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Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia dall’ Internamento dalla Guerra di Liberazione e loro familiari n. 2-3 Febbraio-Marzo 2021 Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale -D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DCB ROMA rassegna mensile informativo-culturale della anrp Federico D'Incà Vittorio Colao Renato Brunetta Maria Stella Gelmini Mara Carfagna Fabiana Dadone Elena Bonetti Erika Stèfani Massimo Garavaglia Luigi Di Maio Luciana Lamorgese Marta Cartabia Lorenzo Guerini Daniele Franco Giancarlo Giorgetti Stefano Patuanelli Roberto Cingolani Enrico Giovannini Andrea Orlando Patrizio Bianchi Cristina Messa Dario Franceschini Roberto Speranza Mario Draghi È nato il Governo Draghi: il 67° della Repubblica

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rassegna mensile informativo-culturaledella anrp

Federico D'Incà Vittorio Colao Renato Brunetta Maria Stella Gelmini Mara Carfagna

Fabiana Dadone Elena Bonetti Erika Stèfani Massimo Garavaglia Luigi Di Maio

Luciana Lamorgese Marta Cartabia Lorenzo Guerini Daniele Franco Giancarlo Giorgetti

Stefano Patuanelli Roberto Cingolani Enrico Giovannini Andrea Orlando Patrizio Bianchi

Cristina Messa Dario Franceschini Roberto Speranza Mario Draghi

È nato il Governo Draghi:il 67° della Repubblica

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SOMMARIO

ANRP - LIBERISede Legale e Direzione00184 Roma - Via Labicana, 15/aTel. 06.70.04.253 · Fax 06.77.255.542internet: www.anrp.ite-mail: [email protected]

Presidente NazionaleEnzo Orlanducci

Direttore ResponsabileSalvatore Chiriatti

Redattore CapoRosina Zucco

RedazioneBarbara BechelloniGisella BonifaziFabio Russo

Registrazione- Tribunale di Roma n. 17530 - 31 gennaio 1979- Registro Nazionale della Stampan. 6195 - 17 febbraio 1998

Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003(conv. in L. 27-02-04 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

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GraficaStefano Novelli

StampaWTC OFFICE srlVia dello Statuto, 31 – 00185 Roma

ISSN 2724-475X (Print)

Dato alle stampe il 10 marzo 2021

Un target mirato di 8.000 lettori

n. 2-3 Febbraio-Marzo 2021

Editorialedi Enzo Orlanducci

Cronaca di una crisi di Governodi Fabio Russo

Palazzo Chigi. Il passaggio del testimonedi Rosina Zucco

Il Giorno del Ricordodi Camilla Iafrate

La Pandeconomia e il futuro dell’Europadi Nicola Mattoscio

La pandemia ci ha cambiatidi Potito Genova

Coriolano, le folle e la memoria storicadi Alessandro Ferioli

Libertà e oppressione.Storie di donne del XX secolodi Rosina Zucco

Per rafforzare e mantenere la memoria:l’impegno dell’ANRPdi Federica Scargiali

19 aprile 1909: il primo volo nel cielo di Romadi AnnaMaria Calore

A 700 anni dalla morte, omaggioa Dante Alighieridi Giancarlo Giulio Martini

Attività Associativa- La ricorrenza. 24 febbraio 1945: i 44 eroi di

Unterlüss sfidano i nazistidi Vincenzo Grienti

- Al via il Progetto. Fototeca analogica/digitaledell’ANRPdi Gisella Bonifazi

- Veglie: commemora i dispersi della tragediadel Piroscafo Oria. 12 febbraio 1944di Raffaele Cucurachi

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EDITORIALEdi Enzo Orlanducci

Il Covid-19, a mio avviso, sta causando in tutti noi angoscia, sgomento e soprattutto straniamento. Uno sce-nario davvero inquietante, percepito come qualcosa di ancor più sconvolgente perché è un’esperienza che cista mettendo a dura prova; le difficoltà di questo periodo non tralasciano nessuno e soprattutto pesa su cia-scuno di noi l’incertezza riguardo al futuro che ci attende. Eppure l’Umanità ha attraversato innumerevoli epiù gravi peripezie e ha fronteggiato sconvolgimenti le cui tante esperienze dovrebbero essere parte inte-grante della nostra memoria. Finalmente, con l’avvio della somministrazione delle prime dosi del vaccino Pfizer/BioNTech, si dovrebbeentrare in una nuova fase della battaglia contro il Covid-19. I primi ad essere scelti per ricevere l’immunizzazione sono stati i membri del personale sanitario, che damesi stanno affrontando questa difficile battaglia contro la pandemia, e gli over 80, tragicamente i più colpitidurante la prima fase dell’epidemia; ciò, a nostro avviso, anche per salvare ad ogni costo le radici della casacomune, della memoria.Come sempre però, non tutto è logico e scontato e purtroppo in questa occasione gli over 80 sono stati presidi mira dai così detti leoni da tastiera che sono peggiori dei virus: minacciano, attaccano e insultano concommenti irripetibili sui social, nascosti dietro l'anonimato (non sempre) di un avatar o di un profilo falso.Azioni alquanto dissennate, che hanno provocato una sensazione a dir poco sgradevole e che devono far ri-flettere, purtroppo in negativo, per l’odio che ne trapela. “È inutile vaccinare i vecchi; ormai possono moriredi vecchiaia. Quelle dosi - sostiene più di qualcuno - devono lasciarle a qualcun altro”. Parole inaudite e ignobili. Un segnale allarmante dell'intolleranza e dell'ignoranza che purtroppo serpeggiasui social. Una violenza di fronte alla quale non si può restare indifferenti, che va contrastata con ogni stru-mento possibile. Da parte nostra continueremo a vigilare e a farci promotori, nella vita reale come in quellavirtuale, per il rispetto dei valori umani; rispetto che dovrebbe essere alla base di tutto e di tutti, visto checontro questo pericolo invisibile abbiamo così poche armi che l’essere vaccinati vorrà dire essere più facil-mente invitati dai nostri figli, dai nostri nipoti, dai nostri amici che spesso hanno paura di incontrarci pernon passarci questo temibile virus. Mi sembra una grande opportunità a cui tutti dobbiamo rispondere, gratiche si possa fare.Credo ora che sarà bene tenere in conto che probabilmente da parte di qualcuno è in atto un tentativo subdoloe strisciante, al fine di falsare in qualche modo il rapporto generazionale. Cosa che ci induce a interveniresubito per disinnescare questa mostruosità, e non solo con l’immagine potentissima ma retorica delle paroledel presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per il quale “i valori custoditi dai nostri anziani, l’Italiavede decimata la generazione anziana, punto di riferimento per i giovani e per gli affetti”, e di Papa Francescoche parla di “pericolosa e inaccettabile cultura dello scarto, come conseguenza della crisi antropologica che nonpone più l’uomo al centro, ma ricerca piuttosto l’interesse economico, il potere e il consumo sfrenato”.Parole e pensieri densi di significato educativo ed esistenziale che hanno anche un impatto politico radicalenel tentativo di interrompere lo spirito della filosofia eugenetica di questi insani tempi, ma non bastano senzal’impegno di tutti.

3·LIBERI

Per non dimenticare le radicie creare le premesse per il futuro

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4·LIBERI

Dopo giorni di trattative tra le forze politiche perun governo Conte bis, sul “nulla di fatto” del-l’esplorazione del presidente della Camera Ro-

berto Fico, il 2 febbraio il Presidente della RepubblicaMattarella al termine dell’incontro, con una certa ten-sione, ha tenuto il seguente discorso: “Ringrazio il presidente della Camera dei deputati perl'espletamento -impegnato, serio e imparziale- del man-dato esplorativo che gli avevo affidato. Dalle consulta-zioni al Quirinale era emersa, come unica possibilitàdi governo a base politica, quella della maggioranzache sosteneva il governo precedente. La verifica dellasua concreta realizzazione ha dato esito negativo.“Vi sono adesso due strade, fra loro alternative. Dare,immediatamente, vita a un nuovo governo, adeguato afronteggiare le gravi emergenze presenti: sanitaria, so-ciale, economica, finanziaria. Ovvero quella di imme-diate elezioni anticipate.“Questa seconda strada va attentamente considerata,perché le elezioni rappresentano un esercizio di demo-crazia. Di fronte a questa ipotesi, ho il dovere di porrein evidenza alcune circostanze che, oggi, devono far ri-flettere sulla opportunità di questa soluzione. Ho il do-vere di sottolineare, come il lungo periodo di campagnaelettorale -e la conseguente riduzione dell'attività di go-verno- coinciderebbe con un momento cruciale per lesorti dell'Italia.“Sotto il profilo sanitario, i prossimi mesi sarannoquelli in cui si può sconfiggere il virus oppure rischiaredi esserne travolti. Questo richiede un governo nella pie-nezza delle sue funzioni per adottare i provvedimentivia via necessari e non un governo con attività ridottaal minimo, come è inevitabile in campagna elettorale.“Lo stesso vale per lo sviluppo decisivo della campa-gna di vaccinazione, da condurre in stretto coordina-mento tra lo Stato e le Regioni. Sul versante sociale-tra l'altro- a fine marzo verrà meno il blocco dei li-cenziamenti e questa scadenza richiede decisioni eprovvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi,molto difficili da assumere da parte di un governo senza

pienezza di funzioni, in piena campagna elettorale.“Entro il mese di aprile va presentato alla Commissioneeuropea il piano per l'utilizzo dei grandi fondi europei;ed è fortemente auspicabile che questo avvenga primadi quella data di scadenza, perché quegli indispensabilifinanziamenti vengano impegnati presto. E prima sipresenta il piano, più tempo si ha per il confronto conla Commissione. Questa ha due mesi di tempo per di-scutere il piano con il nostro governo; con un mese ul-teriore per il Consiglio europeo per approvarlo.Occorrerà, quindi, successivamente, provvedere tempe-stivamente al loro utilizzo per non rischiare di perderli.Un governo ad attività ridotta non sarebbe in grado difarlo. Per qualche aspetto neppure potrebbe. E non pos-siamo permetterci di mancare questa occasione fonda-mentale per il nostro futuro.“Va ricordato che dal giorno in cui si sciolgono le Ca-mere a quello delle elezioni sono necessari almeno ses-santa giorni. Successivamente ne occorrono poco menodi venti per proclamare gli eletti e riunire le nuove Ca-mere. Queste devono, nei giorni successivi, nominare ipropri organi di presidenza. Occorre quindi formare ilgoverno e questo, per operare a pieno ritmo, deve otte-nere la fiducia di entrambe le Camere. Deve inoltre or-ganizzare i propri uffici di collaborazione nei variministeri. Dallo scioglimento delle Camere del 2013sono trascorsi quattro mesi. Nel 2018 sono trascorsicinque mesi.“Credo che sia giusto aggiungere un'ulteriore conside-razione: ci troviamo nel pieno della pandemia. Il con-tagio del virus è diffuso e allarmante; e se ne temononuove ondate nelle sue varianti. Va ricordato che le ele-zioni non consistono soltanto nel giorno in cui ci si recaa votare ma includono molte e complesse attività pre-cedenti per formare e presentare le candidature. Inoltrela successiva campagna elettorale richiede -inevitabil-mente- tanti incontri affollati, assemblee, comizi: nelritmo frenetico elettorale è pressoché impossibile che sisvolgano con i necessari distanziamenti.“In altri Paesi in cui si è votato -obbligatoriamente, per-ché erano scadute le legislature dei Parlamenti o i man-dati dei Presidenti - si è verificato un grave aumentodei contagi. Questo fa riflettere, pensando alle tante vit-time che purtroppo continuiamo ogni giorno - ancheoggi - a registrare.“Avverto, pertanto, il dovere di rivolgere un appello atutte le forze politiche presenti in Parlamento perchéconferiscano la fiducia a un governo di alto profilo, chenon debba identificarsi con alcuna formula politica.Conto, quindi, di conferire al più presto un incarico performare un governo che faccia fronte con tempestivitàalle gravi emergenze non rinviabili che ho ricordato”.

All’intervento di Mattarella, è seguito subito dopol'annuncio del portavoce del Capo dello Stato, Gio-vanni Grasso: “Il Presidente Mattarella ha convocato per domattinaalle 12.00 il professor Mario Draghi al Quirinale”.

Cronaca diuna crisi diGoverno

Draghi ai ministri: uniti permettere in sicurezza il Paese

di Fabio Russo

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5·LIBERI

Il giorno successivo, dopo il colloquio di oltre un'oratra Mario Draghi e il presidente Mattarella per fissarele tappe della crisi di governo, è stato rilasciato il co-municato: “ Il Capo dello Stato ha conferito l'incarico di formareun nuovo governo al professor Mario Draghi, che haaccettato, ma con riserva”. Il presidente del Consiglio incaricato si è presentatoai microfoni del Quirinale intorno alle 13.30 ed ha di-chiarato: “Ringrazio il Presidente della Repubblica per la fiduciache mi ha voluto accordare, conferendomi l’incarico perla formazione del nuovo governo.“È un momento difficile. Il Presidente ha ricordato ladrammatica crisi sanitaria, con i suoi gravi effetti sullavita delle persone, sull’economia, sulla società.“La consapevolezza dell’emergenza richiede risposte al-l’altezza della situazione. Ed è con questa speranza econ questo impegno che rispondo positivamente all’ap-pello del Presidente della Repubblica.“Vincere la pandemia, completare la campagna vacci-nale, offrire risposte ai problemi quotidiani dei cittadini,rilanciare il Paese, sono le sfide che ci confrontano.“Abbiamo a disposizione le risorse straordinarie del-l’Unione Europea, abbiamo l’opportunità di fare moltoper il nostro Paese, con uno sguardo attento al futurodelle giovani generazioni e al rafforzamento della coe-sione sociale.“Con grande rispetto mi rivolgerò innanzitutto al Par-lamento, espressione della volontà popolare. Sono fi-ducioso che dal confronto con i partiti e i gruppiparlamentari e dal dialogo con le forze sociali emergaunità e, con essa, la capacità di dare una risposta re-sponsabile e positiva all’appello del Presidente dellaRepubblica.“Scioglierò la riserva al termine delle consultazioni”.

Mario Draghi dopo aver affrontato, in uno studio mes-sogli a disposizione a Montecitorio, nove giornate diconsultazioni - intense, complesse, difficili ma soprat-tutto riservate - sia con le forze politiche che con leparti sociali, il giorno 12 febbraio alle 19.00 in puntoè stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Ser-gio Mattarella, al quale ha sciolto la riserva ed ha ac-cettato in via definitiva il mandato di formare il nuovogoverno, sottoponendo proposte al Capo dello Statodi nomina a ministri, che ha poi firmato i relativi de-creti. Dopo le dichiarazioni del Segretario Generale del Qui-rinale, Ugo zampetti, che comunicava l’avvenutapiena accettazione dell’incarico da parte di Draghi, ilneo-premier ha parlato alla stampa qualche minuto,per comunicare la lista dei ministri, membri del suoesecutivo. Il giuramento del nuovo governo è avvenuto il giorno13 alle 12.00 presso il palazzo del Quirinale. Dopo ilpresidente del Consiglio, che ha giurato nelle manidel presidente della Repubblica, nel salone delle Feste

al Quirinale è iniziata la cerimonia di giuramento del-l’intero esecutivo. La squadra al completo è compostada 23 ministri, di cui 9 senza portafoglio e 14 conportafoglio.

MINISTRI SENzA PORTAFOGLIO: Federico D'Incàministro Rapporti con il Parlamento Vittorio Colao ministro dell'Innovazione etransizione digitale Renato Brunettaministro Pubblica Amministrazione Maria Stella Gelmini ministro per gli Affari gene-rali e le autonomie Mara Carfagna ministro per il Sud e coesioneterritorialeFabiana Dadone ministro per le Politiche giovanili Elena Bonetti ministro Pari opportunità e famiglia Erika Stèfani ministro per le Disabilità Massimo Garavaglia ministro per il Turismo(diventerà ministero con portafoglio).

MINISTRI CON PORTAFOGLIO:Luigi Di Maio ministro degli Esteri Luciana Lamorgese ministro dell'Interno Marta Cartabia ministro della Giustizia Lorenzo Guerini ministro della Difesa Daniele Franco ministro dell'EconomiaGiancarlo Giorgetti ministro dello Sviluppoeconomico Stefano Patuanelli ministro dell'Agricoltura Roberto Cingolani ministro per la Transizioneecologica Enrico Giovannini ministro dei Trasporti Andrea Orlando ministro del Lavoro Patrizio Bianchi ministro dell'Istruzione Cristina Messa ministro dell'Università e ricerca Dario Franceschini ministro della Cultura Roberto Speranza ministro della Salute.

Dopo le 13.00, il presidente Draghi ha lasciato il Colleper raggiungere Palazzo Chigi. Qui ad attenderlo l'expresidente del Consiglio, Giuseppe Conte: prima uncolloquio privato nella sala dei Galeoni, poi il passag-gio di testimone con la cerimonia della Campanella,utilizzata per aprire le riunioni del Consiglio dei mi-nistri e fatta suonare per pochi secondi dal nuovo pre-mier. Subito dopo, è iniziato il primo Consiglio deiministri del governo Draghi, durato circa un'ora emezzo, in cui è stata ufficializzata anche la nominadel sottosegretario alla presidenza del Consiglio Ro-berto Garofoli. Mercoledì 17 il presidente del Consiglio ha tenuto alSenato le comunicazioni (51 minuti) sulla fiducia.Dopo si è recato alla Camera a consegnare il testodelle proprie dichiarazioni programmatiche, dove il18 ha ottenuto un’ampia fiducia ed è entrato nelpieno delle sue funzioni.

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Sabato 13 febbraio. Ore 13.15. Palazzo Chigi.La “campanella” del passaggio consegne èsquillata, tintinnando con il suo suono ar-

gentino nelle mani del presidente uscente, prof.Giuseppe Conte, per passare nelle mani del neo-presidente del Consiglio, prof. Mario Draghi.

Conte sorride, si vede il suo sguardo decisamentevivace nonostante la mascherina (diremmo final-mente sollevato?), mentre ci sembra un po’ corruc-ciato, lievemente guardingo e attento (forsepreoccupato?) l’occhio di Draghi, nel ricevere quelpiccolo oggetto, simbolico “testimone”di un potereche comporta tanti problemi, rischi e responsabilità.

È fatta. L’Italia ha un nuovo Presidente del Consi-glio e un nuovo Governo, costituito da un insiemedi Ministri tecnici e rappresentanti della maggiorparte delle forze politiche e parlamentari. Tutti op-portunamente selezionati, tutti più o meno espertinell’ambito a cui sono stati preposti, con confermeo nuovi incarichi, in una pluralità che in questomomento sembra garantire quella svoltadell’Italia verso più ampi orizzonti,verso nuove opportune soluzioni, idoneeper risolvere le annose e cruciali proble-matiche del nostro Paese: crisi econo-mica, sociale e sanitaria, tre “fil rouge”che saranno il leit motiv di quella poli-tica italiana nell’immediato futuro e nelfuturo a lungo termine, inserita nel piùvasto contesto europeo. Quel contesto incui il nuovo Presidente si è mosso pertanti anni agevolmente, da maestro e dicui ben conosce le dinamiche.La maggior parte degli italiani hannoassistito disorientati, un po’ attoniti epreoccupati di fronte alla crisi di Go-verno, perché nei momenti difficili si

ha bisogno di sicurezze e di pronte soluzioni.Tutti hanno aspettato con il fiato sospeso le pa-role del Presidente della Repubblica Sergio Mat-tarella che, ancora una volta è stato chiamato a

fare da arbitro super partes per ricomporre le con-flittualità e trovare idonee soluzioni. La scelta diMario Draghi per formare il tanto auspicato “Go-verno di alto profilo” è stata convincente, ampia-mente condivisa. Ora si va verso una vita politicanuova, verso nuove concretezze, nuovi traguardia cui l’esperienza pluriennale del nuovo Presi-dente del Consiglio potrà attendere concompetenza e lungimiranza. Celo auguriamo, perchél’Italia è

Palazzo Chigi.Il passaggio

del testimonedi Rosina zucco

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un grande Paese, con la sua millenaria cultura ela sua popolazione intuitiva, creativa, forse nontroppo razionale, ma sicuramente ricca di valoriche vengono da un passato lontano.

Ci chiediamo a questo punto una cosa: parleràDraghi agli italiani? Che cosa ci dirà? Sembra piut-tosto riservato, di poche parole e (forse, lo auspi-chiamo) molti fatti. Vedremo.

Eppure… in questo momento di decisivo e volitivocambiamento, una sorta di inspiegabile malinco-nia ci induce a ripercorrere un po’ indietro il re-cente passato; un anno che ha visto sconvoltafisicamente e psicologicamente la no-stra vita, il nostro

modo di affrontare la realtà, una realtà ostile,piena di solitudine e a volte di sconforto. E alloraci facevano compagnia i DPCM del PresidenteConte, i suoi dettagliati réportage sulla situazionee sui provvedimenti necessari per risolvere lenuove problematiche. Le parole di Conte erano at-tese la sera, prima del TG, scandivano di setti-mana in settimana, di giorno in giorno le ultimenovità sulla miriade di varianti e di variabili dellapandemia, seguendo l’oscillare dei dati, la ricercadi soluzioni a breve termine per tamponare l’im-mediato, nella consapevolezza che questo “mo-stro”, il Covid 19, non ci dà la possibilità diprevedere, di avere certezze risolutive né tanto-meno indolori.

Conte, gli italiani se lo sono sentito vicino, pre-sente con parole di grande sensibilità e conforto,in un momento in cui tutti brancolavamo nelbuio e ci sentivamo soli di fronte ai morti, ai ma-lati, ai piccoli imprenditori allo sbando, di fontea problemi sempre nuovi e sempre urgenti. AConte gli italiani (la maggior parte, almeno) sisono affezionati, accattivati dalla sua oratoriaconvincente, confortante, calzante nell’immedia-tezza della criticità contingente. Indipendente-mente dal giudizio politico, l’affetto verso Conteda parte della gente non è retorica. Lo testimo-niano gli innumerevoli messaggi sui social chehanno espresso verso il Presidente uscente unadisinteressata e disarmante testimonianza di af-fetto, empatia e riconoscenza. Un affetto e unache riconoscenza che è stata testimoniata ancheoggi dagli stessi impiegati e dal personale di Pa-

lazzo Chigi: mentre Conte stava an-dando via, attraversando per l’ultimavolta il cortile, ecco una dopo l’altraaprirsi le finestre e affacciarsi in tanti,tutti insieme per tributare un caloro-sissimo applauso a colui della cui so-lerte presenza tutti erano statitestimoni: le lunghe giornate di lavoro,le nottate insonni per le decisioni piùimpellenti, l’andirivieni per i corridoi,i colloqui risolutivi, gli incontri e scon-tri… C’era un sincero e disinteressatoGRAzIE in quell’applauso che ci hacommosso e al quale ci sentiamo dipartecipare.

Grazie, Presidente Giuseppe Conte ebuon lavoro e in bocca al lupo, Presi-dente Mario Draghi!

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Nel Giorno del Ricordo, istituito con leggen.92 il 30 marzo 2004, vengono commemo-rate ogni 10 febbraio le vittime della Strage

delle Foibe e l’esodo della popolazione di origineitaliana dai territori dell’Istria e della Dalmazia aseguito della Seconda guerra mondiale e dell’in-staurazione del regime del Maresciallo Tito nell’al-lora Jugoslavia. In detta occasione viene concessaai parenti delle vittime delle deportazioni e del-l’esodo una medaglia commemorativa. “L'orrore delle foibe colpisce le nostre coscienze”.Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,che nel suo messaggio in occasione della ricorrenzaafferma che “le sofferenze, i lutti, lo sradicamento,l'esodo a cui furono costrette decine di migliaia di fa-miglie nelle aree del confine orientale, dell'Istria, diFiume, delle coste dalmate sono iscritti con segno in-delebile nella storia della tragedia della SecondaGuerra Mondiale e delle sue conse-guenze”.

“I crimini contro l'umanità scatenati in quel con-flitto - ha dichiarato Mattarella - non si esaurironocon la liberazione dal nazifascismo, ma prosegui-rono nella persecuzione e nelle violenze, perpetrateda un altro regime autoritario, quello comunista”. Quando le sorti della guerra si capovolsero, la rabbiadelle forze jugoslave si scaricò sui militari e sui civiliitaliani che si trovavano sul territorio e che furonodeportati e internati in campi di concentramento. Icadaveri di coloro che vi persero la vita venivanomacabramente “infoibati”, ossia appunto gettatinelle “foibe”, cavità naturali formate dai corsi d’ac-qua nel terreno carsico della regione tra l’odiernoFriuli-Venezia-Giulia e la Croazia. Il difficile recu-pero delle vittime rende ancora oggi quasi impos-sibile una loro effettiva quantificazione. Si stimache tra l’armistizio dell’8 settembre 1943 e i trattatidi pace di Parigi del 10 febbraio 1947, la cui datasi fa coincidere con la ricorrenza, furono gettatenelle foibe le salme di almeno 5000 civili e militariitaliani autoctoni morti o giustiziati nei campi diconcentramento dai partigiani jugoslavi e dell’eser-cito di Tito. La repressione etnica e nazionalistaoperata dall’appena instaurato regime socialista neipaesi balcanici vide poi come conseguenza diretta,nell’immediato dopoguerra, l’esodo dei sopravvis-suti di etnia italiana verso il territorio d’origine.“Una tragedia a lungo dimenticata che abbiamo il

dovere di non dimenticare, conobiettività, per pre-

Il Giornodel Ricordo

8·LIBERI

di Camilla Iafrate

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9·LIBERI

servare la verità storica del nostro passato. Undramma che costò la vita a tanti innocenti e causòl’esilio di tanti italiani, persone e famiglie intere,che furono costretti a fuggire dalle loro terre e dalleproprie case”.“Un monito che la storia ci consegna, è stato detto,per non ricadere nuovamente nell’orrore che ognitipo discriminazione etnica inevitabilmente provoca.Dobbiamo quindi costruire oggi una memoria sem-pre più condivisa, capace di superare i muri e le di-visioni. Una memoria collettiva basata sui valori dilibertà, civiltà e democrazia. Solo in questo modo pos-siamo guardare al futuro con fiducia, evitando chenuovi drammi possano accadere e che sul sacrificiodei nostri connazionali non prevalga il silenzio”.Mattarella, ha sottolineato i buoni rapporti che l'Ita-lia ha oggi con la Slovenia. “Ogni comunità - dice -custodisce la memoria delle proprie esperienze piùstrazianti e le proprie ragioni storiche. È dal rico-noscimento reciproco che riparte il dialogo e l'ami-cizia, tra le persone e le culture. Si tratta di valoriche abbiamo voluto riaffermare con il Presidentedella Repubblica di Slovenia, Borut Pahor, che rin-grazio ancora per l'incontro e le iniziative del luglioscorso, in occasione della firma del protocollo d'in-tesa per la restituzione del Narodni Dom alla mino-ranza linguistica slovena in Italia”.Anche il Parlamento europeo ha osservato un mi-nuto di silenzio per ricordare le vittime delle foibe.Lo ha annunciato il presidente dell'Europarlamento

David Sassoli aprendo la sessione del giorno. “Inoccasione del ‘Giorno del Ricordo’ che si celebraoggi, vorrei ricordare la memoria degli italiani, ditutte le vittime delle foibe e dell'esodo dalle loroterre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondodopoguerra”, ha detto Sassoli. “Quello che è suc-cesso, per molti anni ignorato o addirittura negato,ci impone l'obbligo di tenere viva la memoria - ha

aggiunto. - Chi, come noi, difende i valori di pace,giustizia e libertà ha il dovere di rendere onore allevittime di questa tragedia. La costruzione dell'Eu-ropa non è solo una straordinaria risposta politicaa quelle persecuzioni, ma è anche uno dei motorifondamentali del processo di integrazione tra Paesidemocratici”.

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10·LIBERI

C’è da chiedersi se la pandeconomy, da meintrodotta per primo in un precedente ar-ticolo (Liberi, n. 5-6, 2020, pp. 16-19),

abbia davvero specificità tali da giustificare lo stessonuovo termine così convenzionale ed evocativo.In effetti avevo già legato la pandeconomy alla ne-cessità di concepire un nuovo modello di sviluppo,in particolare per l’Europa. Il programma definiti-vamente approvato dai suoi Stati membri e resoormai operativo con il varo del bilancio a lungo ter-mine 2021-27 dell’Unione, già nel titolo Repair andPrepair Next Generation EU (NG-EU) e soprattuttonelle linee guida che ciascuno Stato deve osservareper accedere ai finanziamenti, traccia un vero per-corso di cambiamento e di approssimazione step bystep proprio verso un nuovo modello di sviluppo. Ilsuo pilastro è l’economia digitale e sostenibile neiprofili ambientali, sociali e sanitari.Con estrema semplificazione, nella storia modernasi possono identificare tre macro modelli di econo-mia, in dipendenza dei settori di attività prevalenti:1) economia agricola o primaria: 2) quella manifat-turiera o secondaria e 3) economia terziaria. Anchela new economy, che si è accompagnata alla globa-lizzazione attraverso l’Information ComunicationTecnology, ha ulteriormente amplificato, integrato,efficientato, meglio qualificato e diversamente in-

di Nicola Mattoscio

La Pandeconomiae il futuro

dell’Europa

frastrutturato (soprattutto introducendo le grandireti immateriali) il modello di economia terziariagià dominante, caratterizzandolo sempre più conl’impetuosa crescita del terziario avanzato, perime-trato in un ambito specifico definito “settore qua-ternario”, che si aggiunge ai tre settori produttivitradizionali.Il passaggio dalla spiegazione della produzione dinuova ricchezza con la prevalente combinazionedei fattori di produzione “materiali” a quella con ifattori “immateriali” ha provocato una sorta di mu-tazione genetica nei modelli di crescita e sviluppo.Fisiologicamente, ormai, questi evolvono con cre-scente rilevanza in direzione della cosiddetta “eco-nomia della conoscenza”, rendendo il sapere ilfattore produttivo più significativo in sostituzionedelle mere disponibilità di risorse naturali.Ciò spiega perché il mondo del villaggio globale èriuscito a cumulare ben due improvvise crisi eco-nomiche in poco più di un decennio, che per inten-sità, diffusione, velocità e vicinanza temporale nontrovano riscontri nella storia, nemmeno nel suoscorrere scadenzato dai grandi eventi bellici o na-turali.La prima finanziaria verificatasi tra il 2007 e il2013 ebbe origine negli USA a causa della crisi deisubprime e del mercato immobiliare, la seconda

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pandemica nata in Cina nel 2019, che si protrarràalmeno per tutto il 2021, le cui gravi conseguenzeeconomiche andranno persino ben oltre nel tempo.A margine della “crisi finanziaria” né gli studiosi,né i policy maker, né l’opinione pubblica hanno in-vocato un drastico cambiamento del modello di svi-luppo. Le differenziazioni, che pure ci furono, nellevarie realtà riguardarono prevalentemente le diver-sità di vedute sulle politiche di stabilizzazione, daqualificare come più o meno pro ciclo congiuntu-rale, con davvero limitata o nessuna attenzione airisvolti strutturali.Ormai è evidente che non si pongono negli stessitermini le risposte da dare alla “crisi pandemica”,che rivendicano invece immediati e prioritari im-pegni finalizzati agli stessi cambiamenti strutturali,e quindi dell’intero sistema economico, le cui dina-miche caratterizzeranno una lunga stagione dellastoria. Parlare allora di pandeconomy come inevita-

bile e specifica fase di incubazione di un nuovo mo-dello di sviluppo non è un capriccio lessicale etantomeno un’azzardata erudizione, bensì apparesempre più come un contesto reale di un processoinedito delle attività produttive.Al riguardo, assume particolare rilevanza propriol’esperienza dell’Europa, che con gli atti concreta-mente compiuti dimostra di aver seguito due mo-delli ben diversi di i e di contenuti. Per la “crisifinanziaria” (e quella latente e conseguente del-l’euro), l’Unione Europea ha operato attraversol’azione intergovernativa, anche quando ha istituito

il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) nel 2012con uno specifico trattato tra gli Stati membri. Circa i contenuti della stessa azione intergoverna-tiva è esemplare sempre lo stesso MES. Per acce-dervi ci si sottomette (anche dopo la riformaintervenuta a fine 2020) alla sorveglianza fiscale emacroeconomica nel quadro del “Patto di stabilitàe crescita”, che implica in primis il rispetto di pa-rametri vincolanti in tema di deficit di bilancio.Senza trascurare la logica accentratrice della me-desima attività di sorveglianza che è affidata, incoerenza con il paradigma intergovernativo, ad unBoard of Directors partecipato dai Ministri nazionalidelle Finanze, con la presenza di un rappresentantedella Commissione in veste di semplice osserva-tore.La risposta alla “crisi pandemica” è il richiamatoprogramma NG-EU, che si qualifica anche come unvero e proprio European Marshall Plan (EMP), per

finanziare il quale si dota l’Unione di una propriaed autonoma capacità fiscale, per quanto limitata,attraverso la possibilità di emettere sul mercato ti-toli di debito garantito dalle stesse istituzioni euro-pee, in rappresentanza dell’insieme dei cittadinieuropei non più distinti per appartenenze nazio-nali.Quindi, il nuovo modello di sviluppo europeo nelcontesto della pandeconomy viene finanziato nonda trasferimenti dei singoli Stati membri, come pre-visto per il MES, ma da debito condiviso legato perla prima volta al bilancio dell’Unione. Il modello di

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governance che si esplicita, in questo caso, è chia-ramente di tipo federale; mentre i contenuti dellesue linee di azione, come si è visto, supportano convigore l’affermazione di un nuovo modello di eco-nomia.Ne consegue che qualunque Recovery Plan degli Statimembri dovrebbe assumere la grande lezione delPremio Nobel Robert Solow che, già nella secondametà del secolo scorso, meglio di tutti riuscì a fornirela spiegazione più convincente delle cause che ori-ginano il progresso o il declino della ricchezza dellenazioni. Solow indicò nell’uso creativo e produttivodella conoscenza accumulata da una società il fattorerisolutivo. E nella nostra contemporaneità si ag-

giunge che la “digitalizzazione” potrebbe essere unpotente acceleratore/moltiplicatore della produzionedi nuova ricchezza, ma solo a condizione che la sipromuova ulteriormente in maniera mirata, selettivae nelle rilevanze strategiche virtuose.Ecco perché gli incentivi non dovrebbero essereconcepiti in una logica a pioggia (come si rischia difare in Italia adottando un meccanismo erogativoche di fatto rinvia alla cosiddetta “legge Sabatini”,che risale addirittura agli anni sessanta del ‘900),ma riflettere scelte ancorate a visioni innovative diradicale cambiamento e davvero coerenti con gli

obiettivi di NG-EU. Un esempio è rappresentato dal-l’investimento che certamente spetta fare, in pro-posito, agli Stati in quanto tali: portare ovunque lafibra ultraveloce e consentire in tempi ragionevolia quasi tutte le abitazioni europee connessioni dialmeno 100 Mb, sapendo peraltro di dover colmareal riguardo un significativo divide già esistente trai vari membri e al loro interno, con l’Italia che pur-troppo primeggia per i ritardi accumulati e nelle di-sparità regionali. Il Recovery Plan dovrebbe perciòesprimersi in “un’unica strategia europea”, facendoconvergere “le uniche strategie nazionali” che de-vono evitare il più possibile la frammentazione inprogrammi distinti per fonte di finanziamento.

In breve, in questo caso anche la sfida lessicale èrivelatrice della reale posta in gioco. “Next Genera-tion” versus “Old Generation” interpreta bene la pos-sibilità di costruire il futuro affidando soprattuttoalle nuove generazioni di europei il compito delcambiamento, visto anche che proprio loro si sonodovute caricare dei maggiori sacrifici prima della“crisi finanziaria” (in particolare per la precarizza-zione del loro lavoro e delle loro aspettative) e poidella “crisi pandemica” (isolandole a domicilio egravandole degli oneri dell’abnorme debito pub-blico in corso di accumulazione).

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La pandemia ci ha cambiati, siamo diversi. Lapaura e il sospetto, ormai imperanti tra lagente, regolano i rapporti interpersonali, ri-

dotti al minimo. Si è persa la voglia di incontrare,di conoscere; in qualche modo si sopravvive pen-sando a una rinnovata normalità.Si cercano nuove certezze e il bisogno di riferimentifa riflettere e apre la strada dimenticata dello spi-rito, del divino.È un segno di insicurezza se l’uomo cerca nella fedeun termine, una valutazione da condividere per unarinnovata speranza. Anche l’informazione, incertanel valutare e definire questo inedito nemico invi-sibile, ha inizialmente preso in prestito parole delVangelo, abbandonando per esempio il termine“guerra” sostituito con “tempesta”, parola pronun-ciata da Papa Francesco nella sua solitaria omeliadel 27 marzo 2020 in una deserta piazza San Pietro,commentando un passo del Vangelo di San Marco.

di Potito Genova

La pandemiaci ha cambiati

Ma l’utilizzo di questa definizione non è durato alungo; l’esigenza di interpretare il prima possibileil clima schizofrenico delle diversità di valutazionidegli esperti sanitari sull’evoluzione del virus e ilconflitto crescente tra i politici, ha ripreso ad uti-lizzare una informazione di tipo catastrofica e al-larmista sia dal punto di vista sanitario cheeconomico.Questa psicosi della paura e della mancanza di cer-tezze ha creato una atmosfera dissociativa, ha cau-sato una instabilità psicofisica, ha innalzatodrasticamente l’emotività delle persone che pola-rizzano il dibattito pubblico attorno a solo due temi:l’argomento sanitario, cioè la ricerca di una cura odi un vaccino, origine del virus e gestione del-l’emergenza, e quello politico relativo alla respon-sabilità dei governi, alla legittimità delle misure dichiusura (lockdown), alle strategie di mitigazionedegli impatti sociali ed economici della pandemia. La tensione dei cittadini, legata sia alla difficoltà dicomprensione di argomenti tecnico-scientifici alta-mente complessi, sia all’incertezza sul futuro dellasituazione economica rappresenta un substratoideale per la proliferazione e l’utilizzo delle “fakenews” per inquinare il dibattito pubblico. Il rischio maggiore derivante da tale “inquinamentodell’ecosistema informativo” è di avere delle per-sone che prendono le decisioni sulla base di una in-formazione pregiudiziale, parziale, non autentica oaddirittura falsa. Un rischio che può anche riguar-

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dare decisori istituzionali e che, in ultima istanza,rischia di condizionare negativamente i meccani-smi di gestione della società (governance). Allora sarebbe necessario avere un maggioresenso di responsabilità: mai come adesso bisogne-rebbe fare appello alle capacità del singolo indivi-duo di autodisciplinarsi nel rispetto degli altri edell’intera Comunità.Si dovrebbe essere pronti a condividere tale esi-genza e non a dividersi nell’affrontarla. Siamo inuna fase in continua evoluzione, il virus sta attac-cando e si dovrebbe opporre una difesa attiva, unfronte coeso cementato da regole semplici ed effi-caci da seguire uniti e senza esitazioni o dubbi.Non importa chi dirige l’azione; al di là della suaresponsabilità, egli ha bisogno di tutti per argi-nare il pericolo; così alla fine potremo giudicarlo

senza preconcetti ideologici, ma solo in base ai ri-sultati ottenuti. Un ruolo fondamentale lungo questo percorso do-vrebbe essere quello della famiglia, intesa comeelemento di aggregazione primario per perseguirequesta unità di intenti. Essa, tanto è più coesa negliaffetti, tanto è più efficace nell’educazione dei figli,

smarriti e increduli di fronte alla sconcertanteesperienza che stanno vivendo.I valori morali o quelli più semplici di educazionee senso civico sono trasmessi naturalmente in unafamiglia solidale, chiara nella definizione dei ruoli,e di questo se ne avvantaggia tutta la società, so-prattutto in momento di disconnessione sociale,come questo creato dalla virulenza del virus. Inaltre parole, un adolescente, un giovane se è edu-cato a casa lo è anche con gli altri e aiuta a crearequel senso di responsabilità e di rispetto reciproco,fondamentali per superare il senso di smarrimentoche pervade oggi la società.Si dovrebbe cogliere questo disorientamento comeopportunità, per creare una forte solidarietà socialeperché purtroppo il virus persiste, anzi corre indif-ferente tra la gente, non conosce confini, tutti sono

vittime e untori; la diffidenzareciproca cresce insieme allaconfusione dell’informazione. Ma purtroppo, visto che ilgiorno si apre e si chiude conl’argomento pandemia che hainvestito tutto il pianeta, senzaconfini e barriere ideologiche,si deve inevitabilmente dareconto al subdolo virus. E piùcrescono i contagi, più si filtrala situazione attraverso unarielaborazione interiore perso-nale, di parte, ideologica chedisunisce invece di unire.Peccato, perché la grave si-tuazione sanitaria avrebbebisogno di unità di intenti econdivisione delle azioni po-litico sanitarie da mettere inatto. Invece si cerca di gestirel’emergenza sanitaria ed eco-nomica tra ripensamenti edincertezze ed è sbalorditivoosservare che tutti sono di-ventati esperti, intervistano esi fanno intervistare, pole-mizzano e tendono normal-mente al drammatico,

ritenendo che la propria situazione sia sempre lapeggiore in senso assoluto.In fondo questo pericolo silenzioso ha messo tragi-camente in luce l’impreparazione di molti, una de-vastante confusione informativa, l’assenza di unforte legame familiare che rendono difficile crearesolidarietà e coesione sociale.

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Per quanto lettore poco esperto di lettera-tura inglese, ho sempre trovato stimolantela lettura del testo di “Coriolano” di Wil-

liam Shakespeare: una tragedia affollata di figureviscide, amorali, ambigue – a partire dallo stessoprotagonista, incapace di provare quel doverososentimento di amore per il popolo che, almeno,ne farebbe un eroe “positivo” – deve pur signifi-care qualcosa, o perlomeno provocare reazioninel pubblico.La storia è nota. Dopo la vittoria sui Volsci, l’entu-siasmo del popolo romano nei confronti di Corio-

lano è alle stelle. Nell’Atto I, scena I, il Messaggeroriferisce scene di delirio degne dell’apparizionedei Beatles:«Ho visto pigiarsi dei muti per vederlo e dei ciechiper sentirlo parlare. Mentre lui passava, le matronegettavano guanti; donne e ragazze, sciarpe, fazzo-letti… i patrizi che s’inchinavano come davanti allastatua di Giove, e i plebei che facevan pioggia etuono coi berretti in aria e un gridare… da non avermai visto nulla di simile!» (“Coriolano”, traduzionedi F. Fochi, in W. Shakespeare, “Tutto il teatro”, vol.4, Newton Compton, Roma, 1990).

di Alessandro Ferioli

Coriolano,le folle e la memoria storica

Una rilettura della tragedia di Shakespearealla ricerca della sua modernità e attualità

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I due tribuni della plebe, Sicinio e Bruto, sannoperò abilmente sobillare la “piazza” contro il ge-nerale vittorioso, che si presenta candidato allacarica di console e che peraltro, col suo compor-tamento, in parte reticente riguardo alle proprieferite di guerra e in parte indisponente, non faaltro che provocare la reazione sdegnata del po-polo. Nella seconda scena dell’atto II, dove dueguardie commentano la situazione, si comprendequalcosa di più riguardo agli umori della“massa”:«I GUARDIA: Uhm! Ci sono stati dei grandi uo-mini che il popolo te l'hanno lisciato, e non glison mai entrati in simpatia; mentre ha avuto sim-patia per tanti altri, ma così, senza saperne ilperché. Il popolo non sa mai perché vuol bene operché vuol male. E Coriolano, non curandosi af-fatto se quello che gli portano è amore o odio, dàuna bella prova che lui la gente la conosce. Eglielo fa anche intender chiaro, con quel suo fre-garsene da gran signore».Il che forse spiega quell’ingiuria triviale di Co-riolano nei confronti del popolo, di cui il ge-nerale dice che ha il fiato puzzolente. Nellascena terza del secondo atto si gioca la par-tita di Coriolano col popolo: fra la turba siagitano vari pensieri, ma tutti i cittadinisono pressoché concordi a concedergli lanomina se egli si mostrerà umile. Coriolanorischia di mandare tutto all’aria col suoatteggiamento, ma la sua candidaturaottiene il gradimento popolare. È aquesto punto che si mettono inmoto i due tribuni, che sannoabilmente approfittare diun momento in cui ta-luni insinuano fra iconcittadini il dubbiodi avere sbagliato aconcedere la fiduciaal generale; da qui ilvoltafaccia del po-polo, che si riservadi non confermare ilproprio gradimentoa Coriolano nei co-mitia tributa, impe-dendo così la suaelezione. Maquando poi Co-riolano, banditodalla città, simette al servi-

zio dei Volsci e alla guida dell’esercito nemicoassedia Roma, allora il popolo si rende conto diaver discacciato il suo più valido difensore. In-somma, ha un radicale mutamento di opinione,senza tuttavia che ciò comporti un sincero ri-morso per la decisione presa. Così un dialogo nel-l’a. IV, sc. VI:«POPOLANI: Davvero, non si sentono notizie con-fortanti.I POPOLANO: Per parte mia, quando dissi: “Sì,esiliatelo”, dissi anche, poi, che era un peccato.II POPOLANO: Anch'io.TERzO POPOLANO: Anch'io. E a dir la verità,così fecero anche molti altri di noi. Quello che fa-cemmo, lo facemmo per il meglio; e, benché vo-

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lentieri noi si consentisse al suo esilio, tuttaviafu contro la nostra volontà.COMINIO: Bella roba, voi e i vostri voti!»E poi, subito dopo, quando ormai si crede per-duto, il popolo romano cerca di linciare uno deidue tribuni cui, fino a poco tempo prima, avevacreduto ciecamente. Ma ha un ripensamentoanche il popolo dei Volsci, presso cui Coriolanosi è rifugiato ottenendo da Aufidio la metà del co-mando: prima idolatra il generale romano tran-sfuga, ma alla fine – e proprio quando a Romasarebbero pronti a riabilitarlo – lo uccide nellamischia con un’accusa confusa di tradimento.Così si esprime Cominio nel descrivere a Mene-nio il consenso sulle prime ottenuto da Co-riolano presso i Volsci:«È il loro dio! Li guida come un es-sere non creato dalla natura, mada una divinità molto più va-lente nel formare gli uomini. Eloro gli van dietro, contro noimocciosi, sicuri e contenticome ragazzi che dan la cac-cia alle farfalle d'estate omacellai che schiaccian lemosche» (a. IV, sc. VI).Ma basta che Aufidio lotacci di tradimento che su-bito qualcuno rammemorale stragi compiute da Corio-lano quando egli era nemicodei Volsci:«POPOLO: Fatelo a pezzi! Subito!Ha ucciso mio figlio! E mia figlia!Mio cugino Marco l’ha ucciso lui! Emio padre, ha ucciso!» (a. V, sc. VI).A questo punto devo riconoscere che ciò chemi ha più colpito, in una mia recente rilettura per-sonale del testo della tragedia, è il modo di agiredel popolo: una massa che dà e toglie i suoi favoricon una rapidità impressionante, ma al tempostesso sa anche trovare scaltre giustificazioni chela sollevino da qualsiasi responsabilità morale. Cosìfanno tanto i Romani quanto i Volsci.A Wystan Hugh Auden, che commentava “Corio-lano” nell’aprile 1947 presso la New School of So-cial Research di New York nell’ambito di un ciclodi lezioni su Shakespeare, la volubilità del popolofaceva nascere il ricordo preciso di quando avevaoperato in Germania per lo Strategic Bombing Ser-vice statunitense. Leggiamo con attenzione il reso-conto di quell’accenno alla contemporaneità:«Per la folla, il momento presente è assoluto. La

folla non ha memoria. Due anni fa, in Germania,sentivo dire ovunque: “Sono sempre stato controHitler, mi hanno costretto, ecc. ecc.”. Non era unamenzogna nel senso normale della parola. Nonlo dicevano in malafede. Dopotutto quello che eraaccaduto – dopo l’orrore delle devastazioni – erarimasto solo il senso del momento presente, enessuno era più in grado di ricordare. Gli eventiavevano spogliato la gente della memoria storica.Non dobbiamo credere che un simile atteggia-mento sia circoscritto al solo popolo tedesco.Gran parte di noi, se non è vigile, si ritrova in-ghiottita dalla folla, indipendentemente dal cetocui apparteniamo» (W. H. Auden, “Lezioni su Sha-

kespeare”, a cura di A. Kirsch, traduzionedi G. Luciani, Milano, Adelphi, 2006,

p. 333).In questa breve frase di Auden

c’è il nodo di alcune delle piùdolorose tragedie del Nove-cento, nodo che si può rias-sumere in poche condizioniche s’intrecciano fra loro.La principale condizione èla deresponsabilizzazionedel singolo nel momento incui questi si ritrova – comedisse Auden – inghiottitodalla folla: il sentirsi appog-giato ad altri, e in parte

anche da questi trascinato, fasì che la folla divenga l’oriz-

zonte mentale dove l’individuoabdica alle proprie responsabi-

lità di fronte al “vero” e al “giusto”,propende di volta in volta verso le

idee più seducenti o sviluppa in sé una re-pulsione o un’inclinazione parimenti irrazionali.La turba è perciò il luogo deputato alla costru-zione del consenso o, all’inverso, alla delegitti-mazione di personaggi e opinioni. Una secondacondizione è la precarietà della memoria. Ilvuoto della memoria può essere talora un co-modo alibi morale, ma in certi casi – come so-stiene Auden – può anche scaturire da unasostanziale “buona fede” (espressione che scri-verei in ogni modo sempre fra virgolette). Forsenel “Coriolano” Shakespeare ci mette di fronte auna “memoria collettiva” (nel senso dato al-l’espressione da Maurice Halbwachs) nel suoprimo formarsi, una memoria che seleziona in-tenzioni e azioni, le rilegge e le interpreta inmodo tutt’altro che ingenuo.

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Quindi, se Coriolano non è capace d’identificarsicon la moltitudine e vive soltanto per alimentareil proprio ego, la plebe dal canto suo non sa agirecon la responsabilità con cui una singola indivi-dualità agirebbe, e, come conseguenza di ciò,prima fugge dal campo di battaglia nel pienodella mischia, poi non comprende bene la minac-cia che la concentrazione di potere militare e ci-vile nelle mani di Coriolano rappresenta (omeglio, se la intravede, si affida ai suggerimentitutt’altro che innocenti dei due tribuni).La folla è pervasa da una cecità ostinata, e agiscein base a quei meccanismi psicologici che Gu-stave Le Bon individuò alla fine del XIX secolo:«L’action incosciente des foules se substituant àl’activité consciente des individus est une desprincipales caractéristiques de l’àge actuel»(“Psychologie des foules”, Paris, Alcan, 1895, p.I). La folla, secondo Le Bon, è un soggetto aventecaratteristiche nuove e diverse rispetto a quelledei singoli individui che lo compongono; essa èmoralmente e intellettualmente inferiore allamedia dei componenti, è un aggregato rudimen-tale e amorfo che agisce senza responsabilità nérazionalità, bensì in preda a istinti, risultando

perciò incontrollabile e imprevedibile. Ma in “Co-riolano” c’è già quasi tutto: il conformismo, pre-sente in tutte le classi sociali; la leadership,esercitata senza scrupoli sia da Menenio in se-nato sia dai tribuni nel loro campo d’azione; ilruolo dell’inconscio e dell’irrazionale nei com-portamenti sociali, al punto che i popolani piùvolte sembrano agire come sonnambuli, equando cambiano parere sembrano essersi ap-pena svegliati da un sogno in cui hanno avutouna parte in non si riconoscono più (Le Bon parladi effetto simile a quello provocato dall’ipnosi).Alcuni personaggi della tragedia hanno capitomolto bene come bisogna comportarsi; uno è Me-nenio e l’altra è la madre di Coriolano, l’ambi-ziosa Volumnia, che così ammonisce il figlio:«Marzio mio, ti prego: va da quella gente col cap-pello in mano, tenendolo in avanti così, perchécosì devi fare con loro; col ginocchio che tocchiterra, perché in faccende come queste il gesto èeloquenza, dato che gl’ignoranti hanno piùistruiti gli occhi che gli orecchi. […] E digli chesei il loro soldato: che, cresciuto fra le armi, nonhai quella cortesia del tratto che, lo riconosci, ègiusto da parte tua usare e da parte loro esigere,

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quando chiedi il loro favore; ma che d’ora in poiti renderai senz’altro quale ti voglion loro, perquanto dipende dalle tue forze e dalla tua per-sona» (a. III, sc. II).Ma Coriolano è restio a proporsi diverso daquello che è; anzi, egli addirittura recalcitra amostrare le ferite, poiché gli parrebbe, aggiun-gendo qualcosa alla propria fama, di portare ar-gomenti artificiali nella campagna elettorale.Coriolano è quel “capo” che – a voler usare il lin-guaggio di Le Bon – potrebbe ottenere obbe-dienza come il domatore dalle belve. Egli hasuccesso e gode di prestigio, ma rifiuta di tra-sformare successo e prestigio in “fascino” dausare sulla folla secondo il proprio tornaconto.Rifiuta insomma – o non sa – trasformare una

massa transitoria, che si riunisce spinta dai bi-sogni del momento, come nel caso della seces-sione sull’Aventino, in massa organizzata.Rifiuta inoltre – o non sa – costruire con la follaquel tipo di rapporto che Sigmund Freud chia-mava “legame libidico”, rapporto che fa del“capo” l’oggetto d’amore, poiché l’unico rapportolibidico che per lui è possibile instaurare èquello col nemico Aufidio (ma questo aspetto ciporterebbe su un’altra strada e diventerebbe og-getto di un’altra riflessione). E con ciò abbiamodetto la condizione che manca rispetto allegrandi e sanguinose tragedie – ai totalitarismi,diciamolo pure – del Novecento; cosicché è lostesso Coriolano (ignaro della terminologia no-

vecentesca, beninteso) a salvare la massa daquelle “tendenze antidemocratiche” di cui haparlato Adorno (T. W. Adorno et alii, “La perso-nalità autoritaria”, Milano, Edizioni di Comu-nità, 1973).“Coriolano”, sia detto per inciso, è una tragediapiena di manipolatori: da un lato coloro che se-ducono la folla, come i due tribuni, e dall’altrocoloro che manovrano Coriolano, come Menenioe la madre Volumnia, i quali lo guidano interes-satamente, o gli stessi tribuni, i quali lo provo-cano per farlo andare in collera. La minaccia alleistituzioni democratiche, insomma, proviene dapiù parti e assume forme diverse. Per il pubblicoche rifiuti questo deserto morale in cui davveronessuno si salva – nemmeno il figlioletto di Co-

riolano, che è già un guerrafondaio in erba –, evoglia guardarsi dal replicarlo nella propria re-altà quotidiana, il vaccino è costituito dalla vigi-lanza: una vigilanza attiva da parte di ciascunoe sostenuta dai doveri verso la collettività, dal-l’esercizio critico della ragione e – se me lo sipermette – da una morale religiosa. Questa vigi-lanza deve essere particolarmente attenta alla“memoria”, sia occupandosi di conservare ciòche non si vuole abbandonare all’oblio, sia resi-stendo ai meccanismi attraverso cui la colletti-vità dimentica. E anche questo era già statointuito da Shakespeare, se la lezione di Audensu “Coriolano” poteva suggerire quell’accennoal tema della memoria di cui abbiamo detto.

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“MI PIACEREBBE, IN QUESTO LIBRO, ESPORRE ALCUNE RICERCHE E RIFLESSIONI IN

MERITO, SPIEGARE IL PERCORSO DI STUDI CHE MI SONO PROPOSTA E CHE HO CER-CATO DI FARE, A PARTIRE DA ALCUNI CASI DI DONNE APPARENTEMENTE LONTANE

L’UNA DALL’ALTRA COME PAESE DI NASCITA, COME ESPERIENzE DI VITA. TUTTAVIA,A ME SEMBRA CHE ALCUNI PUNTI IN COMUNE TRA DI LORO ESISTANO. DONNE

NATE TUTTE NELLA PRIMA METà DEL 1900. IMPEGNATE PER UNA SOCIETà PIù

GIUSTA, PIù PARITARIA, IN CUI UOMINI E DONNE POSSANO VIVERE UNA VITA

MIGLIORE, SENzA DOVER TEMERE PER LA PROPRIA ESISTENzA, PER QUELLA

DEI LORO CARI E PIù IN GENERALE DELLE PERSONE CHE CON LORO CONDIVI-DONO QUEL PARTICOLARE PERIODO STORICO”. MARIA IMMACOLATA MACIOTI

Libertà e oppressione.Storie di donne del XX secolo

20·LIBERI

“Una sfida intellettuale, un libro spiaz-zante che ti prende dal punto di vistaemotivo.” Così è stato definito il nuovo

libro di Maria Immacolata Macioti “Libertà e op-

pressione Storie di donne del XX secolo”, edito daGuida, presentato su piattaforma zOOM e direttaFacebook, in un meeting organizzato dalla rivistaon line “Confronti”, il 9 dicembre 2020.

di Rosina zucco

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Presente l’autrice, nel corso dell’incontro, che si èaperto con il saluto dell’ospite, Claudio Paravati, edell’editore Diego Guida, si sono avvicendati gli in-terventi della sociologa Enrica Morlicchio dell’Uni-versità degli Studi di Napoli Federico II, LaviniaOddi Baglioni, fondatrice e presidente del ClubMontevecchio, e Carmela Logiudice, saggista e pit-trice. Attraverso un’analisi a tutto tondo sono statitoccati vari punti di vista dell’interessante tematicaaffrontata, sempre e più che mai attuale. Dell’operaè stato altresì apprezzato lo stile della narrazionedi largo respiro, scorrevole e veloce che conferiscea questo libro il fascino di un romanzo storico, purnella sua rigorosa scientificità, come testimoniatodall’ampia ricerca bibliografica, accurata ma maisovrastante, a cui la Macioti fa riferimento.Nel succedersi delle pagine, si intrecciano momentistorici e luoghi diversi, animati da una infinità dipersonaggi che restano sullo sfondo dal qualeemergono le figure emblematiche di quattro grandidonne, nate in diversi paesi, cresciute in famigliedissimili le une dalle altre, di diverse culture, ep-pure accomunate dalla ferma volontà di resistenzadi fronte alle ingiustizie sociali. Tutte, tranne l’ira-niana Shirin Ebadi, nata nel 1947, sono legate allevicende della Seconda guerra mondiale, alla depor-tazione nei lager, come Margarete Buber Neuman,nata in Germania, e Germaine Tillion, nata in Fran-cia, entrambe internate a Ravensbrück, mentre deiPaesi Bassi è Etty Hillesum. Vite molto sofferte, ma

accomunate dall’avere molto subito, senza lasciareche l’odio offuscasse la capacità di giudizio. Tuttee quattro, convinte dell’importanza della scrittura,del far conoscere al resto del mondo quanto stavaaccadendo o era accaduto.Rifiutando l’accettazione passiva e acritica di unpotere teocratico incontrollato e incontrollabile, leprotagoniste di questo libro hanno preso posizione,nettamente, contro i totalitarismi, come lo ha fattoHannah Arendt, che non ha temuto di parlare della“banalità del male”. Sono tutte donne di elevatospessore culturale, persone non comuni che hannopotuto studiare, riflettere, leggere, che hanno avutoun ambiente familiare favorevole, che hanno com-preso e che sanno che altrove esistono diversi modidi vita. Donne che, proprio per questo, più facil-mente di altre possono acquisire certe consapevo-lezze, trarne conseguenze, cercare di cambiare lasituazione socio-politica e culturale oppressiva e, avolte, maschilista. Come nel caso di Shirin Ebadiche, sia pure dall’esilio, potrà ancora levare la suavoce, chiedendo il rispetto dei diritti di donne e uo-mini che non intendono piegarsi ai dettami di unregime assoluto e oppressivo, divenendo primadonna musulmana a vincere il premio Nobel per lapace “per il suo impegno nella difesa dei dirittiumani e a favore della democrazia”. Sono donneche si sono scontrate con fenomeni che possono an-dare dal colonialismo all’autoritarismo, normal-mente diffuso e operante, fino a tendenze al

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totalitarismo, come ben noto molto presenti nel XXsecolo e anche a vere e proprie dittature. Né questetendenze sembrano scomparse nel XXI secolo;quella attuale, infatti, è un’epoca diversa e simile,in cui si avvertono con evidenza rigurgiti xenofobi,antisemitismo di ritorno, paura e criminalizza-zione, fomentate con ogni pretesto – vedi gli allar-mismi sui migranti e sui rom - in cui si avvertenettamente una ripresa di impulsi nazionalistici in-tesi in senso deteriore. Né questo accade solo in Ita-lia e in Europa, disgraziatamente. La situazioneodierna, è una situazione di incultura politica evi-dente e di diffusa, scarsa comprensione delle esi-genze economiche, di mancata percezione di unaprobabile crisi prossima ventura, paventata dai piùavvertiti osservatori.

“Tanto più quindi - dice la Macioti nella sua in-troduzione al volume - a me preme ricordare fi-gure di donne positive, donne che si sonoimpegnate, nonostante le tante difficoltà, giocan-dosi a volte tutte le certezze che avevano e, incerti casi, la vita stessa, per favorire l’avvento diuna società migliore”.Nel corso dell’incontro è stata ribadita l’importanza

delle fonti dirette, in buona parte fonti autobiogra-fiche: ed è proprio dalla fine dell’Ottocento, daiprimi del Novecento che nelle scienze sociali si èaffacciato il dibattito sulla cosiddetta sociologiaqualitativa, l’importanza dei materiali autobiogra-fici per la comprensione del reale. In questo senso,delle donne qui prese in esame sono state fonti pre-ziose i loro scritti, letti e riletti dall’autrice; le lorointerpretazioni, i loro ricordi sono stati utilmentemessi a confronto.

Prima di affidare alla Macioti le parole conclusive,è stato mandato in onda in streaming un video incui il vice ministro degli Affari Esteri Italiani Ema-nuela Del Re ha voluto esprimere il suo apprezza-mento per il lavoro della “sua professoressa”,punto di riferimento per il suo esempio di capacitàdi mettere intelletto a servizio della scienza, difen-dendo la propria individualità e la propria autono-mia. “La Macioti - ha affermato la Del Re - haprestato sempre attenzione alla partecipazionedelle donne nella società e al cambiamento socialedeterminato da quelle che con la loro autonomiahanno avuto accesso a strumenti culturali chehanno consentito loro di esprimersi a favore dellagiustizia”.Un libro dinamico, dalla prosa straordinaria, scrittoper i giovani a cui la Macioti, figlia del suo tempo,vuole trasmettere quello che ha imparato.

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Per rafforzare e mantenerela memoria:

l’impegno dell’ANRP

“La memoria è un’eredità di tutti; è unaguida e un insegnamento costante per lanostra vita quotidiana. È un dovere mo-

rale, un completamento della Storia, una lezioneche dobbiamo ascoltare e dalla quale imparare”.Così scrive Enzo Orlanducci nell’introduzionealla sezione Documentazioni e ricer-che dell’ultimo numerodella prestigiosa rivistatrimestrale La critica so-ciologica (LIV- 216- in-verno 2020), fondata ediretta da Franco Ferra-rotti. Il volume ospita indetta sezione una primatranche dei saggi elaboratida storici e ricercatori sullatematica del prelievo di mano-dopera coatta di civili per l’eco-nomia tedesca nel corso delSecondo conflitto mondiale. I la-vori pubblicati sono i primiesempi del procedere di un pro-getto in corso, portato avanti dallaFMF - Fondazione Memoria per ilFuturo in tutt’uno con l’ANRP, lad-dove accanto alla Resistenza, alla de-portazione politica, alla deportazioneebraica, all’internamento militare, allaprigionia di guerra, anche la memoriadel lavoro coatto nei campi e nelle offi-cine del terzo Reich rappresenta un pilastro fon-dante della Repubblica e della democrazia. Non è la prima volta che La critica sociologica offreal suo qualificato pubblico pagine dedicate a tema-tiche sulla memoria di cui l’ANRP si è fatta divul-gatrice; ricordiamo, infatti, l’approfondimento sullavicenda degli IMI- Internati Militari Italiani, che futrattata sotto l’aspetto storico e sociologico nel n.XLIII- 170. Estate 2009, con introduzione di MariaImmacolata Macioti. Questa volta a introdurre il

complesso argomento del lavoro coatto è BrunelloMantelli, con pagine di approfondimento su Stragi,deportazioni in KL, prelievo forzato di manodopera.Tre aspetti della gestione nazista dell’Italia occupata

1943-1945, che illustra l’evoluzionedella storiografia e i differenti puntidi vista sulla molteplicità di aspettidell’occupazione tedesca in Italia,con l’obiettivo di costruire unamappa ragionata degli eventinell’Italia occupata 1943-1945che tenga assieme stragi, depor-tazioni in KL, prelievi coatti dimanodopera, sì da restituirne,finalmente, un quadro a tuttotondo.Seguono il saggio di IreneGuerrini e Marco PluvianoSavona: lo sciopero del1°marzo 1944 e la razzia dimanodopera per il Reich,quello di Patrick Brion Fi-ghter jets and forced la-bour at the Walpersberg,1944-1945, e l’altro diAndrea Ferrari sullastoria degli italiani de-

tenuti nelle carceri tedesche1943-1945. Conclude la sezione il lavoro di

Costantino Di Sante Missili, armi e gas per il reich.Le fabbriche Steyr-Daimler-Puch nel racconto di unrimpatriato nel giugno del 1944. Con la pubblicazione di questi primi saggi, l’ANRPcontinua ad ottemperare al suo compito precipuo:il mantenimento e la trasmissione della memoriadegli eventi drammatici che segnarono l’Italia el’Europa, il mondo nel sec XX – con particolare tra-gicità nei suoi decenni centrali – e il ricordo di chili visse e ne fu trascinato, un patrimonio da non di-sperdere, un insegnamento per tutti noi e per le gio-vani generazioni.

di Federica Scargiali

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Il desiderio dell’uomo di librarsi nell'aria, cosìben rappresentato nella mitologia e nei raccontionirici e fantastici presenti in tutte le culture

umane ha, da sempre, significato una sorta di “li-berazione” dal destino terrestre della nostra specie.Il volo, quindi, come forza liberatrice dalle costri-zioni ed identificabile nel desiderio di superare ognilimite imposto (il racconto mitico della vicenda diDedalo ed Icaro ne è un conosciutissimo esempio).

Pensare di fornire di ali ogni essere umano è, al-meno al momento, solo un sogno impossibile. Apartire però dal 1908, ovviamente attraverso la co-struzione di “macchine volanti” capaci di realiz-zare almeno in parte ed attraverso la tecnologiaquesto sogno degli uomini, ha cominciato a diven-tare possibile ed a realizzarsi, con l’ausilio di ap-parecchi più pesanti dell’aria capaci di “navigare”nei cieli.

di AnnaMaria Calore

19 aprile 1909:il primo volo nel cielo di Roma

“…Amore vedessi | com'è bello il cielo | a via Margutta questa sera, | a guardarlo adesso |non sembra vero che sia lo stesso cielo | dei bombardamenti, dei pittori, |

dei giovani poeti e dei loro amori | consumati di nascosto | in un caffè“ (Luca Barbarossa)

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Come per la navigazione marittima, quando sin dal-l'antichità l'uomo ha avuto sempre la necessità dicostruire luoghi di partenza e di arrivo per le navi,

così è stato anche per le “macchine volanti” per lequali si rese indispensabile la costruzione di aero-porti. In Italia i primi aeroporti costruiti furono duee nello stesso anno 1908: l'Aeroporto di Centocellee quello di Torino Mirafiori. Quest'ultimo fu peròinaugurato solo qualche anno più tardi, mentrel'Aeroporto di Centocelle iniziò da subito la propriafunzione ospitando un istruttore di volo di tutto ri-spetto: Wilbur Wright ed il suo Flyer, ovvero ilprimo aereo a motore capace di staccarsi da terra.

Il terreno sul quale il Flyer prese il volo era di pro-prietà della famiglia Torlonia e si trovava sulla ViaCasilina, poco oltre la tomba di Sant'Elena Impera-trice. Era stato preso in affitto dal “Club Aviatori” edalla “Brigata Specialisti”, di fatto il primo nucleodella futura “Regia Scuola di Aeronautica Italiana”.Il terreno si trovava esattamente in località “Cento-celle” che doveva questo nome a “Centum Cellae”,una cittadella militare costruita nel periodo di mag-giore espansione dell’Impero romano. La cittadellaera formata da numerose stanze (cellae), che ospi-tavano i 100 migliori cavalieri della Guardia impe-riale dell’imperatore Costantino, ovvero gli EquitesSingulares, con i loro cavalli. La zona di Centocellenon era lontana dalla così detta “Via Militare” checollegava tra di loro tutti i forti militari costruitiintorno a Roma subito dopo l’Unità d'Italia e checingevano la città come un anello protettivo daeventuali aggressioni straniere, ed anche questa

circostanza ebbe il suo peso nella scelta del luogodove costruire un aeroporto.

Del club degli Aviatori facevano parte esponenti dispicco dell’aristocrazia e dell’alta finanza romana,come lo stesso principe Torlonia, il principe FilippoDoria e l'ingegnere Giulio Macchi di Cellere il qualeaveva organizzato l'arrivo in Italia di WilburWright.Wright era stato contattato da una delegazione delClub Aviatori che offrì all’inventore statunitense lasomma di cinquantamila lire, pattuendo l'acquistodi un Flyer comprensivo di un corso di formazioneper il tenente Mario Calderara (il primo italianomunito di brevetto di volo).

E così, il 19 aprile 1909 il Flyer III dei fratelliWright con a bordo Wilbur si alzava, per la primavolta in Italia, dalla pista preparata in questo trattodi campagna della periferia romana, innalzandosisul cielo di Roma.

Nei giorni successivi con Wilbur Wright volaronol’ex presidente del Consiglio Sidney Sonnino, ilprincipe Filippo Doria, l’ammiraglio Carlo Mira-bello, e la Contessa Mary di Cellere (moglie del-

l’Ing. Macchi di Cellere), alla presenza del reVittorio Emanuele III e della regina Elena. Successivamente, nel 1910 furono costruiti settehangar e venne inaugurata la Scuola Militare diCentocelle. Nel 1917, in piena Prima guerra mon-diale, fu realizzato il primo esperimento di postaaerea italiana sulla linea Torino-Roma nel quale fu-rono trasportati 200 chili di posta e 100 copie delquotidiano La Stampa in 4 ore e 3 minuti.

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Nasceva così il primo aeroporto d’Italia intitolatoall’aviatore eroe della prima guerra mondiale, Fran-cesco Baracca. Nel 1923 la costituzione ufficialedella Regia Aeronautica con la bandiera di guerradell’Arma venne conservata presso l’aeroporto diCentocelle fino al 1931, quando venne inauguratoil Palazzo dell'Aeronautica nel quartiere romano di

Castro Pretorio. Nel 1924, l'antica via militare checollegava i forti intorno a Roma cadde in disuso edi forti difensivi persero la loro importanza strate-gica. Le temute eventuali aggressioni da parte so-prattutto francese erano ormai cadute, c'era statala prima guerra mondiale e la Francia era diventatada possibile nemico un paese alleato.

Nel tratto di strada militare più vicino all'aeroportodi Centocelle ed al Forte Casilino stanno nascendo,intanto, nuovi agglomerati abitativi: Torpignattara,la Marranella e Centocelle. Costruzioni non troppoalte per via della vicinanza con l'aeroporto, desti-nate agli immigrati che giungevano a Roma sia daaltre regioni d'Italia che dai paesi laziali lungo le

vie consolari Casilina, Prenestina e Tibur-tina. Muratori, manovali, ma anche dipen-denti di aziende pubbliche come tramvierie ferrovieri che acquistavano pezzi di ter-reno per costruirvi la loro abitazione, ma-gari anche con piccoli orti e con giardini.Molto lentamente anche le necessarie in-frastrutture cominciarono ad essere pre-senti, anche se la scuola pubblica e laparrocchia rimasero a lungo costruzioniin legno. Le aule scolastiche erano chia-mati “i casoni” perché precarie e costruitein legname. Ma i ragazzini di quella cheallora era una lontana periferia romana,avevano molto vicino un posto unico dovepoter andare nei loro pomeriggi: L'Aero-porto di Centocelle. Con le mani aggrap-

pate alla rete di recinzione passavano ore adosservare le manovre aeree sognando di poter essistessi diventare piloti o motoristi. Il sogno di potervolare, si andava così diffondendo tra le aspirazionidi bambini e ragazzi figli di quei padri che avevanopartecipato alla “Grande Guerra”, stesi nel fango edal freddo delle trincee del nord Italia ai quali arri-

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vavano, come in un sognante racconto, le impresedell’eroe dell’aria Francesco Baracca, uno dei primiuomini italiani che avevano realizzato l’anticosogno di poter volare sollevandosi da terra, ucciso,in una azione bellica, durante il primo conflittomondiale. Ancora una volta il volo, questa voltacome sogno di eroismi patriottici.

Il grande desiderio di molti ra-gazzi, indipendentemente dal loroceto sociale, diventò allora quellodi poter frequentare l’AccademiaAeronautica e il sogno anticoquanto la storia dell’uomo delpoter volare solcando il cielo con leali divenne, comunque e pur-troppo, un nuovo strumento diguerra quando i primi aerei dellaRegia Aeronautica furono utilizzatidurante la “Campagna d’Etiopia”del 1935 e, successivamente, sianelle operazioni aeree in contrastocontro la guerriglia etiopica, chenel Secondo conflitto mondiale. Ecosì, il sogno di volare si concretòin uso bellico, seminando mortetra guerriglieri, truppe nemiche e,purtroppo, anche civili inermi.

Per tornare al primo volo nel cielo di Roma di quellontano aprile del 1909, mi piace concludere questa

storia con una citazione di Leonardo da Vinci, per ilquale il sogno di volare si è tradotto in schizzi e di-segni capaci di immaginare “uomini volanti” e “mac-chine di volo” che ci stupiscono ancora dopo secoli.La citazione è la seguente: “Quando cammineretesulla terra dopo aver volato, guarderete il cielo perchélà siete stati e là vorrete tornare.” (Leonardo da Vinci).

Sitografia, Bibliografia e foto d’epoca:•AM ufficio storico, www.aeronauticadifesa.it,www.storiologia/aviazione.html

•Fondo “Africa orientale italiana 1935-1938”, •EcoMuseo Casilino

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INFERNO, PURGATORIO E PARADISO:LE CANTICHE PROPOSTE DALLOSTRAORDINARIO VIAGGIO DANTESCONELL' OLTRETOMBA.

L'opera immortale del nostro sommo poeta, 100canti di altissima, assoluta poesia, è divisa in treCantiche: Inferno, Purgatorio, Paradiso. La Commedia di Dante Alighieri, una tra le più alteespressioni della letteratura mondiale di tutti i tempi,narra, il simbolico viaggio fatto dall’uomo Dante neiregni dell’al di là per salvare la propria anima. Soste-nuto durante il passaggio dall’inferno al purgatorioda Virgilio, che rappresenta la ragione umana, e nelparadiso da Beatrice, simbolo della fede, Dante com-pie questo viaggio dopo essersi smarrito nella “selvaoscura” del peccato. Scendendo all’ Inferno e risa-lendo fino alla Beatitudine, il poeta compie una verae propria purificazione nel corpo e nello spirito. Il primo a definire “divina” la Commedia di Dantefu Boccaccio. Titolo che, per la prima volta apparvein una edizione del 1555 e da allora in poi fu accet-tato da tutti e consacrato dall'uso. Nella discussaEpistola a Cangrande della Scala, al quale dedica ilParadiso, Dante spiega che lo scopo esplicito del-l'opera è di sollevare l'umanità dallo stato di miseriain cui versa. Per assolvere a questo compito: unasorta di missione di cui si sente investito, il Poetaparte dalla condizione del peccatore che con l'aiutodella ragione riuscirà, infine, alla “traslazione” di sée dell’ umanità dallo stato di miseria alla felicità,alla verità e alla salvezza.

L'UOMO VIANDANTE DELL'ESISTENZAUn percorso che potrebbe rivelarsi accidentale e ac-cidentato è, invece, segnato dalle tappe di una pro-gressiva esperienza che scolpisce il carattere e

di Giancarlo Giulio Martini

A 700 annidalla morte,omaggio a

Dante Alighieri

definisce la visione del mondo del viandante. È ne-cessario che questo cammino non venga abbando-nato al capriccio del caso ma, affinché possaacquisire un senso e il giusto fine, deve essere go-vernato con la bussola della ragione. Si tratta di pre-figurare un traguardo, una stazione di arrivo sicchéil viandante si trasformi in viaggiatore. La meta è, ap-punto, la ricerca del significato (la conoscenza) per-seguita con tenacia e con illuminata condotta. Ilcammino dell'esperienza lungo il sentiero dell'esi-stenza è faticoso e non privo di incertezze e rischi. Ilsentiero è tortuoso e disseminato di deviazioni e sboc-chi ciechi che rallentano l'andatura quando, addirit-tura, non allontanano definitivamente dalla stradamaestra. Almeno all'inizio di ogni impresa (Scuola-lavoro-sport) è necessaria una guida sicura che sug-gerisca un traguardo (di conoscenza) capace di dareun senso alla fatica e che, al contempo, si impegni arinvigorire la tempra del viandante con la rivelazionee l'esercizio di quei valori intellettuali ed etici (ele-menti di virtute) fonti primarie di energia per il com-pimento del viaggio di una esistenza consapevole.Virtute e conoscenza: fondamenta e pilastri necessarisu cui costruire l'edificio dell'uomo totale.

“CONSIDERATE LA VOSTRA SEMENZA:FATTI NON FOSTE A VIVER COME BRUTI,MA PER SEGUIR VIRTUTE E CANOSCENZA”1

È questa la sintesi del profondo pensiero di Dante, ilquale considerava la ricerca e il conseguimento dellevirtù e della conoscenza, cioè, del sapere trascen-dente, la vera ragione dell'esistenza umana. È il ver-setto 118 del canto XXVI dell’Inferno (8ª Bolgia ovestanno penando i consiglieri fraudolenti, fasciati dauna fiamma che non li lascia vedere all’altruisguardo…) e fa parte del discorso che Ulisse rivolgeai suoi compagni per spronarli a continuare il loroviaggio oltre le colonne d’Ercole, confine ultimo del

“La poesia abitamisteriosamente

nelle parole, come l’anima

dentro il corpo e, vola e va,

con la musica chela rende sublime.”

Raul Aceves (1951)

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mondo allora conosciuto. Ulisse chiede ai propri com-pagni di pensare alla propria origine: “non siete staticreati per vivere come animali selvatici, ma per seguirela virtù e la conoscenza.” Ulisse è l’astuto ingannatoreche ha ideato il trucco del cavallo di Troia, ma non èsolo l’inganno perpetrato che condanna l’eroe acheo,la sua colpa è anche quella di aver voluto oltrepassarei limiti imposti alla natura umana, in questo caso, me-taforicamente rappresentati dalle colonne d’Ercole.Nel canto dantesco, però, Ulisse incarna anche la fi-gura positiva dell’uomo che dedica la propria esi-stenza alla conoscenza. Dante quindi usa il terminebruti per dire che l’essere umano è fatto per pensaree per conoscere, per leggere e apprendere, e non perusare la violenza, non per essere vittima dell’istintoe, quindi, irrazionale. Per affermarsi, è necesssariooltre che far leva sul proprio talento, saper ascoltareed attingere ai saperi consolidati e dai Saggi.Virtute e conoscenza come trasmissione di espe-rienze, come dono generoso e gratuito di un magi-stero responsabile e motivato, come trasfusione disaperi e di saggezza. Come accettazione della cono-

scenza di coloro che han maturato esperienze sulcampo. Il viaggio-odissea dell'uomo inizia dallesponde delle prime esperienze scolastiche. Il Mae-stro: Nocchiere deve governare il timone con manoferma. La navigazione non sarà facile: tempeste, se-duzioni, gorghi, bonacce non potranno in alcun casocostituire giustificazione all'insuccesso e la ciurmadovrà essere accompagnata illesa e vigorosa a “li ri-guardi” oltre i quali la navigazione sarà proseguitada ciascuno a propria scelta lungo la rotta ritenutapiù idonea e favorevole per quel percorso esisten-ziale che è nel contempo navigazione e approdo. La “virtute” è la virtù; è ogni buona qualità, ogni ca-ratteristica positiva dell’essere umano. Tra le tante, la riconoscenza. Prepotente e determi-nante, secondo gli storici del Risorgimento, è statol’influsso esercitato dalla cultura di Dante sulla poe-sia e sul canto popolare e, quindi, per il risvegliodella coscienza risorgimentale.

1. CANOSCENZA: testualmente scritta con la (a) da Dante; nonè parola nuova e significa conoscenza.

Stabilire con esattezza l’anno in cui Dante ha comin-ciato la stesura della Commedia non è ancora statopossibile e, per questo, dobbiamo fare riferimento aquanto si conosce della sua vita e agli elementi in-terni alla sua opera. Sicuramente da respingere latesi secondo cui:a) che Dante abbia cominciato a scrivere il poema

in onore a Beatrice prima dell’esilio per poi con-cluderlo, dopo la condanna, a partire dal 1306;

b) che la Commedia sia stata iniziata dopo la mortedi Arrigo VII nel 1313.

Tra le due date ritenute oggi più probabili, il 1304 e il1306/7, quest’ultima appare essere la più convincentedal momento che tra il 1304 e il 1306 Dante era presodal De vulgari eloquentia e dal Convivio), opere poi in-terrotte quando si è dedicato alla Commedia. Da alcuni riferimenti storici interni alla prima Can-tica, è probabile che l’Inferno sia stato scritto entroil 1309, mentre da altre notizie storiche contenutenella seconda possiamo supporre che il Purgatoriosia stato terminato tra il 1313 e il 1314. Nel 1316,Dante dedica a Cangrande della Scala il primo cantodel Paradiso la cui stesura lo impegnerà sino agliultimi anni della vita.STRUTTURA GENERALE DELL’OPERALa Commedia è suddivisa in tre Cantiche: l’Inferno,il Purgatorio e il Paradiso. Ogni Cantica, ad ecce-zione della prima che ne ha 34, è composta da 33

canti, così che il poema risulta formato complessi-vamente da 100 canti.DURATA DEL VIAGGIO Dante racconta di aver percorso i tre regni dell’oltre-tomba durante l’equinozio di Primavera, a partiredalla notte tra il 7 e l’8 aprile del 1300, l’anno delprimo Giubileo indetto da Papa Bonifacio VIII, e diaverlo portato a termine alla mezzanotte del giorno14 dello stesso mese. Al poeta sono occorsi: un giornoe una notte per attraversare la “selva oscura”; ungiorno e una notte per percorrere l’Inferno; una nottee un giorno per risalire dal centro della terra, nellaspiaggia del Purgatorio; tre notti, tre giorni ed un’al-tra metà di giorno per risalire la montagna del se-condo regno e 24 ore per visitare i Cieli del Paradiso.DANTE ALIGHIERI nacque a Firenze nel maggio del1265. Proveniva da una famiglia della piccola nobiltàguelfa fiorentina, di limitate risorse economiche, mapoté ugualmente attendere a regolari studi e frequen-tare gli ambienti colti della sua città. Partecipò attiva-mente alla vita politica fiorentina fino a entrare a farparte dei Priori, la massima carica del governo dellacittà. Guelfo bianco, sostenne strenuamente contro iGuelfi neri l'indipendenza del Comune dalle ingerenzedel Pontefice. Per la sconfitta della sua parte politicavisse in esilio dal 1302 alla morte, avvenuta a Ravennail 14 settembre 1321 (a 56 anni e 4 mesi), coltivandosempre la vana speranza di rientrare in Patria.

STRUTTURA DELLA DIVINA COMMEDIA IN BREVE

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Michele Montagano, 99anni, è l’unico testimoneancora vivente che può

raccontare ciò che accadde il 24febbraio 1945 quando gli ufficialidel Regio Esercito, prigionieri deinazisti, si ribellarono. Il tenenteMichele Montagano era un gio-vane ufficiale che, dopo l’armisti-zio dell’8 settembre 1943, sirifiutò, così come altri 650milamilitari italiani, di collaborarecon nazionalsocialisti e fascisti.Per questo venne fatto prigionieronei lager tedeschi. Patì la fame, leangherie, i soprusi, ma è soprav-vissuto e per tutti questi anni hapotuto raccontare la sua storia equella degli IMI, gli internati mi-litari italiani, che non aderironoalla Repubblica Sociale Italianae per questo furono impiegati co-attivamente in lavori pesanti neicampi di concentramento tede-schi e polacchi. “In mille occasioni ho raccontatola mia storia che rimane ancoraviva nella mia vita, così come sumigliaia di altri miei compagniche, come me, hanno condivisoun destino dietro il filo spinato,sottoposti a violenze e umilia-zioni e affrontando momenti dif-ficili e molto duri per aver dettoNO alla collaborazione con il na-zifascismo - racconta Montagano,che oggi è Presidente anzianodell’Anrp -. Ogni volta che rendola mia testimonianza, ci tengo asottolineare che, pur essendo dif-ficile perdonare, sono riuscito apassare attraverso il tragico

mondo concentrazionario senzaodiare nessuno, neppure i nazi-sti, anche se loro, per quasi ventilunghi mesi, hanno cancellato dalconsorzio umano il nome del te-nente Michele Montagano, sosti-tuendolo con il numero 27539come IMI e con il numero 370come politico Kz”.I tedeschi, infatti, non considera-rono i soldati italiani catturatidopo l’8 settembre 1943 qualiprigionieri di guerra, ma, con di-sposizione unilaterale, voluta daHitler e accettata da Mussolini, acapo del governo della Repub-blica Sociale Italiana appena co-stituita, li classificarono come“internati militari”, categoriaignorata dalla Convenzione di Gi-nevra. Vennero così privati quasi deltutto dell’aiuto della Croce RossaInternazionale. In questo conte-sto gli IMI furono condotti in di-verse zone del Reich: inGermania, Austria, Polonia e Ce-

coslovacchia. I lager erano con-trassegnati da un numero ro-mano che indicava lacircoscrizione militare e da unalettera dell’alfabeto che ne stabi-liva il numero progressivo all’in-terno di ciascun distretto. Imilitari di truppa e i sottufficialivennero rinchiusi negli Stammla-ger (detti Stalag), per essere adi-biti al lavoro coatto nelle miniere,nelle fabbriche e nelle campagnesopperendo all’esigenza di manod’opera dell’economia tedesca.Chi si rifiutava di lavorare era de-stinato ai campi di punizione(Straflager), spesso dipendentidai campi di sterminio dove lepossibilità di sopravvivenzaerano minime. I circa 30.000 ufficiali del RegioEsercito vennero collocati negliOffizierlager (detti Oflag) o inblocchi separati dagli Stalag,dove non erano obbligati a lavo-rare, ma furono sottoposti a con-tinue pressioni per convincerli a

ATTIVITÀ ASSOCIATIVA

La ricorrenza.24 febbraio 1945:

i 44 eroi di Unterlüss sfidano i nazistidi Vincenzo Grienti

Michele Montagano

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ritornare con gli ex alleati. Lamaggior parte di loro, nonostantele crescenti e drammatiche diffi-coltà in cui si trovarono, non sipiegò. Arrivati nei lager, ciò cheattendeva gli IMI erano il bagno,la disinfestazione, le vaccinazionie la schedatura. Veniva quindi as-segnato a ciascuno un numero alquale dovevano imparare a ri-spondere in tedesco negli inter-minabili appelli quotidiani. Laloro dimora, di norma, eranodelle baracche in legno e mattoni,costruite dai prigionieri rastrel-lati in Europa dopo l’invasionedella Polonia nel 1939. Tra le testimonianze delle lorocondizioni di vita c’è una serie difotografie, circa 400, scattate dal-l’ufficiale Vittorio Vialli, inter-nato nei campi di Luckenwalde,Benjaminowo, Sandbostel e Fal-lingbostel, il quale, con l’aiuto deicompagni, riuscì a nascondereuna piccola Leica sequestrata,poi sostituita alla zeiss SuperIkonta. Oggi è possibile ripercor-rere questa storia attraverso la vi-sita al “Museo vite di IMI”.Il momento più drammatico dellastoria degli IMI resta comunque

l’atto di trasformazione degli In-ternati militari italiani in “lavora-tori civili” avvenuta nell’agostodel 1944, a seguito di un accordosiglato tra Hitler e Mussolini il 20luglio. Questo passaggio in realtànon migliorò molto le loro condi-zioni di vita, ma ne rese più effi-ciente lo sfruttamento in unmomento in cui i tedeschi ave-vano una crescente necessità dimano d’opera coatta. A partire dal dicembre 1944 lacoercizione lavorativa riguardòanche gli ufficiali, tranne i gene-rali, i cappellani, i medici, i ma-lati e gli ultrasessantenni,violando qualsiasi norma di di-ritto internazionale. Eppure, uo-mini come Michele Montagano sirifiutarono. Il caso forse più em-blematico è proprio quello cheavvenne nel lager di Wietzendorf,rimasto nella storia come ilgiorno dei “44 eroi di Unterlüss”fu quando 214 ufficiali si rifiuta-rono di lavorare, rimasero nellebaracche e per alcuni giorni nonsi presentarono agli appelli quo-tidiani. Le SS, sopraggiunte sulposto, ne richiamarono 21 fuoridai ranghi per avviarli alla fucila-

zione. Fu allora che 35 volontarisi offrirono per sostituire i con-dannati, ma 9 non vollero appro-fittare di tanta generosità. In 44, dopo la commutazionedella pena in carcere, furono av-viati nello Strafflager di Unter-lüss, in Germania, campo dilavoro e sterminio dove le possi-bilità di sopravvivenza erano mi-nime. Tra quei coraggiosiufficiali, che con il loro gesto sierano voluti richiamare ai valoridel Risorgimento, sentendosiemuli dei “martiri del Belfiore”,vi era Michele Montagano, chevide morire alcuni dei suoi com-pagni e che, come lui stesso ri-corda, si salvò solo grazie alrepentino arrivo degli Alleati.

Tra i libri che raccontanostorie come quella di Mi-chele Montagano c’è Gli eroidi Unterlüss: La storia dei 44ufficiali IMI che sfidarono inazisti (Mursia, 2019) di An-drea Parodi che ripercorrequesto episodio poco cono-sciuto.

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Solidarietàe impegnodell’ANRP

Esperienze come quella di un ve-terano come Michele Montaganosono da ricordare: “I nostri reducidalla prigionia ci hanno infatti in-segnato a vivere ogni epoca noncome tempo di smarrimento, macome tempo prezioso per la ri-cerca, lo studio, lo sviluppo deitemi del dialogo e della pace tra lepersone e i popoli. La formazione e la scuola sono alcentro dell’impegno sociale diun’associazione che, comel’ANRP, è impegnata sul fronte delrecupero della storia e della me-moria. “In un momento così cri-tico del nostro Paese, immersonelle problematiche legate alCovid 19 e alle pesanti ripercus-sioni sul tessuto economico e so-ciale, in particolare della scuola,è sempre più importante attivareiniziative solidali, atte a trovarepronte soluzioni e a soddisfare inmodo costruttivo urgenze contin-genti” dice Enzo Orlanducci, Pre-sidente dell’Associazione. Daquesti presupposti è nata un’ini-ziativa dell’ente morale che daanni si occupa di recuperare epreservare la memoria dei prigio-nieri di guerra e degli Internatimilitari italiani: donare all’IstitutoComprensivo Simonetta Salacone,plesso Carlo Pisacane di viaAcqua Bullicante di Tor Pignat-tara, a Roma, sei computer, com-presi di tastiere e mouse, peressere messi a disposizione dellascuola e della didattica. L’ANRP,dopo aver appreso la notizia del-l’ennesimo furto con scasso su-bito dall’Istituto, che ha visto trail 7 e l’8 febbraio saccheggiato ditutti i computer il laboratorio diinformatica, si è subito attivata

per far sì che gli studenti potes-sero continuare a seguire al me-glio le lezioni online. “L’accesso all’informatica oggi è

più che mai importante per la for-

mazione a distanza e l’educazionedigitale e per questo siamo parti-colarmente orgogliosi – aggiungeOrlanducci – di aver potuto dareil nostro contributo in questo mo-mento difficile della scuola”.Negli ultimi mesi, da quando èscoppiata l’emergenza sanita-ria, l’ANRP è stata molto attivasia sul fronte culturale che so-ciale, avviando tutta una seriedi iniziative rivolte a quanti si

trovano in difficoltà.A fine gennaio, poi, in occasionedella Giornata della Memoria, hapreso il via l’iniziativa della vi-sita virtuale proprio al MuseoVite di IMI.https://www.youtube.com/embed/bH-VFtNUT6U“Fare cultura attraverso la comu-

nicazione è uno degli obiettividella nostra Associazione – ag-giunge Orlanducci -. Siamo impe-gnati da sempre sul fronte dellastoria e della memoria, ma guar-diamo al futuro, ai nuovi mediacome internet e i social network,che possono rappresentare un’op-portunità proprio in questo annoin cui l’Italia è stata colpita dallapandemia. I nostri reduci dallaprigionia ci hanno infatti inse-gnato a vivere ogni epoca noncome tempo di smarrimento, macome tempo prezioso per la ri-cerca, lo studio, lo sviluppo deitemi del dialogo e della pace tra lepersone e i popoli. Occorre ripar-tire dalla Scuola e dall’educazione– conclude Orlanducci –. Per taleragione ci siamo subito mossi afavore dell’Istituto comprensivoSimonetta Salacone”.I Pc sono stati consegnati allaprofessoressa Elena Rufini, inrappresentanza della Scuola, daidirigenti dell’ANRP Paolo Masinie Rosina zucco (nella foto).

Tra le numerose iniziative chein questi mesi ha messo incampo l’ANRP per parlare ai gio-vani anche un profilo Instagramin cui si ripercorre giorno pergiorno la storia attraverso la ru-brica “Accadde Oggi”. Un ulte-riore strumento di condivisionetra generazioni.

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Al via il ProgettoFototeca analogica/digitale dell’ANRP

Tra i 21 progetti meritevoli di fi-nanziamento dalla RegioneLazio, sui 105 presentati per pro-muovere la salvaguardia dellamemoria nel nostro Paese ed inparticolare per la costruzione diun archivio della memoria sto-rica del Lazio, è risultato al sestoposto quello presentato dal-l’ANRP dal titolo “Fototeca analo-gica/digitale dell’ANRP”.

L’Associazione, con detto finan-ziamento, intende avviare i la-vori di fotoriproduzione edigitalizzazione delle fotografiefacenti parte della straordinariaraccolta costituita da circa10.000 foto ricordo, cartoline, ré-portages di cerimonie ufficiali,foto d’autore, album di famigliaprovenienti dalle sedi periferi-che e dai soci durante un arcocronologico che va dal 1949 aigiorni nostri, nonché valorizzare

un primo nucleo di immagini re-lative al Lazio. Partner del nostro progetto è ilGruppo Asperger Lazio, un’Asso-ciazione di volontariato cheopera dal 2005 per promuoveree sostenere iniziative volte a mi-gliorare le condizioni di vita dipersone nello spettro autistico. La finalità generale del progettoè di contribuire alla formazione

di una “memoria collettiva” incui il ricordo degli eventi e deifatti salienti della storia di un so-dalizio come l’ANRP e nellostesso tempo anche del nostroPaese, sia coniugato con l’impe-

gno per una comprensione piùricca e meno superficiale del no-stro comune passato prossimo.Gli obiettivi specifici rispondonoal crescente interesse per la sto-ria dei Veterani, del loro contri-buto alla ricostruzione del Paesee al suo sviluppo democratico,con un nuovo strumento cherenda consultabili, anche da re-moto, le fotografie ordinate, ca-

talogate e digitalizzate. La progressiva digitalizzazione ecatalogazione della raccolta im-plicherà la sua attualizzazione e,al contempo, la sua storicizza-zione, in quanto le fotografiesono da considerate sia come og-getti autonomi sia come sup-porto di informazioni visiveall'interno della vita associativae non solo, permettendo, nellaloro mediazione, ampie e attivecontestualizzazioni.

AssociazioneNazionaleReduci dallaPrigioniadall’Internamentodalla Guerra di Liberazionee loro familiariEnte Morale DPR 30-5-1949

di Gisella Bonifazi

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Da alcuni anni l’ANRP diVeglie Sezione “LibertarioRollo” pone l’attenzione

sulla tragedia del piroscafo ORIAavvenuto la sera del 12 febbraiodel 1944, presso l’isola di Patro-klos, nel mare Egeo.Questo evento è collegato all’ar-mistizio dell’8 settembre 1943 tral’Italia e le forze alleate. A seguitodell’armistizio il Re e tutto lo statomaggiore trovarono riparo sotto

l’ombrello alleato a Brindisi la-sciando le truppe presenti suivari fronti, in balia delle sover-chianti forze che da “amici” eranodiventati i più agguerriti nemici. Gli esiti di questi eventi sono bennoti: fucilazioni, fosse comuni, in-ternamento. Il naufragio del-l’ORIA avviene in questo contesto.I soldati italiani, incorporati nelcorpo d’armata del fronte grecoche non aderirono alle lusinghenazi-fasciste di abiurare al giura-mento, furono radunati a Rodi peressere trasportati con ogni mezzopossibile in Germania.

L’11 febbraio 1944, così come ri-portato su un documento del “Mi-nistero della Difesa – MarinaUfficio Assenti e Reduci” datato22 gennaio 1948 a firma del Ca-pitano di Fregata Francesco DeRosa De Leo “il piroscafo partì daRodi nelle ore pomeridiane, dopoaver imbarcato 4115 prigionieri eprecisamente 43 ufficiali, 188 sot-tufficiali e 3885 graduati e mili-tari di truppa delle tre forze

armate per la massima parte ap-partenenti all’esercito…” “Dei4115 militari italiani imbarcatisul piroscafo ne furono salvaticirca venti ma è stato possibile co-noscere i nominativi di solo 8 su-perstiti che hanno rilasciatoregolare deposizione. Alcuni cada-veri raccolti sulla prospicentespiaggia, sarebbero stati sepoltinella baia di Caraca, mentre laquasi totalità del personale imbar-cato, essendo rinchiuso nelle stive,è da ritenersi sepolto nella navenaufragata e affondata.”1

Tra i militari sepolti in quel fondale

c’erano quattro cittadini Vegliesi:Rollo Libertario, Mangia Angelo,zimmari Santo, Ruberti Oronzo.Purtroppo questa non è statal’unica tragedia consumata nel Me-diterraneo, anche se sicuramente èla più eclatante. Si stima che infondo al mare giacciono i corpi dicirca 17.000 soldati italiani, tra cuianche quelli delle tragedie relativealla Donizetti e al Petrella.Pensando a queste vicende, ciòche le rende ancor più inaccetta-bili è che sono rimaste chiuse nelcassetto per oltre cinquant’anni.Solo per cause fortuite o per inte-ressamento di alcuni familiaridelle vittime, negli ultimi annisono state portate a conoscenza ditutti i cittadini grazie ai giornali,alle tv e si social. Ora molte fami-glie possono finalmente conoscerela verità sul triste destino dei pro-pri cari, periti in guerra e non piùsemplicemente solo dispersi.L’ANRP sezione di Veglie ritienefondamentale e necessario mante-nere viva la memoria di questi eroiche hanno preferito affrontare unoscuro destino piuttosto che abban-donarsi alle lusinghe nazi-fasciste.Per queste ragioni, domenica 14febbraio 2021 Presso la ChiesaMadre “SS. Giovanni Battista eIrene” è stata celebrata unaMessa di suffragio per i CadutiVegliesi in questa tragedia.

ATTIVITÀ ASSOCIATIVA

Veglie:commemora i dispersi

della tragedia del Piroscafo Oria12 febbraio 1944

di Raffaele Cucurachi

1. Stralci ripresi dal documento riportatinella sezione “documentazione” del vo-lume “Avvenimenti in Egeo dopo l’armisti-zio” Ufficio Storico della Marina Militare.

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“La Repubblica Italiana è in luttoper questi servitori dello Stato che

hanno perso la vita nell’adempimentodei loro doveri professionali in

Repubblica Democratica del Congo.”

Vittorio IacovacciLuca Attanasio

“La Repubblica Italiana è in luttoper questi servitori dello Stato che

hanno perso la vita nell’adempimentodei loro doveri professionali in

Repubblica Democratica del Congo.”

Sergio MattarellaSergio Mattarella

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di ricostruire il passato senzacondizionamenti e/o censure.

Nella sua ormai lunga storia, l’ANRP ha volutoaffrontare detta sfida sempre piùpreparata, sostenuta dal maggiornumero possibile di associati, ca-ratterizzandosi quale luogo distudi, documentazione e ricercastorico-memorialistica, con l’in-

tento di rendere attuale il passato, per af-frontare, plurale e vigile, il futuro.È possibile sottoscrivere o rinnovare lapropria iscrizione tramite la proceduraonline al link: https://www.anrp.it

È partita ufficialmente la Cam-pagna di Tesseramento all’ANRPper l’anno 2021! Sin da ora sarà possibilesottoscrivere o rinnovare l’adesioneall’Associazione, in qualità di SocioOrdinario, versando la quota sociale. Diventare socio dell’ANRP signi-fica condividerne gli obiettivi,prendere parte alle iniziative e alleattività promosse dall’Associazione, non-ché sostenere i progetti che vengono rea-lizzati nella quotidianità. Progetti tesi acoinvolgere tutti nella raccolta delle espe-rienze e delle testimonianze, con lo scopo

L’ANRP: da custodidelle memorie a

costruttori di storia

2021

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