Dal bit al simulacro
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DAL BIT
AL SIMULACRO
Il videogioco, preso nella sua accezione “allargata”, rappresenta l’aspetto ludico di quella forma di comunicazione che si basa sullo scambio di informazioni tramite bit piuttosto che atomi.
BIT E INTERATTIVITÀ
“Il bit è il DNA dell’informazione”. N. Negroponte
Digitalizzazione: trasformare un segnale composto di atomi in una stringa di 1 e 0.
Possibilità di manipolare illimitatamente i bit.
Interattività: pluridirezionalità nello
scorrimento delle informazioni;
ruolo attivo dell’utente nella selezione;
ritmo della comunicazione (2”: tempo reale).
“Imitazione dell’interazione da parte
di un sistema meccanico o elettronico che contempli come suo principale o collaterale anche la funzione di comunicazione fra un utente o fra più utenti” G. Bettetini
INTERFACCIA
DI DIALOGO
A differenza della comunicazione dei media tradizionali, l’interazione con i media digitali è caratterizzata dalla presenza di un ambito spazio-temporale in cui i soggetti devono poter entrare in contatto fra di loro.
Ogni soggetto deve essere in grado di influire sullo sviluppo successivo dell’interazione determinandolo con le proprie azioni (che costituiscono la premessa per le azioni degli altri).
L’interfaccia di dialogo è ciò che permette di interagire correttamente con questo ambito spazio-temporale. Un corpo simulacrale si materializza sotto forma di icona visibile sullo schermo (come semplice cursore, ma anche come personaggio poligonale) e diventa protesi dell’utente per la comunicazione con la macchina e, da questa, con altri utenti.
Tale istanza funge anche da demiurgo, mediatore tra il mondo delle idee (del game designer) e la pratica ludica attualizzata dal giocatore.
IL COMPUTER
COME AMBIENTE
È necessario trasformare il concetto di computer da sistema dedicato al trattamento delle informazioni a strumento di comunicazione - un “meta-medium” (Colombo, 1993), per la sua capacità di contaminare gli altri strumenti tecnologici.
Questo manifestarsi in maniera privilegiata in ogni tecnologia, spesso cessando di esistere come oggetto proprio, trova definizione nel concetto di “meta-ambiente”.
L’utente assume una posizione centrale: la progettazione di un sistema informatico è orientata a soddisfare le esigenze e a venire incontro alle competenze dell’individuo. L’obiettivo finale è il raggiungimento di una trasparenza del sistema rispetto alle azioni dell’utente, trasformando l’interfaccia software in ambiente in cui interagire.
“A display connected to a digital computer gives us a chance to gain familiarty with concepts not realizable in the physical world. It is a looking glass into a mathematical wonderland.”
Ivan Sutherland
INTERFACCIA
GRAFICA [1]
Sketchpad (1963) permette di creare
e manipolare immagini geometriche su
schermo tramite una penna ottica.
The Sword of Damocles è concepito
come il display definitivo - casco con
due minischermi e sensore di
movimento: a seconda della rotazione
della testa, gli oggetti vengono
rappresentati dall’apposita
angolazione.
Ciberspazio (W. Gibson – Neuromante, 1984)
dal greco “kyber-” da cui cibernetica, la scienza dei meccanismi di controllo e di comunicazione.
L'interfaccia grafica (graphical user interface abbreviato GUI) è un paradigma di sviluppo che consente all'utente di interagire col computer manipolando direttamente degli oggetti grafici, chiamati widget (una finestra di dialogo, un’icona, un box di testo) svincolandolo così dall'obbligo di imparare i comandi da impartire con la tastiera.
Nei sistemi operativi moderni è concepita come la
metafora di un piano di lavoro rappresentato dallo
schermo (detto scrivania o desktop), con le icone a
rappresentare i file e le finestre a rappresentare le
applicazioni. Tale ambiente di lavoro, in cui si opera
attraverso il puntatore comandato con il mouse, è
stato concettualizzato nei laboratori Xerox e
implementato per la prima volta nel 1981 nello
Xerox Star poi fu ripreso da Apple, prima con il
poco fortunato Apple Lisa, poi con il rivoluzionario
Macintosh (1984). La prima versione a colori della
GUI venne introdotta da Commodore con il suo
Amiga nel 1985.
INTERFACCIA
GRAFICA [2]
ANALISI E SINTESI
Il passaggio da un oggetto alla sua rappresentazione avviene in due momenti distinti:
L’analisi consente la scomposizione degli oggetti in modelli numerici. Implicita in questo processo c'è la possibilità di prescindere dagli oggetti concreti e di creare dal nulla degli schemi con cui sintetizzare l’immagine, cioè visualizzarla sullo schermo.
L’immagine di sintesi che compare sul monitor rappresenta solo uno degli aspetti possibili di un oggetto, la cui completezza risiede interamente nella memoria del computer.
I processi di analisi e di sintesi allontanano i segni dai loro referenti originali e, soprattutto, offrono la possibilità di processare anche oggetti fittizi. Possiamo considerare autoreferenziali le immagini così prodotte: non rimandano a qualcosa di esterno e concreto, rinviano piuttosto al modello che le ha generate.
SIMULARE LO SPAZIO
Per rendere interessante la fruizione con le immagini prodotte è necessario creare un rapporto di continuità fra lo spazio fisico reale, nel quale si trova l’utente, e quello generato dal computer, impedendo di fatto una distinzione netta fra “dentro” e “fuori” rispetto all’immagine. Questa esigenza chiama in causa la nozione di inclusione.
L’idea di includere lo spettatore nella rappresentazione, inducendolo quindi a provare un’esperienza capace di trascendere il mondo reale, è una prerogativa di tutte le manifestazioni artistiche fin dagli albori dell’umanità, sollecitate in questo dai limiti della tecnologia nel rappresentare la natura nella sua complessità.
Possiamo definire “simulazione” qualsiasi produzione di questo tipo. Il termine “simulazione” mette in evidenza una duplice natura: da un lato significa “riprodurre direttamente” e “imitare”, dall’altro può essere inteso anche come “ingannare” e “illudere”. È proprio sull’unione di queste due accezioni che la produzione artistica ha costantemente fatto leva per ricostruire spazi inesistenti e alternativi che potessero risultare credibili (trompe-l’oeil pittorici e architettonici).
Francesco Borromini Palazzo Spada (Roma)
IL SIMULACRO
Ha la stessa etimologia di “simulazione” e significa “stare al
posto di qualcosa”: è il rappresentante del giocatore all'interno
di un determinato universo interattivo digitale, ovvero la sua
interfaccia di dialogo.
ASSENTE INDIVIDUALE
MOLTEPLICE SUPERINDIVIDUALE
Simulacro non
presente o
identificato con il
giocatore stesso.
Il simulacro è un
individuo (non
necessariamente
umano).
Ci sono più
simulacri.
Il simulacro è unico ma
la simulazione riguarda
il funzionamento delle
sue parti.
IDENTITÀ IN GIOCO [1]
Il videogioco spinge alla riflessione sull’identità nel momento in cui una persona reale si cala nei panni di una creatura virtuale. Si possono definire tre tipi di indentità:
identità virtuale: come personaggio virtuale all’interno di un mondo virtuale
identità reale: come essere umano che gioca con un videogame
identità proiettata: come proiezione dei propri valori e desideri all’interno del personaggio virtuale. L’accento è posto sull’interazione tra la persona reale e il personaggio virtuale.
Per capire la differenza basta considerare i fallimenti all’interno del gioco: Perdere la partita perché in quel momento il personaggio virtuale non ha ottenuto l’abilità per superare un determinato ostacolo. Perdere la partita perché l’utente non è in grado di usare in maniera efficace il sistema di controllo previsto dal gioco. Perdere la partita perché, come utenti, facciamo compiere al nostro personaggio virtuale un’azione che non vorremmo compisse perché non incarna i valori che attribuiamo al personaggio.
virtuale reale
proiettata
IDENTITÀ IN GIOCO [2]
Questo tipo di identità supera quella dei romanzi e dei film perché è allo stesso tempo attiva (nel senso che il giocatore sceglie quali azioni compiere) e riflessiva (nel momento in cui il giocatore decide come far agire il personaggio virtuale, questo si sviluppa in modo da definire i futuri parametri d’azione del giocatore, quello che potrà o non potrà fare).
Nel momento in cui si inizia a giocare o se ne apprendono i rudimenti, ci si ritrova già ad avere a che fare con un linguaggio che fonde la propria identità reale con quella virtuale (come ad esempio un personaggio che, pur rivolgendosi al nostro personaggio virtuale, ci invita a compiere una determinata azione nel gioco “premendo il tasto A”).
LO SCHERMO
Guardando il monitor, l’utente ha l’illusione di trovarsi presente in un mondo virtuale. Se la tecnologia digitale è presente solo da qualche decennio, lo schermo invece viene usato da secoli per rappresentare informazioni di carattere visivo (dalla pittura del Rinascimento al cinema del XX secolo).
Buona parte della cultura visiva è caratterizzata dall’esistenza di un altro spazio, racchiuso da una cornice e situato all’interno del nostro ambiente reale. Questa cornice, che separa spazi coesistenti ma completamente differenti l’uno dall’altro, è lo schermo. Esiste nel nostro spazio fisico ma agisce su quello virtuale e questa sua funzione è rimasta costante, dal dipinto al display.
Persino le proporzioni tra la base e l’altezza dell’area definita dallo schermo sono rimaste inalterate nei secoli - ancora oggi si parla di formati a paesaggio e a ritratto per differenziare i pannelli dallo sviluppo orizzontale da quelli estesi in verticale.
SCHERMO STATICO
“Schermo” deriva dal francese "escren/escran" inteso come "riparo dal calore" (all'inizio del
XIV secolo), oppure dal tedesco "skirm/skerm", con il significato di "protezione"; a questo
proposito sarebbe affascinante riuscire a comprendere la relazione del termine "schermo"
con quello di tavola di legno, il supporto più impiegato per la realizzazione di pittura
"mobile", in voga almeno fino al XV secolo, quando la tela prese poi il sopravvento.
Il termine "tavola", per esempio, viene
usato ancora oggi per descrivere la
pagina inchiostrata di un fumetto e il
fumetto più antico (ovvero l'integrazione
di immagini e scritte) viene riconosciuto
nell'Annunciazione di Simone Martini
(1333).
In origine lo schermo poteva contenere
solo immagini statiche. Il culmine
evolutivo dello schermo statico è
arrivato con la fotografia, che ha
consentito di riproporre all’interno della
cornice l’esatta riproduzione della realtà,
fermata in un attimo preciso del tempo.
SCHERMO DINAMICO
Il passaggio dallo schermo statico allo schermo dinamico avviene
il 22 marzo del 1885, giorno della prima proiezione dei fratelli
Lumiére. Con la nascita del cinema, lo schermo inizia a riprodurre
immagini che cambiano con il passare del tempo.
I limiti dello schermo dinamico stanno nella sua impossibilità di
mostrarci gli eventi contemporanei: parla sempre e solo al passato.
LO SCHERMO IN TEMPO REALE
Lo schermo in tempo reale non riguardare la
storia dell'arte, ma i sistemi di sorveglianza, il
cui balzo maggiore è avvenuto con
l'introduzione della tecnologia radar. La novità
portata da questa tipologia di schermo è data
dal fatto che le immagini possono mutare in
tempo reale, riflettendo i cambiamenti del
referente (solitamente un oggetto nello
spazio).
Dallo schermo circolare del radar al monitor
del computer il salto è stato breve. Il processo
è stato svolto prevalentemente nei laboratori
militari degli Stati Uniti, impegnati nel cercare
dispositivi che potessero verificare in tempo
reale la possibilità di un attacco nucleare da
parte dell’Unione Sovietica.
Sir Alexander Watson-Watt, inventore del radar, 1935
LA PROSPETTIVA
Se lo schermo, come cornice, definisce i limiti dell'ambiente virtuale all'interno del mondo reale, il modo che le immagini hanno per raccontare una storia è quello di ricorrere ad un punto di vista o ad una determinata prospettiva.
Ogni forma di narrazione contiene una prospettiva
Non esiste una narrazione oggettiva, perché, non condividendo tutti lo stesso tipo di conoscenze, questa è comunque soggetta a differenti opinioni (la stessa “Storia” è scritta dai vincitori) e quindi trasmessa seguendo una particolare prospettiva.
PROSPETTIVA E PERCEZIONE
Nel contesto della percezione visiva, la prospettiva è il modo in cui gli oggetti appaiono all’occhio umano basandosi sui loro attributi spaziali, sulle dimensioni e sulla posizione dell’occhio relativamente agli oggetti osservati.
PUNTO DI FUGA
Il concetto di prospettiva nasce in pittura con la scoperta del “punto di fuga”, il punto in cui linee parallele sembrano convergere. Il punto di fuga indica la nostra posizione e, soprattutto il punto in cui la nostra “prospettiva” ha termine.
Possiamo fare riferimento a 2 tipi di prospettiva:
Spaziale (visiva): ha a che fare con la nostra percezione visiva
Emotiva (o cognitiva): riguarda la nostra posizione spazio/temporale
La prospettiva spaziale influenza quella emotiva
PERCEZIONE EMOTIVA
Il primo artista a rendersi conto dell’importanza della prospettiva, non solo come percezione visiva ma anche emotiva fu Giotto (XIII sec).
Gli affreschi nella navata della basilica superiore di San Francesco ad Assisi sono stati realizzati pensando alla posizione dello spettatore: a circa 2m di distanza, le geometrie dell’affresco si allineano con quelle architettoniche, come se Giotto volesse guidare il visitatore.
PROSPETTIVA CENTRALE
La prospettiva venne
codificata dalle leggi
matematiche dedotte da
Filippo Brunelleschi sulle
teorie di Leon Battista Alberti.
L’incontro tra queste due
grandi menti del
Rinascimento alla corte di
Papa Niccolò V permise di
formulare una teoria definitiva
della prospettiva in visione
frontale (detta anche
"centrale").
Da quel momento, la raffigurazione pittorica progredì nella rincorsa al realismo
visivo fino a quando la fotografia (nata dall’evoluzione della “camera oscura”,
uno degli strumenti più usati nella rappresentazione prospettica) non rese la
gara inutile.
OLTRE LA PROSPETTIVA
Non esiste un solo tipo di prospettiva e non si può nemmeno affermare che solo una sia quella giusta:
La “prospettiva inversa” paleocristiana ha
origine dal consapevole capovolgimento
della convergenza delle linee al medesimo
punto di fuga all'orizzonte - un espediente
applicato nelle immagini sacre per eludere
ogni apparenza di riproduzione della realtà
e diminuire la valenza dello spettatore. Una
"prospettiva" non calcolata in relazione
all’uomo ma a Dio.
Le avanguardie pittoriche dalla seconda
metà dell’ottocento in poi, hanno cercato di
superare la macchina oltrepassandone i limiti
fisici. Basti pensare alla corrente cubista, che
reintegra la terza dimensione ma tende a
riportarla sul piano eliminando ogni intento di
rappresentazione ottica.
SPAZIO CONTESO
L’ambiente di gioco rappresenta una funzione di relazione tra gli
oggetti che compongono l’immagine di sintesi: un mezzo per
consentire il passaggio del tempo mentre un oggetto attraversa
lo schermo, così da evitare che tutto accada simultaneamente
(Poole, 2000).
L’ambiente all’interno del
videogioco è uno spazio
conteso, che il simulacro
dell’utente deve
conquistare, sia da un
punto di vista cognitivo
che operativo, tramite un
approccio di tipo
“trial&error”.
COSMOLOGIA VIDEOLUDICA
DIMENSIONI 2D, 3D e dimensioni parallele
PROPORZIONI
Ampiezza dello spazio fisico rappresentato e dimensione relativa degli oggetti presenti
CONFINI
Limiti dell’area di gioco
ORIENTAMENTO
ORIZZONTALE
ORIENTAMENTO
VERTICALE
DUE DIMENSIONI (un asse)
Pong S
pa
ce
Inva
de
rs
Inquadratura dall’alto.
Inq
uad
ratu
ra f
ron
tale
.
Lo schermo è il confine
Campo di scorrimento
continuo: uscendo da
un punto dello
schermo si rientra
dalla parte opposta.
DUE DIMENSIONI (due assi)
Asteroids
Pa
c-M
an Inquadratura dall’alto
Protagonista “laterale”
Nemici “frontali”.
Inquadratura frontale
Sviluppo verticale
Vige la forza di gravità.
Do
nke
y K
ong
Lo schermo è il confine
UNIVERSO
PLANISFERICO
UNIVERSO
NON EUCLIDEO
UNIVERSO
GRAVITAZIONALE
ORIENTAMENTO
ORIZZONTALE
DUE DIMENSIONI (scrolling)
Scorre come avvolto su
un cilindro (la partenza
coincide con l’arrivo).
Due piani distinti: aria e terra.
Sviluppo verticale delle
piattaforme.
Defender Super Mario Bros
Xevio
us
Spazio continuo lungo un asse
UNIVERSO
CILINDRICO
ORIENTAMENTO
VERTICALE
DUE DIMENSIONI (profondità)
Successione di
quadri sovrapposti
che mano a mano
si ingrandiscono. Spazio “denso”.
Zaxxon
Beyond the
Forbidden Forest
Più piani sovrapposti
che si muovono a
velocità differenti.
Out Run
Nite Drive
PUNTO DI FUGA
PROSPETTIVA
ISOMETRICA
PARALLASSE
Simulare la terza dimensione
TRE DIMENSIONI
BIDIMENSIONALI
DA DUE A TRE DIMENSIONI
Wolfenstein 3D
Simulazione dello spazio
“tridimensionale”.
Mappa 3D e oggetti 2D.
Silent Hill 2
Sistema di controllo
bidimensionale.
DUE DIMENSIONI
E MEZZA
TRE DIMENSIONI
PIATTE
The Secret of Monkey Island
OGGETTIVA
terza persona
SEMISOGGETTIVA
terza persona
SOGGETTIVA
prima persona
TRE DIMENSIONI
Scena osservata dagli
occhi del giocatore.
Enfasi sull’effetto di
inclusione.
Quake III Arena Resident Evil Tomb Raider
Telecamera alle spalle del personaggio, perno attorno cui ruota lo scenario.
Telecamera relativa
all’ambiente. Il giocatore
non è più al centro dello
schermo.
PUNTO DI VISTA
Il campo visivo di un essere umano è di 120° e può essere percepito
un movimento nella zona periferica laterale fino a 180°.
Anche se fa leva sul concetto di “inclusione”, l’impiego della “prima persona” è in grado di mostrare un campo visivo di soli 30°. La percezione
dell’ambiente di gioco è quella che avremmo se fossimo legati immobili su
una sedia a rotelle.
La visuale in “terza persona” con il personaggio di spalle offre una
percezione dell’ambiente molto più vicina alla visione reale. La difficoltà
maggiore è data dallo schema di movimento della telecamera.
Per fare in modo che il gioco sia facilmente gestibile, conviene
dotare l’utente una “super-vista”. Siccome gli umani sono in grado
di pensare in tre dimensioni, offrire, per esempio, una
rappresentazione in 2D, conferisce istantaneamente un vantaggio.
Minore complessità nella decodifica dell’ambiente e della posizione
degli oggetti consente infatti al giocatore di avere una maggiore
capacità di interazione e controllo.
LO SPAZIO DI GIOCO
Dimensioni 2 3
Prospettiva Prima persona Terza persona
(semisoggettiva) Terza persona
(oggettiva)
Simulacro Assente Individuale Molteplice Superindividuale
Stile Realistico Caricaturale Astratto
Mappa L'area di gioco
coincide con lo
schermo
Universo planisferico
(campo di scorrimento
continuo)
Spazio confinato
(barriere
naturali/artificiali)
Scorrimento Assente Orizzontale Verticale Libero
Esplorazione Assente Lineare Libera Fuori campo Assente Statico Dinamico
L’INTERFACCIA
DI GIOCO
Tutte le informazioni alle quali il giocatore deve avere accesso per essere efficiente nel gioco devono essere mostrate su schermo - HUD: Heads-Up Display (visore a sovrimpressione)
Non mostrare troppe informazioni nello stesso momento.
Usare il colore per indicare cambiamenti di situazione è preferibile ai numeri e ai messaggi di testo.
All’interno del focus visivo, l’occhio è sensibile al colore e alla forma. Al di fuori di quest’area ristretta, l’occhio individua i cambiamenti nel contrasto e nel colore (è bene usare effetti di luce intermittenti).
L’avatar del giocatore deve essere facile da riconoscere, il suo look, la sua forma e il suo colore devono essere unici. È il riferimento dell’utente nell’universo di gioco.
Il giocatore deve identificare gli avversari velocemente (usare schemi di colore - lo stesso vale per gli oggetti, quelli bonus dello stesso schema cromatico dell’avatar).
Inserire mappe e radar per indicare al giocatore la propria posizione e quella degli oggetti importanti.
CONSIDERAZIONI
SULL’INTERFACCIA
Visibilità: fare in modo che le parti e le informazioni rilevanti siano
bene in mostra.
Mapping: rendere chiara la relazione tra il sistema di controllo e le
azioni su schermo.
Affordance: riguarda le proprietà reali e percepite delle cose,
fornendo così indicazioni sul loro funzionamento. In pratica, la
forma deve invitare all’uso.
Vincoli: prevenire che il giocatore compia azioni che non dovrebbe.
Feedback: fornire all’utente un riscontro chiaro dell’azione
compiuta e del risultato ottenuto.
“La caffettiera del masochista”
di Donald Norman
MIM
ET
ICA
IN
VIS
IBIL
E
C’È INTERFACCIA E
INTERFACCIA… Dead Space
Metroid Prime
World of Warcraft
The Legend of Zelda
FU
NZ
ION
AL
E
PE
RS
ON
AL
IZZ
AB
ILE
IL TEMPO NEL GIOCO
TEMPO REALE
Simulazioni sportive
(come nella F1)
Sfida particolare
(finali di Resident Evil)
Tempo effettivo di
gioco (Prince of Persia)
TEMPO FINZIONALE
Elemento scenografico
(Soul Edge)
Elemento ludico
(Metropolis Street Racer)
Scorrimento anomalo (varia a seconda delle situazioni)
Modificabile dal
giocatore (sim. sportive)
INTERVALLI DI TEMPO
A TURNI
Ogni giocatore ha
a disposizione
tempo “illimitato”
per compiere la
propria mossa
IN TEMPO REALE
Non c’è intervallo
di tempo tra i
turni, azione e
reazione
accadono
simultaneamente
A TEMPO
Ogni giocatore ha
un limite di tempo
per compiere il
proprio turno (in
differita ma anche
in tempo reale)
TEMPO DI GIOCO
TEMPO TATTICO
Relativo alla realizzazione di
un’azione su schermo.
TEMPO STRATEGICO
Compiere un’azione complessa (come
prendere la mira prima di fare fuoco).
RITMO
Riguarda la presentazione di nuovi
eventi.
Tempo reale 1:1 Countdown Effettivo
Tempo finzionale Elemento
scenografico Elemento
ludico Scorrimento
anomalo Scorrimento
ad hoc Tempo ludico Tattico Strategico Ritmo
IL TEMPO DI GIOCO