Dante Alighieri - La_Divina_Commedia (Interattiva)

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Divina Commedia di Dante Alighieri.

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  • Divina Commedia

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  • Dante ed il suo tempo

    Dante ed il suo tempo

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    l Il tempo di Dante l Il nuovo intellettuale l Le scuole poetiche e gli scrittori l Profilo biografico l Ritratto

    file:///D|/dante/dante.htm21/01/2004 13.37.47

  • Beatrice

    Beatrice

    menu principaleVirgilio la guida di Dante nel viaggio attraverso i nove cerchi infernali e nell'ascesa al monte del Purgatorio. Dalla settima Cornice del Purgatorio ai due poeti si affianca Stazio, che ha completato il cammino di purgazione e si accinge ad ascendere al Paradiso. Giunti nel Paradiso Terrestre, Virgilio saluta Dante e si appresta a tornare nel Limbo. Beatrice si sostituisce al poeta latino nel ruolo di guida attraverso i nove cieli del Paradiso. Giunti nel decimo cielo, l'Empireo, Beatrice torna al suo seggio nella Candida Rosa ed il ruolo di guida, nell'ultimo tratto del viaggio ultraterreno, viene assunto da S. Bernardo di Chiaravalle.

    l Beatrice: persona e personaggio l Vita Nuova l Divina Commedia l Citazioni

    Beatrice: persona e personaggioBeatrice viene da Dante definita, nel sonetto "Tanto gentile e tanto onesta pare", in un modo straordinario, cio come una "cosa venuta / di cielo in terra a miracol mostrare". "Cosa" il termine dell'indefinibile, e le parole di Dante indicano che Beatrice fu, insieme, una donna realmente vissuta, una creatura celeste, un riflesso dell'ansia di ascesa spirituale e di purificazione del poeta.Beatrice donna appartiene alla sfera privata della vita di Dante, alla sua giovinezza fiorentina, agli anni della maturazione umana e poetica. Anche se i riscontri storici sono scarsi, nessuno dubita che Beatrice sia realmente esistita e che sia da identificare con la Beatrice, o Bice Portinari, sposa di Simone De' Bardi, morta giovanissima l'8 giugno del 1290.

    Dante, all'inizio l'am secondo i canoni dell'amor cortese, cantando la dolcezza del suo sguardo, "che 'ntender no la pu chi no la prova", la bellezza del suo volto, la grazia e la modestia dei suoi gesti.Presto, tuttavia, quell'amore acquis un significato diverso, libero da ogni aggancio con la realt terrena, stimolo ad una profonda introspezione umana e morale.

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  • Beatrice

    Vita NuovaL'incontro con Beatrice diventa il punto di svolta della maturazione umana e poetica di Dante, la cui vita , da quel momento "rinnovata dall'amore".Dante, infatti, racconta che il suo primo incontro con Beatrice avvenne quando entrambi avevano nove anni, numero che identifica il miracolo. Nella Vita Nuova viene delineato il cammino interiore che porta il poeta a comprendere come il fine del suo amore non sia legato a nulla di materiale, neppure al semplice saluto, elemento pur cos caro all'amor cortese. Unico fine dell'amore per il poeta cantare le lodi della sua donna: Beatrice per Dante uomo stimolo per l'introspezione spirituale e per Dante poeta fonte di ispirazione letteraria.Al termine della Vita Nuova Dante, che ha compreso la svolta impressa dalla donna alla sua spiritualit ma ancora incapace di trasferire nella realt questa acquisizione dell'anima, promette di non scrivere pi di lei se non quando potr farlo in modo completamente degno.

    Nella Vita Nuova Beatrice conserva sempre la sua precisa individualit storica, ma , al tempo stesso, "figura" di Cristo, e, come Lui, incarna la rivelazione divina. Tale funzione , tuttavia, riservata esclusivamente all'uomo Dante, e solo nella Divina Commedia potr estendersi all'intera umanit.

    Divina CommediaL'inizio della Divina Commedia riprende il filo della narrazione dove l'opera giovanile lo aveva interrotto. La crisi spirituale e poetica in cui lo aveva gettato la morte della sua donna, fa smarrire il poeta in un intrico di falsi amori e futili scopi. La nuova e definitiva svolta nella vita del poeta si compir sempre nel nome di Beatrice. E', infatti lei, non pi donna ma solo creatura angelica, a dare inizio al processo di salvezza e di parallelo recupero della propria identit del poeta, inviando in suo soccorso Virgilio, il maestro, di bello stile come di vita, e l'"autore", il modello, la memoria, insieme personale e storica.Ma le possibilit umane, se pur eccellenti, impersonate da Virgilio, non possono condurre Dante oltre la comprensione della natura del peccato, nell'Inferno, e della necessit di redenzione, nel Purgatorio.

    Nel Paradiso guida del poeta la stessa Beatrice. Per comprendere la natura dell'amore divino necessario un totale abbandono dell'anima: nell'oltremondo non esistono pi convenzioni sociali, n turbamenti, n fraintendimenti, e Beatrice pu assumere in pieno il suo significato. Il ruolo e la funzione della donna sono per di portata ben diversa rispetto a quelli descritti nella giovanile Vita Nuova. Nella Commedia infatti Dante rappresenta l'intera umanit, in nome della quale compie il suo viaggio, voluto da Dio. In questa nuova dimensione il miracolo che Beatrice, incarnazione della rivelazione divina, aveva rappresentato per Dante acquista un nuovo significato ed una nuova pienezza. Il compito di Dante quello di indicare all'intera umanit la via per giungere alla salvezza: il miracolo che era avvenuto per Dante diventa cos il miracolo di tutta l'umanit. Se nella Vita Nuova Beatrice era stata "figura" di Cristo per il solo Dante, ora rivelazione incarnata e simbolo di Cristo per l'intera umanit.La donna amata da Dante, divenuta l'ispiratrice della sua poesia , nella Divina Commedia, maestra di verit, il tramite che permette a Dante e all'intera umanit di arrivare al Paradiso e alla contemplazione

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  • Beatrice

    di Dio.

    CitazioniInfernoInf. II, 53; Inf. X, 131; Inf. XII, 88; Inf. XV, 90.

    PurgatorioPg. VI, 46; Pg. XV, 77; Pg. XVIII, 48, 73; Pg. XXIII, 128; Pg. XXVII, 36, 53; Pg. XXX, 73; Pg. XXXI, 80, 107; Pg. XXXII, 36, 85, 106; Pg. XXXIII, 4.

    ParadisoPd. I, 46,64; Pd. II, 22,29,46,52; Pd. III, 1,127; Pd. IV, 118,139; Pd. V, 16,85,122; Pd. VII, 11,14,16; Pd. VIII, 15,41; Pd. IX, 16; Pd. X, 37,52,60; Pd. XI, 11; Pd. XIV, 8,79,84,131; Pd. XV, 32,54,70; Pd. XVI, 13; Pd. XVII, 5,30,114; Pd. XVIII, 3,17,53,63; Pd. XXI, 2,46,51,63; XXII, 1,100,125, 154; Pd. XXIII, 10,19,34,76; Pd. XXIV, 10,22,28,32,55; Pd. XXV, 28,49,110,137; Pd. XXVI, 10,68,77,82; Pd. XXVII, 34,76,89,102,105; Pd. XXVIII, 3,40,61,86,97; Pd. XXIX, 8; Pd. XXX, 14,75,128; Pd. XXXI, 56,59,64,66,71,76,79,91; Pd. XXXII, 9; Pd. XXXIII, 38.

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  • Virgilio

    Virgilio

    menu principaleVirgilio la guida di Dante nel viaggio attraverso i nove cerchi infernali e nell'ascesa al monte del Purgatorio. Dalla settima Cornice del Purgatorio ai due poeti si affianca Stazio, che ha completato il cammino di purgazione e si accinge ad ascendere al Paradiso. Giunti nel Paradiso Terrestre, Virgilio saluta Dante e si appresta a tornare nel Limbo. Beatrice si sostituisce al poeta latino nel ruolo di guida attraverso i nove cieli del Paradiso. Giunti nel decimo cielo, l'Empireo, Beatrice torna al suo seggio nella Candida Rosa ed il ruolo di guida, nell'ultimo tratto del viaggio ultraterreno, viene assunto da S. Bernardo di Chiaravalle.

    l Le scuole l La perdita delle terre l Il trasferimento a Roma l L'Eneide l Il viaggio in Asia l Virgilio e Dante l Citazioni

    Le scuolePublio Virgilio Marone nacque il 15 ottobre del 70 a. C. ad Andes, un piccolo villaggio nei pressi di Mantova, da una oscura famiglia di coltivatori.La sua formazione ebbe inizio a Cremona, dove frequent la scuola di grammatica, e dove, a quindici anni, prese la toga virile.Da Cremona si trasfer a Milano e poi nuovamente a Roma, alla scuola del retore Epidio, esponente dell'indirizzo asiano, cos chiamato perch di moda in Grecia, uno stile oratorio ricco e brillante, in netto contrasto con lo stile semplice degli oratori classici. Epidio, inoltre, annoverava tra i suoi discepoli i giovani che sarebbero diventati gli elementi di spicco della futura classe dirigente di Roma, fra cui Marco Antonio e Ottaviano.Virgilio, tuttavia, schivo per natura, non aveva talento oratorio, n intendeva perseguire la carriera forense. Abbandon cos la retorica per dedicarsi agli studi filosofici, e in particolare all'Epicureismo, che approfond a Napoli alla scuola di Sirone.

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  • Virgilio

    Qui divenne intimo amico di Vario Rufo e Plozio Tucca, che saranno poi i curatori della prima edizione dell'Eneide.

    La perdita delle terreDopo la morte di Cesare, fra il 44 ed i primi mesi del 43, Virgilio fece ritorno ad Andes, dove ritrov l'amico della sua giovinezza, Asinio Pollione, che ricopriva l'incarico di distribuire le terre ai veterani.Grazie a lui, uomo sensibile alle arti ed alla cultura, il poeta pot in un primo tempo sottrarre le sue terre all'esproprio, tuttavia, un anno pi tardi, mentre era impegnato nella composizione delle Bucoliche, i suoi campi di Mantova furono assegnati ai soldati di Ottaviano, per i quali si era rivelato insufficiente il territorio di Cremona.Virgilio non dimentic mai il dolore causato dalla perdita della sua terra, per la quale sent sempre una viva nostalgia.

    Il trasferimento a RomaPerdute le sue terre nel mantovano, Virgilio si trasfer a Roma, dove pubblic le Bucoliche, composte dal 42 al 39 a.C.. L'anno successivo entr a far parte del circolo letterario di Mecenate.Catullo e Lucrezio erano morti da poco e soltanto la poesia alessandrina, coltivata da Cornelio Gallo, conservava ancora un certo splendore, mentre Orazio, che Virgilio stesso present a Mecenate, iniziava allora a scrivere le satire.Mecenate ed Ottaviano, il suo referente politico, offrirono a Virgilio una casa a Roma, nel quartiere dell'Esquilino, ma il poeta spesso preferiva ritirarsi a sud verso il mare ed il sole, mentre si dedicava alla composizione delle Georgiche, compiuta in sette anni, durante un soggiorno a Napoli, fra il 37 ed il 30.Le Georgiche diedero a Virgilio la fama e suscitarono l'ammirazione di Mecenate, che gli era stato particolarmente vicino nelle varie fasi della composizione.

    L'EneideNell'estate del 29 Ottaviano, tornato dall'Asia dopo la vittoria conseguita ad Azio su Antonio e Cleopatra, si era fermato ad Atella per riprendersi da un mal di gola. L Virgilio gli lesse per quattro giorni di seguito i libri compiuti delle Georgiche, aiutato da Mecenate, che lo sostituiva nella lettura quando era stanco.Dopo questo episodio, certo non senza un suggerimento da parte dello stesso Augusto, Virgilio fu scelto quale cantore del nuovo impero e del nuovo principe.

    Da questo momento fino alla fine della vita Virgilio attese all'Eneide, un poema epico sulle origini di Roma. Virgilio aveva nella tradizione letteraria latina predecessori illustri nell'ambito di questo genere letterario, ma l'Eneide si richiamava pi da vicino al modello omerico.Il poema era stato inizialmente concepito come una narrazione allegorica delle imprese di Ottaviano, ma il poeta cambi idea ed il poema storico venne sostituito dal poema epico sulle vicende di Enea, progenitore dei Romani.

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  • Virgilio

    Ancora tre anni dopo l'inizio della stesura dell'Eneide, Virgilio scriveva ad Augusto che il poema era solo "incominciato" e ci vollero ancora tre anni perch la prima redazione dell'Eneide fosse terminata.Nel 22 Virgilio lesse all'imperatore alcuni canti del poema, ma non si trattava ancora della stesura definitiva.

    Il viaggio in AsiaNel 19 a.C. Virgilio part per un lungo viaggio attraverso la Grecia e l'Asia allo scopo di arricchire la propria cultura e, nello stesso tempo, verificare la topografia dei luoghi descritti nel poema.Ad Atene il poeta incontr Augusto, di ritorno dalle province orientali. Questi, notate le sue precarie condizioni di salute, lo persuase a tornare in Italia. Virgilio, che aveva appena visitato Megara sotto un sole cocente, era estenuato ed il suo stato si aggrav durante la traversata verso le coste italiane.Sbarcato a Brindisi, il poeta era in fin di vita, ma prima di morire chiese il manoscritto dell'Eneide, ancora incompiuta, per bruciarlo. Gli amici non gli ubbidirono.Era il 22 settembre del 19 a.C.. Il corpo di Virgilio fu trasferito a Napoli e sepolto sulla via di Pozzuoli. Suoi eredi furono Augusto e Mecenate, che diede incarico a Vario e Tucca di pubblicare l'Eneide.

    Virgilio e DanteL'incontro di Dante con Virgilio, all'uscita dalla "selva oscura" cos come la sua elezione a guida nel viaggio attraverso l'Inferno e lungo le sette cornici del Purgatorio "non ha soltanto un significato simbolico, nel contesto religioso e morale del poema, ma anche un preciso avvertimento letterario, preceduto ed accompagnato dal ripudio di un altro poeta, Ovidio, e della poesia d'amore, in un pi ampio ed ambizioso progetto di rinascenza culturale" (G. Petrocchi, Il I canto dell'Inferno, in Nuove letture dantesche, 1966).

    "Tu se' lo mio maestro" (Inf. I, 85) gli dice Dante, in cui "magister" ha un significato pi ampio del modello di bello scrivere, per diventare maestro di vita morale, colui che, pur non avendo avuto la rivelazione della fede, ha tenuta alta la lampada per far luce a quanti vengono dopo di lui.

    Pg. XXII, 67-69Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e s non giova, ma dopo s fa le persone dotte.

    Virgilio rappresenta, cos, quell'umana virt che costituisce il primo gradino del processo di ascesi dell'anima che, partendo dalla ragione, giunge ad una fede consapevole.

    "Tu se' ... 'l mio autore" (Inf. I, 85) dice ancora Dante. Virgilio l'"auctor", il precedente imprescindibile, il modello sicuro, la memoria, insieme personale e storica, colui che testimonia e conferma a Dante, con l'Eneide, la natura provvidenziale ed universale dell'Impero Romano, che prepara ed accompagna la redenzione spirituale operata da Cristo.

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  • Virgilio

    Nel Convivio il poeta aveva, infatti, asserito che "'autore' ... si prende per ogni persona degna d'essere creduta e obedita" (Convivio IV, vi, 5).

    Il rinnovato incontro con Virgilio, che pure aveva gi segnato profondamente gli anni della formazione, segna, per Dante, il passaggio dalla giovinezza spirituale e poetica alla piena maturit stilistica ed interiore.Proprio grazie a questo passaggio Dante potr parlare ancora di Beatrice, l'altro evento fondamentale nella sua vita, e finalmente nel modo degno che si augurava alla fine della giovanile Vita Nuova.

    CitazioniInfernoInf. I, 63; Inf. II, 44; Inf. IV, 14, 80; Inf. V, 70; Inf. VII, 3; Inf. VIII, 7; Inf. IX, 43; Inf. X, 4; Inf. XII, 26; Inf. XIII, 130; Inf. XIV, 13; Inf. XVIII, 67; Inf.XIX, 61; Inf. XXIII, 124; Inf. XXIV, 16; Inf. XXVII, 3; Inf. XXIX, 4; Inf. XXXI, 133.

    PurgatorioPg. II, 61; Pg. III, 74; Pg. VI, 67; Pg. VII, 7; Pg. VIII, 64; Pg. X, 53; Pg. XII, 79; Pg. XIX, 28; Pg. XXI, 14, 101, 103; Pg. XXI, 121; Pg. XXII, 10; Pg. XXIII, 130; Pg. XXIV, 119; Pg. XXVII, 20, 118, 126; Pg. XXIX, 56; Pg. XXX, 46, 49, 50, 51, 55.

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  • Le Carte geografiche

    La Divina Commedia

    Le carte geografiche

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    l L'Europa politica del 1300

    l I fiumi d'Europa

    l L'Italia politica del 1300

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  • Le Costellazioni

    La Divina Commedia

    Le costellazioni

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    Ariete Bilancia Cancro

    Gemelli Leone Scorpione

    Toro Orsa Maggiore Via Lattea

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  • Il viaggio di Dante

    Il viaggio di Dante

    genesi della Divina Commedia

    l L'anno l Il giorno l L'ora

    Dante non colloc esplicitamente nel tempo il suo viaggio ultraterreno, ma tuttavia possibile dedurre i dati cronologici da alcuni indizi disseminati qua e l nel testo, che si chiariscono vicendevolmente.

    L'annoIn Inf. I,1, il poeta afferma di essersi smarrito nella "selva oscura" , "nel mezzo del cammin" della sua vita, cio intorno ai 35 anni, poich, sulla scorta di un passo biblico, egli considerava la durata media della vita in 70 anni.Essendo il poeta nato nel 1265, l'anno del viaggio deve quindi collocarsi nel 1300.

    Il 1300 era una data di singolari coincidenze.

    L'intima correlazione fra le realt sensibili e fra queste ed il Creatore era uno dei cardini del pensiero medioevale, cos affascinato dalle corrispondenze evidenti da cercarne altre pi nascoste.

    L'anno del Giubileo, dell'espiazione e del perdono per tutta l'umanit, bandito da papa Bonifacio VIII, si accorda alla personale vicenda di redenzione del poeta.Il traviamento di Dante, il suo allontanamento dall'ortodossia nella fede e dall'ideale dell'amor cortese in poesia, dovette collocarsi sul finire del secolo XIII.Che la redenzione sia avvenuta proprio nel 1300 non possibile sapere, tuttavia questa data coincide, e non certo casualmente, con il primo anno del secolo nuovo.Ogni passaggio di secolo, infatti, ha portato con s la paura per una fine imminente, un'ansia di rinnovamento ed una conseguente sensazione di rinascita.

    E' da ricordare, inoltre, che il Giubileo, o Anno Santo, si celebra in quegli anni in cui il giorno di S. Giacomo Maggiore, il 25 luglio, cade di domenica, e Dante accoglie pienamente l'interpretazione dei Padri della Chiesa, che vedevano in Giacomo la figurazione della virt teologale della speranza ("la spene ... / che tante fiate la figuri" Pd. XXV, 31-32).

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  • Il viaggio di Dante

    Un'ultima conferma alla collocazione nel 1300 del "viaggio" dantesco pu essere rintracciata nel colloquio con Cavalcante de' Cavalcanti (Inf. X).Nel 1300 Dante ricopriva la carica di Priore e proprio in quell'anno dovette firmare, con la morte nel cuore, la condanna all'esilio dell'amico Guido Cavalcanti.Guido, che apparteneva ad una famiglia di antica nobilt, non pot accedere alle cariche pubbliche, ma prese ugualmente parte alle vicende politiche della citt, a volte in modo vivacemente sopra le righe. Quando, nel 1300, scoppiarono ancora una volta gravi disordini in citt, venne esiliato a Sarzana, probabilmente gi malato. Poco dopo, infatti, l'esilio venne revocato e Guido mor a Firenze all'inizio dell'autunno del 1300.Nella Commedia, Dante lo dice ancor vivo e questo dato introduce anche la controversia sul giorno d'inizio del "viaggio".

    Il giornoIn Inf. I, 37-40 Dante specifica le circostanze dell'apparire della lonza, la prima delle tre fiere della selva oscura: sono le prime ore del mattino ed il sole, afferma il poeta, sta sorgendo nella costellazione dell'Ariete.Il viaggio di Dante quindi da collocare nel tempo dell'equinozio di primavera, quando il sole sorge e tramonta alla stessa ora in tutti i luoghi della terra e segna il momento climatico della rinascita della natura.

    Era, inoltre, opinione comune nel Medioevo che i sei giorni della creazione del mondo fossero culminati proprio con l'equinozio di primavera, cos come la parabola terrena di Cristo, dall'incarnazione alla morte, che segna la rinascita dell'umanit dal buio del peccato, fosse compresa fra due equinozi di primavera.

    La notizia fornita nel canto I trova un preciso riscontro nel canto XXI dell'Inferno.Ai vv. 112-114 il diavolo Malacoda afferma che i ponti che collegano le bolge del cerchio VIII crollarono al momento della morte di Cristo, esattamente "mille dugento con sessanta sei / anni" e cinque ore prima del colloquio tra il diavolo stesso ed i due pellegrini.

    Si riteneva comunemente nel Medioevo che Cristo fosse morto al compiersi dei 34 anni dall'incarnazione, fissata per induzione, a partire dalla tradizionale data della nativit (25 dicembre), al 25 marzo, data vicina, e non certo per casuale coincidenza, all'equinozio di primavera.Questa informazione non solo conferma l'anno del viaggio al 1300, ma offre uno spunto per individuarne il giorno di inizio.

    Bisogna, inoltre, ricordare che nel corso del Medioevo non era consuetudine iniziare a contare i giorni dell'anno dal primo giorno di gennaio.I documenti notarili tramandano diversi criteri di datazione, di cui i pi comuni sono la datazione "ab nativitade", cio a partire dal 25 dicembre, e la datazione "ab incarnatione" cio a partire dal 25 marzo.

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  • Il viaggio di Dante

    Il comune fiorentino, fra XIII e XIV secolo, preferiva questo secondo parametro.In base ai dati ora esposti possibile dedurre che lo smarrimento di Dante nella "selva oscura" ebbe luogo il 25 marzo 1300, che a Firenze, era anche il primo giorno del nuovo anno e del nuovo secolo.

    Lo stesso passo dell'Inferno, tuttavia, potrebbe suffragare l'ipotesi che Dante intendesse riferirsi, facendo coincidere la data dell'inizio del viaggio con il giorno della morte di Cristo, non al tradizionale 25 marzo ma al Venerd Santo, che nel 1300, cadde l'8 aprile.

    L'oraIl viaggio di Dante nei tre regni oltremondani copre un arco di sette giorni, con palese riferimento ai biblici sette giorni della creazione del mondo.Dante si smarrisce nella "selva oscura" sul far della notte e da essa riesce ad emergere alle prime luci dell'alba.

    l 1 giorno: "Dal principio del mattino" (Inf. I, 37), alle 6 circa, Dante incontra la lonza, la prima delle tre fiere, ed al "cader della notte" (Inf. II,1) inizia il viaggio con Virgilio, per giungere a mezzanotte nel cerchio IV (VII, 98).

    l 2 giorno: Alle 7 del mattino il poeta parla con il diavolo Malacoda (cerchio VIII, bolgia 5).Egli afferma che il loro colloquio si svolge "mille dugento con sessanta sei / anni" e cinque ore esatte dopo la morte di Cristo, che sulla scorta del Vangelo di Luca, Dante sapeva essere avvenuta all'ora sesta, cio a mezzogiorno.All'una circa si trova nella bolgia 9 ed al tramonto giunge al centro della terra.

    l 3 giorno: Nelle primissime ore del terzo giorno Dante e Virgilio passano il centro della terra e, percorsa la "natural burella", si trovano sulla spiaggia del Purgatorio per vedere apparire, contro il cielo soffuso dell'alba, l'Angelo che traghetta le anime dei purganti.Al declinare del giorno Dante si trova nell'Antipurgatorio e per tutta la notte sosta nella Valletta dei principi.

    l 4 giorno: All'alba del quarto giorno inizia l'ascesa del monte del Purgatorio che si ferma con il cader della luce prima della salita alla quarta cornice.

    l 5 giorno: Dall'alba al tramonto del quinto giorno il poeta sale dalla quarta alla settima cornice del Purgatorio ed a sera si ferma con Virgilio e Stazio a riposare prima di salire al Paradiso Terrestre.

    l 6 giorno: Dall'alba al mezzogiorno Dante sosta nel Paradiso Terrestre, dove compie i riti che lo rendono "puro e disposto a salire a le stelle" (Pg. XXXIII, 145).

    l 7 giorno: Dal mezzogiorno del sesto giorno al mezzogiorno del settimo si compie l'ascesa di Dante dal Primo Cielo alla visione di Dio con la quale termina il viaggio.

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  • Opere - Genesi della Divina Commedia

    La genesi della Divina Commedia

    menu delle opere

    l Inferno l Purgatorio l Paradiso

    vedi anche:

    l Il viaggio di Dante l Le profezie dell'esilio

    InfernoI precedenti a cui Dante si ispira per il suo Inferno sono di derivazione sia classica che biblica.Per quanto riguarda i viaggi ultraterreni di tradizione classica, Dante conosceva quelli di Orfeo, di Teseo, di Ercole e di Ulisse, ma fu particolarmente ispirato dal viaggio nell'Ade di Enea, narrato da Virgilio nel VI libro dell'Eneide.Dante conosceva, inoltre, la seconda Lettera ai Corinzi di Paolo, nella quale l'Apostolo narra del suo rapimento "al terzo cielo" ed interpreta l'intervallo trascorso fra la morte e la risurrezione di Cristo come il tempo della discesa agli inferi per liberare le anime dei patriarchi.Tra le fonti dantesche sono anche da ricordare il "Somnium Scipionis" di Cicerone e l'Apocalisse di Giovanni.

    L'aldil di Dante ha tuttavia alcune caratteristiche sue proprie. Esso ordinato secondo regole stabilite dalla Sapienza Divina, che fissano per l'eternit lo stato di dannazione, le cui radici affondano nelle scelte della vita terrena.I peccatori sono visti nella loro individualit, dato che il loro peccato stabilisce per sempre ci che essi saranno. Questo consente al poeta di determinare per ogni peccato una pena corrispondente, il contrapasso.

    PurgatorioE' problematico fissare una data precisa per la stesura di questa cantica.Un punto di riferimento pu essere la possibile identificazione di Enrico (Arrigo) VII con il "dux" profetizzato nel canto XXX del Purgatorio.

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  • Opere - Genesi della Divina Commedia

    Il tal caso la cantica deve essere stata conclusa entro il 1313, anno in cui l'imperatore mor. Ci fa pensare che Dante abbia lavorato al poema negli anni toscani, dal 1308 al 1313, data che segna il trasferimento del poeta presso gli Scaligeri a Verona. In questi anni vissuti a Lucca e nel Casentino le concezioni politiche di Dante si chiarirono e si affinarono. Prende corpo nella figura di Marco Lombardo il portavoce ideale delle idee dantesche.Dante si riavvicina poco a poco alla realt fiorentina ed esamina con pi lucidit i contrasti politici della citt stessa.Da questo ripensamento nascono gli splendidi personaggi senesi, lucchesi, lunigiani, oltre che fiorentini, immortali protagonisti di questa cantica.Forse il Purgatorio venne rivisto a Verona fra il 1313 ed il 1315 e la distanza che allora il poeta pot frapporre agli eventi politici che lo avevano visto coinvolto in prima persona gli consent una revisione stilistica che confer compattezza alla cantica.

    Il Purgatorio realizza il sogno della Vita Nuova, che era stato quello di esaltare Beatrice.Nella figurazione della donna convergono le tradizioni letterarie cortesi e stilnovistiche congiunte a quelle classiche, di ascendenza virgiliana, ed a quelle allegoriche e profetiche di origine biblica.Nel Purgatorio giunge inoltre a compimento il processo di ripensamento del giovanile Stil Novo ed il definitivo passaggio dall'amore-passione, se pur nei limiti dello stilizzato "amor cortese", all'amore-introspezione.Quando risponde alle sollecitazioni dell'amico lucchese Bonagiunta Orbicciani, Dante riassume l'essenza dello stile poetico giovanile e ne consente il pieno recupero non solo in termini nostalgici, ma anche concettuali.

    Pg. XXIV, 52-54...I' mi son un che, quandoAmor mi spira, noto, e a quel modoch'e' ditta dentro vo significando."

    L'impianto del Purgatorio, al contrario di quello dell'Inferno, che trova precedenti nelle culture classiche e nei testi devozionali del Medioevo, frutto della fantasia poetica dantesca. La tradizione del Purgatorio si diffuse, infatti, nel cristianesimo occidentale fra il 1150 ed il 1250 e solo l'idea dell'altissimo monte gi rintracciabile negli antichi commenti della Bibbia.

    ParadisoPrima del trasferimento di Dante da Verona a Ravenna, il Paradiso doveva essere in uno stadio assai avanzato.

    Petrocchi, che stabilisce nel 1318 la data del trasferimento a Ravenna, vede nelle lodi a Cangrande della Scala incluse nel XVII canto, il congedo del poeta dal suo ospite.La prima met del Paradiso fu redatta certamente a Verona, dove il poeta, alla corte di Cangrande, attivo sostenitore della politica imperiale, poteva finalmente godere non solo di un'ospitalit generosa ma

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  • Opere - Genesi della Divina Commedia

    anche di una relativa serenit di spirito, generata dalla stima e dall'amicizia del suo protettore.Appartengono al clima di passaggio dalla vivacit veronese alla tranquillit ravennate le scelte dei beati che Dante incontra. Sono spariti i personaggi della Toscana contemporanea, tranne Piccarda Donati, e Dante spazia ora in ambiti al di sopra delle beghe comunali.Durante gli anni in cui termin la stesura del Paradiso a Ravenna, Dante era riuscito a ricostruire attorno a s la sua famiglia fiorentina: gli erano vicini i figli Pietro e Giacomo e forse anche la figlia Antonia e la moglie.La Biblioteca Capitolare di Ravenna gli offr anche i testi necessari ai suoi studi e la sua attivit poetica era sostenuta dal successo che le prime due cantiche della Commedia iniziavano ormai a riscuotere.

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  • Le Opere

    Le opere

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    l De Vulgari Eloquentia l La Vita Nuova l Il Convivio l Le Epistole l De Monarchia l La genesi della Divina Commedia

    l Le interpretazioni possibili

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  • Le battaglie

    La Divina Commedia

    Le battaglie

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    Benevento 1266 Fossalta 1249

    Bouvines 1214 Meloria 1284

    Campaldino 1239 Montaperti 1260

    Colle Val d'Elsa 1269 Tagliacozzo 1268

    Cortenuova 1237 Vespri siciliani 1282

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  • Menu Principale

    La Divina CommediaInferno

    - Indice dei canti- Menu dei personaggi della cantica- Menu dei personaggi citati

    Menu principale

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  • Inferno

    - Indice dei canti- Menu dei personaggi della cantica- Menu dei personaggi citati

    Inferno

    1. Genesi2. Ordinamento dell'Inferno3. I Cerchi4. I luoghi

    GenesiSecondo la concezione dantesca l'oltretomba aveva avuto origine nel momento in cui Dio aveva scagliato gi dai cieli Lucifero, l'angelo ribelle. Le terre, per non venire in contatto con il corpo di Lucifero, si erano ritratte e in tal modo si era formata una profonda voragine al centro della terra, l'Inferno appunto, mentre, contemporaneamente, nell'emisfero opposto era sorta dalle acque un'altissima montagna, il Purgatorio, che sarebbe esistita fino al giorno del Giudizio Universale.

    Questa concezione si innesta sulla teoria tolemaica o geocentrica, secondo la quale la terra, priva di qualsiasi forma di movimento, si trovava, immobile, al centro dell'Universo, mentre intorno ad essa ruotavano il sole e gli altri corpi celesti.

    Dante riteneva che fosse abitato solo l'emisfero settentrionale, le cui terre avevano come confine il fiume Gange verso Oriente e le colonne d'Ercole verso Occidente.Al centro si trovava Gerusalemme, che aveva assistito al sacrificio sulla croce di Cristo. Tutto l'emisfero meridionale era invece occupato dall'oceano e dalla montagna del Purgatorio, posta esattamente in corrispondenza di Gerusalemme.L'oltretomba ha quindi una struttura che lega insieme sia le teorie cosmologiche che le convinzioni etiche e religiose di Dante e del suo tempo.

    Ordinamento dell'InfernoL'ordinamento morale dell'Inferno riflette alcuni aspetti dell'Etica nicomachea di Aristotele, desunti da Dante attraverso Tommaso d'Aquino e Brunetto Latini.

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  • Inferno

    Il fondamento della vita morale l'inclinazione naturale dell'uomo verso Dio, che, secondo il testo evangelico di Giovanni " amore" (Giovanni 4,8).Qualsiasi forma di peccato, quindi, da ricondurre ad un amore eccessivo o sbagliato verso i beni materiali, oppure verso le creature terrene.Su queste basi Dante suddivide i peccatori in nove cerchi concentrici, degradanti verso il centro della terra, dove sono puniti i peccati pi gravi.

    I Cerchi- Il primo cerchio il Limbo, dove si trovano le anime dei pagani virtuosi e dei bambini morti prima di ricevere il battesimo: questo cerchio racchiude quindi anime che, pur non avendo peccato con la loro volont, non ebbero la grazia della salvezza. Per questo motivo esse non sono sottoposte ad una pena fisica, ma, per contrapasso, soffrono perch sono private di Dio.- Dal secondo al quinto cerchio vengono puniti coloro che peccarono per "incontinenza", e precisamente i lussuriosi, i golosi, gli avari e prodighi, gli iracondi ed infine gli accidiosi.- Dopo il quinto cerchio sono le mura della "citt di Dite", dove sono puniti i peccati generati dalla "malizia". Nel sesto cerchio vengono collocati gli "epicurei", o meglio gli eretici, che non credettero, durante la loro vita, all'immortalit dell'anima.- Nel settimo cerchio, diviso in tre gironi, si trovano coloro che hanno peccato per "violenza": contro il prossimo, contro se stessi e contro Dio, natura ed arte.- L'ottavo e il nono cerchio racchiudono i peccatori fraudolenti.

    Inf. XI, 25-27Ma perch frode de l'uom proprio male, pi spiace a Dio; e per stan di sottoli frodolenti, e pi dolor li assale.

    La frode un peccato proprio dell'uomo perch trova il suo fondamento nella ragione, di cui solo l'uomo dotato, e per questo pi spiace a Dio. Nella parte pi bassa dell'Inferno, dunque, sono puniti coloro che hanno usato l'intelligenza contro il prossimo, sia che quest'ultimo avesse fiducia in loro (Cerchio nono) sia che non ne avesse (Cerchio ottavo).L'ottavo cerchio, in dieci bolge, abbraccia chi ha commesso frode "contro chi si non fida", e quindi i seduttori, gli adulatori, i simoniaci, gli indovini, i barattieri, gli ipocriti, i ladri, i consiglieri fraudolenti, i seminatori di discordie ed infine i falsari.Il nono, suddiviso in quattro zone, comprende chi ha commesso frode "contro chi si fida", e quindi i traditori dei parenti, nella Caina, i traditori della patria, nella Antenora, i traditori degli ospiti, nella Tolomea, ed i traditori dei benefattori nella Giudecca.

    l Antiinferno - Selva oscura l Antiinferno - Vestibolo, Scomunicati

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  • Inferno

    l Cerchio I- Limbo, l Cerchio II, Lussuriosi l Cerchio III, Golosi l Cerchio IV, Avari e Prodighi l Cerchio V, Iracondi l Cerchio VI, Eretici l Cerchio VII, Violenti l Cerchio VIII, Fraudolenti l Cerchio IX, Traditori

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  • Selva Oscura

    Antiinferno

    Selva oscuraInf. I - II

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    Il viaggio nell'oltremondo prende inizio in una selva priva di qualsiasi luce, in cui Dante "pien di sonno", cio con l'anima gravata dal torpore spirituale causato dal peccato, si smarrisce.

    La selva termina ai piedi di un colle, sulla cui sommit brillano i raggi del sole, simbolo di Dio, che guida sul retto cammino. Il poeta tenta di salire sul colle ma ricacciato gi, nella selva oscura, da tre fiere.In particolare la lupa, simbolo della cupidigia di beni materiali, a costituire un ostacolo insuperabile.

    Per raggiungere il sole Dante dovr percorrere un'altra via, quella dell'oltremondo, guidato da Virgilio, inviato in suo soccorso da Beatrice.

    Tutti gli elementi della figurazione della "selva oscura", dall'intrico delle piante al sonno che coglie il viandante, dal colle che si intravvede oltre di essa alle fiere che impediscono l'ascesa verso il sole, sono immagini tanto care quanto comuni alla letteratura religiosa e morale del Medioevo, che, del resto le desumeva sia dalla tradizione biblica sia dalla letteratura classica.

    Il buio della selva la figurazione della perdita della ragione, cio della possibilit di scegliere, e di scegliere il bene, cio Dio.Gli occhi sollevati verso il colle illuminato dal sole, sono la richiesta di aiuto alla grazia divina gi espressa, con la stessa, immagine, nel Salmo 121.La protervia delle fiere, cui l'uomo, privo di aiuto e di guida non riesce ad opporsi, rappresenta, infine, la tenacia della suggestione del peccato.

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  • Selva Oscura

    Personaggi: Fiere; Virgilio.

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  • Canto I

    Canto I

    argomento del canto

    indice dei cantimenu principale

    Nel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscurach la diritta via era smarrita. 3 Ahi quanto a dir qual era cosa duraesta selva selvaggia e aspra e forteche nel pensier rinova la paura! 6 Tant' amara che poco pi morte;ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,dir de l'altre cose ch'i' v'ho scorte. 9 Io non so ben ridir com'i' v'intrai,tant'era pien di sonno a quel puntoche la verace via abbandonai. 12 Ma poi ch'i' fui al pi d'un colle giunto,l dove terminava quella valleche m'avea di paura il cor compunto, 15 guardai in alto, e vidi le sue spallevestite gi de' raggi del pianetache mena dritto altrui per ogne calle. 18 Allor fu la paura un poco quetache nel lago del cor m'era duratala notte ch'i' passai con tanta pieta. 21 E come quei che con lena affannatauscito fuor del pelago a la rivasi volge a l'acqua perigliosa e guata, 24 cos l'animo mio, ch'ancor fuggiva,si volse a retro a rimirar lo passoche non lasci gi mai persona viva. 27 Poi ch'i posato un poco il corpo lasso,ripresi via per la piaggia diserta,s che 'l pi fermo sempre era 'l pi basso. 30

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  • Canto I

    Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,una lonza leggiera e presta molto,che di pel macolato era coverta; 33 e non mi si partia dinanzi al volto,anzi 'mpediva tanto il mio cammino,ch'i' fui per ritornar pi volte vlto. 36 Temp'era dal principio del mattino,e 'l sol montava 'n s con quelle stellech'eran con lui quando l'amor divino 39 mosse di prima quelle cose belle;s ch'a bene sperar m'era cagionedi quella fiera a la gaetta pelle 42 l'ora del tempo e la dolce stagione;ma non s che paura non mi dessela vista che m'apparve d'un leone. 45 Questi parea che contra me venissecon la test'alta e con rabbiosa fame,s che parea che l'aere ne tremesse. 48 Ed una lupa, che di tutte bramesembiava carca ne la sua magrezza,e molte genti f gi viver grame, 51 questa mi porse tanto di gravezzacon la paura ch'uscia di sua vista,ch'io perdei la speranza de l'altezza. 54 E qual quei che volontieri acquista,e giugne 'l tempo che perder lo face,che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista; 57 tal mi fece la bestia sanza pace,che, venendomi 'ncontro, a poco a pocomi ripigneva l dove 'l sol tace. 60 Mentre ch'i' rovinava in basso loco,dinanzi a li occhi mi si fu offertochi per lungo silenzio parea fioco. 63 Quando vidi costui nel gran diserto,Miserere di me, gridai a lui,qual che tu sii, od ombra od omo certo!. 66 Rispuosemi: Non omo, omo gi fui,e li parenti miei furon lombardi,mantoani per patra ambedui. 69 Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,e vissi a Roma sotto 'l buono Augustonel tempo de li di falsi e bugiardi. 72

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  • Canto I

    Poeta fui, e cantai di quel giustofigliuol d'Anchise che venne di Troia,poi che 'l superbo Iln fu combusto. 75 Ma tu perch ritorni a tanta noia?perch non sali il dilettoso montech' principio e cagion di tutta gioia?. 78 Or se' tu quel Virgilio e quella fonteche spandi di parlar s largo fiume?,rispuos'io lui con vergognosa fronte. 81 O de li altri poeti onore e lume,vagliami 'l lungo studio e 'l grande amoreche m'ha fatto cercar lo tuo volume. 84 Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore,tu se' solo colui da cu' io tolsilo bello stilo che m'ha fatto onore. 87 Vedi la bestia per cu' io mi volsi;aiutami da lei, famoso saggio,ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi. 90 A te convien tenere altro vaggio,rispuose, poi che lagrimar mi vide,se vuo' campar d'esto loco selvaggio; 93 ch questa bestia, per la qual tu gride,non lascia altrui passar per la sua via,ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide; 96 e ha natura s malvagia e ria,che mai non empie la bramosa voglia,e dopo 'l pasto ha pi fame che pria. 99 Molti son li animali a cui s'ammoglia,e pi saranno ancora, infin che 'l veltroverr, che la far morir con doglia. 102 Questi non ciber terra n peltro,ma sapenza, amore e virtute,e sua nazion sar tra feltro e feltro. 105 Di quella umile Italia fia saluteper cui mor la vergine Cammilla,Eurialo e Turno e Niso di ferute. 108 Questi la caccer per ogne villa,fin che l'avr rimessa ne lo 'nferno,l onde 'nvidia prima dipartilla. 111 Ond'io per lo tuo me' penso e discernoche tu mi segui, e io sar tua guida,e trarrotti di qui per loco etterno, 114 ove udirai le disperate strida,

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  • Canto I

    vedrai li antichi spiriti dolenti,ch'a la seconda morte ciascun grida; 117 e vederai color che son contentinel foco, perch speran di venirequando che sia a le beate genti. 120 A le quai poi se tu vorrai salire,anima fia a ci pi di me degna:con lei ti lascer nel mio partire; 123 ch quello imperador che l s regna,perch'i' fu' ribellante a la sua legge,non vuol che 'n sua citt per me si vegna. 126 In tutte parti impera e quivi regge;quivi la sua citt e l'alto seggio:oh felice colui cu' ivi elegge!. 129 E io a lui: Poeta, io ti richeggioper quello Dio che tu non conoscesti,a ci ch'io fugga questo male e peggio, 132 che tu mi meni l dov'or dicesti,s ch'io veggia la porta di san Pietroe color cui tu fai cotanto mesti. 135 Allor si mosse, e io li tenni dietro.

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  • Argomento del Canto I

    Argomento del Canto I

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    Inf. I, 1-3Nel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscurach la diritta via era smarrita.

    Alla met della sua vita terrena (cio a 35 anni, poich Dante considera la durata media della vita in 70 anni sulla scorta di un passo biblico) il poeta prende coscienza di essersi smarrito nella intricata selva del peccato, n sa dire come e quando vi sia entrato.

    Giunto al limite della selva, Dante scorge un colle illuminato dal sole e, come un naufrago che giunto nel porto si volga indietro a guardare il mare in tempesta che ha appena lasciato, si volta a guardare la selva, prima di intraprendere la salita del colle.Il poeta ha appena iniziato la salita quando tre fiere (una lonza, un leone ed una lupa) appaiono ad impedirgli il cammino, sospingendolo di nuovo verso la selva. Dante scorge una figura umana e, disperato, invoca aiuto. La figura si rivela essere Virgilio che esorta il poeta a tentare per altra via la salita al colle impedita dalla lupa. Virgilio, poi, pronunciata la profezia del Veltro, spiega a Dante come l'unica possibilit di salvezza sia per lui il viaggio attraverso i tre regni dell'oltretomba e si offre come guida.

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  • Argomento del Canto II

    Argomento del Canto II

    testo

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    Mentre scende la sera, Dante si accinge ad iniziare il suo viaggio e, invocando le Muse, chiede che la sua intelligenza possa ricordare, comprendere e scrivere tutto ci che vedr. Iniziando il viaggio, tuttavia, il poeta colto dal dubbio sulla sua capacit e sui suoi meriti.Virgilio lo conforta raccontandogli di come Beatrice stessa sia scesa nel Limbo per pregarlo di correre in suo aiuto, sollecitata dalla compassione di S. Lucia e della Vergine, e lo sprona ricordando come spesso la "vilt" distolga l'uomo dall'operare il bene.

    Come i fiori che si schiudono ai primi raggi del sole, cos l'animo di Dante riscaldato dalle parole di Virgilio e, pieno di fiducia, il poeta si dichiara pronto a riprendere il cammino.

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  • Canto II

    Canto II

    argomento del canto

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    Lo giorno se n'andava, e l'aere brunotoglieva li animai che sono in terrada le fatiche loro; e io sol uno 3 m'apparecchiava a sostener la guerras del cammino e s de la pietate,che ritrarr la mente che non erra. 6 O muse, o alto ingegno, or m'aiutate;o mente che scrivesti ci ch'io vidi,qui si parr la tua nobilitate. 9 Io cominciai: Poeta che mi guidi,guarda la mia virt s'ell' possente,prima ch'a l'alto passo tu mi fidi. 12 Tu dici che di Silvo il parente,corruttibile ancora, ad immortalesecolo and, e fu sensibilmente. 15 Per, se l'avversario d'ogne malecortese i fu, pensando l'alto effettoch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale 18 non pare indegno ad omo d'intelletto;ch'e' fu de l'alma Roma e di suo imperone l'empireo ciel per padre eletto: 21 la quale e 'l quale, a voler dir lo vero,fu stabilita per lo loco santou' siede il successor del maggior Piero. 24 Per quest'andata onde li dai tu vanto,intese cose che furon cagionedi sua vittoria e del papale ammanto. 27 Andovvi poi lo Vas d'elezone,per recarne conforto a quella fede

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  • Canto II

    ch' principio a la via di salvazione. 30 Ma io, perch venirvi? o chi 'l concede?Io non Ena, io non Paulo sono;me degno a ci n io n altri 'l crede. 33 Per che, se del venire io m'abbandono,temo che la venuta non sia folle.Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono. 36 E qual quei che disvuol ci che vollee per novi pensier cangia proposta,s che dal cominciar tutto si tolle, 39 tal mi fec'o 'n quella oscura costa,perch, pensando, consumai la 'mpresache fu nel cominciar cotanto tosta. 42 S'i' ho ben la parola tua intesa,rispuose del magnanimo quell'ombra,l'anima tua da viltade offesa; 45 la qual molte fate l'omo ingombras che d'onrata impresa lo rivolve,come falso veder bestia quand'ombra. 48 Da questa tema a ci che tu ti solve,dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesinel primo punto che di te mi dolve. 51 Io era tra color che son sospesi,e donna mi chiam beata e bella,tal che di comandare io la richiesi. 54 Lucevan li occhi suoi pi che la stella;e cominciommi a dir soave e piana,con angelica voce, in sua favella: 57 'O anima cortese mantoana,di cui la fama ancor nel mondo dura,e durer quanto 'l mondo lontana, 60 l'amico mio, e non de la ventura,ne la diserta piaggia impeditos nel cammin, che vlt' per paura; 63 e temo che non sia gi s smarrito,ch'io mi sia tardi al soccorso levata,per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito. 66 Or movi, e con la tua parola ornatae con ci c'ha mestieri al suo campare,l'aiuta, s ch'i' ne sia consolata. 69 I' son Beatrice che ti faccio andare;vegno del loco ove tornar disio;amor mi mosse, che mi fa parlare. 72

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  • Canto II

    Quando sar dinanzi al segnor mio,di te mi loder sovente a lui'.Tacette allora, e poi comincia' io: 75 O donna di virt sola per cuil'umana spezie eccede ogne contentodi quel ciel c'ha minor li cerchi sui, 78 tanto m'aggrada il tuo comandamento,che l'ubidir, se gi fosse, m' tardi;pi non t' uo' ch'aprirmi il tuo talento. 81 Ma dimmi la cagion che non ti guardide lo scender qua giuso in questo centrode l'ampio loco ove tornar tu ardi'. 84 'Da che tu vuo' saver cotanto a dentro,dirotti brievemente', mi rispuose,'perch'i' non temo di venir qua entro. 87 Temer si dee di sole quelle cosec'hanno potenza di fare altrui male;de l'altre no, ch non son paurose. 90 I' son fatta da Dio, sua merc, tale,che la vostra miseria non mi tange,n fiamma d'esto incendio non m'assale. 93 Donna gentil nel ciel che si compiangedi questo 'mpedimento ov'io ti mando,s che duro giudicio l s frange. 96 Questa chiese Lucia in suo dimandoe disse: - Or ha bisogno il tuo fedeledi te, e io a te lo raccomando -. 99 Lucia, nimica di ciascun crudele,si mosse, e venne al loco dov'i' era,che mi sedea con l'antica Rachele. 102 Disse: - Beatrice, loda di Dio vera,ch non soccorri quei che t'am tanto,ch'usc per te de la volgare schiera? 105 non odi tu la pieta del suo pianto,non vedi tu la morte che 'l combattesu la fiumana ove 'l mar non ha vanto? - 108 Al mondo non fur mai persone rattea far lor pro o a fuggir lor danno,com'io, dopo cotai parole fatte, 111 venni qua gi del mio beato scanno,fidandomi del tuo parlare onesto,ch'onora te e quei ch'udito l'hanno'. 114 Poscia che m'ebbe ragionato questo,

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  • Canto II

    li occhi lucenti lagrimando volse,per che mi fece del venir pi presto. 117 E venni a te cos com'ella volse:d'inanzi a quella fiera ti levaiche del bel monte il corto andar ti tolse. 120 Dunque: che ? perch, perch restai,perch tanta vilt nel core allette,perch ardire e franchezza non hai, 123 poscia che tai tre donne benedettecuran di te ne la corte del cielo,e 'l mio parlar tanto ben ti promette?. 126 Quali fioretti dal notturno gelochinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca,si drizzan tutti aperti in loro stelo, 129 tal mi fec'io di mia virtude stanca,e tanto buono ardire al cor mi corse,ch'i' cominciai come persona franca: 132 Oh pietosa colei che mi soccorse!e te cortese ch'ubidisti tostoa le vere parole che ti porse! 135 Tu m'hai con disiderio il cor dispostos al venir con le parole tue,ch'i' son tornato nel primo proposto. 138 Or va, ch'un sol volere d'ambedue:tu duca, tu segnore e tu maestro.Cos li dissi; e poi che mosso fue, 141 intrai per lo cammino alto e silvestro.

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  • Canto III

    Canto III

    argomento del canto

    indice dei cantimenu principale

    Per me si va ne la citt dolente,per me si va ne l'etterno dolore,per me si va tra la perduta gente. 3 Giustizia mosse il mio alto fattore;fecemi la divina podestate,la somma sapenza e 'l primo amore. 6 Dinanzi a me non fuor cose createse non etterne, e io etterno duro.Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate". 9 Queste parole di colore oscurovid'o scritte al sommo d'una porta;per ch'io: Maestro, il senso lor m' duro. 12 Ed elli a me, come persona accorta:Qui si convien lasciare ogne sospetto;ogne vilt convien che qui sia morta. 15 Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho dettoche tu vedrai le genti dolorosec'hanno perduto il ben de l'intelletto. 18 E poi che la sua mano a la mia puosecon lieto volto, ond'io mi confortai,mi mise dentro a le segrete cose. 21 Quivi sospiri, pianti e alti guairisonavan per l'aere sanza stelle,per ch'io al cominciar ne lagrimai. 24 Diverse lingue, orribili favelle,parole di dolore, accenti d'ira,voci alte e fioche, e suon di man con elle 27 facevano un tumulto, il qual s'aggirasempre in quell'aura sanza tempo tinta,come la rena quando turbo spira. 30

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  • Canto III

    E io ch'avea d'error la testa cinta,dissi: Maestro, che quel ch'i' odo?e che gent' che par nel duol s vinta?. 33 Ed elli a me: Questo misero modotegnon l'anime triste di coloroche visser sanza 'nfamia e sanza lodo. 36 Mischiate sono a quel cattivo corode li angeli che non furon ribellin fur fedeli a Dio, ma per s fuoro. 39 Caccianli i ciel per non esser men belli,n lo profondo inferno li riceve,ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli. 42 E io: Maestro, che tanto grevea lor che lamentar li fa s forte?.Rispuose: Dicerolti molto breve. 45 Questi non hanno speranza di mortee la lor cieca vita tanto bassa,che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte. 48 Fama di loro il mondo esser non lassa;misericordia e giustizia li sdegna:non ragioniam di lor, ma guarda e passa. 51 E io, che riguardai, vidi una 'nsegnache girando correva tanto ratta,che d'ogne posa mi parea indegna; 54 e dietro le vena s lunga trattadi gente, ch'i' non averei credutoche morte tanta n'avesse disfatta. 57 Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto,vidi e conobbi l'ombra di coluiche fece per viltade il gran rifiuto. 60 Incontanente intesi e certo fuiche questa era la setta d'i cattivi,a Dio spiacenti e a' nemici sui. 63 Questi sciaurati, che mai non fur vivi,erano ignudi e stimolati moltoda mosconi e da vespe ch'eran ivi. 66 Elle rigavan lor di sangue il volto,che, mischiato di lagrime, a' lor piedida fastidiosi vermi era ricolto. 69 E poi ch'a riguardar oltre mi diedi,vidi genti a la riva d'un gran fiume;per ch'io dissi: Maestro, or mi concedi 72 ch'i' sappia quali sono, e qual costume

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  • Canto III

    le fa di trapassar parer s pronte,com'i' discerno per lo fioco lume. 75 Ed elli a me: Le cose ti fier contequando noi fermerem li nostri passisu la trista riviera d'Acheronte. 78 Allor con li occhi vergognosi e bassi,temendo no 'l mio dir li fosse grave,infino al fiume del parlar mi trassi. 81 Ed ecco verso noi venir per naveun vecchio, bianco per antico pelo,gridando: Guai a voi, anime prave! 84 Non isperate mai veder lo cielo:i' vegno per menarvi a l'altra rivane le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo. 87 E tu che se' cost, anima viva,prtiti da cotesti che son morti.Ma poi che vide ch'io non mi partiva, 90 disse: Per altra via, per altri portiverrai a piaggia, non qui, per passare:pi lieve legno convien che ti porti. 93 E 'l duca lui: Caron, non ti crucciare:vuolsi cos col dove si puoteci che si vuole, e pi non dimandare. 96 Quinci fuor quete le lanose goteal nocchier de la livida palude,che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote. 99 Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude,cangiar colore e dibattero i denti,ratto che 'nteser le parole crude. 102 Bestemmiavano Dio e lor parenti,l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l semedi lor semenza e di lor nascimenti. 105 Poi si ritrasser tutte quante insieme,forte piangendo, a la riva malvagiach'attende ciascun uom che Dio non teme. 108 Caron dimonio, con occhi di bragialoro accennando, tutte le raccoglie;batte col remo qualunque s'adagia. 111 Come d'autunno si levan le fogliel'una appresso de l'altra, fin che 'l ramovede a la terra tutte le sue spoglie, 114 similemente il mal seme d'Adamogittansi di quel lito ad una ad una,

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  • Canto III

    per cenni come augel per suo richiamo. 117 Cos sen vanno su per l'onda bruna,e avanti che sien di l discese,anche di qua nuova schiera s'auna. 120 Figliuol mio, disse 'l maestro cortese,quelli che muoion ne l'ira di Diotutti convegnon qui d'ogne paese; 123 e pronti sono a trapassar lo rio,ch la divina giustizia li sprona,s che la tema si volve in disio. 126 Quinci non passa mai anima buona;e per, se Caron di te si lagna,ben puoi sapere omai che 'l suo dir suona. 129 Finito questo, la buia campagnatrem s forte, che de lo spaventola mente di sudore ancor mi bagna. 132 La terra lagrimosa diede vento,che balen una luce vermigliala qual mi vinse ciascun sentimento; 135 e caddi come l'uom cui sonno piglia.

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  • Vestibolo dell'Inferno

    Antiinferno

    Vestibolo dell'InfernoInf. III, 22-136

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    Guardiano: ----Dannati: Ignavi

    Inf.III, 62-64....la setta d'i cattivi,a Dio spiacenti ed a' nemici sui. Inf.III, 34-36.... Questo misero modotegnon l'anime triste di coloroche visser sanza 'nfamia e sanza lodoInf.III, 50-50Fama di loro il mondo esser non lassa;misericordia e giustizia li sdegna ...

    Pena: I dannati, nudi, mescolati agli angeli ribelli che non si schierarono con Dio n con Lucifero, sono costretti a correre eternamente dietro un'insegna, punti da vespe e mosconi, mentre il loro sangue e le loro lacrime sono raccolti a terra dai vermi.Contrapasso: Sono costretti a correre dietro una bandiera, loro che non ne seguirono alcuna, e la loro vita inutile alimenta bestie inutili.Personaggi: L'ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto;Caronte, traghettatore delle anime.

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  • Cerchio I

    Cerchio I

    LimboInf. IV

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    Il Limbo definito da Dante il "primo cerchio che l'abisso cigne" (Inf. IV,25). Il vocabolo 'Limbus' in latino significa "orlo" e nella Commedia equivale ad "orlo dell'Inferno", una zona, quindi, non propriamente di pena, ma neppure di beatitudine, o di attesa di essa.

    Guardiano: --Dannati: Coloro che, pur senza colpe, sono morti senza battesimo o sono vissuti senza credere nel Cristo venturo (i pagani virtuosi). Sono, quindi, puniti non per peccati "attuali" ma per il solo peccato originale non lavato dal battesimo. Secondo la dottrina tomista sono peccati "attuali" quelli che si traducono in azioni, frutto di "piena avvertenza e deliberato consenso", conseguenza, cio, di una scelta consapevole.

    Inf. IV, 34-38... ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi (meriti),non basta, perch non ebber battesmo,ch' porta della fede che tu credi;e s'e' furon dinanzi al cristianesmo,non adorar debitamente a Dio.

    La discesa di Cristo nel Limbo, nell'intervallo di tempo trascorso tra la morte e la resurrezione, ha liberato le anime degli antichi ebrei, credenti nel Cristo venturo.

    Pena: Non gemiti ma sospiri colpiscono le orecchie di Dante, espressione del "duol sanza martri" delle anime, della sofferenza, priva pene materiali, ma non per questo meno intensa, causata dall'eterno desiderio, eternamente senza speranza, di Dio.

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  • Cerchio I

    Contrapasso: Queste anime non rifiutarono la fede a causa del peccato, ma perch non la conobbero: esse, infatti sono nel Limbo non per il "fare", il cattivo agire, ma per il "non fare". Esse furono prive in vita non delle virt cardinali, ma delle virt teologali (fede, speranza, carit), ed ora nel Limbo non soffrono una pena, ma una mancanza: la beatitudine che viene solo da Dio.

    Inf. IV, 40-42Per tai difetti, non per altro rio,semo perduti, e sol di tanto offesiche sanza speme vivemo in disio

    Personaggi:I quattro Poeti Antichi:

    l Omero, Orazio, Ovidio, Lucano, (Virgilio).

    Gli Spiriti Magni:

    l personaggi troiani e romani, della storia o del mito, che hanno combattuto per la costruzione di Roma e dell'Impero, voluti dalla Provvidenza divina:Elettra, Ettore, Enea, Cesare, Camilla, Pentesilea, Latino, Lavinia, L.G.Bruto.

    l donne simbolo di romana virt:Lucrezia, Giulia, Marzia, Cornelia.

    l filosofi, scienziati e letterati del mondo greco-romano:Aristotele, Socrate, Platone, Democrito, Diogene, Anassagora, Talete, Empedocle, Eraclito, Zenone, Dioscoride, Orfeo, Cicerone, Lino, Seneca, Euclide, Tolomeo, Ippocrate, Galeno

    l personaggi di rilievo morale e scientifico del mondo medioevale musulmano:Saladino, Avicenna, Averro

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  • Canto IV

    Canto IV

    argomento del canto

    indice dei cantimenu principale

    Ruppemi l'alto sonno ne la testaun greve truono, s ch'io mi riscossicome persona ch' per forza desta; 3 e l'occhio riposato intorno mossi,dritto levato, e fiso riguardaiper conoscer lo loco dov'io fossi. 6 Vero che 'n su la proda mi trovaide la valle d'abisso dolorosache 'ntrono accoglie d'infiniti guai. 9 Oscura e profonda era e nebulosatanto che, per ficcar lo viso a fondo,io non vi discernea alcuna cosa. 12 Or discendiam qua gi nel cieco mondo,cominci il poeta tutto smorto.Io sar primo, e tu sarai secondo. 15 E io, che del color mi fui accorto,dissi: Come verr, se tu paventiche suoli al mio dubbiare esser conforto?. 18 Ed elli a me: L'angoscia de le gentiche son qua gi, nel viso mi dipignequella piet che tu per tema senti. 21 Andiam, ch la via lunga ne sospigne.Cos si mise e cos mi f intrarenel primo cerchio che l'abisso cigne. 24 Quivi, secondo che per ascoltare,non avea pianto mai che di sospiriche l'aura etterna facevan tremare; 27 ci avvenia di duol sanza martri,ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi,d'infanti e di femmine e di viri. 30

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  • Canto IV

    Lo buon maestro a me: Tu non dimandiche spiriti son questi che tu vedi?Or vo' che sappi, innanzi che pi andi, 33 ch'ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi,non basta, perch non ebber battesmo,ch' porta de la fede che tu credi; 36 e s'e' furon dinanzi al cristianesmo,non adorar debitamente a Dio:e di questi cotai son io medesmo. 39 Per tai difetti, non per altro rio,semo perduti, e sol di tanto offesi,che sanza speme vivemo in disio. 42 Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi,per che gente di molto valoreconobbi che 'n quel limbo eran sospesi. 45 Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore,comincia' io per voler esser certodi quella fede che vince ogne errore: 48 uscicci mai alcuno, o per suo mertoo per altrui, che poi fosse beato?.E quei che 'ntese il mio parlar coverto, 51 rispuose: Io era nuovo in questo stato,quando ci vidi venire un possente,con segno di vittoria coronato. 54 Trasseci l'ombra del primo parente,d'Abl suo figlio e quella di No,di Mos legista e ubidente; 57 Abram patrarca e Davd re,Isral con lo padre e co' suoi natie con Rachele, per cui tanto f, 60 e altri molti, e feceli beati.E vo' che sappi che, dinanzi ad essi,spiriti umani non eran salvati. 63 Non lasciavam l'andar perch'ei dicessi,ma passavam la selva tuttavia,la selva, dico, di spiriti spessi. 66 Non era lunga ancor la nostra viadi qua dal sonno, quand'io vidi un fococh'emisperio di tenebre vincia. 69 Di lungi n'eravamo ancora un poco,ma non s ch'io non discernessi in partech'orrevol gente possedea quel loco. 72

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  • Canto IV

    O tu ch'onori scenza e arte,questi chi son c'hanno cotanta onranza,che dal modo de li altri li diparte?. 75 E quelli a me: L'onrata nominanzache di lor suona s ne la tua vita,graza acquista in ciel che s li avanza. 78 Intanto voce fu per me udita:Onorate l'altissimo poeta;l'ombra sua torna, ch'era dipartita. 81 Poi che la voce fu restata e queta,vidi quattro grand'ombre a noi venire:sembianz'avevan n trista n lieta. 84 Lo buon maestro cominci a dire:Mira colui con quella spada in mano,che vien dinanzi ai tre s come sire: 87 quelli Omero poeta sovrano;l'altro Orazio satiro che vene;Ovidio 'l terzo, e l'ultimo Lucano. 90 Per che ciascun meco si convenenel nome che son la voce sola,fannomi onore, e di ci fanno bene. 93 Cos vid'i' adunar la bella scoladi quel segnor de l'altissimo cantoche sovra li altri com'aquila vola. 96 Da ch'ebber ragionato insieme alquanto,volsersi a me con salutevol cenno,e 'l mio maestro sorrise di tanto; 99 e pi d'onore ancora assai mi fenno,ch'e' s mi fecer de la loro schiera,s ch'io fui sesto tra cotanto senno. 102 Cos andammo infino a la lumera,parlando cose che 'l tacere bello,s com'era 'l parlar col dov'era. 105 Venimmo al pi d'un nobile castello,sette volte cerchiato d'alte mura,difeso intorno d'un bel fiumicello. 108 Questo passammo come terra dura;per sette porte intrai con questi savi:giugnemmo in prato di fresca verdura. 111 Genti v'eran con occhi tardi e gravi,di grande autorit ne' lor sembianti:parlavan rado, con voci soavi. 114 Traemmoci cos da l'un de' canti,

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  • Canto IV

    in loco aperto, luminoso e alto,s che veder si potien tutti quanti. 117 Col diritto, sovra 'l verde smalto,mi fuor mostrati li spiriti magni,che del vedere in me stesso m'essalto. 120 I' vidi Eletra con molti compagni,tra ' quai conobbi Ettr ed Enea,Cesare armato con li occhi grifagni. 123 Vidi Cammilla e la Pantasilea;da l'altra parte, vidi 'l re Latinoche con Lavina sua figlia sedea. 126 Vidi quel Bruto che cacci Tarquino,Lucrezia, Iulia, Marza e Corniglia;e solo, in parte, vidi 'l Saladino. 129 Poi ch'innalzai un poco pi le ciglia,vidi 'l maestro di color che sannoseder tra filosofica famiglia. 132 Tutti lo miran, tutti onor li fanno:quivi vid'o Socrate e Platone,che 'nnanzi a li altri pi presso li stanno; 135 Democrito che 'l mondo a caso pone,Dogens, Anassagora e Tale,Empedocls, Eraclito e Zenone; 138 e vidi il buono accoglitor del quale,Dascoride dico; e vidi Orfeo,Tulo e Lino e Seneca morale; 141 Euclide geomtra e Tolomeo,Ipocrte, Avicenna e Galeno,Averos, che 'l gran comento feo. 144 Io non posso ritrar di tutti a pieno,per che s mi caccia il lungo tema,che molte volte al fatto il dir vien meno. 147 La sesta compagnia in due si scema:per altra via mi mena il savio duca,fuor de la queta, ne l'aura che trema. 150 E vegno in parte ove non che luca.

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  • Argomento del Canto IV

    Argomento del Canto IV

    testo

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    Un forte tuono risveglia Dante che comprende di aver attraversato, privo di sensi, l'Acheronte e di trovarsi ora "nel primo cerchio che l'abisso cigne" (Inf. IV, 25). Qui si trovano coloro che, pur virtuosi, sono morti senza battesimo. La discesa di Cristo nel Limbo, nell'intervallo tra la morte e la resurrezione, infatti, ha liberato da questo luogo le anime degli ebrei che hanno sperato nella salvezza. Non gemiti ma sospiri colpiscono le orecchie di Dante, espressione del dolore senza pene materiali di queste anime.

    Riprendendo il cammino, i due poeti giungono presso un nobile castello difeso da mura su cui si aprono sette porte: all'interno di esso, su un prato verdissimo, vengono indicati a Dante i quattro maggiori poeti dell'antichit (Omero, Orazio, Ovidio, Lucano) e gli Spiriti Magni, fra cui Dante riconosce personaggi troiani e romani, della storia o del mito, che hanno combattuto per la costruzione, voluta dalla Provvidenza divina, di Roma e dell'Impero, donne simbolo di romana virt, filosofi, scienziati e letterati di appartenenza, nell'azione e nel pensiero, al mondo greco-romano e personaggi di rilievo morale e scientifico del mondo medioevale musulmano.

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  • Argomento del Canto III

    Argomento del Canto III

    testo

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    La porta dell'Inferno si mostra ai due poeti con la sua minacciosa iscrizione che dichiara l'immutabilit della pena: "lasciate ogne speranza, voi ch'intrate" (Inf. III, 9). Allo smarrirsi di Dante, Virgilio risponde con una nuova esortazione al coraggio e prendendo nella sua la mano di Dante.Nell'oscurit del Vestibolo dell'Inferno si odono sospiri, pianti e grida disperate: Virgilio spiega che si tratta degli ignavi, "la setta d'i cattivi / a Dio spiacenti ed a' nemici sui" (Inf. III,62-64), coloro che nella vita non presero mai una posizione e per questo sono rigettati sia dal Paradiso sia dall'Inferno.

    Superati gli ignavi i due poeti giungono alle rive del primo fiume infernale, l'Acheronte, dove le anime dannate attendono di essere traghettate. Improvvisamente appare la barca guidata da Caronte: il demone non vuole traghettare Dante perch vivo, ma Virgilio lo ammonisce di non opporsi al volere divino. Un violento terremoto scuote allora la terra e Dante, sopraffatto, sviene.

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  • Caronte

    CARONTE Inf. III, 82Vestibolo

    menu dei personaggimenu principale

    Caronte, figlio dell'Erebo e della Notte, , nella tradizione classica, il traghettatore delle anime nell'aldil.Il personaggio descritto da Virgilio in Eneide, VI, 298-304, nei pi minuti particolari, che Dante efficacemente sintetizza in pochi tratti.

    Portitor has horrendus aquas et flumina servatterribi squalore Charon, cui plurima mentocanities inculta iacet, stant lumina flamma,sosdidus ex umeris nodo dependet amicus.Ipse ratem conto subigit velisque ministratet ferruginea subvectat corpora cumba,iam senior, sed cruda deo viridisque senectus

    Caronte, come Minosse, Cerbero, Gerione e Pluto e Flegias, uno dei demoni pagani passati nell'inferno cristiano di Dante e collocati poi come guardiani dei vari cerchi, dopo essere stati trasformati in esseri demoniaci sulla traccia dell'interpretazione figurale dei Padri della Chiesa, concludendo, cos, il processo di assimilazione della cultura classica, iniziato fin dalle origini del cristianesimo.

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  • Menu dei Personaggi

    La Divina Commedia

    Inferno

    Menu dei Personaggi

    Achille Epicuro Michel Zanche

    Alberigo dei Manfredi Eraclito Michele Scotto

    Alessandro Ettore Minosse

    Alessio Interminelli Euclide Minotauro

    Al Euripilo Mirra

    Anassagora Ezzelino III da Romano Moglie di Potifar

    Anastasio II, papa Farinata degli Uberti Mordrec

    Andrea de' Mozzi Federico II Mosca dei Lamberti

    Anfiarao Fiere N. ed A. di Mangona

    Anna Filippo Argenti Niccol III, papa

    anzian di S.Zita Fiorentino suicida Obizzo II d'Este

    Aristotele Flegias Omero

    Arpie Focaccia Orazio

    Arunte Francesca e Paolo Orfeo

    Asdente Francesco d'Accorso Ottaviano degli Ubaldini

    Attila Frate Gomita Ovidio

    Averro Furie Paride

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  • Menu dei Personaggi

    Avicenna Galeno Pentesilea

    Bertram dal Bornio Gano di Maganza Pier da Medicina

    Bocca degli Abati Geri del Bello Pier della Vigna

    Branca Doria Gerione Pirro

    Brunetto Latini Gianni Schicchi Platone

    Bruto Gianni Soldanieri Pluto

    Buoso da Duera Giasone Prisciano

    Caco Giganti Reginaldo Scrovegni

    Caifa Giuda Rinieri da Corneto

    Camicion de' Pazzi Giulia Rinieri de' Pazzi

    Camilla Griffolino d'Arezzo Ruggieri degli Ubaldini

    Capaneo Guglielmo Borsiere Saladino

    Capocchio Guido Bonatti Sassol Mascheroni

    Caronte Guido da Montefeltro Semiramide

    Cassio Guido di Monfort Seneca

    Catalano dei Malavolti Guido Guerra Sesto

    Cavalcante de' Cavalcanti Ippocrate Simon Mago

    Centauri Jacopo da Santo Andrea Sinone

    Cerbero Jacopo Rusticucci Socrate

    Cesare Ladri fiorentini Taide

    Ciacco Lano da Siena Talete

    Ciampolo di Navarra Latino Tebaldello

    Cicerone Lavinia Tegghiaio Aldobrandi

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  • Menu dei Personaggi

    Cleopatra Lino Tesauro Beccheria

    "colui che fece 'l gran rifiuto" Loderingo degli Andal Tiresia

    Cornelia Lucano Tolomeo

    Curione Lucifero Tristano

    Democrito L. Giunio Bruto Ugolino della Gherardesca

    Didone Lucrezia Ulisse e Diomede

    Diogene Malebranche Vanni Fucci

    Dionisio il Vecchio Manto Veglio di Creta

    Dioscoride Maometto Venedico Caccianemico

    Elena Marzia Zenone

    Elettra Mastro Adamo

    Empedocle Medusa

    Enea

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  • Achille

    ACHILLE Inf. V, 65cit. Inf. XII, 71; Pg. IX, 34; Pg. XXI,92Cerchio 2 - Lussuriosi

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    Achille era figlio di Peleo, re dei Mirmidoni, e della ninfa Teti (Pg.). Alla nascita, la madre lo rese invulnerabile immergendolo nelle acque infernali dello Stige, ma, trattenendolo per il tallone, fece s che questo fosse l'unico punto vulnerabile del suo corpo. Crescendo, Achille venne educato dal centauro Chirone.

    Teti, poi, informata dall'indovino Calcante che Achille sarebbe morto a Troia, allo scoppio della guerra lo nascose alla corte di Sciro, vestito da donna, fra le figlie del re Licomede. L fu trovato e smascherato con un inganno da Ulisse, incaricato di condurre l'eroe a Troia perch un oracolo aveva predetto che senza di lui la citt non sarebbe stata espugnata. Il decimo anno di assedio, a causa di una controversia sorta fra i Greci, Achille si ritir dal combattimento per tornare sul campo solo per vendicare la morte dell'amico Patroclo.Uccise in un duello Ettore e fu ucciso a sua volta da Paride, che lo colp nel suo unico punto vulnerabile, il tallone. Secondo una tradizione, invece, ampiamente diffusa nel Medioevo dai romanzi che si ispiravano al ciclo troiano, ma risalente ad Ovidio, Achille, innamoratosi di Polissena, figlia di Priamo, fu attirato in un tranello ed ucciso.

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  • Canto V

    Canto V

    argomento del canto

    indice dei cantimenu principale

    Cos discesi del cerchio primaiogi nel secondo, che men loco cinghiae tanto pi dolor, che punge a guaio. 3 Stavvi Mins orribilmente, e ringhia:essamina le colpe ne l'intrata;giudica e manda secondo ch'avvinghia. 6 Dico che quando l'anima mal natali vien dinanzi, tutta si confessa:e quel conoscitor de le peccata 9 vede qual loco d'inferno da essa;cignesi con la coda tante voltequantunque gradi vuol che gi sia messa. 12 Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:vanno a vicenda ciascuna al giudizio,dicono e odono, e poi son gi volte. 15 O tu che vieni al doloroso ospizio,disse Mins a me quando mi vide,lasciando l'atto di cotanto offizio, 18 guarda com'entri e di cui tu ti fide;non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!.E 'l duca mio a lui: Perch pur gride? 21 Non impedir lo suo fatale andare:vuolsi cos col dove si puoteci che si vuole, e pi non dimandare. 24 Or incomincian le dolenti notea farmisi sentire; or son venutol dove molto pianto mi percuote. 27 Io venni in loco d'ogne luce muto,che mugghia come fa mar per tempesta,

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  • Canto V

    se da contrari venti combattuto. 30 La bufera infernal, che mai non resta,mena li spirti con la sua rapina;voltando e percotendo li molesta. 33 Quando giungon davanti a la ruina,quivi le strida, il compianto, il lamento;bestemmian quivi la virt divina. 36 Intesi ch'a cos fatto tormentoenno dannati i peccator carnali,che la ragion sommettono al talento. 39 E come li stornei ne portan l'alinel freddo tempo, a schiera larga e piena,cos quel fiato li spiriti mali 42 di qua, di l, di gi, di s li mena;nulla speranza li conforta mai,non che di posa, ma di minor pena. 45 E come i gru van cantando lor lai,faccendo in aere di s lunga riga,cos vid'io venir, traendo guai, 48 ombre portate da la detta briga;per ch'i' dissi: Maestro, chi son quellegenti che l'aura nera s gastiga?. 51 La prima di color di cui novelletu vuo' saper, mi disse quelli allotta,fu imperadrice di molte favelle. 54 A vizio di lussuria fu s rotta,che libito f licito in sua legge,per trre il biasmo in che era condotta. 57 Ell' Semirams, di cui si leggeche succedette a Nino e fu sua sposa:tenne la terra che 'l Soldan corregge. 60 L'altra colei che s'ancise amorosa,e ruppe fede al cener di Sicheo;poi Cleopatrs lussurosa. 63 Elena vedi, per cui tanto reotempo si volse, e vedi 'l grande Achille,che con amore al fine combatteo. 66 Vedi Pars, Tristano; e pi di milleombre mostrommi e nominommi a dito,ch'amor di nostra vita dipartille. 69 Poscia ch'io ebbi il mio dottore uditonomar le donne antiche e ' cavalieri,

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  • Canto V

    piet mi giunse, e fui quasi smarrito. 72 I' cominciai: Poeta, volontieriparlerei a quei due che 'nsieme vanno,e paion s al vento esser leggieri. 75 Ed elli a me: Vedrai quando sarannopi presso a noi; e tu allor li priegaper quello amor che i mena, ed ei verranno. 78 S tosto come il vento a noi li piega,mossi la voce: O anime affannate,venite a noi parlar, s'altri nol niega!. 81 Quali colombe dal disio chiamatecon l'ali alzate e ferme al dolce nidovegnon per l'aere, dal voler portate; 84 cotali uscir de la schiera ov' Dido,a noi venendo per l'aere maligno,s forte fu l'affettoso grido. 87 O animal grazoso e benignoche visitando vai per l'aere personoi che tignemmo il mondo di sanguigno, 90 se fosse amico il re de l'universo,noi pregheremmo lui de la tua pace,poi c'hai piet del nostro mal perverso. 93 Di quel che udire e che parlar vi piace,noi udiremo e parleremo a voi,mentre che 'l vento, come fa, ci tace. 96 Siede la terra dove nata fuisu la marina dove 'l Po discendeper aver pace co' seguaci sui. 99 Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,prese costui de la bella personache mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. 102 Amor, ch'a nullo amato amar perdona,mi prese del costui piacer s forte,che, come vedi, ancor non m'abbandona. 105 Amor condusse noi ad una morte.Caina attende chi a vita ci spense.Queste parole da lor ci fuor porte. 108 Quand'io intesi quell'anime offense,china' il viso, e tanto il tenni basso,fin che 'l poeta mi disse: Che pense?. 111 Quando rispuosi, cominciai: Oh lasso,quanti dolci pensier, quanto disiomen costoro al doloroso passo!. 114

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  • Canto V

    Poi mi rivolsi a loro e parla' io,e cominciai: Francesca, i tuoi martria lagrimar mi fanno tristo e pio. 117 Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,a che e come concedette amoreche conosceste i dubbiosi disiri?. 120 E quella a me: Nessun maggior doloreche ricordarsi del tempo felicene la miseria; e ci sa 'l tuo dottore. 123 Ma s'a conoscer la prima radicedel nostro amor tu hai cotanto affetto,dir come colui che piange e dice. 126 Noi leggiavamo un giorno per dilettodi Lancialotto come amor lo strinse;soli eravamo e sanza alcun sospetto. 129 Per pi fate li occhi ci sospinsequella lettura, e scolorocci il viso;ma solo un punto fu quel che ci vinse. 132 Quando leggemmo il disato risoesser basciato da cotanto amante,questi, che mai da me non fia diviso, 135 la bocca mi basci tutto tremante.Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:quel giorno pi non vi leggemmo avante. 138 Mentre che l'uno spirto questo disse,l'altro pianga; s che di pietadeio venni men cos com'io morisse. 141 E caddi come corpo morto cade.

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  • Cerchio II

    Cerchio II

    Inf. V

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    Guardiano: MinosseDannati: LussuriosiInf. V, 38-39... i peccator carnali,che la ragion sommettono al talento (desiderio).

    Caratteristica comune a tutti i dannati la morte violenta, per mano propria od altrui, a causa dell'amore: "amor di nostra vita dipartille" (Inf. V, 69).

    Pena: Una violenta bufera travolge i dannati, percuotendoli e trascinandoli per il Cerchio infernale.

    Inf. V, 31-33La bufera infernal, che mai non resta,mena li spirti con la sua rapina;voltando e percotendo li molesta.

    Contrapasso: Come in vita non seppero far prevalere la ragione sulla violenza delle passioni, cos ora la violenza del vento non d loro pace.

    Personaggi: Virgilio indica a Dante alcuni personaggi famosi della storia antica, del mito, dei poemi medievali: Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride, Tristano.L'esempio tratto dall'attualit , invece, costituito da Francesca da Rimini e Paolo Malatesta

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  • Cerchio III

    Cerchio III

    Inf. VI

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    Guardiano: Cerbero

    Dannati: Golosi "la dannosa colpa de la gola" (Inf. VI, 53) l'ingordigia, la rinuncia, cio, al controllo degli istinti.

    Pena: Una pioggia incessante di acqua sudicia, grandine e neve forma una fanghiglia maleodorante in cui sono distesi i dannati che, graffiati da Cerbero, urlano come cani.

    Inf. VI, 19-21Urlar li fa la pioggia come cani;de l'un de' lati fanno a l'altro schermo;volgonsi spesso i miseri profani.

    Contrapasso: Come i golosi non riuscirono in vita a frenare con la ragione il pi elementare degli istinti umani, cos ora giacciono a terra, in una miseria materiale e morale, oppressi da una pena pi avvilente che gravosa.L'ingordigia li abbrut in vita, ed ora come animali si rivoltano nel fango puzzolente ed urlano.

    Inf. VI, 47-48... s fatta pena,che, s'altra maggio, nulla s spiacente.

    Personaggi: Ciacco

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  • Canto VI

    Canto VI

    argomento del canto

    indice dei cantimenu principale

    Al tornar de la mente, che si chiusedinanzi a la piet d'i due cognati,che di trestizia tutto mi confuse, 3 novi tormenti e novi tormentatimi veggio intorno, come ch'io mi movae ch'io mi volga, e come che io guati. 6 Io sono al terzo cerchio, de la piovaetterna, maladetta, fredda e greve;regola e qualit mai non l' nova. 9 Grandine grossa, acqua tinta e neveper l'aere tenebroso si riversa;pute la terra che questo riceve. 12 Cerbero, fiera crudele e diversa,con tre gole caninamente latrasovra la gente che quivi sommersa. 15 Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,e 'l ventre largo, e unghiate le mani;graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra. 18 Urlar li fa la pioggia come cani;de l'un de' lati fanno a l'altro schermo;volgonsi spesso i miseri profani. 21 Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,le bocche aperse e mostrocci le sanne;non avea membro che tenesse fermo. 24 E 'l duca mio distese le sue spanne,prese la terra, e con piene le pugnala gitt dentro a le bramose canne. 27 Qual quel cane ch'abbaiando agogna,e si racqueta poi che 'l pasto morde,

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  • Canto VI

    ch solo a divorarlo intende e pugna, 30 cotai si fecer quelle facce lordede lo demonio Cerbero, che 'ntronal'anime s, ch'esser vorrebber sorde. 33 Noi passavam su per l'ombre che adonala greve pioggia, e ponavam le piantesovra lor vanit che par persona. 36 Elle giacean per terra tutte quante,fuor d'una ch'a seder si lev, rattoch'ella ci vide passarsi davante. 39 O tu che se' per questo 'nferno tratto,mi disse, riconoscimi, se sai:tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto. 42 E io a lui: L'angoscia che tu haiforse ti tira fuor de la mia mente,s che non par ch'i' ti vedessi mai. 45 Ma dimmi chi tu se' che 'n s dolenteloco se' messo, e hai s fatta pena,che, s'altra maggio, nulla s spiacente. 48 Ed elli a me: La tua citt, ch' pienad'invidia s che gi trabocca il sacco,seco mi tenne in la vita serena. 51 Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:per la dannosa colpa de la gola,come tu vedi, a la pioggia mi fiacco. 54 E io anima trista non son sola,ch tutte queste a simil pena stannoper simil colpa. E pi non f parola. 57 Io li rispuosi: Ciacco, il tuo affannomi pesa s, ch'a lagrimar mi 'nvita;ma dimmi, se tu sai, a che verranno 60 li cittadin de la citt partita;s'alcun v' giusto; e dimmi la cagioneper che l'ha tanta discordia assalita. 63 E quelli a me: Dopo lunga tencioneverranno al sangue, e la parte selvaggiacaccer l'altra con molta offensione. 66 Poi appresso convien che questa caggiainfra tre soli, e che l'altra sormonticon la forza di tal che test piaggia. 69 Alte terr lungo tempo le fronti,tenendo l'altra sotto gravi pesi,come che di ci pianga o che n'aonti. 72

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  • Canto VI

    Giusti son due, e non vi sono intesi;superbia, invidia e avarizia sonole tre faville c'hanno i cuori accesi. 75 Qui puose fine al lagrimabil suono.E io a lui: Ancor vo' che mi 'nsegnie che di pi parlar mi facci dono.