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1 Dalla prima alla seconda guerra mondiale La prima guerra mondiale All’inizio del Novecento l’Europa è divisa in due blocchi: da una parte Germania, Austria e Italia (Triplice Alleanza), dall’altra Russia, Francia ed Inghilterra (Triplice Intesa). L’Austria possiede un grande impero nel cuore dell’Europa, ma i popoli che lo costituiscono sono in pieno disaccordo tra loro: agiscono le forze disgregatrici dell’irredentismo, in quanto italiani (trentini e istriani), serbi, croati, boemi e magiari vogliono staccarsi dall’impero austro-ungarico per unirsi alle loro madrepatrie. Contemporaneamente, Italia e Prussia, alleate dell’impero austro-ungarico, lo tengono in uno stato di continua minaccia in quanto nulla fanno per eliminare l’irredentismo delle loro minoranze etniche rimaste sotto il dominio asburgico. Altri motivi di contrasto in Europa sono dati dalle tesi del pangermanesimo e del panslavismo. Il pangermanesimo è sostenuto dalla Germania e mira a creare un unico grande Stato tedesco in Europa, al capo del quale deve essere posto l’imperatore Guglielmo II, e che deve essere lo Stato guida del mondo in quanto i tedeschi sono una razza eletta e pura. Il panslavismo è invece sostenuto dalla Russia, che si è innalzata a protettrice di tutti gli slavi d’Occidente (serbi, croati, bosniaci, erzegovini, sloveni) in gran parte sottomessi all’impero austro- ungarico o alla Germania. C’è, infine, un grande contrasto di carattere economico tra Germania e Inghilterra, perché la Germania ha raggiunto una potenza industriale e mercantile tale da rivaleggiare con quella inglese mettendone in crisi la supremazia. Il 28 giugno 1914 un serbo uccide a Sarajevo l’arciduca ereditario austriaco Francesco Ferdinando e la sua consorte. L’Austria ritiene responsabile il governo serbo e gli dichiara guerra. Il conflitto sarebbe durato breve tempo se la Russia non fosse intervenuta in aiuto della Serbia. Con l’intervento della Russia a fianco della Serbia, scatta il sistema della alleanze. La Prussia, avendo la Russia attaccato l’Austria, dichiara guerra a Serbia e Russia e, contemporaneamente, alla Francia. L’Inghilterra interviene in aiuto della Francia, sua alleata. L’Italia rimane neutrale asserendo che non è obbligata ad intervenire in quanto la guerra non sarebbe scoppiata se l’Austria non avesse attaccato la Serbia. È però divisa in due fazioni: quella degli interventisti, che vogliono l’intervento in guerra contro l’Austria per liberare Trento e Trieste, e quella dei neutralisti. Nonostante l’intenso lavorio delle cancellerie degli Stati belligeranti per ottenere l’ingresso dell’Italia in guerra, il governo italiano rimane incerto per tutto il 1914. Intanto la Prussia, invaso il Belgio, consegue notevoli successi contro la Francia e ad Oriente ha inflitto enormi perdite ai russi. L’Austria invade la Serbia. Nella primavera del 1915 sembra che Austria e Germania abbiano saldamente in pugno la vittoria e che la guerra non sia destinata a durare più di qualche mese. A questo punto, l’Italia decide per l’intervento in guerra: le operazioni iniziano il 24 maggio 1915. A determinare l’intervento italiano sono le promesse dell’Intesa (Inghilterra, Francia e Russia) che garantiscono al governo italiano il possesso del Trentino Alto Adige, del Friuli Venezia Giulia,

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Dalla prima alla seconda guerra mondiale La prima guerra mondiale All’inizio del Novecento l’Europa è divisa in due blocchi: da una parte Germania, Austria e Italia (Triplice Alleanza), dall’altra Russia, Francia ed Inghilterra (Triplice Intesa). L’Austria possiede un grande impero nel cuore dell’Europa, ma i popoli che lo costituiscono sono in pieno disaccordo tra loro: agiscono le forze disgregatrici dell’irredentismo, in quanto italiani (trentini e istriani), serbi, croati, boemi e magiari vogliono staccarsi dall’impero austro-ungarico per unirsi alle loro madrepatrie. Contemporaneamente, Italia e Prussia, alleate dell’impero austro-ungarico, lo tengono in uno stato di continua minaccia in quanto nulla fanno per eliminare l’irredentismo delle loro minoranze etniche rimaste sotto il dominio asburgico. Altri motivi di contrasto in Europa sono dati dalle tesi del pangermanesimo e del panslavismo. Il pangermanesimo è sostenuto dalla Germania e mira a creare un unico grande Stato tedesco in Europa, al capo del quale deve essere posto l’imperatore Guglielmo II, e che deve essere lo Stato guida del mondo in quanto i tedeschi sono una razza eletta e pura. Il panslavismo è invece sostenuto dalla Russia, che si è innalzata a protettrice di tutti gli slavi d’Occidente (serbi, croati, bosniaci, erzegovini, sloveni) in gran parte sottomessi all’impero austro-ungarico o alla Germania. C’è, infine, un grande contrasto di carattere economico tra Germania e Inghilterra, perché la Germania ha raggiunto una potenza industriale e mercantile tale da rivaleggiare con quella inglese mettendone in crisi la supremazia. Il 28 giugno 1914 un serbo uccide a Sarajevo l’arciduca ereditario austriaco Francesco Ferdinando e la sua consorte. L’Austria ritiene responsabile il governo serbo e gli dichiara guerra. Il conflitto sarebbe durato breve tempo se la Russia non fosse intervenuta in aiuto della Serbia. Con l’intervento della Russia a fianco della Serbia, scatta il sistema della alleanze. La Prussia, avendo la Russia attaccato l’Austria, dichiara guerra a Serbia e Russia e, contemporaneamente, alla Francia. L’Inghilterra interviene in aiuto della Francia, sua alleata. L’Italia rimane neutrale asserendo che non è obbligata ad intervenire in quanto la guerra non sarebbe scoppiata se l’Austria non avesse attaccato la Serbia. È però divisa in due fazioni: quella degli interventisti, che vogliono l’intervento in guerra contro l’Austria per liberare Trento e Trieste, e quella dei neutralisti. Nonostante l’intenso lavorio delle cancellerie degli Stati belligeranti per ottenere l’ingresso dell’Italia in guerra, il governo italiano rimane incerto per tutto il 1914. Intanto la Prussia, invaso il Belgio, consegue notevoli successi contro la Francia e ad Oriente ha inflitto enormi perdite ai russi. L’Austria invade la Serbia. Nella primavera del 1915 sembra che Austria e Germania abbiano saldamente in pugno la vittoria e che la guerra non sia destinata a durare più di qualche mese. A questo punto, l’Italia decide per l’intervento in guerra: le operazioni iniziano il 24 maggio 1915. A determinare l’intervento italiano sono le promesse dell’Intesa (Inghilterra, Francia e Russia) che garantiscono al governo italiano il possesso del Trentino Alto Adige, del Friuli Venezia Giulia,

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dell’Istria, della costa della Dalmazia, il protettorato sull’Albania e parte delle colonie tedesche in Africa. Inoltre, il movimento interventista ha il sopravvento sullo stesso governo, capeggiato in quei giorni da Antonio Salandra. L’intervento dell’Italia è decisivo e serve a salvare la Francia e la Russia. Austria e Germania, infatti, per far fronte all’attacco italiano, devono togliere parte delle loro truppe dai fronti sulla Francia e verso la Russia; anzi, per schiacciare l’Italia, che accusano di tradimento, convergono tutto il loro sforzo sul fronte delle Alpi. Si combatte su un fronte lungo 600 km, contro fortilizi imponenti allestiti tra le rocce e i ghiacciai delle Alpi, in un’estenuante guerra di trincea. Sugli altri fronti, di conseguenza, si verifica un arresto delle operazioni. Nel 1917 la Russia cede a causa della rivoluzione comunista, scoppiata nel suo territorio e favorita dai tedeschi, e le truppe che tengono il fronte russo sono portate su quello italiano. Gli Alleati concentrano ogni loro sforzo contro l’esercito italiano allo scopo di spezzarne le linee, dilagare nella pianura lombardo-veneta e capovolgere a loro favore la situazione che diventa sempre più grave anche per la mancanza di generi alimentari. L’esercito italiano è travolto a Caporetto, ma riesce rapidamente riprendersi e iniziare un’epica resistenza sul Monte Grappa e sul Piave. Per arrestare l’invasore sono chiamati alle armi giovani che non hanno ancora compiuto diciotto anni. La più furiosa offensiva nemica è quella del giugno 1918, quando tutto lo sforzo si concentra in un breve tratto del fronte italiano per tentare una seconda Caporetto, ma senza successo. L’esercito italiano passa anzi al contrattacco e il 24 ottobre attraversa il Piave. L’esercito tedesco è tagliato in due tronconi nella battaglia di Vittorio Veneto e in breve gli italiani occupano Trento e Trieste. Il 4 novembre gli Austriaci chiedono la resa e il giorno successivo l’esercito tedesco cessa di combattere. La guerra è finita. Nel 1919 si aprono a Parigi i negoziati per la pace. Il trattato di pace è firmato a Versailles con la Germania e a Saint Germain con l’Austria. Le trattative sono lunghe e laboriose perché i vincitori si preoccupano di assicurarsi un compenso adeguato allo sforzo compiuto e fanno pesare la sconfitta sui popoli vinti. I diritti dell’Italia e il suo sforzo non hanno alcun riconoscimento, malgrado l’Italia abbia dato il maggior contributo alla vittoria e abbia pagato il più alto prezzo di sangue (600.000 morti). La delegazione italiana abbandona infatti la conferenza di pace, sdegnata per l’ingiusto trattamento. All’Europa è attribuito un nuovo ordinamento, soprattutto grazie alla dissoluzione dell’impero austroungarico, e nascono nuovi Stati, tra cui la Cecoslovacchia, la Iugoslavia e l’Ungheria. Altri Stati ingrandirono i loro confini a spese di Germania e Austria. L’ideatore della nuova sistemazione dell’Europa è il presidente americano Wilson, che siede tra i vincitori in quanto gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra alla Germania nel 1917. Per assicurare la pace, il presidente Wilson propone la costituzione della Società delle Nazioni. Questo organismo sovranazionale prevede il rifiuto della guerra come strumento di risoluzione di contrasti. Il mezzo a cui la Società delle Nazioni può ricorrere per trattenere gli eventuali aggressori è quello delle sanzioni economiche, in quanto le è vietato il ricorso alla forza. Dalla Società delle Nazioni, con sede a Ginevra in Svizzera, sono esclusi sia i paesi sconfitti sia la Russia, fatto che limita la capacità rappresentativa dell’organizzazione, resa ancora più debole dalla mancata adesione degli Stati Uniti, il cui senato si pronuncia a netto sfavore nel 1920. Così

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all’interno della Società delle Nazioni prevale il predominio di Francia e Gran Bretagna ed essa si rivela inefficace nel prevenire le crisi internazionali che si presenteranno a più riprese nel periodo tra le due guerre mondiali. I martiri della prima guerra mondiale La furia austriaca si scatena contro le popolazioni italiane residenti nelle terre occupate; gli uomini atti alle armi sono deportati o arruolati e mandati di guarnigione nella penisola balcanica o a combattere sul fronte russo. Taluni, però, prima delle ostilità, si sono rifugiati in Italia e, scoppiata la guerra, si arruolano per combattere contro l’Austria. È tra questi che l’Austria miete le sue vittime. Già all’inizio della guerra (agosto 1915) è ucciso Francesco Rismondo, assertore dell’italianità della sua Spalato; nel maggio 1916 è fucilato a Trento, nel Castello del Buon Consiglio, Damiano Chiesa; il 12 luglio 1916 sono impiccati nello stesso castello Cesare Battisti e Fabio Filzi, catturati alle falde del Pasubio. Nell’agosto dello stesso anno è impiccato a Pola Nazario Sauro, di Capodistria, caduto in mano agli austriaci per l’incaglio del sommergibile di cui è comandante. L’impiccagione di Cesare Battisti, giornalista, scrittore e deputato al parlamento di Vienna, suscita un’ondata di sdegno verso l’Austria, alla quale i metodi di lotta adottati (uso di gas asfissianti, reticolati con corrente ad alta tensione, eliminazione dei feriti rimasti sul campo di battaglia, ecc.) non procurano simpatie nemmeno presso i paesi rimasti neutrali. Il periodo delle dittature Il periodo tra la fine della prima guerra mondiale e l’inizio della seconda è caratterizzato dalla formazione e dal consolidarsi in Europa delle grandi dittature che eliminano la partecipazione diretta del popolo al governo del paese e l’opposizione di coloro che non condividono le idee del partito detentore del potere. Queste grandi dittature si impadroniscono dei seguenti paesi: Russia, Italia, Germania e Spagna. La rivoluzione russa La rivoluzione russa scoppia nel 1917, nel momento in cui la guerra con Austria e Germania ha gettato il paese nella prostrazione e la sconfitta appare prossima. Ne approfittano i socialisti riformisti (i menscevichi capeggiati da Kerenskij) per ribellarsi contro i nobili corrotti che spadroneggiano su milioni di servi della gleba (mugik). Lo zar Nicola II è costretto ad abdicare ed è proclamata la repubblica. Prendono il potere i socialisti rivoluzionari, o comunisti, capeggiati da Lenin e da Trotskij, e appoggiati dalla Germania con la quale firmano la pace di Brest-Litovsk nel marzo 1918. Nasce così il primo Stato socialista, fatto che spinge i socialisti di altri paesi, specialmente quelli francesi o italiani, ad assumere un atteggiamento di opposizione alla guerra e al governo. Il nuovo governo sovietico reprime con efferati eccidi l’opposizione dei menscevichi, sopprime l’intera famiglia dello zar, abolisce la proprietà privata, crea i Consigli dei Commissari del Popolo e istituisce il controllo delle fabbriche attraverso i Consigli di Fabbrica. Concede il governo autonomo alle varie comunità etniche che costituiscono la Grande Russia, portando alla costituzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Apparentemente il popolo esercita il

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controllo del paese, ma di fatto ogni potere è nelle mani dei funzionari del Partito Comunista. Il regime dittatoriale così instauratosi si rivelerà di una ferocia particolare e sarà retto prima da Lenin e successivamente da Stalin. Il fascismo in Italia Alla fine della prima guerra mondiale l’Italia si è trovata di fronte a gravissimi problemi che non è stato possibile risolvere per mancanza dei mezzi necessari (per esempio, materie prime e capitali) o per l’inadeguatezza della classe politica al potere. Nelle elezioni del 1919 si affermano due grandi partiti: il partito popolare, di ispirazione cristiana, e il partito socialista, al quale aderiscono le masse operarie e contadine esasperate dalla disoccupazione che è conseguenza dello smantellamento dell’industria pesante, avvenuto a guerra conclusa, e dell’inserimento delle donne nell’industria. Nessuno dei due partiti ha la possibilità, alleandosi con i gruppi moderati, di formare in parlamento una maggioranza stabile, impedendo la risoluzione dei grandi problemi politici e sociali che si presentano con urgenza. Si va formando un nuovo raggruppamento politico: il fascismo. Il movimento è fondato da uno dei capi del socialismo internazionale, Benito Mussolini, direttore dell’Avanti, che da fervente neutralista diventa all’improvviso uno degli interventisti più accesi. Il fascismo raccoglie attorno a sé gli ex combattenti delusi dal trattato di pace, quelli che non sanno adattarsi al clima borghese di pace, quelli che si sentono minacciati dalla rivoluzione socialista e quelli che ripongono nell’unione nazionale la speranza del bene comune e della salvezza della nazione, gli agrari e gli industriali amanti dell’ordine e timorosi della rivolta operaia. Nel 1922, dopo che le squadre fasciste hanno compiuto la marcia su Roma, il re Vittorio Emanuele III affida a Mussolini l’incarico di costituire il governo. Da quel momento il fascismo si avvia verso la dittatura. Comincia con l’eliminazione di ogni opposizione legale in parlamento (nel 1924 è ucciso il deputato socialista Giacomo Matteotti), con la creazione della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale che ha il compito di garantire la continuità del regime e di farne rispettare le leggi. Sono istituiti il Tribunale speciale per la difesa dello Stato e il Gran Consiglio del Fascismo che sostituisce il consiglio dei ministri e diventa il massimo organo deliberante dello Stato in quanto senato e parlamento sono ridotti a due assemblee puramente decorative. In quel tempo sono anche compiute opere di grande risonanza come la costruzione delle prime autostrade, la bonifica delle terre paludose dell’Agro Pontino, la costituzione dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) che preserva l’Italia dalla crisi internazionale che nel 1933, in seguito al crollo di Wall Street, arreca ingenti danni all’economia mondiale. Infine, sono stipulati i patti lateranensi con la Chiesa. Nel 1936 Mussolini aggredisce l’Etiopia con l’intento di trovare uno sbocco alla difficile situazione in cui si trova l’Italia, priva di materie prime, con un potenziale industriale notevole che necessita di un mercato per la vendita del surplus della produzione e con una popolazione esuberante. In conseguenza di questa aggressione, la Società delle Nazioni applica sanzioni economiche contro l’Italia. Il regime si adopera per l’instaurazione di un sistema economico autarchico, creando cioè una situazione in cui l’Italia dovrebbe bastare a se stessa in ogni campo. È in queste condizioni fittizie di autarchia che Mussolini getta il paese in una guerra per la quale non è assolutamente preparato.

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Il nazionalsocialismo in Germania Nasce in Germania come reazione all’iniquo trattato di pace di Versailles con il quale i vincitori hanno applicato una pace punitiva che impone dure condizioni ai popoli sconfitti. Il nazionalsocialismo trae ispirazione dal pensiero di Fichte ed ha il suo capo in Adolf Hitler. Carattere fondamentale del nazismo è il razzismo. Le razze sono divise in inferiori e superiori e devono essere assolutamente divise. Il dovere dello Stato è impedire che avvenga la corruzione della razza ariana, cioè bianca, intesa da Hitler e dai suoi seguaci come razza germanica. I tedeschi appartengono a questa razza padrona, che ha il preciso compito di sottomettere le razze inferiori e dominare il mondo. Per perfezionare la razza è necessario impedire i matrimoni tra razze diverse, debellare le malattie eliminando i soggetti fisicamente più deboli o malati. I più pericolosi corruttori della razza ariana sono gli ebrei, che sono i promotori di tutti i movimenti e di tutte le organizzazioni (comunismo, massoneria, alta finanza) e devono essere sterminati. Con le leggi di Norimberga (1935) gli ebrei sono dichiarati razza inferiore e privati di tutti i diritti civili e politici. Le altre razze, perché non insidino più quella germanica, devono essere sottomesse mediante la guerra. Il popolo tedesco deve considerarsi predestinato alla guida delle razze inferiori. Entro la stessa nazione tedesca, solamente coloro che incarnano nel grado più elevato le caratteristiche della razza hanno il diritto al comando; essi stessi, poi, derivano il loro potere da un capo, il Führer, la cui volontà è la ragione della vita di ognuno. Questo comporta la negazione di ogni democrazia, ritenuta ingiusta parificatrice di deboli e di forti, di capaci e di incapaci. Tutto il popolo tedesco è allora irreggimentato in organizzazioni di tipo militare, è istituito uno stato di polizia organizzato dalle SS (Schutz Staffel, squadre di protezione) che controllano anche i Lager. I Lager, attivi fin dal 1933, sono campi di concentramento dove ufficialmente si procede alla cura e alla rieducazione di tutti i soggetti indesiderabili, che in realtà sono impiegati in lavori forzati, trattati in modo disumano e, infine, sterminati. Nel 1933 è istituita anche la Gestapo, una polizia segreta di Stato che ha potere assoluto e affianca le SS nell’eliminazione di tutti coloro che possono minacciare la sicurezza dello Stato e la purezza della razza ariana. La rivoluzione in Spagna e la Falange Nel 1936 scoppia in Spagna un aperto conflitto tra i sostenitori della monarchia e i repubblicani. La lotta offre il pretesto per uno scontro più vasto tra socialisti e conservatori. Le elezioni del 1936 portano al governo il Fronte popolare, una coalizione di socialisti, comunisti, anarchici e repubblicani. A questa vittoria le forze conservatrici rispondono con un colpo di stato militare. Francisco Franco, esponente della destra conservatrice e capo di un movimento politico-militare detto Falange, di ispirazione fascista e nazionalista, chiede aiuto all’Italia e alla Germania. L’intervento di forze italiane e tedesche provoca l’accorrere in Spagna di sostenitori della repubblica, o del socialismo o della democrazia, o di tutti quei valori che il fascismo e il nazismo intendevano soffocare. Numerosi sono gli italiani e i tedeschi che, esiliati dai loro paesi, si recano in Spagna a combattere nelle Brigate internazionali. La guerra civile, condotta da entrambe le parti in modo particolarmente feroce, si protrae fino al 1939, quando Madrid e le altre più importanti città spagnole cadono nella mani della Falange. Franco si proclama Caudillo (duce), inaugurando un regime che è durato fino alla sua morte avvenuta nel 1975. La guerra di Spagna ha costituito una prova generale dell’alleanza italo-

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tedesca, concordata nel 1936 con l’istituzione dell’asse Roma-Berlino e ha sancito il definitivo fallimento della Società delle Nazioni in relazione al mantenimento della pace, in quanto diventa chiaro che l’Europa è ormai inevitabilmente vicina a un altro conflitto. Le nuove invenzioni e la trasformazione industriale Con la seconda metà del XIX secolo, il progresso tecnico diventa più rapido. La macchina a vapore e il motore a scoppio trionfano in tutti gli stabilimenti muovendo telai, torni e macchine utensili di ogni tipo. Le ferrovie si estendono, così come le strade, su cui si muovono autocarri, automobili e motociclette. In Italia, a partire dal 1925, si costruiscono le prime autostrade. L’elettricità acquista sempre più importanza dopo la scoperta dell’anello rotante di Pacinotti, preludio alla dinamo trasformatrice dell’energia elettrica in energia motrice. Edison applica l’elettricità alla produzione della luce e alla registrazione dei suoni. Le macchine diventano sempre più precise nel lavoro e più complesse. I coniugi Curie scoprono il radio. Röntgen scopre i raggi X che portano il suo nome. Guglielmo Marconi compie la meravigliosa invenzione della radiotelegrafia che tanta importanza avrà in molteplici campi. La navigazione aerea e quella subacquea, sogni della mente geniale di Leonardo da Vinci, diventano realtà. Se il tentativo di sollevarsi nell’aria per mezzo di un pallone, fatto dai fratelli Montgolfier a Parigi nel 1783 era rimasto senza seguito, nel 1897 il tedesco Zeppelin inventa il pallone dirigibile. Un ventennio prima Enrico Forlanini aveva costruito un apparecchio più pesante dell’aria: l’aeroplano. Con esso i fratelli Wright, americani, compiono i primi voli, ma il vero collaudatore della nuova invenzione fu Geo Chávez, il trasvolatore delle Alpi. Dopo di lui l’americano Lindberg traverserà per primo l’Atlantico. Sul finire del secolo sono fatti i primi esperimenti con i sottomarini, nuova terribile arma di guerra. Lo sviluppo industriale e il miglioramento delle condizioni economiche creano nuove esigenze che è necessario soddisfare ricorrendo a prodotti nuovi. Tocca alla chimica il compito di inventarli e produrli su scala commerciale. Nascono così le fibre tessili artificiali (raion, merinova e nylon), i prodotti derivati dalla distillazione del petrolio (benzina, gasolio, nafta, paraffina, sostanze medicinali, DDT), le materie plastiche e così via. L’Italia, negli anni Trenta, si mostra all’avanguardia in diversi settori della tecnica. Alcune fibre tessili artificiali sono sperimentate e brevettate in Italia (SNIA, Bemberg, Lanital e Merinova). Nella conquista dell’aria l’Italia raggiunge i maggiori primati e le crociere dei suoi aerei, soprattutto sotto la guida di Italo Balbo, lasciano stupito il mondo. La seconda guerra mondiale Nel 1939, la Germania, dopo aver occupato con proditori colpi di mano parte della Cecoslovacchia e l’Austria, firma con l’Italia il Patto d’acciaio e con la Russia un patto di non aggressione. Sfidando Gran Bretagna e Francia, che si sono rese garanti dell’incolumità della Polonia, la Germania attacca Danzica, città polacca sul mar Baltico. Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania, e la Polonia è divisa tra Germania e Unione Sovietica.

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La macchina della guerra è ormai in movimento e nulla sembra fermare le armate tedesche che hanno invaso ed occupato Danimarca, Norvegia, Belgio, Lussemburgo e Olanda. Sembra che l’Europa stia per diventare tutta dominio tedesco. Mussolini, stretto alla Germania dal Patto d’Acciaio, abbagliato dalle folgoranti vittorie tedesche, temendo che Hitler possa vincere da solo, si affretta a dichiarare guerra alla Francia, malgrado gli esperti militari esprimano parere sfavorevole circa la preparazione militare e malgrado l’alleanza con la Germania urti contro il sentimento del popolo italiano. È il giugno 1940. Piegata in maniera non certo brillante la Francia, l’Italia dichiara guerra alla Grecia rivendicando rettifiche di confine con l’Albania, precedentemente occupata dalle truppe italiane (1939). La Grecia oppone eroica resistenza e capitola solo quando le truppe tedesche sono penetrate nel suo territorio e hanno occupato Atene, dopo aver invaso e occupato la Iugoslavia, colpevole soltanto di non aver voluto allearsi con la Germania. Intanto la Gran Bretagna ha la meglio in Etiopia e occupa, oltre che l’Etiopia, anche la Somalia e l’Eritrea. In Libia, un’offensiva respinge gli italiani oltre la Cirenaica, mettendo in grande pericolo la conservazione di questa colonia. Nel 1941, Hitler attacca improvvisamente l’Unione Sovietica. Dopo aver ottenuto sfolgoranti successi, sia i tedeschi sia gli italiani sono arrestati di fronte alle città di Stalingrado, Mosca e Leningrado. Alla delusione per la fine della guerra lampo, si aggiungono i disagi provocati dalla distanza delle base di partenza e di rifornimento, disagi che si trasformano in disastri quando giunge l’inverno e gli uomini, già falcidiati dal freddo e dalla fame, si trovano a doversi aprire la strada del ritorno attraverso le truppe sovietiche che continuamente li accerchiano. In Africa, dove l’intervento tedesco ha permesso di salvare la Tripolitania, una rapida offensiva porta italiani e tedeschi oltre il confine con l’Egitto, fin quasi ad Alessandria. In quell’anno il Giappone, legato alla Germania e all’Italia dal patto Tripartito del 1940, attacca senza preavviso la base americana di Pearl Harbour nelle Hawai. Questo attacco trascina gli Stati Uniti in guerra. I mezzi offensivi americani, impiegati a profusione nei combattimenti, capovolgono la situazione a sfavore dell’Asse (così si chiama l’alleanza italo-tedesca che, ambiziosamente, dovrebbe essere l’asse attorno al quale dovrebbe ruotare la politica mondiale). In Africa, dove è avvenuto uno sbarco anglo-americano, le truppe italo-tedesche, prese tra gli inglesi da una parte e gli americani dall’altra, sono costrette alla resa. Dall’Africa le truppe alleate sbarcano in Sicilia. In Italia cresce un profondo senso di sfiducia, di fronte alla constatazione che la guerra è perduta. Il 25 luglio 1943 lo stesso Gran Consiglio del Fascismo vota la sfiducia contro Mussolini e rimette al re i più ampi poteri per la difesa del paese. Mussolini è arrestato e il nuovo governo, presieduto dal generale Badoglio, dopo aver professato lealtà ai tedeschi e averli assicurati che l’Italia proseguirà la guerra al loro fianco, tratta segretamente la resa con gli Alleati e firma la pace. L’8 settembre 1943 è comunicato al popolo che la pace è stata firmata. Il re ed il governo militare fuggono da Roma, abbandonano la capitale e il paese alla mercé dei tedeschi. Mussolini, liberato dai tedeschi, fonda nell’Italia settentrionale la Repubblica Sociale Italiana, chiamata Repubblica di Salò, dal nome della cittadina sul lago di Garda dove il governo si riunisce. L’Italia si trova così spezzata in due: una parte occupata dai tedeschi, con un governo fantoccio loro succube; un’altra controllata dagli Alleati che avanzano lungo la penisola tra aspri combattimenti e distruzioni feroci per liberarla dalle truppe di occupazione naziste.

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Sugli altri fronti i tedeschi si trovano costretti a ritirarsi sotto l’incalzare dei sovietici, dei partigiani iugoslavi e degli Alleati che sono sbarcati in Francia. In Oriente, i giapponesi, dopo aver invaso molti territori ed aver raggiunto Singapore, cominciano a ritirarsi sotto la schiacciante superiorità di mezzi offensivi, specialmente aeronavali, posseduti dagli americani. A nulla vale per i giapponesi il ricorso a volontari suicidi, i kamikaze, per fermare gli americani. L’8 settembre 1943 segna lo sfacelo di tutto quanto c’è di organizzato in Italia, dal potere costituito all’esercito. I tedeschi instaurano nel paese il regno del terrore, iniziano la caccia agli avversari veri e presunti del fascismo e lo sfruttamento sistematico a proprio vantaggio di tutte le risorse produttive italiane necessarie al proseguimento della guerra. La grande maggioranza del popolo, però, si oppone al regime totalitario che i tedeschi e i fascisti a loro asserviti hanno imposto al paese e organizzano la resistenza. Gruppi di uomini e donne di ogni condizione sociale abbandonano le famiglie e si danno alla macchia, specialmente sui monti, per combattere contro gli oppressori. Si formano così le bande partigiane che tengono impegnate le forze tedesche e fasciste. Queste bande, insieme ai Gruppi di Azione Patriottica (GAP) e alle Squadre di Azione Patriottica (SAP), preparano sul piano militare la vittoria degli Alleati e sul piano politico l’instaurazione di un regime democratico in Italia. La popolazione intanto vive ore drammatiche di lotta contro la miseria, le malattie, il freddo, la fame, la borsa nera, ed è vessata da rastrellamenti, deportazioni, arresti arbitrari, torture e sevizie. Da una parte, le rappresaglie tedesche, da un’altra, i massicci bombardamenti degli anglo-americani, e la guerriglia insidiosa delle forze partigiane hanno portato allo stremo la capacità di resistenza della popolazione. Il 25 aprile 1945 finalmente i partigiani costringono tedeschi e fascisti alla resa. Mussolini tenta la fuga ma è arrestato e fucilato. Conclusasi la guerra civile in Italia, la Germania è occupata militarmente attraverso una lunga e sanguinosissima lotta che è quanto mai aspra tra le mura di Berlino dove gli ultimi difensori nazisti, fanatizzati da Hitler, combattono tra le rovine fumanti. Alla fine Hitler si uccide ed il suo cadavere è dato alle fiamme. La Germania occupata deve accettare la resa senza condizioni (7 maggio 1945). È a questo punto che il mondo ebbe la prova allucinante di cosa fosse il nazismo e di quali efferati crimini si era macchiato: nei campi di lavoro e di sterminio, con camere a gas e forni crematori, erano già stati seviziati ed eliminati milioni di ebrei, ma anche di polacchi, italiani, nemici del grande Reich. Un’ondata di terrore e di sbigottimento pervade il mondo intero: a gran voce è chiesta giustizia contro gli esecutori di tanti efferati delitti contro l’umanità, che il processo di Norimberga dichiarerà colpevoli di genocidio condannandoli all’impiccagione. Dopo la resa della Germania, soltanto il Giappone continua a resistere. Il Giappone, avendo rifiutato un ultimatum che lo invita alla resa, è colpito con due bombe atomiche dagli Stati Uniti, con l’approvazione dell’Unione Sovietica. Il 6 agosto 1945 la prima bomba atomica esplode su Hiroshima. Tre giorni dopo una seconda bomba è sganciata su Nagasaki. Il 2 settembre l’imperatore giapponese firma la resa. Il secondo conflitto mondiale può dirsi finalmente concluso.