Davide Sebastian - Catalogo Innesti

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catalogo della mostra personale "Innesti" di Davide Sebastian

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davidesebastianI N N E S T I

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metamorphic metamorphism metamorphosis metaphor metaphorical metaphysical metaphisician metaplasm metapsychical metapsychics metempsychosis meteoric methanol meth method

Dal 20 Febbraio 2004

progetto graficon o l u o g oother [email protected]

g a l l e r i a a l t r i l a v o r i i n c o r s od i m a r c o r o s s i l e c c e & g i o s e l l a s c h i a v o n iv i c o l o d e l g o v e r n o v e c c h i o 70 0 1 8 6 r o m at e l / f a x + 3 9 / 0 6 / 6 8 6 1 7 1 9w w w . a l t r i l a v o r i i n c o r s o . c o m

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cian metaplasm metapsychical metapsychics metempsychosis meteoric methanol meth method

davidesebastianI N N E S T Ia cura d i g ian lucamarziani

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INNESTIGianluca Marziani

Avvicinare lo sguardo, portandolo a stretto contatto con le forme silenziose.Sfiorare la consistenza ed il colore degli elementi fisici. Sentire l’odore della natura che si mostra nei suoi verdi ammalianti, intensi, plausibili…

L’occhio di DAVIDE SEBASTIAN ha un obiettivo coerente che sceglie foglie,rami, arbusti e quanto compone lo scheletro della flora nell’ecosistema terreste.Nei quadri, sia chiaro, non ritrovi gli interessi tassonomici da floricoltoremaniacale. L’artista è consapevole del proprio relativismo (e del proprio statuscreativo, l’unico che permette di reinventare il mondo a tuo piacimento) davantialla complessità della natura. Evita di attenersi ad indagini scientifiche, né indicanote didascaliche lungo i suoi percorsi visivi. Al contrario, seleziona elementi cherispondono a muscolature plastiche, volumi fisici, impatti architettonici dellacomposizione organica. Si tratta di pezzi reali che non ci delucidano sul tipo difamiglia e specie botanica. Senza disvelarci la loro storia, occupano l’immaginein maniera propulsiva, spingendo fisicamente verso alcuni lati dell’opera, quasi afuoriuscire come corpi che rincorrono ossigeno e cielo. L’atmosfera del quadrodiventa emozionale, tattilmente stuzzicante, sospesa in un limbo che vorremmoannusare, tastare, carezzando quei frammenti piegati verso il vento. Eccola, lanatura ingrandita che si disvela, improvvisa ma catartica, nella sua energiarigenerante. Eccoci, piccoli umani in cerca di nozioni e nuovi rischi, sempre piùinvadenti davanti al timido orgoglio dell’universo vegetale.

Mentre avviciniamo lo sguardo qualcosa ribalta la nostra percezione del vero.Osserviamo la composizione quando certi elementi vetrosi si stagliano nel verderilassante delle forme. A distanza sembrano grandi gocce di rugiada, talvolta lelumache che si arrampicano sui rami, oppure strani animaletti da foreste tropicalio profondità marine. Invece capisci che qualcosa di anomalo sta accadendosopra la natura vegetale. Spuntano innesti artificiali nella statica mollezza dellepiante. Protuberanze trasparenti che pungono la pelle verde e restano fisse,sospese in quest’atmosfera senza apparenti disagi. Il mondo della chimica entracosì nello scenario silenzioso per stendere un SOTTILE ALLARME negli scorcivisuali. Il vetro delle provette punge le piante in modo falsamente empatico,

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dimostrando la presenza violenta di un gesto umano: forse l’esperimento di qualche pazzo da laboratorio, forse il pragmatismo temerario della scienzaconsapevole, forse il risultato di evoluzionismi a noi ignoti. Viene da dire: chissà,boh, forse… finchè un ulteriore spiazzamento si para davanti agli occhi: unaboccetta di adrenalina, concreta e reale, che immette il primo segno di unasperimentazione riconducibile al vero. In realtà l’adrenalina si mescola agliinnesti indefinibili (quei frammenti con piccoli rigonfiamenti, beccucci acuminati,forme ossute) e rinsalda la nostra titubanza tra cosa potrebbe o dovrebbeaccadere in un futuro ormai presente. Il carico adrenalinico simboleggia laminaccia ambiziosa e anabolizzata, lo sterile delirio d’onnipotenza di alcuni, finoa ridarci la visionaria idea di una Terra senza vita umana. Un luogo oggi filmico(domani chissà) dove le piante potrebbero mutare in modo insospettabile econtaminato, metabolizzando le protesi spurie (le provette come qualsiasioggetto disperso) di un paesaggio del trash globale.

Si vola coi propri pensieri, immaginando nuove ipotesi sopra la pelledell’apparenza. Lo fai osservando meglio le opere, finchè capisci che i fondalihanno tonalità complementari rispetto ai verdi degli elementi. Il contestoavvolge la pianta senza evocare ambientazioni esterne. Vedi soltanto la messa afuoco su un microcosmo che cresce e diventa la pura astrazione di una realtàattorno a noi. A conferma che serve lo SPIAZZAMENTO VISUALE per ricordarcile cose più ovvie, spesso così diffuse da mimetizzarsi nel flusso del quotidiano.Soffermarsi su una foglia, mapparla nelle sue venature regolari, seguirne la lineadorsale: significa indagare meglio noi stessi, l’entropia che regola l’universovivo, il rapporto di scambio tra umani, animali e vegetali. Una foglia racconta lalunga mitologia della sopravvivenza, la continua modifica strutturale della propriaidentità cellulare, come se il sogno della lunga vita si riconducesse ai fragilieppure resistenti elementi vegetali.

Continuando ad osservare con la sensibilità dei “giusti”, alcune luci irreali simostrano allo sguardo ormai avvinto. Gli innesti paiono avvolti da atmosferealiene in cui non risali alla fonte luminosa. Il vetro riflette l’ambiguità del dubbioe sintetizza, in un elemento che diventa centrale, la personalità del progetto.

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Il contrasto tra natura ed artificio esemplifica una riflessione eticamentesensibile: l’apparente perfezione del vetro, “invadendo” l’apparente disordinecarnoso delle piante, crea l’icona universale che sottolinea il dilemma dellaspecie umana. Fare o non fare, toccare oppure no, contaminare senza remore ofermarsi al primo segno anomalo: il dubbio assale l’umanità ogni giorno, scivolatra prosa quotidiana ed utopia, regolando la sopravvivenza tramite la paura deldisastro.

Le foglie diventano una geografia paleolitica dove ogni piega segna le rughedella memoria atavica. La natura dimostra la sua complessità cellulare, evocandoframmenti che contengono la storia della specie umana, del paesaggio incontinua mutazione, del mondo brado che progredisce per poi rivoltarsi nella suanecessaria involuzione. Indagando il mondo esterno scopriremo che la memoriamillenaristica si ritrova sopra le pelli di animali e piante. Serpenti, rinoceronti,iguane, elefanti, tartarughe… fino alla miriade di presenze vegetali che regolanol’andamento globale del pianeta. Per tale ragione le immagini di D.S. non silimitano alla precisione compositiva dell’atmosfera estetica. Di fatto, quelmondo silente ci ricorda chi siamo e dove potremmo deragliare. Le opere sitramutano in piccole luci lampeggianti che ci allarmano sulle conseguenze deldelirio tecnologico. Le innocenti piante stanno lì, fissamente galleggianti dentrole stampe fotografiche dai puliti, quasi invisibili ritocchi digitali. Rigogliose oascetiche, rigide o molli, le presenze in scena recitano la loro natura primaria.Sono il nostro doppio gemellare e ritraggono il conflitto tra istinto e ragione.

La qualità tecnologica, a proposito di valenze formali che esprimono l’idea,delinea una giusta iconografia compositiva. Queste NATURE CONTAMINATErestituiscono frammenti essenziali, sempre al delicato confine tra oggettivitàfotografica e modulazioni pittoriche delle forme. Talvolta si uniscono elementivegetali tra loro inconciliabili ma il risultato non cambia. Le nature di D.S.pongono utili interrogativi attraverso immagini fotografiche che subisconoadeguati passaggi elettronici. L’artista scatta fotografie per ingrandire dettagliminimi e zone quasi nascoste. Seleziona angoli spiazzanti, scrutando la pianta dapunti meno scontati rispetto alla frontalità scientifica. Proprio qui parte il gestocreativo di uno sguardo presente. In realtà la prima accelerata nasce con laselezione di piante dal Dna significativo, o semplicemente dalle forme cheridanno vertigini visuali. Una volta identificata la pianta (alcune sono quelledomestiche, altre dei rari esemplari tropicali), D.S. inserisce le protesi (fatte

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costruire su suo preciso disegno) o accosta gli elementi contrastanti. Fotografala sua composizione e si dedica ai passaggi elettronici. Finchè stampa il risultatofinale e lo presenta sul muro. Sopra il bianco di spazi neutri, lungo pareti chenarrano il futuro attorno a noi.

Gli innesti siamo noi…Le piante siamo noi…Il dolore della ferita è il nostro dolore…

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un ringraziamento particolare a:Michela per il suo amore insostituibileA mio fratello MatteoAl mio socio-amico-fratello daniele jost_RISK ...alla mia Nonnaccia che sarà sempre vigile... A mio padre...A Marco Rossilecce, Giosella Schiavoni e Fracesca Franco che mi hanno dato fiducia in questa piccola/grande impresaA Gianluca Marziani che ha scritto per me un fantastico testoChico Schoen e Guido Guidi, Nonna Annamaria_Alice_ Elisabetta Scarabello_Paolo Carta_Paola, Michele, Silvia, Enrico Carlucci_Matteo Barzini_Beat_Aspi_Leo_Giancarlo Bocchi_Valeria_Cosimo_Valerio di Paola_Fabietto_Andrea BezziccheriRafael Pareja_Fabio Vaglio_Alessandro Gianvenuti_Andrea Esu_Gianni Rizzo_Marco Margnelli, Eleo, Benny _YODA_

A mia mamma Emma Politi unica ed insostituibile che ha sempre creduto nelle mie capacità di uomo ...

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Davide Sebastian nasce a Roma nel 1981.Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma e, nel 2001,

ha abbandonato i linguaggi artistici tradizionali per dedicarsi alla fotografia digitale. Ha esposto i suoi primi lavori, incentrati da subito sul tema

del rapporto uomo-natura, nel maggio 2002 presso la galleria Altri Lavori In Corso di Roma nella collettiva IN SCATOLA.

Con la stessa galleria ha nuovamente presentato i suoi lavori a Riparte, fiera d’arte contemporanea e nuove tendenze

che si tiene annualmente a novembre al Ripa Hotel di Trastevere, a Roma (2002 e 2003);

mentre nel marzo 2003 partecipa a Genova,nella Galleria Guidi & Schoen, alla collettiva SOTTO PRESSIONE.

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galleria altrilavoriincorsovicolo del governo vecchio 7 00186 tel/fax +39/06/6861719 ROMAWWW.ALTRILAVORIINCORSO.COM

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