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Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia dall’ Internamento dalla Guerra di Liberazione e loro familiari n. 1-2 Gennaio-Febbraio 2020 Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale -D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DCB ROMA rassegna mensile informativo-culturale della anrp 27 Gennaio

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SOMMARIO

ANRP - LIBERISede Legale e Direzione00184 Roma - Via Labicana, 15/aTel. 06.70.04.253 · Fax 06.77.255.542internet: www.anrp.ite-mail: [email protected]

Presidente NazionaleEnzo Orlanducci

Direttore ResponsabileSalvatore Chiriatti

Redattore CapoRosina Zucco

RedazioneBarbara BechelloniGisella BonifaziFabio Russo

Registrazione- Tribunale di Roma n. 17530 - 31 gennaio 1979- Registro Nazionale della Stampan. 6195 - 17 febbraio 1998

Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003(conv. in L. 27-02-04 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilitàdell’Autore. Tutti gli articoli e i testi di “Liberi” pos-sono essere, citandone la fonte, ripresi e pubblicati.

Ai sensi della normativa vigente in materia di pro-tezione dei dati l’ANRP garantisce la massima tu-tela e riservatezza dei dati personali forniti egarantisce il diritto degli interessati di esercitare inogni momento i propri diritti quali rettifica, cancel-lazione etc. scrivendo a [email protected]

GraficaStefano Novelli

StampaBottega Grafica srlsViale Parioli, 54 - 00197 Roma

Dato alle stampe il 25 febbraio 2020

Un target mirato di 8.000 lettori

n. 1-2 Gennaio-Febbraio 2020

Editorialedi Enzo Orlanducci

“Giorno della Memoria” al Quirinaledi Fabio Russo

Una settimana per la Memoria:arte, letteratura, musica e teatrodi Rosina Zucco

“Giorno del Ricordo”Contro le ideologie e il totalitarismodi Camilla Iafrate

L’Ambasciatore della R.F.G. in visitaal Museo “Vite di IMI”

Una riflessione geopolitica sul MedioOriente, oggidi Potito Genova

Il Ministro della Difesa incontra irappresentanti delle associazionicombattentistiche

Incontro con gli Autori· Un libro completo sulla storia degli Imi· L’Italia tra le grandi potenze

Il Commissario nell’inferno diWietzendorfdi Mario Avagliano

I Marittimi italiani internati negliStati Uniti, 1941-1945di Flavio Giovanni Conti

Marianna De Crescenzo detta“La Sangiovannara” e le altredi AnnaMaria Calore

“La vecchiaia sostenibile”di Luciana Chichiarelli

· Barbianello: Franco Del Vecchio è Commendatore· Questa guerra tanto rovinosa per tutto il mondo

a cura di Gisella Bonifazi

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EDITORIALEdi Enzo Orlanducci

Il 20 Aprile 2020, a Roma, la nostra Associazione terrà il XXIX Congresso Nazionale. Il tema scelto: “ANRP:da custodi delle memorie a costruttori di storia”. Questo è sempre un momento atteso dall’intera compagine associativa che, a oltre settanta anni dal suo ri-conoscimento, continua a perseguire nuove mete.L’Associazione, oggi, si trova dinanzi al progressivo e inevitabile esaurimento della categoria dei reduci daitragici conflitti del Novecento. Sorge quindi spontanea la domanda se sia ancora attuale o ormai anacronisticanel XXI secolo la sua esistenza. L’ANRP, ad onor del vero, in particolare negli ultimi lustri, ha visto più che mai l’evolversi di ogni sua inizia-tiva di interesse collettivo, atta a coordinare e sostenere coerenti azioni di promozione sociale, culturale, sto-rica e patriottica, con modalità ed interventi rivolti al coinvolgimento delle nuove generazioni. Proprio con queste finalità è stato concepito il tema del XXIX Congresso, affinché vengano poste in essere econ nuove energie iniziative intese a potenziare lo studio, la raccolta e la valorizzazione documentale delgrande contributo dato dai prigionieri di guerra, dagli internati e dai partecipanti alla lotta di Liberazione,alla configurazione dell’attuale società civile, sia nazionale che internazionale per l’affermazione degli idealiperenni di libertà, di democrazia, di pace, di solidarietà, di uguaglianza e di giustizia. A riprova dell’attualità e dell’efficacia del nostro impegno è anche il susseguirsi di “testimonianze” di per-sonaggi, famosi e non, sul ricordo dei loro padri. Iva zanicchi, per esempio, ha svelato sul suo papà unaverità mai raccontata: “Io quando ero piccola non mi ricordavo del mio papà perché lui è stato fatto prigionieroin Germania ed è stato via per più di due anni. Era in un cosiddetto campo di lavoro; successivamente ci ha con-fessato che in realtà era di sterminio. Sono tornati in pochissimi. Il giorno in cui è tornato a casa lo abbiamotutti aspettato in piazzetta. Io vedo questo uomo orribile, altro 1.80 e pesava 38 kg gli occhi scavati in due fossebuie, la barba…faceva paura. Io sono scappata in casa e piangevo”.Ezio Greggio, nome di punta di Mediaset, ha rinunciato alla cittadinanza del suo paese di nascita che giorniprima l’aveva negata a Liliana Segre dichiarando: “Non è una scelta contro nessuno, ma una scelta anche percoerenza e rispetto a quelli che sono i miei valori, la storia della mia famiglia e a mio padre che ha trascorso di-versi anni nei campi di concentramento”. Nereo Greggio, scomparso nel gennaio del 2018 a 95 anni, è statospesso ricordato pubblicamente dal presentatore: “Soldato in Grecia durante la Seconda guerra mondiale, sirifiutò di tornare in Italia per combattere contro i partigiani, tra i quali c’erano i suoi parenti. E fu internato peroltre due anni in un campo di concentramento in Germania”. Il conduttore salutava il padre alla fine di ognipuntata di Striscia chiamandolo “Nereus”. Il rocker Vasco Rossi ha scritto: “Mi chiamo Vasco, come un compagno di prigionia di mio padre, che lo avevaaiutato ad uscire da una buca in campo di concentramento durante il bombardamento finale”. Dopo l’8 settem-bre, Giovanni Carlo Rossi era stato preso prigioniero dai tedeschi all’isola d’Elba e portato in Germania, aDortmund, in un campo di lavori forzati, dove si è fatto quasi due anni. “Mi raccontava che nel campo di con-centramento morivano di fatica e non gli davano da mangiare, sopravviveva con delle bucce di patate. Avevascritto un diario, che mia madre ricopiava, nel quale raccontava delle scene pazzesche a cui aveva assistito. Gliamici pestati a sangue e morti davanti a lui”. Per diventare “da custodi delle memorie a costruttori di storia”, diamo appuntamento ai delegati al XXIXCongresso Nazionale. Sarà un momento di confronto per continuare a lavorare tutti insieme con una rinno-vata e grande compagine organizzativa all’altezza delle sfide che si hanno di fronte. Lo faremo di certo uni-tariamente, perché questo è nel DNA dell’ANRP: un gruppo dirigente che sappia stare insieme in quanto,“l’unità è la forza”. Da parte nostra auguriamo alla ANRP nuove fortune!

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Anche quest’anno la mattina del 27 gennaiosi è svolta al Palazzo del Quirinale, alla pre-senza del Presidente della Repubblica Ser-

gio Mattarella, la celebrazione del “Giorno dellaMemoria”. Molti i personaggi della politica pre-senti, tra cui il Presidente del Senato, Maria Elisa-betta Alberti Casellati, il Presidente della Cameradei Deputati, Roberto Fico, la Presidente della CorteCostituzionale, Marta Cartabia, il Presidente delConsiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, nonchéesponenti delle Comunità ebraiche, delle associa-zioni degli ex internati e deportati. Alla cerimoniaè stata invitata un’ampia rappresentanza del-l’ANRP, tra cui il presidente Enzo Orlanducci e ilpresidente vicario deportato nel Kz di UnterlüssMichele Montagano.La manifestazione, condotta dalla giornalista Stefa-nia Battistini, è stata aperta dalla proiezione di unfilmato dal titolo “Shoah: figli del dopo”, realizzato

“Giorno dellaMemoria”

al Quirinale

da RaiStoria, e dall’intervento dello psichiatra, Al-berto Sonnino. Partendo dal contenuto del filmato,è stato da lui introdotto il tema scelto quest’anno:il problema del retaggio psicologico che certe tra-giche situazioni hanno lasciato sui figli e sui fami-liari di chi visse l’orrore del lager. Ricordi dolorosiregistrati nell’inconscio, anche se spesso soggettialla rimozione, ma riaffioranti in comportamenti ein gesti trasmessi alle generazioni successive chene rivivono indirettamente le conseguenze.A questo proposito, da due diversi punti di vista, Ro-

sanna Bauer e FedericaWallbrecher hanno por-tato la loro testimonianzacome figlie di vittime e dicarnefici. Momenti di in-tensa commozione sug-gellati dalla loro stretta dimano, simbolica ricompo-sizione di un delicatoequilibrio, di una confor-tante riconciliazione.Nel corso della cerimoniala musicista Ludovica Va-lori ha eseguito i branimusicali “A zemer”, “OyfnPripetchik” e “hava Na-gila”. L’attrice ValentinaBellè ha letto una poesiadi Anna Segre e alcunibrani del testo di helgaSchneider.Alcuni studenti, che

hanno partecipato al Concorso “I giovani ricordanola Shoah”, hanno raccontato la loro esperienza.A conclusione della cerimonia, il discorso del Pre-sidente Mattarella di cui riportiamo alcuni stralci.Significativo l’accenno alla storia dei 650mila In-ternati Militari Italiani, sottolineato da un sentito

di Fabio Russo

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applauso “fuori programma” di tutto il pubblico.“Rivolgo un pensiero riconoscente” ha detto Matta-rella “alla memoria tutti i militari italiani deportatinei lager nazisti, per il loro netto e coraggioso ri-fiuto di servire, dopo l’8 settembre, gli aguzzini di

hitler”. Un ricordo commosso anche a Alberto Sed,Piero terracina e Franco Schoenheit, recentementescomparsi. “Il loro ricordo, il ricordo delle soffe-renze indicibili patite da una moltitudine di per-sone, impegna, ancor di più, a tramandare lamemoria della Shoah; e a riflettere sulle sue originie sulle sue devastanti conseguenze”. Parlando dellaShoah, Mattarella ha affermato che essa, per il suocarattere unico e terribile, trascende la dimensionestorica del suo tempo e diventa monito perenne elezione universale. Dal passato al presente, il Pre-sidente ha poi tracciato un’ampia panoramica sto-rica del periodo tra le due guerre, delle aberrantiideologie che vennero ad affermarsi in quel pe-riodo: “In Italia, sotto il regime fascista, la persecu-zione dei cittadini italiani ebrei non fu, come aqualcuno ancora piace pensare, all’acqua di rose.Fu feroce e spietata. E la metà degli ebrei italiani,deportati nei campi di sterminio, fu catturata e av-viata alla deportazione dai fascisti, senza il direttointervento o specifica richiesta dei soldati tedeschi.tra il carnefice e la vittima non può esserci mai una

memoria condivisa. Il perdono esiste: concerne lasingola persona offesa. Ma non può essere intesocome un colpo di spugna sul passato. La memoriadelle vittime innocenti di quelle atrocità è patrimo-nio dell’intera nazione, che va onorato, preservatoe trasmesso alle nuove generazioni perché non av-vengano mai più quegli orrori”. Dopo aver accen-nato al suo recente viaggio a Gerusalemme, così hacommentato: “è stata una occasione preziosa –un’occasione storica - per ribadire, una volta pertutte, l’impegno della comunità internazionale con-tro il razzismo, l’odio, la guerra e la sopraffazione”.La considerazione che ogni uomo è depositario dieguali e inviolabili diritti e che nessuno può esserediscriminato a causa del sesso, della razza, della re-ligione, del ceto sociale, è un principio inderogabile,scritto con chiara fermezza nella nostra Costitu-zione Repubblicana. “Questo principio, affermatoanche nella Dichiarazione universale dei Diritti del-l’Uomo, deve guidare sempre di più la comunità in-ternazionale nella risoluzione dei conflitti e dellecontroversie, che sovente nascono da volontà di di-scriminazione e dal mancato riconoscimento delladignità dell’altro”. In ultimo, una sollecitazione:“Per fare davvero i conti con la Shoah, allora, nondobbiamo più rivolgere lo sguardo soltanto al pas-sato. Perché il virus della discriminazione, del-l’odio, della sopraffazione, del razzismo non èconfinato in una isolata dimensione storica, ma at-tiene strettamente ai comportamenti dell’uomo. Edebellarlo riguarda il destino stesso del genereumano”.Prima della cerimonia sono stati premiati i vincitoridel Concorso nazionale promosso dal Ministero del-l’Istruzione “I giovani ricordano la Shoah”. Nell’oc-casione della premiazione sono intervenute laPresidente dell’UCEI, Noemi Di Segni, e la MinistraLucia Azzolina.Successivamente il Capo dello Stato ha consegnatola Medaglia d’Onore agli ex IMI Alberto Fantoni eRenzo tripolino, deportati ed internati nei lagernazisti.

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Un giorno solo per “ricordare” e per dare sensoe spessore ad una ricorrenza istituita conlegge dello Stato non basta, se non si accom-

pagna ad un percorso di conoscenza che sappia met-tere in gioco la ricerca storica e l’intelligenza emotiva.L’ANRP per superare la dimensione statica e a voltecristallizzata delle commemorazioni ufficiali ha pro-posto un percorso sull’arte nei lager, un riferimentostorico-culturale, con l’intento di coniugare la Memo-ria con l’arte, la letteratura, la musica, il teatro.La forza evocativa di tali forme espressive ha una ca-pacità comunicativa più immediata e più vicina alpubblico e costituisce uno strumento indispensabileper affrontare con consapevolezza un tema dolorosoe difficile: la deportazione e l’internamento nei lagernazisti nel corso del Secondo conflitto mondiale. Quattro incontri si sono susseguiti nella settimana dal28 al 31 gennaio. tre di questi incontri si sono svoltipresso la sala conferenze dell’ANRP per ricordare tre fi-gure emblematiche di artisti dei lager: il pittore Giu-seppe Consoli, il musicista Giuseppe Selmi e l’attoreGianrico tedeschi. Il quarto incontro, svoltosi presso laBiblioteca del Senato, è stato dedicato alla presentazionedel libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri “I militariitaliani nei lager nazisti” (vedi articolo, a seguire n.d.r.). In questo percorso si è voluto dimostrare come il lin-guaggio dell’arte, della letteratura, della musica, delteatro abbia fatto sì che dalle atrocità della vita nel

lager emergesseun anelito di

vita, di libertà edi speranza: l’or-

rore del lager, laviolenza e la morte,

superati attraversoquel soffio vitale che

viene dall’internodell’uomo, dalla sua

parte più profonda;quel soffio che gli dà la

forza di resistere e lo fasentire libero anche

nella devastazione del fi-sico.

Quando si parla della“vita/non vita” dietro il filo

spinato, laddove l’uomo eraridotto a un numero, a un es-

sere senza nome, fiaccato nelcorpo, sottoposto a condizioni

di vita disumane, ci accorgiamopiù volte che emerge una forma

di libertà che nessuno può to-gliergli: il sogno, la creatività, la

libertà del pensiero che lo rendeforte e gli consente di opporre re-

sistenza alla schiavitù e a rimanerelibero almeno nello spirito.

La realtà presa in considerazione nel corso di questegiornate è quella degli IMI a cui l’ANRP ha dedicatoun Museo, dove c’è una sala dedicata proprio all’atti-vità culturale nel lager: arte, letteratura, musica, tea-tro sono efficacemente testimoniate dai repertiesposti nelle teche e ciascuno racconta la sua storia.Un grande fervore culturale si viveva nei lager, soprat-tutto negli oflag, i campi per gli ufficiali. Questi, nonessendo costretti a lavorare (almeno fino all’agosto del1944) trascorrevano il tempo quotidiano all’internodel campo, ponendo in essere varie iniziative culturaliper non “morire dentro”. Più volte nelle testimonianzescritte e orali si fa accenno a quelle attività culturaliche si svolgevano nel campo e a cui tutti partecipa-vano con grande entusiasmo: incontri dibattito, con-ferenze, letture, concerti, mostre d’arte. Ricordiamoper esempio quanto fosse attiva la popolazione dellager di Sandbostel e poi di Wietzendorf, dove si in-contrarono il fotografo Vittorio Vialli, lo scrittore Gio-vannino Guareschi, l’attore Gianrico tedeschi, ilmusicista Giuseppe Selmi, il pittore Giuseppe Consolioltre ad altri intellettuali, pittori, musicisti, letterati.In una teca del museo, dedicata alla pittura, troviamola locandina di una mostra d’arte organizzata a San-dbostel, lo Stalag XB. L’attestato porta la firma dellaMOVM Giuseppe Brignole. Un’altra locandina ci parlainvece di una mostra organizzata a Witzendorf, conla firma del “mitico” ten. col. Pietro testa.

“Tutto andrà per il meglio / Sopporta conpazienza l’attesa / Abbi fiducia nel futuroNon perdere il coraggio / Il mondo tornerà

ad essere un giardino”.

(Ilse Weber, musicista)

di Rosina zucco

Una settimanaper la Memoria:arte, letteratura,musica e teatro

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La vita e le opere di Giuseppe Consoli sono state in-trodotte il 28 gennaio da Francesca Pietracci, storicadell’arte, nonché curatrice della mostra allestitapresso l’ANRP con le opere del pittore catanese, do-nate al Museo dalle figlie Valeria e Corinna. Efficacel’allestimento, per il quale la Pietracci ha utilizzatomateriali di recupero: vecchie assi di un cantierehanno ripreso vita come efficace supporto contestua-lizzante per i lavori esposti. “Il disegno è strumento di comunicazione, mezzo de-scrittivo non solo di luoghi e situazioni, ma anche esoprattutto efficace testimonianza di sensazioni estati d’animo”. Così Francesca Pietracci ha introdottola figura dell’artista, inquadrandone la personalitàall’interno del contesto in cui ha operato. Il valoredelle opere realizzate dagli artisti nei lager va ricer-cato considerandone la portata emotiva, psicologicaed estemporanea. “Come in uno specchio capace di ri-flettere contemporaneamente un passato un presentee un futuro soggettivo, ogni singolo artefice presentail suo modo di concepire quel mondo e quella vita cer-cando di tenere vivo un filo di ironia e di speranza”.

La figlia del pittore, Valeria, ha parlato dell’esperienzadi prigionia del padre riportando quanto da lui nar-rato nella sua autobiografia. Da un Offlager all’altro,Giuseppe Consoli ha trascorso la prigionia a Küstrin,a Sandbostel e infine a Wietzendorf, lager ben noti perl’attività culturale che vi si svolgeva. Consoli era riu-scito a procurarsi fogli di carta, matite e persino coloria tempera, per cui ha fatto ritratti, caricature, ripro-duzioni da fotografie, composizioni fantastiche. Libe-rato dalle Armate inglesi, il 22 aprile del 1945, in unemporio a Bergen Belsen si procurò abiti civili e que-gli scarponi che sono esposti in una teca del museo.In contrapposizione al tono a volte ironico che trapeladallo scritto del padre, Valeria Consoli ha voluto met-tere a confronto la toccante e tragica testimonianzatratta dal diario di Gertrud Colmar, morta ad Au-schwitz: “Quelli che s’aggirano qui sono corpi sol-tanto, non hanno più anima, soltanto nomi nel

registro dello scrivano […]. Il loro gemito tormentoso,il loro pazzo terrore e i loro occhi fissano vuoti con losguardo sbriciolato, distrutto per ore una fossa buia,soffocati, calpestati…”. Versi che ci ricordano le figureevanescenti, quasi subumane di Paolo Orsini, espostenel Museo, nella teca dedicata ai pittori dei lager. Duemodi di affrontare la realtà, due diversi caratteri nellapittura dell’uno e dell’altro.Il secondo incontro, dedicato alla musica, si è tenutoil 30 gennaio. Partendo dal ricordo della figura delmaestro Giuseppe Selmi, si è cercato di proporre qual-che altro spunto efficace per affrontare quest’altro ele-mento “salvifico” più volte toccato con mano da chivisse in quel mondo fuori dal mondo che era l’uni-verso concentrazionario. Nell’itinerario musicale sonostati utilizzati dei filmati per ripercorrere una brevepanoramica sulle vittime del nazionalsocialismo:dagli IMI a quelli destinati all’olocausto, senza dimen-ticare, oltre agli ebrei, i Sinti e i Rom, le donne e ibambini, con qualche tocco di folk music particolar-mente significativa. A Radoslaw Srodon, giovane vio-linista polacco (e la scelta non è stata casuale) è stata

affidata la produzione dal vivo di alcuni brani intro-duttivi di sottofondo e alcune melodie particolarmentesignificative.Che la musica fosse un balsamo per l’animo di chi sitrovava a vivere la dura vita di prigionia, l’abbiamoletto tante volte nei racconti autobiografici e nei diaridei militari italiani. La possibilità di programmarequalcosa di simile a un “concerto”, con tutte le diffi-coltà logistiche e organizzative, sollecitava lo spiritocollettivo, proiettato verso quel momento di tensioneemotiva che univa tutti, almeno con il pensiero, versoi liberi moti della mente. Una libertà tutta spirituale,vasta come i confini del sentimento; una libertà del-l’anima, ristoratrice e benefica anche per i corpi pro-vati, dietro il filo spinato.In apertura dell’incontro è stato ricordato come nelcentenario della nascita dell’illustre violoncellista, laFondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia e

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l’ANRP, con il patrocinio del Comune di Modena, vol-lero dedicare in memoria del maestro Giuseppe Selmiun Seminario tenutosi il 17 dicembre 2012 a Roma,presso l’Accademia del Conservatorio di Santa Cecilia.In quell’occasione fu proposto l’ascolto del Concertospirituale in RE maggiore (1943) che il maestro com-pose quando era internato nel lager di Wietzendorf.Dai concerti eseguiti nel lager a quelli nelle presti-giose sale, la storia musicale di Giuseppe Selmi si ar-ricchì di tante esperienze vissute sia come solista chein compagnia di musicisti di grande levatura, comeSeverino Gazzelloni. Un particolare pensiero all’exIMI Giuseppe Selmi fu rivolto in occasione di quelconcerto dal compagno di lager Michele Montagano,che descrisse con garbata ironia la storia di quel vio-lino che l’allora giovane musicista era riuscito a farsidare in prestito dai tedeschi e con il quale, preziosostrumento, aveva improvvisato “concertini” nelle ba-racche del campo.La scrivente, curatrice dell’itinerario musicale dedi-cato al ricordo di Selmi, dopo aver riascoltato il Con-certo spirituale in RE maggiore, registrato

nell’incontro del 2012, è passata a descrivere, con unimprovviso cambio di registro, quel volo della fantasiadi Giovannino Guareschi che ha fatto sognare i suoicompagni di prigionia con la “Favola di Natale”,scritta nel dicembre 1944, raccontata per la primavolta la sera della Vigilia di Natale dello stesso annonella baracca nel campo di prigionia. Guareschi nellapremessa della favola indica come donne ispiratriciFame, Freddo e Nostalgia. La favola, illustrata dall'au-tore stesso, fu musicata da Arturo Coppola, compagnodi prigionia. Il sottile humor di Guareschi trasparenella “Canzone di Carlotta”, dedicata dallo scrittorealla figlia che non aveva ancora conosciuto. La diver-tente canzoncina è stata riascoltata dalla voce dell’at-tore Gianrico tedeschi. Non poteva mancare, poi, il ricordo di Luigi Manoni ela storia di quel violino che gli salvò la vita. tra glispartiti donati al violinista dai tedeschi c’è anche

quello di una tarantella napoletana. Nella fase orga-nizzativa dell’incontro, ricordando quello spartitoesposto nella teca, è stato chiesto a Radoslaw Srodondi provare a suonarla e lui ha accettato ben volentieri:ha fotografato lo spartito e ha suonato per la primavolta il vivace brano musicale dal vivo, le guizzantinote valorizzate dalla perfetta acustica della sala.In questa panoramica ad ampio raggio sugli effetti sal-vifici della musica non potevamo dimenticare altremusiche e canti composti nei campi di concentra-mento. Quelli giunti a noi li conosciamo grazie a la-voro filologicamente impeccabile che da 20 anni staportando avanti il maestro Francesco Lotoro con lapubblicazione di Musica Judaica, il più completo, si-stematico e aggiornato ciclo discografico contenentel’intero corpus musicale composto dal 1933 al 1945,ad opera di musicisti imprigionati o deportati o uccisio sopravvissuti, provenienti da qualsiasi contesto na-zionale, sociale o religioso in tutti i Campi di prigio-nia, transito, concentramento e sterminio.Di particolare interesse sono le composizioni di donnemusiciste ebree e non ebree, un corpus musicale che

venne a rappresentare nelle parole del compositoreViktor Ullman (theresienstadt, Auschwitz) “una sortadi strenua resistenza spirituale”. L’immediatezza dellemelodie, spesso struggenti ninna nanne, l’efficace es-senzialità delle parole e dei versi, tesi tra l’espres-sione dell’orrore e la necessità di credere in un futuro,rendono questi componimenti una testimonianzaumana ed artistica di rara bellezza, vissuta attraversoil prisma della sensibilità femminile. Questi canti rin-novano il messaggio di vita di queste artiste che,anche nella più profonda oscurità, hanno saputocreare suggestive melodie. L’ANRP, per il Giorno dellaMemoria 2005, organizzò un bellissimo concerto al-l’Auditorium di Piazza Adriana proprio su questotema: “Dalle profondità. Canti di donne della Shoah”.Una delle ninne nanne, “Wiegala”, è stata ripropostain un video, una rappresentazione corale realizzataper una manifestazione scolastica da un gruppo di ra-

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gazze del terzo anno de la Légion d’honneur.Non poteva mancare nella breve rassegna musicaleun pensiero evocativo ad un bellissimo film e alla suamusica, “Shindler’s List”, di Steven Spielberg, un ca-polavoro indimenticabile di cui Radoslaw Srodon hariproposto dal vivo il leit motiv musicale. Per concludere, un accenno alla musica folk: il branoin Yddish “Dona Dona”, cantato dal piccolo coro dicantori d’Armenia (e anche qui la scelta non è ca-suale), condotto da Maya Shavit Komitas, tenutosi allaChamber Music hall nel 2015. Infine, in ricordo dellapersecuzione dei Sinti e Rom, è stata proiettata unabellissima scena del film “train de vie”, di Radu Mi-haileanu, che immortala la loro travolgente musica,le loro danze dai ritmi pieni di vita.Il pomeriggio del 31 gennaio è stato dedicato al teatroe alla figura di Gianrico tedeschi, che compirà 100anni il prossimo 20 Aprile. Presenti la figlia dell’at-tore, Enrica, e l’attore, drammaturgo e regista teatraleLeonardo Petrillo. Avevamo avuto modo di ascoltareEnrica tedeschi nell’incontro del 16 ottobre 2019 alSenato, in occasione della presentazione del suo vo-

lume “Semplice, buttato via, moderno”. In quell’occa-sione fu anche presentato il libro di Maria ImmacolataMacioti “Gianrico tedeschi. Due anni nei campi nazi-sti”. La figlia dell’attore, che ha curato la documenta-zione filmica per l’evento, ha parlato di suo padre,tracciando un profilo molto efficace dell’uomo, dell’in-ternato militare e dell’attore, a partire dalla sua infan-zia, a Milano, dalle prime esperienze scolastiche sottoil fascismo, fino alla scelta del NO, dopo l’8 settembredel 1943. Enrica tedeschi ha sottolineato come lascelta di esercitare la professione di attore di teatroGianrico tedeschi la maturò proprio dall’esperienzavissuta nel lager, dove per la prima volta, recitandol’“Enrico IV”di Pirandello, prese coscienza di quellaspeciale interazione con il pubblico, costituito in quelfrangente dai suoi compagni di prigionia, e della fun-zione catalizzatrice del teatro, veicolo di quel messag-gio di libertà, in un contesto dove la libertà non c’era.

L’incontro ha consentito, rispetto a quello avvenuto inSenato, di vedere ancor più da vicino, in un contestomeno ufficiale, più intimo e più familiare (possiamodire a casa) la figura del grande attore. Altrettanto in-teressante è stata la testimonianza di Leonardo Pe-trillo che ebbe Gianrico tedeschi come maestro direcitazione. Petrillo ha ricordato il suo rigore profes-sionale, ma anche il suo incoraggiamento a prose-guire e di volta in volta a migliorare: “A fine spettacolomi lasciava nel camerino un torroncino, ogni qualvolta mi voleva far capire che avevo aggiunto qualcosadi più, che ero andato meglio della rappresentazioneprecedente”. tanti, tantissimi sono i documenti e le testimonianzeche l’ANRP ha raccolto e continua a raccogliere percostruire questa pagina di storia attraverso le micro-storie di chi l’ha vissuta. tante storie diventano mol-tiplicatori di memoria per ricordare quei 650 milainternati militari italiani della maggior parte dei qualiancora non si conosce il nome. A conclusione di questa panoramica Memoria e Artenei lager, auspichiamo che la memoria non si cristal-

lizzi nella commemorazione degli eventi, ma sia unamemoria “vigilante”, come ha detto il Presidente dellaRepubblica Sergio Mattarella. Conoscere, ricordare,affinché le nuove generazioni riflettano di fronte aquel rigurgito di violenza, di odio, di antisemitismoche è dietro l’angolo e che più volte in questi ultimitempi si è manifestato attraverso i nuovi strumentidella comunicazione. Noi vorremmo che i giovaniguardassero al passato con senso critico, ma anche fa-cendo tesoro di quei valori che, volando sulle ali dellalibertà, sono giunti a noi dai lager e che sono alla basedi una civiltà democratica, pluralista, libera, nel ri-spetto dei diritti umani, dell’uomo inteso soprattuttocome persona.Numerosissimi gli studenti che, accompagnati dailoro insegnanti, hanno visitato nella settimana dellaMemoria il Museo “Vite di IMI” e la Mostra delleopere di Giuseppe Consoli.

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“Giorno del Ricordo”Contro le ideologie e

il totalitarismodi Camilla Iafrate

Dal Parlamento italiano è stato istituito il“Giorno del Ricordo” (legge n. 92 del 30marzo 2004), celebrato in Italia ogni anno il

10 febbraio per commemorare le migliaia di vittimeitaliane che tra il 1943 e il 1947 vennero catturate,uccise e gettate nelle cavità carsiche dell'Istria edella Dalmazia, le cosiddette foibe, dai partigianijugoslavi di tito e per ricordare quanti istriani, fiu-mani e dalmati in quel tragico periodo del dopo-guerra, furono costretti a lasciare le loro terre. Sitratta di una complessa e dolorosa vicenda dellastoria italiana del Novecento a lungo rimasta nel-l’ombra che è doveroso ricordare, non solo per es-sere vicini alle vittime, ma per indurre allariflessione su quello che è stato e non dimenticaretutte le cosiddette “pulizie etniche”, al fine di pro-muovere valori di pace. Questo drammatico frammento della storia del No-vecento ha visto coinvolte migliaia di nostri conna-zionali, provocato da una pianificata volontà diepurazione su base etnica e nazionalistica. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella,nel corso della cerimonia di commemorazione svol-tasi al Quirinale, ha tra l’altro così dichiarato: “Sitrattò di una sciagura nazionale alla quale i con-

temporanei non attribuirono – per superficialità oper calcolo – il dovuto rilievo. Questa penosa circo-stanza pesò ancor più sulle spalle dei profughi checonobbero nella loro Madrepatria, accanto a grandisolidarietà, anche comportamenti non isolati di in-comprensione, indifferenza e persino di odiosa osti-lità.[…] Si deve soprattutto alla lotta strenua degliesuli e dei loro discendenti se oggi, sia pure conlentezza e fatica, il triste capitolo delle Foibe e del-l’esodo è uscito dal cono d’ombra ed è entrato a farparte della storia nazionale, accettata e condivisa,conquistando, doverosamente, la dignità della me-moria.[…] Alle vittime di quella persecuzione, aiprofughi, ai loro discendenti, rivolgo un pensierocommosso e partecipe. La loro angoscia e le lorosofferenze non dovranno essere mai dimenticate.Esse restano un monito perenne contro le ideologiee i regimi totalitari che, in nome della superioritàdello Stato, del partito o di un presunto e malintesoideale, opprimono i cittadini, schiacciano le mino-ranze e negano i diritti fondamentali della persona.E ci rafforzano nei nostri propositi di difendere e con-solidare gli istituti della democrazia e di promuoverela pace e la collaborazione internazionale, che si fon-dano sul dialogo tra gli Stati e l’amicizia tra i popoli”.

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Nell’arco dei cinque anni dalla sua inaugura-zione, inizialmente come Mostra perma-nente e successivamente come Museo “Vite

di IMI”, lo spazio espositivo di via Labicana 15 è statopiù volte onorato della presenza di diplomatici tede-schi e italiani che, osservando con grande interessereperti e documenti, hanno colto una tangibile testi-monianza di ricerca, di collaborazione e dell’auspi-cata comune cultura della memoria tra Italia eGermania. Ricordiamo l’ambasciatore Alessandro Pi-gnatti Morano di Custoza che, insieme a AlessandraMolina del Ministero Affari Esteri, fu uno dei primia incoraggiare l’ANRP nella realizzazione dei pro-getti dedicati agli IMI, seguito da Reinhard Shäfers,intervenuto alla prima inaugurazione della Mostra,quando lo spazio espositivo era ancora fresco di ri-strutturazione, essenziale nel suo allestimento sto-

L’Ambasciatoredella R.F.G.

in visitaal Museo

“Vite di IMI”

rico didattico. E poi ci fu l’ambasciatrice SusanneMarianne Wasum Reiner che, intervenuta l’8 maggio2018 all’inaugurazione del nuovo percorso multime-diale insieme all’ambasciatore Giuseppe Maria Buc-cino Grimaldi, ascoltò la descrizione delle sale dallavoce degli studenti del Liceo Bertrand Russel.Quando abbiamo incontrato il nuovo ambasciatoreViktor Elbling nella sua residenza a Villa Almoneil 17 dicembre 2019, in occasione della consegnadell’Ordine al Merito della Repubblica Federale diGermania nel grado di Ufficiale al nostro presi-dente vicario Michele Montagano, aveva promessodi visitare il Museo “Vite di IMI” e conoscere piùda vicino l’attività della nostra Associazione. L’appuntamento infatti è stato fissato per l’8 gennaio2020, dopo la pausa delle festività natalizie. tutto èstato predisposto per ricevere al meglio il diploma-tico che, accompagnato dall’addetta culturale An-nette Walter, è stato accolto dal presidente EnzoOrlanducci oltre al Direttivo dell’ANRP al completo:Rosina zucco, curatrice del Museo, il vicepresidenteLuciano zani, i consiglieri Anna Maria Isastia, PotitoGenova e Nicola Mattoscio, lo storico Lutz Klinkham-mer, il giornalista tommaso Giuntella. Presentianche reporter del tG3 e di tV 2000. Il contenuto delle sei sale del Museo è stato illustratoall’ambasciatore che si è soffermato con grande in-teresse e attenzione a osservare i reperti e i docu-menti esposti, cercando di cogliere il valoretestimoniale di una storia tutta da approfondire. Ildiplomatico tedesco ha apprezzato lo sforzo del-l’ANRP di creare un percorso espositivo quanto piùpossibile studiato per coinvolgere i giovani. ha rite-nuto utili i nuovi strumenti multimediali, i touchscreen, i video a tutto campo che contribuiscono, pur

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nella loro rigorosità documentale, a ricostruire conefficacia momenti di vita nel lager. Si è infine soffer-mato incuriosito di fronte al desk dell’ultima saladove, posizionato uno degli oggetti in mostra (uno

zoccolo di legno), è partita la riproduzione del videosulla storia di Pasquale Citarella: un bell’esempio daparte di quella guardia tedesca che, ricordandosi deipiedi nudi di quel generoso prigioniero italiano, gliaveva fatto dono di un paio di zoccoli olandesi.L’ambasciatore Elbling, rispondendo ai giornalistidelle testate televisive che lo hanno intervistato allafine della visita, ha detto: “è un museo che dimostratutto ciò che può succedere quando gli esseri umanientrano nell’oscurità. Una delle molte esperienzeterribili accadute durante quella tragedia che è statala Seconda guerra mondiale. Per noi che siamo te-deschi e che ci sentiamo responsabili anche di que-sto passato, fare memoria resta essenziale, proprioperché ci circonda quello che è successo”.Il Presidente Orlanducci, a conclusione della visita,ha consegnato a Viktor Elbling una medaglia “ri-cordo” dell’ANRP, a tiratura limitata, opera dell’ar-tista romano Giorgio Galli, in cui è inciso unracconto simbolico che dal lager approda alla parola“libertà”. Altro dono, un fotolibro che illustra attra-verso didascalie e fotografie i principali eventi, pro-getti e iniziative, legati al percorso che la Germania

e l’Italia si trovano ormai da anni a fare insieme persuperare una memoria controversa e difficile peruna sempre maggiore coesione europea.

(r. z.)

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Una riflessionegeopoliticasul Medio

Oriente, oggi

Gli ospiti della Sala conferenze dell’ANRP, il21 gennaio u.s., hanno ascoltato con moltaattenzione e particolare interesse la confe-

renza dell’ambasciatore Laura Mirachian su un ar-gomento non usuale, comunque diverso dai solitispecificamente storici e caratterizzato da una com-

plessità di relazioni internazionali. Fortunatamenteè apparso subito chiaro che l’illustrazione dell’am-basciatore era discorsiva e lineare, pur affrontandoun argomento assai composito, quale l’evoluzionegeopolitica del Medio Oriente fino ai giorni nostri.Con la sua specifica competenza diplomatica, ma-turata in diversi prestigiosi incarichi in Mogadiscio,Dublino, Belgrado e soprattutto presso l’Ambasciataitaliana a Damasco, la Mirachian ha effettuato ilpercorso storico dei paesi del Medio Oriente soffer-mandosi in particolare sulla Siria.Già la descrizione del contesto globale ha dato l’deadi una situazione mondiale difficile e ingarbu-gliata, caratterizzata da un generale disordine de-terminato dalla globalizzazione, dal declino deivalori tradizionali occidentali (quali i diritti umani)e dalla crisi dei rapporti multilaterali: emargina-zione delle Nazioni Unite determinata dal falli-mento dei suoi interventi.L’Europa è un esempio di tale disordine dove le cre-scenti tendenze sovraniste o di isolamento, come la“brexit”, hanno preso il posto del principio di unione.La decadenza dell’approccio multilaterale ha fatto de-flagrare la situazione in Medio Oriente dove il malgo-

verno, la corruzione, le diseguaglianze, l’ingiustiziahanno delegittimato le leadership locali, determinandola ribellione dei ceti medi, una crisi d’identità e fattoemergere le ambizioni dei protagonisti regionali. Un equilibrio instabile dove si affrontano/confron-tano “attori” interni, regionali e internazionali inun difficile rapporto determinato da relazioni inter-secate a vari livelli, che rendono arduo un bilancia-mento della sicurezza dell’area.A livello locale assistiamo ad una frammentazionedi potere tra i ceti medi pro-occidentali, i radicaliislamici, i fratelli musulmani, salafiti e jihadisti. Gli attori internazionali seguono le loro ambizioni, gliStati Uniti hanno cambiato con trump la loro posizione,con il ripristino dell’equilibrio a favore dell’Arabia Sau-

di Potito Genova

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dita, il sostegno ad Israele e il contenimento dell’Iran.L’Europa ha assunto un ruolo minore, volta principal-mente a contrastare la minaccia terroristica e frenare lemigrazioni, mentre la Russia ha recuperato lo status in-ternazionale con basi nel Mediterraneo (Siria, Libia), ri-cercando un coordinamento con la turchia che a suavolta ambisce a proiettare la sua influenza neo-ottomana.

ha poi illustrato il percorso/risveglio dei paesi in-teressati dalla cosiddetta “primavera araba” (2010-2011), soffermandosi sulla Siria dove sussiste unatragica situazione di guerra che ha provocato mi-gliaia di morti, milioni di profughi e quindi una in-stabilità politico militare non ancora risolta.La Siria è diventata l’epicentro della crisi medio orien-tale con la rivolta dei ceti medi (marzo 2011) per la li-beralizzazione economica e politica, ma ha trovatouna immediata resistenza delle forze del regime diAssad forte e ben strutturato, appoggiato peraltrodalla Russia e dall’Iran; di conseguenza il paese è ca-duto in una cruenta guerra civile. Gli Stati Uniti nonsono intervenuti direttamente, adottando la politica“leading from behind”, mentre una debole azionedell’Europa ha appoggiato l’opposizione. Questo com-plicato intreccio di interessi contrastanti ha portato alfallimento dei piani di pace delle Nazioni Unite.Sono cambiati quindi i rapporti di forza, l’Europaha subito l’impatto della crisi senza riuscire peròad incidere sulla gestione della politica, lasciandoa Russia e turchia il ruolo decisivo. L’Italia, in particolare, abbandonando la vocazionemediterranea, ha perso la possibilità di avere unruolo importante nell’area medio orientale.Le problematiche restano e si inaspriscono per ladifficoltà dei rapporti multilaterali sostituiti da va-riabili rapporti bilaterali tra Stati, esasperando i fat-tori culturali e religiosi che condizionano i rapporti

istituzionali subordinati al fattore economico, mo-tore della politica. La ricostruzione appare molto lontana, soggetta alleambizioni dei singoli Stati.A fine conferenza le numerose domande di approfon-dimento sono state il frutto di una informazione pre-cisa, puntuale e ricca anche di emozioni personali

derivanti dalla diretta esperienza della conferenziera.Si è approfondito con ulteriori esempi il momento dif-ficile delle cooperazioni multilaterali che paradossal-mente subiscono le conseguenze della globalizzazione,percepita come un’invasione della propria autonomia.La tendenza neoimperialista di Russia e turchia hamaturato considerazioni storiche, trovando unnesso con l’espansionismo della Russia zarista edell’impero ottomano.La Russia, sempre sospesa in mezzo ad una visioneoccidentale e una asiatica, cerca di riaffermare isuoi interessi nazionali che percepisce in pericolo.Allo stesso modo la turchia tende a ristabilire undominio nell’area, già parte dell’impero ottomanoall'inizio del XX secolo, per promuovere i propri in-teressi economici, politici e militari, soprattutto inSiria e Qatar. Parlare, ascoltare di geopolitica dàuna percezione più ampia della propria quotidia-nità; allarga l’orizzonte per entrare direttamente inun contesto internazionale, amplifica le dimensionitemporale e spaziale.Attraverso questa conoscenza si ha una maggioreconsapevolezza del mondo che ci circonda, spiegaalcuni eventi lontani che però influenzano la quo-tidianità, altrimenti passerebbero inosservati e ap-partenenti ad altri.La conoscenza di complesse situazioni di paesi ap-parentemente lontani aiuta a capire eventi della so-cietà sociopolitica in cui si vive.

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Il Ministro della Difesaincontra i rappresentanti

delle associazionicombattentistiche

Il 6 febbraio 2020 nella Sala Montezemolo delCentro Alti Studi per la Difesa (CASD) si è te-nuto l’annuale incontro del Ministro della Di-

fesa, Lorenzo Guerini, con i rappresentanti delleassociazioni combattentistiche e d’arma. Alla riunione hanno preso parte, tra gli altri, il Sot-tosegretario di Stato alla Difesa, Angelo tofalo, il

Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale EnzoVecciarelli, il Segretario Generale della Difesa Gen.C.A. Nicolò Falsaperna, il Presidente del CASD, Ge-nerale di Squadra Aerea, Fernando Giancotti. Sonointervenuti il Presidente Nazionale della Confede-razione Italiana tra le Associazioni Combattentisti-che e Partigiane, Claudio Betti, ed il PresidenteNazionale del Consiglio Permanente delle Associa-zioni d’Arma, Mario Buscemi. Per l’ANRP eranopresenti il Presidente Enzo Orlanducci e il Segreta-rio Generale Potito Genova. Nel suo intervento il Ministro ha sottolineato l’esi-genza di diffondere sempre più il tema della “cul-tura della Difesa”. “Le associazioni combattentistichee d'arma – ha poi aggiunto - sono l’espressione delletradizioni e del patrimonio storico degli eventi chehanno dato vita al nostro Paese. Rappresentano la

consolidata continuità ideale tra i militari in servizioed in congedo, svolgendo l’importante funzione di vei-colo informativo, anche attraverso la rievocazionedelle vicende del passato”. ha quindi proseguito conun’esortazione: “Radicare nel Paese la cultura dellaDifesa è la sfida alla quale oggi non possiamo sot-trarci”, auspicando che, in tal senso, non venga maimeno il supporto del mondo dell’associazionismo.In risposta alle istanze delle associazioni combat-tentistiche e d’arma, il Ministro Guerini ha assicu-rato massima attenzione da parte del Dicastero pergarantirne la piena “capacità operativa”, facendoaffidamento sul loro comprovato senso di respon-sabilità e sulle capacità di rinnovamento che hannodimostrato in questi anni.Molti i temi affrontati nel corso della riunione e leproblematiche evidenziate. In particolare è statamessa in risalto la partecipazione delle Forze Ar-mate in occasione di cerimonie del mondo dell’asso-ciazionismo; l’attività di informazione del Ministeronei confronti delle associazioni su tematiche che ri-guardano le sedi, i contributi e il personale in pen-sione, l’assegno sostitutivo per accompagnatorimilitari, ecc.

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Incontrocon gli Autori

NoN è facile ricostruire la storia e le diNamiche politiche, ecoNomiche e aNche

ideologiche che coiNvolsero milioNi di doNNe e uomiNi Nel XX secolo.foNdameNtale, a questo proposito, è il lavoro degli storici che, lavoraNdo sulle foNti

archivistiche e sulle testimoNiaNze, riescoNo piaN piaNo a mettere iNsieme le tessere

di uN mosaico per ricomporre questa complessa pagiNa di storia. l’aNrp, sempre atteNta a portare avaNti iNiziative volte a far coNoscere le viceNde

del Nostro receNte passato, favorisce l’iNcoNtro coN gli studiosi che cercaNo di appro-foNdirNe le sue pieghe più Nascoste, ciascuNo dalla sua aNgolazioNe, ma coN il rigore

metodologico che comporta uNa seria ricerca.pertaNto l’aNrp è più che mai impegNata a proseguire Negli “iNcoNtri coN gli autori”di opere di graNde iNteresse dal puNto di vista storico e storiografico e a promuovere

riflessioNi e positivi risvolti per uN futuro di pace.

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Una serata straordinaria distoria e di memoria. Il 29gennaio scorso, in una

sala gremita di persone, alla Bi-blioteca del Senato della Repub-blica, è stato presentato il libro“I militari italiani nei lager na-zisti. Una Resistenza senz’armi”(Mulino), di Mario Avagliano eMarco Palmieri. Moderati da Lu-ciano zani, hanno parlato dellibro la storica Gabriella Gribaudie l’ufficiale Franco Di San-to della Rivista Militare,con letture di Saverio Val-lone, figlio di Raf.zani ha sottolineato la pre-gevolezza del lavoro di ricercarealizzato dai due studiosi, laricchezza delle fonti e la com-pletezza del ventaglio di tema-tiche trattate, in quindici capitoliche costituiscono altrettante tappedella memoria degli Imi. La storicaGabriella Gribaudi ha messo inrilievo la capacità di riannodare ifili della vicenda degli internatimilitari, tenendo conto di tutte lespecificità della loro esperienza.

L’ufficiale Franco Di Santo hadefinito il saggio di Avagliano edi Palmieri come “un libro dalquale emerge l’anima, il coraggio

e l’umanità degli internati”.Commovente l’intervento dell’exufficiale internato Michele Mon-tagano, di 99 anni, che ha ricor-dato la sua esperienza di prigionia,i motivi del suo “no” e anche l’in-contro nel lager con il padre. Lesue parole sono state accolte daun lungo applauso di tutti i pre-senti.Nei saluti finali, Avagliano e Pal-mieri hanno ringraziato l’ANRPe il presidente Enzo Orlanducci ehanno affermato che “se è veroche non c’è più un buco nerodella storiografia sugli Imi, pur-troppo la storia degli internatiancora non è conosciuta dall’opi-nione pubblica”.“Finalmente un libro sulla storiacompleta degli Imi”, ha commen-tato la professoressa Elena AgaRossi, che era tra gli illustriospiti presenti, assieme a Noe-mi Di Segni, che con la suapartecipazione ha voluto sot-tolineare l’apprezzamentoper il volume e la vicinanzadella comunità ebraica agliinternati militari.

(Francesco Di Salvio)

Un librocompletosulla storiadegli Imi

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Giovedì 6 febbraio 2020 allaBiblioteca del Senato, saladegli Atti parlamentari, è

stato presentato dall'ANRP il vo-lume di Elena Aga Rossi “L’Italiatra le grandi potenze. Dalla Se-conda guerra mondiale alla guerrafredda” (Il Mulino, Bologna 2019).Interventi: Luciano zani, SimonaColarizi, Ernesto Galli della Loggia,Silvio Pons.tutti i relatori pur da differentiangolazioni hanno evidenziato che,grazie al lavoro di Elena Aga Rossi,si ha una storia quasi radical-mente diversa da quelle tradi-zionali del secondo dopoguerra. Il punto di vista innovativo,con ampi accessi archivistici euna scrittura efficace e accessi-bile, riguarda i rapporti interna-zionali, il trattamento riservatodalle grandi potenze all’Italia neiprimi anni del dopoguerra, insie-me ad una narrazione non agio-grafica e compiacente della Resi-stenza e del ruolo dei comunistinegli anni della guerra fredda. è stato sottolineato che questabella raccolta di saggi dimostral’interesse di Elena Aga Rossi ver-so temi una volta “terra riservata”degli ambasciatori (come i rapportitra Churchill, Roosevelt e Staline in generale lapolitica estera),oppure tenutifortemente inostaggio dai par-titi (come laguerra di libe-razione dal na-zifascismo e lastoria “interna”dei comunisti ei loro rapporticon Stalin). è stato messo inrisalto che la sto-rica, dopo la lau-

rea con Renzo De Felice, di cui èstata allieva, ha indirizzato i suoistudi sempre contro corrente (gliStati Uniti, l’Unione sovietica, larepressione dei militari ecc.). Mal’aspetto più saliente è stato, econtinua ad essere, la sua distanzadalla storiografia dominante, nonasservita né reverente verso nes-suno dei poteri costituiti.I suoi studi, che hanno spessocostituito punti di svolta nella ri-cerca storica sulla Campagna d’Ita-lia e in generale sulla storia poli-tica del nostro paese fra guerra edopoguerra, trovano in questo vo-lume una sistemazione fortementeunitaria che segue tre assi fon-damentali: i piani per il futuroassetto dell’Europa elaborati daglialleati durante la guerra; la politicaangloamericana verso l’Italia du-rante la guerra e il primo dopo-guerra; per gli stessi anni, i rap-porti del Partito comunista italianocon l’Unione Sovietica e l’influenzasovietica nel nostro Paese. Nelcomplesso, è emerso un contri-buto di prima grandezza sugliaspetti cruciali che determina-rono il futuro dell’Italia po-stfascista e la sua collocazione

internazionale.(f. r.)

L’Italia trale grandipotenze

Dalla Secondaguerra mondialealla guerra fredda

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Il Commissarionell’inferno di

Wietzendorf

Siamo abituati a pensare al campo di Wiet-zendorf come un Offizierslager per ufficiali.Vero. Vi passarono lunghi mesi di prigionia

internati militari graduati del calibro di Giovan-nino Guareschi, Alessandro Natta e Gianrico te-deschi, solo per fare qualche nome. Ma in realtànell’Oflag 83 non vi furono soltanto militari. Vivenne deportato anche il commissario di pubblicasicurezza Filippo Palieri, Medaglia d’Oro al Me-rito Civile nel 2004.La storia di Palieri è singolare. Pugliese, nato a Ce-rignola il 22 maggio del 1911, giovane dal bel por-tamento, un po’ stempiato, occhiali rotondi, frontealta, di profonda fede religiosa, era alla Questura diRieti dal 1935. Sposato con Giuliana Annesi, poe-tessa e letterata, discendente di un’antica famigliaaristocratica, aveva tre figli: Rodolfo, Antonello eAlba Maria. Nominato capo di gabinetto, dopo l’8settembre 1943 – complice l’assenza per malattiadel Questore Solimando – si era trovato di fatto areggere la Questura e a dover far fronte alle richie-ste pressanti dei tedeschi, che volevano eseguire ra-strellamenti di lavoratori specializzati per inviarliin Germania e chiedevano notizie dei giovani reni-tenti alla leva.Filippo, come racconta il libro Oltre il Lager. FilippoPalieri un eroe cristiano nell’inferno di Wietzen-dorf, scritto dal figlio Rodolfo e pubblicato nel 2005,non collabora con i nazisti, anzi fin dall’inizio del-l’occupazione, assieme al capo del servizio politicoSalvatore Poti, tenta di sabotare i disegni dei tede-schi, nascondendo gli elenchi di circa 300 artigiani,tecnici, autisti e operai specializzati di Rieti desti-nati ad essere inviati al lavoro obbligatorio nelReich al servizio della Wehrmacht e avvertendo iconcittadini del pericolo che corrono. Ma il suo dop-pio gioco viene scoperto e così la mattina del 4 ot-tobre del 1943, nonostante sia a casa a letto con la

febbre, su ordine del comandante delle truppe ger-maniche, il Feldmaresciallo Mayer, viene arrestatoper «mancata collaborazione» insieme a Poti e a seiufficiali reatini.Da questo momento in poi Filippo Palieri, nono-stante sia un civile e non un ufficiale, non viene de-stinato a un lager per deportati politici ma segue lastessa sorte degli internati militari, i cosiddetti IMI.La prima tappa è il campo polacco di Luckenwal-den, cui seguono Benjaminow, Bremenworde-San-dbostel e infine Wietzendorf. tappe di un Calvario,come recita il titolo del libro di memorie di donLuigi Pasa, che fu suo compagno di prigionia. Dailager Filippo scrive varie lettere alle famiglie suimoduli prestampati dei prigionieri, al pari di tantialtri internati bluffando sulle sue reali condizionidi salute, sull’alimentazione e sulla temperatura deiluoghi, per non far preoccupare i familiari, tantoche la moglie Giuliana, che qualcosa sospetta, inuna delle risposte gli dice: «Filippo, amore mio, sesapessi come apprezzo la generosità che hai dimo-strato nel non lagnarti di nulla!».Anche a lui, benché sia un civile, vengono fatte ri-chieste di adesione. Ma non cede mai, neppurequando la moglie, nella prospettiva di un rimpatrio

di Mario Avagliano

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anticipato, gli scrive: «non si può far niente senzala tua adesione». Lui replica fermo: «il prezzo ètroppo alto per me».A Wietzendorf, Palieri il 3 aprile 1945 nel suo dia-rio, che giungerà in Italia dopo la guerra, portatoalla famiglia da un internato, scrive profeticamente:«ho avuto il sogno più completo della mia prigionia.Mia madre di cui ho toccato la mano con tanta ve-rosimiglianza che quando mi sono destato ho fattofatica a comprendere che era un sogno. Mio padre,di cui nella camera accanto sentivo il solito cantic-chiare. Mia moglie. Speriamo che ciò sia presagiodella fine imminente come i più recenti avveni-menti danno presumere».Filippo però è allo stremo delle forze. Con la febbrealta, come lui stesso annota, è stato costretto fra il31 gennaio e il 1° febbraio a percorrere a piedi do-dici chilometri sul ghiaccio, ad una temperatura didiversi gradi sotto lo zero, da Sandbostel a Wietzen-dorf, non ottenendo come richiesto il trasporto sucarro. Successivamente, ricoverato in infermeria, èstato dimesso il 2 aprile ancora malato, costretto ailunghi appelli al freddo e alle docce, con la solita

sbobba senza sostanze come unica alimentazione.E così il 13 aprile, verso le 11.00 di mattina, il com-missario esala l’ultimo respiro. La fame, gli stenti,la crudeltà tedesca e la mancanza di cure lo hannoucciso. Don Luigi Pasa nel suo libro racconta lascomparsa dell’amico avvenuta proprio alla vigiliadella liberazione, ricordando che gli parlava sem-pre della moglie e dei tre figli, «concludendo inva-

riabilmente: “Non vedrò più la mia famiglia!”».Appena tre giorni dopo, il 16 aprile, il campo diWietzendorf, dove sono stati concentrati la granparte degli ufficiali, viene liberato. Il comandanteitaliano Pietro testa alle 17.31 emana un ordine delgiorno che molti annotano nei propri diari:

Ufficiali, sottufficiali, soldati del campo 83 diWietzendorf: Siamo liberi! Le sofferenze di 19 mesi di un internamentopeggiore di mille prigioni sono finite. Ab-biamo resistito nel nome del Re e della Pa-tria. Siamo degni di ricostruire. Ufficiali, Sottufficiali, soldati italiani! Ricordiamo i morti, morti di stenti ma fierinelle facce sparute, sotto gli abiti a brandelli,con una fede inchiodata alta come una ban-diera. Salutiamo la Patria che risorge, che noi dob-biamo far risorgere. Viva il Re W l’ItaliaW le Nazioni Alleate.

Purtroppo Filippo Palieri è morto, non può festeg-giare assieme ai suoi compagni. Anzi, le fasi conci-tate della liberazione ritardano la sua sepoltura, inprogramma il 15 aprile ma rimandata al tardo po-meriggio del 16, nel bosco all’interno del campo,proprio mentre arrivano gli inglesi, così che tra«baci, abbracci, strette di mani, sorrisi, auguri for-mulati con la gioia sulle labbra», come annota quelgiorno Giuseppe Lidio Lalli, in «un tripudio gene-rale che è divenuto emozionante al momento del-l’alza-bandiera, accompagnato dal Coro delNabucco: “Oh mia Patria sì bella e perduta”», «nes-suno – scrive don Pasa – pensò più al funerale diquel povero Palieri». La funzione religiosa viene infatti celebrata la mat-tina dopo, alle 9.30, presenti tutti gli ufficiali e soldatidel campo oltre a una rappresentanza francese e in-glese. Dopo la preghiera e il ricordo di don Pasa, in-terviene il comandante del campo, il colonnello Pietrotesta, che – ricorda sempre il cappellano - «disse, de-ponendo la bandiera sulla cassa: “I tedeschi ci ave-vano negata la bandiera, la nostra bandiera: tu sei ilprimo che viene avvolto liberamente nel tricolore!”»Solo nel 1970 la famiglia otterrà il trasferimento delferetro al cimitero di Allumiere, in provincia diRoma, dove oggi sorge un monumento funerario allememoria del coraggioso commissario, deportato peressersi opposto alla barbarie nazifascista e capacedi dire «no» fino alla fine, a costo della sua vita.

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La prigionia e l’internamento occupano, senza dub-bio, un posto di grande rilievo nel panorama dellevicende belliche italiane della seconda guerra mon-

diale. Circa un milione e duecentomila soldati italiani fu-rono fatti prigionieri, in parte dagli alleati occidentali edai russi, in parte dalla Germania. Negli ultimi anni nu-merosi studi hanno contribuito a far conoscere meglio lediverse prigionie e l’internamento dei militari italiani1.Meno noto è il fatto che oltre ai militari, anche molti ci-

vili italiani che vivevano nei paesi alleati al momentodell’entrata in guerra dell’Italia, subirono la sorte del-l’internamento. Si pensi alle migliaia di italiani civili in-ternati in Inghilterra, in Canada, in Australia, in SudAfrica, in Francia e nei territori francesi in Nord Africa,persino a Panama2. Un caso particolare è quello degli Stati Uniti dove, allavigilia della seconda guerra mondiale vivevano circa cin-que milioni di italoamericani, i quali rappresentavano ilpiù grande gruppo di stranieri esistente in quel paese.Dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia agli Stati Uniti,

l’11 dicembre 1941, 600.000 italo-americani furono di-chiarati enemy aliens, 50.000 furono soggetti al copri-fuoco, 10.000 furono rimossi dalla costa del Pacifico ecirca 300 furono internati.In questo quadro generale si colloca una storia di interna-mento molto interessante ma fino ad oggi pressoché scono-sciuta, quella dei circa 1.400 marittimi italiani delle 29 navimercantili, tra cui il transatlantico Conte Biancamano che, almomento dello scoppio della guerra, si trovavano negli Stati

Uniti e in tre paesi del centro America da essi controllati.Questa vicenda presenta aspetti che la rendono unicanel contesto dell’internamento dei civili, per la partico-lare situazione in cui i marittimi si trovavano ad operare.Le grandi e moderne navi italiane, per lo più mercantili,rappresentarono, infatti, dopo l’entrata in guerra dell’Ita-lia, un importante obiettivo di interesse militare ed eco-nomico per l’Inghilterra, che sequestrò subito le naviitaliane nei propri porti. Una parte delle navi italiane,invece, trovò rifugio nei porti americani, in un momentoin cui gli Stati Uniti erano ancora neutrali. Il governo ita-

di Flavio Giovanni Conti

I Marittimi italiani internatinegli Stati Uniti, 1941-1945

NOTE

1· Ci limitiamo a citare gli studi più recenti: Maria teresa Giusti, I prigionieri italiani in Russia, Bologna, Il Mulino, 2003-2009; Gabriele hammermann,Gli internati militari italiani in Germania, Bologna, Il Mulino, 2004-2019; Mario Avagliano, Marco Palmieri, I militari italiani nei lager nazisti, Bologna,Il Mulino, 2020; Isabella Insolvibile, Wops, I prigionieri italiani in Gran Bretagna (1941-1946), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012; Flavio Gio-vanni Conti, I prigionieri italiani negli Stati Uniti, Bologna, Il Mulino, 2012; Flavio Giovanni Conti, Alan R. Perry, Prigionieri di guerra italiani in Pen-nsylvania, 1944-1945, Bologna, Il Mulino, 2018.2· Sull’internamento dei civili italiani durante la guerra si vedano gli atti del convegno di torino del 2-4 novembre 1987, “Una storia di tutti. Prigionieri,internati, deportati italiani nella seconda guerra mondiale” pubblicati, con lo stesso titolo, nel volume dell’Istituto Storico della Resistenza in Piemonte,Milano, Franco Angeli, 1989.

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liano ben presto di rese conto del fatto che l’Inghilterrapotesse ottenere dagli Stati Uniti la consegna delle navi.La situazione divenne più preoccupante con il progres-sivo definirsi della legge “affitti e prestiti”, approvata nelmarzo 1941, che spinse il governo italiano ad ordinareagli equipaggi di sabotare le navi. In questo contesto, la posizione dei marittimi assunse ca-ratteri peculiari e contraddittori: ad essi, che erano civili,fu imposto di obbedire ad ordini di tipo militare e di effet-tuare il sabotaggio delle navi, reato grave secondo le leggiamericane. Le conseguenze furono molto dure: oltre 350marittimi furono condannati a vari anni di prigione, men-tre tutti gli altri furono internati a Fort Missoula, in Mon-tana, dove in seguito giunsero anche quelli che avevanoscontato la pena. tra le montagne, a mille metri di altitu-dine, i marittimi passarono oltre due anni nell’inedia, perlo più chiusi nelle loro abitazioni a causa dei rigori deltempo. Le occupazioni preferite, per combattere la mono-tonia dell’internamento, erano i lavori di artigianato, lamusica, lo sport, all’aperto quando il tempo lo permetteva.

I mutati rapporti politici tra l’Italia e gli Alleati, dopo l’ar-mistizio dell’8 settembre 1943, permisero un allenta-mento dei controlli e la possibilità per gli internati diuscire dal campo per lavorare, inizialmente in aree limi-trofe, poi, sulla parola, in vari stati della Confederazione.Ciò consentì loro, tra l’altro, di incontrare parenti e amiciitaliani residenti negli Stati Uniti e parecchi si fidanza-rono, per lo più con donne italoamericane, tanto che quasiduecento, dopo la guerra, rimasero negli Stati Uniti.I marittimi furono rimpatriati tra giugno e agosto 1945.Alcuni erano lontani da casa da sei anni. Ebbero almenola consolazione di rimpatriare prima dei prigionieri diguerra italiani detenuti negli Stati Uniti. Dopo la guerradelle navi sequestrate quelle funzionanti furono resti-tuite, mentre per quelle affondate furono consegnatenavi Liberty di tonnellaggio equivalente.Fino ad oggi non vi è stato uno studio scientifico e appro-fondito su questa vicenda. Negli Stati Uniti Umberto Be-nedetti, un ex marittimo internato, rimasto a vivere inquel paese, vi ha dedicato un volumetto Italian Boys at FortMissoula, consistente in larga parte in fotografie e pochidocumenti relativi ad alcuni ex marittimi, anch’essi nonrimpatriati. Carol Van Valkenburg ha scritto un libro, AnAlien Place, di poco più di cento pagine, dedicato agli in-ternati italiani e giapponesi a Fort Missoula. Vi è poiun’interessante, anche se breve, ricerca inedita di SusanBuchel, Bella Vista. Kathy Witkowsky, nel documentario,anch’esso dal titolo Bella Vista, ha affrontato il tema del-l’internamento dei marittimi attraverso la testimonianza

di alcuni di quelli rimasti negli Stati Uniti. Riferimenti al-l’internamento degli italiani a Fort Missoula si trovano neilibri di Lawrence DiStasi, Una storia segreta; DomenicMoreo, Riot at Fort Lawton; Jerre Mangione, An Ethnic atLarge. Queste opere, in gran parte basate sulla testimo-nianza degli ex marittimi rimasti negli Stati Uniti, trascu-rano quasi completamente le fonti d’archivio statunitensie completamente quelle italiane, quelle del Vaticano edella Croce Rossa Internazionale. Altre opere, quali Il ca-nadese tranquillo e Cynthia, di Montgomery hyde; Washin-gton goes to War di David Brinkley; Cast No Shadow: TheLife of the American Spy Who Changed the Course of WorldWar II, di Mary S. Lovell, hanno trattato brevemente laquestione, e limitatamente agli aspetti relativi allo spio-naggio e al sabotaggio delle navi, che coinvolsero l’addettonavale italiano a Washington, ammiraglio Alberto Lais. In Italia la storia di questi marittimi è quasi del tuttoignorata. Un articolo di Ezio Ferrante, L’Ammiraglio Lais,Roosevelt e la ‘beffa’ delle navi, ha sottolineato positiva-mente l’opera dell’ammiraglio Lais e i risultati ottenuticon il sabotaggio delle navi, ma ha trascurato del tuttole gravi conseguenze che tale atto comportò per i marit-timi. Flavio Serafini, nel suo libro Ponte Di Comando, siè occupato brevemente dei marittimi internati originaridel ponente ligure. Paolo De Marco ha dedicato alcunepagine al tema, nell’ambito di un articolo riguardanteanche l’internamento dei civili italoamericani. Questa scarsa attenzione alla vicenda dei marittimi ita-liani internati negli Stati Uniti non è facilmente com-prensibile, né giustificabile, tenendo conto che essapresenta vari aspetti di grande interesse, non solo dalpunto di vista strettamente storico, ma anche da quellopolitico, diplomatico, sociologico. Si tratta, infatti, di unastoria di spionaggio, di sabotaggi, di sequestro di navi,di prigionia, di internamento, ma anche di lavoro, diamori, di scelta di una nuova patria.Dopo settantantacinque anni dalla conclusione della se-conda guerra mondiale e dal rimpatrio della maggiorparte dei 1.400 marittimi italiani, ci è parso dunque op-portuno e doveroso ricostruire l’esperienza vissuta daquesti uomini, costretti dalla guerra a trascorrere cinqueanni come prigionieri e internati, lontani dalle famiglie,a loro volta vittime innocenti, spesso ridotte in miseria esballottate nel vortice della guerra in corso nella Penisola. La ricerca, che ci auguriamo possa essere presto pubbli-cata, ricostruisce le diverse fasi di questa storia dimenti-cata e si articola in tre parti. Nella prima parte sonoesaminate le questioni riguardanti il sabotaggio dellenavi, il loro sequestro da parte degli Stati Uniti, l’impri-gionamento dei marittimi e le relative conseguenze di ca-rattere diplomatico. La seconda parte è dedicataall’internamento dei marittimi a Fort Missoula, nei suoivari aspetti, dalle difficoltà iniziali, all’organizzazionedella vita nel campo, al lavoro, che consentì progressiva-mente agli internati di uscire dal campo. Nella terza partesi fornisce un quadro delle condizioni in Italia delle fa-miglie dei marittimi internati, una ricostruzione delle fasidel rimpatrio, una panoramica dei marittimi rimasti a vi-vere negli Stati Uniti e del destino delle navi sequestrare.Con questo studio si intende anche aggiungere un ulte-riore tassello alla ricostruzione della storia della prigio-nia e dell’internamento degli italiani durante l’ultimoconflitto mondiale.

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L’11 marzo di questo 2020, l’Italia ricorderài 160 anni dai plebisciti dell’Unità d’Italiainiziati con i plebisciti della toscana e

dell’Emila (11 e 12 marzo 1860), quello del 21 ot-tobre (plebiscito provincie napoletane) ed infinequelli del 4 e 5 novembre quando il plebiscito ri-guardò le Marche e l’Umbria. Il voto venne per-messo solamente agli uomini ed a un’unica donna:Marianna De Crescenzo detta “La Sangiovannara”.Solo a lei, donna, “fu concesso eccezionalmente permeriti patriottici ed in deroga alla normativa eletto-rale che prevedeva il suffragio universale esclusiva-mente maschile, di deporre la scheda con il ‘sì’nell’urna, tra gli applausi della folla e lo sventolio distriscioni tricolori” (The London Illustrated News, 10novembre 1860). I plebisciti riportarono a stragrande maggioranzauna risposta positiva al quesito “Il Popolo vuole l’Ita-

lia una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re Costi-tuzionale ed i suoi legittimi discendenti?”. Fu l’iniziodella frase del quesito a fornire, agli animi di coloroche volevano un’Italia Unita ed Indivisibile, la pos-sibile realizzazione del sogno a lungo vagheggiatodi tutta la Penisola Italica, finalmente unica na-zione da poter identificare come Patria.Si dice che sia possibile il verificarsi dei cambia-menti storici epocali, solo quando coincidano quat-tro condizioni: il malessere non più sopportabiledelle classi povere, un ideale di società migliore allaquale guardare come speranza, la lungimiranza ela convenienza politica di qualche governante edun uomo che sappia incarnare il riscatto e gli idealidi un popolo. Quell’uomo, in Italia, fu Giuseppe Ga-ribaldi.Ma non è con lo sguardo sull’eroe Garibaldi che vo-glio leggere questa storia dei plebisciti, bensì con

di AnnaMaria Calore

Marianna De Crescenzo detta“La Sangiovannara” e le altre

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lo sguardo rivolto al popolo o, meglio ancora, conlo sguardo rivolto alla storia di una delle donne, inquesto caso una popolana dal nome colorito comesolo nelle località del sud a governo borbonico po-teva accadere in quegli anni, che seppe esprimerela propria passione politica e liberale contutta se stessa: Marianna De Cre-scenzo detta la “Sangiovannara”,che riuscì a fare, dell’osteria chegestiva, un covo antiborbo-nico ed un centro di infor-mazioni e direttive perchéGaribaldi potesse liberareanche Provincie Napole-tane così come già avevafatto con quelle della Si-cilia.Marianna De Cre-scenzo nacque nel1817 e venne chiamatala “Sangiovannara” per-ché abitava in quellaparte di Napoli (S. Gio-vanni a teduccio) doveconvivevano sia famiglie dipescatori che famiglie di la-voratori delle prime industrieconserviere. Lei stessa, nata nelventre di Napoli in Via Pignaseccan.23, era figlia di venditori di frutta esi era sposata due volte, prima con unsoldato borbonico (Gennaro Gioia) poicon Luigi Montella. La sua storia, resaepica dai narratori liberali e condannata dai simpa-tizzanti borbonici, rimase a lungo raccontata solotra la gente del popolo per poi essere definitiva-mente dimenticata dalla storia ufficiale del Risor-gimento.Il destino di questa donna iniziò a rendersi palesetra il 1848 e il 1860, quando, la camorra napoletanaconsolidò la sua rete in tutti i quartieri della città,allargando così la propria influenza al di fuori dellecarceri dove, sino ad allora, il fenomeno camorristaera circoscritto. Già nel 1848, Marianna guidòmolte manifestazioni popolari con la fascia tricoloresul petto insieme a quella parte della camorra cheaveva aderito al movimento liberale. In particolarecapeggiò, insieme a Michele Viscusi già capopo-polo, le manifestazioni avvenute dopo la conces-sione della carta costituzionale nel gennaio 1848,aderendo di fatto alla fazione dei “baracchisti”, cioè

di quei camorristi che erano passati alla rivolu-zione liberale in contrapposizione ai “luciani”, gliabitanti del quartiere intorno alla chiesa di S. Lucia,popolato da pescatori fedeli ai Borbone. Marianna, gestiva una locanda tra le stradine dei

quartieri spagnoli e, quando i “baracchi-sti” decidevano di manifestare per la

strada, via toledo si trasformavain una bolgia di urla scomposte

e di gesti eloquenti. Le donnedel popolo scendevano dai

vicoli, spesso con i loro fi-glioletti in braccio, alseno o attaccati allegonne. Era il loro modoper assecondare lacausa costituzionale eper far capire che il po-polo voleva un’ItaliaUnita. Marianna laSangiovannara era unacollaboratrice molto ef-

ficiente, sempre prontaad aiutare i disertori ed a

trovare posti segreti e si-curi dove poter fare riunioni

cospiratrici. Si prodigavaanche per portare e far avere le

comunicazioni dei prigionieri po-litici e, tra i vicoli di Napoli, si mor-

morava che conoscesse «assai dappressol’illustre Carlo Poerio» (Corrispondenza diNapoli. Al signor direttore della Rivista

contemporanea. Napoli, 20 agosto 1860, in Rivistacontemporanea, 1860, vol. 22, p. 467). L’osteria che gestiva Marianna, era diventata uncovo di simpatizzanti garibaldini anche perché, ilsuo appoggio alla causa liberale si rifaceva alla pa-rentela con il famoso Salvatore De Crescenzo, delquale era cugina, il primo “capintesta” della ca-morra espresso non dalla delinquenza camorristicadella Vicaria, ma dai quartieri di mercato. Dagli os-servatori italiani del tempo, fu descritta come «...“una tavernaia vestita alla brigantessa” che, conaltre donne andava avanti come a trionfo, quasiebbre, piene di fasce e colori e bandiere e pistole ecoltelli» (De’ Sivo, 1865, p. 273). (vedi foto)Gli interni della taverna gestita dalla Sangiovan-nara, venivano citati dal corrispondente del princi-pale periodico illustrato francese L’Illustration inquesto modo: “… a lato della porta fa da sentinella

Marianna De Crescenzola Sangiovannara

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un enorme Cristo ricoperto di fiori e ceri davanti alquale due o tre dozzine di ragazze pregano con voceestremamente querula per i loro parenti ed amantiche si battono con Garibaldi. ….. I muri della Tavernasono ricoperti di immagini di santi abbigliati didrappi tricolori scoloriti dalle lampade ad olio, qui elà tavoli orribilmente sporchi, come del resto tutta lataverna, raramente priva di avventori, dove regna piùil fumo che la luce. La Sangiovannara distribuisceaiuti, dà notizie non sempre veritiere, spiega la situa-zione, emette l’ordine del giorno ai movimenti popo-lari, indica al popolo il suo ruolo dettagliandointeressi e ragioni per le quali conviene abbandonarei Borboni e seguire i signori: Re Galantuomo e Gari-

baldi” (A. Kbolesan, Marianna la Sangiovannara, inL’Illustration. Journal universel, 1860, pp. 12). Il 6 settembre 1860, finalmente Francesco II Bor-bone abbandonava Napoli, imbarcandosi con la fa-miglia sul vapore “Messaggero”, cercando diriorganizzare il suo l’esercito fra la fortezza diGaeta e quella di Capua, con al centro il fiume Vol-turno. Così, il 7 settembre, Garibaldi, precedendoil grosso del suo esercito e viaggiando su di untreno che da torre Annunziata dovette procedere

lentamente per non travolgere le ali di folla fe-stante, poté entrare in città accolto da liberatore. Letruppe borboniche, ancora presenti nella Città diNapoli, non offrirono alcuna resistenza e si arre-sero poco dopo. Fu lei, Marianna la Sangiovannara,ad accompagnare Garibaldi nella visita alla Ma-donna di Piedigrotta quale ringraziamento a MariaVergine per aver liberato Napoli dai Borboni. Ed arrivò il giorno del Plebiscito anche per le Pro-vincie Napoletane. Gli osservatori stranieri presenticosì descrissero l’arrivo di Marianna la Sangiovan-nara al seggio elettorale: “Il 21 ottobre 1860, Ma-rianna De Crescenzo si recò in compagnia dei patriotiSilvio Spaventa e Filippo Cappelli al padiglione elet-torale predisposto all’aperto nel rione di Monte Cal-vario per il plebiscito di annessione delle Provincenapoletane al nascente Regno d’Italia e le fu con-cesso eccezionalmente per meriti patriottici, in derogaalla normativa elettorale che prevedeva il suffragiouniversale esclusivamente maschile, di deporre lascheda con il ‘sì’ nell’urna tra gli applausi della follae lo sventolio di striscioni tricolori” (Voting for anne-xation at Naples, in The London Illustrated News, 10novembre 1860). Per il suo contributo alla causa liberale e nazionaleMarianna, ebbe riconosciuta, dal governo proditta-toriale garibaldino, una pensione come del restoaltre donne patriote che avevano lottato insieme aigaribaldini. Il decreto di concessione del 26 ottobre1860 esaltava sia Marianna la Sangiovannara che:«Antonietta Pace, Carmela Furitano, Costanza Leip-necher e Pasquarella Proto» per essere state «in tempidi tenebrosa tirannide» un «esempio imitabile di co-raggio civile e di costanza nel propugnare la causadella libertà» (Atti governativi per le Provincie napo-letane. 1860, 25 giugno a 31 dicembre, raccolti dal-l’avv. Giuseppe d’Ettore, Napoli 1861, p. 263)Marianna De Crescenzo morì a Napoli il 19 maggio1869, a 52 anni in una casa al numero 22 del Grot-tone di Palazzo, l’attuale via Gennaro Serra, ma ilnome datole dal popolo Napoletano, “La Sangiovan-nara” evoca tutta la forza di una donna del popolointelligente, determinata e coraggiosa, capace dirompere schemi esponendosi in prima persona perquello che sente di dover e poter fare.

Un sentito ringraziamento ad Elena e MargheritaGussoni, due giovanissime studentesse appassionatedi storia, per il supporto ricevuto nella ricerca biblio-grafica che sottende alla stesura del testo di questoarticolo.

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Plebiscito a Roma

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“LA VECChIAIA è LO SCRIGNO DELLA SAPIENzA” COME hA AFFERMAtO POCO tEMPO FA UN NON PIù GIOVANE MA ESPERtO PAPA

FRANCESCO. LA SUA ChIARA E LUCIDA AFFERMAzIONE SI SCONtRA PERò CON IL CONCEttO DI “VECChIAIA” ChE ABBIAMO ERE-DItAtO DAGLI INIzI DEL NOVECENtO, SENzA GRANDI VARIAzIONI NEL tEMPO E tROPPO SPESSO CONSIDERAtO UN SINONIMO DI

“SPEGNIMENtO” ChE RISChIA DI NON tRASMEttERE L’ESPERIENzA ACCUMULAtA ALLE PRESENtI E FUtURE GENERAzIONI.LA COSIDDEttA tERzA Età ERA ED è MOLtO SPESSO PARAGONAtA AL RICEVIMENtO DELLA PENSIONE, GIUStO APPAGAMENtO DI UNA VItA DI

LAVORO, ChE DEVE ESSERE SEMPRE tUtELAtA E GARANtItA DALLO StAtO, COME hA RIBADItO IN PIù DI UNA OCCASIONE IL SANtO PADRE.MA SIAMO SICURI ChE QUEStA RICCA E PREzIOSA FASE MAtURA DELLA VItA SI RIDUCA SOLO A QUEStO?PARtENDO DALL’EtIMOLOGIA DELLA PAROLA, VECChIO, VECChIAIA, PENSIONE, RISPEttIVAMENtE DAL LAtINO SENEX/VEtUS/PENDERE (PESARE

- QUESt’ULtIMO IN EPOCA tARDA ROMANA EBBE IL SIGNIFICAtO DI “PAGAMENtO A CADENzA REGOLARE”), SE FINO ALLA MEtà DEL SECOLO

SCORSO I tERMINI ERANO StREttAMENtE CORRELAtI, StANtE LA MINORANzA DI PERSONE ChE RIUSCIVANO A SOPRAVVIVERE AL PERIODO DI

QUIESCENzA, SUCCESSIVAMENtE, CON IL MIGLIORAMENtO DELLA QUALItà DELLA VItA, DIVENtAtA PIù SANA E LUNGA, LA FASE DEL PENSIO-NAMENtO SI è DISGIUNtA DALLA PAROLA “VECChIAIA”. tALE MOtIVO SI RISCONtRA NEL NUMERO DI PERSONE ChE, PUR RICEVENDO UN ASSEGNO PENSIONIStICO, OCCUPANO ANCORA UN RUOLO DI

PRIMO PIANO NEL BENESSERE DELL’AMBIENtE E DELLE COMUNItà IN CUI VIVONO, PARtECIPANDO IN PRIMA PERSONA NELLE AttIVItà

SOCIALI/UMANItARIE NON ESSENDO SOLO SPEttAtORI ChE NON hANNO PIù NULLA DA ChIEDERE A SE StESSI E AGLI ALtRI.MA PARLANDO DI DAtI, UtILIzzIAMO ANChE I NUMERI UFFICIALI IStAt ChE EVIDENzIANO COME NEGLI ANNI ‘50 LA SPERANzA DI VItA ERA

PARI A 67 ANNI MENtRE, AttUALMENtE, SI è DI MOLtO INNALzAtA (OLtRE GLI 80 ANNI, N.D.R.) E CONtINUA A FARLO. QUINDI SEMBRA ChE LA PAROLA “SPEGNIMENtO” NON POSSA ESSERE PARAGONAtA ALLA PAROLA VECChIAIA, IL PROBLEMA SEMBRA ESSERE

ALtRO; LA MANCAtA CAPACItà DI tRASMEttERE L’ESPERIENzA LAVORAtIVA E DI VItA AI GIOVANI, DELLE PRESENtI E FUtURE GENERAzIONI,SEMPRE PIù SFIDUCIAtI E RASSEGNAtI VERSO IL LORO INCERtO FUtURO E IL RUOLO ALL’INtERNO DELLA SOCIEtà. A QUEStO PUNtO CORRE L’OBBLIGO ChIEDERCI SE UNA IDEA DI VECChIAIA COSì LARGAMENtE RADICAtA ChE INIzIA DI COLPO ALL’APICE DELLE NOStRE

ESPERIENzE E COMPEtENzE è CONFACENtE AL BENE DELL’INtERA SOCIEtà. INFAttI, PER StEREOtIPI E CONSUEtUDINE, NON VIENE PIù VALORIzzAtA

IN tANtISSIMI SEttORI DOVE CI SAREBBE PIù BISOGNO DELLA tRASMISSIONE INtERGENERAzIONALE DELLE POtENzIALItà E DEL VALORE ACQUISItI.COME DISSE DON CIOttI, IN QUEStA FASE StORICA DELLA MAtURItà DOVREMMO COMBAttERE DUE GRANDI LIMItI DEL NOStRO tEMPO. INNANzItUttO

LA SUPERFICIALItà NELL’AFFRONtARE I PROBLEMI, PENSANDO ChE tUttO CIò ChE è NUOVO SIA FUNzIONALE SENzA tENERE DEBItAMENtE CONtO

DEL PASSAtO E DELLE ESPERIENzE GIà AVVIAtE. DI FAttO IN ItALIA SPESSO SI hA IL VIzIO DI StIMOLARE I GIOVANI ALLA NUOVA “MODA” DELL’AU-tOIMPRENDItORIALItà, INSEGNANDO LORO ChE BAStI SOLO UNA BUONA IDEA PER CREARE UNA SOLIDA IMPRESA, SENzA INVECE DIRE CORREttAMENtE

ChE UNA BUONA IDEA SENzA GLI StRUMENtI E L’ESPERIENzA DI ChI hA LAVORAtO PER ANNI E SI è “SCONtRAtO” CON I PROBLEMI DEL LAVORO E DEL-L’INNOVAzIONE RISULtA ESSERE GIà zOPPA ALLA NASCItA E MINAtA DALLA IMPERANtE SCIAttERIA DELL’AttUALE MODUS VIVENDI DELLA NOStRA

SOCIEtà. IN QUEStO CASO LA VECChIAIA POtREBBE ESSERE SINONIMO DI INNOVAzIONE, O MEGLIO SUPPORtO ALL’INNOVAzIONE GIOVANILE.IL SECONDO PROBLEMA, E NON MENO RILEVANtE, è INVECE QUELLO DELL’OSCURANtISMO, NEL NON ADAttAMENtO DI UN LINGUAGGIO ChE

MUtA E CAMBIA VELOCEMENtE AI GIORNI NOStRI IN UN MONDO ChE CORRE VELOCISSIMO. IN EFFEttI L’ESPERIENzA DIFFICILMENtE POtRà tRASMEttERSI IN MODO VELOCE ED EFFICACE SE NON ASSUME PER DAtO I NUOVI CODICI DEL LIN-GUAGGIO DEI GIOVANI. QUESt’ULtIMI NON DEVONO RItENERE ChE IL PASSAtO SIA QUALCOSA DI NON AttUALE E PER QUEStO MOtIVO L’APPRENDIMENtO

tECNOLOGICO E COMUNICAtIVO DEI PENSIONAtI RISULtA ESSERE StRAtEGICAMENtE IMPORtANtE NON SOLO PER INtEGRARE LE VARIE COMPEtENzE

ESIStENtI E RENDERLE FRUIBILI MA ANChE COME LEItMOtIV PER IL PAESE ChE NON DISPERDERà SAPERE ED ENERGIE UtILI PER IL SUO SVILUPPO DA

MANtENERE ED ACCRESCERE. IN QUEStO CASO LA VECChIAIA PUò DIVENIRE SINONIMO DI “COMUNICAzIONE INtERGENERAzIONALE”.CONOSCIAMO QUANtO SIA IMPORtANtE COMPLEtARE QUEStA CONNESSIONE, OVVIAMENtE, CONtINUANDOSI A BAttERE PER I DIRIttI ChE LA

tERzA E QUARtA Età DEVONO AVER RICONOSCIUtI PER NON ESSERE RELEGAtE AD UN RUOLO DI SECONDO PIANO NELLA SOCIEtà, MA ANChE

PER RISPONDERE AL BISOGNO DI COMPIERE UN PASSAGGIO CULtURALE NON FACILE MA SICURAMENtE AMBIzIOSO tRA GIOVANI ED ANzIANI. LA VECChIAIA DEVE PASSARE IL tEStIMONE ALLA GIOVENtù MA NON DEVE ESSERE CACCIAtA Né CANCELLAtA DALL’IPOtEtICO CAMPO SPORtIVO

DELLA VItA, PERChé C’è POStO PER tUttI

FORSE SARà NECESSARIO PASSARE DA UNA COMUNE E FACILE INDIGNAzIONE SIA GIOVANILE ChE SENILE PER LE COSE ChE NON VANNO, PER

L’EVENtUALE ASSENzA DELLE IStItUzIONI O ALtRO ANCORA AD UN SENtIMENtO StABILE DI PROPOStA E AzIONE PER POtER MIGLIORARE LA

NOStRA SOCIEtà E FARE IN MODO ChE PER UNA VOLtA PER tUttI LA PAROLA VECChIAIA SIA ASSOCIAtA ALLA PAROLA CONDIVISIONE E SVI-LUPPO SOStENIBILE A FIANCO DEI GIOVANI. PERChé LA SOStENIBILItà, ALtRO tERMINE ABUSAtO AI GIORNI NOStRI, NON VUOL DIRE SOLO OCCUPARSI RESPONSABILMENtE DI AMBIENtE,MA FARE IN MODO ChE IL RISPEttO DELL’UOMO E DELLA SOCIEtà SIA GARANtItO DA UN PERCORSO INtERGENERAzIONALE, RISPEttOSO, CO-StRUttIVO E DURAtURO NEL tEMPO tENUtO PERALtRO IN DEBItA CONSIDERAzIONE ChE L’ItALIA è IL PAESE PIù VECChIO IN EUROPA.

Luciana Chichiarelli

“La vecchiaia sostenibile”

26·LIBERI

riceviamo e pubblichiamo

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l’aNrp nel tempoha intensificato il suo ruolo,impegnandosi sempre di più

sul fronte della ricerca,dell’approfondimento

e della divulgazione storica,diventando promotricedi iniziative culturali,

di formazionee di sensibilizzazione

sulla necessità di costruireun mondo senza più guerre

presso la sede dell’aNrpin via labicana 15/a (00184 roma)

inoltre, è possibile visitare

sul sitowww.anrp.it

tutti gli aggiornamentisulle attività dell’associazione

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riNNova l’adesioNeall’aNrp

è sufficiente versare un contributo• ordinario € 25,00

• sostenitore € 100,00• benemerito € 250,00

su c/c postale 51610004intestato: aNrp roma

oppure su c/c bancario intestato ad aNrp:banca credem, filiale via del tritone

iban it12 f030 3203 2010 1000 0090 170

scegli di stare coN NoiNell’impegNo tra memoria,

respoNsabilitÀ e futuro

aderire all’aNrp significa:

•assicurarsi un’informazionecoerente, aggiornata e libera

•difendere la memoria storica

•sensibilizzare i giovanial dramma della guerra

•costruire le basi culturaliper un mondo di pace

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Il 19 dicembre scorso il Prefettodi Pavia, Silvana tizzano, nel-l’ambito del tradizionale incon-

tro per lo scambio di augurinatalizi, ha consegnato i diplomiagli insigniti delle Onorificenze alMerito della Repubblica Italiana.tra questi è stato insignito con ilgrado di Commendatore FrancoRemo Del Vecchio, classe 1923,storica figura della comunità diBarbianello, accompagnato dai fa-miliari e dal Sindaco.Del Vecchio, internato militare, ha

fondato con altri reduci nel 1946 lasezione di Barbianello dell’ANRP, di-ventandone successivamente Presi-dente - carica che ricopre tuttora –adoperandosi in prima persona pervedere riconosciuti i diritti dei re-duci. Nel 2004 viene eletto Consi-gliere Nazionale dell’ANRP e, permeriti acquisiti, ne diventa Presi-dente Onorario. è stato ed è tuttorafervido animatore, nonché oratoreufficiale delle manifestazioni citta-dine del 4 Novembre e del 25 Aprile.

(c.p.)

Barbianello: Franco Del Vecchioè Commendatore

Franco Del Vecchio con il SindacoGiorgio Falbo in Prefettura

Nel pomeriggio del 28 gen-naio, presso l’auditoriumdella Fondazione Cassa di Ri-

sparmio di Lucca, è stato presentatoil libro, edito dalla Casa Editrice luc-chese Maria Pacini Fazzi e curato dalladirigente dell’ANRP Patrizia Fornaciari,che ricostruisce le vicende di guerra edi prigionia di un sottoufficiale dellaRegia Marina Militare attraverso i docu-menti e i diari conservati dalla famiglia. L’iniziativa ha fatto parte del programmaorganizzato per la Giornata della Memoriache a Lucca è stata incentrata proprio sul ri-cordo degli ex IMI. Il presidente del Consiglio comunale France-sco Battistini si è detto commosso dalla lettura dialcuni passi del libro e ha preso l’impegno di con-tinuare in questo lavoro di divulgazione e conser-

vazione della memoria degli IMI. Le do-mande poste alla curatrice nel corso del-l’incontro hanno permesso di spiegareperché a una pura trascrizione dei diarisi è preferita una forma narrativa cheaffiancasse alle parole del protagonistala loro ricostruzione nel contesto sto-rico. Particolare attenzione è statadata al valore che una testimonianzadel genere può avere per le giovanigenerazioni: la spontaneità quasinaturale della scelta di non colla-borare con le forze del fascismo e

del nazismo per continuare laguerra “rovinosa”, la dignità personale difesa

con sopportazione e pazienza, l’altruismo fin nellepiù semplici manifestazioni di vita e la solidarietàdi gruppo nel contesto concentrazionario.

(p.f.)

Questa guerra tanto rovinosaper tutto il mondo

Dai Diari di Fosco Guidugli

29·LIBERI

dalle Nostre sezioNi

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L’AQUILA • In occasione della Giornata della Memoria, ilprefetto dell’Aquila, Cinzia torraco, ha incontrato i familiari dicinque deportati e internati in Germania, ai quali ha consegnatola Medaglia d'Onore. A ricevere l’onorificenza alla memoria sonostati i familiari di Giuseppe Beccia, Noè Stefano Cantalini, Gio-vanni Gasbarro, Primo Ricordi e Antonio Scamolla. Alla cerimo-nia hanno partecipato rappresentanti dei comuni di residenza,dell’Aquila e rappresentanze delle Forze Armate e dell’Ordine.

MODENA • è stata ritirata a Modena il 27 gennaio dallaSig.ra Novella Corsi, mamma di Vasco Rossi, la Medagliad’Onore alla memoria del marito Giovanni Carlo Rossi, inter-nato militare in Germania durante la Seconda guerra mondiale.La cerimonia, sobria e commovente, si è tenuta presso la Pre-fettura di Modena, ove, oltre a quella del padre di Vasco, sonostate consegnate quattro medaglie alla memoria di ex deportati.A consegnare la medaglia a mamma Novella, accompagnatadal nipote Luca, il Prefetto di Modena Pierluigi Faloni. Presentii sindaci di Modena e zocca, cittadina dell’Appennino emiliano

ove risiede la famiglia Rossi. Attraverso i social, Vasco ha inviato un video messaggio daLos Angeles, ringraziando per l’onorificenza conferita alla memoria del padre Carlino.

ROMA • Il Segretario Generale dell’ANRP, Potito Ge-nova, ha partecipato il 28 gennaio alla cerimonia di conse-gna delle Medaglie d’Onore, tenutasi a Palazzo Valentinipresso i saloni di rappresentanza della Prefettura di Roma. Il prefetto Geranda Pantalone ha preso parte all'incontrocon la sindaca di Roma, Virginia Raggi, il sottosegretarioall’Ambiente, Roberto Morassut, l'assessore regionale Clau-dio Di Berardino, il questore, Carmine Esposito e la presi-dente della Comunità ebraica romana, Ruth Dureghello.

Morassut, anche in ricordo del padre a sua volta deportato, ha consegnato 41 medaglie d’onorealla memoria dei cittadini di Roma e provincia, civili e militari, internati nei lager nazisti.

BERGAMO • Si è svolta presso l'Aula Magna del-l'Università degli Studi di Bergamo la cerimonia di conse-gna di 96 Medaglie d'Onore, conferite con Decreto delPresidente della Repubblica. Il Prefetto di Bergamo, Elisa-betta Margiacchi, con il Magnifico Rettore dell'Universitàdegli Studi di Bergamo, il Presidente della Provincia di Ber-gamo, ed i Sindaci dei Comuni di residenza degli insignitihanno consegnato i riconoscimenti. Nel portare il Suo in-dirizzo di saluto ai presenti, il Prefetto ha concluso con unmessaggio di speranza e fiducia nei confronti delle giovani

generazioni, sensibili ed attente alla lezione della storia ed alle parole dei testimoni diqueste tragiche vicende.

MEDAGLIA D’ONOREIn tutta Italia le cerimonie per la consegna delle Medaglie d’Onore aquanti hanno contribuito ad una Italia libera e democratica.Di seguito la cronaca di alcune manifestazioni che hanno visto protago-nisti i nostri associati.

a cura di Gisella Bonifazi

30·LIBERI

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE REDUCI DALLA PRIGIONIADALL’INTERNAMENTO, DALLA GUERRA DI LIBERAZIONE E LORO FAMILIARI

Roma 12 febbraio 2020

Ai Sigg. Presidenti o Fiduciaridelle OO.TT. dell'ANRP Ai Sigg. Delegati al XXIX Congresso Ai Sigg. Soci

e p.c. Ai Sigg. Consiglieri NazionaliAi Sigg. Componenti il Collegio Nazionale dei Sindaci e dei Probiviri

LORO SEDI

Ente Morale D.P.R. 30/05/1949 (G.U. 09/08/1949 n.181) – Ente con Finalità Assistenziali D.M. 10/09/1962

Prot.n. 27/20Oggetto: Convocazione 29° Congresso Nazionale ANRP il 19 e 20 aprile 2020 a RomaPalazzo Firenze “Società Dante Alighieri”, Piazza di Firenze, 27.

Visto art. 13 e seguenti dello Statuto;Vista la delibera del 4 febbraio 2020, n. 23 del C.D.C.

si delibera:che il XXIX Congresso Nazionale dell’Associazione è convocato, in via ordinaria estraordinaria, in prima convocazione, alle ore 21.00 del giorno 19 aprile 2020 e in secondaconvocazione alle ore 09.00 del giorno 20 aprile 2020, presso Palazzo Firenze “Società DanteAlighieri”, Piazza di Firenze n. 27- 00185 Roma con il seguente ordine del giorno:

per la parte ordinaria:1. Insediamento Commissione Verifica poteri, Registrazione delegati e soci, apertura lavori;2. Interventi e Relazione morale; 3. Relazione generale-organizzativa anni 2017/2019;4. Presentazione bilanci anni 2017/2019;5. Relazione Collegio dei Sindaci;

per la parte straordinaria:1. Modifica Statuto associativo, ai sensi D.Lgs. 117/2017 e seguenti;

i lavori proseguiranno subito dopo in forma ordinaria per:1. Elezioni cariche sociali triennio 2020/2023 (Consiglio Nazionale, Consiglio Direttivo

Centrale, Collegio dei Sindaci e Collegio dei Probiviri);2. Approvazione ordini del giorno e mozione conclusiva Congresso;3. Proclamazione eletti.

IL PRESIDENTE C.D.C.Enzo Orlanducci

00184 Roma - Via Labicana, 15/a - Tel. 06/7004253 - Fax 06/77255542 - e-mail [email protected]

AssociazioneNazionaleReduci dallaPrigioniadall’Internamentodalla Guerra di Liberazionee loro familiariEnte Morale DPR 30-5-1949

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CONGRESSONAZIONALE

20 aprile 2020Palazzo Firenze

Piazza di Firenze, 27 · RomaOre 09,00

Info: 06.7004253 · [email protected]

Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento,dalla Guerra di Liberazione e loro familiari

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