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DOTT. XX SPECIALISTA IN MEDICINA LEGALE SPECIALISTA IN CARDIOLOGIA Giudice istruttore: dott.ssa XX Data Giuramento: 19/10/20__ Causa civile: AA/ AZ. OSP. R. GENERALE: _____/2014 PROSSIMA UDIENZA: 28/__/20__ ————————————————————————————————————— CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO SULLA PERSONA DI

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DOTT. XX

SPECIALISTA IN MEDICINA LEGALE

SPECIALISTA IN CARDIOLOGIA

Giudice istruttore: dott.ssa XX

Data Giuramento: 19/10/20__

Causa civile: AA/ AZ. OSP.

R. GENERALE: _____/2014

PROSSIMA UDIENZA: 28/__/20__

—————————————————————————————————————

CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO SULLA PERSONA DI

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L’INCARICO: Io sottoscritto X Y, specialista in Medicina Legale e delle

Assicurazioni, in data 19-__-20__ mi presentavo dinanzi al Giudice XX, Giudice

istruttore della causa in oggetto. Dopo aver prestato il giuramento di rito, il magistrato

mi formulava i seguenti quesiti:

Esaminati gli atti di causa e la documentazione sanitaria ritualmente prodotta in giudi -

zio, visitato il periziando, ed esperita ogni altra eventuale indagine clinico-strumentale speciali-

stica, reputata indispensabile, accerti il C.T.U. in relazione alla attività professionale prestata

alla parte attrice:

1. Diagnosi

A) Se la formulazione della diagnosi sia stata corretta;

B) in caso di errore di diagnosi specifichi se lo stesso sia dovuto a

- incompletezza delle indagini cliniche e strumentali

- oggettiva difficoltà di interpretazione dei dati clinici e strumentali -

2. Scelta del trattamento (descrizione)

A) se sia stata fornita preventivamente una adeguata rappresentazione dei rischi

connessi al trattamento ed acquisito il “consenso informato” del periziando

B) in caso di risposta affermativa specifichi le utilità ed i rischi che presentava il

trattamento prescelto rispetto ad eventuali altri trattamenti anche essi praticabili nel caso con-

creto

C) se il trattamento poteva ritenersi astrattamente adeguato rispetto al caso

specifico, avuto riguardo alla diagnosi correttamente formulata ed ai rimedi comunemente

praticati secondo la migliore scienza ed esperienza medico-chirurgica del tempo

D) in relazione al precedente quesito dica:

- se il trattamento prescelto richiedesse una specifica competenza professionale e

se questa fosse in possesso del convenuto (esperienza maturata nella esecuzione del trattamento

prescelto).

3. Esecuzione del trattamento

A) accerti se il trattamento sia stato eseguito in conformità alle metodiche medico-

chirurgiche stabilite dalla prassi e dalla scienza medica

B) in caso di risposta negativa:

specifichi le cause della difettosa esecuzione (in relazione alla: tempestività, regolarità,

completezza, compatibilità dei mezzi impiegati, ecc.)

- rilevi e descriva eventuali difficoltà (originarie o sopravvenute) nella esecuzione

del trattamento indicando quali rimedi siano stati adottati (ovvero in concreto adottabili) per il

superamento delle stesse avuto riguardo alla attività svolta dai singoli operatori secondo le spe-

cifiche competenze.

4. Danno (nesso causale)

A) accerti se siano reliquati postumi diversi da quelli normalmente ricollegabili al

trattamento correttamente praticato.

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stumi.

B) in caso affermativo accerti il rapporto causale tra l’operato dei sanitari ed i po-

5. Danno conseguenza

A) descriva gli eventuali precedenti morbosi del soggetto e la relazione di concorso o

coesistenza con i postumi di cui al precedente punto 4.

B) Indichi la durata della inabilità assoluta e relativa

C) dica in che misura percentuale i postumi abbiano ridotto in modo permanente la

complessiva integrità psicofisica del soggetto (idoneità a svolgere le attività esistenziali comuni

alla generalità delle persone), precisando il criterio adottato per la determinazione del valore

percentuale

D) descriva separatamente l’eventuale danno alla integrità fisiognomica, allegando

fotografie

E) dica se i postumi individuati possano incidere in concreto su particolari attività

non lavorative che il periziando alleghi di svolgere, le quali per frequenza e caratteristiche in-

trinseche esulino dalle normali attività esistenziali

F) dica se, tenuto conto del lavoro svolto dal periziando; delle sue mansioni; del suo

orario di lavoro, ecc., i postumi possano incidere in concreto sulla specifica attività lavorativa-

precisando quale aspetto della stessa risulti compromesso -salva la mera incidenza sulla cene-

stesi lavorativa da ricomprendere nella valutazione di cui al punto C).

G) ove il periziando non lavorasse al momento del sinistro, dica se i postumi impe-

discano del tutto lo svolgimento di. qualsiasi attività lavorativa ovvero quali siano i settori di

attività preclusi

H) dica se ed in che percentuale il periziando possa attenuare od eliminare i postu-

mi con protesi o terapie ad hoc, precisando costo, durata, difficoltà possibilità di successo ditali

interventi

I) valuti se le spese di cura sostenute dal periziando in conseguenza del danno pa-

tito siano state necessarie, utili o superflue.

L’inizio delle operazioni peritali veniva fissato per il giorno 18-__-20__ alle ore

16:30. In tale data si presentavano alle operazioni peritali il consulente di parte attrice

dr. XY, l’avv. XZ, ed il consulente di parte convenuta dr. XY2.

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DOCUMENTAZIONE MEDICA ESAMINATA

1. Copia di Angio TC dell’aorta addominale eseguita il 26.11.2010 nel Dip.

di Radiologia XX: “Presenza di piccola ernia iatale. Presenza di dilatazione

aneurismatica dell’aorta addominale sottorenale del diametro trasverso massimo

di 38 mm e del diametro antero-posteriore massimo di circa 44 mm. Tale

dilatazione di aspetto sacciforme bilobato si estende cranio-caudalmente per un

tratto di circa 8,5 cm ... Dilatazione pre- aneurismatica delle arterie iliache

comuni (diametro trasverso massimo 22 mm bilateralmente)…”.

2. Cartella clinica del ricovero nel reparto di Chirurgia Vascolare dell’osp.

XY, dal 25.01 al 28.11.2011 e dal 30.11 al 05.02.2011, data della dimissione,

dal 28 al 30.11 in Terapia post-operatoria. Anamnesi: “Riscontro occasionale di

aneurisma dell’aorta addominale sottorenale del diametro trasverso massimo di

circa 44 mm. Ha eseguito TC con mdc… Cardiopatia dilatativa, FA permanente

in TAO. BPCO. Ernia iatale. Cisti epatica e renale… Impianto di defibrillatore

(2008)…”. 26.01.2011: Consulenza Cardiologica Preoperatoria: “Iperteso,

dislipidemico, obeso. Cardiopatia dilatativa con bassa FE (riferisce con

coronarie indenni, non documentazione in visione). FAC in TAO. Portatore di

PMK dal 2005, upgrading a ICD bifocale nel 2008. Ultimo controllo 29/10/10.

Ecocardio del dic. 2009: FE 45%. Asintomatico per angor, palpitazioni, riferito

episodio sincopale 2 aa orsono, sarebbe stato rilevato intervento appropriato

dell’ICD, riferisce dispnea per sforzi moderati. EO: non stasi polmonare, non

edemi declivi; toni parafonici; SS 3/6 alla punta e centrum. Già in terapia con β-

bloccanti e statine. Non controindicazioni cardiologiche alla procedura

endovascolare in programma. Rischio cardiologico perioperatorio aumentato,

non modificabile, terapia confermata”.

28.01.2011: Intervento Operatorio di Esclusione endovascolare Medtronic

Endurant 28-16-145, (operatori dr.ssa X, dr. Y; aiuto dr. Z): intervento

condotto in anestesia locale bilaterale. Accesso percutaneo transfemorale dx.

Introduzione catetere 5F. Aortografia. Identificazione emergenza delle arterie

renali, della biforcazione aortica e iliache. Si documenta aneurisma dell’aorta

addominale sottorenale, colletto sottorenale fortemente angolato (50-60°) di

circa 2 cm di lunghezza e 22 mm di calibro, carrefour, arterie iliache con

ectasia bilaterale prebiforcazione. Accesso percutaneo transfemorale sin.

Emostasi prostar a livello di entrambi gli accessi transfemorali... Introduzione

transfemorale destra retrograda dell’endoprotesi

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endurant 28-16-145. Rilascio a livello del colletto prossimale sottorenale, check,

rilascio del free-flow, rilascio del gate. Posizionamento introduttore Gore 18F a

dx. Pallonamento delle zone di overlapping. Cateterismo del Gate

controlaterale. Introduzione branca controlaterale 16-24-120 e successivo

tallonamento delle zone di overlapping ed atterraggio distale. Il controllo

arteriografico finale mostra l'ottimale posizionamento dell’endoprotesi aorto-

bisiliaca modulare con la completa esclusione dell'aneurisma aortico e

conservazione delle renali e delle ipogastriche. Sutura percutanea delle

arteriotomie transfemorali mediante emostasi Prostar. A fine procedura polsi

periferici presenti”.

30.01.2011 ore 10:30: Scheda di trasferimento dalla Terapia Intensiva Post-

operatoria al reparto di Chirurgia vascolare. Negli esami di laboratorio: Azote-

mia: 78. Creatinina: 1,6, Troponina I: 0,22, si prescrive di proseguire il

monitoraggio di troponina. Terapia: Clexane 6000 x 2, Triatec 2,5, Carvedilolo

6,25 x 3, Lanoxin 0,125, Lasix 125 x 2, Respicur, Aldactone, Blopress 16, Siva-

stin, Allopurinolo.

31.01.2011: 3° giornata dopo EVAR AAA. Pz lievemente disorientato e agitato.

In TIPO lieve rialzo della troponina… Perfusione periferica buona…”.

Consulenza Cardiologica (sine data, precedente quella del 04.02.2011): “Pz di 80

anni operato di AAA con endoprotesi. Rialzo di Tn I dopo intervento,

scarsamente evolutiva. Continua monitorizzazione curva MDM, per valutarne

l’effettivo corso”.

1.02.2011: Riduzione troponina, oggi 0,16. Continua monitorizzazione.

4.02.2011: Consulenza Cardiologica: “Rialzo aspecifico della Troponina I

peraltro stabile da circa 5 giorni con valori di CPK negativi (troponina I 0.1). Pz.

asintomatico per angor”.

5.02.2011: Lettera di dimissione a firma della dr.ssa X: “Il paziente è stato

ricoverato presso questa Unità Operativa con diagnosi TAC di aneurisma di

aorta addominale di 45 mm di diametro. Dati anamnestici di rilievo: CMD,

FA cronica in TAO, obesità, ipertensione arteriosa, dislipidemia. In data

28.01.2011 è stato sottoposto ad intervento chirurgico di esclusione

endovascolare dell'aneurisma dell’aorta addominale (endurant 28-16-145). Il

decorso operatorio è stato complicato da modesto rialzo della troponina che

rimane ancora alterata 0,11 ma è stabile da 5 giorni. Eseguiti videat cardiologici

a riguardo. Terapia: anticoagulante, diuretica (Lasix 125 mg x 2, Aldactone 25

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mg), ace-inibitore (Ramipril 2,5 mg), digitale (Lanoxin 0,125 mg). Si consigliano

controlli ematici fra 10 giorni... Fra un mese visita vascolare di controllo presso

l’ambulatorio dedicato alle endoprotesi ...”.

Cronologia di alcuni dati ematochimici compresi i markers di miocardionecrosi:

Data Ora Troponina I (vn 0-0.07 ng/ml)

Mioglobina (vn 0-70 ng/ml)

CK-MB (vn 0-4 ng/ml)

Creatinina (vn 0,7-1,3 mg/dl)

BNP (vn

0-100

pg/ml)

28.01 h 12.55 0,10 49,7 2,4 1,1

28.01 h 18:19 0,10

29.01 h. 0.01 0,14

29.01 h.7.36 0,24 1,6

29.01 h.14.29 0,28

29.01 h.18.09 0.27

29.01 h.23.05 0,26

30.01 0.22 1,6

31.01 h.10.40 0,21 307,0 3,4 1,6 1911

31.01 h.14.34 0.13 249,3 4,4

31.01 h.18.08 0,16 195,7 4,0

01.02 h. 0.46 0,16 127.6 3,2

01.02 h. 8.52 0,15 104,4 3,1

01.02 h.12.39 0,10 89,2 3,1 1,4

02.02 0,12 100,9 3,2

03.02 0,11 94,6 3,6

3. Cartella di Pronto Soccorso del 07.02.2011 ora di accesso 10.42, osp.

XX. Note: “Giunge in PS richiedendo di essere ricoverato per anasarca. Pz

dimesso sabato in seguito ad intervento di AAA. Pz affetto da FAC, in cura

presso centro TAO, portatore di PMK defibrillatore. Iperteso, dislipidemico,

BPCO. Nega allergie a farmaci”. Anamnesi: “Il pz viene inviato dai colleghi

dell’ambulatorio PMK dove si era recato per controllo per sospetto scompenso

cardiaco congestizio. Operato di AAA la settimana scorsa e dimesso il 5 u.s. In

attesa di documentazione per intervento e terapia in atto”. Esame obiettivo:

“Vigile, eupnoico e ben perfuso. Edemi declivi in scompenso cardiaco

congestizio. Non dolore toracico”. “Pz vigile ed orientato, non deficit

neurologici, lievemente dispnoico, edemi declivi importanti, acr, toni parafonici.

Torace: crepitii basali bilaterali”. Es. ematici: INR: 1,46; Troponina I del

07.02.2011: 0,09 (ore 16:24: 0,08; ore 22:34: 0,10); dell’08.02.2011: 0,17. BNP

(Peptide natriuretico di tipo B) del 7.02.12: 2059 pg/ml, dell’8.02.12: 2.618.

Creatinina del 7.02.12: 1,1 mg/dl (8.02.12: 1,4). Rx Torace: “Non evidenti

addensamenti parenchimali flogistici né versamenti pleurici. Presenza di PM;

marcata cardiomegalia”. Ecografia Addo- me Completo: “Fegato aumentato di

volume con dilatazione delle vene sovraepa-

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tiche come per fegato da stasi ... presenza di modesto versamento ascitico”. Con-

sulenza cardiologica: “Paziente affetto da CMD riferita non ischemica con bassa

FE, portatore di PMK da molti anni con successivo upgrading ad ICD (configu-

razione bifocale), FA permanente in TAO, iperteso, dislipidemico, obeso, BPCO.

Recentemente sottoposto ad esclusione endovascolare di aneurisma dell’aorta

addominale; dimesso il 5-2-11. Dopo la dimissione riferisce comparsa di edemi

declivi improntabili e dispnea. Stamane si è recato c/o l’ambulatorio PMK del

nostro ospedale per il controllo del dispositivo, risultato nella norma, ed è stato

inviato in DEA per il riscontro di quadro di scompenso cardiaco. Attualmente

asintomatico per angor, dispnea a riposo, palpitazioni, decombe supino; Rx tora-

ce: non versamento pleurico, non lesioni parenchimali. Sono presenti cospicui

edemi declivi improntabili, versamento ascitico, stasi epatica. PA 120/80 mmHg,

BNP 2059, Tn I 0,09. Si evince dalla lettera di dimissione della Ch. Vasc. che i

valori della TnI alla dimissione e nei 4-5 gg precedenti erano costantemente

0,11. Visto il quadro di scompenso cardiaco si consiglia ricovero ospedaliero, an-

che in ambiente medico. Aumentare la posologia del diuretico somministrando

Lasix 250 mg 1 fl in 250 cc SF 10 ml/h, Venactone 1 fl in 100 cc SF/die. Confer-

mata la restante terapia che assume domiciliarmente”.

Esito: ricoverato in data 8.02.2011 ore 10:02 in Medicina. Diagnosi: “Scompenso

cardiaco refrattario in paziente recentemente sottoposto a protesi aortica e por-

tatore di PMK”.

4. Cartella Clinica di ricovero dal 08.02.2011 al 28.02.2011, osp. XX.

Frontespizio della cartella: Diagnosi di ammissione: “Scompenso cardiaco

refrattario in paziente recentemente sottoposto a protesi aortica e portatore di

PMK…”. La terapia diuretica è: Lasix 250 mg in 500 cc a 21 ml/h; dall’11.02.11

Lasix 40 mg e.v. x 3. Dal 9.02.11 inizia terapia antibiotica (Augmentin). Diario

clinico della UOC Medicina Interna II: 11.02.2011 - h 12:30 “il paziente entra in

reparto proveniente dalla Medicina d'Urgenza. Condizioni cliniche mediocri. Pz

vigile e collaborante, non deficit di lato. Dispnea a riposo. Cute e mucose subit-

teriche, toni cardiaci parafonici, crepitii basali bilaterali. Addome voluminoso,

trattabile. Edemi declivi +++ con essudazione sierosa”. 17.02.2011 – h. 13: “bri-

vidi scuotenti… emocolture, urinocoltura, O2 2 l/min”; h. 18:30: “febbre elevata a

38,6°C, Perfalgan 1 fl...”. Modifica antibiotico (Tazocin 4,5 x 3). 18.02.2011:

“condizioni cliniche mediocri. Persiste dispnea a riposo ed imponenti edemi de-

clivi. Si richiede consulenza cardiologica urgente per eventuale trasferimento”.

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18.02.2011: Consulenza cardiologica: “Scompenso cardiaco. Marcati edemi decli-

vi. Lasix 250 mg in 500 a 10 ml/h…”. 21.02.2011: Consulenza cardiologica: “Mi-

glioramento della dispnea… numerosissimi BEV… Si consiglia trasferimento in

Cardiologia per ultrafiltrazione”. 21.02.11: “Lieve miglioramento clinico. Incre-

mento della diuresi. Edemi in miglioramento. Oggi diarrea…”.

21.02.2011 - Rx torace a letto: accentuazione diffusa ed evidente del disegno in-

terstiziale. Vistosa cardiomegalia. Presenza di pace maker.

22.02.2011 - Ecocardiogramma Trans-Toracico: “Per quanto possibile si rileva:

VS dilatato, severamente ipocinetico (FE 18-20%). Pattern transmitralico mono-

basico come da FA. Severa dilatazione biatriale (diam. long AS 10,5 cm). Cuspi-

di aortiche sclero-calcifiche, con normale apertura sistolica ed insufficienza mo-

derata. Anulus mitralico calcifico, lembi valvolari sclerotici con insufficienza di

grado moderato con multipli jet di rigurgito. VD dilatato, ipocontrattile. Elettro-

cateteri nelle sezioni destre. Insufficienza tricuspidale severa da cui si stima

una PAPs di 47 mmHg, verosimilmente sottostimata per la disfunzione contrat-

tile ventricolare destra e per la severità del rigurgito. VCI (3,84 cm) e vene so-

vraepatiche marcatamente dilatate, assente collasso inspiratorio. Assenza di

versamento pericardico”.

Diario clinico della Divisione di Cardiologia 21.02.2011 - h 16:50 “il paziente è

chiaramente dispnoico a riposo ... Crepitii basali bilaterali, edemi declivi +++…

viste le condizioni di instabilità e la necessità di sottoporre il paziente ad ultra-

filtrazione, si trasferisce il paziente in UTIC”. h 17:30 “entra in UTIC prove-

niente dal reparto. ECG: FA con numerosi BEV”. 22.02.11: “Condizioni gravi,

oligoanurico… acidosi metabolica”. 23.02.2011 h. 10: “Condizioni cliniche stazio-

narie. Migliorata la dispnea. PA 120/50… Creatinina ed urea in aumento. Au-

mento infusione liquidi”. 23.02.2011 h. 15: “Pz in distress respiratorio con qua-

dro emogasanalitico ai limiti (alcalosi respiratoria acuta mista ad acidosi meta-

bolica). Al torace broncostenosi diffusa ...”. h. 17:30: “Oligoanurico… lieve iperi-

dratazione”. 24.02.2011 h. 9: “Condizioni scadute. Frequenti BEV, registrate

TVNS. Creatinina in aumento”. h 16: “Paziente soporoso PA 110/60. Diuresi

scarsa, urine concentrate. Si richiede consulenza nefrologica”. h 18: “Paziente

soporoso, sofferente. PA 95/50... Inizia Dopamina a dosaggio renale”. H. 20:40:

“Arresto respiratorio ... PA 80/50. Si inizia ventilazione assistita, in corso di as-

sistenza ventilatoria arresto cardiaco; si inizia massaggio cardiaco esterno, si

somministra adrenalina 1 + 1 fl, la collega anestesista procede all'intubazione

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oro-tracheale e ventilazione”. H. 21: “Ripresa di attività cardiaca valida, PA

90/50; aumenta dopamina. Paziente anurico nell'ultima ora, eseguita consulenza

nefrologica (“… I.R.A., acidosi metabolica severa… stato anasarcatico… Quadro

clinico di MOF con coinvolgimento epatico, pancreatico… Se edemi refrattari a

terapia diuretica utile ultrafiltrazione isolata”). h. 22: “Assistito dall’anestesista

viene trasferito in rianimazione”.

24.02.2011 Lettera di accesso in Rianimazione. Storia clinica: pz. ricoverato

presso UTIC per scompenso cardiaco, improvviso arresto sinusale, ripartito dopo

manovre ALS. Si ricovera in Rianimazione, intubato e si avvia monitoraggio.

Anamnesi: cardiomiopatia dilatativa, BPCO, diabete mellito, FA cronica, vascu-

lopatia polidistrettuale, recente intervento di endoprotesi aortica, insufficienza

renale acuta, stato anasarcatico. Condizione generali: gravissime ...

Diario clinico: Diario di ingresso - h 12:00 Pz entra in reparto dall’UTIC dove

era ricoverato per scompenso cardiaco. Ore 20:45 arresto cardiorespiratorio con

ripresa del ritmo e dell'emodinamica dopo ALS. Il pz è in coma, intubato, ino-

tropi in corso ... condizioni cliniche di estrema gravità. 25.02.2011: paziente sve-

glio, poco orientato, poco collaborante, intubato ... respiro aspro su tutto l'ambito

polmonare, bilateralmente attenuato alla basi. Ronchi diffusi. Attività cardiaca

normofrequente ... segni di succulenza delle regioni declivi e di insufficienza ve-

nosa degli arti inferiori di grado elevato. Diuresi contratta … si posiziona CVC

... Rx torace: “Segni di edema polmonare con versamento pleurico sin. Cardio-

megalia. TET in sede”.

26.02.2011 - paziente sedato con diprivan, connesso al ventilatore ... diuresi for-

temente contratta ... h. 22:30 condizioni generali stazionarie nella loro gravità

... Emodinamica sostenuta da dopamina ... 28.02.2011 - Dal diario clinico: ... h

11.40 arresto cardiaco. Si eseguono manovre rianimatorie, inefficaci. H 12.00 il

MDG constata il decesso.

Diagnosi finale del 28.02.2011: “Scompenso cardiaco. Insufficienza respiratoria.

Insufficienza renale. Shock cardiogeno. Eseguiti: Prelievo di cornee. VAM:

Ecocardiogramma. CVC per dialisi. Emofiltrazione”.

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foglio. n. 10

Cronologia di alcuni dati ematochimici compresa la Troponina I:

Data Ora Troponina I (vn 0-0.07 ng/ml)

Creatinina (vn 0,7-1,3 mg/dl)

BNP (vn 0-100 pg/ml)

7.02 h.13.02 0,09 1,1 2059

7.02 h.16.24 0,08

7.02 h. 22.34 0,10

8.02 0,17 1,4 2618

9.02 0,22 1,6

10.02 1,6 935

12.02 1,5 1917

18.02 1,7

19.02 1,6

21.02 h.19.02 0,29 3236

21.02 h.23.28 0.29

22.02 h.7.51 0,28

22.02 17.47 0.22 1,6

23.02 0,32 1,6

24.02 h.8.04 0.73 4612

24.02 h.16.29 0,82

25.02 1,91

IL FATTO

In merito all’evento di cui è causa, risulta dagli atti che al signor A, all’epoca di

anni 80, in data 26.11.2010, mediante Angio TC dell’aorta addominale eseguita presso

il Complesso XY, fu diagnosticato un aneurisma sacciforme bilobato dell’aorta

addominale sottorenale del diametro trasverso massimo di 38 mm e del

diametro antero-posteriore massimo di circa 44 mm, esteso cranio-caudalmente per

circa 8,5 cm. Tale riscontro fu di natura occasionale, in assenza di sintomatologia e

senza successivi controlli di follow-up. Il paziente era inoltre affetto da Cardiopatia

dilatativa con bassa frazione di eiezione, fibrillazione atriale permanente in terapia

anticoagulante orale, portatore di pace-maker dal 2005, upgra- ding a ICD bifocale

(defibrillatore impiantabile) nel 2008, ipertensione, dislipidemia, obesità, bronchite

cronica.

In data 25 gennaio 2011 fu ricoverato nel reparto di Chirurgia Vascolare

dell’osp. XX. La consulenza cardiologica pre-operatoria non rilevò controindicazioni

cardiologiche alla procedura endovascolare in programma; il rischio cardiologico

perioperatorio era aumentato, non modificabile, e la terapia confermata. Pertanto 3

giorni dopo, il 28.01.11, fu sottoposto ad intervento di Esclusione endovascolare

Medtronic Endurant 28-16-145, in anestesia locale bilaterale, con accesso percutaneo

transfemorale dx e sin. Il controllo arteriografico post intervento mostrò l'ottimale

posizionamento dell’endoprotesi aorto-bisiliaca con la completa esclusione

dell'aneurisma aortico e la conservazione delle arterie renali ed ipogastriche. Nei giorni

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successivi all’intervento fu osservato un innalzamento della Troponina I oltre il

range dei valori della norma, ovvero 0.07 ng/ml, raggiungendo in data 29.01.11 alle

ore 14.29 il valore massimo di 0,28 ng/ml. Contestualmente vi fu un incremento della

Creatinina, da 1,1 a 1,6, della mioglobina, del BNP, ma non del CK-MB. Il modesto

rialzo della troponina rimase ancora alterato, ma stabile dal 31 gennaio (0,13-0,16

ng/ml) fino al 3 febbraio (0,11). Il 5.02.11 fu dimesso, con terapia anticoagulante,

diuretica (Lasix 125 mg x 2, Aldactone 25 mg), ace-inibitore (Ramipril 2,5 mg), digitale

(Lanoxin 0,125 mg).

Due giorni dopo la dimissione, il 7 febbraio, il pz venne inviato in Pronto Soccor-

so dai medici dell’ambulatorio PMK, dove si era recato per il controllo del device, per la

comparsa di edemi declivi e dispnea, in un quadro di scompenso cardiaco congestizio.

In P.S. furono eseguiti tra l’altro il controllo di: Troponina I (il 07.02.2011 alle ore 13:03

era 0,09; alle ore 16:24: 0,08; alle ore 22:34: 0,10; l’08.02.2011 era: 0,17); il BNP (Pepti-

de natriuretico di tipo B) del 7.02.12 era: 2059 pg/ml (l’8.02.12 era: 2.618); la Creatini-

na del 7.02.12 era: 1,1. Il consulente cardiologo consigliava di aumentare la dose del

diuretico (Lasix 250 mg 1 fl in 250 cc SF 10 ml/h) e di ricoverarlo in Medicina con la

diagnosi di: “Scompenso cardiaco refrattario in paziente recentemente sottoposto a pro-

tesi aortica e portatore di PMK”. Nel corso della degenza in Medicina venne sommini-

strata sostanzialmente la medesima terapia domiciliare, con il passaggio dalla via orale

a quella endovenosa del diuretico (Lasix 250 mg/die) ed iniziata la terapia antibiotica;

nonostante la terapia persistevano la dispnea a riposo e gli imponenti edemi declivi;

pertanto veniva richiesta la consulenza cardiologica per il trasferimento. Il cardiologo

consigliava quindi il trasferimento in Cardiologia, che avveniva il 21.02.11, per effet-

tuare l’ultrafiltrazione, eseguita poi il 26.02.11. Appena entrato in Cardiologia veniva

trasferito in UTIC per il riscontro di aritmie (frequenti BEV, e quindi TVNS); nei giorni

successivi il paziente diventava oligoanurico con la Creatinina in aumento.

L’ecocardiogramma del 22.02 mostrava un ventricolo sin dilatato, severamente ipocine-

tico (FE 18-20%), una severa dilatazione biatriale e le vene sovraepatiche marcatamen-

te dilatate. Il 24.02 si verificava un arresto respiratorio e cardiaco, pertanto veniva

trattato con massaggio cardiaco esterno, intubazione oro-tracheale e ventilazione,

farmaci inotropi e ricoverato in Rianimazione. Il 28.02.2011 alle ore 12:00 decedeva

per arresto cardiaco.

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foglio. n. 12

ASPETTI CLINICI

L’aneurisma dell’aorta addominale (AAA) è una dilatazione segmentale

dell’aorta addominale eccedente del 50% il normale diametro del vaso. La dilatazione

deve coinvolgere tutto lo spessore della parete per differenziarsi da altre patologie

(dissezione, pseudoaneurisma). Il normale diametro dell’aorta addominale varia a

seconda dell’età del soggetto, della sua corporatura e dell’età. La storia naturale

dell’AAA è caratterizzata da una sua progressiva espansione quasi sempre

asintomatica; la velocità di tale espansione è peraltro assai variabile e talora il quadro

può rimanere stazionario per anni. L’evoluzione di gran lunga più frequente dell’AAA è

la sua crescita sino alla rottura, evento drammatico. Raramente l’AAA è fonte

emboligena periferica. Eccezionalmente può evolvere in trombosi completa. La rottura

di un AAA è spesso letale: tra i pazienti che giungono ancora vivi in un centro

qualificato la mortalità rimane altissima (25-50%); i soggetti di sesso femminile

mostrano una mortalità più elevata. Da questi dati deriva l’esigenza di identificare gli

AAA e trattarli prima che si rompano. L’AAA è causato da un processo degenerativo

(prevalentemente di tipo aterosclerotico), coinvolgente tutti gli strati della parete

aortica. Si conoscono alcuni fattori di rischio non modificabili: età avanzata, sesso

maschile e familiarità. A partire dai 50 anni negli uomini e tra i 60 e i 70 nelle donne,

l’incidenza di AAA aumenta significativamente per ogni decade d’età. Il rischio di

sviluppare un AAA è circa 4 volte maggiore nel sesso maschile rispetto al sesso

femminile; la familiarità inoltre comporta un rischio di circa 4 volte superiore. Tra i

fattori di rischio modificabili il fumo è il principale; altri fattori di rischio sono

ipertensione, ipercolesterolemia, obesità e preesistente arteriopatia occlusiva. La

prevalenza dell’AAA era stimata del 4-8% nella popolazione maschile tra i 65 e gli 80

anni. Dati più recenti mostrano una prevalenza minore (2,2%), probabilmente grazie

alla progressiva modificazione dei fattori di rischio, in particolare il fumo. In Italia la

rottura dell’AAA è un evento che causa 6.000 morti ogni anno: in particolare, l’80% dei

pazienti muore prima di giungere in ospedale, dove la mortalità degli interventi eseguiti

in emergenza è del 50%. Tale rischio al contrario si riduce al 3%, quando l’intervento

può essere fatto in elezione. Il più noto fattore predittivo di rottura di un AAA è il suo

diametro: in soggetti di sesso maschile è stato calcolato per AAA di calibro inferiore ai

5,5 cm un rischio di rottura dell’1% / anno, per AAA di calibro tra 5,5 e 7 cm un rischio

del 10%/anno. Nei soggetti di sesso femminile si è osservato che l’AAA si rompe con

calibri minori. Altri fattori predittivi sono la velocità di crescita (specie se > 0,5 cm /

anno) e la forma (quello sacciforme più a rischio rispetto al fusiforme). L’AAA

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foglio. n. 13

può essere sospettato con l’esame obiettivo (riscontro di iperpulsatilità mesogastrica).

Tuttavia per la sua localizzazione profonda nel retroperitoneo l’accuratezza è bassa.

L’ecografia è la principale metodica usata nello screening per la sua elevata sensibilità

(95%) e specificità (100%). L’angio-TC gioca un ruolo centrale nella diagnosi, nella

stratificazione del rischio e nel “management” dell’AAA. I suoi vantaggi sulle altre

metodiche di imaging includono il breve tempo richiesto per l’acquisizione e la

processazione delle immagini, la capacità di ottenere un completo dataset dell’intera

aorta a 3 dimensioni e la sua ampia disponibilità. Gli svantaggi consistono nella

somministrazione di un mezzo di contrasto iodato, che può causare reazioni allergiche o

insufficienza renale. Anche l’uso di radiazioni ionizzanti può limitarne l’uso nei giovani,

specialmente di sesso femminile, dato che il rischio di cancro è sostanzialmente più alto

nelle femmine che nei maschi. Tale rischio si riduce con età > 50 anni. Sono oggigiorno

disponibili due metodiche per la riparazione dell’AAA: il trattamento tradizionale,

eseguito sin dagli anni Cinquanta, ed il trattamento endovascolare, eseguito per la

prima volta nel 1990. Il trattamento tradizionale richiede una laparotomia o una

incisione al fianco, l’esposizione e il controllo dei vasi a monte e a valle dell’aneurisma,

l’apertura della sacca aneurismatica e l’interposizione di una protesi sintetica. Richiede

un ricovero mediamente di una decina di giorni ed è gravato da una mortalità a 30

giorni del 2-3%. Il trattamento endovascolare (EVAR) è meno invasivo. Si basa sulla

introduzione attraverso gli assi femorali e iliaci di una endoprotesi che viene ancorata

sopra e sotto l’AAA. Per poter essere eseguito tale trattamento richiede una appropriata

anatomia comprendente assi iliaci di calibro adeguato per consentire l’introduzione

della endoprotesi ed un colletto aortico adeguato al di sopra dell’AAA per consentire

l’ancoraggio della stessa. Richiede un ricovero mediamente di 3-4 giorni ed è gravato da

una mortalità a 30 giorni inferiore all’1%. Tuttavia, se è presente una minor mortalità

iniziale rispetto al trattamento tradizionale, questo beneficio si perde nel medio-lungo

termine, scomparendo dopo 1-3 anni. La mortalità a distanza (8-10 anni) è simile. I

pazienti sottoposti ad EVAR richiedono nei successivi 6 anni un secondo intervento nel

20-30% dei casi, per lo più dovuto allo svilupparsi di endoleak. Sono inoltre state

descritte rotture a distanza dell’AAA. Per questi motivi si raccomanda dopo EVAR

sorveglianza sine die con ecografia. Infine la terapia medica del paziente con AAA è

intesa non solo come tentativo di rallentare la progressione verso la rottura ma anche

come profilassi secondaria di eventi cardiovascolari fatali e non fatali che sono associati

alla patologia aneurismatica dell’aorta addominale nella stragrande maggioranza dei

casi su base aterosclerotica.

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foglio. n. 14

Sebbene il rischio di rottura sia sostanzialmente minore per gli aneurismi < 5

cm, anche questi ultimi possono rompersi con una percentuale stimata intorno al 3%

per anno1. In un altro studio condotto in 176 pazienti seguiti per 5 anni non è stata

osservata alcuna rottura in coloro che alla prima visita presentavano un AAA

sottorenale < 5 cm, e una frequenza di rottura pari al 5% per anno nei pazienti con

aneurismi >5 cm2. In base a questi dati e a quelli di altri studi 3, 4 si ritiene che: • il

punto critico per la rottura di un AAA sia rappresentato da un diametro di 5.5 cm; • la

sorveglianza dell’aneurisma debba essere cadenzata secondo le raccomandazioni fornite

dalle Società americane di Chirurgia Vascolare e di Medicina Vascolare e cioè:

diametro aortico < 3 cm: non condurre ulteriori esami; diametro aortico tra 3 e 4 cm:

ecografia ogni 12 mesi; diametro aortico tra 4 e 5 cm: ecografia ogni 6 mesi; diametro

aortico > 5 cm: consulenza chirurgica5.

L’intervento riparativo dovrebbe essere preso in considerazione anche nei casi in

cui l’espansione dell’aneurisma sia > 6-8 mm per anno. Altri elementi che possono in-

durre ad intervenire su aneurismi < 5 cm sono i potenziali effetti di trombi e calcifica-

zioni dell’aorta nonché le alterazioni dello stress parietale valutato con le ricostruzioni

tridimensionali fornite dalla TAC multistrato. La rottura non è però l’unica complican-

za dell’AAA. Si può avere una meno drammatica dissecazione. Occasionalmente può

verificarsi che aneurismi di grandi dimensioni possano comprimere organi vicini dando

luogo a idronefrosi per coinvolgimento degli ureteri o a sintomi gastrointestinali, quali

saziabilità precoce, nausea e vomito secondari a compressione duodenale. Rara è

l’embolizzazione agli arti inferiori del trombo intramurale ed ancora più rara è

l’incidenza di fistole aorto-enteriche.

La determinazione seriata dei marcatori sierici biochimici di danno

miocardico (troponine T e I, mioglobina e creatinchinasi, la CK-MB) riflette la sofferen-

za delle cellule miocardiche, mostra un’eccellente sensibilità per l’individuazione

1 Cronenwett JL, Murphy TF, Zelenock GB, et al. Actuarial analysis of variables associated with

rupture of small abdominal aortic aneurysms. Surgery 1985; 98: 472-83. 2 Nevitt MP, Ballard DJ, Hallett JW Jr. Prognosis of abdominal aortic aneurysms. A population-

based study. N Engl J Med 1989; 321: 1009-14. 3 Kent KC, Zwolak RM, Jaff MR, et al, on behalf of the Society for Vascular Surgery, American

Association of Vascular Surgery, Society for Vascular Medicine and Biology. G Brevetti et al -

L’aneurisma dell’aorta addominale sottorenale 549 - Copyright - Il Pensiero Scientifico Editore down-

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a consensus statement. J Vasc Surg 2004; 39: 267-9. 4 Powell JT, Greenhalgh RM. Clinical practice. Small abdominal aortic aneurysms. N Engl J Med

2003; 348: 1895- 901. 5 G. Brevetti, E. Laurenzano, J. I. De Maio, M. Chiariello. L’aneurisma dell’aorta addominale

sottorenale. G Ital Cardiol 2007; 8 (9): 543-551.

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foglio. n. 15

dell’infarto miocardico o per l’esclusione della necrosi miocardica. Poiché l’aumento della

troponina inizia a 3-4 ore dall’infarto miocardico, la sua determinazione avviene in

associazione con quella della mioglobina che, seppur avendo un incremento più

precoce, cioè meno di 2 ore dall’infarto, è meno specifica, rilevandosi così utile in caso di

dolore ad insorgenza recente (inferiore alle 6 ore). In caso di un primo prelievo negativo

va ripetuta una seconda determinazione a distanza di 6 ore dall’esordio del dolore.

Le cause non ischemiche di incremento delle troponine sono numerose: Miocardi-

te/pericardite; Scompenso cardiaco; Cuore polmonare acuto; Trauma cardiaco; Tossicità

miocardica da chemioterapici; Rigetto nel trapianto cardiaco; Insufficienza renale cro-

nica; Intossicazione da monossido di carbonio; Distrofie muscolari, polimiosite e derma-

tomiosite; Sepsi e shock settico; danni subendocardici; ipertensione arteriosa, ipertrofia

ventricolare sinistra; tachicardia; shock cardiogeno; embolia polmonare, ipotensione

(specie in corso di aritmie); ablazione; cardioversione; AICD; pacing; chirurgia cardiaca;

angioplastica; ictus, emorragia subaracnoidea; malattie infiammatorie; mal. Kawasaki;

patologie infiltrative (amiloidosi, emocromatosi, sarcoidosi, sclerodermia); esercizio fisi-

co estremo; ipotiroidismo.

L’ incremento della troponina è un rilievo estremamente frequente nei pazienti

con scompenso cardiaco ed è rilevabile nel 90% dei casi indipendentemente

dall’eziologia dello scompenso. L’innalzamento della troponina è espressione di danno

cellulare ed alterazioni dell’apparato contrattile delle fibrocellule.

CONSIDERAZIONI MEDICO LEGALI

Nel caso in esame si tratta di un paziente che fu sottoposto in data 28.01.2011 ad

intervento di esclusione endovascolare di un aneurisma sacciforme dell’aorta addo-

minale sottorenale del diametro antero-posteriore massimo di circa 44 mm (diagnosti-

cato il 26.11.2010), in anestesia locale, con accesso percutaneo transfemorale bilatera-

le; pertanto secondo le linee guida in essere il paziente non avrebbe dovuto essere sot-

toposto all’intervento, anche se mininvasivo, ma a sorveglianza dell’aneurisma median-

te esame ecografico ogni 6 mesi, situandosi il diametro aortico tra 4 e 5 cm; non presen-

tando il paziente sintomi né segni radiologici di allarme; l’intervento riparativo avreb-

be potuto essere preso in considerazione se l’espansione dell’aneurisma fosse stata

maggiore di 6-8 mm per anno; ma non fu eseguito alcun follow-up.

L’innalzamento della Troponina I, un marker di miocardionecrosi (che raggiun-

se in data 29.01.11 alle ore 14.29 il valore massimo di 0,28 ng/ml, normale fino a 0,07),

nei giorni successivi all’intervento non era affatto indicativo di una sofferenza di tipo

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foglio. n. 16

ischemica del miocardio, non presentando le caratteristiche cinetiche della cosiddetta

curva enzimatica, non essendoci peraltro un consensuale innalzamento del CK-MB;

inoltre vi era un leggero incremento della creatinina (indicativa di insufficienza rena-

le, anch’essa in grado incrementare la troponina), ed un notevole aumento del BNP

(1.911, normale fino a 100 pg/ml), peptide aumentato in corso di scompenso cardiaco.

Pertanto tutto il quadro clinico indirizzava, come confermato peraltro anche nel

successivo ricovero, verso la diagnosi di insufficienza cardiaca. Il paziente infatti era

già affetto da una grave cardiopatia dilatativa con bassa frazione di eiezione,

fibrillazione atriale permanente in terapia anticoagulante orale, portatore di pace-maker

dal 2005, upgrading a ICD bifocale (defibrillatore impiantabile) nel 2008. Il modesto

rialzo della troponina rimase ancora alterato, ma stabile dal 31 gennaio (0,13-0,16

ng/ml) fino al 3 febbraio (0,11), poco al di sopra del limite superiore. La severa

insufficienza cardiaca complicata da pluripatologie, tra le quali l’insufficienza renale

determinano un incremento aspecifico della troponina. Il suo innalzamento non è

indice solo di infarto miocardico, ma spesso anche, come visto, di sofferenza cellulare

dei miocardiociti e delle alterazioni dell’apparato contrattile delle fibrocellule legate

alla cardiopatia dilatativa con grave scompenso cardiaco ed anche alla stessa

insufficienza renale. L’ incremento della troponina è un rilievo molto frequente nei

pazienti con scompenso cardiaco ed è rilevabile nel 90% dei casi, indipendentemente

dall’eziologia dello scompenso.

Il paziente venne pertanto dimesso in 8a giornata dall’intervento. Ulteriori esa-

mi diagnostici, in particolare l’ecocardiogramma eseguito nel successivo ricovero, il

22.02.11, non avrebbero comunque modificato la diagnosi, né tantomeno la terapia.

Due giorni dopo, il 7 febbraio, il pz per la comparsa di edemi declivi e dispnea, in

un quadro di scompenso cardiaco congestizio, fu ricoverato nuovamente all’osp. XYZ,

nel reparto di Medicina. In Pronto Soccorso il controllo della Troponina I mostrava il

07.02.2011 alle ore 13:03 un valore ancora inferiore rispetto alla dimissione (0,09),

alle ore 16:24 era: 0,08; alle ore 22:34: 0,10. Il giorno successivo, l’08.02.2011 era:

0,17; il BNP (Peptide natriuretico di tipo B) del 7.02.12 era: 2059 pg/ml (l’8.02.12 era:

2.618). La terapia diuretica era quindi potenziata, ma con scarsi risultati, peggiorando

vieppiù le condizioni cliniche del paziente, che diveniva oligoanurico, con

insufficienza renale, anche l’ultrafiltrazione non migliorava le condizioni, che

peggioravano ulteriormente, dopo il trasferimento in UTIC il 21.02 ed in Rianimazione

(dal 24.02 per un arresto cardio-respiratorio), ed il paziente decedeva il 28.02.2011, un

mese dopo l’intervento.

Relazione inviata alle parti tramite posta elettronica in data 18/02/20__.

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foglio. n. 17

CONCLUSIONI

In considerazione di quanto sopra esposto, della documentazione medica

esaminata, in risposta ai quesiti dell’ill.mo giudice si può affermare che:

La Diagnosi di aneurisma sacciforme bilobato dell’aorta addominale

sottorenale del diametro antero-posteriore massimo di circa 44 mm è stata

correttamente formulata. Peraltro la Scelta del trattamento, cioè di effettuare

l’intervento di Esclusione endovascolare dell’aneurisma non era indicata. Nel caso in

esame è raccomandata l’esecuzione di una sorveglianza dell’aneurisma mediante esame

ecografico ogni 6 mesi. Esecuzione del trattamento: l’intervento è stato comunque

eseguito in conformità alle metodiche medico-chirurgiche stabilite dalla prassi e dalla

scienza medica, in anestesia locale, con accesso percutaneo transfemorale bilaterale, il

controllo post-operatorio confermava il corretto posizionamento dell’endoprotesi aorto-

bisiliaca con la completa esclusione dell'aneurisma aortico e la conservazione delle

arterie renali ed ipogastriche.

La diagnosi di insufficienza cardiaca emersa nel post-operatorio, quale quadro

evolutivo e peggiorativo di una cardiopatia dilatativa preesistente non su base ischemi-

ca, è stata correttamente formulata. Non era necessario effettuare ulteriori accertamenti

diagnostici. Il trattamento dello scompenso cardiaco era adeguato rispetto al caso

specifico, riguardo alla diagnosi formulata ed allo stato dell’arte. Danno: Anche se il

trattamento dello scompenso cardiaco viene correttamente praticato, può soprag-

giungere il decesso; nel caso in esame occorso un mese dopo l’intervento in un paziente

affetto da una grave cardiopatia dilatativa con bassa frazione di eiezione, fibrillazione

atriale permanente in terapia anticoagulante orale, portatore di pace-maker dal 2005,

upgrading a ICD bifocale (defibrillatore impiantabile) nel 2008.

In particolare non è possibile stabilire la presenza di un rapporto causale, se non

puramente cronologico, tra l’operato dei sanitari che hanno avuto in cura il paziente, ed

il progressivo peggioramento dell’insufficienza cardiaca refrattaria, fino al decesso. Non

si ravvisano comportamenti colposi, di tipo imprudente, imperito o negligente.

8-__-20__

Il C.T.U.

dott. XX

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foglio. n. 18

RISPOSTA ALLE NOTE CRITICHE FORMULATE DAI DR. XY E PROF. XY2

In risposta alle ulteriori osservazioni redatte dal consulente di parte attrice, dr. XY, e

pervenute in data 18.03.20__, si risponde quanto segue:

Le complicanze post-operatorie del trattamento endovascolare, con impianto di

una endoprotesi, dell’aneurisma dell’aorta addominale, differiscono rispetto al tratta-

mento chirurgico tradizionale, comportante un accesso chirurgico addominale e la

rimozione di un tratto dell'aorta.

Esiste un rischio ridotto, ma leggermente più elevato di quello associato a una

riparazione a cielo aperto, di rottura dell'aneurisma a distanza di anni. Le complicanze

più frequenti sono: la separazione tra i vari segmenti nelle protesi modulari, l’endoleak

(cioè il rifornimento della sacca aneurismatica esclusa dalla protesi), l’endotension,

l’occlusione o la stenosi della protesi. Altre possibili complicazioni associate

all'impianto di una protesi endovascolare includono: perdite ematiche attorno al sito di

impianto dell'endoprotesi; blocco del flusso ematico all'interno dell'endoprotesi;

dislocamento dell'endoprotesi rispetto al sito di impianto originario; rottura

dell'endoprotesi; infezione; rottura dell'aneurisma o lacerazione dell'aorta.

Nelle Linee Guida ESC (pag. 159), allegate anche dal collega, laddove si legge

che: “i pazienti anziani con scompenso cardiaco cronico candidati a chirurgia vascolare

presentano un rischio più elevato di mortalità perioperatoria e di riospedalizzazione

rispetto agli altri pazienti ricoverati per essere sottoposti alla medesima tipologia di

intervento”, deve intendersi riferito essenzialmente ai pazienti che hanno subito un in-

tervento chirurgico con accesso addominale e rimozione di un tratto dell'aorta, in rela-

zione all’anestesia generale ed alle modificazioni dell’equilibrio emodinamico.

Per quanto concerne il decesso dovuto ad un’insufficienza cardiaca, è stato detto

che essa rappresenta un “quadro evolutivo e peggiorativo di una cardiopatia dilatativa

preesistente”. Forse nella sintesi forzata delle conclusioni, allorquando ho affermato che

“non è possibile stabilire la presenza di un rapporto causale, se non puramente

cronologico, tra l’operato dei sanitari che hanno avuto in cura il paziente, ed il

progressivo peggioramento dell’insufficienza cardiaca refrattaria, fino al decesso. Non si

ravvisano comportamenti colposi, di tipo imprudente, imperito o negligente”, non è stato

ben chiarito che si ritiene che il peggioramento dell’insufficienza cardiaca non sia stato

determinato da cause non naturali, ma che fosse dovuto alla naturale evoluzione della

malattia. Tale evoluzione può avvenire sia lentamente e progressivamente, ma anche

con fasi di recrudescenza e riacutizzazioni, per le più svariate cause scatenanti, anche

extra-cardiache. Nel caso in esame, oltre all’intervento chirurgico eseguito, potrebbe

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foglio. n. 19

essere stato anche l’episodio febbrile, trattato con antibioticoterapia, a far aggravare lo

scompenso cardiaco, ma non è possibile stabilire con certezza quale sia stata la causa

scatenante.

Per quanto concerne la riduzione della frazione di eiezione, nella consulenza

cardiologica preoperatoria, veniva rilevato: “… Cardiopatia dilatativa con bassa FE

(riferisce con coronarie indenni, non documentazione in visione). FAC in TAO.

Portatore di PMK dal 2005, upgrading a ICD bifocale nel 2008... Ecocardio del dic.

2009: FE 45%”. Tale dato appare in contrasto con le indicazioni della letteratura

inerenti il posizionamento di un ICD; tale dispositivo va impiantato in presenza di una

frazione di eiezione del 30-35%. Nelle “Linee guida per la valutazione preoperatoria del

rischio cardiaco e la gestione perioperatoria del paziente cardiopatico nella chirurgia

non cardiaca” redatte dalla Task Force per la Valutazione Preoperatoria del Rischio

Cardiaco e la Gestione Perioperatoria del Paziente Cardiopatico nella Chirurgia Non

Cardiaca della Società Europea di Cardiologia (ESC) e approvate dalla Società Europea

di Anestesiologia (ESA), pubblicate nel 20096 ed in Italia tradotte nel 2010 (G Ital

Cardiol 2010; 11 (10 Suppl 2): 136-181) sono analizzati i rischi che riguardano il caso

del paziente in esame. Le complicanze cardiache correlate alla chirurgia non cardiaca

dipendono sia dagli specifici fattori di rischio, sia dalla natura della procedura

chirurgica e dalle circostanze in cui questa viene eseguita. Per il tipo di procedura cui

doveva essere sottoposto il sig. A non era indicata l’ulteriore esecuzione di altri esami

diagnostici, anche perché il quadro clinico era ben definito e le risultanze della visita

cardiologica furono di “Rischio cardiologico perioperatorio aumentato, non

modificabile”; il rischio per l’appunto era aumentato e non modificabile.

Per quanto concerne dunque la riduzione della funzionalità cardiaca, indicato

dalla frazione di eiezione, a cui si è assistito nel post-operatorio, con un riscontro

all’ecocardiogramma di una FE del 18-20%, essa è certamente avvenuta, ma si ritiene

che sia avvenuta in misura inferiore (del 10-15% circa) rispetto a quanto prospettato,

compatibilmente con la riacutizzazione di un’insufficienza cardiaca. Non si ritiene pe-

raltro che ci fosse stata comunque alcuna indicazione ad eseguire un ecocardiogramma

nel post-operatorio, anche tenendo conto del modesto rialzo della troponina.

6 Tradotte da Guidelines for pre-operative cardiac risk assessment and perioperative cardiac

management in non-cardiac surgery: the Task Force for Preoperative Cardiac Risk Assessment and

Perioperative Cardiac Management in Non- Cardiac Surgery of the European Society of Cardiology

(ESC) and endorsed by the European Society of Anesthesiology (ESA). Eur Heart J 2009; 30: 2769-

812.

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È certamente vero che sussistono alcune carenze in ordine alla tenuta della car-

tella del primo ricovero, in particolare non è menzionato il bilancio idrico; ma tali ca-

renze non sono tali da aver influenzato la determinazione dell’evento fatale.

Il punto centrale di tale caso clinico è la mancanza di indicazione all’intervento

in quanto, a differenza di quanto sostenuto dal prof. XY2 nelle note pervenute anch’esse

in data 18.03.2__, è proprio l’esistenza della comorbilità cardiovascolare, con un rischio

cardiologico aumentato, che avrebbe dovuto indurre i sanitari ad una più attenta

valutazione sulla corretta indicazione all’intervento. Infatti era più probabile che il

decesso del paziente in futuro potesse verificarsi per un aggravamento della patologia

cardiaca, piuttosto che per la rottura dell’aneurisma. In ogni decisione clinica bisogna

infatti ponderare attentamente i rischi da affrontare in relazione ad eventuali benefici

attesi, ed in questo caso gli ultimi erano aleatori; infatti i rischi conseguenti

all’intervento non erano compensati dall’eventuale potenziale beneficio in termini di

sopravvivenza associato con la riparazione di aneurisma, essendo già i pazienti affetti

da aneurisma aortico noti per essere a maggior rischio di mortalità rispetto alla

popolazione generale per età e sesso.

Infatti in letteratura i dati statistici dimostrano che nei pazienti con aneuri-

sma dell'aorta addominale, considerati non eligibili per motivi di comorbilità ed età alla

riparazione chirurgica a cielo aperto, e sottoposti alla procedura EVAR, cioè al tratta-

mento endovascolare, non si è avuta una riduzione della mortalità totale rispetto al

non effettuare alcun intervento7. In altri studi si è assistito ad una mortalità cardiova-

scolare simile nei due anni successi all’intervento tra i gruppi randomizzati ad EVAR

ed a chirurgia tradizionale8.

Il trattamento dell’AAA, sia chirurgico tradizionale che endovascolare, è infatti

associato ad una morbilità e mortalità ad incidenza variabile nella varie serie, legate in

primo luogo ad una diversa invasività delle tecniche utilizzate ma anche all’età del

paziente ed alla coesistenza di patologie multiorganiche associate. Le complicanze

cardiache costituiscono la principale causa di mortalità postoperatoria, con più alta

incidenza in pazienti con pregressa patologia cardiaca. Le patologie polmonari,

epatiche, renali ed ematologiche possono portare a complicanze, che, se anche non

7 The United Kingdom EVAR Trial Investigators. N Engl J Med 2010; 362:1872-1880 May 20,

2010. Endovascular Repair of Aortic Aneurysm in Patients Physically Ineligible for Open Repair. 8 Brown LC, Thompson SG, Greenhalgh RM, Powell JT. "Incidence of Cardiovascular Events and

Death After Open or Endovascular Repair of Abdominal Aortic Aneurysm in the Randomized Evar

Trial 1." British Journal of Surgery 98, no. 7 (2011): 935-42

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foglio. n. 21

direttamente correlate alla mortalità postoperatoria, comportano comunque una

prolungata ospedalizzazione9.

Come già detto a pg. 13 della CTU, il trattamento endovascolare (EVAR) è

meno invasivo ed è gravato da una mortalità operatoria, definita come morti avvenute

entro 30 giorni dall’intervento chirurgico o durante la degenza, inferiore all’1%, rispetto

a quella del 2-3% del trattamento tradizionale a cielo aperto.

Peraltro sussiste un aumento di mortalità perioperatoria a 30 giorni, anche per

il trattamento endovascolare, rispetto al dato atteso dell’1%, allorquando il paziente

presenta una consistente comorbilità. I predittori significativi univariati di mortalità

dopo EVAR sono età, sesso femminile, insufficienza renale cronica, recente infarto mio-

cardico, insufficienza cardiaca congestizia, malattie vascolari, cardiopatie valvolari e

pneumopatia cronica ostruttiva.

Pertanto in base a studi clinici, che hanno utilizzato un’analisi statistica mul-

tivariata, il calcolo della probabilità di decesso perioperatorio, in un intervento endova-

scolare per aneurisma, aumenta in relazione ai suddetti indici predittori, aumentando

la mortalità perioperatoria a 30 giorni corrispondentemente a quanto un maggior nu-

mero di fattori di rischio è presente, in base ad un punteggio stabilito (v. tab. V)10; lo

score ottenuto in questo caso comporta una mortalità perioperatoria di poco più del 2%.

In conclusione sebbene non siano stati riscontrati errori procedurali o tecnici

che abbiano fatto peggiorare l’insufficienza cardiaca, non si può sottacere il dato

dell’aumento del doppio della mortalità post-operatoria a 30 giorni, proprio in relazione

all’età avanzata, alla presenza di una comorbilità rilevante, in particolar modo cardio-

vascolare, da una percentuale attesa inferiore all’1% ad una percentuale nella misura

superiore al 2% anche per l’EVAR. È possibile dunque che l’intervento possa aver rive-

stito un ruolo concausale minore, come identificato dal dr. XY, accelerando

l’aggravamento dello scompenso cardiaco refrattario, con un rischio di aumento della

mortalità a 30 giorni per un intervento per cui non sussisteva indicazione clinica.

28-07-20__

Il C.T.U.

dott. XY

9 Società italiana di angiologia e patologia vascolare (SIAPAV). Modello di percorso assistenziale

aneurisma aorta addominale 2015. 10 “K. A. Giles, M. L. Schermerhorn, A. J. O’Malley, P. Cotterill, A. Jhaveri, F. Pomposelli. B. E.

Landon. “Risk prediction for perioperative mortality of endovascular versus open repair of abdominal

aortic aneurysms using the Medicare population”. J Vasc Surg. 2009 August ; 50(2): 256–262.

doi:10.1016/j.jvs.2009.01.044.

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Dott. CY Medico Chirurgo Medico Forense

VALUTAZIONI DI MERITO RELATIVE ALLA CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO

ESPLETATA DAL COLLEGA XYY

SU A A

In relazione alla CTU in oggetto lo scrivente ha esaminato l’elaborato peritale del

collega sopracitato, nominato Consulente Tecnico dal Giudice dottoressa XX, dopo

incontro collegiale avvenuto a RR in data 19.11.20__.

Riassumendo brevemente le considerazioni finali, il CTU, pur individuando un profilo di

responsabilità nella decisione di sottoporre il signor A ad un intervento chirurgico non

necessario, non riscontra elementi sufficienti, se non di tipo cronologico, per correlare

causalmente l’evento citato con il decesso.

Decesso che, come scrive il CTU, sarebbe da ricondurre ad un progressivo

peggioramento dell’insufficienza cardiaca refrattaria.

Ed è proprio su questo aspetto che si richiede un primo chiarimento. Il CTU definisce il

processo progressivo, ma il peggioramento delle condizioni del signor A,

sembrerebbero brusche, repentine.

1

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A voler affidarci alle informazioni ricavabili dalla cartella clinica, ed in particolar modo

dalla lettera di dimissioni, se si eccettua il riportato movimento delle troponine, il

signor A, in data 05.02.2011, viene dimesso in condizioni certamente non peggiori

rispetto a quelle presentate al momento in cui viene ricoverato, il 25.01.2011. Tant’è

che il paziente, a parte un controllo ematologico a 10 giorni, viene invitato alla visita di

controllo a distanza di un mese.

Quando rientra al Pronto Soccorso, dopo appena due giorni dalle dimissioni, ci

troviamo di fronte ad un quadro caratterizzato da febbre, dispnea, importanti edemi

declivi, versamento ascitico. Per non parlare del notevole incremento del BNP oltre che

del crollo della FE al 18-20%.

Perché il CTU ritiene un andamento del genere definibile come un progressivo

peggioramento?

Soprattutto, pur in assenza di elementi di certezza, perché, pur riconoscendo il rispetto

del criterio cronologico, ritiene che non sussistano elementi di dubbio tali per cui,

secondo un principio probabilistico, l’aggravamento delle condizioni del signor A non

possa essere ricondotto, anche solo in parte, all’intervento eseguito?

Come ho avuto già modo di scrivere, che il rischio operatorio in un soggetto con

scompenso cronico sia elevato1, è ben documentato anche nelle Linee Guida ESC, dove

si legge, tra le altre cose: i pazienti anziani con scompenso cardiaco cronico candidati a

chirurgia vascolare presentano un rischio più elevato di mortalità perioperatoria e di

riospedalizzazione rispetto agli altri pazienti ricoverati per essere sottoposti alla

medesima tipologia di intervento.

Comprendo quanto osservato dal CTU che la scelta di un’anestesia locale, invece

dell’anestesia generale, riduceva notevolmente il rischio di eventi avversi, ma

immagino che non possa affermarne la sua totale esclusione.

1 Guidelines for pre-operative cardiac risk assessment and perioperative cardiac management in non- cardiac surgery: the Task Force for Preoperative Cardiac Risk Assessment and Perioperative Cardiac Management in Non-Cardiac Surgery of the European Society of Cardiology (ESC) and endorsed by the European Society of Anesthesiology (ESA). Eur Heart J 2009.

2

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Sempre relativamente al primo ricovero, si chiede al CTU di riconsiderare se, in effetti,

sempre sotto il profilo cardiologico, il signor A, proprio in previsione dell’intervento, sia

stato compiutamente valutato.

Mi riferisco, nello specifico, alla consulenza cardiologica pre-operatoria eseguita il

26.01.2011, e nella quale il cardiologo conclude per un rischio cardiologico

perioperatorio aumentato.

Il medico, nel suo referto riporta che il paziente riferisce con coronarie indenni, e tale

dato viene accettato come vero in assenza di una verifica effettiva (non dico, anche se

non era da escludere viste le condizioni generali del paziente, che dovesse sottoporsi a

nuova coronarografia; ma avrebbe ben potuto, essendo l’intervento disposto in

elezione, richiedere in visione l’esame già fatto).

Allo stesso modo, nel suo processo valutativo, si accontenta del dato ecocardiografico

precedente di 2 anni, di una FE al 45%. È tale dato plausibile al momento in cui il

paziente viene visitato dal cardiologo?

Da quanto mi è parso di comprendere nell’istruttivo confronto in sede di incontro

collegiale, il CTU non mi sembrava così convinto della persistenza di quel dato al

momento del ricovero. Anche perché, se lo avesse ritenuto confermato, allora non

potrebbe non riconoscere che il valore del 18%, 2 giorni dopo le dimissioni, non può

essere ritenuto indice di un progressivo peggioramento dello scompenso cardiaco.

Allora se così fosse, vale a dire, che il dato della FE era da considerarsi datato, e non

più realistico, non ritiene il CTU che il cardiologo, in fase pre-operatoria, abbia dato,

inopportunamente, per scontato troppi parametri di riferimento, e tra l’altro di

eccezionale rilievo, nel momento in cui ha espresso il suo parere all’intervento?

Non ritiene che diligenza e prudenza avrebbero richiesto una verifica di tali elementi?

E, ancora: ritiene che l’eventuale riscontro di ostruzioni coronariche, così come di una

funzionalità cardiaca ridotta rispetto al dato del 45% di FE, avrebbero comunque

consigliato di sottoporre il paziente ad un intervento, ricordiamolo, non necessario?

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O meglio: non ritiene che i riscontri eventuali appena citati, avrebbero (a prescindere

del parere del cardiologo dell’ospedale), aumentato il gradiente di rischio, nonostante

la scelta anestesiologica?

O ritiene che l’avrebbe aumentato in maniera così insignificante da non poterlo

considerare nemmeno concausa minore del decesso? In tal caso potrebbe fornire le

motivazioni?

È ovvio che ci si muove in ambito presuntivo, ma tale meccanismo di ragionamento

(sebbene superfluo ricordarlo), è lecito per la parte richiedente, nel momento in cui si

individuano nella controparte elementi di negligenza, intesa non solo come

superficialità in ambito di attività decisionale medica (come nel caso individuato del

cardiologo), ma anche nella tenuta della cartella clinica, la quale dovrebbe essere

diario fedele, oltre che chiaro, delle condizioni di un paziente.

A tal proposito occorre rilevare come la cartella non ci aiuti a comprendere quali

fossero le reali condizioni del paziente, a meno che non si voglia nuovamente

considerare quanto emerge dai diari dove ci ritroviamo una fase post-operatoria

regolare con condizioni cliniche simili a quelle pre intervento.

Resta, pertanto, il dubbio sulle ragioni che abbiano indotto a richiedere e controllare i

valori della troponina; sul come sia stata valutata la funzione ventricolare post

intervento alla luce del rialzo troponinico, anche se non specifico per eventi ischemici

perioperatori; in quali condizioni sia stato dimesso il paziente (non viene riportato).

È parere del consulente cardiologo interpellato che sia impossibile che un paziente che

a distanza di 48 ore verrà osservato con gravi problemi di scompenso, con edemi

declivi, ascite e dispnea, possa essere stato dimesso in condizioni ottimali (ben

tenendo conto delle condizioni pre-esistenti).

Il Collega rileva come, prima delle dimissioni, non siano state attuate procedure di

controllo dovute in un soggetto in quelle condizioni. Ad esempio, nella

documentazione non si rintraccia un bilancio dei liquidi o il monitoraggio del peso

4

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corporeo che avrebbero permesso di evidenziare una ritenzione dei fluidi che,

evidentemente è poi peggiorata a casa.

In definitiva, si ritiene che più probabilmente che non, che l’intervento a cui è stato

sottoposto il signor A (intervento non necessario), nonostante l’accortezza evidenziata

dal CTU di una anestesia non generale, abbia comunque determinato uno

sbilanciamento dell’equilibrio emodinamico che il paziente aveva raggiunto fra terapia

medica e pacemaker/ICD, aggravando il grado di scompenso e riducendo i tempi di

sopravvivenza del signor A.

Si ritiene, pertanto, che pur in un quadro di già ridotte aspettative di vita, l’erronea

scelta di sottoporre il signor A all’intervento di endoprotesi dell’aorta addominale,

abbia avuto rapporto causale con il decesso.

Essendo in un ambito valutativo legato alla preponderanza probabilistica, si ritiene che

a poter essere rispettato non sia solo il rapporto di causalità cronologico, ma anche

quelli di continuità fenomenica e di possibilità scientifica.

Nel caso, come si spera alla fine di queste considerazioni, che il CTU ritenga possibile

una concausalità dell’intervento nel decesso del signor A, si chiede di quantificarne in

termini percentuali la probabilità.

18 Marzo 20__

Dott. XYY

5

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Dott. XY Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni

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17 marzo 20__

NOTE CRITICHE ALLA BOZZA DI RELAZIONE DI CONSULEZA

TECNICA SULLE CAUSE DELLA MORTE

DI

AA

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Dott. XY Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni

2

Al sig. Dott. XYY

dopo aver letto attentamente la bozza di relazione sulle cause della morte

di A A, sono ad inviarLe queste brevi note condividendo le sue

conclusioni.

In effetti il sig. A A era un paz. affetto da gravi patologie che

interessavano sia l’apparato respiratorio (BPCO) che l’apparato

cardiovascolare (cardiopatia dilatativa-FA permanente). Era un iperteso,

dislipidemico, obeso. Occasionalmente, nel corso di uno studio fu

diagnosticato un aneurisma dell’aorta addominale sottorenale. Le

dimensioni dell’aneurisma secondo le comuni linee guida non

imponevano un trattamento chirurgico, ma solo una monitorizzazione

periodica. Per cui non mi permetto di contestare il suo parere nel merito,

ma vorrei rappresentarLe che la condizione del sig. A era particolare, in

quanto le comorbilità vascolari e respiratorie non permettevano ulteriori

attese. D’altronde val la pena ricordare che il paz. fu, ampiamente e

correttamente, valutato per il rischio chirurgico ed i vari specialisti non

trovarono controindicazioni all’intervento. Intervento che fu condotto in

anestesia locale; lo studio arteriografico eseguito successivamente

evidenziò l’ottima riuscita dell’impianto protesico. Per cui anche se non

urgente, l’intervento eliminò un fattore di rischio. Il paz. fu dimesso in

buone condizioni generali rispetto al suo stato anteriore.

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Dott. XY Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni

Si è discusso sul valore dell’indice della Troponina, ma Lei ha

correttamente inquadrato il caso sottolineando che non v’era alcun infarto

in atto e che lo scompenso cardiovascolare che indusse al ricovero

successivo non aveva alcun legame causale o concausale con l’intervento

subito. Lo scompenso cardiaco congestizio, con conseguita insufficienza

multiorgano, fu la causa della morte, direttamente e causalmente legata

alla cardiopatia dilatativa con FA di cui il paz. obeso, iperteso,

dislipidemico era sofferente.

In sostanza, come Lei ha diligentemente relazionato, nulla può essere

addebitato ai sanitari che l’ebbro in cura per quanto attiene all’evento

morte. In particolare, va ribadito che gli indici di laboratorio che per la

parte attrice erano indicativi di infarto, viceversa essi erano la diretta

conseguenza del grave scompenso cardiocircolatorio conseguito alla FA

ed alla cardiopatia dilatativa di cui il sig. A era sofferente. Per cui se ne

deduce che nessuna censura può essere sollevata al trattamento sanitario

prestato al sig. A A.

Tanto Le dovevo, XX

3