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Dalla piramide di Talete alla formula di Erone

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Roma, 20 febbraio 2008

Liceo Scientifico “Pilo Albertelli”

Flavia Marcacci

Dalla piramide di Talete

alla formula di Erone Breve storia non assiomatica

della matematica greca

(pro manuscripto)

La piramide di Talete e la formula di Erone: due problemi dell'antica matematica

greca ben noti, ma spesso trattati con superficialità. Problemi che, se inseriti in un

contesto storico e critico, ci parlano invece di abilità sorprendenti, di idee stimolan-

ti, di destrezza speculativa. Problemi che permettono di esplorare l’incipit e la cau-

da del volto non assiomatico della matematica greca, volto forse non troppo con-

sueto.

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Flavia Marcacci (Marsciano – PG, 16 giugno 1976) insegna Introduzione alla Storia

della filosofia e Storia del Pensiero Scientifico presso la Pontificia Università Lateranen-

se (Roma).

La sua attività di ricerca è orientata principalmente allo studio della scienza antica, ambito

in cui ha già pubblicato numerosi contributi. In particolare si è occupata della nascita del

pensiero assiomatico dai Presocratici ad Euclide: di prossima pubblicazione il volume Alle

origini dell’assiomatica: gli Eleati, Aristotele, Euclide, Aracne Editore, Roma 2008.

e-mail: [email protected]

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Prima Parte La piramide di Talete

Presentazione

La relazione che oggi vi presenterò è pensata come il complemento e

il completamento dei lavori che presentai lo scorso anno, sempre in

questa sede. Al tempo c’era ancora il caro Prof. Giustini, che mi die-

de un apporto fondamentale per la stesura del lavoro, tanto che il se-

condo intervento lo presentammo scritto a quattro mani. Gli argo-

menti trattati erano Preistoria della geometria euclidea: analisi contenuti-

stica e quantitativa (7 febbraio 2007) e La struttura degli Elementi di

Euclide: storia, teoremi e sviluppi didattici (7 marzo 2007). Come già si

ricava dai titoli l’indagine era indirizzata alla geometria pre-euclidea

analizzata principalmente nel suo versante astratto, e ai contenuti

storici e teorici degli Elementi di Euclide. Ciò che si intendeva traccia-

re era, dunque, una sorta di storia del pensiero assiomatico1. Ecco perché l’intervento di oggi è pensato in continuità con quello dello scorso anno: proverò ad indagare brevemente alcuni tratti della tradizione non assiomatica greca. Si tratta di una matematica forse meno celebre, per anni dimenticata – almeno fin quando Lucio Russo non pubblicò La rivoluzione dimenticata2. Con quest’opera Russo di-

1 Cf. Flavia Marcacci, Alle origini dell’assiomatica: gli Eleati, Aristotele, Euclide, Aracne Editore, Roma 2008 (in corso di stampa). 2 Lucio Russo, La rivoluzione dimenticata. Il pensiero scientifico greco e la scienza moderna, Feltrinelli, Milano 1996.

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mostra che la matematica alessandrina, considerata a lungo di rango inferiore a quella del periodo classico perché estremamente tecnica ed applicativa, è in realtà luogo di profonde intuizioni e conoscenze. Proveremo a vedere se la profondità di queste intuizioni pratiche ap-portò alla matematica contributi degni di stima anche prima del pe-riodo alessandrino: lo faremo esaminando un problema affrontato se-condo la tradizione da Talete di Mileto, e dunque proprio agli esordi del percorso filosofico greco. Andremo poi a vedere cosa accade alla fine del periodo alessandrino, con Erone di Alessandria, quando già si conosceva gli Elementi e il metodo assiomatico-deduttivo era ormai parte integrante della cultura scientifica greca: questa seconda parte sarà sviluppata in riferimento ad un mio articolo pubblicato qualche anno fa3 e che offrirò brevi manu. Prima di iniziare mi sia consentito di ringraziare il Dottor Luca Con-vito, che ha predisposto le immagini che userò qui di seguito, e l’Ing. Giorgio Roncolini per i suggerimenti e la disponibilità a discutere sui seguenti risultati. Si avverte inoltre che i calcoli svolti sono estrema-mente approssimativi.

1. Talete di Mileto: l’altezza della piramide.

È indubbio che nel processo di costituzione del sapere greco un ruolo chiave fu giocato da Mileto, città ricca dell’Asia Minore, ben collega-ta ad Egitto, Babilonia, Fenicia e Grecia. Nonostante le alterne vi-cende con i Persiani, sotto i quali Mileto cadde intorno al 540 a.C., questa città si impose come un punto di riferimento per la cultura greca almeno per i secoli VI e V. A Mileto operano tre pensatori: Ta-lete, Anassimandro, Anassimene. È più che mai a Talete, però, che

3 Flavia Marcacci, La formula di Erone: una dimostrazione “poco assiomatica”, in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia», Università degli Studi di Perugia - Studi Filo-sofici, XXXIX, nuova serie XXV 2002/2003 (2006), 272-284.

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dovremmo essere debitori per qualche conoscenza specificamente matematica. Di Talete (ca. 640-547 a.C.) ci viene narrato (Procl., Comm. a Eucl.

157.10, 250.20, 299.1, 352.14, da Eudemo) e da Diogene Laerzio (D.L. I 24, da Pamfila) che diede forma a cinque proposizioni di geo-metria elementare:

(1) un cerchio è diviso in due aree uguali da qualunque diametro, (2)

gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono uguali, (3) in due

rette che si taglino fra loro, gli angoli opposti al vertice sono uguali,

(4) due triangoli sono uguali se hanno un lato e i due angoli adiacenti

uguali, (5) un triangolo iscritto in una semicirconferenza è rettango-

lo.

Sebbene siano proposizioni che si ritrovano nella geometria euclidea,

non abbiamo dati per decidere quanto Talete ne avesse dato una ela-

borazione astratta e cosciente. Probabilmente si trattava di semplici

intuizioni, o di revisioni di conoscenze di geometria provenienti

dall’Oriente. Resta il fatto che un qualche interesse per la geometria

fu presente in Talete, visto che si interessò di problemi pratici riduci-

bili a problemi di geometria piana e solida: il calcolo dell’altezza di

una piramide, altezza che resta inaccessibile, mediante la misurazione

della sua ombra nel momento in cui essa è pari all’altezza dei corpi

(D.L. I 27, Plin. N. H. XXXVI 82, Plutarch. Conv. VII sap. 2) e il cal-

colo della misura della distanza delle navi dalla riva, grandezza questa

ugualmente inaccessibile (Procl. Comm. a Eucl., 352.14-18).

Oggi ci soffermeremo sul primo problema, generalmente mal affronta-

to o affrontato solo parzialmente. Ci muoveremo, ovviamente, per

ipotesi, provando a ricostruire sia quello che poteva essere il ragio-

namento di Talete sia le condizione esterne necessarie affinché potes-

se mettere in pratica questo stesso ragionamento. Dapprima vanno

lette le fonti che ci informano sull’argomento:

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Determinazione dell’altezza delle piramidi tramite la misura della loro

ombra nell’ora del giorno in cui le ombre hanno lunghezza pari

all’altezza dei corpi da cui sono proiettate.

Diogenes Laertius I 27 [da Ieronimo] (= DK 11 A 14): Ieronimo dice

che misurò anche l’altezza delle piramidi dall’ombra, avendo osservato

quando la nostra ombra ha la stessa altezza del corpo.

Plinius N. H. XXXVI 82 (= DK 11 A 21): Talete di Mileto riuscì a de-

terminare la misura dell’altezza delle piramidi, misurandone l’ombra nel

momento in cui suole essere pari al corpo che la proietta.

Determinazione dell’altezza delle piramidi misurandone l’ombra e sta-

bilendo una proporzione.

Plutarchus Conv. VII sap. 2 (= DK 11 A 20): Piantata un’asta al limite

dell’ombra che la piramide proiettava, poiché i raggi del Sole investendo-

le formano due triangoli, tu [Nilosseno si rivolge a Talete] dimostrasti

che piramide e asta stanno tra loro nella stessa proporzione in cui stanno

le loro ombre.

È interessante notare come Plutarco sottolinei lo stupore e l’ammirazione verso Talete sollevata proprio dal problema dell’altezza della piramide; stupore che tra l’altro è comprensibile: pensare di ri-correre ad una grandezza misurabile (l’ombra proiettata) per determi-nare la misura di un’altra grandezza inaccessibile (l’altezza della pira-mide) è un’idea più che interessante, geniale. Ed evidentemente nes-suno fino ad allora ci aveva pensato.

1.1 La procedura geometrica

4 DK = H. Diels –W. Kranz, I Presocratici. Testimonianze e frammenti, voll. I e II, a cura di G. Giannantoni, trad. it. di AA.VV., Laterza, Roma-Bari 2002 (tit. or.:Die Fragmente der Vorsokratiker,1966).

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Per capire la fattività della procedura di Talete è necessario però ap-profondire il problema da un punto di vista geometrico. Come si può misurare la lunghezza dell’ombra della piramide? Chiamando C

l’estremo dell’ombra, non ha senso calcolarne la distanza dal lato di base (cioè GB), perché non è quello il segmento equivalente all’altezza del monumento. Il segmento che cerchiamo è HB, equiva-lente al segmento inaccessibile FH: come misurarlo? Vedremo le al-ternative offerte dalle fonti, sottolineando che in entrambi i casi i calcoli svolti tengono conto dell’orientamento delle piramidi, tale

che ognuna delle quattro facce risulta allineata secondo i punti

cardinali5; in questo modo la direzione dei raggi è parallela (e per-pendicolare) ai lati di base nel momento opportuno. Se non fosse co-sì, bisognerebbe ragionare in altro modo e su altre date.

AB: bastone FIGURA 1 FH: altezza della piramide

5 N. Grimal, L’antico Egitto, ed. speciali Corriere della sera, RCS, Milano 2004, 114 e 118.

F

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AB: bastone FIGURA 2 FH: altezza della piramide

IPOTESI A6

Da Plinio e Diogene Laerzio assumiamo che Talete avrebbe misurato l’ombra proiettata dalla piramide ad una certa ora del giorno – aspet-to sul quale torneremo tra breve – allorché l’ombra di un oggetto qualsiasi è lunga quanto l’altezza dell’oggetto. Per determinare il mo-mento esatto in cui operare Talete avrebbe semplicemente posto at-tenzione all’attimo in cui l’ombra dei corpi è pari alla loro altezza, ad esempio confrontando la lunghezza di un bastone (AB) e l’ombra da esso proiettata sul terreno (BC). Misurando la lunghezza dell’ombra

6 I seguenti passaggi sono accennati in F. Marcacci, La dimostrazione matematica pre-euclidea: tra costruzione e rigore logico, in «Episteme» 8 (2004), 149-171 (http://www.cartesio-episteme.net/ep8/ep8-preeucl.htm), pp. 151-153.

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della piramide in quel preciso momento, Talete avrebbe potuto risali-re alla misura dell’altezza della piramide. Va trovato HB = FH. Ma HB = HG + GB; poiché H cade esatta-mente al centro del quadrato di base della piramide (H)7 e dunque HG è pari a metà del lato, e GB è direttamente misurabile, ho trova-to il segmento dato. Ciò è ancor più evidente se costruisco DEBH, tracciando le dovute parallele sul terreno. È verosimile che Talete abbia lavorato su un modello di piramide, ra-gionando sul quale avrebbe cercato di capire come trovare il segmen-to HB, equivalente all’altezza FH non misurabile. Avrebbe cioè potu-to ricostruire la situazione per renderla “sperimentabile” e studiarla a fon-

do. Le ipotesi sulle stesse tecniche di costruzione della piramide la-sciano pensare all’uso invalso di modelli o quanto meno simulazioni approssimate8: Talete avrebbe potuto ricalcare le simulate degli Egi-ziani per scopi non architettonici. Si sarebbe quindi accorto della pos-sibilità di costruire il quadrato DEBH equivalente al quadrato di base della piramide, abilità commisurabile alle conoscenze geometriche di quei tempi in quanto non presuppone altro che la padronanza delle proprietà della figura del quadrato e la capacità di riprodurla sul ter-reno.

IPOTESI B

Plutarco parla di dimostrazione costruita sulla proporzione esistente tra l’altezza di un bastone e la sua ombra da un lato e l’altezza della piramide e la lunghezza della sua ombra dall’altro in un determinato momento del giorno. In questo caso dovremmo presupporre una certa dimestichezza di Talete con il concetto di proporzione9. Non è da e- 7 Gli Egiziani sapevano bene che l’altezza della piramide cade nel punto di incontro delle diagonali del quadrato di base, come anche sapevano calcolare il volume di un tronco di piramide. Cf. Carl B. Boyer, Storia della matematica, ISEDI, Milano 1976, pp. 23-24. 8 Cf. O. A. W. Dilke, Mathematics and Measurement, British Museum Pub-lications Ltd, London 1987, p. 9. 9 Contro questa interpretazione cf. P. Tannery, La géométrie grecque, Ed. Olms, Hildesheim-Zürich-New York 1988, p. 91 (Ripr. facs. dell'ed. Gauthier-Villars, Paris 1887); T. Heath, A history of Greek Mathematics I. From Thales to Euclid,

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scludere che percorsa l’ipotesi A, il Milesio non abbia tentato una ge-neralizzazione con questa ipotesi B: ci sembra comunque più pruden-te pensare che gli sforzi maggiori furono votati all’ipotesi A. Talete avrebbe cioè usato ancora un bastone, ma stavolta per dimo-strare che tra bastone e altezza della piramide c’è la stessa proporzio-ne che tra le rispettive ombre e da qui risalire all’altezza della pirami-de conoscendo quella del bastone. Ovvero (con riferimento alla figu-ra precedente):

(*) AB : BC = FH : HB (= FH : DE)

A questo punto se Talete avesse misurato DE (ricorrendo alla costru-zione del quadrato con il vertice in H come sopra descritto) gli sareb-be stato facile arrivare a FH svolgendo la proporzione:

FH = DE · AB / BC. È chiaro che AB e BC sono i dati più fa-cilmente reperibili essendo riferiti al ba-stone.

Fin qui non si fa altro che riproporre un bilancio degli studi e delle interpretazioni. Per ragioni di carattere storico sono propensa ad a-dottare la soluzione A: Talete, si ribadisce, non possedeva ancora un concetto raffinato di proporzione. Al suo tempo si lavorava con i rap-porti, e sebbene si sappia che anche i Pitagorici operarono sulle pro-porzioni10, mi sembra più cauto pensare ad una procedura che non tenesse conto del passaggio (*) di cui sopra.

Dover, New York 1981, p. 129 (Ripr. facs. dell'ed. Clarendon Press, Oxford 1921); Loria, Le scienze esatte, Cisalpino-Goliardica 1987, p. 22. Heath in particolare assi-mila il metodo descritto da Plutarco al metodo egiziano descritto nel Papiro di Rhind in cui si ricorre al seqet (il rapporto tra la diagonale di base e lo spigolo della pira-mide) per calcolare l’altezza delle piramidi. 10 Ad esempio si deve ai Pitagorici la proporzione perfetta A/G=G/H, dove dati due numeri p e q A è la loro media aritmetica (p + q)/2, G la loro media geometrica √pq, H la loro media armonica 2pq/(p + q). Cf. M. Kline, Storia del pensiero matematico, vol. I, Einaudi, Torino 1999, pp. 40-41.

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1.2 Condizioni al contorno

Resta il fatto, però, che ciò non ci può bastare. Anche se Talete per-

corse la strada A, più semplice, dovevano comunque realizzarsi certe

condizioni al contorno. Si dia per buono, come già detto prendendo a

riferimento le piramidi di Giza, che le facce delle piramidi sono orien-

tate verso il Nord, tale che l’edificio funebre viene ad essere disposto

in direzione parallela e perpendicolare ai quattro punti cardinali: ciò

consente ai raggi solari di gettare un’ombra parallela ai lati (come in

figura 1) e questo al momento in cui il sole è più alto all’orizzonte,

cioè a mezzogiorno, e in cui l’ombra è anche più corta possibile. Con-

temporaneamente deve però aversi un’inclinazione dei raggi pari a

45°, tale che l’ombra proiettata sia davvero pari all’altezza del corpo.

Questa condizione porta con sé due aspetti da verificare necessaria-

mente.

1. Va tenuta in considerazione la latitudine e la longitudine in rela-

zione all’inclinazione dei raggi solari: sappiamo che la piana di Giza è

all’incirca a 29° 59’ di latitudine Nord e a 31° 9’ di longitudine Est. A

questa latitudine l’ombra è inclinata di 45° quando si verifica che il

sole a mezzogiorno è al di sotto dell’equatore per 15°. Infatti si ha 45°

- 29° 59’ = 15° 1’. Alla latitudine di Giza sembra che questo si verifi-

chi in due momenti, ovvero il 19 novembre e il 22 gennaio, quando

cioè il sole si sta muovendo nell’emisfero australe11

.

11 Sarebbe più corretto dire che si sta muovendo nell’emisfero australe il raggio vet-tore (segmento che congiunge il centro della terra con il centro del sole).

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FIGURA 3

Interpretando questa grafica, con riferimento allo schema proposto in

appendice si ottiene:

FIGURA 1-app. Solstizio d’estate (21 giugno). Il sole è sul Tropico. A

Giza l’ombra dovrebbe arrivare con una differenza pari a 30° - 23,5°.

Se è così l’ombra del sole avrà, nel giorno suddetto, una inclinazione

di circa 6°,5. Questo significherebbe che l’ombra della piramide cade

all’interno della sua base. Infatti la piramide di Cheope, ad esempio,

ha una altezza di 146.6 m e il lato di base di 211.2 m12. La lunghezza

dell’ombra allora sarebbe 146.6 tg 6°.5 = 16.7, di gran lunga minore

della metà del lato di base della piramide. L’ombra cade nell’area di

base.

FIGURA 2-app. Equinozio d’autunno (23 settembre). I raggi del sole

arrivano a Giza con un’inclinazione pari a 30°, pari cioè alla latitudi-

12 Si tratta di misure presunte per l’epoca, quando l’edificio era rivestito.

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ne del posto. Eseguendo calcoli analoghi a quelli sopra si ottiene u-

gualmente che l’ombra cade all’interno dell’area di base.

FIGURA 3-app (e 5-app). Si arriva al 19 novembre (e 22 gen-

naio), data presunta quando il sole è di 15° sotto l’equatore (vedi

scheda “Date notevoli” più avanti). A questo punto a Giza i raggi

del sole arrivano inclinati di 15° + 30° = 45°, ovvero con la giusta

inclinazione per avere l’ombra pari all’altezza del corpo.

FIGURA 4-app. Solstizio di inverno (21 dicembre). Per ovvie ragioni

i raggi del sole arrivano a Giza con 53°,5 = 23°,5 + 30°.

FIGURA 6-app. Equinozio di primavera (21 marzo). I calcoli dovreb-

bero essere come quelli dell’equinozio d’autunno.

Da questi calcoli si desume che l’ombra a Giza è inclinata di 45°

solo quando il sole si muove nell’emisfero australe (e quindi tra

autunno e inverno).

2. L’eventuale fuoriuscita dei raggi dalla base della piramide va verifi-

cata su un modello di piramide quanto più prossimo ad una piramide

reale. Sappiamo che il dubbio fu sollevato nel secolo scorso da Mat-

teo Barbieri13

, secondo cui l’ombra della piramide doveva ricadere

all’interno dell’area di base, a causa della bassa latitudine dell’Egitto,

rendendo impossibile la misurazione. Ma in realtà, la conformazione

di questi edifici sacri dovrebbe lasciare svanire il problema. Prenden-

do a riferimento i dati della piramide di Cheope (una altezza di 146.6

m e il lato di base di 211.2) l’angolo medio di inclinazione delle fac-

ciate di una piramide (ovvero l’angolo diedro) è di circa 54,2°14.

13 In Loria, Le scienze esatte nell’antica Grecia, cit., p. 21. 14 Rinaldi riporta un angolo di 52°, che geometricamente è sbagliato: a meno che la misura non sia stata fatta sull’edificio, che non è ovviamente una piramide perfetta. Cf. Rinaldi, Le piramidi, Electa, Milano 1983, p. 71

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FIGURA 4

a= 35,8° α P, P’ =punto estremo dell'ombra solare β m 146,6 P' m 105,6 P

se le misure della piramide sono esatte l'angolo in basso è di 54,2° e non di 52°

Con questa grafica e con i ragionamenti riportati al punto 1, è possi-

bile tracciare questo bilancio:

- L'ombra esce dalla base della piramide (P') se b>a. Inoltre deve a-

versi 35,8°<b<53,5°.

- Tale valore si ha dopo il 15 ottobre e prima del 26 febbraio, quando

si verifica che l’angolo di inclinazione dei raggi del sole sulla piramide

è pari a a = 35,8° (vedi infra scheda “Date notevoli”).

- durante il resto dell’anno si ha sempre b<a.

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Nelle date utili del 19 novembre e 22 gennaio, quando i raggi hanno

pendenza di 45°, l’ombra fuoriesce dalla piramide: è possibile calcola-

re l’altezza (misura inaccessibile) mediante la misura dell’ombra (più

facilmente accessibile).

Scheda – Date “notevoli”

Ricordiamo che il 21 dicembre si ha il solstizio di inverno, il 21 marzo l’equinozio di

primavera, il 21 giugno il solstizio d’estate e il 23 settembre l’equinozio d’autunno. Il

periodo 23 settembre – 21 dicembre è di 89 giorni; il periodo 21 dicembre – 21 marzo

è di 90 giorni.

Si è dimostrato che l’ombra esce dalla base della piramide per 35,8°<b<53,5°. Si

calcolino allora le date per cui b = 35,8 e b =53,5°. In relazione alla figura 5 più a-

vanti, il punto B (quello con b4 = a = 35,8°) si verifica due volte l'anno (andata e

ritorno) ed il suo valore (ovvero la sua data) è calcolata come durata media propor-

zionale:

AC/89=(b4-b2)/x essendo CA=b3-b2

percorso del sole tra solstizio di inverno e equinozio di primavera

x = 26 febbraio.

CA/90=(b3-b4)/x essendo CA=b3-b2

percorso del sole tra equinozio di primavera e solstizio di inverno

x = 15 ottobre.

Bisogna ora sapere quando l'ombra è lunga quanto l'altezza, ovvero b = 45°: questo

è un valore accettabile perché sta nell’intervallo ammesso perché l’ombra esca dalla

piramide. Sempre in relazione alla figura 5, e contando per un giorno l’inclinazione

dei raggi si modifica di 0,26° circa, si ha che la distanza BA è di circa 67 giorni, cioè

(b3-b4)/0.26. Con una proporzione analoga alla precedente si ottiene BM = 35 gior-

ni e AM=32 giorni. Quindi il punto M si ha 35 giorni dopo il 15 ottobre, cioè il 19

novembre; e si ha 32 giorni dopo il 21 dicembre, cioè il 22 gennaio.

Riassumo questi dati riportando la grafica assai chiara dell’Ing. Ron-

colini:

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1.3 Conclusioni

Con ciò veniamo alle conclusioni. Il problema dell’altezza della pira-

mide poteva essere stato affrontato e risolto da Talete a patto che si

trovasse in Egitto nel periodo invernale. Non è da escludere che Ta-

lete si sia limitato ad impostare il problema nelle sue linee generali e

che qualcun altro ne abbia verificato la fattibilità.

Questo non significa che Talete avesse coscienza delle posizioni rela-

tive terra-sole: l’esercizio appena fatto ci aiuta a stabilire soltanto la

fattibilità della misurazione, visto che diverse volte è stato messo in

dubbio.

Molto probabilmente egli studiò le ombre, in maniera empirica: e

probabilmente sarà stato colpito dal fatto che d’estate la piramide

non ha ombra. Ma con poche osservazioni e facendosi aiutare da abi-

tanti del posto, avrebbe tranquillamente potuto tracciare il ragiona-

mento espresso al punto A di cui sopra.

Questo ci consente di parlare della misurazione indiretta di Talete

come una sorta di “esperimento”, in cui inizialmente non ha coscien-

za di quali siano gli assiomi da porre: si conoscono solo le regole da

utilizzare, che sono la deducibilità logica e la forza del ragionamento. Egli voleva trovare un ragionamento che lo conducesse a tale misura-

zione.

Infondo i costruttori delle piramidi dovevano pur fare in qualche mo-

do per stimare l’altezza del monumento al momento della costruzione

delle fondamenta; osservare ammirati le piramidi e chiedersi quanto

fossero alte è spontaneo in tutti gli uomini; ma dare una misura

quando la piramide ha i lati obliqui e non è neanche consentito salire

per misurare l’altezza di una facciata, non è affatto naturale o sponta-

neo: denota veramente un acume intellettuale non comune e

un’originalità fuori dalla norma.

Può essere simpatico immaginarsi Talete, che non prendendo in con-

siderazione le caste egiziane custodi del sapere, armato di squadra e

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riga15, gli unici strumenti disponibili al tempo, nei dintorni della piana

monumentale16 intento ad osservare, appuntare, disegnare (magari in

Terra) e tentare un ragionamento per capire quanto fosse alto

quell’immenso “cumulo” di mattoni che doveva sembrare veramente

stupefacente a un uomo abituato a salpare le superfici piatte del ma-

re.

Dopo Talete, il versante non assiomatico della geometria non si è di-

sperso: si pensi alle soluzioni dei sofisti Antifonte e Brissone per la

quadratura del cerchio, alla quadratrice di Ippia, alla quadratura delle

lunule di Ippocrate; si pensi anche all’algebra di Metrodoro con i suoi

paradossi, al metodo di costruzione della concoide di Nicomede, ai

metodi meccanici di Archimede. Si può aggiungere anche il ricorso

all’evidenza in Euclide, come dimostrano chiaramente le definizioni

1, 2 e 3 del libro primo.

Mentre il pensiero assiomatico si accresce e sembra trionfare, non

muore la vocazione pratica delle scienze matematiche greche. Ve-

dremo ora come Erone, noto per i suoi studi di meccanica e idraulica,

produrrà nei suoi scritti più teorici un tipo di dimostrazione tutt’altro

che “euclidea”.

15 Probabilmente Talete conosceva anche i vari strumenti che usava un mu-ratore egizio: squadra cava, squadra convessa, verificatori a piombo, squa-dra e regolo. (Cf. Rinaldi, Le piramidi, cit., 70). 16 La zona monumentale era previamente spianata, il che fa pensare che Ta-lete non aveva troppi problemi di livellamento del terreno. Se infatti attorno alla piramide il terreno non fosse stato piano, doveva essere previsto un li-vellamento del terreno come precondizione necessaria al ragionamento sull’altezza (Cf. Rinaldi, Le piramidi, cit., 71-73).

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APPENDICE Il contrassegno verticale indica Giza.

FIGURA 1-app solstizio d’estate

21 giugno

FIGURA 2-app equinozio d’autunno

23 settembre

FIGURA 3-app 19 novembre

FIGURA 4-app solstizio d’inverno

21 dicembre

FIGURA 5-app 22 gennaio

FIGURA 6-app equinozio di primavera

21 marzo

RA

GG

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RI