DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

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ANNO ACCADEMICO 2009/2010 UNIVERSITÁ DEGLI STUDI “MEDITERRANEA” DI REGGIO CALABRIA FACOLTA’ DI INGEGNERIA Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Civile Progettazione strutturale VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITÀ SISMICA DI EDIFICI ESISTENTI IN C.A. MEDIANTE ANALISI NON LINEARE Tesi di Laurea di: Diego BRUCIAFREDDO Relatore: Ch.mo Prof. Ing. Adolfo SANTINI Ing. Francesco NUCERA

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VPREMESSA .................................................................................................................... 1 ANALISI SISMICA DI EDIFICI IN C.A. 3 ANALISI LINEARE DI EDIFICI SOGGETTI AD AZIONE SISMICA........... 51.1 IL SISTEMA ELASTICO A UN GRADO DI LIBERTÀ................................................. 5 1.1.1 Oscillazioni libere in assenza di smorzamento ............................................ 7 1.1.2 Oscillazioni libere in presenza di smorzamento .......................................... 9 1.1.3 Oscillazioni forzate a seguito dello scuotimento del suolo ........................ 14 1.1.4 Risposta sismica e spettro di risposta ........................................................ 18 1.2 ISISTEMI ELASTICI PIANI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ.......................................... 21 1.2.1 Vibrazioni libere e disaccoppiamento delle equazioni del moto ............... 22 1.2.2 Risposta di sistemi lineari a una forzante sismica ..................................... 25 1.2.2.1 Analisi modale con spettro di risposta .......................................................... 26 1.2.2.2 Integrazione diretta delle equazioni del moto ............................................... 30 1.2.2.3 Analisi statica ............................................................................................... 30 1.3 ISISTEMI INTELAIATI A TRE DIMENSIONI......................................................... 31 ANALISI NON LINEARE DI EDIFICI SOGGETTI AD AZIONE SISMICA............ 37 2.1 R IGIDEZZA,RESISTENZA,DUTTILITÀ:I CARDINI DELL’ANALISI STRUTTURALE38 2.2 R ISPOSTA SISMICA DI UN SISTEMA ELASTOPLASTICO...................................... 39 2.3 A NALISI NON LINEARE DEI SISTEMI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ CON SPETTRO DIRISPOSTA RIDOTTO....................................................................................................... 42 2.4 A NALISI STATICA NON LINEARE O DIPUSHOVER ............................................. 43 2.4.1 Analisi statica non lineare su un sistema SDOF ....................................... 45 2.4.1.1 Procedura di carico ....................................................................................... 45 2.4.1.2 Curva di capacità per un sistema SDOF ....................................................... 46 2.4.1.3 Valutazione del punto di funzionamento con il metodo N2 ......................... 50 2.4.1.4 Valutazione del punto di funzionamento con il metodo CSM ...................... 52 2.4.2 Analisi statica non lineare per i sistemi MDOF regolari in pianta(Pushover 2D) ......................................................................................................... 56 2.4.2.1 Conversione di MDOF in uno SDOF equivalente ........................................ 56 2.4.2.2 Generalità sui profili di carico ...................................................................... 59 2.4.2.3 Profili di carico fissi ..................................................................................... 62 2.4.2.3.1 Profili di carico uniforme ........................................................................ 622.4.2.3.2 Profili di carico fisso unimodali per strutture regolari in elevazione ....... 632.4.2.3.3 Profili di carico fissi multimodali per strutture irregolari in elevazione . 632.4.2.4 Pushover multimodale (MPA) ...................................................................... 64 VI2.4.2.5 Profili di carico adattivi ................................................................................ 65 2.4.2.5.1 Vettore di carico adattivo in spostamenti DAP ........................................ 672.4.2.5.2 Vettore di carico adattivo in forze FAP ....................

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ANNO ACCADEMICO 2009/2010  

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI “MEDITERRANEA” DI REGGIO CALABRIA

 

FACOLTA’ DI INGEGNERIA Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Civile

Progettazione strutturale

VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITÀ SISMICA DI EDIFICI

ESISTENTI IN C.A. MEDIANTE ANALISI NON LINEARE

Tesi di Laurea di:

Diego BRUCIAFREDDO

Relatore:

Ch.mo Prof. Ing. Adolfo SANTINI

Ing. Francesco NUCERA

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Curriculum Vitae Europass

Informazioni personali

Nome(i) / Cognome(i) Diego Bruciafreddo

Indirizzo(i) Via Bernardino Verro n.8, 20141 Milano

Telefono(i) +39 320 466 7566

E-mail [email protected]

Cittadinanza Italiana

Data di nascita 11/12/1984

Sesso Maschio

Occupazione desiderata/Settore

professionale

Ingegnere Strutturista

Esperienza professionale

Date 14/05/2012 a oggi

Lavoro o posizione ricoperti Ingegnere Strutturista

Principali attività e responsabilità Attività di consulenza relativa alla progettazione esecutiva di Torre Isozaki -edificio nell’ambito del progetto di riqualificazione dell’ex area fiera del comune di Milano di 57 piani - 220 m in c.a. con pareti accoppiate a nucleo per le azioni orizzontali , solai a piastra e colonne composite per i carichi verticali e dispositivi fluido viscosi per il controllo delle vibrazioni.

Nome e indirizzo del datore di lavoro Studio Iorio srl, Passaggio S.Bartolomeo n.7 24121 Bergamo

Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Date Dicembre 2009 a oggi

Lavoro o posizione ricoperti Ingegnere Strutturista

Principali attività e responsabilità Progettazione strutturale di strutture temporanee prefabbricate di grande luce per il ricovero di imbarcazioni. Principali tipologie strutturali trattate: -Tendostrutture in carpenteria metallica di acciaio e alluminio; -Tensostrutture; -Strutture pneumatiche;

Nome e indirizzo del datore di lavoro Yachtgarage Srl, Via delle Puglie 8 Benevento

Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Date 12/09/2011 a 09/05/2012

Lavoro o posizione ricoperti Ingegnere Strutturista

Principali attività e responsabilità Tirocinio formativo nell’ambito del master in “Progettazione Antisismica” della scuola Master F.lli Pesenti del Politecnico di Milano.Principali attività svolte: -Progettazione Strutturale “Torre Panoramica a Maranello per la Galleria Ferrari” progetto Architettonico Studio Lissoni– Torre Panoramica di 30 metri in c.a. con due piani interrati e uno sbalzo in testa di 12 m. Analisi in campo dinamico per il controllo delle vibrazioni. -Progettazione Strutturale “Auditorium il Castello a L’Aquila” - Struttura con isolamento sismico alla base, progettata da Renzo Piano, in legno strutturale composta da pannelli di xlam su una doppia orditura di travi in lamellare. -Modello strutturale agli elementi finiti per lo studio del comportamento statico e dinamico di Torre Isozaki.

Nome e indirizzo del datore di lavoro Studio Iorio srl, Passaggio S.Bartolomeo n.7 24121 Bergamo

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Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Date 01/09/2010 – 30/09/2010

Lavoro o posizione ricoperti Progettista Strutturale

Principali attività e responsabilità Progetto Strutturale di un edificio a sei elevazioni fuori terra più piano interrato, irregolare in pianta e in elevazione, di un edificio in c.a. in zona ad alta sismicità (ag/g 0.38) in classe di duttilità B. Il comportamento sismico è stato ottimizzato mediante l’adozione di una scala alla “Giliberti”.

Nome e indirizzo del datore di lavoro Studio Tecnico Arch. Antonino Leonello

Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Date 10/03/2007 al 10/06/2007

Lavoro o posizione ricoperti Tirocinio Formativo

Principali attività e responsabilità Attività sperimentale di modellazione e calcolo della risposta sismica locale.

Nome e indirizzo del datore di lavoro MECMAT – Dipartimento di Meccanica e Materiali dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Tipo di attività o settore Ingegneria Strutturale

Istruzione e formazione

Date Febbraio 2011 – Maggio 2012

Titolo della qualifica rilasciata Master di II livello in “Progettazione antisismica delle strutture per costruzioni Sostenibili”

Principali tematiche/competenze professionali acquisite

Tecniche di progettazione per la mitigazione del rischio sismico sia su strutture nuove che esistenti. Competenze specialistiche nell’ambito della modellazione del comportamento dinamico delle strutture.

Titolo della tesi e argomenti “The new observation tower for the Galleria Ferrari Area in Maranello: structural earthquake and comfort design” Progettazione strutturale della nuova torre panoramica a Maranello per la Galleria Ferrari. Sono state effettuate analisi dinamiche non lineari incrementali con modellazione a fibre (IDA) per la valutazione del comportamento sismico e analisi dinamiche lineari per la valutazione del livello di confort a seguito delle vibrazioni di natura antropica sullo sbalzo di 12 m.

Nome e tipo d'organizzazione erogatrice dell'istruzione e formazione

Politecnico di Milano – Scuola Master F.lli Pesenti

Date Novembre 2007 – Dicembre 2010

Titolo della qualifica rilasciata Laurea Specialistica in Ingegneria Civile Progettazione strutturale

Principali tematiche/competenze professionali acquisite

Progettazione di strutture e opere geotecniche; Comportamento dinamico delle strutture sotto l’azione del sisma e del vento; Valutazione e mitigazione del potenziale di collasso progressivo negli edifici;

Titolo della tesi e argomenti “Valutazione della vulnerabilità sismica di edifici esistenti in c.a. mediante analisi non lineari” La tesi tratta la valutazione del grado di vulnerabilità di un edificio esistente irregolare in pianta mediante l’utilizzo di analisi dinamica non lineare con modelli a plasticità diffusa.

Nome e tipo d'organizzazione erogatrice dell'istruzione e formazione

Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria

Livello nella classificazione nazionale o internazionale

110 e lode con menzione di merito

Date Ottobre 2004 – Novembre 2007

Titolo della qualifica rilasciata Laurea Ingegneria Civile

Principali tematiche/competenze professionali acquisite

Competenze base di Analisi Matematica, Fisica,Scienza e Tecnica delle Costruzioni e Geotecnica

Titolo della tesi e argomenti “Risposta Sismica Locale” Valutazione della variazione dell’input sismico in relazione alle condizioni locali del sito.

Nome e tipo d'organizzazione erogatrice dell'istruzione e formazione

Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria

Livello nella classificazione nazionale o internazionale

110 e lode con menzione di merito

Autovalutazione Comprensione Parlato Scritto

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Livello europeo (*) Ascolto Lettura Interazione orale Produzione orale

Inglese B2 Livello intermedio C1 Livello Avanzato B2 Livello intermedio B2 Livello intermedio C1 Livello avanzato

Francese A2

Livello Elementare

B1 Livello Intermedio A2 Livello

Elementare A2

Livello elementare

A2 Livello elementare

(*) Quadro comune europeo di riferimento per le lingue

Capacità e competenze sociali - Sono particolarmente predisposto a lavorare in team cercando sempre di comprendere e di risolvere i problemi al meglio al fine di ottenere i risultati previsti. - Sono dotato di un forte senso di volontà e di capacità di problem solving anche nelle situazioni più dinamiche. -Sono dotato di un ottimo spirito di adattamento anche nelle situazioni più complesse e sono pienamente disponibile a trasferte in tutto il mondo. -Buona capacità di comunicazione e motivazione ottenuta grazie a un’ampia esperienza di impartizione di lezioni private a un buon numero di studenti universitari ( ad oggi circa 60 )

Capacità e competenze organizzative

Gestione di progetti e gruppi di lavoro

Capacità e competenze tecniche Ingegnere strutturista con capacità progettazione di strutture non tradizionali e complesse.

Capacità e competenze informatiche

Si elencano le principali competenze specialistiche in aggiunta alle competenze base di utilizzo del computer: Ottima conoscenza Excel+VBA Ottima Conoscenza programma per Modellazione FEM STRAUS7 Ottima Conoscenza Programma per Modellazione Fem MIDAS GEN Ottima Conoscenza Programma Per Modellazione FEM SAP200 Capacità di utilizzo e apprendimento in tempi rapidi di tutti i programmi di modellazione FEM Ottima conoscenza dei linguaggi di programmazione VBA, C++ Ottima conoscenza del programma di Calcolo MATLAB Ottima conoscenza del pacchetto OFFICE Ottima conoscenza di AUTOCAD

Altre capacità e competenze Runner amatoriale con partecipazione a eventi , nuoto;

Patente A, B

Ulteriori informazioni Referenze e Curriculum Vitae dettagliato su richiesta

Autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 "Codice in materia di protezione dei dati personali". (facoltativo, v. istruzioni)

Firma

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A mio Fratello Edoardo

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V

PREMESSA .................................................................................................................... 1

<PARTE I> ANALISI SISMICA DI EDIFICI IN C.A. 3

<1> ANALISI LINEARE DI EDIFICI SOGGETTI AD AZIONE SISMICA........... 5

1.1 IL SISTEMA ELASTICO A UN GRADO DI LIBERTÀ ................................................. 5 1.1.1 Oscillazioni libere in assenza di smorzamento ............................................ 7 1.1.2 Oscillazioni libere in presenza di smorzamento .......................................... 9 1.1.3 Oscillazioni forzate a seguito dello scuotimento del suolo ........................ 14 1.1.4 Risposta sismica e spettro di risposta ........................................................ 18

1.2 I SISTEMI ELASTICI PIANI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ .......................................... 21 1.2.1 Vibrazioni libere e disaccoppiamento delle equazioni del moto ............... 22 1.2.2 Risposta di sistemi lineari a una forzante sismica ..................................... 25

1.2.2.1 Analisi modale con spettro di risposta .......................................................... 26 1.2.2.2 Integrazione diretta delle equazioni del moto ............................................... 30 1.2.2.3 Analisi statica ............................................................................................... 30

1.3 I SISTEMI INTELAIATI A TRE DIMENSIONI ......................................................... 31

<2> ANALISI NON LINEARE DI EDIFICI SOGGETTI AD AZIONE SISMICA ............ 37

2.1 RIGIDEZZA, RESISTENZA, DUTTILITÀ: I CARDINI DELL’ANALISI STRUTTURALE38 2.2 RISPOSTA SISMICA DI UN SISTEMA ELASTOPLASTICO ...................................... 39 2.3 ANALISI NON LINEARE DEI SISTEMI A PIÙ GRADI DI LIBERTÀ CON SPETTRO DI

RISPOSTA RIDOTTO ....................................................................................................... 42 2.4 ANALISI STATICA NON LINEARE O DI PUSHOVER ............................................. 43

2.4.1 Analisi statica non lineare su un sistema SDOF ....................................... 45 2.4.1.1 Procedura di carico ....................................................................................... 45 2.4.1.2 Curva di capacità per un sistema SDOF ....................................................... 46 2.4.1.3 Valutazione del punto di funzionamento con il metodo N2 ......................... 50 2.4.1.4 Valutazione del punto di funzionamento con il metodo CSM ...................... 52

2.4.2 Analisi statica non lineare per i sistemi MDOF regolari in pianta (Pushover 2D) ......................................................................................................... 56

2.4.2.1 Conversione di MDOF in uno SDOF equivalente ........................................ 56 2.4.2.2 Generalità sui profili di carico ...................................................................... 59 2.4.2.3 Profili di carico fissi ..................................................................................... 62

2.4.2.3.1 Profili di carico uniforme ........................................................................ 62 2.4.2.3.2 Profili di carico fisso unimodali per strutture regolari in elevazione ....... 63 2.4.2.3.3 Profili di carico fissi multimodali per strutture irregolari in elevazione . 63

2.4.2.4 Pushover multimodale (MPA) ...................................................................... 64

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VI

2.4.2.5 Profili di carico adattivi ................................................................................ 65 2.4.2.5.1 Vettore di carico adattivo in spostamenti DAP ........................................ 67 2.4.2.5.2 Vettore di carico adattivo in forze FAP ................................................... 71

2.4.3 Analisi statica non lineare per i sistemi MDOF irregolari in pianta (Pushover 3D) ......................................................................................................... 72

2.4.3.1 Il metodo N2 esteso agli edifici irregolari in pianta ...................................... 73 2.4.3.1.1 Determinazione dei fattori di amplificazione torsionale .......................... 73

2.5 ANALISI DINAMICA NON LINEARE ................................................................... 76 2.5.1 Valutazione numerica della risposta di un SDOF:Metodo di Newmark .... 78

2.5.1.1 Metodo di Newmark:accuratezza e convergenza .......................................... 80 2.5.1.2 Metodo di Newmark:stabilità ....................................................................... 82

2.5.2 Valutazione numerica della risposta in sistemi MDOF ............................. 83 2.5.2.1 Metodo dell’accelerazione costante .............................................................. 86 2.5.2.2 Metodo di Wilson ......................................................................................... 87

<3> LA MODELLAZIONE DEL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEGLI

EDIFICI IN C.A. ........................................................................................................... 89

3.1 COMPORTAMENTO NON LINEARE DELLA STRUTTURA IN C.A. ......................... 91 3.1.1 Le non linearità geometriche ..................................................................... 92

3.1.1.1 Matrice di rigidezza geometrica .................................................................... 95 3.1.1.2 Effetti P-Δ negli edifici ................................................................................. 96

3.1.2 Le non linearità meccaniche ...................................................................... 97 3.1.2.1 Modellazione a plasticità concentrata ........................................................... 98 3.1.2.2 Modellazione a plasticità diffusa .................................................................. 99

3.2 MODELLAZIONE DELLE TAMPONATURE ........................................................ 101 3.2.1 Modellazione mediante micro-modelli ..................................................... 103 3.2.2 Modellazione mediante macro-modelli .................................................... 104

3.2.2.1 Analisi globale del comportamento della tamponatura sotto carichi laterali 104 3.2.2.2 Biella equivalente proposta da Panagiotakos e Fardis ................................ 106

3.3 MODELLAZIONE DELLE PARETI STRUTTURALI ............................................... 108 3.3.1 Modellazione dei vani scala o ascensore ................................................. 109

3.4 MODELLAZIONE DELLA SCALA ..................................................................... 110 3.5 MODELLAZIONE DEL NODO TRAVE-COLONNA ............................................... 111 3.6 MODELLAZIONE DEI SOLAI ............................................................................ 113

3.6.1 Modellazione dei solai con comportamento a diaframma rigido ............ 113 3.6.2 Modellazione dei solai deformabili.......................................................... 114 3.6.3 Modellazione delle eccentricità accidentali delle masse sui solai ........... 115

3.7 MODELLAZIONE DELLA DEFORMAZIONE A TAGLIO ....................................... 116 3.8 MODELLAZIONE DELLO SCORRIMENTO DELLE ARMATURE ............................ 116

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VII

3.9 MODELLAZIONE DELL’INTERAZIONE TERRENO SOVRASTRUTTURA .............. 117

<4>MODELLAZIONE DELLE NON LINEARITÀ MECCANICHE MEDIANTE

ELEMENTI A FIBRE ................................................................................................ 119

4.1 ELEMENTO A FIBRE ....................................................................................... 120 4.1.1 Convenzioni e sistemi di riferimento ....................................................... 120 4.1.2 Algoritmo di Newton-Rapshon per la soluzione di sistemi non lineari ... 124 4.1.3 Discretizzazione in fibre della sezione..................................................... 125 4.1.4 Formulazione dell’elemento a fibre con l’approccio in spostamento ..... 128 4.1.5 Formulazione dell’elemento a fibre con l’approccio misto ..................... 129

4.2 ALGORITMO PER LA RISOLUZIONE DI SISTEMI STRUTTURALI NON LINEARI

ADOTTANDO L’ELEMENTO MISTO ............................................................................... 133 4.2.1 Descrizione dell’algoritmo ...................................................................... 135 4.2.2 Procedure numeriche d’integrazione: Metodo di Gauss-Lobatto ........... 140

4.3 LEGAMI COSTITUTIVI PER LE FIBRE DI UNA SEZIONE IN C.A. ......................... 141 4.3.1 Legame costitutivo per il calcestruzzo ..................................................... 142

4.3.1.1 Modello di Kent e Park (1973) ................................................................... 142 4.3.2 Legame costitutivi per l’acciaio di armatura ......................................... 144

4.3.2.1 Modello di Menegotto e Pinto (1973) ........................................................ 144 4.3.2.2 Modello bilineare incrudente ...................................................................... 145

<PARTE II> ANALISI E VALUTAZIONE SISMICA DEGLI EDIFICI

INTELAIATI IN C.A. SECONDO LE NORME TECNICHE DELLE

COSTRUZIONI 2008 147

<5>LA DEFINIZIONE DELL'AZIONE SISMICA................................................. 149

5.1 LA VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA SISMICA SECONDO NTC08 ................... 150 5.1.1 Periodo di riferimento per l’azione sismica ............................................ 150 5.1.1 Capacità della struttura di far fronte all’azione sismica: gli stati limite 151

5.2 PERICOLOSITA’ SISMICA DI BASE .................................................................. 154 5.2.1 Macrozonazione sismica del territorio italiano a cura dell’INGV .......... 154 5.2.2 Macrozonazione sismica del territorio italiano secondo NTC08 ............ 155

5.3 RISPOSTA SISMICA LOCALE ........................................................................... 159 5.3.1 Microzonazione sismica .......................................................................... 159 5.3.2 Risposta sismica locale secondo le NTC08 ............................................. 160

Page 11: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

VIII

5.3.2.1 Categorie di sottosuolo ............................................................................... 161 5.3.2.2 Amplificazione topografica ........................................................................ 165

5.4 AZIONE SISMICA SECONDO NTC08: SPETTRO DI RISPOSTA ELASTICO ............. 166 5.4.1 Spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti orizzontali 166 5.4.2 Spettro di risposta elastico in spostamento delle componenti orizzontali 168

5.5 AZIONE SISMICA DESCRITTA MEDIANTE ACCELEROGRAMMI ......................... 170 5.5.1 Disaggregazione della pericolosità ......................................................... 171 5.5.2 Selezione di accelerogrammi per l’analisi dinamica ............................... 172 5.5.3 Impiego di accelerogrammi secondo NTC08 ........................................... 173

<6>ANALISI STRUTTURALE E CRITERI DI VERIFICA .................................. 175

6.1 LA REGOLARITÀ STRUTTURALE .................................................................... 175 6.1.1 Regolarità in pianta ................................................................................. 176 6.1.2 Regolarità in elevazione .......................................................................... 176

6.2 CRITERI DI MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA E AZIONE SISMICA ............... 177 6.3 METODI DI ANALISI ....................................................................................... 178

6.3.1 Analisi statica lineare .............................................................................. 179 6.3.1.1 Condizioni di applicabilità .......................................................................... 179 6.3.1.2 Procedura di analisi ..................................................................................... 179

6.3.2 Analisi dinamica lineare .......................................................................... 181 6.3.2.1 Condizioni di applicabilità .......................................................................... 181 6.3.2.2 Procedura di analisi ..................................................................................... 181

6.3.3 Analisi non lineare statica ....................................................................... 182 6.3.3.1 Condizioni di applicabilità .......................................................................... 182 6.3.3.2 Basi della procedura ................................................................................... 183 6.3.3.3 Procedura di analisi ..................................................................................... 185

6.3.4 Analisi non lineare dinamica ................................................................... 187 6.3.4.1 Applicabilità ............................................................................................... 187 6.3.4.2 Esecuzione della procedura ........................................................................ 187

6.4 CRITERI DI VERIFICA ..................................................................................... 187 6.4.1 Criteri di verifica agli SLU ...................................................................... 188

6.4.1.1 Verifica agli SLU in termini di resistenza ................................................... 188 6.4.1.2 Verifica agli SLU in termini di duttilità ...................................................... 188

<7>ANALISI E VALUTAZIONE DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN C.A............. 189

7.1 LE INFORMAZIONI NECESSARIE PER LA VALUTAZIONE .................................. 190 7.1.1 I livelli di conoscenza .............................................................................. 192

Page 12: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

IX

7.1.1.1 Indagini sulla geometria dell’edificio ......................................................... 193 7.1.1.2 Indagini sui dettagli strutturali.................................................................... 194 7.1.1.3 Indagini sulle proprietà dei materiali .......................................................... 195

7.2 I METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICA .................................................. 197 7.2.1 Analisi statica lineare con spettro elastico .............................................. 197 7.2.2 Analisi statica lineare con fattore di struttura q ...................................... 198 7.2.3 Analisi dinamica modale ......................................................................... 198 7.2.4 Analisi statica non lineare ....................................................................... 199 7.2.5 Analisi dinamica non lineare ................................................................... 199 7.2.6 Modelli di capacità per la valutazione degli elementi ............................. 199

7.2.6.1 Suddivisione degli elementi in duttili e fragili ............................................ 200 7.2.6.2 Travi, pilastri e pareti: flessione con e senza sforzo normale ..................... 202 7.2.6.3 Travi, pilastri: Taglio .................................................................................. 203 7.2.6.4 Nodi travi pilastro ...................................................................................... 203 7.2.6.5 Modalità di verifica degli elementi duttili .................................................. 204

7.2.6.5.1 Calcolo della domanda di rotazione ...................................................... 205 7.2.6.5.2 Calcolo della capacità di rotazione ........................................................ 206

<PARTE III> ANALISI E VALUTAZIONE SISMICA DEGLI EDIFICI

INTELAIATI IN C.A. SECONDO LE NORME TECNICHE DELLE

COSTRUZIONI 2008 207

<8>ANALISI DINAMICA NON LINEARE PER LA VALUTAZIONE DELLA

VULNERABILITÀ SISMICA DI UN EDIFICIO ESISTENTE ............................. 209

8.1 GENERALITÀ ................................................................................................. 210 8.1.1 Altri documenti di riferimento ................................................................. 210

8.2 DESCRIZIONE DELL’EDIFICIO ........................................................................ 210 8.3 CARATTERIZZAZIONE STRUTTURALE DELL’EDIFICIO .................................... 212

8.3.1 Travi: dimensioni e dettagli costruttivi .................................................... 213 8.3.2 Pilastri: dimensioni e dettagli costruttivi ................................................ 215

8.4 ANALISI DEI CARICHI E DELLE MASSE PER LA VERIFICA SISMICA .................. 215 8.5 CREAZIONE DEL MODELLO AGLI ELEMENTI FINITI PER LE ANALISI LINEARI .. 218 8.6 ANALISI MODALE .......................................................................................... 220

8.6.1 Confronto critico dei risultati con un modello semplificato .................... 223

Page 13: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

X

8.7 DEFINIZIONE DELL’AZIONE SISMICA ............................................................. 227 8.7.1 Calcolo dello spettro elastico .................................................................. 227 8.7.2 Definizione dell’azione sismica in termini di accelerogrammi ................ 227

8.8 ANALISI DINAMICA NON LINEARE ................................................................. 231 8.8.1 Modello strutturale per l’analisi non lineare ........................................... 231 8.8.2 Parametri di calcolo e esecuzione delle analisi ...................................... 234

8.8.2.1 Prima Time-History: Terremoto del Friuli 11/9/1976 ................................. 235 8.8.2.1.1 Informazioni su tagli di piano e spostamenti .......................................... 236 8.8.2.1.2 Comportamento anelastico degli elementi ............................................. 237

8.8.2.2 Seconda Time -History: Terremoto di Kalamata 13/09/1986 ..................... 246 8.8.2.2.1 Informazioni su tagli di piano e spostamenti .......................................... 247

8.8.2.3 Terza Time -History: Terremoto del Dinar 1/10/1995 ................................ 248 8.8.2.3.1 Informazioni su tagli di piano e spostamento massimo .......................... 249

8.8.2.4 Valori massimi ottenuti dalle analisi ........................................................... 250 8.8.3 Confronto con l’analisi modale con spettro di progetto per la validazione critica dei risultati................................................................................................. 250

< CONCLUSIONI > .................................................................................................... 255

< BIBLIOGRAFIA > ................................................................................................... 261

< ALLEGATI > ............................................................................................................ 273

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PREMESSA

La maggior parte degli edifici che costituiscono il patrimonio edilizio italiano è la sintesi di un processo di produzione e realizzazione datato di ben 70-80 anni se ci si riferisce alle strutture progettate in cemento armato. Sebbene la grande evoluzione scientifica che si è avuta negli ultimi 20 anni, e conseguentemente quella Normativa, permetta di progettare strutture “sicure”, in grado di soddisfare le relative richieste prestazionali, la gran parte delle costruzioni esistenti in Italia è vulnerabile perché per la quasi totalità è stata edificata in un periodo in cui l’economia del nostro paese era guidata dal boom edilizio e la conoscenza delle strutture, dei materiali e delle azioni era molto limitata e al contempo, sorretta da basi Normative non sufficientemente adeguate sia dal punto di vista tecnico che istituzionale.

Per i motivi esposti, la problematica legata a tale tipologia di edifici, che rappresenta la maggior parte del patrimonio edilizio presente sul territorio italiano, è senza dubbio attuale e allo stesso tempo ha assunto una notevole importanza sia da parte della comunità scientifica sia da parte delle pubbliche amministrazioni. Gli edifici esistenti sono caratterizzati da problemi riguardanti fenomeni di degrado e vetustà oltre ad essere stati progettati secondo Norme, pratiche progettuali e concezioni ingegneristiche strutturali molto distanti da quelle che sono intese ed accettate odiernamente. A seguito di un evento sismico risulta quindi importante conoscere il livello di sicurezza di queste strutture sia per effettuare degli studi di scenario, individuando gli edifici più a rischio sul territorio e pianificarne gli interventi utili al ripristino della sicurezza, e sia per indirizzare i primi soccorsi post evento sismico verso le aree più vulnerabili.

Il processo di valutazione e adeguamento degli edifici esistenti in cemento armato può essere articolato in 5 fasi:

• La conoscenza della struttura in termini di geometria, caratteristiche dei materiali strutturali e delle loro condizioni di conservazione.

• La definizione delle prestazioni richieste in termini di geometria, caratteristiche dei materiali e livello di protezione sismica accettato.

• La valutazione della struttura esistente che richiede modelli di calcolo e metodi di analisi e verifica che siano compatibili con il comportamento sismico delle strutture esistenti progettate in assenza di specifiche normative o normative vetuste.

• Il progetto di adeguamento o miglioramento sismico della struttura in funzione dei vincoli esistenti e delle prestazioni richieste.

• La valutazione della struttura adeguata.

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Premessa

2

In questa tesi si è trattato il problema della stima della vulnerabilità della struttura soggetta ad azione sismica. La tesi si articola in tre parti.

Nella prima parte si sono presentati i modelli matematici attuali per la comprensione in campo dinamico di una struttura soggetta ad azione sismica. Si è data particolare rilevanza sia agli aspetti analitici sia alle problematiche legate alla realizzazione del modello strutturale. Difatti, una chiara comprensione del comportamento dinamico esibito da una struttura sottoposta a un movimento del suolo, causato dal terremoto, è un requisito fondamentale, non solo per la progettazione del nuovo, ma anche per la formulazione di giudizi di stima su edifici esistenti. L’azione sismica è, infatti, un indiscusso banco di prova dell’affidabilità di un sistema strutturale, definita come la capacità di un sistema di assolvere alle mansioni, o funzioni per cui è stata progettata, durante tutto l’arco della sua vita nominale. In effetti, il sisma induce nelle costruzioni l’insorgere di forze, forze inerziali, proporzionali alla massa dello stesso sistema in movimento. Il computo di queste azioni comporta precise scelte progettuali nella concezione di organismi strutturali nuovi e chiarifica eventuali carenze di edifici esistenti.

Nella seconda parte della tesi si è trattata l’analisi e la valutazione siccome intesa dalla normativa tecnica italiana attuale, ossia NTC08. La Norma attuale costituisce il punto di arrivo di un percorso di rivoluzione e aggiornamento che ha portato la normativa tecnica italiana ad allinearsi alla normativa europea, ossia gli Eurocodici. Le NTC08, come gli Eurocodici, forniscono indicazioni utili e più che mai aderenti ai risultati attuali della comunità scientifica per l’analisi e la valutazione degli edifici esistenti. Dal punto di vista delle analisi particolare importanza riveste il recepimento delle analisi non lineari sia statiche sia dinamiche. La norma fornisce in particolare in maniera dettagliata i valori di pericolosità sismica per tutto il territorio italiano riportando i risultati ottenuti da uno studio dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) che permettono una definizione puntuale e precisa del sisma di riferimento.

Sempre nella seconda parte della tesi è presente un capitolo legato alla selezione di registrazioni di accelerogrammi naturali per le analisi non lineari assistita al calcolatore, mediante il software REXELv3.1 sviluppato in seno alla RELUIS (REte dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica).

La terza parte della tesi riguarda l’applicazione dei concetti esposti per l’analisi e la valutazione di un edificio esistente in cemento armato facendo uso di analisi dinamica non lineare. La modellazione e il calcolo dell’edificio sono state svolte mediante il programma MIDAS/GEN2010v2.1.

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3

< PARTE I > Analisi Sismica di Edifici in C.A.

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<1>

INTRODUZIONE

I sistemi lineari sono i sistemi composti da elementi con legame costitutivo linearmente elastico e per i quali è valida l’ipotesi di piccoli spostamenti. L’analisi lineare dei sistemi elastici, agli scopi della pratica professionale, serve in maniera diretta per la determinazione della risposta agli stati limite di esercizio, ossia la risposta sotto sismi di modesta entità rispetto ai quali è richiesto che la struttura mantenga inalterata la sua funzionalità ed integrità. In maniera indiretta l’analisi lineare, per i concetti sui quali si fonda, è la chiave di lettura e d’interpretazione dell’intero comportamento dinamico, restando, comunque, lo strumento principe per una valutazione rapida ed efficace degli schemi strutturali.

1.1 Il sistema elastico a un grado di libertà

Il punto di partenza tradizionale di ogni trattazione della Dinamica delle Strutture è il cosiddetto oscillatore semplice, cioè un sistema a un grado di libertà; nella letteratura anglosassone esso è in genere indicato con la sigla SDOF, acronimo di Single Degree Of Freedom. L’oscillatore semplice è un sistema ideale costituito da una massa concentrata m che può spostarsi in una

ANALISI LINEARE DI EDIFICI SOGGETTI AD

AZIONE SISMICA

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Capitolo 1

6

direzione , vincolata da una molla di rigidezza costante k e dotato di un dispositivo linearmente viscoso con costante di proporzionalità c.

L’importanza dello studio dell’oscillatore a un grado di libertà non è prettamente legata alle sue potenzialità di rappresentare schematicamente le strutture, difatti, sono ben poche quelle aderenti allo schema dell’oscillatore semplice: si tratta per lo più di edifici con un'unica massa, predominante e di dimensioni trascurabili rispetto a quelle dell’intera struttura, vincolata con elementi di supporto, di massa trascurabile, in grado di fornire per intero, o quasi, la rigidezza del sistema.

Figura 1. 1 Schematizzazione di un sistema a un grado di libertà

Esempi possono essere un serbatoio pensile (Figura 1.2) o un telaio monopiano.

Figura 1. 2 Esempio di struttura SDOF

Tuttavia, mediante l’oscillatore semplice è possibile definire i concetti cardine dell’analisi dinamica, come il periodo naturale di vibrazione, ampiezza delle

mc

k

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

7

oscillazioni, spettro di risposta etc. Inoltre, le tecniche consuete di analisi sono tutte per lo più basate sulla scomposizione di sistemi complessi in un numero finito di oscillatori semplici equivalenti.

1.1.1 Oscillazioni libere in assenza di smorzamento

Si considera il sistema a un grado di libertà, in accordo con il principio di d’Alembert le forze d’inerzia sono inserite tra le forze attive e si ottiene l’equazione di equilibrio dinamico, la quale sancisce l’uguaglianza tra forza d’inerzia, direttamente proporzionale all’accelerazione mediante la massa m, e forza di richiamo elastico, proporzionale agli spostamenti mediante la rigidezza k. L’equazione differenziale del moto del sistema è:

0 [1.1]

Il moto in vibrazioni libere ha inizio per allontanamento del sistema dalla sua posizione di equilibrio statico mediante applicazione di uno spostamento 0 e di una velocità 0 alla massa ad un istante di tempo che si fa coincidere col moto all’istante zero.

Figura 1. 3 Schematizzazione di un sistema a un grado di libertà

L’equazione del moto è un’equazione differenziale ordinaria del secondo ordine a coefficienti costanti che, risolta con le usuali tecniche dell’analisi matematica, fornisce l’andamento nel tempo delle oscillazioni:

0 cos0

sin [1.2]

dove

m

km u(t)

k u(t)

m g

m gm gm g

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Capitolo 1

8

[1.3]

prende il nome di frequenza angolare di vibrazione o pulsazione angolare. L’equazione [1.2] è la relazione spostamento-tempo che descrive le vibrazioni libere in assenza di smorzamento; essa è un’equazione, nota dalla Fisica con il nome di funzione armonica, che descrive un moto di allontanamento e avvicinamento dalla posizione di equilibrio, come illustrato in Figura 1.6. La funzione armonica è caratterizzata da un’ampiezza (ovvero il massimo valore di spostamento) e dalla pulsazione angolare . Alla pulsazione angolare è legato il periodo naturale , cioè il tempo necessario per compiere una oscillazione completa, e la frequenza naturale , ovvero il numero di oscillazioni compiute nell’unità di tempo, mediante la seguente relazione:

2 1 [1.4]

Figura 1. 4 Vibrazioni libere di uno SDOF in assenza di smorzamento

Le proprietà naturali di vibrazione dipendono solo dalla massa e dalla rigidezza della struttura, quindi sono proprietà intrinseche dell’oscillatore. Periodo naturale, frequenza angolare naturale e frequenza naturale sintetizzano la risposta dinamica attesa su di un sistema:

- un sistema è dinamicamente rigido se il rapporto tra rigidezza e massa è alto; esso sarà caratterizzato da un relativamente basso valore del periodo;

(a) (b)

u(0)

11 u(0)

u(t)

T

Tn

(a)

(b)

(c)

(d)

(e)

(c) (d) (e)

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

9

- un sistema è dinamicamente poco rigido se il rapporto in oggetto è basso; il sistema sarà caratterizzato da un periodo alto.

1.1.2 Oscillazioni libere in presenza di smorzamento

Lo smorzamento è il responsabile del decadimento del moto ossia, in altre parole, in assenza di smorzamento l’oscillatore persevererebbe all’infinito nel suo moto attorno alla posizione di equilibrio, mentre, in presenza di smorzamento, si assiste ad una graduale diminuzione dell’ampiezza del moto che porta l’oscillatore a fermarsi.

Il fenomeno dissipativo, in se abbastanza complesso, è schematizzato considerando presenti azioni linearmente viscose, proporzionali alla velocità. Il coefficiente di proporzionalità c è detto coefficiente di smorzamento viscoso; la sua determinazione su base teorica è complessa, se non impossibile, dato il gran numero di fattori che lo influenzano, una stima realistica può essere compiuta interpretando la registrazione di una prova in vibrazioni libere con le equazioni che saranno ricavate in questo paragrafo.

Figura 1. 5 SDOF in presenza di smorzamento e diagramma di corpo libero

L’equazione di equilibrio dinamico è:

0 [1.5]

che può essere riscritta in funzione della frequenza angolare naturale, proprietà dinamica del sistema, come

2 0 [1.6]

avendo posto

m

k

m u(t)

k u(t)

m g

m gm gm g

cc u(t)

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Capitolo 1

10

2 [1.7]

Il denominatore della [1.7] prende il nome di coefficiente di smorzamento critico ccr. La soluzione della [1.6] dipende dal valore di , difatti, operando con le metodologie dell’analisi matematica, ricercando una soluzione del tipo

[1.8]

e sostituendo opportunamente nella [1.6] si perviene al polinomio caratteristico in

2 0 [1.9]

del quale se ne ricava il discriminante

Δ4

1 [1.10]

Si possono avere tre casi: 1. Il rapporto tra lo smorzamento strutturale e lo smorzamento critico è un

numero maggiore di uno:

1 [1.11]

In tal caso le radici del p.c. sono due e distinte

, 1 [1.12]

e quindi la soluzione dell’equazione del moto è:

[1.13]

con C1 e C2 costanti da determinare imponendo le condizioni iniziali su spostamento e velocità. Questo è il caso di strutture dette sovrasmorzate caratterizzate dal fatto che a seguito della perturbazione della posizione di equilibrio tornano a essa senza manifestare carattere oscillatorio.

2. Il rapporto tra lo smorzamento strutturale e lo smorzamento critico è uguale a uno:

1 [1.14]

In tal caso le radici del p.c. sono due e coincidenti

Page 24: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

11

, [1.15]

e quindi la soluzione dell’equazione del moto è:

[1.16]

con C1 e C2 costanti da trovare imponendo le condizioni iniziali su spostamento e velocità. Questo è il caso di strutture dette criticamente smorzate. Anche le strutture criticamente smorzate tornano alla posizione di equilibrio senza oscillare e, precisamente, lo smorzamento critico è il minimo valore che deve avere lo smorzamento strutturale affinché la struttura non oscilli se sottoposta ad allontanamento dalla posizione di equilibrio.

3. Il rapporto tra lo smorzamento strutturale e lo smorzamento critico è un numero minore di uno:

1 [1.17]

In tal caso le radici del p.c. sono complesse e coniugate

, 1 [1.18]

e, quindi, la soluzione dell’equazione del moto è:

[1.19]

con C1 e C2 costanti da trovare imponendo le condizioni iniziali su spostamento e velocità e avendo definito

1 [1.20]

la [1.18] può essere manipolata utilizzando le relazioni trigonometriche dell’algebra complessa, o formule di Eulero, ottenendo

cos sin [1.21]

Dove A e B hanno le stesse proprietà di C1 e di C2. L’equazione [1.21] rappresenta un moto armonico con ampiezza via via decrescente con frequenza angolare , che risulta, stante la [1.20], essere minore rispetto a quella del moto non smorzato. Questo tipo di moto è quello caratteristico delle strutture sottosmorzate.

Page 25: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 1

12

Figura 1. 6 Vibrazioni libere di un sistema sotto smorzato, criticamente smorzato e sovrasmorzato

Le strutture d’interesse per l’Ingegneria Civile sono tutte sottosmorzate e, specificatamente, hanno rapporto di smorzamento 0 0.2. Imponendo alla [1.21] le condizioni iniziali in termini di 0 e 0 si ottiene la legge oraria del moto.

0 cos0 0

sin [1.22]

Si è già rimarcato come la [1.22] rappresenti un moto armonico di ampiezza decrescente nel tempo e che vi sia una pulsazione angolare minore rispetto al caso non smorzato; come ovvia conseguenza di questo si ha un aumento del periodo, infatti:

2 21 1

[1.23]

e quindi

11

1 [1.24]

Allo scopo di indagare sulla disequazione [1.24], l’equazione [1.20] si

riscrive nella forma

u(0)

u(t)

T

risposta sottosmorzata

risposta sovrasmorzata

risposta criticamente smorzata

Page 26: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

13

1 [1.25]

che rappresenta, in un apposito piano, una circonferenza di raggio unitario e centro l’origine. Con riferimento alla Figura 1.8 si può notare come, nel campo di variabilità del rapporto di smorzamento per strutture usuali, la differenza tra la pulsazione dell’oscillatore con smorzamento e quella naturale dell’oscillatore semplice sia abbastanza piccola da non creare marcate differenze di periodo.

Figura 1. 7 Confronto tra risposta in vibrazioni libere di un sistema con smorzamento subcritico e stesso

sistema in assenza di smorzamento

Nelle strutture in cemento armato lo smorzamento è originato principalmente da elementi non strutturali, come i tramezzi e le tamponature; in misura minore vi contribuisce anche la non linearità insita nel comportamento del calcestruzzo al crescere delle deformazioni. Il valore normalmente assunto per il rapporto di smorzamento è pari al 5%. Il periodo è quindi molto vicino a quello in assenza di smorzamento e la riduzione dell’ampiezza del moto in cicli successivi non è molto forte.

u(0)

11 u(0)

u(t)

T

Td

risposta con smorzamento nullo

risposta sottosmorzata

Tn

Page 27: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 1

14

Figura 1. 8 Diagramma che riporta il rapporto di smorzamento e la conseguente variazione relativa di

pulsazione angolare e frequenza

1.1.3 Oscillazioni forzate a seguito dello scuotimento del suolo

Le oscillazioni libere del sistema possono riferirsi al moto della struttura al termine di un’azione sismica, ma il fenomeno dinamico più complesso si ha nella fase iniziale, quando il sistema è eccitato dal moto del suolo. In queste condizioni la forza d’inerzia dipende dall’accelerazione assoluta, somma algebrica dell’accelerazione del sistema e dall’accelerazione del suolo

, con riferimento alla Figura 1.9 si ricava l’equazione di equilibrio dinamico.

Figura 1. 9 Schema e diagramma di corpo libero per uno SDOF con oscillazioni forzate

L’equazione di riferimento è

[1.26]

m

k

m( u(t)+ ug(t))

k u(t)

m g

m gm gm g

cc u(t)

ug(t)

Page 28: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

15

la quale può essere riscritta in modo che compaiano le proprietà dinamiche del sistema

2 [1.27]

Il segno meno può essere omesso nella [1.27] essendo, l’eccitazione sismica, caratterizzata da un continuo cambiamento di segno. La soluzione della [1.27] esiste in forma chiusa solo quando la forzante ha una equazione ben precisa; nei casi reali, in cui l’azione sismica è descritta da accelerogrammi, l’integrazione dell’equazione del moto viene fatta “al passo” ovvero integrando su intervalli di tempo sufficientemente piccoli che si possa supporre la funzione continua.

Chiari indizi sul comportamento dinamico della struttura possono, però, derivarsi dalla risposta della struttura a un moto armonico del suolo. Le motivazioni di quest’affermazione provengono dall’analisi matematica: è noto, infatti, che un qualsiasi segnale può essere espresso come somma di più funzioni armoniche, ciascuna con una propria ampiezza e pulsazione angolare. Una mera applicazione del principio di sovrapposizione degli effetti permette, poi, l’analisi della risposta per ogni singola armonica delle serie e l’ottenimento della risposta totale come somma delle risposte parziali. Non si vuole qui indagare sugli aspetti matematici di questo modo di procedere, limitandosi a cogliere qualitativamente come la risposta strutturale sia fortemente influenzata anche dal cosiddetto contenuto in frequenza dell’azione sismica, ossia l’importanza relativa che, all’interno della serie, alcuni termini hanno rispetto ad altri. Si considera quindi un moto del suolo di tipo sinusoidale

, sin [1.28]

la soluzione della [1.27] è somma di due contributi, un integrale dell’omogenea associata la cui espressione coincide con la [1.21], e un integrale particolare che, stante il secondo membro della [1.27] nella forma dell’equazione [1.28], è da ricercare tra le funzioni con la seguente espressione:

sin cos [1.29]

Sostituendo opportunamente la [1.29] nella [1.27], l’eguaglianza tra i due membri fornisce l’espressione delle costanti C e D:

11 2

[1.30]

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Capitolo 1

16

21 2

[1.31]

avendo posto pari al rapporto tra la frequenza della forzante e quella propria del sistema

[1.32]

la legge oraria del moto è quindi:

cos sin sin cos [1.33]

con A e B da ricavare imponendo le condizioni iniziali. Si può notare come, nell’equazione [1.33], l’importanza relativa del primo addendo sia influenzata dal valore del rapporto di smorzamento : all’aumentare di esso, tale primo addendo tende a perdere importanza nel tempo a vantaggio del secondo. Si può ancora notare come la prima parte, detta transitoria, abbia periodo di oscillazione pari a quello proprio del sistema, mentre la seconda parte, detta stazionaria, sia caratterizzata dal periodo di oscillazione della forzante . Il sistema quindi sintonizza le proprie oscillazioni alla frequenza della forzante, e quindi è generalmente lecito, nel quantificare la risposta considerare il solo contributo stazionario, per cui

sin cos [1.34]

che può essere riscritta come

sin sin [1.35] in cui √ e tan , mentre è il massimo spostamento esibito dal terreno. Sostituendo i valori [1.30] e [1.31] di D e C si ottiene

11 2

[1.36]

e

tan2

1 [1.37]

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

17

Mediante l’equazione [1.35] è possibile comprendere come il contenuto in frequenza dell’azione sismica interagisca con il sistema dinamico determinandone la risposta. Il massimo spostamento cui è soggetto l’oscillatore vale

11 2

[1.38]

in cui si evince chiaramente il ruolo del termine nell’amplificazione degli spostamenti.

Figura 1. 10 Fattori di amplificazione dell’azione al suolo per un sistema smorzato soggetto a moto armonico

del suolo

Page 31: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 1

18

In assenza di smorzamento, cioè se 0, se il periodo strutturale coincide con quello della forzante, ossia 1, l’amplificazione è infinita; la presenza e l’intensità dello smorzamento attenuano il valore dell’amplificazione, che, comunque, si registra per valori molto prossimi all’uguaglianza tra periodo naturale e quello della forzante, questo fenomeno è noto in letteratura con il nome di risonanza. Con semplici passaggi si dimostra che l’accelerazione massima sopportata dall’oscillatore è pari a

[1.39]

dove si palesa come il periodo proprio agisca da modulatore anche per le accelerazioni immesse nel sistema. La Figura 1.10 riporta l’andamento di e

al variare del rapporto , da essa si evince come la struttura risenta di forte amplificazione quando la frequenza della forzante è prossima a quella naturale dell’oscillatore e di una sostanziale riduzione sia in caso di smorzamento elevato e comunque quando il periodo proprio è molto maggiore di quello della forzante.

1.1.4 Risposta sismica e spettro di risposta

Il moto del suolo in presenza di sisma non è descrivibile con equazioni matematiche ben definite, bensì è rappresentato per punti ad intervallo di tempo, generalmente costanti, mediante il suo accelerogramma. La risposta strutturale può quindi essere valutata solo per via numerica. Esistono varie tecniche in letteratura, ciascuna caratterizzata da un preciso livello di stabilità, convergenza e robustezza che ne condizionano l’applicazione a seconda dell’analisi da effettuare. Non si parlerà in questo capitolo diffusamente di esse, poiché l’attesa linearità del sistema non ne rende indispensabile l’applicazione al posto di tecniche classiche come l’integrale di Duhamel.

Per ottenere la risposta dell’oscillatore semplice in campo elastico, si può applicare il principio di sovrapposizione degli effetti: si scompone la forza apparente dovuta all’input sismico in tanti impulsi di ampiezza Δ e per ciascuno di essi si valuta singolarmente la risposta temporale dell’oscillatore, la risposta al generico istante di tempo è data dalla somma degli effetti di tutti gli impulsi, da 0 al tempo t, in cui si è suddiviso il segnale sismico. Il modo di procedere, descritto in maniera qualitativa, porta all’equazione rappresentativa dell’integrale di Duhamel; esso fornisce per ogni istante di tempo la

1sin [1.40]

la determinazione della [1.40] può avvenire solo per via numerica giacché parte della funzione integranda ( ) è descritta in termini discreti.

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

19

L’intera definizione della storia temporale delle oscillazioni è, solitamente, di scarso interesse dal punto di vista ingegneristico, difatti è sufficiente eseguire le verifiche strutturali solo sui valori massimi della risposta e non per ogni istante di tempo, operazione che porterebbe a incremento dell’onere computazionale. Per uno schema a un grado di libertà i massimi valori delle caratteristiche di sollecitazione provocate da un sisma possono essere facilmente determinati applicando allo schema una forza statica proporzionale allo spostamento massimo .

[1.41]

Poiché quando lo spostamento è massimo la sua derivata prima è nulla, dalla equazione [1.27] si ha

[1.42]

e di conseguenza

[1.43]

In definitiva la forza massima agente sulla struttura può essere ottenuta moltiplicando la massa per la quantità , che prende il nome di pseudoaccelerazione spettrale. Il segno meno, al solito, può essere omesso in quanto, essendo l’azione sismica una sollecitazione che cambia continuamente segno, è necessario applicare la forza in entrambe le direzioni al fine di inviluppare tutti i possibili scenari di sollecitazione. Se lo smorzamento è nullo, la pseudoaccelerazione coincide istante per istante con l’accelerazione assoluta. In caso contrario l’uguaglianza si raggiunge solo quando si attinge il massimo valore dello spostamento, ossia quando la derivata prima dello spostamento è nulla. Si è già fatto notare che il moto di un oscillatore semplice dipende esclusivamente dal periodo naturale e dal rapporto di smorzamento . Ciò vale anche per la risposta a un input sismico come evidenziato dalla [1.40]. E’ quindi possibile sintetizzare in un grafico, denominato spettro di risposta elastico, utilizzando come ascissa il periodo strutturale e come ordinata la pseudoaccelerazione spettrale massima , la risposta di tutti i sistemi strutturali al variare del periodo proprio e del rapporto di smorzamento per un dato segnale sismico . Lo spettro di risposta elastico è un caposaldo dell’ingegneria sismica: tutte le norme prescrivono di valutare la massima azione

Page 33: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 1

20

inerziale moltiplicando la massa per il valore letto nello spettro di risposta in corrispondenza del periodo proprio della struttura.

Lo spettro di risposta elastico in termini di accelerazione parte sempre, per 0, da un valore pari alla massima accelerazione al suolo . Infatti al valore

nullo del periodo corrisponde un sistema dinamicamente infinitamente rigido, per il quale il moto relativo rispetto al suolo è nullo e di conseguenza la massima accelerazione assoluta del sistema coincide con quella del suolo. L’andamento tipico dello spettro presenta un iniziale tratto “a campana” che corrisponde a una forte amplificazione dell’accelerazione spettrale rispetto a quella del suolo. La presenza di questa regione di amplificazione è dovuta al fenomeno della risonanza, difatti in genere, specialmente per i terreni compatti, sono molto importanti le componenti di basso periodo nella scomposizione in serie del segnale sismico. Per i sistemi idealmente privi di smorzamento il valore dell’amplificazione è estremamente grande, ma per valori di smorzamento usuali ( compresi tra lo zero e il 20%) delle strutture reali l’amplificazione è di circa 2-3 volte. Al termine del tratto a campana l’andamento dello spettro si presenta decrescente fino a raggiungere valori quasi nulli dell’accelerazione spettrale per sistemi con periodo molto elevato. In termini fisici questo significa che sistemi dinamicamente molto deformabili non risentono in maniera apprezzabile degli effetti del moto del suolo.

In maniera analoga posso essere costruiti gli spettri di risposta in termini di spostamento, in cui è diagrammato lo spostamento massimo in funzione del periodo. Essi partono per 0, dal valore zero perché sistemi dinamicamente infinitamente rigidi hanno spostamento relativo nullo rispetto al terreno. In esso si può notare che per alti periodi lo spostamento massimo tende a mantenersi costante; anche questo ripropone il comportamento di sistema dinamicamente molto deformabile cui si è fatto riferimento in precedenza: in presenza di sistemi molto deformabili il moto del terreno non influenza quello della struttura che rimane praticamente ferma e ha quindi uno spostamento rispetto al suolo ben definito che non è altro che lo spostamento massimo assoluto del terreno stesso.

Lo spettro di risposta è quindi uno strumento che sintetizza il comportamento strutturale in un grafico che permette di ricavare le grandezze di interesse su una struttura soggetta ad azioni sismiche senza ricorrere a tecniche numeriche di integrazione. Tra lo spettro in accelerazione e lo spettro in spostamento esiste una relazione, derivata direttamente dall’equazione [1.43]

, , [1.44]

Lo spettro di risposta deve il suo ruolo centrale nell’analisi sismica al fatto che i terremoti, in un dato sito, hanno caratteristiche simili l’un l’altro in termini del già citato contenuto in frequenza, per cui mediando opportunamente tanti spettri

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

21

di risposta calcolati su eventi sismici già avvenuti nella località in esame si può ottenere un unico spettro di risposta che inviluppi tutti i possibili eventi sismici. Quello appena descritto, in sintesi, è l’approccio che si è ormai consolidato all’interno di tutte le normative vigenti in materia sismica, che forniscono l’espressione dello spettro da utilizzare per le analisi. Nella Figura 1.10 si riporta un accelerogramma, selezionato per il sito di Loma Prieta (terremoto del 17 Ottobre 1989) e i relativi spettri di risposta in termini di velocità e spostamento con smorzamento strutturale del 5%.

Figura 1. 11 Terremoto di Loma Prieta (1989) e relativi spettri di risposta

1.2 I sistemi elastici piani a più gradi di libertà

L’oscillatore semplice, è in grado di cogliere la risposta sismica di strutture schematizzabili con un solo grado di libertà dinamico. Si è già fatto notare come le strutture aderenti a questo schema non siano molto frequenti e, inoltre, non sempre è possibile trascurare la massa degli elementi di collegamento; in tal caso si parla di sistemi continui, ossia sistemi a massa distribuita. Tuttavia, i casi in cui è richiesta l’adozione di elementi con massa distribuita sono rari nella pratica delle applicazioni di analisi di edifici. Difatti,

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Capitolo 1

22

nel telaio multipiano, pur essendo l’edificio un sistema elastico continuo con masse distribuite, si può ritenere che la massa presente al livello dei solai sia preponderante rispetto a quella presente negli elementi portanti (travi/pilastri). Gli edifici oggetto delle analisi possono quindi essere schematizzati come sistema a masse concentrate.

Figura 1. 12 Telaio di riferimento e passi successivi per la determinazione del modello matematico

Individuato lo schema che è in grado di descrivere il comportamento dell’edificio, l’analisi prosegue con la scrittura delle equazioni di equilibrio dinamico. È necessario scrivere un’equazione su ciascuna direzione rappresentata dalle componenti del vettore spostamento. I paragrafi successivi illustrano le tecniche di analisi utilizzabili per l’analisi di sistemi a più gradi di libertà sia in campo elastico sia in campo plastico.

1.2.1 Vibrazioni libere e disaccoppiamento delle equazioni del moto

Si suppone, inizialmente, di voler studiare il moto della struttura schematizzata come in Figura 1.12. Le equazioni di equilibrio dinamico, scritte in forma compatta matriciale, saranno:

[1.45]

dove e sono le matrici di massa e rigidezza, il vettore degli spostamenti. Nella vibrazione libera si ha un moto armonico semplice, ed è lecito supporre che la soluzione sia costituita da un vettore le cui ampiezze varino nel tempo con la medesima legge temporale

cos [1.46]

possibile modellomatematico m1

m2

m3

k1

k2

k3

u1

u2

u3

sistemaequivalente m1

m2

m3

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

23

ovvero con stessa pulsazione angolare e stesso sfasamento. Derivando la [1.46] rispetto al tempo si ottiene l’espressione del vettore istantaneo accelerazione

cos [1.47]

sostituendo nella [1.45] si ha

. [1.48]

La [1.48] è un sistema omogeneo nelle incognite , dall’analisi matematica è noto che esso ammette soluzione diversa dalla banale ( ) se e solo se è nullo il determinante della matrice dei coefficienti, ossia

det . [1.49]

La [1.49] è un polinomio di grado n, dove n sono i gradi di libertà dinamici, in , dato che le matrici di massa e rigidezza sono definite positive, esso ammette n radici reali e positive, detti autovalori. Per ogni valore , è possibile determinare una soluzione del sistema [1.48] che prende il nome di autovettore. Le componenti dell’autovettore sono reali ma non necessariamente positive.

Una volta sostituito il valore il sistema [1.48] non ha più matrice dei coefficienti a rango massimo, e in accordo al teorema di Rouchè-Capelli, ammette infinite soluzioni; per questa ragione nel calcolo dell’autovettore si richiede l’assegnazione di un valore arbitrario a una delle sue componenti, in modo tale da poter ricavare le altre in funzione del valore assegnato a quella componente. Perciò, ciascun autovettore contiene informazioni sui rapporti tra le sue componenti e non sul loro effettivo valore. Gli n autovettori sono linearmente indipendenti l’uno dall’altro. Questo vuol dire che non è possibile esprimerne uno come combinazione lineare degli altri. Guardando all’aspetto matematico del problema, gli autovettori, per la proprietà di lineare indipendenza, rappresentano una base vettoriale di dimensioni n, rispetto alla quale è possibile esprimere qualsiasi altro vettore di dimensione n; tornando agli scopi prefissati, un qualunque vettore spostamento della struttura può essere espresso come combinazione lineare delle forme modali, in formule:

[1.50]

dove è una matrice che contiene nella j-esima riga il j-esimo autovettore e è un vettore che contiene nella j-esima riga l’ampiezza istantanea del j-

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Capitolo 1

24

esimo autovettore, che nel gergo della dinamica delle strutture prende il nome di vettore delle coordinate generalizzate. La scomposizione del moto nella forma [1.50] è un caposaldo della dinamica; agli autovettori si da nome di forme modali, gli autovalori prendono il nome di frequenze fondamentali di vibrazione, le ampiezze associate a ciascuno autovettore prendono il nome di coordinate generalizzate. La figura 1.13 riporta schematicamente la rappresentazione dell’equazione [1.50].

Figura 1. 13 Descrizione di una deformata mediante combinazione lineare delle forme modali

Si riscrive il sistema di equazioni [1.45], che regola la dinamica del sistema, esprimendo gli spostamenti nella forma [1.50] si ottiene:

[1.51]

premoltiplicando ambo i termini della [1.52] per si perviene a

[1.52]

le matrici sono il risultato del citato prodotto tra matrici e autovettori. Si può dimostrare che, essendo i modi ortogonali rispetto alla matrice di massa e di rigidezza, gli unici termini non nulli nelle matrici sono i termini sulla diagonale principale. Ne consegue che le n equazioni [1.52] sono disaccoppiate, la j-esima sarà:

0 [1.53]

in cui

. [1.54]

m1

m2

m3

m1

m2

m3

m1

m2

m3

m1

m2

m3

Deformataassegnata

q1 q2 q3

Prima formamodale

Seconda formamodale Terza forma

modale

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

25

L’equazione [1.53] è formalmente analoga a quella dell’oscillatore semplice in assenza di smorzamento, e, sempre per analogia, la e la sono, rispettivamente, la massa modale generalizzata e la rigidezza modale generalizzata. In sostanza il problema della risoluzione di un sistema a più gradi di libertà è stato ricondotto alla risoluzione di più sistemi a un grado di libertà, per poi ricavare lo spostamento totale mediante la [1.50].

Ricapitolando, è possibile passare da un sistema di equazioni differenziali del moto, fortemente accoppiate ed espresse in coordinate Langrangiane, del tipo [1.45], a un sistema di equazioni differenziali disaccoppiate in coordinate generalizzate la cui forma è quella, nota, che regge il moto dell’oscillatore semplice.

1.2.2 Risposta di sistemi lineari a una forzante sismica

Si consideri adesso una struttura reale, ossia con smorzamento strutturale e forzata dall’applicazione di un sisma alla base, l’equazione che ne descrive la dinamica è formalmente analoga alla [1.26] con matrici di massa, di smorzamento e di rigidezza al posto delle quantità scalari

. [1.55]

Il vettore dell’accelerazione, considerando un’azione sismica alla base, può essere scritto nella forma

[1.56]

dove è un vettore che esprime come le varie masse originano forze di inerzia nei gradi di libertà di pertinenza in corrispondenza di un accelerazione unitaria alla base, ad esempio per una struttura piana si ha 1,1, … ,1 . Esprimendo gli spostamenti nella forma [1.50] e premoltiplicando per si ottiene

[1.57]

in cui . Nell’ipotesi che il sistema sia classicamente smorzato, cioè che la matrice di smorzamento possa scriversi come combinazione lineare della matrice di massa e di rigidezza, ne risulta che anche la matrice di smorzamento generalizzata è diagonale:

2 [1.58]

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Capitolo 1

26

dove con si è indicato il delta di Kronecker (1 se i=j, 0 negli altri casi) e sono le coordinate della matrice di smorzamento generalizzata. In termini di coordinate generalizzate si ha quindi

2 Γ [1.59]

in cui

Γ [1.60]

L’equazione [1.59] è esattamente quella di un sistema a un g.d.l. con periodo pari a e soggetto al medesimo accelerogramma, ma scalato di

un fattore Γ . Γ e prendono il nome rispettivamente di fattore di partecipazione modale e coefficiente di partecipazione modale. La risposta sismica della struttura a più gradi di libertà può essere determinata, in linea con quanto detto nel precedente paragrafo, ancora una volta come combinazione lineare di oscillazioni secondo le diverse deformate modali. I contributi dei singoli modi variano nel tempo come se i modi fossero soggetti separatamente al sisma, e sono scalati ciascuno mediante il proprio Γ che indica se il contributo del j-esimo modo al moto totale è più o meno rilevante.

A questo punto è possibile trovare la risposta del sistema a un’eccitazione sismica. Tale passaggio potrà essere condotto tramite due differenti rappresentazioni dell’input sismico ossia mediante accelerogramma o mediante spettro di risposta. Nella pratica esiste anche una terza via che consiste nell’analisi statica, essa è, tuttavia, un’applicazione dell’analisi modale con spettro di risposta, svolta in via semplificata.

1.2.2.1 Analisi modale con spettro di risposta

L’analisi modale con spettro di risposta consiste nel disaccoppiare preventivamente le equazioni del moto e poi calcolare per ciascuna di esse la risposta massima mediante le ordinate dello spettro. Facendo la seguente posizione:

q tΓ

[1.61]

la [1.59] può essere riscritta come

2 [1.62]

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

27

che è esattamente l’equazione a partire dalla quale è stato ricavato lo spettro di risposta. Tramite lo spettro è quindi possibile ricavare per ogni modo j la quantità

, [1.63]

e quindi

Γ , . [1.64]

Noto il massimo valore della coordinata generalizzata, è possibile ricavare il massimo valore delle forze elastiche che si riscontrano nel j-esimo modo. Infatti

Γ , [1.65]

La quale può essere riscritta in termini di spettro della pseudoaccelerazione, stante la relazione [1.44]

Γ ,

Γ , [1.66]

In un telaio multipiano, la somma delle componenti di , rappresenta il taglio alla base corrispondente al modo di vibrare in esame, ed ha equazione

, , Γ , [1.67]

che può essere espresso come

, , [1.68]

ponendo

Γ [1.69]

La quantità , che rappresenta la massa che moltiplicata per l’ordinata spettrale fornisce il taglio alla base relativo al modo j, è denominata massa partecipante. Si dimostra che la somma delle masse partecipanti è pari alla massa totale dell’edificio. La massa partecipante, espressa come percentuale di quella totale, indica quindi, in maniera più efficace rispetto al coefficiente di

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Capitolo 1

28

partecipazione modale, l’entità complessiva del contributo del singolo modo. Si noti, a tal proposito, che la deformata modale dipende dal modo con cui si normalizzano gli autovettori: il coefficiente di partecipazione modale risente della normalizzazione scelta, mentre la massa partecipante ne è indipendente; difatti dall’equazione [1.69] traspare come qualunque fattore di scala dei modi sia presente sia al numeratore che al denominatore semplificandosi. E’ necessario tenere presenti alcune considerazioni sulla massa partecipante:

• Modi con massa partecipante molto piccola, ad esempio inferiori al 5% della massa totale, danno contributi in genere trascurabili. Per questo motivo una regola applicativa dell’analisi modale può essere quella di considerare tutti i modi con massa partecipante maggiore del 5% oppure considerare un numero totale di modi in maniera tale che la massa totale partecipante sia l’85% della massa totale.

• La massa totale partecipante è via via decrescente rispetto al modo considerato quindi in generale è sufficiente considerare solo i primi modi, fermo restando il soddisfacimento dei requisiti esposti al precedente punto.

• Il primo modo è nettamente predominante per entità di massa partecipante. Inoltre esso porta a forze dello stesso verso e quindi produce alla base di un edificio un effetto sensibilmente maggiore di quello di modi successivi, ai quali corrispondono forze discordi. Quest’ osservazione non è valida in generale, di fatti il contributo del primo modo è dato dal prodotto tra massa partecipante per accelerazione spettrale. Per strutture molto deformabili il periodo del primo modo può essere talmente tanto elevato da comportare valori dell’accelerazione, e quindi delle forze, sensibilmente ridotti e un effetto inferiore rispetto a quello dei modi successivi.

In definitiva mediante l’introduzione del concetto di massa partecipante, l’equivalenza di un sistema MDOF a un numero finito di sistemi SDOF è ancora più evidente; equivalenza che si riporta in maniera schematica in figura 1.14.

Il disaccoppiamento del moto consente di esaminare separatamente il contributo dei diversi modi, sia come sollecitazioni sia come spostamenti. Se l’entità di questi contributi fosse nota istante per istante, sarebbe possibile valutare il risultato complessivo come somma algebrica dei vari contributi. In realtà l’operazione citata non è possibile perché il valore massimo in ogni modo non si raggiunge nel medesimo istante di tempo. Se i periodi propri sono ben distinti tra loro, è possibile calcolare un qualunque ente E ( caratteristica della

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Analisi lineare di edifici sog

sollecitazione in una sezionquadrata della somma dei qua

�Se, invece, i periodi dif

effettuare una combinazionecombination)

� � �con

��,� � 8 �� 1 � 1 � ��,�� �� � 4

Figura 1. 14 Rappresentazione schem

getti ad azione sismica

ne, spostamento in un punto, etc.) come radiadrati (SRSS, square root of sum of squares)

� � �� ����

��� [1.7

fferiscono tra di loro di meno del 10% è opportue quadratica completa (CQC, complete quadra

�� � ��,��

��� �� ���

��� [1.7

� ��,�� ��,��/�4 �� ��,� 1 � ��,��� ��,� � ���� [1.7

matica della scomposizione di un sistema MDOF in più sistemi SDOF

29

ice

70]

uno atic

71]

72]

F

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Capitolo 1

30

1.2.2.2 Integrazione diretta delle equazioni del moto

Una volta disaccoppiate le equazioni, la risposta nella singola coordinata generalizzata può ricercarsi con l’integrale di Duhamel già proposto nella [1.40]

Γ,

sin ,Γ

, [1.73]

Si noti che è la soluzione per Γ 1 cioè quando tutta l’eccitazione sismica sollecita l’oscillatore. Volendo calcolare la risposta in termini di coordinate langrangiane si ha

[1.74]

Facendo uso delle [1.73] e [1.74 ] è possibile avere per un qualsiasi sistema a più gradi di libertà l’intera storia temporale in termini di spostamenti e forze. Questo metodo è concettualmente il migliore ma, non si presta però, a causa della sua laboriosità, alla pratica ingegneristica, dove nello studio di sistemi lineari è invalso l’utilizzo della tecnica dello spettro di risposta.

1.2.2.3 Analisi statica

L’analisi statica, più propriamente analisi modale semplificata, ha come assunzione di base di poter rappresentare gli effetti dell’azione sismica mediante gli effetti di un’unica distribuzione di forze proporzionali al primo modo di vibrare della struttura. Quest’assunzione è certamente valida per le strutture governate essenzialmente dal primo modo fondamentale, ossia quelle per le quali la massa partecipante al primo modo sia preponderante. Le ipotesi su cui si basano le semplificazioni sono:

1. massa partecipante al primo modo coincidente con la massa totale; 2. primo modo fondamentale lineare con l’altezza, ovvero

[1.75]

In cui è a quota del k-esimo impalcato, che nel telaio multipiano corrisponde alla quota dove è collocata la k-esima massa ed il k-esimo grado di libertà in coordinate langrangiane. Per le assunzioni fatte si ha

Γ [1.76]

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

31

da cui è possibile ricavare il fattore di partecipazione modale

Γ ∑∑ ,

∑∑ ,

∑∑ . [1.77]

Noto il fattore di partecipazione modale, si ricava l’espressione delle forze statiche da applicare

Γ ,∑

∑ , [1.78]

al k-esimo impalcato si dovrà applicare quindi

∑ , . [1.79]

L’analisi statica può essere applicata solo se il primo modo è effettivamente predominante, cioè la rispettiva massa partecipante rappresenta un aliquota consistente della massa totale.

1.3 I sistemi intelaiati a tre dimensioni

Lo studio dei sistemi intelaiati tridimensionali o, come si suole dire, spaziali, si affronta generalizzando le considerazioni fatte per i sistemi intelaiati piani. In questo paragrafo si farà riferimento a un particolare tipo di telai spaziali ossia quelli con impalcati membranalmente rigidi, cioè indeformabili nel loro piano. S’indaga su questa tipologia poiché l’ipotesi d’impalcati indeformabili nel proprio piano è certamente vera per edifici di nuova concezione, stante le prescrizioni delle normative vigenti a livello mondiale, verosimile per edifici esistenti. Ad ogni modo, riconducendosi allo scopo primario cui si è relegata l’analisi lineare in questo testo, cioè di fornire indizi sull’interpretazione del comportamento strutturale e dare una base interpretativa ad analisi più sofisticate, lo studio di sistemi con tali caratteristiche rimane in linea con quanto finora esposto.

Una struttura spaziale a n piani, con masse concentrate a livello degli impalcati, è vista dal punto di vista dinamico come un sistema a 3 n gradi di libertà, una rotazione e due traslazioni per piano, dotato quindi di 3 n modi fondamentali di vibrazione. A rigore i gradi di libertà sarebbero sei per piano, ossia quelli di corpo rigido nello spazio di ogni piastra, è comunque verosimile considerare la rigidezza assiale dei pilastri infinita, rispetto alle rigidezza laterali

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Capitolo 1

32

della struttura, il che vincola l’impalcato a restare nel piano. In generale ciascun modo implica contemporaneamente sia rotazione che entrambe le componenti di spostamento. È in generale possibile dividere i modi in tre gruppi, in ciascuno dei quali sono contenuti gli n modi in cui prevale una delle tre componenti di movimento (traslazione in direzione x o y oppure rotazione); i modi appartenenti a ciascun gruppo si differenziano per il numero di inversioni del segno del movimento relativo tra impalcati adiacenti (da 0 a n-1). Lo studio del comportamento dinamico di una struttura tridimensionale segue sostanzialmente lo sviluppo mostrato nei paragrafi precedenti per i telai piani, ma richiede alcune precisazioni.

Il vettore contiene 3 n componenti di movimento, per ogni impalcato, le due componenti di traslazione del punto ottenuto come proiezione dell’origine degli assi sul piano dell’impalcato stesso, più la rotazione attorno ad esso dell’impalcato.

Le masse del sistema tridimensionale si considerano applicate in maniera diffusa su ciascun impalcato, quest’assunzione, unita a quella d’impalcato rigido, consente di considerare la risultante della massa di piano applicata nel baricentro dell’impalcato. Assumendo di porre l’origine del sistema di riferimento nel baricentro dell’impalcato la matrice delle masse è diagonale e, in essa, ogni impalcato occupa tre righe: in due compare la massa di piano, nell’altra l’inerzia polare della massa stessa. Riferendosi al generico impalcato, nel suo baricentro geometrico, le tre equazioni di equilibrio dinamico sono:

0 00 00 0

00

0 [1.80]

in cui, oltre ai termini di ovvio significato, si ha:

massa di pertinenza dell’ i-esimo impalcato;

momento d’inerzia polare della massa, se essa è distribuita uniformemente si ha

dove con , , caratteristiche geometriche dell’area

dell’impalcato; , rigidezza totale per gli spostamenti in direzione x e y;

rigidezza torsionale dell’impalcato;

, momenti statici delle rigidezze rispetto al baricentro dell’impalcato, calcolati come prodotto della rigidezza del singolo elemento per la distanza dal baricentro.

Una volta scritte le 3 n equazioni si procede al disaccoppiamento delle

stesse e alla risoluzione come indicato nel paragrafo sui telai piani, atteso che anche l’equazione che regola la torsione degli impalcati è formalmente analoga a quella dell’oscillatore semplice.

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

33

Dall’equazione [1.73] si intuisce come i “momenti statici delle rigidezze” comportino accoppiamento del moto, per evitare questo, è necessario che essi siano nulli, ossia che non vi sia eccentricità tra il baricentro dell’impalcato ed il baricentro delle rigidezze ottenibile con la seguente equazione:

; . [1.81]

In questi casi particolari, ad esempio se la struttura è dotata di due assi di simmetria geometrica e strutturale, i modi sono disaccoppiati: vi sono, cioè, n modi di traslazione pura in una direzione, n nell’altra e n che comportamento solamente rotazione. In questi casi, poiché l’input sismico, è sempre traslazionale, la struttura può essere studiata come piana.

Merita attenzione il fatto che le due direzioni x e y prescelte per lo studio della struttura, in generale con coincidono con la direzione di propagazione dell’azione sismica, e quindi, ragionevolmente, si potrebbe pensare che vi sono direzioni particolarmente deboli nei confronti dell’applicazione di forze inerziali. Per indagare su quest’aspetto si noti che, disponibili i valori e è possibile ricavare il valore per qualsiasi direzione di applicazione del sisma. Difatti, applicando uno spostamento unitario in direzione , l’impalcato si muove rispettivamente di cos in direzione x, e di sin in direzione y, attivando due forzi resistenti elastiche date dal prodotto tra rigidezza nella direzione sollecitata e componente di spostamento. La somma vettoriale delle due quantità, come riportato in figura, fornisce la rigidezza in direzione .

Figura 1. 15 Composizione vettoriale delle rigidezze nelle due direzioni x e y per ottenre la rigidezza totale

In formule

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Capitolo 1

34

[1.82]

dividendo ambo i membri per , si ha

[1.83]

ponendo

[1.84]

raggio di rigidezza, rapporto tra la rigidezza torsionale di piano e la rigidezza traslazionale di piano nella direzione i , sostituendo nella [1.83] si ottiene

1 1 1 [1.85]

ed ancora:

1 [1.86]

che è un’equazione che al variare dell’angolo restituisce il raggio di rigidezza nella direzione δ . Si riconosce che la [1.78] è l’equazione di un ellisse in coordinate polari. Passando in coordinate cartesiane si ottiene:

1 [1.87]

Da questa equazione si può notare che se l’eccentricità dell’ellisse è unitaria per cui è un cerchio. Ciò significa che rδ è uguale in qualsiasi direzione, ciò implica omogeneità di comportamento dell’impalcato all’azione di forze comunque dirette, cioè struttura non sensibile all’azione del sisma. In altre circostanze la [1.87] torna utile per evidenziare eventuali direzioni maggiormente sfavorite in un telaio tridimensionale.

Un comportamento strutturale che implica forti rotazioni in pianta è senz’altro peggiore di uno che comporta traslazione; la traslazione comporta la suddivisione dell’azione in parti proporzionali alla rigidezza degli elementi (al limite elementi tutti eguali sono impegnati allo stesso modo), la torsione impegna maggiormente, con dipendenza dal quadrato della distanza dal baricentro, alcuni elementi rispetto ad altri. Una struttura in cui prevale il

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Analisi lineare di edifici soggetti ad azione sismica

35

comportamento traslazionale rispetto a quello rotazionale, è una struttura in cui la massa partecipante associata ai modi torsionali è minima. Uno studio qualitativo può essere fatto confrontando se le frequenze principali dei modi di traslazione anticipano quelli di torsione, cioè

. [1.88]

Il controllo per ogni direzione può essere svolto anche graficamente controllando che il cerchio con origine il baricentro dell’impalcato di raggio , risulti inscritto nell’ellisse [1.87].

Figura 1. 16 Esempio di impalcato con ellisse di rigidezza rotonda e cerchio d’inerzia dell’impalcato inscritto

in essa

Quanto finora esposto ha carattere più qualitativo che quantitativo, essendosi riferiti ad un unico impalcato piuttosto che all’intera struttura. Il rispetto o meno delle considerazioni fatte per ogni impalcato è senz’altro propedeutico ad avere un comportamento globale più omogeneo e ottimizzato dal punto di vista dinamico; quindi gli strumenti proposti servono in primo luogo

1 2 3 4 5 6

A

B

C

D

Ellisse delle rigidezze

Raggio d'inerzia dell'impalcato

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Capitolo 1

36

a un esame critico delle carpenterie di schemi strutturali o a una corretta impostazione degli stessi.

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<2>

INTRODUZIONE

L’analisi del livello di danneggiamento esibito da strutture soggette a eventi sismici violenti nel passato, rende evidente come la risposta dell’organismo strutturale non possa essere ricercata sotto l’ipotesi di permanenza in campo elastico degli elementi. Analizzando il fenomeno dal punto di vista energetico si può ritenere, in misura qualitativa più che quantitativa, che il sisma immetta nella struttura un certo contenuto di energia che deve potere essere assorbito e dissipato mediante gli elementi strutturali. Confidare nei soli meccanismi elastici e di dissipazione viscosa per smaltire l’input energetico, associato al sisma di progetto, è sicuramente improponibile sia dal punto di vista del nuovo, in quanto si richiederebbero sezioni eccessivamente importanti, sia dal punto di vista dell’esistente dove è chiaro che il collasso non può puntualmente coincidere con la fuoriuscita dal campo elastico dei suoi elementi. Vi sono, principalmente, due motivazioni a supporto delle precedenti affermazioni e sono di seguito sinteticamente riportate:

- la progettazione della struttura per permanere in campo elastico, comporterebbe il predisporre resistenze per azioni orizzontali generate da pseudoaccelerazioni spettrali che possono essere facilmente maggiori di un g. Questo significa, in via qualitativa, che la struttura riceve un’azione orizzontale che può ritenersi pari al peso proprio, ossia quella di cui risentirebbe se l’edificio fosse incastrato alla base e disposto orizzontalmente;

ANALISI NON LINEARE DI EDIFICI SOGGETTI AD

AZIONE SISMICA

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Capitolo 2

38

- qualora si riuscisse ad avere resistenza sufficiente da immagazzinare l’azione sismica, la principale, se non unica, fonte dissipativa resterebbe lo smorzamento strutturale. Ciò significherebbe avere accelerazioni, all’interno della struttura, talmente elevate che l’incolumità delle persone non sarebbe garantita, principalmente per l’interazione delle stesse con altri oggetti presenti nell’immobile.

Qualitativamente si può pensare a un edificio totalmente elastico come a un’autovettura che impattando a velocità elevate rimbalzasse per effetto di un urto completamente elastico: si avrebbe tutela della vettura ma non delle persone a bordo per le quali l’interazione con gli elementi dell’abitacolo sarebbe fatale. In seguito ad un urto è fondamentale che la vettura assorba tutta l’energia cinetica deformandosi, fermo restando che il modo con cui ciò avviene deve essere indagato in sede di progetto, per non interagire con le parti dell’abitacolo occupate da persone.

Quanto finora detto giustifica gli sforzi compiuti dalla comunità scientifica per la creazione di metodi e modelli per la comprensione del comportamento strutturale oltre il limite elastico. I successivi paragrafi introducono i concetti fondamentali e le metodologie attualmente in un uso per la determinazione della risposta strutturale.

2.1 Rigidezza, resistenza, duttilità: i cardini dell’analisi strutturale

Rigidezza, resistenza e duttilità sono i parametri attorno ai quali è incentrata la risposta strutturale. La loro definizione può essere specificata sia che si parli del materiale (es. diagramma stress-strain), sia che si parli della singola sezione (es. diagramma momento-curvatura) sia che si parli globalmente della struttura (es. diagramma taglio alla base- spostamento).

Una loro definizione dal punto di vista concettuale può essere espressa riferendosi alla Figura 2.1:

• la rigidezza è la quantità che mette in relazione i carichi applicati con gli spostamenti quando questi sono ancora in fase elastica;

• la resistenza è la massima forza che l’elemento può sopportare, in un diagramma elasto-perfettamente plastico coincide col valore della forza che provoca lo snervamento;

• la duttilità è la capacità di un elemento, o dell’intera struttura, di esibire ulteriori spostamenti oltre il limite elastico, senza una eccessiva perdita di resistenza; essa è quantificata dal rapporto tra

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

39

lo spostamento che provoca rottura dell’elemento e quello che ne provoca la fuoriuscita dal campo elastico.

Figura 2. 1 Diagramma forza-spostamento qualitativo in cui sono

evidenziate rigidezza, resistenza e duttilità

Rigidezza e resistenza sono grandezze fondamentali nello studio dei sistemi lineari: nel capitolo 1 si è sempre ipotizzato che gli elementi restino in campo elastico-lineare e non superino mai la soglia di resistenza. Le risorse aggiuntive oltre lo snervamento, identificate dalla duttilità, conferiscono la capacità di incassare ulteriori spostamenti, una volta superato il limite di proporzionalità, prima di giungere alla crisi.

Il comportamento in figura 2.1 rappresenta il legame costitutivo più semplice tra quelli che tengono in conto il comportamento post-elastico: si tratta del legame elastico-perfettamente plastico. Nei successivi paragrafi, eccetto che per la definizione dello spettro di risposta ridotto, non si farà esplicitamente riferimento a determinati modelli costitutivi, giacché le tecniche di analisi proposte hanno validità generale.

2.2 Risposta sismica di un sistema elastoplastico

In un oscillatore semplice costituito da materiale elasto-plastico il legame tra forza e spostamento non è più una retta, come avviene per l’oscillatore elastico, ma una bilatera con ramo orizzontale, nell’ipotesi di plasticità perfetta, limitato da una determinata soglia di snervamento. Il legame è precisamente quello riportato in Figura 2.1.

L’equazione di equilibrio dinamico è formalmente analoga a quella dell’oscillatore elastico in vibrazioni forzate

DUTTILITA'

RES

ISTE

NZA

1 RIGIDEZZA

F

d

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Capitolo 2

40

, [2.1]

ma ne differisce in maniera sostanziale poiché le forze resistenti sono funzione del valore istantaneo dello spostamento e dalla sua storia temporale . In questo caso la risoluzione può essere ottenuta solo per via numerica e l’attenzione delle analisi è posta sulla determinazione dell’accelerazione massima e sullo spostamento massimo, al fine di verificarne la compatibilità con le risorse del sistema. La valutazione della risposta dell’oscillatore elasto-plastico è agevolata dall’introduzione di due principi

-principio di eguale spostamento che sancisce l’eguaglianza tra lo spostamento massimo subito da un oscillatore elastico soggetto a un input sismico e l’analogo subito da un oscillatore elasto-plastico. -principio di eguale energia che esprime il concetto che l’energia immagazzinata da un sistema elasto-plastico e uno elastico soggette allo stesso accelerogramma è il medesimo.

Tali principi hanno origine da un lavoro di Newmark degli anni a cavallo del 1960. Egli eseguì un’ampia sperimentazione numerica su oscillatori elastici ed elasto-plastici arrivando a concludere che lo spostamento massimo è il medesimo se entrambi vengono sottoposti allo stesso input sismico.

Quest’affermazione è vera per periodi strutturali elevati, per periodi bassi, invece, è necessario che l’oscillatore elasto-plastico manifesti spostamenti elevati per immagazzinare l’energia immessa dal sisma nel sistema (principio di eguale energia). In conformità a questi principi è possibile ridurre sensibilmente le forze di progetto qualora si doti la struttura di risorse plastiche tali da garantire il manifestarsi degli spostamenti richiesti, ossia della duttilità necessaria.

Figura 2. 2 Confronto tra forza e spostamento tra oscillatore elastico ed oscillatore elasto-plastico

Questi due principi chiariscono il ruolo della duttilità nell’abbattimento delle azioni rispetto a quelle elastiche nella progettazione o valutazione di strutture soggette ad azioni sismiche. Con riferimento alla figura 2.2 (a) si ha, infatti, che la massima forza di cui risente l’oscillatore elastoplastico è

umax,e=umax,pl

Fy

Fmax,e

uy

F

u

a) T elevato

umax,e

Fy

Fmax,e

uy

F

u

b) T basso

umax,pl

AB

A=B

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

41

,

,,

,

, [2.2]

dove con , si è indicata la duttilità dell’oscillatore. In presenza di

periodi bassi l’uguaglianza dell’energia comporta l’uguaglianza delle aree denominate A e B in Figura 2.2 (b), si ha

2 , , [2.3]

semplificando e dividendo ambo i membri per si ottiene

, 1 2 , [2.4]

dalla linearità del ramo elastico si può ricavare la seguente eguaglianza

, , [2.5]

sostituendo la [2.5] nella [2.4] e sviluppando il quadrato del binomio si ottiene

, 2 , 1 2 2 , [2.6]

semplificando i termini comuni ed esplicitando si ottiene

,

2 1 [2.7]

È adesso evidente il ruolo e l’importanza della duttilità nell’analisi della risposta sismica, infatti essa conferisce la capacità di resistere a sisma a sistemi aventi una forza resistente inferiore a quella richiesta se la struttura permanesse in campo elastico. I principi di eguale spostamento (ED) e di eguale energia (ED) sono sufficienti a cogliere la risposta della maggior parte delle strutture. Tuttavia vi sono alcuni tipi, esattamente quelle con periodo strutturale tendente allo zero, che manifestano richieste di duttilità di molto superiori rispetto a quelle già definite.

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Capitolo 2

42

Quanto detto si deve essenzialmente al fatto che le deformazioni strutturali, essendo la struttura enormemente rigida, diventano insignificanti rispetto alle deformazioni del terreno per cui la struttura sperimenta le effettive accelerazioni del terreno indipendentemente dagli spostamenti relativi e quindi dalla duttilità. Per questa categoria vale il principio di eguale accelerazione, il quale afferma che la struttura non arriva al collasso solo se in grado di sopportare l’accelerazione massima del terreno, ossia le forze elastiche.

Nella figura successiva si riporta l’andamento del fattore di scala (denominato fattore di struttura q) delle forze sismiche elastiche in funzione della duttilità disponibile.

Figura 2. 3 Andamento del fattore di scala delle forze sismiche (fattore di struttura q) in funzione della duttilità

disponibile

2.3 Analisi non lineare dei sistemi a più gradi di libertà con spettro di risposta ridotto

L’analisi con spettro di risposta ridotto è una tecnica di analisi mediante la quale si tengono in conto le non linearità della struttura in maniera indiretta. La base del metodo è fondata sul disaccoppiamento delle equazioni del moto di un sistema SDOF facendo uso dei metodi dell’analisi modale. Una volta suddivisa la struttura in n oscillatori semplici per ciascuno di essi si computa la risposta utilizzando uno spettro con ordinata ridotta che vuole rappresentare la riduzione delle azioni che si ha per effetto della duttilità del sistema. L’approccio prevede, quindi, che lo spettro elastico venga ridotto in funzione della duttilità disponibile

0

1

2

3

4

5

6

7

1 2 3 4 5 6

Fattore di struttura q

Duttilità disponibile μ

Oscillatore elastoplatico

T basso

T alto

T nullo

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

43

dal sistema, sia a livello locale che a livello globale. La riduzione avviene mediante un unico parametro q detto fattore di struttura o, in inglese, behaviour factor.

La definizione del fattore di struttura q è un punto essenziale nella progettazione di strutture antisismiche ed essa è fatta per tipologia strutturale per interpretazione di risultati di analisi numeriche, quali quelle descritte in seguito, o mediante applicazione dei teoremi dell’analisi limite.

2.4 Analisi statica non lineare o di Pushover

L’analisi di Pushover (PO) è una tipologia di analisi che cerca di conservare la semplicità d’uso e d’interpretazione dei risultati tipica delle analisi statiche estendendola anche a sistemi meccanicamente non lineari.

L’obiettivo principale è quello di cogliere il comportamento evolutivo nel tempo che la struttura manifesta durante l’azione sismica. Il comportamento evolutivo è sostanzialmente dovuto alla fuoriuscita dal campo elastico degli elementi che compongono la struttura; esso, chiaramente, non può essere interpretato mediante l’adozione di analisi elastiche. Specificatamente un’analisi di pushover serve a identificare le caratteristiche del comportamento post-elastico della struttura, cioè dove e con quale progressione si supera la soglia di elasticità nei vari elementi, dove si trovano le debolezze strutturali, come e con quale modalità si raggiunge la crisi, quale è il livello di duttilità strutturale.

Lo sviluppo di tale metodo ha origine nella seconda meta degli anni ’70 per opera di Freeman et al.(1975,1978), attraverso formulazioni su sistemi a un grado di libertà, per poi giungere ad applicazioni più generali come le strutture irregolari multipiano.

Specificatamente l’analisi di pushover consiste nell’esame della struttura sottoposta ai carichi verticali (pesi propri, permanenti e accidentali) e a un profilo di carico laterale, il quale può essere costituito da forze o spostamenti imposti, che si incrementa in maniera monotona. Durante l’incremento del profilo di carico si monitorano due grandezze, una cinematica, e cioè lo spostamento di un punto di controllo tipicamente posto nel baricentro dell’impalcato dell’ultimo piano, e una statica, tipicamente il valore del taglio alla base.

L’analisi di pushover non è, a oggi, una procedura standardizzata e non ha un inquadramento teorico ben definito, cioè supportato pienamente da deduzioni e procedimenti analitici basati sul problema fisico. La validità delle analisi di Pushover è stata suffragata nel tempo dal confronto dei risultati con quelle di analisi dinamiche non lineari. Per quanto detto esistono in letteratura diverse

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Capitolo 2

44

tipologie di analisi statiche non lineari che differiscono tra loro per diversi fattori e conducono a risultati talvolta discordanti. Tra la principale differenza si annovera la distribuzione delle forze, ovvero degli spostamenti, che possono essere fissi, cioè di forma costante, o adattivi che cambiano al variare del grado di danneggiamento della struttura. È possibile, comunque, trovare un comune denominatore a tutti i vari approcci di pushover e sono sintetizzati in seguito:

• domanda è la rappresentazione delle risorse strutturali richieste dall’azione sismica;

• capacità è l’abilità della struttura di resistere alla domanda sismica; • risposta rappresenta la misura in cui la capacità assorbe la domanda

“compatibilmente” agli obiettivi di progetto o prestazionali; • verifica consiste nel controllo dell’accettabilità della risposta globale e

locale rispetto agli obiettivi prestazionali fissati.

Tra i metodi statici non lineari presenti in letteratura, il “metodo dello spettro di capacità” (Freeman, 1998) e il “metodo N2” (Fajfar & Gaspersic, 1996; Fajfar, 1999) hanno conquistato negli anni un consenso sempre più ampio nella comunità scientifica, tanto che il loro uso è oggi consentito da diverse normative antisismiche (ad esempio Eurocodice 8, 2003;NTC 2008; FEMA 356, 2000; FEMA 368, 2001; O.P.C.M. 3431, 2005). I due metodi citati, nonostante le differenze concettuali che li distinguono, si articolano entrambi in due fasi fondamentali. La prima consiste nella determinazione della curva di prestazione, che descrive l’evoluzione della risposta strutturale all’aumentare dell’intensità dell’evento sismico. La curva di prestazione è il grafico che riporta i valori monitorati durante l’analisi di spinta. La seconda fase consiste nell’individuare sulla curva di prestazione il punto corrispondente alla risposta inelastica del telaio conseguente al sisma assegnato. Ciò è fatto attraverso lo studio di un sistema a un solo grado di libertà equivalente alla struttura reale a più gradi di libertà. Il sistema a un grado di libertà è, infatti, lo strumento per la comprensione del comportamento di strutture più complesse e quello su cui è concettualmente più semplice definire e condurre un’analisi di Pushover. Per completezza, si riporta che in Bosco, Ghersi e Marino (2007) è stata illustrata una procedura semplificata che non richiede la conversione diretta in un sistema SDOF.

Se si usa il metodo dello spettro di capacità, tale sistema è elastico e caratterizzato da uno smorzamento fittizio, superiore a quello effettivo della struttura per tener conto dell’energia dissipata per isteresi; si tratta invece di un sistema inelastico quando si impiega il metodo N2.

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

45

2.4.1 Analisi statica non lineare su un sistema SDOF Come già anticipato per i sistemi a un grado di libertà è, concettualmente,

semplice definire un’analisi di spinta. Si consideri il pendolo inverso di figura 2.4. La configurazione deformata è definita da un unico parametro langrangiano

, che può associarsi allo spostamento relativo che subisce la massa rispetto al suolo. In questo caso l’analisi di spinta consiste nell’applicare alla massa del sistema uno spostamento o una forza , incrementandone gradualmente l’intensità nella direzione dell’unico grado di libertà disponibile.

Figura 2. 4 Esempio di carico per l’analisi di spinta su uno SDOF

2.4.1.1 Procedura di carico

Il valore iniziale della forzante (intesa in senso generalizzato come forza o spostamento) ha come unico requisito quello di non oltrepassare il valore che provoca fuoriuscita del sistema dal range elastico. Le espressioni della forzante sono

. [2.8]

in sono i valori iniziali della forzante e i coefficienti di amplificazione del carico. La procedura consiste nell’incrementare gradatamente i coefficienti di amplificazione fino al raggiungimento del collasso, che può coincidere con l’incapacità di trovare posizioni di equilibrio, oppure a un prefissato valore di spostamento .

m

k

d

F

Vb

Mb

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Capitolo 2

46

2.4.1.2 Curva di capacità per un sistema SDOF

Al termine della procedura di carico come risultato più immediato si ha la cosiddetta, curva di capacità, cioè un grafico che risposta in ascissa lo spostamento e in ordinata il corrispondente valore di forza resistente attivata nel sistema che può identificarsi con il taglio alla base con riferimento alla figura 2.4. Dall’esame della curva di capacità di un sistema SDOF si distinguono tre comportamenti caratteristici caratterizzati da un comune iniziale comportamento elastico lineare fino alla soglia di snervamento seguito da un comportamento post-elastico non lineare che può essere di tre tipi:

a) Incrudente in cui il raggiungimento del collasso si ha con incremento della forza rispetto al limite elastico;

b) Perfetto in cui si giunge al collasso senza incremento di forza; c) Degradante in cui il collasso è raggiunto con diminuzione della

capacità portante rispetto a quella allo snervamento.

Figura 2. 5 Diversi tipi di curva di capacità per uno SDOF

La curva di capacità può essere considerata alla stregua di un legame costitutivo per il sistema SDOF.

Ottenuta la curva di capacità, il passo successivo è la sua linearizzazione, cioè approssimare a tratti lineari la curva. I tratti interpolanti possono essere bilineari o trilineari e la scelta non è univoca. Si osservi che le linearizzazioni mostrate in Figura 2.6 presentano lo stesso tratto elastico lineare e lo stesso punto di primo snervamento: si tratta solo un modo scelto per presentare alcune possibili linearizzazioni e non una condizione da rispettare necessariamente. Infatti, non esiste un unico criterio per linearizzare la curva di capacità. A titolo esemplificativo in Figura 2.7 sono mostrate alcune differenti linearizzazioni della stessa curva di capacità.

dmax

Fy

dy

Vb

d

(a) incrudente

(b) perfetto

(c) degradante

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

47

Figura 2. 6 Linearizzazione bilineare e trilineare della curva di capacità

Figura 2. 7 Linearizzazioni differenti della stessa curva di capacità

Il comportamento del sistema può quindi essere idealmente schematizzato con un ramo elastico lineare fino allo snervamento e con un ramo post – elastico incrudente (i), perfetto (p) o degradante (d). Le curve diagrammate in Figura 2.8 rappresentano i legami forza – spostamento ossia le rispettive curve di capacità.

Questa rappresentazione consente di identificare la resistenza e lo spostamento nominali della struttura: in particolare la resistenza di snervamento

, la rigidezza elastica efficace

e la rigidezza post elastica

in cui il rapporto di incrudimento risulta positivo, negativo o nullo rispettivamente nel caso incrudente, degradante o perfetto. Una procedura di linearizzazione della curva, che gode di un uso diffuso, è la rappresentazione bilineare fondata su un criterio di equivalenza energetica

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Capitolo 2

48

(principio di uguale energia) secondo cui il primo tratto della bilineare è una linea passante per l’origine con pendenza definita dalla rigidezza iniziale del sistema e il secondo è una linea intersecante la curva in corrispondenza del cosiddetto punto di funzionamento (PP Performance Point nella letteratura anglosassone) , ovvero lo spostamento cui è sottoposto l’oscillatore elastoplastico, la cui determinazione è trattata nei prossimi paragrafi, e di pendenza tale che l’area sottesa dalla bilineare sia equivalente a quella sottesa dalla curva di capacità (A1 = A2 in Figura 2.9).

Figura 2. 8 Comportamento di un sistema SDOF

Figura 2. 9 Schematizzazione bilineare della curva di capacità con il principio di eguale energia, è il punto

rappresentativo dello spostamento per cui si effettua la verifica

Vi sono tuttavia casi in cui tale procedimento può essere non soddisfacente. Ad esempio può condurre a una definizione non adeguata della rigidezza elastica iniziale , qualora la curva di pushover abbia andamento

dp

Fy

dy

Vb

d

1Ke*

Fp

1 Kp*=pKe*

A1

A2

A1 = A2

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

49

monotono (Figura 2.10 (a) ) o qualora il punto di funzionamento risulti di molto inferiore al punto di picco (Figura 2.10 (b)). In quest’ultimo caso bisogna utilizzare un metodo che sia in grado di rendere il ramo ascendente della bilineare il più prossimo possibile al tratto iniziale della curva e tale da soddisfare l’uguaglianza delle aree fino allo spostamento corrispondente allo stato limite da verificare. Un possibile modo di procedere può essere quello di definire , considerando una retta prossima alla pendenza iniziale della curva (eventualmente coincidente con la tangente all’origine, nel caso di curve con andamento lineare del tratto iniziale e resistenza di snervamento come intersezione di questa o con una seconda retta tangente alla curva in un punto opportuno (Figura 2.11 (a)) o con una retta orizzontale passante per il punto di picco (Figura 2.11 (b)).

Figura 2. 10 Esempi di curve di capacità per le quali la linearizzazione con il principio di eguale energia porta

a risultati non ottimali

Figura 2. 11 Definizione del diagramma bilineare usando rette tangenti

Alternativamente si può definire tracciando la secante alla curva di capacità nel punto corrispondente a un taglio alla base pari a 0.6÷0.7 volte il taglio

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Capitolo 2

50

massimo , e quindi individuare, nel caso di curva pushover senza plateau orizzontale il valore di come intersezione della secante con una retta orizzontale disposta in modo da avere l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva di capacità e dalla bilineare fino al punto di spostamento di picco (Figura 2.12).

Figura 2. 12 Definizione del diagramma bilineare equivalente con retta secante

Questo ultimo metodo, applicato in modo tale da assicurare l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva di capacità e dalla bilineare fino al punto di spostamento massimo, può essere conveniente quando esso risulta essere ben oltre il punto di picco della curva. In tal caso, infatti, può essere poco conservativo scegliere una bilineare rispetto al punto di picco in quanto l’area sottesa dalla curva bilineare fino allo spostamento massimo relativo allo stato limite da verificare, sarebbe maggiore rispetto a quella sottesa dalla curva reale, il che equivarrebbe a sovrastimare eccessivamente la capacità dissipativa del sistema (Figura 2.13).

Figura 2. 13 Curva pushover fino allo spostamento d*max

2.4.1.3 Valutazione del punto di funzionamento con il metodo N2

Nel caso in cui la curva di capacità è una bilineare con ramo orizzontale si possono utilizzare i risultati dell’oscillatore elasto-plastico applicando i principi

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

51

di eguale spostamento ed eguale energia. Tale metodo è stato introdotto da Fajfar e Gaspersic (1996) e Fajfar (1999) all’interno della procedura di analisi detta N2.

Nota la curva di capacità, difatti, è possibile cogliere la richiesta di spostamento massimo che l’oscillatore deve esibire essendo nota la sua rigidezza sul ramo elastico. Il coefficiente di scala delle azioni, già definito fattore di struttura, è legato alla forza massima che l’oscillatore dalle seguente relazione

. [2.9]

in cui è il fattore di struttura e e la massima forza elastica che risente un oscillatore con pari rigidezza iniziale e comportamento indefinitamente elastico. La massima forza elastica può ricavarsi mediante lo spettro di risposta

, , [2.10]

essendo 2 periodo proprio dell’oscillatore equivalente.

Se il periodo è alto, specificatamente maggiore del picco dello spettro di risposta, si ha

,, , , ,

, , . [2.11]

Se il periodo è basso, minore del picco ma sufficientemente maggiore di zero (maggiore di 0.1÷0.2 s), mediante la [2.9] può ricavarsi il coefficiente di riduzione

[2.12]

e tramite le relazioni tra esso e la duttilità si può ricavare lo spostamento massimo che deve esibire lo SDOF non lineare, ricordando che

, [2.13]

e che

2 11

2 [2.14]

si ha

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Capitolo 2

52

,1

2 , , . [2.15]

Noto lo spostamento massimo è possibile verificarne la compatibilità con il sistema mediante la curva di capacità, ossia verificare che la richiesta di spostamento non ecceda le risorse disponibili al sistema.

2.4.1.4 Valutazione del punto di funzionamento con il metodo CSM

Il Metodo dello Spettro di Capacità (CSM Capacity Spectrum Method) è un metodo mediante il quale è possibile ricavare lo spostamento massimo atteso su un sistema sotto azione sismica. Storicamente è stato introdotto da Freeman (1975). L’azione sismica, denominata richiesta sismica, è rappresentata dallo spettro di risposta elastico; il comportamento strutturale è sintetizzato dalla curva di capacità. La determinazione del massimo spostamento si persegue operando nello ADRS (Acceleration Desplacement Response Spectrum) ovvero un grafico che riporta in ascissa lo spostamento spettrale e in ordinata la corrispondente accelerazione spettrale. In tale spazio lo spettro di risposta e la curva di capacità assumono il nome, rispettivamente, di spettro di domanda (Demand Spectrum DS) e spettro di capacità (Capacity Spectrum CS). La costruzione dello spettro di domanda nel formato ADRS può effettuarsi in maniera immediata, ricordando che

, , , ,2

, , [2.16]

alla generica ordinata di , , corrisponde in ascissa il valore di (T), quindi resta individuata la funzione , , . La costruzione dello spettro di capacità può facilmente ottenersi scalando le ordinate della curva di capacità dividendole per la massa dell’oscillatore: in tal modo si ottiene l’accelerazione corrispondente a un dato valore di taglio alla base. Una particolarità dello spettro ADRS è dovuta al fatto che il legame [2.16] nel piano

è una retta passante per l’origine con coefficiente angolare , quindi per dato , ossia dato periodo, l’intersezione della retta con la curva

, , fornisce simultaneamente , , e , , Grazie a questa trasformazione di coordinate, il CSM fornisce una

rappresentazione grafica della prestazione sismica del sistema SDOF, soggetto a un dato terremoto, che è individuata dall’intersezione dello spettro di capacità con lo spettro di risposta rappresentativo della richiesta indotta dal terremoto. Le coordinate di tale punto d’intersezione, detto punto di funzionamento

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

53

(Performance Point = PP) della struttura, definiscono l’accelerazione e lo spostamento massimi attesi nel sistema SDOF. Il PP deve quindi soddisfare due condizioni:

• appartenenza al CS per essere rappresentativo del comportamento della struttura ad un certo spostamento;

• appartenenza al DS opportunamente ridotto rispetto allo spettro di risposta elastico al 5% di smorzamento, che rappresenta la domanda non lineare in corrispondenza dello stesso spostamento strutturale.

In sintesi il PP è il punto d’intersezione tra la curva di capacità e la curva di domanda. Quest’ultima non può, però, essere definita a priori dipendendo dal valore stesso del PP, difatti:

• quando una struttura plasticizza per effetto dello spostamento indotto dal sisma, la sua rigidezza decresce e il suo periodo si allunga e quindi, poiché le accelerazioni spettrali dipendono dal periodo, anche la domanda cambia allo snervarsi della struttura;

• quando una struttura plasticizza, in risposta alla richiesta sismica, dissipa energia per smorzamento isteretico e, poiché l’energia dissipata non viene immagazzinata dalla struttura, lo smorzamento produce una riduzione di spostamento.

La procedura utilizzata per il calcolo del PP è quindi iterativa. Si specifica che, nella trattazione che segue in questo paragrafo, si usa la notazione in luogo di e si sottointende l’apice * per le grandezze legate all’oscillatore semplice. Primariamente si riportano nello spettro ADRS la curva di domanda, con smorzamento strutturale al 5%, e la curva di capacità e si seleziona un valore presunto del punto di funzionamento .

Figura 2. 14 Innesco della procedura iterativa selezionando

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Capitolo 2

54

Tale valore può farsi coincidere con lo spostamento elastico di un oscillatore avente rigidezza pari alla tangente all’origine della curva di capacità (Figura 2.14). Per la relazione [2.16], l’ascissa del punto d’intersezione tra curva di domanda e tangente all’origine è lo spostamento del sistema elastico equivalente. Individuato il punto di funzionamento presunto sulla curva di capacità, è possibile linearizzare la curva con le tecniche riportate nel §2.4.1.2. Adottando il criterio di eguale energia, tra schematizzazione effettiva e bilatera, si ottiene la curva bilineare come mostrato in figura 2.15. Da tale curva è possibile estrapolare i dati caratteristici del sistema elastoplastico che sono:

• la pulsazione elastica o il periodo elastico ; • l’accelerazione corrispondente allo snervamento ; • il fattore di incrudimento p pari al rapporto tra rigidezza post- elastica e

quella elastica;

Figura 2. 15 Conversione dello spettro di capacità nella forma bilineare con il criterio di eguale energia

L’equazione che descrive la bilatera nel dominio è

[2.17]

essendo punto di snervamento del sistema. Il passaggio successivo è quello di associare al sistema non lineare descritto dalla [2.17] un sistema lineare

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

55

equivalente (Figura 2.15) caratterizzato da un periodo equivalente e da un rapporto di smorzamento :

22 [2.18]

2 [2.19]

dove (dy, ay) è il punto di snervamento del CS bilineare e (dC, aC) il punto corrente sul CS. Il fattore dipende dal comportamento isteretico del sistema, ossia dalla categoria di comportamento cui appartiene la struttura, che viene definita sia dalla qualità degli elementi che costituiscono il sistema sismico resistente sia dalla durata del sisma. Nell’ATC-40 si individuano tre categorie di comportamento:

• type A indica un comportamento isteretico con cicli isteretici stabili ed ampi simili a quelli ideali

• type C rappresenta cicli isteretici fortemente pizzicati e/o degradati • type B definisce un comportamento isteretico intermedio tra type A e C.

Per questi tipi di comportamento isteretico, si forniscono delle relazioni che esprimono il fattore in funzione dello smorzamento equivalente i cui andamenti sono diagrammati in Figura 2.16.

Figura 2. 16 Variazione del fattore di modificazione dello smorzamento in funzione dello smorzamento

viscoso equivalente e del comportamento strutturale.

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Capitolo 2

56

Noto periodo e smorzamento si ricava lo spettro elastico ridotto , , e, nel punto di intersezione con lo spettro di capacità. Se tale

punto coincide, a meno di una fissata tolleranza, con il punto scelto in precedenza si è ricavato il Performance Point della struttura altrimenti si procede nuovamente alla definizione della bilineare ed i passaggi conseguenti adottando il nuovo spostamento così individuato.

2.4.2 Analisi statica non lineare per i sistemi MDOF regolari in pianta (Pushover 2D)

Per edifici regolari in pianta s’intendono tutti i sistemi per i quali il comportamento dinamico è caratterizzato essenzialmente da modi traslazionali, ossia sistemi per i quali il comportamento traslazionale è sostanzialmente disaccoppiato da quello torsionale. Per tali tipi di edifici è legittima la scomposizione in una serie di telai piani e lo studio singolo di essi e, quindi, si parla di procedure di Pushover 2D. Si è già anticipato come il passaggio fondamentale sia la conversione del sistema MDOF a un sistema SDOF equivalente. Ciò è fatto interpretando la curva scalare punto di controllo-taglio alla base ottenuta con l’analisi di spinta sul telaio. Questo passaggio è sostenuto da procedure analitiche che, tuttavia, lasciano una certa libertà nella definizione dei profili di carico da applicare alla struttura. La definizione dei profili di carico è, a tutti gli effetti, l’unica vera difficoltà insita nella pushover 2D: essa deve essere compiuta in maniera tale da interpretare la distribuzione degli effetti delle forze di inerzia cui è soggetto il telaio durante il sisma.

2.4.2.1 Conversione di MDOF in uno SDOF equivalente

Nel seguito si mostra come lo studio di un sistema a più gradi di libertà non lineare possa ricondursi a quello di un oscillatore a un grado di libertà, se si considera una determinata forma modale. L’equazione che descrive il moto di uno MDOF è

, [2.20]

in cui, oltre ai termini già specificati nel capitolo 1, , è il vettore delle forze resistenti che si attivano internamente al sistema; si noti come esso dipenda sia dal vettore degli spostamenti che dal vettore delle velocità. Gli spostamenti possono ancora esprimersi come combinazione lineare di n vettori linearmente indipendenti, che non necessariamente devono coincidere con le forme modali in campo elastico, ne devono essere costanti, ma devono conservare la proprietà di ortogonalità rispetto a matrice di massa e di smorzamento. Questa precisazione

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serve a specificare che la trattazione considera implicitamente la potenziale variazione dei vettori di forma a seguito della modifica delle caratteristiche strutturali dovuta al superamento della soglia di proporzionalità. Si specifica, quindi, che il vettore è funzione dell’ampiezza della coordinata generalizzata ( ); tuttavia questa notazione verrà sottointesa nel prosieguo della trattazione, a vantaggio della semplicità di lettura. Quindi, si ha

[2.21]

che sostituita nella [2.20] fornisce

, [2.22]

Premoltiplicando ambo i membri per , e facendo uso della proprietà di ortogonalità si ottiene

, [2.23]

che, ricordando le definizioni di massa modale generalizzata, smorzamento modale generalizzato, fattore di partecipazione modale, diviene

, . [2.24]

La [2.24] denota che, quando la struttura oscilla in campo inelastico, seppur classicamente smorzata, il vettore delle forze resistenti resta comunque funzione dell’intero vettore spostamento e, conseguentemente, le equazioni non sono disaccoppiate.

E’ possibile, però, introdurre un’ ipotesi aggiuntiva: “quando la struttura oscilla secondo il j-esimo modo tutti i parametri che influenzano la risposta dipendono solo da esso”. Quest’assunzione è suggerita dal fatto che in campo elastico ogni modo è indipendente dall’altro e appare ragionevole pensare che, anche in campo non lineare, quando l’eccitazione è proporzionale al modo j-esimo, la risposta sia ancora prevalentemente fornita dallo stesso modo, cioè

. Trascurare l’accoppiamento tra le coordinate modali, dovuto alla plasticizzazione del sistema, implica che le equazioni modali siano disaccoppiate:

, . [2.25]

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Capitolo 2

58

Ponendo q t

Γ [2.26]

la [2.25] può riscriversi come segue:

2 ,

[2.27]

formalmente analoga a quella dell’oscillatore elastoplastico soggetto ad un input sismico, in cui

, Γ , Γ [2.28]

e, ricordando i termini già in precedenza definiti,

e 2

[2.29]

in cui la rigidezza generalizzata è calcolata sul ramo elastico. Per risolvere la [2.27] è necessario definire il legame costitutivo non

lineare tra e . Tale legame, in linea teorica, dovrebbe definirsi applicando un profilo di spostamenti crescenti Γ . Se, in alternativa, si vuole usare un profilo di forze, registrando gli spostamenti conseguenti, è necessario tenere presente che non esiste un’unica distribuzione di forze capace di produrre spostamenti proporzionali a per qualsiasi entità delle forze in gioco. Una scelta, frequentemente adottata, è di scegliere un profilo di carico invariante proporzionale agli spostamenti che si otterrebbero in campo elastico.

Γ Γ [2.30]

quindi, il vettore incrementale delle forze avrà forma descritta da

[2.31]

A questo punto è necessario scegliere due parametri rispetto ai quali esprimere la curva scalare forze-spostamento. Procedendo come consuetudine delle analisi di pushover, si selezionano taglio alla base e spostamento di un punto di controllo in sommità . E’ necessario ricavare le relazioni di queste

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grandezze con quelle in gioco nell’oscillatore SDOF equivalente. Il taglio alla base, relativo al modo j-esimo, può esprimersi come:

[2.32]

che può ricondursi, introducendo il fattore di partecipazione modale nella [2.32], a

Γ Γ Γ . [2.33]

Lo spostamento in sommità in termini di coordinate generalizzate vale

Γ . [2.34]

Riassumendo le grandezze rappresentative del legame dello SDOF equivalente sono:

Γ

Γ. [2.35]

Solitamente si normalizza il vettore di forma rispetto allo spostamento in sommità, per cui le relazioni divengono

Γ

Γ. [2.36]

Data, quindi, la relazione è possibile ricavare la curva di capacità dell’oscillatore equivalente mediante la relazione [2.36] e procedere alla sua elaborazione secondo quanto riportato §2.4.1 per l’oscillatore semplice. E’ necessaria solo una precisazione: nella costruzione dello spettro di capacità il taglio alla base va scalato non con l’intera massa del sistema ma con il coefficiente di partecipazione modale .

2.4.2.2 Generalità sui profili di carico

La struttura è spinta applicando un profilo di forze, o spostamenti, in corrispondenza di ciascun piano (Figura 2.17) pur utilizzando sempre un solo parametro di forza e un solo parametro di spostamento per descrivere il sistema. Il legame forza-spostamento che si ottiene è, dunque, di tipo scalare e, mediante

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Capitolo 2

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i criteri esposti nel precedente paragrafo, può essere ricondotto a quello di uno SDOF. La scelta dei parametri da monitorare non è univoca, e questo può dar luogo a differenti curve di capacità del sistema SDOF equivalente. Solitamente, come già evidenziato, come parametri si considerano il taglio alla base Vb e lo spostamento di un punto posto nel baricentro dell’ultimo piano dell’edificio.

Figura 2. 17 Applicazione dell’analisi di spinta ad un telaio MDOF

In un’analisi di spinta basata sugli spostamenti, o sulle forze, si impone alla struttura, in modo incrementale, un profilo di spostamenti o di forze del tipo:

, , … , , … , [2.37]

, , … , , … ,

in cui il numero segue l’ordinalità del piano di applicazione. Le forzanti possono essere ottenute da un vettore di forma o (che può essere costante o variare secondo il carico applicato), moltiplicato per un fattore di scala o .

I profili di carico intendono rappresentare e delimitare la distribuzione di forze inerziali, indotte da un terremoto, che varia con la severità del sisma (estensione delle deformazioni plastiche) e con il tempo durante il sisma stesso. Per quanto detto, è evidente che il grado di accuratezza dell’analisi è sensibile al profilo di carico applicato. Un passaggio fondamentale è, difatti, la scelta di un profilo di carico adeguato. Si possono distinguere essenzialmente due tipi di profili di carico: quelli fissi o invarianti, che non variano al variare delle caratteristiche di rigidezza della struttura, e quelli adattivi, in cui i vettori di forma cambiano a seconda dello stato in cui si trova la struttura.

Razionalmente, per la natura di un sisma che consiste in un moto relativo del suolo, si può ritenere che gli effetti sulla struttura debbano essere ricercati

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applicando degli spostamenti piuttosto che una serie di forze. L’adozione di un profilo in spostamenti in metodi di carico invarianti in forma non porta a stime soddisfacenti del comportamento non lineare; tali tipi di analisi, di fatti, non sono in grado di rilevare alcune importanti caratteristiche strutturali, come irregolarità di resistenza o eventuali meccanismi di piano debole. È, infatti, certamente irrealistico ipotizzare che il rapporto tra gli spostamenti relativi a due piani successivi rimanga costante durante l’intera l’analisi. In particolare, mentre è lecito supporre che le deformazioni strutturali siano pressoché distribuite nella fase elastica, non altrettanto si può fare nella fase non lineare, quando tali deformazioni tendono a concentrarsi in corrispondenza di determinate zone. I risultati migliorano notevolmente utilizzando dei metodi adattivi che aggiornano i vettori di carico al variare delle caratteristiche della struttura.

L’utilizzo di un profilo di carico in forze comporta la scelta della loro distribuzione con l’altezza. All’interno dei profili di carico fisso si distinguono i profili unimodali, che tengono conto di un solo modo di virare, e quelli multimodali, più modi di vibrare. Se la struttura è bassa o medio-alta e regolare in elevazione e, quindi, ha masse partecipanti rilevanti in un modo di vibrare, la scelta di un profilo di carico fisso unimodale con forma pari a quella del modo fondamentale può essere una scelta appropriata. Difatti, per tale tipo di strutture il contributo alle forze inerziali è sostanzialmente dato dal primo modo e ciò comporta che la forma della loro distribuzione lungo l’altezza è apprezzabilmente affine a esso come molti ricercatori hanno evidenziato (Saiidi and Sozen 1981, Miranda 1991, Lawson et al. 1994, Fajfar and Gašperšic 1996, Maison and Bonowitz 1999, Gupta and Krawinkler 1999, Gupta and Krawinkler 2000, Skokan and Hart 2000, Krawinkler and Seneviratna 1998). Se la struttura è irregolare in elevazione e/o alta, ossia una struttura dinamicamente caratterizzata da masse partecipanti rilevanti ai modi superiori, tipicamente edifici che manifestano importanti variazioni di massa o di rigidezza da un piano all’altro, la distribuzione di forze proporzionali a un solo modo di vibrare non può essere rappresentativa della reale distribuzione delle forze di inerzia, dato che in strutture alte e irregolari, la deformata e la distribuzione di forze inerziali possono discostarsi dalla forma di un unico modo, appare chiaro come, almeno in linea di principio, la scelta debba propendere verso i profili di carico multimodali qualora si scelga un profilo fisso [Gupta and Kunnath 2000, Paret et al. 1996, Sasaki et al. 1998, Kunnath and Gupta 2000, Matsumori et al. 1999].

Nessun profilo di carico fisso, comunque, è in grado di tenere in conto della ridistribuzione delle forze inerziali dovuta alla plasticizzazione e di seguire le variazioni delle proprietà vibrazionali della struttura. Per superare tali limiti, numerosi ricercatori hanno proposto distribuzioni di carico adattive che cercano di seguire meglio le distribuzioni di forze inerziali che variano nel tempo col

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Capitolo 2

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manifestarsi del danno nella struttura [Fajfar and Gašperšic 1996, Bracci et al. 1997, Gupta and Kunnath 2000, Pinho and Antoniou 2002].

2.4.2.3 Profili di carico fissi

L’uso di un profilo di carico fisso o invariante nel tempo implica l’assunzione che la distribuzione di forze inerziali rimanga sostanzialmente costante durante l’evento sismico e che le deformazioni massime ottenute con tale profilo siano confrontabili con quelle attese durante il terremoto. Queste ipotesi sono ragionevoli se la risposta strutturale non è significativamente influenzata dagli effetti dei modi superiori e se la struttura ha un unico meccanismo di snervamento. In questi casi, l’uso di profili di carico costanti conduce a stime adeguate delle richieste di deformazione.

Il generico profilo di carico fisso può descriversi come segue:

[2.38]

dove è un vettore di forma costante che definisce l’andamento in altezza delle forze inerziali e λ è un fattore moltiplicativo che definisce l’ampiezza delle forze applicate in funzione del passo k dell’analisi. L’impiego di profili di carico fissi determina comunque risultati approssimati e, in particolare per strutture con periodi lunghi e con meccanismi di snervamento localizzati, può addirittura portare a previsioni fuorvianti. Per tale motivo si raccomanda (Krawinkler, 1998; FEMA-273, 1997, FEMA-356, 2000) l’uso di almeno due profili di carico che ci si aspetta possano inviluppare la distribuzione di forze inerziali. Il modo di procedere prevede che si applicano dapprima i carichi verticali e poi almeno due profili di carico laterale. Uno dovrebbe essere un profilo di carico uniforme l’altro dovrebbe essere un profilo di carico unimodale, se la struttura è regolare in elevazione, o un profilo di carico multimodale, se non lo è.

2.4.2.3.1 Profili di carico uniforme

Il profilo di carico uniforme, ossia con forze a livello di impalcato proporzionali alle masse di piano, esalta le richieste nei piani più bassi rispetto a quelle dei più alti e accresce l’importanza delle forze di taglio di piano rispetto ai momenti ribaltanti:

[2.39]

Questa distribuzione di forze è ovviamente uniforme solo se tutte le masse di piano sono uguali.

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

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2.4.2.3.2 Profili di carico fisso unimodali per strutture regolari in elevazione

Per edifici bassi e regolari, la cui risposta è sostanzialmente dovuta al primo modo di vibrare, si può utilizzare una distribuzione di carichi linearmente proporzionale a esso tramite le masse di piano; essa diventa triangolare invertita se le masse sono tutte eguali. In formule:

[2.31]

Alternativamente si utilizza l’approssimazione che il primo modo di vibrare sia lineare, quindi

z [2.32]

2.4.2.3.3 Profili di carico fissi multimodali per strutture irregolari in elevazione

Per investigare il comportamento strutturale anche quando i modi superiori sono significativi, sono state formulate delle procedure di spinta che utilizzano profili di carico invarianti derivati dalle forme modali ed utilizzando le regole di combinazione modale elastica. A tali profili si attribuisce il nome di profili di carico multimodali.

Un profilo di carico multimodale è la distribuzione di Freeman o distribuzione SRSS; essa si fonda sull’analisi spettrale e include l’effetto dei modi superiori nella distribuzione dei carichi laterali combinando i contributi di ciascun modo con la regola di sovrapposizione modale della radice quadrata della somma dei quadrati (SRSS). In questa formulazione, la distribuzione di carichi laterali dipende dalla pseudoaccelerazione spettrale di ciascun modo secondo la seguente relazione:

Γ [2.33]

dove k è il numero dei modi tali da eccitare almeno il 90% della massa totale, è il taglio al piano i-esimo determinato dall’analisi lineare con spettro di

risposta, massa del piano i-esimo, componente al piano i-esimo della

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Capitolo 2

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forma modale j-esima, coordinata spettrale del modo j-esimo, Γ fattore di partecipazione modale del j-esimo modo. Un'altra forma multimodale è quella detta distribuzione di Valles (Valles et. al, 1996) il contributo dei modi superiori viene incluso definendo un modo fondamentale equivalente, , che risulta dalla combinazione dei modi di vibrazione, pesati con i rispettivi fattori di partecipazione, secondo la regola SRSS:

Γ [2.34]

Di conseguenza il vettore di forma che definisce questa distribuzione è

[2.35]

2.4.2.4 Pushover multimodale (MPA)

Esistono in letteratura procedure di Pushover che considerano i modi di vibrare superiori, in maniera alternativa alla definizione di un profilo di carico fisso, che si basano sulla combinazione dei risultati di una serie di analisi statiche non lineari della struttura sottoposta singolarmente ai diversi vettori di forze rappresentativi dei modi di vibrare. Questa tecnica prende propriamente il nome di Pushover modale. Storicamente il primo di questi metodi è la MMP – Multi-Modal Pushover proposta da Paret al. (1996). Si tratta, come già anticipato, di una serie di analisi statiche non lineari della struttura sottoposta a diversi vettori di forze incrementali rappresentativi dei modi di vibrare attivati dal sisma, i cui risultati, tradotti in termini di spettri di capacità nel piano ADRS, sono comparate con la richiesta sismica definita dallo spettro di domanda adottando il metodo CSM. Questa procedura è intuitiva ed è in grado di fornire una serie d’informazioni qualitative relative ai modi di vibrare superiori altrimenti non ottenibili con una procedura convenzionale, anche se tali effetti risultano non facilmente e immediatamente quantificabili. Una procedura di combinazione dei risultati, detta PRC (Pushover Results Combination), proposta da Moghadam e Tso (2002), consiste nel valutare la risposta sismica massima attraverso la combinazione dei risultati delle diverse analisi di pushover in maniera pesata, utilizzando come pesi i fattori di partecipazione modale.

Un’altra tecnica di combinazione è quella proposta da Chopra e Goel (2002) denominata MPA (Modal Pushover Analysis), la quale suggerisce di condurre studi indipendenti per ogni modo di vibrare significativo, utilizzando

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

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profili delle forze laterali diversi, che rappresentino la risposta della struttura relativa a quel modo. Secondo gli Autori, solitamente è sufficiente considerare i primi due o tre modi di vibrare per ottenere una sufficiente accuratezza. Le curve di capacità così ottenute sono analizzate singolarmente per ricavare le rispettive richieste in termini di deformazioni spettanti ad ognuno dei sistemi SDOF equivalenti e, successivamente, si combinano risultati con il metodo SRSS. Secondo il rapporto FEMA-440 con il metodo MPA si possono ottenere risultati che, sia intermini di forze sia in termini di spostamenti di piano (assoluti e relativi), appaiono migliori rispetto a quelli conseguiti con un’analisi di pushover tradizionale. Tuttavia, nel documento si mette anche in luce il fatto che l’accuratezza delle analisi dipende significativamente dal parametro indagato, dalle caratteristiche della struttura e dai dettagli della specifica procedura. Inoltre, si evidenzia la tendenza a sovrastimare gli effetti del sisma, in particolare in termini di forze, a causa delle caratteristiche del sistema di combinazione dei risultati SRSS, in cui tutte le quantità vengono tra di loro sommate col segno “+”. Un’ulteriore considerazione fatta è che, a causa dell’invariabilità dei profili adottati nelle singole analisi il metodo MPA sia fondamentalmente limitato, al pari dei criteri convenzionali

2.4.2.5 Profili di carico adattivi

Nonostante i metodi descritti nel paragrafo precedente costituiscano un miglioramento rilevante rispetto alle tecniche tradizionali, permangono alcune importanti insufficienze, legate al fatto che gli effetti dell’accumulazione dei danni indotti dal crescente livello di deformazione non vengono considerati. Appare chiaro che tali insufficienze siano dovute all’invariabilità del vettore dei carichi, sia esso unimodale o multimodale, a causa dell’inadeguatezza nel riflettere il progressivo degrado strutturale attraverso un vettore dalla forma fissata. Per ovviare a queste problematiche, dalla seconda metà degli anni ’90, sono state sviluppate procedure di pushover, dette appunto adattive, nelle quali il vettore dei carichi è aggiornato durante l’analisi, in modo da riflettere i cambiamenti nella rigidezza complessiva dell’edificio, causati dal fatto che la struttura viene spinta, in modo crescente, nella sua fase di comportamento non lineare.

Il primo sviluppo di una procedura adattiva può essere attribuito a Bracci et al. (1997), che proposero la modellazione dei successivi incrementi dei carichi orizzontali in funzione del taglio alla base ed ai diversi piani dell’edificio, calcolati al passo precedente. L’analisi comincia assumendo una distribuzione iniziale delle forze triangolare invertita, mentre gli incrementi ∆ corrispondenti ai passi successivi si calcolano mediante la seguente relazione:

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Capitolo 2

66

∆ ∆ [2.36]

in cui, fermo restando il significato dei simboli già introdotti, i è l’indice relativo al piano e k relativo allo step di carico. In sostanza si procede definendo un incremento di taglio alla base ∆ e calcolando di conseguenza l’incremento delle forze ad ogni piano mediante la [2.36]. Un metodo alternativo, e concettualmente più semplice, è stato proposto da Gupta e Kunnath (2000), nel quale si propone di effettuare, al termine di ogni passo, una analisi modale. La forza relativa all’i-esimo piano ed al j-esimo modo di vibrare al passo k ,si calcola quindi sulla base delle caratteristiche della struttura al passo precedente

Γ . [2.37]

Si calcola il taglio alla base associato ad ogni modo e e lo spostamento del punto in sommità si ricavano con la regola SRSS ed infine si sommano i risultati a quelli complessivi del passo precedente.

Requena e Ayala (2000) hanno proposto un ulteriore modo di procedere del quale sono state proposte due differenti formulazioni. Si tratta di procedure pensate per un modello a plasticità concentrata, in cui le deformazioni inelastiche sono localizzate in corrispondenza delle cosiddette cerniere plastiche. Nella prima il vettore dei carichi applicato alla struttura si ricalcola in base alla combinazione con il metodo SRSS delle forze modali, ottenute attraverso una analisi agli autovalori, ogni qualvolta si individua un cambiamento di rigidezza della struttura avvenuto a causa della formazione di una nuova cerniera plastica. Secondo la formulazione alternativa, a ogni cambiamento di rigidezza, occorre rideterminare un modo di vibrare fondamentale equivalente in base alla combinazione col sistema SRSS dei modi di vibrare della struttura, tenendo conto dei relativi fattori di partecipazione Γ , mediante la formula

Γ . [2.38]

Formalmente identici al precedente sono gli schemi adattivi proposti da Elnashai (2001) e da Antoniu e Pinho (2003), con la differenza che sono pensati per un modello a fibre che, per la sua natura, richiede un aggiornamento continuo, invece che discreto, della distribuzione delle forze laterali. Le deformazioni plastiche sono, infatti, distribuite sull’intera lunghezza degli elementi e non concentrate in corrispondenza delle cerniere e, pertanto, la rigidezza strutturale

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

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cambia ad ogni passo del processo di analisi. La formulazione di Antoniou e Pinho prevede l’applicazione di un profilo di carico in spostamenti o in forze, comunque, secondo gli autori, l’impiego di un profilo in spostamenti produce risultati più attendibili come risposta strutturale.

2.4.2.5.1 Vettore di carico adattivo in spostamenti DAP

Il vettore di carico adattivo in spostamenti (DAP Displacement-based Adaptive Pushover) è stato proposto da Antoniu e Pinho (2003), mediante la definizione di un algoritmo che si articola nei seguenti punti

i. definizione del vettore dei carichi nominale e delle masse inerziali;

ii. determinazione del fattore moltiplicativo dei carichi laterali; iii. calcolo del vettore di forma normalizzato; iv. aggiornamento della distribuzione complessiva degli spostamenti.

Nel proseguo si descrivono i vari passaggi nel dettaglio.

i. Definizione del vettore nominale dei carichi In una procedura di pushover convenzionale, il vettore nominale dei carichi è propriamente il vettore che definisce la forma del profilo di carico (triangolare invertita, uniforme, etc. ). L’ampiezza di tale vettore è di poca rilevanza poiché l’algoritmo della pushover scala direttamente questo vettore fino al raggiungimento dell’obiettivo dell’analisi.

Nella pushover adattiva, tuttavia, la forma del vettore dei carichi è automaticamente definita e aggiornata, mediante l’algoritmo di soluzione, ad ogni passo dell’analisi, per questa ragione il vettore nominale di carico deve essere uniforme in altezza per non alterare la definizione della forma del vettore di carico determinato in base alle caratteristiche dinamiche della struttura proprie di ogni passo dell’analisi, come meglio specificato nel seguito. In altre parole, il vettore di carico nominale, definito all’inizio delle analisi, deve essere uguale a ogni piano e di ampiezza scelta in maniera arbitraria.

ii. Definizione del fattore di carico

Nell’algoritmo proposto, l’ampiezza del vettore di carico ad ogni passo

dell’analisi , è così computato:

[2.39]

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Capitolo 2

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Dove è il vettore nominale di carico e è il fattore di carico (load factor). Il fattore di carico serve a incrementare l’intensità della forzante fino al raggiungimento dell’obiettivo delle analisi. Esistono differenti criteri e procedure per il calcolo del fattore di carico ma, in questa sede, non si parlerà di esse.

iii. Calcolo del vettore di forma normalizzato

Il calcolo del vettore di forma, relativo al passo k-esimo, sono proposte due metodologie differenti:

• Displacement-based scaling Gli elementi del vettore sono definiti mediante una analisi agli autovalori. In particolare lo spostamento relativo all’i-esimo piano e al j-esimo modo di vibrare è ottenuto con la seguente:

Γ . [2.40]

Tutti questi contributi sono successivamente combinati utilizzando la regola SRSS o la regola CQC per ricavare le componenti del vettore .

• Interstorey drift-based scaling In questo caso invece, mediante le deformate modali ottenute con l’analisi agli autovalori si calcolano gli spostamenti relativi tra due piani successivi

Δ Γ . [2.41]

In seguito gli spostamenti relativi Δ dei diversi modi di vibrare si combinano, adottando le usuali regole di combinazione modale, per ottenere gli spostamenti di interpiano complessivi Δ e da essi si ricavano gli spostamenti utilizzati per modellare il vettore di forma attraverso la relazione:

Δ [2.42]

Al termine di una delle due procedure il vettore è normalizzato rispetto allo spostamento massimo

max [2.43]

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Secondo il parere degli autori il secondo metodo appare concettualmente migliore in quanto gli spostamenti relativi tra due piani successivi rappresentano un collegamento più diretto e rappresentativo dello stato deformativo reale della struttura. Tale guadagno in termini di precisione sembra trasparire anche dai risultati sperimentali, non tanto in termini di curve di capacità globali, quanto nella previsione degli spostamenti di piano. Vi è un’altra considerazione legata alle regole di combinazione modale; in entrambi i metodi, infatti, quando si sommano i contributi, a causa dell’annullamento dei segni negativi, si produce sempre un aumento della generica componente del vettore di forma con conseguente incapacità di cogliere una eventuale non monotonia della deformata. In quest’ottica appare come più adatto il metodo basato sugli spostamenti relativi di piano che riesce a cogliere richieste differenti da un piano al successivo.

iv. Aggiornamento del vettore dei carichi complessivi

Una volta determinato il vettore di forma normalizzato, la distribuzione degli spostamenti applicati alla struttura al generico passo k può essere definita mediante uno dei metodi seguenti.

• Aggiornamento Totale La distribuzione degli spostamenti agenti si ottiene attraverso il prodotto tra il vettore dei forma normalizzato, il vettore nominale e il moltiplicatore attuale:

[2.44]

come riportato in figura 2.18.

Figura 2. 18 Aggiornamento totale del vettore degli spostamenti

Adottando questo metodo il profilo degli spostamenti sostituisce per intero quello presente al passo precedente.

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Capitolo 2

70

• Aggiornamento incrementale In questo caso, invece, il vettore degli spostamenti si ottiene sommando a quello relativo al passo precedente , il prodotto tra vettore di forma vettore nominale e l’attuale incremento del load factor.

Δ [2.45]

come schematicamente riportato in figura 2.19.

Figura 2. 19 Aggiornamento incrementale del vettore degli spostamenti

Nel loro documento, Antoniou e Pinho (2003) evidenziano il fatto che, con il primo modo di procedere si ottenga una rappresentazione delle caratteristiche dinamiche della risposta durante le analisi più adeguata. Il vettore degli spostamenti è infatti calcolato ex-novo ad ogni passo, in modo tale da riflettere soltanto lo stato di rigidezza attuale della struttura. Con l’aggiornamento totale dunque, a differenza di quello incrementale, è possibile, partendo da una distribuzione iniziale triangolare, che l’analisi si sviluppi e si concluda con un profilo di spostamenti che rifletta un altro modo di vibrare, per esempio il secondo o il terzo. Però, viene anche sottolineato il fatto che, insieme a questa auspicabile riproduzione degli effetti dinamici di un sisma, il metodo di aggiornamento totale è caratterizzato da una consistente perdita di stabilità in termini computazionali e un evidente peggioramento della precisione dei risultati, dovuto presumibilmente alla concentrazione degli spostamenti in corrispondenza delle zone maggiormente danneggiate. A causa di ciò la procedura di aggiornamento totale dei carichi è fortemente sconsigliata dagli autori.

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

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2.4.2.5.2 Vettore di carico adattivo in forze FAP

Simile all’algoritmo DAP, gli stessi Antoniou e Pinho hanno proposto una procedura adattiva in termini di forze, chiamata appunto FAP. Si tratta di un algoritmo che ricalca quello descritto in precedenza, articolandosi negli stessi passi fondamentali:

i. definizione del vettore dei carichi nominale e delle masse inerziali;

ii. determinazione del fattore moltiplicativo dei carichi laterali; iii. calcolo del vettore di forma normalizzato; iv. aggiornamento della distribuzione complessiva delle forze.

I primi due passi sono sostanzialmente analoghi a quelli dell’algoritmo DAP, con la sola differenza che, naturalmente, gli elementi del vettore degli spostamenti sono, in questo caso, forze

[2.46]

iii. Calcolo del vettore di forma normalizzato

Il vettore di forma normalizzato relativo al passo k-esimo, utilizzato per la definizione della distribuzione dei carichi, o dei relativi incrementi, è calcolato all’inizio di ogni passo dell’analisi in modo tale da riflettere le attuali caratteristiche della struttura. Per conseguire questo fine si realizza una analisi agli autovalori in modo da calcolare le forze modali relative all’i-esimo piano ed al j-esimo modo di vibrare al passo k-esimo, con la relazione

Γ . [2.47]

Nella [2.47] è possibile considerare il valore dell’ordinata spettrale

Γ [2.48]

al fine di definire un insieme di forze che rifletta al meglio gli effetti dinamici della struttura, con conseguente probabile miglioramento dei risultati delle analisi. I vari contributi modali delle forze si combinano con le già citate SRSS o

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Capitolo 2

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CQC e infine il vettore si normalizza rispetto alla somma delle sue componenti

∑ [2.49]

iv. Calcolo del vettore di forma normalizzato

Come nell’algoritmo DAP l’aggiornamento del vettore dei carichi può avvenire per via totale o per via incrementale. Al pari di quanto avviene nel DAP, l’adozione dell’aggiornamento totale comporta sostanziale perdita di stabilità in termini computazionali, a causa di cambiamenti repentini nel vettore dei carichi laterali, che ne sfavorisce l’utilizzo.

2.4.3 Analisi statica non lineare per i sistemi MDOF irregolari in pianta (Pushover 3D)

Quanto finora esposto è generalmente applicabile senza difficoltà particolari ai telai piani o strutture con comportamento strutturale sostanzialmente disaccoppiato, si parla in tal caso di pushover 2D. L’applicazione delle analisi di pushover su edifici spaziali, Pushover 3D, comporta l’insorgere di difficoltà operative e concettuali. Tralasciando, per adesso, le problematiche inerenti la modellazione strutturale delle non linearità geometriche e meccaniche, il primo problema che appare evidente è legato al come e al dove applicare i carichi laterali a livello del singolo piano: sullo stesso piano ci possono essere vari punti in cui è possibile applicare le componenti del vettore di carico. La scelta consigliata è quella di applicare i carichi nei centri di massa di piano, schematizzando il solaio come infinitamente rigido. Ovviamente quanto appena detto perde la sua validità nel caso in cui i solai non possono ritenersi infinitamente rigidi, in tali casi il problema di come distribuire le forze di pushover a livello del singolo piano resta un problema di difficile soluzione, fatto salvo il caso in cui l’edificio manifesta comportamento prevalentemente traslazionale; in tale condizione, come già specificato, è lecito scomporre il telaio spaziale in una serie di telai piani sui quali effettuare le analisi di pushover 2D. La seconda problematica è legata all’applicazione delle analisi di pushover su edifici spaziali nei quali è presente una rilevante irregolarità in pianta, ossia gli effetti torsionali sono importanti nella valutazione della risposta dell’edificio. Più precisamente, a differenza di un edificio con una risposta puramente traslazionale, per un edificio irregolare in pianta la risposta è in generale caratterizzata da un accoppiamento di traslazione e torsione. Ne consegue che le distribuzioni di carico orizzontali, con le rispettive componenti applicate ai

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centri di massa di ogni piano, non riescono ad approssimare in maniera soddisfacente la reale risposta della struttura. Proprio in relazione a queste problematiche, negli anni più recenti, numerosi studi scientifici hanno affrontato il problema formulando differenti metodi per estendere l’applicabilità delle analisi di pushover agli edifici irregolari in pianta. Tuttavia, al momento in cui si scrive, il panorama normativo non ha ancora recepito alcuna procedura in merito per cui le varie procedure sono, ad oggi, a livello sperimentale. Come detto, esistono in letteratura diverse procedure ( Moghadan e Tso [1996]; Kilar e Fajfar [1996] ; Faella e Kilar [1998] ; Moghadan e Tso [2000]; Kilar e Fajfar [2002] ; Penelis e Kappos [2002]; Chopra e Goel [2004]; Fujiji,Nakano e Sanada [2004]; Yu,Pugliesi, Allen e Bischoff [2004]; Zaratè e Ayala [2004]; Fajfar, Marusic e Perus [2005]) tra di esse quella che gode di maggior fama, per qualità dei risultati e semplicità, è la procedura proposta da Fajfar (2005) e rappresenta un’estensione del metodo N2 agli edifici irregolari in pianta.

2.4.3.1 Il metodo N2 esteso agli edifici irregolari in pianta

Il metodo di Fajfar, Marusic e Perus per edifici irregolari in pianta consiste nel combinare i risultati di una pushover 2D con quelli ottenuti dall’analisi dinamica lineare. In particolare si utilizza l’analisi modale per effettuare una stima della forma dell’inviluppo degli spostamenti laterali dell’ultimo piano; tali spostamenti sono poi adimensionalizzati rispetto allo spostamento del centro di massa per ottenere dei fattori amplificativi delle caratteristiche di spostamento e di sollecitazione calcolate con l’analisi statica non lineare.

Concettualmente, dunque, si combina l’analisi pushover con l’analisi modale per dare un’interpretazione più completa al problema, ovvero per includere nell’analisi tutti gli effetti che influenzano la risposta globale. La prima tipologia di analisi segue lo spostamento del punto di controllo e la distribuzione dello spostamento lungo l’altezza dell’edificio; la seconda tiene in conto gli effetti torsionali e, in maniera specifica, della non uniformità degli spostamenti laterali di piano.

2.4.3.1.1 Determinazione dei fattori di amplificazione torsionale

Per spiegare la procedura del metodo si consideri la struttura in figura. E’ evidente la simmetria geometrica e strutturale di essa rispetto all’asse x, che comporta che il centro di massa e di rigidezza giacciano su tale asse. Rispetto all’asse y si nota, invece, un’evidente dissimmetria di rigidezza che, considerando, con buona approssimazione, il centro di massa corrispondente col centroide dell’impalcato, comporta la nascita di un’eccentricità tra centro di

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Capitolo 2

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massa e di rigidezza, sufficiente a conferire la caratteristica di edificio deformabile torsionalmente come indicato nel capitolo 1. È immediato osservare l’accoppiamento di traslazione e torsione e, in particolare, gli spostamenti laterali di piano che sono non uniformi e significativamente amplificati all’estremità flessibile della struttura.

Figura 2. 20 Esempio di struttura non regolare in pianta

Secondo il metodo proposto da Fajfar, per includere gli effetti torsionali, si determinano dei fattori amplificativi dall’analisi modale per poi combinarli con i risultati ottenuti dalla pushover convenzionale.

Figura 2. 21 Modo fondamentale con evidente componente torsionale

In particolare tra i modi fondamentali, ovvero con maggiore massa partecipante, si selezionano quelli in cui vi è una consistente componente di

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

75

torsione dell’impalcato. A partire da essi si calcolano i coefficienti amplificativi torsionali con la seguente formula

∆∆

[2.50]

Dove i simboli assumono il significato indicato in figura 2.22

Figura 2. 22 Determinazione degli spostamenti laterali in sommità e dei fattori di amplificazione

In figura 2.23 si riporta in maniera grafica la rappresentazione schematica del coefficiente di amplificazione per i vari telai (linea tratteggiata). Si riporta, inoltre, con una linea continua, l’effettivo coefficiente di amplificazione da utilizzare nell’applicare il metodo di Fajfar. Difatti, non si deve considerare alcuna deamplificazione, valori inferiori all’unità, nella parte rigida della struttura, ossia la parte verso la quale risulta spostato il centro di rigidezza rispetto al centro di massa; tale regola prende il nome di “no reduction rule”. Il fatto di trascurare l’ipotetico beneficio, in termini di riduzione degli spostamenti, nella parte rigida dell’edificio, è giustificata dall’autore precisando che la torsione in campo inelastico è un fenomeno molto difficile da controllare, e, poiché man mano che sopraggiunge lo snervamento degli elementi, la rigidezza dei telai diminuisce continuamente, è lecito pensare che i primi telai a superare la soglia elastica siano proprio quelli afferenti al lato rigido, per la nota proprietà delle forze di ripartirsi secondo la rigidezza relativa.

In sintesi determinati i fattori di amplificazione torsionale, si eseguono analisi di pushover 2D sui telai piani e si ricava il relativo punto di

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Capitolo 2

76

funzionamento con i metodi già descritti salvo poi correggerlo con il relativo fattore di amplificazione.

Figura 2. 23 Coefficiente di amplificazione torsionale per i vari telai

2.5 Analisi dinamica non lineare

L’analisi dinamica non lineare è, a oggi, il metodo più raffinato per la predizione della risposta di un edificio a una forzante esterna variabile nel tempo, costituita da un accelerogramma, applicata ai nodi della struttura vincolati al terreno. Essa consiste nell’integrazione diretta delle equazioni del moto in ambito non lineare, ambito in cui perdendo di validità il principio di sovrapposizione degli effetti non è applicabile la soluzione di Duhamel. Esistono in letteratura vari metodi d’integrazione, la filosofia che li unisce è di ridurre le equazioni differenziali in equazioni algebriche introducendo delle ipotesi sull’andamento della forzante.

Per un sistema inelastico a un grado di libertà l’equazione del moto da risolvere è

, [2.51]

sotto le condizioni iniziali 0 e . Nell’equazione [2.51] si è assunto che il sistema abbia comportamento viscoso lineare, anche se non strettamente necessario alla trattazione seguente. L’input sismico è descritto da un accelerogramma, quindi da una serie di valori discreti . L’intervallo temporale è solitamente assunto costante

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

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∆ [2.52]

e all’interno di esso si cerca la risposta del sistema. Con esattezza, supposti noti spostamento, velocità e accelerazione al passo i, tali da soddisfare la [2.51]

[2.53]

si determina la risposta all’istante di tempo

[2.54]

Solitamente la procedura per la risoluzione utilizzata all’interno dello step ∆ non può essere esatta per le difficoltà intrinseche nella definizione puntuale della forzante e delle forze resistenti. Questo da luogo a differenti procedure approssimate che possono essere implementate numericamente. Una procedura numerica deve rispettare tre importanti aspetti:

• Convergenza: proprietà per la quale se l’intervallo temporale diminuisce la soluzione approssimata tende avvicinarsi sempre più alla soluzione esatta.

• Accuratezza:proprietà legata alla capacità dell’algoritmo di fornire soluzioni “vicine” a quella esatta per qualsiasi suddivisione ragionevole dell’asse dei tempi.

• Stabilità: proprietà legata alla stabilità dell’algoritmo rispetto agli errori di troncamento; nello specifico piccole variazione dei dati di input devono produrre piccole variazioni dei dati di output.

In particolare il requisito legato alla stabilità, nella letteratura anglosassone robustness, è un parametro cui si deve prestare notevole attenzione nello svolgimento delle analisi. I metodi d’integrazione si dividono, infatti, in condizionatamente stabili e incondizionatamente stabili; la stabilità è legata alla sensibilità dell’algoritmo ai parametri scelti per l’integrazione, specificatamente il passo temporale prescelto.

Uno dei metodi più utilizzati per l’integrazione diretta in ambito non lineare è il metodo di Newmark. Nei paragrafi che seguono si discuterà del metodo di Newmark per i sistemi SDOF e la sua generalizzazione e applicazione per sistemi MDOF. Per i sistemi a più gradi di libertà si illustrerà, inoltre, il metodo di Wilson, propriamente una evoluzione del metodo di Newmark al fine di produrre una risposta più accurata.

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Capitolo 2

78

2.5.1 Valutazione numerica della risposta di un SDOF:Metodo di Newmark

Nel 1959, N.M. Newmark sviluppò una famiglia di metodi di integrazione al passo basato sulle seguenti equazioni:

1 Δ Δ [2.55]

Δ 0.5 Δ Δ [2.56]

I parametri e definiscono la variazione dell’accelerazione all’interno dello step di integrazione e determinano sia l’accuratezza che la stabilità di questo metodo. Scelte tipiche per i parametri sono e che garantiscono sufficiente accuratezza e stabilità. Tali parametri governano il metodo di interpolazione dell’accelerazione, si può facilmente vedere come scegliere

e comporta una funzione di interpolazione costante e pari alla media tra i

valori agli estremi (average acceleration method); scegliere e comporta una funzione di interpolazione lineare tra i valori agli estremi (average acceleration method). A tal proposito si veda la figura 2.24.

Figura 2. 24 Funzioni di interpolazione per le due scelte tipiche dei parametri

Le due equazioni interpolanti, inserite nella [2.54] forniscono le basi per il calcolo di , e al tempo i+1 a partire dai noti di , e al tempo i. Per implementare il calcolo in parola, sono necessarie delle iterazioni in quanto la quantità incognita compare ad ambo i membri delle equazioni [2.55] e [2.56]. Tuttavia, è possibile introdurre una formulazione incrementale non iterativa per il calcolo delle quantità. Definendo le quantità incrementali

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

79

Δ Δ

Δ Δ [2.57]

le [2.55] e [2.56] posso riscriversi nel seguente modo:

Δ Δ Δ Δ [2.58]

Δ ΔΔ

2Δ Δ

[2.59]

Combinando l’equazione [2.59] con la [2.58] è possibile ottenere

ΔΔ

Δ Δ 12

. [2.60]

Sottraendo membro a membro la [2.54] e la [2.53] si ricava l’equazione del moto in forma incrementale,

Δ Δ Δ Δ [2.61]

Assumendo che il campo di variazione tra gli spostamenti del sistema all’interno dello step sia piccolo, è lecito linearizzare il problema assumendo una rigidezza costante all’interno del passo. Il valore di tale rigidezza, con riferimento alla figura 2.25 è da assumersi propriamente pari a quella secante

Δ Δ [2.62]

Tuttavia, ciò comporta che la procedura sarebbe iterativa, giacché non è noto a priori lo spostamento finale all’inizio del passo. Una possibile soluzione è di adottare la rigidezza tangente al posto della rigidezza secante

Δ Δ [2.63]

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Capitolo 2

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Figura 2. 25 linearizzazione della risposta all’interno di uno step di integrazione

L’equazione in forma incrementale [2.61] può dunque scriversi come segue

Δ Δ Δ Δ . [2.64]

Sostituendo in essa l’espressione [2.60] si ottiene

Δ Δ [2.65]

In cui

Δc

1βΔt

[2.66]

e

Δ Δ1Δ

12 Δ 2 1 [2.67]

Dove tutte le quantità sono note, per cui, dalla [2.65], si può ricavare direttamente l’incremento di spostamento e, mediante le equazioni [2.59] e [2.58], gli altri parametri cinematici che definiscono la risposta.

2.5.1.1 Metodo di Newmark:accuratezza e convergenza

Occorre rimarcare che l’adozione della rigidezza tangente, in luogo di quella secante, comporta l’insorgere di un errore di approssimazione a ogni step dell’analisi, come mostrato in figura 2.26. Le motivazioni di ciò sono da

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

81

ricercare nella discordanza tra incremento di spostamento che si avrebbe utilizzando la rigidezza secante, la quale garantisce equilibrio tra azione e forza resistente nella posizione finale , e incremento di spostamento calcolato con la rigidezza tangente il quale generalmente non conduce a equilibrio con le forza resistenti attivate. Con riferimento alla figura 2.27 è possibile apprezzare la mancanza di equilibrio del sistema e interpretare graficamente la procedura correttiva descritta nel seguito. Nel seguito della trattazione si omette il pedice i sottointendendo che le iterazione avvengono all’interno del medesimo step d’integrazione.

Figura 2. 26 Approssimazione tra la soluzione numerica e la soluzione esatta adottando il metodo della

rigidezza tangente

Poiché, generalmente, non si ha equilibrio risolvendo la [2.65] con la rigidezza tangente al passo precedente, lo spostamento trovato servirà solo da innesco per la procedura iterativa, quindi:

Δ∆

[2.68]

In corrispondenza di Δ è possibile valutare le forze resistenti attivate, riferendosi in particolare all’incremento di esse ∆ sarà possibile fare il conto delle forze non bilanciate, ossia il residuo ∆ il quale produrrà in generale un incremento aggiuntivo di spostamento ∆ :

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Capitolo 2

82

Δ∆ ∆ ∆

[2.69]

Figura 2. 27 Iterazioni per la ricerca della convergenza per ogni step di integrazione

Il quale permette l’aggiornamento delle forze resistenti attivate e il nuovo computo del residuo. Il procedimento continuo fino al raggiungimento della convergenza, che può ritenersi raggiunta se l’incremento relativo al passo ∆

∆ , in cui Δ è la somma di tutti gli incrementi computati fino al passo j.

Il metodo descritto è, propriamente, un’applicazione del metodo noto in letteratura col nome di Newton-Rapshon modificato.

2.5.1.2 Metodo di Newmark:stabilità

Le condizioni di stabilità dell’algoritmo, ricavate in ambito lineare impongono che

Δ 1√2

1

2 [2.70]

dove con si è indicato il periodo naturale dell’oscillatore. Ne consegue che il metodo dell’accelerazione costante ; è incondizionatamente stabile, difatti:

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83

Δ∞ [2.71]

Ovvero qualsiasi scelta del passo temporale di integrazione non inficia la stabilità dell’algoritmo. Il metodo dell’accelerazione lineare invece 12 ; 16 comporta stabilità se

Δ0.551 [2.72]

Tuttavia, pur essendo la limitazione un numero finito, non è affatto stringente l’analisi dei sistemi ordinari i quali, già di suo, richiedono un passo temporale molto più piccolo per una corretta definizione della forzante.

2.5.2 Valutazione numerica della risposta in sistemi MDOF

L’obiettivo è di risolvere l’equazione del moto che governa la risposta di un sistema SDOF

, [2.73]

Come per i sistemi ad un grado di libertà l’azione è descritta da una serie discreta di valori associati a intervalli di tempo usualmente regolari e pari a ∆ . Il punto di partenza è l’istante i ,in cui sono note tutte le quantità soddisfacenti la [2.73],

, [2.74]

il punto di arrivo è ricavare le stesse quantità all’istante i+1 soddisfacenti ancora l’equazione del moto

, . [2.75]

È già stato dimostrato nel paragrafo 2.4.2.1 come non sia possibile disaccoppiare le equazioni del moto utilizzando le coordinate modali, per cui il sistema dovrà essere risolto simultaneamente. L’espansione in coordinate modali aiuta, comunque, a comprendere le principali problematiche connesse all’integrazione diretta, per qui il vettore spostamento si esprime come

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Capitolo 2

84

. [2.76]

La [2.74] sostituita nella [2.73] permette il passaggio in coordinate generalizzate del problema. Nei sistemi lineari, delle N coordinate generalizzate solamente j contribuiscono in maniera sostanziale alla risposta. Questo fenomeno potrebbe suggerire una tecnica operativa per la risoluzione del sistema [2.73], ovvero quello di considerare solo j modi significativi troncando, lo sviluppo della [2.74], per poi ottenere tramite la [2.73] un sistema di equazioni accoppiate da risolvere simultaneamente. Purtroppo questa procedura non produce in generale dei risultati accurati. Non potendo disaccoppiare le equazioni, risolvere il sistema [2.73] equivale a considerare tutti gli N modi nell’analisi, tuttavia solo j termini della [2.74] possono bastare per produrre un’accurata risposta strutturale. Si potrebbe pensare allora di stimare accuratezza e stabilità riferendosi al j-esimo modo e calibrare di conseguenza i parametri delle analisi. Tuttavia, poiché le equazioni non sono disaccoppiabili, anche i modi più alti (da j+1 a N) saranno considerati nelle analisi, con il rischio di inficiare la stabilità dell’algoritmo. Difatti uno step temporale ragionevole per il modo j-esimo generalmente non lo è per qualche modo superiore. Per chiarire la problematica che insorge, si consideri un sistema linearmente elastico per il quale è possibile ottenere equazioni disaccoppiate. Delle equazioni ottenute j contribuiranno in maniera sostanziale alla definizione della risposta. Ipotizzando di utilizzare il metodo dell’accelerazione lineare si sceglie un intervallo di tempo ∆ che garantisce convergenza e stabilità. Si risolva adesso lo stesso sistema senza disaccoppiare le equazioni, generalizzando il metodo di Newmark per quantità matriciali come meglio specificato nel prossimo paragrafo, adottando il medesimo intervallo ∆ . Se le equazioni non vengono disaccoppiate anche i modi superiori sono coinvolti nella determinazione della risposta. I modi che vanno da j+1 a N mostrano periodo sensibilmente ridotto rispetto a Tj ; è, quindi, facile che la diseguaglianza [2.72] non sia verificata, con conseguente perdita di stabilità dell’algoritmo. Mentre l’accuratezza è necessaria solo per i primi j modi, poiché sono essi principalmente a determinare la risposta, dato l’esiguo contributo dei modi superiori, il requisito di stabilità deve essere verificato su tutti gli N modi di vibrare della struttura. Poiché i modi più alti possono avere periodi propri eccezionalmente bassi, essi richiederebbero una discretizzazione degli intervalli temporali eccezionalmente fitta con conseguente crescita dell’onere computazionale. Per quanto esposto appare chiaro come la scelta per l’integrazione diretta debba ricadere su metodi incondizionatamente stabili.

La scelta di metodi incondizionatamente stabili non garantisce comunque, l’accuratezza della risposta. In particolare, sarebbe auspicabile filtrare la risposta

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

85

dei primi j modi di vibrare, ovvero quelli più significativi, poiché i modi superiori e le loro frequenze, che sono state calcolate da una idealizzazione della struttura, sono usualmente non accurati in relazione alle proprietà della struttura nei vari step. Un approccio per ottenere questo risultato può essere quello di definire opportunamente la matrice di smorzamento utilizzando di tecniche che prevedano l’aumento di smorzamento rispetto ai periodi dei modi più alti. Un altro approccio, più semplice, è legato all’utilizzo di metodi numerici che contemplino uno smorzamento numerico. Per comprendere il concetto di smorzamento numerico si consideri il sistema SDOF in vibrazioni libere:

0 con 0 1 0 0 [2.77]

La cui soluzione esatta è

cos [2.78]

Questo problema è stato risolto utilizzando quattro tecniche numeriche, metodo delle differenze centrali, metodo dell’accelerazione media, metodo dell’accelerazione lineare e metodo di Wilson. I risultati sono riportati in figura 2.28.

Figura 2. 28 Soluzione in vibrazioni libere mediante quattro differenti tecniche di integrazione numerica

/ . e soluzione esatta

Dalla figura si nota come il metodo di Wilson preveda un decadimento dell’ampiezza del moto nonostante non sia presente alcuno smorzamento strutturale. In tal caso il decadimento del moto è legato ad un particolare tipo di smorzamento detto numerico. L’entità dello smorzamento numerico è

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Capitolo 2

86

direttamente collegato al rapporto / , come mostrato in figura 2.29, in cui AD è il decadimento di ampiezza (Amplitude decay) e è lo smorzamento numerico.

Figura 2. 29 Smorzamento numerico in funzione del rapporto / per i quattro metodi in esame

Con riferimento al metodo di Wilson si nota come per valori bassi del rapporto / lo smorzamento numerico sia pressoché nullo, mentre per valori poco più

alti esso diventi consistente. Questa proprietà suggerisce una strategia operativa per filtrare il contributo dei modi alti dalla soluzione delle equazioni del metodo: è sufficiente tarare l’ampiezza Δ in corrispondenza del periodo , ovvero il più basso tra i j modi significativi, di conseguenza tutti i modi superiori saranno attenuati dalla presenza dello smorzamento numerico.

Nei paragrafi successivi si presentano due metodi incondizionatamente stabili: il metodo di Newmark con interpolazione dell’accelerazione costante e il metodo di Wilson.

2.5.2.1 Metodo dell’accelerazione costante

Il metodo dell’accelerazione costante è stato già presentato nel paragrafo 2.5.1, trattandosi del metodo di Newmark specializzato per e . La procedura può facilmente essere estesa ai sistemi a più gradi di libertà considerando al posto delle quantità scalari le corrispondenti in termini di matrici e vettori. È necessario specificare, con più esattezza, il criterio di avvenuta convergenza nelle iterazioni del Newton-Rapshon modificato che questa volta è effettuato sulla norma del vettore dell’incremento di spostamento.

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Analisi non lineare di edifici soggetti ad azione sismica

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2.5.2.2 Metodo di Wilson

Il metodo di Wilson consiste in una modifica del metodo di Newmark con interpolazione lineare dell’accelerazione per renderlo incondizionatamente stabile. Questa modifica è basata sull’assunzione che l’accelerazione continui a variare linearmente per un ulteriore passo temporale pari a Δ , come mostrato in figura 2.30. L’accuratezza e la stabilità dipendono dal valore assunto da che deve essere maggiore di 1.

La procedura numerica può essere ottenuta riscrivendo le relazioni base del metodo dell’accelerazione lineare. Per uno SDOF queste sono date dalle equazioni [2.58] e [2.59] assumendo e . Le corrispondenti equazioni in forma matriciale da applicare a uno SDOF sono

Δ ΔΔ2

Δ [2.79]

Δ ΔΔ

[2.80]

Figura 2. 30 Variazione lineare dell’accelerazione su un passo temporale esteso

Sostituendo Δ mediante e la risposta incrementale mediante , e si ottengono le corrispondenti equazioni per l’intervallo aggiuntivo:

δ δδ2

δ [2.81]

δ δδ

[2.82]

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Capitolo 2

88

Combinando le equazioni [2.81] e [2.82] si ottiene

33

2 [2.83]

Successivamente si sostituisce la [2.83] e la [2.82] nell’equazione incrementale del moto (nell’intervallo aggiuntivo)

[2.84]

dove, si è assunto che anche la forzante vari linearmente nell’intervallo esteso:

Δ [2.85]

questa sostituzione porta a

δ δ [2.86]

con

3θ Δt

6

θ Δt [2.87]

e

6

3 3 2 . [2.88]

L’equazione [2.86] può essere risolta adottando il metodo di Newton Rapshon modificato per ricavare , e è calcolato mediante la [2.82]. A questo punto è possibile risalire all’accelerazione all’inizio dell’intervallo esteso, ovvero

Δ1

[2.89]

e quindi tutte le quantità caratteristiche della risposta al tempo i + 1. È stato menzionato prima, come il valore di governi le caratteristiche di

stabilità del metodo di Wilson. Se 1 si torna al metodo dell’accelerazione lineare, per il quale si ha stabilità se 0.551 dove è il più piccolo tra tutti i periodi propri della struttura. Se 1.37 il metodo di Wilson è incondizionatamente stabile. Una scelta ottimale è porre 1.42.

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<3>

INTRODUZIONE

La modellazione strutturale è il complesso di operazioni che permettono di trasformare il problema fisico reale in un problema matematico, la cui risoluzione consente di avere informazioni sul comportamento reale della struttura. Il risultato della modellazione è la definizione dello schema strutturale da associare a una struttura reale. La definizione di uno schema appropriato, che sia al tempo stesso abbastanza semplice, da essere agevolmente calcolabile, e sufficientemente complesso, da mettere in conto l'effetto delle variabili più importanti, è un altro problema cruciale dell’analisi strutturale, poiché da tale definizione dipende, più ancora che l'esattezza numerica dell'analisi, l'attendibilità dei risultati.

La disponibilità di codici di calcolo moderni, basati sugli elementi finiti, permette, senza difficoltà alcuna, la creazione di modelli strutturali spaziali che, rispetto al passato in cui gli edifici si schematizzavano, usualmente, come una serie di telai piani, rappresentano un grado di affidabilità maggiore per l’ottenimento della risposta, permettendo l’analisi e la comprensione del comportamento globale dell’organismo strutturale. Tuttavia, per la complessità intrinseca nel fenomeno studiato, permangono non poche difficoltà che obbligano l’ingegnere strutturista a operare a differenti livelli di complessità. Difatti, se da una parte gli schemi molto semplificati trascurano molte variabili e

LA MODELLAZIONE DEL COMPORTAMENTO NON

LINEARE DEGLI EDIFICI IN C.A

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Capitolo 3

90

sono, almeno in linea teorica, meno esatti, essi permettono, tuttavia, un’interpretazione intuitiva del comportamento strutturale, e quindi una possibilità di controllo dei risultati, che sfugge invece facilmente agli schemi più complessi. Inoltre, per schemi semplificati, si ha a disposizione un'ampia gamma di metodi di analisi. Per schemi complessi si ha, sostanzialmente, a disposizione un solo metodo: quello degli elementi finiti.

Nella letteratura tecnica sono, infatti, disponibili diversi modelli di calcolo per descrivere il comportamento non lineare di telai in cemento armato. È Possibile farne una distinzione secondo il livello di discretizzazione previsto. Si distinguono in:

• Modelli globali: in questi casi la struttura è rappresentata come assemblaggio di macroelementi per cui il numero dei gradi di libertà risulta fortemente contenuto;

• Modelli “member by member” : in questo caso la struttura è rappresentata dall’interconnessione di più elementi i quali portano in conto le non linearità. Ciò avviene fondamentalmente secondo due tipologie: modelli a plasticità concentrata, in cui l’escursione in campo plastico è prevista solo per determinati punti (cerniere plastiche), e modelli a plasticità diffusa, in cui l’intero elemento è libero di deformarsi in campo plastico;

• Modelli “point by point” sia gli elementi che i nodi sono discretizzati in una serie di elementi finiti bidimensionali o tridiminesionali;

Sebbene l’adozione di modelli point by point possa sembrare, intuitivamente, la scelta più raffinata per la comprensione del comportamento strutturale vi sono numerosi fattori che ne ostacolano il pratico utilizzo, non ultimo il grande onere computazionale a essi legato dovuto alla forte discretizzazione degli elementi. La scelta corretta del modello di calcolo è strettamente legata al tipo di struttura da analizzare e dagli obiettivi dell’analisi.

I modelli globali consentono di cogliere la risposta in maniera molto approssimata ma in modo semplice, essi possono essere molto utili sia in fase di predimensionamento sia come validazione di analisi più raffinate. Un modello semplificato che, pur racchiudendo semplificazioni notevoli, colga l’essenza del comportamento strutturale è sempre necessario per il buon esito delle analisi; difatti, mediante esso, è possibile calibrare il modello più complesso scegliendo le principali variabili e i dettagli da portare in conto; inoltre, esso stesso, costituisce la chiave di lettura con cui interpretare e validare i risultati delle analisi.

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

91

Questo capitolo tratta le principali problematiche che si riscontrano all’atto della scelta dello schema strutturale rappresentativo del comportamento fisico della struttura reale.

3.1 Comportamento non lineare della struttura in C.A.

Tutte le principali teorie strutturali si basano sull’ipotesi di piccoli spostamenti e di piccole deformazioni. Queste ipotesi, ragionevoli per la comprensione della risposta in condizione di carico ordinarie, permettono sia di considerare che, ai fini della scrittura delle equazioni di equilibrio, la configurazione deformata coincida con la configurazione reale, sia di considerare che il comportamento reologico del materiale sia di tipo elastico lineare. Tuttavia, in condizioni di carico estreme, ad esempio quelle del sisma di progetto, le ipotesi introdotte perdono del riscontro fisico, come risulta evidente dall’analisi del danno di strutture soggette a sismi violenti, di cui un esempio è riportato nelle figure 3.1-3.2.

Figura 3. 1 Effetti della non linearità geometrica

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Capitolo 3

92

Figura 3. 2 Effetti delle non linearità meccaniche

3.1.1 Le non linearità geometriche

Al fine di comprendere l’influenza del comportamento delle non linearità geometriche sul comportamento strutturale si consideri il semplice sistema strutturale mostrato in figura 3.3, costituito da un’asta rigida vincolata con un incastro cedevole elasticamente.

Figura 3. 3 Asta rigida vincolata al suolo elasticamente

L’equazione di equilibrio alla rotazione scritta con riferimento alla configurazione deformata è:

cos sin [3.1]

Dal quale si evince che il legame forze spostamenti non è lineare. Se si suppone che la rotazione sia piccola (ma comunque finita) la relazione [3.1] può essere linearizzata, ovvero

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

93

[3.2]

la quale mostra che, anche in piccoli spostamenti, può non essere lecita la scrittura delle equazioni di equilibrio sulla struttura in deformata. La liceità o meno è direttamente funzione dello sforzo normale agente, come mostrato dall’equazione [3.2]. Inoltre all’aumentare dello sforzo normale si possono verificare fenomeni di biforcazione dell’equilibrio, in altre parole l’asta può manifestare collasso per instabilità, ossia per perdita dell’unicità della soluzione di equilibrio. Se, anziché un sistema a elasticità concentrata, si considera un sistema a elasticità distribuita, è necessario introdurre un sistema di riferimento locale rispetto al quale valutare l’equilibrio sezione per sezione. La figura 3.4 mostra il comportamento di una mensola in grandi spostamenti con materiale elastico lineare, mentre la figura 3.5 riporta il confronto il confronto numerico tra la soluzione attesa in piccoli spostamenti e quella in spostamenti moderatamente grandi.

Figura 3. 4 Comportamento in grandi spostamenti di una mensola

Figura 3. 5 Confronto tra risposta lineare e non lineare di una mensola

Dalla figura 3.5 si evince come il comportamento flessionale e assiale non siano disaccoppiati.

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Capitolo 3

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Figura 3. 6 Mensola caricata di punta in piccoli spostamenti e grandi spostamenti

La figura 3.6 mostra come, anche nel caso di elasticità distribuita, lo sforzo normale sia responsabile dell’incremento delle sollecitazioni. Nelle strutture a telaio la principale fonte di non linearità geometrica è da ricercarsi nell’effetto trave-colonna. La colonna è, difatti, generalmente soggette a due momenti di estremità e uno sforzo normale. Con riferimento alla figura 3.7 si può notare che il considerare nulla l’interazione tra momento flettente e azione assiale comporta diagrammi di sforzi e deformazioni costanti lungo l’elemento. Se invece, com’è anche intuibile fisicamente, si considera che, a causa dell’inflessione indotta dal momento, l’elemento ha cambiato configurazione rispetto a quella iniziale, risulterà una interazione fra deformazione trasversale indotta dal momento flettente ed azione assiale cui corrisponde un comportamento strutturale sostanzialmente differente da quello prevedibili con un’analisi lineare.

La possibilità di trascurare o meno gli effetti dovuti alle non linearità geometriche dipende essenzialmente da due fattori. In primo luogo l’entità degli spostamenti, seppur geometricamente piccoli, può risultare tale da innescare effetti dovuti alle non linearità geometriche, detti del secondo ordine. Secondariamente l’entità stessa dello sforzo normale presente rende più o meno importanti gli spostamenti. Da quanto esposto, è chiaro che il modello strutturale di un edificio nuovo potrebbe non portarli in conto, in quanto esso è generalmente soggetto ad una adeguata progettazione per carichi laterali e a rigide limitazioni sugli spostamenti. Lo stesso non può essere fatto per un edificio esistente sia per probabile inadeguatezza dell’azione sismica di progetto, incrementata dalle recenti normative per rispecchiare i risultati degli studi più recenti, sia perché potrebbe essere stato progettato per soli carichi verticali.

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

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Figura 3. 7 Confronto effetto trave colonna tra i due tipi di analisi

3.1.1.1 Matrice di rigidezza geometrica

Risulta necessario comprendere come sia possibile portare in conto nelle analisi gli effetti del secondo ordine nelle strutture intelaiate. L’accoppiamento tra problema flessionale e problema assiale comporta che i termini della matrice di rigidezza dipendono dallo sforzo normale agente. Tuttavia è possibile splittare la matrice di rigidezza totale come somma di due contributi:

[3.3] in cui è la matrice di rigidezza propria dell’elemento, è la matrice di rigidezza geometrica dell’elemento. Limitando la trattazione ai gradi di libertà traslazionali e rotazionali di un elemento beam compresso tra i nodi i e j, essa assume la forma:

30

36 3 36 33 4 336 3 36 3

3 3 4

[3.4]

e la relazione è

[3.5] dove

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Capitolo 3

96

; ; ; [3.6] forze agli estremi dell’asta e gli spostamenti omologhi. La [3.4] mette in luce come, per sforzi normali minori di zero (compressione), la rigidezza totale si decrementi.

3.1.1.2 Effetti P-Δ negli edifici

L’utilizzo della matrice di rigidezza geometrica è l’approccio generalmente seguito per includere gli effetti secondari nell’analisi statica e dinamica di tutti i tipi di sistemi strutturali. Tuttavia, nelle applicazioni di ingegneria strutturale, usualmente ci si riferisce ad un modello più semplice basato su semplici considerazioni fisiche del problema. È facilmente intuibile come uno spostamento laterale dell’impalcato, generando delle eccentricità tra il piede delle colonne rispetto alla testa, provochi il nascere di momenti addizionali. Il computo degli effetti del secondo ordine, quando sia rilevante, è nominato effetto P-Δ, poiché l’incremento totale di momento al piede delle colonne, tra un piano e il successivo, si ottiene moltiplicando il carico gravitazionale al piano superiore P per lo spostamento laterale di piano Δ. Appare chiaro come la risposta sia non lineare, giacché i momenti aggiuntivi provocano a loro volta ulteriori spostamenti e quindi determinano un nuovo incremento di momento. Il computo degli effetti del secondo ordine, quindi, richiede l’utilizzo di tecniche, proprie dell’analisi numerica, per la risoluzione di sistemi non lineari. Tuttavia, nel caso degli edifici con impalcato rigido, il computo degli effetti del secondo ordine può essere compiuto, in maniera esatta, con un sistema di equazioni lineari come mostrato da Rutenberg (1982). La semplificazione risiede nella considerazione che lo sforzo normale all’interno dei pilastri vari poco (per geometrie usuali e con un rapporto altezza-larghezza non troppo elevato). Esso può essere determinato staticamente computando il peso di tutti i piani superiori. Risulta, quindi, immediato valutare per ogni piano il momento addizionale ed esso può essere applicato mediante due forze laterali come mostrato in figura 3.8 in cui wi è il peso dell’impalcato e hi l’altezza del piano.

La relazione può essere espressa in forma matriciale come segue

11 [3.7]

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

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L’espressione [3.7] può essere facilmente estesa a tutta la struttura componendo così la matrice di modo che il problema strutturale possa scriversi nel modo seguente:

[3.8] In cui è la matrice di rigidezza della struttura, gli spostamenti incogniti e sono le forze note. L’equazione [3.8] può essere riscritta in maniera più conveniente

[3.9]

che può essere risolta direttamente. Resta il problema che la matrice non è simmetrica, ciò richiederebbe tecniche di soluzione differenti da quelle comunemente adottate nell’inversione della matrice di rigidezza. Tuttavia, essa può essere resa simmetrica sostituendo i carichi laterali di figura 3.8 con un sistema staticamente equivalente. Da semplici considerazioni statiche, il contributo totale di momento addizionale, e quindi di forze, dovuto allo spostamento relativo d’interpiano , può essere scritto come

1 11 1 [3.10]

In cui Wi è il peso gravitazionale totale fino al piano i. La matrice è adesso simmetrica, per cui la [3.8] può essere risolta con le tecniche usuali.

3.1.2 Le non linearità meccaniche La risposta non lineare può risiedere all’interno dei legami costituivi dei materiali. Difatti, sollecitati da livelli deformativi elevati i materiali costituenti la sezione in c.a. cessano di rispondere in campo elastico.

La non linearità del materiale ha, come conseguenza, quella di modificare il comportamento dell’elemento. I programmi di calcolo, attualmente disponibili, in grado di considerare la non linearità del materiale utilizzano due diversi approcci: una modellazione tramite cerniere plastiche, detti “a plasticità concentrata”, ed una tramite fibre, “modelli a plasticità diffusa”.

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Capitolo 3

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Figura 3. 8 Carichi aggiuntivi dovuti allo spostamento laterale delle masse di piano

Figura 3. 9 Non linearità del materiale

3.1.2.1 Modellazione a plasticità concentrata

Quest’approccio prevede che tutti gli elementi costituenti la struttura rimangano sempre in campo elastico e che vengano introdotti, in prossimità delle estremità di questi, elementi cerniera con comportamento anelastico laddove si prevede la formazione di una cerniera plastica. La non-linearità rimane quindi concentrata in pochi elementi.

Il vantaggio principale di questa modellazione è che permette di lavorare principalmente con elementi elastici, computazionalmente meno onerosi, lasciando a pochi punti della struttura la concentrazione delle non-linearità del materiale. Inoltre, essa è estremamente versatile in quanto permette, con un’opportuna scelta del legame costitutivo della cerniera, di descrivere diversi fenomeni, oltre al comportamento flessionale, che possono influenzare la

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

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risposta strutturale, quali la deformabilità a taglio, lo scorrimento dell’armatura, la flessibilità del nodo trave-colonna, l’interazione tra telaio e tamponamenti.

Il limite di questa modellazione risiede nella necessaria esperienza dell’operatore per stabilire dove distribuire gli elementi non lineari e per scegliere lunghezze e curve caratteristiche che permettano di cogliere il reale comportamento delle cerniere plastiche. Infatti, l’accuratezza dell’intera analisi può essere compromessa qualora si sbagli la calibrazione delle curve di risposta disponibili per gli elementi cerniera e la loro estensione. Per poter utilizzare correttamente i codici di calcolo con elementi a plasticità concentrata nello studio di strutture con comportamento non lineare sotto carichi ciclici, è opportuno per i diversi elementi strutturali:

-stimare in maniera adeguata nella sezione critica il diagramma momento-curvatura in presenza di azione assiale e degrado nel tempo, causato dall’azione ciclica del sisma, per scegliere con cognizione fra i vari modelli di interazione M-N e di isteresi proposti in letteratura ed implementati nei codici; -prevedere una lunghezza di cerniera plastica equivalente tale per cui il prodotto di questa per la curvatura, derivante dal modello scelto, definisca una rotazione prossima a quella reale. Diverse formulazioni empiriche sono presenti in letteratura e nelle norme.

Figura 3. 10 Esempio di: (a) modello di interazione momento-carico assiale, (b) legame isteretico

momento-curvatura

In Figura 3.10 si riportano due esempi di queste curve caratteristiche: il primo è un modello d’interazione momento-carico assiale, il secondo un modello momento-curvatura di tipo isteretico di una generica sezione.

3.1.2.2 Modellazione a plasticità diffusa

In questo caso si considerano elementi di tipo trave con comportamento anelastico: l’anelasticità è diffusa in tutto l’elemento strutturale, sia

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Capitolo 3

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longitudinalmente sia trasversalmente, attraverso l’utilizzo di elementi a fibre. Lo stato di sforzo e deformazione di una sezione del generico elemento è ottenuto mediante l’integrazione della risposta uni assiale non lineare sforzo-deformazione di ciascuna delle fibre in cui è suddivisa la sezione. Se si utilizza un numero sufficiente di fibre (100-300) in un’analisi tridimensionale, la distribuzione delle non-linearità del materiale può essere modellata accuratamente anche in condizioni di elevata anelasticità. La sezione è rappresentata dalla somma delle fibre del calcestruzzo non confinato, di quelle del calcestruzzo confinato e delle fibre delle armature longitudinali. Lo stato di sforzo e deformazione longitudinale dell’elemento è calcolato mediante l’intergazione numerica di un numero appropriato sezioni (sezioni di Gauss).

Figura 3. 11 Esempio di dicretizzazione in fibre di un elemento strutturale in c.a. utilizzando due

punti di controllo (sezioni di Gauss) lungo l’elemento

Se, da un punto di vista computazionale, un modello a plasticità diffusa, utilizzando legami costitutivi non lineari per l’intero elemento trave, risulta essere più oneroso rispetto ad un modello a plasticità concentrata, d’altra parte, da un punto di vista operativo, non necessita di una particolare esperienza di modellazione dell’operatore: tutto ciò che è richiesto all’operatore è la definizione delle caratteristiche geometriche della sezione e la descrizione del comportamento dei materiali.

Poiché, generalmente, una modellazione a fibre considera soltanto la componente flessionale della deformazione, per poter descrivere i fenomeni prima ricordati, quali il taglio, lo scorrimento delle barre, la deformabilità del nodo e l’interazione con tamponamenti è necessario introdurre ulteriori elementi nel modello di calcolo, ad esempio cerniere parziali o elementi biella.

L’elemento a fibre è trattato in maniera dettagliata nel capitolo 4 di questo lavoro.

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

101

3.2 Modellazione delle tamponature

La presenza delle tamponature influenza il comportamento di una struttura soggetta a carichi sismici in maniera molto significativa. Mentre alcuni elementi come serbatoi, sbalzi o antenne non hanno una funzione strutturale e bisogna valutarne solo l'eventualità di collasso per effetto delle forze d'inerzia, le tamponature contribuiscono in misura sostanziale all'irrigidimento, all'irrobustimento, alla capacità di dissipare energia e all'innesco dei meccanismi di crisi locali o globali della costruzione, governandone attivamente la risposta sismica. Questo è dovuto essenzialmente alla modalità di realizzazione delle stesse che usualmente sono messe in opera riempendo l’intera maglia strutturale senza alcun elemento di separazione. Naturalmente, il concetto di tamponatura esclude le murature di bassa resistenza e di spessore ridotto (es. tramezzi), in tale caso il contributo alla resistenza può essere considerato trascurabile tuttavia sono da controllare possibili effetti di alterazione delle rigidezze e comportamenti locali indesiderati (ribaltamento per azioni ortogonali al piano). La presenza di tamponature con caratteristiche meccaniche rilevanti porta a due problemi strettamente legati alle peculiarità dell’azione sismica. Innanzitutto, la presenza dei pannelli murari comporta un irrigidimento dello schema e quindi una riduzione del suo periodo proprio; ciò ne condiziona la risposta dinamica elastica e può provocare un incremento dell’azione sismica, specialmente quando l’ossatura strutturale è molto deformabile. In secondo luogo, la muratura ha un comportamento fragile; ciò influenza la risposta inelastica, perché quando avviene la rottura dei pannelli l’aliquota di azione sismica portata da essi si scarica istantaneamente sulla struttura, col rischio di un collasso improvviso di questa. La presenza di tamponature può essere, secondo i casi, un elemento negativo o una risorsa per la resistenza globale dell’edificio. La loro funzione benefica risiede nel fatto che la tamponatura, se ben distribuita, può:

- Ridurre l’entità degli spostamenti orizzontali - Fornire un contributo alla resistenza alle azioni orizzontali nel suo piano. - Dare un importante contributo alla dissipazione dell’energia, riducendo

la richiesta di dissipazione negli elementi strutturali, come messo in luce da Houssner (1956).

Comunque, deve essere verificata la resistenza alle azioni ortogonali al piano per evitare rischiosi o pericolosi ribaltamenti dei pannelli murari.

È da sottolineare, inoltre, che alcuni fattori possono causare effetti sfavorevoli, quali ad esempio:

- L’assenza dei pannelli di tamponamento al piano terreno o in piani superiori, che genera meccanismi di piano soffice, è stata causa di

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Capitolo 3

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moltissimi collassi in occasione di eventi sismici. La concentrazione del danno nei pilastri, con la formazione di zone ad alta concentrazione di deformazioni plastiche, schematizzabili con una cerniera, alla base ed in testa, può produrre infatti un meccanismo di piano (Figura 3.12 a). È da notare che la presenza di n piano soffice è più frequente al piano terreno come conseguenza di scelte architettoniche o funzionali. Talvolta tale configurazione potrebbe essere conseguenza dell’evento sismico stesso (espulsione dei pannelli di tamponamento fuori del piano o collasso nel piano). Queste configurazioni sono anche possibili, sebbene meno frequenti, ai piani superiori.

- Distribuzioni della tamponatura non regolari in pianta (asimmetrie) possono provocare effetti negativi quali ad esempio l’insorgere di modi torsionali, con conseguente incremento della domanda in termini di spostamento della parte meno rigida dell’edificio (Figura 3.12b)

- La presenza della tamponatura può provocare la rottura a taglio dei pilastri (Figura 3.12c). Tale caso si verifica in particolar modo in caso di muratura molto resistente e pilastri con scarsa resistenza a taglio (dimensioni trasversali ridotte, carenza di armatura trasversale etc.).

- Nei casi in cui la tamponatura non ricopre in elevazione l’intera maglia del telaio (Figura 3.12d) si genera la cosiddetta colonna tozza, in cui l’elevato gradiente di momento flettente può determinare sforzi di taglio incompatibili con le capacità resistenti.

Il piano soffice e le colonne tozze sono tra le cause più frequentemente riconosciute di collassi e danni gravi.

In sintesi le irregolarità della distribuzione dei pannelli di muratura possono indurre la concentrazione del danno in alcuni elementi strutturali e causare comportamenti particolarmente sfavorevoli mentre se sono adeguatamente distribuite in pianta ed in elevazione possono contribuire significativamente alla resistenza alle azioni sismiche e ridurre le deformazioni relative e globali delle strutture.

I modelli proposti per la tamponatura o più precisamente, per il sistema telaio-tamponatura sono numerosi. Tuttavia l’insieme dei modelli disponibili può essere convenientemente suddiviso in due classi, la prima include modelli basati su approcci di micro modellazione, in cui il telaio, la tamponatura e la connessione tra i due sono discretizzati in elementi con proprie leggi costitutive, la seconda comprende modelli basati su considerazioni del comportamento meccanico globale del sistema telaio-tamponamento e si basa sul concetto di puntone diagonale equivalente. In questa seconda classe gli effetti locali sono controllati separatamente.

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

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Figura 3. 12 Possibili effetti sfavorevoli dovuti alla presenza di tamponature

3.2.1 Modellazione mediante micro-modelli

Inizialmente l’attenzione dei ricercatori si è focalizzata sugli elementi di interfaccia, modellati come elementi joint non reagenti a trazione, ad esempio il modello di Riddington e Smith (1977) simula il distacco tra tamponatura e telaio mediante elementi che si disconnettono in corrispondenza di sforzi di trazione, permettendo scorrimenti relativi.

Modelli più dettagliati sono quelli proposti da Lotfi & Shing (1994) e Mehrabi & Shing (1997), che utilizzano l’approccio a fessurazione diffusa, sia per il telaio che per gli elementi resistenti della tamponatura, definendo dei domini di resistenza nello spazio delle tensioni principali. La propagazione delle fessure secondo i giunti di malta e all’interfaccia telaio-tamponatura è invece modellata attraverso l’approccio a fessurazione discreta, che coglie l’innesco e la propagazione delle lesioni sotto azioni combinate di taglio e sforzo normale sia nel campo delle trazioni che delle compressioni.

Spesso, l’utilizzo dei micro-modelli nelle analisi dei telai tamponati ha avuto come finalità quella di calibrare i parametri per caratterizzare il legame costitutivo di modelli più semplici, ad esempio quello a puntone equivalente. In effetti, l’utilizzo di modellazioni dettagliate agli elementi finiti può risultare computazionalmente onerosa per l’analisi di interi edifici, per i quali sono preferibili modellazioni semplificate che possano cogliere adeguatamente il comportamento globale del sistema con un ragionevole sforzo di calcolo.

(a) (b)

(c) (d)

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Capitolo 3

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3.2.2 Modellazione mediante macro-modelli

I macro-modelli sono generalmente basati sul concetto di biella equivalente. Questo è nato dall’osservazione che gli sforzi di compressione nel pannello di muratura dovuti all’applicazione di un carico orizzontale al sistema telaio-pannello, seguono sostanzialmente la diagonale del pannello stesso (Stafford Smith 1963, Mainstone 1974). Questa procedura è quella più frequentemente adottata per la valutazione della rigidezza dei telai tamponati, ma per avere una previsione completa della risposta strutturale, la modellazione deve contemplare anche le caratteristiche di resistenza nelle condizioni ultime corrispondenti a diversi modi di rottura, in tale senso la biella equivalente costituisce soltanto un modello semplificato di un fenomeno assai complesso, non esistendo una vera e propria materializzazione della biella.

Data l’eterogeneità della muratura, che presenta proprietà meccaniche variabili localmente la modellazione semplificata costituisce un criterio per simulare un comportamento globale dei pannelli che deve essere calibrato su prove sperimentali ed integrata con l’osservazione dei comportamenti effettivi. Il punto fondamentale di questo tipo di modellazione risiede nella determinazione della lunghezza del puntone affinché lo schema di calcolo presenti rigidezze paragonabili a quelle delle strutture reali, e nella definizione di una legge costitutiva che includa il degrado, di resistenza e rigidezza, sperimentalmente osservato in presenza di carichi ciclici.

3.2.2.1 Analisi globale del comportamento della tamponatura sotto carichi laterali

Il comportamento della tamponatura e la sua interazione con il telaio è

differente a seconda del valore del carico ovvero dello spostamento di interpiano richiesto. È ragionevole pensare che per bassi valori delle sollecitazioni, travi e pilastri restino sostanzialmente a contatto con la muratura. Ne deriva che, per modesti valori delle sollecitazioni laterali, telaio e tamponatura si comportino come un sistema unitario, esattamente come una parete strutturale con elementi di contorno. La validità di quest’affermazione è in realtà pregiudicata dall’aderenza, davvero modesta, che s’instaura tra gli elementi in calcestruzzo ed il pannello., specialmente in assenza di opportuni connettori.

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

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Figura 3. 13 Deformazione laterale del telaio sotto carichi orizzontali

L’aumento di intensità delle azioni comporta una risposta più complessa

della struttura, a causa del tentativo del telaio di deformarsi a flessione, mentre il pannello cerca di deformarsi a taglio, come mostrato in figura 3.13. Il risultato è il distacco del pannello dalla maglia strutturale, accompagnato da un certo scorrimento relativo sia nel senso orizzontale sia nel senso verticale.

Nella prima fase gli elementi del telaio, a contatto con la tamponatura, sono soggetti essenzialmente a sforzi assiali, a seguito alla separazione intervengono anche importanti sollecitazioni flessionali. Nello stesso tempo, il funzionamento a taglio del pannello si trasforma nel funzionamento a puntone equivalente. Con ciò s’intende che gli sforzi prevalenti nel muro sono adesso le tensioni normali di compressione che viaggiano tra gli angoli caricati, rimasti a contatto col telaio. Viceversa, gli sforzi di taglio perdono importanza anche per le lesioni inclinate che si formano nel pannello al crescere dei carichi, che all’invertirsi delle azioni assumono la classica forma a X. Il contatto tra telaio e pannello si estende per una lunghezza z, come indicato in figura 3.13. Per telai in calcestruzzo armato la separazione si verifica tra il 50% e il 70% della resistenza ideale a taglio del pannello in muratura. Dopo la separazione l’effettiva larghezza del puntone diagonale, indicata con w nella figura 3.13, è inferiore a quella dell’intero pannello.

Nella seconda fase, quando è avvenuto il distacco fra il pannello e la maglia strutturale e, soprattutto, la fessurazione a taglio del muro, è spontaneo schematizzare il telaio tamponato come un telaio controventato da bielle diagonali reagenti solo a compressione e connesse con delle cerniere in prossimità degli angoli della maglia. Difatti, le bielle non si materializzano ed esplicano la loro azione in corrispondenza del punto di intersezione tra travi e pilastri, è bensì presente una eccentricità. Tale eccentricità può essere modellata utilizzando un collegamento rigido (rigid link) tra l’asse del pilastro e

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Capitolo 3

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l’interfaccia di collegamento con la muratura, posto ad una distanza pari a 1/15 della luce stessa del pilastro, come meglio riportato in Figura 3.13.

Figura 3. 14 Posizionamento e vincoli della biella equivalente

Per quanto esposto, è chiaro come non sia possibile schematizzare il comportamento della tamponatura definendo un legame sforzo-deformazione per il materiale che lo compone; difatti, secondo l’intensità del carico cambiano i meccanismi resistenti e una porzione di muratura può essere considerata inattiva, ossia non soggetta al flusso di sforzi di compressione, in base alla sua posizione rispetto alla diagonale principale. L’influenza dei tamponamenti, con i macromodelli, non può che essere portata in conto su legami globali opportunamente tarati sui puntoni equivalenti. Nel seguito si riporta uno dei modelli previsti in letteratura, più che per la relativa affidabilità per esporre in maniera qualitativa le principali variabili da definire per creare un macromodello a biella equivalente.

3.2.2.2 Biella equivalente proposta da Panagiotakos e Fardis

Nel loro studio Panagiotakos e Fardis si sono occupati degli effetti delle tamponature sul comportamento di un edificio. Sono state condotte sia analisi parametriche su modelli agli elementi finiti, sia prove pseudodinamiche su telai in calcestruzzo armato per valutare gli effetti dell’intensità del moto e della presenza delle tamponature in base alla loro resistenza, rigidezza e disposizione nel telaio. Per la modellazione numerica dei pannelli è proposto il modello di puntone equivalente, con l’associazione di un legame del tipo forza - spostamento per il pannello in muratura sottoposto a soli carichi laterali; viene anche definito un

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

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modello isteretico che tiene conto del degrado delle caratteristiche meccaniche sotto i carichi ciclici. La skeleton curve che rappresenta tali relazioni definisce tre rami che si riferiscono ai meccanismi che governano il comportamento della tamponatura: prima parte non fessurata in cui è preponderante la resistenza a taglio, tratto post-fessurazione in cui prevalgono le compressioni, parte finale di softening in cui viene meno la resistenza del pannello; è considerata nulla la resistenza a trazione dell’elemento.

Figura 3. 15 Legame di Panagiotakos e Fardis

I parametri che, in base alle caratteristiche della muratura, definiscono i tre rami della curva nella fase di compressione sono:

-Rigidezza iniziale del tratto non fessurato / [3.11]

-Carico di fessurazione [3.12]

-Rigidezza secante del secondo tratto [3.13]

-Carico massimo 1.3 [3.14]

-Rigidezza del tratto di softening 0.01 0.10 [3.15]

(la percentuale di rigidezza residua del ramo di softening è da valutare in base alle caratteristiche di duttilità della muratura in esame)

-Carico residuo dopo la rottura 0.1 [3.16]

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Capitolo 3

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In cui è la larghezza del puntone valutabile con la formula di Klinger e Bertero:

0.175 sin 2

4 [3.16]

essendo:

modulo di taglio della muratura secondo la compressione diagonale resistenza a taglio secondo la prova di compressione diagonale spessore del paramento murario lunghezza del paramento murario altezza del paramento murario

3.3 Modellazione delle pareti strutturali

Le pareti strutturali rivestono grande importanza nella ripartizione delle forze orizzontali e, quindi, nella risposta sismica dell’edificio. La loro definizione in campo elastico non richiede particolari accorgimenti essendo, comunemente, disponibili tra le librerie dei codici di calcolo elementi bidimensionali a quattro nodi, detti shell o plate. Questo tipo di modellazione è comoda se il software utilizzato fornisce in automatico i valori delle sollecitazioni in termini di risultanti N, V ed M piuttosto che gli sforzi e le deformazioni nel riferimento dell’elemento (elemento wall).

Figura 3. 16 Localizzazione del danno di una parete soggetta ad azione sismica

In ambito non lineare rimane sempre possibile la modellazione a plasticità diffusa dell’elemento mediante il modello a fibre o, alternativamente, è possibile utilizzare un modello a plasticità concentrata mediante l’adozione di un “pilastro

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equivalente” e collegamenti rigidi orizzontali. Il tipo di modellazione appena proposto è nominata “Wide-Coulomn Models”.

Gli accorgimenti appena descritti sono necessari poiché si aspetta un danno alla base del muro.

Figura 3. 17 Elemento Wall e forze risultanti ai nodi

Figura 3. 18 Modellazione in ambito lineare (a) e non lineare a plasticità concentrata (b)

3.3.1 Modellazione dei vani scala o ascensore

Problematiche simili alle pareti strutturali sono poste nella modellazione dei vani scala o ascensore. Essi costituiscono un elemento dotato di notevole rigidezza e, inoltre, il centro di rigidezza (che per l’elemento è anche centro di torsione) non coincide con il proprio baricentro e questo implica che la risposta del vano è sempre accompagnata da torsione. Come prima detto, un possibile approccio, quando sia dominante il comportamento flessionale del nucleo, è di operare una discretizzazione in fibre, differenziando opportunamente il legame

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Capitolo 3

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costitutivo delle stesse a seconda della zona occupata all’interno della sezione trasversale del nucleo. Un modellazione alternativa, indispensabile quando è importante la risposta torsionale dell’elemento, è la modellazione wide-coulomn con pilastro equivalente e tratti rigidi che abbracciano l’intero perimetro del vano.

Figura 3. 19 Modellazione del vano ascensore: (a) Stick Model, (b) Wide Coulomn model

3.4 Modellazione della scala

Se la scala è realizzata utilizzando le tipologie note nella pratica ingegneristica come travi a ginocchio o a soletta rampante si può ben intuire come esse costituiscano un elemento in grado di modificare sostanzialmente la risposta dell’edificio. La presenza della scala, realizzata con le usuali tecniche, comporta accoppiamento tra i piani dell’edificio e, inoltre, costituisce un importante disturbo per il comportamento dell’edificio. Per quanto detto è fondamentale modellare esplicitamente la presenza della scala quando si voglia analizzare la struttura soggetta ad azioni sismiche, come messo in luce dalle immagini di collasso di edifici proposte in figura 3.20.

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Figura 3. 20 Rottura per taglio del pilastro tozzo formatosi per la presenza della trave a ginocchio

della scala

La presenza della scala interagisce con l’edificio essenzialmente in due modi. Gli elementi che servono a portare le rampe da un piano all’altro sono sollecitati assialmente se l’edificio è soggetto a spostamento laterale. Essi quindi offrono una notevole rigidezza localizzata in determinate aree della struttura, svolgendo propriamente una vera e propria azione di controventamento. Questo aspetto potrebbe, di per se, risultare favorevole alla risposta globale dell’edificio se utilizzato con raziocinio, prevedendo cioè un opportuno bilanciamento delle rigidezze in pianta. Il secondo aspetto riguarda il fatto che le travi innestandosi sui pilastri all’altezza d’interpiano creano propriamente un luce libera del pilastro più piccola, creando conseguentemente un eccessivo sforzo di taglio dovuto all’elevato gradiente di momento. Questo fenomeno, propriamente detto pilastro tozzo, costituisce un’insidia sia negli edifici di nuova progettazione che in quelli esistenti, di fatti contrastare lo sforzo di taglio in un elemento trave sfruttando gli usuali meccanismi resistenti richiede un impiego eccessivo, se non irrealizzabile, di armatura.

Come messo in luce da vari articoli (Cosenza, Mariniello, Verderame, Zambrano, 2007) la scala costituisce un punto di debolezza comune alla maggior parte delle strutture esistenti, difatti, la consuetudine progettuale consolidatasi negli anni, voleva che le scale non fossero incluse all’interno del modello di calcolo e progettate per soli carichi verticali. Il motivo di questa prassi è probabilmente da ricercare nella disponibilità limitata di codici di calcolo e procedure in grado di replicare in maniera fedele la struttura.

3.5 Modellazione del nodo trave-colonna

Sotto l’azione dei carichi sismici, il giunto è in equilibrio sotto l’azione di momenti e tagli aventi l’orientamento qualitativo indicato in figura 3.21.

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Capitolo 3

112

Prescindendo dalla disomogeneità del calcestruzzo armato, e supponendo quindi che il materiale del giunto sia omogeneo, gli sforzi principali di compressione e di trazione come indicato nelle stesse figure.

Figura 3. 21 Percorso degli sforzi principali nel giunto: sx compressione dx trazione

Trattasi di uno stato di sforzo sostanzialmente diverso da quello creato per i carichi gravitazionali. È evidente la difficoltà, già a livello pratico, di disporre, o che siano disposte armature, lungo i possibili percorsi degli sforzi principali di trazione, in particolare se si considera che le immagini precedenti sono solo una rappresentazione piana dello stato di sforzo. In assenza di armature in grado di trasmettere gli sforzi principali di trazione, questi si trasmetteranno da un fascio di barre a un altro tramite sforzi di aderenza con il calcestruzzo. In presenza di armature trasversali si possono instaurare nel nodo percorsi di carico equilibrato, con meccanismi tirante puntone, che garantiscono il trasferimento dell’azione.

Le prescrizioni delle normative attuali prescrivono dettagli costruttivi atti a raggiungere l’obiettivo di nodo rigido o quantomeno elastico. Ne deriva che l’effetto del nodo trave colonna può essere modellato riducendo di fatto le luci libere di travi e pilastri, rispetto al loro punto di intersezione, dell’ingombro geometrico del nodo trave pilastro. Questa operazione può effettuarsi praticamente mediante due distinte procedure:

- introduzione di elementi rigidi (rigid link) che congiungano il nodo con le estremità di travi e pilastri;

- riduzione della luce di calcolo di travi e pilastri mediante l’introduzione di offset all’estremità (end offset).

Negli edifici esistenti, non è generalmente possibile, schematizzare i nodi come rigidi. Salva la verifica di resistenza dal manifestarsi una probabile rottura fragile, da eseguire a posteriori dell’analisi, il modello strutturale può portare in conto il nodo non rigido secondo due modalità distinte. La prima, più sofisticata, consiste nella schematizzazione del nodo come un insieme di elementi lineari connessi da molle a comportamento non lineare; questo modo di procedere porta con se tutte le incertezze e le problematiche legate alla calibrazione del legame costituivo delle molle. La seconda modalità consiste, semplicemente, nel

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

113

trascurare l’effetto del nodo sulla riduzione delle luci libere, e quindi considerare la lunghezza degli elementi fino al punto di intersezione dei loro assi longitudinali. In questo, la maggiore lunghezza degli elementi, comporta una maggiore flessibilità, considerando quindi in modo indiretto ma molto più semplificato la complessa risposta non lineare del nodo.

Figura 3. 22 Modellazione di nodi non rigidi: 1) elemento rigido e molla non lineare 2) luce libera

degli elementi maggiorata

3.6 Modellazione dei solai

La funzione del solaio in un edificio va ben oltre la funzione statica di trasferimento dei carichi verticali agli elementi portanti. Il solaio, in effetti, è un elemento che può garantire la corretta ripartizione dei carichi trasversali tra i vari elementi della struttura, poiché è l’elemento di connessione diretta tra tutti gli elementi strutturali. È auspicabile che il solaio abbia un comportamento membranalmente rigido, di modo che le azioni orizzontali possano essere trasferite in maniera ottimale a tutti gli elementi resistenti. Certamente gli edifici di nuova concezione possiedono questo requisito poiché essi devono far riscontro a precise prescrizioni delle normative sismiche attuali. Tuttavia, il requisito menzionato, potrebbe essere assente negli edifici esistenti concepiti secondo prescrizioni obsolete. Da queste considerazioni ne deriva che i solai possono essere di due tipi:

-solai con comportamento a diaframma rigido -solai deformabili

3.6.1 Modellazione dei solai con comportamento a diaframma rigido

Il solaio è schematizzabile come diaframma rigido, solitamente, se è presente un’adeguata soletta in c.a. ( 4 , ossia soletta con presenza di armature di ripartizione (es. rete elettrosaldata), opportunamente vincolata con

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Capitolo 3

114

connettori a taglio nel caso di solai misti e contemporaneamente non vi ono aperture significative che ne interrompano la continuità. In questo caso la modellazione può essere fatta adottando lo schema master slave. In pratica si individua il baricentro delle masse di piano dove si concentra tutta la massa traslazionale e rotazionale, esso è il nodo master. Tutti gli altri nodi del piano sono vincolati ad avere gli stessi spostamenti che il nodo master ha nel piano (nodi slaves).

3.6.2 Modellazione dei solai deformabili

Un solaio è da considerarsi deformabile, oltre a quando non possiede i requisiti di solaio rigido esposti al paragrafo precedente, quando esso è molto allungato in una direzione. La modellazione del solaio deformabile comporta notevoli problematiche sia a livello locale, nella modellazione dello stesso, sia a livello globale nella modellazione dell’intera struttura. Un solaio rigido, difatti, riduce il numero di gradi di libertà del comportamento laterale della struttura al numero di tre per piano (i tre di corpo rigido nel piano del solaio) e crea meno incertezze sulla ripartizione delle forze tra i vari elementi. Una modellazione esplicita del solaio, mediante macromodelli, è quella della modellazione a bielle equivalenti. Si considera un solaio come una trave su due appoggi, l’area di carico è quella trasversale. La rigidezza di tale schema a trave è:

1

12

[3.17]

In cui

dimensione del solaio da considerare approssimativamente quadrato; momento d’inerzia della sezione trasversale di base e altezza lo

spessore della soletta; area della sezione prima definita; modulo di Young del calcestruzzo; modulo elastico a taglio;

La rigidezza così ottenuta si eguaglia alla rigidezza assiale di una biella, a vantaggio di sicurezza si considera la biella disposta ortogonalmente all’azione, anche se la disposizione effettiva all’interno del piano è differente:

[3.17]

dove

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

115

modulo di young del materiale con sui si modella la biella equivalente;

area trasversale della biella.

Figura 3. 23 Schematizzazione a bielle equivalenti del solaio

3.6.3 Modellazione delle eccentricità accidentali delle masse sui solai

Le masse della struttura sono essenzialmente concentrate a livello del piano, e quindi a livello dei singoli solai. Una distribuzione uniforme di massa comporta coincidenza tra centroide del solaio e centro di massa. Tuttavia una corretta modellazione della struttura non può prescindere dall’effettiva disposizione delle masse e quindi dalla variabilità della posizione del centro di massa. Tale variabilità è riconosciuta dalle norme con il nome di eccentricità accidentale. In maniera semplificata si tiene conto della variabilità accidentale traslando il centro di massa di quantità convenzionali, usualmente si considera il 5% della dimensione dell’edificio ortogonale all’azione sismica. In tal modo, propriamente, si tiene anche indirettamente conto della variabilità spaziale della direzione di applicazione del sisma. Tale quantità è assunta costante per i vari livelli.

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Capitolo 3

116

Figura 3. 24 Eccentricità accidentale del centro di massa

Negli edifici l’effetto dell’eccentricità accidentale può essere stimato ad esempio mediante l’applicazione di momenti torcenti a livello dei piani, valutati con un’analisi statica. Se il diaframma è rigido, è sufficiente applicare i momenti al nodo master altrimenti è necessario ripartire l’azione tra i vari elementi in modo da ottenere un’azione statica equivalente.

3.7 Modellazione della deformazione a taglio

Attualmente la deformazione e la rottura per taglio di elementi in c.a. è di difficile modellazione esplicita nonché interpretazione. Per materiali omogenei e isotropi esistono le ben note formulazioni della teoria tecnica della trave che tengono conto esplicitamente del taglio. L’insieme dei meccanismi complessi, che si instaura nelle sezioni in c.a. a seguito della fessurazione, rende ostica la definizione di un corretto elemento da inserire nel modello. Una via, sempre proponibile, è la definizione di cerniere a comportamento anelastico in cui concentrate la deformabilità a taglio , tuttavia anche in questo caso permangono le forti difficoltà di taratura del modello aumentate dal fatto che il taglio si manifesta sempre in contemporaneità alla flessione. Non essendo agevole e sufficientemente affidabile una modellazione esplicita, l’unico accorgimento utilizzabile è quello di eseguire il controllo che la domanda a taglio nell’elemento non ecceda le risorse di resistenza disponibili. Il controllo può essere fatto a posteriori delle analisi o in continuità con essa, bloccando il flusso di calcolo nel momento in cui si manifesta una crisi per taglio.

3.8 Modellazione dello scorrimento delle armature

Come è noto in una sezione in c.a. l’equilibrio della sezione è garantito dalla presenza di armature. Al di sotto dell’asse neutro il contributo normale del calcestruzzo è nullo (o pressoché nullo in prossimità di esso), tuttavia nella zona di presenza di armatura esso scambia sforzi tangenziali responsabili

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La modellazione del comportamento non lineare degli edifici in c.a

117

dell’aderenza. La presenza di una pressione trasversale alle barre (dovuta ai carichi assiali di compressione e/o al confinamento) porta a un aumento della bond resi stance (resistenza al contorno delle barre). Tuttavia mentre negli edifici di nuova concezione la resistenza allo scorrimento è assicurata dalla prescrizione normativa di opportuni accorgimenti, lo stesso non può essere garantito in edifici esistenti. In essi, infatti, oltre all’impiego di ancoraggi convenzionali basati su concezioni obsolete, possono essere presenti delle barre lisce. In queste condizioni risulta fondamentale comprendere i dettagli relativi alla piegatura delle barre che possono garantire un ancoraggio meccanico.

Portare in conto lo scorrimento delle armature all’interno del modello strutturale conduce a risultati più affidabili. Oltre all’inserimento di molle non lineari con un opportuno legame fenomenologico, molti autori hanno proposto modifiche ai legami costitutivi adottate nei modelli a fibre (Spacone e Monti (2000) ). Tuttavia tutte le procedure cui si è fatto cenno sono tuttora a livello sperimentale, per cui un possibile approccio è sempre quello della verifica a posteriori del non superamento dell’aderenza limite.

3.9 Modellazione dell’interazione terreno sovrastruttura

La modellazione esplicita dell’interazione terreno sovrastruttura non è generalmente necessaria nell’analisi di un edificio soggetto all’azione sismica. Essa è, di norma, importante nella definizione dei cedimenti della struttura soggetta ai carichi gravitazionali e, per tale tipo di obiettivo, sono disponibili in letteratura numerosi modelli per la definizione del comportamento del complesso fondazione terreno, ad esempio, il più noto, il modello di Winkler che schematizza il terreno come un letto di molle a comportamento lineare. In zona sismica l’adozione del modello di Winkler, sintetizzato nella scelta di K costante di sottofondo, non è raccomandabile. Principalmente perché il periodo proprio della struttura è sensibile alle proprietà elastiche della struttura e quindi anche alla K di Winkler che serve a definire le proprietà elastiche della trave di fondazione. Il problema risiede nel fatto che la K di Winkler non è una caratteristica intrinseca del terreno, piuttosto è un artificio per calcolare le sollecitazioni strutturali e, quindi, K è tarato in base al tipo di analisi che si effettua (solitamente per carichi verticali). Una costante di sottofondo bassa comporta l’aumento del periodo strutturale e quindi minori sollecitazioni sotto sisma, almeno in fase elastica; una costante di sottofondo alta comporta maggiore rigidezza e diminuzione del periodo, con conseguente aumento delle sollecitazioni sotto le ipotesi anzidette. Per tali motivi, alcuni autori, consigliano di adottare una costante di sottofondo sensibilmente maggiorata rispetto a quella statica (circa 3 volte). Tuttavia questi criteri sono essenzialmente dei criteri

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Capitolo 3

118

convenzionali che cercano di semplificare la complessità del problema. Per i motivi esposti si ritiene opportuno modellare sempre la fondazione come elemento rigido, il che consiste nel considerare l’effettivo grado di vincolo presente al piede delle colonne.

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<4>

INTRODUZIONE

Per strutture usuali, tra le tecniche di modellazione descritte al capitolo precedente, il giusto compromesso tra semplicità e accuratezza del modello si raggiunge con l’adozione di modellazione del tipo member by member. I modelli point by point si configurano come modelli in grado di indagare nel dettaglio il comportamento strutturale richiedendo, tuttavia, un elevato onere computazionale.

La modellazione delle non linearità meccaniche passa attraverso due scelte fondamentali e cioè la scelta del metodo di rappresentazione del comportamento plastico dell’elemento, a plasticità diffusa o concentrata, e la scelta del legame costitutivo del materiale, che deve ben interpretare il comportamento isteretico del materiale sottoposto a cicli di carico.

L’approccio a plasticità concentrata prevede che tutti gli elementi costituenti la struttura rimangano sempre in campo elastico e che vangano introdotti, alle estremità di questi, elementi cerniera con comportamento anelastico per rappresentare il comportamento non lineare esibito dall’elemento. Il vantaggio di questa modellazione è che permette di lavorare principalmente con elementi elastici computazionalmente meno onerosi, lasciando a pochi punti della struttura la concentrazione della non linearità del materiale. Inoltre è estremamente versatile in quanto permette, con un’opportuna scelta del legame

MODELLAZIONE DELLE NON LINEARITÀ MECCANICHE MEDIANTE ELEMENTI A

FIBRE

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Capitolo 4

120

costitutivo della cerniera, di descrivere diversi fenomeni, oltre al comportamento flessionale, che possono influenzare la risposta strutturale, quali la deformabilità a taglio, lo scorrimento dell’armatura, la flessibilità del nodo trave colonna. Il limite di questa modellazione è che richiede una certa esperienza dell’operatore nella localizzazione delle cerniere plastiche che devono essere collocate a priori, quando non siamo presenti difficoltà oggettive nel determinarne in maniera certa la localizzazione.

Il modello a plasticità diffusa, prevedendo lo snervamento in qualsiasi sezione lungo lo sviluppo longitudinale dell’elemento, non necessita di alcuna definizione preventiva di regioni specifiche in cui concentrare non linearità. Un modello a plasticità diffusa che si è sviluppato negli ultimi anni è il modello a fibre. Esso consiste nella discretizzazione dell’elemento in tante fibre longitudinali per ognuna delle quali è definito un diverso legame costituivo monoassiale. Il metodo, propriamente, si colloca a metà strada tra i modelli point by point e quelli member by member. Nella sua versione più stabile e accurata, il modello a fibre è stato sviluppato da Spacone, Taucer e Filippou (1991). I paragrafi successivi espongono dapprima la formulazione di un elemento finito discretizzato in fibre con l’approccio in spostamento, per individuarne le principali fonti di errore, in seguito si tratta l’elemento basato sulla flessibilità. Saranno esposti inoltre i principali modelli costituitivi per le fibre e le implementazioni dell’algoritmo per le analisi strutturali.

4.1 Elemento a fibre

La formulazione dell’elemento segue quella descritta da Spacone et al. nel suo articolo originale del 1991 e successive modifiche e integrazioni.

4.1.1 Convenzioni e sistemi di riferimento

Si considera un generico elemento, ossia un’asta compresa tra due nodi. In un riferimento tridimensionale essa ha 12 gradi di libertà di spostamento: tre traslazioni e tre rotazioni per nodo. Il grado di libertà torsionale non è contemplato perché si considera che sia disaccoppiato dalle altre componenti di spostamento. Di conseguenza possono considerarsi 12 enti forza omologhi degli spostamenti (Figura 4.1)

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

121

Figura 4. 1 Singolo elemento nel suo sistema di riferimento locale

Gli spostamenti nodali sono raggruppati in un vettore :

… … [4.1]

mentre le forze nodali omologhe in un vettore

… … [4.2]

Considerando sezioni infinitamente rigide nel loro piano e che ruotano mantenendosi ortogonali alla linea d’asse è possibile definire tre parametri di deformazioni generalizzata: l’estensione assiale e le due curvature ,

. A esse possono associarsi le forze generalizzate , , , quindi:

[4.3]

[4.4]

Il problema può essere riformulato eliminando dal vettore le componenti di moto rigido. Ovvero considerare solo gli spostamenti nodali che comportano deformazione dell’elemento, . I gradi di libertà deformativi, da ora

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Capitolo 4

122

chiamati element deformation o deformazioni di elemento, sono riportati in figura 4.2.

Figura 4. 2 Gradi di libertà deformativi

Con riferimento al caso piano, per semplicità di esposizione, si riportano i

passaggi che rendono possibile quest’operazione. I legami tra forze che comportano deformazione dell’elemento e quelle associate allo spostamento nodale, incluso il moto rigido, sono direttamente esprimibili dalle equazioni di equilibrio del corpo:

; ; ; ; ; [4.5]

Che in forma matriciale possono scriversi come:

[4.6]

In cui è la matrice di trasformazione

1

2

5

6

7

10

0 0 11/ 1/ 0

1 0 00 0 11/ 1/ 00 1 0

[4.7]

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

123

Gli spostamenti che deformano l’elemento e gli spostamenti comprensivi di moto rigido sono facilmente ricavabili, ricordando che gli spostamenti nodali comportano una rotazione rigida dell’asse pari a:

7 2 [4.8]

Essa dovrà essere sottratta alla rotazione complessiva, quindi:

; ; [4.9]

In forma matriciale

0 1/ 0 0 1/ 00 1/ 0 0 1/ 01 0 0 1 0 0

[4.10]

e quindi

[4.11]

Supponendo di conoscere la matrice di rigidezza dell’elemento rispetto ai gradi condensati , la matrice di rigidezza che include tutti i parametri di spostamento può ottenersi con i seguenti passaggi:

[4.12]

Premoltiplicando ambo i membri per si ottiene

[4.13]

che implica [4.14]

Riassumendo, le variabili del problema che si riferiscono all’elemento, considerandolo nelle tre dimensioni e omettendo il comportamento torsionale e il moto rigido, sono:

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Capitolo 4

124

[4.15]

[4.16]

La formulazione dell’elemento finito consiste nel trovare la relazione che lega lo spostamento esterno alle forze esterne, tenendo conto delle deformazioni indotte all’interno dell’elemento. Se si vuole formulare un elemento finito a comportamento non lineare, è necessario procedere a passi di carico, o di spostamento, tanto piccoli da permettere che valga la relazione linearizzata

Δ Δ [4.17]

per gli spostamenti nodali e

, Δ Δ [4.18]

Dove è la matrice di rigidezza tangente a livello di elemento e , è la matrice di rigidezza tangente a livello di sezione.

4.1.2 Algoritmo di Newton-Rapshon per la soluzione di sistemi non lineari

Prima di procedere oltre si ritiene necessario illustrare l’algoritmo di Newton-Rapshon per la risoluzione di sistemi di equazioni non lineari del tipo:

[4.19]

Se si suppone di trovarsi in corrispondenza della soluzione esatta, l’equazione [4.19] può essere linearizzata, mediante espansione in serie di Taylor troncata al primo ordine, nel modo seguente

[4.20]

in cui

[4.21]

tangente alla funzione in e . Il metodo consiste nel ricavare un primo valore utilizzando la tangente all’origine:

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

125

[4.22]

Poi, ricavato il valore , si aggiorna il valore di con la tangente attuale ala curva, e si valuta la [4.21] per i=2; adesso è possibile ricalcolare la [4.22] per il passo successivo. Si prosegue in questo modo fin tanto che risulta sufficientemente piccolo. I vari passi per l’ottenimento della convergenza in un caso unidimensionale sono illustrati in figura.

Figura 4. 3 Iterazioni del metodo di Newton Rapshon per la risoluzione di sistemi non lineari

Il metodo di Newton-Rapshon non garantisce convergenza per qualsiasi valor del carico applicato, ma essa solitamente si raggiunge facilmente se il valore di partenza non si discosta molto dalla soluzione.

4.1.3 Discretizzazione in fibre della sezione

Si suppone che la sezione trasversale sia costituita da un numero discreto di fibre. Sotto l’ipotesi che le sezioni piane restino piane, la distribuzione delle deformazioni è lineare, per cui si può scrivere:

, , , [4.23]

in cui , , , 1 [4.24]

sono le deformazioni generalizzate a livello di sezione, ed , , è l’estensione assiale per unità di lunghezza della generica fibra.

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Capitolo 4

126

Figura 4. 4 Divisione in fibre della sezione trasversale

A questo punto è possibile definire due vettori aggiuntivi che rappresentano lo stato deformativo della sezione discretizzata in fibre

, ,

, ,

, ,

[4.25]

, ,

, ,

, ,

[4.26]

Il vettore è legato alle deformazioni generalizzate a livello di sezione mediante la

[4.27]

Dove è la matrice di trasformazione geometrica definita come segue

1

1

1

[4.28]

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

127

Supposto che alla generica ascissa, per un assegnato stato deformativo e per la generica fibra sia possibile risalire, mediante il legame costitutivo, al modulo tangente per il quale

Δ Δ [4.29]

Si può scrivere: Δ Δ [4.30]

in cui è una matrice diagonale contentente i moduli elastici istantanei. Si può imporre l’eguaglianza in termini di lavoro virtuale alla sezione intesa come corpo rigido; come statica equilibrata si considera l’incremento di forze generalizzate Δ e il corrispondente incremento di sforzi nelle fibre Δ , come cinematica congruente un’insieme di deformazioni generalizzate δ e le rispettive deformazioni interne δ δ . Si ha:

δ Δ δ Δ δ Δ

δ Δ [4.31]

Esprimendo gli sforzi interni come il prodotto della matrice di rigidezza della sezione per l’incremento di spostamento generalizzato Δ si ottiene

Δ Δ Δ [4.32]

e quindi

[4.33]

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Capitolo 4

128

4.1.4 Formulazione dell’elemento a fibre con l’approccio in spostamento

Per semplicità si limita la trattazione al caso piano, essendo immediata l’estensione al caso tridimensionale. L’incremento di spostamenti nodali compresi i moti rigidi è:

Δ Δ Δ Δ Δ Δ Δ [4.34]

In corrispondenza della generica ascissa x incremento di abbassamento Δv(x) e di spostamento assiale Δu(x) sono ottenibili per interpolazione dei valori nodali mediante

Δ Δ Δ Δ [4.35]

dove è la matrice che contiene i polinomi di interpolazione che sono assunti cubici per lo spostamento trasversale e lineari lo spostamento assiale, e possono ottenersi per integrazione diretta della rispettiva linea elastica

00 0

00 0 [4.36]

con

1

[4.37] 2 3 1 2

2 3              

Mediante le [4.37], in virtù del modello cinematico di travi infinitamente rigide nel loro piano che ruotano mantenendosi ortogonali alla linea d’asse e trascurando i contributi taglianti, è possibile ricavare il legame tra le deformazioni generalizzate e gli spostamenti nodali:

Δ Δ [4.38]

in cui è

00 0

00 0 [4.39]

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

129

L’incremento di sforzo generalizzati può derivarsi dall’ incremento di deformazione generalizzato mediante l’equazione [4.32], per cui si avrà:

Δ Δ [4.40]

Applicando il principio dei lavori virtuali, assumendo come campo di spostamento congruente un insieme e le relative mediante la [4.4] e, come campo equilibrato, le sollecitazioni ai nodi Δ ed i corrispondenti Δ si ha

Δ Δ Δ

Δ [4.41]

Introducendo la matrice di rigidezza a livello di elemento, per la quale Δ Δ si ottiene:

. [4.42]

La formulazione proposta è la formulazione classica del metodo agli elementi finiti con funzioni interpolanti in termini di spostamento (dispacement based element). L’elemento basato su questa teoria non da risultati molto accurati. Il motivo principale risiede nel fatto che le funzioni interpolanti scelte derivano dalla linea elastica, quindi impongono che la distribuzione delle curvature sull’elemento sia al più lineare. Mentre questa posizione è sicuramente accettabile nella predizione del comportamento elastico o quasi elastico, sicuramente non lo è per elementi che manifestano escursioni in campo plastico. Le zone di localizzazione delle non linearità, tipicamente gli estremi nelle travi, manifestano curvature che si discostano sensibilmente da quella elastica. Per la problematica esposta l’utilizzo di elementi displacement based implica l’adozione di una discretizzazione di uno stesso elemento in più parti.

4.1.5 Formulazione dell’elemento a fibre con l’approccio misto Per ovviare ai problemi insiti negli elementi displacement based sono

state proposte delle formulazioni alternative in cui le funzioni di forma .

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Capitolo 4

130

Essenzialmente è necessario conoscere quale è il valore dell’incremento di deformazioni generalizzate Δ per un assegnato incremento degli spostamenti nodali Δ . La formulazione è più agevole se si riferisce direttamente ai soli parametri deformativi di elemento, difatti le funzioni di forma sono incognite del problema e quindi questa strategia ne riduce il numero da determinare. Il problema è quindi esattamente quello di ottenere la relazione che lega l’incremento di spostamento nodale alle deformazioni interne, ossia le funzioni di forma corrispondenti allo stato deformativo attuale.

Il problema è stato matematicamente affrontato da Zienkiewicz e Taylor (1989) in un lavoro denominato two-field mixed method.

Riassumendo, le variabili del problema che si riferiscono all’elemento, considerandolo nelle tre dimensioni e omettendo il comportamento torsionale, sono:

[4.43]

[4.44]

mentre a livello di sezione si hanno:

[4.45]

[4.46]

Si suppone di avere applicato un certo incremento delle quantità a livello di elemento, la formulazione mista prevede che si possa risalire all’incremento a livello di sezione mediante due matrici di funzioni d’interpolazione distinte:

Δ Δ [4.47]

Δ Δ [4.48]

Si suppone che la relazione sforzo deformazione sia esprimibile in maniera esplicita, a livello di sezione, secondo l’espressione:

, [4.49]

riferendosi all’incremento Δ la [4.49] può essere linearizzata come segue:

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

131

Δ Δ [4.50]

La [4.50] garantisce che la generica sezione sia in equilibrio, essa può essere scritta in forma residuale come segue:

Δ Δ [4.51]

La relazione in forma residuale deve essere nulla per ogni ascissa della sezione, il che è equivalente a considerare che l'integrale sullo sviluppo dell'asse dell'elemento del residuo per un’arbitraria funzione di sforzo sia zero, quindi:

0 Δ 0 [4.52]

Utilizzando le funzioni d’interpolazione risulta:

Δ Δ ; Δ Δ ; δ T [4.53]

per cui

Δ Δ 0 [4.54]

Definendo:

[4.55]

matrice dipendente dalle funzioni di interpolazione e

[4.56]

matrice di flessibilità dell’elemento, si ottiene la relazione tra incremento di spostamento nodale ed il corrispondente incremento delle forze omologhe:

[4.57]

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Capitolo 4

132

Il calcolo delle attuali forze nodali in equilibrio con gli sforzi interni incrementati può ottenersi mediante l’applicazione del principio degli spostamenti virtuali utilizzando come statica equilibrata il sistema reale e come schema congruente uno spostamento virtuale dei nodi e le rispettive deformazioni interne :

Δ [4.58]

Sostituendo le relazioni d’interpolazione per le quantità a livello di sezione si ottiene

Δ [4.59]

e quindi:

Δ [4.60]

In definitiva un incremento dei carichi nodali è legato al valore dei carichi applicati ai nodi mediante il seguente sistema:

[4.61]

Da cui si ricava:

[4.62]

Che rappresenta la relazione tra incremento di carico ai nodi e corrispondente incremento di spostamento.

Se si considera per la trave alla Eulero-Bernoulli, finora adottata, gli sforzi generalizzati sono duali delle deformazioni generalizzate. Volendo applicare il principio dei lavori virtuali, le forze applicate ai nodi moltiplicate per gli spostamenti danno il lavoro esterno quindi:

[4.63]

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

133

e quindi

[4.64]

che implica ovvero la matrice identica. La prima conseguenza di questo risultato è la determinazione della funzione d’interpolazione degli spostamenti

[4.65] Difatti

[4.66]

La matrice delle funzioni d’interpolazione delle forze è facilmente ottenibile da considerazioni di equilibrio sull’elemento.

La seconda conseguenza è che la relazione [4.61] diviene

Δ Δ [4.67]

Che è una relazione analoga a quella che si sarebbe ottenuta adottando una formulazione in flessibilità dell’elemento finito (flexibility based element).

4.2 Algoritmo per la risoluzione di sistemi strutturali non lineari adottando l’elemento misto

Si è già rimarcato come l’algoritmo di Newton-Rapshon non raggiunga la convergenza indistintamente dal valore del carico applicato, se, però, le condizioni iniziali sono ragionevolmente vicine alle condizioni finali il metodo converge. Per questo, usualmente, si procede discretizzando il vettore di carico esterno in k gradini di carico ∆ : per ciascuno di essi si ricerca la convergenza utilizzando come condizioni iniziali quelle del passo precedente.

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Capitolo 4

134

Per ogni gradino di carico k, l’algoritmo di Newton-Rapshon prevede che si computi l’incremento ∆ degli spostamenti nodali e, in base al valore attuale del vettore spostamento ∆ , si computino le forze resistenti attivate ∆ . Questo passaggio prende il nome di element state determination. Esso può eseguirsi estraendo dal vettore ∆ gli incrementi ai nodi di ogni elemento ∆ mediante la seguente operazione

∆ ∆ [4.67]

In cui è la matrice che ha la funzione di estrarre gli spostamenti nodali del generico dal vettore complessivo. Noto ∆ è necessario valutare qual è l’incremento delle forze resistenti a livello di elemento ∆ . Negli elementi desplacement based questo passaggio è immediato. Noti gli spostamenti totali ai nodi ∆ , mediante le funzioni di interpolazione è possibile risalire allo stato deformativo interno, equazione [4.38], ricavare la matrice di rigidezza al livello di sezione, equazione [4.33], e mediante la [4.42] ottenere la matrice di rigidezza al livello di elemento, e quindi:

∆ ∆ [4.68]

dal quale è possibile comporre il vettore delle forza resistenti a livello di struttura e proseguire con il ciclo i fino a convergenza.

È necessario far notare che, procedendo in questo modo, l’equilibrio sarà soddisfatto solo in corrispondenza dei nodi dell’elemento e non sezione per sezione. L’equilibrio in senso stretto non può essere ottenuto, generalmente, perché l’incremento deformativo interno è imposto dalle funzioni di forma e le sollecitazioni interne sono calcolabili a posteriori.

Nella formulazione flexibility based ( o mista), l’element state determination non può essere immediata. Difatti le funzioni d’interpolazione degli spostamenti dipendono direttamente dal valore di ed che dipendono dalle rispettivi matrici di rigidezza

[4.69]

le quali, a loro volta, dipendo proprio dallo stato deformativo. In altre parole per un assegnato incremento di deformazione nodale è necessario valutare quale sia il corretto stato deformativo interno che garantisce equilibrio sezione per sezione

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

135

e ai nodi. Questa problematica comporta l’inserimento di un ciclo aggiuntivo, il section state determination denominato con la lettera j. La procedura risolutiva consiste nel computare, utilizzando la matrice di rigidezza dell’elemento corrispondente al termine del passo k precedente, il valore dell’incremento delle forze nodali. Mediante la funzione d’interpolazione delle forze è possibile ottenere l’andamento delle sollecitazioni interne. Utilizzando la matrice di flessibilità della sezione, del passo precedente, si può risalire allo stato deformativo. Mediante lo stato deformativo totale è possibile ottenere la nuova matrice di rigidezza a livello di sezione, mediante la [4.33], e, invertendola ottenere la matrice di flessibilità aggiornata. Inoltre è possibile il computo delle forze di sezione resistenti attivate. Queste ultime in generale non saranno in equilibrio con quelle che hanno dato inizio alla procedura, per cui saranno necessarie deformazioni aggiuntive calcolabili con la matrice di flessibilità a livello di elemento attuale. Per contro queste deformazioni aggiuntive, integrate sullo sviluppo dell’asse longitudinale, comportano incongruenze di spostamento nodali rispetto al valore imposto dal ciclo i che dovranno essere corrette. Il ciclo termina quando si raggiunge la convergenza, ossia congruenza, tra stato formativo interno e deformazioni nodali.

4.2.1 Descrizione dell’algoritmo

Al fine di una maggiore chiarezza l’algoritmo di risoluzione è descritto step by step in questo paragrafo, si utilizzeranno esclusivamente le funzioni di interpolazioni delle forze. Una formulazione analoga che consideri le funzioni di interpolazione degli spostamenti e facilmente ottenibile adottando un procedimento simile a quello descritto. Si farà costante riferimento alla figura 4.5. Si suppone di muoversi all’interno del passo di carico k.

1. Risoluzione del sistema di equazioni globali e aggiornamento degli spostamenti strutturali All’i-esimo passo del Newton-Rapshon a livello di struttura si ricavano gli incrementi di spostamento nodale risolvendo il sistema di equazioni globali, utilizzando come matrice di rigidezza quella al termine del passo i-1 e come forze agenti le nodali squilibrate ∆ .

∆ ∆ [4.70]

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Capitolo 4

136

∆ [4.71]

2. Calcolo dell’incremento di spostamento deformativo nodale e aggiornamento dello spostamento deformativo nodale totale Dal vettore [4.70] si estraggono gli spostamenti in corrispondenza dei nodi con la [4.67] e successivamente si depurano dagli spostamenti rigidi con la [4.11]. Per le deformazioni così calcolate si cerca equilibrio e congruenza, ai nodi e sezione per sezione, eseguendo il ciclo j. Questa procedura si esegue per ogni elemento della struttura.

∆ ∆ [4.72]

∆ ∆ [4.73]

∆ [4.74]

Page 150: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

137

Figura 4. 5 Rappresentazione dei passi risolutivi per il calcolo delle forze resistenti

3. Inizio dell’element state determination La determinazione delle forze resistenti che si attivano in corrispondenza degli assegnati spostamenti nodali si esegue all’interno di un ciclo denominato j. All’inizio del ciclo (j=1) le quantità sono così definite:

[4.75]

[4.76]

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Capitolo 4

138

∆ ∆ [4.77]

[4.78]

il passo i-1 corrisponde allo stato dell’elemento al termine al termine della precedente iterazione del Newton-Rapshon a livello di struttura.

4. Determinazione dell’incremento di forze nodali

Si determina l’incremento di forza resistente nodale al passo j:

∆ ∆ [4.79]

5. Determinazione dell’incremento delle caratteristiche della sollecitazione mediante la matrice d’interpolazione delle forze nodali

∆ ∆ [4.80]

∆ [4.81]

6. Determinazione dell’incremento di deformazione nelle sezioni In corrispondenza dell’attuale stato di sollecitazione può ricavarsi il corrispondente incremento di deformazione delle sezioni

∆ ∆ [4.82]

∆ [4.83]

sono le deformazioni residue, sarà meglio definito in seguito, ad ogni modo .

7. Aggiornamento della matrice di flessibilità di sezione Con le deformazioni [4.83] è possibile ricavare l’attuale matrice di rigidezza della sezione e, per inversione di essa, la corrispondente matrice di flessibilità.

[4.84]

8. Calcolo delle forze resistenti interne in corrispondenza dello stato deformativo aggiornato

Page 152: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

139

Con le deformazioni attuali è possibile calcolare, dal legame forze-deformazioni, le forze resistenti attivate .

. [4.85]

9. Calcolo delle deformazioni residue Le forze sbilanciate moltiplicate per la matrice di flessibilità corrente implicano un incremento delle deformazioni della sezione

[4.86]

10. Calcolo della matrice di rigidezza e di flessibilità a livello di elemento La matrice di flessibilità a livello di elemento è calcolabile con l’equazione [4.56]. Per inversione si ottiene la matrice di rigidezza.

[4.87]

[4.88]

11. Controllo di convergenza dell’elemento a) Se le forze sbilanciate a livello di sezione sono sufficientemente

piccole per ogni ascissa x il processo continua al passo 12 ponendo e .

b) Se le forze sbilanciate non sono trascurabili esse originano un

incremento di deformazione interna [4.86] non trascurabile, il quale, a sua volta, provoca un’incongruenza nodale rispetto al valore imposto nel ciclo i. Quindi ad un incremento di deformazione interna corrisponde un incremento di deformazione ai nodi che può ottenersi con il PLV:

[4.89]

 

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Capitolo 4

140

Queste deformazioni aggiuntive, devono essere corrette, per riottenere lo spostamento nodale imposto dal ciclo i. Per ottenere ciò è necessario diminuire le forze nodali di una quantità ottenibile ponendo

∆ [4.90] e ritornando allo step 4 incrementando il pedice j.

12. Determinazione delle forze nodali e aggiornamento della matrice di rigidezza dell’intera struttura Al raggiungimento della convergenza da parte di ogni elemento, l’i-esimo step del Newton-Rapshon è completo. Le quantità necessarie per procedere con i passi successivi sono il computo delle forze resistenti globali e della matrice di rigidezza dell’intera struttura. Questi possono essere ottenuti con le usuali tecniche di assemblaggio a partire dalle quantità ottenute per i nodi di ogni elemento.

4.2.2 Procedure numeriche d’integrazione: Metodo di Gauss-Lobatto

La valutazione numerica degli integrali per il calcolo della matrice di rigidezza e di flessibilità della sezione, equazione [4.87], usualmente necessita di una integrazione numerica. Il metodo consigliato dagli autori è di adottare lo schema di Gauss-Lobatto. Secondo questo schema l’integrale di una funzione può essere valutato come la somma dei valori che la funzione assume in determinati punti per delle funzioni peso, esattamente:

1 1 [4.91]

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

141

dove m è il numero di punti in cui si valuta la funzione e il peso in corrispondenza del punto h e l’ascissa adimensionalizzata rispetto alla lunghezza . Con questo schema d’integrazione si può ottenere l’esatto integrale di polinomi di grado 2m-4.

L’adozione del metodo di Gauss-Lobatto per gli scopi prefissati avviene individuando un numero finito di sezioni da valutare e, ciascuna, avrà la corrispondente funzione peso. La scelta del numero di sezioni comporta implicitamente il grado del polinomio che si adotta per interpolare i parametri deformativi per i punti dell’asse compresi tra le sezioni monitorate. E’ chiaro che l’accuratezza, nonché l’onere computazionale, dipenderà da esso. Inoltre, è necessario notare che anche la posizione delle sezioni monitorate potrebbe inficiare l’accuratezza, in quanto le zone vicine alle estremità sono generalmente quelle in cui si manifesta il comportamento plastico.

4.3 Legami costitutivi per le fibre di una sezione in C.A.

La suddivisione in fibre della sezione consente l’utilizzo di legami costitutivi monoassiali e differenziati per le differenti regioni della sezione. Difatti, una sezione in cemento armato, è riconducibile a tre zone caratteristiche:

• barre di armatura • calcestruzzo non confinato • calcestruzzo confinato

Figura 4. 6 Sezioni monitorate e divisione in fibre della sezione

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Capitolo 4

142

4.3.1 Legame costitutivo per il calcestruzzo

L'adozione di un modello costitutivo che tenga conto del contributo del solo calcestruzzo, ignorando l'interazione con le armature presenti nella sezione in c.a., porta a risultati attendibili nel campo di deformazioni molto piccole. Se si vuole valutare la risposta sotto azioni cicliche maggiori è necessaria l'adozione di modelli meglio calibrati, che permettano di portare in conto il grado di confinamento della sezione, poiché le evidenze sperimentali hanno messo in luce come questo parametro incida consistentemente sulla deformazione ultima e sulle caratteristiche di deformabilità. Nel seguito si riporta il modello di Kent e Park, consigliato dagli autori dell’articolo.

4.3.1.1 Modello di Kent e Park (1973)

Il modello di Kent e Park, modificato da Scott et al.(1982), è un modello che considera l’effetto di confinamento delle armature trasversali sul calcestruzzo. La curva di skeleton, ovvero la curva inviluppo dei cicli isteretici, è rappresentata in figura 4.7.

Figura 4. 7 Legame costitutivo di Kent e Park

I parametri che definiscono tale curva sono

Tensione cilindrica di rottura del calcestruzzo Fattore rappresentativo dell’incremento di resistenza dovuto al confinamento

1

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

143

percentuale di staffe (volume delle staffe fratto il volume del nucleo di cls) tensione di snervamento per le staffe

Deformazione di rottura. Una espressione per la sua definizione è quella di Scott et al.

0.004 0.9 300

Deformazione in corrispondenza del picco di tensione

0.002

Pendenza base della curva di softenig

0.5

3 0.29145 1000 0.75 0.002

larghezza del nucleo di calcestruzzo (lato più lungo) passo delle staffe

In fase di scarico si seguono dei rami rettilinei dal punto , , appartenente alla curva di skeleton, al punto , 0 e successiva si ritorna all’origine seguendo l’asse delle ascisse, poiché il modello ignora il contributo a trazione del calcestruzzo.

0.145 0.13 per 2 [4.92]

0.707 2 0.834 per 2 [4.93]

Il ricarico avviene, una volta raggiunto nuovamente , sullo stesso tratto lineare di scarico. Scarico e ricarico non potrebbero essere applicati linearmente poiché ci si trova in un comportamento non lineare. Tuttavia, poiché questo non

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Capitolo 4

144

influisce sostanzialmente tra il comportamento lineare e non lineare, i risultati sono comunque accurati.

Figura 4. 8 Cicli di carico e scarico del modello di Kent e Park

4.3.2 Legame costitutivi per l’acciaio di armatura

4.3.2.1 Modello di Menegotto e Pinto (1973)

Per descrivere il comportamento non lineare per l'acciaio delle barre di armatura si puù adottare il modello di Menegotto e Pinto (1973) modificato da Filippou et al. (1983), che include la deformazione isotropa per incrudimento.

Figura 4. 9 Legame costitutivo di Menegotto e Pinto

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Modellazione delle non linearità meccaniche mediante elementi a fibre

145

Il legame costitutivo è espresso dalla seguente relazione

1

1 / [4.94]

In cui

[4.95]

[4.96]

[4.97]

con

Tensione normale Deformazione assiale

, Coordinate del punto di scarico, assunto pari a (0,0) nella fase elastica , Intersezione dei due asintoti che definisce il punto di carico e scarico

Fattore di riduzione della rigidezza , , Costanti poste pari, rispettivamente, a 20.0 , 18.5 , 0.15

Differenza tra il massimo valore di deformazione nella direzione di carico ed Pendenza base della curva di softenig

4.3.2.2 Modello bilineare incrudente

Il modello bilineare incrudente è contemplato dalle principali norme tecniche, incluso l’NTC08.

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Capitolo 4

146

Figura 4. 10 Curva di Skeleton per il legame bilineare

Per definirlo servono tre parametri

Tensione normale di primo snervamento per l’acciaio 1 Modulo di Young prima dello snervamento

2/ 1 Rapporto tra il modulo dopo lo snervamento e quello ante-snervamento

Un esempio di ciclo carico scarico è descritto in figura 4.10.

Figura 4. 11 Cicli di carico-scarico dell’acciaio

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147

< PARTE II > Analisi e Valutazione Sismica degli Edifici Intelaiati in C.A.

Secondo le Norme Tecniche delle Costruzioni 2008

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<5>

INTRODUZIONE

Un qualsiasi processo di modellazione strutturale non può prescindere da una corretta analisi delle azioni alle quali l’edificio deve far fronte. Tra la classe delle azioni ambientali e naturali particolare importanza riveste il computo dell’azione sismica. L’azione sismica di base, per valutare la risposta strutturale dell’edificio in esame, si definisce dalla conoscenza della “pericolosità sismica di base” del sito dove insiste la costruzione.

La “pericolosità sismica di base” è definita in termini probabilistici con riferimento a prefissate probabilità di superamento (PVR), ovvero probabilità che si manifestino azioni di intensità maggiore o uguale rispetto a quella in esame, durante la vita di riferimento (VR). Specificatamente, la “pericolosità sismica di base”, è rappresentata da:

• Accelerazione orizzontale di picco attesa su suolo rigido in condizioni di campo libero, cioè in assenza di manufatti, su sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale;

• Spettro di risposta elastico della componente orizzontale di accelerazione su sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale.

LA DEFINIZIONE DELL’AZIONE

SISMICA

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Capitolo 5

150

In Italia la pericolosità sismica di base è stata definita dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) attraverso una griglia di riferimento che suddivide l’intero territorio nazionale con maglie di passo 5 Km circa, nelle due direzioni orizzontali. Per ogni maglia i parametri caratteristici della pericolosità sismica di base sono indicati per “periodi di ritorno”, ossia intervallo medio tra due successive realizzazioni di un evento sismico di riferimento, compresi tra 30 e 2475 anni.

5.1 La valutazione della sicurezza sismica secondo ntc08

5.1.1 Periodo di riferimento per l’azione sismica

Il periodo di riferimento VR per l’azione sismica è il parametro fondamentale per la valutazione dell’azione stessa sulla struttura ed esso è definito nel §2.5.3 NTC08 come prodotto di due fattori, uno è la “vita nominale della struttura” VN espressa in anni, l’altro è il coefficiente d’uso CU.

· [5.1]

La vita nominale della struttura (NTC §2.5.1) è intesa come il numero di anni nei quali la struttura, purché soggetta alla manutenzione ordinaria, deve garantire l’utilizzo per lo scopo al quale è destinata. La circolare n°617 specifica che la vita nominale VN non coincide con l’effettiva durata dell’opera, bensì con l’intervallo di tempo dopo il quale, a patto che restino invariate le condizioni ambientali e d’uso, saranno necessari interventi di manutenzione straordinaria per ripristinare la capacità di durata della costruzione. La tabella successiva, tratta dalle NTC08, fornisce il valore della vita nominale per diversi tipi di costruzione.

Il coefficiente d’uso è il parametro che tiene conto, in presenza di azioni sismiche, quali sono le conseguenze sull’interruzione di operatività o di collasso della costruzione in esame. Esso si ricava dalla classe d’uso, scelta tra quattro categorie divise per tipologia funzionale. La tabella successiva, tratta dalle NTC08, fornisce il valore del coefficiente d’uso CU in funzione della classe d’uso della costruzione, l’ordinalità della stessa è direttamente riconducibile al livello d’importanza.

La valutazione della vita di riferimento è un parametro di base poiché la modellazione Poissoniana dell’arrivo degli eventi sismici, adottata dall’INGV, permette di collegarla direttamente al periodo di ritorno TR per fissata probabilità di superamento mediante l’equazione:

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La definizione dell’azione sismica

151

1 [5.2]

che esplicitata rispetto al periodo di ritorno TR diventa:

. [5.3]

Tabella 5. 1 - Vita nominale VN per diversi tipi di opere (NTC08 §2.5.1)

Tabella 5. 2 - Valori del coefficiente d’uso (NTC08 §2.5.3)

Al fine di assicurare un livello di sicurezza antisismica minimo, il limite inferiore assumibile per la vita di riferimento delle costruzioni è 35 anni.

5.1.1 Capacità della struttura di far fronte all’azione sismica: gli stati limite

Per stato limite s’intende una condizione raggiunta la quale la struttura o una sua parte non è più in grado di assolvere determinate funzioni o soddisfare determinate esigenze di comportamento. L’azione sismica di progetto è individuata mediante la definizione di quattro scenari limite (stati limite), due per la verifica in esercizio e due per la verifica in condizioni ultime; a ciascuno di essi è associato un determinato valore della probabilità di accadimento. Nei confronti degli stati limite la struttura va verificata nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, non strutturali e gli impianti. Con riferimento al § 3.2.1 NTC08 si riporta la definizione e le richieste prestazionali di ciascuno stato limite.

Gli stati limite di esercizio sono:

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Capitolo 5

152

- Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed interruzioni d'uso significativi;

- Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.

Gli stati limite ultimi sono: - Stato Limite di Salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del

terremoto la costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali;

- Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.

A ciascuno stato limite è associata una probabilità di superamento come riportato nella tabella 5.3, sono dunque presenti due stati limite di esercizio (SLE) e due stati limite ultimi (SLU).

Tabella 5. 3 - Probabilità di superamento al variare dello stato limite considerato

Gli stati limite di esercizio sono associati ad eventi con un’alta probabilità di accadimento (e quindi basso periodo di ritorno) e pertanto coinvolgono i sismi meno intensi e più frequenti. Nel primo caso dello SLO la struttura deve rimanere del tutto operativa, sia in termini strutturali, impiantistici che di apparecchiature contenute in essa. Il controllo verterà nella verifica dell’entità

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La definizione dell’azione sismica

153

degli spostamenti e/o accelerazioni immesse dal sisma nelle apparecchiature. Nel secondo caso SLD la struttura deve rimanere agibile dopo l’evento e ciò convenzionalmente si controlla limitando gli spostamenti relativi di interpiano e, per strutture particolarmente importanti, può essere richiesta la verifica di resistenza degli elementi controllando che questi siano ancora in fase elastica.

Gli stati limite ultimi sono associati ad eventi sismici con bassa probabilità di accadimento ( e quindi alto periodo di ritorno) e pertanto coinvolgono tutti i sismi di alta intensità per i quali la valutazione del comportamento strutturale non può essere indipendente da considerazioni sul danno subito, che però deve essere tale da garantire comunque la capacità di sopportare i carichi verticali al fine di permettere l’evacuazione dopo il sisma. Nel caso dello SLV la struttura dovrà mantenere anche un’esigua resistenza ai carichi orizzontali in grado di sopportare repliche sismiche di intensità inferiore. Nel caso dello SLC, riferito al sisma potenzialmente più distruttivo tra quelli in esame, la struttura dovrà sostenere i carichi verticali non garantendo più alcuna risorsa dissipativa.

Nel dettaglio il rispetto dei vari stati limite si considera conseguito se:

costruzioni nuove SLU

- Rispetto delle indicazioni progettuali e costruttive riportate nelle NTC08, necessarie per ottenere un comportamento globalmente duttile, e soddisfacimento delle verifiche allo SLV. In presenza di questi due requisiti la struttura è verificata allo SLU e di conseguenza anche allo SLC.

SLE - Per le costruzioni in classe d’uso I e II è richiesta la sola verifica allo

SLD relativa agli spostamenti di interpiano. Se la costruzione ricade in classe d’uso III e IV, ovvero opere di elevata importanza o strategiche, è richiesta l’obbligatorietà della verifica allo SLO e può essere richiesta la permanenza in campo elastico degli elementi nei confronti dello SLD.

costruzioni esistenti SLU

-Il soddisfacimento del solo SLV non è condizione sufficiente per garantire la verifica allo SLC in quanto è facile che la struttura manifesti

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Capitolo 5

154

crisi fragili, vista la probabile mancanza di duttilità, nei confronti delle azioni allo SLC piuttosto che allo SLV. La verifica allo SLC dovrà condursi in alternativa a quella allo SLV.

SLE - I limiti imposti agli spostamenti di interpiano allo SLD risulterebbero

troppo gravosi e per questo la NTC08 non ne ha imposto l’obbligatorietà.

5.2 Pericolosita’ sismica di base

5.2.1 Macrozonazione sismica del territorio italiano a cura dell’INGV

Il lavoro svolto dall’INGV, con la collaborazione del Dipartimento della Protezione Civile, ha prodotto, per ogni punto di una griglia regolare con passo di circa 5 Km nelle due direzioni orizzontali, l’analisi probabilistica di pericolosità sismica per l’Italia poi recepito dalle NTC08. I principali prodotti per l’ingegneria sismica sono le cosiddette “curve di pericolosità” per le accelerazioni elastiche, Sa(T), con T compreso tra 0 s ÷ 2 s. In pratica, per undici periodi di oscillazione sono fornite nove ordinate spettrali in accelerazione, ciascuna delle quali corrisponde a un periodo di ritorno TR compreso tra 30 e 2475 anni. Inoltre, per ciascuno dei dati, sono riportati i valori relativi ai percentili 16%, 50%, 81% della rispettiva distribuzione statistica.

Figura 5. 1 Carta di pericolosità sismica riferita ad ag per un periodo di ritorno di 975 anni per la

zona di Reggio Calabria (http://esse1.mi.ingv.it/)

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La definizione dell’azione sismica

155

Dal periodo di ritorno, mediante la relazione riportata in [5.2] si può ottenere direttamente la probabilità di superamento dell’evento considerato. Per assegnato valore di probabilità è possibile quindi ricavare uno spettro tale per cui tutte le ordinate hanno la stessa probabilità marginale di essere superate nell’intervallo di tempo fissato al variare del periodo strutturale. Tali spettri prendono il nome di “spettri a pericolosità uniforme”(UHS “Uniform Hazard Spectra”).

5.2.2 Macrozonazione sismica del territorio italiano secondo NTC08 La pericolosità sismica di base è legata al sito di riferimento mediante la

definizione dei seguenti parametri:

• Accelerazione orizzontale di picco (ag) attesa in condizioni di campo libero su suolo rigido con superficie topografica orizzontale;

• Parametri e dello spettro di risposta elastico in accelerazione (componente orizzontale) in condizioni di campo libero e superficie topografica orizzontale. - valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro di risposta in accelerazione; - periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro di risposta in accelerazione.

I valori di ag, e sono riportati nell’allegato B delle NTC08 per ciascun nodo del reticolo di riferimento e per ogni valore del periodo di ritorno TR. Il valore di ag è desunto direttamente da quello riportato nel lavoro dell’INGV, mentre i parametri e sono stati ottenuti imponendo la condizione di minimo scarto (nel senso dei minimi quadrati) tra le forme spettrali adottate dalle NTC08 e gli spettri di risposta elastici a pericolosità uniforme dello studio INGV. Nella figura successiva si riporta il confronto tra lo spettro in accelerazione a pericolosità uniforme UHS dell’INGV e spettro in accelerazione della NTC08 riferito al comune di Reggio Calabria e su suolo rigido con superficie topografica orizzontale.

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Capitolo 5

156

Figura 5. 2 Confronto tra spettri UHS e NTC per il sito di coordinate Long. 15.646° Lat. 38.114°

Figura 5. 3 Forma dello spettro NTC08 e parametri caratteristici

La definizione dello spettro di risposta elastico necessita quindi una

valutazione preventiva dei parametri caratteristici riferendosi al sito in esame; a tal proposito si riconoscono due situazioni particolari:

1) Il periodo di ritorno non è contemplato fra quelli tabellati;

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0

SLC

SLV

SLD

SLO

SPETTRI NTC08 Categoria suolo A 

SPRETTRI UHS Percentile 50%

T [s]

S e(T) [g]

Tc*

ag

Fo  ag

Page 170: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

La definizione dell’azione sismica

157

2) Il sito non ricade esattamente su un punto del reticolo.

Nel primo caso la procedura da seguire è riportata nell’appendice A delle NTC08 in cui è proposta la seguente formula di interpolazione:

ln ln ln · ln · ln [5.4]

nella quale:

valore del parametro di interesse corrispondente a periodo di ritorno TR in esame;

, periodi di ritorno più prossimi a TR per i quali si dispone dei valori p1 e p2 del generico parametro p.

Nel secondo caso, cioè quando il punto non cade nei nodi del reticolo di riferimento, l’allegato A alle NTC08 riporta che il parametro cercato può calcolarsi come media pesata del valore assunto dallo stesso sui quattro nodi della maglia rettangolare in cui ricade utilizzando come fattore peso la distanza, in formule:

ppd

·1d

[5.5]

Atteso che la differenza non sia sostanziale, date le relativamente modeste distanze in gioco tra i punti del reticolo, si riporta la formula, dovuta a Eulero, utile al calcolo della distanza geodetica tra due punti:

d R · acos sin lat β · sin cos lat β · cos · cos [5.6]

nella quale

valore medio del raggio terrestre (circa 6371 m ); , punti tra i quali si vuole conoscere la distanza. Il risultato di acos · va

espresso in radianti.

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Capitolo 5

158

Figura 5. 4 Schema per l’interpolazione di coordinate geografiche

La Circolare 617 commenta l’utilizzo di questa procedura giudicandola come una via rapida per ottenere una sufficiente approssimazione, permettendo comunque l’utilizzo di altri metodi d’interpolazione più complessi tra quelli noti in letteratura.

Le modalità con cui sono fornite le informazioni sull’azione sismica di base per il territorio italiano fa sì che non è possibile far riferimento ad una zona sismica territorialmente coincidente con più unità amministrativa bensì essa è definita sito per sito. All’interno della stessa norma si fa comunque riferimento alle zone sismiche senza che esse siano definite. Per la definizione delle stesse si può fare riferimento all’ “Allegato al voto n.36 del 27.07.2007, Pericolosita’ sismica e criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale”. In tale allegato si specifica che per trattare i problemi tecnico-amministritivi tipici della gestione del territorio, ogni regione può assegnare ad ognun comune, o frazione di esso, una delle quattro zone sismiche sulla base del valore di ag,475 ovvero l’accelerazione orizzontale attesa su suolo rigido per un periodo di ritorno di 475 anni (probabilità di superamento del 10% in 50 anni). Le zone sismiche sono definite per comuni o porzioni di essi assegnando la zona in funzione di ag secondo la seguente:

1. Zona 1 , 0.25 ; 2. Zona 2 0.15 , 0.25 ; 3. Zona 3 0.05 , 0.15 ; 4. Zona 4 , 0.05 ;

d1

d2d3

d4

Page 172: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

La definizione dell’azione sismica

159

5.3 Risposta sismica locale

5.3.1 Microzonazione sismica

A valle dell’opera di macrozonazione, il terremoto di riferimento è noto per un determinato sito in esame, tale terremoto, però, è riferito a suoli pianeggianti, molto compatti e omogenei. Queste condizioni si raggiungono generalmente solo a una certa profondità dalla superficie rigida, dove è presente quello che tecnicamente prende il nome di “bedrock”. L’azione effettiva che si risentirà in superficie potrebbe essere, e generalmente lo è, differente da quella ricavata. L’evento tellurico, infatti, si propaga nel terreno dalla crosta terrestre rigida, bedrock appunto, sotto forma di onde; le onde subendo riflessioni e rifrazioni, causate dalla eterogeneità della crosta terrestre in cui si muovono, arricchiscono ovvero modificano il segnale registrato da un ipotetico sismografo in superficie. Per quanto detto la stratigrafia locale del terreno gioca un ruolo molto importante nella definizione dell’evento sismico. L’importanza di questa problematica ha trovato nel tempo parecchie conferme nel diverso grado di danneggiamento prodotto da eventi sismici nel passato su costruzioni simili, ubicate a breve distanza e su sottosuoli di differenti caratteristiche.

Figura 5. 5 Effetti di sito su edifici nella città di Niigata (Giappone,1964)

Più precisamente la valutazione della risposta sismica locale è affetta principalmente da:

1. Effetti di campo-vicino a) Vicinanza relativa rispetto a faglie sismo-genetiche attive;

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Capitolo 5

160

2. Effetti di sito a) Amplificazione litostratigrafica; b) Amplificazione topografica.

Più precisamente il moto sismico è localmente influenzato dalla geologia, dalla topografia della superficie, dalle caratteristiche del sottosuolo e dalle caratteristiche geotecniche dei primi 30-50 m di profondità da un deposito di terreno. In generale, le caratteristiche del moto sismico atteso su roccia e ricavato con analisi di pericolosità (macrozonazione) sono amplificate dalle condizioni locali. La valutazione degli effetti locali è ricavata attraverso analisi di risposta sismica del terreno, le quali servono a determinare gli accelerogrammi in superficie e gli spettri di progetto, riferendosi direttamente alle entità comunemente adoperate dall’ingegneria strutturale per il progetto di opere in zona sismica.

Figura 5. 6 Propagazione di un’onda sismica dalla sorgente al sito e conseguenti problemi geotecnici

L’importanza dell’analisi di risposta sismica del terreno è legittimata da numerose normative nazionali e internazionali le quali prescrivono specifiche procedure per tenere in conto degli effetti locali.

5.3.2 Risposta sismica locale secondo le NTC08 Secondo le direttive delle NTC08 ai fini della definizione dell’azione

sismica di progetto per uno specifico sito di costruzione, è necessario valutare l’effetto della risposta sismica locale mediante:

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La definizione dell’azione sismica

161

1. Analisi specifiche e studi di amplificazione sismica locale litostratigrafica e topografica;

2. Approccio semplificato basato sull’identificazione di categorie di sottosuolo e topografiche secondo i criteri stabiliti dalla normativa.

La norma quindi contempla la possibilità di eseguire analisi specifiche di microzonazione sismica per definire l’azione di progetto. L’approccio basato sui metodi semplificati, che può essere applicato solo se l’azione sismica in superficie è descritta mediante accelerazione orizzontale massima attesa e spettro elastico di risposta, consiste nel quantificare gli effetti della risposta sismica locale in una modifica allo spettro di risposta elastico.

5.3.2.1 Categorie di sottosuolo L’inquadramento del sottosuolo nella rispettiva categoria prevista dalle

NTC08 è discriminato dal parametro Vs,30, ovvero la velocità equivalente delle onde di taglio nei primi 30 metri di profondità, tale valore è il risultato dell’eguaglianza del tempo di arrivo delle onde di taglio tra terreno stratificato ed uno omogeneo di spessore 30 m; si ottiene mediante la seguente equazione (eq. 3.2.1 NTC08):

,30

∑,

/ [5.7]

in cui:

spessore espresso in metri dell’ i-mo strato;

, velocità, espressa in m/s, dell’i-mo strato.

E’ dunque necessario conoscere la stratigrafia e la Vs dei primi 30 metri dal piano di posa delle fondazioni, e ciò comporta che la progettazione deve essere supportata da prove geotecniche.

La conoscenza della Vs nei vari strati può essere ottenuta compiendo prove dette di cross-hole, esse sono delle prove per la misura diretta della velocità delle onde di taglio valutando distanza e tempo di arrivo delle onde tra due fori: in uno si genera l’onda mentre nell’altro si registra il suo arrivo. Il funzionamento è schematicamente riportato in Figura 5.8.

Qualora non sia possibile eseguire la misura diretta della Vs, le NTC08 impongono di effettuare la classificazione in base ad altri due parametri a seconda che i terreni siano a grana grossa o a grana fine:

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Capitolo 5

162

1. Numero equivalente di colpi NSPT,30 in una prova di penetrazione dinamica (SPT “Standard Penetration Test”) per i terreni a grana grossa (condizioni drenate);

2. Resistenza non drenata equivalente cu,30 per terreni a grana fine.

Figura 5. 7 Schema di funzionamento della prova Cross-hole

La prova di penetrazione si esegue misurando la resistenza che si oppone all’avanzamento di un utensile standardizzato infisso nel terreno. Nelle prove di penetrazione dinamica l’utensile è infisso a percussione e il dato da rilevare è il numero di colpi richiesto per un avanzamento prefissato (NSPT). La resistenza non drenata può essere ottenuta da prove di laboratorio su campioni prelevati in sito; le più ricorrenti prove di laboratorio sono:

a) Prova triassiale Prova che permette il controllo della tensione radiale e verticale, il provino viene quindi sottoposto ad uno stato tensionale assialsimmetrico. Il provino avvolto in una membrana in lattice, allo scopo di isolare l’acqua presente all’interno di esso, viene posto in una cella in plexiglas contenente acqua il cui valore di pressione può essere opportunamente modificato mediante un sistema di pressurizzazione esterno. Sulla sommità del provino è posto un pistone che consente l’applicazione di una pressione verticale. Si porta il provino a rottura e dall’interpretazione dell’analisi si ottiene la resistenza a taglio.

b) Prova di taglio diretto Il provino è posto all’interno di due telai orizzontali che possono scorrere l’uno rispetto all’altro. Si imprime al provino una tensione verticale e lo si porta a rottura lungo un piano di slittamento definito, ovvero quello dell’interfaccia di collegamento dei due telai.

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La definizione dell’azione sismica

163

Questo modo di procedere, adottato dalla norma, è giustificato dal fatto che è noto, dalla letteratura specialistica, che le due grandezze, NSPT e cu, sono correlabili, mediante relazioni empiriche, alla velocità di taglio. Ottenuti i valori per i vari strati fino a una profondità di 30 m si esegue la classificazione secondo NTC08 ricavando i valori equivalenti su un sottosuolo omogeneo di spessore 30 m, mediante le formule proposte (eq. 3.2.2 ed eq. 3.2.3 NTC08):

,∑

∑,

,∑

∑,

[5.8]

in cui: spessore espresso in metri dell’ i-mo strato;

, numero dei colpi NSPT dell’i-mo strato;

, resistenza non drenata cU dell’i-mo strato;

numero di strati di cui si conosce il numero di colpi NSPT compresi nei primi 30 m di profondità;

K Numero di starti di cui si conosce la resistenza non drenata cu compresi nei primi 30 m di profondità.

Nel caso di sottosuolo composto da alternanza di terreni a grana fine e

grana grossa si applicano le equazioni [5.8] riferendosi ai primi 30 m limitandosi ad inserire nelle sommatorie solo gli strati di cui si conosce il parametro di cui si ricerca l’equivalente. Per entrambi i parametri, NSPT,30 e cu,30 , si individuerà la rispettiva categoria del terreno e si assegnerà al sottosuolo la peggiore tra le due (NTC08 §3.2.2).

Le categorie di sottosuolo sono suddivise dalla lettera “A” alla lettera “E” secondo i criteri che sono riportati nella Tabella 5.4 tratta dalla norma.

Page 177: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 5

164

Tabella 5. 4 - Categorie di sottosuolo secondo NTC08

A queste categorie di terreno se ne aggiungono due ulteriori, relative ai depositi per i quali si abbia una velocità delle onde di taglio eccezionalmente bassa o sia consistente il pericolo di liquefazione. Per queste due categorie, le cui caratteristiche sono riportate in Tabella 5.5, la norma prescrive analisi specifiche per la definizione delle azioni sismiche.

Tabella 5. 5 – Tab. 3.2.III NTC08 “Categorie aggiuntive di sottosuolo”

Una volta stabilita la categoria di appartenenza del sottosuolo, è necessario quantificare quanto valgono i parametri SS e CC , che interverranno all’interno delle espressioni dello spettro di risposta per la componente orizzontale per tenere in conto dell’amplificazione stratigrafica. Le espressioni per il calcolo sono riportate nella successiva tabella tratta dalla NTC08.

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La definizione dell’azione sismica

165

Tabella 5. 6 - Tab. 3.2.V NTC08 “Espressioni di Ss e Cc”

5.3.2.2 Amplificazione topografica

La NTC08 consente l’utilizzo di un metodo semplificato, da essa proposto, per la definizione dell’amplificazione dovuta alla topografia del sito. Questo può essere utilizzato in alternativa a specifici studi qualora le condizioni topografiche non siano complesse. Il metodo semplificato è basato sull’individuazione della categoria topografica di appartenenza utilizzando un criterio di classificazione che si ripropone nella successiva tabella.

Tabella 5. 7 – Tab.3.2.IV NTC08 “Categorie Topografiche”

Il parametro che, all’interno dello spettro della componente orizzontale della accelerazione, porta in conto l’amplificazione topografica si desume dalla seguente tabella per assegnata categoria topografica.

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Capitolo 5

166

Tabella 5. 8 - Tab.3.2.IV NTC08 “Categorie Topografiche”

5.4 Azione sismica secondo ntc08: spettro di risposta elastico

Il moto sismico è decomposto in due componenti, una piana secondo due direzioni principali (X,Y) ed una secondo la direzione verticale Z. A valle della stima della stima della pericolosità di base e della valutazione dei parametri che si riferiscono alla risposta sismica locale del sito in esame, è possibile ottenere gli spettri di risposta della componente orizzontale del sisma e di quella verticale.

5.4.1 Spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti orizzontali

Le forme spettrali in accelerazione delle componenti orizzontali sono fornite dalla NTC08 in §3.2.3.1, tutti gli spettri di risposta hanno forma affine tra di loro e si ottengono inserendo nelle equazioni proposte i parametri relativi al sito in esame. Le equazioni che descrivono lo spettro di risposta sono:

0 · · · ·1· 1

[5.9]

· · ·

· · · ·

· · · ·

nelle quali:

Periodo di vibrazione della struttura; Accelerazione spettrale orizzontale;

Coefficiente che tiene conto della risposta sismica locale e si ricava mediante la seguente espressione:

· con il significato specificato in precedenza di SS ed ST ;

Fattore che altera lo spettro elastico per coefficienti di smorzamento

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La definizione dell’azione sismica

167

viscosi convenzionali diversi dal 5%, mediante la relazione:

max10

5; 0.55

Con coefficiente di smorzamento espresso in percentuale; Fo Fattore che quantifica l’amplificazione spettrale massima ed ha valore

minimo pari a 2.2;

Periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello spettro, dato da:

· In cui e sono i parametri specificati in precedenza;

Periodo d’inizio dello spettro del tratto ad accelerazione costante, che si ottiene con:

; Periodo d’inizio del tratto a spostamento costante dello spettro, che si

ottiene con: 5.0 1.6;

A titolo di esempio si riporta calcolo e confronto dello spettro di risposta

elastico per il sito di Reggio Calabria (esattamente Long. 15.646° Lat. 38.114°) calcolato per le varie categorie di sottosuolo.

Si considera il sisma di progetto allo SLV per una struttura con vita di riferimento VR pari a 50 anni, ovvero un sisma con un periodo di ritorno pari a 475 anni (10% di probabilità di superamento in 50 anni). Nella tabella successiva si riportano i dati ricavati dall’allegato B delle NTC08, relativi alla pericolosità sismica di base del sito in esame.

Tabella 5. 9 - Parametri di pericolosità sismica per il sito Long.15.646°,Lat. 38.114° STATO LIMITE

Salvaguardia della vita SLV

10 % 475 anni 0.2696 g 2.41 0.36

Ipotizzando una superficie topografica orizzontale e coefficiente di smorzamento pari al 5%, si è ottenuto il valore dei parametri dipendenti dalla categoria di sottosuolo:

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Capitolo 5

168

Tabella 5. 10 – Parametri dipendenti dalla categoria di sottosuolo Parametri dipendenti Simbolo Cat.A Cat.B Cat.C Cat.D Cat.E

Coefficiente di amplificazione

topografico e stratigrafico 1.000 1.140 1.310 1.424 1.284

Fattore di smorzamento strutturale 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000

Periodo di inizio del tratto ad accelerazione costante

nello spettro 0.120 0.162 0.177 0.250 0.208

Periodo d’inizio del tratto a velocità costante nello

spettro 0.361 0.487 0.531 0.751 0.624

Periodo d’inizio del tratto a spostamento costante

nello spettro 2.678 2.678 2.678 2.678 2.678

Nella figura successiva si riporta il confronto tra gli spettri ottenuti per le varie categorie di sottosuolo.

Figura 5. 8: Spettri di risposta in termini di accelerazione della componente orizzontale per il sito di Reggio Calabria per le varie categorie di terreno.

5.4.2 Spettro di risposta elastico in spostamento delle componenti orizzontali

Le NTC08 al §3.2.3.2.3 riportano le espressioni per il calcolo dello spettro di risposta elastico in spostamento della componente orizzontale SDe:

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1.0

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 4.5 5.0

Se(T) [g]

T  [s]

CAT.A

CAT.B

CAT.C

CAT.D

CAT.E

Page 182: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

La definizione dell’azione sismica

169

·2

[5.10]

Purché il periodo di vibrazione T non ecceda i valori TE indicati nella successiva tabella:

Tabella 5. 11 – Tabella 3.2.VIII NTC08: Valori dei parametri TE e TF

Per valori superiori a TE le ordinate dello spettro con la seguente:

0.025 · · · · · · 1 · ·

[5.11]

In cui tutti i simboli sono già stati definiti ad eccezione di dg che rappresenta lo spostamento massimo del terreno durante l’evento sismico calcolabile con la seguente:

0.025 · · · · [5.13]

La figura seguente riporta il confronto degli spettri ricavati per le varie categorie di terreno:

Page 183: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 5

170

Figura 5. 9: Spettri di risposta in termini di spostamento della componente orizzontale per il sito di Reggio Calabria per le varie categorie di terreno

5.5 Azione sismica descritta mediante accelerogrammi

La disponibilità di procedure consolidate e robuste per l’analisi dinamica con Time History e il successivo recepimento da parte delle principali normative tecniche, consentono di compiere analisi dinamiche, in campo lineare e non, facendo uso di segnali accelerometrici. La scelta dell’accelerogramma da utilizzare nel progetto può vertere verso due tipologie:

• Accelerogrammi naturali ovvero provenienti da registrazioni di eventi sismici passati;

• Accelerogrammi simulati o artificiali generati adoperando opportune tecniche.

Gli accelerogrammi naturali sono la via più immediata per definire l’azione di progetto, questo perché essi sono facilmente disponibili e non richiedono competenze specifiche, come quelle necessarie alla generazione di accelerogrammi simulati o artificiali che siano appropriati al caso in esame.

La scelta degli opportuni accelerogrammi deve essere eseguita in maniera tale che essi riflettano le caratteristiche del terremoto che più influenzano la regione dello spettro (accelerazione costante, velocità costante, spostamento costante) di maggiore interesse per la determinazione del comportamento dinamico della struttura in esame. Le caratteristiche del terremoto, ad esempio magnitudo e distanza dalla sorgente, si ricavano dalla presenza di un’analisi

0.0

0.0

0.0

0.0

0.0

0.0

0.0

0.0

0.0

0.0

0.1

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 4.5

Se(T) [g]

T  [s]

CAT.A

CAT.B

CAT.C

CAT.D

CAT.E

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La definizione dell’azione sismica

171

probabilistica della pericolosità sismica per il sito d’interesse mediante una procedura detta disaggregazione della pericolosità.

5.5.1 Disaggregazione della pericolosità

La disaggregazione della pericolosità è una procedura mediante la quale si stima la probabilità che l’effetto osservato sia stato causato dalla contemporanea presenza di più elementi. Nello specifico considerando che l’effetto sia il manifestarsi di ag su un determinato sito, si calcola quale è la probabilità che essa sia stata generata da una certa coppia formata da magnitudo del terremoto e distanza del sito dalla sorgente sismogenetica.

Lo studio, già menzionato, condotto dall’INGV fornisce i valori di disaggregazione della pericolosità per la sola ag in termini della coppia magnitudo del terremoto M distanza dalla sorgente R, per tutti i periodi di ritorno. In Figura 5.10 si riporta la disaggregazione della pericolosità per il sito di Reggio Calabria tratta dallo studio INGV.

Figura 5. 10 Disaggregazione della pericolosità riferita ad ag con il 10% di probabilità di

superamento in 50 anni per Reggio Calabria

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Capitolo 5

172

E’ necessario, però, tenere in considerazione come le ordinate dello spettro, al variare del periodo proprio della struttura, possano essere maggiormente influenzate da coppie diverse di magnitudo e distanza. Infatti, i terremoti di magnitudo moderata e vicini, contribuiscono maggiormente alle ordinate spettrali ai bassi periodi, mentre anche terremoti più intensi e lontani contribuiscono significativamente nella parte dello spettro dei lunghi periodi e l’entità di tale contributo non può essere facilmente desumibile dalla disaggregazione della sola accelerazione di picco su suolo rigido, come messo in luce anche da recenti studi ad hoc (Convertilio et al., 2008).

Si noti infine che, oltre a magnitudo e distanza dalla sorgente, lo studio INGV fornisce anche alcune informazioni sulla disaggregazione in termini di ε , tale parametro misura quanto lo spetto del terremoto di riferimento devi da quello previsto dalla legge di attenuazione per la regione considerata. Si tralascia qui, per semplicità la discussione di questo termine del quale si possono trovare informazioni dettagliate in letteratura (Iervolino et al., 2008), intesa la sua non essenzialità per gli scopi prefissati in questo paragrafo.

5.5.2 Selezione di accelerogrammi per l’analisi dinamica

Il modo, ad oggi, considerato tra i più avanzati per la pratica professionale (Iervolino e Manfredi,2008) per la selezione di accelerogrammi consiste nell’ottenere, da studi sismologici ad hoc (es. studio INGV sul territorio italiano), l’analisi probabilistica della pericolosità sismica per il sito in esame. Da questa si definiscono, per uno o più stati limite di interesse, gli spettri a pericolosità uniforme UHS . Per ciascuno di questi si seleziona una serie di accelerogrammi che hanno caratteristiche simili (es. in termini di magnitudo e distanza) a quelle provenienti dalla disaggregazione per le ordinate dello spettro d’interesse per la struttura in esame.

A questo punto, selezionati gli accelerogrammi, si potrebbero eseguire le analisi dinamiche; alcuni studiosi però (Iervolino e Cornell, 2005) suggeriscono di eseguire una preventiva scalatura degli accelerogrammi di modo che il loro spettro coincida, attorno al periodo fondamentale della struttura, all’ordinata spettrale corrispondente. Tale scalatura può semplicemente eseguirsi moltiplicando l’accelerogramma per il rapporto tra il valore dello spettro di progetto che si vuole raggiungere e quello dello spettro degli accelerogrammi prima che si scalino (Fig.1.11).

I ricercatori consigliano questa procedura al fine di garantire che gli spettri associati agli accelerogrammi considerati siano simili allo spettro di progetto almeno attorno al periodo di oscillazione fondamentale della struttura. Inoltre, in molti casi, scalare gli accelerogrammi attorno al periodo fondamentale, riduce l’importanza della scelta degli stessi in funzione di

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La definizione dell’azione sismica

173

magnitudo e distanza. In pratica, si è visto che, entro certi limiti, la risposta della struttura, una volta scalati gli accelerogrammi è indipendente da magnitudo e distanza (Iervolino e Cornell, 2004).

Figura 5. 11 Spettri di una serie di 14 accelerogrammi scalati. Si nota la coincidenza a T=0.75 s

con lo spettro a pericolosità uniforme 10% in 50 anni (Comune Sant’Angelo dei Lombardi) - Immagine tratta da “Progettazione sismica n°1 pag.36”, Articolo a cura di Iervolino, Cosenza, Galasso-

5.5.3 Impiego di accelerogrammi secondo NTC08

La NTC08 discute l’impiego di accelerogrammi per l’analisi strutturale al §3.2.3.6, in specifica che gli stati limite, ultimi e di esercizio, possono essere verificati mediante l’utilizzo di accelerogrammi che possono essere o artificiali, o simulati o naturali.

Gli accelerogrammi artificiali devono rispettare vincoli di compatibilità media con lo spettro di risposta elastico di riferimento per il sito in esame per un coefficiente di smorzamento viscoso del 5%. In particolare l’ordinata spettrale media non deve presentare uno scarto in difetto superiore al 10%, rispetto al corrispondente valore nello spettro elastico di progetto, in alcun punto del maggiore tra gli intervalli 0.15 s ÷ 2.0 s e 0.15 s ÷ 2T (dove T è il periodo fondamentale di vibrazione della struttura) per le verifiche allo SLU , e 0.15 s ÷ 1.5T per le verifiche agli stati limite di esercizio. Nel caso di struttura isolata il limite superiore degli intervalli è assunto pari a 1.2 il periodo equivalente della struttura isolata Tis .

Gli accelerogrammi simulati e quelli reali è indicato che si qualifichi la scelta in base alle effettive caratteristiche della sorgente, della propagazione e/o

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Capitolo 5

174

dell’evento dominante. Gli accelerogrammi reali possono essere scalati per approssimare meglio lo spettro di riferimento.

Un modo di procedere auspicabile, in linea con le indicazioni NTC08, è quello di scegliere gli accelerogrammi a seguito della disaggregazione della pericolosità sismica per poi scalarli e renderli simili o coincidenti con lo spettro di riferimento. Tuttavia, è necessario porre l’accento che questo modo di procedere richiede informazioni su meccanismi di sorgente, su magnitudo e distanza; il tipo di dati necessari non è sempre disponibile, basti pensare che anche nel caso Italiano, in cui si hanno studi di pericolosità sismica, la disaggregazione della pericolosità è nota solo per ag. La norma specifica che, per ovviare al problema, è possibile utilizzare le condizioni di compatibilità media definita per i segnali artificiali anche per quelli naturali, avendo cura in ogni caso di rispettare le condizioni geologiche e di sito e di scegliere accelerogrammi il cui spettro è, per quanto possibile, generalmente simile a quello di riferimento. La norma specifica anche che è possibile, al fine di migliorare la compatibilità con lo spettro, scalare gli accelerogrammi di riferimento.

La norma infine prescrive che, se la risposta è valutata mediante analisi dinamica, gli effetti sulla struttura sono rappresentati dai valori medi degli effetti più sfavorevoli ottenuti dalle analisi qualora si siano utilizzati almeno sette diversi gruppi di accelerogrammi, altrimenti dai valori massimi. In nessun caso si possono adottare meno di tre gruppi di accelerogrammi.

Riassumendo per la selezione di accelerogrammi naturali sono disponibili due vie: una è di ottenerli direttamente dai dati di disaggregazione della pericolosità sismica, l’altra è di ottenerli in modo tale da risultare, entro i criteri dettati, compatibili con lo spettro di riferimento.

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<6>

INTRODUZIONE

Le norme tecniche delle costruzioni 2008, assieme alla circolare esplicativa n°617, costituiscono il raccordo definitivo tra le indicazioni nazionali e quelle europee. Come l’Eurocodice 8, norma principe per le costruzioni in zona sismica su suolo europeo, le NTC08 contengono numerose indicazioni sui criteri e metodi di analisi sia in campo lineare che non lineare delle strutture, le quali rispecchiano in maniera fedele gli attuali risultati della comunità scientifica esposti nei capitoli precedenti. Inoltre esse hanno il grosso vantaggio di essere delle norme aperte, ossia che permettono l’utilizzo di tecniche per le quali sia disponibile una comprovata affidabilità garantita sia dalla fonte di provenienza sia dai risultati delle prove sperimentali. In questo capitolo s’illustrano tutte le tecniche di analisi per strutture in zona sismica contemplate dalle norme, le quali sono esposte nel capitolo 7 delle NTC.

6.1 La regolarità strutturale

La regolarità strutturale è un concetto fondamentale delle norme tecniche in cui è indicato come sia auspicabile che sia posta alla base di ogni progettazione strutturale. Comunque, essa, fa da discriminante per la concreta applicazione dei metodi di analisi. La definizione delle caratteristiche di regolarità strutturale sono riportate nel §7.2.2NTC08, in cui si specificano i requisiti che sono perseguiti quando la struttura è regolare sia in pianta sia in elevazione. La circolare esplicativa n°617 specifica che una costruzione è

ANALISI STRUTTURALE E CRITERI DI VERIFICA

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Capitolo 6

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regolare in pianta e in altezza quando il suo comportamento è principalmente governato da modi di vibrare sostanzialmente traslazionali lungo due direzioni ortogonali e quando tali modi sono sostanzialmente crescenti, in maniera approssimativamente lineare, con l’altezza. Si precisa quindi come un’analisi delle caratteristiche modali della struttura sia sufficiente a cogliere la regolarità strutturale. Le prescrizioni del §7.2.2, riportate nei sottoparagrafi successivi, sono da intendersi quindi come condizioni solo necessarie per il raggiungimento della regolarità. In talune occasioni, ad esempio quando il rispetto delle limitazioni poste nel paragrafo §7.2.2, non avvenga solo per effetto di porzioni marginali dell’edificio, un esame dei modi di vibrare chiarisce se il requisito di regolarità può ritenersi raggiunto o meno.

6.1.1 Regolarità in pianta

Un edificio regolare in pianta è un edificio governato da modi di vibrare essenzialmente traslazionali. Questa proprietà implica, generalmente, le seguenti proprietà geometriche e meccaniche, riportate dall’NTC come criteri, alternativi all’analisi modale, mediante i quali identificare la regolarità in pianta:

1) configurazione in pianta compatta e approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione di massa e rigidezza;

2) il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui la costruzione risulta inscritta è inferiore a 4;

3) nessuna dimensione di eventuali sporgenze o rientranza supera il 25% della dimensione totale della costruzione nella direzione corrispondente;

4) gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto agli elementi verticali e sufficientemente resistenti.

6.1.2 Regolarità in elevazione

Un edificio regolare in altezza generalmente è caratterizzato da i seguenti requisiti strutturali e geometrici, che vengono proposti dall’NTC come strumenti, alternativi all’analisi modale, per stabilire se una struttura è regolare o meno:

1) Tutti i sistemi resistenti verticali (quali telai e pareti) si estendono per tutta l’altezza della costruzione.

2) Massa e rigidezza rimangono costanti o variano gradualmente, senza bruschi cambiamenti dalla base alla sommità della costruzione. La variazione massima consentita da un piano all’altro è pari al 25% per la massa, e del 30% e 10% rispettivamente per la diminuzione della rigidezza e per l’aumento. Ai fini della rigidezza si possono considerare regolari in altezza

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Analisi strutturale e criteri di verifica

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strutture in cui siano presenti per tutto lo sviluppo elementi di controventamento cui sia affidato almeno il 50% dell’azione sismica alla base.

3) Nelle strutture intelaiate progettate in bassa duttilità (CD ”B”) il rapporto tra la resistenza effettiva e resistenza richiesta dal calcolo non sia significativamente diversa per orizzontamenti diversi. È consentita una variabilità massima del 20% tra un piano e l’adiacente, eccezion fatta per l’ultimo piano di edifici di almeno tre piani.

4) Eventuali restringimenti della sezione orizzontale della costruzione avvengono in modo graduale da un orizzontamento al successivo, rispettando i seguenti limiti: ad ogni orizzontamento il rientro non supera il 30% della dimensione corrispondente al primo orizzontamento, ne il 20% della dimensione corrispondente all’orizzontamento immediatamente sottostante. Fa eccezione l’ultimo orizzontamento di costruzioni di almeno quattro piani per il quale non sono previste limitazioni di restringimento.

6.2 Criteri di modellazione della struttura e azione sismica

In §7.2.6 si riportano i criteri generali per la creazione del modello strutturale. Si specifica in particolare che il modello della struttura deve essere tridimensionale, imponendo così l’obbligatorietà di cogliere il comportamento globale sotto azioni dinamiche, e che esso deve contenere, in termini di rigidezza, essenzialmente gli elementi in grado di modificare le proprietà dinamiche della struttura. Le masse vanno considerate per intero e, eccetto casi specifici di presenza di masse rilevanti in posizione nota, possono considerarsi uniformemente distribuite con l’artificio di considerare eccentricità accidentali. Il solaio può essere considerato come diaframma rigido nel piano se sono soddisfatti dei requisiti dimensionali, usuale appannaggio della maggior parte delle strutture, e non manifestano sezioni allungate o fori che ne riducano la resistenza complessiva. In caso contrario la loro deformabilità deve essere modellata esplicitamente.

Per quel che concerne le analisi, si specifica che esse possono essere sia statiche che dinamiche, lineari o non lineari purché siano soddisfatte le relative condizioni di applicabilità. È posta particolare attenzione alla replica delle caratteristiche di resistenza degli elementi nel modello. Si precisa che è possibile adottare legami costitutivi non riportati nella stessa norma, purché ne sia giustificato opportunamente l’utilizzo. In alternativa si dà libertà all’utente di ridurre le rigidezze elastiche degli elementi fino a un valore massimo del 50%, commentando in maniera opportuna la scelta effettuata. Inoltre, è rimandata

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all’utente, la scelta di modellare esplicitamente o meno l’interazione tra terreno e sovrastruttura.

6.3 Metodi di analisi

L’NTC08 prevedono l’impiego sia di analisi lineare che di analisi non lineari.

Nei confronti del comportamento meccanico degli elementi, le analisi lineari possono essere utilizzate sia per sistemi dissipativi, ossia sistemi in cui si valuta l’escursione in campo plastico in cui le non linearità sono portate debitamente in conto dalla definizione di un fattore di struttura q, che per sistemi non dissipativi. L’adozione per sistemi non dissipativi non richiede specifiche aggiuntive, in quanto il comportamento di un edificio in ambito lineare non richiede altro che la definizione della rigidezza degli elementi e dello spettro di risposta elastico. Si è già evidenziato, nel capitolo 2, come sia possibile tenere conto delle non linearità sfruttando la proprietà della duttilità di ridurre le massime forze che la struttura risentirebbe in campo elastico. Nelle NTC08 il fattore scala è indicato con q ed è calcolabile con la seguente espressione:

[6.1]

Il valore è un valore base ed è il massimo valore che può essere raggiunto da una determinata tipologia strutturale regolare in pianta, per un assegnato livello di duttilità e da un determinato rapporto di sovraresistenza, inteso come il rapporto tra il valore dell’azione sismica che provoca il collasso della struttura per trasformazione in un meccanismo e il valore che provoca fuori uscita dal campo elastico di un primo elemento. Il valore del rapporto di sovraresistenza è stimabile direttamente da opportune analisi non lineari oppure desumibile per categorie strutturali, per le strutture non regolari è prevista una penalizzazione sul rapporto di sovraresistenza. Il coefficiente moltiplicativo è prettamente legato alla regolarità in elevazione della struttura. Nel caso di struttura irregolare in elevazione si penalizzano le capacità dissipative della tipologia strutturale del 20% ( 0.8 altrimenti è posto pari a 1. Per quanto riguarda la risposta alla componente verticale del sisma al fattore di struttura si da valore convenzionale di 1.5.

Il comportamento meccanico degli elementi dissipativi può in alternativa essere modellato esplicitamente utilizzando legami costitutivi, ai quali è richiesto di includere la perdita di resistenza (softening) e la resistenza residua, se significativi, e adottando di conseguenza analisi non lineari.

Le non linearità geometriche possono essere prese in considerazione mediante un parametro definito come segue:

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Analisi strutturale e criteri di verifica

179

[6.2]

In cui

È il carico totale verticale della parte di struttura sovrastante l’orizzontamento in esame

È lo spostamento relativo di interpiano È la forza orizzontale totale presente nell’orizzontamento in esame È l’altezza tra l’orizzontamento in esame e il sottostante.

Per 0.1 possono essere trscurati gli effetti delle non linearità geometriche. Se assume valori compresi tra 0.1 e 0.2 gli effetti delle non linearità geometriche sono non trascurabili e, in via semplificata, possono stimarsi incrementando gli effetti dell’azione sismica di un fatto pari a . In ogni caso non è ammissibile che vi siano 0.3. La norma non è esplicita su come debbano essere portate in conto le non linearità per valori di 0.2 0.3, appare comunque ragionevolee in linea con l’impostazione generale della normativa adottare le analisi con l’inclusione degli effetti P-Δ secondo la tecnica riportata nel capitolo 3 di questo documento.

6.3.1 Analisi statica lineare

6.3.1.1 Condizioni di applicabilità

L’analisi statica lineare è applicabile a costruzioni regolari in altezza in cui il periodo fondamentale non sia superiore a 2.5 TC o TD. Tali limitazioni permettono di assumere che il primo modo di vibrare sia approssimativamente lineare e rappresentativo del comportamento strutturale. Difatti la regolarità in altezza accompagna sempre un modo fondamentale di vibrazione approssimativamente lineare; la limitazione sul periodo garantisce che il contributo dei modi superiori sia trascurabile in quanto si trovano in zone con una minore accelerazione spettrale.

6.3.1.2 Procedura di analisi

Il metodo è basato sulla rappresentazione dell’azione sismica tramite un sistema di forze statiche orizzontali e sul calcolo delle sollecitazioni indotte da tali forze su un sistema elastico lineare. Si prende in considerazione, in entrambe le direzioni principali solo il primo modo di vibrare calcolato in maniera

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Capitolo 6

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approssimata come lineare in elevazione. Per il calcolo dei periodi fondamentali , in assenza di calcolo rigoroso, esistono numerose indicazioni bibliografiche.

La normativa italiana suggerisce, per edifici di altezza inferiore a 40 m, a destinazione d’uso civile o industriale, la cui massa sia distribuita in maniera approssimativamente uniforme lungo l’altezza, l’espressione

/ [6.3]

In cui è l’altezza dell’edificio dal piano di fondazione e una costante che vale 0.075 per edifici in cemento armato con struttura a telaio e 0.050 per le altre tipologie strutturali (ad esempio edifici con pareti in c.a.).

Il taglio totale al piede della costruzione, è dato dall’espressione

[6.4]

nella quale è il peso complessivo della costruzione e è un coefficiente riduttivo (pari a 0.85 se la costruzione ha almeno tre orizzontamenti e periodo inferiore a 2 , 1.0 in caso contrario) che cerca di ovviare al fatto che l’analisi statica fornisce risultati abbastanza cautelativi rispetto all’analisi modale. è lo spettro di progetto per lo stato limite considerato.

La forza totale da applicare alla massa i-esima è quindi:

∑ [6.5]

Essendo e i pesi delle masse presenti all’impalcato i e j, e e le corrispondenti quote rispetto al piano di fondazione. È interessante notare come la [6.5] coincida con l’equazione [1.72] ricavata al capitolo 1, nella quale comparivano le masse al posto dei pesi. Gli effetti torsionali dovuti all’eccentricità accidentale delle masse, se gli edifici sono simmetrici in pianta, in termini di masse e rigidezze, possono essere considerati amplificando le sollecitazioni su ogni elemento resistente, calcolate con la distribuzione [6.5], attraverso il fattore risultante dalla seguente espressione:

1 0.6 / [6.6]

Essendo la distanza dall’elemento resistente verticale dal baricentro geometrico di piano, misurata perpendicolarmente alla direzione dell’azione sismica considerata, e la distanza tra i due elementi resistenti più lontani nella stessa direzione. Tale fattore è una diretta applicazione della formula di Navier, e quindi implicitamente considera la presenza di un solaio rigido.

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Analisi strutturale e criteri di verifica

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6.3.2 Analisi dinamica lineare

6.3.2.1 Condizioni di applicabilità

L’analisi dinamica lineare è definita dalle NTC come il metodo normale per la definizione delle sollecitazioni di progetto. L’analisi lineare dinamica contempla due metodologie di analisi strutturale, l’analisi modale con spettro di risposta e l’analisi con time history, ossia con accelerogramma e integrazione al passo delle equazioni del moto. L’analisi dinamica lineare con integrazione al passo è applicabile solo se la struttura non è dissipativa. Non vi alcuna limitazione circa la regolarità strutturale per l’esecuzione di un’analisi dinamica.

6.3.2.2 Procedura di analisi

Per quel che concerne l’analisi dinamica con integrazione diretta delle equazioni del moto, la norma non esprime particolari attenzioni direttamente sulla sua modalità di esecuzione. Le uniche prescrizioni si ereditano da quelle relative alla scelta degli accelerogrammi già riportate nel capitolo 5. Quindi l’analisi può essere eseguita utilizzando le tecniche descritte nei capitoli sull’analisi strutturale.

L’analisi modale con spettro di risposta secondo NTC08 è condotta secondo tre passaggio fondamentali:

1) determinazione dei modi di vibrare naturale della costruzione (analisi modale)

2) calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di risposta di progetto relativo allo stato limite considerato;

3) combinazione degli effetti di ciascun modo di vibrare;

Il numero dei modi da considerare nell’analisi è discriminato da due requisiti

- tutti i modi con massa partecipante maggiore del 5% - comunque un numero totale di modi tale che la massa partecipante totale

superi l’85%.

Inoltre si prescrive di considerare per tutti i modi propri di vibrare, di una struttura in c.a., uno smorzamento convenzionale del 5%.

La norma presta particolare attenzione alla combinazione degli effetti dei singoli modi, basate su formule di natura probabilistica che tengono conto

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Capitolo 6

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dell’asincronia con cui si raggiungono i valori massimi nei vari modi, ossia si raggiungono le relative ordinate spettrali.

Se i periodi sono tra di loro sufficientemente distanti, almeno il 10%, si ritiene valida l’ipotesi che i contributi massimi dei singoli modi non siano correlati e non si verifichino contemporaneamente per cui la formula proposta è la SRSS già presentata nel capitolo 1

[6.7]

In alternativa la norma propone una combinazione quadratica completa CQC

, [6.8]

Con

,8 /

1 4 1 4 [6.9]

6.3.3 Analisi non lineare statica

L’analisi non lineare statica proposta nelle NTC, in linea con l’Eurocodice 8, ricalca sostanzialmente il metodo N2 per edifici regolari in pianta proposto da Fajfar, già riportato al capitolo 2.

6.3.3.1 Condizioni di applicabilità

Affinché l’analisi statica non lineare sia applicabile, devono sussistere le condizioni di applicabilità di almeno un profilo di forze del gruppo 1, come meglio specificato avanti. In dettaglio è richiesta, per la direzione considerata, la presenza di un modo con rilevante massa partecipante. Questo requisito limita, in maniera implicita l’applicazione agli edifici irregolari. Difatti, nella maggioranza dei casi, l’irregolarità porta ad avere i modi associati ai periodi più lunghi con massa partecipante rilevante e tra di loro confrontabile. Ad ogni modo, la circolare esplicativa n°617, al § C7.3.4.1, ribadisce e chiarifica che questo tipo di analisi è utilizzabile solo per costruzioni il cui comportamento sotto la componente del terremoto considerata è governato da un modo di

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Analisi strutturale e criteri di verifica

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vibrare naturale con significativa massa partecipante. Se la massa partecipante al primo modo è superiore al 75% la norma prevede la possibilità di applicare un profilo di carico unimodale, direttamente proporzionale al primo modo di vibrare o alla sua approssimazione lineare. Se la massa partecipante dle modo fondamentale non raggiunge il 75% la norma prevede l’adozione di un profilo di carico multimodale utilizzando come forma equivalente i tagli di piano, ovvero la distribuzione di Freeman già esposta nel capitolo 2.

6.3.3.2 Basi della procedura

L’analisi consiste nell’applicare alla struttura i carichi gravitazionali e, per la direzione considerata dell’azione sismica, un sistema di forze orizzontali distribuite, a ogni livello della costruzione, proporzionalmente alle forze d’inerzia e aventi risultante (taglio alla base) Fb. Tali forze sono scalate in modo da far crescere monotonamente, sia in direzione positiva che negativa e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale o globale, lo spostamento orizzontale dc di un punto di controllo coincidente con il centro di massa dell’ultimo livello della costruzione (sono esclusi eventuali torrini). Il diagramma Fb - dc rappresenta la curva di capacità della struttura.

Si prescrive l’utilizzo di almeno due distribuzioni di forze d’inerzia, dette rispettivamente principali e secondarie. Questi due gruppi cercano di descrivere il comportamento delle strutture secondo quanto riportato nella tabella 6.1 (Colajanni & Potenzone,2008)

Tabella 6. 1 – Sintesi delle finalità dei due profili di carico delle NTC08 Distribuzione principale Distribuzione secondaria

Finalità Descrivere il comportamento elastico o quasi-elastico Descrivere il comportamento plastico

Sisma di riferimento Bassa intensità (basso ) Alta intensità (elevato )

Profilo di carico associato

Secondo proprietà dinamiche della struttura

Secondo le capacità plastiche della struttura

Condizioni della struttura per il

sisma di riferimento

Limitata plasticizzazione: a. Rigidezza quasi inalterate b. Proprietà dinamiche quasi

inalterate

Diffusa plasticizzazione: a. Rigidezza fortemente ridotta b. Proprietà dinamiche mutano

continuamente

Commenti Colgono bene il comportamento

di strutture a comportamento debolmente plastico

Tentano di riprodurre l’evoluzione del comportamento di strutture in fase

ampiamente elastica

• GRUPPO 1 PRINCIPALE

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Capitolo 6

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In questa categoria rientrano le distribuzioni atte a prevedere la risposta di sistemi a comportamento debolmente non lineare: i. distribuzione proporzionale alla distribuzione di forze dell’analisi

statica, purché la massa partecipante nella direzione in esame sia maggiore del 75% e si utilizzi come distribuzione secondaria la distribuzione uniforme;

ii. distribuzione proporzionale alla forma del modo di vibrare fondamentale nella direzione in esame, purché esso abbia massa partecipante maggiore del 75%;

iii. distribuzione di forze in grado di riprodurre l’andamento dei tagli di piano calcolati attraverso l’analisi dinamica modale. Questo metodo è applicabile solo se la struttura a periodo fondamentale maggiore di .

Non sono necessarie particolari precisazioni eccetto che per la terza distribuzione di forze. Questa distribuzione è a tutti gli effetti il profilo multimodale di Freeman come specificato nel capitolo 2; essa, infatti, considera più modi di vibrare in quanto il taglio di piano in analisi modale è ottenuto con le regole di combinazione SRSS o CQC. La forza da applicare all’i-esimo impalcato è quindi

i=1..n-1 [6.10]

in cui è il taglio sismico all’i-esimo impalcato ottenuto dall’analisi modale.

• GRUPPO 2 SECONDARIO

Con questa categoria si cerca di prevedere la risposta di sistemi a comportamento fortemente non lineare:

i. La distribuzione uniforme, nella quale le forze sono proporzionali ai pesi sismici di piano;

ii. Distribuzioni adattive, in cui la forma del profilo di carico si modifica durante l’analisi in funzione della plasticizzazione della struttura.

La norma non fornisce espressioni esplicite per il calcolo delle distribuzioni adattive rimandando alla letteratura specialistica per l’utilizzo di tecniche consolidate e di comprovata affidabilità. Nella Circolare si sottolinea che nelle strutture in cui il modo di vibrare torsionale abbia un periodo superiore ad almeno uno dei due modi di vibrare principali traslazionale, a patto che ricorrano

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Analisi strutturale e criteri di verifica

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le condizioni di applicabilità della pushover, consiglia di utilizzare un profilo di carico adattivo.

6.3.3.3 Procedura di analisi

Nota la curva di capacità del sistema è richiesto che al sistema strutturale sia associato un sistema a un grado di libertà.

Figura 6. 1 Sistema e diagramma bilineare equivalente secondo NTC (Fig. C.7.3.1)

La forza e lo spostamento del sistema equivalente sono legati alle corrispondenti grandezze Fb e dc del sistema reale da relazioni analoghe a quelle già esposte nel capitolo 2:

Γ Γ [6.11]

Per l’appunto Γ è il fattore di partecipazione modale calcolato per il modo in esame normalizzato rispetto allo spostamento in sommità. Alla curva di capacità del sistema equivalente occorre ora sostituire una curva bilineare avente un primo tratto elastico ed un secondo tratto perfettamente plastico. Detta la resistenza massima del sistema strutturale reale ed /Γ la resistenza massima del sistema equivalente, il tratto elastico si individua imponendone il passaggio per il punto 0.6 della curva di capacità del sistema equivalente, la forza di plasticizzazione si individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla curva di capacità per lo spostamento massimo corrispondente a una riduzione di resistenza di almeno il 15% di .

Ottenuta la curva di capacità del sistema SDOF equivalente è possibile la costruzione dello spettro di capacità nel formato ADRS e ricavare i massimi spostamenti richiesti dal sistema,seguendo le procedure riportate nel capitolo 2. La norma fornisce direttamente le equazioni, rendendo implicito il passaggio per lo spettro di capacità. Di fatti il periodo è calcolabile come:

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Capitolo 6

186

2 [6.12]

essendo il coefficiente di partecipazione modale del modo in esame , e la rigidezza valutata sul tratto iniziale.

Note le caratteristiche dello SDOF equivalente la determinazione degli spostamenti avviene mediante formule basate sui criteri di equivalenza con l’oscillatore elastoplastico come riportato nel capitolo 2. Se il periodo è alto,

, la domanda in spostamento si assume pari a quella di un sistema indefinitamente elastico di eguale periodo

, [6.13]

Se è minore di ma ragionevolmente maggiore di zero, in accorod con il principio di eguale energia, si utilizza l’espressione

, 1 1 , [6.14]

Dove / è il rapporto tra la massima forza di risposta del sistema elastico e la forza di snervamento del sistema equivalente. L’applicazione del criterio di eguale accelerazione è contenuto sia nella limitazione del valore inferiore di al valore elastico, sia nell’indicazione che, qualora risultasse 1 lo spostamento è da assumere, direttamente, pari a quello elastico.

Figura 6. 2 Procedura grafica per la determinazione della domanda strutturale in spostamento

Noto il valore dello spostamento strutturale massimo è necessario verificare che esso risulti inferiore a , altrimenti la situazione di insufficienza della struttura è automaticamente sancita. Dal valore di spostamento ottenuto, se compatibile, si risale allo stato deformativo-tensionale della struttura ed è possibile procedere alle verifiche.

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Analisi strutturale e criteri di verifica

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6.3.4 Analisi non lineare dinamica

6.3.4.1 Applicabilità

Non esistono limiti di applicabilità all’analisi dinamica non lineare. E’ comunque richiesto che sia effettuato il controllo con i risultati di un’analisi modale con spettro di progetto per una validazione ragionata dell’analisi. Si specifica che i principali obiettivi sono quelli di ottenere le richieste di duttilità dei vari elementi, da confrontare con la domanda, e i valori massimi delle sollecitazioni, da confrontare con le resistenze. È richiesta particolare attenzione alla scelta dei legami costitutivi dei materiali.

6.3.4.2 Esecuzione della procedura

È richiesta una preventiva applicazione di un’analisi non lineare, anche statica, per la valutazione degli effetti dei carichi verticali. Le norme non specificano in maniera diretta come debba essere condotta l’analisi, limitandosi a indicazioni di natura prestazionale. La scelta degli accelerogrammi da utilizzare è stata discussa al precedente capitolo, mentre le tecniche d’integrazione diretta per sistemi non lineari nel capitolo 2.

6.4 Criteri di verifica

La verifica agli SLE si limita al controllo degli spostamenti d’interpiano e non si effettua generalmente in termini di resistenza. L’adozione di uno spettro non scalato porta nella maggior parte dei casi ad avere azioni maggiori di quelle considerate per il progetto allo SLU. Tuttavia, questa apparente anomalia è inesistente perché all’SLU le azioni sono ridotte perché è presente un danno esteso sugli elementi che certamente è inammissibile nei confronti di uno stato limite di esercizio, rispetto al quale è richiesto che la struttura mantenga integra la sua funzionalità. Il requisito d’integrità con limitato danno può ritenersi raggiunto se la struttura non manifesta spostamenti d’interpiano eccessivi, ossia contenuti nelle limitazioni della norma (0.005 h).

Essa non richiede particolari spiegazioni: ottenuti i valori di spostamento dall’analisi modale con spettro elastico per la probabilità di superamento in esame si confrontano con i massimi ammissibili.

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Capitolo 6

188

6.4.1 Criteri di verifica agli SLU

Con riferimento agli elementi strutturali la verifica può avvenire secondo due modalità:

-in termini di duttilità; -in termini di resistenza.

6.4.1.1 Verifica agli SLU in termini di resistenza

La verifica degli elementi si esegue verificando che sia soddisfatta la diseguaglianza

[6.15]

in cui è il valore di ciascuna sollecitazione valutato con le analisi opportune e è la resistenza dell’elemento in esame. In particolare per gli orizzontamenti è

previsto un incremento del 30% delle azioni di progetto.

6.4.1.2 Verifica agli SLU in termini di duttilità

Deve essere verificato che la domanda di duttilità dedotta dalle analisi risulti sempre compatibile con la duttilità massima dell’elemento. In caso di analisi non lineari il livello di duttilità richiesta è direttamente ottenibile a valle delle stesse. Nel caso dell’analisi con spettro di progetto ridotto con il fattore di struttura i risultati delle analisi devono essere corrette utilizzando opportune formule, riportate nel capitolo 7 NTC, e legate ai concetti dell’equivalenza con l’oscillatore elastoplastico.

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<7>

INTRODUZIONE

Il problema della valutazione degli edifici esistenti è di fondamentale importanza per il territorio italiano, da un lato per l’elevata vulnerabilità, soprattutto rispetto alle azioni sismiche, dall’altro per il valore storico-architettonico-artistico-ambientale di gran parte del patrimonio edilizio esistente. Le procedure per la valutazione, però, non possono essere standardizzate poiché è presente una notevole varietà di tipologie strutturali e casistiche specifiche del manufatto oggetto d’intervento. Vanno peraltro riconosciute le difficoltà oggettive, sia di carattere logistico sia economico nelle quali il professionista è spesso chiamato a operare. La valutazione di un edificio esistente, similmente al progetto di un edificio nuovo, è affetto da numerose incertezze che non necessariamente sono superiori: si pensi ad esempio alle caratteristiche dei materiali che possono essere note direttamente con un’opportuna campagna di indagine.

Le costruzioni esistenti sono trattate nel capitolo 8 delle NTC, in tale capitolo si riconosce la difficoltà di standardizzazione delle metodologie motivo per le quali le richieste sono essenzialmente prestazionali. È da segnalare la redazione nell’ambito del progetto RELUIS (Rete dei Laboratori Universitari d’Ingegneria Sismica) la redazione di linee guida per l’analisi non lineare di edifici esistenti in c.a.

ANALISI E VALUTAZIONE DEGLI EDIFICI

ESISTENTI IN C.A.

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Capitolo 7

190

Nel presente capitolo, oltre alle indicazioni di carattere generale, si riportano le indicazioni della normativa riguardo la valutazione di edifici intelaiati in cemento armato.

7.1 Le informazioni necessarie per la valutazione

Secondo le NTC08, il processo di valutazione di fonda sull’acquisizione dei dati della struttura, in modo da progettare un intervento mirato e non ridondante, rispetto alle proprietà strutturali e ai livelli di sicurezza necessari. In particolare la NTC08 evidenzia come gli edifici esistenti si differenzino da quelli di nuova costruzione per alcuni aspetti, quali:

- la costruzione riflette lo stato delle conoscenze al tempo della sua realizzazione;

- possono essere insiti e non palesi difetti di impostazione e di realizzazione;

- la costruzione può essere stata soggetta ad azioni, anche eccezionali, i cui effetti non siano completamente manifesti;

- le strutture possono presentare degrado e/o modificazioni significative rispetto alla situazione originaria.

Nella Circolare n°617 si rileva come il grado d’incertezza possa essere minore rispetto a quello delle nuove costruzioni. Quest’affermazione si riallaccia ai criteri di progettazione agli stati limite mediante l’utilizzo dei coefficienti parziali. Nelle costruzioni nuove, infatti, le modalità di verifica sono basate sull’adozione degli anzidetti coefficienti di sicurezza parziali da applicare alle azioni e alle caratteristiche dei materiali, concepiti e calibrati per tenere conto dell’aleatorietà dell’intero processo che va dalla progettazione, con l’imposizione di dati progettuali, alla realizzazione. Nelle costruzioni esistenti è cruciale la conoscenza della struttura (geometria e dettagli costruttivi) e dei materiali che la costituiscono (calcestruzzo, acciaio, etc.). Per questi motivi nella valutazione degli edifici esistenti è introdotta un’apposita categoria di fattori, i fattori di confidenza, strettamente legati al livello di conoscenza conseguito ed essi sono applicati ai valori medi, determinati dalle indagini, per ottenere i valori da utilizzare nelle verifiche al posto dei valori caratteristici.

Per quel che concerne gli edifici in c.a. le NTC08 instradano il progettista su come procedere alla valutazione acquisendo alcuni dati fondamentali per la comprensione del manufatto. La Circolare n° 617 nell’appendice A, dedicata agli edifici esistenti, indica alcune fonti da cui reperire informazioni, che si riportano di seguito:

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Analisi le valutazione degli edifici esistenti in c.a.

191

- documenti di progetto con particolare riferimento a relazioni geologiche, geotecniche, strutturali e elaborati grafici strutturali;

- eventuale documentazione acquisita in tempi successivi alla costruzione;

- rilievo strutturale e geometrico e dei dettagli esecutivi; - prove in situ e di laboratorio.

Inoltre specifica gli aspetti fondamentali che devono essere portati in conto nella creazione del modello strutturale di un edificio esistente:

- la geometria e i dettagli costruttivi sono definiti e la loro conoscenza dipende solo dalla documentazione disponibile e dal livello di approfondimento delle indagini;

- la conoscenza e le proprietà meccaniche dei materiali non risente delle incertezze legate alla produzione e posa in opera ma solo della disomogeneità dei materiali stessi all’interno della costruzione, dal livello di approfondimento delle indagini conoscitive e dell’affidabilità delle stesse;

- i carichi permanenti sono definiti e la loro conoscenza dipende dal livello di approfondimento delle indagini conoscitive.

In seguito a queste linee generali sono presentati nello specifico un elenco di dettagli principali da dover individuare e conoscere, che si riportano di seguito:

- identificazione dell’organismo strutturale e verifica del rispetto dei criteri di regolarità indicati dalle NTC al §7.2.2 e riportate nel precedente capitolo di questo lavoro; tale identificazione può avvenire o sulla base dei disegni originali di progetto opportunamente verificati con indagini in-situ oppure con un rilievo ex-novo;

- identificazione delle strutture di fondazione; - identificazione delle categorie del sottosuolo per la definizione

dell’azione sismica; - informazioni sulle dimensioni geometriche degli elementi strutturali, dei

quantitativi delle armature, delle proprietà meccaniche dei materiali, dei collegamenti;

- informazioni sui possibili difetti locali dei materiali; - informazioni su possibili difetti nei particolari costruttivi (dettagli delle

armature, eccentricità travi pilastro, eccentricità pilastro-pilastro, collegamenti trave colonna, collegamenti in fondazione etc.)

- informazioni sulle norme impiegate nel progetto originale incluso il valore delle eventuali azioni sismiche di progetto;

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Capitolo 7

192

- descrizione della classe d’uso, della categoria e della vita nominale in accordo alle attuali indicazioni NTC08;

- rivalutazione dei carichi variabili in funzione della destinazione d’uso; - informazione sulla natura e l’entità di eventuali danni subiti in

precedenza e sulle riparazioni effettuate.

La quantità e la qualità dei dati acquisiti definisce i metodi di analisi applicabili e le resistenze dei materiali da utilizzare in sede di verifica. Maggiore sarà la conoscenza della struttura in esame e migliore sarà la modellazione della stessa, portando al minimo i coefficienti di sicurezza e riducendo la necessità d’interventi.

7.1.1 I livelli di conoscenza

Il processo di acquisizione dei dati porta alla definizione di un livello di conoscenza, il quale determina il metodo di analisi e i fattori da confidenza da applicare alle proprietà dei materiali. Si distinguono tre livelli di conoscenza:

- LC1: Conoscenza limitata - LC2: Conoscenza adeguata - LC3: Conoscenza Accurata

L’appartenenza a un livello di conoscenza, piuttosto che a un altro è discriminato dai dati acquisiti su:

1) geometria, ossia le caratteristiche geometriche degli elementi strutturali; 2) dettagli strutturali, ossia la quantità e disposizione di armature,

compreso il passo delle staffe e la loro chiusura, i collegamenti con elementi strutturali diversi, la consistenza degli elementi non strutturali collaboranti;

3) materiali, ossia le proprietà meccaniche dei materiali.

La seguente tabella riporta sinteticamente i requisiti d’indagine che portano all’inquadramento di un determinato livello di conoscenza e il relativo fattore di confidenza. Essa è tratta dalla Circolare n°617 (tabella C81.1.2) alla quale si rimanda per una definizione del dettaglio dei requisiti d’indagine.

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Analisi le valutazione degli edifici esistenti in c.a.

193

Tabella 7. 1 – (Tabella C8A.1.2) Livelli di conoscenza in funzione dell’informazione disponibile e conseguenti metodi di analisi ammessi e valori di confidenza per edifici in calcestruzzo armato

7.1.1.1 Indagini sulla geometria dell’edificio

Per avere un modello fedele in termini di rigidezza (dimensione, posizione pilastri e travi, etc. ) si devono analizzare le dimensioni degli elementi strutturali, così da poter adottare il modello di analisi più idoneo, sia lineare sia non lineare. Sono disponibili diversi mezzi per ottenere le informazioni sulla geometria, e sono riportati dalla Circolare.

- Disegni originali e di carpenteria: descrivono la geometria della struttura, gli elementi strutturali e le loro dimensioni, e permettono di individuare l’organismo strutturale resistente alle azioni orizzontali e verticali. -Disegni costruttivi e esecutivi: oltre alle informazioni già ricavabili con i disegni del punto precedente, contengono la descrizione delle quantità, disposizione e dettagli costruttivi di tutte le armature, nonché le caratteristiche nominali dei materiali usati. -Rilievo visivo: serve a controllare la corrispondenza tra l’effettiva geometria della struttura e i disegni originali di carpenteria disponibili. Comprende il rilievo a campione della geometria di alcuni elementi. Nel caso di

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Capitolo 7

194

modifiche non documentate intervenute durante o dopo la costruzione, dovrà essere eseguito un rilievo completo. -Rilievo completo: serve a produrre disegni completi di carpenteria del caso in cui quelli originali siano mancanti o si sia riscontrata una non corrispondenza tra questi ultimi e l’effettiva geometria della struttura. I disegni prodotti dovranno descrivere la geometria della struttura, gli elementi strutturali e le loro dimensioni, e permettere di individuare l’organismo strutturale resistente alle azioni orizzontali e verticali con lo stesso grado di dettaglio proprio di disegni originali.

Indicazioni specifiche in merito a cosa rilevare nella geometria degli edifici sono date circa:

- identificazione del sistema resistente alle forze orizzontali in entrambe le direzioni;

- tessitura dei solai; - dimensioni geometriche di travi, pilastri e pareti; - larghezze delle ali di travi a T; - possibili eccentricità fra travi e pilastri ai nodi;

7.1.1.2 Indagini sui dettagli strutturali

I dettagli costruttivi, necessari per l’applicazione di analisi non lineari, possono essere determinati tramite due vie, progetto simulato e verifiche in situ.

-Progetto simulato Serve, in mancanza dei disegni costruttivi originali, a definire la qualità e la disposizione dell’armatura in tutti gli elementi con funzione strutturale o le caratteristiche dei collegamenti. È eseguito sulla base delle norme tecniche in vigore e della pratica costruttiva caratteristica dell’epoca della costruzione. -Verifiche in situ limitate servono per verificare la corrispondenza tra le armature o le caratteristiche dei collegamenti effettivamente presenti e quelle riportate nei disegni costruttivi oppure ricavate dal progetto simulato. -Verifiche in situ estese Servono quando non sono disponibili i disegni costruttivi originali come alternativa al progetto simulato seguito da verifiche in situ limitate, oppure quando i disegni costruttivi originali sono incompleti. -Verifiche in situ esaustive Servono quando non sono disponibili i disegni costruttivi originali e si desidera un livello di conoscenza accurata (LC3).

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Analisi le valutazione degli edifici esistenti in c.a.

195

Per ciascuna tipologia strutturale è quantificato il numero di controlli da compiere in relazione al totale. Come per il rilievo geometrico, sono riportate indicazioni specifiche sull’individuazione di dettagli costruttivi e sono di seguito riportati:

- quantità di armatura longitudinale di travi pilastri e pareti; - quantità e dettagli di armatura trasversale nelle zone critiche e nei

nodi trave-pilastro; - quantità di armatura longitudinale nei solai che contribuisce al

momento negativo si travi a T; - lunghezze di appoggio e condizioni di vincolo degli elementi

strutturali; - spessore del copriferro; - lunghezza delle zone di sovrapposizione delle barre;

7.1.1.3 Indagini sulle proprietà dei materiali

I metodi di prova per valutare sulle caratteristiche dei singoli materiali possono variare a seconda della tipologia e del livello di conoscenza che si vuole raggiungere. Le prove sono specificate nella circolare n°617 al §C8A.1.B.3 per i vari tipi di materiali da costruzione delle strutture in c.a.

-Calcestruzzo La misura delle caratteristiche meccaniche si ottiene mediante estrazione dei campioni ed esecuzione di prove di compressione fino a rottura. -Acciaio La misura delle caratteristiche meccaniche si ottiene mediante estrazione di campioni ed esecuzione di prove a trazione fino a rottura con determinazione della resistenza di snervamento e della resistenza e deformazione ultima, salvo nel caso in cui siano disponibili certificati di prova di entità conforme a quanto richiesto per le nuove costruzioni, nella normativa dell’epoca. -Unioni di elementi in acciaio La misura delle caratteristiche meccaniche si ottiene mediante estrazione di campioni ed esecuzione di prove a trazione fino a rottura con determinazione della resistenza a snervamento e della deformazione ultima. -Metodi di prova non distruttivi

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Capitolo 7

196

Sono ammessi metodi d’indagine non distruttiva di documentata affidabilità, che non possono essere impiegati in completa sostituzione di quelli sopra descritti, ma sono consigliati a loro integrazione, purché i risultati siano tarati su quelli ottenuti con prove distruttive. Nel caso del calcestruzzo, è importante adottare metodi di prova che limitino l’influenza della carbonatazione degli strati superficiali sui valori di resistenza. -Prove in situ limitate Servono a completare le informazioni sulle proprietà dei materiali ottenute o dalle normative in vigore all’epoca della costruzione, o dalle caratteristiche nominali riportate dai disegni costruttivi, o da certificati originali di prova. -Prove in situ estese Servono per ottenere informazioni sia in mancanza dei disegni costruttivi, che dei certificati originali di prova, oppure quando i valori ottenuti dalle prove limitate risultino inferiori a quelli riportati nei disegni o nei certificati originali. -Prove in situ esaustive Servono per ottenere informazioni in mancanza sia dei disegni costruttivi, che dei certificati originali di prova, oppure quando i valori ottenuti dalle prove limitate risultano inferiori a quelli riportati nei disegni o nei certificati originali, e se si desidera un livello di conoscenza accurata (LC3).

Le prove opportune nei diversi casi sono indicate in un’apposita tabella che si riporta per completezza.

Tabella 7. 2 – (Tabella C8A.1.3a) Definizione orientativa dei livelli di rilievo e prove per edifici in c.a.

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Analisi le valutazione degli edifici esistenti in c.a.

197

7.2 I metodi di analisi e criteri di verifica

L’azione sismica è calcolata come per le strutture nuove, per i diversi stati limite, tenendo conto del periodo di riferimento, siccome definito dalle NTC. Gli effetti di essa possono essere calcolati come nel caso del progetto di edifici nuove, come meglio specificato nel precedente capitolo. Tuttavia, sono necessarie alcune precisazioni.

Ai fini delle verifiche di sicurezza, gli elementi strutturali vengono distinti in “duttili” e “fragili” e la verifica è incentrata nel confronto tra domanda D e capacità C: in elementi fragili la domanda è costituita dal livello di sollecitazione ricavato dalle analisi e la capacità nella resistenza degli stessi, negli elementi duttili la domanda è la duttilità richiesta la capacità quella disponibile.

7.2.1 Analisi statica lineare con spettro elastico

L’analisi statica lineare può essere compiuta adottando come spettro di riferimento quello elastico. In tal caso sono necessarie delle indicazioni aggiuntive per la definizione delle azioni e per i criteri di verifica:

-Si indica con / , il rapporto tra il momento flettente , fornito dall’analisi della struttura soggetta ad azioni sismiche, e il corrispondente valore di momento resistente (valutato con lo sforzo normale relativo alle condizioni di carico gravitazionali) dell’i-esimo elemento primario della struttura. S’indica inoltre con e i valori massimo e minimo di tutti i 2, il rapporto / non deve superare il valore 2.5.

-La capacità degli elementi meccanismi/fragili deve essere maggiore della corrispondente domanda , calcolata sulla base della resistenza degli elementi duttili adiacenti, se il degli elementi fragili è maggiore di 1, oppure sulla base dei risultati dell’analisi se il dell’elemento meccanismo fragile è minore di 1.

La verifica degli elementi duttili si esegue confrontando gli effetti indotti dalle azioni sismiche in termine di deformazioni con i rispettivi limiti di deformazione.

La verifica degli elementi fragili è eseguita confrontando gli effetti indotti dall’azione sismica in termini di forze con le rispettive resistenze. Le

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Capitolo 7

198

sollecitazioni di verifica sono ottenute da condizioni di equilibrio, in base alle sollecitazioni trasmesse dagli elementi meccanismi duttili. Queste utlime possono essere presi pari a:

- Il valore D ottenuto dall’analisi, se la capacità C dell’elemento duttile, valutata utilizzando i valori medi delle proprietà dei materiali, soddisfa 1;

- La capacità dell’elemento duttile, valutata usando i valori medi delle proprietà dei materiali moltiplicati per il fattore di confidenza, se 1

7.2.2 Analisi statica lineare con fattore di struttura q

Se si desidera condurre l’analisi con fattore di struttura q, esso può essere scelto nell’intervallo tra 1.5 e 3.0, in funzione della regolarità e dei tassi di lavoro dei materiali sotto le azioni statiche. Possono essere utilizzati valori superiori, purché debitamente giustificati con riferimento alla duttilità disponibile a livello locale e globale. In particolare, nel caso in cui il sistema strutturale sia costituito interamente da nuovi elementi, è possibile adottare i valori del fattore di struttura previsti per edifici nuovi, fatta salva la verifica della compatibilità degli spostamenti delle strutture esistenti.

Se si adopera il fattore di struttura il criterio di verifica consiste nel constatare che tutti gli elementi manifestino resistenza superiore da quella richiesta dall’azione sismica. In relazione ai soli elementi fragili, è richiesto che soddisfino le verifiche con un fattore di struttura pari a 1.5, il che consiste nel raddoppiare le azioni di calcolo se queste sono state ricavate con q=3.

7.2.3 Analisi dinamica modale

L’analisi dinamica con integrazione diretta delle equazioni non è ammessa poiché si prevede la fuoriuscita dal range elastico della struttura. L’analisi modale può essere eseguita con la procedura già illustrata nel precedente capitolo, adottando sia uno spettro elastico non ridotto, e in tal caso si conducono come nel caso di analisi statica lineare con spettro elastico, o con spettro ridotto con fattore di struttura e, in tal caso, le verifiche si eseguono come per il caso parallelo nell’analisi statica.

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Analisi le valutazione degli edifici esistenti in c.a.

199

7.2.4 Analisi statica non lineare

L’analisi statica non lineare può essere condotta come già illustrato nel caso di edifici nuovi.

La verifica degli elementi duttili si esegue confrontando che i valori indotti dalle azioni sismiche in termini di deformazioni siano compatibili con i rispettivi limiti di deformabilità.

La verifica degli elementi fragili si esegue confrontando gli effetti indotti dall’azione sismica in termini di forze con le rispettive resistenze.

Si pone un’attenzione aggiuntiva al caso di analisi pushover con ramo degradante e stati limite che si verificano su questa, per il qual caso servono considerazioni aggiuntive:

-nel caso di elementi duttili la domanda in termini di taglio si deve calcolare in corrispondenza di per ciascuno stato limite.; -nel caso di elementi fragili la domanda in termini di taglio si può calcolare in questo modo: a) dall’analisi pushover del sistema a più gradi di libertà si ricava il taglio massimo alla base ; b)si individua lo spostamento corrispondente a tale taglio; c)se lo spostamento relativo ad un dato stato limite è minore di , il taglio negli elementi si deve calcolare in corrispondenza di ; d) se il taglio negli elementi deve essere calcolato con .

7.2.5 Analisi dinamica non lineare

L’analisi è applicabile come definito per gli edifici nuovi e i criteri di verifica sono quelli già esposti per l’analisi statica non lineare.

7.2.6 Modelli di capacità per la valutazione degli elementi

Come già specificato, i meccanismi resistenti sono classificati in duttili e fragili, in particolare negli edifici in c.a. l’appartenenza a una o altra classe è stabilita a priori:

-duttili: travi, pilastri e pareti inflesse con e senza sforzo normale; -fragili: meccanismi di taglio in travi, pilastri, pareti e nodi.

Di riflesso, gli elementi sono duttili se in essi la crisi si attiva mediante meccanismi duttili, fragili altrimenti.

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Capitolo 7

200

7.2.6.1 Suddivisione degli elementi in duttili e fragili

Negli edifici nuovi, il rispetto delle regole di gerarchia delle resistenze permette una divisione preventiva degli elementi in elementi caratterizzati da una crisi duttile, travi e pilastri, ossia quegli elementi in cui si è predisposta la resistenza dei meccanismi fragili (taglio e rottura dei nodi) in funzione della capacità dei meccanismi duttili (flessione) e elementi caratterizzati da una crisi fragile. Al contrario, per ciò che concerne la verifica degli edifici esistenti, una simile distinzione preventiva degli elementi è priva di senso, in quanto, di regola, essi non soddisfano i principi di gerarchia delle resistenze e, pertanto, non è possibile stabilire a priori dove si avranno le maggiori richieste in termini di deformazione flessionale e dove in termini di azione tagliante.

Figura 7. 1 Tipologia di meccanismo: (a) generico elemento in c.a.; (b) risposta di un elemento

duttile; (c) risposta di un elemento fragile

Al fine di indagare sul diverso comportamento sperimentale di elemento caratterizzato da un meccanismo duttile anziché fragile si analizza, di seguito, la risposta strutturale di una mensola in c.a., di luce sottoposta ad uno sforzo assiale (supposto costante) e soggetta ad uno spostamento dell’estremo liero via via crescente, vedi figura 7.1. Il comportamento strutturale è espresso in termini di legame taglio ( ) – rotazione rigida ( Δ/ ).

Nel caso di elemento caratterizzato da un meccanismo duttile, la risposta strutturale è definita:

1. da una fase elastico-lineare sino alla formazione della prima fessura, ;

2. da una fase fessurata durante la quale si registra la formazione/apertura di ulteriori fessure ( ;

3. fase post-elastica, snervamento, definita da una notevole diminuzione di rigidezza con conseguente aumento di deformabilità dell’elemento ( );

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Analisi le valutazione degli edifici esistenti in c.a.

201

4. da un picco di resistenza con conseguente fase di softening, caratterizzata da una diminuzione di capacità resistente e da una elevata capacità de formativa;

5. dall’attingimento di uno spostamento ultimo, che può essere convenzionalmente valutato in corrispondenza di un prefissato decremento della resistenza massima.

La risposta massima è governata da un comportamento prevalentemente flessionale.

Figura 7. 2 Definizione di elemento: (a) duttile, (b) fragile

Per contro la risposta strutturale di un elemento caratterizzato da un meccanismo fragile è definita dall’assenza o dalla limitata presenza di una fase post-elastica, riguardo al livello d’interazione presente tra il comportamento flessionale e quello tagliante; in ogni caso, il comportamento strutturale registra una scarsa capacità de formativa. Pertanto, indicando con , l’azione tagliante valutata a partire dalla resistenza flessionale (meccanismo duttile) e con

, la resistenza a taglio (meccanismo fragile) dell’elemento, è possibile definire il meccanismo atteso dal confronto diretto (interazione) dei due termini, cosi come riportato in figura 7.2.

• Elemento duttile, se l’azione tagliante valutata a partire dalla resistenza flessionale, , , risulta minore della resistenza taglio, , , l’elemento strutturale è caratterizzato da una crisi per meccanismo duttile.

• Elemento fragile, se l’azione tagliante valutata a partire dalla resistenza flessionale, , , risulta maggiore della resistenza a

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Capitolo 7

202

taglio, , , l’elemento strutturale è caratterizzato da una crisi per meccanismo duttile.

7.2.6.2 Travi, pilastri e pareti: flessione con e senza sforzo normale

La capacità deformativa è definita con riferimento alla rotazione (“rotazione rispetto alla corda”) delle sezioni di estremità rispetto alla congiungente quest’ultima con le sezione di momento nullo e distanza pari alla luce di taglio / . Tale rotazione è anche pari allo spostamento relativo delle due sezioni diviso la luce di taglio. Il valore della rotazione alla corda dipende dallo stato limite considerato.

• Rotazione alla corda in caso di SLC La capacità di rotazione alla corda rispetto alla condizione di collasso può essere valutata mediante formula di comprovata affidabilità, comunque l’NTC riporta due espressioni una di natura sperimentale e una di derivazione analitica. Si riporta la formula di derivazione analitica:

11

0.5 

[7.1]

dove è la rotazione alla corda allo snervamento (la cui formula è riportata nel seguito), è la curvatura ultima valutata considerando le deformazioni ultime del conglomerato (tenuto conto del confinamento) e dell’acciaio (da stimare sulla base dell’allungamento uniforme al carico massimo, in mancanza di informazioni si può assumere che la deformazione ultima dell’acciaio sia pari al 4%), è la curvatura a snervamento valutata considerando l’acciaio alla deformazione di snervamento, è la luce di taglio, un coefficiente che vale 1.5 per gli elementi primari e 1.0 per gli elementi secondari, e la lunghezza di cerniera plastica definita come segue:

0.1 0.17 0.24  [7.2]

dove è la dimensione della sezione, il diametro medio delle barre longitudinali, ed ed sono rispettivamente la resistenza a snervamento dell’acciaio e la resistenza a compressione del calcestruzzo (ottenuti come prima specificato).

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Analisi le valutazione degli edifici esistenti in c.a.

203

• Rotazione alla corda in caso di SLV La capacità di rotazione in caso di verifica allo SLV può essere assunta pari al 75% di quella ultima, quindi:

34

 [7.3]

• Rotazione alla corda per gli stati limite di esercizio SLE La capacità di rotazione alla corda allo snervamento può essere valutata mediante le seguenti espressioni:

30.0013 1 1.5 0.13

  [7.4]

per travi e pilastri, e

30.002 1 0.125 0.13

  [7.5]

per pareti.

7.2.6.3 Travi, pilastri: Taglio

La resistenza a taglio si valuta come per il caso di nuove costruzioni per situazioni non sismiche. Quindi con le usuali formule basate sul modello a tiranti e puntoni del traliccio di Morsch iperstatico, considerando, però, che il massimo valore di taglio per rottura delle bielle compresse di calcestruzzo deve essere assunto pari a quello relativo agli elementi trasversali senza armatura a taglio.

7.2.6.4 Nodi travi pilastro

La verifica di resistenza deve essere eseguita solo per i nodi non interamente confinati. Deve essere eseguita sia la resistenza a trazione diagonale che quella a compressione. La norma fornisce due espressioni per la verifica:

-per la resistenza a trazione

2

20.3   [7.5]

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Capitolo 7

204

per la resistenza a compressione

2 20.5   [7.6]

in cui deve essere inserito in Mpa. indica l’azione assiale presente nel pilastro superiore, indica il taglio totale agente sul nodo, considerando sia il taglio derivante dall’azione presente nel pilastro superiore, sia quello dovuto alla sollecitazione di trazione presente nell’armatura longitudinale superiore della trave, indica la sezione orizzontale del nodo.

7.2.6.5 Modalità di verifica degli elementi duttili

La verifica degli elementi duttili, siccome indicata dalla normativa, al fine di consentire la verifica su una quantità globale della sezione e non locale, come potrebbe essere lo stato di deformazione del materiale o la curvatura, travi, pilastri e pareti inflesse devono essere verificati alla rotazione di corda. Con questo termine s’intende l’analogo della rotazione rigida, già indicata per una mensola nel § 7.2.6.1, all’interno del generico elemento del telaio. Difatti considerando la parte di elemento compresa tra un punto a momento nullo e la su estremità essa ha un diagramma delle sollecitazioni affine a quello della mensola. Esattamente, la rotazione di corda è la congiungente un punto di estremità con la sezione a momento nullo. L’ascissa locale, rispetto l’estremo, della sezione a momento nullo e la luce di taglio , e essa, per considerazioni legate alla statica della trave, è pari a / , dove è il momento di estremità e è il taglio.

Definire la luce di taglio, e conseguentemente la rotazione alla corda in un elemento facente parte del telaio, non è una operazione semplice e scontata. Mentre in campo elastico la distribuzione dei momenti e, nello specifico, dei loro punti di nullo è relativamente semplice e può, con buona approssimazione, essere fatto a priori, in campo inelastico, dato l’atteso comportamento ridistributivo che s’instaura a seguito della plasticizzazione degli elementi, la distribuzione dei punti di nullo non può essere nota a priori.

In Manfredi et al. (2007) si propone un procedimento semplificato per il calcolo della domanda e della capacità in termini di rotazione alla corda.

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Analisi le valutazione degli edifici esistenti in c.a.

205

7.2.6.5.1 Calcolo della domanda di rotazione

Con riferimento alla figura 7.3 la domanda di rotazione alla corda può essere stimata calcolando direttamente la rotazione dell’estremo della trave. Essa sarà sempre somma di due contributi una rotazione del nodo, , è uno dovuto alla rotazione rigida dovuta agli spostamenti delle estremità e pari al rapporto tra lo spostamento relativo e la luce dell’elemento.

Nel caso delle travi è lecito considerare che i due estremi restino alla stessa quota, per cui la rotazione nodale può ben approssimarsi con il solo contributo , ossia la rotazione del nodo di estremità ottenuto direttamente dalle analisi.

Nel caso dei pilastri avviene l’esatto contrario, ossia la rotazione dovuta allo spostamento delle estremità è molto più grande della rotazione nodale. Perciò, la rotazione alla corda può approssimarsi con il solo contributo dovuto allo spostamento relativo dei nodi di estremità Δ / .

Si rimarca che la validità dell’adozione di queste semplificazioni è confinata al caso di strutture particolarmente flessibili, tipicamente quelle con un apparato sismoresistente insufficiente, ossia le strutture oggetto di verifica in questo capitolo, le quali spesso non sono progettate per resistere a carico sismico o, per effetto di prescrizioni di normative vetuste, sono calcolate per carichi sismici inferiori a quelli effettivamente riscontrabili.

Figura 7. 3 Calcolo della domanda in termini di rotazione alla corda per elementi duttili

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Capitolo 7

206

7.2.6.5.2 Calcolo della capacità di rotazione

L’applicazione delle formule di normativa per il calcolo della rotazione alla corda comporta alcune difficoltà concettuali. Il problema risiede nell’interpretazione del significato di che, se da un lato è facilmente calcolabile in sede di quantificazione della domanda, non lo è altrettanto nella valutazione del calcolo della capacità. Manfredi et al. (2007) sostengono che questa deve essere una quantità intrinseca della sezione e non dipendere dia momenti e tagli di calcolo. Essi, considerando che la capacità rotazionale misura la capacità di inflettersi dell’elemento, ritengono che debba intendersi come il rapporto tra il momento flettente ultimo (positivo o negativo a seconda che il momento sollecitante corrispondente sia, rispettivamente, positivo o negativo) e il taglio di equilibrio ad esso associato quindi / , ciò comporta:

• Pilastri 2

  [7.7]

Considerando che solitamente sono simmetricamente armati, per cui si ha

2  [7.8]

• Travi

2  [7.9]

Dove G è il carico gravitazionale in combinazione sismica.

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207

< PARTE III > Esempio Applicativo

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207

< PARTE III > Esempio Applicativo

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<8>

INTRODUZIONE

Oggetto di questo capitolo è l’applicazione delle tecniche e procedure esposte nei paragrafi precedenti, al fine di stimare e valutare il comportamento di una struttura esistente nei confronti dell’azione sismica. Si esegue un’analisi dinamica non lineare con accelerogrammi naturali e modellazione delle non linearità meccaniche a plasticità diffusa, secondo il modo previsto dalle Norme Tecniche per le Costruzioni 2008. In sintesi i passi fondamentali sono:

- definizione del livello di conoscenza raggiunto dalla campagna di indagini;

- definizione di un set di accelerogrammi reali spettro compatibili; - calibrazione delle analisi in base alle caratteristiche dinamiche della

struttura; - esecuzione delle analisi e controllo dei risultati; - confronto con analisi dinamica modale con spettro di progetto per

valutazione critica dei risultati ottenuti; - verifiche in termini di resistenza e duttilità.

APPLICAZIONE: ANALISI DINAMICA NON LINEARE PER LA VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITÀ SISMICA DI

UN EDIFICIO ESISTENTE

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Capitolo 8

210

8.1 Generalità

L’analisi del comportamento sismico dell’edificio ubicato a Reggio Calabria, concepito e progettato secondo il D.M.96, è qui eseguita secondo i criteri stabiliti dalle Norme Tecniche per le Costruzioni 2008 unitamente alle indicazioni esplicative e integrative contenute nella Circolare n. 617. I capitoli cui si fa diretto riferimento sono il capitolo 8 NTC, C8 e appendice C8A della Circolare.

Le analisi sono state svolte, principalmente, mediante l’ausilio di due software:

- MIDAS/GEN2010 v.2.1, con licenza “Academic” rilasciata da CSPFea (http://www.cspfea.net/midas_gen.html), per il calcolo del modello agli elementi finiti;

- Rexel v.3.1 (beta), sviluppato in seno alla RELUIS e liberamente scaricabile da internet (http://www.reluis.it), per la selezione degli accelerogrammi naturali.

8.1.1 Altri documenti di riferimento

- Circolare Ministeriale 4 Luglio 1996 “Istruzioni per l’applicazione delle Norme tecniche relative ai criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi” G.U. n.217 – supplemento del 16-9-1996.

- Decreto Ministeriale del 9 Gennaio 1996 “Norme tecniche per il calcolo, l’esecuzione e il collaudo delle strutture in cemento armato, normale e precompresso e per le strutture metalliche” G.U. n.29 – supplemento del 5-2-1996.

- Decreto Ministeriale del 16 Gennaio 1996 “Norme tecniche relative criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e dei sovraccarichi” G.U. n.29 – supplemento del 5-2-1996.

8.2 Descrizione dell’edificio

L’edificio, progettato nel 1997, è una costruzione per civile abitazione con struttura intelaiata in c.a. ordinario, costituita da 3 piani fuori terra per un altezza complessiva di 10 m con copertura piana e praticabile. Le altezze d’interpiano sono di 4 metri per il piano terra e 3 metri per i piani successivi. L’edificio ha una forma in pianta compatta, contenuta approssimativamente in un rettangolo le cui dimensioni sono 8 metri (direzione X) e 7.5 m (direzione Y).

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Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

211

La struttura sismoresistente dell’edificio è composta da 3 telai in cemento armato disposti in direzione trasversale rispetto ai lati dell’edificio. I solai sono costituiti da travetti unidirezionali in laterocemento con un getto di completamento di 40 mm. La scala che serve i piani è a soletta rampante, la larghezza delle rampe e dei pianerottoli è di 0.9 metri. La struttura di fondazione è costituita da una maglia di travi rovesce su cui s’innestano direttamente i pilastri.

Nelle figure 8.1 e 8.2 si riportano la pianta delle carpenterie del piano tipo e una sezione trasversale.

Figura 8. 1 Pianta piano tipo dell’edificio in esame

T30x50T30x50

T30x50 T30x50

T30x50

T30x50

T30x

50

T30x

50

T30x

50

T30x

50

T30x

50

T30x

50

0,3 2,550,3

4,55 0,3

8

0,3

1,9

0,3

3,8

0,3

0,9

7,5

Pianta piano tipo

A A'

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Capitolo 8

212

Figura 8. 2 Sezione trasversale dell’edificio

8.3 Caratterizzazione strutturale dell’edificio

Per la caratterizzazione strutturale dell’edificio si sono potute consultare le seguenti fonti:

- documenti di progetto; - fotografie; - risultati di prove sui materiali eseguite in situ e in laboratorio.

La geometria della struttura, nota dai disegni originali, è risultata

coincidente con quella riscontrata durante le indagini e i rilievi in situ. Per i dettagli costruttivi sono disponibili gli elaborati di progetto dai quali

è stato possibile ricavare il numero, il diametro e la disposizione delle armature longitudinali e trasversali. Durante le indagini in situ si è potuta costatare la coincidenza con i dati di progetto mediante un’analisi a campione, sugli elementi strutturali più importanti.

43

3

10

SEZ A-A'

T30x50T30x50

T30x50T30x50

T30x50T30x50

P30

x30

P30

x120

P30

x30

P30

x30

P30

x120

P30

x30

P30

x30

P30

x120

P30

x30

+4.00

+4.00

+7.00

+10.00

Page 226: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

213

Le caratteristiche dei materiali sono note dai disegni costruttivi e dai certificati originali di prova. In affiancamento si è eseguita un’estesa campagna d’indagine in situ, in quanto la resistenza caratteristica a compressione del calcestruzzo è inferiore rispetto a quella riportata dai documenti di progetto.

Dai dati a disposizione e dalle indagini effettuate, in accordo a C8A.1.B.3 si è assunto un livello di conoscenza LC2 che non pone limitazioni alla tecnica di analisi, lineare o non lineare, da utilizzare per la verifica sismica.

Nei paragrafi successivi si riassumono le caratteristiche degli elementi strutturali con riferimento alla numerazione dello schema riportato in figura 8.3.

Figura 8. 3 Pianta a fili fissi e numerazione degli elementi

La lettera i indica il livello di pertinenza (i=0 piano terra). Le rampe della scala sono numerate progressivamente dal numero 1000.

8.3.1 Travi: dimensioni e dettagli costruttivi

Le dimensioni degli elementi strutturali e relativi dettagli in termini di armature e materiali utilizzati sono riportate nella seguente tabella:

Fili fissi e numerazione elementi

i1 i2 i3

i4 i5 i6

i7 i8

i9

i01 i02

i03 i04

i05

i06

i51

i52

i53

i54

i55

i56

x

y

Page 227: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

214

Tabella 8. 1- Dimensioni e dettaglio armature travi T30X50 ELEMENTI 1ii-2ii

T30X50 ELEMENTI 3ii

T30X50 ELEMENTI 1iii – Travi di interpiano

T90X20 ELEMENTI 1iii – Rampe scala e pianerottoli

Page 228: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

215

8.3.2 Pilastri: dimensioni e dettagli costruttivi

Le dimensioni degli elementi strutturali e relativi dettagli in termini di armature e materiali utilizzati sono riportate nella seguente tabella:

Tabella 8. 2- Dimensioni e dettaglio armature pilastri P30x30 1i-2i P30x30 3i P30x120 i8

8-P12

STIRRUPS: END-I 2-P8 @150 STIRRUPS: MID 2-P8 @250 STIRRUPS END-J 2-P8 @150

4-P12 STIRRUPS: END-I 2-P8 @150 STIRRUPS: MID 2-P8 @250 STIRRUPS END-J 2-P8 @150

6-P12 STIRRUPS: END-I 2-P8 @150 STIRRUPS: MID 2-P8 @250 STIRRUPS END-J 2-P8 @150

8.4 Analisi dei carichi e delle masse per la verifica sismica

Le masse, o meglio il peso sismico, da tenere in considerazione per la verifica si ricavano dalla combinazione dei carichi permanenti portati G1k, dei sovraccarichi fissi G2k e del carico variabile Q2k. Il peso proprio degli elementi strutturali è calcolato in automatico dal programma di calcolo, qui si riporta la determinazione dei carichi agenti a livello dei piani.

• Solaio piano tipo

Carichi permanenti strutturali G1k Soletta 1.00kN/m2 Travetti 1.38 kN/m2 Pignatte 0.88 kN/m2

G1k= 3.26 kN/m2 Carichi permanenti non strutturali G2k

Massetto 0.42 kN/m2 Pavimento 0.50 kN/m2 Intonaco 0.28 kN/m2

Incidenza tramezzi 1.00 kN/m2

Page 229: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

216

G2k= 2.20 kN/m2 Carichi variabili Q1k (§3.1.4)

Sovraccarico per civile abitazione Cat.A

Q1k= 2.00 kN/m2

Peso sismico w1-2 (G1k+ G2k) +0.3 Q1k w1-2= 6.06 kN/m2

• Solaio copertura

Carichi permanenti strutturali G1k Soletta 1.00kN/m2 Travetti 1.38 kN/m2 Pignatte 0.88 kN/m2

G1k= 3.26 kN/m2 Carichi permanenti non strutturali G2k

Massetto 0.42 kN/m2 Pavimento 0.50 kN/m2 Intonaco 0.28 kN/m2

G2k= 1.20 kN/m2 Carichi variabili Q1k (§3.1.4)

Copertura praticabile Cat.A Q1k= 2.00 kN/m2

Peso sismico w3 (G1k+ G2k) +0.3 Q1k w3= 5.06 kN/m2

• Scala: pianerottolo

Carichi permanenti strutturali G1k Pianerottolo calcolato direttamente dal programma di calcolo

G1k= - Carichi permanenti non strutturali G2k

Massetto 0.42 kN/m2 Pavimento 0.50 kN/m2 Intonaco 0.28 kN/m2

G2k= 1.20 kN/m2 Carichi variabili Q1k (§3.1.4)

Scala cat.C1 Q1k= 4.00 kN/m2

Peso sismico ws_p (G1k+ G2k) +0.3 Q1k Ws_p= 2.40 kN/m2

• Scala: rampa

Carichi permanenti strutturali G1k rampe calcolate direttamente dal programma di calcolo

G1k= -

Page 230: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

217

Carichi permanenti non strutturali G2k Massetto 0.42 kN/m2 Pavimento 0.50 kN/m2 Intonaco 0.28 kN/m2

Gradini 2.25 kN/m2

G2k= 3.45 kN/m2 Carichi variabili Q1k (§3.1.4)

Scala cat.C1 Q1k= 4.00 kN/m2

Peso sismico ws (G1k+ G2k) +0.3 Q1k Ws= 4.65 kN/m2

• Balcone

Carichi permanenti strutturali G1k Soletta 1.00kN/m2 Travetti 1.38 kN/m2 Pignatte 0.88 kN/m2

G1k= 3.26 kN/m2 Carichi permanenti non strutturali G2k

Massetto 0.42 kN/m2 Pavimento 0.50 kN/m2 Intonaco 0.28 kN/m2

G2k= 1.20 kN/m2 Carichi variabili Q1k (§3.1.4)

Sovraccarico per civile abitazione Cat.C1

Q1k= 4.00 kN/m2

Peso sismico wb (G1k+ G2k) +0.3 Q1k Wb= 5.66 kN/m2

• Tamponature (wt ) Le tamponature sono realizzate con una doppia fodera di laterizi forati (12+8) cm. Il peso per unità di volume è 11 kN/m3 da cui si detrae il 25% per tenere conto delle aperture.

Il peso sismico totale si ottiene applicando a ciascun’area dell’edificio il relativo peso sismico e sommando il peso proprio degli elementi strutturali con coefficiente unitario.

Page 231: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

218

Figura 8. 4 Distribuzione dei pesi sismici ai piani

Nella tabella successiva si riporta la massa totale ai vari piani e il peso complessivo dell’edificio.

Tabella 8. 3 – Massa coinvolta nella traslazione orizzontale dei piani ai vari livelli

8.5 Creazione del modello agli elementi finiti per le analisi lineari

Per calibrare i parametri inerenti l’analisi dinamica non lineare e avere le prime informazioni utili a cogliere il comportamento strutturale, quali modi e periodi fondamentali di vibrazione nonché masse partecipanti, è necessario eseguire un’analisi modale della struttura. A tale scopo si è creato un modello con elementi linearmente elastici. Il modello è creato con elementi finiti spaziali del tipo frame a due nodi con sei gradi di libertà per nodo. Le caratteristiche di rigidezza sono determinate dalla sezione lorda della struttura composta di

W1-2

Wb

Wt

Ws

Ws_p

T30x50 T30x50

T30x

50T3

0x50

StoryLevel(m)

Nodal Mass(kN/g)

Load To Masses(kN/g)

Diaphragm Mass(kN/g)

Structure Mass(kN/g)

Sum(kN/g)

Roof 10 0 28.4455 0 22.8578 51.30333F 7 0 49.281 0 28.9657 78.24672F 4 0 50.698 0 30.5019 81.21F 0 0 3.0949 0 7.6441 10.739

Total 0 131.5194 0 89.9696 221.489

Page 232: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

219

calcestruzzo, il cui modulo elastico è stimato con la formula proposta dalle NTC §11.2.10.3, in cui a si è dato il valore della resistenza cilindrica media dedotta dalle prove.

[8.1]

Allo scopo di tenere in considerazione il probabile comportamento non rigido dei nodi strutturali, in via semplificata si è deciso di non considerare gli offset strutturali (Panel zone effect) aumentando difatti la lunghezza degli elementi. La scala è stata modellata esplicitamente con degli elementi che collegano due impalcati successivi passando per la trave d’interpiano, simulando il grado di vincolo offerto dalle rampe.

Particolare attenzione si è posta nel ricreare l’effettivo collegamento in testa ai pilastri i8. La dimensione di questi elementi, particolarmente differente da tutti gli altri con simile funzione, è essenzialmente dovuta alla necessità di collegare i fili esterni delle due travi afferenti creando uno sfalsamento necessario alla realizzazione del balcone (si veda pianta della struttura figura 8.1). All’interno del modello i nodi delle travi sono stati collegati con dei link rigidi all’asse del pilastro cui afferiscono, ovvero si è impostato come nodo master il nodo dell’elemento frame pilastro e come nodi slave gli estremi delle travi.

Si è scelto di non modellare il terreno di fondazione considerando incastri al piede delle colonne, la scelta è basata essenzialmente sulle ragioni già riportate nel capitolo 3 di questo documento. Parimenti il contributo alla rigidezza delle tamponature non è stato preso in considerazione trattandosi di un insieme di tramezzature di spessore ridotto, esse non sono potenzialmente in grado di modificare la risposta strutturale globale. Tuttavia, sarà necessario valutare in sede di verifica una loro possibile espulsione dal piano.

I solai hanno caratteristiche tali da poter ritenere, con buona approssimazione, il loro comportamento membranalmente rigido. All’interno del modello di calcolo questa caratteristica è tenuta in conto creando un diaframma rigido di piano in corrispondenza del primo e del secondo impalcato e della copertura. I balconi, non avendo funzione strutturale diretta, sono inseriti solo in termini di massa distribuita sulla trave che gli offre vincolo.

Le masse della struttura sono modellate combinando il peso proprio degli elementi strutturali, computato in automatico dal programma, con le masse ricavate dai pesi sismici applicati.

La figura 8.4 riporta il modello cosi come restituito dal programma di calcolo con evidenziate le scelte di modellazione eseguite.

Page 233: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

220

Figura 8. 5 Modello strutturale generato con MIDAS/GEN

8.6 Analisi modale

Il calcolo dei modi è eseguito dal programma di calcolo utilizzando il metodo di Lanczos, in fase di input si è richiesto di indagare un numero di frequenza pari a 9: tali sono i gradi di libertà traslazionali della struttura per effetto del vincolo di diaframma.

Nelle tabelle successive si riporta l’output del programma relativo ai i periodi fondamentali e le relative masse partecipanti.

Page 234: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

T

A

Ta

A

ab

Ap

be

pp

ell

li

la

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d

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art

dif

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fic

cip

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pa

io

an

o e

nti

es

i

sissttenttee

2221

Page 235: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

222

Figura 8. 6 Primo modo di vibrare T=0.4862 s – Traslazione lungo x e y

Figura 8. 7 Secondo modo di vibrare T=0.3802 s, traslazione lungo x e torsione

Page 236: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

223

Figura 8. 8 Terzo modo di vibrare T=0.3056 s, traslazione lungo y e torsione

Dall’analisi dei modi si conclude che la struttura è irregolare in pianta ed è caratterizzata da una significativa risposta torsionale. Infatti in corrispondenza del requisito dell’85% di eccitazione delle masse nelle direzioni x e y, che si raggiunge al terzo modo, la massa partecipante alla torsione viene eccitata per il 75%. L’analisi statica non lineare cosi come indicato dalla normativa potrebbe essere applicata utilizzando come distribuzione principale un profilo multimodale con forma pari alla distribuzione dei tagli di piano di un’analisi modale e, come distribuzione secondaria, un profilo adattivo. Tuttavia, la norma stessa rileva come per edifici con caratteristiche simili il metodo Pushover non fornisca risultati ottimali. La mancanza del requisito di regolarità preclude anche la possibilità di eseguire analisi statiche lineari.

La forte influenza del comportamento torsionale richiede un’analisi dinamica non lineare per cogliere adeguatamente la risposta sismica.

I risultati ottenuti da quest’analisi servono per la selezione del set di accelerogrammi e per calibrare i parametri in termini di passo temporale di integrazione e smorzamento dell’analisi dinamica non lineare.

L’analisi modale della struttura è stata replicata con un altro programma di calcolo per valutare l’esattezza numerica dei risultati. Si sono ottenuti scarti inferiori alla seconda cifra decimale.

8.6.1 Confronto critico dei risultati con un modello semplificato

Page 237: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

224

In questo paragrafo si confrontano i risultati dell’analisi modale ottenuti con quelli che si otterrebbero da un modello semplificato, ma non in grado di cogliere gli aspetti fondamentali della risposta. Il modello di confronto si realizza introducendo il contributo della scala alla risposta esclusivamente in termini di massa, inserendo gli offset strutturali che di fatto considerano il nodo rigido, e modellando il pilastro di dimensione 30x120 come semplice elemento beam omettendo l’inserimento del link rigido.

Figura 8. 9 Modello strutturale semplificato creato con Midas/Gen con indicate le semplificazioni

adottate.

A titolo di confronto si riporta il modo di vibrare fondamentale per la

struttura in esame.

Figura 8. 10 Primo modo di vibrare T=0.64 s Traslazione lungo x

Page 238: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

225

Figura 8. 11 Secondo modo di vibrare T=0.53s Torsione

Figura 8. 12 Terzo modo di vibrare T=0.43s Traslazione lungo y

Si nota come i valori ottenuti e il comportamento dinamico si discostino notevolmente da quelli ottenuti con il primo modello. Il motivo principale è da ricercarsi nella mancata modellazione esplicita della scala, posizionata eccentricamente, che modifica sensibilmente la ripartizione delle azioni tra i vari elementi. Si ottengono modi sostanzialmente disaccoppiati con masse partecipanti, ai primi modi, elevate. È, tuttavia, presente un forte accoppiamento con la componente di torsione, come si evince dall’analisi delle masse partecipanti e dall’analisi visiva dei modi traslazionali. Nella tabella 8.8 si riporta il confronto tra i periodi e le rispettive masse partecipanti ai primi modi tra il modello utilizzato per le analisi è quello semplificato. Da questo confronto si può chiaramente definire che il modello creato per il confronto non è un modello semplificato, bensì un modello “sbagliato”. Esso difatti è insufficiente per cogliere il vero comportamento dinamico dell’edificio.

Page 239: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

2 22266

T

T

Ta

Ta

ab

ab

T

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li

C

Caappittooloo 88

Page 240: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

227

8.7 Definizione dell’azione sismica

8.7.1 Calcolo dello spettro elastico

Dalla relazione geologica dell’epoca si sono ottenute le caratteristiche del terreno di fondazione per le quali si colloca nella classe C della attuale classificazione. Con i seguenti parametri:

- Latitudine: 15.646° - Longitudine: 38.114° - Classe del terreno di sottofondo: C - Categoria topografica: T1 - Vita nominale: 50 anni - Classe d’uso: II - Stato limite: SLV - Componente dell’azione orizzontale

Si è ottenuto lo spettro di risposta elastico della componente orizzontale dell’accelerazione riportato in figura 8.8. Esso è caratterizzato da una accelerazione massima attesa pari a 0.35g, amplificazione massima 0.85g e un periodo di inizio del ramo a velocità costante pari a 0.52 s.

8.7.2 Definizione dell’azione sismica in termini di accelerogrammi

Il primo passo per la selezione degli accelerogrammi naturali è l’individuazione della coppia magnitudo-distanza che con maggiore probabilità è responsabile del manifestarsi dell’accelerazione spettrale nel luogo in esame. Questa procedura si svolge considerando il grafico della disaggregazione della pericolosità fornita dal programma Rexel, per la località in esame. Sono disponibili i dati della disaggregazione che si riferiscono a due ordinate spettrali: 0 s ovvero la PGA e 1 s. Nel caso in esame si è visionato il grafico riguardante la PGA e riportato in figura 8.14.

Page 241: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

228

Figura 8. 13 Spettro di risposta elastico della componente orizzontale allo SLV, fornito in output

dal programma Rexel.

Figura 8. 14 Disaggregazione della pericolosità per la PGA in termini di Magnitudo e distanza per

il sito di Reggio Calabria, per un periodo di ritorno di 475 anni (SLV). (output Rexel)

Dall’analisi della disaggregazione si rileva come siano le coppie di magnitudo 5.3÷6.8 M e distanze di 0÷10 Km quelle che con maggiore probabilità causano l’accelerazione al suolo del sisma di progetto. La selezione ottimale sarebbe quella di accelerogrammi con uguale classe di sottosuolo in quanto essi potrebbero replicare tutti gli aspetti legati alla modifica del segnale dovuta alla risposta sismica locale. Tuttavia, la ricerca con questa impostazione non ha fornito risultati per cui si è optato per la ricerca di segnali con qualsiasi classificazione del sito. Comunque, si rimarca che l’informazione relativa alla microzonazione sismica resta contenuta all’interno dello spettro target.

Page 242: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

229

Con gli intervalli individuati si selezionano dal database dell’European Strong Motion delle registrazioni di accelerogrammi reali. Il programma rileva la presenza di 42 registrazioni secondo due direzioni ortogonali relative a 28 eventi sismici distinti caratterizzati da magnitudo e distanza compatibili con l’intervallo di ricerca.

Figura 8. 15 Plot preliminare dei segnali sismici compatibili rilevati e relativo spettro medio

(Output Rexel)

La compatibilità dell’ordinata spettrale media degli accelerogrammi (Average spectrum) con lo spettro di riferimento delle NTC (Target Spectrum) è garantita nell’intervallo 0.15s – 2T(0.97 s) fino a un massimo del 10% in difetto come indicato dalla norma. Si è inoltre impostato il limite superiore dello stesso scarto al 30%. Dall’analisi della figura 8.15 si nota come lo spettro medio degli accelerogrammi non scalati si discosti dallo spettro di riferimento. Essendo gli accelerogrammi disponibili in numero esiguo rispetto al numero da prelevare, sette, si deduce che essi non possono essere facilmente trovati se non lavorando con accelerogrammi scalati rispetto alla PGA, com’è intuibile dall’analisi della stessa figura 8.15.

Nella figura 8.17 si riporta l’output fornito dal programma Rexel relativo alle registrazioni sismiche selezionate con relativo fattore scala.

Page 243: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

230

Figura 8. 16 Limiti di compatibilità dell’ordinata spettrale media (Output Rexel)

Figura 8. 17 Accelerogrammi selezionati e relativo spettro medio con evidenziato lo spettro di

riferimento e i relativi limiti di compatibilità (Output Rexel)

Tabella 8. 9 Set di accelerogrammi naturali selezionati

A titolo di esempio si riporta graficamente l’accelerogramma del terremoto che ha colpito e distrutto Kalamata, città situata in Grecia a sudovest del

Page 244: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

231

Peloponneso, capitale della regione di Messinia e sede di un’importante porto commerciale, il 13 Settembre del 1986.

Figura 8. 18 Registrazione sismica per il sisma di Kalamata – per le analisi dell’edificio è

necessario moltiplicare le ordinate per un fattore 1.18

8.8 Analisi dinamica non lineare

Si esegue l’analisi dinamica non lineare utilizzando 3 registrazioni delle sette individuate, la norma a tal proposito indica di individuare i valori massimi per ciascun elemento, tra i massimi relativi alle tre analisi, come dati dai quali valutare la domanda sismica. Si rimarca che l’adozione di tre soli accelerogrammi dei sette selezionati non è condizione sufficiente che la rispettiva ordinata media sia ancora compatibile con lo spettro di risposta.Quindi l’esecuzione dell’analisi consta di due step.

• Creazione del modello strutturale per l’analisi non lineare • Esecuzione delle analisi e loro validazione

8.8.1 Modello strutturale per l’analisi non lineare

Il modello della struttura per l’analisi non lineare conserva tutte le caratteristiche già conferitegli in ambito lineare illustrate al paragrafo 8.4. Si

‐4

‐3

‐2

‐1

0

1

2

3

0 5 10 15 20 25 30

accelerazion

e al suo

lo a [m/s^2

]

Tempo t [s]

KALAMATA 13/09/1986 COMP.Y

Page 245: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

232

adottano beam a plasticità diffusa per travi e pilastri. In particolare si utilizzano elementi force-based a legame costitutivo non lineare. L’adozione di questi elementi che, come già evidenziato nel capitolo 4, non fanno alcuna ipotesi sul campo degli spostamenti, consente di ottenere la risposta inelastica dell’elemento con un unico elemento finito. Per cogliere in maniera ottimale la distribuzione delle curvature si sceglie un numero di sezioni di Gauss, o di integrazione, pari a 4. Questa scelta semplifica anche l’input dei dati. Difatti, con 4 sezioni di integrazione, la sezione è suddivisa dal programma in 3 parti e le sezioni sono posizionate alle estremità i-j e ai terzi della luce; perciò i dati relativi alle barre poste in mezzeria non vengono computate durante i vari cicli di integrazione del Newton-Raphson. L’apparente perdita di accuratezza è ingiustificata poiché in elementi travi o pilastri soggetti ad azione sismica le zone maggiormente sollecitate e quindi quelle di potenziale fuoriuscita dal range elastico sono le zone di estremità.

Per i materiali costituenti la sezione si sono scelti: il modello di Kent e Park per il calcestruzzo confinato e non confinato, il modello di Menegotto e Pinto per le barre d’acciaio. I due modelli e i relativi legami sforzo-deformazione sono stati esposti nel capitolo 4. In tabella 8.10 è possibile visionare i parametri che si riferiscono alle sezioni in esame relativamente ai soli valori di armatura presente alle estremità (è possibile accomunare più elementi perché i dati relativi al calcestruzzo dipendono esclusivamente dal grado di confinamento delle staffe trasversali disposte ad egual passo per tutti gli elementi).

Tabella 8. 10 – Parametri inelastici del materiale T30x50 iii – 1iii

Calcestruzzo – Kent e Park Acciaio- Menegotto e Pinto

CLS CONF Rcm=15MPa

CLS UNCONF Rcm=15MPa

ACCIAIO fym=380MPa

T90x20 1iii Calcestruzzo – Kent e Park Acciaio- Menegotto e

Pinto

Page 246: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

233

CLS CONF Rcm=15MPa

CLS UNCONF Rcm=15MPa

ACCIAIO fym=380MPa

P30x30 ii

Calcestruzzo – Kent e Park Acciaio- Menegotto e Pinto

CLS CONF Rcm=15MPa

CLS UNCONF Rcm=15MPa

ACCIAIO fym=380MPa

P30x120 i8

Calcestruzzo – Kent e Park Acciaio- Menegotto e Pinto

CLS CONF Rcm=15MPa

CLS UNCONF Rcm=15MPa

ACCIAIO fym=380MPa

Il parametro relativo la pendenza del ramo di softening Z si ricava con la formula del §4.3.1.1 e nel rispetto della seguente disequazione:

[8.2]

Il numero medio di maglie in cui si è discretizzata la sezione è 300-500. In figura 8.14 si riporta la discretizzazione in fibre di una trave 1ii.

Page 247: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

234

Figura 8. 19 Discretizzazione in fibre di un elemento 1ii-2ii

8.8.2 Parametri di calcolo e esecuzione delle analisi

L’analisi effettuata è del tipo Time-History con integrazione al passo delle equazione del moto. Dai risultati dell’analisi modale si nota come quasi tutta la massa partecipante sia concentrata nei primi tre modi fondamentali di vibrazione. Lo step temporale, da cui dipende l’accuratezza delle analisi potrebbe essere tarato per cogliere la risposta di solo questi. A tal proposito, in corrispondenza del terzo modo fondamentale si ha un periodo di : un’accuratezza sufficiente si raggiungerebbe con uno step di . Tuttavia, il passo di campionamento dei segnali accelerometrici è 0.01 s, quindi si procede con questo passo, necessario a una corretta definizione dell’azione sismica. Per attenuare la risposta dei modi superiori, che potrebbero inficiare l’accuratezza delle analisi, non disponendo di procedure di integrazione con smorzamento numerico, es. Metodo di Wilson di cui si è già fatto cenno nei precedenti capitoli, si costruisce una matrice di smorzamento non diagonale tarata su un valore di smorzamento di 0.05% per i primi tre modi e del 20% per tutti gli altri.

Il metodo di integrazione usato è il Metodo di Newmark nella forma incondizionatamente stabile dell’Average Acceleration per garantire, almeno su considerazioni fondate sul comportamento in campo elastico, stabilità per ogni modo proprio. La figura 8.15 riporta la finestra di selezione del programma di

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Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

235

calcolo in cui sono leggibili le opzioni di analisi e i relativi criteri di convergenza lasciati con i valori di default.

Figura 8. 20 Param

8.8.2.1 Prima Time-History: Terremoto del Friuli 11/9/1976

I segnali accelerometrici con relativo fattore scala considerato nell’analisi sono riportati in figura 8.21.

Figura 8. 21 Registrazioni accelerometriche da correggere col fattore scala indicato

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Capitolo 8

236

Le tabelle relative ai valori delle analisi sono riportate nell’allegato A.1. Qui in sintesi si riportano i principali risultati.

8.8.2.1.1 Informazioni su tagli di piano e spostamenti

Il valore massimo del taglio alla base è risultato pari a 410 kN in direzione-y e 367 kN in direzione x. Il massimo taglio costituisce circa il 18.6% del peso totale della struttura per la direzione y e il 16.7% in direzione x.

Figura 8. 22 Diagramma taglio alla base – tempo per le due direzioni

Il grafico in figura 8.23 riporta la variazione del taglio di piano adimensionalizzata rispetto al valore del taglio alla base.

Figura 8. 23 Andamento adimensionalizzato dei tagli di piano (1F piano terra, 4F copertura)

Il grafico in figura 8.24 riporta i valori massimi di spostamento ai vari piani.

1

2

3

4

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

Story

Shear Factor

Story Shear/Base Shear

AbsMax‐X

AbsMax‐Y

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Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

237

Figura 8. 24 Spostamento massimi ai vari livelli dell’edificio

Lo spostamento è relativo al nodo 33 del terzo impalcato. In sommità si ha in direzione x 0.0584 m e 0.0729 in direzione y.

8.8.2.1.2 Comportamento anelastico degli elementi

Allo scopo di comprendere il comportamento in campo anelastico degli elementi si riportano i grafici momento curvatura secondo l’asse forte di alcuni elementi caratteristici del telaio:

-Pilastrata i3 (elementi d’angolo) sez. 30x30 -Pilastrata i8 ( sezione molto più rigida di tutte le altre) sez. 30x120 -Pilastrata i4 (su cui si innesta la scala) sez.30x30 -Travi i04 (portano il solaio) sez. 30x50 -Travi i54 (portano il solaio dir y)

Si riporta per ogni elemento il comportamento ciclico manifestato da ognuna delle 4 sezioni di integrazione.

• Pilstrata i3

ELEMENTO 3 P30x30

0

2

4

6

8

10

12

0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08

Quo

ta (m

)

Spostamento (m)

SPOSTAMENTI ASSOLUTI MASSIMI

SPOST‐MAX_X

SPOST‐MAX_Y

Page 251: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

238

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

ELEMENTO 13 P30x30

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4) ELEMENTO 23 P30x30

Page 252: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

239

(Pos-1) (Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

• Pilastrata i8

ELEMENTO 8 P30x120

(Pos-1)

(Pos-2)

Page 253: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

240

(Pos-3)

(Pos-4)

ELEMENTO 18 P30x120

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

ELEMENTO 28 P30x120

(Pos-1)

(Pos-2)

Page 254: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

241

(Pos-3)

(Pos-4)

• Pilastrata i4

ELEMENTO 4 P30x30

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3) (Pos-4)

ELEMENTO 14 P30x30

Page 255: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

242

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

ELEMENTO 24 P30x30

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

• Travi i04

ELEMENTO 104 T30x50

Page 256: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

243

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

ELEMENTO 204 T30x30

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

ELEMENTO 304 T30x30

Page 257: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

244

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

• Travi i54

ELEMENTO 154 T30x50

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

ELEMENTO 254 T30x30

Page 258: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

245

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

ELEMENTO 304 T30x30

(Pos-1)

(Pos-2)

(Pos-3)

(Pos-4)

Page 259: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

246

Dall’analisi dei cicli isteretici delle varie sezioni si evince come la richiesta deformativa sia localizzata sui pilastri. Le travi, infatti, compiono dei cicli isteretici molto stretti, quasi lineari dissipando poca energia. Questo comportamento è principalmente dovuto alla mancanza di gerarchia di resistenza tra travi e pilastri, difatti le sezioni delle travi sono molto più grandi e resistenti dei pilastri con cui si incontrano nello stesso nodo. Che il rispetto della gerarchia trave-pilastro comporti assorbimento di energia da parte delle prime è palesato dal diagramma momento curvatura delle travi i-54 pos.4. Tali travi, di dimensioni 30x50 si innestano in un nodo in cui è presente il lato lungo di un pilastro di dimensione 30x120, ossia molto più resistente della stessa. Questa gerarchia, certamente non ricercata in fase di progetto, consente la corretta dissipazione di energia nella trave anziché nel pilastro.

8.8.2.2 Seconda Time -History: Terremoto di Kalamata 13/09/1986

I segnali accelerometrici con relativo fattore scala considerato nell’analisi sono riportati in figura 8.20.

Figura 8. 25 Registrazione del sisma di Kalamata da scalare

Le tabelle relative ai valori delle analisi sono riportate nell’allegato A.2. Qui in sintesi si riportano i principali risultati.

Page 260: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

247

8.8.2.2.1 Informazioni su tagli di piano e spostamenti

Il valore massimo del taglio alla base è risultato pari a 420 kN in direzione-y e 360 kN in direzione x. Il massimo taglio costituisce circa il 19.0% del peso totale della struttura per la direzione y e il 16.3% per la direzione x.

Figura 8. 26 Diagramma taglio alla base – tempo per le due direzioni

Il grafico in figura 8.27 riporta la variazione del taglio di piano adimensionalizzata rispetto al valore del taglio alla base.

Figura 8. 27 Andamento adimensionalizzato dei tagli di piano (1F piano terra, 4F copertura)

Il grafico in figura 8.28 riporta i valori massimi di spostamento ai vari piani.

Page 261: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

248

Figura 8. 28 Spostamenti assoluti massimi ai vari piani per le direzioni X e Y

Lo spostamento è relativo al nodo 33 del terzo impalcato. In sommità si ha in direzione x 0.0976 m e in direzione y 0.0759 m.

8.8.2.3 Terza Time -History: Terremoto del Dinar 1/10/1995

I segnali accelerometrici con relativo fattore scala considerato nell’analisi sono riportati in figura 8.29.

Figura 8. 29 Registrazione del sisma di Kalamata da scalare

0

2

4

6

8

10

12

0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1 0.12

Quo

ta (m

)

Spostamento (m)

SPOSTAMENTI ASSOLUTI MASSIMI

SPOST‐MAX_X

SPOST‐MAX_Y

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Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

249

Le tabelle relative ai valori delle analisi sono riportate nell’allegato A.3. Qui in sintesi si riportano i principali risultati.

8.8.2.3.1 Informazioni su tagli di piano e spostamento massimo

Il valore massimo del taglio alla base è risultato pari a 400 kN in direzione-y e 370 kN in direzione x. Il massimo taglio costituisce circa il 18.1% del peso totale della struttura in direzione y e il 16.7% in direzione y.

Figura 8. 30 Diagramma taglio alla base – tempo per le due direzioni

Il grafico in figura 8.31 riporta la variazione del taglio di piano adimensionalizzata rispetto al valore del taglio alla base.

Figura 8. 31 Andamento adimensionalizzato dei tagli di piano (1F piano terra, 4F copertura)

Il grafico in figura 8.32 riporta i valori massimi di spostamento ai vari piani.

Page 263: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

25

Ldi

8.

semolin

8.va

dilinstfr

50

Figura 8

o spostamentoirezione x 0.07

8.2.4 Valori

Come indette analisi non

massimi dei maltre al valore mndice di covaria

Tabel

.8.3 Confroalidazione cr

La normai progetto perneare. La normtruttura variabiragili con le so

1

1

Quo

ta (m

)

. 32 Spostamenti a

è relativo al n12 m e in direz

i massimi otten

dicato dalla non lineari, i risuassimi delle simassimo considanza dei valori

lla 8. 11 Valori ma

onto con l’anritica dei risu

a prevede l’esecr la valutazionma, per gli edifle nel campo 1

ollecitazioni ca

0

2

4

6

8

10

12

0 0.01 0.02

SPOST

assoluti massimi a

nodo 33 del tezione y 0.0697

nuti dalle anali

orma, non avenultati da prendingole analisi.derato anche vanalizzati.

assimi ottenuti dai

nalisi modale ltati

cuzione di un’ane critica dei fici esistenti, c1.5÷3.0, pur imalcolate con q=

0.03 0.04 0.05

Spostamento (m)

TAMENTI ASSOLU

ai vari piani per le

erzo impalcato.m.

isi

ndo eseguito uere in consideNella tabella

valore medio, d

i risultati delle ana

con spettro

analisi dinamicrisultati dell’a

consente l’adozmponendo la ve=1.5. Per la str

0.06 0.07 0.08

UTI MASSIMI

Capi

direzioni X e Y

. In sommità s

un numero minrazione sono isuccessiva si

deviazione stan

alisi

di progetto

ca modale con analisi dinamiczione di un faterifica degli elruttura in esam

SPOST‐MAX_X

SPOST‐MAX_Y

tolo 8

si ha in

nimo di i valori riporta

ndard e

per la

spettro ca non ttore di lementi me si è

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Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

251

scelto un valore medio pari a 2.25. Lo spettro ridotto ottenuto è quello riportato in figura 8.14.

Figura 8. 33 Spettro ridotto per l’analisi dinamica lineare

Si considerano tutti i modi fondamentali traslazionali, l’importanza di quelli successivi al terzo (modo in cui si eccita la quasi totalità della massa) è automaticamente esclusa dalle relative masse partecipanti, basse. Si effettua un combinazione quadratica completa CQC. L’analisi si conduce secondo le due direzioni ortogonali principali e poi si combinano i valori con la regola del 30%, la quale prevede che per ottenere un dato effetto impone di sommare al 100% del contributo all’effetto ottenuto dall’analisi in una direzione, il 30% dello stesso contributo ottenuto dall’analisi nella direzione ortogonale.

Tabella 8. 12 Taglio ai vari piani per la direzione X e Y sia per lo spettro rappresentativo del terremoto in X sia per lo spettro rappresentativo del terremoto in y.

0.00

0.05

0.10

0.15

0.20

0.25

0.30

0.35

0.40

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0

Pse

udoa

ccel

eraz

ione

spe

ttral

e g

Periodo strutturale T [s]

SLV (q=2.25)

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Capitolo 8

252

Nella tabella successiva si riporta il taglio di piano complessivo per le due direzioni utilizzando la regola di combinazione.

Tabella 8. 13 Taglio complessivo ai piani risultato dell’analisi modale

Figura 8. 34 Andamento del taglio di piano adimensionalizzato

Il calcolo dello spostamento massimo ai vari piani non può essere ottenuto direttamente come risultato di un’analisi dinamica lineare con fattore di struttura. Difatti, il coefficiente q che scala le forze elastiche influisce anche sul valore finale di spostamento. Una via approssimata per il calcolo dello spostamento massimo esibito dall’ultimo impalcato potrebbe essere quella di amplificare i risultati delle analisi per ottenere il risultato atteso in campo plastico. La procedura seguita è la seguente:

1) Si ottiene il valore dello spostamento in sommità dall’analisi con spettro di progetto.

2) Si moltiplica tale valore per il fattore di struttura adottato allo scopo di ottenere gli spostamenti che si registrerebbero in campo elastico.

3) Si moltiplica lo spostamento ottenuto al fine di ottenere equivalenza di energia tra lo spostamento elastico e lo spostamento elastoplastico, come

Quota[m] Vx [KN] Vy [KN] Vx/Vbx Vx/Vby

0 613.8 541.2 1.00 1.004 451.3 428.6 0.74 0.797 208.1 213.0 0.34 0.3910 0.0 1.0 0.00 0.00

Taglio ai piani totale Taglio ai piani adim

0

2

4

6

8

10

12

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00 1.20

Taglio ai piani X

Taglio ai piani y

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Applicazione: analisi della vulnerabilità sismica di un edificio esistente

253

indicato nel capitolo 2 di questo documento, essendo il periodo fondamentale minore dell’inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione.

La formula successiva sintetizza i passaggi ottenuti per il calcolo dello spostamento:

[8.3]

Tabella 8. 14 – Valori di spostamento dell’ultimo impalcato in direzione x

Il massimo spostamento in direzione x del nodo 33 vale:

[8.4]

Tabella 8. 15 Valori di spostamento in direzione y dell’ultimo impalcato

Il massimo spostamento in direzione y del nodo 33 vale:

[8.4]

Page 267: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Capitolo 8

254

Il fattore amplificativo degli spostamenti secondo la formula [8.3] vale:

[8.5]

Mediante il quale si ottiene:

, . , . [8.6]

Nella tabella successiva si riporta il confronto tra i risultati dell’analisi dinamica non lineare e i risultati dell’analisi modale con spettro di progetto.

Tabella 8. 16 Confronto dei risultati tra analisi dinamica non lineare e analisi lineare con spettro ridotto

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<CONCLUSIONI>

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Conclusioni

257

In questa tesi si è trattato il problema del calcolo delle strutture al di fuori del comportamento elastico. L’analisi al di fuori del dominio elastico è lo strumento adeguato per cogliere la risposta strutturale quando la struttura è soggetta a sismi violenti, tipicamente quelli di progetto. Si è potuto rimarcare come l’enorme progresso avuto nel campo dell’Ingegneria Sismica dalla seconda metà degli anni ’50 del secolo scorso, progresso reso fecondo e stimolato dalla nuove possibilità e potenzialità computazionali, ha consentito lo sviluppo di tecniche e procedure in grado di cogliere la risposta nella maniera più fedele possibile. Anche la norma in questo momento in vigore, sia a livello italiano NTC08 sia a livello europeo EC8, costituisce un forte miglioramento rispetto alle norme sismiche del passato e costituisce un valido strumento mediante il quale condurre affidabili analisi del comportamento sismico.

Il problema degli edifici esistenti è un problema attuale il cui risultato è fortemente influenzato dal tipo di analisi che si svolge e dalle ipotesi fatte per creare il modello strutturale. Nel capitolo 8 si è evidenziato come un modello che apparentemente può apparire come semplificato non è, tuttavia, in grado di cogliere il comportamento dinamico. Questo significa che una vera e propria semplificazione, non consiste semplicemente nell’inserire o meno degli elementi nel modello (la scala nell’esempio svolto), bensì consiste nell’inserire tutti gli aspetti più importanti depauperandoli di precisione. A titolo di esempio, nel modello analizzato, una semplificazione sarebbe stata quella di inserire degli elementi diagonali anziché modellare minuziosamente rampe e pianerottoli. In sintesi un modello semplificato deve essere sempre in grado di instradare l’analista verso la comprensione degli aspetti più significativi della risposta. In merito a queste affermazioni, il cui soddisfacimento dipende sicuramente dalla bravura e dall’esperienza dell’utente, si può esprimere una nota di merito per i modelli a plasticità diffusa. Difatti, essi, non richiedendo una localizzazione delle zone in cui si prevede escursione plastica, costituiscono un elemento poco affetto dalle decisioni prese in fase di modellazione, e quindi si possono configurare anche come modelli di riferimento da cui apprendere le modalità e la localizzazione delle zone di concentrazione del danno, ossia a comportamento anelastico.

L’esempio applicativo ha messo in luce quali sono le carenze principali che manifesta un edificio esistente. Il mancato rispetto della gerarchie delle resistenze implica un comportamento globale poco dissipativo con zone di

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Conclusioni

258

concentrazione del danno localizzate alle estremità dei pilastri. La scala, quasi sempre non considerata nell’analisi del comportamento globale in fase di progetto, implica, soprattutto se in posizione eccentrica, un comportamento dinamico da struttura irregolare anche in edifici apparentemente compatti e regolari in pianta. L’impostazione della carpenteria, ossia dimensioni di travi e pilastri, è spesso determinata da esigenze architettoniche, piuttosto che da un impostazione pensata per resistere ai carichi orizzontali, questo comporta spesse volte la presenza di elementi di dimensioni notevolmente maggiori degli altri con conseguente stravolgimento del comportamento dinamico e influenza nella ripartizione delle azioni.

Un’altra fonte che rende potenzialmente insufficienti le strutture esistenti è l’aggiornamento dei fattori legati alla pericolosità sismica di base. La nuova suddivisione sismica del territorio italiano, che sostituisce la vecchia suddivisione in classi, ha evidenziato in molti casi come i terremoti attesi abbiano delle caratteristiche ben superiori rispetto a quelle previste dai vecchi codici normativi e, quindi, superiori rispetto ai valori di calcolo che sono stati utilizzati a tempo debito per la progettazione dell’edificio.

L’esecuzione dell’analisi dinamica non lineare ha messo in luce come con passaggi, relativamente semplici, ottenere la risposta strutturale in maniera più precisa di quanto si possa cogliere con una semplice analisi modale con spettro di progetto. Per quel che concerne l’analisi con spettro di progetto, in aggiunta, si deve specificare che essa stessa è affetta dalla scelta del fattore di struttura che può potenzialmente essere arbitrariamente nel campo 1.5-3.0, differentemente dalla stessa analisi per edificio di nuova concezione in cui il fattore di struttura è perfettamente definito.

L’analisi dinamica non lineare si configura quindi come lo strumento migliore per cogliere il comportamento di strutture esistenti che manifestino un importante comportamento dinamico torsionale. In questi casi, infatti, si è potuto evidenziare come le analisi di pushover, le quali tentano di inviluppare i risultati di analisi dinamiche non lineari, non producono risultati affidabili. Difatti, la bontà dei risultati delle varie tecniche resta dipendente dal tipo di struttura analizzata.

Gli elementi inusuali alla pratica della professione, adoperati nell’applicazione sono la modellazione a plasticità diffusa mediante elementi a fibre e l’analisi non lineare al passo con integrazione diretta delle equazioni del moto. Indubbiamente i risultati delle analisi conducono a valori meno affetti da incertezze e quindi, potenzialmente, meno conservativi con conseguente

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Conclusioni

259

potenziale risparmio in termini di interventi da effettuare. Oltre alla relativa difficoltà di aggiornamento cui dovrebbe far fronte l’ipotetico utente, esistono delle difficoltà oggettive che, di fatto, limitano l’utilizzo delle tecniche a casi d’importanza particolare, ad esempio la valutazione di edifici che rivestono un’importante funzione pubblica. Tali difficoltà sono da ricercarsi in due distinte. Per quanto riguarda la modellazione a plasticità diffusa si è riscontrata la mancanza di software che consentano, al pari dei software che implementano il modello a plasticità concentrata, un’automatizzazione delle procedure di verifica che sia sufficiente ai tempi della pratica professionale. Questo è sicuramente da ricercarsi dal basso interesse attualmente mostrato dal mondo della professione verso questi modelli. Al momento in cui si scrive sono pochi i codici di calcolo che implementano il modello a plasticità diffusa: tra i software commerciali uno dei pochi ed il più noto è il Midas/Gen. Per quanto riguarda l’analisi non lineare con i modelli a fibre una difficoltà oggettiva è rappresentata dall’onere computazionale richiesto: sono serviti circa 5 ore e 40 Gbyte per l’esecuzione delle analisi non lineari contro qualche secondo e pochi megabyte per l’analisi lineare con spettro di progetto. Al momento in cui si scrive questa potrebbe essere una forte limitazione all’applicazione frequente del metodo ma, guardando al passato, non è impensabile sperare in progressi dell’informatica tali da rendere ragionevoli i tempi di esecuzione delle analisi.

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<BIBLIOGRAFIA>

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263

ARTICOLI

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Page 276: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

Bibliografia

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<ALLEGATI>

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Allegati

257

Nelle figure successive si riporta la numerazione di tutti i nodi inseriti nel modello di calcolo.

Figura A. 1 Numerazione dei nodi

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Allegati

258

Figura A. 2 Numerazione dei nodi

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259  

ALLEGATO A.1: SPOSTAMENTI NODALI MASSIMI SISMA “FRIULI 11/09/1976”

   Node  Load 

DX  DY  DZ  RX  RY  RZ 

DX (m) 

Time/Step (sec) 

DY (m) 

Time/Step (sec) 

DZ (m) 

Time/Step (sec) 

RX ([rad]) 

Time/Step (sec) 

RY ([rad]) 

Time/Step (sec) 

RZ ([rad]) 

Time/Step (sec) 

   1  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    2  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    3  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    4  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    5  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    6  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    7  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    8  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    9  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    11  Friuli(11/09/1976)(max)  0.036586 2.98 0.044054 3.07 0.006728  3.01 0.003697 3.42 0.002458 2.96  0.004167  6.64    12  Friuli(11/09/1976)(max)  0.036586 2.98 0.039146 3.06 0.002258  3.05 0.003219 3.43 0.001904 2.95  0.004167  6.64    13  Friuli(11/09/1976)(max)  0.036586 2.98 0.031979 3.02 0.001717  3.01 0.002934 3.42 0.002122 2.95  0.004167  6.64    14  Friuli(11/09/1976)(max)  0.037897 3 0.044054 3.07 0.001805  2.98 0.000657 2.73 0.002295 2.97  0.004167  6.64    15  Friuli(11/09/1976)(max)  0.037897 3 0.039146 3.06 0.002163  2.61 0.000372 6.02 0.001633 2.92  0.004167  6.64    16  Friuli(11/09/1976)(max)  0.037897 3 0.031979 3.02 0.001374  3.43 0.000338 6.17 0.002268 2.96  0.004167  6.64    17  Friuli(11/09/1976)(max)  0.043932 3.04 0.044054 3.07 0.002024  3.04 0.005636 3.43 0.00192 2.97  0.004167  6.64    18  Friuli(11/09/1976)(max)  0.043297 3.04 0.039146 3.06 0.004169  3.44 0.008611 3.43 0.003182 2.99  0.004167  6.64    19  Friuli(11/09/1976)(max)  0.042662 3.04 0.031979 3.02 0.001625  2.65 0.005107 3.43 0.003348 3.02  0.004167  6.64    21  Friuli(11/09/1976)(max)  0.049269 2.97 0.066513 3.06 0.008366  3 0.003357 3.41 0.002779 2.95  0.005704  6.64    22  Friuli(11/09/1976)(max)  0.049269 2.97 0.060348 3.05 0.003121  3.04 0.002812 3.41 0.001583 2.97  0.005704  6.64    23  Friuli(11/09/1976)(max)  0.049269 2.97 0.05118 3.02 0.002479  3.01 0.002443 3.41 0.00095 2.94  0.005704  6.64    24  Friuli(11/09/1976)(max)  0.050772 2.99 0.066513 3.06 0.002743  3 0.001131 3.42 0.002085 2.95  0.005704  6.64    25  Friuli(11/09/1976)(max)  0.050772 2.99 0.060348 3.05 0.002862  3.41 0.000578 3.47 0.001193 2.95  0.005704  6.64    26  Friuli(11/09/1976)(max)  0.050772 2.99 0.05118 3.02 0.002499  3.42 0.000442 3.42 0.001028 2.94  0.005704  6.64    27  Friuli(11/09/1976)(max)  0.057983 3.03 0.066513 3.06 0.002906  3.03 0.003484 3.41 0.001256 2.96  0.005704  6.64    28  Friuli(11/09/1976)(max)  0.057181 3.03 0.060348 3.05 0.005064  3.44 0.005743 3.4 0.002175 2.98  0.005704  6.64    29  Friuli(11/09/1976)(max)  0.056384 3.02 0.05118 3.02 0.00205  3.42 0.003221 3.4 0.001846 3  0.005704  6.64    31  Friuli(11/09/1976)(max)  0.056987 2.96 0.079022 3.05 0.008821  3 0.002226 3.42 0.002265 2.97  0.006421  6.64    32  Friuli(11/09/1976)(max)  0.056987 2.96 0.072911 3.04 0.003434  3.03 0.001965 3.41 0.001243 2.98  0.006421  6.64    33  Friuli(11/09/1976)(max)  0.056987 2.96 0.063884 3.02 0.003042  3 0.001558 3.4 0.000145 3.11  0.006421  6.64    34  Friuli(11/09/1976)(max)  0.058392 2.98 0.079022 3.05 0.003413  3 0.001114 3.43 0.001516 2.97  0.006421  6.64    35  Friuli(11/09/1976)(max)  0.058392 2.98 0.072911 3.04 0.003476  3.41 0.000713 3.45 0.000836 2.96  0.006421  6.64    36  Friuli(11/09/1976)(max)  0.058392 2.98 0.063884 3.02 0.003288  3.41 0.000478 3.42 0.000216 3.07  0.006421  6.64    37  Friuli(11/09/1976)(max)  0.065192 3.02 0.079022 3.05 0.003577  3.02 0.001529 3.39 0.000639 2.94  0.006421  6.64    38  Friuli(11/09/1976)(max)  0.064436 3.02 0.072911 3.04 0.005618  3.44 0.003645 3.39 0.001129 2.96  0.006421  6.64    39  Friuli(11/09/1976)(max)  0.06368 3.02 0.063884 3.02 0.002564  3.41 0.00127 3.38 0.000997 3.03  0.006421  6.64    91  Friuli(11/09/1976)(max)  0.043932 3.04 0.039146 3.06 0.00803  3.43 0.008611 3.43 0.003182 2.99  0.004167  6.64    92  Friuli(11/09/1976)(max)  0.042662 3.04 0.039146 3.06 0.006849  3.06 0.008611 3.43 0.003182 2.99  0.004167  6.64    93  Friuli(11/09/1976)(max)  0.057983 3.03 0.060348 3.05 0.00758  3.43 0.005743 3.4 0.002175 2.98  0.005704  6.64    94  Friuli(11/09/1976)(max)  0.056384 3.02 0.060348 3.05 0.006082  3.05 0.005743 3.4 0.002175 2.98  0.005704  6.64    95  Friuli(11/09/1976)(max)  0.065192 3.02 0.072911 3.04 0.007205  3.43 0.003645 3.39 0.001129 2.96  0.006421  6.64 

Page 290: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

260  

   96  Friuli(11/09/1976)(max)  0.06368 3.02 0.072911 3.04 0.005612  3.05 0.003645 3.39 0.001129 2.96  0.006421  6.64    100  Friuli(11/09/1976)(max)  0 0.01 0 0.01 0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    101  Friuli(11/09/1976)(max)  0.004142 2.93 0.008478 3.06 0.004072  2.93 0.001325 2.92 0.006951 2.62  0.007799  3.43    102  Friuli(11/09/1976)(max)  0.003673 2.93 0.016542 3.07 0.00401  3 0.002192 3 0.006137 2.98  0.007402  3.43    103  Friuli(11/09/1976)(max)  0.025648 3.01 0.022394 3.07 0.005417  3 0.0037 3.45 0.006825 3.01  0.004056  3.09    104  Friuli(11/09/1976)(max)  0.027332 3.01 0.028041 3.07 0.006211  2.98 0.003798 3.46 0.003229 2.47  0.005114  3.09    105  Friuli(11/09/1976)(max)  0.037404 3 0.039146 3.06 0.002272  2.6 0.000666 3.46 0.002108 2.91  0.004167  6.64    106  Friuli(11/09/1976)(max)  0.036838 2.98 0.039146 3.06 0.002054  2.59 0.001523 3.43 0.002177 2.94  0.004167  6.64    107  Friuli(11/09/1976)(max)  0.041275 2.98 0.049328 3.06 0.006107  2.99 0.001559 3.43 0.001876 2.52  0.005794  6.68    108  Friuli(11/09/1976)(max)  0.04115 2.98 0.05506 3.07 0.006485  3 0.000499 3.44 0.003103 2.96  0.005686  6.67    109  Friuli(11/09/1976)(max)  0.045612 2.99 0.056003 3.07 0.005249  2.99 0.002412 3.4 0.003419 2.96  0.004554  4.99    110  Friuli(11/09/1976)(max)  0.045931 2.99 0.057351 3.06 0.004172  2.95 0.002475 3.4 0.00121 3.13  0.004728  4.99    111  Friuli(11/09/1976)(max)  0.050199 2.98 0.060348 3.05 0.002803  2.6 0.001149 3.44 0.001516 2.95  0.005704  6.64    112  Friuli(11/09/1976)(max)  0.049558 2.97 0.060348 3.05 0.002496  2.58 0.001752 3.4 0.001686 2.96  0.005704  6.64    113  Friuli(11/09/1976)(max)  0.053341 2.97 0.069289 3.05 0.006022  3 0.00186 3.4 0.001359 3  0.006449  6.67    114  Friuli(11/09/1976)(max)  0.053324 2.97 0.073212 3.06 0.007145  3 0.001265 3.43 0.001924 2.96  0.006446  6.65    115  Friuli(11/09/1976)(max)  0.054881 2.98 0.073424 3.05 0.005137  3 0.001652 3.42 0.002076 2.96  0.005901  6.62    116  Friuli(11/09/1976)(max)  0.054998 2.98 0.072527 3.05 0.003827  2.98 0.001827 3.43 0.001229 3  0.005946  6.62    117  Friuli(11/09/1976)(max)  0.057908 2.98 0.072911 3.04 0.002934  2.59 0.001406 3.43 0.001047 2.97  0.006421  6.64    1001  Friuli(11/09/1976)(max)  0.004078 2.85 0.01482 3.07 0.002741  3 0.008786 3.45 0.006427 2.97  0.002247  6.67    1002  Friuli(11/09/1976)(max)  0.023719 3.01 0.023717 3.07 0.001337  2.95 0.009482 3.44 0.007894 2.99  0.002082  6.63    1003  Friuli(11/09/1976)(max)  0.044973 2.99 0.056797 3.07 0.002406  2.99 0.007682 3.41 0.004101 2.96  0.004878  6.64    1004  Friuli(11/09/1976)(max)  0.040516 2.97 0.053907 3.07 0.00751  3.01 0.007585 3.42 0.003635 2.95  0.005091  6.65    1005  Friuli(11/09/1976)(max)  0.052592 2.97 0.073038 3.06 0.008675  3 0.002838 3.41 0.002163 2.96  0.00615  6.65 

   1006  Friuli(11/09/1976)(max)  0.054922 2.99 0.073582 3.05 0.003159  2.99 0.00378 3.39 0.002377 2.96  0.006027  6.64 

ALLEGATO A.2: SPOSTAMENTI NODALI MASSIMI SISMA “KALAMATA 13/09/1986”

   Node  Load 

DX  DY  DZ  RX  RY  RZ 

DX (m) 

Time/Step (sec) 

DY (m) 

Time/Step (sec) 

DZ (m) 

Time/Step (sec) 

RX ([rad]) 

Time/Step (sec) 

RY ([rad]) 

Time/Step (sec) 

RZ ([rad]) 

Time/Step (sec) 

   1  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    2  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    3  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    4  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    5  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    6  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    7  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    8  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    9  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    11  KALAMATA(max)  0.065165  4.36 0.033087 4.03 0.004601 2.62 0.003202 2.97 0.003217 4.36  0.006396  5.18    12  KALAMATA(max)  0.065165  4.36 0.043307 4.01 0.001791 3.99 0.00256 2.96 0.002157 4.33  0.006396  5.18    13  KALAMATA(max)  0.065165  4.36 0.062473 3.97 0.002746 3.94 0.002471 4.51 0.002152 4.27  0.006396  5.18    14  KALAMATA(max)  0.073998  4.38 0.033087 4.03 0.004813 4.37 0.000825 3.62 0.003392 4.36  0.006396  5.18    15  KALAMATA(max)  0.073998  4.38 0.043307 4.01 0.002789 3.64 0.000502 4.4 0.002237 4.36  0.006396  5.18    16  KALAMATA(max)  0.073998  4.38 0.062473 3.97 0.002272 3.64 0.000417 4.4 0.002083 4.26  0.006396  5.18 

Page 291: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

261  

   17  KALAMATA(max)  0.099463  4.44 0.033087 4.03 0.006176 4.43 0.004188 2.95 0.002172 4.32  0.006396  5.18    18  KALAMATA(max)  0.09674  4.43 0.043307 4.01 0.004927 3.65 0.006487 2.97 0.002787 4.33  0.006396  5.18    19  KALAMATA(max)  0.094156  4.42 0.062473 3.97 0.002974 3.65 0.003912 4.51 0.002934 4.25  0.006396  5.18    21  KALAMATA(max)  0.078413  4.35 0.050575 4.01 0.006193 2.62 0.002732 2.95 0.002738 4.35  0.008132  5.17    22  KALAMATA(max)  0.078413  4.35 0.063665 3.99 0.002582 3.96 0.002219 2.96 0.001611 4.35  0.008132  5.17    23  KALAMATA(max)  0.078413  4.35 0.088074 3.95 0.003831 3.94 0.002065 4.5 0.000781 4.31  0.008132  5.17    24  KALAMATA(max)  0.089326  4.37 0.050575 4.01 0.005852 4.37 0.001249 3.62 0.002698 4.35  0.008132  5.17    25  KALAMATA(max)  0.089326  4.37 0.063665 3.99 0.003672 3.61 0.000781 4.44 0.00181 4.37  0.008132  5.17    26  KALAMATA(max)  0.089326  4.37 0.088074 3.95 0.002563 3.64 0.00057 4.45 0.000769 4.31  0.008132  5.17    27  KALAMATA(max)  0.11929  4.41 0.050575 4.01 0.007398 4.42 0.002696 2.96 0.001591 4.35  0.008132  5.17    28  KALAMATA(max)  0.116288  4.41 0.063665 3.99 0.006301 3.64 0.00456 2.97 0.002099 4.34  0.008132  5.17    29  KALAMATA(max)  0.113298  4.4 0.088074 3.95 0.003448 3.64 0.002745 4.49 0.001536 4.34  0.008132  5.17    31  KALAMATA(max)  0.085639  4.35 0.060882 3.99 0.006727 2.62 0.001816 2.95 0.002148 4.36  0.008878  5.17    32  KALAMATA(max)  0.085639  4.35 0.075883 3.97 0.002904 3.96 0.001534 2.96 0.001213 4.35  0.008878  5.17    33  KALAMATA(max)  0.085639  4.35 0.10337 3.95 0.004454 3.93 0.001225 4.5 0.000034 3.26  0.008878  5.17    34  KALAMATA(max)  0.097639  4.37 0.060882 3.99 0.006167 4.37 0.001128 3.62 0.002198 4.37  0.008878  5.17    35  KALAMATA(max)  0.097639  4.37 0.075883 3.97 0.003991 3.61 0.000807 3.63 0.001388 4.36  0.008878  5.17    36  KALAMATA(max)  0.097639  4.37 0.10337 3.95 0.002817 4.5 0.000491 4.49 0.000085 2.59  0.008878  5.17    37  KALAMATA(max)  0.13021  4.41 0.060882 3.99 0.008018 4.42 0.001588 4.5 0.001083 4.33  0.008878  5.17    38  KALAMATA(max)  0.126912  4.41 0.075883 3.97 0.006933 3.63 0.002975 2.97 0.001338 4.36  0.008878  5.17    39  KALAMATA(max)  0.123753  4.4 0.10337 3.95 0.003696 3.64 0.001286 4.47 0.000835 4.05  0.008878  5.17    91  KALAMATA(max)  0.099463  4.44 0.043307 4.01 0.006785 3.63 0.006487 2.97 0.002787 4.33  0.006396  5.18    92  KALAMATA(max)  0.094156  4.42 0.043307 4.01 0.007124 3.99 0.006487 2.97 0.002787 4.33  0.006396  5.18    93  KALAMATA(max)  0.11929  4.41 0.063665 3.99 0.007636 3.63 0.00456 2.97 0.002099 4.34  0.008132  5.17    94  KALAMATA(max)  0.113298  4.4 0.063665 3.99 0.006346 3.97 0.00456 2.97 0.002099 4.34  0.008132  5.17    95  KALAMATA(max)  0.13021  4.41 0.075883 3.97 0.007886 3.63 0.002975 2.97 0.001338 4.36  0.008878  5.17    96  KALAMATA(max)  0.123753  4.4 0.075883 3.97 0.00598 3.63 0.002975 2.97 0.001338 4.36  0.008878  5.17    100  KALAMATA(max)  0  0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    101  KALAMATA(max)  0.008532  4.35 0.008795 4.01 0.008433 4.36 0.003169 4.41 0.012556 3.65  0.0087  3.64    102  KALAMATA(max)  0.007226  4.35 0.015823 4.01 0.004286 4.35 0.004319 4.37 0.012687 4.37  0.009601  3.64    103  KALAMATA(max)  0.045543  4.36 0.018766 4.06 0.004803 4.33 0.003876 3.66 0.013127 4.37  0.007612  3.93    104  KALAMATA(max)  0.049051  4.36 0.026945 4.02 0.016362 4.37 0.003159 3.65 0.002931 3.44  0.008396  3.94    105  KALAMATA(max)  0.071395  4.37 0.043307 4.01 0.002657 3.61 0.000869 3.67 0.002695 4.35  0.006396  5.18    106  KALAMATA(max)  0.067572  4.36 0.043307 4.01 0.001916 3.6 0.001192 3.61 0.002503 4.33  0.006396  5.18    107  KALAMATA(max)  0.071536  4.36 0.042408 4.01 0.004848 4.33 0.001256 2.98 0.001909 3.46  0.007609  3.65    108  KALAMATA(max)  0.071421  4.36 0.041603 4.02 0.005459 4.33 0.001051 4.42 0.003273 4.35  0.007944  3.65    109  KALAMATA(max)  0.080324  4.37 0.042529 4.02 0.005712 4.36 0.002424 3.62 0.003498 4.35  0.008161  3.87    110  KALAMATA(max)  0.080741  4.37 0.049587 4.01 0.005411 4.35 0.002001 3.62 0.000941 4.61  0.008515  3.87    111  KALAMATA(max)  0.086045  4.37 0.063665 3.99 0.003254 3.6 0.001108 3.62 0.001968 4.36  0.008132  5.17    112  KALAMATA(max)  0.081372  4.36 0.063665 3.99 0.002269 3.55 0.001388 3.61 0.001844 4.35  0.008132  5.17    113  KALAMATA(max)  0.084754  4.36 0.059594 3.99 0.004628 2.62 0.001483 2.97 0.001456 4.33  0.008058  5.18    114  KALAMATA(max)  0.084744  4.36 0.056113 4 0.005381 4.35 0.001026 2.98 0.00202 4.37  0.008092  5.18    115  KALAMATA(max)  0.090236  4.36 0.056297 4 0.005683 4.37 0.001486 3.6 0.002163 4.36  0.008823  5.16    116  KALAMATA(max)  0.090337  4.36 0.062607 3.99 0.004251 4.37 0.001526 3.63 0.001698 4.35  0.008944  5.18    117  KALAMATA(max)  0.09403  4.36 0.075883 3.97 0.003392 3.58 0.001248 3.63 0.001456 4.36  0.008878  5.17    1001  KALAMATA(max)  0.007762  4.35 0.014241 4.01 0.002227 2.62 0.006842 2.97 0.013209 4.37  0.003368  3.68    1002  KALAMATA(max)  0.049541  4.39 0.019627 4.06 0.003606 4.37 0.007572 3.65 0.014165 4.37  0.003714  5.2 

Page 292: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

262  

   1003  KALAMATA(max)  0.083753  4.37 0.043022 4.01 0.005539 4.37 0.00603 2.96 0.004221 4.35  0.00739  5.18    1004  KALAMATA(max)  0.070243  4.36 0.040748 4.02 0.005381 2.62 0.005862 2.96 0.003764 4.34  0.007119  5.19    1005  KALAMATA(max)  0.082065  4.35 0.055969 4 0.00653 2.62 0.002392 2.97 0.002182 4.36  0.008453  5.18 

   1006  KALAMATA(max)  0.093985  4.37 0.056394 4 0.006044 4.37 0.003136 2.95 0.002437 4.37  0.008653  5.17 

ALLEGATO A.3: SPOSTAMENTI NODALI MASSIMI SISMA “DINAR 1/10/1995”

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RZ ([rad]) 

Time/Step (sec) 

   1  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    2  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    3  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    4  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    5  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    6  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    7  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    8  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    9  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    11  Dinar(max)  0.044158  14.8 0.039823  9.66  0.004573  9.59 0.002956 15.25 0.002499 7.78  0.006643  4.06    12  Dinar(max)  0.044158  14.8 0.038912  13.66  0.002101  3.84 0.002707 15.25 0.002089 7.77  0.006643  4.06    13  Dinar(max)  0.044158  14.8 0.066588  13.74  0.002826  13.72 0.002961 5.33 0.00233 7.75  0.006643  4.06    14  Dinar(max)  0.053017  7.88 0.039823  9.66  0.00295  7.84 0.000784 4.01 0.002626 7.82  0.006643  4.06    15  Dinar(max)  0.053017  7.88 0.038912  13.66  0.002064  15.28 0.000507 3.46 0.002152 7.8  0.006643  4.06    16  Dinar(max)  0.053017  7.88 0.066588  13.74  0.001729  15.31 0.000414 5.22 0.002413 7.75  0.006643  4.06    17  Dinar(max)  0.079393  7.91 0.039823  9.66  0.004156  7.89 0.005592 15.25 0.001928 9.54  0.006643  4.06    18  Dinar(max)  0.076907  7.91 0.038912  13.66  0.005393  15.31 0.008811 15.25 0.003106 9.54  0.006643  4.06    19  Dinar(max)  0.074421  7.91 0.066588  13.74  0.002211  15.31 0.005356 15.25 0.0029 7.79  0.006643  4.06    21  Dinar(max)  0.054624  14.79 0.058008  9.65  0.00556  9.59 0.002819 15.24 0.002439 7.75  0.008315  4.04    22  Dinar(max)  0.054624  14.79 0.057948  13.63  0.002754  3.84 0.00254 15.23 0.001395 7.76  0.008315  4.04    23  Dinar(max)  0.054624  14.79 0.088627  13.7  0.003735  13.67 0.002247 15.23 0.00093 3.37  0.008315  4.04    24  Dinar(max)  0.064543  7.86 0.058008  9.65  0.003431  7.82 0.001205 15.25 0.002163 7.8  0.008315  4.04    25  Dinar(max)  0.064543  7.86 0.057948  13.63  0.003122  15.23 0.000663 9.3 0.001503 7.78  0.008315  4.04    26  Dinar(max)  0.064543  7.86 0.088627  13.7  0.002933  15.26 0.00061 5.34 0.000928 3.38  0.008315  4.04    27  Dinar(max)  0.09634  7.91 0.058008  9.65  0.00501  7.88 0.003174 15.22 0.001434 9.52  0.008315  4.04    28  Dinar(max)  0.093355  7.9 0.057948  13.63  0.006424  15.31 0.005138 15.22 0.00218 7.87  0.008315  4.04    29  Dinar(max)  0.090372  7.9 0.088627  13.7  0.00285  15.28 0.003112 15.22 0.001427 9.55  0.008315  4.04    31  Dinar(max)  0.060126  14.79 0.068415  9.65  0.005719  9.59 0.00191 15.24 0.001855 7.75  0.00912  4.03    32  Dinar(max)  0.060126  14.79 0.069686  13.62  0.002912  3.84 0.001751 15.23 0.001048 7.77  0.00912  4.03    33  Dinar(max)  0.060126  14.79 0.101343  13.67  0.004181  13.65 0.001353 15.23 0.000184 9.64  0.00912  4.03    34  Dinar(max)  0.071181  7.86 0.068415  9.65  0.003671  3.41 0.001117 15.26 0.001698 7.78  0.00912  4.03    35  Dinar(max)  0.071181  7.86 0.069686  13.62  0.0036  15.22 0.000819 15.28 0.001058 7.8  0.00912  4.03    36  Dinar(max)  0.071181  7.86 0.101343  13.67  0.003628  15.24 0.00053 5.34 0.000201 9.62  0.00912  4.03    37  Dinar(max)  0.105812  7.9 0.068415  9.65  0.005455  7.88 0.001535 15.26 0.00103 7.83  0.00912  4.03    38  Dinar(max)  0.102526  7.9 0.069686  13.62  0.006821  15.3 0.003197 15.22 0.001265 7.87  0.00912  4.03    39  Dinar(max)  0.09924  7.9 0.101343  13.67  0.00325  15.26 0.001178 15.23 0.000712 9.62  0.00912  4.03 

Page 293: DB.valutazione Della Vulnerabilita'Sismica

263  

   91  Dinar(max)  0.079393  7.91 0.038912  13.66  0.009228  15.29 0.008811 15.25 0.003106 9.54  0.006643  4.06    92  Dinar(max)  0.074421  7.91 0.038912  13.66  0.00576  13.66 0.008811 15.25 0.003106 9.54  0.006643  4.06    93  Dinar(max)  0.09634  7.91 0.057948  13.63  0.008544  15.28 0.005138 15.22 0.00218 7.87  0.008315  4.04    94  Dinar(max)  0.090372  7.9 0.057948  13.63  0.005092  13.67 0.005138 15.22 0.00218 7.87  0.008315  4.04    95  Dinar(max)  0.105812  7.9 0.069686  13.62  0.008169  15.28 0.003197 15.22 0.001265 7.87  0.00912  4.03    96  Dinar(max)  0.09924  7.9 0.069686  13.62  0.005527  15.32 0.003197 15.22 0.001265 7.87  0.00912  4.03    100  Dinar(max)  0  0.01 0  0.01  0  0.01 0 0.01 0 0.01  0  0.01    101  Dinar(max)  0.006177  3.42 0.010055  9.69  0.006026  3.42 0.001904 9.3 0.010285 15.34  0.009081  15.3    102  Dinar(max)  0.005444  3.42 0.016956  9.66  0.002807  9.54 0.002382 7.79 0.008062 7.84  0.009218  15.3    103  Dinar(max)  0.034092  7.88 0.021205  9.65  0.003658  7.87 0.00512 15.29 0.008708 7.85  0.008372  13.73    104  Dinar(max)  0.035878  7.88 0.025492  9.68  0.010422  7.85 0.004322 15.28 0.002584 3.14  0.00868  13.73    105  Dinar(max)  0.050032  7.87 0.038912  13.66  0.002008  15.22 0.001092 4.07 0.002559 7.77  0.006643  4.06    106  Dinar(max)  0.045658  7.86 0.038912  13.66  0.001535  3.84 0.001466 15.25 0.002454 7.77  0.006643  4.06    107  Dinar(max)  0.049309  7.85 0.042428  9.66  0.004597  7.77 0.001286 15.26 0.0017 6.45  0.009299  4.06    108  Dinar(max)  0.049217  7.85 0.048705  9.66  0.004181  7.8 0.000726 9.29 0.002636 7.75  0.009327  4.06    109  Dinar(max)  0.056098  7.87 0.049369  9.66  0.003861  7.82 0.002216 15.25 0.002874 7.75  0.008748  13.77    110  Dinar(max)  0.05644  7.87 0.048383  9.66  0.004622  7.8 0.002151 15.25 0.001049 8.07  0.008843  13.75    111  Dinar(max)  0.060972  7.86 0.057948  13.63  0.002738  15.18 0.001131 15.28 0.001691 7.76  0.008315  4.04    112  Dinar(max)  0.055819  7.84 0.057948  13.63  0.002176  3.84 0.001628 15.23 0.001625 7.76  0.008315  4.04    113  Dinar(max)  0.058625  7.84 0.058138  9.66  0.003506  9.59 0.001617 15.27 0.001145 7.88  0.009857  4.05    114  Dinar(max)  0.058628  7.84 0.063581  9.65  0.004451  9.58 0.001134 15.27 0.001662 7.77  0.009824  4.04    115  Dinar(max)  0.064488  7.85 0.063746  9.65  0.003872  7.82 0.001591 15.24 0.001794 7.77  0.008765  13.78    116  Dinar(max)  0.06458  7.85 0.060647  9.66  0.003026  7.79 0.001738 15.24 0.001034 9.54  0.008801  13.78    117  Dinar(max)  0.067318  7.85 0.069686  13.62  0.003045  15.19 0.00133 15.24 0.001164 7.79  0.00912  4.03    1001  Dinar(max)  0.006602  3.42 0.01542  9.66  0.002126  9.59 0.007881 9.25 0.008481 7.84  0.003566  4.08    1002  Dinar(max)  0.036605  7.88 0.023134  9.65  0.002383  7.86 0.010416 15.3 0.009855 7.85  0.003595  13.77    1003  Dinar(max)  0.059737  7.87 0.050224  9.66  0.003289  7.82 0.006827 15.22 0.003647 7.75  0.00736  13.8    1004  Dinar(max)  0.048129  14.79 0.048117  9.66  0.005098  9.59 0.006404 15.23 0.003213 7.75  0.00777  4.06    1005  Dinar(max)  0.057346  14.79 0.063442  9.65  0.005687  9.59 0.002284 15.24 0.001877 7.77  0.008945  4.04 

   1006  Dinar(max)  0.068391  7.86 0.063885  9.65  0.003539  7.82 0.003263 15.19 0.002088 7.77  0.008452  10.9