Dalla Dittatura Alla Democrazia - Gene Sharp
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Pamphlet, documenti, storie
REVERSE
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Michele Ainis, Tina Anselmi, Claudio Antonelli, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani,
Bandanas, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti,
Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Nicola Biondo, Tito Boeri, Caterina
Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Dario Bressanini,
Carla Buzza, Andrea Camilleri, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo,
Andrea Casalegno, Antonio Castaldo, Carla Castellacci, Massimo Cirri, Fernando Coratelli,Carlo Cornaglia, Roberto Corradi, Pino Corrias, Andrea Cortellessa, Riccardo Cremona,
Gabriele DAutilia, Vincenzo de Cecco, Luigi de Magistris, Andrea Di Caro,
Franz Di Cioccio, Gianni Dragoni, Giovanni Fasanella, Davide Ferrario, Massimo Fini,
Fondazione Fabrizio De Andr, Fondazione Giorgio Gaber, Goffredo Fofi, Giorgio Fornoni,
Nadia Francalacci, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Giacomo Galeazzi,
Bruno Gambarotta, Andrea Garibaldi, Pietro Garibaldi, Claudio Gatti, Mario Gerevini,
Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi,
Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Luigi Grimaldi,
Dalbert Hallenstein, Guido Harari, Riccardo Iacona, Ferdinando Imposimato, Karenfilm,Giorgio Lauro, Alessandro Leogrande, Marco Lillo, Felice Lima, Stefania Limiti,
Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Antonella Mascali,
Antonio Massari, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Alain Minc,
Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Loretta Napoleoni, Natangelo,
Alberto Nerazzini, Gianluigi Nuzzi, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Massimo Ottolenghi,
Antonio Padellaro, Pietro Palladino, Gianfranco Pannone, David Pearson (graphic design),
Maria Perosino, Simone Perotti, Roberto Petrini, Renato Pezzini, Telmo Pievani,
Ferruccio Pinotti, Paola Porciello, Mario Portanova, Marco Preve, Rosario Priore,
Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Sigfrido Ranucci, Luca Rastello, Marco Revelli,Piero Ricca, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti,
Andrea Salerno, Giuseppe Salvaggiulo, Laura Salvai, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo,
Michele Santoro, Roberto Saviano, Luciano Scalettari, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato,
Gene Sharp, Filippo Solibello, Riccardo Staglian, Luca Steffenoni, theHand, Bruno Tinti,
Gianandrea Tintori, Marco Travaglio, Elena Valdini, Vauro, Concetto Vecchio,
Giovanni Viafora, Anna Vinci, Carlo Zanda, Carlotta Zavattiero.
chiarelettere
Autori e amici di
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PRETESTO 2 fa pagina23
Su certi principinon accettabile
alcun compromesso.
fa pagina32
Ci sono uomini nel mondoche governano con linganno.Non si rendono contodella propria confusione mentale.
Appena i loro sudditi se ne accorgono,
gli inganni non funzionano pi.Liu Ji, da una parabola cinese del XIV secolo.
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fa pagina111-120
AZIONI DI RIBELLIONE NONVIOLENTA- dileggio dei funzionari
del regime- marce, parate, cortei
motorizzati- boicottaggio da partedei consumatori
- non collaborazione personale
generalizzata- ritiro totale dei depositi bancari- disobbedienza civile contro
leggi illegittimeEstratto dai metodi di azione nonviolenta.
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fa pagina79
La nozione di base semplice:se un numero sufficientedi subordinati si rifiuta
di collaborare abbastanza a lungoe nonostante la repressione,il sistema oppressivo si indebolirfino al collasso.
PRETESTO 3 fa pagina60
Perch chi animato dallideadi liberare la propria gentesi concentra cos raramente
sulla progettazionedi una strategia utileal conseguimento di taleobiettivo?
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fa pagina19
Unitevi.
Rafforzatei deboli tra voi.Organizzatevi
in gruppi.E vincerete.Charles Stewart Parnell (1846-1891), deputatoirlandese, guid agitazioni e scioperi per ottenerelindipendenza del suo paese dallImpero britannico.
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Chiarelettere editore srlSoci: Gruppo Editoriale Mauri Spagnol S.p.A.Lorenzo Fazio (direttore editoriale)Sandro ParenzoGuido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.)
Sede: Via Melzi dEril, 44 - MilanoISBN 978-88-6190-190-2
Prima edizione: maggio 2011
www.chiarelettere.it
BLOG / INTERVISTE / LIBRI IN USCITA
Titolo originale:
From Dictatorship to Democracy
Traduzione di Massimo Gardella
Revisione di Giuseppe Maugeri
Il materiale di questa pubblicazione di pubblico dominio e pu essere riprodotto
liberamente. La citazione della fonte e la segnalazione dellavvenuta riproduzione allaAlbert Einstein Institution sono graditi.La prima edizione di questo libro pubblicata a Bangkok (Thailandia) nel 1993 acura del Comitato per la restaurazione della democrazia in Birmania e in collabora-zione con il quotidiano birmano Khit Pyaing (Il Giornale della Nuova Era). stato tradotto in quasi trenta lingue e pi volte ristampato negli Stati Uniti su inizia-tiva della Albert Einstein Institution (www.aeinstein.org)
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chiarelettere
Gene Sharp
Dalla dittatura alla democrazia
Come abbattere
un regimeManuale di liberazione nonviolenta
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Gene Sharp (1928) usa internet a fatica, ma questo suo manuale diffuso inrete soprattutto tra i pi giovani. Studioso e professore di Scienze politiche
allUniversit del Massachusetts, impegnato da anni nella ricerca e nellapianicazione di tecniche e strategie di ribellione nonviolenta ai regimi. I suoiscritti, e principalmente questo libro, hanno ispirato movimenti di opposizionein diverse parti del mondo, dalla Birmania (oggi Myanmar) alla Serbia diMiloevic, no, pi di recente, alle rivolte di piazza che stanno sconvolgendoil mondo arabo. stato denito il von Clausewitz della nonviolenza elistituzione che ha fondato (Albert Einstein Institution) da anni promuovequesta sua battaglia. Sharp si formato sui testi di Mohandas Gandhi e sullastoria della rivolta per lindipendenza dellIndia. La sua fede e militanza
allinsegna della nonviolenza gli causer negli anni Cinquanta un periododi carcere per diserzione durante la Guerra di Corea (1950-1953). Oggi ilMedio Oriente il banco di prova di questa rivolta fatta di consapevolezza,non collaborazione e resistenza attiva.
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Questo libro XIII
Prefazione 31. Affrontare le dittature in maniera realistica 7
2. I pericoli dei negoziati 193. Da dove arriva il potere? 294. I punti deboli delle dittature 385. Esercitare il potere 436. La necessit di una pianificazione strategica 567. Pianificare la strategia 668. Praticare la ribellione politica 82
9. Sgretolare la dittatura 9110. Le fondamenta di una democrazia duratura 99
Appendice 107Ulteriori letture 125
Sommario
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Questo libro
Lontano da piazza Tahrir (la piazza delle rivolte alCairo, Egitto) e dai luoghi delle rivolte che stannosconvolgendo il mondo arabo, un anziano intellettuale
cammina nella sua casa di mattoni in un quartiere ope-raio di Boston. Il suo nome Gene Sharp, ottantatranni. A vederlo in foto non pare un tipo pericoloso, male sue idee potrebbero rivelarsi fatali per i dittatori ditutto il mondo. Cos il New York Times introduceGene Sharp, classe 1928, cittadino americano e fonda-tore della Albert Einstein Institution, una fondazione
per la promozione della lotta nonviolenta contro iregimi dittatoriali. I suoi scritti hanno fatto il girodel mondo, spesso come pubblicazioni clandestine.Birmania (oggi Myanmar), Bosnia, Estonia, Serbia,Zimbabwe, Tibet e recentemente Tunisia ed Egitto.
Questo libello di cento pagine, titolo originale Dal-
la dittatura alla democrazia, diffuso via internet edisponibile in quasi trenta lingue. Proponiamo qui laprima traduzione italiana. Il libro nasce clandestino. InBirmania il regime incalza i dissidenti con epurazioni
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XIV Come abbattere un regime
ed esili forzati. Siamo nei primi anni Novanta. Uno deileader dellopposizione contatter lo studioso america-no per proporgli di scrivere una guida alla resistenza dadiffondere tra la sua gente, per motivarla e indirizzarla.Nel 93 il libro esce in Thailandia, in lingua inglese.
A partire dal 95 il regime birmano di Rangoon (oggiYangoon) attacca pesantemente la pubblicazione e nel
2005 chiunque viene trovato in possesso del libro arrestato e condannato a sette anni di prigione. Unacopia della prima edizione inglese acquistata da unostudente indonesiano che nel 1997 curer ledizioneper il suo paese, pubblicata da uno dei principalieditori locali.
Una copia del libro arrivata anche a Belgrado,durante il governo Miloevic. tradotta in serbo ediventa decisiva per la maturazione del movimentolocale di resistenza (Otpor). Il movimento giovaniledi Belgrado oggi punto di riferimento per i giovanidel Gruppo 6 aprile, principali artefici della rivoltain Egitto. Una delle esperienze a cui gli esponentidel movimento 6 aprile si sono rifatti maggiormente ha scritto il New York Times quella di Otpor(resistenza), la potente armata giovanile serba che,facendo sue le idee del politologo americano GeneSharp, stratega delle rivolte civili nonviolente, hacontribuito alla cacciata di Slobodan Miloevic nellot-
tobre 2000. Il gruppo egiziano ha scelto come logoquello stesso pugno chiuso, stilizzato, che a suo tempofigurava sui manifesti e sugli striscioni degli attivistiserbi legati a Sharp.
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Naturalmente non mancano le critiche. I dittatorilo detestano. Nel 2007 Sharp subisce gli strali delpresidente venezuelano Hugo Chavez. Nel 2008 lasua faccia compare in un video di propaganda ira-niano che lo definisce un agente della Cia. Ma la suabattaglia intellettuale in nome dellazione nonviolentacontinua. Sharp rifugge la definizione di artefice delle
lotte di liberazione nel mondo arabo. Sostiene inveceche la forza e i meriti di quanto sta succedendo inquesto 2011 di ribellioni e resistenze va cercata nellepersone e nelle popolazioni locali. Nellinsopportabi-lit di ogni dittatura. Il suo lavoro principalmentequello di diffondere conoscenza, insieme alla naturale
propensione e passione per la libert.
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come abbattere un regime
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Prefazione
Per molti anni, la necessit di prevenire e abbatterele dittature stata una delle mie preoccupazioni piassillanti. Unurgenza stimolata dalla convinzione
che gli esseri umani non dovrebbero essere dominatie schiacciati da un regime, e rafforzata da letture sulvalore della libert delluomo, sulla natura (da Aristo-tele agli studiosi del totalitarismo) e sulla storia delledittature (soprattutto di quella nazista e stalinista). Hoconosciuto persone che hanno vissuto e sofferto sottoil giogo nazista, tra cui alcuni superstiti ai campi disterminio. Ho parlato con ebrei sfuggiti alla morsa deinazisti e con coloro che hanno contribuito a salvarli.In Norvegia, ho incontrato sopravvissuti al dominiofascista e ascoltato le storie di chi invece non riuscitoa salvarsi. Del terrore imposto dai regimi comunistiin diversi paesi mi stato possibile apprendere pi
dai libri che da contatti personali: un terrore ancorapi radicale per il fatto che tali regimi nascevano perliberare la gente dalloppressione e dallo sfruttamento.
Negli ultimi decenni, grazie ai miei contatti con
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persone che vivevano in paesi governati da regimidittatoriali Panama, Polonia, Cile, Tibet e Birmania la realt delle dittature moderne ha assunto ai mieiocchi contorni pi reali. Dai tibetani che si eranobattuti contro laggressione della Cina comunista, airussi che nellagosto del 1991 avevano sconfitto unviolento golpe, ai thailandesi che avevano bloccato in
modo non violento il ritorno di un regime militare, horicavato prospettive spesso preoccupanti sulla naturainsidiosa delle dittature.
La commozione e lo sdegno per le brutalit, insiemeallammirazione per leroismo di uomini e donne digrande forza, si sono talvolta rinsaldati dopo alcune
visite nei luoghi in cui, nonostante gravi pericoli,gente coraggiosa continuava a opporre resistenza:Panama sotto Noriega; Vilnius, in Lituania, sotto lacontinua repressione sovietica; piazza Tienanmen aPechino, durante la festosa manifestazione di libert,mentre in quella fatidica notte la prima colonna dicorazzati faceva il suo ingresso; e il quartier generaledellopposizione nella giungla di Manerplaw, nellaBirmania liberata.
Mi capitato di visitare i luoghi dei vinti, come latorre della televisione e il cimitero di Vilnius, il parcodi Riga dove venivano giustiziati i ribelli, il centrodi Ferrara dove i fascisti allinearono e fucilarono i
partigiani, e un piccolo cimitero a Manerplaw, pienodi corpi di uomini morti troppo giovani. tristeconstatare come ogni dittatura lasci dietro di s unatale scia di morte e distruzione.
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Prefazione 5
Questo interesse e queste esperienze hanno raffor-zato in me la speranza che sia possibile prevenire latirannia e lottare con successo contro le dittature senzaricorrere a colossali bagni di sangue, e che sia possibileestirpare i regimi dittatoriali in modo che dalle loroceneri non ne sorgano di nuovi.
Ho cercato di riflettere con molta attenzione sui
metodi pi efficaci per abbattere le dittature con ilminimo costo in termini di vite e sofferenze. In questocompito, mi sono tornati utili i molti anni di studio sudittature, movimenti di resistenza, rivoluzioni, storiadel pensiero politico e dei sistemi di governo e, soprat-tutto, su un modello praticabile di lotta nonviolenta.
Il risultato questo saggio: pur essendo certamentetuttaltro che perfetto, forse per in grado di fornirealcune linee guida per aiutare a pianificare la creazionedi movimenti di liberazione potenti ed efficaci. Pernecessit, oltre che per scelta consapevole, il fulcro diquesto saggio ruota attorno al problema generale dicome rovesciare una dittatura ed evitare lascesa di unnuovo regime. Non sono nelle condizioni di offrireunanalisi dettagliata e una ricetta per un paese spe-cifico. Tuttavia, spero che questa analisi possa essereutile a coloro che in troppi paesi devono ancora oggifar fronte a un potere dittatoriale. Dovranno per forzaesaminare la validit di questo saggio applicandola alla
loro situazione e mettendo in pratica i suoi consiglidi resistenza per la loro libert.
In nessun passaggio di questo scritto si d per scon-tato che sconfiggere i dittatori sia unimpresa semplice
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e indolore. Tutte le forme di lotta comportano costi esacrifici. E vittime, ovviamente. La mia speranza chequesta analisi sproni i capi della resistenza a considerarestrategie che possano aumentare lefficacia delle loroazioni, riducendo il numero di vittime.
Una volta sconfitta una specifica dittatura, non sipu certo credere che tutti i problemi siano risolti. La
caduta di un regime non sfocia nellutopia. Piuttosto,apre la strada a un duro e faticoso lavoro per costruirerelazioni sociali, economiche e politiche e sradicarealtre forme di ingiustizia e oppressione. Spero chequesta breve dissertazione possa tornare utile ovun-que ci siano persone che vivono sotto il giogo della
dominazione e che desiderano essere libere.
Gene Sharp,6 ottobre 1993
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Primo capitolo
Affrontare le dittature in maniera realistica
Negli ultimi anni, diverse dittature nate allinternodi un paese o appoggiate dallesterno sono col-lassate di fronte alla resistenza e alla mobilitazione
popolare. Spesso considerate solide e inespugnabili,alcune di queste dittature si sono rivelate incapaci diopporsi ad azioni concertate di ribellione politica,economica e sociale messe in atto da una parte dellapopolazione.
A partire dagli anni Ottanta, diversi regimi sono statisconfitti dalla ribellione nonviolenta della popolazione:Estonia, Lettonia e Lituania, Polonia, Germania Est,Cecoslovacchia e Slovenia, Madagascar, Mali, Boliviae Filippine. La resistenza nonviolenta ha portato ilmovimento verso la democratizzazione in Nepal, Zam-bia, Corea del Sud, Cile, Argentina, Brasile, Uruguay,Malawi, Thailandia, Bulgaria, Ungheria, Nigeria, ad
Haiti e in diverse aree dellex Unione Sovietica (gio-cando un ruolo significativo nel fallimento del tentatogolpe nellagosto del 1991).
Inoltre, negli ultimi anni, abbiamo assistito alla lotta
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politica nonviolenta di massa:1 in Cina, Birmania eTibet. Nonostante queste lotte non abbiano condottoin molti casi alla fine delle dittature o delle occupa-zioni, hanno reso nota al mondo la natura di queiregimi brutali e fornito alle popolazioni interessateuna preziosa esperienza.
Il crollo delle dittature nei paesi citati non ha azzera-
to i loro problemi sociali: povert, crimine, inefficienzaburocratica e degrado ambientale costituiscono spessoleredit di regimi brutali.
Tuttavia, la caduta di tali dittature ha alleviato inminima parte la sofferenza delle vittime delloppressio-ne e aperto il cammino per la ricostruzione di queste
1 Lespressione utilizzata in questo contesto (in inglese, politicaldefiance) fu introdotta da Robert Helvey per definire la lotta nonvio-lenta (protesta, non collaborazione e azione) applicata attivamentee provocatoriamente a fini politici. Lespressione ha avuto originein reazione alla confusione e al travisamento causati equiparandola lotta nonviolenta al pacifismo o alla nonviolenza di stampo
morale o religioso. La paroladefiancedenota una sfida deliberataallautorit attraverso la disobbedienza, senza lasciare alcuno spazioalla sottomissione. Lespressionepolitical defiancedefinisce dunqueil campo in cui si applica tanto lazione (la sfera politica) quantolobiettivo (il potere politico). Viene usata principalmente per descri-vere lazione esercitata dalle popolazioni per riacquistare il controllosulle istituzioni governative in mano alle dittature, attaccandosenza tregua le fonti del loro potere e utilizzando deliberatamente
una pianificazione strategica per organizzare le operazioni. Nelpresente scritto, ribellione politica, resistenza e lotta nonviolentasono intercambiabili, sebbene le ultime due espressioni si riferiscanodi solito a una gamma pi ampia di obiettivi (sociali, economici,psicologici, e cos via).
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societ sulla base di una pi ampia democrazia politicae di maggiore libert personale e giustizia sociale.
Un problema persistente
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una tenden-za verso una maggiore democratizzazione e libert.
Stando a Freedom House, che ogni anno stila unrapporto internazionale sullo stato dei diritti politicie delle libert personali, il numero di paesi nel mondoclassificati come liberi ha conosciuto di recente unaumento significativo:
Liberi Parzialmente liberi Non liberi1983 54 47 64
1993 75 73 38
2003 89 55 48
2009 89 62 42
Fonte: http://www.freedomhouse.org.
Tuttavia, questo trend positivo attenuato dal nume-ro impressionante di persone che ancora oggi vivo-no sotto tirannia. Nel 2008, il 34 per cento dellapopolazione mondiale (stimata in 6,68 miliardidi individui) viveva in paesi catalogati come nonliberi,2 vale a dire in aree con diritti politici e libert
2 Fonte: Freedom House, Freedom in the World, http://www.free-domhouse.org.
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personali estremamente limitati. I 42 paesi nellacategoria non liberi sono governati da dittaturemilitari (Birmania), monarchie repressive di stampotradizionale (Arabia Saudita e Bhutan), partiti uni-ci (Cina e Corea del Nord), occupazioni straniere(Tibet e Sahara Occidentale), oppure attraversanouna fase di transizione.
Oggi molti paesi si trovano a fronteggiare unarapida evoluzione economica, politica e sociale.Sebbene il numero dei paesi liberi sia aumentatonegli ultimi anni, esiste un rischio notevole che moltenazioni, di fronte a simili cambiamenti sostanziali,scivolino nella direzione opposta, verso nuove forme
di dittatura. Cricche militari, individui ambiziosi,funzionari eletti e partiti politici integralisti cerche-ranno di imporre la loro volont. I colpi di Statorestano e resteranno una pratica diffusa, e moltepersone continueranno a vedersi negati diritti politicie umani basilari.
Per nostra sfortuna, il passato non ci ha mai abban-donato. Quello delle dittature un problema radica-to. Le popolazioni di molti paesi hanno sopportatodecenni (se non addirittura secoli) di oppressione, siadi origine interna che straniera. Spesso la sottomissioneassoluta alle autorit e ai governanti stata inculcataper lungo tempo. In casi estremi, le istituzioni sociali,
politiche, economiche e persino religiose della societ al di fuori del controllo statale sono state delibe-ratamente indebolite, subordinate o rimpiazzate danuove istituzioni rigidamente strutturate e utilizzate
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dallo Stato o dal partito al potere come strumenti dicontrollo. Altrettanto spesso, la popolazione stataatomizzata: ridotta cio a una massa di individui iso-lati e incapaci di lavorare insieme per raggiungere lalibert, di confidare luno nellaltro o persino di agiredi propria iniziativa.
Il risultato prevedibile: la popolazione si indeboli-
sce, perde sicurezza in se stessa ed incapace di opporreresistenza. Le persone spesso sono troppo spaventateper condividere persino con familiari e amici lodioverso la dittatura che le opprime e per manifestare lapropria fame di libert. Spesso sono troppo terrorizzateper prendere in seria considerazione lidea di pubblica
resistenza. In ogni caso, a che servirebbe? Piuttosto,patiscono sofferenze gratuite senza prospettive nsperanze per il futuro.
Le condizioni di vita nelle dittature odierne sonoprobabilmente anche peggiori che in passato. In pas-sato, infatti, qualcuno ha provato talvolta a resistere:manifestazioni e proteste di massa che, pur sollevandotemporaneamente gli animi, hanno avuto vita breve.Altre volte, singoli individui o piccoli gruppi hannocompiuto azioni coraggiose ma inefficaci, sostenendoprincipi fondamentali o esibendo semplicemente ilproprio dissenso. Per quanto le ragioni fossero nobili,simili gesti di resistenza non sono stati sufficienti a
vincere la paura e labitudine allobbedienza dellapopolazione, prerequisito fondamentale per distruggerela dittatura. Purtroppo, hanno portato solo ulterioresofferenza e morte.
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La libert attraverso la violenza?
Cosa bisogna fare in questi casi? Le possibilit pi ovviesono anche quelle in apparenza meno utilizzabili. Ingenere, i dittatori ignorano le barriere costituzionalie legali, le sentenze giudiziarie e lopinione pubblica.Messe davanti a brutalit, torture, sparizioni e omicidi,
spesso le persone arrivano alla conclusione che lunicomodo per sconfiggere la dittatura passi attraverso laviolenza. Mosse dalla rabbia, a volte le vittime si sonoorganizzate militarmente per combattere dittatori spie-tati con qualsiasi mezzo a loro disposizione, nonostantele scarse possibilit di successo. Spesso queste perso-ne si sono battute con coraggio, pagando un prezzoaltissimo. Hanno raggiunto alcuni degli obiettivi, madi rado hanno ottenuto la libert. Le rivolte violentepossono innescare una repressione brutale che poilascia il popolo in condizioni pi disperate di prima.
Quali che siano i meriti dellopzione violenta, unacosa chiara: confidando nella violenza, si sceglie unterreno di lotta in cui gli oppressori hanno quasi sempre lasuperiorit. I dittatori dispongono dei mezzi per appli-care la violenza in maniera soverchiante. Per quantoa lungo i democratici possano perseverare, alla finela repressione militare diventa inevitabile. I dittatoridispongono quasi sempre di truppe, munizioni, mezzi
logistici e militari superiori. Nonostante il coraggio,per i democratici non c partita.
Quando la ribellione militare convenzionale con-siderata unopzione poco realistica, alcuni dissidenti
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ricorrono alla guerriglia. Tuttavia molto raro, senon impossibile, che questa vada a beneficio dellapopolazione oppressa o conduca alla democrazia. Laguerriglia non una soluzione scontata, soprattuttose si considera la sua tendenza a incrementare pau-rosamente la quantit di vittime nella popolazionestessa. La tecnica della guerriglia non offre alcuna
garanzia contro il fallimento, nonostante il supportoideologico e le analisi strategiche e, a volte, lappoggiointernazionale. Di solito si protrae per lunghi anni.I civili vengono spesso fatti sfollare dalle autorit alpotere, causando immense sofferenze umane e sradi-camento sociale.
Persino quando ha successo, a lungo termine laguerriglia comporta conseguenze strutturali negati-ve. Nellimmediato, il regime sotto attacco diventaancora pi dispotico. In caso la guerriglia abbia infinela meglio, il nuovo regime sar pi oppressivo delprecedente a causa delleccessiva militarizzazione edellindebolimento, in seguito agli scontri, dei gruppisociali e delle istituzioni indipendenti organismi vitalinella creazione e nel consolidamento di una societdemocratica. Chi ostile alle dittature, dovrebbecercare unaltra soluzione.
Colpi di Stato, elezioni, forze di liberazione straniere?
Un colpo di Stato militare potrebbe sembrare uno deimodi pi semplici e rapidi per rimuovere un regimeparticolarmente ripugnante. Tuttavia, una soluzione
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che comporta problemi molto seri e, cosa ancora piimportante, non modifica la cattiva distribuzione delpotere tra la popolazione e llite che controlla governoe forze armate. Molto probabilmente, la rimozione diindividui specifici e cricche militari da una posizionedi governo permetter a un altro gruppo di prenderneil posto. In teoria, il nuovo gruppo potrebbe avere un
atteggiamento pi mite e concedere limitate aperturealle riforme democratiche. Ma pi facile che accadail contrario.
Dopo aver consolidato il suo ruolo, il nuovo gruppoal potere potrebbe rivelarsi pi brutale e ambiziosodel precedente. Di conseguenza il gruppo in cui
magari erano riposte tutte le speranze avr facoltdi comportarsi come meglio crede senza preoccuparsidi democrazia o diritti umani. Il che non rappresentauna risposta accettabile al problema.
Sotto dittatura, nemmeno le elezioni rappresentanouno strumento significativo di cambiamento politico.Alcuni regimi dittatoriali, come quelli dellex bloccosovietico, ricorsero alle elezioni per darsi una parvenzadi democrazia. Si trattava per di plebisciti rigidamentecontrollati, nei quali gli elettori potevano approvarecandidati gi scelti oculatamente dai dittatori. I dittato-ri sotto pressione possono anche dichiararsi favorevolia nuove elezioni, ma poi le truccano con lintento di
piazzare dei fantocci nei posti chiave del governo. Seallopposizione viene permesso di partecipare concandidati propri, e se infine questi vengono eletti come accadde in Birmania nel 1990 e in Nigeria nel
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Affrontare le dittature in maniera realistica 15
1993 , i risultati vengono semplicemente ignoratie i vincitori sottoposti a intimidazioni, arresti oaddirittura esecuzioni. Ai dittatori non interessa queltipo di elezioni che potrebbe detronizzarli.
Oggi, molti di coloro che soffrono per una dittaturaspietata, o che sono stati costretti allesilio per sfug-girne la morsa, non credono che gli oppressi possano
liberarsi da soli. Si aspettano che la loro gente possaessere salvata solo da altri, confidano in un interventoesterno. Sono convinti che solo un aiuto internazionalepossa rovesciare il regime.
Come abbiamo visto, spesso le popolazioni oppres-se non vogliono lottare (o sono temporaneamente
impossibilitate a farlo) perch non hanno fiducianella propria capacit di affrontare una dittatura senzascrupoli, e non sanno come venirne fuori da sole. quindi comprensibile che in molti casi ripongano neglialtri ogni speranza di salvezza. Queste forze esternepossono essere lopinione pubblica, le Nazioni unite,un paese specifico o sanzioni economiche e politicheinternazionali.
Uno scenario simile pu apparire rassicurante, maesistono importanti controindicazioni. Una tale fiduciapu essere mal riposta. Di solito il liberatore stranieronon arriva; e se lo fa, probabilmente non c da fidarsi.
A questo punto necessario sottolineare qualche
sgradevole verit sullintervento straniero:- spesso i paesi stranieri tollerano, o addirittura appog-
giano, una dittatura per trarre vantaggi economicio politici;
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- i paesi stranieri possono scegliere di tradire un popo-lo oppresso invece di accoglierne le richieste di aiuto;
- alcuni paesi stranieri interverranno contro unadittatura solo per ottenere il controllo economico,politico o militare dello Stato in questione;
- i paesi stranieri possono essere attivamente coinvoltisolo se e quando il movimento di resistenza interno
ha gi cominciato a far vacillare la dittatura e arichiamare lattenzione internazionale sulla naturabrutale di un regime.
In genere le dittature sono generate da un problemadi distribuzione interna del potere. La popolazione
e la societ sono troppo deboli per impensierire ilregime perch ricchezza e potere sono concentratinelle mani di pochi. Sebbene le dittature possanotrarre beneficio o essere in qualche modo indeboliteda interventi internazionali, la loro continuit dipendeprincipalmente da fattori interni.
Tuttavia, le pressioni internazionali possono rivelarsimolto utili se appoggiano un movimento di resistenzainterno piuttosto efficace. In questo caso, il boicottag-gio economico internazionale, lembargo, la rotturadelle relazioni diplomatiche, lespulsione da organiz-zazioni internazionali e la condanna delle Nazioniunite, solo per fare qualche esempio, possono essere
di grande aiuto. In mancanza di un solido movimentodi resistenza interno, per, molto improbabile cheazioni del genere abbiano mai luogo.
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Affrontare le dittature in maniera realistica 17
La dura verit
La conclusione amara. Per abbattere una dittaturanel modo pi efficace e con perdite minime, bisognaintervenire subito su quattro fronti:- rafforzare la determinazione, la sicurezza nei propri
mezzi e la resistenza della popolazione oppressa;
- rafforzare i gruppi sociali indipendenti e le istituzionidi quella stessa popolazione;- creare una potente forza di resistenza interna;- sviluppare e implementare un piano di liberazione.
La lotta per la liberazione costituisce loccasione in cui ilgruppo di oppositori pu rafforzare la propria determi-
nazione. Come dichiar Charles Stewart Parnell durantela campagna di scioperi in Irlanda nel 1879 e 1880:
inutile fare affidamento sul governo... Dovete affidarvisolo alla vostra determinazione... Cavatevela da soli, unite-vi... Rafforzate i deboli tra voi... organizzatevi in gruppi...e vincerete...
Quando vi sar chiaro questo principio, solo allora potreteagire.3
Contro una forza fiduciosa nei propri mezzi, animatada una saggia strategia e da unazione disciplinata ecoraggiosa, la dittatura infine si sgretoler.
La liberazione dalle dittature dipende in ultima
3 Patrick Sarsfield OHegarty,A History of Ireland Under the Union,1880-1922, Methuen, Londra 1952, pp. 490-491.
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analisi dalle risorse interne di un popolo. Gli esem-pi sopra citati di lotta politica nonviolenta giunta abuon fine stanno a indicare lesistenza di strumenti diliberazione; si tratta per di unopzione finora pocoapprofondita. Nei capitoli successivi la esamineremonei dettagli. Tuttavia, prima dovremo considerare lapossibilit di smantellare una dittatura attraverso il
negoziato.
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Secondo capitolo
I pericoli dei negoziati
Di fronte a una dittatura, molti potrebbero scivolarenella sottomissione passiva. Altri, non vedendo alcunaprospettiva di democrazia, sono portati a concludere
che sarebbe meglio venire a patti con il regime, spe-rando di strappare qualche concessione e di porre finealle brutalit attraverso il compromesso e il negoziato.In apparenza, si tratta di una teoria interessante, nelcaso in cui manchino opzioni realistiche.
Uno scontro a muso duro con una dittatura spie-tata non una prospettiva piacevole. Perch bisognaper forza percorrere quella strada? Non possibileassumere un atteggiamento ragionevole e negoziareuna fine graduale della dittatura? Gli oppositori nonpossono richiamarsi allumanit dei dittatori e con-vincerli ad allentare gradualmente la morsa, fino alraggiungimento della democrazia?
Si dice talvolta che la verit sta nel mezzo. Forsei democratici non hanno compreso i dittatori, chepossono aver agito per il meglio in circostanze diffi-cili. O forse, come pensano altri, i dittatori si faranno
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volentieri da parte solo se incoraggiati da una propostafavorevole. Si pu discutere sul fatto che ai dittatori possibile offrire esclusivamente soluzioni in cui loronon abbiano nulla da perdere, e dove tutti ci guada-gnino qualcosa. E sul fatto che i rischi e le sofferenzegenerati dalla lotta non sono necessari, se lopposizionedemocratica intende solo porre fine pacificamente
al conflitto tramite negoziati (condotti da individuicapaci o da un altro governo). Non sarebbe preferibilea uno scontro, anche se portato avanti con metodinonviolenti?
Meriti e limiti dei negoziati
I negoziati sono uno strumento molto utile per risol-vere alcune questioni in seno a un conflitto, e nonvanno trascurati o rifiutati.
In certe situazioni, dove non ci sono in gioco pro-blemi fondamentali e il compromesso perci accet-tabile, i negoziati offrono uno strumento importantedi risoluzione (cosa che avviene, ad esempio, quandodei lavoratori attuano uno sciopero per chiedere unaumento salariale). Tuttavia, i conflitti con i sindacatisono piuttosto diversi da quelli che chiamano in causala sopravvivenza di una dittatura crudele o il raggiun-gimento della libert politica.
Quando la posta in gioco fondamentale e riguardaprincipi religiosi, libert individuali o lintero per-corso di una societ, i negoziati non forniscono unmezzo per raggiungere una soluzione soddisfacente
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tra le parti. Su certi principi non accettabile alcuncompromesso. Solo uno spostamento nelle relazionidi forza a favore dei democratici pu salvaguardareadeguatamente i valori fondamentali in discussione.Un simile spostamento pu avvenire attraverso la lotta,non con i negoziati. Il che non equivale a dire che nonbisogna prenderli in considerazione. Il punto che i
negoziati non sono un modo realistico per rimuovereuna dittatura consolidata in assenza di una potenteopposizione democratica.
Ovviamente, pu anche darsi che i negoziati noncostituiscano nemmeno unopzione. I dittatori arroc-cati nel loro ruolo possono rifiutarsi di negoziare con
lopposizione democratica. Oppure, nel caso i negoziatisiano gi avviati, i rappresentanti democratici possonosparire senza lasciare traccia.
Resa concordata?
I singoli individui e i gruppi che si oppongono alladittatura e auspicano i negoziati spesso hanno ottimeragioni per farlo. Soprattutto quando un conflittomilitare contro un regime feroce dura da anni senzache si sia giunti a una soluzione, comprensibile chetutti, indipendentemente dal credo politico, voglianola pace. I negoziati diventeranno oggetto di discussione
tra i democratici soprattutto in quelle situazioni in cuii dittatori possiedono unevidente superiorit militare edistruzione e vittime civili non sono pi sopportabili.
Ovviamente, lofferta di pace avanzata da un ditta-
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tore allopposizione democratica durante un negoziatosar comunque in malafede. Ogni forma di violenzapotrebbe cessare immediatamente, se solo i dittatorismettessero di sparare sul proprio popolo. E questopotrebbero farlo di loro spontanea volont, senza mer-canteggiare il rispetto per la dignit e i diritti umani;potrebbero liberare i prigionieri politici, fermare le
torture e le operazioni militari, ritirarsi dal governo echiedere perdono alla popolazione.
Quando, pur essendo saldo, un regime deve fare iconti con unirritante resistenza, il dittatore in que-stione pu invitare lopposizione a negoziare una resamascherandola come pace. Una proposta di negozia-
to potrebbe suonare invitante, ma sotto la superficie possibile si celino gravi pericoli.Daltro canto, quando lopposizione eccezional-
mente forte e la dittatura seriamente minacciata, idittatori possono cercare il negoziato con lintentodi salvare quanto pi possibile del loro potere e dellericchezze accumulate. In nessun caso, comunque, idemocratici dovrebbero aiutare il dittatore a raggiun-gere i propri obiettivi, ma dovrebbero diffidare delletrappole deliberatamente insite nella sua proposta dinegoziati. Quando in gioco ci sono valori e libertpolitiche fondamentali, tale proposta pu essere unostratagemma per indurre i democratici ad arrendersi
pacificamente, mentre la violenza della dittatura nonsi ferma. In quel genere di conflitti, i negoziati pos-sono avere un ruolo consono solo al termine di unoscontro decisivo in cui il potere del despota stato di
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fatto azzerato: quando, cio, il suo unico obiettivo quello di ottenere un salvacondotto personale perlaeroporto internazionale.
Forza e legittimit nei negoziati
Se questo giudizio sullefficacia dei negoziati pu
sembrare troppo duro, forse sarebbe meglio moderareun po il romanticismo che li accompagna. Bisognaavere le idee chiare su come funzionano.
Negoziato non significa che due parti si siedonoa un tavolo su basi eque e discutono per risolverele controversie che hanno provocato il conflitto tra
loro. Dobbiamo tenere a mente due cose. Primo, neinegoziati non la legittimit, la fondatezza dei puntidi vista e degli obiettivi per cui si lotta a determinareil risultato dellaccordo. Secondo, il contenuto di unaccordo in larga misura determinato dalla forza diciascuna delle parti in causa.
necessario considerare alcune questioni complesse.Cosa si pu fare quando la controparte non accetta digiungere a un accordo? Cosa si pu fare se, dopo averraggiunto un accordo, la controparte non mantienela parola e sfrutta le forze di cui dispone per ottenerecomunque i propri scopi?
Inoltre, non si raggiunge un accordo valutando
torti e ragioni nelle questioni in oggetto. Per quantose ne possa discutere ampiamente, i veri risultati deinegoziati derivano dalla constatazione della forza rela-tiva e assoluta dei contendenti. Cosa possono fare i
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democratici per accertarsi che le loro richieste basilarinon vengano negate? Cosa possono fare i dittatori perrimanere al potere e neutralizzare i democratici? Inaltre parole, una volta raggiunto laccordo, si tratta piche altro del risultato di una valutazione della forzareciproca, e di una proiezione sugli esiti del conflitto.
Bisogna porre attenzione anche a quanto ciascuna
delle parti disposta a cedere per raggiungere laccor-do. Nei negoziati che si concludono con successo siarriva a un compromesso, a una ricomposizione delledivergenze. Ciascuno ottiene parte di ci che domandae cede parte dei suoi obiettivi.
Nel caso dei regimi pi ferrei, cosa cederanno le forze
democratiche ai dittatori? E quali obiettivi dei dittatorile forze democratiche saranno costrette ad accettare?Lasceranno che i dittatori (siano essi partiti politicio gruppi militari) occupino un ruolo permanente esancito dalla costituzione nel futuro governo? Dovesarebbe la democrazia, in tutto questo?
Anche supponendo che i negoziati procedano bene, necessario chiedersi: che tipo di pace ne risulter?La vita sar migliore o peggiore di quanto sarebbe sei fautori della democrazia continuassero la lotta?
Dittatori gradevoli
Una dittatura pu essere sostenuta da diversi elementie finalizzata a svariati obiettivi: potere, mantenimentodi cariche importanti, ricchezza, riorganizzazione dellasociet e via dicendo. Condizioni che svaniscono se
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i dittatori perdono il controllo. In caso di negoziati,questi ultimi cercheranno dunque di preservarle.
Qualunque sia la parola data dai dittatori nel corsodi un negoziato, ricordatevi che possono prometterequalsiasi cosa pur di garantirsi la sottomissione deiloro avversari democratici, e subito dopo violare sfac-ciatamente gli accordi.
Se i fautori della democrazia acconsentono a porrefine alla resistenza per ottenere un alleggerimentodella repressione, possono andare incontro a cocentidelusioni. Fermare la resistenza conduce molto di radoa una riduzione della repressione. Una volta eliminatala forza restrittiva dellopposizione interna e interna-
zionale, i dittatori possono scatenare una repressioneancora pi violenta. Smantellare la resistenza popolarespesso rimuove le forze che limitavano il controllo ela brutalit della dittatura, lasciando carta bianca aitiranni. Poich il tiranno ha il potere di infliggeresolo ci a cui noi non abbiamo la forza di resistereha scritto Krishnalal Shridharani.1
Per cambiare le sorti dei conflitti in cui sono in giocovalori fondamentali non essenziale il negoziato, mala resistenza. In quasi tutti i casi, per deporre i ditta-tori necessario che essa vada avanti. Molto spesso, ilsuccesso non determinato da un accordo ma dallusosapiente dei metodi di resistenza pi appropriati ed
1 Krishnalal Shridharani, War Without Violence: A Study of GandhisMethod and Its Accomplishments, Harcourt Brace, New York 1939;Rist. Garland Publishing, New York, Londra 1972, p. 260.
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efficaci di cui si dispone. La nostra tesi (che analizze-remo pi avanti nel dettaglio) che lo strumento piefficace in mano a quanti si battono per la libert siala disobbedienza politica, ovvero la lotta nonviolenta.
Che genere di pace?
Se dittatori e sostenitori della democrazia devonoproprio discutere di pace, necessario affrontare ipericoli con la massima lucidit. Non tutti coloro cheutilizzano il termine pace lo intendono come liberte giustizia. La sottomissione a unoppressione crudele eil consenso passivo a dittatori spietati che hanno com-
messo atrocit contro centinaia di migliaia di personenon possono definirsi vera pace. Hitler invocava spessola pace, che lui intendeva come sottomissione alla suavolont. La pace di un dittatore spesso la pace dellaprigione o della tomba.
I mediatori capaci confondono a volte gli obiettividelle trattative con il processo stesso dei negoziati.Inoltre, i negoziatori democratici, o gli esperti stra-nieri che assistono ai negoziati, possono fornire inun sol colpo ai dittatori la legittimazione nazionalee internazionale che prima avevano loro rifiutato acausa delle violazioni dei diritti umani, delle violenzee del possesso assoluto delle istituzioni. Senza quella
legittimazione di cui hanno un disperato bisogno, idittatori non possono continuare a governare in eterno.I promotori della pace perci non dovrebbero fornireloro alcuna legittimazione.
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Le ragioni per sperare
Come abbiamo sostenuto in precedenza, i leaderdellopposizione possono sentirsi costretti a negozia-re perch non ripongono alcuna speranza nella lottaper la democrazia. Ma questo senso di impotenza puessere modificato. Le dittature non sono eterne. La
gente che vive sotto regimi dittatoriali deve vincerela propria debolezza, e ai dittatori non va permessodi rimanere al potere per sempre. Molto tempo fa,Aristotele osservava: ... Oligarchia e tirannide sonole forme di governo pi temporanee... Ovunque, letirannie non sono durate molto.2 Anche le dittaturemoderne sono vulnerabili. La loro debolezza pu esse-
re accentuata fino a sgretolare il potere del dittatore(nel Quarto capitolo esamineremo queste debolezzein dettaglio).
La storia recente mostra la vulnerabilit delle dit-tature e prova che possono crollare in un arco ditempo relativamente breve: mentre per far cadere il
regime comunista polacco ci sono voluti dieci anni(1980-1990), nell89 in Germania Est e in Cecoslo-vacchia sono bastate poche settimane. In El Salvadore in Guatemala, nel 1944, la lotta per rovesciare dueirriducibili dittature militari raggiunse lo scopo inquindici giorni. Il potente regime militare dello Sciin Iran fu scardinato in qualche mese. La dittatura diMarcos nelle Filippine cadde in poche settimane per
2 Aristotele, Politica, libro V, capitolo 12.
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la sommossa popolare del 1986; il governo degli StatiUniti abbandon Marcos al suo destino non appenala forza dellopposizione si fece evidente. Il tentatogolpe in Unione Sovietica nellagosto del 1991 fubloccato in pochi giorni grazie alla resistenza civile.Successivamente, molte delle nazioni dellorbita sovie-tica riacquistarono lindipendenza nel giro di giorni,
settimane o mesi.Lantico preconcetto secondo cui luso della forza
ottiene rapidi risultati mentre con la nonviolenza sispreca sempre tempo non ha alcuna validit. Nono-stante possa servire molto tempo perch si verifichinocambiamenti fondamentali in una determinata situa-
zione o societ, la vera rivolta contro una dittatura sirisolve talvolta relativamente in fretta attraverso lalotta nonviolenta.
I negoziati non sono lunica alternativa a una guerracontinua e devastante da una parte, e alla capitolazio-ne dallaltra. Gli esempi appena citati, come quelliriportati nel Primo capitolo, dimostrano che esisteunaltra opzione per quanti desiderano pace e libert:la ribellione politica.
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Terzo capitolo
Da dove arriva il potere?
Naturalmente non semplice dar vita a una societlibera e pacifica. Servono notevoli capacit strategiche,organizzative e di pianificazione. Soprattutto, serve
il potere. I sostenitori della democrazia non posso-no sperare di abbattere una dittatura e di garantirela libert politica senza essere in grado di esercitarecon efficacia il potere di cui dispongono. Ma come possibile? Che genere di potere pu mobilitare lop-posizione democratica per distruggere la dittaturae la sua vasta rete militare e poliziesca? Le rispostesi trovano in uninterpretazione spesso ignorata delpotere politico. Raggiungere questa intuizione non poi cos complicato: alcune verit fondamentali sonoanzi piuttosto semplici.
La storia del signore delle scimmie
Una parabola cinese di Liu Ji, risalente al XIV secolo,fornisce un esempio piuttosto efficace di questa inter-pretazione trascurata del potere politico:
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Nel feudo di Chu, un vecchio si guadagnava da vivereammaestrando scimmie. La gente del posto lo chiamavaJu Gong (signore delle scimmie).
Ogni mattina, il vecchio radunava le scimmie nel suocortile, e ordinava alla pi anziana di condurre le altre sullemontagne per raccogliere frutta da cespugli e alberi. Ogniscimmia doveva consegnare un decimo del raccolto al vec-chio, questa era la regola. Quelle che non la rispettavano,
venivano frustate senza piet. Tutte le scimmie pativanogravi sofferenze, ma non osavano lamentarsi.
Un giorno, una scimmietta chiese alle compagne: stato il vecchio a piantare gli alberi da frutta e i cespugli?.Le altre risposero: No, sono cresciuti spontaneamente.Allora la scimmietta domand: Non possiamo raccoglierei frutti senza il permesso del vecchio?. E le altre: Certo
che s. La scimmietta prosegu: Allora perch dobbiamodipendere da lui, perch dobbiamo servirlo?.Prima che la scimmietta potesse finire la frase, tutte
le altre scimmie allimprovviso ebbero unilluminazione.Quella notte stessa, mentre il vecchio dormiva, le scim-
mie abbatterono il recinto in cui erano segregate, preseroi frutti che il vecchio aveva in magazzino, li portarono
nella foresta e non fecero pi ritorno. Alla fine, il vecchiomor di fame.Yu Li Zi dice: Ci sono uomini nel mondo che gover-
nano con linganno e non con rettitudine. Non sono forsecome il signore delle scimmie? Non si rendono conto dellapropria confusione mentale. E appena i loro sudditi se neaccorgono, gli inganni non funzionano pi.1
1 Il racconto, in origine intitolato Governare con linganno, con-tenuto in Yu Li Zidi Liu Ji (1311-1375) ed stato tradotto in ingleseda Sidney Tai. Yu Li Zi lo pseudonimo di Liu Ji. La traduzionefu pubblicata per la prima volta in Nonviolent Sanctions: News from
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Da dove arriva il potere? 31
Fonti essenziali del potere politico
Il principio semplice. I dittatori necessitano dellacollaborazione del popolo su cui dominano: senzaquesta collaborazione non possono conquistare emantenere le fonti del potere politico. Tali fontiincludono:
- autorit: la convinzione popolare che il regime sialegittimo e che obbedire sia un dovere morale;
- risorse umane: la quantit e limportanza degli indi-vidui e dei gruppi che obbediscono, collaborano oforniscono assistenza al regime;
- capacit e conoscenza: forniti dai collaborazionisti
singoli e dai gruppi, sono necessari al regime percompiere azioni specifiche;- fattori intangibili: fattori psicologici e ideologici che
possono indurre gli individui a obbedire e aiutarele autorit;
- risorse materiali: il grado in cui le autorit control-lano o hanno accesso a propriet, risorse naturali
e finanziarie, sistema economico e mezzi di comu-nicazione e trasporto;
- sanzioni: punizioni, minacciate o praticate, controi disobbedienti e coloro che non collaborano, perassicurare la sottomissione e lappoggio necessarialla sopravvivenza del regime.
the Albert Einstein Institution, Vol. IV, n. 3 (Inverno 1992-1993),Cambridge, Mass., p. 3.
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Tutte queste fonti dipendono comunque dal con-senso di cui gode il regime, dalla sottomissione edallobbedienza della popolazione e dal sostegno deinumerosi strati sociali e delle varie istituzioni. E nonsono garantite.
La piena collaborazione, lobbedienza e il sostegnoaumenteranno la disponibilit delle risorse e, di con-
seguenza, espanderanno il potere di qualsiasi governo.Daltro canto, lassottigliarsi del consenso popolare
e istituzionale verso gli aggressori e i dittatori inficia(al punto da poterla ridurre drasticamente) la dispo-nibilit delle fonti di potere da cui questi dipendono.
Naturalmente, i dittatori sono sensibili alle azioni
e alle idee che minacciano la loro capacit di fare ciche vogliono, perci sono inclini a minacciare e punirequanti disobbediscono, scioperano o si rifiutano dicollaborare. La storia per non finisce qui. La repres-sione, persino quella pi brutale, non sempre riesce aristabilire il grado di sottomissione e collaborazionenecessario perch il regime continui a funzionare.
Se, nonostante la repressione, le fonti del potere pos-sono essere limitate o recise per un tempo sufficiente,i risultati iniziali possono tradursi in un momento diincertezza e confusione nella dittatura. Che proba-bilmente porter a un evidente indebolimento delsuo potere. Nel tempo, il blocco delle fonti di potere
pu comportare la paralisi del regime, riducendoloallimpotenza; e, nei casi pi estremi, provocandonela disintegrazione. Prima o poi, il potere del dittatoremorir di fame politica.
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Da dove arriva il potere? 33
Il livello di libert o di tirannide in qualsiasi formadi governo, quindi, soprattutto un riflesso dellarelativa determinazione degli individui a essere liberi,e della loro volont e capacit di resistere ai tentatividi schiavizzarli.
Contrariamente allopinione popolare, persino itotalitarismi dipendono dalla popolazione e dalla
societ su cui esercitano il loro potere. Come scrisseil politologo Karl W. Deutsch nel 1953:
Il potere totalitario saldo solo se non devessere utilizzatocon troppa frequenza. Se invece bisogna usarlo tutte levolte contro tutta la popolazione, difficilmente avr vitalongeva. Dato che i regimi totalitari richiedono pi pote-
re rispetto ad altre forme di governo per occuparsi degliindividui, essi necessitano anche di un maggior grado diaccondiscendenza tra la popolazione; inoltre, in caso dibisogno devono poter contare sul sostegno attivo di stratisignificativi della popolazione.2
John Austin, filosofo e giurista inglese del XIX secolo,
descrisse la situazione di una dittatura alle prese conuna popolazione scontenta. Austin argomentava chese la maggior parte della popolazione era determinataa distruggere il governo anche a costo di subirne larepressione, allora il potere del governo e dei suoi soste-nitori non avrebbe potuto preservare lodiato regime
2 Karl W. Deutsch, Cracks in the Monolith, in Carl J. Friedrich(a cura di), Totalitarianism, Harvard University Press, Cambridge,Mass. 1954, pp. 313-314.
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nemmeno se questo avesse ricevuto aiuto dallestero.Austin concludeva che la popolazione ribelle nonpoteva essere costretta di nuovo allobbedienza.3
Niccol Machiavelli, molto prima di lui, avevaosservato come il principe che ... ha per nimico luni-versale non si assicura mai, e quanta pi crudelt usatanto pi debole diventa il suo principato.4
Lapplicazione politica pratica di queste osservazionifu dimostrata dagli eroici partigiani norvegesi che sibattevano contro loccupazione nazista e, come citatonel Primo capitolo, dai coraggiosi polacchi, tedeschi,cechi, slovacchi (e molti altri ancora) che si opposero algiogo comunista in Europa e che, infine, ne favorirono
la caduta. Ovviamente non si tratta di un fenomenonuovo: casi di resistenza nonviolenta risalgono fino al494 a.C., quando i plebei si rifiutarono di collaborarecon i loro padroni patrizi romani.5 La lotta nonviolenta stata utilizzata in epoche diverse dalle popolazionidi tutto il pianeta.
Quindi, tre dei fattori pi importanti per stabilirea quale livello il potere di un governo pu essere con-trollato o no sono: (1) il desiderio della popolazionedi imporre limiti al potere del governo; (2) laforzadi
3 John Austin, Lectures on Jurisprudence or the Philosophy of PositiveLaw, quinta edizione, rivista e corretta da Robert Campbell, Vol.
I, John Murray, Londra 1911, p. 296.4 Niccol Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio,Einaudi, Torino 2000.5 Per altri esempi storici si veda Gene Sharp, The Politics of Nonviolent
Action, Porter Sargent, Boston, 1973, p. 75 e passim.
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cui dispongono le organizzazioni e le istituzioni socialiindipendenti quando si tratta di bloccare congiunta-mente le fonti del potere; (3) lacapacitdella popola-zione di negare il proprio consenso e il proprio aiuto.
I centri del potere democratico
Una delle caratteristiche della societ democratica lesistenza al suo interno di una moltitudine di gruppi eistituzioni indipendenti e non governativi, per esempiofamiglie, organizzazioni religiose, associazioni culturali,circoli sportivi, istituzioni economiche, sindacati, asso-ciazioni studentesche, partiti politici, villaggi, gruppi
di quartiere, circoli di giardinaggio, organizzazioni peri diritti umani, gruppi musicali, societ letterarie e viadicendo. Oltre che nel raggiungere gli scopi per cuisono nati, questi organismi svolgono una funzioneimportante nellandare incontro a quelle che sono leesigenze sociali.
Inoltre, rivestono un importante significato poli-tico. Forniscono infatti basi istituzionali e collettiveattraverso cui le persone possono esercitare la propriainfluenza sulla direzione che dovrebbe prendere lasociet e resistere ad altri gruppi o al governo quan-do questi limitano ingiustamente i loro interessi o leloro attivit. I singoli individui che non fanno parte
di tali gruppi di solito non sono in grado di produrreun impatto significativo sulla societ, e ancora menosu un governo; figuriamoci dunque su una dittatura.
Di conseguenza, se i dittatori riescono a sottrarre
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autonomia a questi organismi, la popolazione rimanesenza difese. Inoltre, se queste istituzioni vengonoassoggettate al regime centrale o sostituite da altrecontrollate, possono essere sfruttate per dominare siasingoli individui sia interi settori della societ.
Al contrario, se riescono a mantenere o a riconqui-stare la loro autonomia, queste istituzioni rappresenta-
no uno strumento di grande valore per la messa in attodella ribellione politica. La caratteristica comune degliesempi citati, in cui le dittature sono state abbattuteo indebolite, stata la coraggiosa adozione di massadella ribellione politica da parte della popolazione edelle istituzioni che la compongono.
Come abbiamo visto, questi centri di potere forni-scono le basi istituzionali tramite cui la popolazionepu esercitare pressione o resistere al controllo ditta-toriale. In futuro, saranno una parte indispensabiledella struttura su cui fondare una societ libera. Laloro crescita costante e indipendente perci spesso unprerequisito per il successo nella lotta di liberazione.
Se la dittatura riuscita a distruggere o a control-lare gli organismi indipendenti della societ, sarimportante per la resistenza creare nuovi gruppisociali e istituzioni autonome, oppure ristabilire unatutela democratica su quelli sopravvissuti o ancoraparzialmente sotto controllo. Durante la rivoluzione
ungherese del 1956-57, per qualche settimana fiorspontaneamente una moltitudine di consigli demo-cratici uniti nella creazione di un sistema federale diistituzioni. In Polonia, alla fine degli anni Ottanta, i
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lavoratori mantennero in vita sindacati illegali comeSolidarnosc e, in certi casi, acquisirono il controllodei sindacati ufficiali dominati dai comunisti. Similisviluppi istituzionali possono avere conseguenze poli-tiche molto importanti.
Certo, niente di tutto questo significa che indebo-lire e abbattere le dittature sia una cosa semplice, e
nemmeno che ogni tentativo si concluder con esitopositivo. Di sicuro, non significa che la lotta sar privadi vittime, dal momento che i sostenitori del regimereagiranno per riportare la popolazione allobbedienza.
Tuttavia, questa visione del potere ci dice che abbattereuna dittatura possibile. Le dittature possiedono carat-
teristiche specifiche che le rendono particolarmentevulnerabili di fronte a una ribellione politica abilmentecondotta. Vediamo quali sono nel dettaglio.
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Quarto capitolo
I punti deboli delle dittature
Il pi delle volte, le dittature appaiono invulnerabili.Servizi segreti, polizia, forze armate, prigioni, campidi concentramento e plotoni desecuzione sono in
mano a pochi potenti. Le finanze di un paese, le risor-se naturali e gli impianti di produzione spesso sonoarbitrariamente depredati dai dittatori e sfruttati persostenere le loro volont.
In confronto, le forze di opposizione democraticaappaiono estremamente deboli, inefficaci e inermi.Questo tipo di percezione impedisce la creazione diunopposizione adeguata.
Solo che le cose non stanno proprio cos.
Individuare il tallone dAchille
Un mito dellantica Grecia illustra molto bene la vulne-
rabilit dei cosiddetti invincibili. Nessun colpo di spadapoteva penetrare la pelle del guerriero Achille. Ancorain fasce, sua madre lo bagn nelle acque magiche delfiume Stige, e cos il suo corpo risult protetto da qual-
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siasi pericolo. Cera per un problema. Dal momentoche il piccolo Achille venne tenuto per il tallone, cosche il fiume non lo trascinasse via, lacqua non arriva coprire quellunica, piccola parte del suo corpo.Una volta adulto, Achille sembrava invulnerabile allearmi del nemico. Tuttavia, durante la guerra di Troia,una freccia lo centr sul tallone uccidendolo. Ancora
oggi, il tallone dAchille indica il punto debole diuna persona, di un piano o di unistituzione controcui un attacco pu risultare fatale.
Possiamo applicare lo stesso principio alle dittature.Anchesse possono essere sconfitte, ma pi rapidamen-te e con meno vittime se il loro punto debole viene
identificato e reso oggetto di un attacco mirato.
Punti deboli delle dittature
Le dittature presentano dei punti deboli:1. La collaborazione di una moltitudine di persone,
gruppi e istituzioni necessari per far funzionare ilsistema pu essere limitata o bloccata.
2. Le esigenze e i risultati delle vecchie politiche delregime limitano la sua capacit di adottare e imple-mentare indirizzi conflittuali nel corso del tempo.
3. Le operazioni del sistema possono diventare inun certo modo routinarie, pressoch incapaci di
adattarsi rapidamente a nuove situazioni.4. Personale e risorse gi allocate per obiettivi esi-
stenti non saranno facilmente reperibili per nuoveesigenze.
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5. Subordinati spaventati o scontenti dei loro supe-riori potrebbero stilare rapporti poco accurati opassare informazioni incomplete (sulla cui base,poi, i dittatori prendono delle decisioni).
6. Lideologia pu corrodersi, cos come miti e simbolidel sistema possono rivelarsi instabili.
7. Se la prospettiva sulla realt influenzata pesan-
temente dalla carica ideologica, la decisa aderenzaa questultima pu causare disattenzione versocondizioni ed esigenze reali.
8. Il deterioramento della burocrazia o il ricorso acontrolli e regole eccessive possono rendere inef-ficaci le politiche e le operazioni del regime.
9. Conflitti istituzionali interni, rivalit e ostilitpersonali possono danneggiare, se non sconvolgere,lesercizio della dittatura.
10. Intellettuali e studenti possono diventare irrequietiin reazione a determinate condizioni, restrizioni,allindottrinamento e alla repressione.
11. La popolazione, nel corso del tempo, pu rivelarsiapatica, scettica e persino ostile nei confronti delregime.
12. Le differenze regionali, di classe, culturali o nazio-nali possono acuirsi.
13. La gerarchia al potere nelle dittature sempreinstabile, a volte in maniera estrema. Non solo i
funzionari non avanzano mai di grado, ma pos-sono essere promossi o degradati, oppure rimossie sostituiti da altri.
14. Settori della polizia o dellesercito possono agire
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per raggiungere i loro obiettivi, persino controla volont dei dittatori, fino a ordire un colpo diStato.
15. Se la dittatura si instaurata da poco, ha bisognodi tempo per consolidarsi.
16. Considerata la mole di decisioni appannaggio dipochi, errori di valutazione possono occorrere con
facilit.17. Se il regime cerca di evitare questi pericoli e decen-
tra gli organismi di controllo e decisionali, la suamorsa sulle leve centrali del potere pu essereulteriormente intaccata.
Colpire i punti deboli delle dittature
Una volta a conoscenza delle debolezze del regime,lopposizione democratica pu cercare deliberatamen-te di aggravare questi talloni dAchille per alteraredrasticamente il sistema o abbatterlo.
La conclusione, dunque, chiara: nonostante laforza apparente, tutte le dittature presentano debolezze,inefficienze interne, rivalit personali, mancanze isti-tuzionali e conflitti tra organizzazioni e dipartimenti.Queste debolezze, nel corso del tempo, infiacchisconolefficacia del regime e lo rendono vulnerabile a cam-biamenti e movimenti di resistenza. Non tutto ci
che si prefigge un regime giunge a compimento. Peresempio, a volte persino gli ordini diretti di Hitlernon trovarono applicazione perch i suoi sottopostisi rifiutarono di eseguirli.
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Ci non significa che le dittature possano esseredistrutte senza rischi e perdite. Ogni linea di azioneimplica una certa dose di pericoli e di possibili sof-ferenze, oltre al tempo per metterla in atto. N pugarantire un rapido successo. Tuttavia, il genere dilotta che prende di mira le debolezze individuate nelladittatura ha pi probabilit di successo di quella che
cerca di colpirla l dove pi forte. La questione comedebba essere condotto lo scontro.
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Quinto capitolo
Esercitare il potere
Nel Primo capitolo abbiamo visto come la resistenzamilitare contro le dittature non le colpisca dove sonopi deboli ma, piuttosto, nel loro punto di forza.
Scegliendo di misurarsi contro lesercito che pucontare su depositi di munizioni, tecnologia bellicae via dicendo i movimenti di resistenza tendono amettersi in una posizione di svantaggio. In quel campo,le dittature saranno sempre in grado di disporre dirisorse superiori. Abbiamo anche sottolineato il pericolodi affidarsi a potenze straniere. Nel Secondo capitoloabbiamo poi esaminato i problemi insiti nei negoziati.
Allora, quali sono i mezzi in grado di avvantaggiarela resistenza democratica e infiacchire ulteriormentequelli che sono stati individuati come i punti debolidelle dittature? Quale tipo di azione capitalizzer lateoria del potere politico affrontata nel Terzo capitolo?
La scelta alternativa la ribellione politica, la qualepresenta le seguenti caratteristiche:- non accetta che lesito sia deciso dai metodi di lotta
scelti dalla dittatura;
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- difficile da combattere per un regime;- pu solo accentuare le debolezze della dittatura e
tagliare le sue fonti di potere;- la sua azione pu essere vasta oppure concentrata
su un obiettivo specifico;- spinge i dittatori a commettere errori di valutazione
e a prendere decisioni sbagliate;
- pu coinvolgere nella lotta linsieme della popola-zione, i gruppi e le istituzioni sociali;
- aiuta a distribuire efficacemente il potere, aumen-tando la possibilit di stabilire e mantenere unasociet democratica.
I meccanismi della lotta nonviolenta
Come la forza militare, la ribellione politica pu essereutilizzata per scopi differenti: per influenzare le deci-sioni avversarie, per creare le condizioni favorevoli auna risoluzione pacifica del conflitto, o per abbattereil regime avverso. In ogni caso, la ribellione politicafunziona in tuttaltro modo rispetto alla violenza.Sebbene siano entrambe strumenti di lotta, i mezzicon cui si esprimono e gli esiti che generano sonodel tutto diversi. I metodi e i risultati del conflittoviolento sono sotto gli occhi di tutti. Le armi si usanoper intimidire, ferire, uccidere e distruggere.
La lotta nonviolenta un metodo molto pi com-plesso. Si combatte con armi psicologiche, sociali,economiche e politiche imbracciate dalla popolazionee dalle istituzioni sociali. Armi conosciute con nomi
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diversi: proteste, scioperi, disobbedienza civile, boi-cottaggio, disaffezione e potere al popolo. Come gimesso in evidenza, i governi sono in grado di reggeresolo finch riforniti delle necessarie fonti di potereanche grazie alla cooperazione, alla sottomissione eallobbedienza della popolazione e delle istituzioni.La ribellione politica, a differenza della violenza, serve
esclusivamente a recidere il flusso di queste fonti.
Armi della nonviolenza e disciplina
Lerrore comune delle vecchie campagne improvvisatedi ribellione politica quello di fare affidamento su
uno o due metodi, come gli scioperi e le manifesta-zioni di massa. In realt, ne esistono tantissimi altriche permettono agli strateghi della resistenza di con-centrare o disperdere la lotta in base alla contingenzadel momento.
Sono almeno duecento le tecniche di azione non-violenta, classificate in tre categorie principali: pro-testa e persuasione, non collaborazione e intervento.I metodi di protesta e persuasione nonviolenta sonoin gran parte dimostrazioni simboliche, come sfilate,marce e veglie (54 in tutto). La non collaborazionesi divide in tre sottocategorie: (a) non collaborazionesociale (16 metodi), (b) non collaborazione economica,
compreso il boicottaggio (26 metodi) e gli scioperi(23 metodi), e (c) non collaborazione politica (38metodi). Le forme di intervento nonviolento attraversomezzi psicologici, fisici, sociali, economici o politici,
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come loccupazione rapida e nonviolenta e il governoparallelo (41 metodi), costituiscono il gruppo finale.Un elenco di 198 metodi incluso come Appendicein questa pubblicazione.
Lutilizzo di gran parte di questi metodi scelti ocu-latamente, applicati con persistenza su larga scala, eser-citati da civili addestrati nel contesto di una strategia
avveduta e con tattiche appropriate probabilmentein grado di causare problemi seri a qualsiasi regimeillegittimo. E funziona con le dittature di ogni tipo.
A differenza della forza militare, i metodi di lottanonviolenta possono focalizzarsi direttamente sullequestioni in gioco. Per esempio, dal momento che la
questione della dittatura principalmente politica, leforme politiche di lotta nonviolenta saranno cruciali.Tra queste, particolare rilevanza avranno il rifiuto dilegittimare i dittatori e la non collaborazione con illoro regime. La non collaborazione inoltre appli-cabile anche contro politiche specifiche. Forme dinegligenza e di temporeggiamento possono talvoltaessere praticate in silenzio o furtivamente, mentrealtre volte la disobbedienza palese, le manifestazionidi massa e gli scioperi possono essere portati avantisotto gli occhi di tutti.
Daltra parte, se la dittatura vulnerabile alle pres-sioni economiche o se le lamentele della popolazione
hanno natura economica, unazione che intervengasullo stesso piano (come boicottaggio o scioperi) rap-presenta un metodo di resistenza appropriato. Gli sforzidei dittatori volti a sfruttare lapparato economico
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potrebbero trovarsi costretti a fronteggiare scioperigenerali, rallentamenti di produzione e il rifiuto difornire sostegno da parte di esperti indispensabili(o la loro scomparsa). Il ricorso selettivo a vari tipidi sciopero pu essere praticato in momenti chiavedel processo produttivo, nel settore dei trasporti, nelrifornimento delle materie prime e nella distribuzione
dei prodotti.Alcune tecniche di lotta nonviolenta richiedono,
a chi li pratica, gesti slegati dalla normale condottaquotidiana, come distribuire volantini, dirigere gior-nali clandestini, sottoporsi a scioperi della fame opartecipare a sit-in. Per alcuni si tratta di metodi poco
consoni a cui aderire, tranne che in situazioni estreme.Altri metodi di lotta nonviolenta non implicanoinvece cambiamenti radicali nello stile di vita, cherimane per lo pi immutato, sebbene con qualchedifferenza. Per esempio, presentarsi al lavoro invece discioperare, ma scegliendo di lavorare pi lentamentedel solito o meno coscienziosamente. Commettereerrori con pi frequenza, oppure dichiararsi malatoo inabile in certi frangenti. Oppure ancora, rifiutarsisemplicemente di lavorare. Si pu presenziare a fun-zioni religiose quando queste assumono anche unaconnotazione politica, oppure proteggere i propri figlidalla propaganda attraverso unistruzione casalinga o la
frequenza di classi illegali. Ci si pu rifiutare di iscriversia organizzazioni consigliate oppure obbligatorie, acui prima di quel momento non si aderiva di propriainiziativa. Svolgere attivit molto simili a quelle com-
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piute di solito dalle persone, senza discostarsi troppodalla normale condotta quotidiana, per alcuni facilitala partecipazione alla lotta nazionale di liberazione.
Dal momento che la lotta nonviolenta e la violenzaagiscono in modo completamente diverso, persino unalimitata resistenza violenta durante una campagna diribellione politica pu risultare controproducente, visto
che porter il piano dello scontro su un livello in cui ilpotere dei dittatori soverchiante (il ricorso alle armi).La disciplina della nonviolenza cruciale per il successoe deve essere mantenuta nonostante le provocazioni ele brutalit commesse dai dittatori e dai loro agenti.
Il mantenimento della disciplina nonviolenta contro
avversari violenti facilita loperato dei quattro tipi dicambiamento esposti di seguito. La disciplina dellanonviolenza anche estremamente importante nelprocesso del ju-jitsu politico. In questo processo, lacieca brutalit del regime contro i praticanti dellanonviolenza si ritorce sui dittatori, suscitando dissensotra i fedelissimi e alimentando il sostegno verso laresistenza tra la popolazione, i sostenitori abituali delregime e le terze parti.
Tuttavia, in certi casi luso limitato della violenzacontro la dittatura potrebbe essere inevitabile. Fru-strazione e odio contro il regime possono trovare talesbocco. Oppure, alcuni gruppi possono mostrarsi restii
ad abbandonare la violenza malgrado riconoscanolimportanza della lotta nonviolenta. In questi casi, nonbisogna accantonare la ribellione politica. Sar pernecessario separare il pi possibile lazione violenta da
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quella nonviolenta. Ci dovrebbe avvenire in base aparametri geografici, o che riguardano i gruppi dellapopolazione, le opportunit e i valori in gioco. Altri-menti, la violenza potrebbe avere un effetto disastrososullintera lotta di liberazione.
Le cronache storiche rivelano che sebbene ci si debbaaspettare morti e feriti tra quanti la praticano, questi
saranno comunque meno numerosi che in uno scontromilitare aperto. Inoltre, si tratta di un tipo di lotta chenon alimenta il ciclo infinito di omicidi e brutalit.
La lotta nonviolenta richiede (e tende a produrre),se non la sconfitta di ogni paura verso il governo e lasua violenta repressione, almeno un controllo maggiore
su di essa. La scomparsa o il controllo della paura unelemento fondamentale nel disgregamento del poteredei dittatori sulla popolazione.
Trasparenza, segretezza e standard elevati
Segretezza, sotterfugi e complotti clandestini pon-gono seri problemi a un movimento di resistenzanonviolento. Spesso impossibile tenere alloscurola polizia politica e i servizi segreti dei propri pianie delle proprie intenzioni. Dal punto di vista delmovimento, la segretezza non solo radicata nellapaura, ma contribuisce a rafforzarla, scoraggiando cos
lo spirito della resistenza e riducendo il numero deipartecipanti alle azioni. Pu anche generare sospettie accuse, spesso ingiustificate, allinterno del movi-mento stesso verso potenziali informatori o agenti del
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regime. La segretezza pu inficiare la capacit di unmovimento di praticare la nonviolenza. Al contrario,la trasparenza sui propri propositi e i propri disegninon solo avr leffetto opposto, ma trasmetter unim-magine di estrema solidit. Il problema certo picomplesso, ed esistono importanti aspetti delle attivitdi resistenza che richiedono segretezza. Serve dunque
una valutazione precisa, situazione per situazione, daparte di quanti conoscono le dinamiche della lottanonviolenta e i mezzi a disposizione della dittatura.
La stesura, la stampa e la distribuzione di pubblica-zioni clandestine, le trasmissioni radiofoniche illegalie la raccolta di informazioni sulle operazioni della
dittatura rientrano in quel genere di attivit specialilimitate per cui richiesto un certo grado di segretezza.Il mantenimento di standard elevati di comporta-
mento nellazione nonviolenta necessario in tuttele fasi del conflitto. Per questo servono coraggio eosservanza della disciplina nonviolenta. Per ottenereparticolari cambiamenti necessario contare su unampio numero di partecipanti. Tuttavia, possibileraggiungere una quota di attivisti affidabili solo pre-servando gli standard elevati del movimento.
Cambiare i rapporti di forza
Gli strateghi del movimento devono tenere a menteche il terreno su cui praticare la ribellione politica in continuo divenire, soggetto cio a una costanteinterazione di mosse e contromosse. Niente statico.
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I rapporti di forza sono esposti a incessanti e rapidislittamenti. E questo grazie alla perseveranza degliattivisti nel portare avanti la lotta nonviolenta mal-grado la repressione.
In questo genere di confronto, gli equilibri di forzavariano in maniera pi repentina e accentuata che neiconflitti violenti, con conseguenze politiche di volta in
volta diverse. Per effetto di questi mutamenti, le sin-gole azioni della resistenza possono avere risultati chevanno ben oltre il luogo e il momento in cui vengonocompiute e che possono rafforzare o indebolire unao laltra fazione in lotta. Per esempio, una resistenzanonviolenta disciplinata e coraggiosa alle brutalit
dei dittatori pu seminare disagio e disaffezione tra isoldati, rendendoli inaffidabili e nei casi pi estremi portandoli persino allammutinamento. Questo tipodi resistenza pu anche portare alla condanna inter-nazionale del regime. Inoltre, il ricorso alla ribellionepolitica disciplinata e costante pu incrementare ilcoinvolgimento nella resistenza di coloro che di soli-to avrebbero tacitamente sostenuto i dittatori, o cheavrebbero preferito mantenere una posizione neutrale.
Quattro tipi di cambiamento
La lotta nonviolenta produce quattro tipi di cambia-
mento. Il primo il meno probabile, nonostante sisia verificato. Quando i membri del gruppo avversariosono toccati dalla sofferenza causata dalla repressionecontro chi porta avanti coraggiosamente la lotta non-
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violenta, oppure si convincono razionalmente che lacausa per cui questi ultimi lottano sia giusta, possonoarrivare a condividere gli scopi della resistenza. Questomeccanismo si chiamaconversione. Sebbene si sianoregistrati casi di conversione allazione nonviolenta,sono comunque rari e non su larga scala.
Molto pi spesso, la lotta nonviolenta opera modi-
ficando la situazione del conflitto e la societ, al puntoche gli avversari non possono pi fare ci che vogliono. questo genere di cambiamento che origina gli altritre meccanismi: adattamento, coercizione nonviolentae disintegrazione. Quale di questi si verifichi, dipen-der dal grado in cui i rapporti di forza si spostano a
favore dei democratici.Se la posta in gioco non troppo alta, se le richiestedellopposizione in una campagna di portata limitatanon sono percepite come una minaccia e se la disputatra le forze ha alterato solo parzialmente gli equilibri,il conflitto pu chiudersi con il raggiungimento di unaccordo, un appianamento delle divergenze tra le duefazioni o un compromesso. Questo meccanismo defi-nito adattamento. Per esempio, molti scioperi vengonoorganizzati su questo modello: le due parti raggiungonoparzialmente i loro obiettivi, ma nessuna vede esauditetutte le richieste. Un governo pu percepire un accordocome un espediente per ricavare benefici (un calo della
tensione, ad esempio), creare limpressione di equite dare una ripulita allimmagine internazionale del regi-me. Perci, importante che la scelta degli argomentida discutere sia compiuta con grande attenzione, se si
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vuole ottenere un accordo accettabile. Certo che intal modo la dittatura non viene rovesciata.
La lotta nonviolenta pu risultare molto pi effi-cace. La non collaborazione e la ribellione politica dimassa sono in grado di alterare le situazioni socia-li e politiche, soprattutto i rapporti di forza, tantoda privare la dittatura della capacit di controllare i
processi economici, sociali e politici di governo. Laforza militare del regime pu rivelarsi inaffidabile alpunto che i soldati si rifiutano di obbedire allordinedi sopprimere le proteste. Anche se i capi del regimemantengono il loro ruolo e i loro obiettivi originari,la loro capacit di azione molto ridotta. Questa
ci che si definisce coercizione nonviolenta.In alcune situazioni estreme, le condizioni che sfo-ciano nella coercizione nonviolenta subiscono unaspinta ulteriore. La leadership del regime perde di fattoqualsiasi capacit di reagire, e la struttura di potere sucui si fonda finisce per crollare. La resistenza diventacos solida che agli avversari non rimane neppureuna parvenza del controllo che esercitavano. I soldatie la polizia del regime si ribellano, i sostenitori e lapopolazione ripudiano i loro ex governanti, negandoloro qualsiasi diritto a regnare. Lantica sottomissionee il sostegno vengono meno. Il quarto tipo di cam-biamento, ladisintegrazionedel sistema imposto dal
regime, cos completo da non lasciare alla dittaturanemmeno pi la forza di arrendersi. Il regime crollasemplicemente a pezzi.
necessario tenere a mente questi quattro mecca-
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nismi, nel pianificare una strategia per la liberazione.A volte agiscono solo per puro caso. Tuttavia, la sceltadi uno o pi di questi meccanismi nel corso di unconflitto render possibile elaborare strategie di rin-forzo specifiche. La scelta dipender da molti fattori,tra cui i rapporti di forza tra le fazioni in conflitto,latteggiamento e gli obiettivi del gruppo nonviolento.
Ribellione politica e democratizzazione
In contrasto con leffetto accentratore delle sanzioniviolente, il ricorso alla lotta nonviolenta favorisce sottomolti aspetti la democratizzazione della societ politica.
Un aspetto di questo effetto di democratizzazione negativo. Rispetto alluso della forza militare, questatecnica non fornisce strumenti di repressione control-lati da unlite al potere in grado di rivolgerli controla popolazione per stabilire e mantenere la dittatura.I capi di un movimento di ribellione politica possonoesercitare una certa influenza e spronare i loro seguaci,ma non possono imprigionarli o giustiziarli in casodi dissenso.
Un altro aspetto della democratizzazione positi-vo. La lotta nonviolenta fornisce alla popolazione glistrumenti di resistenza che possono essere utilizzati perraggiungere e difendere le loro libert contro dittatori
presenti o futuri. Di seguito, alcuni effetti positivi dellademocratizzazione conseguiti con la lotta nonviolenta:- lesperienza nellapplicazione della lotta nonviolenta
pu determinare una maggiore sicurezza nella popo-
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lazione contro le minacce del regime e la repressioneviolenta;
- la lotta nonviolenta fornisce gli strumenti di noncollaborazione e rifiuto allobbedienza con cui la popo-lazione pu resistere a un controllo antidemocratico;
- la lotta nonviolenta pu essere usata per affermarela pratica di libert democratiche (quali libert di
parola e di stampa, creazione di organizzazioniindipendenti e libert di assemblea) in contrastocon le misure repressive di un governo dittatoriale;
- la lotta nonviolenta contribuisce decisamente allasopravvivenza, alla rinascita e al rafforzamento digruppi e istituzioni indipendenti, utili a limitare le