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el corso del 2005, le diverse Amministrazioni centrali e regio- nali hanno dato avvio, in concertazione con le parti sociali, economiche e ambientali, alle attività dirette alla predisposi- zione dei piani e dei programmi introdotti con la nuova Riforma dei Fondi strutturali, da un lato, e con quella dello Sviluppo rurale, dall’altro, per il periodo di programmazione 2007-2013. Come è ormai noto, infatti, la politica di sviluppo rurale è stata scissa da quella di coesione e, in entrambi i casi, è stato introdotto un approccio strategico alla programmazione. Sono stati avviati, quindi, due processi di programmazione distinti, accomunati, però, dall’adozione di un approc- cio a cascata, che articola tali processi su tre livelli. Il primo livello è quello comunitario, in cui si definiscono gli orientamenti e le linee guida delle rispettive politiche, di sviluppo rurale e di coesione, tracciando le relative priorità strategiche e azioni chiave. Il secondo è quello nazionale, dove il documento programmatico da elaborare deve rendere coerenti le prio- rità nazionali con quelle comunitarie. Il terzo livello, infine, è quello regio- nale, in cui si predispongono i programmi di sviluppo rurale, da un lato, e i programmi operativi, dall’altro. A livello nazionale, il MiPAF e il MEF hanno dato avvio al processo di for- mazione, rispettivamente, del Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale (PSN) e del Quadro Strategico Nazionale (QSN) relativo alla politica di coesione. Tali processi, seppure diversi per articolazione, strumenti e livello di complessità, presentano numerose caratteristiche comuni, come la partecipazione del partenariato istituzionale, economico, sociale e ambientale a tavoli tematici, gruppi di lavoro, gruppi tecnici, seminari e riunioni incentrati su materie specifiche, che, data la loro elevata impor- tanza, necessitano di maggiori approfondimenti per l’identificazione di problemi, punti di forza, obiettivi e fabbisogni di intervento e della presenza di soggetti che ne possono avere una cono- scenza accurata. Questo numero del Bollettino Politiche Strutturali per l’Agricoltura, quindi, vuole fornire un quadro sull’artico- lazione del processo di programmazione a livello nazionale e sui suoi contenuti relativamente alla poli- tica di coesione e soprattutto a quella di sviluppo rurale. In relazione a questa ultima, pertanto, viene anche fornita una sintesi della documentazione pro- dotta dai Gruppi di lavoro costituiti presso il MiPAF con riguardo a particolari tematiche ambientali, diretti a individuare obiettivi, fabbisogni di interven- to e proposte operative da recepire nel PSN. Bollettino n u m e r o 23 1 numero 23 a cura Istituto Nazionale di Economia Agraria dell’ Osservatorio Politiche Strutturali D.M. MIPAF N. 9138/95 n in questo numero l Attualità Il processo di program- mazione della politica di sviluppo rurale per il 2007-2013, Territori rurali e processo di definizione della politica regionale 2007-2013 l Strumenti della programmazione Gruppo di lavoro “Foreste e Cambiamento Climatico”, Gruppo di lavoro “Risorse idriche e svilup- po rurale”, Gruppo di lavoro “Biodiversità e sviluppo rurale”, Gruppo di lavoro “Suolo e sviluppo rurale”, Gruppo di lavoro “Paesaggio e Sviluppo Rurale” Direttore responsabile Francesco Mantino Responsabile di redazione Laura Viganò Comitato di redazione Giuseppe Blasi, Emilio Gatto, Alessandro Monteleone, Alessandra Pesce, Andrea Povellato, Daniela Storti, Paolo Zaggia Progetto grafico Benedetto Venuto Impaginazione Pierluigi Cesarini Elaborazioni statistiche Stefano Tomassini Supporto informatico Massimo Perinotto Foto Davide Mastrecchia Segreteria Laura Guidarelli Registrazione Tribunale di Roma n.671/97 del 15/12/1997 Sped. abb. post. art.2 Comma 20/C Legge 662/96 filiale Roma Stampa Stilgrafica s.r.l. Via I. Pettinengo, 31 - Roma Finito di stampare nel mese di giugno 2006

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el corso del 2005, le diverse Amministrazioni centrali e regio-nali hanno dato avvio, in concertazione con le parti sociali,economiche e ambientali, alle attività dirette alla predisposi-zione dei piani e dei programmi introdotti con la nuovaRiforma dei Fondi strutturali, da un lato, e con quella dello

Sviluppo rurale, dall’altro, per il periodo di programmazione 2007-2013.Come è ormai noto, infatti, la politica di sviluppo rurale è stata scissa daquella di coesione e, in entrambi i casi, è stato introdotto un approcciostrategico alla programmazione. Sono stati avviati, quindi, due processi diprogrammazione distinti, accomunati, però, dall’adozione di un approc-cio a cascata, che articola tali processi su tre livelli. Il primo livello è quellocomunitario, in cui si definiscono gli orientamenti e le linee guida dellerispettive politiche, di sviluppo rurale e di coesione, tracciando le relativepriorità strategiche e azioni chiave. Il secondo è quello nazionale, dove ildocumento programmatico da elaborare deve rendere coerenti le prio-rità nazionali con quelle comunitarie. Il terzo livello, infine, è quello regio-nale, in cui si predispongono i programmi di sviluppo rurale, da un lato, ei programmi operativi, dall’altro.

A livello nazionale, il MiPAF e il MEF hanno dato avvio al processo di for-mazione, rispettivamente, del Piano Strategico Nazionale per lo svilupporurale (PSN) e del Quadro Strategico Nazionale (QSN) relativo alla politicadi coesione. Tali processi, seppure diversi per articolazione, strumenti elivello di complessità, presentano numerose caratteristiche comuni, comela partecipazione del partenariato istituzionale, economico, sociale eambientale a tavoli tematici, gruppi di lavoro, gruppi tecnici, seminari eriunioni incentrati su materie specifiche, che, data la loro elevata impor-tanza, necessitano di maggiori approfondimenti per l’identificazionedi problemi, punti di forza, obiettivi e fabbisogni di intervento edella presenza di soggetti che ne possono avere una cono-scenza accurata.

Questo numero del Bollettino Politiche Strutturali perl’Agricoltura, quindi, vuole fornire un quadro sull’artico-lazione del processo di programmazione a livellonazionale e sui suoi contenuti relativamente alla poli-tica di coesione e soprattutto a quella di svilupporurale. In relazione a questa ultima, pertanto, vieneanche fornita una sintesi della documentazione pro-dotta dai Gruppi di lavoro costituiti presso il MiPAFcon riguardo a particolari tematiche ambientali,diretti a individuare obiettivi, fabbisogni di interven-to e proposte operative da recepire nel PSN.

Bollettino

numero

23

1numero 23

a cura

IIIINNNNEEEEAAAAIstituto Nazionale

di Economia Agraria

dell’ Osservatorio Politiche Strutturali D.M. MIPAF N. 9138/95

n in questo numerol Attualità Il processo di program-mazione della politica di svilupporurale per il 2007-2013, Territorirurali e processo di definizionedella politica regionale 2007-2013lStrumenti della programmazioneGruppo di lavoro “Foreste eCambiamento Climatico”, Gruppodi lavoro “Risorse idriche e svilup-po rurale”, Gruppo di lavoro“Biodiversità e sviluppo rurale”,Gruppo di lavoro “Suolo e svilupporurale”, Gruppo di lavoro“Paesaggio e Sviluppo Rurale”

Direttore responsabile Francesco Mantino

Responsabile di redazione Laura Viganò

Comitato di redazione Giuseppe Blasi, Emilio Gatto, Alessandro Monteleone, Alessandra Pesce,

Andrea Povellato, Daniela Storti, Paolo Zaggia

Progetto grafico Benedetto Venuto

Impaginazione Pierluigi Cesarini

Elaborazioni statistiche Stefano Tomassini

Supporto informatico Massimo Perinotto

Foto Davide Mastrecchia

Segreteria Laura Guidarelli

Registrazione Tribunale di Roma n.671/97 del 15/12/1997

Sped. abb. post. art.2 Comma 20/C Legge 662/96 filiale Roma

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Finito di stampare nel mese di giugno 2006

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Il processo di programmazionedella politica di sviluppo ruraleper il 2007-2013di Alessandro Monteleone e Laura Viganò - INEA

Il processo di programmazione

Il 20 giugno 2005 il Consiglio dei Ministri dell’agri-coltura ha raggiunto un compromesso sul testo delnuovo regolamento per lo sviluppo rurale, definiti-vamente approvato e pubblicato, tuttavia, solonel mese di settembre (Reg. (CE) 1698/2005), masenza l’indicazione delle risorse destinate allo svi-luppo rurale.

L’accordo sul bilancio comunitario per il 2007-2013, infatti, è stato poi raggiunto in seno alConsiglio dello scorso 15 dicembre1, che ha sanci-to una drastica riduzione delle risorse complessiva-mente destinate allo sviluppo rurale rispetto allaprima proposta della Commissione sulle prospetti-ve finanziarie relativa a tale periodo di program-mazione (febbraio 2004), passate da 88,75 miliardidi euro agli attuali 69,75 (prezzi 2004). Di questi,33,01 miliardi di euro saranno assegnati ai nuoviStati membri e ai due futuri, Romania e Bulgaria,mentre 18,91 miliardi di Euro all’UE-15. Le restantirisorse finanziarie, invece, saranno attribuite aidiversi Stati membri sulla base dei seguenti criteri(Reg. (CE) 1698/2005, art. 69, par. 4):

a) gli importi assegnati alle regioni ammissibiliall’obiettivo di convergenza;

b) i risultati ottenuti nel passato;

c) particolari situazioni e fabbisogni sulla base dicriteri obiettivi.

Tale accordo, inoltre, ha attribuito agli Statimembri la possibilità di introdurre una modula-zione volontaria nella misura del 20% degliimporti che avanzano a ciascuno di questi dallaspesa relativa alla politica dei mercati e deipagamenti diretti, nel complesso pari a 293,105miliardi di Euro (prezzi 2004), così da potenziarela politica di sviluppo rurale2.

E’ ormai noto (si veda BPSA n. 20) come la nuovaRiforma veda la separazione della politica di svi-luppo rurale, che sarà finanziata da uno specifi-co Fondo (Fondo Europeo Agricolo per loSviluppo Rurale, FEASR), da quella di coesione.Benché l’impostazione e gli strumenti della pro-

grammazione previsti dai regolamenti sianoanaloghi, ciò implica che le due Amministrazioninazionali capofila, il MiPAF, da un lato, e il MEF,dall’altro, abbiano impostato specifici percorsi diprogrammazione per la definizione, rispettiva-mente, del Piano Strategico Nazionale per loSviluppo Rurale (PSN) e del Quadro StrategicoNazionale (QSN).

In Italia, in particolare, il processo di program-mazione dello sviluppo rurale prevede, a seguitodella predisposizione del PSN, quella di 21Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), da partedelle Regioni e delle due Province Autonome diTrento e Bolzano, e di un Programma Nazionalerelativo alla Rete nazionale per lo sviluppo rura-le.

Per quanto riguarda il processo di definizione delPSN, con l’accordo in Conferenza Stato-Regioni,sono state definite le tappe e le funzioni deidiversi soggetti coinvolti nell’individuazione dellestrategie nazionali, così come articolate neldocumento “Orientamenti nazionali per la reda-zione di un Piano Strategico Nazionale nel settoredello Sviluppo Rurale” (atto 2222 del 3/2/05). Trale indicazioni previste negli Orientamenti, vi è ilmandato al MiPAF di costituire un tavolo di par-tenariato finalizzato a condividere i contenuti delPSN.

A marzo 2005, quindi, con Decreto del Ministrodelle politiche agricole (DM 960 del 24/3/05), èstato istituito il “Tavolo di Concertazione naziona-le per l’impostazione della fase di programmazio-ne 2007-2013 relativa agli interventi per lo svi-luppo rurale”. La funzione del Tavolo è principal-mente quella di assicurare il contributo del parte-nariato ist i tuzionale, economico, sociale eambientale all’elaborazione del PSN e di verifi-carne lo stato di avanzamento nelle varie fasi dielaborazione, prima della sua approvazione inConferenza Stato-Regioni e del successivo inoltroalla Commissione europea.

In particolare, tra i soggetti istituzionali che par-tecipano al tavolo sono ovviamente rappresen-tati tutte le Regioni e le Province Autonome, iMinisteri interessati direttamente o indirettamen-te alla programmazione dello sviluppo rurale (adesempio, i l Ministero dell ’Economia e delleFinanze e il Ministero dell’Ambiente e dellaTutela del Territorio), l ’AGEA e l’ISTAT, oltreall’INEA e all’ISMEA, che forniscono la necessaria

1 Consiglio dell’Unione europea, Bruxelles, 19 dicembre 2005 (20.12) (OR. EN), 15915/05, CADREFIN 268.

2 Tale ammontare, infatti, include anche le risorse che saranno destinate allo sviluppo rurale mediante lo strumento della modulazione obbligatoria.

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assistenza tecnica. Per quanto riguarda il parte-nariato socio-economico e ambientale, invece,sono rappresentate le Organizzazioni professio-nali e quelle cooperative del settore agricolo eforestale, le principali Associazioni ambientali-ste, l’Osservatorio nazionale per l’imprenditoriagiovanile in agricoltura (OIGA) e quello per l’im-prenditoria femminile in agricoltura (ONILFA).

E’ interessante osservare come l’obiettivo delTavolo sia quello di definire il PSN sulla base dicontributi di diversa natura, quali: documenti diindirizzo strategico delle Regioni; documenti stra-tegici o di discussione degli altri soggetti che par-tecipano al Tavolo; attività di gruppi di lavoroappositamente costituiti; seminari di approfondi-mento e riunioni su tematiche con una valenzaparticolarmente strategica.

In particolare, i gruppi di lavoro, a cui hannopartecipato le Amministrazioni centrali interessa-te, i rappresentanti di alcune Regioni, gl istakeholder (a seconda del tema, associazioniambientaliste, associazioni di categoria, associa-zioni della cooperazione, organizzazioni sindaca-li e così via) e, in alcuni casi, consulenti prove-nienti dal mondo della ricerca scientifica, sono

stati incentrati su tematiche di carattere ambien-tale, quali biodiversità, suolo, risorse idriche,paesaggio, foreste e cambiamento climatico,tranne quello relativo al LEADER. Nel caso deiprimi cinque, inoltre, sono stati definiti dei docu-menti di indirizzo, che costituiscono la base diriferimento nelle diverse materie ai fini della pre-disposizione del PSN.

E’ stata prevista anche la realizzazione di specifi-ci seminari e incontri su temi ritenuti di importan-za strategica, come servizi di consulenza, biodi-versità e Natura 2000, ambiente e foreste, qua-lità, logistica e agroalimentare, diversificazione eLEADER, giovani, disaccoppiamento e secondopilastro, monitoraggio e valutazione. Solo alcunidi questi sono stati tenuti nel corso del 2005 e neiprimi mesi del 2006.

Come evidenziato nel prospetto 1, il processo diformazione del PSN è stato articolato in diversefasi. Tuttavia, a causa del ritardo con cui il rego-lamento è stato approvato, queste hanno subitouno slittamento di tre o quattro mesi; inizialmen-te, infatti, si era previsto che la versione finaledel PSN venisse notificata alla Commissioneentro la fine del 2005 invece che entro la fine di

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3 La prima e la seconda bozza di PSN, tuttavia, sono state strutturate sulla base delle indicazioni fornite nel documento approvatosuccessivamente dal Comitato STAR (Comitato di gestione delle strutture agricole e dello sviluppo rurale), Modello di riferimento per una Piano strategico nazionale.

Prospetto 1 - Calendario per la definizione del PSN

Fase Descrizione Tempi previsti

I Definizione struttura PSN3 Aprile-Maggio 2005

II Documenti tecnici preparatori Aprile-Giugno 2005

III Documenti strategici regionali e di altri soggetti del Tavolo Giugno-Dicembre 2005

IV Approfondimenti gruppi di lavoro, seminari e studi specifici Aprile-Dicembre 2005*

V Prima bozza documento di PSN Novembre 2005

VI Osservazioni e discussione nel Tavolo Dicembre 2005

VII Seconda bozza documento di PSN Gennaio 2006

VIII Avvio consultazione con la Commissione europea Gennaio 2006

IX Discussione osservazioni Commissione europea Gennaio-Febbraio 2006

X Terza bozza documento di PSN Marzo 2006

XI Notifica PSN alla Commissione europea Marzo 2006

XII Notifica Programmi regionali alla Commissione europea Giugno 2006

XIII Approvazione Programmi regionali di Sviluppo Rurale Ottobre 2006

* In realtà, questa fase è terminata nei primi mesi del 2006

Fonte: MiPAF (2005), Piano strategico Nazionale nel settore dello sviluppo rurale. Programma di lavoro per il Tavolo nazionaledi concertazione.

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aprile 2006. L’obiettivo attuale, quindi, è quellodi trasmettere i Programmi di Sviluppo Ruraledelle diverse Regioni e Province Autonome ita-liane entro la fine di giugno 2006.

Il 21 aprile 2006 è stata presentata al Tavolo dipartenariato nazionale la versione finale del PSN,inviata alla Commissione europea entro la dataprevista (30 aprile), così da rispettare i tempi che,secondo quanto definito nella proposta diRegolamento attuativo, dovrebbero consentirel’approvazione dei Programmi di sviluppo ruraleentro la fine del 2006.

Come è noto, il PSN non sarà sottoposto ad appro-vazione con Decisione comunitaria, ma saràcomunque esaminato dai servizi dellaCommissione, che potranno esprimere osservazio-ni e richieste di modifica per rendere il Piano pie-namente coerente con la legislazione e con gliOrientamenti strategici comunitari.

Processi di programmazione analoghi a quellonazionale sul PSN sono in atto nelle diverse regio-ni, dove sono stati costituiti i tavoli di partenariatoe iniziate le consultazioni per la definizione degliobiettivi e delle strategie regionali.

Tuttavia, la predisposizione dei PSR e l’individuazio-ne delle future strategie regionali sono ostacolatedall’assenza di un quadro finanziario certo. Comegià anticipato, infatti, benché sia stato raggiuntol’accordo sulle risorse complessivamente destinateallo sviluppo rurale a livello comunitario, questenon sono state ancora ripartite tra i 25 Stati membridell’UE e Bulgaria e Romania, che vi entrerannonel 2007. Successivamente, sarà decisa inConferenza Stato-Regioni e deliberata dal CIPE laripartizione delle risorse assegnate all’Italia tra lediverse Regioni e Province Autonome italiane.

I contenuti del PSN

Il PSN presentato al partenariato costituisce il fruttodi un paziente lavoro di analisi del fabbisogno edelle potenzialità di sviluppo delle aree rurali italia-ne e di sintesi delle linee strategiche scaturite daldibattito tenutosi nell’ambito del Tavolo, con lemodalità descritte precedentemente.

Il PSN è articolato in 7 capitoli, di seguito elencati:

1. Analisi della situazione socio-economica eambientale;

2. La strategia generale del Piano;

3. La strategia per Asse;

4. Programmi di sviluppo rurale e l’allocazionefinanziaria;

5. Coerenza e complementarità;

6. La costruzione della Rete Rurale Nazionale italia-na;

7. Metodo di costruzione del PSN e ruolo del parte-nariato;

Per quanto riguarda il primo capitolo, l’analisi delcontesto di intervento ha evidenziato alcunecaratteristiche più o meno note del settore agro-alimentare italiano e delle nostre aree rurali. Inparticolare, è stata evidenziata una perdita dicompetitività del settore agro-alimentare e foresta-le considerato nel suo complesso, che dovràaffrontare nuove sfide, dovute, da un lato, allenuove esigenze dei consumatori in termini di qua-lità dei prodotti agroalimentari, oltre che di salu-brità e sicurezza, e, dall’altro, alla concorrenza daparte dei sistemi produttivi che possono contare suun minor costo del lavoro. Queste sfide andrannoaffrontate facendo leva sulle elevate potenzialitàlegate a un’agricoltura più professionale e di qua-lità, alla tipicità delle produzioni e, più in genera-le, ai molteplici legami di natura culturale, socialee produttiva tra agricoltura, ambiente e territorio.

In questo senso, risulta crescente il ruolo dellerisorse ambientali, in primo luogo, perché la tutelae la conservazione delle componenti ambientali(in particolare acqua, suolo e biodiversità) richie-dono che si assumano comportamenti produttivirispettosi dell’ambiente e, in secondo luogo, per-ché la loro valorizzazione può rappresentare unimportante fattore di sviluppo sia per l’agricoltura,sia per la selvicoltura naturalistica.

Emerge, infine, la crescita e il rafforzamento deilegami tra agricoltura, selvicoltura e altre attivitàeconomiche all’interno di tutti i territori rurali; tutta-via, se numerose aree rurali evidenziano unacerta vivacità in termini di diversificazione delleattività economiche, altre mostrano ritardi struttu-rali e infrastrutturali (materiali e immateriali), chene condizionano in parte lo sviluppo economico ela qualità della vita.

Nell’analisi del contesto di intervento, l’aspettosenza dubbio più interessante e innovativo è rap-presentato proprio dall’individuazione di quattrotipologie distinte di aree rurali, al cui interno è pos-sibile identificare problematiche e priorità di inter-vento di tipo diverso. Le aree, identificate, su basecomunale, mediante la metodologia OCSE, poiriadattata per tener conto della realtà italiana (siveda box 1), sono le seguenti:

- poli urbani;

- aree rurali ad agricoltura intensiva specializza-ta;

- aree rurali intermedie;

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- aree rurali con problemi complessivi di svilup-po.

A tale proposito, è importante sottolineare come ladistribuzione dei comuni nelle quattro classi rap-presenti una territorializzazione che possa essere disupporto a una migliore individuazione dei fabbi-sogni e delle strategie di intervento e non unazonizzazione finalizzata a definire aree di esclusi-vità nell’attuazione della politica di sviluppo rura-le. Ciò vale anche per la tipologia “poli urbani”, alcui interno ricadono importanti porzioni del territo-rio rurale italiano e dove il settore agroalimentareriveste una discreta importanza, il cui fabbisognodi intervento, tuttavia, deve tener conto della forteurbanizzazione che le caratterizza.

Per quanto riguarda la strategia di intervento pro-posta dal PSN, questa è affrontata nei suoi diversiaspetti nel secondo, nel terzo e nel quinto capito-lo. Il primo aspetto da evidenziare concerne lascelta del PSN di individuare una propria declina-zione degli obiettivi prioritari, comunque coerentecon le priorità comunitarie fissate negliOrientamenti strategici, tenendo conto delle speci-ficità e dei fabbisogni emersi nell’analisi del conte-sto di intervento. La strategia, pertanto, è stataarticolata nei seguenti cinque assi (figura 1):

- Asse I - “Miglioramento della competitività delsettore agricolo e forestale”;

- Asse II - “Miglioramento dell’ambiente e dellospazio rurale”;

- Asse III - “Qualità della vita nelle zone rurali ediversificazione dell’economia rurale”;

- Asse IV - “Leader”;

- Asse V - “Rete rurale nazionale”.

Gli aspetti più interessanti e innovativi della strate-gia proposta sono tuttavia riscontrabili non tantonella articolazione degli obiettivi, quanto nella fis-sazione delle priorità territoriali e nella forte atten-zione verso modalità di attuazione volte all’inte-grazione degli interventi.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’obiettivo è,da un lato, quello di concentrare e di creare unamassa critica di risorse intorno ad alcune prioritàstrategiche e, dall’altro, di adattare le diversetipologie di intervento ai differenti fabbisogni terri-toriali.

Con riferimento alla scelta di puntare su unamaggiore integrazione degli interventi, invece,questa è finalizzata ad assicurare una maggiorecoerenza interna nell’ambito di ciascun Asse e,soprattutto, tra gli Assi e a creare le condizioniperché si sviluppino degli effetti sinergici.

Sono state individuate, pertanto, alcune temati-

che, quali la qualità, l’ambiente e le bioenergie,l’imprenditoria in agricoltura giovanile e femmini-le; queste, per il loro carattere di trasversalitàrispetto agli obiettivi dei PSR, si prestano all’ado-zione di approcci che assicurino una maggioreintegrazione delle diverse misure contenute nelregolamento a livello di impresa, filiera produttivae/o territorio. Tali approcci possono basarsi, adesempio, sull’individuazione di pacchetti di misu-re, a cui, a seconda degli obiettivi perseguiti, pos-sono aderire singole imprese o i diversi operatoridi una filiera e/o di un territorio, purché ammessidal Regolamento.

Pur non escludendo la possibilità di avviare altreforme di progettazione integrata territoriale, il PSNindividua nel LEADER lo strumento principale perassicurare l’integrazione territoriale e nei GAL isoggetti attuatori, ribadendo, secondo quantodisposto dal Regolamento, come, attraverso glistessi, sia possibile finanziare tutte le misure previ-ste.

Sempre con riferimento agli aspetti strategici, ilPSN, pur non rappresentando, analogamente aquanto avviene nel caso del Quadro StrategicoNazionale (si veda Finuola e Lucatelli, p. 9), undocumento di programmazione della politicanazionale per il settore agroalimentare e le areerurali, affronta alcune questioni rilevanti, per con-sentire che i diversi strumenti di politica economi-ca comunitaria, nazionale e regionale lavorinonella stessa direzione e in modo complementaretra loro. Gli aspetti trattati non sono affrontati soloda un punto di vista formale, così da garantire lacompletezza del programma. Con riferimento aglistrumenti di politica nazionale, infatti, il PSN affer-ma che la complementarità va ricercata, in parti-colare, attraverso azioni che non si sovrapponga-no con quanto finanziato in ambito regionale eche siano finalizzate a mettere a sistema quantorealizzato o da realizzare con le politiche regiona-li.

Sempre nell’ottica di garantire l’integrazione tratutti gli interventi da realizzare a favore del siste-ma agroalimentare e delle aree rurali, particolareattenzione è stata posta sul coordinamento e sul-l’integrazione con le linee strategiche nazionalidella politica di coesione fissate nel QSN (si vedaFinuola e Lucatelli, pp. 10-11). E’ evidente, infatti,come lo sviluppo del settore agroalimentare edelle aree rurali non possa essere stimolato solocon gli strumenti di incentivazione previsti nel-l’ambito delle politica di sviluppo rurale. Con que-sto spirito, sia il PSN che il QSN, sulla base di uncostante confronto tra MiPAF e MEF, individuanouna serie di ambiti tematici in cui è opportuno

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ricercare l’integrazione e dove l’intervento dellapolitica di coesione (FESR e FSE) sembra essereprioritario. In particolare, gli ambiti meritevoli dimaggiore attenzione sono:

- la logistica, la ricerca e la formazione, perquanto riguarda l’agroalimentare;

- le aree ad alto valore naturale, in particolareNatura 2000, le infrastrutture finalizzate al

risparmio idrico e le opere di difesa del suolonelle aree a maggior degrado territoriale, conriferimento alla tutela e alla valorizzazione del-l’ambiente;

- l’accessibilità e l’attrattività delle aree rurali,alcuni servizi essenziali alla popolazione e perla valorizzazione del turismo e delle risorse cul-turali, con riguardo alla qualità della vita ealla diversificazione in queste aree.

Box 1 - La metodologia utilizzata nel PSN per l’individuazione delle aree rurali italiane

La metodologia OCSE per la classificazione delle aree in urbane e rurali è basata sulla utilizzazione della den-sità di popolazione, per cui, nella prima fase, i comuni sono suddivisi in urbani (>150 ab./kmq) e rurali (<150ab./kmq). Nella seconda fase, si prevede una classificazione a scala NUTS 3 delle aree in tre categorie (preva-lentemente urbane, significativamente rurali e prevalentemente rurali), a seconda del peso percentuale dellapopolazione residente nei comuni rurali sul totale della popolazione provinciale. Tale metodologia non consen-te di cogliere adeguatamente le differenze interne alle province, generalmente rilevanti all’interno del territorioitaliano, per cui, nel PSN, questa è stata rivista apportando alcuni adattamenti.

Prima fase: sono stati selezionati i comuni-capoluogo di provincia con oltre 150 ab./kmq, che possono rappre-sentare i maggiori centri urbani, dove si concentrano una buona parte dei fenomeni di urbanizzazione e lemaggiori attività extra-agricole e in cui l’agricoltura rappresenta un settore del tutto residuale. Questo gruppodi comuni può rappresentare, a livello nazionale, le “aree urbane in senso stretto” ed è stato escluso dalle suc-cessive elaborazioni, volte a individuare una più spinta articolazione del rurale, così da evitare eccessive distor-sioni nelle valutazioni della sua reale entità.

Seconda fase: la metodologia OCSE è stata applicata ai comuni rimanenti, individuando le aree prevalente-mente urbane (popolazione comuni rurali < 15% popolazione totale), significativamente rurali (popolazionecomuni rurali > 15% e < 50% popolazione totale) e prevalentemente rurali (popolazione comuni rurali > 50%popolazione totale) non a livello provinciale (metodologia OCSE), bensì distinguendo i comuni, nell’ambito diogni provincia, per zona altimetrica e calcolando, per ciascuna di queste tre (pianura, collina e montagna),l’incidenza della popolazione dei comuni classificati come rurali sulla popolazione totale.

Terza fase: si è provveduto a disaggregare ulteriormente la categoria di aree prevalentemente urbane, chepresenta al suo interno forti differenziazioni tra un insieme di comuni più simili ai capoluoghi di provincia (adesempio, i comuni di corona delle maggiori città italiane e/o alcuni comuni costieri con un forte sviluppo urba-no) e un insieme di comuni densamente popolati, dove è presente un’agricoltura ricca e intensiva (ad esem-pio, le zone di pianura dell’Italia Settentrionale). Per distinguere questi 2 gruppi, si è operata una riclassificazio-ne all’interno delle aree prevalentemente urbane, sulla base della densità (150 ab./kmq) e del peso dellasuperficie agricola totale sulla superficie territoriale. Sono stati così individuati tutti quei comuni che possonoessere definiti “rurali urbanizzati”, caratterizzati da una densità abitativa elevata ma anche da un rilevantepeso dell’agricoltura (oltre i 2/3 della superficie territoriale). Infine, applicando sempre l’analisi a livello di zonaaltimetrica, si è ottenuta una ulteriore categoria di area, definita “rurale fortemente urbanizzata”, in quanto icomuni rurali hanno un peso significativo (oltre il 15% della popolazione complessiva) e quelli rurali urbanizzatiun peso prevalente (oltre il 50% della popolazione rurale).

Quarta fase: Con il procedimento descritto nelle fasi precedenti, incrociando le aree OCSE riviste con le tre zonealtimetriche e le tre circoscrizioni territoriali del paese (Nord, Centro e Mezzogiorno), si ottengono 36 tipi di aree(più una relativa ai capoluoghi di provincia) che, sulla base di una analisi delle caratteristiche comuni, posso-no essere aggregate secondo una tipologia a maglie larghe che prevede le seguenti 4 aree omogenee: i Poliurbani, che comprendono i capoluoghi di provincia con più di 150 ab/kmq e tutte le Aree fortemente urbaniz-zate; le Aree rurali ad agricoltura intensiva specializzata, che includono le Aree rurali urbanizzate di pianura, leAree rurali urbanizzate di collina, le Aree prevalentemente rurali di pianura e le Aree significativamente ruralidi pianura; le Aree rurali intermedie, che comprendono le Aree prevalentemente rurali di collina (Nord eCentro), le Aree significativamente rurali di collina e le Aree significativamente rurali di montagna (Nord eCentro); le Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo, che comprendono le Aree prevalentemente ruralidi montagna, le Aree prevalentemente rurali di collina (Mezzogiorno) e le Aree significativamente rurali dimontagna (Mezzogiorno).

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Inoltre, per evitare che tali affermazioni noncostituiscano delle mere enunciazione di princi-pio e che, quindi, il rapporto con la politica dicoesione sia limitato alla fissazione di prioritàstrategiche comuni, si è ritenuto opportuno defi-nire alcune modalità organizzative comuni, fina-lizzate a favorire l’effettiva integrazione durantel’attuazione dei programmi a livello regionale,come, ad esempio, la partecipazione a gruppi dilavoro; la realizzazione di attività di informazione

e animazione; la condivisione di forme di gestio-ne e di implementazione dei programmi; il coor-dinamento nelle attività di monitoraggio e valu-tazione.

A proposito delle attività di monitoraggio e valu-tazione, il PSN prevede l’attivazione di un SistemaNazionale di Monitoraggio e di un SistemaNazionale di Valutazione per lo sviluppo rurale, ilcui compito è innanzi tutto quello di garantire laconfrontabilità e l’aggregazione delle informazio-

Attualità

Figura 1 - PSN. La struttura logica degli obiettivi

OBIETTIVI ORIZZONTALI OBIETTIVI VERTICALI DI ASSE

Obiettivo orizzontale 1

Competitività del settoreagroalimentare e forestale

Obiettivo orizzontale 2

Miglioramento contestoambientale e socio-economico

Obiettivo orizzontale 3

Efficienza ed efficacia deisistemi organizzativi nazionali,

regionali e locali

Consolidamento e sviluppo della qualitàdella produzione agricola e forestale

Promozione dell’ammodernamento e dell’inno-vazione nelle imprese e dell’integrazione lungole filiere

Potenziamento delle dotazioni infrastrutturalifisiche e telematiche

Miglioramento della capacità imprenditorialee professionale

ASSE I

Miglioramento della governance nazionale eregionale delle politiche

Rafforzamento della capacità progettuale egestionale nazionale e regionale

Diffusione delle buone prassi nazionali, regio-nali e locali

ASSE V

Conservazione della biodiversità e tutela ediffusione i sistemi agro-forestali ad alto valo-re naturalistico

Tutela qualitativa e quantitativa delle risorseidriche superficiali e profonde

Riduzione dei gas serra

Tutela della risorsa suolo

ASSE II

Miglioramento dell’attrattività dei territorirurali per le imprese e la popolazione

Mantenimento e creazione di nuove opportu-nità occupazionali in aree rurali

ASSE III

Rafforzamento della capacità progettuale egestionale locale

Miglioramento della partecipazione localealla definizione delle politiche

ASSE IV

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Attualità

ni a livello nazionale e comunitario e il soddisfa-cimento delle esigenze conoscitive e valutative. Idue sistemi, che prevedono la partecipazioneattiva dei soggetti a livello sia nazionale, siaregionale, dovranno assicurare una certa qualitàdelle attività realizzate con azioni di supportometodologico e la promozione di iniziative finaliz-zate allo scambio di buone prassi e di conoscen-ze specialistiche in tale ambito, garantendo l’in-terfaccia con la Commissione per quel che con-cerne la definizione dei metodi e delle modalitàdi valutazione, in particolare nell’ambito dellaRete europea sulla valutazione.

Il sesto capitolo del PSN pone le basi per la costru-zione della futura Rete Rurale Nazionale, che saràattuata attraverso un Programma operativo nazio-nale. Interessando tutta la politica di svilupporurale, questa avrà compiti molto più ampi dellaRete di animazione dell’Iniziativa LEADER. Gliobiettivi della Rete saranno perseguiti attraverso:

- azioni di coordinamento e di raccordo con leattività svolte in parallelo dalla Rete europea;

- azioni informative a favore di tutti gli attori dellosviluppo rurale;

- azioni di sistema finalizzate al supporto delleamministrazioni regionali, da realizzare tramitescambi di esperienze e di competenze, attivitàformative, supporto metodologico, diffusione diinformazioni su strumenti e politiche di caratterenazionale e comunitario, supporto alle attivitàdel Sistema nazionale monitoraggio e delSistema nazionale di valutazione;

- azioni di supporto a favore dei GAL;

- azioni di identificazione, coinvolgimento attivo,promozione di sinergie con le reti informali giàesistenti sul territorio;

- azioni finalizzate alla diffusione e al trasferi-mento delle buone pratiche e delle innovazioninel campo dello sviluppo rurale;

- azioni di analisi e di studio finalizzate a orienta-re in modo più efficace la programmazionedello sviluppo rurale;

- azioni di assistenza tecnica alla cooperazioneinterterritoriale e transnazionale.

La versione del PSN sopra descritta, tuttavia, èsuscettibile di ulteriori modifiche, che potrebberorendersi necessarie a seguito dell’evoluzione dialcune questioni, quali:

- l’assegnazione delle risorse finanziarie agli Statimembri, rappresentando, al momento, un ele-mento di incertezza che, da un lato, non haconsentito di completare un capitolo del PSN e,dall’altro, potrà influenzare anche alcune scel-te strategiche, a seconda che la disponibilitàeffettiva sia inferiore o superiore alle aspettati-ve;

- l’evolversi del “negoziato” con la Commissioneeuropea, che richiederà presumibilmente alcu-ni aggiustamenti al PSN. Tra questi, sarà sicu-ramente necessario provvedere a una sintesidell’analisi del contesto di intervento, che ilTemplate per la redazione dei documenti stra-tegici nazionali prevede molto più sintetica;

- l ’approvazione del PSN da parte dellaConferenza Stato-Regioni. Tuttavia, tale pas-saggio, indispensabile perché concordatoall’avvio del processo di redazione del Piano,sarà possibile solo dopo aver conosciuto l’am-montare preciso delle risorse finanziarie dispo-nibili a livello nazionale e la loro ripartizione alivello regionale.

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Attualità

Territori rurali e processo di definizio-ne della politica regionale 2007-2013di Roberta Finuola - MEF e

Sabrina Lucatelli - UVAL

Introduzione

Una delle più importanti novitàdel periodo di programmazione2007-2013 è quella di prevede-re una programmazione unifi-cata per la politica regionalecomunitaria, f inanziata daiFondi strutturali, e per la politi-ca regionale nazionale, finan-ziata dal Fondo aree sottoutiliz-zate. Le “Linee Guida”, appro-vate da Stato, Regioni ed Entilocali con intesa dellaConferenza unif icata del 3Febbraio 2005, infatti, sancisco-no la scelta di avere un unicoQuadro Strategico Nazionale(QSN), che si riferirà sia allapolitica regionale comunitariache a quella nazionale. Allabase di questa decisione c’è lanecessità di rendere queste duepolitiche pienamente coerenti.

Sempre in linea con gli indirizzidelle “Linee guida”, la program-mazione 2007-2013 dovrà per-seguire “la coerenza fra politicaregionale e politica ordinaria disviluppo, dandone conto neidocumenti di programmazionedei diversi livelli di governo, enei loro atti strategico-operativi,e monitorandone i dist int i valori finanziari, sia negli impe-gni giur idici , s ia nella spesa (Documento StrategicoPreliminare Nazionale, pag.III)”. Ciò significa che l’obiettivodi coerenza riguarda non solole due politiche regionali, maanche le politiche ordinarie checoncorrono all’attuazione dellastrategia guida definita dallanuova politica regionale con ilQSN.

Per comprendere il processo didefinizione del QSN per la politi-ca regionale 2007-2013, ènecessaria una breve premessariguardo al contesto di politicaeconomica. Il quadro normati-vo, peraltro ancora non definiti-vo, che sta alla base della poli-tica di coesione del prossimoperiodo di programmazione,infatti, fa suoi gli obiettivi dellastrategia di Lisbona, lanciata,nel marzo 2000, dal Consiglioeuropeo tenutosi nella capitaleportoghese da cui prende ilnome. Si tratta di una prospetti-va strategica decennale, voltaa sostenere l’occupazione, leriforme economiche e la coesio-ne sociale nell’ambito di unaeconomia basata sulla cono-scenza. Tale strategia è statapoi confermata dal Consiglioeuropeo di Göteborg del 2001,che ha conferito agli obiettivi diLisbona una profonda dimen-sione ambientale, evidenzian-do l’esigenza di accompagnarela crescita economica con unutilizzo sostenibile delle risorsenatural i . La strategia diLisbona, infine, è stata sottopo-sta a verifica nel marzo scorsoin seno alla prevista “revisionedi medio termine”, formalizzatadal Consiglio europeo del 22-23marzo 2005.

Nel complesso, il riesame inter-medio ha evidenziato come irisultati siano stati inferiori aquelli attesi, dato il visibile ral-lentamento delle economieeuropee e, in particolare, del-l’occupazione, alla cui base sicol loca un insoddisfacenteandamento della produttività,anche a causa del non pienouti l izzo dell ’economia dellaconoscenza e delle tecnologiedell’informazione e della comu-nicazione (TLC). Tuttavia, i lConsiglio europeo non ha volu-to cambiare rotta, rilanciandocosì la strategia di Lisbona,mediante una semplificazione

delle modalità di implementa-zione e il riorientamento dellepriorità verso due azioni fonda-mentali: realizzare una crescitapiù stabile e duratura e crearenuovi e migliori posti di lavoro.Per recuperare il tempo perdu-to, quindi, è stato definito unprogramma di azione ad hoc, ilLisbon Action Plan, fondato sutre obiettivi principali:

1. rendere l’Europa più capacedi attrarre invest imenti elavoro;

2. porre la conoscenza e l’inno-vazione al servizio della cre-scita;

3. creare nuovi e migliori postidi lavoro.

In particolare, nelle conclusionidella riunione del marzo 2005,si afferma testualmente che“l’Europa deve rinnovare le basidella sua competitività, aumen-tare il suo potenziale di crescitae la sua produttività e rafforza-re la coesione sociale puntandoprincipalmente sulla conoscen-za, l’innovazione e la valorizza-zione del capitale umano”. Diconseguenza, nel maggio 2005,la Commissione ha adottato gli“orientamenti integrati per lacrescita e l’occupazione”, nel-l ’ intento di aiutare gl i Stat imembri a elaborare programmidi riforme nazionali.

Il Quadro Normativo e gliOrientamenti Strategicidella Commissione

In questo contesto, si è andatosviluppando il quadro normati-vo del nuovo ciclo dei Fondistruttural i comunitari per i lperiodo 2007-2013, che ha por-tato alla messa a punto, manon ancora alla approvazione,al momento in cui scriviamo,dei regolamenti e delle relativel inee guida della strategiacomunitaria per la politica dicoesione 2007-2013, facendo

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propri gli obiettivi della strate-gia di Lisbona in termini di cre-scita, competitività e occupa-zione e articolandoli poi in fun-zione delle specifiche finalitàdei diversi Fondi.

In part icolare, per quantoriguarda la politica di coesione,gli obiettivi di Lisbona vengonodeclinati dai relativi orienta-menti strategici nelle seguentipriorità:

1. rendere più attraenti gli Statimembri, le regioni e le città,migliorando l’accessibilità,garantendo servizi di qualitàe salvaguardando le poten-zialità ambientali4;

2. promuovere l’innovazione,l’imprenditoria e lo sviluppodell ’economia della cono-scenza mediante lo sviluppodella ricerca e dell’innovazio-ne, comprese le nuove tec-nologie dell’informazione edella comunicazione;

3. creare nuovi e migliori postidi lavoro, attirando un mag-gior numero di persone versoil mercato del lavoro o l’atti-vità imprenditoriale, miglio-rando l’adattabilità dei lavo-ratori e delle imprese eaumentando gli investimentinel capitale umano.

Nelle intenzioni dellaCommissione, le priorità sopraelencate vanno decl inatetenendo conto della dimensio-ne territoriale della politica dicoesione, in particolare dell’ar-ticolazione delle aree in urbanee rurali. Per queste ultime, gliorientamenti strategici per lapolitica di coesione prevedonouna forte promozione delladiversificazione economica, daperseguire attraverso una vigo-rosa integrazione fra tale politi-

ca e quella di sviluppo rurale.Per quanto riguarda specifica-tamente la politica di coesione,gli interventi a favore dellezone rurali sono chiamati a:

- garantire un livello minimodi accesso ai servizi di inte-resse economico generalenella prospettiva di attrarreimprese e personale qualifi-cato e di contenere l’emigra-zione;

- rafforzare le capacità endo-gene dei territori rurali, favo-rendo l’innovazione di pro-cesso e di prodotto delle atti-vità locali e la commercializ-zazione dei prodotti a livellonazionale ed europeo;

- adottare un’ impostazioneintegrata dello sviluppo turi-stico locale, salvaguardandole r isorse natural i ( tuteladegli habitat e della biodi-versità);

- promuovere aggregazionisinergiche (poli di sviluppo,gruppi economici che associ-no le risorse locali) che con-sentano di raggiungere lamassa critica necessaria peroffrire servizi efficienti.

Per conseguire tali obiettivi, gliStati membri debbono garanti-re la complementarietà e lacoerenza fra le azioni chesaranno finanziate dal FondoEuropeo di Sviluppo Regionale(FESR), dal Fondo di coesione,dal Fondo Sociale Europeo(FSE), dal Fondo Europeo per laPesca (FEP) e dal FondoEuropeo Agricolo per loSviluppo Rurale (FEASR) in undato territorio o in un dato set-tore di attività, definendo nelQSN e nel Piano StrategicoNazionale per lo sviluppo rurale(PSN) gli orientamenti principalirelativi ai meccanismi di coor-

dinamento tra gli interventif inanziat i dai vari Fondi.Un’analoga attenzione ai temidell ’ integrazione è presentenegli orientamenti strategicispecifici per lo sviluppo rurale,che dedicano un intero para-grafo (il 3.6) alla complementa-rità fra gli strumenti comunitari,evidenziando l’assoluta neces-sità di “sviluppare sinergie tra lepolitiche strutturali, la politicadell’occupazione e la politicadello sviluppo rurale”. In talsenso, vengono date alcuneindicazioni puntuali in ordine aicriteri di demarcazione: per gliinvestimenti in infrastrutture,viene individuata la scala degliinterventi come potenziale prin-cipio guida per la suddivisionedegli interventi fra svilupporurale e politiche di coesione;per quanto riguarda lo sviluppodel capitale umano, la suddivi-sione dovrebbe avvenire in fun-zione dei beneficiari rurali, percui gli interventi di svilupporurale sarebbero destinati agliagricoltori e agli attori econo-mici coinvolti nella diversifica-z ione dell ’economia rurale,mentre quelli previsti dalle poli-tiche di coesione, in generale,a tutta la popolazione dellearee rurali.

Su queste basi è stata imple-mentata, in una stretta coope-razione ist i tuzionale fra i lDipartimento per le politiche disviluppo e di coesione (DPS) delMinistero dell’Economia e delleFinanze (MEF) e i l Ministerodelle Pol i t iche Agricole eForestali (MiPAF), le Regioni ele parti economiche e sociali, lacostruzione parallela e sinergi-ca dei due documenti base delnuovo ciclo di programmazio-ne: il QSN e il PSN.

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Attualità

4 Tale priorità va perseguita potenziando le infrastrutture di trasporto, rafforzando le sinergie fra tutela dell’ambiente e crescita eriducendo l’uso intensivo delle fonti energetiche tradizionali.

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Attualità

Il Documento StrategicoPreliminare Nazionale e iTerritori Rurali

Il Documento StrategicoPreliminare Nazionale (DSPN) è ildocumento prodotto dalleamministrazioni centrali nellaprima fase del processo dicostruzione del QSN. Come indi-cato dalle “Linee Guida per l’ela-borazione del Quadro strategiconazionale per la politica di coe-sione 2007-2013” prima illustrate,tale documento rappresenta ilprimo passo per la costruzione diuna “Strategia per la politica dicoesione” realizzata con risorsenazionali e comunitarie a livello di Stato membro.L’Amministrazione centrale digoverno, nel caso dell’Italia ilDPS del MEF, in stretta concerta-zione con le parti economiche esociali, fisserà indicazioni in meri-to alle priorità nazionali dellapolitica regionale, comunitaria enazionale, e alle principali lineedi intervento nel periodo 2007-2013, assicurando la coerenza ditali indicazioni con gli orienta-menti comunitari previsti dal-l ’art. 23 della proposta diRegolamento, delineando il con-tributo della politica di coesioneall’attuazione degli obiettivi diLisbona e di Göteborg e assicu-rando la sua coerenza con lealtre politiche nazionali e comu-nitarie che attuano tali obiettivie con le politiche nazionali perl’occupazione.

Pur riconoscendo la necessità dicontinuare a ragionare pergrandi temi e per settori (adesempio, Ricerca e innovazione;Ambiente e risorse naturali e cul-turali e altri), il DPSN affermal’importanza che priorità e criteridelineati per grandi temi venga-no poi declinati in base alladimensione territoriale. E’ nellaparticolare articolazione di risor-se, soggetti e interessi sul territo-rio, infatti, che le singole azioni

“settoriali” possono integrarsi.

Il Documento, quindi, pur riba-dendo il ruolo fondamentaledella Politica di Sviluppo rurale,in quanto politica espressamen-te dedicata a tutto il contestorurale, riconosce l’esigenza di unsuo raccordo con la politicaregionale. Questo raccordo devepassare per il riconoscimentoche le aree rurali sono diversetra loro, riconoscimento cheguida, pertanto, anche l’indivi-duazione delle diverse tipologiedi aree rurali nell’ambito del pro-cesso di concertazione tra MiPAFe Regioni per la definizione delPSN.

Il DPSN prevede, infatti, tre prin-cipali tipologie di aree: Città;Sistemi produttivi (tra cui anche isistemi agroalimentari) e Sistemirurali.

Le esigenze di policy di un’arearurale periurbana, ad esempio,saranno probabilmente differen-ti da quelle di un’area ruralemarginale. Mentre il primo tipodi area è sottoposto a pressionisia ambientali, sia dovute all’ur-banizzazione e, al contempo, hal’opportunità di operare per lacostruzione di filiere agro-alimen-tari corte, il secondo tipo di arearurale ha problemi collegati all’i-solamento, alle difficoltà in ter-mini di accesso ai servizi minimidi base e sono interessate daspinti fenomeni di invecchia-mento della popolazione e didisoccupazione giovanile (inparticolare femminile). L’idea dibase, quindi, è che tipologie diaree rurali differenti evidenzianofabbisogni diversi in termini dipolicy, la cui offerta, pertanto,deve essere modulata in base atali differenze.

L’altra tipologia di area presa inconsiderazione dal DPSN è quel-la dei sistemi agroalimentari, inqualità di sistemi produttivi (oltreai sistemi industriali e a quellituristici). Per supportare l’obietti-vo di competitività delle filiere

agroalimentari, proprio dellapolitica di sviluppo rurale, ilDPSN riconosce che la politicaregionale ha un ruolo di miglio-ramento del “contesto economi-co” in cui le filiere produttiveoperano.

E’ evidente, quindi, come l’im-portanza della dimensione terri-toriale vada letta anche allaluce del fatto che il territorio, inquesto caso i diversi sistemi ruralicon le loro specifiche caratteristi-che, costituisce uno dei punti dipartenza per l’integrazione delledue “anime” della politica infavore dei territori rurali (la politi-ca di sviluppo rurale e la politicaregionale).

Il Processo e i Tavoli

Il processo attraverso il quale siperviene alla definizione e all’i-noltro formale alla Commissioneeuropea della proposta di QSNper le politiche regionali entroSettembre 2006 (come presuppo-sto per il contemporaneo inviodei Programmi operativi) è statodefinito dalle Linee guida primaillustrate. Tale percorso si articolain tre fasi principali: estrapolazio-ne e visione strategica delleRegioni e del Centro; confrontostrategico tra Centro e Regioni;stesura del QSN. Il confronto e ildialogo con le parti economichee sociali è previsto in tutte e trequeste fasi.

La prima tappa è stata la stesuradel DSPN da parte del DPS (MEF),per conto di tutte le amministra-zioni centrali e in partenariatocon le rappresentanze istituziona-li degli enti locali e delle partieconomiche e sociali, ultimata afine novembre 2005. A questoDocumento si è giunti nella con-vinzione che il punto di partenzaper la costruzione della futurastrategia di sviluppo regionalefosse costituito dalla diagnosi edalla valutazione dei risultaticonseguiti nel precedente perio-

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Attualità

do di programmazione. Alla defi-nitiva stesura del DPSN, dunque,si è arrivati attraverso l’utilizzo,per ciascun tema chiave, deirisultati dell’attività Valutativa,l’apporto delle diverseAmministrazioni centrali e delleparti economiche e sociali e l’or-ganizzazione di Seminari allarga-ti su una serie di temi chiave5.Contemporaneamente, ciascunaRegione e Provincia Autonomaitaliana ha predisposto un Documento StrategicoPreliminare Regionale (DSPR). Inparticolare, le Regioni delMezzogiorno (Abruzzo, Molise,Campania, Balisicata, Puglia,Calabria, Sicilia e Sardegna)hanno elaborato il loro DSPR inmodo coordinato e d’intesa con ilDPS, così da consentire la conte-stuale stesura di un documentostrategico unitario per ilMezzogiorno (DSM), “Linee per unnuovo programma Mezzogiorno2007-2013”. Una volta conclusi ilDSPN, il Documento Strategicoper il Mezzogiorno e i diversiDSPR, si è aperta la fase di con-fronto delle Amministrazioni cen-trali con le Regioni nell’ambito diotto Tavoli tematici e Gruppi tec-nici, avviata nel gennaio 2006 eterminata entro la fine di aprile.Dai tavoli sono scaturite delle“schede”, che rappresentano unprimo passo verso la definizionedelle priorità strategiche nazio-nali e che costituiranno la baseper l’elaborazione della versionefinale del QSN, da approvare,come già anticipato, entro la finedi Settembre.

Secondo una prassi ormai conso-lidata del DPS, la definizione ditutti i documenti programmaticidi base, quindi, avviene attra-verso un intenso e partecipatoprocesso di brain storming, chevede il coinvolgimento di tutti gliattori: Amministrazioni centrali,Regioni, Parti sociali.

In particolare, i tavoli tematicihanno riguardato:

- Tavolo I - Istruzione, forma-zione, territorio;

- Tavolo II - Ricerca e innova-zione, banche e aiuti di Stato;

- Tavolo III - Ambiente, risorsenaturali e culturali, mercato deiservizi, territorio;

- Tavolo IV - Servizi sociali,inclusione sociale, sicurezza elegalità;

- Tavolo V - Reti/collegamenti,territorio;

- Tavolo VI - Mercato del lavo-ro, sistemi produttivi, sviluppolocale;

- Tavolo VII - Città, sistemi pro-duttivi, innovazione;

- Tavolo VIII - internazionalizza-zione, attrazione investimenti.

Il loro compito principale è statoquello di favorire la discussionesulle tematiche affrontate e laconseguente messa a punto dipriorità effettivamente condivise(obiettivi) e l’individuazione dimodalità di governance (stru-menti), da condensare in undocumento di sintesi e utilizzarenella fase di redazione del QSN,iniziata dopo la conclusione deilavori dei tavoli6.

I gruppi tecnici hanno finalitàanaloghe, essendo la loro atti-vità diretta alla produzione didocumenti condivisi, da utilizzarenella fase di stesura del QSN; tut-tavia, questi affrontano temi piùcircoscritti e di natura più stru-mentale rispetto alla realizzazio-ne degli obiettivi discussi neitavoli.

Come è possibile notare, latematica della aree rurali non èstata oggetto di uno specificotavolo tematico, né di un gruppotecnico, in quanto è trattata, condiversa intensità, nell’ambito ditutti i tavoli. Si è deciso di lavora-re, infatti, in maniera parallela alTavolo per lo Sviluppo Rurale(gestito dal MiPAF al fine di dise-gnare il PSN) e di garantire, all’in-terno di ciascun Tavolo di discus-sione della Coesione, l’emersionedelle problematiche connessealle aree rurali. Tale obiettivo hacomportato la produzione di spe-cifici contributi, elaboratidall’Area Sviluppo Rurale delDPS, che hanno riportato, su cia-scun Tavolo, il punto di vista e leesigenze dei Territori Rurali, insie-me ai numerosi contributi prodot-ti da tutti gli altri partecipanti. Sirileva, tra l’altro, come all’atten-zione ai Territori Rurali da partedel DPS si siano affiancati la par-tecipazione del MiPAF a diversitavoli e l’attivo contributo delleparti sociali rappresentative delmondo agricolo (Confagricoltura,CIA e Coldiretti). Le Regioni, inol-tre, rappresentate in gran partedagli Uffici responsabili della pro-grammazione regionale, hannomostrato una più o meno forte

5 Conoscenza per lo sviluppo: il ruolo della scuola e dei processi di apprendimento nelle politiche di sviluppo (Roma, 7 luglio2005); Ricerca e Innovazione per la competitività dei territori: come orientare la politica di sviluppo (Roma, 11 luglio 2005);Risorse naturali e culturali come attrattori (Roma, 28 settembre 2005); Il lavoro e le competenze delle persone: le sfide per lo svi-luppo dei territori e la riduzione della disparità (Rimini, 17-18 ottobre 2005); Ambiente e Energia per lo Sviluppo sostenibile(Roma, 11 novembre 2005).

6 I gruppi tecnici riguardano: il partenariato economico-sociale, la cooperazione, gli obiettivi da fissare per alcuni servizi essen-ziali, la valutazione, la capacity building, l’assistenza tecnica e le azioni di sistema, il monitoraggio e il controllo, il circuitofinanziario e di progettazione, il collegamento con gli altri programmi comunitari, il processo unitario di programmazione FAS-FS, il mercato interno e la concorrenza.

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Attualità

attenzione alle problematicherurali a seconda del Tavolo e delTema principale di discussione.

In particolare, è stata evidenzia-ta tutta una serie di tematichedirettamente connesse al rurale -come, ad esempio: l’importanzadella ricerca e dell’innovazioneper i sistemi agroalimentari(Tavolo II); la declinazione,anche puntuale, delle modalitàcon cui l’agricoltura e le diversetematiche ambientali si rappor-tano (Tavolo III); l’importanza

della logistica per i sistemi agroa-limentari (Tavolo V); il collega-mento fra aree urbane e areerurali periurbane e l’importanzadei comuni e dei network dicomuni per l’offerta di serviziessenziali nelle aree rurali(Tavolo VII); la specificità dellearee rurali rispetto alle questioniconnesse ai servizi sociali e all’in-clusione sociale (Tavolo IV), ecc.- che si riflettono nei documentifinali prodotti dai diversi tavoli.

Nel complesso, dai tavoli è emer-

sa la richiesta di una forte inte-grazione fra i diversi strumentidelle politiche di coesione e fraqueste e le politiche di svilupporurale. Sotto questo ultimo aspet-to, il lavoro dei tavoli è statoestremamente prezioso, in quan-to ha consentito di definiremeglio gli ambiti e le possibilimodalità di integrazione ai finidella redazione sia del QSN (inprima bozza entro aprile), chedel PSN (presentato allaCommissione entro la fine diaprile).

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Gruppo di lavoro “Foreste eCambiamento Climatico”.di Luca Cesaro - INEA

Nell’ambito delle attività dirette alla formulazionedel Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rura-le (PSN), sono stati costituiti cinque gruppi di lavoro(tavoli tecnici), ai fini dell’individuazione e dellaformulazione di proposte operative sulle tematichedelle risorse idriche, della biodiversità, delle fore-ste, del suolo e del paesaggio, poi incluse in speci-fici documenti elaborati da ciascun gruppo. In par-ticolare, nel presente articolo, vengono brevemen-te riassunte l’analisi e le proposte di linee strategi-che risultate dall’attività del Gruppo “Foreste ecambiamento climatico”.

Il gruppo di lavoro, costituito presso il Ministerodelle Politiche Agricole e Forestali, ha visto la par-tecipazione de: il Corpo Forestale dello Stato, ilMinistero dell’Ambiente e della Tutela delTerritorio, alcune Regioni, l’APAT, l’INEA, l’ISMEA el’Università di Padova.

Il documento predisposto dal Gruppo Foreste(disponibile in rete sul sito del MiPAF7 ) si articola indue parti. Nella prima, si riporta un quadro cono-scitivo dell’attuale situazione delle risorse forestali eun’analisi delle politiche forestali realizzate a livellocomunitario e nazionale, con un particolareapprofondimento circa l’attuazione delle misureforestali nell’ambito della programmazione dellosviluppo rurale 2000-2006; nella seconda parte,invece, si individuano le possibili strategie naziona-li per il settore forestale, in vista della programma-zione 2007-1013, proponendo, per le principalimisure forestali attivabili nella nuova programma-zione, anche alcune azioni chiave, di particolarerilevanza strategica.

La situazione del comparto e le politicheforestali

L’analisi di contesto evidenzia soprattutto, oltre ainoti dati statistici sulle superfici forestali e sullerelative produzioni (più di 10 milioni di ettari diforeste, pari a circa il 30% del territorio italiano,con prevalenza di forme diverse di proprietà pri-vata - 65%), l’importanza dei valori e delle funzionidi carattere ambientale e sociale delle foreste. Il30% delle formazioni forestali è situato nelle areeprotette incluse nell’elenco ufficiale stilato periodi-

camente dal Ministero dell’Ambiente e dellaTutela del Territorio e in quello dei siti Natura 2000.La funzione protettiva e di difesa del suolo svoltadalle risorse forestali è di primaria importanza in2,9 milioni di ettari di foreste (dati inventario fore-stale 1985). Si sottolinea, inoltre, l’importanza delruolo che le foreste svolgono nella mitigazione deicambiamenti climatici e nel perseguimento degliobiettivi nazionali di riduzione delle emissioni digas di serra, grazie alla capacità di fissazione delcarbonio da parte dei soprassuoli forestali (in parti-colare, quelli giovani) e alla fornitura di energiarinnovabile (come sostituto di energia di originefossile), sotto forma di legno o di prodotti trasfor-mati da biomasse forestali.

In tale contesto, le foreste costituiscono un ele-mento di particolare rilievo per l’Unione europea,che, fin dal 1964, ha sostenuto il settore forestale,seppure con minori risorse rispetto a quelle diretteall’agricoltura, tramite l’attivazione di misureriguardanti l’armonizzazione della legislazione, losviluppo e la salvaguardia delle risorse forestali, laprotezione delle foreste contro l’inquinamentoatmosferico e gli incendi e, infine, la ricerca nelsettore forestale.

Nel settembre 1988, la Comunità ha adottato perla prima volta un approccio strategico per il setto-re, presentando un programma di azione foresta-le, approvato dal Consiglio nel 1989 e articolatonelle seguenti cinque azioni prioritarie:

a) imboschimento delle superfici agricole;

b) sviluppo e utilizzazione ottimale delle forestenelle zone rurali;

c) sughero;

d) protezione delle foreste;

e) misure di accompagnamento.

Tuttavia, è solo con il Reg. (CEE) 867/90, relativoagli investimenti nella trasformazione e nella com-mercializzazione dei prodotti della selvicoltura, e,in particolare, con le decisioni attuate nel 1992,che modificano sostanzialmente il Programma diazione forestale, che le misure per il settore foresta-le acquisiscono maggiore importanza nell’ambitodelle strategie comunitarie di sviluppo. Nello stes-so periodo, con il Reg. (CEE) 2080/92, si è consoli-dato un sistema di aiuti alle misure forestali inambito agricolo e, in particolare, un regime diaiuti all’imboschimento dei terreni agricoli. Gliobiettivi di questo regolamento erano il migliora-mento dell’utilizzo del suolo, la difesa dell’ambien-

Strumenti della programmazione

7 http://www.politicheagricole.it/DocumentiPubblicazioni/ElencoDocumentiSettore.htm?Argomento=Sviluppo%20Rurale%20e%20Infrastrutture>Riforma%202007-2013

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Strumenti della programmazione

te, la gestione dello spazio naturale e la riduzionedelle carenze delle risorse silvicole nella Comunitàeuropea, oltre all’incentivazione della selvicolturacome alternativa all’agricoltura e come possibilefonte di reddito complementare, in linea con iprincipi della nuova politica comunitaria avviatanel maggio 1992 (Riforma MacSharry).

Negli anni '90, il dibattito sulla silvicoltura inEuropa si è concentrato sulla definizione e sull'at-tuazione dei principi di una silvicoltura sostenibile.Il concetto di gestione sostenibile delle foreste,quale combinazione equilibrata di attività ecologi-che, economiche, sociali e culturali, quindi, è statodefinito nell’ambito della conferenza ministeriale

paneuropea di Helsinki sulla protezione delle fore-ste (1993), riaffermando, in questo modo, il ruoloplurifunzionale svolto dalle foreste.

Il 15 dicembre 1998, con l’approvazione della riso-luzione sulla Strategia Forestale dell’Unione euro-pea (1999/C/56/01), il Consiglio ha affermato chel’Unione europea può positivamente contribuireall’implementazione di una gestione forestalesostenibile e promuovere il ruolo multifunzionaledelle foreste, riconoscendo agli Stati membri lacompetenza e la responsabilità nella formulazionedelle politiche forestali.

La strategia proposta dalla risoluzione del Consigliodefinisce una serie di azioni forestali, che si vanno

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Misure Forestali attivate nell’ambito dei PSR edei POR

Imboschimento produttivo • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Imboschimento protettivo emultifunzionale • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Imboschimento per produzione dibiomassa • • • • • • •

Imboschimento superfici non agricole • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Accrescimento valore e miglioramentiforestali • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Pianificazione forestale e inventari • • • • • • • • • •

Raccolta trasformazione ecommercializzazione dei prodotti forestali • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Ecocertificazione e filiere • • • • • • • • • •

Infrastrutture e strade • • • • • •

Associazionismo forestale • • • • • • • • • • • • • • • •

Ricostituzione disastri naturali e incendi • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Mantenimento della stabilità ecologica • • • • • • • • • • •

Difesa incendi e mantenimento fascetagliafuoco • • • • • • • •

Bioingegneria e sistemazione verde • • • • • • • •

Recupero biotipi umidi • • • •

Tutela paesaggio • • • • • • • •

Sistemazioni idraulico forestali • • •

Altro • • • •

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Tabella 1 - Reg. (CE) 1257/99. Misure Forestali attivate nell’ambito dei PSR e dei POR

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a integrare con le altre politiche, incoraggiandoanche la partecipazione trasparente di tutte leparti in causa. Tale strategia, che si attiene ai prin-cipi guida di una gestione sostenibile delle forestee del ruolo multifunzionale da esse svolto (ecologi-co, economico e sociale), richiamando i puntiattualmente più rilevanti e critici del settore fore-stale (sviluppo rurale, processo pan-europeo, pro-tezione dei boschi dall’inquinamento e dagli incen-di, informazione e comunicazione, allargamentodell’UE, programmi forestali nazionali e biodiver-sità, rete Natura 2000, foreste contro il cambiamen-to climatico globale e certificazione forestale),trova la sua attuazione nella predisposizione dipiani forestali nazionali o regionali. La strategiaforestale comunitaria così strutturata riconosce, difatto, che l’inclusione delle misure forestali nell’am-bito delle politiche per lo sviluppo rurale potrebbecostituire (e, in effetti, questo è quanto accadutonegli anni successivi fino alla sua attuale revisione)lo strumento per la realizzazione pratica della stra-tegia stessa, a patto, ovviamente, che le azioniimplementate siano coerenti con le raccomanda-zioni generali.

In particolare, ciò avviene con Agenda 2000. Conil Reg. (CE) 1257/1999 sul sostegno allo svilupporurale, infatti, le politiche forestali, finora escluse,entrano ufficialmente a far parte delle politiche perlo sviluppo rurale e vengono incluse in un appositocapitolo del regolamento, che prevede l’attivazio-ne di una serie di misure forestali riconducibili, daun lato, alla selvicoltura di pianura (imboschimentia turno lungo, impianti produttivi, forestazione afinalità prevalentemente protettive o di conserva-zione) e, dall’altro, al miglioramento economico,ecologico e protettivo delle foreste e a interventisulla filiera produttiva (soprattutto investimenti) ocon specifica connotazione ambientale (tabella 1).

Tuttavia, come più volte sottolineato, la notevolevarietà di misure attivate ha contribuito, in alcunicasi, a una certa dispersione delle risorse, indirizza-te soprattutto alle misure di imboschimento piutto-sto che a quelle più tipicamente forestali.

Dopo cinque anni di attuazione delle politiche disviluppo rurale disegnate da Agenda 2000, il pro-cesso di revisione avviato dagli Stati membri haportato alla formulazione del regolamento per ilperiodo di programmazione 2007-2013, che detta inuovi indirizzi e le nuove norme per l’applicazionedelle prossime politiche di sviluppo rurale, affidan-do alle foreste, in modo sempre più incisivo, unruolo multifunzionale e trasversale nelle politichedi sviluppo, salvaguardia e tutela delle aree ruralie naturali.

Orientamenti strategici per la nuovaprogrammazione

Come già anticipato, il principale obiettivo delgruppo di lavoro Foreste e cambiamento climati-co è stato quello di definire un documento tecni-co di supporto per la formulazione del PSN. Inquesto contesto, si è cercato di individuare,innanzitutto, i punti di forza e le debolezze delcomparto forestale a livello nazionale, così daconsentire la formulazione delle linee strategi-che generali per tutto il territorio italiano.

Le principali criticità del settore sono state indivi-duate nei seguenti punti:

1. La perdita di valore commerciale di alcuneproduzioni forestali ha reso anti-economiche lenormali prassi di gestione del bosco (questosoprattutto nelle aree alpine, dove, a elevaticosti di utilizzazione, si affianca il basso valoredel prodotto e la mancanza di f i l ierelocali/regionali). Per la gestione forestale,quindi, è venuta meno la possibilità di garan-tire il mantenimento dei caratteri strutturali efunzionali delle foreste.

2. Le difficoltà a remunerare i servizi non mone-tari offerti dalle risorse forestali, che, tuttavia,negli ultimi anni, cominciano a essere ricono-sciuti, sebbene in forma ancora limitata, alivello sia politico che di opinione pubblica. Lecaratteristiche di beni pubblici o misti di taliproduzioni, infatti, non consentono una valo-rizzazione dei servizi offerti sul mercato, per cuisi ritiene che, oltre a meccanismi di internaliz-zazione (quali l’offerta di servizi direttamentecollegati alle produzioni non monetarie), uncomplemento al reddito del prodotto legnososotto forma di compensazioni/indennità sia, intalune circostanze, opportuno.

3. La presenza di molteplici attori e la loro scarsaintegrazione e la frammentazione e dispersio-ne delle proprietà forestali creano ulteriori pro-blemi ai fini dell’attuazione di una gestioneforestale economicamente conveniente.

4. Lo scarso interesse alla gestione forestale daparte degli amministratori locali e l’inadegua-tezza, in molti contesti, del sistema di leggi,piani e modelli organizzativi richiedono unintervento deciso e coraggioso di ammoder-namento complessivo del settore.

5. Le carenze di tipo tecnico-formativo, la scarsaconoscenza delle tecniche di gestione foresta-le sostenibile e la limitata promozione delleproduzioni nazionali di materie prime legnoseostacolano il raggiungimento di un adeguato

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Strumenti della programmazione

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livello di professionalità e l’adozione di modellisostenibili e sono indice di uno modesto orien-tamento al mercato dei produttori.

6. Le trasformazioni strutturali dell’economianelle aree montane hanno causato una ridu-zione delle persone che operano nel bosco ene hanno le competenze necessarie. Talicarenze contribuiscono a rafforzare il fenome-no di abbandono della gestione attiva, facen-do assumere all’utilizzazione professionale,che comporta costi espliciti e maggiori oneriorganizzativi, un’importanza superiore che inpassato.

7. Lo scarso ricambio generazionale nelle areemontane determina la perdita di usi e tradizio-ni locali di rilevante importanza per il mante-nimento della biodiversità (eco-mosaici) e lavalorizzazione storico-culturale del territorio.

8. Il forte radicamento, nelle popolazioni urbane,di una visione statica degli ecosistemi forestalirende difficile la comprensione di quanto siaimportante e, spesso, necessario l’interventodell’uomo per conservare o ripristinare l’effi-cienza funzionale delle foreste.

Le opportunità di sviluppo e crescita sostenibiledel settore forestale a livello nazionale, pertanto,sono individuate nei seguenti punti:

1. Una corretta e adeguata gestione economicadelle risorse forestali contribuisce allo sviluppoeconomico e sociale delle aree rurali, attra-verso il mantenimento di attività economichetradiz ionali ( f i l iere produtt ive basate suProdotti Forestali Legnosi e non Legnosi) e lacreazione di nuove opportunità produttive,basate soprattutto sui prodotti e sui servizi nonmonetari offerti dal bosco.

2. La ripresa produttiva di alcune filiere forestali,in particolare di quelle legate alla produzionedi materia prima per uso energetico e di pro-duzione di calore, ha creato i presupposti perun recupero produttivo di molte zone forestali,soprattutto nel caso dei boschi cedui nell’Italiacentro-meridionale.

3. Il mantenimento dell’efficienza degli ecosiste-mi forestali contribuisce ad aumentare la sicu-

rezza idrogeologica e la prevenzione/mitiga-zione degli eventi climatici estremi. In deter-minati contesti, la presenza di copertura fore-stale contribuisce alla riduzione dell’evapotra-spirazione e, di conseguenza, r iduce i lrischio/tasso di desertificazione.

4. La funzione multipla delle foreste, in particola-re dei nuovi impianti, in termini di assorbi-mento e fissazione dell’anidride carbonica(riconosciuta dagli accordi internazionali nel-l’ambito della Convenzione, United NationsFramework Convention on Climate Change,UNFCCC e del susseguente Protocollo diKyoto) e di stabilizzazione climatica, con spe-cifico riguardo alle foreste naturali mature eadulte, fornisce interessanti soluzioni nellestrategie nazionali e internazionali di mitiga-zione dell’effetto serra e dei cambiamenti cli-matici. Pur essendo opportuna una chiarifica-zione delle strategie e delle modalità di attua-zione del protocollo di Kyoto, con riferimentoalle diverse opportunità di negoziazione deicrediti8 per quanto riguarda, in particolare lagestione forestale, si ritiene che il ruolo delleforeste sia di estrema importanza e debbaessere opportunamente valorizzato.

5. La funzione delle foreste nella produzione difonti energetiche rinnovabili, da promuoverenell’ambito del mercato della bioenergia, èpossibile attraverso sia la creazione di nuoviimpianti arborei, sia il sostegno alla raccoltasistematica dei residui delle operazioni digestione, realizzando una filiera che favoriscail collegamento tra la produzione e l’utilizzazio-ne. È da valutare anche la possibilità di unutilizzo energetico delle biomasse forestali (lepiccole centrali di termovalorizzazione, inte-grate con la produzione locale, potrebberoaccedere al sistema dei certificati verdi per laproduzione di energia da fonti rinnovabili).

6. La funzione delle foreste come serbatoio dibiodiversità, sia vegetale che animale, èancora importante, benché, negli ult imidecenni, siano state impiegate specie allocto-ne nella gestione forestale, con conseguenteimpoverimento del patrimonio genetico.

Strumenti della programmazione

8 Gli accordi sottoscritti dai Paesi firmatari del Protocollo di Kyoto prevedono che solo il carbonio fissato in interventi di afforesta-zione possa essere considerato ai fini del calcolo del bilancio di carbonio di ogni singolo Stato; un altro forte vincolo è rappre-sentato dall’obbligo di considerare validi, ai fini del calcolo del bilancio di carbonio, solo gli interventi che sono direttamenteindotti dall’attività umana. Nel caso dell’Italia, purtroppo, questo implica che il progressivo aumento della provvigione (massain piedi) dei boschi non possa essere considerato (se non in minima parte) ai fini del raggiungimento degli obiettivi di fissazionedi carbonio. Su tali argomenti l’Italia, con altri Paesi, soprattutto europei, sta cercando di negoziare modifiche negli accordi trale parti, al fine di poter, almeno in parte, contabilizzare la crescita provvigionale delle foreste esistenti nel bilancio del carbonioa livello nazionale.

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Strumenti della programmazione

7. La funzione turistico-ricreativa delle foresteappare in costante crescita e apprezzamentopresso le popolazioni non solo urbane, ma ingenere di tutto il territorio e può diventare unodegli aspetti di maggior richiamo e attrattivaper intere regioni.

Per quanto riguarda le priorità da adottare in fasedi programmazione, va ricordato che gli Stati mem-bri, nei documenti di programmazione, sono tenutia considerare le priorità comunitarie, espresse negliorientamenti strategici comunitari per lo svilupporurale (2006/144/CE), su tutto il territorio, mentre pos-sono o, meglio, dovrebbero individuare ulterioripriorità a livello nazionale, da indicare nel PSN.

Volendo partire dalle priorità più alte dello svilupporurale, le strategie nazionali nel settore forestaledovrebbero sempre tenere in considerazione leconclusioni del Consiglio europeo di Göteborg(2001), in particolare quando si afferma che “una(forte) crescita economica deve andare di paripasso con un utilizzo sostenibile delle risorsenaturali”.

Nel settore forestale, dove l’utilizzo di risorse naturalirinnovabili è alla base di tutte le attività economi-che, la gestione sostenibile risulta quanto maiattuale. I concetti di gestione forestale sostenibilesono, tra l’altro, esplicitamente e fortemente richia-mati sia nella strategia forestale dell’UE (Risoluzionedel consiglio 1999/C/56/01), che nella legge diorientamento n. 227/2001. Esiste, quindi, una chiaraed esaustiva base normativa a livello sia europeoche nazionale.

La gestione sostenibile delle aree rurali deve confi-gurarsi come strumento per assicurare pari opportu-nità tra chi vive “dentro” e chi vive “fuori” dalle areeforestali, così da incentivare la permanenza dellapopolazione nelle aree forestali.

Va inoltre ricordato come, in molti contesti territo-riali, la gestione forestale attiva garantisca la soste-nibilità ecologica oltre che economica. A livellonazionale, quindi, dovrebbe essere esplicitamenteconsiderata la necessità di mantenere forme digestione attiva e, soprattutto, il monitoraggio dellerisorse forestali, al fine di garantire, oltre alla funzio-ne economica, la stabilità del territorio e la conti-nuità nell’erogazione di servizi ambientali e pae-saggistici.

In linea con tali principi, è stata individuata laseguente priorità, che potrebbe essere adottata alivello nazionale:

“La gestione sostenibile delle risorse forestali deveessere tutelata e garantita anche al fine di favorirela permanenza della popolazione nelle aree ruralie montane”.

Tale priorità può essere esplicitata nei seguentiobiettivi:

a) La creazione / incentivazione / consolidamen-to di nuovi modelli organizzativi per la gestio-ne delle proprietà forestali: associazionismo eaffidamento a terzi della gestione, anche diboschi pubblici.

b) La promozione di prodotti legnosi di alta qua-lità, soprattutto nella logica degli impieghilocali in filiere “corte”.

c) La promozione/incentivazione dell’utilizzoenergetico delle produzioni di biomassa colle-gate agli interventi di miglioramento ambien-tale, ai cedui e alle piantagioni, con particola-re attenzione alle necessità di ammoderna-mento e adeguamento delle strutture logisti-che e delle infrastrutture.

d) La promozione e la valorizzazione commercia-le dei prodotti forestali non legnosi e dei servizituristico-ricreativi offerti dal bosco come pro-dotti di nicchia, eventualmente con forme diintegrazione a strategie di marketing territoria-le.

e) Una particolare attenzione ai soggetti attuato-ri delle iniziative di tutela e valorizzazionedelle risorse forestali, con una riduzione delruolo diretto di gestore delle superfici e dellamanodopera forestale da parte di soggettipubblici e un maggior coinvolgimento di sog-getti profit e non profit.

Per ognuno dei tre assi di sviluppo (miglioramen-to della competitività del settore agricolo e fore-stale, miglioramento dell’ambiente e dello spa-zio rurale, miglioramento della qualità della vitanelle zone rurali e diversificazione dell’economiarurale) sono state proposte, inoltre, specifichepriorità e obiettivi.

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Gruppo di lavoro“Risorse idriche e sviluppo rurale”di Raffaella Zucaro - INEA

Nell ’ambito delle iniziativeavviate dal MiPAF e finalizzatealla preparazione del documen-to programmatico delle risorsefinanziarie destinate allo svilup-po rurale per il periodo 2007-2013, si è scelto di attivare ungruppo di lavoro specifico per lerisorse idriche, data l’importanzastrategica rivestita dall’argomen-to a livello sia comunitario chenazionale.

Al gruppo di lavoro, coordinatodall ’ INEA e dal MiPAF, hanno partecipato il Ministerodell’Ambiente, alcuni rappre-sentanti delle Regioni, i Servizidi sviluppo agricolo, l’AGEA,l’Istituto Sperimentale di Studioe Difesa del Suolo, l ’ Is t i tutoSperimentale Nutrizione dellePiante, l ’Istituto AgronomicoMediterraneo e l’AssociazioneNazionale Bonifiche Italiane.

Scopo principale dei lavori delgruppo è stato la formulazione diobiettivi strategici per la stesuradel Piano Strategico Nazionaleper lo sviluppo rurale (PSN) intema di risorse idriche, coerente-mente con la comunicazionedella Commissione europeasugli orientamenti strategicicomunitari, che individua lagestione delle acque come unodei tre temi prioritari dell ’UE(accanto alla biodiversità e aicambiamenti climatici), ai qualilo sviluppo rurale deve contribui-re positivamente.

L’attività descritta ha portatoalla stesura di un rapporto, alle-gato alla proposta di PianoStrategico Nazionale, che si com-pone di due parti: nella prima,viene descritto l’attuale contestodi riferimento caratterizzante ilsettore irriguo e, nella seconda,

si riportano le principali indica-zioni inerenti l’uso irriguo dell’ac-qua, funzionali alla programma-zione 2007-2013.

Il documento parte dalla consta-tazione che una politica delprezzo dell’acqua insufficiente,accompagnata da una politicaagricola di sostegno al settoreagricolo, è stata additata qualeresponsabile dell’eccessivo sfrut-tamento e del deterioramentoqualitativo dell’acqua. Pertanto,la tutela e una più razionalegestione delle risorse naturalisono divenute i punti cardinidella nuova politica per lo svi-luppo rurale. Anche la riformadella PAC mercati ha inteso con-tribuire al perseguimento di taliobiettivi, promuovendo la ridu-zione e, in alcuni casi, l’elimina-zione della rete di protezione deiprezzi prevista per la gran partedelle produzioni agricole e zoo-tecniche. Al posto dei prezzigarantiti, è previsto un premiounico per azienda, svincolatodalle produzioni e basato suipagamenti alle singole aziendenegli ultimi tre anni.

E’ bene puntualizzare come ilsettore irriguo rappresenti unacomponente importante per ilsettore primario, in quanto circail 40% della produzione agricolanazionale proviene dalle areeirrigate, a fronte di un rapportotra superficie irrigata e SAU alivello nazionale pari al 20%.L’acqua, infatti, offrendo unamaggiore flessibilità e, quindi,un maggior controllo dell’offertaagricola dal punto di vista siaqualitativo che quantitativo,costituisce, forse, il più importan-te fattore di competitività del set-tore primario; di conseguenza, lapresenza/assenza dell’irrigazionee la qualità del servizio irriguocostituiscono fattori di sviluppofondamentali.

L’uso irriguo dell’acqua a livellonazionale presenta specifichecaratteristiche agricole e gestio-

nali, derivati dal peculiare asset-to idrogeologico e morfologicodel territorio.

In particolare, le aree del Nordsono caratterizzate dalla presen-za di grandi bacini idrografici,mentre al Sud prevalgono corsid’acqua irregolari e di tipo tor-rentizio. Da tale assetto derivache, storicamente, le regioni set-tentrionali sono state principal-mente interessate da problema-tiche incentrate sulla “difesadalle acque”, mentre le regionimeridionali hanno dovutoaffrontare ricorrenti periodi sicci-tosi e cronici problemi di disponi-bilità di risorsa idrica. Negli ulti-mi anni, i recenti mutamenti delclima, che hanno generatoperiodi siccitosi anche nelleregioni centro-settentrionali,hanno reso tale distinzione menonetta.

Una sostanziale e storica diffe-renza del fenomeno irr iguocaratterizza, a livello territoriale,le regioni centro-settentrionali equelle meridionali. Al Centro-Nord, unitamente ai grandisistemi irrigui a scorrimento cheattingono da importanti canalidi irrigazione, vi è anche unaestesa rete di canali aventi,come principali fonti di approv-vigionamento ad uso irriguo,corsi d’acqua o sorgenti, costi-tuiti, in alcuni casi, da canali discolo utilizzati, nel corso dellastagione irrigua, per l’irrigazio-ne. Nelle regioni meridionali,invece, le aree soggette allabonifica sono limitate alle pia-nure alluvionali coltivate e larete, quasi esclusivamente irri-gua, è caratterizzata da grandischemi di adduzione e distribu-zione, anche interregionali ,gestiti dai Consorzi di Bonifica eIrrigazione; in questi territori, leprincipali fonti di approvvigio-namento sono rappresentatedai numerosi invasi realizzati apartire dagli anni ’50.

I dati sui metodi di somministra-

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zione attestano un’evoluzionenella gestione irrigua, in quantorilevano una tendenza, al Nordcome al Sud, al ricorso a metodimoderni di somministrazione,che permettono il risparmio idri-co.

In relazione alla qualità delleacque, va considerato che leattività agricole costituisconofonti di inquinamento delleacque essenzialmente in rela-zione all’uso dei nutrienti (fosfo-ro e azoto), che contribuisconofortemente alla formazione difenomeni di eutrofizzazione edegrado qualitativo delleacque (quando l’uso è ecceden-te rispetto alle necessità coltura-li), e dei fitofarmaci, i cui residuirappresentano sostanze perico-lose con diversi gradi di tossicitàe persistenza nell ’ambiente.Diversi sono i processi fisici cheportano alla contaminazionedelle acque, quali, in particola-re, il ruscellamento delle acqueverso i corpi idrici superficiali ela lisciviazione nelle falde sotto-stanti i terreni agricoli. Il gradodi inquinamento, inoltre, dipen-de dalle caratteristiche del siste-ma agro-ambientale (gli ordina-menti colturali , le tecnicheadottate, le caratteristiche deisuoli e dei corpi idrici).

In relazione all’inquinamentoda azoto e fosforo di origineagricola, i maggiori e più estesiproblemi si riscontrano nel Norddel Paese, mentre al Sud si evi-denziano specifiche problemati-che solo in alcuni bacini. In par-t icolare, la presenza di tal iinquinanti deriva, essenzial-mente, dalla concimazionemediante fertilizzanti di sintesi edallo spandimento di liquamizootecnici.

Per quanto riguarda l’inquina-mento da fitofarmaci, invece, lemaggiori criticità sono segnala-te in Lombardia, in Piemonte, inVeneto e in Friuli.

Infine, una particolare riflessio-

ne va posta al problema dellasalinizzazione delle acque sot-terranee, fenomeno diffusolungo tutte le coste del Paese,con situazioni conclamate inToscana, Liguria e Puglia, dovu-to principalmente all’eccessivoprelievo attraverso pozzi, maanche all’apporto di fertilizzantiminerali.

In questo contesto, i principalielementi di criticità possonoessere così sintetizzati:

a) rapporto tra disponibilità idri-ca e fabbisogni irrigui: stori-camente problema del sud edelle isole, può diventare neiprossimi anni un fattore limi-tante per tutto il Paese (datoil verificarsi, nel corso degliultimi anni, del fenomenodella siccità anche al Centro-Nord);

b) stato delle infrastrutture irri-gue: un fattore rilevante è lapresenza di canalette a cieloaperto, tipologia di rete chegenera maggiori problemi diperdita di risorsa idrica, cui siaggiunge, in alcune aree,una scarsa manutenzione(ordinaria e straordinaria)delle opere. Vi è, poi, ungeneralizzato basso livellotecnologico dei sistemi, chenon sono quasi mai dotati dimisuratori per i l controllodelle perdite e dei consumireali a livello di utenza;

c) pianificazione dell’uso dellarisorsa a fini irrigui: in alcuniterritori si evidenzia una scar-sa pianif icazione dell ’usodella r isorsa, nonché unascarsa diffusione del calcolodei fabbisogni irrigui;

d) frammentazione della gestio-ne e assetto delle competen-ze: diverse sono le tipologie diEnti che operano nel settoreirriguo, con competenze avolte non ben delineate; inalcune aree, emerge l’estre-ma frammentazione dei servi-

zi irrigui, con numerosi Entiche operano a macchia dileopardo sul territorio. Taleassetto risulta, comunque,meno evidente per il settoreirriguo rispetto a quello civilee, inoltre, negli ultimi anni, aseguito delle ridelimitazionidei comprensori irrigui e deirelativi consorzi di bonifica edi irrigazione effettuate dalleregioni, il numero di enti stadiminuendo. A tal propositorisulta importante incentivarei sistemi irrigui collettivi, chegarantiscono un uso piùrazionale ed efficiente dellarisorsa attraverso il riordinodei comprensori e delle uten-ze irrigue;

e) complessità dei ruoli istituziona-li delle varie Amministrazionied Enti competenti in materiadi pianificazione, programma-zione e gestione della risorsaidrica: tale questione rischia dirallentare i necessari processi diriforma e di modernizzazionedel settore;

f) basso livello qualitativo dellarisorsa: deve ri levarsi chegran parte dei corsi d’acquarisultano inquinati dal puntodi vista s ia chimico chemicrobiologico.

Con riferimento alle problemati-che evidenziate e sulla sciadelle conclusioni della confe-renza di Salisburgo (novembre2003) e degli orientamenti stra-tegici dei Consigli Europei diLisbona e di Göteborg, la pro-grammazione 2007-2013 enfa-tizza la necessità di assicurareuna gestione sostenibile e piùrazionale delle risorse naturali.Sarà opportuno sviluppare, per-tanto, interventi innovativi, chepossano coniugare, al contem-po, la prevenzione dall’inquina-mento, lo sviluppo rurale, lo svi-luppo industriale e la valorizza-zione degli ecosistemi naturali.Secondo quanto previsto dalnuovo Regolamento, i docu-

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Strumenti della programmazione

menti programmatici regionali,quindi, dovranno:

- tenere conto delle disposizio-ni previste dalla Dirett iva2000/60/CE, che istituisce unquadro per l'azione comuni-taria in materia di acque, edessere coerenti con le stesse;

- assicurare un sostegno al set-tore primario e al mondorurale per accompagnarepercorsi di svi luppo chegarantiscano, contempora-neamente, competitività alleimprese (quindi, livelli di red-dito e condiz ioni di vitaaccettabil i ) e tutela dellerisorse naturali.

Il rapporto messo a punto dalgruppo di lavoro, partendo dal-l’analisi delle maggiori proble-matiche, della principale nor-mativa comunitaria e naziona-le inerente i l settore e dellemisure individuate a l ivelloregionale per le risorse idrichenel corso della programmazio-ne 2000-2006, al fine di valuta-re l’efficienza e i risultati ottenu-ti con l’attuazione di tali misure,propone che le priorità d’inter-vento della programmazioneregionale 2007-2013 si riferisca-no agli aspetti di seguito richia-mati.

Tutela quantitativa

- Equilibrio fra disponibilità efabbisogni, connesso all’im-portanza di garantire una for-nitura globalmente sufficientedi acque di buona qualità eun loro utilizzo durevole, equi-librato ed equo, in conformitàcon la scala di priorità definitadalla legge Galli9 in meritoagli usi dell’acqua.

- Risparmio idrico, data la scar-sità della risorsa acqua, d’im-

portanza vitale per l’ambientee, in particolare, per l’uomo.Appaiono necessarie, pertan-to, le misure volte al migliora-mento della gestione, allariduzione degli sprechi e all’ar-resto dei processi di degradodella risorsa.

Per entrambe le finalità descritterisulta importante incrementaregli sforzi per garantire un uso effi-ciente dell’acqua, individuarenuove disponibilità e promuove-re la ricerca di fonti alternative,tra cui le acque reflue depurate.Tale pratica consente di ridurre iprelievi delle acque sotterranee,il cui eccessivo utilizzo, comenoto, può comportare l’abbassa-mento di livello e, nelle areecostiere, l’intrusione delle acquemarine, con conseguente saliniz-zazione di quelle interne eanche dei suoli.

Tutela qualitativa

- Misure agroambientali, inquanto la tutela qualitativapuò essere assicurata attra-verso il sostegno alle impreseagricole e zootecniche che sipongono come obiettivo lariconversione, in funzioneagroambientale, delle colti-vazioni e degli allevamenti,anche attraverso l’adozionedi codici di buona prassi el’impiego di accordi negoziatiin materia ambientale.

- Strategie di gestione deglieffluenti zootecnici, finalizza-ta a garantire che l’utilizza-z ione agronomica deglieffluenti avvenga nel rispettodell’equilibrio tra il fabbiso-gno prevedibi le di azotodelle colture e l’apporto allestesse di azoto provenientedal suolo, dall’atmosfera edalla fertilizzazione.

E’ opportuno considerare chel’incentivazione delle tecnolo-gie sopra riportate, oltre a forni-re una soluzione ai problemilegati all’inquinamento provo-cato dai nitrati, permette diaffrontare questioni di vasteproporzioni, quali l’effetto serrae i mutamenti cl imatici .L’adozione di tecnologie basatesull’utilizzo di biomasse per laproduzione di energia da fontirinnovabili è in espansione alivello mondiale e discendedagli obblighi internazionaliprevisti dal Protocollo di Kyoto.

Il documento pone l’attenzionesull’importanza delle attività dimonitoraggio in tale ambito edei servizi di sviluppo agricolo.In particolare, la conoscenza diinformazioni sulle caratteristi-che quantitative e qualitativedelle risorse idriche appare pro-pedeutica alla individuazionedelle misure più opportune perprevenire eventuali problemi dicarenza idrica e di inquina-mento e risulta determinante aifini della valutazione dell’effica-cia delle misure adottate. Aquesto scopo, è necessariopoter disporre di strumenticonoscitivi territoriali, che con-sentano l’elaborazione di unastrategia di pianificazione inte-grata e che facciano altresìemergere le priorità di interven-to sul territorio. Tra questi varichiamato i l S istemaInformativo per la Gest ionedelle Risorse Idr iche inAgricoltura (SIGRIA), che l’INEAsta mettendo a punto su richie-sta del MiPAF e che, nei prossi-mi anni, sarà disponibile e rife-rito a livello nazionale.

Ai fini della tutela quali-quanti-tativa della risorsa idrica, inol-tre, appaiono molto importantile azioni di supporto e di assi-

9 In particolare, la norma stabilisce che, nei periodi di siccità e, comunque, nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali siprocede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell’uso agricolo.

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stenza tecnica (finalizzate all'a-deguamento programmatico,organizzativo, tecnologico; allainnovazione tecnica e gestiona-le delle risorse idriche; alla pro-mozione di azioni di informazio-ne e di sensibilizzazione versotutti gli utilizzatori della risorsa)e di formazione e informazione,orientate soprattutto versomaterie connesse sia all’obietti-vo “competitività del settoreagricolo e forestale”, sia a quel-lo “gest ione del terr i tor io eambiente”, senza trascurare l’a-spetto prioritario legato allequestioni sanitarie.

Viene richiamata la necessitàdi raccordo tra le misure chesaranno adottate a l ivel loregionale per le risorse idriche egli strumenti già operanti intale ambito, quali: gli Accordidi Programma Quadro, i Pianidi Bacino e i Piani di Tuteladelle Acque, le disposizioni pre-viste dal decreto legislativo inattuazione della Dirett ivaQuadro per le acque, i Pianiterritoriali regionali di coordina-

mento (PTRC), i siti di importan-za comunitaria (SIC) e le zonedi protezione speciale (ZPS),individuati nell’ambito dellaRete Natura 2000, le InteseIstituzionali di Programma, natedalle situazioni di criticità cau-sate dalla l imitatezza dellarisorsa idrica disponibile.

Allo scopo di promuovere stra-tegie innovative, basate su unapproccio integrato tra le politi-che ambiental i , agricole eindustriali a livello nazionale, ildocumento individua, infine, lepossibili misure che potrannoessere dettagliate a l ivel loregionale, coerentemente conle caratteristiche del territorio econ il ruolo assegnato all’agri-coltura dalle politiche regionalie soprattutto in coerenza congli obiettivi comuni e gli indiriz-zi di programmazione.

In particolare, tra gli obiettivigenerali, individua:

- il miglioramento dell’efficien-za della gestione della risorsaidrica in agricoltura, in modo

da assicurare il risparmio idri-co, energetico e la tutelaidrogeologica del territorio,nell’ottica di ridurre al mini-mo i l possibi le impattoambientale, anche attraver-so l’adeguamento e l’ammo-dernamento delle opere;

- la r iduzione di r i lascio diinquinanti (nutrienti e fitofar-maci) nei corpi idrici, conobiettivi di tutela qualitativa.

Tra gli obiettivi specifici, ovvia-mente da verificare a livelloterritoriale, in virtù delle parti-colari esigenze che dovrannoemergere a livello regionaleanche in base alla localizzazio-ne degli interventi, individua:

1. tutela e miglioramento quan-titativo della risorsa idrica;

2. tutela e miglioramento quali-tativo della risorsa idrica;

3. aumento dell ’ef f icienzagestionale degli schemi idri-ci;

4. tutela idrogeologica del terri-torio.

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Gruppo di lavoro “Biodiversità esviluppo rurale”di Camillo Zaccarini Bonelli - MiPAF, Assistenza tecnicaISMEA

La ricchezza di specie, citata talvolta come“numerosità”, rappresenta l’indicatore più imme-diato e utilizzato per la valutazione della diver-sità specifica o tassonomica di un’area e, quindi,del suo grado di biodiversità.

Dall’analisi dei dati tecnico-scientifici rilevati alivello europeo emerge un preoccupante quadrodi declino del livello di biodiversità. E’ per taleragione che, durante l’incontro internazionale diMalahide per il rilancio della Strategia comunita-ria sulla biodiversita’, è stata ufficialmente pro-mossa l’iniziativa denominata “COUNTDOWN2010”, che ha lo scopo di sensibilizzare i vari set-tori e la società civile sul raggiungimento dell’o-biettivo di arrestare il declino della biodiversitànel 2010.

Tale preoccupante trend al ribasso, che imponeil rafforzamento delle politiche e delle azioni atutela della biodiversità, è confermato anchedalle tendenze in atto nel nostro Paese: oltre il70% dei Vertebrati in Italia risulta minacciato diestinzione (APAT, 2005), così come più di unquinto delle specie vegetali italiane.

In Italia, inoltre, ben 91 specie di uccelli nidifi-canti sono minacciate o in declino, pari al 36%circa delle specie nidificanti totali. In particolare,delle specie minacciate o in declino, circa il 47%è in varia misura legato agli ambienti agricoli.Questo dato, insieme al fatto che gli uccelli sonoun indicatore di biodiversità, mostra l’importanzadella prosecuzione e, in alcuni casi, dell’avvio diazioni di conservazione della natura rivolte speci-ficamente agli habitat agricoli italiani, tramite lepolitiche agricole regionali, nazionali e comuni-tarie.

In particolare, se si analizzano le importanti rela-zioni che caratterizzano l’intimo rapporto fra bio-diversità e agricoltura, emergono tre principaliaspetti su cui concentrare l’attenzione:

1) diversità tra le specie, intesa come numero epopolazioni di specie selvatiche (di flora efauna) coinvolte dall’agricoltura, incluse lebiocenosi del suolo e gli effetti delle specieinvasive sull’agricoltura e sulla biodiversità;

2) diversità genetica, all’interno delle specie (bio-diversità intraspecifica), relativa alla diversitàdei geni tra le specie domestiche di piante e dianimali e i loro “progenitori” selvatici;

3) diversità degli ecosistemi formati dalle popo-lazioni e dalle specie significative per l’agricol-tura.

Tali aspetti sono stati esaminati nel documentodel Gruppo di Lavoro “Biodiversità e Svilupporurale”, a cui si rimanda per ogni eventuale ulte-riore approfondimento, con l’obiettivo precipuodi rafforzare ed enfatizzare il ruolo positivo cheha l’agricoltura e, in particolare, uno svilupporurale sostenibile nei processi di gestione e tuteladell’agroecosistema e, più in generale, del terri-torio.

La notevole diversità ecologica, geomorfologicae pedoclimatica delle regioni italiane non facili-ta l’omologazione delle politiche e delle strategiea favore della biodiversità; tuttavia, le proble-matiche e le criticità, pur con diverse caratteriz-zazioni specifiche e territoriali, sono abbastanzacomparabili a livello nazionale. Fra le principalicriticità, analizzate nel documento di sintesisopra citato, giova qui ricordare:

- l’urbanizzazione e lo sviluppo di infrastrutture,anche in ambito rurale, non sempre coerentecon le esigenze di tutela e valorizzazione dellabiodiversità;

- l’intensificazione e la marginalizzazione ditalune aree coltivate;

- la riforestazione troppo uniforme oppure realiz-zata a danno di superfici ad alto potenziale dibiodiversità (ad esempio, prati-pascoli);

- il connubio tra cambiamento climatico, ero-sione del suolo e inquinamento delle acque,che spesso influenza negativamente anche labiodiversità;

- l’abbandono di pratiche agricole o dell’utilizzodi specie animali o vegetali tradizionali, rite-nute non più valide economicamente o tecni-camente, con conseguente perdita di diver-sità tra specie d’interesse agrario e, in talunecircostanze, con relativa scomparsa di filieredi produzioni tipiche;

- le carenze di tipo tecnico formativo dei sog-getti coinvolti, a livello pubblico e privato,nella tutela e gestione dei siti ad alta valenzanaturalistica, nonché la difficile integrazionefra le strategie programmatiche e amministra-tive delle diverse Amministrazioni coinvolte avario titolo nella tutela e nella gestione dei sitiad alta valenza naturalistica.

Di contro non mancano le opportunità:

- Le comunità rurali hanno interesse a mante-nere pratiche sostenibili di utilizzazione delsuolo, che contribuiscano alla conservazione

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e all’utilizzazione sostenibile della biodiversità.Alcuni habitat seminaturali possono essereconservati solo grazie al mantenimento di atti-vità agricole congeniali, che spesso permetto-no di preservare anche antiche filiere produtti-ve tradizionali e di alta qualità.

- La formazione, l’informazione e il rafforzamen-to delle competenze a tutti i livelli sono il pre-supposto per promuovere un’agricoltura eco-sostenibile per la tutela e la valorizzazionedella biodiversità.

- Un intervento coordinato delle politiche di svi-luppo rurale con il I pilastro della PAC (regimedi condizionalità e consulenza aziendale) econ le politiche di sviluppo regionale 2007-2013 rappresenta una opportunità per finaliz-zare l’applicazione delle direttive comunitarie,rafforzare la realizzazione delle strategie digestione delle aree protette e, più in generale,delle aree ad alto valore naturalistico.

- Lo sviluppo di fonti alternative di reddito puòscaturire da una nuova concezione della bio-diversità, intesa non come limite allo sviluppo,ma come potenziale attrattore e promotore dinuovi servizi.

Dal quadro appena illustrato, emerge comedato irrinunciabile, in linea con le indicazionicontenute nel documento degli Orientamentistrategici comunitari sullo sviluppo rurale, lanecessità di promuovere interventi di svilupporurale volti a riconoscere, promuovere e sostene-re un'agricoltura ecocompatibile, che mantengae, ove necessario, migliori gli attuali livelli di bio-diversità, e il ruolo che le comunità rurali rivesto-no per la creazione e il mantenimento del pae-

saggio agrario tradizionale e degli habitat.

Tale obiettivo generale può essere perseguitotramite il sostegno a metodi di produzione esten-sivi, la tutela e la salvaguardia delle risorsegenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, ladiversificazione delle attività agricole verso lacreazione di nuovi servizi ambientali, il collega-mento funzionale tra habitat naturali residui eripristinati e il loro ampliamento, mediante unmiglioramento naturalistico della matrice agri-cola e la creazione di nuovi ambienti naturali.

In tale contesto, non si può sottacere come, trale priorità comunitarie, fatte proprie anche dalPSN, ne emergano tre, quali:

- contribuire alla conservazione della biodiver-sità attraverso la corretta attuazione delledirettive “Habitat” e “Uccelli”;

- implementare la Direttiva 2000/60/CE, che isti-tuisce un quadro per l’azione comunitaria inmateria di acque;

- contribuire al perseguimento degli obiettividel Sesto Programma d’Azione Ambientaledella UE.

Tali priorità devono essere perseguite attivandotutte le necessarie sinergie anche con il I pilastrodella PAC (condizionalità), con i Fondi strutturalie soprattutto con le politiche nazionali.

Tuttavia, perché le intenzioni si traducano in atticoncreti, occorre, in conclusione, rafforzare ancoradi più l’integrazione e la sinergia fra le strategieprogrammatiche delle diverse Amministrazioni,soprattutto nel caso di applicazione di normativeambientali “trasversali” a tutte le politiche, primefra tutte la PAC mercati e lo sviluppo rurale.

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Un caso concreto di integrazione tra strategie programmate da amministrazioni diverse è rappresentato dall’imple-mentazione e dalla gestione della Rete Natura 2000. Si è riscontrata, infatti, la necessità di integrare le linee guidaconcernenti il flusso logico-decisionale per la definizione delle misure di conservazione, di cui al D.M. Ministerodell’Ambiente e della Tutela del Territorio 3 settembre 2002, che definisce il framework per la predisposizione dei pianidi gestione dei siti Natura 2000, così da programmare misure gestionali più idonee e consentire, a ciascun sito Natura2000, di contribuire alla conservazione degli habitat e delle specie che lo caratterizzano.

Nella Figura 1, si riprende in modo sintetico, attraverso un diagramma di flusso, l’“iter logico-decisionale per la sceltadel piano di gestione” definito nelle linee guida citate; tale iter deve essere seguito per decidere se sia necessario ela-borare un piano di gestione specifico o se, viceversa, gli strumenti di tutela e di gestione esistenti siano già adatti, sepur con le dovute integrazioni, ad applicare le misure di conservazione che si ritengono indispensabili per il manteni-mento del sito in uno stato di conservazione soddisfacente. Nel diagramma qui presentato, tale percorso viene rivisi-tato per dare risalto alla componente agricola e forestale del sito.

Si nota, in particolare, che, laddove le previsioni normative o gli strumenti di pianificazione riferiti al sito non consento-no di mantenerlo in uno stato di conservazione soddisfacente, è necessario integrare le misure esistenti o, in mancan-za, elaborare uno specifico piano di gestione. Tale iter-logico, in base a quanto esposto sopra, è stato integrato, per-tanto, con l’esplicita indicazione della componente agroforestale e delle relative previsioni normative che, qualoranon coerenti con gli obiettivi di mantenimento del sito in un buono stato di conservazione, comporterà l’introduzionedi misure integrative e/o correttive, ossia l’elaborazione di azioni agro-forestali da includere nel piano di gestione.Naturalmente, per giungere a tale decisione, occorre approfondire le varie interrelazioni fra le componenti biologi-che, fisiche, socioeconomiche e agro-forestali, così da valutare se l’incidenza di queste ultime sia significativa e taleda essere tenuta in debita considerazione nella strategia di difesa del sito.

Tutto ciò permetterà di gettare i presupposti per attivare specifiche misure di sostegno - non attivabili in mancanza diidonei piani e interventi - previste dal nuovo regolamento dello Sviluppo rurale (ad esempio, i pagamenti Natura2000).

Figura 1- Iter logico-decisionale per la scelta del piano

Inventario previsioni normative riferite al sito

Il sito è interno o esterno aun’area naturale già protetta?

Gli strumenti di protezione esistenti sono sufficienti amantenere in uno stato di conservazione soddisfacente

gli habitat e le specie per i quali il sito è stato individuato

Il sito non richiede altre speci-fiche misure di conservazione

E’ possibile integrare le misure diconservazione agro-forestali con

gli strumenti di pianificazione già esistenti?

Il piano di gestione è necessariorispetto alle misure di conservazione

agroforestali obbligatorie (condizionalità) e agli strumenti di

pianificazione già esistenti

Il piano di gestione ènecessario

SI

SI

SI

NO

NO

NO

EsternoInterno

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Gruppo di lavoro“Suolo e svilupporurale”di Stanislao Lepri - MiPAF, Assistenzatecnica ISMEA

Il suolo è una risorsa di fonda-mentale importanza, che assi-cura una serie di funzioni chia-ve a livello ambientale, socialeed economico: la protezionedelle acque e dell’atmosfera, laconservazione del paesaggio edella biodiversità, numeroseattività economiche, prime fratutte l’agricoltura e la silvicoltu-ra, sono irrimediabilmente lega-te al suolo. Il suolo, tuttavia, èuna risorsa molto fragile e sotto-posta a una crescente pressioneantropica. Nel nostro Paese, inparticolare, lo sviluppo econo-mico e sociale degli ult imidecenni ha favorito e, in molticasi, determinato un fortedegrado del suolo. A tale pro-cesso ha contribuito la diffusio-ne dell’agricoltura intensiva,che spesso ha avuto un impattofortemente negativo sulla qua-lità e sulle funzioni ecologichedei terreni.

Ma quali sono le principaliminacce per il suolo presenti sulnostro territorio? Il gruppo “Suoloe riforma dello sviluppo rurale”,attivato presso il MiPAF nell’am-bito dei tavoli tematici prope-deutici alla predisposizione delPSN, ha individuato alcunedelle principali minacce, pre-senti in quasi tutte le Regioni eProvince Autonome italiane.

Fra queste troviamo, in primoluogo, l’erosione. Tale rischio èpresente in tutte le aree di colli-na e di montagna, soprattuttosui territori agricoli della mediae bassa collina, dove la diffusio-ne di grandi appezzamentimonoculturali , l ’abbandonodelle aree marginali e la scom-parsa della rete di regimazioneidraulico-agraria hanno portato

a un aumento generalizzatodelle forme di erosione e disse-sto.

Un altro fenomeno di particola-re importanza è rappresentatodalla diminuzione della sostan-za organica. Anche in questocaso, le situazioni più critiche siriscontrano nelle zone collinari,soprattutto nelle aree agricoleinteressate da erosione accele-rata e da forme di gestione delsuolo non conservative, dove iltenore di sostanza organicavaria generalmente da medio ascarso o molto scarso.

Una forma di degrado diffusanelle aree agricole è costituitaanche dalla compattazione.Essa presuppone la perditadella struttura da parte delsuolo e può essere causatadalla eccessiva pressione eser-citata sul terreno dalle macchi-ne agricole, dal sovrapascola-mento o dalle arature ripetute(ad esempio, monosuccessioni),che possono causare la forma-zione della suola di lavorazione.

La contaminazione dei suoli,inoltre, rappresenta uno dei pro-blemi ambientali maggiormen-te sentiti negli ultimi anni, daimputare principalmente all’at-tività agricola intensiva e allosmaltimento non corretto deifanghi di depurazione e delleloro acque reflue.

Un’altra minaccia, particolar-mente evidente in alcune zoneitaliane, è costituita, infine, dalconsumo di suolo. Negli ultimicinquanta anni, le zone urba-nizzate e, in generale, le infra-strutture sono più che duplicate.In queste aree, le superfici desti-nate all’agricoltura hanno subi-to una marcata contrazione, inalcuni casi anche del 30%. Talefenomeno produce un notevolesquilibrio nel ciclo idrogeologi-co, rendendo di fatto imper-meabili vasti tratti di territorio emodif icando le modalità dideflusso superf iciale delle

acque meteoriche.

Sulla base di questi elementi, ilpartenariato economico e istitu-zionale impegnato nella stesuradel Piano Strategico Nazionaleha deciso di inserire, tra gliobiettivi nazionali dello svilupporurale 2007-2013, la tutela delsuolo, intesa come difesa evalorizzazione di questa fonda-mentale risorsa dai r ischi didegradazione che la minaccia-no. E’ opportuno sottolinearecome questa priorità siaaggiuntiva rispetto a quelleindividuate dalla Commissioneeuropea per il futuro periodo diprogrammazione. Si tratta, tut-tavia, di un tema di particolareimportanza in un contesto comequello italiano, in cui i fenomenidi degrado del suolo sono parti-colarmente rilevanti, a causadelle condizioni pedoclimati-che, e hanno forti conseguenzedal punto di vista economico esociale.

D’altra parte, anche a livellocomunitario, la sensibilità versole problematiche del suolo è increscente aumento. A breve,infatt i , verrà emanata unaDirettiva quadro per il suolo,che rappresenterà il principaletassello della strategia tematicaper il suolo dell’Unione europea.Aver inserito la tutela del suolotra gli obiettivi dello svilupporurale per il prossimo periodo diprogrammazione, oltre a dimo-strare la grande attenzione riser-vata a tale risorsa dai vari sog-getti coinvolti nella definizionedelle linee strategiche nazionali(Istituzioni centrali e regionali,parti economiche e sociali, altriattori del mondo rurale), rap-presenta, quindi, un’anticipazio-ne rispetto alle future politichecomunitarie relative a questotema.

L’obiettivo nazionale “tutela delsuolo” è connesso molto stretta-mente all ’obiettivo generale“miglioramento dell’ambiente e

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del contesto socio-economico”,individuato nella proposta diPiano Strategico Nazionale (ver-sione 23/12/2005). In tale ambi-to, che coinciderà fondamental-mente con il futuro Asse 2 deiPiani di Sviluppo Rurale, lemisure interessate saranno prin-cipalmente l’agroambiente, laforestazione e gli investimentinon produttivi, che prevedono i“servizi” ambientali resi dagliagricoltori in termini di tuteladel suolo, mediante l’adozionedi quei comportamenti virtuosiche vanno oltre lo standarddefinito dal regime di condizio-nalità.

In relazione alla molteplicitàdelle minacce per i l suolodescritte in precedenza, apparechiaro come, per conseguire l’o-biettivo di tutela del suolo, sidebba prevedere un articolatoinsieme di interventi, coerentitra loro e possibilmente integra-ti. Una prima classe di interventiriguarda la riduzione del livellodi erosione e dei dissesti idro-geologici. In tale ambito, s ipotrebbe agire essenzialmentein due modi, ossia tramite l’inse-rimento di elementi di difesa delsuolo nei disciplinari relativiall’agricoltura integrata e biolo-gica, che potrebbe migliorarenotevolmente le “prestazioni” diqueste tecniche in termini ditutela del suolo, e il sostegno auna specifica azione anti-erosi-va. Nelle zone sottoposte arischio di erosione, per esempio,si potrebbero adottare impegniaggiuntivi, come il divieto dilavorazione dei terreni forte-mente pendenti, la limitazionedella lunghezza massima degliappezzamenti o l ’obbligo diinerbire le interfile delle arboreein pendenza. In queste zone, sipotrebbe anche introdurre un’a-zione antierosiva specifica, pre-vedendo interventi più stringen-ti, come, ad esempio, la sostitu-zione dell’aratura convenziona-

le (aratro a versoio) con le lavo-razioni conservative del suolo,l’abolizione della fresatura perla preparazione del letto disemina, l’esecuzione di colturedi copertura o altro.

La conservazione/aumento deltenore di sostanza organica neiterreni ha importanti ricadutesull’obiettivo di tutela del suolo.A questo proposito, una possibi-le azione potrebbe essere artico-lata nelle seguenti tipologie diinterventi (modulati fra inter-venti di mantenimento, di incre-mento e di variazione di uso delsuolo):

- azioni per ridurre le perdite disostanza organica, qualiincentivi alla non lavorazioneo minima lavorazione disuperfici a seminativo, non-ché all’inerbimento perma-nente delle colture da frutto evite;

- azioni per aumentare l’appor-to di sostanza organica,come, ad esempio, l’interra-mento dei residui della coltu-ra precedente, la realizzazio-ne di erbai intercalari dasovescio, l’attuazione di rota-zioni con colture miglioratrici;

- azioni relative al migliora-mento della gestione deiprati e dei pascoli e allevariazioni significative dell’u-so del suolo, quali il sostegnoa una maggiore durata deiprati temporanei, al passag-gio da prati temporanei aprati permanenti, alla rotazio-ne con prati avvicendati, allaconversione dei seminativi inprati-pascoli e/o alla foresta-zione, all’introduzione di siepie fasce tampone in superficicoltivate.

Il mantenimento e il migliora-mento della struttura del suolocostituiscono un aspetto partico-larmente importante per man-tenerne le funzionalità e difen-derlo da minacce come la com-

pattazione o l’erosione. La con-dizionalità prevede il suo man-tenimento in condizioni ade-guate, tramite azioni tese a sal-vaguardare il suolo dai fenome-ni di ristagno idrico. Tramite losviluppo rurale, si potrebberofinanziare interventi che vada-no oltre questo obiettivo minimoe che siano in grado, quindi, diapportare un miglioramentoalla struttura dei suoli a rischio.Una serie di interventi finalizzatial miglioramento della strutturadei suoli, da attuare in zone pia-neggianti, potrebbe prevederele seguenti azioni: estensionee/o miglioramento della rete difossi, scoline e canali collettori,introduzione e/o ripristino diopportune sistemazioni del ter-reno, come la baulatura deicampi in pianura, ecc.

La prevenzione della contami-nazione diffusa dei suoli potreb-be essere garantita da unacompleta e corretta attuazionedegli adempimenti previsti dalregime di condizionalità, maga-ri da migliorare ulteriormentemediante l’adozione di criteri diselezione dei fitofarmaci ancorapiù stringenti in termini eco-tos-sicologici. Tuttavia, una ulterio-re riduzione del rischio di conta-minazione diffusa derivantedall’impiego di prodotti chimiciin agricoltura potrebbe essereconseguita tramite l’agricolturabiologica o integrata, gli inerbi-menti o le conversioni di semi-nativi in prati, pascoli, ecc.L’adesione a questi interventidovrebbe essere favorita soprat-tutto nelle zone caratterizzateda agricoltura intensiva o inquelle a particolare rischio dicontaminazione da prodott isomministrati nell’esercizio del-l’attività agricola.

La promozione dell’equilibrioterritoriale tra zone urbane erurali (mitigazione della pressio-ne periurbana sulle zone rurali)dovrebbe contrastare una delle

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maggiori minacce per il suolonelle zone industrializzate e/operiurbane, ovvero il consumodi suolo e l’impermeabilizzazio-ne. Una strategia relativa aqueste zone, atta, da una parte,a migliorarne la fruibilità per lapopolazione urbana e, dall’al-tra, a creare fonti di redditoalternative all’urbanizzazioneper i proprietari dei fondi,potrebbe rappresentare un vali-do contrasto a questa minaccia.Ovviamente, una tale strategianon può che essere integratacon altri assi/fondi/interventi estrumenti di pianificazione. Inquesto ambito, interventi di rifo-restazione, miglioramento dellafruibilità, ecc. appaiono partico-larmente pertinenti.

Come già detto, le azioni relati-ve alla “tutela del suolo” sonointimamente collegate con l’o-biettivo generale “miglioramen-

to dell’ambiente e del contestosocio-economico”. Non bisognadimenticare, però, che anchel’obiettivo “competitività” hanumerosi rapporti con il suolo,la sua difesa e la sua valorizza-zione. Il suolo, infatti, è il fattoreproduttivo primario per l’agri-coltura e la silvicoltura italiane:la sua degradazione potrebbecompromettere la produzioneagricola e, in particolare quella,assai diffusa nel nostro Paese,che punta sulla tipicità e sullaqualità quale elemento fonda-mentale per garantire la com-petitività sui mercati mondiali.

A ciò bisogna aggiungere che iconsumatori europei sono sem-pre più attenti alla “valenzaambientale” dei prodotti cheintendono acquistare: mettere apunto delle strategie per miglio-rare le prestazioni ambientalidell’agricoltura e della silvicol-

tura anche in relazione allarisorsa suolo, pertanto, potreb-be, se adeguatamente sfruttatadal punto di vista commerciale,incrementare la competitivitàdei prodotti stessi.

Si può concludere, quindi, chel’obiettivo “tutela del suolo”, perla sua intrinseca complessità eimportanza, rende opportunal’adozione di una strategia adampio raggio. Relegare la tute-la di questa risorsa a interventisettoriali, senza sfruttare ade-guatamente le basi conoscitiveoggi disponibili e senza provve-dere alla necessaria integrazio-ne con gli altri strumenti dispo-nibili, sia nell’ambito dello svi-luppo rurale che al di fuori diesso, potrebbe rivelarsi unapproccio non sufficiente a con-trastare le molteplici minacce acui è sottoposto il suolo.

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Gruppo di lavoro “Paesaggio eSviluppo Rurale”Mauro Agnoletti - Università degli Studi di Firenze

Premessa

L’attivazione di un gruppo di lavoro sul paesaggioai fini della predisposizione del Piano StrategicoNazionale (PSN) rappresenta senz’altro una dellepiù grandi novità degli ultimi anni, riconoscendofinalmente a questo tema la sua grande impor-tanza quale fattore di sviluppo delle aree rurali.La percezione del paesaggio, pertanto, non costi-tuisce più un fenomeno elitario, per cui tale risor-sa non è più considerata soltanto sotto l’aspetto“estetico-culturale” e come isolata dal contestosocio-economico, ma si configura come un ele-mento essenziale nella definizione di un modellodi sviluppo sostenibile adeguato alle potenzialitàdel territorio nazionale, rappresentando l’espres-sione di una positiva integrazione nel tempo frafattori sociali, economici e ambientali.

Il documento tematico prodotto dal gruppo dilavoro, a cui hanno partecipato il Ministero deiBeni Culturali e Ambientali e alcuni rappresen-tanti del mondo scientifico, fornisce un quadroconoscitivo a livello nazionale con approfondi-menti a scala regionale, evidenziando come,nella maggior parte delle regioni, il paesaggiorurale sia stato oggetto di un processo di fortesemplificazione, caratterizzato dalla perdita divalori culturali ed economici e della biodiversitàlegata al ruolo dell ’uomo come coltivatore(Agnoletti 2002, 2005). Nelle aree più idonee adassecondare i modelli colturali e i mezzi tecnicipropri dell’agricoltura industriale, ovvero i proces-si di intensificazione e semplificazione produttiva,si è avuta la diffusione di agrosistemi fondati suapporti energetici sussidiari esterni, spesso effi-cienti in termini economici e adeguati alla globa-lizzazione dei mercati, ma fragili dal punto divista ecologico e frequentemente dannosi per ipaesaggi tradizionali (Barbera et al. 2004). Di con-tro, le aree non idonee alla semplificazione coltu-rale e all’intensificazione produttiva, come i terri-tori di montagna e molte aree di alta collina,sono interessate da un processo di marginalizza-zione, dove si assiste da decenni a un forte incre-mento delle superfici boscate, che stanno gra-dualmente rinaturalizzando il paesaggio cultura-le, cancellando i mosaici paesistici storici e gli usidel suolo tradizionali, a causa della sospensionedelle attività agricole e forestali tradizionali.Questa perdita, inoltre, si riflette sulla possibilità di

valorizzare convenientemente dal punto di vistaeconomico i beni e i servizi oggi abbinati al pae-saggio, che costituiscono i punti di forza, ancorascarsamente messi a frutto, di tante realtà ruraliitaliane.

Attualmente, la conservazione del paesaggiocostituisce l’oggetto di direttive europee, quali laConvenzione Europea del Paesaggio, ratificatadall’Italia nel Gennaio 2006 (ma non ancora atti-va), provvedimenti a carattere nazionale, quali ilrecente D.L. 22 Gennaio 2004, n. 42, “Codice deiBeni Culturali e del Paesaggio”, a cui si aggiungo-no la pianificazione paesistica regionale, provin-ciale e comunale. Oltre a questa serie di provve-dimenti, vi sono le normative riguardanti il siste-ma delle aree protette e il network dei siti Natura2000, che, per motivi legati alla biodiversità, fini-scono per occuparsi anch’essi del paesaggio. E’comunque piuttosto evidente, analizzando glieffetti sia di quasi un secolo di normative di tipovincolistico promosse dal settore dei beni cultura-li, sia delle direttive in materia di protezione dellanatura, che solo inserendo la protezione del pae-saggio all’interno di un modello di sviluppo ruralesarà possibile assicurarne la conservazione. E’però necessario che il settore agricolo diventi nonsolo cosciente del valore di questa risorsa, ma siriappropri anche del ruolo di attore principale delmondo rurale nella sua difesa, contrastando ifenomeni di degrado e le conseguenze di politi-che inappropriate, nella costruzione e nella con-servazione di questo patrimonio nazionale e nellarealizzazione della vasta gamma di attività ine-renti al paesaggio rurale, spesso poste al di fuoridi questo settore economico. Le proposte deldocumento, che sono state articolate per Asse, aisensi del Reg. (CE) 1698/2005, e che dovrebberoessere recepite nell’ambito del PSN, fornisconoalcune indicazioni alle Regioni e alle categorieinteressate a valorizzare il paesaggio e i beni e iservizi a questo legati, tentando di offrire nuoveprospettive di sviluppo e di correggere gli errorifatti nel passato.

Le azioni previste per l’Asse I

L’Asse I riguarda il “Miglioramento della competi-tività del settore agro-forestale”, che può e devetrarre vantaggio dal valore aggiunto costituitodalla risorsa “paesaggio”, un elemento competiti-vo non riproducibile da parte della concorrenzadel nostro sistema paese. Ciò anche in vista dellanecessità di reagire all’aumentata competitivitàdei paesi stranieri, riguardo non solo ad alcuneproduzioni tipiche tradizionali, ma anche a una

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più ampia gamma di prodotti e servizi legati alterritorio rurale. I servizi del paesaggio, che com-prendono tutto ciò che concerne la pianificazio-ne, l’impianto, la manutenzione e la gestione,sono non solo necessari al suo mantenimento,ma costituiscono un supporto indispensabile adattività come il turismo rurale. La valorizzazionedi un più stretto rapporto fra paesaggio, beni eservizi, tuttavia, richiede una maggiore sensibi-lità da parte di amministratori, pubblico e pro-duttori, così da sviluppare forti sinergie grazieall’operare congiunto dei diversi soggetti interes-sati. Ciò può avvenire con misure che promuova-no non solo la conservazione delle risorse pae-saggistiche, ma anche una relazione forte fra laqualità dei prodotti e la qualità del paesaggio,mediante l’adozione di un approccio integrato(Torquati, 1998). In tal modo si dovrebbero inne-scare processi tendenti a garantire un redditoagli operatori che si occupano dei servizi al pae-saggio e un vantaggio economico agli imprendi-tori che rinunciano a produzioni, ordinamenti col-turali e comportamenti non compatibili con laconservazione di questa risorsa.

Gli orientamenti strategici proposti, quindi, pun-tano alla valorizzazione del rapporto “paesaggio-prodotto”, finalizzato alla creazione e all’utilizza-zione del valore aggiunto legato alle risorse pae-saggistiche, ossia allo sviluppo di beni e servizi ingrado di aumentare la competitività delle filieretipiche dei settori agroalimentari e forestali, colle-gandoli strettamente al paesaggio locale.Assumono un ruolo particolare gli incentivi per leaziende che valorizzano il paesaggio come valo-re aggiunto dei prodotti agricoli e forestali, svi-luppando il rapporto fra prodotto tipico e pae-saggio tipico di riferimento. Le misure previste ele attività che si propone di incentivare dovran-no tenere conto, però, della identità storica e cul-turale del paesaggio locale, in modo da valoriz-zare convenientemente gli elementi che più locaratterizzano, senza determinare ulteriori degra-di.

Le azioni previste per l’Asse II

L’asse II è diretto al “miglioramento dell’ambien-te e dello spazio rurale”, prevedendo anche azio-ni finalizzate al mantenimento e/o al recupero diun corretto rapporto fra gli elementi che com-pongono la struttura dei tipici paesaggi rurali ita-liani, risultato dell’interazione tra uomo e natura,il cui valore è universalmente riconosciuto. Laconservazione e/o il recupero di tali strutturedeve puntare ad aumentarne la qualità com-

plessiva, mediante azioni che riducano gli effettinegativi di alcuni sistemi produttivi, dell’abban-dono delle campagne e anche di alcune politi-che inappropriate in materia di foreste e prote-zione della natura. Il miglioramento dello spaziorurale, quindi, deve considerare come prioritariol’obiettivo di conservazione del paesaggio, danon identificare con altri obiettivi, come quellodi conservazione della natura, salvo nei casi incui questi possano coincidere. La conservazionedegli aspetti qualitativi deve perciò costituireuna priorità delle strategie di azione, cercandodi recuperare, conservare e valorizzare l’identitàdei paesaggi locali. E’ opportuno così che gliinterventi siano preceduti da adeguate valuta-zioni della loro efficacia con riguardo al conse-guimento di tali obiettivi.

Le azioni previste, che vanno dal recupero diassetti paesistici complessi all’impianto di siepi efilari, devono essere sempre essere messe in rela-zione all’obiettivo di recupero dei paesaggi tradi-zionali locali. Tuttavia, interventi che possonoavere effetti sicuramente positivi in alcuni conte-sti paesistici (ad esempio, la diffusione di ordina-menti pol icoltural i e la frammentazionenell’Italia centrale) potrebbero rivelarsi del tuttocontroproducenti in altri. Per le superfici pascoli-ve e prative, ossia quelle che hanno subito lamaggiore contrazione nell’ultimo secolo, il recu-pero potrebbe giovarsi della promozione dell’al-levamento brado del bestiame, fondamentaleanche per il rapporto con la produzione di pro-dotti tipici di qualità (ad esempio, latte, formag-gi, carne). A questo proposito, comunque, sisegnala la difficoltà del recupero e della conser-vazione dei pascoli anche per i problemi norma-tivi che impediscono di ridurre le superfici rigua-dagnate dal bosco.

Per quanto riguarda le misure intese a promuo-vere l’utilizzo sostenibile delle superfici forestali,invece, si evidenzia l’esigenza di una gestioneforestale compatibile con il paesaggio. Ad esem-pio, se in alcune zone l’imboschimento può costi-tuire una operazione utile, in molte aree la con-servazione integrale del bosco o l’ulteriore esten-sione di superfici boscate potrebbe essere contro-producente. Si raccomanda, pertanto, di valuta-re con cautela ulteriori imboschimenti di terreniagricoli (arboricoltura da legno), il primo impian-to di sistemi agroforestali su terreni agricoli el’imboschimento di superfici non agricole. Taliinterventi, infatti, sono auspicabili solo dopoun’accurata valutazione della loro utilità e del-l’impatto sulla struttura del paesaggio tradiziona-le locale.

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Le azioni previste per l’Asse III

Per quanto riguarda le misure dell’Asse III, “qua-lità della vita nelle zone rurali e diversificazionedell’economia rurale”, si evidenzia come le atti-vità di progettazione, sviluppo e mantenimentodelle risorse paesaggistiche possano arrecaresensibili benefici al mondo rurale, anche conriferimento alla qualità della vita degli agricolto-ri e dei residenti. In questo ambito, la qualità delpaesaggio rappresenta un criterio di valutazionedi crescente importanza, non solo per le ricadutesulle scelte riguardanti gli investimenti in ambitorurale, ma anche per ciò che concerne le prefe-renze assegnate alle zone periurbane o ruralicome luogo di residenza stabile o temporanea e,in particolare, la domanda agrituristica. Le moti-vazioni che stanno alla base della preferenzaaccordata al territorio rurale vanno al di là dellasemplice attenzione data alla qualità di singoliaspetti ambientali (ad esempio, aria, acqua),guardando al complesso dei valori espressi dalpaesaggio. In alcune aree del paese, la “sensibi-lità” delle popolazioni residenti arriva sovente aidentificare con chiarezza alcuni tratti riconosciu-

ti come essenziali per l ’ identità dei luoghi,dichiarandosi disposte a contribuire anche eco-nomicamente per la loro conservazione. Unastrategia efficace non può prescindere dal rico-noscimento di tutti i soggetti coinvolti, che devo-no essere messi in grado di collaborare per pro-porre una offerta locale fortemente integrata diprodotti e servizi legati al paesaggio. Il docu-mento del gruppo di lavoro, quindi, suggeriscedi inserire le azioni per la promozione dei servizidel paesaggio nell’ambito di una pianificazionestrategica, diretta a coordinare e finalizzare leattività di tutti i soggetti coinvolti e a integrarel’offerta locale, comprendendo in un unicopaniere tutti i beni prodotti e i servizi legati alpaesaggio.

Alcune delle azioni specif iche individuateriguardano:

- la creazione di imprese per la valorizzazione delpaesaggio rurale, attraverso la commercializza-zione dei prodotti e dei servizi legati al paesaggio,che possano anche fornire servizi di assistenza econsulenza e realizzare attività connesse al recu-pero e al restauro del patrimonio rurale;

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Bibliografia

Agnoletti, M. (a cura di) (2002), Il paesaggio agro-forestale toscano, strumenti per l’analisi la gestione ela conservazione, ARSIA, Firenze.

Agnoletti, M. (2005), Osservazioni sulle dinamiche dei boschi e del paesaggio forestale italiano fra il1862 e la fine del secolo XX, Società e Storia, n. 108, pp. 377-396.

Barbera, G., La Mantia, T., Portolano, B. (2004), IV. Ecosistemi agrari, in Sistema Biodiversità Italia - statoattuale delle conoscenze sulla biodiversità in Italia, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio,Direzione per la Conservazione della Natura, in corso di pubblicazione.

Casini, L., Ferrini, S. (2002), La valutazione economica del paesaggio, in Agnoletti, M. (a cura di), Il pae-saggio agro-forestale toscano, strumenti per l’analisi la gestione e la conservazione, ARSIA, Firenze.

Torquati, B. (a cura di) (1998), Studio sulla dinamica delle professioni nei settori del turismo, dei prodottiagroalimentare tipici e dell’artigianato artistico in Umbria, Centro per lo Sviluppo Agricolo e Rurale(Ce.S.A.R.), Università di Perugia.

- lo sviluppo di centri di informazione riguardantil’offerta di turismo rurale, le risorse del paesaggioe della cultura locale;

- la fornitura di incentivi per il marketing e per i ser-vizi turistici connessi alle risorse paesaggistiche;

- la realizzazione di siti web, brochure;

- lo sviluppo e l’implementazione di sistemi dicertificazione del paesaggio, che dovrebberorappresentare una vera novità rispetto alle

tradizionali certificazioni ambientali, inade-guate alla conservazione di questa risorsa.

L’insieme delle proposte rappresentano unasorta di “menu” dal quale le Regioni, che hannola responsabilità di individuare e rendere attua-bili reali politiche per la difesa e la valorizzazio-ne dell’insieme dei valori rappresentati dal pae-saggio rurale italiano, possono scegliere le azionipiù adeguate.

Strumenti della programmazione

nel prossimo numerol Attualità Attualità I distrettirurali e agro-alimentari diqualità, La montagna alpinain vista della nuova pro-grammazione comunitaria2007-2013 lRegioni Il proget-to di Programma di SviluppoRurale della RegioneCampania per il periodo2007-2013, Gli interventi afavore dell ’agricoltura edelle aree rurali nei ProgettiPilota del PIR “Reti per loSviluppo Locale”32

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Legislazione e fonti normative

Regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005,relativo al finanziamento della politica agricola comune.

Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005,sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agrico-lo per lo sviluppo rurale (FEASR).

Decisione del Consiglio del 20 febbraio 2006 relativa agli orienta-menti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di pro-grammazione 2007-2013), (2006/144/CE).

http://www.politicheagricole.it/SviluppoRurale/Riforma/default.htm