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1 Dalle parole alle pratiche: studiare elezioni locali su Facebook e Twitter. Il caso “Milano 2016” Massimo Airoldi, Francesca Arcostanzo e Stefano Camatarri (Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche e POMLAB, Università degli Studi di Milano) Conference Paper, Convegno SISP 2016, Milano, 16 settembre 2016 Abstract Questo contributo affronta criticamente le implicazioni politologiche dell’analisi delle tracce digitali lasciate da cittadini e candidati sui social media. A questo proposito, presenteremo due studi di caso riguardanti le primarie milanesi del centro-sinistra e le successive elezioni amministrative 2016 a Milano, raccontate attraverso dati raccolti su Facebook e Twitter tra dicembre 2015 e giugno 2016. Un primo obiettivo è metodologico: offrire uno spaccato sufficientemente ampio delle potenzialità dei social media in ambito elettorale, sottolineando al contempo la necessità di un approccio context-sensitive. Un secondo obiettivo è prettamente analitico: la corsa a Sindaco di Milano è stata qui affrontata da un lato attraverso l’analisi longitudinale dei temi su cui i candidati hanno concentrato le proprie campagne elettorali on-line e dell’engagement da questi suscitato, dall’altro tramite la network analysis delle interazioni (like, commenti, retweet) tra comunicazione politica e elettori sui social media, volta in particolare allo studio delle intenzioni di voto degli ‘indecisi’. Verrà proposta una prospettiva metodologica meno incentrata sul sentiment e più sull’analisi delle ‘pratiche digitali’ di candidati e utenti. 1- Introduzione La diffusione sempre più capillare dell’uso di Internet e dei social media sta producendo una rivoluzione metodologica ormai trasversale nelle scienze sociali. Al centro di questa transizione, indubbiamente, vi è Twitter. Grazie alla forte presenza sulla piattaforma di istituzioni e giornalisti e alla relativa facilità della raccolta di enormi masse di dati, questo medium è stato solitamente preferito al (ben più rappresentativo) Facebook nelle analisi dell’opinione pubblica online. Forse un po’ acriticamente, la ricerca politologica ha fin da subito visto in Twitter una sorta di materializzazione della sfera pubblica habermasiana, un laboratorio a cielo aperto dove registrare le opinioni dei cittadini nei confronti di leader e partiti politici, elaborandone il sentiment e – talvolta – provando a formulare predizioni elettorali. L’entusiasmo arrembante nei confronti della ricerca quantitativa su Twitter ha lasciato però un po’ in disparte le riflessioni (necessarie) intorno allo statuto epistemico dei dati digitali, eclissando inoltre le potenzialità legate all’uso di metodi meno mainstream e all’analisi di contesti digitali diversi da Twitter. Questo contributo affronta criticamente le implicazioni politologiche dell’analisi delle tracce digitali lasciate da cittadini e candidati sui social media. A questo proposito, presenteremo due studi di caso riguardanti, rispettivamente, le primarie milanesi del centro-sinistra e le successive elezioni amministrative 2016, raccontate attraverso dati raccolti su Facebook e Twitter tra dicembre 2015 e giugno 2016. Un primo obiettivo di questo lavoro è evidenziare le criticità e i punti di forza di analisi pre- elettorali realizzate in questi due diversi contesti digitali. Mentre gli approcci Big Data tendono a ignorare le peculiarità degli ambienti tecnologici e sociali dove hanno luogo le interazioni

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Dalle parole alle pratiche: studiare elezioni locali su Facebook e Twitter. Il caso “Milano 2016”

Massimo Airoldi, Francesca Arcostanzo e Stefano Camatarri

(Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche e POMLAB, Università degli Studi di Milano)

Conference Paper, Convegno SISP 2016, Milano, 16 settembre 2016

Abstract Questo contributo affronta criticamente le implicazioni politologiche dell’analisi delle tracce digitali lasciate da cittadini e candidati sui social media. A questo proposito, presenteremo due studi di caso riguardanti le primarie milanesi del centro-sinistra e le successive elezioni amministrative 2016 a Milano, raccontate attraverso dati raccolti su Facebook e Twitter tra dicembre 2015 e giugno 2016. Un primo obiettivo è metodologico: offrire uno spaccato sufficientemente ampio delle potenzialità dei social media in ambito elettorale, sottolineando al contempo la necessità di un approccio context-sensitive. Un secondo obiettivo è prettamente analitico: la corsa a Sindaco di Milano è stata qui affrontata da un lato attraverso l’analisi longitudinale dei temi su cui i candidati hanno concentrato le proprie campagne elettorali on-line e dell’engagement da questi suscitato, dall’altro tramite la network analysis delle interazioni (like, commenti, retweet) tra comunicazione politica e elettori sui social media, volta in particolare allo studio delle intenzioni di voto degli ‘indecisi’. Verrà proposta una prospettiva metodologica meno incentrata sul sentiment e più sull’analisi delle ‘pratiche digitali’ di candidati e utenti.

1- Introduzione La diffusione sempre più capillare dell’uso di Internet e dei social media sta producendo una rivoluzione metodologica ormai trasversale nelle scienze sociali. Al centro di questa transizione, indubbiamente, vi è Twitter. Grazie alla forte presenza sulla piattaforma di istituzioni e giornalisti e alla relativa facilità della raccolta di enormi masse di dati, questo medium è stato solitamente preferito al (ben più rappresentativo) Facebook nelle analisi dell’opinione pubblica online. Forse un po’ acriticamente, la ricerca politologica ha fin da subito visto in Twitter una sorta di materializzazione della sfera pubblica habermasiana, un laboratorio a cielo aperto dove registrare le opinioni dei cittadini nei confronti di leader e partiti politici, elaborandone il sentiment e – talvolta – provando a formulare predizioni elettorali. L’entusiasmo arrembante nei confronti della ricerca quantitativa su Twitter ha lasciato però un po’ in disparte le riflessioni (necessarie) intorno allo statuto epistemico dei dati digitali, eclissando inoltre le potenzialità legate all’uso di metodi meno mainstream e all’analisi di contesti digitali diversi da Twitter. Questo contributo affronta criticamente le implicazioni politologiche dell’analisi delle tracce digitali lasciate da cittadini e candidati sui social media. A questo proposito, presenteremo due studi di caso riguardanti, rispettivamente, le primarie milanesi del centro-sinistra e le successive elezioni amministrative 2016, raccontate attraverso dati raccolti su Facebook e Twitter tra dicembre 2015 e giugno 2016. Un primo obiettivo di questo lavoro è evidenziare le criticità e i punti di forza di analisi pre-elettorali realizzate in questi due diversi contesti digitali. Mentre gli approcci Big Data tendono a ignorare le peculiarità degli ambienti tecnologici e sociali dove hanno luogo le interazioni

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comunicative degli utenti, questo lavoro vuole sottolineare invece l’importanza di un’analisi context-sensitive, attenta alle specifiche affordance dei social media. Un secondo obiettivo è prettamente analitico: nel tentativo di offrire uno spaccato sufficientemente ampio della potenzialità epistemica dei social media in ambito elettorale, la corsa per il Sindaco di Milano è stata qui affrontata da un lato attraverso l’analisi longitudinale dei temi su cui i candidati hanno concentrato le proprie campagne elettorali on-line e dell’engagement da questi suscitato, dall’altro tramite la network analysis delle interazioni (like, commenti, retweet) tra comunicazione politica e elettori sui social media. In particolare, verrà proposto un approccio meno incentrato sul sentiment e più sull’analisi delle ‘pratiche digitali’ di candidati e utenti. Questa prospettiva metodologica, derivata dal paradigma dei Digital Methods (Rogers, 2013), si è dimostrata utile a profilare migliaia di elettori milanesi su Facebook a ridosso del voto amministrativo, e può rappresentare una strategia inedita per studiare in modo non intrusivo i comportamenti di rappresentanti e rappresentati nell’era dell’’elettore liquido’.

2- La ricerca elettorale online I social media rappresentano ormai, anche in Italia, uno strumento di comunicazione cruciale nelle campagne elettorali, nazionali così come locali, con un numero crescente di elettori che discutono e si informano di politica online (Barberà et al., 2013). Questo fenomeno tecnologico e sociale non ha un impatto limitato alla comunicazione politica, la quale si fa certamente più diretta, personalizzata e informale (si veda Bentivegna 2012). Le opinioni degli utenti che interagiscono in ambienti digitali come Twitter, YouTube o le pagine Facebook rimangono registrate sulla Rete e nei database dei colossi della Silicon Valley, sotto forma di tweet, commenti o ‘mi piace’. Questi dati, che da qui in avanti chiameremo dati digitali (Airoldi, 2016), sono dunque una miniera d’oro per gli studi elettorali, interessati a tramutare le innumerevoli tracce lasciate dai cittadini sui social media in informazioni utili a interpretare e – talvolta – a predire il corso di un’elezione politica. Questa miniera d’oro, tuttavia, è stata sfruttata ancora molto poco, e spesso in maniera un po’ sconsiderata. Nonostante il numero di studi che prende in considerazione l’impatto di Twitter sui vari aspetti della sfera politica ed elettorale di un Paese sia in costante e rapido aumento, la ricerca nel settore rimane fortemente frammentata – sia a causa della novità del metodo, sia per la compresenza di ricercatori provenienti da svariate aree di ricerca, e dunque con un background teorico e metodologico anche molto distinto – rendendo difficile per il momento l’identificazione di pattern comuni e best practice che facciano avanzare la conoscenza sull’argomento. Per molti studiosi di opinione pubblica Twitter è inoltre diventato sinonimo di social media e, per alcuni, di sfera pubblica habermasiana. Twitter, tuttavia, racchiude solo una parte infinitesimale delle ‘digital footprint’ lasciate dagli utenti Internet e, certamente, non può essere analizzato come fosse un’arena di dibattito tra pari (si veda Caliandro e Barina, 2015). Ad oggi, la ricerca elettorale online ha ruotato intorno a tre principali aree tematiche (Jungherr, 2014): l’utilizzo dei social media da parte di politici e attivisti, lo studio di quanto pubblicato dai vari pubblici nel periodo di campagna elettorale (spesso con un’attenzione rivolta a specifiche issue) ed infine le reazioni online in presenza di eventi mediati, quali dibattiti TV e convention. Nella prima categoria rientrerebbero studi che hanno investigato le ragioni alla base dell’apertura di un account social da parte di un politico (Golbeck, Grimes and Rogers, 2010; Peterson, 2012), il modo in cui questo viene utilizzato (Graham et al., 2013) e l’effetto sul pubblico dei contenuti pubblicati (Parmelee and Bichard, 2012). Di un secondo gruppo farebbero invece parte gli studi sull’utilizzo politico dei social media da parte dei comuni cittadini nel periodo di campagna elettorale. Rientrano in questa categoria le ricerche sulle reti di interazione tra utenti Twitter politicamente attivi (Conover et al., 2011; Smith et al., 2014), gli studi volti ad individuare e

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categorizzare i contenuti dei messaggi pubblicati dagli utenti, tramite l’utilizzo di tecniche più o meno automatizzate di analisi testuale quali machine learning e topic modeling (Bae, J. H., Son, J. E., & Song, M., 2013) ed, infine, un limitato ma significativo filone di ricerca che ha integrato l’analisi dei comportamenti online degli utenti con apposite survey, permettendo dunque di mettere in relazione l’attività su Twitter con variabili tipiche della ricerca elettorale tradizionale (Barberà et al., 2013). In una terza categoria rientrerebbero infine gli studi sull’attività online degli spettatori di eventi “mediati”, quali i dibattiti televisivi (Chadwick, 2013; Lin, Keegan, Margolin and Lazer, 2013). Esclusi dalla categorizzazione di Jungherr, occorre menzionare inoltre i sempre più numerosi studi volti a individuare modelli statistici in grado di “predire” i risultati elettorali a partire dai dati digitali (per approfondimenti si veda Gayo-Avello, 2013). Se è vero che queste nuove aree di ricerca sono state esplorate principalmente su Twitter, diversi studi hanno cercato di rispondere agli stessi quesiti su Facebook (Larsson & Kalsnes, 2014; Williams & Girish, 2012), o tramite un confronto tra le due piattaforme (Enli & Skogerbø, 2013). Nella maggior parte dei casi, lo studio di elezioni sui social media è stato prevalentemente svolto in arene elettorali nazionali - principalmente in USA e Regno Unito, ma sempre più spesso anche di altri Paesi – mentre, con rare eccezioni (ad esempio Effing et al., 2015), scarseggiano studi su elezioni locali e, perlomeno fino al 2014, europee.

3- Twitter e Facebook: due campi di ricerca a confronto

Nell’ambito dell’Internet research vi è talvolta la tendenza a considerare l’insieme eterogeneo di siti, piattaforme, applicazioni che popolano la Rete come un unico, coerente ‘cyberspazio’. Al contrario, i diversi ambienti digitali noti come social media presentano caratteristiche socio-tecniche radicalmente differenti l’uno dall’altro, esattamente come diversi sono i contesti che attraversiamo nella nostra vita quotidiana aldilà dello schermo. Queste caratteristiche modellano le affordance degli utenti, influenzando il loro comportamento e, di conseguenza, il tipo di conoscenza che saremo in grado di produrre in quanto ricercatori/osservatori (Baym & Boyd, 2012; Rogers, 2013). Così come le opinioni politiche espresse da uno stesso rispondente in un’intervista individuale anonima e in un focus group potrebbero variare in maniera consistente a causa di meccanismi di desiderabilità sociale, anche le opinioni dei cittadini in Rete sono soggette alle stesse dinamiche, a seconda del loro essere espresse in contesti digitali pubblici (ad esempio, Twitter) o privati (una chat di Facebook), anonimi (vedi i nickname spesso utilizzati nei commenti ad articoli di giornale online, con il relativo fenomeno del trolling) o ‘nonimi’ (vedi Facebook). Come sottolineava ante litteram Joshua Meyrowitz, le situazioni sociali faccia a faccia e quelle elettronicamente mediate sono ugualmente considerabili come ‘sistemi informativi’ caratterizzati da specifiche proprietà legate al contesto e ai suoi partecipanti (1985, trad. it. 1995), che vanno sistematicamente a influenzare le presentazioni del self ‘messe in scena’1. Lungi dall’essere scollate da una fantomatica ‘vera realtà’ offline, le identità e le interazioni mediate digitalmente tendono a sovrapporsi a quelle ‘analogiche’, in quella che oggi è percepita dalle persone come un’unica realtà ‘aumentata’ (Jurgenson, 2012). I dati solitamente utilizzati nello studio dell’opinione pubblica online sono prodotti in contesti digitali pubblici. Nel caso di Twitter, l’approccio standard alla fase di raccolta dati consiste nello scaricare i tweet contenenti una stessa keyword (o hashtag), oppure quelli prodotti da una lista di utenti specifici, utilizzando software collegati alla API (Application Programming Interface) della

1 Questo gergo di matrice goffmaniana non è fuori luogo. Aldilà delle comuni fallacie epistemologiche con cui talvolta si pretende di trattare dati scaricati da Twitter come le risposte chiuse a un sondaggio d’opinione, non bisogna dimenticare che un tweet non è altro che una presentazione del self digitalmente mediata, di fronte a quella che Boyd definisce come “audience invisibile” (2011).

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piattaforma2. Il prodotto finale della data collection su Twitter è di norma un file tabulare contenente il testo dei singoli tweet corredato da una serie di metadati, le nostre variabili; ad esempio, la data e ora di pubblicazione, il nickname dell’autore, il numero di follower. Queste informazioni possono essere analizzate attraverso una molteplicità di tecniche, riconducibili grossolanamente a tre approcci principali, distinti a partire dall’oggetto vero e proprio della ricerca: a) il contenuto, ossia il tweet in quanto documento testuale; b) la relazione contenuto-utenti – come nel caso della misurazione dell’engagement, l’interesse suscitato da un tweet o un hashtag; c) la relazione tra utenti o, in altre parole, il network di interazioni tra di essi. Nel primo approccio il contenuto dei tweet può essere analizzato attraverso metodi come la sentiment analysis (si veda Ceron et al., 2014) e l’analisi del contenuto (si veda Splendore et al., 2016). Nel secondo caso si prendono normalmente in considerazione le metriche naturalmente disponibili sui social media (Gerlitz e Lury, 2014) – per Twitter, il numero di follower, di favorite o di retweet – allo scopo di descrivere quantitativamente l’efficacia di una comunicazione. Nel terzo caso invece si possono applicare tecniche di network analysis (Wasserman e Faust, 1994) per ricostruire e interpretare la composizione delle reti sociali su Twitter. Questi network possono essere di due tipi (si veda Bruns e Burgess 2012): a) reti di follower – relativamente stabili nel tempo, nelle quali il legame tra due utenti/nodi viene stabilito quando un utente Twitter “segue” l’altro; b) reti di interazioni comunicative – più fluide, dove il legame è rappresentato da una mention (@) e/o un retweet (RT). Facebook, seppure con qualche eccezione (ad esempio Arcostanzo e Retfalvi, 2013) rimane un territorio decisamente più inesplorato per quel che riguarda lo studio dell’opinione pubblica. Il motivo principale è dovuto alla natura privata di buona parte delle conversazioni che avvengono su questa piattaforma, alle quali non è pertanto possibile accedere3, a differenza di quanto accade, invece, nel caso di Twitter. Tuttavia, i motivi per studiare Facebook non mancano: oltre ad essere il social media più diffuso a livello di popolazione - in Italia, ad esempio, gli utenti attivi su Facebook a dicembre 2015 erano 24 milioni, contro i 6,4 milioni di Twitter4 -, negli ultimi anni si sta affermando anche come principale fonte di informazione politica tra i millenial (Pew Research Center, 2015). Anche nell’analisi politica dei dati Facebook, possiamo distinguere due approcci metodologici principali: uno testuale, basato sullo studio di post e commenti pubblicati dagli utenti, ed un secondo più relazionale, incentrato sull’analisi dell’engagement e dei network di interazioni tra utenti e contenuti. Questo duplice sguardo analitico consentito dai metodi digitali può essere ricondotto a una distinzione più ampia tra lo studio delle ‘rappresentazioni’ e quello delle ‘pratiche’. Se la ricerca nell’ambito dell’opinione pubblica verte tradizionalmente intorno all’analisi delle auto-rappresentazioni dei cittadini – risposte a indagini campionarie così come comunicazioni interpersonali sui social media – nuove prospettive metodologiche sono rese possibili dalla pervasività dell’uso di Internet e dei media digitali. Il carattere naturalistico e non intrusivo della raccolta di dati digitali (si veda Airoldi, 2016), nonché il loro essere persistenti e facilmente ricercabili, consente al ricercatore di ricostruire le opinioni degli utenti non solo a partire dalle parole utilizzate, ad esempio nei tweet, ma anche sulla base di comportamenti e azioni facilmente misurabili – mettere un like a un post o a una pagina Facebook, retweettare o seguire un altro utente Twitter, accedere al sito internet di un partito politico (si veda Rogers, 2013). Inoltre, la struttura naturalmente reticolare dei social network rende particolarmente efficace l’utilizzo di tecniche di

2 Le API consentono di accedere dalla porta di servizio ai database in cui vengono sistematicamente registrate e immagazzinate le informazioni relative alle attività digitali degli utenti, con limiti e regole che variano da interfaccia a interfaccia. 3 L’attuale API di Facebook consente unicamente di scaricare post, commenti e like da pagine e gruppi pubblici (Rieder et al. 2015) 4 Fonte: http://vincos.it/osservatorio-facebook/

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network analysis, sia in un’ottica quantitativa (Bruns e Burgess, 2012) che qualitativa (Howard, 2002). Nel paragrafo 2 abbiamo illustrato parte della recente letteratura sullo studio dell’opinione pubblica e delle elezioni politiche attraverso i social media e, in particolare, Twitter. L’obiettivo di questo contributo è approfondire le opportunità di ricerca offerte da un cambio di prospettiva: dalle ‘rappresentazioni’, dalle parole degli utenti, alle loro pratiche digitali. Un passaggio, questo, che necessità uno sguardo metodologico context-sensitive, cioè attento alle peculiarità socio-tecniche dei contesti digitali indagati (si veda Cardano, 2011). Tornando alla comparazione tra Twitter e Facebook: un retweet non ha né lo stesso peso né lo stesso significato di un like; gli hashtag esistono anche su Facebook, ma sono usati in maniera residuale e puramente ironica; l’utente Facebook è formalmente invitato a esplicitare il suo nome e cognome al momento dell’iscrizione, mentre su Twitter è possibile interagire sotto la copertura di un nickname. Queste sono solo alcune delle numerose discontinuità socio-tecniche tra i due media, di cui è indispensabile tener conto nello studio dei comportamenti degli utenti. Nelle prossime pagine presenteremo un’analisi longitudinale di caso delle primarie del centro-sinistra e delle successive elezioni amministrative tenutasi lo scorso giugno nella città di Milano. I campi mediali oggetto di questo studio saranno Facebook, in primis, e Twitter. Ci concentreremo sulle interazioni digitali tra gli elettori milanesi e i contenuti diffusi dai candidati alle primarie del centro-sinistra prima e alla carica di sindaco poi, da noi monitorate tra dicembre 2015 e giugno 2016 nell’ambito di un progetto di ricerca POMLAB5. La scelta di esplorare empiricamente le potenzialità di Facebook quale strumento per lo studio delle elezioni municipali è dettata dallo stretto legame di questa piattaforma con la dimensione territoriale e locale – testimoniato ad esempio dal fenomeno delle social street (Cabitza et al., 2016).

4- Un’analisi digitale del caso “Milano 2016”

La corsa per le primarie del centro-sinistra milanese è partita ufficialmente a metà dicembre6. In seguito alla rinuncia di un’eventuale ricandidatura come Primo Cittadino da parte dell’allora Sindaco Giuliano Pisapia, la competizione per la successiva leadership di coalizione si è progressivamente strutturata attorno a quattro candidati, ciascuno dei quali in rappresentanza di una delle ‘anime’ del centro-sinistra meneghino. Il primo di questi, Giuseppe Sala, era stato proposto dalla cosiddetta ‘ala renziana’ del Partito Democratico. A seguire, Piefrancesco Majorino, sponsorizzato dall’opposizione interna al Pd e da Sel, e Francesca Balzani, personalità di riferimento del cosiddetto ‘movimento arancione’, data anche la sua centralità all’interno dell’esperienza di governo Pisapia (assessore al bilancio dal 2013 e vicesindaco a partire dal 2015). Come candidato outsider rispetto agli schieramenti tradizionali, ha preso parte alla competizione anche Antonio Iannetta, direttore di UISP (Unione Italiana Sport per Tutti). La vittoria alle primarie di Giuseppe Sala ha posto le basi per la successiva corsa elettorale per la “conquista” di Palazzo Marino, conclusasi con la vittoria risicata del manager di Expo, giunto al ballottaggio con Stefano Parisi, sul quale si era verificata la convergenza delle diverse componenti del centro-destra a livello nazionale (Forza Italia e Lega in particolare)7. Come in parte anticipato sopra, le analisi che presentiamo di seguito mirano a ricostruire e interpretare le tracce digitali di quella che, seppure a fasi intermittenti, è stata una lunga campagna locale8.

5 Laboratorio sulla Opinione Pubblica e i Social Media del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano. 6 Nei mesi precedenti, tuttavia, le strategie dei futuri candidati iniziavano già a prendere piede dentro e fuori dal partito 7 Altri candidati sindaco che non sono riusciti ad approdare al secondo turno sono il grillino Corrado, il radicale Cappato e il rappresentante di Milano in Comune, Basilio Rizzo 8 Se guardiamo alla successione di primarie e amministrative, questa è infatti durata complessivamente quasi 6 mesi (dicembre 2015 – giugno 2016)

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4.1 Campagne elettorali ed engagement: “Milano 2016” su Facebook e Twitter Come anticipato nell’introduzione, parte della nostra analisi della corsa elettorale milanese si è focalizzata sulla comunicazione dei candidati sui social, identificando da una lato le issue su cui i candidati hanno deciso di porre maggior enfasi durante la campagna, e dall’altro prendendo in considerazione le reazioni degli utenti ai vari contenuti, mettendo dunque in relazione le tematiche ‘spinte’ dai candidati con la loro capacità di generare engagement – e dunque, di riflesso, la congruenza tra le scelte strategiche dei candidati e le preferenze del loro elettorato. Questo tipo di ricerca permette di rispondere ad alcuni interrogativi di diversa natura: quali sono i candidati che hanno maggior successo online, e quali meno? Quali le tematiche che riescono a stimolare un maggiore coinvolgimento degli utenti? Esistono issue di ‘proprietà’ di un candidato? Nel corso della campagna elettorale, abbiamo cercato di rispondere a queste domande tramite due casi studio: la corsa dei candidati verso le primarie del centro-sinistra, durante la quale abbiamo analizzato i post pubblicati sulle pagine Facebook di Giuseppe Sala, Francesca Balzani, Antonio Iannetta e Pierfrancesco Majorino nel mese precedente al voto, e la campagna elettorale per le elezioni municipali, a partire invece dai tweet dei principali candidati sindaco (Giuseppe Sala - @NoiMilano2016, Stefano Parisi - @s_parisi, Gianluca Corrado - @ilconrad76, Marco Cappato - @marcocappato e Basilio Rizzo - @basiliorizzo). Per la raccolta dati sono stati utilizzati, rispettivamente, Netvizz, uno strumento per l’analisi di Facebook sviluppato dal team della Digital Methods Initiative di Amsterdam (Rieder et al., 2015), e la Search API di Twitter. La Tab. 1 riporta le principali metriche associate alle pagine Facebook dei quattro candidati alle primarie del centro-sinistra per il periodo dal 22/12/2015 al 22/01/2016: numero di post, numero di like, numero di commenti, numero di condivisioni e, infine, engagement totale nell’arco di tempo selezionato. Da questi primi dati è possibile vedere come, complessivamente, il candidato in grado di stimolare maggior coinvolgimento tra il pubblico è Pierfrancesco Majorino, seguito da Francesca Balzani, Giuseppe Sala ed infine Antonio Iannetta.

Iannetta Majorino Balzani Sala Totale post 53 92 115 151 Totale like 2689 22302 20145 10639 Totale commenti 183 4306 2712 1055 Totale condivisioni 575 4629 4548 2101 Totale engagement 3508 34818 29567 15086

Tab. 1 Performance delle fanpage dei 4 candidati dal 22/12/2015 al 22/01/2016

A partire dai 411 post pubblicati complessivamente dai candidati nel mese di raccolta dati, abbiamo successivamente ristretto la nostra analisi ai soli post con un livello di engagement (qui calcolato come somma del numero di like, commenti e condivisioni) superiore a 200. Dal momento che il nostro intento era quello di individuare le tematiche più care agli elettori, tra i 140 post abbiamo selezionato soltanto quelli in cui era esplicitato un riferimento a issue specifiche, includendo in questa categoria sia le aree di policy a cui i candidati fanno riferimento, sia i valori di cui gli stessi si fanno promotori, per un totale di 56 post. La Fig. 1 rappresenta il numero di post per ciascuna delle issue identificate, distinte in base alle diverse pagine di provenienza.

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Fig. 1 Top post associati a ciascuna tematica, distinti in base alla pagina di provenienza. Periodo di riferimento: dal

22/12/2015 al 22/01/2016.

Come si può vedere dalla Fig. 1 le issue emerse dalle pagine Facebook dei candidati sono molteplici e relative a diverse aree di policy. Al primo posto abbiamo le tematiche ambientali, tra le priorità dei candidati Majorino e Balzani. Seguono la questione dell’integrazione culturale e religiosa, le proposte a sostegno del reddito (reddito minimo di cittadinanza, asili nidi semi-gratuiti, abbonamento ATM gratuito per i disoccupati, misure a sostegno per le giovani coppie) e, a livello valoriale, l’importanza dell’antifascismo – tutti temi particolarmente cari ai simpatizzanti di Majorino. Uguaglianza di genere e bilancio partecipativo sono invece al centro di alcuni dei post più apprezzati della candidata Balzani. Fig. 2 presenta invece una visualizzazione grafica del livello di engagement associato a ciascuna delle tematiche identificate: più grande è la ‘bolla’, maggiore è il numero complessivo di interazioni ottenute dai post sul tema in questione. Anche in questo caso, integrazione culturale e religiosa, antifascismo e ambiente risultano essere i temi dominanti, ma anche altri temi trovano spazio (misure a sostegno del reddito, riqualificazione delle periferie e uguaglianza di genere).

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Fig. 2 Livello di engagement per tematica. Periodo di riferimento: dal 22/12/2015 al 22/01/2016.

In definitiva, nel dibattito online precedente alle primarie del centro-sinistra appare centrale una discussione attorno ad alcune issue di carattere valoriale – immateriale (integrazione culturale e religiosa, antifascismo e ambiente), seguita da ulteriori tematiche di carattere socio-economico (sostegno al reddito e riqualifica delle periferie, per citarne alcune) e dal dibattito sulle unioni civili, che riscuote un discreto successo sebbene non si tratti di una tematica squisitamente locale. Nel secondo caso studio abbiamo utilizzato un approccio analogo per esplorare le tematiche al centro della campagna online dei principali candidati sindaco di Milano, questa volta analizzata su Twitter. Quali candidati hanno ‘cinguettato’ di più? Ad un maggior utilizzo della piattaforma di microblogging corrisponde anche una maggior efficacia comunicativa? Quali sono i temi su cui i diversi candidati si concentrano? Per rispondere a queste domande, dal 19 marzo al 12 maggio abbiamo raccolto tutti i tweet inviati dagli account Twitter dei principali candidati sindaco: Giuseppe Sala (@NoiMilano2016), Stefano Parisi (@s_parisi), Gianluca Corrado (@ilconrad76), Marco Cappato (@marcocappato) e Basilio Rizzo (@basiliorizzo), per un totale di 3069 tweet.

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Fig. 3 Numero di tweet inviati per candidato. Periodo di riferimento: dal 19/03/2016 al 12/05/2016.

Se la Fig. 3 ci restituisce un’idea di quanto i candidati siano vocal, per capire quanto tale dato si leghi a una strategia complessiva di presenza e al successo in Rete dei candidati abbiamo messo in relazione il numero di tweet inviati nel corso della campagna con un secondo dato: il numero di follower. Dal grafico a dispersione in Fig. 4 possiamo vedere come, nel caso delle elezioni milanesi, i candidati che si affidano maggiormente a Twitter per diffondere i loro messaggi sono proprio quelli maggiormente seguiti.

Fig. 4 Numero di tweet e numero di follower per candidato. Periodo di riferimento: dal 19/03/2016 al 12/05/2016.

Muovendo l’attenzione verso i temi trattati dai candidati su Twitter, abbiamo preso in considerazione tutti gli hashtag utilizzati dagli stessi nell’arco di tempo considerato, e le relative frequenze. Sempre più utilizzati da politici, policy makers e giornalisti, negli ultimi anni la diffusione dell’uso di hashtag nella comunicazione politica online è diventata tale da far coniare il concetto di ‘hashtag politics’, definito come “the practice of purposefully creating or engaging with discrete brand-like policy ideas” (Jeffares, 2014).

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Nel periodo considerato, i cinque candidati hanno fatto uso di ben 630 diversi hashtag. La Fig. 5 ne presenta una rappresentazione grafica (word cloud); il colore associato a ciascun hahstag è indicativo del candidato che ne ha fatto uso, mentre le dimensioni dipendono dalla frequenza con cui è stato utilizzato, fornendo così un ritratto sintetico dei temi al cuore delle diverse campagne9.

Fig. 5 Gli hashtag utilizzati dai candidati su Twitter. Periodo di riferimento: dal 19/03/2016 al 12/05/2016

Come si può notare, Marco Cappato emerge come uno dei candidati più attivi nel dibattito on-line. È inoltre quello che ricorre più spesso all’utilizzo delle stesse parole chiave. Queste riguardano principalmente temi cari al Partito Radicale, uno su tutti la legalizzazione delle droghe leggere. Mancano invece riferimenti più specifici a tematiche locali. Il volume degli hashtag utilizzati da Beppe Sala, come indicato dalla grandezza e dal numero di parole in colore rosso, è piuttosto simile. In questo caso, però, a risaltare sono soprattutto i nomi delle trasmissioni radiofoniche e dei talk show televisivi di cui il candidato Sindaco di centro-sinistra è stato ospite (Radio Studio 24, DiMartedì, Virus, Sky Tg24, ecc.). Ciò sembra segnalare un utilizzo del social media maggiormente finalizzato alla diffusione di messaggi creati in primo luogo altrove, ovvero sui media tradizionali. Lo stesso vale per Parisi che, ad esclusione di una certa enfasi sul tema della sicurezza, sembra fare uso della medesima strategia. Un discorso a parte meritano invece gli hashtag di Corrado e Rizzo. Questi ultimi riguardano per lo più prese di posizione su questioni politiche di carattere nazionale, come il recente referendum sulle trivelle (#notrivelle, #trivellopoli, #iovotosi) ma anche riferimenti al tema della trasparenza e, specie nel caso di Corrado, accuse nei confronti del principale partito di governo e dei suoi esponenti (#renzieboschiacasa, #salaritirati, #arrestatopd). Va comunque detto che il contributo di questi due candidati al dibattito online, almeno in termini quantitativi, rimane nel complesso marginale. In un secondo momento abbiamo infine deciso di ridurre il focus sui due candidati principali, Giuseppe Sala e Stefano Parisi: la forte incertezza circa l’esito della competizione li ha indotti a convergere e confrontarsi su temi simili, al fine di persuadere i cosiddetti indecisi, oppure hanno puntato in primo luogo a mobilitare il proprio elettorato, concentrandosi sui temi cari alle rispettive aree politiche? Per rispondere a questa domanda abbiamo selezionato i soli hashtag riguardanti 9 Per garantire una maggiore visibilità delle parole utilizzate, per ogni candidato abbiamo escluso dalla visualizzazione gli hashtag genericamente relativi a slogan elettorali (#iocorropermilano, #votasala, #cappatosindaco, #m5s, ecc.).

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tematiche politiche sostantive e li abbiamo visualizzati in un ulteriore grafico a bolle (Fig. 6), che permette una visualizzazione piuttosto intuitiva del livello di enfasi posto su specifici temi: più grande è la bolla, maggiore è il numero di volte in cui quel tema è stato menzionato dal candidato.

Fig. 6 I temi di Sala e Parisi su Twitter. Periodo di riferimento: dal 19/03/2016 al 12/05/2016

Come si può notare, i “vocabolari” di Parisi e Sala in campagna elettorale presentano due nuclei abbastanza distinti, ma con discreti margini di sovrapposizione. Ciascuno dei due candidati, infatti, pone ampia enfasi su alcuni temi chiave della propria area politica tralasciati dal proprio avversario: tasse e immigrazione per Parisi; legalità, lavoro e smart city per Sala. Entrambi condividono tuttavia un’attenzione particolare per il tema della ‘sicurezza’ che, come testimoniato anche dai dibattiti televisivi, seppur da angolazioni diverse è stato percepito come decisivo nell’ambito di questa campagna elettorale. Oltre a questo, sia Sala che Parisi dedicano spazio, seppur in via secondaria, ad alcuni hashtag legati alla crescita economica e culturale della città (#startup, #imprese, #impresealcentro, #sviluppo, #innovazione e #cultura, solo per citarne alcuni), il primo ponendo l’accento su tematiche tradizionalmente ‘di sinistra’ – come welfare, ambientalismo, multiculturalismo e cittadinanza attiva -, il secondo con maggiore attenzione al tema dello snellimento della burocrazia comunale (#spendingreview, #digitalizzazione) e dei suoi costi per il cittadino, da riconvertire in servizi (#multe, #vigilediquartiere, #mobilità). Al di là delle manifeste diversità, appare dunque evidente come i due candidati abbiano in una certa misura ingaggiato una competizione su temi simili. L’obiettivo è stato verosimilmente quello di intercettare le istanze di quel ceto medio urbano che, secondo alcune analisi di sondaggio ex-post, sembra essersi effettivamente rivelato il vero ago della bilancia alle ultime elezioni amministrative10.

10 Secondo un sondaggio post-elettorale, fattore decisivo della vittoria di Sala sarebbe stato proprio il consenso raccolto tra categorie socioeconomiche afferenti al settore terziario avanzato (e.g. laureati e liberi professionisti), storicamente portatrici di istanze politiche ‘post-materiali’ e più inclini ad un voto d’opinione (Fasano e Pasini 2004). A quanto pare

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4.2 Studiare gli ‘indecisi’ via Facebook: un approccio di network analysis Una delle tendenze più evidenti nelle indagini pre-elettorali degli ultimi decenni è che il numero di elettori indecisi, così come quello di coloro che si rifiutano di comunicare la propria intenzione di voto nell’ambito di contesti d’intervista (telefonica o meno), è andato aumentando costantemente (Dalton et al. 2000; Sani 2006; Natale 2009; Barisione, Catellani, De Sio 2011). Tale fenomeno sembrerebbe tra l’altro influenzare anche i comportamenti delle élite politiche che, come osservato nel caso milanese, tenderebbero a ingaggiare una competizione per certi versi imperniata su temi simili e cari a un’ampia fetta di elettorato ‘d’opinione’. Se tale scelta competitiva abbia tuttavia risposto all’effettiva presenza di incertezza nell’elettorato cittadino è un dato ancora tutto da verificare. In questo senso, se lo strumento del sondaggio d’opinione sta incontrando alcune difficoltà nel registrare le preferenze elettorali di una fetta crescente dei cittadini, ci è parso legittimo chiederci se fosse possibile fare luce sul fenomeno degli indecisi attraverso strategie metodologiche innovative. L’approccio qui proposto consiste nell’applicare tecniche di network analysis alle pratiche comunicative degli utenti che interagiscono con le pagine Facebook dei candidati, allo scopo di isolare quel cluster di utenti che hanno commentato o ‘likeato’ i post di più di un candidato. Quando queste interazioni multiple non sono ‘di parte’ – come nel caso dei commenti critici ai post del candidato dello schieramento opposto – esse ci consentono di individuare elettori indecisi interessati alle proposte di diversi candidati, e dunque di tracciarne un profilo a partire dal contenuto dei loro commenti ai post. Abbiamo impiegato questa tecnica in due momenti diversi della campagna elettorale delle amministrative Milanesi: un mese circa prima del voto al primo turno e due giorni prima del ballottaggio, che vedeva fronteggiarsi Stefano Parisi per il centrodestra e Beppe Sala per il centro-sinistra, poi vincitore con un margine piuttosto ridotto (51,7% dei voti, contro il 48,3% dell’opponente di centro-destra). Nel primo caso la nostra domanda di ricerca era la seguente: chi, tra Sala e Parisi, è in grado di catturare il voto degli indecisi milanesi? Abbiamo perciò analizzato le pratiche digitali dei 23.111 utenti che hanno commentato e/o ‘likeato’ i post (226 per Parisi, 182 per Sala) pubblicati sulle pagine dei due candidati tra il 3 aprile e il 3 maggio. Per la raccolta dati è stato utilizzato Netvizz (Rieder et al., 2015) mentre per l’analisi del network è stato impiegato il software open source Gephi11. La rete in questione è bipartite, ossia un network caratterizzato da due tipi diversi di nodi: i post pubblicati sulle pagine dei candidati e i singoli utenti. Come si può notare in Fig. 7, gli utenti si dividono ovviamente in due gruppi principali dal volume comparabile: l’’elettorato’ di Sala (ossia lo zoccolo duro del suo pubblico Facebook) e quello di Parisi, nettamente distinti cromaticamente. La visualizzazione rappresenta i post e gli utenti come pallini (o nodi) e le interazioni (‘mi piace’ o commenti) tra questi come delle linee (o legami). I pallini in rosso scuro sono i post di Beppe Sala, quelli in blu scuro si riferiscono a Parisi; la loro grandezza è proporzionale all’engagement suscitato (la somma di ‘mi piace’, commenti e condivisioni). Analogamente, il colore dei densi agglomerati di pallini più piccoli (gli utenti) dipende dal numero di interazioni con i contenuti dell’uno o dell’altro candidato: tendente al rosso, se l’utente ha privilegiato Sala; viceversa, al blu, se ha interagito maggiormente con la pagina di Parisi. Le linee, i legami tra utenti e post determinati da commenti e ‘mi piace’, sono rossi se rivolti al candidato di centro-sinistra, blu se indirizzati al candidato di centro-destra.

Parisi, più forte nelle periferie e tra i ceti meno abbienti, non è riuscito a intercettare in egual misura il consenso di quella fascia di popolazione (si veda: http://www.ilgiorno.it/milano/politica/elezioni-sala-parisi-1.2279270). 11 Si veda: https://gephi.org/

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Fig. 7 Interazioni tra utenti e post sulle pagine di Sala e Parisi. Periodo di riferimento: dal 03/04/2016 al 03/05/2016

L’analisi delle interazioni tra utenti e contenuti condivisi sulle due pagine ci ha consentito di individuare un gruppo di elettori che hanno commentato e/o messo mi piace a post di entrambi i candidati: 590 utenti, pari al 2,5% del totale (si veda Fig. 8).

Fig. 8 Gli ‘indecisi’ tra Sala e Parisi su Facebook. Periodo di riferimento: dal 03/04/2016 al 03/05/2016

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L’intensità del colore blu o rosso del singolo pallino in Fig. 8 è proporzionale al numero di interazioni dell’utente in questione, rispettivamente, con la pagina di Parisi e con quella di Sala. Il dato interessante è che, come si può notare dalla prevalenza di tonalità di blu nell’immagine qui sopra, sono soprattutto gli utenti che hanno interagito frequentemente con la pagina di Parisi a ricadere nel gruppo degli ‘indecisi’, ossia coloro che hanno commentato e/o ‘likeato’ anche i contenuti di Sala. La gran parte di questi 590 utenti Facebook si mostravano indecisi nel vero senso del termine – posizionati al centro dello spettro politico milanese, disorientati dall’apparente vicinanza politica dei due candidati-manager e in cerca di maggiori risposte da parte di entrambi gli schieramenti12. Abbiamo ripetuto l’analisi a ridosso del ballottaggio del 19 giugno, poi culminato con la vittoria risicata di Beppe Sala. In questo caso la domanda di ricerca era differente: Stefano Parisi sarebbe riuscito a strappare il consenso di almeno una parte di quel preziosissimo 10% di elettori che al primo turno scelsero il candidato del Movimento 5 Stelle, Corrado? Ci siamo dunque chiesti se e in che misura i 4997 cittadini che avevano interagito con la pagina di Corrado durante l’arco temporale 4 maggio – 14 giugno avessero ‘likeato’ e/o commentato anche post pubblicati da Sala o Parisi. La visualizzazione seguente riporta in verde i post di Corrado, in blu quelli di Parisi e in rosso quelli di Sala (la dimensione delle bolle è proporzionale al numero di like e commenti ricevuti limitatamente al network), e così i relativi legami.

Fig. 9 Interazioni degli utenti sulla pagina Facebook di Corrado. Periodo di riferimento: dal 04/05/2016 al 14/06/2016

Mentre il folto gruppo di pallini chiari sulla sinistra rappresenta gli utenti attivi unicamente sulla pagina di Corrado, si intravedono nelle aree rosse e blu diversi pallini colorati di rosa: sono i 373 utenti ‘di mezzo’ (circa il 7,5% del totale), potenziali votanti per Sala o Parisi al ballottaggio, di cui abbiamo studiato le inclinazioni elettorali. Eccoli più nel dettaglio nell’immagine sotto (Fig. 10), dove il colore indica la vicinanza con l’uno o con l’altro candidato: bianco per i fedelissimi di

12 Come emerge in questo commento a un post di Sala: “e quale sarebbe la Milano del futuro?? Io non ho ancora scelto chi votare e francamente non ho ancora capito che visione hanno i 2 candidati principali”.

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Corrado, tendente al blu all’aumentare delle interazioni con i post di Parisi, tendente al rosso nel caso di Sala.

Fig. 10 Gli utenti della pagina Facebook di Corrado. Periodo di riferimento: dal 04/05/2016 al 14/06/2016

Tra questi 373, gli utenti digitalmente sospesi tra Corrado e Sala sono la maggioranza: 156, contro i 126 di Corrado-Parisi e i 91 che hanno interagito con tutti e tre gli sfidanti. I contenuti, però, indicano una direzione sufficientemente chiara. Analizzando commenti caratterizzati da diversi gradi di partisanship, per dare una voce ai numeri e interpretarli, si nota come l’atteggiamento nei confronti di Sala sia perlopiù negativo (“I milanesi non ti vogliono”), mentre quello mostrato dagli utenti nei commenti ai post di Parisi sia molto meno critico e, talvolta, nettamente positivo (“Forza, siamo con te….ma non cementare Milano…”; “Sconfiggiamo #Sala che come #Renzi è onnipresente in tv”; “sono grillina e se fossi residente a milano voterei per Parisi!”). Il clima d’opinione in questo piccolo campione digitale di elettori vicini al Movimento 5 Stelle sembrava favorire la corsa di Stefano Parisi. Questo risultato è stato poi avvalorato da successive analisi dei flussi di voto: nonostante la prevalenza di astenuti, gli elettori 5 Stelle che hanno scelto di votare al secondo turno hanno effettivamente preferito il candidato di centro-destra (Cise 2016).

5- Conclusioni

La recente crescita nella disponibilità e nell’utilizzo di piattaforme di social media fornisce un punto di osservazione finora inedito per lo studio di dinamiche potenzialmente rilevanti sotto il profilo socio-politico. Questo lavoro, attraverso lo studio di caso delle primarie milanesi del centro-sinistra e delle successive elezioni amministrative 2016, ha provato a contribuire al fiorente filone delle ricerche elettorali online proponendo un approccio metodologico non-standard, ispirato dal paradigma dei Digital Methods (Rogers, 2013). Questo approccio consiste nel ricostruire le opinioni

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dei cittadini in Rete non a partire dai contenuti e dal sentiment dei loro tweet o post, ma studiando l’engagement suscitato dalla comunicazione politica dei candidati e le relative reti di interazioni comunicative dei pubblici digitali. Data la forte penetrazione dell’uso Facebook in Italia, nonché il carattere fortemente locale delle forme di socialità attivate da questo medium (si veda Cabitza et al., 2016), abbiamo voluto esplorare le potenzialità metodologiche di Facebook per lo studio delle elezioni locali, privilegiandolo a Twitter, ben più familiare in ambito accademico. Certamente, la misura e il modo in cui l’analisi dei dati digitali (Airoldi, 2016) contribuisca effettivamente all’accumulazione di sapere scientifico (ad esempio, la questione dei social media come ambienti rappresentativi o meno della società) è e sarà per lungo tempo oggetto di dibattito. A prescindere da ciò, è comunque innegabile che i media digitali abbiano favorito una moltiplicazione delle modalità attraverso cui i cittadini hanno opportunità di raccogliere, condividere e commentare informazioni politiche. Lo stesso vale, in senso speculare, per i rappresentanti politici (o aspiranti tali), che godono ora di opportunità prima impensabili in termini di marketing politico, a costi nulli o quasi. Le digital footprint, le tracce digitali delle comunicazioni e opinioni di politici e cittadini, immagazzinate e ricercabili in Rete, possono e devono essere oggetto di ricerche empiriche rigorose – consapevoli delle specifiche affordance dei contesti online, così come dei limiti dettati dall’impossibilità di ricondurre i dati digitali generati dagli utenti alle loro effettive caratteristiche socio-demografiche. I principali limiti delle qui presenti indagini empiriche risiedono proprio nel non poter generalizzare i risultati al resto dell’elettorato e, nel caso specifico dell’approccio di network analysis, nell’assumere che un utente che interagisce con le pagine Facebook di più candidati, commentandone o ‘likeandone’ i contenuti, possa essere considerato a tutti gli effetti ‘indeciso’ in termini di intenzioni di voto. Tuttavia, questi studi di caso, consentendoci di monitorare l’interesse dei cittadini in Rete nei confronti dell’offerta elettorale, e – soprattutto – di farlo quasi in tempo reale e a costo zero, hanno un importante valore esplorativo. Future ricerche in questo campo dovrebbero occuparsi di integrare e triangolare lo studio delle pratiche digitali degli utenti con approcci più convenzionali di analisi del contenuto e, a maggior ragione, con rilevazioni standard realizzate offline. Bibliografia

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