DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale,...

44
1 Convengo nazionale della SISP Università di Milano, 12-13 settembre 2016 SEZIONE DI PANEL 10: Studi regionali e politiche locali PANEL 10.2: Convergenza o divergenza? La riorganizzazione degli enti locali italiani tra policy e politics DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO REGIONALE: IL CONTRIBUTO DELL’INSTITUTIONAL FIT AL CONCETTO DI SOSTENIBILITÀ ISTITUZIONALE Lorenzo CIapetti ([email protected]) e Patrizia Messina ([email protected]) Abstract Da una prospettiva di sviluppo regionale, la riforma di riordino istituzionale sancita dalla L. 56/14 incrocia due aspetti rilevanti delle riflessioni sulle politiche di sviluppo: da un lato, l’opportunità storica di fornire risposte adeguate al problema del non allineamento tra i confini amministrativi delle istituzioni locali e i fenomeni socio-economici che attraversano il territorio; dall’altro, l’emergere su scala europea di progetti di “soft space” e aree funzionali nella ridefinizione di questi confini amministrativi. Poiché il tema del coordinamento istituzionale e territoriale è centrale nell’approccio di sviluppo place-based fatto proprio dalla nuova programmazione europea 2014-2020, la domanda affrontata dal presente lavoro è: se e a quali condizioni l’istituzione delle “nuove” aree vaste, prevista dalla L.56/14, può garantire l’accresciuta necessità di coordinamento delle politiche di sviluppo territoriale. Il paper contestualizza la riforma di riordino nell’attuale processo europeo di re-scaling e guarda alle declinazioni di aree vaste, a seguito del recepimento della L.56/14, nelle regioni italiane. Con riferimento al tema della sostenibilità istituzionale, il paper suggerisce un percorso di ricerca che esplora la corrispondenza tra funzione, scala ed efficienza, introducendo il concetto operativo di Institutional Fit per le aree vaste, ovvero la corrispondenza tra capacità istituzionale e i confini dei problemi affrontati a livello territoriale. Per illustrare la prospettiva dell’adeguatezza istituzionale delle aree vaste, vengono prese in esame due regioni italiane e due ambiti di policy. Le due regioni di Veneto ed Emilia Romagna sono state scelte in relazione alle note differenze tra i due modi di regolazione dello sviluppo regionale. I due ambiti di policy, socio-sanitario e del turismo, sono scelti perché permettono di analizzare, con dinamiche diverse, le dimensioni di adeguatezza in termini di funzione, territorio, integrazione tra settore privato e settore pubblico. I modelli organizzativi adottati dalle due regioni nell’ambito delle due policies, letti in relazione a due diversi modi di regolazione dello sviluppo del territorio, vengono qui analizzati e comparati sulla base di un indice di “Institutional fit” che permette di evidenziare, nei due contesti regionali, il diverso modo di costruzione delle Aree Vaste nei due ambiti di policy. In una prospettiva di consolidamento di questa linea di ricerca, l’indice di Institutional fit permette altresì di introdurre una misura di adeguatezza nell’analisi istituzionale dello sviluppo territoriale che possa integrare il concetto di “sostenibilità istituzionale” al fine di effettuare analisi comparate regionali in relazione al percorso di riordino istituzionale in atto. Sommario 1. Lo scenario di rescaling istituzionale in Europa: il contesto della ricerca 2. Sostenibilità istituzionale e Institutional fit 2.1 Per una definizione operativa di Institutional fit 3. La riforma Delrio e il governo di area vasta dopo le Province: opportunità e nuove trappole 4. I casi studio regionali: Emilia Romagna e Veneto 4.1 Le politiche socio-sanitarie e turistiche nei due contesti regionali: analisi della spesa 5. L’ambito di policy socio-sanitario 5.1 La riforma del sistema sanitario in Emilia Romagna e in Veneto 5.2 L’indice di Instituzional fit socio-sanitario in Emilia Romagna e in Veneto 5.3 Esiti della misurazione dell’Institutional fit socio-sanitario delle due regioni 6. La policy del turismo: dal settore al territorio 6.1 Gli ambiti di destinazione turistica in Emilia Romagna e in Veneto 6.2 L’indice di Instituzional fit del turismo in Emilia Romagna e in Veneto 6.3 Esiti della misurazione dell’Institutional fit turistico delle due regioni 7. Aspetti rilevanti della comparazione e conclusioni Appendice: Le misure di Institutonal fit Riferimenti bibliografici

Transcript of DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale,...

Page 1: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

1

Convengo nazionale della SISP Università di Milano, 12-13 settembre 2016 SEZIONE DI PANEL 10: Studi regionali e politiche locali PANEL 10.2: Convergenza o divergenza? La riorganizzazione degli enti locali italiani tra policy e politics

DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO REGIONALE:

IL CONTRIBUTO DELL’INSTITUTIONAL FIT AL CONCETTO DI SOSTENIBILITÀ ISTITUZIONALE

Lorenzo CIapetti ([email protected]) e Patrizia Messina ([email protected])

Abstract Da una prospettiva di sviluppo regionale, la riforma di riordino istituzionale sancita dalla L. 56/14 incrocia due aspetti rilevanti delle riflessioni sulle politiche di sviluppo: da un lato, l’opportunità storica di fornire risposte adeguate al problema del non allineamento tra i confini amministrativi delle istituzioni locali e i fenomeni socio-economici che attraversano il territorio; dall’altro, l’emergere su scala europea di progetti di “soft space” e aree funzionali nella ridefinizione di questi confini amministrativi. Poiché il tema del coordinamento istituzionale e territoriale è centrale nell’approccio di sviluppo place-based fatto proprio dalla nuova programmazione europea 2014-2020, la domanda affrontata dal presente lavoro è: se e a quali condizioni l’istituzione delle “nuove” aree vaste, prevista dalla L.56/14, può garantire l’accresciuta necessità di coordinamento delle politiche di sviluppo territoriale. Il paper contestualizza la riforma di riordino nell’attuale processo europeo di re-scaling e guarda alle declinazioni di aree vaste, a seguito del recepimento della L.56/14, nelle regioni italiane. Con riferimento al tema della sostenibilità istituzionale, il paper suggerisce un percorso di ricerca che esplora la corrispondenza tra funzione, scala ed efficienza, introducendo il concetto operativo di Institutional Fit per le aree vaste, ovvero la corrispondenza tra capacità istituzionale e i confini dei problemi affrontati a livello territoriale. Per illustrare la prospettiva dell’adeguatezza istituzionale delle aree vaste, vengono prese in esame due regioni italiane e due ambiti di policy. Le due regioni di Veneto ed Emilia Romagna sono state scelte in relazione alle note differenze tra i due modi di regolazione dello sviluppo regionale. I due ambiti di policy, socio-sanitario e del turismo, sono scelti perché permettono di analizzare, con dinamiche diverse, le dimensioni di adeguatezza in termini di funzione, territorio, integrazione tra settore privato e settore pubblico. I modelli organizzativi adottati dalle due regioni nell’ambito delle due policies, letti in relazione a due diversi modi di regolazione dello sviluppo del territorio, vengono qui analizzati e comparati sulla base di un indice di “Institutional fit” che permette di evidenziare, nei due contesti regionali, il diverso modo di costruzione delle Aree Vaste nei due ambiti di policy. In una prospettiva di consolidamento di questa linea di ricerca, l’indice di Institutional fit permette altresì di introdurre una misura di adeguatezza nell’analisi istituzionale dello sviluppo territoriale che possa integrare il concetto di “sostenibilità istituzionale” al fine di effettuare analisi comparate regionali in relazione al percorso di riordino istituzionale in atto.

Sommario

1. Lo scenario di rescaling istituzionale in Europa: il contesto della ricerca

2. Sostenibilità istituzionale e Institutional fit 2.1 Per una definizione operativa di Institutional fit

3. La riforma Delrio e il governo di area vasta dopo le Province: opportunità e nuove trappole

4. I casi studio regionali: Emilia Romagna e Veneto 4.1 Le politiche socio-sanitarie e turistiche nei due contesti regionali: analisi della spesa

5. L’ambito di policy socio-sanitario 5.1 La riforma del sistema sanitario in Emilia Romagna e in Veneto 5.2 L’indice di Instituzional fit socio-sanitario in Emilia Romagna e in Veneto 5.3 Esiti della misurazione dell’Institutional fit socio-sanitario delle due regioni

6. La policy del turismo: dal settore al territorio 6.1 Gli ambiti di destinazione turistica in Emilia Romagna e in Veneto 6.2 L’indice di Instituzional fit del turismo in Emilia Romagna e in Veneto 6.3 Esiti della misurazione dell’Institutional fit turistico delle due regioni

7. Aspetti rilevanti della comparazione e conclusioni

Appendice: Le misure di Institutonal fit

Riferimenti bibliografici

Page 2: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

2

1. Lo scenario di rescaling istituzionale in Europa: il contesto della ricerca

Recenti studi sulle politiche e le istituzioni per lo sviluppo del territorio in Europa hanno messo in luce la

stretta correlazione esistente tra frammentazione amministrativa e capacità competitiva regionale, con una

polarizzazione tra i paesi dell’Europa settentrionale e meridionale: nel contesto dell’economia globale, le

regioni più competitive in Europa risultano essere infatti quelle dei paesi del Nord, gli stessi paesi che, già

negli anni ’70, hanno o drasticamente ridotto il numero dei Comuni (come Danimarca, Paesi Bassi, Germania,

Svezia, Regno Unito) o, come nel caso francese, rafforzato le forme associative tra i Comuni1. Al contrario, i

Paesi mediterranei presentano oggi maggiori criticità: un peso significativo, oltre che dal quadro

macroeconomico dei sistemi paese, è giocato proprio dalla qualità delle istituzioni di governo del territorio.

La capacità istituzionale, in termini di adeguatezza, efficacia e innovazione, risulta essere difatti un fattore

sempre più rilevante per lo sviluppo regionale, al punto che le stesse politiche europee di sviluppo regionale

prevedono un investimento significativo per il potenziamento della “capacità istituzionale” delle regioni,

soprattutto in termini di formazione delle risorse umane a sostegno delle riforme istituzionali2.

In questa prospettiva, la politica di riordino istituzionale, avviata nel nostro paese con la Legge 56/14, detta

“Delrio”, affronta finalmente un tema su cui l’Italia ha tardato a intervenire: si tratta di una policy che, se ben

indirizzata, potrebbe costituire una delle più importanti politiche per lo sviluppo regionale, nel contesto

dell’economia globale. La policy di riordino istituzionale infatti, affronta il ridisegno delle competenze e dei

confini amministrativi sia del livello di governo comunale sia del livello intermedio per il governo di area vasta,

fin ora affidato alle Province, delegando alle Regioni la fase attuativa sul territorio. I criteri e i modi con cui

viene definito questo rescaling istituzionale dal legislatore nazionale e con cui queste stesse direttive

vengono poi applicate a livello regionale, sono pertanto di particolare interesse e meritano un’analisi

accurata in chiave comparata.

In questo paper focalizzeremo l’attenzione sull’adeguatezza istituzionale delle aree vaste, proponendo una chiave di lettura che consente di analizzare la corrispondenza tra funzione, scala ed efficienza delle “nuove” istituzioni intermedie, introducendo il concetto operativo di Institutional Fit per le aree vaste a supporto del concetto, ancora piuttosto vago per la scienza politica, di sostenibilità istituzionale. L’obiettivo è quello di suggerire una metodologia che consenta di valutare l’adeguatezza degli enti intermedi, mettendo in relazione la “capacità istituzionale” sia con le funzioni che devono essere assicurate dall’azione di governo, sia con la scala territoriale adeguata per assicurare efficienza della stessa azione di governo. Per illustrare la prospettiva dell’adeguatezza istituzionale delle aree vaste, vengono prese qui in esame due regioni italiane e due ambiti di policy. Le due regioni sono state scelte in relazione a due diversi modi di regolazione ampiamente documentati da ricerche precedenti, come il Veneto e l’Emilia Romagna (Messina 2012), per consentire un’analisi dell’adeguatezza rispetto al contesto. I due ambiti di policy, socio-sanitario e del turismo, sono stati scelti perché permettono di analizzare, in ambiti distinti, le diverse risposte istituzionali delle due regioni, coerenti con i rispettivi modi di regolazione, per analizzarne l’adeguatezza in termini di funzione, dimensione territoriale, efficacia e integrazione tra privato e pubblico.

1 Si vedano a questo riguardo i dati relativi all’Indice europeo di Competitività Regionale (RCI) in Annoni, Dijkstra (2013). Per un’analisi della correlazione tra RCI e frammentazione amministrativa nei paesi europei cfr. Messina (2016). 2 Con riferimento al POR FSE e POR FESR a partire dal caso del Veneto cfr. Bassetto e Domorenok (2016).

Page 3: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

3

2. Sostenibilità istituzionale e Institutional fit3

Il concetto di sostenibilità istituzionale viene introdotto dal dibattito sullo sviluppo sostenibile come una delle dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare condizioni di stabilità, democrazia, partecipazione, informazione, formazione, giustizia» (Agenda 21 locale, 1992). Nel tempo il concetto si è arricchito, intersecandosi con i principi della CSR (Corporate Social Responsability); questo ha contribuito a rendere la sostenibilità istituzionale un concetto polisemico, una sorta di “contenitore” all’interno del quale «troviamo tutte le caratteristiche di una società ben governata»: dal rispetto per l’ambiente alle pari opportunità di genere, dalla condizione di sicurezza alla diffusione dell’istruzione, dal pluralismo culturale e religioso allo stato di diritto, ecc. (Lanzalaco, 2009, p. 180). Con i contributi di Norad (2000) e Lanzalaco (2009), il concetto è stato introdotto anche nella scienza politica, nel tentativo di definirlo come proprietà di una qualunque istituzione, indipendentemente dalle politiche di sviluppo sostenibile. In questa prospettiva, Lanzalaco ha messo in evidenza la dimensione dinamica del processo di istituzionalizzazione, definendo la sostenibilità istituzionale come «capacità che un’istituzione ha di sopravvivere nel tempo senza erodere le risorse a sua disposizione, senza dover ricorrere continuamente al supporto esterno e svolgendo le funzioni a cui è preposta […] ha quindi a che fare con l’autonomia organizzativa, una leadership fortemente legittimata e sviluppate capacità di apprendimento e adattamento» (p.185). Separare il concetto di sostenibilità istituzionale dal concetto di sviluppo sostenibile, significa essenzialmente guardare alle istituzioni come variabile indipendente. Come sottolinea D’Amico (2016), con riferimento alle istituzioni pubbliche, oggi vi è un generale accordo sul fatto che la sostenibilità istituzionale richieda almeno tre condizioni: 1) partecipazione e condivisione dei cittadini delle scelte adottate circa le strategie di sviluppo (governance orizzontale); 2) competenze adatte ed efficaci per favorire sinergie fra settori di intervento diversi (policy network); 3) capacità di verificare e render conto dei risultati (accountability). Ma perché oggi diventa rilevante questo concetto? Perché studiare la sostenibilità istituzionale? Essenzialmente perché, come ricorda D’Amico (2016) questo diventa «un passaggio obbligato per porre nella giusta prospettiva metodologica il dibattito circa la convenienza o meno di continuare a tenere in vita un determinato assetto istituzionale, ovvero su come riformarlo, più o meno radicalmente», in relazione alle strategie di sviluppo che si vogliono perseguire. In altre parole, oggi siamo di fronte alla necessità di ripensare radicalmente non solo il nostro “modo di sviluppo” (sostenibile) ma anche il “modo di regolazione”, ovvero l’assetto istituzionale e delle regole che, come comunità, intendiamo darci per perseguire obiettivi strategici di sviluppo. Come suggerisce la teoria della regolazione (Solari 2003; Regini 2000), esiste infatti una stretta relazione tra modo di regolazione e modo di sviluppo, pertanto, in questo senso, può permanere sullo sfondo una relazione della sostenibilità istituzionale con le prospettive della sostenibilità dello sviluppo, se è questo che si intende perseguire, ma non una relazione necessaria. Il tema, quindi, non è solo quello della sostenibilità del singolo tipo di istituzione4 (i piccoli Comuni, la Città metropolitana, o la Provincia, etc.), bensì quello dell’intero assetto istituzionale per il governo del territorio, nel contesto della globalizzazione dell’economia e di una crescente complessità sociale (Rusconi 1979; De Nardis 2011). In ambito politologico, inoltre, affrontare il tema della sostenibilità istituzionale significa fare i conti con una serie di difficoltà di ordine epistemologico e metodologico che possono essere così riassunte. In primo luogo, nella sua accezione neo-istituzionalista (March e Olsen 1989; Lanzalaco 1995), un’istituzione, come costruzione sociale, non può essere compresa e analizzata senza riferimento al “campo istituzionale”, ovvero

3 L’analisi dei concetti di sostenibilità istituzionale e institutional fit qui riportata in sintesi è stata realizzata grazie al ciclo di seminari su “Quale sostenibilità istituzionale? Tra crisi della rappresentanza, riforme istituzionali e nuove forme di partecipazione” del Centro Interdipartimentale di Ricerca sul Nord Est “Giorgio Lago” (CIRN) dell’Università di Padova, nell’ambito dello Standing group Studi regionali e politiche locali, 2016, coordinato da P. Messina, con particolare riferimento ai contributi di D’Amico (2016), Ciapetti (2016), Bolgherini (2016). 4 Si vedano in questo senso i contributi di Alberton e Domorenok (2011); Messina et al (2011); Domorenok e Messina (2013); Bogherini e Messina (2014); Bolgherini (2015).

Page 4: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

4

al contesto storico e territoriale dentro cui essa si colloca. In secondo luogo, le istituzioni politiche devono essere considerate da un duplice punto di vista: da un lato, per la capacità di governo e il rendimento istituzionale; dall’altro per la capacità di riprodurre risorse simboliche, legate all’identità collettiva e alla legittimazione politica. Allo stesso modo, la dimensione della sostenibilità istituzionale deve tenere conto di entrambi questi elementi. Essa pertanto non può essere definita in assoluto e in modo decontestualizzato e generalizzante (nomologico), inoltre deve permettere di distinguere almeno due diversi livelli di sostenibilità: quello della capacità istituzionale e di governo, in senso funzionale, e quello della capacità di riprodurre risorse simboliche di identità e legittimazione. Parlare quindi, per esempio, di istituzioni politiche come i Comuni, soprattutto di piccoli comuni, sia pure limitatamente al contesto europeo (contesto comunque tutt’altro che omogeneo), può non avere lo stesso significato se ci riferiamo, per esempio, al contesto italiano e mediterraneo, in cui le autonomie comunali sono nate nell’età dei ceti, ben prima degli stati nazionali, e mantengono ancora oggi una forte tradizione e radicate identità locali (sebbene l’istituzione comunale sia oggi fortemente sfidata dal processo di globalizzazione), oppure al contesto dell’Europa settentrionale in cui i Comuni hanno avuto tutta un’altra storia e svolgono, come nel caso francese, funzioni prevalentemente simboliche, più che di governo locale (Bobbio 2002), tanto che le associazioni intercomunali risultano essere in questo caso pressoché obbligatorie. La stessa istituzione può svolgere, quindi, funzioni molto diverse e avere maggiore o minore peso politico in contesti storici e territoriali differenti. Queste differenze costitutive e contestuali della medesima istituzione contribuiscono, da un lato, a spiegare perché nell’Europa settentrionale, a differenza dell’Europa meridionale, si è potuto procedere più agevolmente a un riordino istituzionale con una drastica riduzione “dall’alto” del numero dei comuni, senza ricorrere allo strumento del referendum (previsto invece nel caso italiano). Dall’altro, queste differenze contribuiscono a sottolineare la necessità di distinguere le due dimensioni, della capacità di governo e dell’identità, articolando maggiormente l’analisi. Il tema della sostenibilità istituzionale così impostato dovrebbe aiutare anche ad affrontare una ulteriore sfida, ovvero quella collegata all’efficienza delle istituzioni. A questo riguardo, in letteratura ci si è interrogati su quali siano le politiche che risulta più efficiente realizzare ad un determinato livello territoriale ed è stato riscontrato che molte politiche necessitano di più livelli di governo per essere espletate (Hooghe and Marks

2009). Questo tipo di riscontro va però modulato con un’analisi dell’efficienza tecnica, che dipende fortemente dal tipo di servizio, ovvero l’efficienza ottenibile con economie di scala. È questo il caso, ad esempio, dei servizi di captazione e distribuzione idrica che richiedono una forte dotazione di capitale e che presentano una tendenza alla riduzione dei costi medi all’aumentare della scala di produzione. Questo tipo di efficienze, dal punto di vista amministrativo sono raggiungibili con processi di accorpamento o fusione. Tuttavia va ricordato che esercizi compiuti sull’accorpamento di enti intermedi, con un semplice accorpamento degli enti limitrofi (come ad es. comuni), senza rivisitazione e razionalizzazione dei costi di gestione, lascia una media di incidenza delle spese generali più alta (Ciapetti 2014). È infatti ipotizzabile che azioni di accorpamento riducano la discrezionalità degli investimenti in aree contigue del territorio, conducendo a risparmi, solo a condizione che si introducano anche criteri di razionalizzazione della spesa di gestione. Occorre pertanto essere consapevoli che ogni sfida di riordino amministrativo e funzionale implica anche una sfida di carattere organizzativo, a cominciare dall’organizzazione del lavoro delle risorse umane.

In questa prospettiva diventa utile ricorrere al concetto di institutional fit per analizzare la sostenibilità istituzionale dal punto di vista dell’adeguatezza di un’istituzione a svolgere le funzioni di governo a cui essa è preposta, indipendentemente dalla dimensione simbolica identitaria, focalizzando piuttosto l’attenzione sulla sua capacità di rispondere in modo adeguato ed efficiente a uno specifico campo di policy. In campo amministrativo, il “principio di adeguatezza” prevede che un'entità organizzativa che è potenzialmente titolare di una potestà amministrativa, deve avere un'organizzazione adatta a garantire l'effettivo esercizio di tali potestà. È del resto ciò che prevede la Costituzione all’art. 118 per Province, Città Metropolitane e Regioni, insieme ai principi di sussidiarietà e differenziazione.

Page 5: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

5

Nella prospettiva dello sviluppo locale, l’adeguatezza comporta anche un’attenzione alla coesione territoriale, ovvero alla capacità di includere e tenere insieme territori caratterizzati da diversi gradi di centralità rispetto alla dotazione di risorse, capacità, reti. Se l’obiettivo è quello di uno sviluppo “place based” che presta la massima attenzione al potenziale di ciascun luogo e territorio (Barca et al. 2012), ne consegue che in un disegno di riordino, la minore o maggiore inclusività territoriale di determinati ambiti funzionali segnala situazioni di maggiore o minore criticità, in termini di investimenti necessari, azioni di coordinamento di policy, copertura dei fabbisogni della popolazione residente5. Il concetto di Institutional fit nasce nell’ambito degli studi sul governo degli ecosistemi naturali (Epstein et al. 2015) e fa riferimento alle modalità con cui un assetto istituzionale risulta adeguato al sistema che si intende governare. Seppure la ricerca di una teoria dell’institutional fit non si sia dimostrata agevole (Cox, 2012), in termini di formalizzazione, il modello spesso preso a prestito è quello dei sistemi socio-ecologici (SES) introdotti da Ostrom (2007) che di fatto cerca di dare risposte ad almeno tre domande:

Quali modelli di interazione e di risultato possono emergere da un particolare assetto di regole di utilizzo di specifiche risorse?

Qual è lo sviluppo endogeno probabile dei diversi assetti di governance? Quanto è solida e sostenibile una particolare configurazione di utenti, risorse e governance?

Ai fini di una esplorazione dell’institional fit nell’ambito delle teorie di capacità istituzionale, è importante anche ricordare che possono esistere almeno quattro dimensioni critiche su cui valutare l’adeguatezza (Epstein et al. 2015): 1) una adeguatezza spaziale, ovvero la congruenza tra la portata geografica di determinati problemi e le

istituzioni preposte a governarli (confini amministrativi VS confini funzionali); 2) una adeguatezza temporale che affronta il tasso di cambiamento e le risposte istituzionali al

cambiamento nel tempo (co-evoluzione); 3) una adeguatezza funzionale che attiene all’allineamento istituzionale con la complessità dei sistemi in

esame (ad esempio, la sfida del cambiamento climatico è un problema globale che richiede una adeguatezza funzionale di convergenza di una pluralità di azioni di governance multilivello);

4) adeguatezza sociale come capacità istituzionale di rispondere ai valori, interessi e domande degli utenti/cittadini.

Il vantaggio del concetto di adeguatezza istituzionale è dato dalla sua capacità di analizzare l’innovazione

istituzionale dal punto di vista della sua efficacia e “adeguatezza” rispetto al contesto, anche dal punto di

vista della co-evoluzione delle istituzioni rispetto alle trasformazioni del contesto. In questo lavoro

esplorativo sul contributo dell’Institutional fit al concetto di sostenibilità istituzionale verranno esplorate le

dimensioni di adeguatezza spaziale, funzionale e sociale, rimandando ad una ulteriore esplorazione la

dimensione temporale che necessita di dataset in serie storica su variabili istituzionali che richiedono anche

indagini dirette.

È stato messo in evidenza come la dimensione di adeguatezza sociale metta in gioco anche la capacità delle istituzioni di fornire risposte attraverso tutte le scale amministrative e/o geografiche interessate (risposte che permettano la valorizzazione di risorse e capacità su più livelli: comuni, province, unioni comuni, aree vaste, ecc.). Questo aspetto è particolarmente rilevante per l’analisi delle istituzioni intermedie di governo di area vasta, come le Province nel caso italiano, poiché la dimensione dell’adeguatezza istituzionale può consentire di valutare (e progettare) questo tipo di istituzioni massimizzando la loro capacità di risposta istituzionale al governo delle reti di specifici servizi, in senso funzionale, mettendo in secondo piano sia la definizione dei confini amministrativi dell’istituzione stessa, sia la dimensione simbolica dell’identità, spesso correlata alla dimensione del confine territoriale (per esempio su basi linguistiche o etniche). La misura di adeguatezza introdotta da questo lavoro consente in sintesi di porre il tema della sostenibilità istituzionale

5 Si veda a questo riguardo la definizione delle “aree interne” su basi funzionali, cfr. Accordo di partenariato 2014-2020, Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance, in www.agenziacoesione.gov.it

Page 6: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

6

anche in una prospettiva di sostenibilità per chi e rispetto a cosa, che sono i due quesiti centrali dello sviluppo locale. 2.1 Per una definizione operativa di Insitutional fit

In questa prospettiva, nel nostro contributo cercheremo di operativizzare il concetto di institutional fit, individuando una serie di indicatori utili per analizzare il grado di adeguatezza istituzionale delle nuove aree vaste in senso funzionale, in una fase storica di riordino istituzionale “oltre le province”, in cui diventa di particolare importanza definire i criteri e i parametri su cui si fonda la nuova architettura istituzionale6. Ciò che interessa ai fini della nostra analisi è comprendere se gli attuali assetti istituzionali sovracomunali delle due regioni indagate risultino in grado di fornire una adeguata risposta rispetto alle criticità e/o alle opportunità, collegate a due specifiche aree di policy: socio-sanitaria e turismo. Questo approccio permette di costruire un metodo di analisi fortemente incentrato sul capitale territoriale, al fine di comprendere se la risposta istituzionale in un determinato ambito di policy, con i servizi che sono attivati, sia in grado di fornire una risposta adeguata alle criticità/fabbisogni che caratterizzano le comunità coinvolte. I modelli organizzativi adottati dalle due regioni nell’ambito delle due policies, vengono letti in relazione ai due diversi modi di regolazione dello sviluppo del territorio e analizzati in chiave comparata sulla base di un indice di “institutional fit” che racchiude tre tipi di adeguatezza: (a) una adeguatezza socio-territoriale che esplora la relazione tra scala e funzioni; (b) una adeguatezza rispetto alla domanda che esplora le risorse e la domanda di servizi; (c) una adeguatezza organizzativa che esplora gli assetti organizzativi e la spesa. La misura complessiva di “institutional fit” permetterà di evidenziare, da un lato, il peso esercitato dal diverso modo di regolazione, riscontrabile nelle aree vaste delle due regioni a partire dai due ambiti di policy e, dall’altro, in una prospettiva di consolidamento di questa linea di ricerca, permetterà altresì di introdurre una misura di adeguatezza nell’analisi istituzionale dello sviluppo territoriale che può contribuire ad arricchire questa dimensione del concetto più ampio di sostenibilità istituzionale.

Le definizioni operative di Insitutional fit riportate dalla letteratura sono poche e si concentrano su sistemi socio-ecologici complessi per analizzare la corrispondenza tra le caratteristiche di questi sistemi e la capacità di governarli con le istituzioni esistenti. Di particolare interesse per i nostri obiettivi di ricerca è uno studio condotto recentemente sulla capacità delle città americane di fornire risposte adeguate al problema del cambiamento climatico (Hughes, 2013). Questo esercizio offre a nostro avviso, da un lato, la possibilità di scomporre una misura di adeguatezza, individuando fattori di criticità e fattori di risposta istituzionale e, dall’altro, di permettere un ranking tra sistemi locali in relazione all’adeguatezza tra risposte e problemi7. Poiché nel nostro esercizio abbiamo scelto di introdurre una misura di adeguatezza relativa a due distinti “ecosistemi regionali”, occorre elaborare allora una modalità che permetta di confrontare la capacità istituzionale di fornire risposte “adeguate” in due contesti regolativi diversi e su due ambiti di policy distinti, ma ugualmente rilevanti nei due contesti regionali: l’ambito socio-sanitario e l’ambito del turismo. Si tratta di due ambiti di policy molto diversi, che richiedono una specifica concettualizzazione di adeguatezza istituzionale, poiché le domande di servizi e le criticità rilevabili attengono ad aspetti diversi. Nella definizione operativa di criticità e risposte (e nella scelta degli indicatori) per ogni ambito di policy facciamo riferimento, da un lato (criticità), ai fabbisogni del contesto socio-economico e alle dotazioni che incidono sulle caratteristiche di un determinato territorio, in relazione allo specifico ambito di policy considerato e, dall’altro (risposte) alle “infrastrutture”, “capacità” e “flussi” che costituiscono le risorse

6 Questo approccio è particolarmente rilevante nel contesto europeo, in cui il dibattito in corso sulla regionalizzazione nei paesi dell’Europa centro-orientale, che provengono da una tradizione di governo centralizzato, si caratterizza per una contrapposizione tra chi intende definire i nuovi confini regionali a partire da una lettura funzionale di tipo socio- economica del territorio, e chi tende invece a privilegiare una lettura etnico-linguistica. Si veda a questo riguardo, per esempio, il caso della Romania, in relazione alla minoranza ungherese della Transilvania, cfr. Atti del convegno: Regions in Europe, Università VG di Arad, 12 febbraio 2014. 7 Nello studio originale di Hughes (2013) l’institutional fit è analizzato a livello di amministrazioni locali USA (città e contee) e introduce sia misure di pressione sull’ambiente, sia misure di risposta di policy da parte delle amministrazioni, raccolte con una indagine diretta.

Page 7: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

7

endogene ed esogene del territorio in relazione a quel campo di policy; per ciò che riguarda le “risposte”, legate alla capacità istituzionale regionale, un peso significativo è costituito anche dai modi di regolazione e dalla cultura politica degli attori. Le variabili adottate sono ricondotte fondamentalmente a due indici compositi (di criticità e risposta) per permettere di calcolare una misura di adeguatezza (“fit”) complessiva per ogni ambito di policy. Di fatto sia le variabili selezionate sia gli indicatori introdotti permettono, in modo trasversale, di affrontare alcune dimensioni di rilievo per una valutazione della sostenibilità istituzionale:

- Una dimensione socio-territoriale, ovvero le caratteristiche di rilevo dei territori sotto esame che si presuppone incidano sul tipo di problema a cui le istituzioni cercano di dare risposta (ad esempio: la quota di anziani per le politiche socio-sanitarie; la quota di strutture di ricezione e la distanza da centri turistici per le politiche del turismo per evidenziare la capacità di accoglienza a livello territoriale).

- Una dimensione di domanda, ovvero l’effettivo ricorso dei cittadini dei territori interessati ai servizi proposti dalle istituzioni (ad esempio: la mobilità ospedaliera infra-regionale come indicatore sia di utilizzo che di specializzazione di certe infrastrutture sanitarie in regione; gli arrivi e le presenze per il turismo per indicare l’attrattività di un territorio).

- Una dimensione organizzativa, ovvero le risorse organizzative e/o economiche introdotte per la gestione di un determinato ambito di policy (ad esempio: la spesa sociale comunale come indicatore di gestione dei problemi sociali su scala urbana; la presenza di strutture culturali e artistiche per il turismo).

Per consentire un più facile confronto tra criticità e risposta per ogni ambito di policy, i due indici che risultano

dalla somma degli indicatori per ciascuna dimensione vengono scomposti in quartili e ad ogni comune viene

assegnato il numero del quartile corrispondente8 (da 1 = quartile inferiore a 4 = quartile superiore).

La misura di institutional fit diventa: Fi= Ri-Ci

Dove: i è l’indice per ogni comune delle due regioni,

R è la somma delle “risposte” (dotazioni di servizi socio-sanitari o turistici) di ciascun comune,

C è la somma delle “criticità” (fabbisogno socio-sanitario o flussi turistici) di ciascun comune,

F è l’indice di adeguatezza o “institutional fit”.

L’indice F può variare da -3 a +3 (sulla base della differenza tra quartili). Se l’indice è uguale a zero allora c’è

equilibrio tra criticità e risposta9. Se è negativo, segnala criticità ampie a cui non corrisponde una adeguata

“risposta” in termini di dotazioni socio-sanitarie, per l’ambito socio-sanitario, o dotazioni turistiche, per

l’ambito turistico, (parliamo di comuni underfit). Se l’indice è positivo, nel caso socio-sanitario le dotazioni

socio-sanitarie superano il fabbisogno; nel caso del turismo, i comuni sono dotati di attrattori e dotazioni

turistiche superiori al flusso di turisti (parliamo di comuni overfit).

Nello specifico delle due policy da noi considerate, nell’ambito sociosanitario le criticità indicano quanto

siano più o meno dotati i comuni a fornire servizi: saranno quindi in overfit i comuni in cui i servizi sociosanitari

sono superiori alle loro criticità/fabbisogni locali. Nell’ambito del turismo le criticità indicano invece quanto

il flusso di turisti non incontra adeguate dotazioni: saranno quindi in overfit i comuni che possiedono maggiori

dotazioni rispetto ai flussi turistici.

La misura di institutional fit permette di iniziare a leggere le politiche pubbliche regionali da una prospettiva

di scelte regolative che sfociano in dotazioni materiali e scelte di valorizzazione di risorse endogene del

territorio. Nel fattore di risposta rientra infatti sia una prospettiva che riguarda i beni materiali su cui è

8 In Appendice sono riportate le misurazioni di Institutional Fit così calcolate nelle due regioni, negli ambiti socio-sanitario (Tab. A, Fig. A e Fig. B) e del turismo (Tab. B, Fig. C e Fig. D). 9 Ad esempio un comune appartiene allo stesso quartile sia di criticità che di risposta, nel contesto regionale, presenta una situazione di adeguatezza in equilibrio.

Page 8: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

8

possibile orientare politiche di investimento di medio-lungo periodo (ad esempio: ospedali per il socio-

sanitario; alberghi per il turismo), sia una prospettiva di valorizzazione di beni endogeni (ad esempio: la

localizzazione e la specializzazione delle strutture sanitarie per il socio-sanitario; i siti naturali e culturali per

il turismo).

Fig. 1- Schema concettuale del contributo della misura di institutional fit al concetto di sostenibilità

istituzionale in presenza di diversi sistemi regolativi

Si comprenderà come tale semplificazione se, da un lato, porta con sé dei limiti legati essenzialmente alla

possibilità di disporre di dati disaggregati su base comunale e comparabili, dall’altro consente di

approssimare una misura di adeguatezza che offre due vantaggi:

- Scompone il collegamento tra criticità territoriali e adeguatezza istituzionale nella granularità del

dato comunale, non vincolato dalla dimensione del comune, permettendo di osservare la geografia

di tale congruità;

- Consegna un valore di confronto tra comuni, aree vaste e regioni, permettendo in questo caso di

intraprendere anche un percorso di confronto interregionale sull’adeguatezza e sostenibilità

istituzionale.

Fatte queste precisazioni metodologiche, passiamo ora ad analizzare i due casi studio regionali, nel contesto

della recente riforma di riordino istituzionale.

3. La riforma Delrio e il governo di area vasta dopo le Province: opportunità e nuove trappole

La riforma Delrio (L. 56 del 7 aprile 2014 “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”) ridisegna confini e competenze dell'amministrazione locale italiana. Essa costituisce un punto di arrivo di una stagione convulsa di riforme istituzionali (Vandelli 2014), dettate dall’imperativo della spending review, che si concluderà solo con la riforma del Titolo V della Costituzione che prevede, tra l’altro, l’abolizione definitiva delle Province. Fino a quel momento, con la legge Delrio la Provincia diventa un ente territoriale di area vasta di secondo livello e si configura come una sorta di grande unione di comuni, con il Presidente eletto ogni 4 anni dai sindaci e dai consiglieri comunali, tra i sindaci dei comuni della provincia, e il Consiglio che dura in carica due anni, costituito da un massimo di 16 membri, eletti dai consiglieri comunali dei Comuni della provincia con più di 15.000 abitanti o facenti parte di unioni di comuni con più di 10.000 abitanti. Vengono istituite inoltre 10 Città metropolitane10, a partire dai confini amministrativi della provincia della città capoluogo di regione. A livello comunale vengono incentivate le fusioni e le unioni di comuni, rendendo obbligatoria la gestione

10 La legge nazionale individua le Città metropolitane di Torino, Milano, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria. Le leggi regionali delle due isole maggiori istituiscono inoltre le CM di Messina, Palermo e Catania per la Sicilia e di Cagliari per la Sardegna (Accordo di Partenariato italiano 2014-2020).

Page 9: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

9

associata delle funzioni per i piccoli comuni sotto i 3.000 abitanti per le aree montane e sotto i 5.000 abitanti per tutti gli altri (soglia che si prevede di elevare a 15.000; Bonet 2016). Obiettivo della legge di riordino è attuare una semplificazione dell’architettura del governo locale per migliorarne l’efficacia, con un’articolazione del governo locale su due soli livelli, Comune e Regione, e con un livello intermedio di governo funzionale per area vasta, realizzabile attraverso grandi unioni di comuni che sostituiscono la vecchia Provincia11. L’implementazione sul territorio del riordino viene demandato alle regioni. Possiamo tuttavia già individuare, insieme all’opportunità di ridefinire l’assetto istituzionale per il governo locale secondo criteri di maggiore aderenza ai bisogni dei territori, anche alcune trappole che è bene mettere subito in luce e che potranno essere meglio evidenziate con la ricerca comparata. In primo luogo, l’ambivalenza con cui vengono definite le unioni di comuni, obbligatorie o volontarie, a seconda della soglia demografica dei comuni: per i comuni sotto i 5.000 abitanti (15.000 a regime), 3.000 per le aree montane, la gestione associata delle funzioni è infatti obbligatoria per legge, pertanto le unioni di comuni rispondono ad criterio di adempimento amministrativo e non possono essere pensate come vere e proprie reti intercomunali, poiché la rete deve essere per sua natura volontaria e legata al perseguimento di obiettivi strategici. Questo tuttavia genera una divergenza di prospettiva tra comuni obbligati e comuni non obbligati contermini, che rende di fatto difficoltosa la costituzione di unioni per aree omogenee che possano rispondere al criterio dell’adeguatezza istituzionale12. In secondo luogo, l’ambiguità con cui viene definito l’ambito di governo di area vasta: da un lato pensato come ambito di governo funzionale di secondo livello, ovvero come rete intercomunale, ma dall’altro ancora prigioniero, di fatto, di una concezione giuridico-amministrativa gerarchico-piramidale, che comporta il mantenimento dei vecchi confini amministrativi delle Province13. Questo limite è ancora più pesante nel caso delle Città metropolitane, definite appunto a partire dai confini amministrativi delle province delle città capoluogo di regione, con evidenti problemi di inadeguatezza tra funzioni e rete di servizi metropolitani, e ambito territoriale di riferimento14. Senza dimenticare che lo sviluppo delle aree non metropolitane, come per esempio le aree interne, è cruciale per lo sviluppo territoriale in Italia (Ciapetti 2015) e consentirebbe di coniugare in modo più coerente le logiche di sviluppo place-based con la riforma di riordino amministrativo. Tuttavia la L. 56/2014 non offre indicazioni in merito, lasciando aperto un ulteriore elemento di criticità (Ciapetti 2014). La difficoltà di superare di fatto il livello provinciale di governo per definire le aree vaste diventa ancora più evidente quando si passa ad analizzare ambiti di policy, come per esempio quello soio-sanitario o del turismo, pur con significative differenze regionali: a dimostrazione che il concetto di Institutional fit, prima ancora che quello di sostenibilità istituzionale, può essere rilevante per aiutare i governi regionali a ridisegnare gli ambiti territoriali in modo più adeguato di quanto non lo siano le vecchie Province. Poiché la normativa nazionale definisce i vincoli e le linee guida, demandando alle Regioni l’attuazione del riordino istituzionale sul territorio, diventa importante a questo punto analizzare i casi regionali in chiave comparata per evidenziare le somigliane e differenze più significative.

11 È stato delineato in questo ambito un complesso procedimento per il riordino delle funzioni attualmente esercitate dalle province, cui lo Stato e le regioni provvedono sulla base dei seguenti principi: (a) individuazione per ogni funzione dell’ambito territoriale ottimale di esercizio; (b) efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni; (c) sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; (d) adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio mediante intesa o convenzione. Norme specifiche riguardano le province montane, cui le regioni riconoscono, nelle materie di loro competenza, forme particolari di autonomia. 12 A questo riguardo, sul caso del Veneto di veda Messina (2011) e (2012); Salvato (2016). 13 Su questo punta non aiuta neanche il Disegno di Riforma costituzionale dell’Art. V (Disegno di legge, 12/04/2016, G.U. 15/04/2016) che rimanda, all’art. 40 ad una successiva definizione di Area Vasta: “sulla base fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale”. 14 Sulla necessità di ripensare alle città italiane e le funzioni urbane cfr. Calafati (2009). Sul caso del Veneto centrale e della Città metropolitana di Venezia cfr. Messina (2015; 2016); Indovina (2009); Fregolent (2013); Vigneri (2016).

Page 10: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

10

4. I casi studio regionali: Emilia Romagna e Veneto

Le due regioni dell’Emilia Romagna e del Veneto presentano, com’è noto, una serie di elementi di somiglianza e di differenza che rendono la comparazione particolarmente significativa. Da un lato sono accomunate dall’appartenenza alla Terza Italia (Bagnasco 1977) e, quindi, da un tessuto produttivo molto simile, quello dei sistemi locali di PMI; dall’altro si differenziano per il prevalere di due diversi modi di regolazione, come eredità di due diverse culture politiche locali rossa e bianca (Trigilia 1986) le quali hanno contribuito a plasmare due stili amministrativi profondamente diversi: interventista e con un’alta propensione alla spesa pubblica dei Comuni e della Regione nel caso dell’Emilia Romagna, in cui la produzione dei beni collettivi per lo sviluppo (servizi alla persona e servizi alle imprese) è stata affidata in prima istanza all’attore pubblico di governo locale e regionale; non interventista e con una bassa propensione alla spesa pubblica soprattutto comunale nel caso del Veneto, poiché la produzione dei beni collettivi per lo sviluppo in questo contesto è stata affidata o alla rete del terzo settore di matrice cattolica (servizi alla persona come bene comune) o alla rete delle associazioni di rappresentanza delle categorie economiche (servizi alle imprese come bene di club) (Messina 2001; 2012). La ricerca comparata su questi due casi studio ha messo in luce le profonde differenze dei due modi di regolazione, con particolare riguardo al diverso ruolo giocato dall’attore politico locale e, quindi, dalle istituzioni comunali, provinciali e regionali. Con riferimento al contributo neo-istituzionalista di March e Olsen (1989; 1995), le istituzioni politiche di governo locale nei due contesti possono essere efficacemente definite come istituzioni integrative nel caso dell’Emilia Romagna e istituzioni aggregative del caso del Veneto. In questo scenario, ai fini della nostra analisi, di particolare rilevanza è il diverso ruolo giocato dal Comune e dalla Provincia, nei due contesti regionali. Il ruolo del Comune è sempre stato infatti centrale nel contesto “rosso”, in cui la tradizione del “socialismo municipale” ha visto nel Comune il principale produttore di servizi, soprattutto alla persona (es. asili nido e scuole materne comunali). Con la stessa logica, nel contesto emiliano-romagnolo è stata rafforzata le filiera istituzionale comune-provincia-regione della governance regionale. Con le riforme Bassanini, dalla fine degli anni Novanta alle Province sono state attribuite numerose competenze in materia di governo di area vasta: dalle politiche di servizio alle imprese per i distretti produttivi, al turismo; dalle politiche di sviluppo locale (Programmi speciali d’area), alle politiche per il lavoro. Nel contesto Veneto del “localismo antistatalista”, invece, il peso esercitato dall’attore pubblico è sempre stato minore. Se il Comune si limitava a gestire l’ordinaria amministrazione, riducendo al minimo la spesa pubblica, le Province non hanno mai avuto un ruolo significativo nella regolazione delle politiche di sviluppo. Per ragioni del tutto contingenti, una certa differenza può essere rilevata nei casi della provincia di Belluno, in quanto provincia montana, oggi riconosciuta dalla Costituzione e dallo statuto regionale, e dalla provincia di Treviso, che ha mostrato di costituire un riferimento per i comuni, soprattutto i più piccoli, tanto che è l’unica provincia del Veneto in cui non si sono avute unioni di comuni fino a quando non sono diventate obbligatorie o fortemente incentivate. Questa capacità di coordinamento istituzionale può essere ricondotta a una particolarità delle Marca trevigiana, tradizionalmente governata dalla corrente Fanfaniana della DC, di matrice più laica (Jori 2009), rispetto alla corrente Dorotea di matrice filo-clericale che dominava soprattutto nel Vicentino e nel resto del Veneto (escluse le zone rosse di Venezia e Rovigo), e che ha dato un’impronta più orientata al presidio delle istituzioni di governo locale e alla cooperazione intercomunale15, Anche il ruolo della Regione è sempre stato significativamente diverso nei due casi: le maggiori differenze hanno riguardato, in primo luogo, il diverso uso della programmazione regionale, praticata in Emilia Romagna fin dagli anni Settanta e gradualmente trasformatasi in programmazione negoziata in senso strategico, come importante strumento di governance e di raccordo con le politiche europee di sviluppo regionale, costituendo un punto di forza per l’europeizzazione della regione. In Veneto al contrario, la programmazione ha avuto essenzialmente una funzione simbolica che non ha inciso di fatto sulle politiche di sviluppo regionale, poiché esso è stato affidato all’autoregolazione comunitaria dei sistemi produttivi locali. Maggiori

15 A questo riguardo è un buon esempio il Consorzio BIM – Bacino Imbrifero Montano del Piave, istituito nel 1956, a cui aderirono da subito 34 comuni dell’area del Piave.

Page 11: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

11

sono quindi le difficoltà che il Veneto incontra oggi nel processo di europeizzazione e di raccordo con la programmazione europea per lo sviluppo regionale (Messina 2011). Coerentemente con questa diversa impostazione, in Emilia Romagna sono prevalse politiche redistributive e regolative; in Veneto sono prevalse invece politiche distributive per lo più a pioggia, che non richiedono alcuna programmazione. La conseguenza di questo diverso modo di regolazione nei due contesti regionali è che in Emilia Romagna tende a prevalere un modo di sviluppo guidato e una maggiore capacità istituzionale del governo regionale; in Veneto al contrario tende a prevalere un modo di sviluppo non guidato, una maggiore debolezza del governo regionale e una maggiore forza delle divergenze localistiche. Un’altra importante differenza è stata rilevata inoltre nel diverso rapporto tra città e campagna nei due contesti regionali, una differenza di lungo corso, che può essere fatta risalire senz’altro al diverso insediamento produttivo in agricoltura fin dalla fine dell’Ottocento, con il prevalere del latifondo, della mezzadria e del bracciantato in Emilia Romagna, e della piccola proprietà contadina in Veneto. Questa differenza si può riscontrare anche nella diversa numerosità dei comuni: 334 in Emilia Romagna, di cui il 42,2% sotto i 5.000 abitanti; 579 in Veneto, di cui il 52,6% sotto i 5.000 abitanti. La comparazione ha messo in luce inoltre una maggiore integrazione tra centri urbani e centri rurali in Emilia Romagna, in cui lo sviluppo urbano ha seguito la direttrice della Via Emilia, “La strada che genera città”, articolandosi dalla città verso la campagna, sul modello del sistema metropolitano policentrico. In Veneto al contrario, prevale ancora oggi una frattura non sanata tra città capoluogo e campagna, ora urbanizzata e industrializzata: lo sviluppo dell’economia diffusa è partito infatti dalla campagna, rapidamente urbanizzata in modo selvaggio (Indovina 2009), e stenta a ricongiungersi con le città. Le città capoluogo, a loro volta, non hanno mai mostrato di essere in grado di regolare lo sviluppo territoriale oltre i propri confini amministrativi16 (Messina 2012, pp.161-170). Prevalgono piuttosto regolazioni locali per aree omogenee, riconducibili ai mandamenti delle associazioni di rappresentanza degli interessi e ai Comprensori Socio-Sanitari definiti con la L.r. 64/1975, ma mai attivati. 4.1 Le politiche socio-sanitarie e turistiche nei due modelli regionali: analisi della spesa

Entrando nel tema della ricerca, una prima ricognizione dei dati sulle politiche socio-sanitarie e del turismo nelle due regioni può essere compiuta attraverso i conti pubblici territoriali che permettono di disaggregare la spesa pubblica settoriale per livelli di governo. Ai fini della nostra indagine interessa comprendere se e fino a che punto la spesa territoriale rifletta il diverso modo di regolazione fin qui esposto. La tabella 1 riporta la quota di investimenti in conto capitale17 nei due ambiti di policy oggetto della nostra analisi, suddivisi per livello amministrativo decentrato (Amministrazioni Locali e Regione). In relazione all’intero flusso di investimenti dal 2000 al 2014 nell’ambito sanitario le due Amministrazioni regionali risultano essere gli attori principali, con una maggiore capacità di investimento dell’Emilia-Romagna. Nell’ambito sociale il ruolo delle amministrazioni locali emiliano-romagnole è confermato da una capacità doppia di investimento rispetto alle amministrazioni locali venete. Nell’ambio del turismo vi è invece una maggiore capacità di investimento del Veneto per il livello regionale, ma non per quello comunale.

Tabella 1 - Spesa per investimenti per livelli amministrativi. Spese in conto capitale consolidate settoriali su totale spese locali e regionali in conto capitale – Media Anni 2000-2014.

Ambiti di policy Emilia-Romagna Veneto

Amm. Locali Amm. Regionale Amm. Locali Amm. Regionale

Sanità 0,0% 14,3% 0,0% 11,4%

Interventi in campo sociale 2,0% 0,2% 1,2% 0,4%

Turismo 0,5% 0,2% 0,4% 1,1%

Fonte: nostra elaborazione su dati CPT

16 Questa difficoltà persiste anche in attuazione della recente L.r. 11/2004 di riforma dell’urbanistica regionale. Cfr. Messina, Salvato (2007). 17 La spesa di investimento in conto capitale, soprattutto nell’ambito socio-sanitario, consente di mettere in luce differenze significative che la spesa corrente pro capite non consente di rilevare (Bertin 2013).

Page 12: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

12

La tabella 2 riporta i dati sugli investimenti pro capite come media del periodo 2000-2014 nei due ambiti di policy (socio-sanitario e turismo). L’ambito socio-sanitario (come somma di sanità e interventi sociali) è dunque, tra i due, quello a maggiore intensità di capitale. Nell’ambito socio-sanitario i comuni emiliano-romagnoli investono quasi il doppio rispetto a quelli veneti e anche a livello regionale l’Emilia-Romagna detiene un più alto livello di investimenti pro capite. Nel turismo, il Veneto investe di più come spesa regionale, ma è maggiore la capacità di investimento dell’Emilia-Romagna a livello locale. Tabella 2 - Spesa per investimenti per livelli amministrativi. Spese in conto capitale pro capite – Media Anni 2000-2014. Valori in euro.

Ambiti di policy Emilia-Romagna Veneto

Amm. Locali Amm. Regionale Amm. Locali Amm. Regionale

Sociale e Sanitario

11,42

81,32

6,46

62,89

Turismo

2,94

0,98

2,06

5,71

Fonte: nostra elaborazione su dati CPT Mentre, dunque, per l’ambito socio-sanitario emerge una indicazione netta che mette in risalto sia il livello di investimenti sia il tipo di decentramento territoriale adottato in Emilia-Romagna rispetto al Veneto, in ambito turistico invece la capacità di investimento del Veneto risulta essere maggiore. Tuttavia, le divergenze, in quest’ultimo ambito, si riflettono più nelle modalità organizzative delle politiche sul territorio e sulle diverse forme di coordinamento e integrazione delle risorse. Partendo da queste diverse dotazioni istituzionali dei contesti regionali, diventa interessante focalizzare ora l’attenzione sull’analisi dei due ambiti di policy per cogliere meglio le dinamiche che si possono intravedere utilizzando gli indicatori di Insitutional Fit.

5. L’ambito di policy socio-sanitario

Con la crisi fiscale dello Stato e il taglio dei trasferimenti agli enti locali, fin dagli anni Ottanta, i sistemi socio-sanitari regionali in Italia hanno dovuto adeguarsi, aumentando l’interazione tra pubblico, privato e terzo settore (Fargion 1997) e dando origine a composizioni diverse del così detto welfare mix (Bertin 2013). A questo riguardo, le maggiori differenze tra le regioni italiane vanno riscontrate infatti nella presenza, più o meno organizzata, del Terzo settore (privato sociale) e della diversa capacità a livello regionale di coordinare i servizi sanitari (ospedalieri) con i servizi sociali (comunali). Le regioni dell’Emilia-Romagna e del Veneto sono favorite entrambe dalla presenza di un forte tessuto associativo. Tuttavia, come è stato messo in luce da Bertin e Carradore (2012), esse si differenziano per una diversa composizione del welfare mix: più orientato verso un welfare mix strutturato, in cui prevale il privato sociale in Veneto (insieme a Lombardia e Piemonte); più orientato invece verso un welfare mix integrato e universalistico l’Emilia Romagna (insieme a Toscana, Umbria e Friuli Venezia Giulia). È stato riconosciuto che il mix pubblico-privato, sebbene contribuisca con diversa intensità a rendere omogenea l’offerta tra le regioni, amplifica tuttavia le differenze relative ai processi di cura, alle forme organizzative di gestione delle cure primarie e ai processi di governance (Bertini, Cipolla 2013), poiché è comprensibile che una diversa intensità di integrazione tra servizi pubblici e privati esiga forme differenziate di governo. La differenza dei modi di regolazione continua ad incidere, quindi, sul diverso modello organizzativo delle reti di governance regionali, tanto più da quando, con la legge quadro n.328/2000 e poi con la riforma del Titolo V della Costituzione, l’ambito dei servizi socio-sanitari diventa di esclusiva competenza regionale. Nello specifico dei due casi regionali, rimane significativa la differenza relativa ai destinatari che beneficiano dell’intervento pubblico regionale nell’ambito delle politiche sociali: mentre in Emilia Romagna sono prevalentemente i Comuni e i loro consorzi, in Veneto i destinatari sono equamente distribuiti tra gli enti locali, le IPAB, le istituzioni del privato sociale (come le associazioni cattoliche) e i singoli

Page 13: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

13

individui18. Questo dato sottolinea le maggiori difficoltà che l’ente locale e la Regione del Veneto continuano ad avere nello svolgere la funzione di coordinamento dei servizi socio-sanitari. Altre differenze rilevanti vengono messe in luce nelle fig. 1 e fig. 2 in relazione al diverso andamento della spesa sanitaria nelle due regioni. Nella figura 1 riportiamo la spesa sanitaria delle famiglie nelle due regioni degli ultimi dieci anni, confrontata con quella del Nord est. Questa spesa rappresenta in media il 2% del PIL dell’intero Nord est. Figura 2 - Spesa sanitaria delle famiglie 2004-2013. Valori correnti in percentuale della spesa sanitaria totale (2004=100).

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

Negli ultimi 10 anni la spesa del Veneto si è ridotta ulteriormente rispetto al 2004; dal 2010 ha subito una forte ripresa dopo la crisi, ma anche una successiva brusca contrazione. Dal 2011 invece la spesa sanitaria delle famiglie in Emilia-Romagna supera quella dell’intero Nord est ed è tornata sui livelli del 2004.

Figura 3 - Spesa sanitaria pubblica corrente in regime di convenzione per funzione economica e regione

Fonte: nostra elaborazione su ISTAT (2014)

18 Si tratta dei contributi dati dalla Regione direttamente gli anziani per l'integrazione delle rette di ricovero e per assistenza familiare, ovvero di una scelta di policy che tende a dare potere di acquisto direttamente all'utente, invece che alle strutture. Questa diversa impostazione risulta essere confermata sia con le leggi regionali sui servizi sociali dell’Emilia Romagna (L.r. 2/1985) e del Veneto (L.r. 46/1985), sia in seguito all’applicazione nei due contesti della legge quadro nazionale n. 328/2000.

Page 14: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

14

Una indicazione sul mix pubblico-privato può essere desunta dal dato relativo alla spesa sanitaria pubblica in regime di convenzione, dato che il Veneto spende 2,8 miliardi e l’Emilia-Romagna 2,4 miliardi. La distinzione per funzione di tale spesa è riportata nella figura 2 dove si nota la quota superiore per il Veneto della spesa in convenzione per i medici specialistici e in Emilia-Romagna per le case di cura private.

Con le politiche di spending review dei Governi Monti e Renzi e la conseguente necessità, per tutte le regioni italiane, di rendere più efficiente il sistema di gestione dei servizi, è stata attivata negli ultimi anni dalle Regioni una serie di riforme che mira ad accorpare le Aziende sanitarie e, quindi, a definire nuovi ambiti territoriali più estesi per la governance dei servizi socio-sanitari. Diventa interessante pertanto analizzare cosa sta avvenendo nelle due regioni su questo ambito di policy. Per questa ragione introduciamo nel presente lavoro una prospettiva anche di “adeguatezza spaziale” che riteniamo possa aiutare a mettere in luce come due sistemi socio-sanitari che devono rispondere ad una simile sfida di integrazione, di fatto si traducano in due tipi distinti di adeguatezza socio-sanitaria. Ricostruiamo brevemente il contesto di policy nelle due regioni. 5.1 Le riforme del sistema socio-sanitario in Emilia Romagna e in Veneto

In Emilia-Romagna le aziende sanitarie19 vengono definite su base provinciale (più due sub-provinciali Imola

e Cesena). In tutte le province esiste una parallela e distinta azienda ospedaliera. La legge regionale 29/2004

ridisegna infatti l’organizzazione e il funzionamento del Servizio sanitario regionale, rafforzando il ruolo degli

Enti locali in materia di programmazione, verifica e controllo, partecipazione degli operatori sanitari al

governo aziendale e rapporto della Regione con l´Università nel campo dell´assistenza, della ricerca e della

didattica. Introduce il bilancio di missione, bilancio annuale dei risultati dell´attività assistenziale in rapporto

agli obiettivi di salute assegnati dalla Regione e dalle Conferenze territoriali sociali e sanitarie.

L’Emilia-Romagna ha adottato la legge quadro n.328/2000 con due leggi regionali: la L.R. n. 2 del 2003 (legge quadro sui servizi sociali) e la L.R. n. 29 del 2004 (legge di riorganizzazione del Servizio sanitario regionale) che ha condotto al Piano sociale e sanitario e che porta a compimento un sistema integrato di servizi sociali, socio-sanitari e sanitari per la realizzazione di un welfare universalistico, equo, radicato nelle comunità locali e nella regione. Come è stato osservato, il Piano rappresenta «lo snodo delle interazioni tra le problematiche evidenziate dal Profilo di comunità e le scelte d’intervento nell’ambito di altre politiche che impattano su salute e benessere sociale» (Marzulli, Zantedeschi 2012). Tale sistema che mira a garantire risposte personalizzate e, nel contempo, equità d’accesso nei vari territori, è possibile in una logica di integrazione a tutti i livelli. L’integrazione si sviluppa nella Conferenza territoriale sociale e sanitaria e nel Comitato di Distretto (organi di raccordo tra Enti locali e Aziende sanitarie per il governo, a livello locale, di funzioni e servizi sanitari e socio-sanitari), in forme associative tra Enti locali (per il governo e l’erogazione dei servizi sociali), in accordi gestionali tra Comuni e Aziende sanitarie (per la costituzione di nuovi Uffici di piano a supporto della programmazione ed erogazione di servizi in ambito distrettuale) e nella “cabina di regia”, istituita a livello regionale quale luogo di definizione e di concertazione delle politiche sociali e sanitarie (vi partecipano gli assessori regionali alle politiche per la salute e alle politiche sociali, i sindaci, i presidenti delle Conferenze territoriali sociali e sanitarie). Di fatto rilevante risulta essere il ruolo esercitato dai Comuni: è affidata loro la responsabilità sull’organizzazione, sulla gestione e sul finanziamento stesso degli interventi in quest’ambito, in collaborazione con il privato sociale, profit e no profit, e con le associazioni di rappresentanza del mondo del lavoro. Come è stato osservato in questo welfare “comunitario” è importante il coordinamento pubblico delle reti dei servizi (Zurla et al. 2012). Nel giugno del 2013 sono state approvate dall’Assemblea legislativa regionale le indicazioni attuative per il biennio 2013-2014 del Piano sociale e sanitario dell’Emilia-Romagna (delibera di Giunta regionale n. 284/2013). La premessa è il sistema integrato di servizi sociali, socio-sanitari e sanitari individuato dal primo Piano sociale e sanitario 2008-2010, attraverso cui realizzare un nuovo welfare di comunità locale e regionale

19 I riferimenti normativi fondamentali di partenza sono il decreto legislativo 229/99 (sul Servizio sanitario nazionale, articolato nei Servizi sanitari regionali) e la legge regionale 29/2004.

Page 15: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

15

in grado di rispondere a bisogni sempre più complessi. Il Piano è ancora in applicazione e in tutta la Regione è attiva la programmazione a livello locale. Le Conferenze territoriali sociali e sanitarie hanno elaborato i Profili di comunità (lettura partecipata dei bisogni di salute e di benessere della popolazione) e i conseguenti Atti di indirizzo triennali. A livello locale sono stati definiti gli Accordi di programma per l´adozione dei Piani di zona per la salute e il benessere sociale e dei Piani attuativi. Dal 1º gennaio 2014, a seguito della L.R. 22/2013 è nata l'Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna (A.Usl

della Romagna). Essa riunisce le strutture e i servizi delle Aziende USL di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini

(Fig.3). Questa evoluzione ha proiettato, in anticipo sui tempi della riforma di riordino istituzionale, i confini

del sistema sanitario delle tre province all’interno di un’unica area vasta.20 Il progetto nasce con l’obiettivo

di valorizzare in chiave di servizio al cittadino, su base territoriale, tutte le risorse sanitarie di cui dispone

l’area vasta romagnola. Un processo politico di almeno tre anni ha condotto ad una accelerazione che tuttavia

ha lasciato alcuni nodi organizzativi da dirimere e su cui permane un dibattito sull’inclusione/esclusione di

alcuni territori dalle scelte di specializzazione delle unità territoriali e sulle scelte di investimento dell’azienda

unica21.

Fig. 4 - Organizzazione per aree vaste della sanità in Emilia-Romagna (2015)

Fonte: Regione Emilia-Romagna

Anche il caso del Veneto si caratterizza per una forte integrazione socio-sanitaria di lunga tradizione, con un

maggiore ruolo rilevante del Terzo settore nell’erogazione dei servizi alla persona, al punto che questi ultimi,

a differenza del caso emiliano-romagnolo, si presentano più con la connotazione di “bene comune” che di

“bene pubblico” (Messina 2012).

20 Prima di questa data per l´ottimizzazione e l´efficienza dei servizi tecnico logicistici o per funzioni di assistenza con bacino sovra-aziendale erano state istituite (ma non formalizzate) tre Aree vaste: Emilia nord (Aziende sanitarie di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena), Emilia Centrale (Aziende sanitarie provincia di Bologna e Ferrara) e Romagna, cessata al 1° gennaio 2014 con la nascita dell'Azienda Usl della Romagna dalla fusione delle Aziende Usl di Cesena, Forlì, Ravenna, Rimini. 21 Nel primo caso si registra ad esempio un acceso dibattito politico sulla collocazione di servizi di emodinamica cardiologica oltre i tre punti riconosciuti di Forlì, Ravenna e Rimini per fare fronte ad emergenze di intervento in altre città dell’area vasta. Nel secondo caso si veda la polemica sull’accelerazione nella decisione del Comune di Cesena, il cui Sindaco è Presidente della Conferenza socio-sanitaria territoriale unica, per la costruzione di un nuovo ospedale. CesenaToday, 1 maggio 2016. http://www.cesenatoday.it/politica/nuovo-ospedale-cesena-davide-drei.html

Page 16: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

16

Fig. 5 – Aziende ULSS e Ospedali della Regione Veneto (2015)

Fonte: Regione del Veneto (2015)

I riferimenti normativi delle politiche regionali socio-sanitarie sono dati dalla L.r. 55/1994 e L.r. 56/1994

(entrate in vigore nel 1995) che istituiscono le 21 Aziende USSL (Unità socio-sanitarie locali) (fig. 4) e i 25

Distretti socio-sanitari attivi sul territorio.

In linea con la riforma della L.328/2000, l’integrazione socio-sanitaria è garantita nei Distretti socio-sanitari

dalle reti di governance a cui partecipano anche i Comuni (Conferenza dei sindaci) e le imprese sociali, che

definiscono i Piani di zona, e nelle ULSS dalla figura del Direttore sociale (che affianca in Direttore sanitario)

che coordina i servizi sociali del territorio, di competenza comunale, delegati alle ULSS. I Comuni sono

obbligati a delegare all’ULSS alcune competenze e i relativi fondi per la gestione associata dei servizi sociali;

in diversi casi (es. ULSS 15) vengono delegate volontariamente tutte le funzioni del sociale.

Dal 2015 è in discussione22 il disegno di legge n. 23/2015 sul riordino e accorpamento delle ULSS che sta

sollevando molte perplessità. I punti salienti della riforma possono essere così sintetizzati:

- Accorpamento delle Aziende ULSS su basi provinciali, da 21 a 7+2: oltre alle 7 province, resterebbero

attive le ULSS di Bassano del Grappa e del Veneto Orientale.

- Istituzione dell’Azienda zero, regionale, per la centralizzazione degli acquisti e degli appalti e per la

programmazione e attuazione sanitaria e socio-sanitaria (art.2).

- Separazione delle competenze (la sanità alle Aziende ULSS, il sociale ai Comuni) con il declassamento

della Direzione dei Servizi Sociali a Coordinamento e sostanziale subordinazione alla Direzione sanitaria.

22 Attualmente il disegno di legge è ancora in discussione in Consiglio regionale. Se ne prevede l’approvazione definitiva entro agosto 2016.

Page 17: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

17

Le perplessità generate dalla riforma sono molteplici e oggetto di un acceso dibattito23. In primo luogo,

l’accorpamento delle ULSS, se da un lato può avere una giustificazione di tipo funzionale, poiché risponde a

una logica di efficienza aziendale, dall’altra non può essere sostenuta avendo come riferimento territoriale

esclusivo quello della provincia, un ambito ritenuto anacronistico e del tutto distante dalla dimensione

dell’adeguatezza istituzionale.

In secondo luogo, la separazione delle competenze della sanità (ULSS) e del sociale (Comuni) se, da un lato,

può costituire una soluzione perché risolve la difficile armonizzazione di due logiche di azione diverse e

spesso contrapposte, aziendale (ospedale-centrica) delle ULSS e territoriale dei servizi sociali, venendo

incontro a quei comuni che lamentano una profonda insoddisfazione per la gestione delle ULSS delle deleghe

obbligatorie e volontarie dei comuni, dall’altra c’è il rischio di compromettere l’integrazione socio-sanitaria

dei servizi sul territorio dal momento che i comuni, soprattutto piccoli, pur avendo le competenze per le

politiche sociali, sarebbero in grado di erogare servizi di qualità solo a condizione di associarsi con altri comuni

del medesimo distretto/ULSS (in convenzione o unione di comuni) per poter raggiungere la massa critica

necessaria per ottimizzare i costi organizzativi e di gestione. Si tratta cioè di definire un ambito istituzionale

territorialmente adeguato, su basi funzionali (institutional fit), di cui non si trova però alcun riferimento nel

disegno di legge24.

Figura 6- Spesa per interventi e servizi sociali dei comuni singoli e associati per ente gestore - Confronto Veneto ed Emilia-Romagna per singola fonte - Anno 2011 (valori percentuali)

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

A queste perplessità abbiamo cercato di fornire alcuni suggerimenti con l’analisi dell’institutional fit che

segue, tenendo conto delle diverse conduzioni di partenza, correlate ai due diversi modi di regolazione delle

politiche socio-sanitarie regionali, che possono essere esaminati anche alla luce della ripartizione della spesa

sociale dei comuni delle due regioni sia in termini di ente gestore (Fig. 6), che in termini di fonte di

finanziamento (Fig.7).

Nel primo caso appare evidente la presa in carico prevalente della spesa sociale da parte delle aziende

sanitarie venete. Nonostante questo peculiare modello regolativo, i comuni veneti gestiscono comunque il

68% della spesa sociale locale complessiva, contro il 79% dei comuni emiliano-romagnoli. Una peculiarità

23 Per un approfondimento della riforma del sistema di welfare regionale in chiave comparata si veda tra l’altro: Riforma del sistema socio-sanitario regionale. Quale idea di nuovo welfare? Workshop di approfondimento in occasione della XII edizione della Master School, Generare comunità sostenibili. Politiche integrate di sviluppo locale oltre la crisi del welfare, Università di Padova, 22 settembre 2016. 24 A questo riguardo, il DL 23/2015 infatti non fa alcun riferimento alla L.r.18/2012 di riordino istituzionale e associazionismo intercomunale del Veneto.

Page 18: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

18

dell’Emilia-Romagna emerge dalla quota di spesa che transita per le Unioni di Comuni e soprattutto per i

Distretti socio-sanitari, ente che non ha autonomia di gestione delle risorse in Veneto.

Nel secondo caso (fonti di finanziamento), il modo di regolazione del Veneto appare più diversificato,

sebbene in entrambi i casi la quota preponderante sul totale transiti dai Comuni: per i comuni emiliano-

romagnoli l’80% del totale e per i comuni veneti il 74%.

Figura 7 - Spesa sociale dei comuni singoli e associati per fonte di finanziamento – Confronto Veneto ed Emilia-

Romagna per singola fonte - Anno 2011 (valori percentuali)

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

5.2 L’indice di Institutional fit dell’ambito socio-sanitario in Emilia Romagna e in Veneto

Gli indicatori utilizzati di criticità e di risposta di Institutional fit in ambito socio-sanitario sono riportati nelle

tabelle 3 e 4. Gli indicatori socio-sanitari sono stati selezionati da un lato per fornire una misura della

distribuzione territoriale delle criticità legate al welfare (anziani e disagio socio-economico) e quindi cogliere

aspetti anche latenti collegati alla salute della popolazione, dall’altro per comprendere il livello di risposta

territoriale e infrastrutturale alle criticità evidenziate.

Una ulteriore misura di analisi adottata (tra gli indicatori di risposta) è relativa ai flussi di domanda (in questo

caso quelli della mobilità ospedaliera infra-regionale) e alla centralità dei comuni rispetto a tali flussi. Il

dataset che ne emerge è una cross-section comunale delle due regioni. Viene elaborata una misura di

adeguatezza (fit) per ciascuna delle due regioni analizzate e per ciascun ambito di policy selezionato, data

dalla somma dei valori standardizzati delle singole variabili.

Tabella 3 – La variabili di criticità per l’adeguatezza nell’ambito socio-sanitario

Variabili Fonte Livello Indicatori di criticità Peso

Pop anziana >75 anni ISTAT Comune Anziani >75 anni, valori standardizzati su base regionale

1

Percentuale anziani soli ISTAT Comune Percentuale Anziani soli standardizzata su base regionale

1

Indice di vulnerabilità* ISTAT Comune Indice di vulnerabilità standardizzata su base regionale

1

Indice disagio economico delle famiglie*

ISTAT Comune Indice disagio economico delle famiglie standardizzata su base regionale

1

Indice di richiesta di assistenza familiare*

ISTAT Comune Indice di richiesta di assistenza familiare standardizzata su base regionale

1

*= indici ISTAT (8milacensus)

Page 19: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

19

Gli indicatori costruiti sulla base delle variabili selezionate entrano nell’indice con un peso che è positivo (1)

nel caso la direzione dell’indicatore coincide con quella dell’indice; con un peso negativo (-1) nel caso di

indicatori di direzione opposta all’indice (ad esempio la distanza in km dai punti sanitari riceve un peso

negativo perché l’indice di risposta premia invece la prossimità).

Tabella 4 – La variabili di risposta per l’adeguatezza nell’ambito socio-sanitario

Variabili Fonte Livello Indicatori di risposta Peso

Strutture pubbliche di ricovero

Ministero sanità Comune Distanza in Km dai punti di ricovero pubblici standardizzata su base regionale

-1

Strutture private di ricovero Ministero Sanità Comune Distanza in Km dai punti di ricovero privati standardizzata su base regionale

-1

Ambulatori e laboratori per zona asl/uls

Ministero sanità Area ASL/ULS Ambulatori X 1000 abitanti standardizzata su base regionale

1

Spesa storica per funzioni nel settore sociale

OpenCivitas su dati SOSE

Comune Percentuale spesa storica per funzioni nel settore sociale 2010 (al netto di spesa per asili nido) su tot spesa storica 2010 standardizzata su base regionale

1

Mobilità ospedaliera Regione Emilia_Romagna e Regione Veneto

Area ASL/ULS Indice di centralità nel network di mobilità ospedaliera infra-regionale25

1

Gli indicatori sono stati costruiti su base comunale (per permettere una successiva interpretazione anche per

aggregazioni territoriali superiori) e attraverso una standardizzazione a livello regionale, conducendo a due

misure complessive, di criticità e risposta, che sono dati dalla somma degli indicatori standardizzati.

Uno dei prerequisiti per una operativizzazione efficace delle misure di institutional fit è che le variabili

selezionate presentino una forma di associazione e correlazione (Cox 2012). Sui due dataset regionali

vengono pertanto verificate innanzitutto le principali correlazioni tra le variabili indagate.

Sia per l’Emilia-Romagna sia per il Veneto la quota di popolazione oltre i 75 anni si correla positivamente e

significativamente: a) con la quota di anziani soli; b) con l’incidenza di famiglie con potenziale disagio di

assistenza; c) con la distanza dai punti pubblici e privati di ricovero; d) mentre si correla in modo inverso

rispetto alla centralità della mobilità ospedaliera infra-regionale delle aziende Usl.

Nella Fig.8 è rappresentata sia una misura indicativa della dotazione sanitaria dell’Emilia Romagna (fig. 8.1),

approssimata con presenza di punti di ricovero pubblici e accreditati, sia la distribuzione della misura di

adeguatezza socio-sanitaria per i comuni emiliano-romagnoli (fig. 8.2).

Da questi elementi si comprende che la misura di fit introdotta dal presente lavoro permette di analizzare

soprattutto una adeguatezza dal punto di vista spaziale e sociale, poiché pesa e confronta la situazione sociale

di ciascun comune con un set di indicatori di dotazione che pesano anche la distanza dai punti di ricovero più

vicini. Ne risulta pertanto una geografia più diversificata e con diverse intensità date dalla diversa

adeguatezza delle dotazioni e delle distanze rispetto alle criticità. La distribuzione del fit rispecchia la

prevalente geografia di localizzazione delle principali infrastrutture ospedaliere, che costituiscono infatti il

nodo centrale della rete dei servizi. La scelta di indicatori di risposta che traducono la presenza di servizi in

termini di distanza chilometrica dal punto di ricovero più vicino ha lo svantaggio di sottostimare la dotazione

periferica di laboratori e/o ambulatori, che non è introdotta nell’analisi perché non disponibile su base

comunale.

25 Nel caso dell’Emilia Romagna la presenza di una matrice origine-destinazione ha permesso di calcolare un indice di centralità (indice di centralità between) tra aziende sanitarie; nel caso del Veneto viene utilizzato un indice di attrazione a livello di azienda sanitaria già elaborato nel Rapporto “La mobilità ospedaliera in Veneto dal 2006 al 2013”, Regione Veneto, 2014.

Page 20: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

20

Fig. 8 – Distribuzione dei punti di ricovero pubblici e privati e distribuzione della misura di fit socio-sanitario per i comuni dell’Emilia-Romagna. Confini di area vasta.

8.1 - Geografia dei punti di ricovero Fig. 8.2 - Distribuzione della misura di fit socio-sanitario per i comuni dell’Emilia-Romagna. Confini di area vasta sanitaria

Fig. 8.1: Blu scuro segnala punti di ricovero; 8.2: Il colore scuro segnala il quartile superiore della misura di fit

Fonte: nostra elaborazione

L’Emilia Romagna in media presenta una misura negativa (-0,11 con un coefficiente di variazione di 1,7) che

segnala una presenza media di risposte inferiori alle criticità. Tuttavia ben il 77% della popolazione vive in

comuni con una misura di fit positiva per un totale di 148 comuni (il 44% del totale). Tale media regionale

nasconde delle evidenti disparità di adeguatezza, come si evince dalla figura 9 in cui sono i riportati i valori

medi e gli scarti interquartili della misura di fit socio-sanitario per ambiti di Asl e per Provincia.

Nella Fig. A1 in Appendice sono riportate le medie che offrono la possibilità di evidenziare subito la situazione

di equilibrio (fit), overfit o underfit per ciascun ambito funzionale. La situazione ottimale è ovviamente quella

di equilibrio. Una situazione di overfit segnala dotazioni socio-sanitarie superiori alle criticità, ma non dice

nulla sulla qualità di quelle dotazioni; l’underfit evidenzia le situazioni più critiche sia per mancata copertura

sanitaria che per sotto-dotazione.

Fig. 9 – Le misure di fit socio-sanitario in Emilia-Romagna

9.1 Comuni in equlibrio di adeguatezza (fit)

9.2 - Comuni in overfit 9.3 – Comuni in underfit

Fonte: nostra elaborazione

Page 21: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

21

Nella Fig. A2, in appendice, sono riportati invece i boxplot26 (scarti interquartili) che consentono di esaminare

quanto diversificato sia un determinato ambito funzionale al proprio interno in termini di misura di

adeguatezza. Questa seconda misura, offre pertanto un metro dell’«inclusività territoriale» (numero di

comuni con risposte adeguate ai problemi misurati su scala regionale) per ciascun ambito funzionale. Nel

caso dell’Asl di Bologna è evidente un overfit tra le risposte di servizi e la scala dei problemi socio-territoriali;

nel caso di Ferrara, Modena, Forlì e Piacenza si riscontra un underfit. Nel caso di Rimini c’è bilanciamento tra

criticità e risposte (indice =0). Questa distribuzione appare evidente anche nella fig. 8.

Il confronto tra ambiti funzionali permette di creare una misura sintetica di adeguatezza dei diversi ambiti

funzionali, partendo dal presupposto che una maggiore “inclusività”, sia territoriale sia di popolazione servita,

rappresenti un obiettivo di sostenibilità istituzionale.

A questo fine, la tabella 5 riporta tale misura di inclusività sia per le Aree Vaste socio-sanitarie dell’Emilia-

Romagna sia per le Provincie. La misura è data da un coefficiente di variazione della popolazione in situazione

di sovra-adeguatezza, non adeguatezza ed equilibrio per ciascun ambito funzionale. Questo indicatore può

essere utilizzato come misura della complessità di governo per ambito territoriale27.

Tabella 5 – Coefficiente di variazione (CV). Quote di popolazione in underfit, overfit ed equilibrio (fit).

Confronto tra Area Vasta e Provincia per l’ambito socio-sanitario in Emilia-Romagna.

Area Vasta Provincia

Numero di ambiti territoriali 3 9

Popolazione in underfit (CV) 0,11 0,39

Popolazione in overfit (CV) 0,04 0,13

Popolazione in equilibrio (CV) 0,28 0,81

La minore dispersione delle Aree Vaste rispetto alle Province conferma che la scala di Area Vasta garantisce

una migliore omogeneità (in termini di minore varianza) in qualsiasi situazione di dotazione territoriale.

In realtà una appropriata misura di confronto tra aree funzionali dovrebbe tenere conto anche della qualità

dei servizi offerti (ad esempio in ambito socio-sanitario la specializzazione dei servizi sanitari e la rapidità

nella capacità di intervento). Nell’area vasta Romagna, ad esempio, la città di Forlì risulta in leggero overfit,

ma al di sotto della capacità della vicina città di Cesena; l’ambito ASL di Forlì è complessivamente in underfit

perché ricomprende diversi comuni sottodotati; nella nostra misura, sia la Provincia che l’area vasta

correggono questo underfit, ma si comprende bene che il problema sottostante rimane e la sfida

dell’adeguatezza è soprattutto la sfida della capacità organizzativa di “portare” servizi a territori non dotati,

sfruttando meglio collegamenti esistenti, tecnologie e servizi di prevenzione e di cura.

Nel caso del Veneto, la Fig. 10 rappresenta la distribuzione dei punti di ricovero pubblici e privati e la

distribuzione della misura di fit socio-sanitario per i comuni, rapportato ai confini delle nuove ULSS.

26 Il boxplot (scarto interquartile) è una rappresentazione statistica che aiuta a visualizzare la dispersione e permette di

evidenziare il primo e il terzo quartile (il rettangolo di ciascun valore) di una distribuzione (in questo caso dell’indice di fit) ed è diviso al suo interno dalla mediana. I segmenti sono delimitati dal minimo e dal massimo dei valori. 27 Il Coefficiente di Variazione (CV) è un rapporto tra la deviazione standard e la media di una distribuzione. Segnala situazioni di diversità crescente mano che i valori si allontanano da 0. Nel caso delle aree vaste la maggiore media di popolazione in tutti i casi di fit fa diminuire il valore del CV. Si comprende pertanto che quella del CV è solo una delle misure possibili per confrontare diversi ambiti funzionali e che nel caso specifico premia ambiti territoriali ampi con maggiore popolazione.

Page 22: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

22

Fig. 10 - Distribuzione dei punti di ricovero pubblici e privati e distribuzione della misura di fit socio-sanitario per i comuni del Veneto. Confini nuove Ulss

10.1 Geografia dei punti di ricovero 10.2 Geografia del fit socio-sanitario

Fig. 10.1: blu scuro segnala punti di ricovero; 10.2: il colore scuro segnala il quartile superiore della misura di fit

Fonte: nostra elaborazione

La geografia dei punti di ricovero approssima la dotazione sanitaria regionale. La distribuzione della misura

di fit evidenzia la diversa capacità territoriale di fare fronte a criticità. Il Veneto in media presenta una misura

neutra (0.001 con un coefficiente di variazione di 1.6) che segnala un equilibrio tra dotazioni di servizi e

criticità. Il 30% della popolazione vive in comuni in overfit per un totale di 194 comuni. Il 31% della

popolazione è in equilibrio e il 39% in underfit (Tab. A in appendice).

Tale media regionale nasconde, anche nel caso del Veneto, delle evidenti disparità di adeguatezza, come si

evince dalla figura 11 e dalla figura B in appendice, in cui sono riportati i valori della misura di fit socio-

sanitario per gli ambiti delle “vecchie” e nuove ULSS. Di rilievo è constatare che, tra le nuove Ulss, il Veneto

Orientale e Bassano del Grappa risulterebbero in underfit, mentre le Ulss (provinciali) di Padova, Verona,

Vicenza e in minor misura Venezia sarebbero in overfit.

La misura sintetica di adeguatezza dei diversi ambiti funzionali è riportata nella tabella 6 che riporta la misura di inclusività territoriale sia per le nuove Ulss che per le Provincie del Veneto28. La misura è data da un coefficiente di variazione della popolazione in situazione di sovra-adeguatezza, non adeguatezza ed equilibrio per ciascun ambito funzionale. Quanto è minore il coefficiente, più contenuta sarà la disomogeneità all’interno di quell’ambito funzionale. Le nuove Ulss non offrono una migliore omogeneità, tranne nel caso in cui il territorio ha una misura di fit in

equilibrio: è ad esempio il caso del territorio della Provincia di Belluno, come si evince dalla fig. 11.1

28 Come previsto dal DL 23/2015, che istituisce sette nuove Ulss su basi provinciali, mantenendo le Ulss di Bassano del Grappa e del Veneto Orientale.

Page 23: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

23

Tabella 6 – Coefficiente di variazione (CV). Quote di popolazione in underfit, overfit ed equilibrio. Confronto

tra Ulss e Provincia per l’ambito socio-sanitario in Veneto.

Nuove Ulss Provincia

Numero 9 7

Popolazione in underfit (CV) 0.25 0,23

Popolazione in overfit (CV) 0.80 0,65

Popolazione in equilibrio (CV) 0.32 0,58

Fig. 11 – Le misure di fit socio-sanitario in Veneto

11.1 Comuni in equlibrio di

adeguatezza (fit)

11.2 - Comuni in overfit 11.3 – Comuni in underfit

Fonte: nostra elaborazione

5.3 Esiti della misurazione dell’Institutional fit socio-sanitario delle due regioni

Adottando un indice di correlazione tra la misura di institutional fit ottenuta e alcune variabili di controllo

(Tabella 7), l’adeguatezza istituzionale dei sistemi socio-sanitari delle due regioni risulta sensibile alla densità

abitativa, alla mobilità dei residenti e alla frammentazione amministrativa.

Tab.7 – Correlazioni tra Institutional fit e variabili di controllo

Variabili di controllo

Emilia-Romagna Veneto

Densità (abitanti per Km2) 0.3315***

0.2906***

Mobilità residenti (percentuale pendolari fuori del comune di residenza)

0.2331***

0.1850***

Frammentazione amministrativa (n. enti locali per 1000 abitanti all’interno degli ambiti sanitari)

-0.1189**

-0.4317***

Popolazione 0.2200***

0.0046

***statisticamente significativa allo 0.01; **statisticamente significativa allo 0.05

In questo ultimo caso sia in Emilia-Romagna che in Veneto l’indice di institutional fit è correlato

negativamente con un indice di frammentazione amministrativa, costruito come numero di enti locali per

1.000 abitanti di ciascun ambito sanitario. La misura di fit risulta maggiormente correlata in modo inverso

alla frammentazione amministrativa in Veneto.

Page 24: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

24

Ciò che colpisce ad una semplice ispezione visiva (fig. 8 e fig. 10) è che la misura di adeguatezza presenta

valori positivi (overfit) lungo precisi “assi territoriali” in entrambe le regioni. Mentre ciò è atteso in Emilia-

Romagna e il suo modello di sviluppo lungo la “Via Emilia”, rimarcando la centralità della città metropolitana

di Bologna, potrebbe apparire invece inatteso in Veneto dove è evidente una maggiore concentrazione di

adeguatezza lungo gli assi della A4 e dell’A27 (Veneto centrale) e la netta perifericità della città metropolitana

di Venezia. Si tratta tuttavia dell’area della campagna urbanizzata e industrializzata del Veneto centrale,

caratterizzata da una forte concentrazione di imprese (1 impresa ogni 8 abitanti), da alta densità abitativa e

con elevati flussi pendolari giornalieri, un’area che presenta tutte le caratteristiche di area metropolitana

policentrica di tipo funzionale, non riconosciuta tuttavia sul piano istituzionale e amministrativo poiché

frammentata tra 4 province e oltre 200 comuni (Indovina 2009; Fregolent 2013; Messina 2016). Anche

l’analisi dell’institutional fit dei servizi socio-sanitari ne conferma l’esistenza e l’estensione, facendo rilevare,

al contrario, come la città (provincia) metropolitana di Venezia non presenti invece alcuna delle

caratteristiche proprie dell’area metropolitana in senso funzionale.

Tabella 8 - Media della misura di Institutional fit socio-sanitario e quota percentuale di popolazione regionale

ricompresa nei comuni secondo il punteggio di adeguatezza socio-sanitaria

La misura di densità risulta positiva poiché è nelle città, o in loro prossimità, che si colloca la maggior

dotazione di risposte (le nostre misure conferiscono infatti un bias di centralità ai comuni più dotati di servizi

e risorse). Una politica di riequilibrio dovrebbe dunque correggere l’underfit delle aree periferiche e interne

(integrazione urbano-rurale). L’adeguatezza si correla positivamente con la mobilità sia in Emilia Romagna

che in Veneto (percentuale di pendolari fuori comune), configurandosi come indicatore utile per definire la

metropolizzazione del territorio nell’ambito dei servizi socio-sanitari. Vi è pertanto una ulteriore conferma

che, anche nell’ambito socio-sanitario, si siano andati realizzando due diversi tipi di “risposta” istituzionale

simili nel conferimento di centralità alle aree urbane ad alta densità, ma diverse nella dislocazione e nella

capacità di coordinamento: Via Emilia per l’Emilia-Romagna, Veneto centrale per il Veneto.

Questo modello ad alta densità insediativa opera tuttavia a scapito dell’inclusività territoriale in entrambe le

regioni (tabella 8) sia in termini territoriali (il caso dell’Emilia-Romagna che ha in media un indice di

institutional fit negativo), sia di popolazione (il caso del Veneto, dove la popolazione con una non adeguata

copertura di servizi è il 39% del totale, cfr. Tab. A in Appendice).

6. La policy del turismo: dal settore al territorio

A partire dalla fine degli anni Novanta, anche in Italia è stato introdotto l’approccio del destination

management nei processi di sviluppo in ambito turistico (Franch 2006) che ha portato all’istituzione dei

Sistemi Turistici Locali (L. 135/2001). Con questo nuovo approccio le politiche del settore turistico vengono

concepite ora come politiche di sviluppo territoriale, richiedendo una governance integrata. L’attenzione

viene posta infatti sulla dimensione del coordinamento delle decisioni prese dai diversi attori che concorrono

a definire l’ambito di destinazione turistica, la gestione della destinazione (Destination Management

Emilia-Romagna Veneto

Media dell’Institutional fit in ambito socio-sanitario (media dei punteggi dei comuni)

-0,11 0,001

Fit in equilibrio (quota popolazione) 11% 31%

Overfit (quota popolazione) 77% 30%

Underfit (quota popolazione) 12% 39%

Page 25: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

25

Organization29) e il marketing territoriale ai fini turistici. L’autonomia legislativa regionale ha portato alla

definizione di uno scenario turistico italiano notevolmente variegato sotto il profilo di forme e modelli di

organizzazione territoriale del turismo. In termini di governance, possiamo identificare almeno tre diversi

modelli. Il primo caso è costituito dalle Regioni che hanno istituito un ente strumentale con funzioni di meta-

management del complessivo processo di marketing turistico regionale: è questo l’esempio dell’Emilia-

Romagna. Nel secondo caso, costituito dalle rimanenti Regioni, la politica del turismo è stata affidata invece

dagli Assessorati al Turismo, con due diversi modelli organizzativi: nel primo modello, tipico del caso delle

Province autonome del Trentino e dell’Alto Adige, all’Assessorato al Turismo sono state attribuite anche le

competenze del commercio e dell’agricoltura, per consentire un maggiore coordinamento del marketing

territoriale ai fini turistici; nei rimanenti casi, invece, non sono presenti specifiche istituzioni preposte al

coordinamento delle attività di marketing e di promozione turistica a livello regionale. In quest’ultimo

modello rientra il Veneto.

6.1. Gli ambiti di destinazione turistica in Emilia Romagna e in Veneto

In entrambi i contesti regionali del Veneto e dell’Emilia Romagna, pur con le dovute differenze di peso

specifico messi in luce dalla fig. 12, il turismo costituisce un asset importante per lo sviluppo. Il Veneto

assorbe il 42% delle presenze turistiche totali del Nord est; l’Emilia-Romagna solo un quarto.

Tuttavia la capacità ricettiva è superiore in Veneto solo se si prendono in considerazione il numero di esercizi

extra alberghieri (prevalentemente campeggi e case in affitto) di cui il Veneto detiene il 77% dell’intero Nord

Est. Questa prevalenza del turismo extra-alberghiero contraddistingue il modello diffuso e capillare del

turismo veneto, incentivato anche da forme di autorizzazione e liberalizzazione che ne hanno favorito la

crescita: ad esempio in Veneto per molte attività extra-alberghiere è prevista semplicemente una

dichiarazione di inizio attività, mentre in Emilia-Romagna è richiesta una autorizzazione del Comune. Questo

a conferma dell’incidenza dei due diversi modi di regolazione dello sviluppo locale anche in questo ambito30.

Figura 12 – Domanda e capacità turistica in Veneto ed Emilia Romagna. 2014

12.1 - Arrivi e Presenze turistiche in Veneto ed Emilia Romagna in percentuale sul totale Nord est

12.2 - Capacità alberghiera in percentuale sul totale Nord-Est

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

29 Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO) la Destination Management Organization (DMO) è l’organizzazione responsabile per il management e il marketing della destinazione, il cui computo è quello di promuovere e organizzare l’integrazione dell’aggregato di elementi di un territorio che convergono nel dar corpo ad un’offerta turistica, in modo che essa aumenti le sue performance e la sua capacità di competere. 30 Si veda ISTAT, La classificazione delle strutture ricettive turistiche nella normativa delle regioni italiane, 2003.

Page 26: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

26

In Emilia-Romagna il turismo si è mosso a lungo sui binari della legge regionale 7 che nel 1998 ha strutturato

il funzionamento e la governance del settore economico trainante in Emilia Romagna. Il cardine dell’impianto

normativo si reggeva sulla collaborazione pubblico-privato e sul meccanismo di gestione degli investimenti

privati da parte della Regione. Una delle eccellenze di questa policy sono state le “Unioni di Prodotto”,

costituite ai sensi della L.R. 7/1998 e successive modificazioni. Si tratta di aggregazioni di soggetti istituzionali

pubblici (quali Enti locali e Camere di Commercio) e di soggetti privati (in particolare, aggregazioni di

imprese), fondate su tematismi legati a quattro tipologie di prodotti turistici: Costa Adriatica, Appennino

Verde, Città d’Arte e Terme. Fino a fine 2015, la governance rispondeva ad una precisa strategia che affidava

alla Giunta regionale la definizione delle linee strategiche della promozione turistica, ad Apt Servizi SpA

l’applicazione e la progettualità delle azioni (in particolare per ciò che attiene la comunicazione e la

promozione dei prodotti turistici regionali e le azioni sui mercati esteri) e alle quattro Unioni di Prodotto i

piani operativi per la promo-commercializzazione dei principali prodotti turistici che caratterizzano il

territorio regionale.

Nel 2007 l’Emilia-Romagna ha recepito la L. 135/2001 che prevedeva la costituzione di Sistemi Turistici Locali

(STL) e introduce la nuova disciplina del Programma pluriennale. Non si tratta di una riforma radicale poiché

gli STL si configurano come “opportunità aggiuntiva” rispetto al disegno della L.R. 7/1998 in chiave di territori

e destinazioni turistiche. Il sistema turistico regionale resta dunque incardinato sul prodotto turistico,

sebbene venga riconosciuta l’importanza dell’integrazione con le specializzazioni territoriali ai fini di

marketing.

È solo con la Legge regionale n. 4 del 25 marzo 2016 – “Ordinamento turistico regionale - Sistema

organizzativo e politiche di sostegno alla valorizzazione e promo-commercializzazione turistica” che viene

compiuto un passo più marcatamente “territoriale”: la L.R. 4/2016 abroga la legge regionale n.7/1998 e

conferisce alla Città metropolitana di Bologna e alle Province l'esercizio delle funzioni amministrative

relativamente a:

la definizione di proposte ai fini della programmazione della promozione turistica locale comprensiva delle eventuali iniziative di promozione e valorizzazione dei territori per le Destinazioni turistiche;

il Programma turistico di promozione locale; le professioni turistiche; il coordinamento delle attività di accoglienza, informazione locale e assistenza ai turisti.

Le strategie regionali per la promo-commercializzazione turistica sono definite dalle Linee guida triennali. È istituita una Cabina di regia regionale con la partecipazione dei soggetti istituzionali e rappresentativi pubblici e privati del settore turistico dell'Emilia-Romagna. La novità più rilevante è quella prevista dall’art. 12 per cui la Regione istituisce, su proposta della Città metropolitana di Bologna e delle Province, le aree vaste a finalità turistica31. All'interno di ciascuna area vasta, la Regione, istituisce le Destinazioni turistiche (enti pubblici strumentali

degli enti locali) ai fini dell'organizzazione della promo-commercializzazione del turismo dell'Emilia-Romagna.

All'interno di ogni area vasta non può essere istituita più di una Destinazione turistica.

Il caso del Veneto si differenzia in modo netto dal caso precedente. Il Veneto è di gran lunga la prima regione

turistica d’Italia e la sesta a livello europeo, come mostrano i dati del 2015 che hanno fatto registrare

17.250.925 arrivi e 63.232.098 pernottamenti, con un’offerta che spazia dal mare alle città d’arte (Venezia in

31 Di cui all'articolo 48 della legge regionale ER n. 13 del 2015 che recita: «1. Le funzioni in materia di turismo di cui

all'articolo 47, comma 3, possono essere esercitate d'intesa fra gli enti competenti nell'ambito delle aree vaste a finalità turistica, come individuate dalla legge regionale di revisione della legge regionale n. 7 del 1998».

Page 27: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

27

primis), dalle Dolomiti al Lago di Garda, dalle terme ai parchi naturali (Colli Euganei e Delta del Po). Va tuttavia

sottolineato (Marchi 2016) che oltre il 50% delle presenze è concentrato sulle località del turismo maturo

come Venezia (17 %) e le località balneari veneziane (Cavallino-Treporti, Bibione, Jesolo, Caorle) con il 33%,

seguite dal Lago di Garda (Lazise, Peschiera, Bardolino) con il 12%, Terme Euganee (4 %), Città d’arte (4 %) e

Dolomiti (3 %). A fronte di questa concentrazione delle presenze e della domanda, l’offerta di servizi si

presenta invece piuttosto diffusa su quasi tutto il territorio regionale. Questa struttura dell’offerta va

correlata, da un lato, al tessuto imprenditoriale diffuso tipico del Veneto, ma dall’altro anche a una gestione

spontaneistica dell’offerta locale, supportata di volta in volta dagli enti locali e dalle associazioni di categoria.

Si tratta di un modo di regolazione che risulta essere oggi sempre meno adeguato per mantenere le posizioni

di successo in un contesto di crescente globalizzazione del mercato (Marchioro 2015) e che richiederebbe

una maggiore regia regionale nel collegamento in rete delle diverse destinazioni turistiche.

In questa prospettiva, la L.r. 11/2013 “Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto” ha introdotto l’approccio

del destination management nella gestione strategica delle destinazioni (art.9), favorendone la promozione

per ambiti tematici (artt.11 e 12) e promuovendo il partenariato pubblico-privato nella gestione della

destinazione. Il legislatore veneto ha previsto tuttavia, a differenza dell’Emilia Romagna, che le destinazioni

possano essere proposte, organizzate e gestite con una modalità bottom up, senza standard giuridico-

amministrativi regionali predefiniti, con l’obiettivo di garantire una gestione più vicina ai territori delle

funzioni di accoglienza, assistenza turistica e promo-commercializzazione dei prodotti turistici della

destinazione. Il coordinamento deve essere svolto quindi dagli attori locali, piuttosto che dalla regione, in

continuità con il modo di regolazione tradizionale. Con la DGR n.2286 del 10 dicembre 2013, integrata poi

con la DGR 588/2015, la Giunta regionale ha definito i criteri e le condizioni per l’attivazione a livello locale

delle OGD (Organizzazioni di Gestione delle Destinazioni) e individuato i requisiti e i parametri per la

costituzione dei relativi Sistemi Turistici Tematici (STT), che possono essere così sintetizzati:

A. Dimensione dell’OGD:

- STT con ODG unica: Venezia e Laguna; Dolomiti; Montagna Veneta; Lago di Garda; Pedemontana

Veneta e Colli; Po e suo Delta.

- STT: Mare e spiagge, Terme Euganee e termalismo veneto: comuni, singoli e associati, con almeno

un milione di presenza/anno, calcolate sulla media del triennio 2010-12.

- STT: Città d’arte, centri storici, città murate, sistemi fortificati e ville venete: comuni, singoli o

associati, con almeno settecentomila presenze/anno calcolate sulla media del triennio 2010-12.

B. Soggetti partecipanti: possono partecipare imprese turistiche in forma associata, altri soggetti privati, in

forma singola o associata, enti pubblici e, tra questi, almeno uno o più comuni e CCIAA.

C. Funzioni e attività, da realizzare in tre tempi: a) governance turistica della destinazione e pianificazione

strategica unitaria dei soggetti coinvolti del governo dell’OGD; b) gestione unitaria dell’informazione e

accoglienza turistica; c) coordinamento della promozione e commercializzazione dei prodotti turistici

della destinazione.

D. Forme di costruzione dell’OGD: i soggetti partecipanti definiscono autonomamente la modalità

organizzativa più adatta al governo dell’OGD, attraverso la costituzione formale o di un apposito tavolo

di confronto, o di una forma aggregativa o societaria.

Le proposte di attivazione delle OGD, in conformità con la normativa regionale, vanno inoltrate alla Direzione

Turismo della Giunta regionale che le riconosce32 ai sensi dell’art. 9 della L.r. 11/2013.

32 Sono state attivate ad oggi le seguenti OGD e i relativi Piani Strategici di Destinazione (PSD): Bibione, San Michele al Tagliamento; Jesolo, Eraclea; Caorle, Concorda Sagittaria; Cavallino; Delta Po; Dolomiti; Lago di Garda; Padova (limitata alla città di Padova); Pedemontana; Terre Vicentine; Treviso (estesa alla Marca trevigiana); Verona. Se per il turismo

Page 28: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

28

Nello specifico, per quanto riguarda la partecipazione dei Comuni alla definizione dell’ambito territoriale di

una OGD, va notato che la normativa regionale non fa alcun riferimento né alla Città metropolitana di

Venezia, né alle Province, ma nemmeno agli ambiti di gestione associata dei servizi, previsti dalla L.r. 18/2012

che promuove l’associazionismo intercomunale33. Essa stabilisce solo un principio generale di contiguità

territoriale, senza fare alcun cenno al governo di area vasta, differenziandosi in tal senso in modo evidente

dal caso emiliano-romagnolo. Le dinamiche di attivazione delle OGD, ad oggi, sono state quindi molto diverse

da caso a caso e hanno rispecchiato, e in alcuni casi rafforzato34, le dinamiche della regolazione comunitaria

localistica, tipica del Veneto35. La misurazione dell’institutional fit risulta essere quindi, in questo caso, di

particolare interesse.

6.2 L’indice di Institutional fit del turismo in Emilia Romagna e Veneto

Gli indicatori di criticità e di risposta nell’ambito turistico, riportati nelle tabelle 9 e 10, sono costruiti, anche

qui, su base comunale per permettere una successiva interpretazione anche per aggregazioni territoriali

superiori. Gli indicatori sono costruiti attraverso una standardizzane a livello regionale conducendo a due

misure complessive di criticità e risposta che sono dati dalla somma degli indicatori standardizzati. Gli

indicatori sono costruiti attraverso una standardizzazione a livello regionale. Gli indicatori del turismo sono

selezionati da un lato per comprendere il livello di domanda misurato sulla base dei flussi effettivi di arrivi e

presenze, dall’altro per fornire una misura della distribuzione territoriale delle dotazioni turistico-culturali e

l’eventuale centralità del Comune rispetto alle dotazioni regionali (quindi cogliere aspetti di offerta).

Tabella 9 – La variabili di criticità per l’adeguatezza nell’ambito turistico

Variabili Fonte Livello Indicatori di risposta Peso

Arrivi Fonti regionali e provinciali Comune Arrivi standardizzati su base regionale 1

Presenze Fonti regionali e provinciali Comune Presenze standardizzati su base regionale 1

Tabella 10 – La variabili di risposta per l’adeguatezza nell’ambito turistico

Variabili Fonte Livello Indicatori di criticità Peso

Posti letto ISTAT Comune Posti letto, valori standardizzati su base regionale

1

Dotazioni museali, monumenti, chiese, biblioteche, beni UNESCO

Ancitel Comune Dotazioni standardizzate su base regionale 1

Comune turistico Ancitel Comune Distanza dal Comune turistico più vicino -1

balneare sono presenti ben 4 diversi OGD contigui, spicca l’assenza dell’OGD di Venezia. Cfr. https://www.regione.veneto.it/web/turismo/dmp 33 In relazione all’attuazione della L.r. 11/2013 del Veneto cfr. Il turismo sostenibile come volano di sviluppo. Reti, governo e regolazione, ricerca condotta nell’ambito del Master in Governo delle reti di sviluppo locale, Università di Padova, presentata alla XI edizione della Master School, Nuove narrazioni per lo sviluppo glocale, settembre 2015. 34 Questa tendenza è tanto più evidente quanto più prevalgono gli orientamenti delle amministrazioni leghiste, come nel caso del Comune di Padova. Un caso a parte è dato dal caso dall’OGD di Treviso che comprende invece l’intera Marca Trevigiana, in continuità con il ruolo svolto dalla Provincia di Treviso in questo contesto. 35 A questo riguardo la normativa regionale prevede che: a) i comuni aderenti a una OGD devono essere territorialmente contigui (eccetto nei SST a OGD unica); b) i comuni che non partecipano ad alcuna OGD possono aderire a una OGD appartenente a un altro SST, purché contigua al loro territorio; c) i comuni del STT Pedemontana Veneta e Colli (Veneto centrale) che non partecipano all’unica OGD possono aderire a una OGD di un altro STT contiguo, purché dello stesso ambito provinciale.

Page 29: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

29

Si tratta di un’analisi che, in forma esplorativa, intende proporre una metodologia per indagare

sull’adeguatezza istituzionale degli ambiti territoriali individuati dalle rispettive normative regionali in ambito

turistico. Come si è detto, uno dei prerequisiti per una operativizzazione efficace delle misure di institutional

fit è che le variabili selezionate presentino una forma di associazione e correlazione. Sui due dataset regionali

vengono innanzitutto verificate quindi le principali correlazioni tra le variabili indagate. Sia per l’Emilia-

Romagna che per il Veneto un test preliminare di correlazioni tra variabili conferma che la presenza di

dotazioni/destinazioni turistiche e la presenza di posti letto si correla positivamente e significativamente con

gli arrivi e le presenze. Come già eseguito per la misura socio-sanitaria, per consentire un più facile confronto

tra criticità e risposta, i due indici che risultano dalla somma degli indicatori per ciascuna dimensione vengono

scomposti in quartili e ad ogni comune viene assegnato il numero del quartile corrispondente (da 1 = quartile

inferiore a 4 = quartile superiore).

Nella Fig. 13 è rappresentata la distribuzione percentuale delle presenze turistiche sul totale regionale (fig. 13.1) e la distribuzione della misura di fit turistico per i comuni emiliano-romagnoli (fig. 13.2).

Fig. 13 – Flussi turistici e institutional fit turistico in Emilia-Romagna

13.1 - La geografia della domanda turistica: presenze turistiche per comune in percentuale su presenze regionali

13.2 – Distribuzione della misura di fit turistico

Fig. 13.1 in rosso il quartile superiore; 13.2: blu scuro valori di fit < 0 (underfit)

Fonte: nostra elaborazione

Le due diverse geografie sono dovute alla diversa modalità con cui si può guardare al turismo a livello

regionale. Il 77% delle presenze è concentrato in 10 città di cui 9 localizzate lungo la costa adriatica (Bologna

è l’altra città tra le prime dieci).

La misura di adeguatezza su base comunale introdotta in questo lavoro è intesa come capacità dei comuni di

ricevere e ospitare turisti, in relazione alla loro dotazione/criticità di servizi turistici. Questa misurazione

mette in maggiore evidenza la mancata adeguatezza della parte orientale della regione, con una area di

underfit (più servizi che visitatori) che si estende tra Bologna, Ferrara e Modena. L’Emilia-Romagna in media

presenta però una misura positiva di adeguatezza (0.11 con un coefficiente di variazione di 1.5) segnalando

un equilibrio tra dotazioni e flussi nella parte della costa e una sovracapacità in termini di dotazioni

soprattutto nella parte occidentale della regione.

La costa adriatica, che sappiamo esprimere il più alto potenziale turistico regionale, risulta avere una adeguatezza istituzionale in equilibrio. Il 12% della popolazione in Emilia Romagna vive in comuni con presenze ed arrivi superiori alle loro dotazioni o centralità (comuni in overfit) per un totale di 113 comuni (il 34% del totale, cfr. Tabella B in Appendice). Nel turismo l’overfit può essere considerato sia un indicatore della capacità delle singole località di promuovere il territorio, sia un effetto spillover di carattere regionale. Nel caso dell’Emilia-Romagna la forte capacità attrattiva della costa non sembra irradiarsi verso altre parti del territorio (non è significativa la correlazione tra adeguatezza e distanza dalla costa) e sembra invece che

Page 30: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

30

si siano andati sviluppando altri poli di attrazione che orbitano intorno alla località appenniniche e montane della regione.

Fig. 14 – Le misure di fit turistico in Emilia-Romagna

14.1 Comuni in equlibrio di adeguatezza (fit)

14.2 - Comuni in overfit 14.3 – Comuni in underfit

Come evidenziato anche per l’ambito socio-sanitario, tale media regionale nasconde delle evidenti disparità di adeguatezza, come si evince dalla figura 13 in cui sono i riportati i valori della misura di fit turistico per ambiti di Area Vasta36. Nel caso degli ambiti della Città Metropolitana di Bologna e Ferrara è evidente un underfit tra le dotazioni e i flussi turistici; nel caso delle restanti dotazioni si riscontra un overfit (Fig. C in appendice).

Tabella 11 – Quote di popolazione in underfit, overfit ed equilibrio. Confronto tra Ambiti di Area vasta e Provincia per l’ambito turistico in Emilia-Romagna. Coefficiente di variazione (CV).

Ambiti di area vasta Provincia

Numero 4 9

Superficie media (Km2) 5.500 2.400

Popolazione in overfit (CV) 0,39 0,46

Popolazione in underfit (CV) 0,57 0,64

Popolazione in equilibrio (CV) 0,40 0,23

La misura sintetica di adeguatezza dei diversi ambiti funzionali, in termini di inclusività, è riportata nella tabella 11, sia per le Aree vaste sia per le Province, sulla base del coefficiente di variazione della popolazione in situazione di sovra-adeguatezza, non adeguatezza ed equilibrio per ciascun ambito funzionale. La minore dispersione delle Aree Vaste rispetto alle Province conferma che la scala di Area Vasta garantisce

una migliore omogeneità nelle condizioni di underfit e overfit, ma non in quelle di equilibrio, in cui è la

Provincia a garantire maggiore omogeneità.

Diverso è il caso del Veneto. Nella Fig. 15 è rappresentata la distribuzione delle presenze turistiche (15.1) e la

distribuzione della misura di fit turistico per i comuni veneti (15.2).

36 In assenza di una delibera che definisce i nuovi ambiti di destinazione turistica sulla base della L.R. 4/2016 si è adottata una ripartizione per “aree vaste”: Romagna (ex province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e Ferrara); Parma e Piacenza; Modena e Reggio Emilia e infine la Città metropolitana di Bologna.

Page 31: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

31

Fig. 15 – Flussi turistici e institutional fit turistico in Veneto

15.1 - La geografia della domanda turistica: presenze turistiche per comune in percentuale su presenze regionali

15.2 - Distribuzione della misura di institutional fit turistico

Fig. 15.1 in rosso il quartile superiore; 15.2: blu scuro valori di fit < 0 (underfit)

Come ricordato, i STT di Venezia Laguna e Mari e spiagge assorbono il 38% delle presenze regionali. Il Lago di

Garda è il secondo STT per presenze. Il Veneto in media presenta una misura negativa (-0.44 con un

coefficiente di variazione di 1.4) che segnala una situazione territoriale in cui la maggior parte del territorio

risulta sottodotata rispetto ai flussi di arrivi e presenze. Il 9% della popolazione vive in comuni in overfit per

un totale di 128 comuni (il 22% del totale). La popolazione in underfit è il 28% e si distribuisce su 250 comuni

(il 43% del totale dei comuni). Per motivare questo underfit, occorre considerare la capacità individuale delle

singole località (e singoli imprenditori): nonostante le politiche di investimento fortemente orientate a

stimolare un’offerta locale (turismo extra-alberghiero) la regione non risulta adeguata ad affrontare la sfida

turistica esemplificata dal flusso di arrivi e presenze.

Per il Veneto l’analisi funzionale è eseguita guardando ai Sistemi Turistici Tematici (STT) e alle Province. Nel caso degli STT, Montagna Veneta, Dolomiti e Terme Euganee è evidente un overfit tra le dotazioni e i flussi; mentre nel caso delle Città d’arte e della Pedemontana e Colli si riscontra un underfit (si veda figura D in appendice). Ai fini di un confronto tra l’adeguatezza dei diversi ambiti funzionali, la tabella 12 riporta la misura di inclusività sia per gli STT che per le Province, sulla base del coefficiente di variazione della popolazione in situazione di sovra-adeguatezza, non adeguatezza ed equilibrio per ciascun ambito funzionale. Ricordiamo che questo indicatore segnala anche, in caso di più alta omogeneità, la minore complessità di governare un determinato ambito di policy.

Page 32: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

32

Tabella 12 – Quote di popolazione in underfit, overfit ed equilibrio. Confronto tra STT e Provincia per l’ambito turistico in Veneto. Coefficiente di variazione (CV)

STT Provincia

Numero 9 7

Superfice media (in Km2) 2.000 2.500

Popolazione in overfit(CV) 1,05 0,54

Popolazione in underfit (CV) 0,93 0,31

Popolazione in equilibrio (CV) 1,5 0,31

Fig. 16 – La misura di institutional fit turistico per i comuni del Veneto

16.1 Comuni in equlibrio di adeguatezza (fit)

16.2 - Comuni in overfit 16.3 – Comuni in underfit

In Veneto, la minore dispersione delle Province rispetto agli STT garantisce una migliore omogeneità nelle

condizioni di underfit, overfit, e di equilibrio, in cui è il livello provinciale a garantire maggiore omogeneità.

Questa maggiore omogeneità non risolve tutti i problemi di inclusione, come si evince dalla distribuzione dei

comuni in underfit (Fig. 16.3 e Fig. D in Appendice).

La debolezza del collegamento tra la città metropolitana di Venezia e il resto della regione viene confermata

alla misura di institutional fit dei comuni veneti in ambito turistico, che risulta essere infatti inversamente

correlata con la distanza dai comuni della Provincia di Venezia (Tab. 12), segnalando da una parte un

dinamismo locale che rende autonomi alcuni comuni veneti nell’ottenimento di una propria adeguatezza ma,

dall’altra, anche la necessità di investimenti che rendano adeguata l’offerta turistica regionale, se si vuole

puntare su un maggiore collegamento e coordinamento con la principale destinazione turistica.

6.3 Esiti della misurazione dell’Institutional fit turistico delle due regioni

Adottando un indice di correlazione tra la misura di fit ottenuta e alcune variabili di controllo, l’adeguatezza

istituzionale dei sistemi turistici delle due regioni risulta sensibile alla popolazione e alla densità abitativa in

(modo inverso) e alla frammentazione amministrativa. In nessuna delle due regioni l’adeguatezza

istituzionale in tema di turismo presenta una significativa correlazione con un indicatore di collaborazione

inter-istituzionale creato sulla base delle informazioni sulla partecipazione dei comuni a reti collaborative in

Page 33: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

33

tema culturale e turistico (fonte Ancitel). Nella tabella 13 sono riportate le principali correlazioni tra

institutional fit e le variabili di controllo adottate.

Tab.13 – Correlazioni tra Institutional fit nel settore turismo e variabili di controllo

Variabili di controllo Emilia-Romagna Veneto

Densità (abitanti per Km2) -0.203 *** -0.335***

Popolazione -0.117** -0.118***

Reti di collaborazione. N. di reti sviluppate dai comuni in ambito turistico e culturale (ns elab. su dati ANCITEL)

-0.08 -0.03

Frammentazione amministrativa (n. comuni per 1000 abitanti all’interno di ogni destinazione turistica)

0.137*** 0.341***

Distanza dalla principale destinazione turistica regionale (Venezia per il Veneto; Rimini per Emilia-Romagna)

-0.58*** -0.214***

***statisticamente significativa allo 0.01; **statisticamente significativa allo 0.05; *statisticamente significativa allo 0.1

Nel confronto tra i due contesti regionali è interessante verificare il debole collegamento tra la adeguatezza

media dei comuni e le destinazioni turistiche principali (Rimini e Venezia), approssimata con la distanza dei

comuni dalle province con le due principali destinazioni (la distanza risulta negativa e statisticamente

significativa). In Emilia-Romagna manca un effetto di collegamento con le dinamiche turistiche della costa (la

correlazione tra fit e distanza da Rimini, è negativa e significativa) lasciando ipotizzare l’esistenza di almeno

due traiettorie di turismo regionale di natura trasversale rispetto alle aree vaste ipotizzate37. In Veneto

manca un collegamento funzionale tra la città metropolitana di Venezia e la restante parte della regione. In

entrambi i casi, l’adeguatezza istituzionale nel turismo non si distribuisce lungo assi “metropolitani” di densità

urbana, come dimostra la correlazione negativa sia con la densità sia con la popolazione. La frammentazione

amministrativa misurata con il numero di comuni all’intero delle aree di destinazione turistica (aree vaste per

l’Emilia-Romagna e STT per il veneto) non ha lo stesso effetto di freno sull’adeguatezza, come rilevato

nell’ambito socio-sanitario, e questo può rappresentare una indicazione interessante in relazione al livello

ottimale di efficienza delle politiche turistiche.

Tabella 14 - Media della misura di Institutional fit turistico e quota percentuale di popolazione regionale ricompresa nei comuni secondo il punteggio di adeguatezza socio-sanitaria

Il modello di offerta turistica diffusa del Veneto verte, come si è detto, su un ampio tessuto di offerta

imprenditoriale locale che tuttavia non appare né adeguato da un punto di vista di dotazioni, né valorizzato

appieno, vista la forte concentrazione di presenze su Venezia e località balneari. Servirebbe un’azione di

37 Questo confermerebbe empiricamente la difficoltà oggi riscontrata in Emilia-Romagna a livello di politiche regionali di conciliare le nuove destinazioni previste dalla L. 4/2016 all’interno delle aree vaste.

Emilia-Romagna Veneto

Media dell’Institutional fit in ambito turistico

(media dei punteggi dei comuni)

-0,12 0,44

Fit in equilibrio (quota popolazione) 60% 44%

Overfit (quota popolazione) 12% 9%

Underfit (quota popolazione) 28% 47%

Page 34: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

34

governance a regia regionale in grado di mettere in rete il Veneziano con il resto del territorio regionale.

Tende a prevalere invece, anche con la nuova normativa, un modo di regolazione in cui la Regione continua

a mantenere un ruolo più di regolamentazione amministrativa che di coordinamento e di regolazione politica,

poiché la regolazione effettiva è affidata di fatto ancora ai Sistemi Turistici Locali (OGD), senza un

potenziamento delle connessioni tra nodi della rete regionale. Se si guarda all’offerta turistica diffusa sul

territorio, correlata al modello dell’economia diffusa tipica del Veneto, un maggiore collegamento con la Città

metropolitana veneziana potrebbe costituire un vantaggio per l’inclusività territoriale dell'intera regione.

Bisogna constatare invece, ad oggi (agosto 2016), il prevalere di una frammentazione delle Destinazioni

turistiche, a partire dalla stessa area veneziana, in cui si contano ben 4 diverse OGD del turismo balenare

(Bibione-San Michele al Tagliamento; Jesolo-Eraclea; Caorle-Concorda Sagittaria; Cavallino Treporti) e

(ancora) nessuna OGD per Venezia. Per contro, il modello emiliano-romagnolo valorizza le aree vaste ai fini

turistici e, sebbene presenti una quota più alta di popolazione residente in aree con una misura di fit in

equilibrio (60%), detiene una maggiore quota di popolazione in situazioni di overfit, rispetto al caso del

Veneto (cfr. Tab. B in Appendice).

7. Aspetti rilevanti della comparazione e conclusioni

L’analisi condotta in questo lavoro è volto a contribuire al concetto di sostenibilità istituzionale introducendo

una prospettiva di adeguatezza spaziale e sociale nel complesso rapporto tra istituzioni e territorio. Sebbene

il set di indicatori introdotto possa essere ampliato e calibrato ulteriormente sulla base delle criticità di

ciascun ambito di policy, la misura di sintesi introdotta dal presente studio permette di affermare che esiste

un problema di adeguatezza nella costruzione di perimetri istituzionali sovracomunali e che su tale

adeguatezza possono innestarsi ulteriori riflessioni relative al futuro assetto istituzionale delle autonomie,

sia da una prospettiva giuridico-politica, sia da una prospettiva economico-organizzativa.

La cornice della riforma di riordino amministrativo lanciata con la L.56/14 (Delrio) offre l’opportunità di

contestualizzare la sfida della ricerca di tale adeguatezza. Lo studio permette di controllare, da un lato, il peso

del modo di regolazione regionale, della path dependency istituzionale di ciascun contesto regionale, ma

dall’altro, anche la diversa distribuzione territoriale di risorse, di assetti organizzativi e di reti che

caratterizzano determinati ambiti di policy, lasciando prefigurare le caratteristiche che gli ambiti funzionali

di area vasta possono detenere per garantire un’appropriata adeguatezza.

L’analisi si è concentrata sugli ambiti di policy socio-sanitario e turistico di Veneto ed Emilia-Romagna e

permette di arrivare alle seguenti prime conclusioni:

In primo luogo, i modi di regolazione regionali, che sapevamo già essere diversi tra Emilia-Romagna e Veneto,

risultano avere un impatto sia sull’organizzazione e distribuzione delle risorse a livello di territorio (comuni),

sia sulle diverse capacità di risposta istituzionale alle criticità dei medesimi ambiti di policy presi in esame. I

dati raccolti confermano infatti la rilevanza di una “geografia della regolazione” regionale che non si può

ignorare quando si affronta il tema dell’adeguatezza istituzionale e di una sua valutazione.

In particolare, sul lato socio-sanitario emerge una debolezza del sistema regionale Veneto nel garantire la più

ampia copertura di servizi alla popolazione, dovuta anche al debole coordinamento tra comuni e Ulss per

l’implementazione di servizi territoriali; il sistema socio-sanitario emiliano-romagnolo conferma la sua

vocazione universalistica e “integrativa” soprattutto alla luce della capacità di copertura della popolazione,

sebbene non sia esente da problemi di inclusività soprattutto per la popolazione delle cosiddette “aree

interne”.

Sul fronte turistico i due contesti regionali segnano una netta divergenza, effetto anche dei diversi modi di

regolazione. Il dinamismo imprenditoriale veneto (frutto anche di forti investimenti regionali e di politiche di

Page 35: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

35

liberalizzazione per le autorizzazioni) non sembra garantire una adeguata offerta regionale che, di fronte a

flussi consistenti di arrivi e presenze su scala nazionale, potrebbe invece rafforzare ancor di più la vocazione

all’ospitalità diffusa del Veneto, in un contesto globale. Il turismo emiliano-romagnolo vive oggi una sua

evoluzione che lo porta a far convivere la centralità del turismo di costa (ancora campione di presenze) e la

presenza di una offerta diffusa di turismo “montano e collinare” che è però dotata in eccesso rispetto alla

domanda turistica. Esiste inoltre in Emilia-Romagna un problema di non adeguata dotazione dell’area

metropolitana di Bologna e nella parte centro orientale della regione.

In secondo luogo, è possibile affermare che le diverse “geografie” intra-regionali (risultato della diversa

adeguatezza istituzionale per ciascun ambito di policy) rispecchiano sia aspetti insediativi e morfologici della

regione, sia deliberate scelte localizzative di investimento, entrambi di lungo periodo. Come ricordato nel

paragrafo 2, gli indicatori adottati per la nostra analisi non consentono di rilevare aspetti di adeguatezza

temporale (ad esempio, quanto varia l’adeguatezza nell’arco di un decennio o un ventennio, in relazione al

variare delle sfide esterne) e pertanto permettono solo di verificare l’esistenza di tali geografie e misurarne

la distanza. Le cause di queste differenze restano oggetto di interpretazione dei dati che la comparazione per

contesti e l’approccio dei modi di regolazione consentono di mettere meglio in luce.

In particolare, in Emilia-Romagna e Veneto, i dati raccolti mostrano che esiste in ambito socio-sanitario una

correlazione tra adeguatezza e densità abitativa, confermando la presenza di modelli di policy che hanno

ricalcato in entrambi i casi regionali le concentrazioni urbane o periurbane di carattere insediativo ed

economico. Questa correlazione non esiste in ambito turistico. Questo permette di gettare uno sguardo

anche alla capacità delle città metropolitane di garantire adeguatezza istituzionale. La città metropolitana di

Bologna risulta essere un cardine importante del modello di adeguatezza socio-sanitario emiliano-romagnolo

soprattutto nell’ambito di area vasta dell’Emilia centrale, ma non risulta adeguata agli attuali flussi turistici

che la interessano in termini di dotazioni. Nell’ambito funzionale della città metropolitana di Venezia,

l’adeguatezza socio-sanitaria e turistica risultano in underfi: il vero problema sembra essere il collegamento

funzionale con il resto della regione, che è problematico soprattutto in ambito turistico, dove la città

metropolitana di Venezia non è in grado di connettersi in modo proficuo al resto del Veneto, come nodo della

rete delle destinazioni turistiche regionali, senza una coerente azione di governance della Regione, che stenta

tuttavia ad arrivare38.

La nostra analisi permette inoltre di osservare che esiste un problema di inclusività/coesione territoriale

anche in modelli regionali policentrici e con forte coordinamento urbano-rurale, come nel caso dell’Emilia-

Romagna, a conferma che il disegno istituzionale delle aree vaste non solo non può essere unico per tutti gli

ambiti di policy, ma deve anche sapere ridurre il divario tra l’area “metropolitana” e l’area “interna” di

ciascuna regione.

Per entrambe le regioni, le raccomandazioni che possono scaturire dal presente studio sono di

potenziamento dell’azione di coordinamento politico e collegamento a livello regionale: azione che può

essere declinata anche attraverso forme organizzative efficaci ed efficienti, collegamenti smart con nuove

tecnologie, soprattutto per i servizi socio-sanitari, e politiche regionali e macro-regionali di brand and

destination management nel caso del turismo.

In terzo luogo, partendo da questi elementi, la ricerca consente di rilevare come, in entrambi i casi,

nonostante le differenze, la frammentazione amministrativa agisca, nel caso delle politiche socio-sanitarie

38 L’underfit della città metropolitana di Venezia è “corretto” dai confini funzionali della destinazione turistica (stt Venezia e laguna) e dai confini della nuova Asl (Venezia). Si vedano figure B e D in appendice.

Page 36: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

36

da freno al tentativo di garantire la migliore adeguatezza istituzionale in ambito regionale39. La comparazione

tra i due casi regionali mostra come le caratteristiche del modo di regolazione del Veneto, più centrato sulla

comunità locale, faccia sì che la frammentazione amministrativa risulti essere un elemento più critico per il

Veneto che per l’Emilia-Romagna, ancor più in un contesto di debolezza dell’azione di regolazione politica

della Regione. L’effetto della frammentazione sull’adeguatezza turistica è però diametralmente opposto (sia

in Emilia-Romagna che in Veneto è correlata positivamente con la misura di fit) e questo lascia ipotizzare che

eventuali politiche di valorizzazione e investimento su scala comunale non diminuiscono la ricerca di una

adeguatezza istituzionale in ambito turistico.

Lo stesso concetto di “area vasta” (introdotto dalla L. 56/14 e recepito da diverse leggi regionali) garantisce

una appropriata adeguatezza istituzionale solo nella misura in cui siano introdotte aree vaste sovracomunali

“sufficientemente" ampie. A conferma che il coordinamento sovracomunale non può essere, a sua volta,

eccessivamente frammentato, la ricerca consente di affermare che “aree vaste” ampie garantiscono una

migliore adeguatezza istituzionale, a condizione però che le dotazioni territoriali e gli investimenti che devono

garantire queste dotazioni siano all’altezza delle criticità del territorio e che, quindi, ci sia un coordinamento

regionale e di area vasta, soprattutto in termini di collegamenti e investimenti. Sebbene, infatti, la nostra

analisi non permetta alcuna conclusione definitiva in merito alla dimensione ottimale di tali aree funzionali,

è evidente che l’ampiezza, che garantisce adeguatezza, è strettamente correlata tanto alla complessità del

coordinamento sovracomunale (quali dotazioni e servizi e per chi?), quanto alla capacità istituzionale delle

regioni e delle istituzioni intermedie e, quindi, al modo di regolazione prevalente40.

Questa considerazione dovrebbe condurre a superare l’ambiguità con cui viene definito l’ambito di governo

di area vasta: da un lato pensato come ambito di governo funzionale di secondo livello, ovvero come rete

intercomunale, ma dall’altro ancora prigioniero, di fatto, di una concezione giuridico-amministrativa

gerarchico-piramidale, che comporta il mantenimento dei vecchi confini amministrativi delle vecchie

Province. Il superamento di un modello istituzionale incardinato sulle Regioni e gli enti intermedi, verso un

modello in cui le Regioni perdono le funzioni di indirizzo a favore dello Stato e viene riconosciuto un

accresciuto ruolo ai comuni e alla sovra-comunalità, non dovrebbe far perdere di vista la necessità di forti

azioni di coordinamento regionale41.

In conclusione, l’aspetto più generale, ricavabile dalle evidenze empiriche della ricerca, attiene alla

definizione stessa di “ambito territoriale adeguato”: nella misura in cui per adeguatezza si intende la capacità

di offrire il più adeguato tipo di servizi alla più ampia quota di popolazione, riducendo la parte di territorio

regionale esclusa da una migliore dotazione, appare evidente che tale adeguatezza è diversa per ciascun

ambito di policy e pertanto non può esistere una “adeguatezza universale” da applicare indistintamente a

ciascun ambito di policy. Questo vuol dire che, anche a parità di modi di regolazione, non esiste un ambito

ottimale identico per tutte le funzioni. I casi esaminati hanno mostrato infatti come l’adeguatezza

istituzionale sia correlata, da un lato, ai diversi modi di regolazione ma, dall’altro, anche al diverso ambito di

policy. Questa evidenza rafforza, a nostro avviso, la necessità di un coordinamento per ambiti di policy anche

di carattere macro-regionale, senza però perdere di vista politiche di inclusività di carattere territoriale.

39 Ricordiamo che la misura di adeguatezza è correlata negativamente con l’indicatore di frammentazione amministrativa nel caso delle politiche socio-sanitarie. 40 Sia le nuove Ulss venete sia le aree vaste emiliano-romagnole garantiscono una migliore capacità di offrire adeguatezza istituzionale. Si tenga conto che era soprattutto l’elevata disomogeneità negli investimenti tra Province e l’elevata incidenza di spese generali delle Province che ha contribuito, nella media italiana, a rendere questi enti inefficienti. Si veda a questo riguardo Senn e Zucchetti (2011) e Ciapetti (2014). 41 Poiché questo tipo di superamento è ciò che lascia intravedere la riforma costituzionale del Titolo V, in attesa del referendum confermativo del 2016 (si veda ad esempio Gardini, 2015), è auspicabile in futuro un decisivo lavoro nel coordinamento Stato-Regioni per definire aree vaste che siano effettivamente adeguate ed efficienti.

Page 37: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

37

L’analisi fin qui condotta può essere senz’altro oggetto di ulteriori approfondimenti che ne potrebbero

migliorare la capacità di visione, anche strategica, sulla sostenibilità istituzionale delle aree vaste. Gli ambiti

di ulteriore esplorazione dovrebbero comprendere, in primo luogo, un confronto cross-regional più ampio,

che introduca anche indicatori di flusso e collegamento “a rete” inter-regionale nell’analisi di adeguatezza

(macro-regioni funzionali); in secondo luogo, l’introduzione di indicatori e misure di adeguatezza temporale,

soprattutto in relazione alle sfide esterne (globalizzazione, europeizzazione, metropolizzazione, ecc.) cui le

istituzioni sono chiamate ad adeguarsi per migliorare la loro capacità di risposta.

Page 38: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

38

Appendice. Le misure di Institutonal fit Tabella A - Ambito socio-sanitario. Misura dell’Institutional fit per comuni serviti (valore assoluto e percentuale) e popolazione residente servita (percentuale) in Emilia Romagna e in Veneto.

Fit Overfit Underfit Totale

N. comuni Emilia Romagna 63 148 123 334

% comuni su tot comuni 19% 44% 37% 100%

N. comuni Veneto 153 194 232 579

% comuni su tot comuni 26% 34% 40% 100%

% popolazione ER 11% 77% 12% 100%

% popolazione VE 31% 30% 39% 100%

Tabella B - Ambito turistico. Misura dell’Institutional fit per numero di comuni visitati (valore assoluto e

percentuale) e popolazione residente raggiunta (percentuale) in Emilia Romagna e in Veneto.

Fit Overfit Underfit Totale

N. comuni Emilia Romagna 111 113 101 334

% comuni su tot comuni 33% 34% 30% 100%

N. comuni Veneto

201

128

250

579

% comuni su tot comuni 35% 22% 43% 100%

% popolazione ER 60% 12% 28% 100%

% popolazione VE 44% 9% 47% 100%

Page 39: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

39

Figura A - - Misura di Institutional fit per area funzionale. Ambito socio-sanitario in Emilia-Romagna. Medie

e scarti interquartili (boxplot)

A.1 - Misura di fit per ASL - medie A.2 - Misura di fit per ASL - Scarti interquartili

(boxplot)

A.3 - Misura di fit per area vasta sanitaria - medie A.4 - Misura di fit per Area vasta sanitaria – Boxplot

A.5 - Misura di fit per Provincia - medie A.6 - Misura di fit per Provincia - Boxplot

Page 40: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

40

Figura B - Misura di Institutional fit per area funzionale. Ambito socio-sanitario in Veneto. Medie e scarti

interquartili (boxplot)

B.1 - Misura di fit per Ulss - medie B.2 - Misura di fit per Ulss - Scarti interquartili (boxplot)

B.3 - Misura di fit per nuove Ulss - medie B.4 - Misura di fit per nuove Ulss - Boxplot

B.5 - Misura di fit per Provincia - medie B.6 - Misura di fit per Provincia - Boxplot

Fonte: nostra elaborazione

-2-1

01

2-2

-10

12

-2-1

01

2-2

-10

12

-2-1

01

2

Adria Alta Padovana Alto Vicentino Asolo Bassano del Grappa (VI)

Belluno Bussolengo Chioggia Este Feltre(BL)

Legnago Mirano Ovest Vicentino Padova Pieve di Soligo

Rovigo Treviso Veneto Orientale Veneziana Verona

Vicenza

mea

n o

f fit

Graphs by Ulss/ASL

-4-2

02

4-4

-20

24

-4-2

02

4-4

-20

24

-4-2

02

4

Adria Alta Padovana Alto Vicentino Asolo Bassano del Grappa (VI)

Belluno Bussolengo Chioggia Este Feltre(BL)

Legnago Mirano Ovest Vicentino Padova Pieve di Soligo

Rovigo Treviso Veneto Orientale Veneziana Verona

Vicenza

fit

Graphs by Ulss/ASL

-1-.

50

.51

-1-.

50

.51

-1-.

50

.51

Bassano del Grappa Belluno Padova

Rovigo Treviso Veneto Orientale

Venezia Verona Vicenza

mea

n o

f fit

Graphs by ASL

-4-2

02

4-4

-20

24

-4-2

02

4

Bassano del Grappa Belluno Padova

Rovigo Treviso Veneto Orientale

Venezia Verona Vicenza

fit

Graphs by ASL

-1-.

50

.51

-1-.

50

.51

-1-.

50

.51

Belluno Padova Rovigo

Treviso Venezia Verona

Vicenza

mea

n o

f fit

Graphs by Denominazione provincia

-4-2

02

4-4

-20

24

-4-2

02

4

Belluno Padova Rovigo

Treviso Venezia Verona

Vicenza

fit

Graphs by Denominazione provincia

Page 41: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

41

Figura C - Misura di Institutional fit per area funzionale. Ambito turistico in Emilia-Romagna. Medie e scarti

interquartili (boxplot)

C.1 - Misura di fit per Area Vasta - medie C.2 - Misura di fit per Area Vasta - Boxplot

C.3 - Misura di fit per Provincia - medie C.4 - Misura di fit per Provincia - Boxplot

-.6

-.4

-.2

0.2

.4-.

6-.

4-.

20

.2.4

Bologna Mo-RE

Par-Pia Romagna

mea

n o

f re

alfit

Graphs by area vasta

-4-2

02

4-4

-20

24

Bologna Mo-RE

Par-Pia Romagnarea

lfit

Graphs by area vasta

-.5

0.5

-.5

0.5

-.5

0.5

Bologna Ferrara Forlì-Cesena

Modena Parma Piacenza

Ravenna Reggio nell'Emilia Rimini

mea

n o

f re

alfit

Graphs by Denominazione Provincia o Città metropolitana

-4-2

02

4-4

-20

24

-4-2

02

4

Bologna Ferrara Forlì-Cesena

Modena Parma Piacenza

Ravenna Reggio nell'Emilia Rimini

rea

lfit

Graphs by Denominazione Provincia o Città metropolitana

Page 42: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

42

Fig. D - Misura di Institutional fit per area funzionale. Ambito turistico in Veneto. Medie e scarti interquartili

(boxplot)

D.1 - Misura di fit per STT - medie D.2 - Misura di fit per STT - Boxplot

D.3 - Misura di fit per Provincia - medie D.4 - Misura di fit per Provincia - Boxplot

-1-.

50

.51

-1-.

50

.51

-1-.

50

.51

Città d'arte Delta Po Dolomiti Lago di Garda

Mari e Spiagge Montagna Veneta Pedemontana e Colli Pedemontana e colli

Terme euganee Venezia e laguna

mea

n o

f re

alfit

Graphs by stt

-4-2

02

4-4

-20

24

-4-2

02

4

Città d'arte Delta Po Dolomiti Lago di Garda

Mari e Spiagge Montagna Veneta Pedemontana e Colli Pedemontana e colli

Terme euganee Venezia e laguna

rea

lfit

Graphs by stt

-1.5

-1-.

50

.5-1

.5-1

-.5

0.5

-1.5

-1-.

50

.5

Belluno Padova Rovigo

Treviso Venezia Verona

Vicenza

mea

n o

f re

alfit

Graphs by Denominazione Provincia o Città metropolitana

-4-2

02

4-4

-20

24

-4-2

02

4

Belluno Padova Rovigo

Treviso Venezia Verona

Vicenza

rea

lfit

Graphs by Denominazione Provincia o Città metropolitana

Page 43: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

43

Riferimenti bibliografici

Accordo di partenariato 2014-2020, Strategia nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance, in www.agenziacoesione.gov.it

Alberton M., Domorenok E. (2011), La sfida della sostenibilità. Il governo multilivello delle risorse idriche, Padova, Cedam.

Annoni P., Dijkstra L. (2013), EU Regional Competitiveness Index. RCI 2013, JCR, Scientific and Policy Reports, European Commission, Luxemburg.

Bagnasco A. (1977), Tre Italie. La problematica territoriale dello sviluppo italiano, Bologna, Il mulino.

Barca F., McCann P., Rodriguez-Pose A. (2012), The case for regional development intervention: place-based versus place-neutral approaches, Journal of Regional Science, Vol. 52, 1, 2012, pp. 134–152

Bassetto M., Domorenok E. (2016), Politiche di sviluppo territoriale ed enti intermedi: le opportunità offerte dagli strumenti place based in Veneto per la programmazione 2014-2020, in P. Messina et al., Politiche e istituzioni per lo sviluppo del territorio: il caso del Veneto, Padova, Padova University Press, pp.85-120.

Bertin G. (2013), I sistemi sanitari regionali: una proposta di classificazione, in G. Bertin, C. Cipolla (a cura di), Verso differenti sistemi sanitari regionali, Venezia, Edizioni Ca’ Foscari.

Bertin G., Carradore M. (2012) La classificazione dei sistemi di welfare in Italia, in G. Bertin (a cura di) Welfare regionale in Italia, Venezia, Edizioni Ca’ Foscari.

Bertini G., Cipolla C., (2013) La centralità del territorio: i nodi del cambiamento, C. Cipolla (a cura di), Verso differenti sistemi sanitari regionali, Venezia, Edizioni Ca’ Foscari.

Bobbio L. (2002), I governi locali nelle democrazie contemporanee, Roma-Bari, Laterza.

Bolgherini S. (2015), Navigando a vista. Governi locali in Europa tra crisi e riforme, Bologna, Il mulino.

Bolgherini S. (2016), L’(in)sostenibilità istituzionale dei piccoli comuni, seminario dello Standing Group “Studi regionali politiche locali”, CIRN “Giorgio Lago”, Università di Padova, 31 maggio.

Bogherini e Messina (2014), (a cura di), Oltre le Province. Enti intermedi in Italia e in Europa, Padova, Padova University Press.

Bonet M. (2016), Aggregazioni, piano del governo: alle Province la regia del riordino, in “Corriere del Veneto”, 28 giugno.

D’Amico R. (2016), Città metropolitana e sostenibilità istituzionale, seminario dello Standing Group “Studi regionali politiche locali”, CIRN “Giorgio Lago”, Università di Padova, 20 febbraio.

Calafati A.G. (2009), Economie in cerca di città. La questione urbana in Italia, Roma, Donzelli.

Ciapetti L. (2014), Il territorio tra efficienza e sviluppo: la riforma delle Province e le politiche di area vasta, “Istituzioni del federalismo”, 2, 2014.

Ciapetti L. (2015), Quali politiche regionali per l’Italia non-metropolitana? Una topografia economica delle città medie in attesa del Titolo V, Background paper, Primo rapporto Urban@it, scaricabile qui: http://www.urbanit.it/wp-content/uploads/2015/09/BP_A_Ciapetti.pdf

Ciapetti L. (2016), Regioni amministrative o regioni funzionali? seminario dello Standing Group “Studi regionali politiche locali”, CIRN “Giorgio Lago”, Università di Padova, 12 maggio.

Cox, M. (2012), Diagnosing Institutional fit: a formal perspective, «Ecology and society», 17/4.

De Nardis P. (2011), Leadership e partecipazione nella società complessa, in «Rivista trimestrale di Scienza dell’amministrazione», 3,

Domorenok E., Messina P. (2013), Territorial governance and the challenge of insitutional sustainability. Current trends and future scenario for the Veneto Region, joint paper presented to RSA – The Regional Studies Association – Early Career Conference 2013, Looking Forward: The Future of Regional Studies, Manchester, 1th November.

Epstein G, et al. (2015), Institutional fit and Sustainability of social-ecological systems, in “Current Opinion in Environmental Sustainability”, 14.

Fargion V. (1997), Geografia delle cittadinanza sociale in Italia, Bologna, Il mulino.

Franch M. (2006), Marketing territoriale e Destination management: due contributi allo studio dello sviluppo turistico locale, in A. Marella, P. Messina (a cura di), Eco dai monti. Politiche per le aree montane a confronto, Padova, Cleup, 61-76.

Fregolent L. (2013), Verso l’area metropolitana veneziana, in “Economia e Società Regionale”, 1, Lo sviluppo riparte dai territori, a cura di G. Corò e P. Messina, pp. 89-100.

Gardini G. (2015), Crisi e nuove forme di governo territoriale, “Istituzioni del Federalismo”, 3.

Page 44: DEFINIRE LE AREE VASTE NEL NUOVO SPAZIO DI SVILUPPO ...dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica, sociale, politica e istituzionale, ovvero come «la capacità di assicurare

44

Hooghe, L., Marks G. (2009), Does efficiency shape the territorial structure of government, “Annual Review of Political Science”, 12, 225-241.

Hughes, S., 2013, Operationalizing Institutional Fit for the Evaluation of Environmental Governance Systems, SSRN, scaricabile: http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2301202

Indovina F. (2009), Dalla città diffusa all’arcipelago metropolitano, Milano. F. Angeli.

Lanzalaco L. (1995), Istituzioni, organizzazioni, potere. Introduzione all’analisi istituzionale della politica, Roma, La Nuova Italia Scientifica.

Lanzalaco L. (2009), Innovare le istituzioni: percorsi di sviluppo sostenibili, in P. Messina (a cura di), Innovazione e sostenibilità. Modelli locali di sviluppo al bivio, Padova, Cleup, pp. 177-190.

March J.G., Olsen J.P. (1989), Rediscovery Institution. The Organizational Basis of Politics, New York, The Free Press.

March J.G., Olsen J.P. (1995), Democratic Governance, New York, The Free Press.

Marchi S. (2016), Turismo veneto: il 91% di presenze è in mano alla “topo 50”, in www.venetoeconomia.it

Marchioro S. (2015), Destination management e Destination marketing. Per un’organizzazione efficiente e una gestione efficace delle destinazioni turistiche in Veneto, Università di Padova, Dipartimento dei Beni culturali, mimeo.

Marzulli M., Zantedeschi M. (2012), La governance dei servizi socio-sanitari in dodici regioni italiane, in G. Bertin (a cura di) Welfare regionale in Italia, Venezia, Edizioni Ca’ Foscari.

Messina P. (2001), Regolazione politica dello sviluppo locale. Veneto ed Emilia Romagna a confronto, Torino, Utet.

Messina P. (2011), Policies for strategic territorial development. Inter-municipality association as a form of network governance: the Italian experience, “Eastern Journal of European Studies” (EJES), vol.2, p. 111-128.

Messina P. (2012), L’associazionismo intercomunale come forma di governo delle reti e strumento di sviluppo strategico del territorio, in “Argomenti”, 36, pp. 53-73.

Messina (2015), Riforme istituzionali e governo dell’area vasta come strategia di sviluppo del territorio: tra deficit democratico e percorsi partecipativi, in “Il Diritto della Regione”, Regione Veneto, numero unico.

Messina P. (2016), Il Veneto dopo le Province: quale governo di area vasta per la competitività regionale? in P. Messina et al., Politiche e istituzioni per lo sviluppo del territorio: il caso del Veneto, Padova, Padova University Press, pp.231-260.

Messina P., Gallo L., Parise N. (2011), La sostenibilità politico-istituzionale: il caso studio dell’IPA del Camposampierese, “Economia e società regionale”, 3, pp.61-74.

Messina P., Salvato M. (2007), (a cura di), Dalla città alle reti urbane. Politiche per la progettazione di aree vaste a confronto, Padova, Cleup.

Norad (2000), Handbook in Assessment of Institutional Sustainability, Oslo, Norwegian Agency for Development.

Ostrom, E. (2007), A diagnostic approach for going beyond panaceas. Proceedings of the National Academy of Sciences, 104(39).

Regini M. (2000), Modelli di capitalismo, Bari-Roma, Laterza.

Rusconi G.E. (1979), Il concetto di società complessa. Una esercitazione, in «Quaderni di Sociologia», 23.

Salvato M. (2016), Le forme di gestione associata intercomunale in Veneto, in P. Messina et al., Politiche e istituzioni per lo sviluppo del territorio: il caso del Veneto, Padova, Padova University Press, pp. 45-64.

Senn L., Zucchetti R. (2011), Una proposta per il riassetto delle Province, CERTET-Bocconi, 2011, scaricabile qui:

http://www.upinet.it/docs/contenuti/2011/12/11-12-06%20-%20UPI%20-%20Proposta%20riassetto%20province.pdf

Solari S. (2003), Sistemi locali, forme di regolazione e integrazione europea, in P. Messina (a cura di), Sistemi locali e spazio europeo, Roma, Carocci, pp. 129-146.

Trigilia C. (1986), Grandi partiti piccole imprese, Bologna, Il mulino.

Vandelli L. (2014), Città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni, S. Arcangelo di Romagna, Maggioli.

Vigneri A. (2016), La città metropolitana nella legge Delrio. Il caso di Venezia, in P. Messina et al., Politiche e istituzioni per lo sviluppo del territorio: il caso del Veneto, Padova, Padova University Press, pp. 177-208.

Zurla P., Bozzetti A., Mattioli E., Martelli A. (2012), Welfare e nuove povertà, scaricabile qui: http://psm.bologna.it/Engine/RAServeFile.php/f/Tavoli/report-zurla_logo.pdf