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4 COLOGNOLA Gennaio 2019 Nella Comunità Tenete a memoria, che la solita parola equivoca considerata innocua può portare ad un comportamento scorretto. Don Bosco È tempo di cambiare! Con questo slogan abbiamo iniziato nei mesi scorsi ad interrogarci su come in- contrare con uno sguardo attento e innovativo i poveri e le situazioni di povertà che abitano il ter- ritorio (Notiziario di dicembre scorso a pag, 8). Il punto di partenza per noi cristiani rimane la Pa- squa di Gesù che dice la cura di Dio per l’umanità ferita. Possiamo raccogliere nel gesto evangelico della donna peccatrice che, avvicinatasi a Gesù, versò sul suo capo un vasetto di olio prezioso, il segno della Chiesa che è sollecitata dall’esperien- za pasquale ad essere Chiesa della carità, a cui vie- ne chiesta una rinnovata cura per i poveri. Sarà questo il cuore di ogni nostra prossima rifles- sione sulle povertà di oggi e criterio interpretativo per valutare le dinamiche e le pastorali opportune danno volto ad una chiesa della carità al servizio dei poveri. Nonostante i proclami e le buone in- tenzioni che si sentono da più parti, il nostro ri- mane un tempo sfavorevole per i poveri. E ciò a mo- tivo del fatto che anche se rimane forte nel conte- sto sociale l’impegno della Chiesa attraverso le sue realtà e il volontariato verso i poveri, allo stes- so tempo cresce e si diffonde una cultura dell’i- dentità che rifiuta il diverso, lo sente come un pe- ricolo, una minaccia. Si è radicata una cultura del benessere che non vuole mettere in discussione i suoi privilegi i suoi affari e la logica dell’accumu- lo e dell’abbondanza. In quest’ottica edonistica il povero è un costo, un peso, un ostacolo una di- sgrazia… da qui l’idea di creare “ghetti per i po- veri” e magari affidarli alla Chiesa. Questa logica non ci piace non solo perché “scari- ca” sulla comunità cristiana una questione che dev’essere di tutta la comunità, ma anche perché il crescente attivismo caritativo della Chiesa, oltre che esporla al rischio di un certo “affarismo della carità”, la sottrae alla sua vocazione, quella di par- lare di Dio e celebrarne le lodi. Pur con tutto il ri- spetto per l’azione caritativa della Chiesa, ora po- tenziata e organizzata attraverso forme efficienti, efficaci di Caritas, ciò che appare oggi agli occhi della Chiesa e del mondo è la “ricchezza di una certa carità” e dell’impoverimento inesorabile del- la vita spirituale dei laici cristiani e di certi chieri- ci della carità. La Pasqua ci fa tornare al punto di partenza della pastorale della carità che è in pri- mis non dare carità, ma riconoscere i poveri con “gli occhi di Gesù”. E lungo questa “via antica e al nostro tempo nuova” che possiamo affrontare il tema delle povertà: non buttarsi subito sui bisogni dei poveri per sponsorizzarli. Essi sono prima di tutto un appello a noi, al nostro modo di vivere nella società. Qui dobbiamo cambiare, adesso. don Francesco I PROSSIMI PASSI NELLA COMUNITÀ: Cosa ci aspetta in questi primi mesi dell’anno: - La partecipazione al Corso Caritas per operatori CPAC; - Coinvolgimento di gruppi e realtà caritative del- la parrocchia; - Contatti con realtà caritative della città. C O L O G N O L A C A R I T A S Dalla preghiera la caritÀ LA PARROCCHIA E I POVERI

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4 COLOGNOLA Gennaio 2019

Nella ComunitàTenete a memoria, che la solita parola equivoca considerata innocua può portare ad uncomportamento scorretto. Don Bosco

È tempo di cambiare! Con questo slogan abbiamoiniziato nei mesi scorsi ad interrogarci su come in-contrare con uno sguardo attento e innovativo ipoveri e le situazioni di povertà che abitano il ter-ritorio (Notiziario di dicembre scorso a pag, 8). Ilpunto di partenza per noi cristiani rimane la Pa-squa di Gesù che dice la cura di Dio per l’umanitàferita. Possiamo raccogliere nel gesto evangelicodella donna peccatrice che, avvicinatasi a Gesù,versò sul suo capo un vasetto di olio prezioso, ilsegno della Chiesa che è sollecitata dall’esperien-za pasquale ad essere Chiesa della carità, a cui vie-ne chiesta una rinnovata cura per i poveri.

Sarà questo il cuore di ogni nostra prossima rifles-sione sulle povertà di oggi e criterio interpretativoper valutare le dinamiche e le pastorali opportunedanno volto ad una chiesa della carità al serviziodei poveri. Nonostante i proclami e le buone in-tenzioni che si sentono da più parti, il nostro ri-mane un tempo sfavorevole per i poveri. E ciò a mo-tivo del fatto che anche se rimane forte nel conte-sto sociale l’impegno della Chiesa attraverso lesue realtà e il volontariato verso i poveri, allo stes-so tempo cresce e si diffonde una cultura dell’i-dentità che rifiuta il diverso, lo sente come un pe-ricolo, una minaccia. Si è radicata una cultura delbenessere che non vuole mettere in discussione isuoi privilegi i suoi affari e la logica dell’accumu-lo e dell’abbondanza. In quest’ottica edonistica ilpovero è un costo, un peso, un ostacolo una di-sgrazia… da qui l’idea di creare “ghetti per i po-veri” e magari affidarli alla Chiesa.

Questa logica non ci piace non solo perché “scari-ca” sulla comunità cristiana una questione chedev’essere di tutta la comunità, ma anche perchéil crescente attivismo caritativo della Chiesa, oltreche esporla al rischio di un certo “affarismo dellacarità”, la sottrae alla sua vocazione, quella di par-lare di Dio e celebrarne le lodi. Pur con tutto il ri-spetto per l’azione caritativa della Chiesa, ora po-tenziata e organizzata attraverso forme efficienti,efficaci di Caritas, ciò che appare oggi agli occhidella Chiesa e del mondo è la “ricchezza di unacerta carità” e dell’impoverimento inesorabile del-la vita spirituale dei laici cristiani e di certi chieri-ci della carità. La Pasqua ci fa tornare al punto dipartenza della pastorale della carità che è in pri-mis non dare carità, ma riconoscere i poveri con

“gli occhi di Gesù”. E lungo questa “via antica e alnostro tempo nuova” che possiamo affrontare iltema delle povertà: non buttarsi subito sui bisognidei poveri per sponsorizzarli. Essi sono prima ditutto un appello a noi, al nostro modo di viverenella società. Qui dobbiamo cambiare, adesso.

don Francesco

I PROSSIMI PASSI NELLA COMUNITÀ:

Cosa ci aspetta in questi primi mesi dell’anno:

- La partecipazione al Corso Caritas per operatoriCPAC;

- Coinvolgimento di gruppi e realtà caritative del-la parrocchia;

- Contatti con realtà caritative della città.

COLOGNOLA

CARITA

S

Dalla preghiera la caritÀ

LA PARROCCHIA E I POVERI

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Nella ComunitàPratica queste tre cose e tutto andrà bene: allegria, studio, preghiera. È questo il grandeprogramma per vivere felice, e fare molto bene all’anima tua e agli altri. Don Bosco

Puoi avere difetti, essere ansioso e perfinoessere arrabbiato, ma non dimenticare che latua vita è la più grande impresa del mondo.Solo tu puoi impedirne il fallimento. Molti tiapprezzano, ti ammirano e ti amano. Ricordache essere felici non è avere un cielo senzatempesta, una strada senza incidenti, un lavo-ro senza fatica, relazioni senza delusioni. Es-sere felici significa trovare la forza nel per-dono, la speranza nelle battaglie, la sicurez-za nella fase della paura, l’amore nella di-scordia. Non è solo godersi il sorriso, ma an-che riflettere sulla tristezza. Non è solo cele-brare i successi, ma imparare dai fallimenti.Non è solo sentirsi felici con gli applausi, maessere felici nell’anonimato. Essere felici nonè una fatalità del destino, ma un risultato percoloro che possono viaggiare dentro se stessi.Essere felici è smettere di sentirsi una vittimae diventare autore del proprio destino. È at-traversare i deserti, ma essere in grado di tro-vare un’oasi nel profondo dell’anima. È rin-graziare Dio ogni mattina per il miracolo del-la vita. Essere felici è non avere paura deipropri sentimenti ed essere in grado di parla-re di te. Sta nel coraggio di sentire un “no” eritrovare fiducia nei confronti delle critiche,anche quando sono ingiustificate. È baciare ituoi figli, coccolare i tuoi genitori, viveremomenti poetici con gli amici, anche quandoci feriscono. Essere felici è lasciare vivere lacreatura che vive in ognuno di noi, libera,gioiosa e semplice. È avere la maturità perpoter dire: “Ho fatto degli errori”. È avere ilcoraggio di dire “Mi dispiace”. È avere lasensibilità di dire “Ho bisogno di te”. È averela capacità di dire “Ti amo”". Possa la tua vi-ta diventare un giardino di opportunità per lafelicità ... che in primavera possa essere unamante della gioia ed in inverno un amantedella saggezza. E quando commetti un errore,ricomincia da capo. Perché solo allora saraiinnamorato della vita. Scoprirai che esserefelice non è avere una vita perfetta. Ma usa lelacrime per irrigare la tolleranza. Usa le tuesconfitte per addestrare la pazienza. Usa ituoi errori con la serenità dello scultore. Usail dolore per intonare il piacere. Usa gli osta-coli per aprire le finestre dell’intelligenza.Non mollare mai ... Soprattutto non mollaremai le persone che ti amano. Non rinunciaremai alla felicità, perché la vita è uno spetta-colo incredibile.

dal discorso pronunciato da Bergoglio

nell’omelia di Natale.

la felicitàCorso di formazione per

operatori CPAC parrocchiali

Sabato 12 gennaio. Essere operatori dei CPAC: è unascelta di vocazione “l’ascolto” a servizio dei poveri

Sottotitolo. L’obiettivo dell’incontro è di approfondire le ra-dici e il significato pastorale dell’ascolto che è il cuore di unCPAC. Relatore: Don Ezio. Lavori di gruppo.

Sabato 19 gennaio. Identità e valori di riferimento deiCPAC: una esperienza di pedagogia dei fatti

Sottotitolo: conoscere e confrontarsi con una diversaesperienza di CPAC di un’altra Diocesi della Lombardia.Lavori di gruppo.

Sabato 26 gennaio. Come stanno cambiando le atten-zioni e le risposte alle persone e famiglie povere in Pro-vincia di Bergamo.

Sottotitolo: gli operatori dei CPAC sempre più collaboranocon le istituzioni pubbliche e del territorio. Relatore: Dott.Iorio Riva (responsabile Ufficio Sindaci). Dibattito in assem-blea.

CARITAS È

- La Caritas Italiana è l’organismo pastorale costi-tuito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine dipromuovere, anche in collaborazione con altri orga-nismi, la testimonianza della carità della comunitàecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bi-sogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo,della giustizia sociale e della pace, con particolare at-tenzione agli ultimi e con prevalente funzione peda-gogica (Statuto Caritas Italiana Art. 1)

- La Caritas parrocchiale è l’organismo per mezzodel quale la parrocchia si interessa ed interviene nel-l’assistere concretamente - non solo a titolo di aiuto,ma anche di prevenzione e di promozione - le perso-ne e le comunità in situazione di difficoltà sia ecce-zionali che permanenti, a livello parrocchiale, dioce-sano, nazionale e internazionale. Art. 3. Lo spiritocon cui la CARITAS PARROCCHIALE deve agire èquello del farsi prossimo a chi ha bisogno, secondol’insegnamento della parabola evangelica del BuonSamaritano (Statuto Caritas parrocchiale Art. 1 -2)

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6 COLOGNOLA Gennaio 2019

Nella ComunitàGuai a chi lavora aspettando le lodi del mondo: il mondo è un cattivo pagatore e pagasempre con l’ingratitudine. Don Bosco

Ho ricevuto questo racconto tramite WhatsApp.Al momento mi ha fatto ridere, ma poi mi ha fatto ri-

flettere.I tempi sono cambiati. Allora gli uomini erano considerati sudditi da muovere

come pedine. E oggi? I detentori del potere hanno a cuore il bene del-

l’umanità, o si preoccupano soprattutto di accrescere il lo-ro potere?E noi? Cosa possiamo fare per rendere il mondo più a

misura d’uomo? Ci sentiamo impotenti.Sul biglietto d’auguri che abbiamo ricevuto insieme al

Notiziario di dicembre, è citato papa Francesco che dice:“Sei luce di Natale quando illumini, con la tua vita, ilcammino degli altri, con la pazienza, l’allegria e la gene-rosità”.Cerchiamo di essere sempre luce di Natale!

ANSA – 25 dicembre L’allarme è scattato nelle prime ore del mattino, grazie

alla segnalazione di un comune cittadino che ha notatostrani movimenti nei pressi di una stalla.

Arrivati sul posto, gli agenti di polizia accompagnati daassistenti sociali, hanno trovato un bambino in precariecondizioni igieniche e tra gli escrementi di una mucca edi un asino, avvolto in uno scialle e depositato su unamangiatoia, con vicino una bambina la quale dichiaravadi essere la madre, tale Maria di Nazareth, appena quat-tordicenne.

Al tentativo della polizia e degli operatori sociali di farsalire ragazza e bambino sui mezzi di soccorso, un uomoadulto, successivamente identificato come Giuseppe diNazareth, falegname precario, asseriva di essere il padreadottivo del bimbo; spalleggiato da alcuni pastori e da trestranieri opponeva resistenza. Tutti i presenti sono stati

identificati, mentre Giuseppe ed i tre stranieri risultatisprovvisti di documenti e di permessi di soggiorno, sonostati fermati.

Il Ministero dell’Interno e la Guardia di Finanza stan-no indagando per scoprire il Paese di provenienza dei treclandestini, nulla esclude che possano essere spacciatoriinternazionali, dato che erano in possesso di un ingentequantitativo d’oro e di sostanze sconosciute. Nel corsodel primo interrogatorio, i tre si sono dichiarati diploma-tici e di agire in nome di Dio, per cui non si escludono le-gami con Al-Qaeda o l’ ISIS.

Si prevedono indagini lunghe e difficili. Un breve comunicato stampa dei servizi sociali, diffuso

nella mattinata, si limita a rilevare che il presunto padreadottivo del neonato è un adulto di mezza età, mentre lapresunta madre è adolescente. Gli inquirenti si sono mes-si in contatto con le autorità di Nazareth per scoprirequale sia il rapporto tra i due e se esistono a carico del-l’uomo precedenti denunce per adescamento di minore opedofilia. Nel frattempo Maria è stata ricoverata pressol’ospedale di Betlemme e sottoposta a visite sia clinicheche psichiatriche, dato che, dopo aver dichiarato di averavuto un figlio, afferma di essere ancora vergine.

Il fatto poi che sul posto siano state rinvenute sostanzesconosciute non migliora certo il quadro. Pochi minuti fasi è sparsa la voce che anche i pastori presenti nella stal-la potrebbero essere consumatori abituali di droghe. Pa-re, infatti, che affermino di essere stati costretti da un uo-mo con una lunga veste bianca e due ali sulla schiena, aseguire una cometa per recarsi nella stalla.

Il PM ha così commentato: “Non possiamo anticiparenulla, ma questa è senz’altro una inchiesta che puntamolto in alto e che andrà avanti molto tempo!"

Elisa Frassoni Giannuzzo

Ti racconto il Natale

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Nella ComunitàIn ognuno di questi ragazzi, anche il più disgraziato, v’è un punto accessibile al bene.Compito di un educatore è trovare quella corda sensibile e farla vibrare. Don Bosco

Devo disfare il presepe, e chiuderò nella solita vec-chia scatola di cartone le statuine e la stella. Dormiran-no nel buio di uno scaffale in cantina pastori e pecore,per undici mesi. E i Magi, gli ultimi ad arrivare sullasoglia della capanna, i Magi, che venivano da lontano.Mi chiedo come fu, quel viaggio di oltre duemila an-

ni fa guidato da una stella.Una lunga carovana con cammelli, asini, cavalli e ser-

vitori che procede lentamente per strade sconosciute,paesi ignoti e caravanserragli in cui riposare e osserva-re di notte la stella che li guida.Il Re è forse già nato, ma, nella luce rossa dei fuochi

che illuminano l’accampamento, la sera, quando il vinoscalda gli animi e scioglie la lingua, gli uomini paionoancora dubitare. La stella che appare di notte sembraprecederli e non è facile mantenersi nella giusta dire-zione. Ma alla fine, dopo essersi consultati con i Sommi Sa-

cerdoti di Israele e con lo stesso re Erode, arrivano aBetlemme a quella ca-panna e riconosconoin quel Bambino “ilcielo sulla terra e laterra nel cielo”; l’uo-mo in Dio e Dio nel-l’uomo; vedono rac-chiuso in un piccolis-simo corpo Chi nonpuò essere contenutoda tutto il mondo.In seguito, avvertiti

in sogno di non passa-re da Erode a Gerusa-lemme, ritornano perun’altra strada ai loroPaesi verso oriente.Non c’è più quel mondo in cui viaggiavano i Saggi

astronomi, i Re Magi, nessuno crede più ai sogni, lelente carovane sono quasi del tutto scomparse, Betlem-me e Gerusalemme sono divise da un muro invalicabi-le e la nascita di Gesù è celebrata con una lunghissima“vigilia” tutta indirizzata ad acquisti compulsivi e qua-si sempre inutili.Oggi è la tecnologia della comunicazione, quella dei

GPS e di internet che guida i convogli e le auto moder-ne, e se non funzionasse più, milioni di dispersi vaghe-rebbero senza meta in tutto l’orbe terraqueo. I Magiguardavano il cielo, ma oggi chi lo guarda più s non po-chi scienziati, che non sanno più leggere nelle stelle, ei cosmonauti sulla stazione spaziale.Era stato profetico Sergio Endrigo quando, quasi cin-

quant’anni fa, in una sua canzone diceva: “... nella not-te una stella d’acciaio confonde il marinaio ...”La nostra stratosfera è stracolma di “stelle d’acciaio”

e noi tutti possediamo un cellulare che dovrebbe servi-re a comunicare meglio, ma che, di fatto, ci isola dalmondo reale sempre più. Noi al contrario dei magi

guardiamo per terra verso quel piccolo aggeggio elet-tronico che ci rapisce che si chiama cellulare.La domanda di molti genitori e nonni è ormai: Come

sottrarre allo schermo degli smartphone o del tablet deinipoti che, come tanti ragazzi, ci stanno sopra tutto ilgiorno, fino a sembrarne ipnotizzati? Io ho nipoti adolescenti e troppo spesso li vedo as-

senti dalla vita di famiglia, assorti in giochi “on line” oin lunghissime “chat” con amici invisibili coni qualiscambiano conversazioni in un linguaggio criptato,conversazioni che sembrano non avere mai fine.Questa situazione mi preoccupa molto perché non so

come affrontarla concretamente anche se penso che gliadolescenti potranno interessarsi a un altro legame sen-za l’uso di internet solo se ciò che accade loro davantisia più attraente di ciò che accade sullo schermo.L’emergenza educativa è proprio proporre loro qual-

cosa di più interessante del vuoto e del non reale checontengono i “social” o i videogiochi.

Purtroppo per tantigenitori la tentazioneè forte, anzi fortissi-ma: regalare un dispo-sitivo video digitale ailoro bambini è norma-le, quasi obbligatorio.Sembrano quasi fuoridal tempo le personeche decidono di resi-stere a queste pressio-ni del marketing: sonomosche bianche.Eppure bisogna far-

lo, è proprio necessa-rio, perché torme di

“zombies” vagano per le strade e si scontano tra loro econ gli ostacoli del percorso e attraversano i passaggipedonali , sempre con gli occhi e le dita fissi su quegliaggeggi disgregatori dei rapporti umani. Lo scopo apparente della diffusione degli “smartpho-

ne” era, o doveva essere quello di essere strumenti uti-li, per avvicinare, per comunicare meglio e di più. Orainvece se non sei connesso, non sei connesso, sembraquasi che sia l’essere umano, una App del telefonino enon il contrario.Devo confessare che lo uso anch’io lo “smartphone”,

ma solo per poco tempo e per comunicare con i miei fa-miliari ed amici appuntamenti, ritardi e poco più; usoanche Facebook, ma solo per un pizzico di vanità per iquadri che eseguo perché mi piace che siano apprezza-ti, niente più. Quindi, al mondo d’oggi i Re magi sarebbero subis-

sati di informazioni di ogni tipo e forse potrebbero nontrovare più quella capanna di Betlemme che tanto ave-vano cercato perché le luci delle stelle sono offuscateda mille bagliori e nessuno le sa più distinguere..

Enrico Boselli

i magi, tutto l’anno ...

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8 COLOGNOLA Gennaio 2019

Nella ComunitàLa prima felicità di un fanciullo è sapersi amato. Don Bosco

Chiedete di presentarmi un po’ meglio di quello cheho fatto finora. Ecco allora un poco della storia dellamia vita. Confesso però di essere un poco a disagio per-ché sento sinceramente che tutto è dono del Padre, delFiglio e dello Spirito Santo. Scrivo come lode al Crea-tore.Sono nato il 23 agosto del 1936 in quel di Valesse, ma

pochi mesi dopo la giovane coppia (lui 26 lei 22) si spo-stò a Colognola via Stezzano. La parrocchia di San Si-sto in Colognola è sempre rimasta la mia parrocchia an-che quando i miei si spostarono nelle case del GAS al-la Malpensata, dove mio padre era addetto alla manu-tenzione. E poi, una volta pensionati, si trasferirono invia Campagnola, dove tuttora abita mia sorella Edda.Non occorre dire dei tempi duri della guerra. Mio pa-

dre rimase fuori fino a quasi un anno dopo la fine, peressere prigioniero degli inglesi in Africa.Finite le elementari cominciai a lavorare, a 11 anni

fabbro nell’officina dei fratelli Gavazzeni. Mi piacevatanto lavorare il ferro, trasformarlo… Ne sento nostal-gia ancora oggi.Lì il Signore mi aspettava. Un gruppo di ragazzi ve-

niva quasi tutte le settimane a raccogliere i pezzettini diferro che noi buttavamo al macero. Per farne che? Midomandavo… Per aiutare due missionari: uno in Africae l’altro in Brasile. Entrai nel gruppo, il gruppo missio-nario della parrocchia di San Sisto in Colognola.La crisi: sarà che a Dio si possono dare soltanto i re-

sti???A quasi diciott’anni entrai nel seminario dei saveria-

ni a Pedrengo cominciando la prima media. Curriculumdi sempre, con qualche accelerata per causa dell’età,cosicche il 25 ottobre 1964 ricevetti il dono del sacer-dozio e, terminati alcuni esami, l’anno dopo ero già inBrasile (28 luglio 1965) . Dodici anni fra insegnamenoe incursioni apostoliche fra sitios e fazendas. Poi un ri-chiamo inaspettato in Italia (25 marzo 1977). La miapassione e il relativo studio degli scritti del Fondatoredella mia famiglia missionaria, S. Guido Maria Confor-ti, avevano attirato l’attenzione dei miei confratelli chemi chiesero il servizio di Provinciale della ProvinciaSaveriana d’Italia (due mandati 6 anni) poi membrodella Direzione Generale (6 anni), e postulatore dellaCausa di beatificazione del Fondatore. Dio volle chenel mio mandato fosse dichiarato Beato da GiovanniPaolo II (17 marzo 1996). Agli inizi del 2001 riuscii ad ottenere il dono di tor-

nare in Brasile, ma anche questa volta mi vidi impe-gnato su due fronti: la formazione di futuri missionari,passando loro soprattutto la conoscenza del Fondatore,e la cura di alcune comunità di una grande parrocchia(13 comunità). Qui incontrai le fondamenta di una chie-sa ferme al suolo da più di cinque anni. Venne il nostro

aiuto e la chiesa ora è là, bella, con una comunità viva;comunità di San Francesco Saverio nella parrocchiaNossa Senhora Aparecida em Rosolem.Delle 13 comunità esistenti, sei sono oltre un torren-

te, separate da una ferrovia e in parte da una strada di-ventata trafficatissima. Abbiamo lasciato alla diocesi ead un sacerdote diocesano la parte compiuta, quella che(per spiegarmi) non ha più bisogno di missionari (ha or-mai tutto quello che abbisogna ad una parrocchia) enoi, missionari saveriani, secondo il nostro carisma cisiamo spostati oltre il torrente e oltre la ferrovia percreare con le sei comunità quasi abbandonate una nuo-va parrocchia: San Guido Maria Conforti. Qui ci sonosei comunità con piccole chiese (100/120 persone) co-struite quando la zona, ora sovrappopolata, era campa-gna. Ma di questo ho già detto in altre occasioni.

La struttura che ora stiamo tentando di mettere inpiedi intende rispondere alle esigenze di una parroc-chia: sale per il catechismo e per le riunioni delle variepastorali, una sala maggiore per le riunioni di tutte lecomunità e finalmente, sopra tutto questo, la chiesa.Parte della struttura è stata fatta con i piccoli fondi e

ne abbiamo già chiuso una parte che possiamo già uti-lizzare. Se riuscissimo a fare un altro pezzo di struttura,

avremmo altre sale (non solo i muri, magari, ma sale!).Saluti, a te e a tutti, e grazie, infinite. Una preghiera.

P. Alfiero Ceresoli s.x.

Testimonianza di un missionario

paDre alFierO cereSOli Si raccONta

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COLOGNOLA Gennaio 2019 9

Nella ComunitàFare il bene senza comparire. La violetta sta nascosta ma si conosce e si trova grazieal suo profumo. Don Bosco

RAGAZZI e VOCAZIONE

ti raccONtO la Mia VOcaZiONe

Parto nella mia riflessione sulla vocazione e il Semi-nario dal brano del Vangelo di Giovanni (Gv 18, 33b-37) che racconta del dialogo tra Gesù e Pilato poco pri-ma della condanna a morte. Pilato lo interroga. Colpi-sce molto una cosa di Gesù: il fatto che ponga una di-stinzione, una differenza, una classificazione a riguar-do del Regno. Infatti a metà del brano risponde così aiquesiti di Pilato: “Il mio Regno non è di questo mondo.Se il mio Regno fosse di questo mondo, i miei servito-ri avrebbero combattuto perché non fossi consegnato aigiudei”. Mi viene da pensare a quella volta in cui Gesùva al tempio e lì trova dei mercanti che svolgono azio-ni economiche inopportune al luogo (Lc 19, 45-48); lirimprovera subito aspramente e li caccia in malo modoperché avevano fatto della casa del Padre un covo di la-dri! Facendo un semplice paragone mi sono chiestoperché Gesù al cospetto di Pilato non avesse agito oreagito come aveva fatto con quei mercanti: perché Ge-sù si consegna nelle mani dei suoi carnefici senza man-dare i suoi servitori a combattere (come dice che avreb-be davvero potuto fare!)? Perché non alza la voce e nonusa la forza? Perché ha accettato la condanna senza di-vincolarsi da essa?Dicevamo che, a proposito del Regno, Gesù manife-

sta delle priorità. In particolare mi pare di poter dire cheGesù nella sua vita terrena compie ogni azione in unaprofonda relazione col Padre. Questo diventa il criteriodiscriminante delle sue scelte! Quando i venditori altempio occupano la casa del Padre, che è casa di pre-ghiera, per farne altro, Gesù s’arrabbia: non lo può per-mettere. Quando i Giudei e Pilato lo condannano, Gesùresta ancora fedele al Padre che lo ha mandato tra gliuomini per rinnovare l’alleanza tra Dio (Padre) e l’uo-mo nell’amore. E la logica dell’amore è tale se si ama

senza riserve, fino alla fine, anche quando questo amo-re subisce il rifiuto: anzi, è proprio accettando questorifiuto che l’amore si conferma come vero. Ecco perchéGesù non ha mandato servitori a combattere: perché ilsuo Regno non è di questo mondo, ma appartiene aquella logica di amore totale che trova un saldo fonda-mento nell’amore del Padre.Io penso che questo modo di vivere di Gesù sia tipi-

co della vocazione e cioè vivere ogni momento con lacertezza di un legame al Padre il quale ci invita a se-guire l’atteggiamento filiale di Gesù: amare secondo lalogica d’amore del suo Regno.Quando penso alla mia vocazione penso a cose sem-

plici: la testimonianza di don Giuseppe, un prete dellamia parrocchia di Nembro, e quella della mia famigliache in modo più o meno consapevole mi hanno accom-pagnato alla scoperta di questa meravigliosa relazionecol Padre di cui Gesù è testimone. Penso poi ai compa-gni di classe e di comunità con i quali ho condivisogioie, fatiche, domande, dubbi, risposte, esperienze cheporto nel cuore e, infine, gli educatori ai quali debbomolto, e lo dico sinceramente. Insomma: una via che siè a poco a poco delineata e che pure ha ancora molto daimparare da quel Re che pur di amarci ha patito il no-stro rifiuto.Alla fine del brano da cui siamo partiti, Gesù, il Re,

afferma il motivo della sua venuta nel mondo: dare te-stimonianza alla Verità. E con ciò aggiunge l’invito adascoltare la sua testimonianza che è - appunto - vocedella Verità, invito a partecipare al suo regno, vocazio-ne all’amore, relazione con il Padre nel nome di GesùCristo.

Taddeo, seminarista

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Nella ComunitàNoi facciamo consistere la Santità nello stare sempre allegri e fare sempre e bene ilnostro dovere. Don Bosco

Sabato, 2 febbraio 2019IV del Tempo Ordinario – I canti de proprium

Introito: Ps: Ps. 104. 3.4 et 1Ant.: Laetetur cor quaerentium dominum. Quaerite dominum et

confirmamini; quaerite faciem eius semper.Ps: Confitemini Domino, et invocate nomen eius; annuntiate

inter gentes opera eius.

Ant.: Si allieti il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e lasua forza; Cercate sempre il suo volto.

Salmo: Lodate il Signore e invocate il suo nome: annunziate ai po-poli la sua opera.

Offertorio: Ps: 46 Ant.: Iubilate Deo in voce exsultationisPs: 3 - Quoniam Dominus excelsus, terribilis, Rex magnussuper omnem terram.7 - Psallite Deo, psallite; psallite regi nostro psallite.8 - Quoniam rex omnis terrae Deus, psallite sapienter.

Ant.: Acclamate Dio con grida di gioia.Salmo: 3 - perché terribile è il Signore, l’Altissimo, grande re su tut-ta la terra7 - Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro re, cantateinni;8 - perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte.

Communio: Gal.: Ps: 30, 17.18Ant.: Illúmina fáciem tuam super servum tuum, et salvum me

fac in tua misericordia: Dómine, non confúndar, quóniaminvocávi te.

Ps: 30, 2.3 ab 3 cd 4.5.6.82 - In te, Domine, speravi, non confundar in aeternum; in iustitia

tua libera me

3 - Inclina ad me aurem tuam,accelera, ut eruas me. Esto mihiin rupem praesidii et in domum munitam, ut salvum mefacias.

4 - Quoniam fortitudo mea et refugium meum es tu et propternomen tuum deduces me et pasces me.

5 - Educes me de laqueo, quem absconderunt mihi, quoniamtu es fortitudo mea.

6 - In manus tuas commendo spiritum meum; redemisti me,Domine, Deus veritatis.

8 - Exsultabo et laetabor in misericordia tua, quoniam respexistihumilitatem meam; agnovisti necessitates animae meae

Ant.: Rivolgi al tuo servo la luce del tuo volto, salvami con la tua mi-sericordia: che non abbia a vergognarmi, o Signore, di avertiinvocato.

Salmo: 2 - In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso; difen-dimi per la tua giustizia.

3 - Tendi a me il tuo orecchio, vieni presto a liberarmi. Sii per meuna roccia di rifugio, un luogo fortificato affinché tu abbia a sal-varmi.

4 - Perché mia rupe e mia fortezza tu sei, per il tuo nome guidami econducimi

5 - Scioglimi dal laccio che mi hanno teso, perché sei tu la mia difesa.6 - Alle tue mani affido il mio spirito; tu mi hai riscattato, Signore,

Dio fedele.8 - Esulterò e gioirò per la tua grazia, perché hai guardato la mia

umiltà, hai conosciuto le angosce della mia vita;

Il canto della

ChiesaCenni storici: Quinta Parte Molte cause concorreranno alla decadenza

del canto gregoriano. Anzitutto il progressodella notazione, in quanto se le prime scritturenon indicavano che la scansione ritmica, dopol’apparizione progressiva delle linee, poi dellenote guida e delle chiavi ed infine dell’inter-connessione nel sistema della portata di chiavie note guida, le sfumature ritmiche divengonodifficili da eseguire. Prima la scrittura musica-le si cantava a memoria. Nei decenni che vedo-no l’elaborazione della notazione, si canta an-cora a memoria, il solo cantore ricorre al libroper prepararsi prima della cerimonia. Una voltafissato il sistema di notazione si canta con gliocchi fissi sul libro. Poco a poco il ruolo dellamemoria si atrofizza. Incomincia così una nuo-va tappa della storia della musica.

Breve cronologia: 1050 ca. Il monaco Guido d’Arezzo precisa la

scrittura per definire l’intervallo tra le notedando loro un nome (Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La) emettendo a punto il sistema del tetragramma.Questa invenzione segna purtroppo l’inizio del-la decadenza del canto gregoriano. Una voltasostituita la memoria con la lettura delle note ilcanto diventa più matematico e perde in fre-schezza.

L’esacordo e la nascita delle note Anziché soffermarsi sulle scale, il teorico

Guido d’Arezzo (990-1050) ideò un sistemache consisteva nel memorizzare l’intonazionedegli intervalli paragonandoli ad uno schema diriferimento prefissa-to: l’esacordo (scaladi sei suoni), trattodalle note iniziali diogni verso dell’Innoa San Giovanni:

Ut queant laxis –Resonare fibris – Mira gestorum – Famuli tuo-rum – Solve polluti – Labili reatum – SancteJohannes.Sono le note musicali (con la progressiva sosti-

tuzione del DO all’UT per la lingua italiana) Il SI(Sancte Johannes) fu aggiunto solo nel 1482.Questo sistema godette di grandissima fortu-

na nei secoli a venire. Divenne il principale me-todo di insegnamento della musica sino al XVIIsec., dopodiché i suoi principi vennero ripresied adattati alla musica tonale nel nostro secolo.

Fonti: G. Vianini, Avviamento al canto liturgico a cura di: Teresa Pinetti

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COLOGNOLA Gennaio 2019 11

Si è tenuto lo scorso 22 dicembre il tradizionale Concertodi Natale offerto alla Comunità dalla nostra Parrocchia: ilCoro parrocchiale di Colognola Harmonia Nova, colCoro di voci bianche dell’Istituto Comprensivo Pettenidi Bergamo, diretto dal Maestro Laura Pellicioli, ha offer-to ai numerosi presenti una bella interpretazione di alcu-ni tra i più noti canti della tradizione natalizia, spaziandotra brani di autori, generi ed epoche storiche e musicalidiverse tra loro. E quando, dopo l’ultima esecuzione, ilpubblico si è liberato in un lungo e convinto applauso,nessuno dei presenti si è mosso: c’era un qualcosa diincompiuto nel concerto, mancava un tassello, una melodia che non poteva mancare in un concerto di Natale:”Stille Nacht”, la più nota aria natalizia. La chiusura del concerto con questo famoso canto, neppure previsto nelprogramma dell’elevazione musicale, è stata una gradita, quanta attesa sorpresa da parte del pubblico. Il canto,forse il più popolare tra i canti natalizi, tradotto in oltre trecento lingue e da noi noto come “Astro del ciel”, ha com-piuto quest’anno 200 anni, essendo stato composto nella notte di Natale del 1818 ad Oberndorf, un villaggio dibattellieri a venti chilometri da Salisburgo. Il canto, improvvisato per la notte di Natale da un giovane sacerdote,Joseph Mohr, e da un organista insegnante, Franz Xaver Gruber, evoca la nascita dell’Emmanuele nella “nottesilenziosa” e “santa”. Divenuto uno dei simboli del Paese asburgico, è stato dall’UNESCO inserito nella lista delpatrimonio culturale intangibile dell’umanità.Da alcuni anni le festività natalizie si concludono nella nostra parrocchia con un secondo concerto di melodienatalizie, tenuto presso la Chiesa di S. Sisto in Agris nel giorno dell’Epifania. Quest’anno il concerto è statotenuto dal gruppo musicale Giovani voci in Concerto, composto dai soprani Marta Iodice e FrancescaTommaseo, dal mezzosoprano Tea Franchi, dal tenore Giovanni Dragano, dal baritono Angelo Vitali, e dal bassoZabulon Salvi; al pianoforte la prof.ssa Tatiana Sigaeva.

F. B.

Nella ComunitàSarà sempre per voi una bella giornata quando vi riesce di vincere coi benefici unnemico e farvi un amico. Don Bosco

Il Concerto di Natale

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20 COLOGNOLA Gennaio 2019

Nella ComunitàFare il bene senza comparire. La violetta sta nascosta ma si conosce e si trova grazie al suoprofumo. Don Bosco

20 COLOGNOLA Gennaio 2019

I MISTERI ILLUSTRATI DEL SANTO ROSARIO NEL NUOVO INSERTO

Istruzioni per comporre il PRIMO fascicolo di un librettodi preghiera

Un’importante novità nel tradizionale inserto che da alcuni anni caratterizza le quattro pagine centrali del nostro notiziario, e che ciaccompagnerà per oltre un anno: è un inserto che, opportunamente piegato e tagliato nei punti giusti, si presta, unitamente agli inserti cheseguiranno, alla composizione di un libretto pratico per essere utilizzato,a casa come in chiesa, per una recita meditata del Santo Rosario.

Le pagine che troverete capovolte non sono dovute ad errore di stampa,ma risulteranno correttamente visibili, nella sequenza scandita dalle dieci“Ave Maria” per ogni mistero del Rosario, se l’inserto viene piegato inmodo corretto.

Per farlo, occorre semplicemente • prendere l’inserto precedentemente piegato (fig. 1) e ripiegarlo ulteriormente in modo tale che la parte evidenziata di sinistra passisotto la pagina di destra (fig. 2).

Si ottiene così un fascicolo di 16 paginette del formato di cm 10,5 x 15.

• Occorre ora solo tagliare, con un paio di forbici o un tagliacarte, nellaparte inferiore e sul lato destro le pagine che risultano unite per effettodella piegatura e che vanno liberate (fig. 3);

La correttezza delle operazioni di piegatura e taglio sarà attestata dallanumerazione progressiva delle pagine riportata ai piedi di ogni pagina.Il primo fascicolo, così ottenuto, va conservato e unito a quelli che otterrete, operando allo stesso modo, dai successivi inserti pubblicati neiprossimi mesi: per chi vorrà, è possibile poi procedere, dopo l’ultimoinserto, alla rilegatura di tutti i fascicoli, ottenendo così un libretto compatto dal facile utilizzo.

F. B.

Via San Bernardino 148/A, 24126Bergamo

tel 035 00637 [email protected]

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C.F./C.I. 03743230165

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INSERTO: IL ROSARIO

(fig. 1)

(fig. 2)

(fig. 3)

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pastorale 2018-19

GENNAIO 201920 DOMENICA II TEMPO ORDINARIO

S. Messe orario Festivo:

7.30 – 10.00 – 11.30 – 18.30

21 Lunedì SCUOLA DI COMUNITÀ – catechesi

adulti (in chiesa parr.: ore 8.35 e 17.30)

DAL 26 GENNAIO: FESTE NEL RICOR-

DO DI S. GIOVANNI BOSCO PATRO-

NO E PROTETTORE DELL’ORATORIO

ore 20.45 Consiglio Pastorale

Parrocchiale

27 DOMENICA III TEMPO ORDINARIO

SETTIMANA S. GIOVANNI BOSCO

corteo con la statua del Santo (ore

9.50 oratorio)

S. Messe orario Festivo:

7.30 – 10.00 – 11.30 – 18.30.

PRESENTAZIONE RAGAZZI CRESIMA

con PADRINI/MADRINE (ore 10.00

chiesa parr.)

DOMENICA È FESTA (genitori e ragaz-

zi VI anno in oratorio ore 14.45)

28 Lunedì SCUOLA DI COMUNITÀ – catechesi

adulti (in chiesa parr.: ore 8.35 e 17.30)

29 Martedì Conferenza S. Vincenzo (ore 14.30

Casa della comunità)

Catechesi in gruppi (ore 16.30

Oratorio)

31 Giovedì Gruppo Biblico (ore 9.15 Oratorio)

ore 18.00 S. Messa in onore di S.

Giovanni Bosco

FEBBRAIO 201901 Venerdì Adorazione eucaristica (ore 17.00

Chiesa parrocchiale)

02 Sabato Candelora

03 DOMENICA IV TEMPO ORDINARIO

FESTA DI S. GIOVANNI BOSCO – e di

S. BIAGIO

S. Messe orario Festivo:

7.30 – 10.00 – 11.30 – 18.30.

PRESENTAZIONE FANCIULLI MESSA

DI I COMUNIONE (ore 10.00 chiesa

parr.)

DOMENICA È FESTA (genitori e ragaz-

zi III anno in oratorio ore 14.45)

04 Lunedì SCUOLA DI COMUNITÀ – catechesi

adulti (in chiesa parr.: ore 8.35 e 17.30)

05 Martedì Conferenza S. Vincenzo (ore 14.30

Casa della comunità)

07 Giovedì Gruppo Biblico (ore 9.15 Oratorio)

Adorazione eucaristica (ore 17.00

Chiesa parr.)

10 DOMENICA V TEMPO ORDINARIO

S. Messe orario Festivo:

7.30 – 10.00 – 11.30 – 18.30

11 Lunedì SCUOLA DI COMUNITÀ – catechesi

adulti (in chiesa parr.: ore 8.35 e 17.30)

Conferenza S. Vincenzo (ore 14.30

Casa della comunità)

12 Martedì Conferenza S. Vincenzo (ore 14.30

Casa della comunità)

14 Giovedì Gruppo Biblico (ore 9.15 Oratorio)

Adorazione eucaristica (ore 17.00

Chiesa parr.)

15 Venerdì Oggi esce il Notiziario parrocchiale di

gennaio

17 DOMENICA V TEMPO ORDINARIO

S. Messe orario Festivo:

7.30 – 10.00 – 11.30 – 18.30

Se tutti ci contentassimo del necessario, e dessimo il superfluo al bisognoso, non ci sarebbe più né ilricco né il povero. S. Basilio