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Dal sell in al sell out I FORUM DI LARGO CONSUMO Estratto da Largo Consumo n. 7-8/2013 Le trattative solo di prezzo hanno distrutto valore. Si sperimentano processi di fornitura basati su obiettivi concordati e performance misurabili. Condividere l'informazione è centrale. . © Editoriale Largo Consumo srl PROCESSO DI ACQUISTO

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Le trattative solo di prezzo hanno distrutto valore.Si sperimentano processi di fornitura basati

su obiettivi concordati e performance misurabili.Condividere l'informazione è centrale. .

© Editoriale Largo Consumo srl

PROCESSO DI ACQUISTO

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DISTRIBUZIONE

a guerra dei prezzi, innescata alcuni anni fa dalle inse-gne food e non food nel tentativo di venire incontro aun consumatore che stava perdendo potere di acquisto,ha distrutto valore per retailer e marche. Ciò ha contri-

buito a diffondere la consapevolezza che logiche muscolari,basate sulla sola negoziazione di prezzo, non siano la rispostaal rilancio delle imprese, e siano del tutto inadeguate a rispon-dere con tempestività alle oscillazioni della domanda.Se è vero che la cultura del sell in è tuttora maggioritaria pressogli uffici acquisti del retail, ma anche presso molta forza vendi-te dell'industria, si fa strada sperimentalmente la maggiore pro-pensione a guardare al sell out. Potremmo dire, dal "quanto co-sta questo prodotto?" al "quanto venderà?". L'uovo di Colom-bo? Non è così semplice. Infatti, questa diversa prospettiva pre-vede, sin dall'origine, la condivisione degli obiettivi (in genere,lo sviluppo della categoria), lo scambio tra le parti di informa-zioni strutturate e facilmente utilizzabili, e soprattutto processiche definiscano responsabilità e prestazioni misurabili.Nella logica degli approvvigionamenti collaborativi, il contrat-to è quindi solo il punto di partenza della relazione, e parteci-pano attivamente al processo di acquisto anche le altre funzio-ni, come per esempio la logistica, l'amministrazione o ict. Que-sti temi oggi assumono un nuovo significato, alla luce dellescarse opzioni disponibili per rivitalizzare mercati sofferenti.

GS1 ITALY: LA TRUSTED SOURCE OF DATASu questi temi Largo Consumo ha ritenuto di promuovere

un incontro tra direttori acquisti del retail in collaborazio-ne con GS1 Italy Indicod-Ecr e moderato dal nostro gior-nalista Armando Garosci, per sviluppare una riflessionesul tema "Costruire relazioni durevoli con i fornitori", dicui vi diamo conto. La sintesi video può essere vista sul ca-

L

nale Tv della rivista www.youtube.com/largoconsumo.Andrea Ausili, project manager di GS1 Italy Indicod-Ecr, ha

aperto i lavori sottolineando che la centralità dell’informazionee la necessità di un approccio collaborativo tra le imprese sonodati ormai acquisiti. Quello che sta mutando è «il perimetro diazione di GS1 e delle 35.000 aziende associate, complice latecnologia che abilita nuove azioni e attività, rendendo fra l’al-tro sempre più sfumata la differenza tra on line e off line.L’obiettivo di fondo è creare un rapporto di fiducia tra il consu-matore, sempre più supportato da tecnologie abilitanti e allaricerca di informazioni che spesso non trova o non sono corret-te, e le aziende». Non a caso, la gestione del “big data”, ovverola mole di info di cui le imprese dispongono, oggi è uno deitemi centrali del management. «Le informazioni – ha spiegatoAusili – devono arrivare al consumatore: le aziende devonoquindi attrezzarsi per fornirle». Nasce da qui GS1 Source. «Sitratta di un’infrastruttura cui ci siamo dedicati in questi ultimimesi, sulla quale i titolari dei marchi vanno a collezionareinformazioni sui prodotti, che diventeranno patrimonio dei con-sumatori che ne faranno richiesta, sfruttando i device a lorodisposizione. Abbiamo così introdotto il concetto di “trustedsource of data”, che indica come a essere certificata sia propriola fonte delle informazioni, ovvero il titolare del prodotto». Varicordato che, al momento, GS1 Source è focalizzato sul mon-do food. Un altro strumento su cui l’organizzazione punta mol-to è il Catalogo elettronico, lo standard per la sincronizzazionedelle anagrafiche di prodotto tra fornitori e retailer. «Essere alli-neati sulle informazioni riguardanti le merci scambiate convie-ne, perché su di esse si basano tutti i processi interaziendali.Ogni disallineamento porta a inevitabili inefficienze».

GS1 nei mesi scorsi ha condotto uno studio chiamato “DataCrunch”: una fotografia dello stato dell’arte delle informazionitra aziende partner. «Lo studio, già condotto in altri Paesi, por-ta a confrontare – ha esordito Federico Mittersteiner, globaldata synchronisation network specialist di GS1 Italy – unaserie di attributi appartenenti alle anagrafiche fornite su basevolontaria da alcuni produttori (Conserve Italia, Ferrero,Kraft e Procter & Gamble) e retailer (Auchan, Coop e

Dal sell in al sell out

PROCESSO DI ACQUISTO

Le trattative solo di prezzo hanno distrutto valore. Si sperimentano processi di fornitura basatisu obiettivi concordati e performance misurabili. Condividere l'informazione è centrale.

di Leonardo Rastelli e Armando Garosci

I FORUM

DI LARGO CONSU

MO

�Approfondimenti:“Come cambia la funzione acquisti” http://tinyurl.com/acquistiART

LARGO CONSUMO n. 7-8/2013

Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti allatavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo

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4 LARGO CONSUMO n. 7-8/2013

Sisa). A loro abbiamo chiesto di estrarre cento anagrafiche diprodotto e comunicarcele. Partendo dal codice identificativo diquesti prodotti, abbiamo chiesto ai distributori di fare la stessaestrazione». I dati, elaborati da Sas, si sono rivelati piuttostoallarmanti, facendo emergere non pochi disallineamenti. «Iproduttori ci hanno fornito una quantità maggiore di informa-zioni rispetto ai retailer. Il 39% dei codici forniti dalle indu-strie non sono stati trovati nei sistemi informativi dei distribu-tori, probabilmente a causa delle cosiddette “codifiche inter-ne”. Venendo a voci specifiche, abbiamo riscontrato che il67% dei pesi lordi e il 46% di quelli netti differivano da quellidei retailer. Solo il 6% dei prodotti aveva una shelf life ugualetra le parti. Risultati che devono rendere le aziende più consa-

pevoli della necessità di dotarsi di strumenti finalizzati a unmaggiore allineamento».

In effetti, il confronto tra shelf-life alla produzione e alla con-segna è questione delicata. «Non è che come retailer – è inter-venuto Stefano Buja, direttore acquisti di Aspiag Despar –non informiamo l’industria circa la shelf life di cui abbiamobisogno dal momento in cui la merce entra nel nostro magazzi-no fino a quando verrà venduta. Al di là di cosa produce, evi-dentemente il fornitore tenderà a proporre una shelf life più lun-ga rispetto a quella molto più breve del distributore».

VENTE-PRIVEE.COM: IL CLIENTE È LA MARCANata nel 2001 come costola di un’iniziativa tipicamente

BtoC ideata da tre stockisti, «oggi vente-privee.com – ha affer-mato Andreas Schmeidler, country manager della filiale ita-liana della società francese di vendite on line – si è trasformatain un’iniziativa BtoBtoC, dove il vero cliente è la marca e lamission è quella di portare i migliori brand sul sito attraverso lacreazione di “eventi” in 27 categorie merceologiche. Il filo con-duttore è proprio l’evento: noi dobbiamo fare comprendere allamarca che non è nostro, ma è a tutti gli effetti proprio delbrand». La società punta molto sull’acquisto d’impulso: il 60%delle transazioni si perfeziona tra le 7 e le 10 del mattino. «Lanostra selezione dei brand – ha proseguito Schmeidler – si basasu tre regole di base: il marchio dev’essere conosciuto, occorreuna coerenza nell’offerta e, infine, ci dev’essere una strategia:deve scattare un effetto domino tra i brand, affinché anchequelli che appaiono come un miraggio possano in futuro arriva-re da noi. Per fortuna, tra i 2.000 marchi con cui lavoriamo, il99% è soddisfatto del nostro trattamento on line».

Con 18 milioni di soci in Europa, due milioni e mezzo di per-sone che ogni giorno contattano la vetrina e 400.000 che entra-no negli eventi, la società ha visto crescere il fatturato da 1milione di euro nel 2001 a 1,3 miliardi nel 2012, configurando-si oggi come un canale complementare al retail fisico. «Siamogli unici al mondo a operare direttamente e unicamente con lemarche e non con stockisti, intermediari, agenti: la nostra mis-sione è riproporre su Internet l’immagine per la quale i marchiinvestono molto ed essere coerenti con il messaggio chevogliono trasferire all’estero. Ogni singolo evento prende untempo produttivo di 4-5 settimane e coinvolge tutte le funzioni,perché noi internalizziamo tutto. La cura estrema che riservia-mo alla fase di preparazione fa sì che la vendita per noi sia unaconseguenza». Nel 2012, vente-privée.com ha gestito 60 milio-ni di pezzi, di oltre 35 diverse categorie merceologiche.

RINASCENTE PUNTA SULLA PARTNERSHIPAnche in Rinascente il brand è visto come un cliente. «Nel

2005 – ha spiegato Cinzia Baldelli, head of beauty, children-swear & toys – l’azienda ha iniziato un processo di radicalecambiamento strategico, che ha trasformato la Rinascente inquello che è oggi, una vera e propria “house of brands”, vin-cendo lo scetticismo iniziale di molti di essi. Il successo sipuò leggere nei numeri di Rinascente Duomo: basti pensareche il flagship store ha una resa al mq di circa 17.000 euro,forse la più elevata d’Europa, con 9 milioni di visitatori l’an-no e una forte incidenza di turisti stranieri».

Per creare un rapporto di fiducia e partnership con i brand,la Rinascente doveva diventare una meta per una shoppingexperience memorabile, instaurando un rapporto di fiducia epartnership con l’industria, puntando su obiettivi di businesscondivisi. «Penso alla cosmetica, anche quella selettiva, un

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Da sinistra, Andrea Ausili e Federico Mittersteiner (GS1 Italy –Indicod Ecr) e Andreas Schmeidler (vente-privee.com).

• le logiche muscolari nella relazione retail-industria, basate solosulla negoziazione di prezzo, non giovano al rilancio delle imprese;

• se la cultura del sell in è ancora maggioritaria, si fa strada una mag-giore propensione a guardare al sell out;

• questa diversa prospettiva prevede la condivisione degli obiettivi,lo scambio tra le parti di informazioni strutturate e facilmente uti-lizzabili e processi che definiscano responsabilità e prestazioni mi-surabili;

• il contratto è quindi solo il punto di partenza della relazione: alprocesso d'acquisto parecipano attivamente altre funzioni, comelogistica, amministrazione, Ict;

• tali temi assumono un nuovo significato e prefigurano una rinno-vata collaborazione industria-retail, in chiave di rilancio di merca-ti sofferenti

.

Le motivazioni della tavola rotonda

I partecipantinome funzione aziendaStefano Buja Direttore Acquisti Aspiag DesparLuca Cattaneo Direttore Centrale Acquisti Auchan Italia

e Simply ItaliaDaniele Voltini Amministratore Delegato AvanziMario Messuri Business Director BravoSolutionLuca Barsanti Responsabile Commerciale Cadla Despar

Grocery e Non FoodMarco Cocco Direttore Acquisti Tessile FiniperAndrea Ausili Project Manager GS1 Italy

Indicod EcrMarco Mittersteiner Global Data Synchronisation GS1 Italy

Network Specialist Indicod EcrCinzia Baldelli Head of Beauty, la Rinascente

Childrenswear & Toys Kristos Bàsimas Direttore Acquisti Self Erica Fiore Responsabile Marca Privata Simply ItaliaAndreas Schmeidler Country Manager vente-privée.comDaniele Bruttini Commercial Director Zalando ItaliaServizio fotografico: Gregory Abbate. Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl)

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DISTRIBUZIONE

comparto che vive un periodo di crisi. Per reagire efficace-mente, la collaborazione era fondamentale: in questo senso,il cambio di approccio delle aziende del settore è statoimprescindibile. Oggi i brand sono molto più interessati alsell-out rispetto al passato. Con essi condividiamo moltiaspetti legati alla gestione, a cominciare dagli obiettivi com-merciali». A fare la differenza è anche la trasparenza sul sell-out, elemento vincente. «Con i brand condividiamo anche inumeri, traendone molti benefici, per esempio in termini direattività rispetto ai target fissati».

La Rinascente nel 2012 ha varato un nuovo programma diCrm. «La nostra non è una carta fedeltà a punti, ma consente aiclienti di essere sempre informati sulle iniziative e partecipare aeventi ad hoc. Più rare sono le operazioni promozionali o glisconti. Abbiamo un concorso annuale che consente a chi rag-giunge una certa soglia di spesa di partecipare all’estrazione dinumerosi premi di prestigio».

BRAVOSOLUTION: SUPPLY CHAIN EFFICIENTEBravoSolution è una società leader in Europa nella fornitu-

ra a una clientela molto trasversale di soluzioni collaborativeper efficientare i processi di supply chain, grazie a soluzionitecnologiche che supportano il processo che va dal recepimen-to di un demand fino alla chiusura del ciclo passivo. «I princi-pali vantaggi di questo approccio – ha spiegato Mario Messu-ri, business director della società, italiana ma con sedi in 11Paesi – sono la tracciabilità, il governo, l’efficientamento e lastrutturazione dei processi, oltre all’opportunità di fare delpatrimonio di conoscenza generato dalle relazioni tra chi com-pra e chi vende un asset intangibile dell’azienda». Dopo unlungo periodo caratterizzato da un forte “squeeze” dei fornito-ri, «negli ultimi 2 anni domanda e offerta si sono molto equili-brate e oggi si parla di supply chain collaborativa. In questoinnovativo modello di relazione con i fornitori, le aziendedevono gestire un flusso di informazioni molto elevato: ilretail, in particolare, dev’essere in grado di prendere costante-mente decisioni in tempi rapidi e lo può fare se ha la possibili-tà di assumere informazioni molto fruibili e strutturate, in gra-do di fornire indicatori efficaci. Tutto ciò senza dimenticareche la gestione e l’aggiornamento delle informazioni, talvoltaanche legalmente sensibili, costa».

Nella logica della partnership tra chi acquista e chi vende,Messuri ha citato due case history. «La prima è legata a unleader della distribuzione alimentare, che si è dotato di stru-menti di “design to product” per “costruire”, in maniera col-laborativa con il mercato di fornitura, la private label: le fun-zioni aziendali coinvolte possono contribuire condividendoinformazioni tramite la soluzione, mettendole a disposizionedel fornitore, in una logica di conti-nuous improvement. Il secondoesempio riguarda la “performance dicontratto”: qui l’obiettivo è trovarecon ogni fornitore, soprattutto sestrategico, meccanismi di Kpi pervalutare le performance rispetto alcontratto e condividerle con il forni-tore stesso, sempre in chiave diimprovement. Un caso tipico è quel-lo della catena di ristorazione velo-ce, che deve scegliere sul mercatopartner affidabili di lungo periodo emisurarne le performance sui puntidi vendita. Le informazioni raccolte

ed elaborate dal sistema, sulla base dei Kpi, potranno servireper impostare con i fornitori piani di miglioramento, finaliz-zati a mantenere costanti i costi di gestione del servizio».

SIMPLY: MODELLO NEGOZIALE PIÙ CONDIVISOCollaborare con i fornitori, trovare un modello di negozia-

zione meno “muscolare” e più condiviso: in uno scenariocompetitivo drammaticamente mutato, è la strategia che haimboccato il Groupe Auchan, colosso del retail con una mar-ket share Italia superiore al 10% nel largo consumo confezio-nato. «Siamo consapevoli – ha dichiarato Luca Cattaneo,direttore centrale acquisti Auchan Italia e Simply Italia – chenon possiamo più misurarci in relazione alla nostra forza, allanostra capacità di imporre strategie all’industria, ma dobbiamosviluppare piani commerciali che ci consentano di essere piùefficaci ed efficienti verso il cliente. Il macroscenario vivecambiamenti molto più rapidi e profondi che in passato: rice-viamo informazioni spesso contraddittorie, registriamo scosta-menti delle vendite a due cifre da una settimana all’altra, nonprevedibili e senza motivi apparenti. A monte, diventa quindinecessario abbandonare la negoziazione “muscolare”, a favoredi politiche commerciali con declinazioni per categoria e for-nitore, che sappiano cogliere tutte le micro e le macro opportu-nità che ci aiutino a prevedere e gestire queste dinamiche diaccelerazione o rallentamento degli acquisti». Il che si traducenella costruzione di un piano commerciale condiviso, che per-metta di disegnare spazi, assortimenti, iniziative promozionaliritagliati sulle esigenze e le abitudini dei consumatori, in unasorta di “collaborazione variabile” con l’industria.

«Il gruppo – ha proseguito Cattaneo – è formato dalle inse-gne Simply (super), Auchan (iper) e da un gruppo d’imprendi-tori affiliati con la formula del master franchising, che operanosinergicamente. La centrale acquisti deve cogliere da ognunadelle reti le specificità e le opportunità per trasformarle in unpiano negoziale coerente nei confronti dell’industria. Con l’in-dustria l’approccio è globale: a inizio anno incontriamo i forni-tori per parlare con loro di sviluppo. Ciò che conta non è piùsolo il prezzo, ma la performance complessiva, l’obiettivo dibusiness controllato con regolarità nel corso dell’anno». Catta-neo ha quindi raccontato una case history di forte criticità con ilbrand leader della categoria energy drink, trasformata in unacollaborazione di successo. «Ci siamo resi conto che c’eranomolte affinità tra i nostri brand, giovani e dinamici entrambi,capaci di veicolare valori importanti. Abbiamo così lavoratoinnanzitutto sulla visibilità reciproca, coinvolgendo tutte le areeaziendali e valorizzando alla fine l’intera categoria».

Anche nelle private label, il rapporto con il fornitore è fon-damentale. «Le logiche di approccio – ha sottolineato Erica

Fiore, responsabile marca privataSimply Italia – possono essere diver-se. Nella marca privata c’è unacostruzione di valori fatta attraversouna linea di prodotti: il fornitoredovrebbe riuscire a fare la differenzae avere con noi un rapporto durevo-le. In passato va detto che le pl rien-travano in una logica di asta tra for-nitori sulla definizione di un capito-lato. Oggi hanno acquisito un pesomaggiore, tanto da essere entrateanche nei calendari promo. I numeri,d’altronde, danno sostanza alla mis-sion di tutti i retailer, conferman-

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��Da sinistra, Cinzia Baldelli (la Rinascente) eMario Messuri (BravoSolution).

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do l’efficacia della marca privata in termini di redditività e,nel medio periodo, di costruzione del valore dell’insegna».

Sul tema dell’innovazione e di chi deve farsene maggior-mente carico, Fiore è convinta che «se l’industria riprenderàil suo ruolo trainante in questo campo – per quanto riguardanon solo il prodotto, ma tutto il processo – il retail manterràil suo, che è quello di garantire referenze con il migliore rap-porto quali tà/prezzo. In tema di qualità, procediamo a rigoro-se valutazioni comparate con i prodotti leader: se la pl nongarantisce la qualità percepita del leader, la riformuliamoapportando gli opportuni miglioramenti».

SELF: RIPOSIZIONARSI NEL FAI-DA-TESelf è il primo operatore italiano e terzo player assoluto nel

settore del fai-da-te, alle spalle di Adeo e Obi: insieme rappre-sentano il 60% del mercato. «Si tratta senza dubbio – ha affer-mato Kristos Bàsimas, direttore acquisti della catena piemon-tese fondata nel 1984 e tuttora guidata dalla famiglia Gardino– di un’anomalia tutta italiana. Dal canto suo, Self è un challan-ger che negli ultimi sei anni ha più che raddoppiato il fatturatoe i punti di vendita. Stiamo vivendo uno sviluppo molto intensoe interessante in un contesto di profonda crisi, che ha colpitotutti e ha cambiato il mercato. Il fatto è che il cliente frequentameno il negozio: neppure le promozioni esercitano il consuetoappeal e così lo scontrino medio diminuisce. Dobbiamo quindistimolare il cliente, offrirgli una proposta commerciale articola-ta, accoglierlo con cortesia e professionalità. E dobbiamo misu-rarci con altri canali di vendita. Ecco perché abbiamo bisognonon solo di vendere di più, ma anche di guadagnare di più,mantenendo i margini, rimanendo sempre competitivi e preser-vando la nostra immagine di prezzo».

Nel frattempo, il posizionamento dei negozi Self è cambiato,con una crescente attenzione per il target femminile. «I nostripdv sono un mix fra area tecnica e area decorazione. Cerchia-mo di rivolgerci alla donna, per esempio rendendo i negozisempre più soft e attraenti. Non a caso apriamo il layout sul-l’illuminazione: un comparto al quale inpassato dedicavamo un assortimentoampio ma non abbastanza leggibile. Cosìabbiamo deciso di alleggerirlo, ottenendosubito buoni riscontri in termini economi-ci». Molto interessante si è rivelato, inchiave di ottimizzazione, il progettoimplementato con Philips. «A livello dimanagement abbiamo condiviso innanzi-tutto gli obiettivi di sviluppo, trasmetten-doli operativamente alle rispettive squa-

dre. Ne è nato, per ora in due negozi, uno “shop in the shop”di cui monitoriamo mensilmente i risultati, condividendo i daticon l’azienda». Un altro esempio di collaborazione costruttiva.

ZALANDO: FARE E-COMMERCE FULL PRICEAzienda giovanissima, nata nel 2008 a Berlino, Zalando è

protagonista nel mercato dell’e-commerce: presente in 14 Paesieuropei, in Italia da marzo 2011, lo scorso anno ha superato ilmiliardo di fatturato. «La svolta per noi – ha raccontato Danie-le Bruttini, commercial director della filiale italiana – è coinci-sa con la pianificazione di uno spot Tv nel febbraio 2012: dalì è iniziata l’espansione vera e propria anche in Italia, dovel’abbigliamento e le calzature rappresentano le categorie piùimportanti. Il modello di business differenzia nettamenteZalando dai siti di e-commerce che propongono stock: noilavoriamo esclusivamente con collezioni in season e i nostriprodotti sono full price. L’interesse dei consumatori va ricerca-to innanzitutto nell’assortimento, che comprende oltre 150.000prodotti e 1.500 brand, nella consegna in 3-5 giorni lavoratividall’ordine e nel fatto che gli eventuali resi sono a nostro cari-co».

Va detto che in Germania, dove il mercato on line è moltopiù maturo, i resi possono superare il 50%; in Italia, dove lapropensione all’acquisto on line è diversa, il tasso è signifi-cativamente più basso. «In effetti – ha proseguito Bruttini –per molti dei fornitori italiani ai quali ci presentiamo, l’e-commerce è ancora una novità che non sanno come approc-ciare. Senza contare che in Italia siamo visti ancora con unacerta diffidenza, perché molte aziende temono che venderesu Zalando significhi creare problemi alla loro distribuzioneoff line. Tanto che alcuni brand li vendiamo all’estero e nonsu Zalando.it. Certo, abbiamo esigenze diverse rispetto alladistribuzione fisica: dalla necessità di margini un po’ più altia tempistiche più strette sulle consegne nel nostro magazzinocentrale sito in Germania. Infatti, siamo meno condizionatidalla stagionalità: basti pensare che le collezioni primave-ra/estate iniziamo a venderle a gennaio».

La volontà di costruire un rapporto di fiducia con il brand haconvinto Zalando a progettare una presenza off line: «Infatti, lanostra mission è efficientare tutti i canali marketing on line equindi andare off line. Il temporary store che abbiamo allestitoa Milano andava in questa direzione: creare un rapporto piùstretto con il consumatore».

ASPIAG DESPAR COINVOLGE TUTTA LA FILIERA«Essere efficaci ed efficienti nei confronti del consumatore –

ha sottolineato Stefano Buja, direttore acquisti Aspiag Despar– è fondamentale, ma dobbiamo esserlo innanzitutto al nostrointerno». Creare rapporti duraturi con i fornitori va in questadirezione, ma limitarli agli aspetti commerciali non è sufficien-te. Anche perché molte piccole insidie possono creare ostacoli.

«Avere una buona codifica, una fatturacorretta sembra banale, ma nella realtà sitratta di aree dove si creano fastidioseinefficienze». Così, per implementare unapartnership più stretta, «abbiamo iniziatoa coinvolgere aree dell’azienda in passatoescluse: non solo il marketing e la logisti-ca, ma in taluni casi la direzione ammini-strativo-finanziaria e le vendite. L’obietti-vo, incoraggiato dal top management, erae resta rendere protagonista tutta la filie-

AREE INFORMATIVE DA CONDIVIDERE PER CREARE VALORE

Target di consumo FabbisogniContrattoPerformance del fornitoreAzioni di miglioramento

Fonte: elaborazione degli autori Largo Consumo

Sistemicollaborativiper loscambioinformativo

Da sinistra, Luca Cattaneo (Auchan Italia), Erica Fiore (SimplyItalia), Kristos Bàsimas (Self) e Daniele Bruttini (Zalando Italia).

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DISTRIBUZIONE

ra». Oggi Aspiag Despar organizza incontri strategici non solocon le grandi industrie, ma anche con fornitori di medie e pic-cole dimensioni, spesso molto importanti a livello locale. «Mipiace citare l’esperienza maturata in questi ultimi quattro annicon Unilever, un colosso multinazionale che ha in portafogliomerceologie molto diverse, con il quale in passato non erastato facile rapportarsi in modo efficace. La soluzione è stataanche qui attivare le funzioni-chiave, oltre alla direzione com-merciale: incontriamo Unilever con cadenza semestrale perfare il punto e nel tempo abbiamo stimolato notevoli efficien-ze in molti settori. Naturalmente, in questo come in altri casicondividiamo con l’industria la quasi totalità dei dati: nonpotremmo raggiungere altrimenti certi obiettivi».

CADLA DESPAR: DA NEGOZIATORI A PARTNERCadla è un’impresa toscana che sin dal 1971 ha aderito a

Despar, iniziando a strutturarsi con negozi di proprietà: oggiconta 38 negozi diretti – che entro la fine del 2013 diventeran-no 83 fra diretti e affidati in affitto d’azienda – a cui si affianca-no oltre 200 negozi affiliati. Luca Barsanti, responsabile com-merciale grocery e non food, forte di un’esperienza nel mondodegli ipermercati focalizzata sul sell-out, in Cadla ha trovato«buyer che operavano con buoni riscontri di business. Ottiminegoziatori che, tuttavia, non erano abituati a condividere pro-getti con i fornitori. Da qui la decisione di impostare un rappor-to molto più aperto, illustrando loro i nostri piani promozionaliannuali e i nostri obiettivi. Devo dire che non abbiamo ottenutograndi risultati: i fornitori più importanti non hanno accettato diaderire alle nostre proposte, spesso perché i loro programmierano cadenzati sul trimestre o il quadrimestre e non in otticaannuale. Allora abbiamo cercato di impostare con i big playeruna strategia di crescita per categoria in merceologie qualipasta, snack dolci, cioccolata, bevande piatte. Ma non siamoriusciti a metterli d’accordo: ognuno voleva implementare leproprie regole di assortimento e display. A quel punto, il rischioera che fossimo noi a rimetterci».

Ne è scaturita una prova muscolare impegnativa, oggi supe-rata con il ritorno di numerosi brand leader. «In fondo, la cosapiù importante – ha concluso Barsanti – è assecondare lerichieste dei consumatori, veri arbitri del mercato. Oggi, ancheascoltando le esperienze che i colleghi del non food hanno con-diviso a questo tavolo, sono più ottimista».

FINIPER: IL TESSILE VA MANEGGIATO CON CURAFiniper conta 26 ipermercati, con una forte vocazione per

l’alimentare e il fresco. «Il non food – ha rimarcato MarcoCocco, direttore acquisti tessile – è considerato dal clientecome una sorta di aggregato, un’area dove fare acquisti“opportunistici”. Il tessile ne rappresenta una parte assaicomplessa, sulla quale è più difficile coinvolgere il consuma-tore, se non con eventi e iniziative ad hoc. In passato abbia-mo avuto due presunzioni: pensare di realizzare un prodottoa marchio per l’intero comparto e di costruire un negozio,correndo il rischio di creare una segmentazione eccessiva».La verità è che, secondo Cocco, per il 90% dei consumatoriil tessile non rientra nel novero dei reparti da visitare. In fattodi assortimenti, se non si può prescindere da alcune referen-ze, «tutte le altre categorie vanno gestite tenendo conto difattori molto importanti, a cominciare dalla stagionalità e dalciclo di vita, che vede un netto decadimento dopo un anno opoco più, complici le aperture domenicali, che ci inducono arinnovare più velocemente gli assortimenti. Senza contare i

nuovi canali digitali». Per il tessile, gli eventi rappresentano, nell’arco delle due

settimane classiche in cui si sviluppano, una preziosa opportu-nità. «Quando il fornitore li propone, per gestirli bene innanzi-tutto bisogna capirne le potenzialità sul punto di vendita, cheva assolutamente coinvolto. Quanto alle categorie da porre invendita, viene fatto un incontro spesso dal fornitore, dove sianalizza l’assortimento e si fa una scelta ponderata. Per capirel’andamento dell’evento, condividiamo i dati di vendita gior-naliera: in questo modo monitoriamo la reazione del cliente epossiamo intervenire subito sui riassortimenti. Ovvio che ilrapporto con il fornitore deve essere molto stretto».

AVANZI: ROMPERE GLI SCHEMI NELL’OTTICAIl mercato dell’ottica presenta una peculiarità, essendo

dominato da due colossi italiani che sono anche leader mon-diali e quindi finiscono con il condizionarne le dinamichedistributive. «Nel nostro Paese – ha affermato DanieleVoltini, amministratore delegato di Avanzi, che ha chiuso latavola rotonda – il retail è ancora piuttosto disorganizzato,con soltanto 2-3 catene di una certa rilevanza. L’innovazionedi prodotto è in mano ai produttori, quella di processo la fan-no i retailer, anche se spesso viene osteggiata. Da partenostra, abbiamo sempre cercato di rompere gli schemi. Nel2009, sfidando la crisi che stava esplodendo, abbiamo lancia-to la nostra prima campagna Tv. Siamo stati i primi nel setto-re ottico a pensare e lanciare sul mercato promozioni e cam-pagne mai viste in precedenza, rivelatesi grandi successi ediventate identificative del gruppo. Da pochi mesi abbiamoimplementato un nuovo processo di vendita nei nostri negozi:nella logica di trasparenza e onestà verso i nostri consumatori,il prezzo esposto degli occhiali comprende già le lenti. Que-sto rende più veloce, rassicurante e agevole il processo diacquisto per i nostri clienti, che non hanno così più sorpresesu quanto spenderanno per il loro paio di occhiali. A parte,proponiamo alcuni pacchetti per la personalizzazione. Lanostra strategia ha pagato, se è vero che in pochi anni, parten-do da zero, abbiamo raggiunto quasi ovunque una awarenesspari al 78% a livello nazionale». Anche nell’ambito della pro-pria organizzazione, Avanzi cerca di utilizzare strumenti nuo-vi. «Abbiamo lanciato una piattaforma collaborativa interna:un social Intranet che ci serve per comunicare con i responsa-bili dei punti di vendita, ma soprattutto per consentirgli di dia-logare e mettere a fattor comune le loro esperienze. Un’op-portunità preziosa, che stiamo aprendo anche ad alcuni forni-tori, i quali in questo modo possono monitorare la customersatisfaction nei confronti dei loro prodotti». �

Stefano Buja (Aspiag Despar), Luca Barsanti (Cadla Despar),Marco Cocco (Finiper) e Daniele Voltini (Avanzi).

Page 7: Dal sell in al sell out - Largo Consumo...swear & toys – l’azienda ha iniziato un processo di radicale cambiamento strategico, che ha trasformato la Rinascente in quello che è

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