Dalla teoria alle pratiche

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Dalla teoria alle pratiche “La promozione di momenti di riflessione e confronto tra mondi diversi ma intrecciati tra di loro quali la filosofia, il design, le professioni artigiane mette in moto dinamiche di fertile contaminazione. Teoria (basata sul vedere) e pratiche (alimentate dal fare) si alimentano vicendevolmente ed è sempre stato così: la nostra città è caratterizzata dal sigillo del fare con una visione innovativa. Occorre riprendere e lanciare in avanti questa tradizione che ci apre una strada per il futuro, per la rigenerazione dei luoghi e delle professioni, per dare un contesto di senso alle speranze dei nostri giovani. L’innovazione necessita del pensiero, la competitività si alimenta nel progetto”.

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Dalla teoria alle pratiche“La promozione di momenti di riflessione e confronto tra mondi diversi ma intrecciati tra di loro quali la filosofia, il design, le professioni artigiane mette in moto dinamiche di fertile contaminazione. Teoria (basata sul vedere) e pratiche (alimentate dal fare) si alimentano vicendevolmente ed è sempre stato così: la nostra città è caratterizzata dal sigillo del fare con una visione innovativa. Occorre riprendere e lanciare in avanti questa tradizione che ci apre una strada per il futuro, per la rigenerazione dei luoghi e delle professioni, per dare un contesto di senso alle speranze dei nostri giovani. L’innovazione necessita del pensiero, la competitività si alimenta nel progetto”.

“L’uomo non «sta» nel mondo come il pesce nell’acqua o la chiave nella toppa”

L’uomo non è nel mondo come la chiave nella toppa. Si prende cura di ciò che è intorno a lui, con cui istituisce un interesse (usa gli strumenti, si relaziona con i suoi simili), si protende verso le cose, pro-getta, si pre-occupa.

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“Il tratto fondamentale dell'abitare è l'aver cura. (…) Si tratta di un soggiornare presso le cose, lasciandole nella loro essenza.”

Il nostro essere-nel-mondo è un prendersi cura, un istituire relazioni di senso e di sensi con ciò che ci circonda. Il nostro vivere è una scrittura nella quale, vivendo, narriamo le nostre stesse vicende, “romanziamo” noi stessi e gli altri.

Narrativamente viviamo o, come dice sempre Hedidegger, “Poeticamente abita l’uomo”, cioè creando (dal termine greco poiesis) il proprio luogo di vita, il proprio ethos, abitando ed arredando la propria esistenza.

“ Il modo in cui tu sei e io sono, il modo in cui noi uomini siamo sulla terra è l'abitare. Esser uomo significa: essere sulla terra come mortale; e cioè: abitare” (Heidegger)

“Solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire”

E’ solo quando, anche nel linguaggio comune possiamo far sgorgare dal cuore l’esclamazione “qui mi sento a casa” che iniziamo a costruire. “Casa dolce casa” non si riferisce alle mura o al giardino all’inglese ma al luogo di relazioni che ci ospita, abitiamo le relazioni che ci fanno sentire rispettati per quello che siamo e – da lì – iniziamo a costruire.

Ci sentiamo sollevati (il cuore leggero) quando il mondo che ognuno di noi trascina con sé si intreccia con il mondo dell’altro, formando così una terra ospitale, dove poter riposare. Quando si

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torna a casa, finalmente si può riposare, perché “la casa non è un albergo” (cioè non è un luogo funzionale semplicemente a dei bisogni strumentali) oppure – se le relazioni si sono estraniate –non si vede l’ora di uscire di casa e “questa casa è una prigione”.

Perché i mondi degli uni e degli altri trovino una fertile congiunzione occorre anzitutto trovare un linguaggio di pace, non abitato dalla violenza. Un linguaggio autentico poiché – sempre Hediegger - “Il linguaggio è la casa dell'essere e nella sua dimora abita l'uomo.”. L’uomo dimora nel linguaggio. Le parole e il senso che attribuiamo ad esse determinano il nostro abitare nel mondo, nella relazione con le cose e con i nostri simili. Non si agisce bene se non si pensa bene e non si pensa bene se non si parla bene, dando il giusto peso alle parole, perché esse sono “gravi”. La povertà e insignificanza lessicali sono immediatamente povertà di pensiero e degrado dell’umano vivere.

Parlare, pensare, agire, abitare mantengono tra loro un legame originario, fondativo.

Un cenno vagamente politico. Quante volte i diversi linguaggi (dell’economia, della scienza, della scuola, dei giovani, ) hanno alimentato divisioni. Ci sono voluti decenni, ad esempio, per giungere a condividere alcune parole-chiave e una comune accezione delle stesse in campi molto attigui quali scuola/formazione/lavoro. Oggi si inizia a condividere i campi di senso di termini quali “competenze”, “figure professionali”, “reti territoriali” e altre ancora e le pratiche trovano un terreno più amichevole per riportar ad unità ciò che è stato artificialmente separato. Resta forte e coriaceo il limite della centratura su se

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stessi che porta a frammentazione e debolezza ma la carenza sempre maggiore di risorse e la grandezza delle sfide potrebbe aiutarci a rinsavire.

La realtà non è disciplinare né settoriale. L’oggetto è sempre debordante nella sua obesità di dimensioni e senso. “Ceci n’st pas une pipe” intitolava Magritte una sua tela che rappresentava in effetti una pipa…. Ma potremmo dirlo di qualsiasi oggetto, materiale o immateriale oppure, con approccio diverso, potremmo dire come Eraclito che “la via in su e quella in giù sono la medesima”. Dobbiamo uscire da rigide separazioni che non rispecchiano la realtà, spesso i contrari vivono l’uno dell’altro: le politiche di destra le fanno le sinistre e – talvolta – viceversa; i governi tecnici fanno più politica degli altri; l’azienda è luogo di cultura e la scuola luogo di lavoro; per salvare la tradizione occorre progettare il futuro e non essere nostalgici; sanare l’economia richiede di rilanciare la spesa; investire in ricerca ed istruzione fa crescere il PIL; un paese urbanisticamente caotico e poco vivibile può diventare armonico crescendo con uno sviluppo intelligente e ancora, ancora, ancora…..

La realtà è sinfonica, vive di contrappunti, si alimenta nella promiscuità e nella contaminazione. Perché parlare di cose, come l’abitare o l’arredare, che sono essenzialmente delle pratiche?

M.Heidegger

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La casa che fonda il possesso, non è possesso nello stesso senso delle cose mobili che può raccogliere e custodire. Essa è posseduta perché è da sempre luogo di ospitalità per il suo proprietario. (Lèvinas) Totalità e Infinito. Saggio sull'esteriorità.