveesso sperimentarsi essenziale e obiettivo, peravere essenziale e obiettivo il mondo: perrealizzare il suo essere uno col mondo.L'obiettività compiutamente sperimentata è lasoggettività compiutamente sperimentata:l'opposizione tra esse è sempre la situazionedel pensiero riflesso. Il quale si dàunicamente per ricondurre alla sua scaturi-gine, non per essere fissato dialetticamentenella primitiva forma del suo darsi, impostodai sensi.

L'esperienza sensibile è la soglia di unavita che si lascia supporre, ma non afferrare,dal pensiero che l'arresta nella prima formadel suo manifestarsi, assumendo tale formacome vita - inseguita e sempre sfuggentenelle percezioni sensorie - e ignorando se

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stesso attivo in tale supporre e assumere.Onde ci si illude di vivere in tutto quello incui la vita in vero è negata.

Ma ove la negazione sia conosciuta cometale, il conoscere che sorge come possibilitàdi essere oltre l'annientamento, è il principiodella vita cui si anelava: è il pensare cheinfine pensa per virtù del suo essere, non delsuo non-essere. Il suo non-essere estinto, onegato, per via di un volere che s'anima comepensiero, è l'inizio del suo essere.

È la vita che ottusamente si tende ad avere,senza avvertire che si rincorre un'imagine,non avvertita come imagine, e che perciò nonsi ha mai, in ogni momento venendo sottrattadalla riflessità. Onde si crede di afferrarla nelmomento successivo.

Questo pensiero non è quello che sorgequale coronamento di un argomentare logico-filosofico o di coltivare il saperespiritualistico come nobile cornice allapropria egoità, ma il pensiero che esige ladedizione al mistero da cui scaturisce:dedizione alla quale deve poter condurrequalsiasi logica che non sia errore dipensiero. Esso esige la penetrazione delsegreto per cui nell'essenza è la luce inerenteal percepire sensorio: luce che è parimentisostanza delle idee creatrici, degli archetipi.

La luce del pensiero ritorna amore del

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mondo: il suo tessuto è calore in cui gli istintitrasmutano, ritornando forze superiori dellospirito perché è il calore ad essi originario, dicui avevano perduto la purità e la vitalitàtrascendente. Grazie alla luce del pensiero, ilcalore degli istinti ritorna potere d'amore.

Il senso ultimo della trascendenza delpensiero, colta nella sua quotidianaimmanenza, è il rivelarsi del suo potere dirisoluzione degli istinti, di trasformazione delmale in bene, di dissoluzione della tenebradella psiche umana, per il suo tornare luce: indefinitiva potere d'amore, riconoscibilenell'incarnarsi della trascendenza delpensiero, come incarnarsi del Logos.

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Questo pensiero è il pensiero che savolersi, senza volersi nel corpo; che satendersi senza tendere la corporeità; che attuail proprio essere, lasciando intatto eimpegnato con sé l'essere fisio-psichico. Lasua arte è questa.

È il pensiero che esige il proprioestinguersi nella misura in cui sia mediatodalla corporeità; che nasce dall'aver tacitato ilpercepire, il volere, il sentire, e dall'averestinto il moto stesso del proprio tacitare:sorgendo come dalla morte di tutto ciò cheesso non è. Puro pensiero, fiorire di una vitache è l'essere che si è nel profondo e che nonsi lascia afferrare nell'ordinario esistere:l'essere che si è dopo la morte, perché èall'origine della vita.

È il pensiero che sorge quando, per via dimeditazione, si lascia a sé l'essere che abi-tualmente si è, l'anima-corpo che spontanea-mente si assorbe nella propria originariasaggezza via via che quello, come un sole

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nascente, si eleva. Esso ha in sé tutta lasaggezza e perciò tutto l'amore, onde puòdonarsi come incorporeo calore agli altriesseri e fluire nel mondo. Essendo uno con ilpuro volere e con il puro sentire, è l'unicaforza che può operare come amore. Non v'èodio, o dolore, o umore, che possa sussistereinnanzi ad esso. La sua presenza non implicala lotta: esso è tutto.

Il pensiero riflesso, frammentario nella se-rie dei temi, delle note e dei motivi chetessono l'ordinaria vita, ogni volta morendoalla sua originaria luce, ora ritorna sintesidella serie riflessa e frammentata, pensiero-luce che ha in sé tutti i momenti del suoessersi riflesso come pensiero pensante:valore univoco e intemporale dell'esperienzasensibile. Che per ora gli uomini possonoconoscere solo abbandonando lo scenariodella vita: ma possono conoscere nella vitastessa, se osano sperimentare il senso ultimodel conoscere.

Questo pensare vivente, infatti, nel suofarsi individuale, è l'amore che torna a fluiredalla scaturigine originaria. L'amore cheancora l'uomo non conosce: e tuttavia è lapotenza stessa del conoscere. Di solito inogni conoscere balena, inconosciuto, comeiniziale vita dell'Io sulla Terra.

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Questo pensare in realtà non può più dirsipensiero. Non ha più bisogno di esserepensiero, perché non ha nulla daulteriormente pensare nel senso dellariflessità, tutto il riflesso essendo sempre lostesso disanimato movimento: ora esaurito.

Ciò che è pensiero-sintesi, o momentopensante, gli è dinanzi come oggetto: comesuo oggetto, che, in quanto è già pensiero,non chiede invero di essere ancora pensato,bensì di essere percepito, o contemplato, cosìcome l'oggettività esteriore esige dai sensi. Laconcentrazione diviene contemplazione, e lacontemplazione dà la visione univocadell'esistere.

Essere libero è questo: non essere allamercè di quel risonare della esterioritànell'anima, onde normalmente il pensiero sifa veicolo dell'apparire; ma eo ipso poterpercepire questo risonare, mai inveropercepito perché invadente l'anima.Indipendenti dal pensiero riflesso, si è

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indipendenti dalla corporeità, che si scioglie eritorna pura spontaneità: si è nella calmasenza limiti, fondamento della contem-plazione e immobile principio dell'agire.Nella percezione sensoria si coglie il pensieroche opera nell'intima struttura del mondo.Non affetti dal sensibile, se ne contempla ilsegreto: che è muovere dalla sua essenza.L'essenza del sensibile affiora nel mondocome pensiero: l'uomo deve acquisirnecoscienza, perché l'evento si compia simulta-neamente nei tre mondi: fisico, animico,spirituale, movendo in realtà da questo.

L'evento è nuovo nel mondo, ma èrichiesto dalla logica stessa del suo divenire.

Nel consueto pensare l'uomo assume inpensieri i principi dei fenomeni: giunge apensare riflessamente le essenze. Sono leleggi astratte di un mondo che gli si pone daldi fuori già fatto. Ma ove egli, per coscientedeterminazione, giunga ad avere comeoggetto l'idea, simultaneamente è uno con unmondo in cui le essenze sono forze creatrici:evento che non può darsi finchél'identificazione con il pensiero riflessoimpone le astratte leggi della natura comereali principi di essa.

Allorché lo sperimentatore ha comeoggetto l'idea, si trova dinanzi a unapercezione che non necessita di ulteriore

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pensiero, in quanto non deve significarequalcosa, questo significare essendo lì pre-sente e in sé compiuto e vivo, per via dell'attomeditante. Egli si trova dinanzi a ciò chedeve svelare o donare la sua trascendenza.

La percezione è ora il pensiero contempla-to pensante, onde il percepire è l'inizialeritrovarsi del pensiero nella propria originariaattività, cioè nella propria trascendenza, orafruente del dono della sua immanenza.

Lo sperimentatore giunge a viverenell'intemporale ambito di quell'essenza cheinutilmente, perché riflessamente, o astratta-mente, cercava nei fenomeni. Comincia avivere in quel pensiero trascendente che,avendo pensato il mondo, continua a pensarlolà dove il pensiero riflesso suppone la vita.

È il pensiero che ordinariamente attingen-do vivo le soglie della coscienza e tendendoad andare così vivo incontro all'essere, muoreinvece nei pensieri personali. Esso fluisceparimenti nel percepire, animandolo della suavita, identica a quella del contenuto delmondo, per cui il percepire di solito si dàcome sintesi iniziale, immediatamentesopraffatta dalle sensazioni e dalle rappresen-tazioni, necessarie alla coscienza riflessa.Percepire, dunque, non conosciuto per quelche in sé reca di vita: che, come tale, èsovrasensibile.

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Ora questo pensiero è simultaneamentepercezione: la cui forza di vita non scade inrappresentazioni o in sensazioni o in pensieri,tutto il pensabile essendo percezione e lapercezione esigendo non ulteriore pensiero,ma presenza dell'Io ad esso, ocontemplazione.

La sintesi richiesta dall'alterità del mondosi compie nel segreto dell'anima di colui checontempla: è la visione dell'essenza che operaalla base del reale, ma in pari tempo l'iniziodel suo novello agire in questo. Nel percepiresensorio, non intervenendo con i moti dellacoscienza riflessa, egli sorprende lo spiritoche opera mediante gli enti. Ma perciò è unocon esso.

Lo spirito non può percepire che spirito:conosce nella misura in cui è ciò che conosce.Avvertite tale identità è però l'inizio del suovivere. L'identità non avvertita è il limitedelle mistiche, delle filosofie, della scienza.L'identità è la trascendenza coincidente conl'immanenza, per virtù del Logos unificatoredel Divino con l'umano.

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L'ascesi che noi proponiamo non è pervanificare l'essere nel pensiero, che in talcaso sarebbe esso stesso vanificato, ma perritrovare quel primordiale potente pensiero,che è il vero, in quanto pensate il mondo esimultaneamente pensante nell'uomo: cheordinariamente, facendolo suo, lo priva divita. In effetto egli in sé separa il pensiero dalmondo, cercando di ricostruirsi il mondomediante tale pensiero: astratto dall'oggetto,perché astratto dalla sua scaturigine.Normalmente l'uomo non pensa, perché il suopensiero è morto.

Questo pensiero, risorgendo in quantol'uomo lo decida, viene ricongiunto con ilmondo, di cui è il tessuto interiore: privo delquale, il mondo è non-verità: che si consacracome verità, mediante scienza e cultura. Lanatura che l'uomo conosce è nata dall'averletolto egli la sopranatura: La sopranatura vienerestituita al mondo in forme viventi di

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pensiero, in cui fluisce lo spirito. Dal gusciospezzato della razionalità si libera la vitaoriginaria: risorge da morte.

Il pensare è la via, in ogni momentopossibile, della trasparenza dell'anima e dellalibertà redentrice. È la virtù che risana l'uomoe il mondo. In ogni momento, il pensarevivente, sia pure di rari asceti, può darechiarezza e positivo svolgimentoall'esperienza umana. Pochissimi sonosufficienti a operare per l'intera comunità,perché un solo pensare fluisce nel pensierodei molti: la trascendenza si fa immanente làdove il pensiero attua la potenza dellaResurrezione. Realmente tale pensiero vincela morte.

Il pensiero vivente è un'illimitata altezza acui si può elevare ogni essere pensante, nellamisura in cui intenda conoscere ciò che lorende pensante, ossia il pensare nella suarealtà e non soltanto nelle forme riflesse concui provvisoriamente si fa adeguazioneall'esperienza sensibile.

È l'illimitata altezza che in ogni momentol'uomo può conoscere come il mondo dellasua libertà, grazie al quale soltanto incontraobiettivamente gli altri esseri e il mondo.Onde è il principio dell'essere viventi pressogli altri e nel mondo.

Il pensiero morto può risorgere. L'uomo

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può accogliere in esso il Logos, presentecomunque in ogni pensiero: negato, estinto,ma appunto per questo presente: di continuoresuscitabile, attestante la Resurrezione, allivello della coscienza minerale e dellavolontà: attestante la trascendenza ritrovatanell'immanenza.

Il pensare è in sé puro, come pura lucenormalmente estinguentesi nei pensieri, ognivolta morendo nella dialettica, nella logica. Èin verità giunta l'ora che esso risorga secondoil proprio essere puro, cioè secondo la suaverità, o potenza: che è la logica del Logos,capace di esprimersi anche come determi-natezza dialettica: non esistendo nulladell'umano che Esso non debba rigenerare.

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Soltanto l'uomo può trasformare inpensieri le percezioni e le sensazioni delmondo, che negli altri esseri, così come neiprimitivi, sono sufficienti a se stesse. Soltantol'uomo può orientare la propria natura, chenegli altri esseri è orientatrice. La orientamediante il pensiero. E può, afferrando ilpensiero, attuare nella natura la sopranatura.

La stessa forza sovrasensibile che “dal difuori” comprime e rattiene nella fisicità ilminerale, nella pianta entra nella fisicità e viopera come forza strutturante, mentrenell'animale si presenta come mobilitàcoincidente con il moto degli istinti;nell'uomo può cominciare a manifestaredirettamente se stessa: come pensiero. Laforza formatrice della natura ha concluso lasua opera, conducendo la struttura dell'uomoalla forma che possa esprimere il suo esserespirituale. Ora il còmpito è dell'uomo, nonpiù della natura.

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Nei regni della natura lo spirito è impe-gnato a edificare la vita: nell'uomo che comeessere vitale-fisico, riassume i regni dellanatura, la vita, in quanto edificata, puòdivenire veicolo dello spirito. Tale il sensodella vita, piuttosto che l'espressione di essa amezzo dello spirituale.

L'esprimersi dello spirito mediante l'uomo;nella misura in cui dipenda dalla naturacorporea, non è ancora il suo vero essere:come si è veduto. La natura corporea è stataportatrice dello spirito nel mondo antico,quando lo spirito operava immediatamente suessa, per farne il veicolo del suo individuarsi.In effetto, nel mondo antico, l'uomo auto-cosciente non era ancora nato.

Chi comprenda come lo spirito operantenella natura, infine nell'uomo pensante afferrise stesso, a mezzo di un sistema nervoso lacui struttura è il compimento della sua lungaopera formatrice, può intendere qual'è ilsenso dell'ascesi che noi proponiamo. Ilcervello non è l'organo pensante della vitacorporea, ma l'organo che lo spirito si èformato per esprimersi cosciente attraverso lavita corporea. Il suo primo esprimersi è ilpensiero. Soltanto l'uomo, infatti, puòassumere in pensieri la natura, la quale si dàesclusivamente per via di sensazioni. Questenon significherebbero nulla, né diverrebbero

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sentimento, senza il pensiero.L'attuarsi del principio possente, che

finora ha operato sino ad esprimersi, comepensiero, non può essere moto della natura omoto meccanico, ma di ciò che nell'uomo èindipendente dalla natura. L'elemento dilibertà insito nel pensiero è il fiorire coscientedello spirito nella condizione umana.

Quel che dalla natura può risorgere allospirito, viene sempre risollevato dal pensiero:che comincia col penetrarlo. Non v'è senti-mento che si ridesti dal limite corporeo allealtezze della devozione e dell'amore, se nonsollecitato nella essenza dal pensiero. Inverità non si dà sentimento che non sia laveste di luce e di calore di un pensiero. Maogni pensiero che ritorni vivo secondo laforza da cui scaturisce, si va vestendo di talecalore e di tale luce. Non può darsisentimento, se non per la coscienza che diesso ha il soggetto che lo sperimenta: tantopiù vasto, quanto più vastamente la coscienzapossa aprirsi ad esso. Coscienza il cui tessuto,in realtà, è puro pensiero.

Chi cerchi le radici viventi del pensiero,trova il Divino: la via vera della meditazione,o della preghiera. In verità, l'ascesi più reale,perché più nuova, perché più antica, passa peril pensiero. Un asceta che non sappia vederequesto, è asceta che dorme.

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Abbiamo mostrato come la più altasperanza dell'uomo sia meritare di attuare laluce del pensiero come luce percepibile nelsuo non essere ancora riflessa, in quanto eglinon assuma come luce il suo riflettersi, ol'ordinario pensiero che pensa. È l'ulterioremovimento dell'evolversi dell'uomo, a cuialmeno una minoranza di asceti dovrebbeoperare. Da questi muove la trasmissionedella virtù del pensiero vivente, che in essi ilMondo Spirituale ha acceso.

Va infine inteso che nessun pensiero èvalido se non per il pensare originario che inesso si reclude ed altera; né v'è pensiero che,nel suo nascere, non rimandi a tale pensare,come all'essere di cui esso è provvisorianegazione. Onde l'estinzione cosciente di undeterminato pensiero, come autentica e nondialettica negazione della negazione, è lapossibilità dell'essere verace del pensiero: peril cui sorgere, soltanto, l'esperienza del

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pensiero si è data.Ma non è operazione filosofica. Il presente

trattato ha voluto in modo particolare chiarirecome l'esperienza a cui allude non possaessere speculazione, ma esaurimento di essa,in quanto sia posseduto il processo per cui lospeculare si dà. È l'esigenza dellaconcentrazione, o il ritorno alla meditazione,come a un operare che urge alla storiadell'uomo, essendo l'alimento interiore che untempo a lui veniva donato e amministrato eche ormai egli deve procurare a se stesso, perintima determinazione, o libertà.

L'equivoco di ridurre ogni esigenzainteriore a filosofia religiosa o teoretica osicologica, va superato. L'azione interiore acui si è alluso non è filosofica né mistica, maazione di ciò in cui l'uomo infine può essereunicamente operante: il pensiero in quantoforza-pensiero. Non v'è sentire o volere che sidia senza il moto strutturante del pensiero.Ma il pensare, cessando di essere riflessità ospeculazione, in quanto le possegga e leesaurisca, realizza se stesso nell'essenza, unocon il sentire e con il volere. Qui accoglie ilLogos che lo rende vivente: attua la suatrascendenza.

In realtà, il pensiero è la trascendenza che,per un prodigio continuo dell'anima pensante,si dona all'umano, ma sfugge alla coscienza

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riflessa, in forza di un oscuramento, o di unsottile processo di morte nell'organocerebrale.

La trascendenza deve essere realizzata: sedeve realmente nascere l'uomo e non la suacaricatura. Il pensiero deve essere pensato,sino a poter essere contemplato come sintesidi continuo nascente nell'anima: perchéquesto contemplare è aprirsi dell'anima allospirituale fluente nell'umano: non per via diun distacco dall'umano, come nel mondotradizionale, ma col penetrare sino all'essenzal'umano. Che è il senso ultimo del pensiero edell'individuarsi dell'uomo. Il pensiero, inverità, riposa nel Logos: deve meritare diesprimere il Logos.

Fuori di una simile possibilità, deve rico-noscersi che non si dà pensiero cheveramente pensi, se non come filosoficaintuizione di qualcosa che tuttavia non c'è,perché ogni volta estinguentesi per il suooggetto e mai afferrabile in sé. Si puòsoltanto alludere ad esso come al pensieroche a un determinato momento pensa unoggetto, essendo l'oggetto nella suadeterminatezza il senso finale del pensiero, oparalisi del suo essere.

Il senso ultimo del pensiero, invece comesi è visto - è il pensiero stesso che, liberodelle sue determinazioni, comunque

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contingenti, rivela il suo essere cosmico, inquanto traente se stesso dalla sua infinità:essendo il fondamento. L'unico sperimentabi-le: come trascendenza immanente.

È la luce del Logos, che l'uomo, sapen-dolo o non sapendolo, cerca: perché la vitainfine sia la vita e non la logica della morte.La continua morte del pensiero oggi chiedeintensamente all'essenza dell'anima laresurrezione, come restituzione della vita dacui esso di continuo scaturisce, senza saperlo:perché questa resurrezione è già attuata nelcuore umano. I Santi di ogni zona della Terrahanno attestato ciò. Ora però è giunto ilmomento della resurrezione cosciente. Ilmentale non deve essere evitato, matrasformato. Ormai, l'Io che l'uomo dice diessere, non può essere l'Io, se non nelpensiero vivente.

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Appendice

DELLA CONCENTRAZIONE INTERIORE

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Il pensiero è l'immediato veicolo dell'Io,l'immediato puro, ma come tale non cono-sciuto dall'uomo ordinario, che al massimo loriconosce filosoficamente come mediazione.

Il più grande maestro moderno delpensiero, Rudolf Steiner, non manca diindicare come fondamentale per larealizzazione interiore, la disciplinaliberatrice, o trasformatrice, o l'ascesi, delpensiero puro, in definitiva la concentrazione.Qualsiasi tipo di concentrazione è in séun'operazione di pensiero. In tal senso laconcentrazione è la chiave di ogni tecnicainteriore, sia di tipo yoghico, sia vedantico,sia sufico, ecc., ma diviene la chiavedell'autentica azione interiore, allorché afferrail processo stesso del pensare che è alla basedi ogni tecnica. A tale chiave si riferisce ilTrattato.

Il pensiero, quale viene quotidianamentesperimentato dal moderno uomo razionale, èil continuo deterioramento, ora deduttivo-

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induttivo, ora istintivo-cerebrale, di una forzasuperiore, che è in sé corrente sintesi di Lucee di Vita. Qui il pensare ha interno a sé ilsentire, il sentire ha interno a sé il volere. Inuna zona supercosciente, le tre facoltàdell'anima, pensare, sentire, volere sono unasola splendente forza. Se, come tale, cioè conil suo originario potere di Luce di Vita, simileforza scendesse nell'organismo umano; lodistruggerebbe. Per incarnarsi, perciò, questaforza si scinde in tre correnti, delle quali unasoltanto, il pensare, diviene cosciente: madiviene cosciente a spese del suo riflettersinell'organo cerebrale. Rinunciando al proprioelemento sottile di vita, il pensiero divienesmorto riflesso ombra, dotata di moto in cuinon c'è più anima, o luce interiore: è il motodialettico, così caro ai moderni filosofi,materialisti, o spiritualisti: il pensierodell'impotenza. Le altre due correnti, ilsentire e il volere, mantengono bensì il loroelemento di vita, ma a condizione divincolarsi alla subconscia sfera somatica,cioè al corpo senziente e al corpo vitale, oeterico, così che la loro dynamis si altera eascende alla coscienza rispettivamente sottoforma di flusso emotivo e di flusso istintivo.

Normalmente l'uomo si trova in ·stato disogno rispetto al vivo sentire e in stato disonno profondo rispetto al vivente volere: è

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sveglio soltanto nel pensiero privo di vita.Questa privazione di vita rende il pensiero in-dipendente dalla sua corrente sintetica origi-naria, onde l'uomo è bensì libero nel pensiero,ma di una libertà astratta, priva di potere sullecose, perché priva di spirito. Il vuoto gusciodi questa libertà normalmente si riempie dicontenuto istintivo: per tale ragione l'uomogiustamente si ritiene libero, ma vienesostanzialmente manovrato dagli istinti. Nonessendo cosciente dell'originaria forzasintetica, il pensiero non riesce a distingueresé dai contenuti sensibili, così come nonriesce a compiere una reale sintesi dellamolteplicità del mondo, che gli vieneincontro mediante le percezioni sensorie: nonriesce se non a compiere parziali sintesiconcettuali e a muovere secondo la relazionedialettica delle quantità misurabili. Losbrindellamento del pensiero viene appenasanato dalla logica del pensiero fisico-matematico. La reale forza-pensiero invero siscinde in serie continue di rappresentazioni, ilcui piccolo caos viene appena ordinato dalformalismo logico. Gli istinti e gli statiemotivi spadroneggiano nella coscienza,grazie a questa impotenza del pensiero, fortesoltanto sul piano dell'astratta quantità o delmeccanicismo assoluto: incapace diriconoscere l'origine di questa sua minima

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forza. La concentrazione restaura, sia pureogni volta per breve momento, il dominiodell'Io nell'anima, in quanto esige dalpensiero il movimento secondo il poteresintetico originario: ciò consegue medianteun tema voluto per sé, come mezzo perl'unificazione e l'intensificazione dellacorrente del pensiero normalmente dispersa.Mediante l'attenzione rivolta illimitatamentea un tema o ad un'imagine o a un concetto,che deve campeggiate esclusivamente nellacoscienza, il pensiero ritrova la propria unitàoriginaria, la forza dell'Io.

L'errore generale umano, così comel'errore di taluni che presumono ritrovare ladimensione sovrasensibile, senza rendersiconto di muovere da una coscienza dialettica,consiste normalmente nel fatto che lapresenza reali dell'Io nell'uomo non è diretta,ma continuamente riflessa dal corpo fisico eperciò dal corpo senziente, o psiche,rispondente a ciò che induisticamente vienechiamato kama rupa, e dall'esoterismooccidentale “corpo astrale”, cioè dal corpoanimico vincolato alle categorie corporee.Nell'uomo comune, in effetto, all'impulsometafisico dell'Io, continuamente sisostituisce l'impulso psichico del corpoastrale. Mediante il corpo astrale, lacorporeità fisica, con le sue potenze istintive

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e le sue demonìe emotive, giunge a mano-vrare il pensiero. Una simile situazionecaratterizza specificamente l'uomo moderno,il cui pensiero è caduto talmente nellacerebralità, da giungere persino a dubitare diuna propria autonomia rispetto all'organocerebrale e di costruire dottrine e teoriefondate sulla persuasione di una priorità deiprocessi cerebrali sul pensiero: che è lacondizione del mondo animale. L'animaleinfatti non pensa, ma opera mediante unsaggio “pensare” a-dialettico, la cuiimmediatezza muove dalla sua corporeitàfisica, sorretta da forze della propriaincorporea “anima di gruppo”.

La dimensione esclusivamente razionaledegrada l'uomo al livello animale: la suaintelligenza infatti è mondialmente mobilitataa soddisfare bisogni fisici e ad attuare unferreo sistema di organizzazione economico-sociale conforme alla visione fisico-animaledel mondo. Se v'è un momento primordialedella evoluzione umana, in cui l'uomooriginario come entità spirituale supera ilcaos, occorre dire che l'attuale imporsidell'organizzazione fisico-animale dellasocietà, è un ritorno del caos sotto formatecnologico-scientifica. Nuovamente loSpirito è chiamato a fronteggiare il caos,l'avvento sistematico del demoniaco. Il

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dramma del presente tempo consiste nel fattoche l'Io ordinario non dispone del potenzialedi profondità di cui invece dispone ildemoniaco. Occorre all'Io la forza da cui haorigine.

La concentrazione dà modo al pensiero diestrinsecare la propria forza pura,indipendente dalla psiche. Il pensieroeccezionalmente si sottrae al dominio delcorpo astrale, cioè alla forza delle potenzeistintive. Tali potenze sono in realtà forzedell'Io, cioè forze del volere di profondità,deviate verso la necessità strutturalecorporea. L'Io le subisce come opposte edeviatrici, finché è un Io riflesso o dialettico,privo della propria indipendenza rispetto alcorpo astrale e perciò del potere di presa suesso. L'esercizio della concentrazione, inrealtà movendo dall'Io, comincia a restituireall'Io il dominio originario sul corpo astrale.

Il pensiero è l'atto immediato dell'Io.Dominando il pensiero attraverso il corpoastrale, le potenze corporeo-istintive s'impon-gono all'Io, liberando il pensiero dallasoggezione al corpo astrale, l'Io riprende icomandi dell'anima e perciò del corpo,controlla e trasforma le potenze corporeo-istintive. Queste sono in sostanza forzesuperumane smarrite dall'Io, che l'Io ha ilcòmpito di recuperare attingendo al proprio

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potere superumano. Il recupero ha iniziomediante la retta concentrazione del pensiero:occorre dar modo al pensiero di manifestarela propria obiettiva forza indipendente dalcorpo astrale e perciò capace di veicolarenell'anima la potenza trascendente dell'Io:solo questa può trasformare gli istinti. Coluiche aspira all'Iniziazione nel presente tempo,deve anzitutto sperimentare il pensiero comeforza pura, indipendente dall'oggetto o daltema mediante cui si manifesta, epperò comeattività extra-psichica: in tal modo egli apre ilvarco alla potenza trascendente dell'Io.

Il senso dell'esperienza è l'autonomia dellacoscienza dell'Io rispetto alla propria basecorporea: autonomia che le consente la primaforma di conoscenza non dialettica, bensì di-retta, del Sovrasensibile, e perciò della realefenomenologia della coscienza in rapportoalla funzionale “localizzazione” corporea deitipici movimenti dell'anima.

Si comincia in tal modo a constatare comel'attività pensante si svolga mediante l'organocerebrale: a coscienza razionale si manifestanel capo, basalmente stimolata dal percepiresensorio. La vita dei sentimenti invece hacome sede il torace: suo supporto è la forzache si esplica nei ritmi del respiro e dellacircolazione sanguigna. Il potere dellavolontà ha come veicolo i dinamismi metabo-

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lici del sistema del ricambio e del movimentodegli arti. Allo stesso modo che i tre sistemi,neuro-sensorio, ritmico, metabolico, s'inter-penetrano nell'organismo fisico, avendotuttavia ciascuno funzione predominantenella propria sede, così le tre funzioni,pensare, sentire, volere, operano in continuacombinazione o collusione, secondo unamutevolezza che supera quella funzionale deicorrispettivi processi corporei.

L'uomo è in realtà un essere tripartito. Lavecchia psicologia razionale aveva intuitotale trinità della vita dell'anima, ma non la suarispondenza alle tre sedi corporee, che è unportato della Scienza dello Spirito di RudolfSteiner. Le tre sedi, differenziate anche nelleloro strutture fisiche, mentre rispondono ai treaccennati tipi di attività della coscienza,simultaneamente risultano in relazionedinamica con i quattro sistemi della orga-nizzazione corporea: osseo, ghiandolare,nervoso, sanguigno. Diciamo “relazionedinamica”, in quanto la tripartizione in sededella testa, del torace, del ricambio e dellemembra, rispondente alla treità pensare,sentire, volere, si attua mediante lo stessoprincipio di sintesi psicosomatica chegoverna i quattro sistemi corporeisimultaneamente presenti e cooperanti inciascuna delle tre sedi.

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Un ordine settenario governa metafisica-mente i “quattro” e i “tre”. Si tratta di unasintonia basale, non meccanica, in quantociascuno di tali sistemi, guardato in sé, puòessere riconosciuto operante secondo un tipodi forza sovrasensibile, che gli corrispondedinamicamente: all'elemento minerale-osseorispondono le forze radicali della strutturafisica, donanti segno di sé nella percezionesensoria: il sistema ghiandolare può esserericonosciuto veicolo delle forze vitali, oeteriche, formatrici dell'organismo; il sistemanervoso supporto delle attività senzienti-psichiche (astrali); il sistema sanguignoportatore del principio Io, che si esplica comeautocoscienza nel sistema della testa,mediante un particolare rapporto con l'organocerebrale.

L'uomo moderno, con la sua ossessionerealistica, sta intaccando con forze del caosl'ordine settenario: perciò la nevrosi e la ma-lattia mentale stanno diventando il malegenerale umano. Infatti, i quattro principiinteriori, Io, astrale, eterico, fisico, sonopresenti in simultaneo e interdipendentemovimento in ogni esplicazione delle treattività dell'anima, pensare, sentire, volere,mentre organicamente sono forze originariecompenetranti le rispettive sedi di quelle:superiore, mediana, inferiore, rispondenti

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appunto ai tre sistemi della testa, del torace,del ricambio e arti. L'equilibrio della vitadell'anima si può ravvisare come attuazionedell'ordine gerarchico mediante cui ilprincipio dell'Io opera sull'astrale, l'eterico, eil fisico, attraverso l'armonico rapportopensare-sentire-volere. Il principio Io reca insé il centro originario delle forze. Ove taleprincipio venga contraddetto, il caoscomincia a regnare nella struttura umana.

Ma il caos ha pure una ragione profondadi essere: suscitare le forze trascendentidell'Io, perché s'incarnino nell'umano. Ilsemplice “umano” non ha il potere didominare e trasformare gli istinti: al massimopuò pervenire a un “patto” con le entità chemanovrano l'uomo mediante gli istinti: maciò non è azione spirituale. Occorre donareillimitato potere all'essere trascendentedell'Io, che, in sé identico al Logos, ha talepotere come segreto dell'anima, come segretodel cuore.

All'indagine della Scienza dello Spirito, lavita dell'anima risulta legata non soltanto alsistema nervoso, ma anche ad altri sistemi,con rapporti differenziati, che la coscienzaordinaria non registra, ma di cui ha dicontinuo le manifestazioni: alle cui cause puòrisalire non con il ripercorrere intuitivamenteil processo, ché un simile ripercorrere non

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può superare il limite della natura vitale-animale, bensì con il realizzare in sé ilprincipio indipendente dalla manifestazione.Al sistema nervoso può essere ascrittaunicamente l'attività pensante e neuro-sensoria: perciò il pensiero è l'unica attivitàdella coscienza capace di risalire il proprioprocesso pre-cerebrale. Il sentire e il volererimandano non ad organi, ma a supporti inmovimento, come il ritmo sanguigno-respiratorio e l'attività del ricambio, che nonoffrono all'Io, come il sistema nervoso, unabase per la coscienza di veglia. Il sentire e ilvolere, infatti, pur essendo attività di cuitalune manifestazioni sono percepibilisensibilmente, si svolgono su piani che per lacoscienza di veglia rispondono rispettivamen-te allo stato di sogno e di sonno profondo.

Quella che normalmente si attua comecoscienza di veglia, sorge nella sede in cui siproduce il pensiero: è essenzialmentecoscienza pensante, anche quando muove percontenuti emotivi o istintivi. Dei moti delsentire e del volere, tale coscienza non hapercezione diretta, come può averla delpensiero. Il sentire e il volere, svolgendosimediante altri supporti, posson venir avvertitimediante il sistema nervoso, che non è il loroveicolo, bensì il veicolo mediante cuigiungono a coscienza.

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Dal fatto che i moti istintivo-volitivi edemotivo-senzienti si ripercuotono nel sistemanervoso sino alla zona cerebrale i modernipsico-fisiologi automaticamente deduconoche la vita dei sentimenti, degli istinti e degliimpulsi volitivi si svolge mediante talesistema. In realtà le manifestazioni del sentiree del volere, pur giungendo a farsi percepiremediante l'attività dei nervi, non si compionomediante questa. L'indagine interiore attestache un'evoluta vita della coscienza, può darmodo all'uomo di percepire sentimenti, o statid'animo, o impulsi, prima del loro entrarenella rete nervosa, ossia grazie a unpreventivo incontro interiore con essi, ondeaccolga il loro obiettivo contenuto, facendovalere tempestivamente una discriminazione,un consenso, o un rifiuto. A ciò, tuttavia, ènecessaria la specifica ascesi del pensare edel percepire, di cui è preparatrice appunto laconcentrazione.

In realtà, i processi del sentire e del voleresi svolgono mediante supporti corporei con iquali la coscienza ordinaria non haconnessione diretta. Ma neppure dove ha taleconnessione con il proprio legittimo supportonervoso, la coscienza è in grado di perce-pirla, se a ciò non educa se stessa medianteadeguata disciplina. La connessione esiste suun piano che sfugge all'ordinaria coscienza

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razionale, incapace di sperimentare se stessaindipendentemente dal supporto. La coscien-za può, grazie a un atto interiore diretto,giungere all'origine dell'attività pensante eavere contezza di essere al centro del sorgeredel pensiero. Questo procedimento,verificandosi grazie a una sua indipendenza,sia pure temporanea, dal sistema nervoso, ledà modo di attuare un distacco e un controlloobiettivo riguardo ai contenuti emotivi eistintivi, i quali normalmente si danno comesensazioni in sé compiute, avendo giàcoinvolto l'Io, avendo cioè già unosvolgimento fisio-psichico prima di venirpercepiti, onde si presentano con un caratteredi necessità e di obbligatorietà, checostituisce il reale problema della esperienzainteriore.

Da quanto si è osservato, è intuibile lapriorità della disciplina del pensiero ai fini diuna liberazione delle facoltà animiche e diuna elevazione della coscienza allapercezione di ciò che di primordiale uniscel'umano al cosmico. Il Sovrasensibile non puòessere afferrato dal pensiero dialettico: nellasua corrente metafisica può cominciare amuovere soltanto il pensiero liberato. Ma ilpensiero non si libera mediante metodi propria un tipo antico di ascesi, cui era estraneol'impedimento del pensiero razionale-

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dialettico e che perciò non necessitava diconversione del processo dialettico. Taleconversione è indispensabile al cercatoremoderno, che inizialmente non dispone dialtra possibilità di contatto con la Scienza delSacro, se non quella dell'intelletto razionale, eperciò dialettico, anche quando dietro a taleintelletto urge una anima metafisicamentequalificata, cioè già consonante con l'impulsosuperiore dell'Io.

Soprattutto nel caso di effettiva qualifi-cazione interiore, è necessaria la disciplinache eviti il guasto delle forze superiori per viadel pensiero riflesso. In realtà, sul pianodell'ordinaria coscienza traente il senso di sédai supporti corporei, le forze sovrasensibili,rispetto alle quali tale coscienza è immersa instato di sonno e di sogno, subiscono unrovesciamento, cioè lo stato riflesso, che solol'interiorità di veglia può affrontare egradualmente ripercorrere, nella misura incui, malgrado il limite proprio alla condizionedialettica, muova secondo la direzionesuperiore dell'Io.

Vere discipline interiori sono quelle chedanno modo al pensiero di operare, al livellorazionale dialettico, secondo la direzionemetafisica dell'Io. Ci riferiamo alla Via delPensiero dei nuovi tempi e al tipo diconcentrazione di cui è questione nelle

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pagine del Trattato. Tale via ha il potere dicondurre lo sperimentatore là dove cessal'inganno della dialettica dello spirito,divenendo egli, secondo i maestri invisibili,degno di conoscete il senso ultimodell'insegnamento e delle discipline, latrascendenza presente in ogni pensiero chepensa: trascendenza che non può sottometter-si alla logica del pensato, né del pensante,cioè all'intellettualismo spiritualista, essendoessa il Logos, la cui luce soltanto puòrestituire all'anima l'originaria natura divina.

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INDICE

Premessa

Trattato 9

Appendice. Della concentrazione interiore 129

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