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da: Giulio Mozzi, La felicità terrena, Einaudi 1996 1 Il bambino morto Il figlio di Maria Annunziata morì all’età di quattro anni. Maria Annunziata si era sposata a diciannove anni, incin- ta, con un uomo che era stato il primo uomo della sua vita e che lei aveva desiderato subito che fosse l’unico, per sempre; si erano sposati che lui non aveva nessun lavoro ma aveva una bellissima automobile, mentre Maria An- nunziata, che aveva fatta la scuola da segretaria d’azienda, da più di un anno batteva a macchina le bolle d’accompagnamento e rispondeva al telefono in un’agenzia di trasporti. La casa per fortuna c’era perché la nonna materna di Maria Annunziata era morta lasciando un appartamento al pianoterra di una trifamiliare, piccolo ma sufficiente; i genitori di Maria Annunziata avevano messo qualche soldo per i mobili, i pittori, la lavatrice e la televisione. Il marito di Maria Annunziata andava molto in giro con la sua automobile bellissima e aveva molti amici e conosceva i bar di tutti i paesi intorno; qualche mese dopo il matrimonio cominciò a parlare che voleva aprire un bar; meglio ancora rilevarne uno già avviato, da risistemare come lo sapeva lui; quando venne, l’occasione era un bar in un paese addirittura fuori provincia, il cui gestore, che non era sposato, era morto in un incidente d’auto, e la sorella che era subentrata cercava un socio per mandarlo avanti. Ci fu una specie di scandalo quando si

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Il bambino morto

Il figlio di Maria Annunziata morì all’età di quattro anni.Maria Annunziata si era sposata a diciannove anni, incin-ta, con un uomo che era stato il primo uomo della sua vitae che lei aveva desiderato subito che fosse l’unico, persempre; si erano sposati che lui non aveva nessun lavoroma aveva una bellissima automobile, mentre Maria An-nunziata, che aveva fatta la scuola da segretaria d’azienda,da più di un anno batteva a macchina le bolled’accompagnamento e rispondeva al telefono inun’agenzia di trasporti. La casa per fortuna c’era perché lanonna materna di Maria Annunziata era morta lasciandoun appartamento al pianoterra di una trifamiliare, piccoloma sufficiente; i genitori di Maria Annunziata avevanomesso qualche soldo per i mobili, i pittori, la lavatrice e latelevisione. Il marito di Maria Annunziata andava moltoin giro con la sua automobile bellissima e aveva moltiamici e conosceva i bar di tutti i paesi intorno; qualchemese dopo il matrimonio cominciò a parlare che volevaaprire un bar; meglio ancora rilevarne uno già avviato, darisistemare come lo sapeva lui; quando venne, l’occasioneera un bar in un paese addirittura fuori provincia, il cuigestore, che non era sposato, era morto in un incidented’auto, e la sorella che era subentrata cercava un socio permandarlo avanti. Ci fu una specie di scandalo quando si

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scoprì che il marito di Maria Annunziata, per convincerequella donna a prenderlo come socio, le aveva propostoaddirittura di sposarla; comunque quando la cosa vennefuori c’erano già dei soldi messi in mezzo, così si trovò unaccordo per non rimetterli tutti: erano quei pochi di MariaAnnunziata, e naturalmente ancora qualcos’altro dei suoigenitori, che speravano che il genero prima o poi avrebbemesso un po’ di testa a posto; si rifiutarono, però, decisa-mente, di fare un’ipoteca sulla casa, per quanto il maritodi Maria Annunziata strillasse che senza soldi non si pote-va fare nessun lavoro decente, e che spendere metà deisoldi che ci volevano voleva dire buttarli via, invece spen-derli tutti era un guadagno sicuro. Il bambino nacque inpiena notte, dopo una domenica che Maria Annunziataaveva passata a casa dei suoi, per tutto il tempo a fareconti e a rinfacciarsi gli sbagli e a litigare; il marito di Ma-ria Annunziata era troppo occupato tra ridare le tinte allocale, sorvegliare il falegname che faceva il bancone nuo-vo, contrattare nuove condizioni con i fornitori, mercan-teggiare con l’assessore per i tavolini fuori e per l’orario;per qualche giorno non si accorse che la moglie gli manca-va di casa; delle volte se litigavano lei si fermava dai suoia dormire; poi gli venne il sospetto e telefonò; quando glidissero che era tutto andato bene lui commentò che fin chestavano ben curati in ospedale né sua moglie né il bambi-no avevano bisogno di lui: non vado lì per impicciare, dis-se. Quando Maria Annunziata tornò a casa col bambino, ilmarito lo prese in braccio, lo ninnò cinque minuti e quan-do cominciò a piangere lo riconsegnò a Maria Annunziatadicendo che con il bar che si inaugurava dentro due setti-mane non avrebbe avuto il tempo di occuparsene, e chequindi gli badasse lei e non rompesse. Il Summer Bar fuaperto il 21 giugno e dopo due settimane la chiusura, dallenove che era, passò prima alle undici e poi all’una di notte:il bar aveva tanti tavolini all’aperto che invadevano ilmarciapiede, i vigili venivano a prendere i caffè e le pastegratis, per i giovanotti dei paesi intorno era la novità, e insomma c’era lavoro fin che si voleva. Maria Annunziata ci

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andò il giorno dell’inaugurazione, col bambino in braccio;si offrivano salatini e prosecchini gratis a tutti quelli chepassavano, e la socia del marito la guardò una volta, nonla salutò, e poi per tutto il tempo fece finta di non vederlae di non sapere chi era. Dopo un mese, con la stagione almassimo, il marito di Maria Annunziata le disse che erastufo di partire in automobile tutte le mattine alle sei e ditornare tutte le notti alle due passate, dopo aver mandativia i clienti, pulito tutto e lavato per terra; per questo ave-va presa una camera ammobiliata in paese, così avrebbepotuto vivere un po’ meno come una bestia, oltretuttoguidare stanchissimo di notte e di mattina presto era unpericolo; sarebbe venuto a casa il giorno di chiusura, cheera il lunedì; si fece dare da Maria Annunziata i soldi peril primo mese dell’affitto della camera, perché prima che ilbar cominciasse a rendere davvero ce ne sarebbe voluto,erano state tante le spese e all’inizio, come fanno sempre, ifornitori non davano niente senza i soldi subito, e zero so-prasconti. Per qualche settimana il marito di Maria An-nunziata tornò a casa il lunedì: guardava il bambino percinque minuti, poi si metteva a letto e ci dormiva tutto ilgiorno; alla sera andava fuori con i vecchi amici perchénon gli sembrava giusto, diceva, troncare così solo per illavoro. Maria Annunziata avrebbe voluto fare l’amore malui diceva che non le avrebbe fatto bene finché avesse al-lattato il bambino, che è una cosa che le donne non sannomai ma è tanto vera. Dopo qualche settimana smise ditornare a casa e cominciò a telefonare, solo di lunedì, echiedeva a Maria Annunziata come stava il bambino senzastare a sentire cosa lei gli rispondesse, le diceva che il barandava bene ma con tante spese, che le spese ci voglionose si vuole poi tirare i soldi un’altra volta; ogni tanto lechiedeva se poteva mandargli un po’ di soldi, perchél’automobile era proprio vecchia ormai, e si era rovinata aforza di portare secchi di pittura e cassettine di bibite; epoi diceva cosa vuoi, qui siamo in due, non posso micaprendere i soldi dalla cassa come fossero miei, ci sono iparenti di lei che mi stanno sempre addosso, adesso hanno

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visto che bastava mettersi seriamente e così vorrebberofarmi fuori, aspettano che sbagli per fregarmi. Maria An-nunziata gli mandava dei soldi per suo fratello, che lavo-rava in fabbrica abbastanza vicino, e quando staccava po-teva passare al bar, finché il fratello non le disse chel’unica cosa di cui aveva bisogno quell’uomo era una sca-rica di botte, per come li aveva sfruttati e per come se lafaceva con quell’altra davanti a tutti senza nemmeno farefinta di vergognarsi; quando smisero di mandargli i soldiil marito di Maria Annunziata smise di telefonare, e cosìMaria Annunziata si trovò, a vent’anni appena compiuti,con un bambino di quattro mesi in braccio, e completa-mente sola. Due mesi dopo finì la maternità e tornò al la-voro all’agenzia, a battere a macchina le bolled’accompagnamento e a rispondere al telefono. Il primogiorno del rientro la convocò il padrone e le disse che erastato veramente buono con lei, visto che le aveva effetti-vamente conservato il posto, anche perché le altre che laavevano sostituita erano tutte delle vere sceme e non ave-vano resistito più di quattro settimane ciascuna, giusto perportare a casa uno stipendio; ma Maria Annunziata dove-va rendersi conto che il lavoro è una cosa seria, e lui le fa-ceva tutti i più radiosi auguri per il bambino ma era lei chel’aveva fatto, lui non c’entrava, quindi facesse attenzione anon mettersi sulla brutta strada degli allattamenti e deipermessi e delle assenze e delle malattie sulla quale luiaveva visto tante giovani madri, che pure erano state lavo-ratrici eccellenti, imprudentemente mettersi: donna avvi-sata, mezza salvata, le disse circondandole le spalle con ilbraccio destro, affettuoso. Maria Annunziata ricominciòcome fosse stato niente, la mattina presto portava il bam-bino dai nonni e lo riprendeva a sera, tornandodall’agenzia; dal medico e dal pediatra riusciva a farsiconcedere orari di visita serali o molto mattinieri, adattan-dosi a pagare un po’ di più; per tante faccende le dava unamano il fratello, che in fabbrica aveva i doppi turni e certevolte, magari rinunciando a una mezz’ora di sonno, pote-va fare qualche commissione. Alla sera Maria Annunziata

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era tutta sola a casa con il bambino e con la televisione,allora guardava la televisione con un occhio solo mentre sifaceva da mangiare e dava da mangiare al bambino e lopuliva, poi spegneva la televisione quando il bambinodormiva e rimaneva seduta vicino alla culla e lo guardava.Mentre guardava il bambino dormire Maria Annunziatagli parlava sempre: sottovoce oppure, quando era tantostanca o aveva paura che si svegliasse perché lo vedevaagitato, allora solo con la mente e senza fare le parole; gliparlava e gli raccontava tutte le cose del giorno, gli descri-veva i camionisti grandi e grossi con le mani enormi chevenivano a prendersi i documenti di viaggio nell’ufficiodove lavorava lei con le altre cinque ragazze tutte sempreche battevano a macchina e che rispondevano al telefono;oppure gli descriveva il funzionamento della macchinaper scrivere elettronica, con i tasti speciali che toccandoliscrivevano da soli la data e l’ora esatta oppurel’intestazione del destinatario compresa la partiva iva op-pure trasporto esente da bolla di accompagnamento ex dpr627\72 e così via; oppure descrivendogli come un luogomagico il grande magazzino dove si accumulavano lemerci in arrivo e in partenza, in casse, in sacchi, in scato-loni e in bancali, formando mucchi scomposti o pile accu-rate che arrivavano fino al soffitto, ogni collo contrasse-gnato da un numero stampato su un foglietto adesivo,mentre un altro foglietto adesivo indicava il magazzino didestinazione: la merce arrivava e partiva da tutta la regio-ne, e anche da e per le grandi città lontane, Roma e Milanoe Torino, e grazie a quel piccolo numero applicato su ognicollo, e che applicava lei stessa, passando dall’ufficio almagazzino, ogni volta che aveva finito di battere a mac-china la bolla di accompagnamento, grazie a quel numeroi colli viaggiavano per la regione e per l’Italia e per ilmondo senza sbagliare mai la destinazione e arrivandosempre dentro il tempo previsto. Sarebbe così bello, dicevaqualche volta Maria Annunziata a suo figlio, con una vocecosì bassa che non la sentiva nemmeno lei, anzi non sape-va nemmeno se gli stava veramente parlando, o se si era

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addormentata, per la stanchezza, sulla sedia vicino allaculla, e lei gli stava parlando solamente in sogno: sarebbecosì bello se le fortune e le disgrazie arrivassero alle per-sone giuste e al momento giusto, e con precisione e senzasbagli; allora si starebbe tranquilli, veramente, e si potreb-be vivere sicuri, se si sapesse che se ti comporti bene ti vatutto bene, almeno nelle cose importanti, mentre se si ve-desse che a comportarsi male le cose vanno male, più nes-suno si comporterebbe male, non ti pare? Quando il bam-bino aveva ormai un anno e mezzo, e Maria Annunziataaveva cominciato a portarlo al nido della fabbrica dove la-vorava suo fratello, dove le avevano dato il permesso gra-zie al fatto che suo fratello era un operaio tranquillo e sti-mato, e da cinque anni che ci lavorava non aveva mai fattoneanche un giorno di assenza per malattia e tanto meno disciopero, a Maria Annunziata arrivò una lettera di un av-vocato dove si diceva che il signor tale, visto come anda-vano le cose, intendeva proporle la separazione legale,consensuale, con affidamento a lei del figlio, pregandoladi non voler accendere conflitti allo scopo di limitare lespese, e non voler esacerbare la situazione con preteseinutili (c’era scritto proprio «esacerbare»), e dopo qualcheanno, eventualmente, sempre consensualmente, si sarebbepotuti tornare dal giudice per il divorzio, con soddisfazio-ne di entrambi. Quando lesse la parola divorzio Maria An-nunziata si ricordò che il signor tale era quell’uomo che leiaveva sposato, ma la cosa le sembrò così strana e lontana,che si dovesse fare carte e spendere soldi per fare una se-parazione quando c’era già, e che si dovessero tirare den-tro avvocati e giudici, che si rifiutò di considerare quellalettera come una cosa vera, la mise nel cassetto della cuci-na insieme con le bollette e le buste paga e le copie deimodelli 101, tutte cose da pagare, e se la dimenticò. Ilbambino le cresceva bene, Maria Annunziata cominciava aparlargli e lui aveva cominciato a risponderle, facendo deibalbettamenti, poi delle parole scorciate o condensate, didue o tre parole ne faceva una sola, che dicevaall’improvviso, rovesciando la testa, e poi rideva; poi ave-

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va cominciato a fare delle frasi, a dire voglio questo e nonvoglio quello, e correva sempre in giro per le due stanzedella casa toccando le cose e dicendo come si chiamavano,e quando non si ricordava il nome se l’inventava, o gli da-va il nome di una cosa che gli somigliava, la poltrona adesempio si chiamava zio perché lì si sedeva sempre il fra-tello di Maria Annunziata quando veniva a trovarla due otre volte la settimana, la domenica quasi sempre; e poicominciò a fare proprio dei piccoli discorsetti, ormai an-dava dalle suore dell’asilo che per la sua condizione, po-veretto, avevano fatto a Maria Annunziata anche una rettadiminuita che era veramente poco, e quando Maria An-nunziata andava a prenderlo cominciava già durante ilviaggio nella cinquecento a raccontarle cosa aveva fatto, equanti sassolini aveva visto nel cortile, e che durante il ri-posino aveva aperto gli occhi e aveva visto le suore cheparlavano tra loro e che ridevano, ma poco poco, e chel’Eugenia aveva fatto un salto nel cortile sopra un buco e siera fatta male e allora tutti i bambini le erano andati intor-no e le avevano dato tutti i bacini e così lei non aveva piùpianto; in somma, era impossibile fermarlo e Maria An-nunziata non parlava quasi più, era il bambino che le rac-contava il mondo, stava zitto solo quando si mettevano,alla sera, sul divano, a guardare la televisione; e MariaAnnunziata era contenta perché il mondo, lei, non lo ve-deva quasi più; tre sere alla settimana andava a un corsodi informatica, dopo il lavoro che finiva alle cinque, per-ché il padrone aveva detto chiaro e tondo che dentro unanno o un anno e mezzo avrebbe informatizzato tutto, echi fosse stata capace di cavarsela, bene, e chi non fossestata capace, mica poteva occuparsi lui di insegnare allagente il loro mestiere; la domenica pomeriggio, poi, MariaAnnunziata lasciava il bambino dai nonni e andava dallafidanzata del fratello che aveva studiato ragioneria, e si fa-ceva fare una ripassata di prima nota e contabilità, chepoteva sempre servire per restare a galla: in somma, erasempre di corsa qua e là, le sere che andava al corso por-tava il bambino dai nonni o suo fratello lo andava a pren-

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dere direttamente all’asilo, se aveva il turno giusto; ognigiorno bisognava programmarlo; al bambino i nonni rac-contavano le favole, il fratello invece lo portava in giro conla macchina, gli faceva vedere i paesi, gli comperava learanciate e i gelati, e il bambino ritornava a casa con gliocchi ancora più pieni di mondo e con la bocca che gli tra-boccava di parole, e teneva sveglia Maria Annunziata checrollava dal sonno raccontandole delle automobili che an-davano in giro per la notte con le luci accese, e che lo ziose l’era fatto sedere sopra e gli aveva fatto tenere il volan-te, e che nel bar dove si erano fermati c’era il juke-box checantava e che suonava la batteria; e raccontava e racconta-va, e Maria Annunziata perdeva il sonno ma prendeva unpo’ di coraggio: era felice, quasi. Dormivano insieme nelletto grande, da quando il bambino non c’era stato piùnella culla, perché Maria Annunziata voleva rimandare ilpiù possibile la spesa del letto, non avrebbe saputo nean-che dove metterlo perché la casa era fatta solo daun’entratina, la cucina a sinistra, la camera da letto a de-stra, il bagno difronte alla porta d’ingresso, più il casottofuori come sgabuzzino; da un po’ di tempo suo fratellostava tormentando quelli del comune, un amico geometragli aveva fatto un progettino gratis, perché le dessero la li-cenza per costruire un’altra stanza da collegare con la ca-mera da letto, come aveva fatto dall’altra parte quello cheaveva l’altro appartamento a piano terra, in modo che ilbambino avesse una stanza tutta per sé: non perché servis-se veramente, ma perché Maria Annunziata ci teneva,quando diceva «una stanza tutta per sé» si capiva che pen-sava che senza quella stanza il bambino sarebbe venuto sucome privato di una cosa indispensabile: l’abbiamo sem-pre sballottato di qua e di là, diceva, per quel poco che inquesta casa ci sta sarebbe bello se ci stesse come a casa sua,non come a casa di sua madre. La malattia mortale eracominciata con un po’ di sonno, degli sbadigliamentiprolungati che non facevano paura a nessuno, poi dopopochi giorni, era venuta un po’ di febbre, ma appena ap-pena, e tutti avevano pensato all’influenza, il bambino non

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era andato all’asilo ma era restato in casa dei nonni, equando Maria Annunziata andava a prenderlo lo avvol-geva per bene dentro una coperta, e non spegneva nean-che il motore della cinquecento, mentre si fermava a faredue parole con i suoi, perché dentro ci restasse il caldo. Ilmedico aveva detto di aspettare che passasse, che non va-leva la pena di dargli farmaci che potevano dargli più fa-stidio che sollievo, e d’altra parte il bambino non si la-mentava neanche, era solo sempre un poco stanco, dor-micchiava sul divano dei nonni mentre gli raccontavano lefavole, arrivato a casa si addormentava con un sonno cosìsolido che alla mattina, quando Maria Annunziata lo sve-gliava, protestava che era appena andato a letto e non vo-leva alzarsi. Dopo quattro o cinque giorni di febbricola inonni telefonarono a Maria Annunziata in agenzia che ilbambino respirava male e che lo portavano al pronto soc-corso; Maria Annunziata scappò via di corsa senza aspet-tare il padrone che era fuori e in ospedale trovò il bambinoche era morto, era piccolo e pesante e non rispondeva, eMaria Annunziata lo abbracciò ma non volevano che loabbracciasse, lottò con gli infermieri che la trattenevano, sisvincolò e si buttò per terra e cominciò a gridare e a roto-larsi, i familiari e gli infermieri che cercarono di calmarlasi presero calci e pugni, e andò avanti un’ora con la voceche le si era spezzata, le uscivano dalla bocca dei fischi, unrumore come un uggiolio di un cane, finché rimase, facciaa terra, in mezzo alla stanza, circondata da persone spa-ventate, e poi due infermieri si fecero coraggio e la raccol-sero, la portarono in un’altra stanza e la misero su un letto,dove dormì senza mai muoversi, sembrava neanche respi-rasse, per tutta la fine del pomeriggio e per la notte dopo.Alla mattina Maria Annunziata si lavò nelle doccedell’ospedale, poi andò all’agenzia di trasporti a scusarsicon il padrone per essere scappata a quel modo e a chie-dergli tre giorni fino al funerale, sperando che non ne ser-vissero di più, perché i medici volevano trattenere il bam-bino per scoprire di quale malattia era morto; il padrone leconcesse, raccomandandole di non mancare dopo i tre

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giorni, perché le nostre disgrazie vanno e vengono, ma dilavoro ce n’è sempre, e poi non c’è migliore medicina dellavoro, buttandosi nel lavoro passano i cattivi pensieri,addirittura il padrone conosceva persone che dalle propriedisgrazie avevano tratto le energie per costruire una car-riera di prestigio, cosa che non erano riusciti a fare finchéerano vissuti felici e contenti, ignorando la durezza dellavita. Maria Annunziata ringraziò il padrone, andò in cittàe si comperò una specie di tailleur tutto nero con la gonnasotto il ginocchio e stretta, quasi a tubo, elasticizzata, e lagiacca corta e senza bottoni. Poi andò a casa dei suoi e perdue notti dormì lì, nel letto che era stato suo qualche annoprima, mentre il fratello provvedeva a fare le pratiche incomune e con l’ente cimiteriale, perché un’agenzia avreb-be voluto chissà quanti soldi. Il terzo giorno ci fu il fune-rale con tanta gente, mezzo paese, i bambini dell’asilo conle suore, tutti i familiari e i parenti di Maria Annunziata.Maria Annunziata era una bella donna, con la pelle scura ele ossa larghe, asciutta più che magra, con i capelli nerilunghi quasi ricci e gli occhi neri, la bocca grande con lelabbra dello stesso colore della pelle: per tutto il funeralestette dura e rigida, senza piangere una sola lacrima, e agliabbracci di chi l’abbracciava non rispondeva conl’abbraccio, o rispondeva in ritardo, come chi sia statotolto da una distrazione completa e ci metta del tempo aritrovarsi e a comportarsi nel modo giusto. Suo fratello lestava vicino come un guardiano, perché il giorno primaaveva telefonato, e per caso aveva preso il telefono lui, ilmarito di Maria Annunziata, furioso, gridandogli che erascandaloso che non gli avessero detto niente, e che gli fos-se toccato di leggere la notizia sul giornale, e che adessodovevano stare bene attenti che lui non li denunciasse,perché lo aveva capito anche troppo bene che quel bambi-no lo avevano sempre odiato solo perché era figlio suo, eche lo avevano lasciato morire per cancellare tutti i segnidella sua esistenza, avevano approfittato della prima occa-sione, una cosa che neanche i selvaggi dell’Africa, e co-munque non si aspettassero più nessuna cosa da lui,

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ormai, dopo una cosa così mostruosa come quella cheavevano fatta, delle vipere come loro non ne aveva vistemai, anche disposte a sacrificare una creatura pur di farela figura dei poveracci, sempre lì a buttare via la vita a farelavori che ti spaccano la schiena in cambio di due lire,neanche la voglia di vivere decentemente; il fratello diMaria Annunziata lo aveva ascoltato fino in fondo, equando quello si era stancato non aveva più saputo cosadirgli, tanta la rabbia in corpo; e gli aveva detto solo chenon si facesse vedere, che era precisamente quello chequell’altro aveva voluto farsi dire, ma il fratello non se neera reso conto sul momento: per questo al funerale stavavicino a Maria Annunziata come un guardiano, come perproteggerla, e continuava a guardare la gente intorno congli occhi neri fissi, con una faccia da odio più che da dolo-re. Ma il marito di Maria Annunziata non si fece vivo, nénessuno dei parenti da quella parte, che in effetti si eranovisti solo al matrimonio, e il funerale andò benissimo, conMaria Annunziata che restò seria e dura fino alla fine, sen-za dare neanche segni di stanchezza, senza una sola lacri-ma: la gente lo capì, e capì che quello era un dolore che eradiventato una cosa, come un organo interno del ventre cheall’improvviso diventa duro come una pietra, da morbidoche era, e pesa senza quasi fare male: ma pesa, e lo si sentesempre, nel movimento come nella quiete. Alla sera,mentre i genitori di Maria Annunziata preparavano unacena fredda per i parenti venuti giù da lontano, perchénon affrontassero un viaggio di qualche ora in automobilecon lo stomaco vuoto, e si riposassero anche un poco se-duti, Maria Annunziata parlò per salutare tutti, sempre se-ria seria, ma con una voce viva, una voce che stupì. Si feceaccompagnare a casa dal fratello e lo salutò abbraccian-dolo e baciandolo, e poi lo baciò di nuovo, sulle guance esulla fronte, quasi piangendo un poco, così sembrò al fra-tello, ma veramente appena appena. In casa Maria An-nunziata si tolse il vestito nero e si fece una doccia, poi simise la vestaglia di spugna colorata, fiori bianchi azzurri egialli, si puntò i capelli sopra la testa e preparò un po’ di

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minestra per due. Sedettero a tavola, ma Michele era stan-co e non aveva voglia di mangiare, dopo una giornata cosìfaticosa: così Maria Annunziata prima gli fece un po’ dimoine perché mangiasse, poi rinunciò e mangiò anche laminestra di lui, perché non si sprecasse la roba. Michelestava zitto e fermo sulla sedia, con le braccia sopra il ta-volo, sembrava incantato, muoveva solo la testa per segui-re i movimenti della mamma dentro la cucina, ma poco.Andarono a letto presto, nel lettone grande, e Maria An-nunziata si spaventò quando vide che Michele era diven-tato così sottile e leggero che pareva non premesse nean-che il materasso, che era morbidissimo; poi pensò che conil tempo si sarebbe rimesso, che lei avrebbe dovuto trat-tarlo con molta cura, avere molta pazienza, offrirgliun’infinita protezione. La mattina dopo Maria Annunziataportò Michele dalle suore, come al solito; la suora che leaprì la porta la guardò un po’ strana, poi le disse «sì sì,certo», e si fece in parte per far entrare Michele, che sci-volò dentro, poi quando Maria Annunziata le disse chequella sera sarebbero venuti a prenderlo i nonni, come alsolito, la suora disse ancora «sì sì, certo», e le fece un pic-colo sorriso timido, imbarazzata. Alla sera Maria Annun-ziata litigò con i genitori, quando passò da loro a ricupera-re Michele e non lo trovò, e alla fine dichiarò che si sareb-be arrangiata, da allora in poi, che si sarebbe tirata su Mi-chele da sola; e andò a riprenderselo dalle suore, che glieloriconsegnarono (bastò aprire un poco la porta, e Michelescivolò fuori) ancora con quell’aria smarrita, e le disseroche il ritardo non importava e che Michele era stato buonoe non aveva dato fastidio a nessuno, e quando Maria An-nunziata chiese se avrebbero potuto tenerglielo un due oree mezza in più, da allora in poi, per le tre sere alla setti-mana che lei andava al corso di informatica, magari pa-gando un po’ di retta in più, le suore si consultarono unmomento e poi le dissero «sì sì, certo», sorridendole anco-ra, e che non importava per la retta. Maria Annunziatasperava che Michele si riprendesse, con un po’ di pazien-za, ma dopo qualche settimana cominciò a preoccuparsi

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perché Michele le sembrava sempre stanco, dimagriva,non parlava. Tutte le sere Maria Annunziata preparava damangiare per due, Michele si sedeva difronte a lei e nonmangiava niente, non beveva, sembrava che non sentissenemmeno l’odore dei cibi, il suo viso piccolo tenevaun’espressione concentrata, attenta, come uno che aspettache succeda una cosa prevista, come il risultato di unesperimento, ma Maria Annunziata non sapeva indovina-re su quali pensieri Michele si concentrasse, e a quali av-venimenti fossero riservate la sua attesa e la sua attenzio-ne; così tutte le sere Maria Annunziata finiva col mangiaretutte e due le cene, perché le dispiaceva buttare via la ro-ba, e le si sarebbe spezzato il cuore a mettere un solopiatto sulla tavola, e a vedere un solo piatto dentrol’acquaio. Tutte le sere Maria Annunziata, quando portavaMichele a casa in cinquecento, lo riempiva di domande, glichiedeva che cosa avesse fatto durante il giorno, e che cosaavessero fatto i suoi piccoli compagni, dei quali tutti leiaveva imparato i nomi proprio da Michele, a forza di sen-tire raccontare le meravigliose avventure nel giardinodell’asilo; ma Michele, adesso, restava silenzioso nel suosedile, silenzioso a casa, silenzioso sempre. Una sera Ma-ria Annunziata, che era passata a prendere Michele abba-stanza presto, si confidò con suor Devoto, che era la supe-riora delle quattro suore dell’asilo, una ragazza giovanecon le mani grandi, dall’aria energica e buona, che avevasostituito da qualche mese suor Rosario, che con l’età eradiventata troppo debole e troppo sorda maneggiare ibambini: suor Devoto la lasciò parlare per un’ora, con pa-zienza, mentre Michele stava da solo a giocare nella salagrande dell’asilo, poi cominciò a parlare lei, un po’ lenta-mente come una persona che sta molto attenta a dire tuttogiusto, e le disse che all’asilo Michele si comportava esat-tamente come a casa, che stava per conto suo, che nonmangiava né la merendina a metà mattina né niente all’oradel pranzo; fu d’accordo che probabilmente era una que-stione di tempo, la rassicurò che il tempo avrebbe messotutto a posto, «ne vediamo tanti di bambini, noi», inten-

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dendo dire che la sua esperienza le diceva che le cose si ri-solvono, che sono spesso meno gravi di quello che sembraai genitori, troppo concentrati nell’affetto rivolto a soleuna o due creature; poi le suggerì, lo disse con dolcezza ealla fine, che forse questo stato di tristezza del bambinoera dovuto in una piccola parte, come qualche volta suc-cede, a un po’ di disorientamento, o di stanchezza, forseaddirittura a un po’ di depressione della madre, dopotanti dispiaceri, con questa vita che è così difficile, e perMaria Annunziata era stata particolarmente difficile; e lesuggerì di cercare un poco di allegria e di distrazione, difar la pace con i genitori che in fondo erano stati colpevolisolo di una piccola dimenticanza, eventualmente di farsidare anche un’occhiata da un medico, che non ci fossemagari qualche piccolo malessere, qualche piccolo distur-bo non grave ma sensibile; i bambini sono così sensibili,sempre, più di noi che siamo presi dalle cose della vita; eimmaginava che Maria Annunziata avesse un suo buonmedico personale, ma ogni tanto anche sentire il parere diuna persona diversa può essere utile, questi medici di basedevono seguire una quantità di persone e alle volte nonhanno proprio la possibilità materiale di dare a tuttil’attenzione che ci vorrebbe, e in somma le suore avevanoun medico che passava da loro una volta al mese, se MariaAnnunziata avesse voluto bastava mettersi d’accordo, peril medico non ci sarebbe stato nessun problema e non lesarebbe costato niente, figurarsi; le avrebbero telefonatoloro un giorno o due prima, senza problemi. Maria An-nunziata accettò volentieri, anche perché le piaceva l’ideache, forse, il malessere che sentiva apparteneva a lei, e nona Michele: perché Michele era piccolo, lei invece era gran-de e forte, ed era sempre stata brava a sopportare tutti imali. Il medico passò due settimane dopo, e visitò MariaAnnunziata nell’infermeria dell’asilo: era una donna alta,bionda, grossa, rumorosa; visitò Maria Annunziata da ca-po a piedi, continuando a chiacchierare; le raccontò cheera stata novizia in convento, per due anni, prima di sce-gliere la laicità e la professione medica, e proprio in con-

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vento aveva conosciuto suor Devoto, che aveva comin-ciato il noviziato quando lei stava per finirlo; e poi eranorimaste sempre amiche. Le raccontò di suo figlio, che ave-va tre anni, era biondo e ne combinava una strage; disseche suor Devoto le aveva raccontato un po’ come stavanole cose, ma così sulle generali, per discrezione, e che erameglio se Maria Annunziata le raccontava tutto da capo.Mentre Maria Annunziata raccontava il medico la guar-dava attentamente, e quando Maria Annunziata ebbe fi-nito di raccontare le disse che, già che c’era, le sembravasensato dare un’occhiatina anche al bambino. Maria An-nunziata andò a prendere Michele nella sala grande e lofece entrare nell’infermeria, bastò aprire un poco la porta eMichele subito scivolò dentro, e il medico spedì MariaAnnunziata in cerca di suor Devoto, che doveva essere incucina a preparare la cena, tanto per visitare il bambinonon ci voleva tanto. Suor Devoto fece chiacchierare un po’Maria Annunziata, poi andarono insieme all’infermeria etrovarono che il medico aveva già finito, e disse che per leiil bambino non aveva niente, invece aveva preparato unaricetta per Maria Annunziata, e disse che effettivamente laaveva trovata molto stanca e un po’ depressa fisicamente,e che non c’era niente di grave ma c’erano dei farmaci chepotevano aiutarla a sentirsi più distesa, più tranquilla, adifendersi da quella punta di angoscia che lei aveva dettodi sentire nel petto e nel ventre quasi di continuo. Co-munque le consigliava di fare un salto, la prima volta chele fosse capitato di andare in città, al centro di aiuto allavita, che era aperto anche al sabato pomeriggio, non oc-correva nemmeno telefonare, e le diede anche l’indirizzo,dove c’era anche sempre uno psicologo che prestava ser-vizio volontariamente e gratuitamente: tante volte, disse ilmedico mentre si metteva il soprabito, una depressione oun’angoscia si curano meglio parlando un po’ con la per-sona giusta, che riempiendosi la pancia di farmaci, e tantevolte la persona giusta è proprio una persona estranea chenon si fa coinvolgere dai nostri pensieri e per questo cipuò dare della serenità che da soli non saremmo mai ca-

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paci di procurarci; e poi il medico scappò via, sorridendo,dicendo che si era fatto tardi e che aveva un marito e unfiglio che in quel momento stavano morendo di fame a ca-sa, e tutta la spesa ce l’aveva lei nell’automobile: «anch’io,come tutte, sono una casalinga con la fissazione di volerlavorare», disse, e abbracciò suor Devoto e strinse la manoa Maria Annunziata, una stretta forte, buona. Maria An-nunziata prese le medicine che le aveva prescritto il medi-co e si sentì effettivamente più tranquilla e più in forze;alla sera scivolava svelta nel sonno, anche il lavoro le eradiventato meno pesante, come un’abitudine che non lasciatracce e scorie, e dal corso di informatica veniva fuori nonproprio cantando, ma in somma ancora in grado di starein piedi. Anche Michele le sembrava un po’ pacificato, lasua faccina era più distesa, anche molto più bella; le sem-brò che non fosse più perso eternamente in pensieri suoi,anzi quand’erano insieme sentiva che la guardava, mentrepreparava la cena o lavava i panni o faceva le pulizie percasa si sentiva gli occhi addosso; se si voltava a guardarlolui la guardava negli occhi, quieto, amoroso. Però nonmangiava, e ogni sera Maria Annunziata preparava cosedolci, piatti golosi, abbondanti perché pensava che quan-do Michele avesse ricominciato a mangiare avrebbe do-vuto mangiare molto, per compensare tutto quel digiuno;ma tutte le sere finiva col mangiare tutto lei, quello chemetteva sul suo piatto e quello che metteva sul piatto diMichele, per non buttare via la roba buona e per non sen-tirsi sola poi guardando nell’acquaio. Così Maria Annun-ziata era diventata grassa, da asciutta che era, tanto chealla fine dell’estate aveva dovuto allargarsi qualche gonnae comperare qualche capo nuovo; siccome non volevaspendere aveva preso solo l’essenziale, così tutte le sereaveva qualche cosa da lavare e da stirare, e le scocciava unpo’ che in agenzia la vedessero sempre con le stesse coseaddosso, ma in fondo non gliene importava niente. Com-pensò con un po’ più di trucco, più accurato, e le bastava,e poi era diventata più allegra, se ne rendeva conto leistessa, e le sembrava che l’accorgersi di sentirsi allegra le

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aumentasse l’allegria. Si preoccupò solo un poco quando ilpadrone, una sera, la bloccò all’uscita per chiederle se percaso si era messa in testa di fare un altro bambino; MariaAnnunziata restò imbambolata per la sorpresa, il padronenon le dava spiegazioni, si limitava a guardarle la facciatruccata, e poi, più giù, sotto il seno, il corpo che si era ar-rotondato e appesantito; e taceva. Quella sera, a casa, Ma-ria Annunziata pensò che un altro bambino le sarebbe pia-ciuto, forse, e che avrebbe tenuto compagnia a Michele, loavrebbe aiutato a liberarsi dalla sua apatia; ma con chi loavrebbe potuto fare, un bambino? Suo marito era sparitoda anni, erano veramente anni, e Maria Annunziata daquella volta non aveva più guardato uomini, non avevapiù provato desideri. Le sarebbe piaciuto, ecco, pensò Ma-ria Annunziata a letto, prima di addormentarsi, che Mi-chele avesse un padre come suo fratello, che era statosempre buono e giusto; ma suo fratello era sposato ormai,e sua moglie era una così cara ragazza, anche se da quan-do Michele era morto si erano visti meno, e le sembravache suo fratello avesse preso verso di lei una timidezzastrana, una specie di paura. A metà della notte Maria An-nunziata si svegliò sentendo Michele che respirava male evide che durante il sonno era dimagrito rapidissimamente,quasi non lo si vedeva più tra le lenzuola e le coperte; lorianimò abbracciandolo, baciandolo, dicendogli parole;quando lo vide tranquillo andò in cucina a bere un po’ diacqua, perché era tutta sudata e si sentiva la bocca cattiva.Si ricordò del sogno mentre apriva il rubinetto, lei stavasognando di fare l’amore con suo fratello, era molto bello,nudo, con il sesso pieno, e risentì, con un brivido, il desi-derio che nel sogno aveva avuto di quel sesso. Il ricordodel sogno era piacevolissimo e vergognò di questo: pensòche Michele si era sentito male a causa del suo sogno, per-ché il suo amore verso di lui si era distratto verso un altro;allora Maria Annunziata si rese conto che il medico avevaproprio ragione, e che quello che le era sembrato un ma-lessere di Michele in realtà era un malessere suo, che sitrasmetteva a Michele: il suo malessere era che non riusci-

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va a mantenere stabile e continuo il suo amore verso Mi-chele: Michele non mangiava perché l’unico alimento chepoteva desiderare, adesso che era morto, era l’amore chelei dava a lui. Si sentì in colpa perché aveva mancato inamore e si ripromise di dedicarsi in futuro esclusivamentea Michele, di sottrarsi a tutte le distrazioni; per prima cosadecise di toglierlo dall’asilo, perché pensò che affidare unfiglio a persone estranee è il primo segno della mancanzadi amore. Michele rimaneva in casa quando lei usciva, leigli lasciava delle merendine su un piatto, appoggiato suuna sedia in modo che potesse arrivarci, nel caso gli venis-se fame. Le suore telefonarono dopo un paio di giorni eMaria Annunziata spiegò loro tutta contenta che le parevadi avere trovata la soluzione della cosa, o la strada giustaalmeno, ed era molto grata a loro perché la avevano aiu-tata in questo senso, però rimase molto stupita quando lesuore le dissero che secondo loro non era il caso che Mi-chele rimanesse sempre chiuso in casa, e che almeno qual-che volta poteva portarlo all’asilo, così avrebbero avutaoccasione di vedersi anche loro e di scambiare quattrochiacchiere, e difronte a questa ottusità Maria Annunziatadiventò furiosa, e si ricordò di una cosa che aveva sentitodire una volta, che le suore si occupano sempre di bambinialtrui perché non possono averne di loro, e si rese contoche le suore erano gelose, e che cercavano di portarle viaMichele, e allora disse loro questa cosa con la rabbia che letraboccava, e poi buttò giù il telefono e prese in braccioMichele e lo baciò e lo bagnò di lacrime e gli chiese di per-donarla di averlo lasciato per tanto tempo nelle mani dipersone così cattive, che magari quella storia della malat-tia che poteva essere sua invece che di Michele se l’eranoimmaginata proprio per portarle via Michele, con la scusache lei era una madre malata, per fortuna che proprio il lo-ro trucco le aveva rivelato la cosa giusta da fare. Michele lesembrò più contento e il giorno dopo Maria Annunziatatirò fuori la vecchia lettera dell’avvocato di suo marito escrisse, certo che voglio separarmi e anche divorziare, fatele carte voi, costi quel che costi, e la pratica andò così bene

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che riuscì a fare tutto senza bisogno mai di incontrare ilsuo ex marito, e il giorno che le arrivò a casa l’atto con lefirme e i timbri si sentì scoppiare di gioia, e lo fece vederea Michele anche se non sapeva leggere, gli spiegò per filo eper segno di che cosa si trattava, e che grazie a quel pezzodi carta ormai non c’era nessun legame tra lei e quell’altrouomo, lei era tutta del suo Michele e non c’era nessunoche si potesse mettere in mezzo. Michele le sembrò con-tento e le sembrò addirittura che alzasse le braccine perabbracciarla, come se finalmente gli fosse ritornata dellaforza, e quella sera stessa Maria Annunziata saccheggiò ilsupermercato e combinò una cena incredibile, tutta fattadi dolci e di cose buonissime, un intero piatto di salmoneaffumicato, sperando che questa liberazione permettessefinalmente a Michele di mangiare qualcosa, ma Micheleancora una volta non mangiò niente, anche se per tutta lacena le stette seduto difronte con un bel sorriso sulla boc-ca, e continuò a sorridere finché Maria Annunziata nonebbe mangiato tutto, dal risotto di funghi al salmone atutti i dolci, e a Maria Annunziata sembrava quasi cheogni boccone che mangiava lei aumentasse l’aria di con-tentezza di Michele, o forse Michele la prendeva un pocoin giro, perché a forza di preparare manicaretti per lui eradiventata veramente golosa anche lei, e la donna bella easciutta era diventata una specie di monumento: però,quando lo raccolse dalla sedia per portarlo a letto, a MariaAnnunziata sembrò che a Michele piacesse tanto quellacosa morbida che lei era diventata, così si sentì più con-tenta anche lei e si addormentò, quella notte, con il bam-bino steso sulla pancia, la testina sopra il seno, in una feli-cità che da molto tempo non aveva più sentito. A causa diquesta felicità Maria Annunziata si sentì sicura, e così de-cise di costruire la stanza per Michele, anche se sarebbestato un bel problema per i soldi, nonostante tutto erasempre presa per il collo, anche la separazione e il divor-zio erano stati un costo. Il fratello aveva procurata da unpezzo la licenza edilizia e si era fatto fare dei preventivi,così a Maria Annunziata bastò telefonare e il capo

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dell’impresa le disse: d’accordo, subito appena possiamo. Ilavori cominciarono in maggio e durarono un paio di me-si, perché l’impresa aveva tre o quattro cantierini impian-tati e gli operai ci lavoravano a turno e poi lasciavano ri-posare il già fatto; comunque la stanza venne su bella eproprio come Maria Annunziata la aveva voluta, attaccataalla casa per un lato solo, con la porta che dava sulla ca-mera di Maria Annunziata, e tre finestre grandi sui tre lati,in modo che la stanza ricevesse tutta la luce del mondo, alcontrario del resto della casa che era sempre stato un po’buio; dentro la stanza nuova Maria Annunziata non misequasi nessun mobile, soltanto un letto molto piccolo, per-ché Michele era piccolo, e una specie di cassapanca sottouna finestra per tenerci i vestitini; Maria Annunziata pen-sava che in fondo la cosa che piaceva di più a Michele erastare a guardare, e quindi le finestre grandi eranol’arredamento migliore; alle finestre appese delle tendeleggere e colorate: una azzurra con dei voli di rondini; unagialla con tanti fiori tutti differenti tra di loro, alcunienormi alcuni piccolissimi; una rosa chiara con ricamatibambini e bambine, tanti, affollati attorno a un tavolo dicucina, tutti con il cucchiaio in mano e una scodella da-vanti, mentre in fondo al tavolo una bambina in piedisulla sedia con il mestolo in mano sembrava pronta a tirarfuori dalla terrina della zuppa o della cioccolata: tutti ibambini erano voltati verso il centro della stanza di Mi-chele, e guardavano verso chi li guardava, e sembravanoindicare, con la mano o con il cucchiaio, oppure con gli oc-chi, la seggiolina più vicina a chi guardava, che era vuota;e qualcuno dei bambini aveva la bocca semiaperta, comestesse dicendo: vieni. Maria Annunziata ricamando avevacercato di mettere dentro la tenda le facce di tutti i bambi-ni che frequentavano l’asilo quando ci andava ancora Mi-chele, e le pareva che le fossero venute abbastanza bene,anche se, mentre le ricamava, le faceva un po’ impressio-ne, perché se usciva di casa per andare a fare la spesa epassava un minuto in piazza, le sembrava sempre di in-contrarne qualcuna, di quelle facce, ma in cima a dei ra-

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gazzi e delle ragazze già grandi, qualcuno con il motorino,o con la borsa della scuola, o già con gli attrezzi del me-stiere in mano: una volta, d’inverno, se n’era trovate di-fronte due, di quelle facce, che si baciavano, mentre i lorocorpi enormi stavano appoggiati proprio alla sua cinque-cento, forse perché aveva il motore ancora un po’ caldo, eintanto le mani affondavano dentro i cappotti, e sembra-vano muoversi, come in una esplorazione alla cieca.Quando la stanza fu finita Maria Annunziata cominciò aportarci dentro Michele durante il giorno: lo lasciava lì allamattina quando usciva per andare a lavorare, con la me-rendina in un piattino sopra la cassapanca, e lo trovava lìalla sera quando ritornava; a Maria Annunziata sembravache Michele ci stesse volentieri, che gli piacesse avere unastanza tutta per sé, anche se apparentemente non ci facevaniente, come al solito non mangiava neanche le merendi-ne; forse stava tutto il giorno lì seduto, sopra il letto, dovelo metteva Maria Annunziata alla mattina, per infilargli icalzini e le scarpette prima di scappare via, visto che allasera lo trovava ancora lì, tranquillo e buono. Michele nonsembrava né felice né infelice della sua nuova stanza, co-me non ci fosse stato nessun cambiamento, tanto che ungiorno Maria Annunziata pensò che forse aveva fatto unosbaglio, si sentì venire l’agitazione e così decise di sbrigar-si; quella sera preparò tutti e due i letti, poi stese Michelenel suo letto nella stanza nuova, e gli fece un piccolo di-scorso tenendolo per la mano, e dicendogli che quellastanza era sua, era tutta sua, e così lui poteva consideraredi possedere un intero pezzetto del mondo, ben delimita-to, e questo non voleva dire che lui non ne potesse uscire,ma che quello spazio era suo e che nessuno al mondoglielo avrebbe tolto; quella stanza, disse Maria Annunzia-ta, Michele doveva considerarla era utile e preziosa comela sua stessa anima, e perciò poteva metterci dentro tuttele sue cose e anche tutti i suoi pensieri, tutti i gesti e i mo-vimenti, tutti i sogni e le immaginazioni: quando si ha unastanza tutta per sé, i sogni che si fanno di notte rimangonosempre dentro la stanza, non se ne vanno non perché non

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possano ma perché dentro la stanza ci si sentono bene, so-no a casa loro, e così quando si vuole basta chiudere gliocchi e si possono rifare tutti i sogni, quelli brutti se si havoglia di avere un po’ paura, quelli belli se si ha voglia disorridere durante il sonno: e così tutti i tuoi pensieri e tuttele immaginazioni si conservano nella stanza; e così, disseancora Maria Annunziata, per mezzo della tua stanza nonc’è nessunissima parte di te, nemmeno la più piccola e lapiù trasparente, buona o cattiva che sia, che possa esseredispersa nel mondo; tutto è contenuto nella tua stanzacome tutto è contenuto nella tua anima, anche se non sivede e non si sente, ma se lo chiami torna subito; e così, fi-nì Maria Annunziata, noi ci difendiamo dalla morte, per-ché la morte non è una cosa che può succedere improvvi-samente, la morte improvvisa è uno scherzo, è come unvelo buttato sopra il corpo, ma trasparente: la morte vera èla consumazione, la perdita di piccolissimi pezzi di noidurante i giorni, come la vaschetta dell’acquasanta che c’èin chiesa, che dove tutti toccano si è consumata e ha fattoun solco; quando noi perdiamo uno di questi piccolissimipezzi, il suo posto viene preso da un piccolissimo dolore, ecosì dopo tanto tempo noi sembriamo ancora interi, e in-vece siamo fatti di dolori, finché alla fine i dolori si pren-dono tutto, di noi non è rimasto più niente, e così è morire.Maria Annunziata abbandonò Michele nella sua stanza,chiuse la porta che la divideva dalla stanza dove Micheleaveva sempre dormito con lei nel letto grande, e cercò didormire ma non ci riuscì, perché dormiva sola per la pri-ma volta. Senza che lei volesse il braccio continuava a cer-care nella parte vuota del letto, e non prendeva niente, eogni movimento a vuoto faceva stare Maria Annunziatasempre più male. La stanza era molto buia, perché per co-struire la stanza di Michele era stata chiusa una delle duefinestre, e se di giorno la stanza sembrava addirittura piùluminosa di prima, ricevendo molta luce dalla portaaperta della stanza di Michele, in quella notte le sembròche il buio fosse insopportabile, e che nel buio si muoves-sero animali, venti misteriosi, mani che toccavano il suo

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corpo senza prendere e senza farsi prendere, come unatortura di carezze sempre sul punto di trasformarsi incoltelli. Si addormentò alla fine e sognò Michele che nellastanza nuova, steso nel letto, con le mani sotto le lenzuola,si toccava il sesso e lo accarezzava, finché il piccolo sessosi ingrossava, diventava di un rosa più intenso, strano so-pra quel corpo così leggero e chiaro, e allora le mani lo ab-bandonavano, esploravano le altre parti del corpo,l’interno delle cosce, la pancia morbida, i due piccoli ca-pezzoli, la curva delle anche: Michele ripeteva i movi-menti, rimanendo sempre supino, e poi tornava ad acca-rezzare il sesso, solo con le punte delle dita, finché MariaAnnunziata vide che quasi un brivido lo prendeva, e allo-ra Michele si inarcò, spingendo in alto il bacino, piegò ilbraccio sinistro sotto la schiena come per sostenersi, e fi-nalmente dalla punta del sesso uscì un piccolo zampilloquasi trasparente e molto liquido, che si sparse sulla pan-cia e colò subito sui fianchi, bagnando la maglietta e lelenzuola; e Michele si abbandonò, per qualche secondoancora preso dal brivido, poi tranquillo, immobile comeuno che dorme senza fare sogni. Maria Annunziata si sve-gliò con il mal di testa e con i capelli tutti aggrovigliati,appena sveglia si precipitò nella stanza nuova e afferròMichele, abbracciandolo, ricoprendolo di baci, dicendoglidelle cose tenere e confuse, chiedendo perdono, perdonoper i suoi errori. Quel giorno stesso Maria Annunziatacominciò la preparazione del matrimonio. Prima di tuttodoveva ridiventare bella come sapeva di essere stata, e simise a dieta. Per quattro mesi mangiò quasi solo insalate,senza nessuna tentazione di fare diversamente, perché loscopo per il quale faceva questa cosa sovrastava tutto. Ildigiuno non le tolse le forze, e come per miracolo il suocorpo riacquistò le forme di qualche anno prima, la mu-scolatura si riassodò, la pelle sembrò restringersi, non ap-parvero né rughe né smagliature. Quando fu perfettacomperò un vestito da sposa: bianco, con una gonna am-pia, un corpetto ricamato, un bolero trasparente di organ-za. Michele dormiva sempre con lei, però Maria Annun-

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ziata aveva deciso che prima del matrimonio non loavrebbe toccato: voleva che il secondo matrimonio fossecosì perfetto da cancellare del tutto il primo, renderlo de-finitivamente inesistente. Durante la dieta di Maria An-nunziata Michele aveva cominciato a crescere, lentamentee regolarmente, pur continuando a non mangiare; ognitanto Maria Annunziata lo guardava, e pensava a comeera stata stupida per anni, a cercare di nutrirlo e farlo cre-scere con il cibo, mentre a lui serviva solo che lei lo amas-se, unicamente incondizionatamente; sarebbe stato cosìsemplice se lei avesse capito subito, avrebbero evitato disprecare tanti anni, avrebbero potuto avere una felicità co-sì grande, era a portata di mano, per colpa sua non erastata presa. A Maria Annunziata sembrava che la quantitàdi grasso che aveva riempito il suo corpo corrispondesse,in maniera evidente, ma inutilmente per il suo rifiuto dicapire, alla quantità d’amore che lei avrebbe dovuto dare aMichele, e che invece si era tenuta per sé; e le sembravadivertente che quel peso che lei perdeva ogni giorno si tra-sformasse nella crescita che Michele conquistava ognigiorno, diventando un bel giovanotto, con gli occhi ancoraun po’ tristi, come se in tanti anni avessero preso la piega,ma con la bocca che sorrideva di continuo. Maria Annun-ziata capiva che all’infinita dedizione di Michele verso dilei, lei per anni non aveva offerta la cosa giusta in cambio;eppure Michele non aveva fatto altro che cercare di offrirlequello che lei aveva desiderato e non avuto: un uomo ac-canto, un amore sicuro, un sogno da sognare in due. Dinotte, nel letto grande, Maria Annunziata sentiva la pre-senza di Michele accanto a lei, i rumori sottili del suo son-no, i piccoli movimenti generati dai sogni; ogni tanto loguardava finché il sonno non le chiudeva gli occhi, di-ventato così grande e bello pur rimanendo ancora legge-rissimo, come fatto non di carne e ossa ma semplicementedi un’aria un po’ più densa dell’aria circostante: nelle nottiche precedettero il matrimonio Maria Annunziata deside-rò con tutte le sue forze Michele, tanto che giacere nellostesso letto senza toccarsi e abbracciarsi diventò quasi una

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sofferenza, ma una sofferenza felice, perché Maria An-nunziata ormai conosceva il suo desiderio, e il desiderio diMichele e il suo erano la stessa cosa, e tutto quello che leifaceva non serviva che al suo desiderio, desideriod’amore. La domenica fissata per il matrimonio MariaAnnunziata mise in ordine e pulì e lavò la casa, perchéfosse perfetta per i due nuovi sposi. Spostò i mobili perpulire dietro, diede la cera dappertutto sui pavimenti e suimobili, mise sul letto grande le lenzuola nuove. All’ora dicena indossò il vestito da sposa, prese Michele per mano elo condusse nella camera da letto. Lo spogliò come tutte lesere, ma togliendo gli ultimi indumenti chiuse gli occhi,perché voleva ricevere come una sorpresa quello che le sa-rebbe stato donato. Poi con il vestito da sposa addosso sisdraiò al suo fianco e con un piccolo coltello che aveva te-nuto apposta sul comodino si tagliò le vene di tutti e due ipolsi. Rimase distesa, a sentire il sangue che usciva dalledue ferite, mentre sentiva che la testa cominciava a girare.Michele accanto a lei era diventato grande, più grande diun uomo normale, e Maria Annunziata vide che avevaperduto il suo pallore di sempre: la pelle era diventata ro-sea, poi addirittura diventò scura, il corpo si ingrossò, lapeluria dall’inguine e dalle ascelle invase tutto il corpo di-ventando un pelame fitto e scuro. L’orso si liberò dallelenzuola, balzò di qua e di là nella stanza, per niente im-pacciato dallo spazio ristretto, sfiorando i mobili senzaurtarli: a Maria Annunziata sembrò che la stanza fosse di-ventata più grande, e si alzò seduta per vederla, facendofatica perché aveva già perduto molto sangue, e vide cheeffettivamente la stanza era diventata molto grande, l’orsosi aggirava lanciando degli urli che a Maria Annunziatasembravano degli urli d’amore, commoventi e violenti. Gliurli dell’orso si trasformarono in nitriti, e il tintinnare delleunghie sul pavimento diventò un rumore di zoccoli: il ca-vallo era di un bianco abbagliante, il dorso luccicava per ilsudore, sembrava che ad ogni suo movimento la stanza siingrandisse ancora, come per lasciargli spazio: il cavalloera molto grande, con un salto scavalcò il letto e Maria

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Annunziata, che era tornata a giacere per la debolezza, vi-de che il sesso era grande e potente. Il pelo del cavalloaveva perduto il suo bagliore, era diventato una pelle gri-gia e screpolata, formidabilmente spessa, mentre il viso siera allungato ancora, le zampe erano diventate imponenticome colonne. Maria Annunziata vide che l’elefante eravecchissimo, ma che non sarebbe morto perché nella suaprodigiosa memoria aveva conservata tutta la vita, enemmeno una piccolissima parte ne era andata dispersa.L’elefante raccolse Maria Annunziata con la proboscide, lapoggiò delicatamente sul dorso: Maria Annunziata lo sentìduro e bitorzoluto, ma appena ci si abbandonò sopra losentì morbido e si sentì sprofondare dentro: la nuvolasulla quale giaceva era densa e leggera e il suo ultimo san-gue, uscendo lentissimamente dalle ferite, la colorava dirosa. La stanza era sparita del tutto e la nuvola volò soprala piazza del paese, allontanandosi verso il cielo, e moltiche passeggiavano nella piazza per cercare un po’ di fre-sco la videro passare come una riga dritta e rossa, un se-gno di lama sulla guancia della notte. Era la notte di sanLorenzo e molti, nella piazza, vedendo cadere la stella, si-lenziosamente pensarono il loro desiderio segreto: di vive-re nella felicità amorosa, per sempre.

14.8.92-13.6.95