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Paolo Attivissimo

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Paolo Attivissimo

LUNA?Sì, ci siamo andati!

Le risposte ai dubbipiù frequenti

sugli sbarchi lunari

Edizione 2010/09/26L'edizione digitale aggiornata di questo libro

è scaricabile gratuitamente pressohttp://complottilunari.info.

In copertina: Gene Cernan durante la sua terza escursione sulla superficie della Luna du-rante la missione Apollo 17, dicembre 1972. L'immagine è tratta dalla foto NASA AS17-140-21391. La porzione superiore del cielo è stata aggiunta dall'impaginatore per esigenzegrafiche. Credit: NASA.

In quarta di copertina: l'autore insieme a Buzz Aldrin, uno dei due protagonisti del primosbarco sulla Luna. Credit: Andrea Tedeschi Photography (www.andreatedeschi.ch). Sullosfondo: fotografia della Luna di Fabrizio Mele.

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Permesso d'autoreIl testo originale di questo libro è © 2009-2010 by Paolo Attivissimo. Alcuni dirittisono riservati. Some rights reserved.

ISBN 978-0-557-46934-5

Quest'opera è distribuita alle seguenti condizioni, basate sulla licenza Creative Com-mons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia. I dettagli legali diquesta licenza di distribuzione sono disponibili in italiano presso http://creativecom-mons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/legalcode. In sintesi, chiunque è libero di riprodurre,distribuire, tradurre, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, ese-guire e recitare, purché senza lucro o profitto, quest'opera alle seguenti condizioni:

– Attribuzione. La paternità dell'opera va attribuita a Paolo Attivissimo e si deveindicare il sito http://complottilunari.info come fonte. Non si deve fare nulla chesuggerisca che l'autore avalli il modo in cui viene usata l'opera o chi la usa.

– Senza lucro o profitto. Non è permesso usare quest'opera per fini commerciali.Senza l'autorizzazione scritta esplicita dell'autore, non è permesso venderequest'opera o farsi pagare per la sua stampa, duplicazione o distribuzione, masi è liberi di stamparla, duplicarla o distribuirla a titolo gratuito.

– Non opere derivate. Non è permesso alterare o trasformare quest'opera, néusarla per crearne un'altra. Ne è però permessa la traduzione fedele e integrale.

Ogni volta che si usa o distribuisce quest'opera, questo va fatto secondo i termini diquesta licenza, che va comunicata con chiarezza. In ogni caso, è possibile concordarecon il titolare dei diritti anche utilizzi di quest'opera non previsti da questa licenza.Questa licenza lascia impregiudicati i diritti morali.

Gli usi consentiti dalla legge sul diritto d'autore e gli altri diritti non sono in alcunmodo limitati da quanto sopra. È specificamente consentita la libera citazione, anchedi ampi brani, purché siano indicati fonte e autore.

Quest'opera si avvale del diritto di citazione a scopo accademico e di critica previstodall'Articolo 10 della Convenzione di Berna sul diritto d'autore.

Photo credits: All photographs of Apollo hardware and missions are courtesy of NASA un-less otherwise noted. Cartoons are © Moise, used with permission. Other pictures are usedto the extent allowed by fair use.

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Introduzione – 1

Introduzione

Sono ormai trascorsi quarant'anni da quando l'uomo mise piede per laprima volta sulla Luna. Molti di noi, me compreso, vissero quel momen-to straordinario come cronaca che riempì i giornali e ci regalò una not-te insonne indimenticabile di fronte alle immagini, in diretta da unaltro mondo, che ci arrivavano in casa attraverso il nebuloso baglioredel teleschermo.

Ma ormai per un numero crescente di persone quell'impresa è storia:sbiadita, confusa, lontana, conosciuta per sentito dire, riportata superfi-cialmente dai media. Se l'idea di andare sulla Luna è già di per sé incredi-bile, mitica e irreale nella sua grandiosità, pensare di averlo fatto negliormai lontani anni Sessanta del secolo scorso – e di non averlo più fatto– per molti è comprensibilmente difficile da accettare.

Questo libro è dedicato a chi vuole capire come andarono realmente lecose e vuole risposte ai propri dubbi, alimentati magari dalle accuse dichi, per proprio tornaconto economico o per brama di sminuire la gran-dezza altrui e sopperire alle proprie pochezze, si dichiara rabbiosamentesicuro che fu tutta una messinscena.

Ai “lunacomplottisti”, a coloro che sono impermeabili a ogni argomenta-zione, già convinti di sapere tutto e con i quali è inutile discutere, dedicoinvece il mio compatimento, perché sono incapaci di gioire di un'avven-tura esaltante che è una delle poche imprese di pace per le quali il ven-tesimo secolo ha speranze di essere ricordato come qualcosa di più cheun susseguirsi di guerre, devastazioni e genocidi.

Ma queste pagine non sono semplicemente una pedante confutazionedi tesi eccentriche. Sono anche una celebrazione di un istante irripetibile.Perché ci saranno altri traguardi, altre missioni, altri atterraggi su mondiremoti, ma lo sbarco sulla Luna del luglio del 1969 è e resterà sempre ilprimo contatto dell'uomo con un altro mondo. Sarà sempre il primo mo-mento in cui l'umanità ha dimostrato, sia pure per un istante, di saper la-sciare la propria fragile culla.

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2 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Che incredibile privilegio vivere proprio in quell'unica, minuscola frazio-ne della Storia nella quale questo è avvenuto, poter stringere la mano edire grazie a chi ha compiuto un'impresa che per millenni è stata purosogno, al di là delle possibilità del più potente dei re, degli imperatori edei faraoni. Camminare sulla Luna. Questo libro è il mio piccolo omaggioal coraggio e all'ingegno di tutti coloro che hanno trasformato quel so-gno in realtà. In pace, per tutta l'umanità.

RingraziamentiVorrei ringraziare tutti i lettori e autori del blog Complotti Lunari e in par-ticolare Hammer, Trystero, Papageno e Tukler per l'aiuto nelle ricerche,per la verifica dei dati e per aver snidato molti miei errori e refusi. Quelliche restano sono esclusivamente colpa mia.

Un grazie speciale va a Eric Jones dell'Apollo Lunar Surface Journal e aimembri del forum Project Apollo, per la loro disponibilità nel ricercare everificare le informazioni tecniche più stravaganti, e a Nicola Colotti, chemi ha dato modo d'intervistare Buzz Aldrin.

Dedico questo libro ai miei genitori, che mi svegliarono per farmi assiste-re alla diretta RAI dello sbarco sulla Luna, e a mia zia Iris, che mi regalònegli anni Settanta una copia del meticoloso resoconto delle missioniApollo scritto da Peter Ryan, The Invasion of the Moon 1957-70. Questi dueeventi mi hanno contagiato per sempre con la passione per l'epopeaspaziale. Quel libro è ancora qui con me mentre scrivo queste pagine: iltempo ne ingiallisce i fogli ma non il fascino.

Distribuzione libera e gratuitaL'edizione digitale di questo libro è liberamente duplicabile e distribuibi-le tale e quale (ma non avete il permesso di spacciarla per vostra o distamparla per rivenderla; il diritto d'autore resta in vigore). Non l'ho scrit-ta per diventare ricco, ma per dare al maggior numero possibile di perso-ne l'occasione di conoscere i fatti e sbugiardare i contaballe spaziali.

Tuttavia scrivere un libro tecnico costa tempo e fatica, e comperare ma-nuali, DVD e documentazione costa soldi. Quindi se vi va di darmi una

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mano, non dico certo di no: potete farlo segnalando errori o frasi nonchiare, contribuendo con indagini per ampliarlo oppure offrendomi untrancio di pizza e una birra tramite una donazione via Paypal come in-centivo per scrivere altri libri. I dettagli sono sul sito Complottilunari.info.

Indirizzi Internet abbreviati con TinyurlAlcuni indirizzi Internet delle fonti citate sono indicati con la forma ab-breviata generata con Tinyurl.com per agevolarne la digitazione, special-mente per chi usa l'edizione cartacea di questo libro.

Commenti, correzioni e aggiornamentiQuesto libro è un progetto in continua lavorazione. La documentazionedelle missioni Apollo è tuttora oggetto di studio scientifico e le nuovemissioni lunari automatiche ci offrono dati aggiornati e riscontri che ven-gono aggiunti man mano che si rendono disponibili. Inoltre i lunacom-plottisti inventano una tesi nuova ogni giorno, per cui è possibile chenon troviate qui lo sbufalamento di una specifica asserzione. In tal caso,avvisatemi scrivendo a [email protected]. Se trovate errori, se-gnalatemeli allo stesso indirizzo.

Immagini, filmati e documenti di supportoIl formato cartaceo e, in misura minore, quello elettronico limitano laquantità, qualità e risoluzione delle immagini e non permettono di inclu-dere filmati, molto utili per chiarire alcuni concetti. Così ho preparato unaraccolta di immagini, documenti e video su supporto digitale compatto.Le istruzioni per avere questo materiale sono su ComplottiLunari.info.

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In memoriamQuesto libro vuole onorare coloro che hanno pagato il prezzo più alto peresplorare la nuova frontiera, a volte in segreto e spesso senza avere nean-che una nota a piè pagina nella storia. Non dimentichiamo mai che chinega gli sbarchi sulla Luna infanga la memoria di queste persone, delleloro famiglie e di tutti coloro che hanno lavorato alle imprese spaziali.

Michael J. AdamsMichael P. AndersonCharles A. Bassett II

Valentin BondarenkoDavid M. BrownRoger Chaffee

Kalpana ChawlaLaurel B. Clark

Georgi DobrovolskiTheodore C. FreemanEdward G. Givens, Jr.Virgil "Gus" Grissom

Rick D. HusbandGregory Jarvis

Vladimir KomarovRobert H. Lawrence, Jr.

Christa McAuliffeWilliam C. McCool

Ronald McNairEllison OnizukaViktor Patsayev

Ilan RamonJudith Resnick

Francis "Dick" ScobeeElliot McKay See, Jr.

Michael J. SmithVladislav Volkov

Ed WhiteClifton C. Williams, Jr.

Ad astra per aspera.

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La corsa alla Luna – 5

La corsa alla Luna

Siamo negli anni Cinquanta del secoloscorso. Gli Stati Uniti e l'Unione Sovieti-ca1 sono acerrimi nemici. Si puntanoaddosso a vicenda migliaia di bombeatomiche, secondo la dottrina della di-struzione reciproca garantita o MutualAssured Destruction, che non a caso siabbrevia in “MAD”, ossia “pazzo”.

Le due superpotenze nucleari si sfidanoanche nel cosmo: ciascuna vede nellarealizzazione di voli spaziali una dimo-strazione potente della superiorità dellapropria tecnologia e del proprio siste-ma sociale. Lo spazio è propaganda.

Il 4 ottobre 1957 l'Unione Sovietica stupi-sce l'opinione pubblica mondiale lancian-do davvero, come preannunciato, il primosatellite artificiale: lo Sputnik 1. Non passainosservato il fatto che lo Sputnik sorvolaimpunemente gli Stati Uniti e gli altripaesi del mondo ed è stato lanciato mo-dificando uno dei missili intercontinentaliche la Russia, come gli USA, sta costruen-do per recapitare bombe nucleari in po-chi minuti sulle città avversarie.

Gli Stati Uniti avviano un piano federale d'emergenza per accelerare ilproprio embrionale programma spaziale, che aveva già raccolto alcuni

1 All'epoca di questi eventi, l'Unione Sovietica includeva gli stati che oggi si chiamanoFederazione Russa, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Estonia, Georgia, Kazakistan,Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldova, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina, e Uzbekistan,coprendo 22,4 milioni di chilometri quadrati contro i 9,8 degli Stati Uniti. L'Unione Sovieticasi dissolse nel 1991. Fonte per l'immagine: Wikipedia (commons.wikimedia.org/wiki/Category:Maps_of_the_world_indicating_one_country).

Figura 1. Unione Sovietica e StatiUniti.

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successi, come le prime foto dallo spazio,2 e per recuperare il divario ac-cademico, militare e tecnologico e lo smacco politico di essere stati bat-tuti da quello che ritenevano essere un paese arretrato. Ma collezionanoinizialmente soltanto ulteriori umiliazioni.

Un mese dopo, il 3 novembre 1957, i sovietici stabiliscono un altro recordcon lo Sputnik 2: il primo essere vivente nello spazio, la cagnetta Laika,destinata a morire dopo poche ore perché non è previsto il rientro a ter-ra. Lo fanno prima ancora che gli americani abbiano lanciato un satellitedi qualunque genere.

Il 6 dicembre arriva finalmente il primotentativo statunitense. Il missile Van-guard TV3 esplode miseramente sullarampa di lancio, in diretta TV (Figura 2).

Gli Stati Uniti riescono a collocare inorbita un satellite, l'Explorer 1, il 31gennaio 1958, usando un razzo militareRedstone progettato e modificato daWernher Von Braun, creatore dei fami-gerati missili nazisti V-2 usati su Londrae altre città durante la Seconda GuerraMondiale, passato poi al servizio deimilitari americani. Ma i 14 chili dell'Ex-plorer 1 sono nulla in confronto ai 500dello Sputnik 2 e dei quasi 1500 portatinello spazio dallo Sputnik 3 il 15 mag-gio successivo.

Il vantaggio sovieticoAd agosto del 1958, gli Stati Uniti tentano il sorpasso provando a rag-giungere per primi la Luna con una sonda automatica, Able 1, ma il lan-cio fallisce dopo 77 secondi di volo, e falliscono anche i tre tentativi

2 Alla fine degli anni Quaranta gli Stati Uniti avevano modificato missili tedeschi V-2 percompiere brevi voli verticali fino a 160 chilometri di quota, portando nello spazio strumentiscientifici e fotocamere, e nei primi anni Cinquanta avevano sviluppato missili per iltrasporto di bombe atomiche, ma non avevano un lanciatore potente quanto quelli russiperché le loro armi nucleari erano molto più leggere di quelle sovietiche.

Figura 2. Kaboom.

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successivi (Pioneer 1, 2 e 3). Invece il 2 gennaio 1959 i sovietici lanciano lasonda Lunik 1, che due giorni dopo passa a 6000 chilometri dalla Luna ediventa il primo veicolo ad andare in orbita intorno al Sole. Il quinto ten-tativo lunare americano, Pioneer 4, entra in orbita solare, ma arriva a nonpiù di 60.000 chilometri dalla Luna il 4 marzo dello stesso anno.

I sovietici ottengono anche un altro primato: raggiungono la Luna con lasonda Lunik 2 il 13 settembre 1959 e neanche un mese dopo mostrano almondo, grazie alla sonda Lunik 3, le primissime immagini della faccia na-scosta del nostro satellite naturale.

Gli americani tenteranno altre nove volte di raggiungere la Luna con unasonda, ma vi riusciranno solo cinque anni dopo. Si devono accontentaredi missioni scientifiche in orbita terrestre, come l'Explorer 6, che produceuna mappa quasi completa delle fasce di Van Allen e le prime immaginitelevisive della Terra dallo spazio. Ma le missioni di prestigio internazio-nale sono tutte sovietiche.

La rincorsa statunitenseNel 1960 gli Stati Uniti riescono a conquistare alcuni primati: il primo sa-tellite meteorologico che produce immagini (TIROS-1, 1 aprile), il primosatellite per intercettazioni radio (GRAB-1, 5 luglio), il primo recupero diun satellite rientrato dall'orbita terrestre (Discoverer 13, 11 agosto) e il pri-mo satellite-spia fotografico (Discoverer 14, 18 agosto).

Sono record di natura prevalentemente militare, motivati dalla necessitàdi rimpiazzare urgentemente con satelliti-spia i segretissimi aerei ricogni-tori U-2 che, con enorme imbarazzo diplomatico, si rivelano improvvisa-mente vulnerabili il primo maggio dello stesso anno, quando uno diquesti velivoli viene abbattuto mentre sorvola senza autorizzazione il ter-ritorio sovietico e ne fotografa le installazioni militari più segrete.

E così, ancora una volta, il primato prestigioso e spettacolare spetta all'U-nione Sovietica: ad agosto lo Sputnik 5 porta in orbita piante e animali(due cani, quaranta topi e due ratti) e, a differenza dei voli precedenti, liriconduce sani e salvi a terra.

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Il primo uomo nello spazioNel 1961 arriva un nuovo clamorosorecord sovietico: il 12 aprile, Yuri Ga-garin diventa il primo uomo ad an-dare nello spazio, e lo fa oltretuttocompiendo un'orbita intorno almondo con un volo di 108 minuti abordo della Vostok 1.

Gli americani, scioccati (Figura 3) ebattuti sul tempo ancora una volta,rispondono come possono, con unquarto d'ora di volo umano suborbi-tale da parte di Alan Shepard il 5 maggio, perché i loro missili che per-metterebbero voli orbitali umani continuano a esplodere in volo durantele prove, mentre quelli russi si dimostrano straordinariamente affidabili.

È con soli quindici minuti di volo spaziale umano al proprio attivo che gliStati Uniti lanciano la sfida lunare all'Unione Sovietica. Il 25 maggio 1961,il presidente John Fitzgerald Kennedy annuncia:

Io credo che questa nazione debba impegnarsi a raggiungere il traguardo, prima della finedi questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e riportarlo sano e salvo sulla Terra.Nessun singolo progetto di questo periodo susciterà altrettanta emozione nell'umanità osarà più importante per l'esplorazione spaziale a lungo raggio; e nessuno sarà altrettantodifficile o costoso da realizzare.3

La strategia statunitense è semplice quanto ambiziosa: definire un tra-guardo grandioso, che faccia colpo sul mondo intero e rilanci l'immaginedel paese, e che sia sufficientemente lontano e impegnativo da daretempo all'industria aerospaziale nazionale di recuperare il divario che lasepara da quella sovietica. Kennedy, però, non vivrà abbastanza da vede-re l'esito della sua sfida: verrà assassinato a Dallas due anni più tardi, il 22novembre 1963.

I russi, intanto, procedono inesorabili con i loro successi. Prima ancorache gli americani riescano a compiere un singolo volo umano orbitale,Gherman Titov ripete ed estende l'impresa di Gagarin, effettuando ben17 orbite ai primi di agosto del 1961 nella Vostok 2.

3 “I believe that this nation should commit itself to achieving the goal, before this decade is out, oflanding a man on the moon and returning him safely to the earth. No single project in thisperiod will be more impressive to mankind or more important for the long-range exploration ofspace; and none will be so difficult or expensive to accomplish.”

Figura 3. Shock in USA.

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Finalmente il 20 febbraio del 1962, quasi un anno dopo il primato russo edopo vari altri voli suborbitali, gli Stati Uniti riescono a compiere un voloorbitale con John Glenn nella capsula Friendship 7. Ma l'Unione Sovieticarilancia: ad agosto fa volare due capsule spaziali contemporaneamente(Vostok 3 e 4). I cosmonauti Nikolayev e Popovich si trovano brevementea meno di cinque chilometri l'uno dall'altro, e Nikolayev stabilisce il re-cord di durata: quattro giorni nello spazio. Due telecamere lo mostrano aitelespettatori russi.

Nel giugno del 1963, Valentina Tereshkova diventa la prima donna a vola-re nello spazio a bordo della Vostok 6.

Il 12 ottobre 1964 l'Unione Sovietica realizza la prima missione con equi-paggio plurimo: la Voskhod 1 porta in orbita ben tre cosmonauti (pigiatie senza tuta, con rischio altissimo, per pura propaganda) prima ancorache gli americani riescano a farne volare due insieme.

Anche la prima passeggiata spaziale è un record russo: lo stabilisce il 18marzo 1965 Alexei Leonov sulla Voskhod 2. Gli Stati Uniti si devono ac-contentare del primo volo di una sonda verso Marte effettuato con suc-cesso (Mariner 4).

Il primo allunaggio morbido di una sonda automatica e le prime imma-gini trasmesse dalla superficie della Luna sono anch'esse un successorusso, con la sonda Luna 9, nel febbraio del 1966.

Ma intanto gli americani hanno acquisitoesperienza con i voli spaziali umani e conle tecniche necessarie per lo sbarco sullaLuna: fra il 1965 e il 1966, le capsule delprogramma Gemini (Figura 4) portanocoppie di astronauti a compiere cambi diorbita, voli di lunga durata (14 giorni),passeggiate spaziali e rendezvous con at-tracco, stabilendo anche il record di di-stanza dalla Terra (Gemini 11, 1374 km). Lesonde automatiche Lunar Orbiter ese-guono rilievi fotografici della Luna e le Surveyor vi atterrano, saggiandola consistenza del suolo. Il ritardo rispetto ai sovietici è sostanzialmenterecuperato.

Figura 4. Capsula Gemini 7.

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Invece il programma Apollo, che deve por-tare l'America a camminare sulla Luna, è incrisi profonda. Il 27 gennaio 1967 Gus Gris-som, Ed White e Roger Chaffee periscononell'incendio della loro capsula duranteun'esercitazione sulla rampa di lancio (Fi-gura 5). È uno shock nazionale che impo-ne la drastica riprogettazione del veicolo.

Il 1967 vede anche una perdita sovietica: il24 aprile si verifica la prima morte di unuomo durante un volo spaziale.4 La Soyuz1, approntata frettolosamente per appa-gare la fame di propaganda del governorusso, si schianta al suolo durante il rien-tro, uccidendo il cosmonauta Vladimir Ko-marov.

Apollo, il sorpasso americanoI massicci investimenti statunitensi inizia-no a dare frutti. Dalle paludi della Florida èemerso a tempo di record il colossale cen-tro spaziale Kennedy di Cape Canaveral.Una serie di voli senza equipaggio mette apunto le capsule Apollo e il gigantescovettore lunare Saturn V, progettato daWernher Von Braun.

Intanto i russi si aggiudicano un altro pri-mato: il 18 settembre 1968, la sonda auto-matica Zond 5 porta intorno alla Luna iprimi esseri viventi (tartarughe, mosche,tarme della farina e altri) e li fa tornare in-denni sulla Terra.

4 Alcuni ricercatori (per esempio i fratelli Judica Cordiglia) affermano di aver intercettatocomunicazioni di altre missioni russe terminate in modo fatale e tenute tuttora segrete.Tuttavia le verifiche incrociate degli storici dell'astronautica (James Oberg e altri) nonconsentono, per ora, di ritenere sufficientemente fondate queste affermazioni.

Figura 5. La capsula devastatadell'Apollo 1.

Figura 6. Time, 6/12/1968.

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L'11 ottobre gli Stati Uniti effettuano il primo volo della capsula Apollocon equipaggio (Apollo 7), usando un vettore più piccolo (Saturn IB) inorbita intorno alla Terra. Ma occorre bruciare le tappe: la CIA sa che i russistanno tentando in segreto di battere sul tempo l'America.

Due mesi dopo, la missione Apollo 8 è la prima di un Saturn V con equi-paggio a bordo. È soltanto il terzo lancio di questo vettore, eppure l'o-biettivo è già ambiziosissimo: andare trecento volte più lontano di ognivolo umano precedente e circumnavigare la Luna.

Il 24 dicembre 1968, per la prima volta nella storia l'uomo vede con i pro-pri occhi la Luna da vicino, orbitandovi intorno dieci volte e sorvolando-ne anche la faccia perennemente nascosta all'osservatore terrestre.

L'impatto emotivo sull'opinionepubblica mondiale è enorme,grazie anche alla diretta televisivache alla vigilia di Natale permetteai telespettatori di tutto il mondodi vedere la superficie della Lunascorrere fuori dai finestrini dellacapsula mentre gli astronauti leg-gono un passo della Genesi. È ladiretta più seguita della storiafino a quel momento.

Inoltre gli astronauti Borman, Lo-vell e Anders scattano fotografiestraordinarie della Terra che sistaglia contro l'orizzonte dellaLuna (Figura 7).

Il trionfo d'immagine americano, amplificato dalla censura mediatica sul-le condizioni disastrose della missione (vomito e diarrea degli astronauti,perdite di sigillante dei finestrini che offuscano la visuale, accumuli d'ac-qua condensata in cabina), sancisce almeno agli occhi dell'opinione pub-blica il sorpasso della tecnologia spaziale statunitense su quella sovietica.

Ma la corsa alla Luna non è ancora conclusa: resta da effettuare lo sbarcovero e proprio, e dietro le quinte l'Unione Sovietica non ha affatto rinun-ciato all'idea di togliere al rivale questo primato.

Figura 7. Noi. Foto AS8-14-2383.

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Il progetto segreto N1-L3L'Unione Sovietica ha avviato segreta-mente il progetto N1-L3 per realizzareun missile, l'N1 (Figura 8), che è grandequanto il Saturn V americano ed è ca-pace di lanciare due cosmonauti versola Luna in un veicolo, denominato L3,che include un modulo lunare conce-pito per far scendere un singolo co-smonauta sulla superficie selenicamentre l'altro lo attende in orbita in-torno alla Luna.

Di tutto questo non si saprà nulla pub-blicamente per oltre vent'anni, ma ilgoverno USA ne è al corrente: i suoi sa-telliti spia hanno fotografato la costru-zione dell'N1 e delle sue grandi basi dilancio (Figura 9).

L'N1 si rivela però un pantano politico dirivalità fra progettisti e risulta tecnica-mente inaffidabile. I trenta motori delsuo primo stadio sono un incubo dacoordinare. È osteggiato dai militari russiperché è un costoso strumento di pro-paganda privo di applicazioni belliche,diversamente dai missili precedenti.

Il primo volo dell'N1 avviene nel febbraio del 1969, ed è un fallimento: ilmissile esplode 66 secondi dopo il decollo. Ma non se ne parla in pubbli-co. Anzi, a maggio l'Unione Sovietica dichiara ufficialmente di non averealcuna intenzione di mandare cosmonauti sulla Luna, perché non vuolerischiare vite nell'impresa, e che userà solo veicoli robotici.

Il secondo lancio è un disastro ancora peggiore: il 3 luglio, pochi giorniprima dello sbarco americano sulla Luna, l'N1 ricade pochi istanti dopoessersi librato dalla rampa. L'esplosione delle sue 2600 tonnellate di pro-pellente è la più violenta della storia della missilistica. I satelliti spia statu-nitensi fotografano di nuovo la base di lancio, devastata tanto quanto lesperanze russe di arrivare per primi sulla Luna.

Figura 8. Preparazione dell'N1.

Figura 9. Foto dell'N1 presa da unsatellite militare KH-4 Corona. Credit:

C. P. Vick.

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La corsa alla Luna – 13

Ufficialmente, per i russi il progetto N1-L3non esiste; proseguirà, sempre in segreto,per qualche anno, collaudando in orbitaterrestre il modulo lunare (Figura 10), madopo altri due lanci falliti l'N1 verrà abban-donato. Nessun russo andrà sulla Luna.

Il governo americano sa che l'Unione Sovie-tica è fuori dalla corsa, ma non lo annunciaper non rivelare le capacità osservative deipropri satelliti e non smorzare l'effetto pro-pagandistico della competizione. Segreta-mente non c'è più fretta di battere i russi, mapubblicamente c'è da mantenere una pro-messa fatta al mondo da un presidente as-sassinato. E per l'opinione pubblica, ignaradel disastro dell'N1, la gara è ancora aperta.

Le prove generali, poi l'allunaggioLa scadenza posta da Kennedy si avvicina rapidamente e il progettoApollo procede a tappe serrate. Nel marzo del 1969, la missione Apollo 9prova in orbita terrestre il modulo lunare, i sistemi di navigazione, le tutelunari e le manovre di attracco. A maggio l'Apollo 10 vola verso la Luna ecollauda tutte le fasi di uno sbarco tranne l'allunaggio vero e proprio. Ilmodulo lunare si sgancia dalla capsula Apollo e porta due astronauti finoa soli 15 chilometri dalla superficie della Luna.

La missione successiva, l'Apollo 11, porta l'u-manità sulla Luna, in diretta televisiva pla-netaria, il 20 luglio 1969. L'allunaggioavviene alle 22:17 ora italiana; Neil Arm-strong posa cautamente il piede sinistrosulla superficie della Luna alle 4:57 del 21luglio. Armstrong e il collega Buzz Aldrincamminano sul suolo lunare (Figura 11), vipiantano la bandiera americana, effettuanoesperimenti scientifici, raccolgono campio-ni di roccia lunare e scattano fotografie che

Figura 10. Il modulo lunarerusso (Lunniy Korabl).

Figura 11. Buzz Aldrin.

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14 – Luna? Sì, ci siamo andati!

diverranno storiche, mentre il terzo astronauta dell'equipaggio, MichaelCollins, li attende in orbita per riportarli a casa.

C'è un ultimo colpo di coda russo:il tentativo di riportare sulla Terracampioni di suolo lunare, usandoil veicolo automatico Luna 15, ap-pena prima del ritorno della spe-dizione umana americana. Ma lasonda russa si schianta sulla Lunaproprio mentre Armstrong e Al-drin si apprestano a ripartire con22 chili di rocce seleniche.5

Fra il 1969 e il 1972 gli Stati Unitieffettuano sei sbarchi lunari, pro-gressivamente più sofisticati ecomplessi, nel corso delle missio-ni Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17, portando sulla Luna dodici uomini e racco-gliendo 382 chilogrammi di rocce seleniche accuratamente selezionate euna quantità immensa di dati scientifici la cui analisi prosegue tuttora.

Anche l'Apollo 13 è una missionelunare, ma viene interrotta per ungrave guasto al veicolo all'iniziodel volo: l'equipaggio si salva for-tunosamente.

Dal dicembre del 1972, nessun es-sere umano ha più visitato il suo-lo della Luna.

5 Alcune fonti ipotizzano che anche le missioni Luna 1969B e 1969C, in aprile e giugno del1969, furono tentativi di recupero di campioni di suolo lunare (Tentatively Identified Missionsand Launch Failures, NASA, tinyurl.com/tentativirussi).

Figura 12. L'equipaggio dell'Apollo 11: NeilArmstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin.

Foto ufficiale, marzo 1969.

Figura 13. Aldrin, Armstrong e Collins nel2009, in visita al museo Smithsonian.

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Come ci siamo andati – 15

Come ci siamo andati

Per capire le tesi di messinscena lunare e soprattutto le relative smentiteoccorre conoscere per sommi capi la terminologia, la tecnologia e losvolgimento di una missione lunare Apollo. Questo capitolo è basato sul-la missione Apollo 11, la prima a portare l'uomo sulla Luna.

Il lanciatore Saturn VIl missile Saturn V, insieme al veicoloApollo (Figura 14), è un colosso alto111 metri e pesante circa 3000 ton-nellate. È tuttora il veicolo spazialepiù potente mai realizzato.

È composto da tre stadi, sopra i qualic'è l'Apollo, contenente tre astronau-ti. In cima al missile c'è poi un razzo,il Launch Escape System, da usare persalvare la capsula con gli astronautiin caso d'emergenza al decollo.

Il primo stadio, l'S-IC, ha un diametrodi 10 metri e cinque enormi motoriF-I che consumano 13,3 tonnellate dicherosene e ossigeno liquido al se-condo, portando il Saturn V a unaquota di circa 68 km e a una velocitàdi circa 9900 km/h in poco più didue minuti e mezzo, dopo i quali lostadio viene sganciato e ricade nel-l'Oceano Atlantico. Figura 14. Il Saturn V dell'Apollo 11 sulla

piattaforma di lancio. Dettaglio dellafoto S69-38660.

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Il secondo stadio, denominato S-II, usa idrogeno eossigeno liquidi per alimentare i suoi cinque moto-ri J-2 e proseguire la corsa verso lo spazio, raggiun-gendo una velocità di quasi 25.000 chilometri l'orae una quota di circa 182 chilometri nove minutidopo il decollo, per poi essere sganciato come lostadio precedente. Da soli, questi due stadi rappre-sentano i nove decimi del peso complessivo delSaturn V.

Per raggiungere la velocità di 28.000 km/h neces-saria per orbitare intorno alla Terra a 188 km diquota occorre anche la spinta del terzo stadio, l'S-IVB, il cui unico motore J-2, a differenza dei prece-denti, è riavviabile a comando.

Poco meno di dodici minuti dopo il lancio, gliastronauti sono in orbita di “parcheggio” terrestre,dove effettuano vari controlli dell'efficienza dei si-stemi di bordo. Dopo un'orbita e mezza, a dueore e 44 minuti dalla partenza dalla Florida, vieneriavviato per quasi sei minuti il motore del terzostadio, che accelera il veicolo fino a 39.000 km/hin direzione della Luna, lontana in quel momento403.000 chilometri (la distanza Terra-Luna variaperiodicamente da 363.100 a 405.700 km da cen-tro a centro).

Il veicolo a questo punto ha la configurazionemostrata in Figura 16 e procede per inerzia, a mo-tori spenti, verso la propria destinazione, rallen-tando progressivamente per via dell'attrazionegravitazionale della Terra per poi riaccelerare av-vicinandosi alla Luna. Durante i tre giorni di viag-gio gli astronauti, assistiti dai computer di bordoe dalle osservazioni e misurazioni effettuate daTerra, compiono lievi correzioni di traiettoria euna manovra estremamente delicata di sgancio,rotazione e riaggancio per predisporre il veicoloApollo alla missione lunare e sbarazzarsi del terzostadio del Saturn V. Figura 15. Un Saturn V.

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Come ci siamo andati – 17

Il veicolo ApolloI tre astronauti viaggiano nel modulo di co-mando (Command Module o CM, la parteconica in alto in Figura 16), largo quattrometri e alto tre e mezzo, con uno spazioabitabile di circa 6 metri cubi, inferiore aquello del vano di carico di un furgone eprivo di servizi igienici (vengono usati sac-chetti per raccogliere i rifiuti solidi e untubo per quelli liquidi). È dotato di piccolirazzi di manovra, di uno scudo termico perdissipare il calore prodotto dal rientro nel-l'atmosfera terrestre e di tre paracadute: èinfatti l'unica parte del veicolo che torna aTerra.

Dietro di loro c'è il modulo di servizio (Ser-vice Module o SM, la parte cilindrica in altoin Figura 16), che contiene il propellenteper il motore primario e per i sedici motoridi manovra (quattro gruppi di quattro, di-sposti a croce) e gran parte dell'ossigeno,dell'acqua, dell'alimentazione elettrica e deisistemi di comunicazione necessari per lamissione.

All'interno di una carenatura aerodinamica(mostrata in trasparenza in Figura 16), chelo raccorda allo stadio S-IVB, c'è il modulolunare (Lunar Module o LM), ossia il veicoloutilizzato da due dei tre astronauti perscendere sulla Luna e ripartirne.

Dato che viene utilizzato soltanto nel vuotodello spazio, il modulo lunare non ha biso-gno di avere una forma aerodinamica e perridurre il propellente necessario è stato pri-vato di ogni peso superfluo: sono stati sa-crificati persino i sedili degli astronauti, cheinfatti pilotano stando in piedi.

Figura 16. Dall'alto: CM, SM, LMe S-IVB.

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18 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Il modulo lunare è alto 7 metri,pesa complessivamente circa 15tonnellate ed è diviso in due stadi,mostrati separati in Figura 17.

Lo stadio di discesa (Descent Stage)è la parte inferiore ottagonale: haun motore per frenare la discesaverso la Luna, quattro zampe d'at-terraggio ammortizzate e vani percontenere strumenti scientifici, ac-qua, propellente e, dall'Apollo 15in poi, l'automobile elettrica Rover.

Lo stadio di risalita (Ascent Stage)contiene la stretta cabina degliastronauti, le provviste (ossigeno,cibo e una riserva d'acqua), i com-puter di bordo, gli impianti radio eTV, il motore di risalita, i sedici mo-tori di manovra (disposti a gruppidi quattro come nell'SM) e i relati-vi serbatoi di propellente.

Sul lato anteriore del modulo di ri-salita, gli astronauti hanno due fi-nestrini triangolari per vedere ilsuolo lunare durante le fasi finalidella discesa e un portello da attra-versare carponi, indossando un'in-gombrante tuta spaziale, per poiraggiungere la superficie dellaLuna usando una scaletta collocatasu una zampa dello stadio di disce-sa, come mostra in Figura 18 l'e-semplare conservato al NationalAir and Space Museum di Wa-shington, D.C. A fine escursione, gliastronauti ripartono a bordo dellostadio di risalita, usando lo stadiodi discesa come rampa di lancio.

Figura 17. Spaccato del modulo lunare.

Figura 18. Un LM mai utilizzato.

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Come ci siamo andati – 19

Manovre e rendezvous vitaliIl successo della missione e la sopravvivenza degli astronauti dipendonoda alcune manovre molto delicate di sgancio e riaggancio durante ilviaggio e di rendezvous (incontro in orbita) intorno alla Luna.

Come mostra la sequenza di Figura19, durante il viaggio verso la Luna,circa tre ore dopo il decollo, il modu-lo di comando e quello di servizio(denominati complessivamente CSM,Command and Service Module) sisganciano dal resto del veicolo (ilterzo stadio e il modulo lunare)usando i razzi di manovra e lo prece-dono di alcuni metri.

La carenatura del modulo lunare, di-visa in quattro pannelli, viene espul-sa, scoprendo il modulo lunare. Gliastronauti ruotano il CSM di 180 gra-di, puntandone il muso verso il mo-dulo lunare (LM). Poi pilotano il CSMin modo da agganciare il LM edestrarlo dal terzo stadio. Il CSM e il LM proseguono verso la Luna, mentreil motore del terzo stadio viene riacceso per fargli cambiare traiettoria:viene mandato a orbitare intorno al Sole oppure, nelle missioni dalla 13in poi, a schiantarsi sulla Luna per creare un sisma artificiale, registrabiledai sismografi collocati dalle missioni precedenti e utile per sondare lastruttura interna del corpo celeste.

A questo punto il CSM e il modulo lunare sono collegati da un tunnel dipassaggio, che nei giorni successivi viene aperto. Il LM viene attivato, ve-rificato e preparato per la discesa sulla Luna.

Man mano che il veicolo si avvicina alla Luna, l'effetto frenante della gra-vità terrestre si attenua e la velocità aumenta grazie all'attrazione gravita-zionale lunare. Gli astronauti devono puntare di nuovo all'indietrol'Apollo per accendere più volte il motore principale del modulo di servi-zio e frenare la caduta, mentre sono dietro la Luna, collocando gradual-mente il veicolo in un'orbita quasi circolare intorno al satellite, a unaquota variabile fra 114 e 138 km e a una velocità di circa 5900 km/h.

Figura 19. Estrazione del modulo lunare.

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20 – Luna? Sì, ci siamo andati!

I due astronauti che dovranno camminare sulla Luna si trasferiscono nelmodulo lunare, lasciando nel modulo di comando il loro collega, e sgan-ciano il LM. Dopo una breve ispezione visiva e una prova finale dei siste-mi di bordo, puntano il LM in modo che lo stadio di discesa sia orientatoin avanti e ne accendono il motore.

Sulla Luna non c'è atmosfera che permetta planate o l'uso di paracadute:la manovra dipende dal perfetto funzionamento dell'unico motore di di-scesa, che deve ridurre la velocità da 5900 km/h a zero nel corso di dodi-ci minuti e poi consentire al modulo lunare di restare librato sopra lasuperficie per il tempo necessario per trovare un punto sicuro per l'atter-raggio. I margini di riserva sono ridottissimi.

Raggiunta la superficie lunare, gliastronauti compiono una o piùescursioni per effettuare attivitàscientifiche (la Figura 20 mostraAldrin durante la missione Apollo11), seguiti da una telecamera chetrasmette in diretta verso la Terra.Usano tute dotate di un sistemadi sopravvivenza autonomo e,nelle missioni più sofisticate, unveicolo elettrico che consentespostamenti di vari chilometri. Ilrecord di durata è dell'Apollo 17,con oltre 22 ore in tre uscite.

Gettando fuori tutta la zavorrapossibile, i due astronauti riparto-no usando il modulo di risalita: devono farlo in un istante ben precisoper poter incontrare il CSM che sta orbitando intorno alla Luna e aggan-ciarlo.

Se l'unico motore di risalita non si accenderà al momento esatto, reste-ranno intrappolati sulla Luna. Se il motore non erogherà la spinta giustao i calcoli della manovra risulteranno errati, orbiteranno con la traiettoriasbagliata o si schianteranno. Se il rendezvous fallirà, saranno condannati aperire mentre il loro collega rimasto in orbita li abbandonerà per tornareda solo sulla Terra.

Figura 20. Buzz Aldrin sulla Luna. Dettagliodella foto AS11-40-5872.

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Come ci siamo andati – 21

Completato con successo il ren-dezvous (Figura 21, tratta dallamissione Apollo 11), gli astronautilunari ritornano nel modulo dicomando insieme al proprio cari-co di rocce, fotografie e riprese ci-nematografiche e sganciano lostadio di risalita del modulo luna-re, che ricade sulla Luna, mentregli strumenti collocati sulla super-ficie selenica trasmettono i propridati agli scienziati sulla Terra.

Dopo un periodo di riposo e veri-fica dei sistemi, gli astronauti or-dinano al modulo di comando eservizio di riaccendere il propriomotore principale per acceleraree lasciare l'orbita lunare, tornandoverso la Terra, dove arrivano dopocirca tre giorni di viaggio.

Rientro roventePoco prima di raggiungere l'at-mosfera terrestre, anche il modu-lo di servizio viene sganciato. Delcolosso alto 111 metri partito pochi giorni prima resta a questo punto sol-tanto una piccola capsula conica alta tre metri e mezzo, che precipita acirca 38.000 km/h e non ha motori di frenata.

Per rallentare può sfruttare esclusivamente l'attrito con l'aria: la capsula sidispone con lo scudo termico in avanti e l'apice all'indietro, per reggeretemperature fino a 2700°C, e deve infilare una traiettoria il cui angolodeve essere compreso fra 5,5 e 7,5 gradi. Se l'angolo è troppo basso, rim-balzerà nell'atmosfera e si perderà nello spazio; se è troppo alto, il caloresarà eccessivo e distruggerà prematuramente lo scudo termico, trasfor-mando capsula e astronauti in una meteora incandescente.

Figura 21. Il LM risale dalla Luna. Dettagliodella foto AS11-44-6643.

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22 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Questa fase del rientro sottopone inol-tre gli astronauti a una decelerazioneviolenta (fino a 7 g, equivalenti ad averesette volte il proprio peso normale) egenera un muro d'aria ionizzata che peralcuni minuti blocca le comunicazioniradio: da terra non c'è modo di conosce-re l'esito della manovra fino a quando lacapsula rallenta tanto da poter aprire ipropri paracadute stabilizzatori, a circa7000 metri di quota, e le comunicazioniriprendono. I tre paracadute primari siaprono a 3000 metri d'altezza.

La capsula effettua un ammaraggio (Fi-gura 22) nell'Oceano Pacifico, dove rima-ne fino a quando viene raggiunta inelicottero dai sommozzatori di recupero. Gli astronauti vengono caricatimediante un verricello su un elicottero e trasferiti su una portaerei; un al-tro elicottero recupera la capsula e il suo prezioso carico scientifico.

Per le prime missioni Apollo chesbarcano sulla Luna, al ritorno gliastronauti indossano tute sigillatenon appena usciti dalla capsula evengono messi in quarantena incamere ermetiche per paura dieventuali germi lunari (Figura 23).Questa precauzione verrà abban-donata a partire dalla missioneApollo 15 e gli astronauti sarannoliberi di partecipare subito ai fe-steggiamenti organizzati in loroonore.

Questo, in sintesi, è lo svolgimento di una missione lunare con le tecno-logie degli anni Sessanta: costi elevatissimi, margini d'errore minimi, altepossibilità di fallimento, senza alcuna possibilità di salvataggio, con tuttoil mondo che osserva in diretta TV e il prestigio di una nazione in gioco.È anche per questo che nessuno ha più messo piede sulla Luna.

Figura 22. Ammaraggio dell'Apollo16. Foto AP16-S72-36293 (dettaglio).

Figura 23. Armstrong, Collins e Aldrininsieme al presidente Richard Nixon.

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Le prove degli sbarchi – 23

Le prove degli sbarchi

Le presunte prove dei sostenitori della tesi di messinscena sono numero-sissime e in una discussione spesso non ci si può soffermare a smontarleuna per una come farà la seconda parte di questo libro. Ma si può usareun altro approccio, che taglia la testa al toro: presentare le prove piùchiare e schiaccianti del fatto che ci siamo andati.

Se abbiamo dimostrazioni semplici e inoppugnabili della realtà dellemissioni lunari, è evidente che qualunque argomentazione portata dai“lunacomplottisti” è per forza sbagliata. Perché sia sbagliata lo si potrà ve-dere poi, ma almeno si partirà da questo dato di fatto.

Esistono argomentazioni che rendano evidente la realtà delle missionilunari anche a un profano? A prima vista sembra difficile poter dimostra-re un evento accaduto quarant'anni fa, su un corpo celeste a 400.000 chi-lometri di distanza da noi, visto che non possiamo andare là a verificaree che la maggior parte delle pezze d'appoggio, per così dire, arriva dauna fonte unica e oltretutto di parte: la NASA.

Ma la risposta è sì: le prove esistono, anche se non sono quelle che vienespontaneo immaginare, e sono un'ottima occasione per conoscere me-glio il mondo affascinante dell'esplorazione spaziale.

La documentazioneIl programma spaziale statunitense ha generato una quantità smisuratadi manuali tecnici e schemi di progetto per ogni più piccolo componen-te dei veicoli, migliaia di articoli scientifici, checklist, procedure, misurazio-ni, bilanci, contratti, ordini d'acquisto, rapporti d'ispezione, cartelleesplicative per la stampa, resoconti di missione, referti medici, analisi dicampioni, trascrizioni integrali delle comunicazioni radio, e molto altroancora (Figure 24 e 25). Questa documentazione include fotografie di al-tissima qualità, dirette radio e televisive, riprese cinematografiche, tele-metrie e registrazioni audio di bordo.

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Le sei missioni lunari Apollo hannoprodotto oltre 6500 fotografie, insie-me a decine di ore di riprese TV e fil-mati a colori: e questo è soltanto ilmateriale girato sul suolo lunare.

Tutto questo materiale è pubblica-mente disponibile da anni a chiun-que su semplice richiesta e dietrorimborso dei costi dei supporti, se-condo le norme di trasparenza delFreedom of Information Act. Inoltreoggi è anche liberamente scaricabileda Internet o acquistabile su suppor-to digitale o in volumi cartacei, comeindicato nella bibliografia in fondo aquesto libro. Risulta coerente e senzacontraddizioni, salvo gli inevitabili re-fusi ed errori minori di qualunquegrande progetto.

Questa documentazione viene stu-diata da quarant'anni dai migliorispecialisti di tutto il mondo, ed è allabase di innumerevoli innovazioniscientifiche e di tecnologie di usoquotidiano, dai navigatori GPS ai te-lefonini; oggi viene analizzata contecniche che non esistevano all'epo-ca e contro le quali non era quindipossibile premunirsi fabbricando unfalso su misura.

Se questa massa di dati fosse fasulla,insomma, gli esperti dei vari paesidel mondo se ne sarebbero accorti.Falsificare in modo perfettamentecoerente e a prova di futuro tuttequeste informazioni sarebbe statopiù difficile che andare sulla Lunaper davvero.

Figura 24. Un esempio della vastissimadocumentazione delle missioni: uno

studio sulla scelta dei siti di allunaggio.

Figura 25. Un altro esempio delladocumentazione tecnica pubblicamente

consultabile.

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Le prove degli sbarchi – 25

Controlli incrociatiNei quarant'anni che ormai ci separano dalle imprese lunari, l'errore tec-nico più grave trovato finora è che la NASA sbagliò nel dichiarare con di-sappunto che non c'erano foto del primo uomo sulla Luna, NeilArmstrong, scattate durante la storica escursione, e che tutte le fotogra-fie del primo sbarco mostravano il secondo uomo a mettere piede sulnostro satellite, Buzz Aldrin.

Nel 1987 il controllo incrociato fra immagini, trascrizioni delle comunica-zioni radio e resoconti degli astronauti, effettuato dai ricercatori indipen-denti H. J. P. Arnold e Keith Wilson,6 rivelò che alcune foto in realtàritraevano Armstrong, anziché Aldrin come diceva la NASA. L'equivocoera stato facilitato dal fatto che le tute dei due astronauti non avevano isegni distintivi adottati in seguito (dall'Apollo 13 in poi, la tuta del co-mandante fu dotata di bande rosse) e che il programma dell'escursionesulla Luna prevedeva esplicitamente che fosse soltanto Armstrong a fo-tografare il compagno e non viceversa.

Ci sono in tutto sei fotografie a fi-gura intera o parziale di Arm-strong sulla Luna: la migliore è laAS11-40-5886 (la Figura 26 nemostra un dettaglio). Certo, non èun granché, ma è meglio di nien-te, e soprattutto dimostra che icontrolli incrociati indipendentieffettuati sui dati delle missionisono efficaci e che la parola dellaNASA non viene presa come orocolato ma sottoposta a continueverifiche.

Va sottolineato, inoltre, che la sco-perta dell'errore commesso dallaNASA non è merito dei lunacom-plottisti, ma dei ricercatori espertidi storia dell'astronautica e delloro paziente lavoro di verifica econsultazione delle fonti.

6 Spaceflight, agosto e dicembre 1987; history.nasa.gov/alsj/a11/a11.5886.html.

Figura 26. Neil Armstrong sulla Luna.Dettaglio della foto AS11-40-5886.

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26 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Purtroppo l'errore è rimasto senza rettifica per diciott'anni, per cui anchefonti solitamente rigorose riportano tuttora che non vi sono foto di Arm-strong scattate sulla Luna durante l'escursione, arrivando a dire talvoltache il suo compagno Aldrin si rifiutò di fotografarlo per ripicca per nonessere stato scelto come primo uomo a mettere piede sul suolo lunare.7

Le altre immagini lunari di Armstrong sono etichettate AS11-40-5894 (inombra, sottoesposta), AS11-40-5895 (solo le gambe), AS11-40-5896 (anco-ra le gambe), AS11-40-5903 (riflesso nella visiera di Aldrin) e AS11-40-5916(parziale, di spalle). Armstrong è comunque ben presente nelle riprese TVe cinematografiche a colori.

Già qui si può fare una riflessione: se le foto del primo sbarco sulla Lunafossero state realizzate in studio a scopo di propaganda, perché mai laNASA non avrebbe creato neanche un'immagine iconica del primouomo sulla Luna da dare in pasto ai media, fornendo invece soltanto im-magini del secondo?

Le fotografieMolti pensano che le missioni lu-nari, soprattutto le prime, abbia-no scattato soltanto qualche fotodi bassa qualità, perché i mediapubblicano sempre le solite im-magini e spesso attingono a vec-chie copie analogiche, che hannosubito numerosissimi passaggi diduplicazione, invece di usarescansioni digitali moderne.

In realtà la prima missione lunare,l'Apollo 11, scattò ben 340 fotosulla Luna, usando pellicole sia inbianco e nero sia a colori in grande formato (70 mm, Figura 27), caricatesu speciali fotocamere Hasselblad motorizzate con obiettivi Zeiss di altis-sima qualità (Figura 28): in altre parole, il massimo della tecnologia foto-grafica portatile dell'epoca. I viaggi successivi ne scattarono ancora di

7 Lo ha affermato per esempio il programma Ulisse, condotto da Alberto Angela, nellapuntata trasmessa da Raitre il 22/9/2007 e replicata il 23/5/2009.

Figura 27. Armstrong, Collins e Aldrinesaminano i rullini in formato 70 mm. Foto

NASA AP11-69-H-1247.

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Le prove degli sbarchi – 27

più: la missione Apollo 17, per esempio, tornò sulla Terra con un bottinodi ben 2237 foto lunari.

Tutte queste pellicole, tuttoraconservate negli archivi NASA,sono state digitalizzate: le imma-gini sono disponibili via Internetpresso www.apolloarchive.com osul sito eol.jsc.nasa.gov, con risolu-zioni fino a 4400 x 4600 pixel. Il li-bro Full Moon di Michael Light neoffre una riproduzione a risolu-zione ancora superiore.

Queste scansioni di altissima qua-lità restituiscono alle immagini icolori e dettagli originali, offrendo una visione assai più completa, frescae spettacolare delle escursioni lunari di quarant'anni fa. E le fotografie, ol-tre ad essere una splendida testimonianza, permettono di verificare lacoerenza della documentazione delle missioni lunari attraverso una seriedi controlli incrociati.

Per esempio, l'immagine AS11-40-5903 (la celeberrima “foto del turista”,scattata da Neil Armstrong a Buzz Aldrin durante la missione Apollo 11)circola spesso nella forma e con la qualità mostrate in Figura 29. Ma se siconsulta la scansione diretta della pellicola originale (Figura 30) emergo-no colori ben diversi e più vivi e un'inquadratura molto più ampia, cheinclude una zampa del modulo lunare e una delle aste utilizzate dal vei-colo come sensore di contatto con il terreno, situate sotto le zampe epiegatesi dopo l'allunaggio.

La fotografia originale, inoltre, è storta: la fotocamera lunare dell'Apollo11 non aveva un mirino e gli astronauti inquadravano alla buona, confi-dando nell'ampio angolo di ripresa dell'obiettivo e traguardando lungol'asse dell'apparecchio fotografico. Di solito il metodo funzionava, ma inquesto caso mancò poco che Armstrong “decapitasse” Aldrin nella mi-gliore tradizione delle foto turistiche (infatti l'antenna radio collocata sul-lo zaino è troncata dall'inquadratura). Per tutte queste ragioni, questafotografia spesso viene pubblicata nei media raddrizzandola e aggiun-gendo una fetta di cielo finto.

Figura 28. Una fotocamera lunareHasselblad 500EL.

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La scansione di alta qualità rivela molti dettagli del suolo che prima era-no cancellati dall'eccessivo contrasto e dalle ripetute duplicazioni e met-te in luce la nitidezza dell'immagine fino all'orizzonte, senza tracciadell'offuscamento atmosferico tipico delle fotografie scattate sulla Terra:segno che la fotografia è stata scattata nel vuoto. La direzione delle om-bre e la visibilità dell'asta e della zampa del modulo lunare permettonoinoltre di collocare Aldrin rispetto al veicolo.

Figura 29. La classica immagine di Buzz Aldrin sulla Luna, AS11-40-5903, come la mostrala JSC Digital Image Collection.

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Le prove degli sbarchi – 29

L'astronauta ha il sole alle spalle, ma è illuminato dalla luce solare cherimbalza sul suolo e sulla pellicola protettiva riflettente che riveste il mo-dulo lunare.

Emerge anche un particolare prezioso che è poco visibile nella versionedi bassa qualità normalmente utilizzata. Nella visiera di Aldrin, infatti, c'èil riflesso deformato del modulo lunare e dell'astronauta che sta scattan-do la foto, Neil Armstrong. Ingrandendo questa scansione, rovesciandolaper togliere l'effetto speculare e correggendola digitalmente per toglier-

Figura 30. Una scansione migliore e integrale della stessa immagine, AS11-40-5903. Fonte:www.apolloarchive.com.

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ne la dominante dorata si ottiene il dettaglio di Figura 31, che mostra ni-tidamente quello che stava davanti ad Aldrin dalla sua visuale: il modulolunare a sinistra, Neil Armstrong al centro, la bandiera americana sopral'ombra dello stesso Aldrin e il telo verticale dell'esperimento sul ventosolare a destra.

Si nota, inoltre, che la porzione di zampa del modulo lunare che si vedenella foto complessiva corrisponde esattamente all'immagine visibile nelriflesso della visiera. Falsificare non una, ma ben 340 fotografie, renden-dole perfettamente coerenti fra loro e rispetto alle comunicazioni radio ealle riprese TV e cinematografiche non sarebbe stato certo banale, so-prattutto usando le tecnologie analogiche dell'epoca. Ma non è tutto.

Figura 31. Il riflesso nella visiera di Aldrin, rovesciato e corretto cromaticamente, mostra lavisuale dell'astronauta. Credit: NASA, Kipp Teague, Apollo 11 Image Library.

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Le prove degli sbarchi – 31

Nell'ingrandimento emerge un dettaglio invisibile nelle versioni a bassaqualità: un puntino azzurro nel cielo nero. È la Terra. Il punto sta esatta-mente nella posizione del cielo lunare, visto dal luogo dello sbarco, in cuisi trovava il nostro pianeta fra il 20 e il 21 luglio 1969.8 Lo si può verificarecon un buon programma di astronomia.

Questo è il genere di controllo incrociato che è possibile effettuare suidati pubblici delle missioni lunari. Quanto sarebbe stato difficile creareuna messinscena tenendo traccia di tutti questi dettagli?

La diretta TVIl controllo incrociato si estendeanche alle riprese televisive invia-te in diretta dalla Luna (Figura32). Le foto furono scattate quasisempre mentre gli astronauti era-no inquadrati dalla telecameraportata sulla Luna, per cui sonoconfrontabili con le immagini TV.Finora tutti i riscontri hanno datoesito positivo.

Le riprese TV coprono ogni minu-to di tutte le passeggiate lunari(eccetto quella dell'Apollo 12, la cui telecamera si guastò pochi minutidopo l'inizio dell'escursione): per le missioni più lunghe ci sono decine diore, con lunghissime sequenze ininterrotte, tutte a colori, tranne quelledella prima missione e tutte disponibili al pubblico, per esempio tramitegli ottimi DVD della Spacecraft Films.

Nelle dirette, inoltre, si osservano ripetutamente vari fenomeni che pos-sono verificarsi soltanto in un ambiente privo d'aria e con gravità ridottaed erano impossibili da realizzare con gli effetti speciali cinematograficidell'epoca, come descritto in dettaglio più avanti.

8 In uno specifico punto della Luna, la Terra è sempre nella stessa posizione in cielo, a parte ileggeri spostamenti prodotti dalla cosiddetta librazione, per cui la data ha un'importanzarelativa. I dettagli del calcolo sono presso history.nasa.gov/alsj/a11/images11.html. Vista dallaLuna, la Terra ha un diametro quattro volte maggiore di quello della Luna vista dalla Terra:in questa fotografia la Terra appare come un puntino perché è riflessa da una superficiesferica, che rimpiccolisce gli oggetti, specialmente verso il bordo.

Figura 32. Un fotogramma della direttadell'Apollo 11.

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Le riprese cinematograficheGli astronauti portarono anche ci-neprese professionali con pellico-la a colori in formato 16 mm. LaFigura 33, per esempio, mostraArmstrong mentre scende lungola scaletta del modulo lunare percompiere il primo passo sullaLuna. La prima ora e mezza dellasua escursione insieme ad Aldrinè documentata nitidamente a co-lori su pellicola oltre che nellefoto e nella diretta TV.

Anche queste riprese permettono controlli incrociati. Per esempio, la Fi-gura 34 è un dettaglio del fotogramma della ripresa cinematografica delsaluto di Aldrin alla bandiera: è lo stesso istante catturato, da un'altra an-golazione, dalla celebre foto di Figura 35.

Figura 33. Armstrong scende sulla Luna.

Figura 34. Apollo 11: Aldrin saluta la bandiera mentre Armstrong lo fotografa.

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Come le dirette televisive, anche questo materiale filmato (tutto pubbli-camente disponibile) mostra fenomeni che si verificano solo in assenzad'aria e in bassa gravità, e lo fa con la nitidezza e la ricchezza di coloridella pellicola cinematografica.

Un conto, infatti, è nascondere trucchi (per esempio gli ipotetici fili cherenderebbero leggeri i movimenti degli astronauti) in un'immagine tele-visiva sgranata; un altro è celarli all'occhio ben più acuto della cinepresa.E si pone comunque il problema di dover realizzare questi presunti truc-chi in lunghe sequenze senza interruzioni e senza gli “stacchi” e i cambid'inquadratura che il cinema usa per nasconderli.

Figura 35. Apollo 11: Aldrin saluta la bandiera. Foto AS11-40-5874.

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Altre fonti informativePer dare un'idea di quanto sia ricca la documentazione riguardante lemissioni lunari, va segnalato che la cronologia completa delle escursioni,con le trascrizioni commentate di ogni singola frase pronunciata, fotoscattata e azione effettuata sulla Luna dagli astronauti, è consultabile viaInternet nell'Apollo Lunar Surface Journal (www.hq.nasa.gov/alsj).

Oltre alla manualistica NASA vi sono numerosissimi libri tecnici dedicatialle missioni Apollo e scritti da esperti di astronautica, come l'Apollo Defi-nitive Sourcebook di Orloff e Harland, How Apollo Flew to the Moon di Da-vid Woods e A Man on the Moon di Andrew Chaikin, e le biografie degliastronauti lunari e dei direttori del Controllo Missione a Houston (Failureis not an Option di Gene Kranz, Flight di Christopher Kraft); di quasi tuttiquesti testi, però, manca una traduzione italiana.9

Esiste anche un'enorme quantità di materiale filmato riguardante ogniaspetto della progettazione e costruzione dei veicoli e della realizzazionedei lanci spaziali, disponibile sia in forma grezza integrale (presso siti In-ternet come Archive.org e Footagevault.com e in DVD) sia nella veste digrandi documentari come When We Left Earth, In the Shadow of the Moon,For All Mankind, alcuni dei quali sono stati tradotti in italiano.

Internet offre anche molti siti specialistici dedicati alla documentazione ecatalogazione minuziosa della storia dell'astronautica, come la vastissimaEncyclopedia Astronautica (presso Astronautix.com) e il nostrano Foru-mAstronautico.it. Anche le tesi di messinscena lunare vengono esaminatee smontate in dettaglio dagli esperti in siti come AboveTopSecret.com,Clavius.org, SiamoAndatiSullaLuna.com e molti altri elencati nella biblio-grafia in fondo a questo libro.

Verifica incrociata: il ritardo radioUno splendido esempio di come tutto questo materiale tecnico sia esa-minabile, verificabile e coerente, anche in maniere impreviste e poco in-tuitive, arriva da una ricerca condotta proprio in Italia da Luca Girlanda,dell'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) di Pisa, insieme agli stu-denti del Liceo Scientifico “E. Fermi” di Massa e del Liceo Scientifico “A.

9 La bibliografia in fondo a questo libro elenca alcuni testi tecnici disponibili in italiano.

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Vallisneri” di Lucca,10 che hanno scaricato dal sito Internet della NASA leregistrazioni delle comunicazioni radio delle missioni lunari e hanno no-tato che nelle registrazioni c’è l’eco della voce del Controllo Missione sul-la Terra.

L'audio del segnale radio dallaTerra, infatti, arrivava nelle cuffiedegli astronauti e veniva captatoanche dai loro microfoni (Figura36) e quindi ritrasmesso a Terra.Gli studenti hanno misurato ladurata di quest'andata e ritornoalla velocità della luce: circa 2,6secondi per l'Apollo 11. Hanno poicalcolato che per produrre que-sto ritardo, la Luna doveva trovar-si a circa 393.000 chilometri didistanza.

Ma la Luna varia mensilmente lapropria distanza dalla Terra, nelcorso dell’orbita, da 363.100 a405.700 chilometri. Una variazio-ne non da poco, grazie alla qualeil ritardo di andata e ritorno oscilla fra 2,4 e 2,7 secondi. Quanto distavala Luna il 21 luglio 1969? Ce lo dicono i calcoli degli astronomi: 393.300chilometri. Il ritardo radio presente da quarant'anni nella documentazio-ne sonora della NASA, insomma, è proprio quello giusto.

Fin qui, direbbe un lunacomplottista, non ci sarebbe voluto molto perfabbricare un falso: sarebbe stato sufficiente inserire un ritardo fisso. Mac'è di più. Gli studenti hanno ripetuto l'esperimento con le conversazionidelle missioni che rimasero sulla Luna per più giorni (Apollo 17) e hannoscoperto che nelle registrazioni originali della NASA il ritardo varia inmodo esattamente corrispondente al variare della distanza Terra-Luna inquel periodo.

Se si trattasse di un falso, sarebbe incredibilmente ben fatto.

10 Echoes from the Moon, Luca Girlanda, INFN Sezione di Pisa, in American Journal of Physics,settembre 2009, vol. 77, Issue 9, pagg. 854-857, disponibile presso arxiv.org/pdf/0903.3367. Laricerca tiene conto delle variazioni dovute alla rotazione terrestre e del fatto chetrasmittente e ricevente non erano nel centro geometrico dei rispettivi corpi celesti.

Figura 36. Neil Armstrong nel LM, stanco mafelice dopo la prima escursione umana sulla

Luna. Foto AS11-37-5528.

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Omertà perfettaNei quarant'anni trascorsi dallo sbarcosulla Luna, non uno dei circa 400.000tecnici civili delle varie aziende aerospa-ziali che lavorarono al progetto Apolloha mai spifferato qualcosa, magari persbaglio o durante un momento d'ubria-chezza molesta.

Nessuno ha mai confessato nulla, nean-che in punto di morte. Nessuno ha maifatto trapelare qualche dossier dimenti-cato o una foto compromettente che ri-velasse la messinscena. Neanche la Mafia riesce a ottenere un'omertàcosì perfetta.

Alcuni lunacomplottisti talvolta annun-ciano di aver trovato documenti, foto ofilmati ufficiali che secondo loro sareb-bero stati falsificati o dimostrerebbero leloro tesi. Ma è sempre emerso che i falsi-ficatori erano in realtà i lunacomplottistio che questi segugi dilettanti avevanopreso un granchio.

Inoltre gli omertosissimi tecnici del pro-getto Apollo non sono persone anoni-me e non sono militari, ma civili, pocoavvezzi a mantenere segreti. I loro nomie cognomi sono pubblici. Molti sono an-cora vivi e ben disposti a parlare delleproprie esperienze. Eppure nessun luna-complottista osa accusarli pubblicamen-te di falso facendo nomi precisi.

Per esempio, qualcuno se la sente didire che l'italoamericano Rocco Petrone (Figura 38), direttore delle opera-zioni di lancio delle missioni Apollo, fu parte del complotto? O che l'a-stronauta italiano Umberto Guidoni, che ha avuto come docenti gliastronauti Apollo (in particolare Neil Armstrong), si sia fatto fregare?

Figura 37. Alcuni dei tecnici cherealizzarono i moduli lunari.

Figura 38. Rocco Petrone (1926-2006).

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Il silenzio dei sovieticiCome raccontato nel capitolo Lacorsa alla Luna, anche i sovieticitentarono segretamente di porta-re un cosmonauta sulla Luna e difarlo prima degli americani. C'erain gioco il prestigio politico sullascena mondiale e occorreva sfog-giare tecnologia per far capire aipaesi non allineati che l'UnioneSovietica era uno stato potente,moderno e agguerrito con il qua-le conveniva allearsi. Ma l'impresafallì e il disastro fu messo a tacere:il governo sovietico finse di nonaverci mai provato. Un'umiliazio-ne cocente, costata cifre enormi.

Quindi se l'Unione Sovietica aves-se scoperto che l'impresa ameri-cana era una messinscena – eaveva la tecnologia e le spie perfarlo – avrebbe avuto ottime ra-gioni per rivelarlo al mondo eumiliare pubblicamente il proprionemico.

Invece non lo fece: anzi, con un gesto senza precedenti, la televisione distato sovietica annunciò lo sbarco americano pressoché immediatamen-te (Figura 39) e trasmise brani della diretta lunare dell'Apollo 11.

Le rocce lunariCapita spesso di sentir citare come prova degli sbarchi umani sulla Lunail fatto che le missioni Apollo riportarono sulla Terra oltre duemila cam-pioni di roccia lunare, per un totale di circa 382 chilogrammi. Che si trattidi reperti geologici non terrestri è confermato dagli esami effettuati daigeologi di tutto il mondo nel corso di quarant'anni.

Figura 39. Corriere della Sera, 21 luglio 1969,pagina 2.

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La Figura 40 mostra una di queste roc-ce aliene: pesa 269 grammi ed è lungacirca nove centimetri. Fu raccolta dagliastronauti Dave Scott e James Irwindurante la missione Apollo 15 e battez-zata ben presto Pietra della Genesi per-ché ha circa 4 miliardi di anni. È unadelle rocce più antiche esistenti.

Ma bisogna fare attenzione con que-st'asserzione: infatti un lunacomplotti-sta duro e puro può ribattere che anche le missioni sovietiche automati-che Luna 16, 20 e 24 riportarono sulla Terra campioni di suolo lunare, frail 1970 e il 1976 (Figura 41). Volendo essere pignoli, quindi, le rocce dimo-strano che gli Stati Uniti mandarono dei veicoli sulla Luna, ma non sonouna prova inoppugnabile dello sbarco di astronauti.

Andando ad analizzare in dettaglio ifatti, tuttavia, emergono differenze im-portanti che permettono comunque diincludere le rocce lunari fra gli elemen-ti a supporto degli sbarchi di astronau-ti sul nostro satellite.

Innanzi tutto c'è la quantità: i campionidi roccia lunare recuperati dalle sondeautomatiche russe ammontano in tut-to a meno di cinquecento grammi,contro i quasi quattrocento chili deicampioni statunitensi, a testimonianza del grande divario di prestazionifra i veicoli americani e quelli russi.

Questo dimostra perlomeno che la NASA era capace di far arrivare sullaLuna e di riportare intatto sulla Terra un carico molto più grande rispettoai russi: anche 110 chili di rocce in una sola volta, con l'Apollo 17. Quindivengono notevolmente indebolite le argomentazioni di chi sostiene cheil Saturn V era in realtà un vettore lunare insufficiente. Se il Saturn V e iveicoli Apollo erano in grado di arrivare sulla Luna e riportarne oltre unquintale di reperti, è ragionevole presumere che fossero anche in gradodi portarvi almeno un astronauta.

Figura 40. Una roccia lunare.

Figura 41. Una delle sonde sovietichedella serie Luna, attrezzata per la

raccolta di campioni di suolo lunare.

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Poi c'è la qualità: le “rocce” sovietichesono in realtà granelli come quello diFigura 42, che misura due millimetri emezzo (meno di un chicco di riso), esono poco differenziate. Quelle ameri-cane, invece, pesano fino a 11 chili l'unae sono molto varie, segno che furonoselezionate e raccolte in punti differen-ti. Come sarebbe stato fatto tutto que-sto? Con la rudimentale tecnologiarobotica degli anni Sessanta o man-dandoci qualcuno? Mentre gli astro-nauti statunitensi fecero trivellazioni ecarotaggi fino a tre metri di profondità, l'Unione Sovietica riuscì a fare al-trettanto con una sonda automatica (Luna 24) soltanto nel 1976, e anchein quell'occasione raccolse soltanto 170 grammi di suolo.

C'è ancora una cosa. Paradossalmente, il lunacomplottista che dovessecitare i campioni lunari sovietici si tira la zappa sui piedi, perché le rocceriportate sulla Terra dalle missioni automatiche sovietiche sono geologi-camente uguali a quelle delle missioni Apollo e sono differenti da quelleterrestri: questo significa che le rocce russe autenticano quelle americanee quindi impedisce di argomentare che i campioni di Luna riportati dagliastronauti sono dei falsi.

Specchi sulla LunaUn altro esempio citato spesso comeprova degli allunaggi è quello dei re-troriflettori laser. Le missioni Apollo 11,14 e 15 collocarono sulla superficie del-la Luna questa sorta di catarifrangentidi precisione (Figura 43).

Si tratta di dispositivi passivi, che nonrichiedono energia per funzionare. Diconseguenza, nonostante siano tra-scorsi quarant'anni, è tuttora possibilecolpirli da Terra con un raggio laser

Figura 43. Il retroriflettore dellamissione Apollo 11. Dettaglio della

foto AS11-40-5952.

Figura 42. Un campione di superficielunare riportato sulla Terra dalla

missione automatica sovietica Luna20 nel febbraio del 1972.

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molto potente, puntato su coordinate estremamente precise della Luna,e ottenere un riflesso rilevabile. Il tempo che passa fra l'invio del raggio eil ritorno del suo riflesso permette di misurare la distanza Terra-Luna conuna precisione dell'ordine dei centimetri.

Va detto che anche i sovietici fecero altrettanto, e senza usare astronauti,con le missioni automatiche Luna 17 e Luna 21, nel 1970 e nel 1973. Quin-di questi retroriflettori non sono una prova rigorosa della presenza diastronauti sulla Luna: dimostrano però che gli Stati Uniti nel 1969 e nel1971 riuscirono davvero a collocare con precisione degli apparati neipunti dove dichiarano di aver effettuato gli sbarchi umani.

Foto di oggetti e veicoli sulla LunaUna delle domande più frequenti e spontanee quando si discute di tesidi complotto lunare è “Ma non si può semplicemente puntare un telescopioe vedere se sulla Luna ci sono i veicoli Apollo?”

La risposta, purtroppo, è no: non esiste ancora un telescopio sufficiente-mente potente, come spiegato in dettaglio nel capitolo Presunte anoma-lie tecnologiche. Però si può mandare una sonda automatica verso laLuna, fotografare i luoghi dove la NASA dice di aver fatto allunare gliastronauti e vedere che cosa c'è.

Infatti questo è stato fatto. Nel2009 la sonda Lunar Reconnais-sance Orbiter della NASA (Figura44) ha fotografato i siti degli allu-naggi da 50 chilometri di quota evi ha trovato i veicoli Apollo e an-che le tracce delle impronte degliastronauti, esattamente nei luo-ghi descritti nei documenti pub-blicati quarant'anni fa.

La Figura 45 mostra un'immaginedel luogo di allunaggio dell'Apol-lo 17 scattata appunto dal Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO). Al centrosi vede la chiazza chiara della base del modulo lunare e tutt'intorno cisono le linee scure formate dai passi degli astronauti e dalle ruote della

Figura 44. Disegno del LunarReconnaissance Orbiter.

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loro auto elettrica, che hanno smosso la polvere della superficie. SullaLuna non c'è vento o pioggia che possa cancellarle, per cui sono ancoralì. Si notano anche alcuni strumenti di misura (i puntini bianchi) e la ban-diera (indicata dalla parola inglese Flag).

La sonda LRO ha fotografato anche gli altri siti di allunaggio. La Figura 46mostra la base del modulo lunare dell'Apollo 11 (la macchia bianca piùgrande, accompagnata dai quattro puntini delle zampe); le frecce indica-no la telecamera, il retroriflettore citato prima (LRRR) e il sismografo(PSE).

Figura 45. Immagine del modulo lunare dell'Apollo 17 scattata dalla sonda LRO nel 2009.Credit: NASA/GSFC/Arizona State University.

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La freccia muta indica la scia d'impronte lasciate da Neil Armstrong percorrere al cratere Little West, a circa 60 metri dal modulo lunare, e scatta-re la foto mostrata in Figura 47, come dichiarato dalle registrazioni dellecomunicazioni radio e dai resoconti di missione.

I controlli incrociati, insomma, confermano la coerenza dei dati presenta-ti. E si può fare di più.

Figura 46. La base del modulo lunare dell'Apollo 11, fotografata nel 2009 dalla sonda LROcon il sole radente (sopra) e con il sole alto (sotto). Credit: NASA/GSFC/Arizona State

University.

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Si può infatti confrontare la foto della sonda LRO con la mappa dell'e-scursione pubblicata nel 1969 dalla NASA (Figura 48): gli oggetti e i det-tagli del terreno osservati oggi sono esattamente nelle posizioni indicatequarant'anni fa.

Qualcuno potrebbe obiettare che l'LRO è una sonda NASA e quindi nonci si può fidare. In realtà l'ente spaziale statunitense si è occupato esclusi-vamente del lancio: infatti la fotocamera della sonda e l'interpretazionedelle sue immagini sono sotto il controllo di un gruppo accademico se-

Figura 47. Neil Armstrong sul ciglio del cratere Little West. L'ombra sottile a destraappartiene allo strumento ALSCC (fotocamera stereo macro per geologia). Foto AS11-40-

5961.

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parato, il LROC Science Operations Center, presso l'Arizona State University,e di altri gruppi scientifici.11 Occorrerebbe coinvolgere anche loro nellacospirazione e ottenerne la perfetta, omertosissima collaborazione, op-pure ingannare questi esperti così bene da non lasciare la minima tracciadi manipolazione delle fotografie: impresa non banale, trattandosi di spe-cialisti in analisi di immagini digitali. E bisognerebbe falsificare le foto dinascosto ogni volta che la sonda sorvola i luoghi dei sei allunaggi, tenen-do conto in ciascun caso della diversa angolazione del sole.

Certo, queste foto mostrano i veicoli, non gli astronauti: ma chiediamociquanto sarebbe stato complicato mandare sulla Luna un robottino per trac-ciare finte impronte di astronauti, seguendo un percorso da duplicare esat-tamente nei resoconti di missione, nelle foto, nelle dirette TV e nelle ripresecinematografiche, e fare tutto questo sei volte. Il ridicolo è dietro l'angolo.

11 L'elenco completo è presso lroc.sese.asu.edu/EPO/Team/Bios.php.

Figura 48. Confronto fra la mappa dell'escursione (Apollo 11 Traverse Map, 1969) e la fotodella sonda LRO (2009). Credit: NASA/GSFC/Arizona State University.

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Figura 49. Il sito di allunaggio dell'Apollo 12, fotografato dalla sonda LRO(2009) con il sole basso. Credit: NASA/GSFC/Arizona State University.

Figura 50. Dettaglio del sito di allunaggio dell'Apollo 12, fotografato dallasonda LRO (2009) con il sole alto sull'orizzonte. Credit: NASA/GSFC/Arizona

State University.

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Indizi, ma non proveFin qui abbiamo visto forti indicatori di autenticità degli sbarchi umanisulla Luna, chiaramente convincenti per chi valuta il quadro generale del-le evidenze. Sono elementi che rendono l'idea di una messinscena incre-dibilmente, assurdamente complicata, però non costituiscono proveinoppugnabili in senso stretto. Non certo per un lunacomplottista chenon si vuole arrendere.

Quello che serve è qualcosa che dimostri che sulla Luna non c'erano im-probabili robot con le zampette che facevano impronte di astronauti, mac'erano delle persone. Qualcosa che documenti un fenomeno che potevaverificarsi soltanto sulla Luna e sia avvenuto in presenza di astronauti.Qualcosa che preferibilmente non sia fornito dalla NASA.

Ce l’abbiamo.

Figura 51. Il sito di allunaggio dell'Apollo 14, fotografato dalla sonda LRO (2009). Sinotano le tracce delle impronte lasciate dagli astronauti e l'ombra del modulo lunare.

Credit: NASA/GSFC/Arizona State University.

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L’altimetria di KàguyaLa sonda automatica Kàguya/Selenedell’agenzia spaziale giapponeseJAXA ha trascorso 20 mesi in orbitaintorno alla Luna, terminando la pro-pria missione nel 2009 (Figura 52).Fra i suoi strumenti c’era un altimetrolaser con una precisione verticale di 5metri, che ha permesso di generaremappe digitali tridimensionali moltoaccurate dell'intera superficie del no-stro satellite.12

Le dettagliatissime immagini riprese dalla fotocamera installata sulla son-da possono essere combinate con queste mappe in rilievo ed elaboratein modo da creare viste virtuali della geografia lunare reale, prese daqualunque angolazione.

L’agenzia spaziale giapponese ha quindi provato a confrontare i propri ri-sultati con quelli della NASA: ha creato, esclusivamente sulla base deipropri dati, una vista virtuale presa dall'esatta angolazione dalla quale gliastronauti dell'Apollo 15 scattarono una serie di fotografie nel luglio del1971. La Figura 53 mostra il confronto.

12 I dati sono pubblicamente disponibili pressohttps://www.soac.selene.isas.jaxa.jp/archive/index.html.en.

Figura 53. A sinistra, dettaglio della foto AS15-82-11122 scattata nel 1971 dall'equipaggiodell'Apollo 15; a destra, elaborazione grafica digitale realizzata sulla base dei dati della

sonda giapponese Kàguya nel 2009.

Figura 52. Disegno della sondagiapponese Kàguya. Credit: JAXA.

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L'oggetto che si vede sulla sinistra nella fotografia della NASA è una par-te del Rover, l'auto elettrica usata durante la missione, e le altre foto dellasequenza includono anche l'astronauta David Scott che vi sta lavorando,come mostrato dal collage di Figura 54.

In altre parole, nel 1971 la NASA pubblicò foto che mostravano le monta-gne lunari viste dal suolo e che corrispondono esattamente a quello cherileva oggi nello stesso punto una sonda giapponese (non della NASA) eincludono un astronauta.

Si potrebbe argomentare che la NASA forse portò sulla Luna un Rover,un manichino vestito da astronauta e un robot che li mettesse in posa eli fotografasse, ma significherebbe ammettere che l'ente spaziale statuni-tense era in grado di effettuare missioni lunari complicatissime con cari-chi consistenti. E con una capacità del genere sarebbe stata in grado diportare sulla Luna degli astronauti veri.

Un'altra obiezione possibile è che la NASA potrebbe essere riuscita, neglianni Settanta (quando l'elaborazione grafica al computer era agli albori),a inviare sonde automatiche per raccogliere dati altimetrici molto precisidella superficie della Luna o per scattare foto dal suolo, per poi realizzare

Figura 54. Collage delle fotografie AS15-82-11120, AS15-82-11121, AS15-82-11122 dellamissione Apollo 15 (1971). L'astronauta ritratto è David R. Scott.

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un set cinematografico che riproducesse esattamente la geografia realedi ciascuno dei luoghi di allunaggio. Ma l'idea di riuscire a condurre un'o-perazione di questo livello di sofisticazione nel segreto più totale, perben sei volte, coinvolgendo inevitabilmente un altissimo numero di col-laboratori, senza che nessuno commetta mai sbagli o spifferi qualcosa, ecol rischio di fare una figuraccia dinanzi al mondo intero in caso d'erroreo di smascheramento, pare decisamente irrealistica.

Sarebbe stato molto più semplice andarci per davvero: anche in caso difallimento, perlomeno non ci sarebbe stato il rischio di essere colti a falsi-ficare l'impresa.

La polvere parabolicaUn altro aspetto delle immaginidelle missioni lunari difficilmentespiegabile dai lunacomplottisti èun dettaglio apparentemente ba-nale: la polvere.

Sulla Terra, la polvere che vienesollevata, per esempio dalle ruotedi un'auto, resta sospesa nell’ariaa lungo, formando nubi, volute escie lunghe come quelle mostratein Figura 55.

Ma nelle riprese della corsa del-l'auto lunare si osserva che la pol-vere molto fine ricade invecebruscamente al suolo, tracciandoun arco parabolico (Figura 56),appunto perché sulla Luna nonc’è aria che ne freni la caduta e latenga sospesa. Quindi le ripresedevono essere state effettuate inun luogo privo di aria. Nel vuoto,insomma.

Figura 55. Polvere sollevata su una stradasterrata. Credit: Rene Cormier,

Cmgonline.com.

Figura 56. Il Rover della missione Apollo 16solleva la polvere in modo anomalo.

Dettaglio di fotogramma tratto dalle ripresein 16 mm.

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Questo comportamento insolito della finissima polvere lunare si nota an-che quando gli astronauti camminano. A ogni passo, i loro piedi produ-cono un ampio ventaglio di granelli che ricadono bruscamente al suoloe nelle riprese in controluce creano un vistoso riflesso improvviso. È uneffetto riscontrabile molto chiaramente nelle riprese cinematografiche etelevisive13 e con un po' di attenzione anche in sequenze di immaginistatiche come la Figura 57.

Come sarebbe stato possibile ottenere ripetutamente un fenomenodel genere usando gli effetti speciali cinematografici degli anni Ses-santa? C'è chi ipotizza l'uso di una sabbia pesante e a grana grossa,ma nessuno finora ha saputo dimostrare che quest'ipotetica sabbia sicomporti davvero come mostrato dai filmati lunari, cambiando oltre-tutto riflettività quando viene calciata e diventando molto scura dacerte angolazioni ma luminosissima da altre, come si nota in alcunifilmati.

In alternativa, mettere sotto vuoto un intero studio di ripresa, con le foto-camere, le cineprese, le telecamere, le luci e gli operatori, sarebbe stataun'impresa tecnicamente arditissima e un incubo organizzativo, e avreb-be richiesto una camera a vuoto immensa (alcuni filmati, infatti, mostra-no l'auto lunare che percorre centinaia di metri). Eppure ancor oggi lacamera a vuoto più grande del mondo, a Plum Brook Station nell'Ohio,misura soltanto 30 metri di diametro: il modulo lunare, da solo, ne occu-perebbe un terzo. Ancora una volta, sarebbe stato più semplice andaresulla Luna per davvero.

13 Alcuni video con esempi del fenomeno sono disponibili presso tinyurl.com/polverelunare.

Figura 57. Dettaglio di tre fotogrammi successivi del filmato 16 mm dell'Apollo 11.

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La polvere è un elemento rivelatore anche nei filmati degli allunaggi:quando il modulo lunare sta per toccare il suolo, la si vede schizzar viaorizzontalmente, spinta dal getto del motore, e formare una cortina cheoffusca la visuale (Figura 58). Non appena il motore si spegne, la corsadella polvere cessa di colpo, senza formare volute o sbuffi, e il suolo tor-na ad essere visibile.

Confrontiamo questi filmati con ilmassimo esempio degli effettispeciali dell’epoca: 2001 Odisseanello spazio, uscito nel 1968, pocoprima del primo sbarco sullaLuna. Ogni tanto si sente dire chele riprese dei viaggi lunari sareb-bero state falsificate proprio conl’aiuto del suo regista, Stanley Ku-brick, maestro degli effetti specia-li cinematografici.

Ma nella sequenza di allunaggiomostrata dal film il comportamento della polvere è in realtà clamorosa-mente sbagliato: la polvere forma volute e rimane in sospensione (Figura59). Segno che la ripresa non è stata fatta nel vuoto, ma in presenza d'a-ria. Se questo è il massimo che si potesse fare con la tecnologia degli ef-fetti speciali degli anni Sessanta, come avrebbe fatto la NASA a falsificarele riprese lunari?

Figura 59. Un allunaggio rappresentato in 2001 Odissea nello spazio (1968).

Figura 58. L'allunaggio dell'Apollo 11.

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Le dimensioni del presunto setChi sostiene che le immagini degli astronauti lunari furono fabbricate instudio deve anche fare i conti con il fatto che molte foto furono scattatein sequenza mentre l’astronauta girava lentamente su se stesso, per cuipossono essere composte per formare grandi immagini panoramichecome quella di Figura 60, tratta dalla missione Apollo 11. Per ottenere lostesso risultato con gli effetti speciali sarebbe stato necessario un set ci-nematografico di dimensioni enormi.

Inoltre l'ipotetico set avrebbe dovuto ricevere luce ovunque da una sin-gola, potentissima fonte luminosa, per evitare ombre multiple.

Non basta. Nelle missioni dotate dell'auto lunare Rover ci sono ripreserealizzate con la cinepresa a bordo che durano decine di minuti senza in-terruzioni14 e mostrano il paesaggio circostante che scorre tutt'intorno esotto le ruote del Rover, che sollevano la polvere in archi parabolici chericadono bruscamente al suolo. Il set sarebbe stato quindi sottovuoto eavrebbe dovuto avere proporzioni colossali per consentire un tragittodel genere al suo interno. E come illuminare l'intero percorso con unasola fonte di luce?

Anche senza ricorrere all'auto lunare, per la quale qualcuno potrebbeipotizzare sofisticatissimi modellini in scala ridotta, ci sono sequenzecome quella di Figura 61, tratta dalle riprese televisive della missioneApollo 16, in cui si vedono degli astronauti (non simulabili con modellini)che camminano allontanandosi continuamente dalla telecamera senzamai arrivare in fondo all’ipotetico set cinematografico.15

È importante ricordare che sulla Luna l’assenza d’aria non offusca gli og-getti lontani e falsa la percezione delle distanze e delle dimensioni, e

14 Per esempio, la ripresa a colori denominata Traverse to Station 4 della missione Apollo 16dura 25 minuti ininterrotti.

15 La sequenza è consultabile via Internet presso tinyurl.com/houserock.

Figura 60. Composizione di una sequenza di fotografie scattate da Neil Armstrongdurante la missione Apollo 11 (AS11-40-5930/31/32/33/34/39/40; Moonpans.com).

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mancano oggetti familiari come alberi o case che diano un riferimentoprospettico. Infatti il masso che sembra appena dietro di loro e verso ilquale si stanno dirigendo in realtà è un macigno grande come una pa-lazzina di quattro piani (da cui il nome House Rock): è alto 12 metri, misu-ra 16 metri per 20, e si trova a 220 metri di distanza dalla telecamera,montata sul Rover.16

È davvero difficile immaginare un set cinematografico segreto, sotto vuo-to spinto e perfettamente illuminato nel quale si possa fare una cammi-nata così lunga.

L'andatura lunareI sostenitori della falsificazione delle immagini lunari affermano spes-so che l’andatura caratteristica degli astronauti sarebbe stata realizza-ta usando dei cavi e il rallentatore. Nel 2008 la popolare trasmissionestatunitense Mythbusters ha messo alla prova quest’affermazione:Adam Savage, uno dei conduttori, ha indossato una copia di una tutaspaziale e ha tentato di simulare l'andatura lunare usando sia il rallen-tatore, sia una speciale imbragatura che regge i cinque sesti del suopeso (Figura 62).

Niente da fare: la trasmissione mostra chiaramente che il confronto diret-to fra le immagini lunari e l’effetto ottenuto con cavi e rallentatore riveladifferenze grossolane.

16 Dati del Preliminary Science Report dell'Apollo 16, scaricabile pressowww.hq.nasa.gov/alsj/a16/a16psr.html.

Figura 61. Apollo 16: fasi della camminata di John Young e Charlie Duke dal Rover verso ilmacigno House Rock a 220 metri di distanza. Da sinistra: House Rock si scorge dietrol'astronauta più lontano; la zoomata segue gli astronauti; Young e Duke scompaiono

dietro il macigno (la freccia indica uno dei loro caschi).

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Infatti i cavi riducono l'effetto dellagravità sull’astronauta fasullo, manon sugli oggetti che ha addosso.Questi oggetti, quindi, oscillano sot-to l'effetto pieno della gravità nor-male, rivelando il trucco.

Il rallentatore, invece, rallenta tutti imovimenti degli astronauti, mentrele riprese lunari mostrano gesti rapi-di effettuati durante l'andatura. Otte-nere quest'effetto al rallentatoreavrebbe richiesto che gli astronauticompissero questi gesti a velocitàimpossibili, in modo che rallentando-li apparissero normali.

C’è un solo modo per ottenere la cam-minata fluida e l'oscillazione rallentatadegli oggetti portati dall'astronautache vediamo nelle immagini delle missioni lunari: creare una vera e propriagravità ridotta. Questo effetto si può ottenere volando su un aereo speciale,battezzato non a caso Vomit Comet, e seguendo una traiettoria composta dauna serie di parabole, simile a quella di un otto volante (Figura 63).

Regolando opportunamente velocitàe inclinazione dell'aereo, si ottienedentro la cabina a tutti gli effetti unsesto di gravità, proprio come sullaLuna. Questo è infatti il metodo usa-to dagli astronauti Apollo per il pro-prio addestramento e, in tempi piùrecenti, dagli attori del film Apollo 13di Ron Howard per alcune riprese.

Mythbusters ha effettuato voli di que-sto tipo, ottenendo un’andatura estremamente fluida senza dover ricor-rere al rallentatore: gli oggetti trasportati e indossati dal finto astronautaoscillano lentamente e morbidamente, senza usare il rallentatore. L’effet-to è identico a quello delle immagini delle missioni lunari (Figura 64).

Figura 63. La traiettoria del VomitComet.

Figura 62. Mythbusters tenta disimulare l'andatura degli astronauti

lunari usando cavi e rallentatore.

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Qualcuno potrebbe pensare che si sarebbe potuto usare questo metodoper realizzare finte riprese lunari negli anni Sessanta, ma c'è un proble-ma: la gravità ridotta ottenuta dai voli parabolici di quest'aereo specialedura pochi secondi e avviene nello spazio ristretto di una cabina, mentrele riprese Apollo sono sequenze di decine di minuti in spazi molto ampi.

Inoltre, come abbiamo visto, le immagi-ni delle missioni lunari mostrano feno-meni che possono avvenire soltanto nelvuoto: sarebbe stato quindi necessariotogliere anche tutta l'aria dalla cabinadell'aereo, cosa che avrebbe richiestouna fusoliera assurdamente robusta perreggere la pressione esterna.

Si potrebbe ipotizzare un'altra tecnicaper ottenere la camminata fluida: ripren-dere l'astronauta sott'acqua. Calibrandoopportunamente la galleggiabilità diogni singolo oggetto trasportato si po-trebbe ottenere un effetto piuttosto credibile. Ma occorrerebbe una pi-scina immensa e profondissima, piena d'acqua assolutamente limpida, ebasterebbe una sola bollicina che sfugge per rivelare il trucco. E soprat-tutto sott'acqua non sarebbe possibile ottenere la traiettoria parabolicadella polvere che si vede nelle riprese delle missioni Apollo, perché i gra-nelli resterebbero in sospensione nell'acqua, formando pigre volute etradendo il trucco.

Il problema della falsificazione delle riprese lunari, infatti, non è quello diottenere un singolo effetto, ma di ottenerli tutti insieme contemporanea-mente e per lunghissime sequenze ininterrotte, che oltretutto devono es-sere perfettamente coerenti fra loro.

L’unico modo per ottenere le riprese della camminata degli astronauti,insomma, è andare davvero sulla Luna. E se le riprese sono autentiche, èautentico tutto il resto.

Figura 64. Adam Savage diMythbusters cammina in un sestodi gravità simulata nella cabina del

Vomit Comet.

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Impresa impossibile, ma in un altro sensoQueste, in sintesi, sono le prove migliori dell'autenticità delle missioniApollo:

– montagne di documentazione verificabile e verificata

– segnali radio altamente complessi e perfettamente realistici

– nessuna confessione o rivelazione in quarant'anni

– accettazione senza obiezioni da parte del regime sovietico

– nessuna obiezione da parte di nessun esperto di settore

– rocce lunari riportate sulla Terra

– specchi collocati sulla Luna, tuttora verificabili

– fotografie recenti dei veicoli Apollo e degli strumenti lasciati sul no-stro satellite, coerenti con la documentazione NASA di quarant'anni fa

– immagini che possono essere state scattate solo in presenza di unastronauta sulla Luna e sono confermate da missioni spaziali di altripaesi

– polvere che si comporta in modi possibili soltanto nel vuoto

– astronauti che camminano con un'andatura possibile soltanto in unsesto di gravità.

Alla luce di questi fatti, non si può che concludere che quello che diconospesso i lunacomplottisti a proposito degli sbarchi sulla Luna in un certosenso è vero: nel 1969 l'impresa era davvero tecnicamente impossibile.

Quella di falsificarli.

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Tesi di complotto, promotori e diffusione – 57

Tesi di complotto,promotori e diffusione

Ci si potrebbe chiedere se davvero valga la pena di rispondere det-tagliatamente alle tesi di complotto lunare, specialmente dopo averletto il capitolo precedente. È facile pensare che si tratti di credenzeassurde e di nicchia, condivise e propagandate soltanto da una ma-nica di eccentrici o di cinici venditori di paccottiglia bramosi di se-guaci.

In realtà queste tesi di messinscena sono piuttosto ben radicate nel-l'opinione pubblica: provate a fare un sondaggio informale fra amici econoscenti e lo noterete, specialmente tra i giovani. Il disincanto mo-derno e il passare del tempo, con la graduale scomparsa dalla scenadella viva voce dei protagonisti, rischiano di rinforzare il lunacomplot-tismo, se non viene fatto alcuno sforzo per contrastarlo con i fatti.Sono gli stessi meccanismi che, su un piano ben diverso, alimentano ilnegazionismo dell'Olocausto.

Inoltre affrontare queste tesi è un'ottima occasione per raccontare leimprese lunari in un contesto non pedante ma dinamico e spesso di-vertente.

Quanta gente crede al complotto?Nel 1999, un sondaggio effettuato dalla società specializzata Gallup ri-levò che il 6% degli americani riteneva che gli sbarchi sulla Luna “fu-rono falsificati o simulati”. L'89% della popolazione risultò convintadella loro autenticità e il 5% si dichiarò indeciso. Un sondaggio dellaZogby diede risultati sostanzialmente analoghi nel 2001.17 Il 6% sem-bra poco, ma equivale a 18,2 milioni di persone che credono alle tesidi complotto lunare: non è certo un numero trascurabile.

17 tinyurl.com/sondaggio-gallup; tinyurl.com/sondaggio-zogby.

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Un altro sondaggio condotto nel 2006 dalla Dittmar Associates fra igiovani adulti americani ha indicato che il 27% di loro ha dubbi sullarealtà degli sbarchi e che il 10% del campione complessivo ritiene chesia “altamente improbabile” che ci siano stati realmente degli sbarchilunari umani.18 Il già citato sondaggio Zogby sottolinea che la fasciad'età fra i 18 e i 29 anni è quella nella quale l'accettazione della realtàstorica delle missioni lunari è meno diffusa.

Nel Regno Unito, un sondaggio via Internet, svolto nel 2008 su uncampione di 1000 persone dalla 20th Century Fox in occasione dellancio del film X-Files: I Want to Believe, ha indicato che il 35% dei par-tecipanti ritiene che gli allunaggi Apollo furono una finta. Un altrosondaggio, effettuato nel 2009, ha invece stimato che i lunacomplot-tisti britannici sono il 25%.19

In Germania, Der Spiegel lanciò nel 2001 un sondaggio online che ne-gli anni ha totalizzato più del 46% di voti in favore delle tesi di mes-sinscena. Altri sondaggi a partecipazione volontaria (basati quindi sucampioni che non rispecchiano necessariamente la media della popo-lazione) danno percentuali variabili dal 45 al 62% fra i francofoni, del60% in Svezia e del 49% in Russia.20 In genere chi crede alle teorie dicomplotto si adopera più della media per far conoscere le proprieidee, per cui queste cifre vanno prese con un pizzico di cautela, masono comunque degne di riflessione.

Il lunacomplottismo ha anche connotazioni politiche significative:ammettere che gli americani sono riusciti ad andare sulla Luna signi-fica riconoscere il loro primato tecnologico, e ad alcuni regimi ideolo-gicamente schierati questo non va giù. L'antiamericanismo è unfattore importante nelle tesi di complotto lunare, come in quelle sugliattentati dell'11 settembre 2001 e sull'ufologia. Negli Stati Uniti que-sto risentimento prende la forma di diffidenza specifica verso il go-verno federale e le autorità in generale, come si può leggere negli

18 Engaging the 18-25 Generation: Educational Outreach, Interactive Technologies, and Space,Mary Lynne Dittmar, in AIAA 2006-7303.

19 US Base Leads Poll's Top Conspiracy Theories, in The Guardian, 31/7/2008, tinyurl.com/56ma2d;Britons Question Apollo 11 Moon Landings, Survey Reveals, in E&T Magazine, 2009.

20 Ein kosmischer Streit, www1.spiegel.de/active/vote/fcgi/vote.fcgi?voteid=1060;www.20min.ch/community/poll/?pollid=10132; www.pouroucontre.com/cgi-file/result.cgi?num=56922; wwwc.aftonbladet.se/vss/special/storfragan/visa/0,1937,41250,00.html; rnd.cnews.ru/inc/poll/archive.php?p=7.

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scritti di Kaysing, René e altri sostenitori della messinscena lunare. Inaltri paesi il risentimento riguarda l'America nel suo complesso.

Per esempio, lo storico dell'esplorazione spaziale James Oberg affermache nelle scuole di Cuba e negli altri paesi nei quali vengono inviati inse-gnanti cubani (Nicaragua e Angola, per esempio) si insegna o si è inse-gnato che gli sbarchi americani sulla Luna furono falsificati.21 Anche iTalebani negano le missioni lunari, tanto da cercare di convincere i gior-nalisti che rapiscono.22

Sospettare il complotto non è da stupidi:è da disinformatiChi non ha dubbi sulle missioni lunari commette spesso l'errore di ri-tenere che i sostenitori delle tesi di complotto siano tutti stupidi eparanoici. Questo causa grandi imbarazzi quando si accorge che fra isuoi conoscenti che stima e che ritiene tutt'altro che stupidi ci sonodubbiosi e lunacomplottisti convinti.

È vero che una parte dei lunacomplottisti è fortemente paranoica:crede non solo alla messinscena lunare, ma anche alle altre tesi dicomplotto eccentriche diffuse soprattutto via Internet, come quellesulle “scie chimiche”, sull'11 settembre, sull'assassinio del presidenteKennedy, sui terremoti generati a comando dagli USA, sulle cure me-diche alternative soppresse dalle multinazionali del farmaco, sugliUFO nascosti dai governi e sui gruppi di potere occulti (dai banchieriebrei agli Illuminati ai Rettiliani).

Ma coloro che seguono le tesi alternative sugli sbarchi lunari nonsono tutti così. Una grandissima parte è semplicemente male infor-mata o non informata del tutto: ha visto soltanto siti Internet e tra-smissioni televisive favorevoli a queste tesi lunari e non èconsapevole della quantità enorme d'informazioni e di prove che lesbufalano, anche perché spesso sono disponibili solo in inglese o ingergo altamente tecnico.

21 Getting Apollo Right, ABC News, 1999, tinyurl.com/oberg-cuba.22 Obama's cancellation of moon landings is a case of 'No we can't', not 'Yes we can', Toby Young,

The Telegraph, 2010, tinyurl.com/yzgv564.

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Non c'è nulla di stupido o di paranoico nel subire la forza mediaticadi un programma TV o di un libro: entra in gioco il principio d'autorità,perché siamo stati educati a ritenere vero e verificato ciò che trovia-mo nei libri e nei media, specialmente quando ha come garante ap-parente un editore o una rete radio o televisiva nazionale.

La differenza fra una persona non informata o male informata e uncomplottista è molto semplice: la prima, dopo che le sono stati pre-sentati tutti i fatti, capisce di essere stata ingannata o di aver preso unabbaglio e li accetta; la seconda rifiuta i fatti, si barrica dietro qualchemicroscopico dettaglio non spiegato, lo fa assurgere a prova definiti-va del complotto e spesso accusa chi gli ha presentato i fatti di essereun agente pagato dalle forze occulte che hanno ordito la cospirazio-ne. Non è un'esagerazione: è quello che molti sostenitori delle tesi dimessinscena lunare dicono del sottoscritto nelle loro mail di insulti.

In sintesi: è lunacomplottista chi, dopo aver visto che due più due faproprio quattro, insiste ancora a dire che fa cinque.

Copertura mediatica limitata, nonostante tuttoA parziale discolpa di chi si è lasciato incantare dalle tesi di messin-scena, va detto che la copertura mediatica all'epoca delle missionilunari fu grande ma comunque limitata rispetto agli standard aiquali siamo abituati oggi. Allora era complicato e costosissimo, perun comune cittadino, procurarsi una copia dei rapporti tecnici dellaNASA o della serie completa di immagini scattate sulla Luna. Oggibasta andare su Internet e scaricare o consultare gli archivi pubblicidella Rete.

All'epoca ci fu anche un notevole controllo politico sulle informazioniriguardanti le missioni Apollo: si trattava di voli dal forte contenutopropagandistico, per cui molti dettagli imbarazzanti furono taciuti,dando l'impressione diffusa che le missioni furono magicamente per-fette. Oggi, con l'apertura degli archivi e la fine della Guerra Fredda, èpossibile conoscere come andarono realmente le cose.

Negli anni Sessanta le notizie delle missioni arrivarono al grande pub-blico dai giornali e dai telegiornali nazionali, filtrate spesso da giorna-listi non particolarmente competenti, partorendo vere e proprie

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bufale storiche come la prima pagina del Messaggero del 21 luglio1969, che spacciò per impronta d'astronauta quella di uno stivale dapesca (Figura 65).

Delle tante fotografie scattate, ilpubblico vide quelle pochescelte e pubblicate dai settima-nali dopo vari passaggi di dupli-cazione analogica che nedistruggevano qualità e dettaglie a volte erano grossolanamen-te ritoccate (Figura 66). I filmatierano accessibili soltanto se tra-smessi dalle reti televisive, chetuttora spesso ne ripropongonocopie sbiadite e sgranate.

Ma oggi esistono anche DVDcon riversamenti diretti delle fo-tografie e dei filmati lunari chepermettono di apprezzare laqualità e il dettaglio originali edi vedere anche tutte le imma-gini che i media all'epoca igno-rarono per limiti di tempo.

Sono disponibili anche le registrazioni integrali delle comunicazioniradio, che permettono di scoprire, per esempio, che la diretta dellaRAI (l'unica disponibile all'epoca in Italia) per l'allunaggio dell'Apollo11 fu un vero pasticcio: Tito Stagno s'inventò e riferì ripetutamentefrasi mai pronunciate dagli astronauti.

Inoltre nel famoso battibecco fra lui e Ruggero Orlando (“Ha toccato!Ha toccato il suolo lunare!” “No, non ha toccato”), annunciò il contattocon il suolo della Luna con un minuto d'anticipo, quando in realtàArmstrong e Aldrin erano ancora in volo a oltre 30 metri d'altezza. Ilbisticcio fra i due cronisti coprì persino lo storico annuncio di NeilArmstrong: “Houston, Tranquility Base here. The Eagle has landed”(“Houston, qui base Tranquillità. L'Aquila è atterrata”).23

23 Confronto fra la diretta RAI e la registrazione e trascrizione delle trasmissioni radio NASA,tinyurl.com/lte9by.

Figura 65. La prima pagina del Messaggero.

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Il viaggio era davvero incredibileCi sono anche altre attenuanti da considerare. L'era spaziale era inizia-ta soltanto dodici anni prima: lo Sputnik, il primo satellite artificiale,era stato lanciato nel 1957. Il primo aereo di linea con motori a reazio-ne, il Comet, era entrato in servizio nel 1952. Il primo volo spazialeumano era stato effettuato nel 1961, con Gagarin: otto anni dopo sicamminava già sulla Luna. Gran parte dell'opinione pubblica sempli-cemente non ebbe il tempo di abituarsi all'idea dei voli spaziali.

Fino alla circumnavigazione della Luna da parte dell'Apollo 8, nel1968, inoltre, nessuna missione umana si era mai spinta oltre l'orbitaintorno alla Terra. Andare sulla Luna significava andare improvvisa-

Figura 66. A sinistra, un dettaglio della foto AS11-40-5945 (Buzz Aldrin, Apollo 11) cosìcome fu pubblicata a settembre del 1969 dall'editore Arnoldo Mondadori nel libro “Terra

Luna Anno 1” di G. Righini e G. Masini; a destra, la scansione diretta dalla pellicolaoriginale del medesimo dettaglio,e oggi scaricabile dal sito Internet della NASA. Si nota ilfotoritocco dell'immagine di sinistra, che inventa dettagli inesistenti e ne perde altri reali.

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mente trecento volte più lontano di qualunque altro volo con equi-paggio24 e verso una destinazione altamente simbolica.

Non c'è da stupirsi, insomma, se all'epoca ci fu una certa incredulità.Se si considera inoltre che ancora oggi tutti i voli spaziali umani, an-che quelli dello Shuttle per raggiungere la Stazione Spaziale Interna-zionale o il telescopio Hubble, non si allontanano dalla Terra per piùdi seicento chilometri, è quasi comprensibile che ci sia tuttora qual-che dubbio sulla realtà delle missioni Apollo di quarant'anni fa cheandarono a quattrocentomila chilometri di distanza.

Sono cifre difficili da visualizzare. Se riducessimo la Terra a una sferadi 40 centimetri di diametro, la Luna diventerebbe una pallina da 10centimetri e si troverebbe a undici metri di distanza. Un volo delloShuttle verso la Stazione Spaziale si leverebbe da terra di un solo cen-timetro.

Origini e storiaIl lunacomplottismo non è un fenomeno recente. Secondo AndrewChaikin, autore del libro A Man on the Moon, i primi dubbi sull'autenti-cità delle missioni lunari comparvero nei media addirittura prima de-gli sbarchi, in occasione del volo circumlunare dell'Apollo 8, neldicembre del 1968.

I giornali dell'epoca segnalano persone dubbiose, ma si tratta di aneddo-ti che non fanno statistica.25 Già un anno dopo il primo sbarco sulla Luna,un sondaggio informale condotto negli Stati Uniti rilevò che oltre il 30%dei 1721 interpellati aveva sospetti sulle missioni NASA.26 La cifra saliva al54% fra gli americani di colore, anche se lo storico delle esplorazioni spa-ziali nota che questo “forse esprime più il distacco delle minoranze dall'im-presa Apollo e il razzismo pervasivo della nazione che qualunque altracosa”.27

24 Il record precedente era della missione Gemini 11, arrivata a 1374 km dalla Terra con dueastronauti.

25 A Moon Landing? What Moon Landing? di John Noble Wilford, New York Times, 18 dicembre1969, pag. 30.

26 The Wrong Stuff, in Wired 2.09, settembre 1994 (tinyurl.com/thewrongstuff ); Newsweek, 20luglio 1970; Many Doubt Man’s Landing on Moon, Atlanta Constitution, 15 giugno 1970.

27 Roger D. Launius, American Spaceflight History's Master Narrative and the Meaning of Memory,

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Il primo libro dedicato all'argomento sembra essere stato Did Man Landon the Moon? del matematico James J. Cranny, autopubblicato in Texasnel 1970 e oggi introvabile.

L'esistenza delle tesi di messin-scena è testimoniata ben prestoanche al cinema. Nel film Agente007 - Una cascata di diamanti, del1971, James Bond irrompe in unlaboratorio dove si sta simulandouna missione lunare (Figura 67).

Bill Kaysing, il papà dei lunacomplottistiNel 1974, due anni dopo la conclu-sione delle missioni lunari Apollo,Bill Kaysing (1922-2005) pubblicòautonomamente il libro We NeverWent to the Moon, contenente unalunga serie di presunte prove dellafalsificazione dell'impresa spaziale.Il libro fu modificato e ripubblicatopiù volte, anche in italiano (con iltitolo Non siamo mai andati sullaLuna nel 1997), come mostrato inFigura 68. Kaysing è consideratouno dei fondatori del complotti-smo lunare.

Nel suo libro, Kaysing dichiara diaver “lavorato per parecchi annicome direttore delle pubblicazionitecniche presso i laboratori dellaRocketdyne Research, la ditta che haprogettato e costruito i motori deirazzi che apparentemente hanno portato le navicelle Apollo sulla Luna”.Questa descrizione sembrava conferirgli una certa autorevolezza inmateria.

in Remembering the Space Age, Steven J. Dick (ed.), 2008, pagg. 373-384.

Figura 68. La copertina dell'edizioneitaliana del libro di Bill Kaysing.

Figura 67. Il “set lunare” di Una cascata didiamanti (1971).

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In realtà, andando a leggere la sua stessa biografia,28 emerge che Kay-sing non aveva alcuna preparazione tecnica formale: aveva un bache-lor's degree (grosso modo l'equivalente di una laurea breve italiana) inletteratura inglese.

L'edizione 2002 del libro chiarisce inoltre che Kaysing smise di lavora-re alla Rocketdyne nel 1963, ben prima dell'inizio delle missioni lunari.È quindi improbabile che la sua esperienza nell'industria aerospazialegli abbia dato modo di acquisire conoscenze tecniche particolari ri-guardanti i veicoli e le tecnologie Apollo, che al momento delle suedimissioni erano ancora nelle prime fasi di sviluppo e comunque fu-rono massicciamente riprogettate dopo l'incendio fatale dell'Apollo 1nel 1967.

Anzi, Kaysing stesso dichiara quanto segue nel suo libro a propositodel periodo successivo al suo impiego alla Rocketdyne:

“Ho seguito il progetto Apollo solo saltuariamente, senzatroppo interesse, rendendomi conto del programma solo at-traverso i suoi sviluppi più clamorosi come – ad esempio –l'incendio sulla rampa 34. [...] Non ho mai guardato nessun[sic] degli 'allunaggi', ne [sic] ho mai prestato attenzionealle presentazioni stampate sui giornali e trasmesse daglialtri mezzi d'informazione” (Non siamo mai andati sullaLuna, pagina 18).

Inoltre le sue convinzioni che si trattò di una messinscena non sonobasate sui documenti tecnici ai quali ebbe accesso, ma su “premoni-zione, intuizione, telepatia inconscia, informazione attraverso qualchemisterioso ed oscuro canale di comunicazione” (ibid.).

Come capita spesso con i sostenitori delle tesi di complotto di variogenere, insomma, la loro vantata autorevolezza svanisce quando si vaa verificare come stanno realmente le cose. Kaysing non è l'unicoesempio: nessuno dei sostenitori della falsificazione delle missioni lu-nari ha alcuna competenza in materia spaziale o in effetti speciali.

28 billkaysing.com/biography.php.

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Capricorn OneLe tesi di messinscena lunare ri-presero vigore con il film Capri-corn One di Peter Hyams, nel 1978(Figura 69), che racconta un ten-tativo di fingere lo sbarco ameri-cano su Marte, realizzato dallaNASA in uno studio cinematogra-fico per salvarsi la faccia.

L'allusione è resa ancora più evi-dente dall'uso dei veicoli Apolloper la finta missione marziana:cosa vistosamente implausibile,perché Marte richiederebbe unveicolo di atterraggio dalle formeaerodinamiche, non certo unospigolosissimo modulo lunare.

Come se non bastasse, la locandi-na del film riportava questa frase:“Sareste scioccati se scopriste che ilpiù grande momento della nostrastoria recente potrebbe non esseremai accaduto?”

Ralph RenéRalph René (1933-2008), un autodidatta senza alcuna preparazione for-male in astronautica, pubblicò nel 1994 il libro autoprodotto NASA Moo-ned America!, che divenne rapidamente assai popolare fra i sostenitoridelle tesi di complotto, portando René ad essere intervistato da varie retitelevisive (History Channel, National Geographic, Fox TV).

René fu presentato come “fisico” e come “autore/scienziato” nel docu-mentario Did We Land on the Moon? di Fox TV (2001), ma ammise nellapropria biografia di non avere alcun titolo accademico.29

29 ralphrene.com/biography.html.

Figura 69. La locandina di Capricorn One(1978).

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Sempre secondo la sua biografia,René va considerato come exconsulente NASA perché una vol-ta una sua idea fu pubblicata inun libro promozionale della NASAdedicato alle missioni umane ver-so Marte.

Ralph René sosteneva che il valo-re ufficiale di pi greco è sbaglia-to,30 che la teoria della relatività diEinstein non è valida e che la leg-ge di gravitazione universale diNewton è in errore.31

Nonostante queste premessepoco affidabili, o forse propriograzie ad esse, le sue tesi riguar-danti le missioni Apollo continua-no tuttora ad essere ripetute neimedia tradizionali e su Internet.Verranno discusse in dettaglio neicapitoli dedicati alle presunteprove della messinscena.

Il documentario della FoxUn'altra tappa fondamentale nello sviluppo del cospirazionismo lunarefu appunto il documentario Did We Land on the Moon?, che a differenzadi altri materiali pro-complotto, di natura amatoriale, fu un programmarealizzato professionalmente dalla Fox TV e trasmesso sull'omonimo ca-nale nazionale statunitense a febbraio e marzo del 2001. L'impatto me-diatico fu quindi molto superiore a quello di ogni evento precedente escatenò polemiche e dibattiti.

Nell'ora di trasmissione, condotta dall'attore di X-Files Mitch Pileggi, furo-no presentate acriticamente le principali tesi di complotto, dando ampiospazio ai loro sostenitori (Ralph René, Bill Kaysing, Paul Lazarus, David

30 ralphrene.com/circle_squared.html.31 Nel libro The Last Skeptic of Science (1988).

Figura 70. La copertina di NASA MoonedAmerica! (1994).

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Percy, Bart Sibrel e altri) senza cercare risposte tecniche alle loro obiezio-ni e dando pochissimo spazio al portavoce della NASA.

Il documentario fu ripreso da varieemittenti straniere e circola tuttorasenza alcuna considerazione per leconfutazioni tecniche che nel frat-tempo sono state presentate dagliesperti per ognuna delle asserzionifatte nel programma.32

2002, l'anno del cazzottoLa diffusione di Internet nei primi anni Novanta consentì ai sostenitoridelle tesi di messinscena di diffondere rapidamente le proprie idee. Inol-tre la disponibilità di videocamere e sistemi di montaggio video a bassocosto permise loro di autoprodurre un grande numero di documentari edi distribuirli inizialmente su videocassette in vendita e poi direttamentevia Internet e in DVD.

Questo, insieme all'eco del documentariodella Fox, portò a un'esplosione di produ-zioni lunacomplottiste e di nuovi nomi disostenitori di queste tesi, che per ragioni diprolissità non è possibile esaminare singo-larmente qui. Uno, però, va citato: Bart Si-brel (Figura 72).

Nel 2001, il trentasettenne Sibrel pubblicòun video di circa 47 minuti, A Funny ThingHappened on the Way to the Moon, nel qualeaffermò di aver recuperato uno spezzone “segreto” di riprese della mis-sione Apollo 11 che dimostrano la messinscena. In realtà si trattava diuna delle prove tecniche di trasmissione televisiva effettuate durante lamissione, ben conosciuta e catalogata, ma l'accusa fu sufficiente a farlodiventare celebre fra gli appassionati di settore, grazie anche alla suapartecipazione al già citato documentario della Fox.

32 Prof. Steven Dutch, University of Wisconsin, tinyurl.com/kuk37; Phil Plait, tinyurl.com/e3gx.

Figura 72. Bart Sibrel.

Figura 71. La sigla iniziale deldocumentario della Fox.

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Sibrel iniziò così a pedinare gli astronauti lunari (persino quando andava-no al supermercato) e a chiedere loro di giurare sulla Bibbia di essere an-dati davvero sulla Luna. Alcuni lo fecero, altri si rifiutarono.

Il 9 settembre 2002, Sibrel inseguìBuzz Aldrin con un cameraman eun fonico davanti a un hotel a Be-verly Hills e lo accusò di essere“un vigliacco e un bugiardo”. Aldrin,che all'epoca aveva 72 anni, ri-spose con un pugno in faccia alrobusto giovanotto (Figura 73). Laprima reazione di Sibrel fu rivoltaal suo cameraman: “Sei riuscito ariprenderlo?”.

L'episodio fece il giro del mondo,rilanciando inevitabilmente la di-scussione sul cospirazionismo lu-nare. Non vi furono conseguenzegiudiziarie per l'astronauta, dalmomento che Sibrel non aveva ri-portato ferite visibili e non aveva chiesto assistenza medica e Aldrin eraincensurato.33

Sibrel continuò a importunare gli astronauti lunari Alan Bean, Gene Cer-nan, Michael Collins, Al Worden, Bill Anders, John Young e Neil Arm-strong, presentandosi talvolta con credenziali false (per esempio a EdgarMitchell).34 Raccolse le registrazioni delle proprie imprese in un nuovodocumentario, Astronauts Gone Wild (2004), nel quale si vedono Cernan,Bean e Mitchell giurare sulla Bibbia di Sibrel che sono effettivamente an-dati sulla Luna (Armstrong rifiuta, dicendo “Signor Sibrel, conoscendolaprobabilmente quella Bibbia è fasulla”).

Tutto questo non ha impedito a Sibrel di continuare ad accusare pubbli-camente gli astronauti di aver falsificato tutto.

33 news.bbc.co.uk/2/hi/americas/2272321.stm.34 Secondo Clavius.org, Sibrel si introdusse anche senza permesso nel giardino di Neil

Armstrong per confrontarlo con le sue tesi e l'astronauta chiamò la polizia. Sibrel fu poilicenziato dall'emittente TV di Nashville dove lavorava come cameraman.

Figura 73. A destra, Buzz Aldrin sorprendecon un pugno Bart Sibrel.

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I media italianiAnche le reti televisive nazionali italiane hanno offerto spazio e riso-nanza, spesso in modo acritico, alle tesi di cospirazione lunare. Le tra-smissioni Voyager (Rai) e Mistero (Mediaset) hanno dedicato interepuntate all'argomento (Figura 74), sia pure fra una storia e l'altra di ra-pimenti da parte di alieni e di profezie Maya di cataclisma per il 2012.

Persino trasmissioni solitamente piùautorevoli e compassate delle prece-denti, come Enigma e La Storia siamonoi, entrambe della RAI, hanno presen-tato in dettaglio le asserzioni complot-tiste, senza fare alcuna verificapreliminare e senza dare spazio allesmentite degli esperti.35

Della questione s'è occupata anche larivista specialistica Fotografare, soste-nendo decisamente e per vari anni leaccuse di falsificazione delle fotografie Apollo. L'insolita ragione diuna scelta così forte e atipica da parte di una testata apparentementeautorevole nella materia del contendere è descritta nel prossimo ca-pitolo.

Naturalmente non mancano anche i siti Internet italofoni esplicita-mente pro-complotto, fortunatamente controbilanciati da siti chesmontano le loro argomentazioni. Entrambi gli schieramenti sono ci-tati nella bibliografia in fondo a questo libro.

Quattro tesi fondamentaliIl cospirazionismo lunare non è omogeneo: è un insieme variegato ditesi. Una delle caratteristiche che lo contraddistingue, come capitaspesso nel mondo bizzarro delle tesi di complotto su vari eventi, èche mentre esiste una sola versione “ufficiale”, per così dire, delle mis-sioni lunari, coerente e ben documentata, esistono almeno quattroversioni alternative principali che si contraddicono a vicenda.

35 Per esempio la puntata di La Storia siamo noi, di Giovanni Minoli, del 22/8/2006 e la puntatadi Enigma di febbraio 2003.

Figura 74. Roberto Giacobboconduce una puntata di Voyager

(RAI) sui complotti lunari.

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Può essere quindi molto istruttivo, e in alcuni casi ricreativo, evitare dicontrapporre “credenti” e “scettici”, come avviene di solito, e mettereinvece a confronto due fazioni di lunacomplottisti che sostengonoversioni differenti e incompatibili degli eventi.

Questa suddivisione delle tesi di complotto lunare è importante an-che per un altro motivo: ne mette in luce le contraddizioni ed eviden-zia il fatto che molti lunacomplottisti non hanno pensato alleimplicazioni delle proprie tesi predilette e quindi si trovano a fare af-fermazioni che si negano a vicenda, come vedremo tra poco.

Ringrazio Moise per le vignette che illustrano i quattro gruppi princi-pali di credenze sulle missioni lunari.

Non ci siamo mai andatiSecondo gli aderenti a que-sta tesi, la NASA non dispo-neva della tecnologia permissioni così sofisticate e leradiazioni delle fasce di VanAllen intorno alla Terra sonoancor oggi un ostacolo letaleinsormontabile per un equi-paggio.

Sarebbe stato quindi neces-sario falsificare tutti i volispaziali umani verso la Luna,comprese quindi le missioniApollo 8, 10 e 13, che ufficial-mente avrebbero invece orbitato intorno alla Luna senza atterrarvi. Esarebbe per questo motivo che non ci siamo più “tornati”.

Tutte le immagini, le riprese TV e cinematografiche, le trasmissioni ra-dio e la telemetria degli astronauti sulla Luna e intorno alla Luna sa-rebbero quindi dei falsi prodotti con gli effetti speciali su un set emediante operazioni segrete dei tecnici della NASA (Figura 75). Lemissioni da falsificare in questo modo sarebbero state quindi bennove.

Figura 75. Una possibile configurazione del setlunare. Vignetta di Moise.

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Per chi sostiene questa versione degli eventi, la NASA avrebbe fallitonell'impresa complicatissima di simulare perfettamente ogni detta-glio delle missioni: l'occhio attento dei lunacomplottisti si accorse su-bito di molte anomalie nelle immagini e di impossibilità scientifiche,che il governo americano cercò e cerca tuttora di zittire.

Ci siamo andati, ma il primo sbarco fu falsificatoIl primo allunaggio, quellodell'Apollo 11, sarebbe statofalsificato perché i veicolinon erano ancora pronti ecollaudati, ma tutte le mis-sioni precedenti e quellesuccessive sarebbero auten-tiche (Figura 76).

Questa tesi vuole spiegare,per esempio, la differenzaqualitativa fra la sgranata di-retta TV in bianco e nero delprimo sbarco e quelle nitidee a colori di tutte le missionisuccessive. Giustifica anchel'effettiva differenza qualita-tiva fra le foto dell'Apollo 11e quelle delle missioni dalla12 in poi, l'uso di tute spazialidifferenti e la durata assaipiù lunga delle escursioni lu-nari: una sola uscita di due ore e mezza per l'Apollo 11, contro dueescursioni di quasi quattro ore ciascuna già per l'Apollo 12.

Anche il fatto che gli astronauti dell'Apollo 11 rimasero vicinissimi alpunto di atterraggio, diversamente da tutte le altre missioni, vienespiegato con la necessità di usare un set cinematografico di dimen-sioni ridotte.

Figura 76. Il processo di selezione fra missioniautentiche e missioni fasulle. Vignetta di Moise.

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La finzione iniziale, insomma, sarebbe servita per far credere all'Unio-ne Sovietica che aveva perso la corsa alla Luna e guadagnare tempoper andarci poi davvero.

Ci siamo andati, ma le foto furono falsificateSecondo questa corrente dipensiero, le missioni lunarifurono tutte reali, ma non fupossibile mostrarne al mon-do le fotografie perché lapellicola fu velata dalle ra-diazioni cosmiche, si sciolseper l'eccessivo calore o sicongelò per l'eccessivo fred-do, oppure perché le condi-zioni d'illuminazione cosìanomale della Luna fecerosbagliare le regolazioni dellefotocamere, ottenendo immagini propagandisticamente inaccettabili.Sarebbe stato quindi necessario fabbricare una serie di foto politica-mente presentabili usando gli effetti speciali.36

Ci siamo andati, ma abbiamo trovato gli alieniLa quarta categoria di cospi-razionisti lunari sostiene cheforse non tutte le missionifurono reali, ma alla fine an-dammo sulla Luna, trovando-la però già occupata dagliextraterrestri (Figura 78).

Vi sarebbero fotografie chemostrano UFO nel cielo luna-re e registrazioni clandestineche documenterebbero la

36 Bill Kaysing, Non siamo mai andati sulla Luna, pag. 54.

Figura 77. Illustrazione delle problematiche diliquefazione dei supporti fotografici. Vignetta di

Moise.

Figura 78. Problemi di accoglienza. Vignetta diMoise.

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sorpresa degli astronauti nello scoprire di non essere soli sulla Luna.Non saremmo più tornati perché gli alieni non ci vogliono fra i piedi.

In alternativa, vi sarebbero state anche delle missioni segrete, oltre aquelle ufficiali, per andare a recuperare veicoli alieni abbandonati, daiquali la NASA avrebbe carpito i segreti delle tecnologie usate per loShuttle e per vari progetti militari tuttora sconosciuti al resto dell'u-manità.

Dicono proprio cosìVa messa in chiaro una cosa, prima che a qualcuno venga il dubbio: que-ste quattro tesi principali non sono invenzioni degli “ufficialisti”, concepi-te per ridicolizzare i sostenitori della messinscena lunare. Ciascuna èdocumentata negli scritti, nei video e nei siti Internet dei vari lunacom-plottisti. E ce ne sono anche di peggiori.

Cosa ancora più importante, i rispettivi sostenitori di ciascuna delle quat-tro tesi principali affermano di avere prove schiaccianti della propria, chesmentiscono quelle concorrenti. Mettersi in disparte e vederli accapi-gliarsi può essere quindi molto interessante.

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Le presunte prove della messinscena – 75

Le presunte provedella messinscena

I lunacomplottisti affermano di aver snidato varie anomalie nelle imma-gini e nei video delle missioni e di aver individuato delle impossibilitàtecnologiche e fisiche che provano le loro tesi di messinscena.

In realtà queste presunte anomalie e impossibilità sono tali soltanto per inon addetti ai lavori. Invece chi si occupa di fotografia, di tecnologia spa-ziale o di astronomia per lavoro sa benissimo che ciò che sembra stranoo implausibile al profano è in realtà esattamente quello che ci si aspettache succeda nello spazio e sulla Luna. Soltanto inesperti e dilettanti solle-vano obiezioni sull'autenticità delle missioni lunari: invece in quarant'an-ni nessun esperto di settore ha mai sollevato dubbi documentati sullaquestione. Anzi, molte delle presunte anomalie in effetti autenticano leimmagini delle missioni Apollo, come spiega Dennis Muren, vincitore disei Oscar per gli effetti speciali di film come Jurassic Park, Terminator 2,The Abyss, E.T., Star Wars:37

“Una simulazione di uno sbarco sulla Luna [realizzata con gli effettispeciali degli anni Sessanta] sarebbe potuta sembrare piuttosto au-tentica al 99,9% della gente. Il fatto è che non avrebbe avuto l'aspettoche invece ha. Sono sempre stato molto consapevole di cosa è finto ecosa è reale, e gli sbarchi lunari furono sicuramente reali. Guardate2001 Odissea nello spazio o Destinazione Luna o Capricorn One oqualunque altro film ambientato nello spazio: hanno sbagliato tutti.Non era affatto quello l'aspetto della Luna. C'era una lucentezza inso-lita nelle immagini dalla Luna, nel modo in cui la luce si rifletteva nel-la fotocamera, che letteralmente non è di questo mondo. Nessunoavrebbe potuto falsificarla.”

Questa seconda parte del libro raggruppa in categorie le presunte provee le smonta una per una, metodicamente, usando i fatti tecnici. Comeavrete immaginato, alla fine non resta più nulla del castello di prove dei

37 In The Wrong Stuff, Roger van Bakel, Wired (1993), tinyurl.com/ydnxn3a.

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sostenitori delle tesi di complotto lunare, ma è interessante vedere qualisono gli errori ricorrenti e gli schemi di pensiero che stanno alla base diqueste tesi.

Alcune di queste presunte prove, inoltre, richiedono parecchia ricercadocumentale per reperire le circostanze esatte e le informazioni tecnichenecessarie per sbufalarle, anche perché i lunacomplottisti tendono a pre-sentare documenti, filmati e fotografie senza indicare da quale missioneprovengono.

Di conseguenza, trovare la spiegazione corretta di un'apparente anoma-lia può essere impegnativo anche per molti addetti ai lavori, che spessosi trovano ad avere a che fare con i lunacomplottisti ma sono preparatisulla scienza e sulla tecnologia di oggi, non su quella di quarant'anni fa emen che meno sugli errori commessi dai sostenitori delle tesi di messin-scena.

Uno degli scopi di queste pagine è raccogliere le spiegazioni già fornitenegli anni dai loro colleghi e offrire un vademecum di pronta risposta. Laversione su carta di questo libro, inoltre, è utile per i casi più disperati:può essere usata anche come corpo contundente assai persuasivo.

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Presunte anomalie fotografiche – 77

Presunte anomaliefotografiche

Chi dice che gli sbarchi umani sulla Luna furono falsificati afferma ditrovare prove evidenti nelle fotografie presentate al mondo dallaNASA ormai quarant'anni fa. Molte di queste accuse nascono dall'i-gnoranza dei principi di base della fotografia tradizionale.

Non c'è da sorprendersi: ormai molte persone non hanno mai usatoaltro che fotocamere digitali completamente automatizzate e hannoquindi pochissima conoscenza dei dettagli della tecnologia fotografi-ca moderna, men che meno di quella chimica degli anni Sessanta.

Premessa: la tecnologia fotograficaCome già accennato, le circa 20.000 fotografie scattate durante lemissioni Apollo furono ottenute tutte usando pellicole fotografiche:all'epoca non esistevano le fotocamere digitali. Le pellicole usate perle foto scattate sulla Luna dagli astronauti furono principalmente Ko-dak Ektachrome MS ed EF a colori, in formato 70 mm, con sensibilitàdi 64 e 160 ISO rispettivamente, e Kodak Panatomic-X in bianco enero, sempre in formato 70 mm, con sensibilità di 80 ISO.38

Queste pellicole erano inserite in caricatori sigillati rimovibili (la parteposteriore della fotocamera in Figura 79) e derivavano dalle pellicoleusate per le ricognizioni fotografiche in alta quota, che dovevanosopportare temperature fino a -40°C. Il loro speciale supporto di po-liestere Estar aveva una temperatura di fusione di 254°C. Questo sup-porto, più sottile di quelli normali, permetteva inoltre di contenere inciascun caricatore un numero di pose superiore alla norma: 160 a co-lori e 200 in bianco e nero.

38 Nella documentazione d'epoca delle missioni lunari la sensibilità delle pellicole è riportatain ASA, che equivalgono esattamente ai valori ISO odierni.

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78 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Per le foto a colori fu scelto diusare pellicola di tipo invertibile,ossia che produce diapositive,anziché la normale pellicola chegenera negativi. Questa sceltapuò sembrare strana, dato chela pellicola per negativi ha unamaggiore tolleranza alle condi-zioni di luce difficili e alle sovrae sottoesposizioni, ma fu detta-ta dal fatto che usando dei ne-gativi sarebbero sorti problemidi fedeltà dei colori.

Nelle foto scattate nello spazio o sulla Luna, infatti, sarebbe mancatospesso qualunque oggetto familiare da usare come riferimento per icolori, come si fa sulla Terra, e quindi i tecnici dei laboratori fotografi-ci non avrebbero saputo come regolare il procedimento di stampadei negativi per ottenere i colori reali. La pellicola per diapositive nonha questo problema.

Le fotocamere usate per quasi tutte le fotografie scattate durante leescursioni sulla Luna furono delle Hasselblad 500EL motorizzate, conesposizione e messa a fuoco manuale e obiettivo a lunghezza focalefissa, quindi senza zoom. Le missioni dalla 11 alla 14 portarono sullasuperficie lunare solo un obiettivo Zeiss Biogon grandangolare (60mm); dall'Apollo 15 in poi fu aggiunto un teleobiettivo da 250 mm.

L'avanzamento della pellicola era gestito automaticamente dal moto-re elettrico della fotocamera (il blocco inferiore in Figura 79).

La messa a fuoco era guidata da indicazioni sulle ghiere dell'obiettivoed era agevolata dalla notevole profondità di campo offerta dall'o-biettivo grandangolare e dalla forte illuminazione solare: le regolazio-ni consigliate erano f/5.6 per i soggetti in ombra e f/11 per gliastronauti in pieno sole. L'obiettivo era dotato di levette di regolazio-ne maggiorate per consentirne l'azionamento anche con gli spessiguantoni della tuta spaziale. Anche il pulsante di scatto era molto piùgrande del normale per lo stesso motivo.

Figura 79. Una Hasselblad 500EL perescursioni lunari. Credit: Hasselblad.com.

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Presunte anomalie fotografiche – 79

L'esposizione era regolata amano: sul caricatore c'eranodei promemoria per le regola-zioni del diaframma e deltempo di posa (Figura 80).

La mira era approssimativa,perché non c'era un mirinovero e proprio, che sarebbestato inutilizzabile attraverso ilcasco della tuta spaziale: gliastronauti puntavano la foto-camera guardando lungo ilsuo asse, assistiti dall'ampiez-za dell'inquadratura dell'obiet-tivo grandangolare (circa 49°in altezza e larghezza, 66° indiagonale).

Le fotocamere usate per le escursioni erano argentate per riflettere laluce e il calore del sole e ridurre il rischio di surriscaldamento; quelle usa-te a bordo erano nere.

Armati di queste nozioni di base sulla tecnica fotografica utilizzata per leimmagini scattate sulla Luna dagli astronauti delle missioni Apollo, pos-siamo ora affrontare le presunte anomalie che i lunacomplottisti ritengo-no di aver trovato.

Non ci sono stelle nelle fotoIN BREVE: Certo che non ci sono: non ci devono essere. La superficie dellaLuna era illuminata a giorno dal Sole e le fotocamere erano regolate di con-seguenza. Le stelle sono troppo fioche per essere fotografate con regolazionidiurne. Si vedono solo Venere e la Terra.

IN DETTAGLIO: Nei disegni e nei film di fantascienza che presentanoambientazioni lunari vengono spesso mostrate le stelle nel cielo, ma èuna licenza artistica che forse ha abituato male i profani. In realtà in tuttele foto scattate nello spazio sotto l'intensa illuminazione del Sole le stellenon ci sono.

Figura 80. Un caricatore di pellicola usato per lamissione Apollo 11. Si nota l'adesivo recante il

promemoria delle regolazioni per le variecondizioni di luce.

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Non ci sono nelle foto d'epoca,come quella di Figura 81, datata1965 e scattata in orbita terrestredurante la missione Gemini 4, eneanche nelle foto scattate più re-centemente dal nostro UmbertoGuidoni o in quelle degli altriastronauti dello Shuttle, come losvizzero Claude Nicollier, mostratoin Figura 82.

Ci vuole un tempo di posa almeno2500 volte superiore a quello dellefoto lunari per catturare la lucedelle stelle.39 Chi lamenta la man-canza delle stelle nelle foto Apollorivela quindi di non sapere nulladi fotografia. È quello che fa BillKaysing, esponente di spicco del lunacomplottismo, quando chiede “Per-ché nelle fotografie di tutte le missioni Apollo le sole stelle visibili sono quelledella bandiera americana?” nel suo libro. 40

Il problema è spiegare l'errore achi è così incompetente in mate-ria. Non si può parlare di tempi diposa o di sensibilità della pellicola,per cui occorre proporre un espe-rimento pratico: in una serata lim-pida in cui si vedono le stelle,andare di sera allo stadio o in unparcheggio all'aperto ben illumi-nato e chiedere di fotografarel'ambiente circostante inquadran-do anche il cielo. Le stelle non ri-sulteranno nelle foto.

Si può far notare, per esempio,che basta un lampione, un fanaled'auto o la Luna piena per rendere

39 Test di Andrea Tedeschi Photography, tinyurl.com/2500volte.40 Kaysing, Non siamo mai andati sulla Luna, pagina 61 dell'edizione italiana.

Figura 82. Claude Nicollier nello spaziodurante la missione Shuttle STS-103 (1999).

Niente stelle.

Figura 81. Ed White durante la passeggiataspaziale della Gemini 4 (1965). Non ci sono

stelle.

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invisibili gran parte delle stelle non solo alla fotocamera, ma anche all'oc-chio dell'osservatore, che pure ha una capacità di adattamento molto su-periore a quella di una pellicola fotografica.

Inoltre chi non osserva il cielo as-siduamente rimane colpito dallaluminosità intensa della Luna pie-na e quindi probabilmente trove-rà efficace questa considerazionesemplice: se la Luna piena fa spa-rire le stelle alla vista quando laguardiamo lassù in cielo, figuria-moci quante stelle potevano maivedere gli astronauti, che su quel-la Luna ci camminavano.

Non bisogna però cadere nell'er-rore di affermare che non ci sonoaffatto stelle in nessuna foto lu-nare. La foto AS16-123-19657, peresempio (Figura 83), mostra lestelle del Capricorno e dell'Acquario insieme alla Terra. Ma fu scattata du-rante la missione Apollo 16 (aprile 1972) usando uno speciale telescopiocon fotocamera sensibile al lontano ultravioletto e impostando un tem-po di posa lungo, senza inquadrare il paesaggio circostante.

Ci sono anche foto di altri corpicelesti, anche se non si tratta distelle in senso stretto. Nelle fotoAS16-117-18815, 16 e 17 (Apollo 16)si scorge il pianeta Venere. AlanShepard, durante la missioneApollo 14, colse Venere che splen-deva accanto a una falce di Terrae ne scattò una serie di fotografie:un dettaglio di uno di questi scat-ti è visibile in Figura 84. Venere èdi gran lunga più luminosa diqualsiasi altra stella propriamentedetta, tanto che è visibile anche di giorno sulla Terra, se si sa dove guar-dare, ma in queste foto appare come un puntino.

Figura 83. Foto telescopica nell'ultraviolettoscattata durante l'escursione dell'Apollo 16.

Figura 84. Dettaglio della foto AS14-64-9191.L'oggetto a sinistra è una delle antenne del

modulo lunare.

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In compenso la Terra e l'antenna del modulo lunare sono fortemente so-vraesposte, a conferma del fatto che se si regola la fotocamera per cattu-rare l'immagine fioca delle stelle, si sovraespone il suolo, che diventatutto bianco. Agli astronauti di norma interessava fotografare il paesag-gio della Luna, non le stelle, per cui regolarono le fotocamere per foto-grafare correttamente il suolo. Tutto qui.41

La bandiera sventola nel vuotoIN BREVE: Non sventola, ma pen-de da un'astina orizzontale ed èimmobile.

IN DETTAGLIO: Ci sono coloroche obiettano che il drappo dellabandiera sulla Luna sembra garri-re nel vento (Figura 85). Ma sullaLuna non c'è aria e quindi non c'èvento: di conseguenza, secondoloro, il drappo dovrebbe penzola-re mollemente dall'asta.

In realtà la bandiera sembra sven-tolare perché è sorretta da un'a-sta orizzontale telescopica, benvisibile sul suo bordo superiore se si osservano con attenzione le foto-grafie (Figura 86). La NASA, infatti, si rese ovviamente conto in anticipoche una bandiera floscia non avrebbe fatto un bell'effetto nel vuoto equindi escogitò questa soluzione tecnica semplice ed efficace.

La bandiera è stropicciata perché fu portata sulla Luna strettamente ri-piegata e arrotolata in una custodia montata sulla zampa del modulo lu-nare che reggeva anche la scaletta. Gli astronauti decisero di nonspianare troppo il drappo per conferirgli appunto un aspetto vivace chedesse l'idea di uno sventolio tradizionale. Osservando le foto, infatti, sinota che il drappo non ha le ondulazioni tipiche di un telo gonfiato dalvento, ma è accartocciato, con pieghe spigolose.

41 Maggiori dettagli sono disponibili nell'articolo Perché nelle foto lunari non ci sono le stelle?presso tinyurl.com/nientestelle.

Figura 85. Dettaglio di AS11-40-5874.

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In alcune missioni, inoltre, l'astaorizzontale s'inceppò e non siestese completamente, per cui ilbordo superiore della bandiera ri-mase in parte raccolto invece ditendersi, contribuendo alla stro-picciatura e all'illusione moltoscenografica di un drappo mossodal vento.

Infine le immagini scattate in mo-menti differenti (Figura 87) mo-strano che la bandiera non mutaposizione se non viene sfioratadagli astronauti.

Figura 86. L'asta orizzontale che regge ildrappo. Dettaglio di AS11-40-5874.

Figura 87. La bandiera dell'Apollo 11 non si muove più dopo essere stata piantata.Fotogrammi dalle riprese automatiche su pellicola 16 mm.

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L'apparente sventolio della bandiera viene segnalato dai lunacomplotti-sti anche con altri indizi: il suo movimento durante le riprese televisive indiretta e il cambio di posizione dopo la fine dell'escursione. Queste pre-sunte anomalie verranno discusse nei capitoli successivi.

Gli oggetti in ombra sono troppo chiariIN BREVE: Sulla Luna le ombre degli oggetti non sono affatto nerissime:sono rischiarate dalla luce solare riflessa dal terreno, dagli astronauti e daqualunque altro oggetto vicino.

IN DETTAGLIO: I sostenitoridelle tesi di messinscena di-cono che l'unica fonte d'illu-minazione sulla Luna è ilSole e non c'è aria che dif-fonda la luce. Quindi, secon-do loro, le ombre deglioggetti dovrebbero esserescurissime. Invece nelle fotolunari si nota per esempioche le parti in ombra degliastronauti sono chiaramentevisibili, come se ci fosse unaseconda fonte luminosa ap-posita per rischiararle. Saràforse un riflettore dello stu-dio cinematografico?

In effetti foto come quella diBuzz Aldrin ai piedi del modulo lunare (Apollo 11, foto AS11-40-5869,Figura 88) suscitano spesso dubbi anche in chi non è lunacomplotti-sta duro e puro ma è soltanto un po' perplesso.

In realtà l'astronauta è semplicemente colpito dal riverbero della su-perficie lunare illuminata a giorno dal Sole. La scienza insegna che lapresenza o assenza d'atmosfera è irrilevante per questo fenomeno.

Può sembrare ovvio dirlo, ma la Luna è visibile in cielo proprio perchériflette la luce del Sole. La riflette poco, più o meno quanto l'asfalto,

Figura 88. Aldrin sulla scaletta del modulolunare.

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ma quanto basta per creare una gran bella Luna piena e da essere l'u-nico corpo celeste chiaramente visibile in pieno giorno dalla Terra.

La quantità di luce riflessa dalla superficie lunare verso qualunquecosa che si erge sopra di essa è naturalmente minore di quella checolpisce un oggetto esposto alla luce solare diretta: ma come ben saqualunque fotografo, per fotografare un oggetto in ombra è sufficien-te regolare la fotocamera in modo che raccolga più luce. Abbiamo vi-sto in Figura 80 che i caricatori di pellicola riportano appunto leregolazioni per effettuare foto di soggetti in ombra.

Questa regolazione, però, comporta che gli oggetti illuminati diretta-mente dal Sole siano sovraesposti: infatti nelle foto Apollo che mo-strano correttamente soggetti in ombra si nota che la superficielunare illuminata direttamente dal Sole è sovraesposta e quindi moltochiara o addirittura bianca.

È facile dimostrare che il riverbero del suolo lunare è sufficiente a illu-minare un astronauta che sta in ombra: basta costruire un modellinodel modulo lunare e collocarlo su una superficie dipinta di grigiomolto scuro, che rifletta la luce grosso modo quanto la Luna. Poi simette questo plastico all'aperto, di notte, lontano da muri che possa-no riflettere la luce e falsare l'esperimento, e lo si illumina con unasingola fonte luminosa: si ottiene il risultato visibile in Figura 89.

Se si regola l'esposizione dellafotocamera in modo da fotogra-fare correttamente i soggetti inombra, si ottiene un risultatomolto simile a quello della fotodell'allunaggio: l'astronauta sul-la scaletta è ben illuminato e vi-sibile, pur non essendoci altraluce che quella riflessa dalla su-perficie lunare simulata, e leparti della superficie che sonoilluminate dal “sole” risultanoslavate e sovraesposte. Figura 89. Un modello ricrea l'ambiente e

l'illuminazione della Luna.

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Le ombre non sono paralleleIN BREVE: Le ombre sono sì parallele, ma esiste una cosa chiamata pro-spettiva che fa sembrare che convergano nelle fotografie. Come i binaridel treno.

IN DETTAGLIO: Tracciando le di-rezioni delle ombre in molte fo-tografie lunari si scopre che nonsono parallele (Figura 90). Madovrebbero esserlo, dicono i lu-nacomplottisti, perché l'unicafonte di luce è il Sole, che sta auna distanza enorme e quindigenera ombre parallele.

Bart Sibrel, nel documentario diFox TV Did We Land on theMoon?, ha detto che “All'aperto,alla luce del sole, le ombre sono sempre parallele fra loro e quindi non siintersecano mai”. La stessa tesi è stata presentata nel corso del program-ma Voyager (Raidue, 4 marzo 2009). Se le ombre nelle foto lunari hannodirezioni differenti, argomentano i sostenitori della messinscena, vuoldire che c'erano varie fonti di luce, e questo è impossibile sulla Luna.Fonti di luce multiple implicano quindi l'uso di un set cinematografico.

Ma se davvero ci fossero statefonti multiple, ogni oggettoavrebbe dovuto proiettare om-bre multiple, come avviene per icalciatori nelle partite notturne.Invece nelle foto lunari ogni og-getto forma una sola ombra.

L'errore di fondo è che anchesulla Terra le ombre prodotte dalSole non sono sempre parallelenelle foto, anche se lo sono dalvivo, perché nelle immagini en-tra in gioco la prospettiva. Di-pende dall'angolazione di ripresa.

Figura 90. Immagine di ombre non parallele,tratta dal documentario di Fox TV Did We

Land on the Moon? (2001).

Figura 91. Elena, mia moglie, fungepazientemente da controfigura

d'astronauta.

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Per esempio, la Figura 91mostra delle ombre di alberial tramonto (il sole è a de-stra). Da quest'angolazionele ombre sembrano sostan-zialmente parallele, come loerano in realtà.

Ma se l'angolazione cambia,come in Figura 92, quellestesse ombre sembrano con-vergere. È soltanto un'illusio-ne ottica, dovuta appuntoalla prospettiva.

Chi sostiene questa tesi, dunque, dimostra non solo di non avere ca-pito il concetto elementare di prospettiva, ma anche di non avere spi-rito d'osservazione. Altrimenti si sarebbe reso conto, semplicementeguardandosi intorno, che stava affermando una vera e propria scioc-chezza.

Gli astronauti hanno ombre di lunghezze differentiIN BREVE: Per forza, la Lunanon è una palla da biliardoperfettamente liscia. Se c'è unavvallamento o un rialzo delterreno, la lunghezza delleombre cambia.

IN DETTAGLIO: Nelle foto enelle riprese cinematografi-che delle missioni lunari sinota che ogni tanto le om-bre degli astronauti hannodue lunghezze notevolmen-te differenti (Figura 93).

Figura 92. Le stesse ombre della foto precedenteora convergono.

Figura 93. In un fotogramma dalle ripresecinematografiche dell'Apollo 11 le ombre degli

astronauti hanno lunghezze differenti.

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La tesi lunacomplottista, proposta per esempio da David Percy di Au-lis.com,42 è che l'effetto sia prodotto dalla diversa vicinanza degliastronauti-attori ai riflettori del set cinematografico. La realtà è che lasuperficie della Luna è irregolare e presenta avvallamenti d'ogni sor-ta, che si notano poco per via della mancanza di oggetti familiari di rife-rimento ma alterano la lunghezza delle ombre.

Infatti si può ricostruire la scenacon un plastico illuminato dauna singola fonte di luce moltolontana e verificare che unastronauta che si trovi in un av-vallamento anche modesto pro-ietta un'ombra di lunghezzadifferente rispetto a quella delsuo collega che sta in piano (Fi-gura 94).

Nell'immagine della missioneApollo 11 mostrata in Figura 93,l'astronauta di sinistra è sempli-cemente in una lieve concavità del terreno che gli accorcia l'ombra.Questa concavità è documentata da varie fotografie dello stesso luo-go, come per esempio la AS11-37-5473, di cui la Figura 95 mostra undettaglio: la reale forma del terreno è rivelata dalla curvatura dell'om-bra dell'asta della bandiera.

Quello che sorprende è che Da-vid Percy è un membro dellaRoyal Photographic Society bri-tannica ed ha ricevuto vari pre-mi per il proprio lavoro comecameraman. In teoria, quindi,dovrebbe sapere piuttosto benecome si comportano le ombredei soggetti fotografati su terre-ni accidentati.

42 www.aulis.com/nasa6.htm.

Figura 94. Un plastico mostra come un lieveavvallamento cambi la lunghezza delle

ombre.

Figura 95. Dettaglio della fotografia AS11-37-5473 (Apollo 11).

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L'ombra del modulo lunare arriva fino all'orizzonteIN BREVE: Quello non è l'orizzonte: è il bordo rialzato di un cratere, checopre il vero orizzonte, parecchio più lontano.

IN DETTAGLIO: Nella foto-grafia AS11-40-5931, trattadalla missione Apollo 11,l'ombra del modulo lunarearriva praticamente fino al-l'orizzonte (Figura 96).

Secondo i lunacomplottisti,questo rivelerebbe che l'im-magine sarebbe stata scatta-ta su un set cinematograficomolto piccolo e che l'“oriz-zonte” sarebbe la zona in cuiil fondale nero incontrava ilpavimento del set.

Ma se osserviamo un'altrafoto della stessa situazione,presa da una distanza mag-giore (Figura 97), notiamoche l'ombra non arriva affat-to fino all'orizzonte: anzi,emerge che questo presunto“set cinematografico” dev'es-sere stato piuttosto grande.

In realtà l'ombra arriva albordo rialzato di un craterelargo circa 15 metri, che co-pre il vero orizzonte, parec-chio più lontano. Il cratere èquello denominato Double,riscontrabile sia nelle fotoscattate dalle sonde LunarOrbiter nel 1967, due anni prima dello sbarco dell'Apollo 11 (per esem-pio nella foto V-76-H3), sia nelle immagini più recenti della sonda Lu-nar Reconnaissance Orbiter, acquisite nel 2009 (Figura 98).

Figura 96. Dettaglio della fotografia AS11-40-5931 (Apollo 11).

Figura 97. Foto AS11-40-5961 (Apollo 11).

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In Figura 98, il cratere si trova asinistra e più in basso rispetto almodulo lunare, che è la macchiachiara al centro, attorniata daquattro punti più scuri che sonole sue zampe. I puntini bianchinella zona inferiore della fotosono gli strumenti lasciati sullaLuna da Armstrong e Aldrin.

Va notato, comunque, che l'oriz-zonte lunare è molto più vicinoche sulla Terra per via delle mi-nori dimensioni del nostro satel-lite: salvo ostacoli e per un osservatore i cui occhi siano a 1,7 metri dalsuolo, sulla Luna l'orizzonte è a circa 2,5 chilometri dall'osservatore. SullaTerra è a una distanza quasi doppia: circa 4,7 chilometri.

Manca l'ombra della bandiera nella foto del salutoIN BREVE: No, non manca. L'om-bra del drappo è fuori dall'inqua-dratura ma si vede in altre foto;l'ombra dell'asta c'è, ma si vedesolo nelle scansioni di alta qualità.

IN DETTAGLIO: La celebre fotodel saluto di Aldrin alla bandiera(Figura 99) è spesso accusata diessere un fotomontaggio, asse-rendo che la bandiera non haun'ombra e quindi è stata ag-giunta. Talvolta viene citata unadichiarazione fatta da Giulio Forti,direttore della rivista fotograficaReflex, nella trasmissione Enig-ma,43 che sembra avvalorare au-

43 Raitre, febbraio 2003. Il video è disponibile presso tinyurl.com/giulio-forti-video.

Figura 98. Immagine del sito di allunaggiodell'Apollo 11 ripresa dal LunarReconnaissance Orbiter (2009).

Figura 99. Foto AS11-40-5874 (Apollo 11).Buzz Aldrin saluta la bandiera.

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torevolmente questa tesi: “...questa qui forse è l'unica foto che la NASA haammesso tra i denti di non essere assolutamente vera. La storia già di alloradiceva che si erano dimenticati di fare questa fotografia [...] La bandiera fuapplicata successivamente”. In realtà Forti ha poi chiarito che stava soltan-to riferendo una diceria che circolava e che non condivide.44

Un altro espediente rafforzativodi questa tesi di messinscena èl'uso dello scatto precedente,AS11-40-5875, nel quale Aldrinnon ha ancora alzato il braccioper il saluto e quindi sembra chestia semplicemente in piedi sullasuperficie lunare, come se la ban-diera non ci fosse (Figura 100).

Ma l'ombra del drappo non c'èper una ragione molto semplice:il Sole era basso, come indicatodalla grande lunghezza delle om-bre degli oggetti. Calcoli e docu-menti indicano che l'elevazionedel Sole sull'orizzonte, nel luogo di allunaggio dell'Apollo 11 fra il 20 e il21 luglio 1969, era fra 14° e 15,4°. Pertanto l'ombra del drappo cadeva fuo-ri dall'inquadratura. L'ombra dell'asta, invece, in realtà c'è anche nellafoto sospetta: non la si vede nelle copie sgranate usate solitamente daisostenitori delle tesi di messinscena, ma è presente negli originali ad altarisoluzione (Figura 101). È la sottile linea scura che si scorge dietro legambe dell'astronauta, grosso modo all'altezza delle caviglie. L'asta ave-va un diametro di circa 2,5 cm, per cui proiettava un'ombra poco visibile,specialmente se vista di sbieco come nella fotografia controversa.

Quest'ombra sfugge facilmente, anche perché non si trova dove è spon-taneo cercarla, ossia alla stessa altezza alla quale si trova la base dell'asta,perché dietro la bandiera c'è un avvallamento del terreno che la devia: losi vede in Figura 95. Inoltre altre foto mostrano la bandiera esattamentenella medesima posizione (la stessa Figura 95, per esempio) e c'è ancheun'immagine, ripresa da un'altra angolazione proprio nel momento delsaluto (Figura 34), in cui l'ombra del drappo e dell'asta è ben visibile.

44 Comunicazione personale, 1/9/2010, disponibile presso tinyurl.com/foto-bandiera.

Figura 100. Dettaglio della foto AS11-40-5875: Buzz Aldrin non ha ancora alzato il

braccio per il saluto.

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Il veicolo proietta un'ombra impossibile sulla LunaIN BREVE: Non è l'ombra del veicolo: èla sagoma in controluce di uno deisuoi piccoli motori di manovra, vistoda vicino.

IN DETTAGLIO: A pagina 13 del suolibro NASA Mooned America, RalphRené mostra una fotografia (Figura102) che a suo dire è un inganno cla-moroso della NASA, perché mostre-rebbe l'ombra dell'ugello del modulodi comando o dei motori di manovradel modulo lunare che si proiettasulla superficie della Luna da un'al-tezza di ben 69 miglia nautiche (circa127 chilometri). René si chiede sarca-sticamente quale luogo meravigliososia mai la Luna, dove un piccolo mo-tore riesce a disegnare un'ombra daicontorni netti su una superficie lon-tana quasi 130 chilometri.

L'autore lunacomplottista non sembra aver considerato che se si trattas-se davvero di un'ombra proiettata sulla superficie della Luna, dovrebbeavere dimensioni colossali per sembrare così ampia nella fotografia no-nostante la distanza, e siccome un'ombra prodotta da una sorgente a

Figura 101. Dettaglio di AS11-40-5874 (Apollo 11). Si vede la sottile ombra dell'asta.

Figura 102. La pagina del libro di Renéche mostra la presunta foto falsa.

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grandissima distanza come il Sole non può essere più grande dell'ogget-to che la genera (i raggi luminosi arrivano infatti paralleli), anche la navi-cella spaziale dovrebbe essere gigantesca.

Infatti non si tratta affatto di un'ombra proiettata sulla superficie dellaLuna, ma della sagoma di una porzione di uno dei gruppi di quattro mo-tori di manovra dello stadio superiore del modulo lunare (visibili peresempio in Figura 17). In altre parole, non è l'ombra lontana di una partedel veicolo: è la parte stessa, che si trova a pochi metri dall'osservatore.

Questo fatto diventa chiaro se si consulta la foto originale (AS11-37-5437)anziché la versione sgranata e sfocata proposta da René: la presunta“ombra” ha in realtà riflessi metallici nella sua parte conica superiore.

Figura 103. Foto AS11-37-5437 (Apollo 11).

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Tutte le foto sono perfetteIN BREVE: No, ce ne sono anche molte che fanno schifo, ma NASA e giornalipreferiscono mostrare quelle migliori. Come ai matrimoni.

IN DETTAGLIO: Bill Kaysing, nel documentario Did We Land on the Moon?,si chiede come fu possibile scattare migliaia di foto nitidissime e perfet-tamente inquadrate, visto che le fotocamere erano così difficili da usare:gli astronauti dovevano regolare a mano l'esposizione e la messa a fuoco,non potevano portare la macchina fotografica agli occhi per mirare enessuno, prima di loro, aveva scattato foto sul suolo lunare.

In realtà non è affatto vero chetutte le foto sono perfette: sem-plicemente la NASA pubblicòsolo quelle buone, come avvienein qualunque reportage fotografi-co. Ma negli archivi dell'agenziaspaziale ci sono tante foto lunarisottoesposte, sovraesposte, mos-se, sfocate e mal inquadrate: nonvengono mostrate quasi mai, pro-prio perché fanno schifo (Figure104-106).

Quando le foto erano distribuitesoltanto mediante la stampa, nonsi sprecava spazio e denaro pub-blicando quelle venute male e sidava la priorità a quelle riuscite.

Oggi, invece, le immagini possono essere disseminate a costo zero via In-ternet, e quindi sono tutte disponibili per la consultazione.

I rullini completi di tutte le missioni Apollo sono visionabili ad altissimarisoluzione per esempio presso il sito del Lunar and Planetary Institute econtengono intere sequenze di scatti riusciti male.45

Inoltre le fotocamere erano dotate di obiettivi grandangolari, equivalentia obiettivi da 24 mm tradizionali, le cui inquadrature molto larghe rende-vano sufficiente una mira alla buona in direzione del soggetto.

45 www.lpi.usra.edu/resources/apollo/catalog/70mm/.

Figura 104. Foto AS11-40-5894 (Apollo 11). Sefosse stata esposta correttamente,

mostrerebbe Neil Armstrong con la visieraalzata (in basso a sinistra).

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Questo salvò molti scatti che altri-menti sarebbero stati un fiasco,come la famosa “foto del turista” fat-ta da Armstrong a Aldrin (Figura 30),in cui per un pelo il soggetto nonviene decapitato. In effetti, se si os-serva bene questa foto, si nota chemanca l'antenna radio in cima allozaino, mozzata dall'inquadratura.

Gli astronauti erano addestrati a sti-mare esposizione e messa a fuococon l'ausilio di guide precalcolate da-gli esperti, come facevano da semprei fotografi prima degli automatismi equando non c'era tempo di usare unesposimetro. Le condizioni al suolo erano deducibili in anticipo, perché laluce sulla Luna è nota e non ci sono nubi o foschie che possano alterarla.

Figura 105. Serie di foto sovraesposte dalla missione Apollo 17.

Figura 106. Foto AS12-47-7009 (Apollo12).

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Infine, l'intensa illuminazione diurna dell'ambiente lunare riduce i proble-mi di sfocatura: come i fotografi ben sanno, la luce intensa permette unagrande profondità di campo, ossia un ampio intervallo di distanze tuttecontemporaneamente a fuoco, che riduce la necessità di effettuare unamessa a fuoco precisa per ogni scatto.

Ci sono foto dello stesso luogo con e senza LMIN BREVE: Non è lo stesso luogo. Quelle sullo sfondo non sono collinette vi-cine, ma montagne lontane, che come sulla Terra non cambiano aspetto seci si sposta solo di qualche centinaio di metri.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti segnalano che ci sono fotografieche mostrano lo stesso luogo con e senza il modulo lunare. A loro dire, sicapisce che si tratta del medesimo luogo perché le collinette sullo sfon-do sono assolutamente identiche.

La loro tesi è che si tratti quindi di fondali finti, maldestramente riciclatiper più di una fotografia della messinscena. L'esempio di Figura 107 ètratto dal già citato documentario di Fox TV Did We Land on the Moon?: asinistra c'è il modulo lunare, ma a destra no. Eppure lo sfondo è identico.

Una semplice ricerca rivela che le foto furono scattate nella zona delmassiccio di Hadley durante la missione Apollo 15. Questo significa che le“collinette” sullo sfondo sono in realtà monti altissimi a vari chilometri didistanza. Il monte Hadley, per esempio, è alto 4500 metri.

Figura 107. Due immagini con sfondi identici, tratte dal documentario Did We Land onthe Moon? (Fox TV, 2001).

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Immaginate di fotografare il Monte Bianco da casa vostra e di spostarvidi un paio di chilometri per fare un'altra foto. Non vi sorprenderà di sco-prire che la vostra casa non sarà più visibile, ma lo sfondo del MonteBianco sarà sostanzialmente identico. Questo è esattamente quello cheavviene nelle foto lunari incriminate: sono scattate in due luoghi diffe-renti e inquadrano oggetti molto lontani.

Le due immagini sono porzionidelle foto AS15-82-11057 (a sini-stra) e AS15-82-11082 (a destra).La documentazione della mis-sione e il resoconto delle attivi-tà46 indicano che la prima fuscattata dalla posizione Station8, a circa 125 metri a nord-ovestdel modulo lunare, mentre la se-conda fu scattata dalla posizio-ne Station 9, situata a 1400 metria ovest del modulo lunare e vi-sibile nella mappa che descrivegli spostamenti degli astronauti(Traverse Map, Figura 108).

In altre parole, le due foto furo-no scattate a circa un chilometro e mezzo l'una dall'altra. Ecco perchéil modulo lunare manca nella seconda: si trova altrove.

L'equivoco fra collinette e montagne nasce non solo dalla mancanzadi ricerche di riscontri contestuali da parte dei lunacomplottisti, maanche dal fatto che sulla Luna non c'è aria e quindi non c'è il gradualeoffuscamento atmosferico che ci indica visivamente che un oggetto èlontano e non ci sono oggetti familiari (alberi, case) che diano il sen-so delle dimensioni. Inoltre, come già notato, l'orizzonte sulla Luna èmolto più vicino che sulla Terra: è a soli 2,4 chilometri dall'osservato-re. Tutto questo rende difficile accorgersi che quelle che sembranoessere collinette vicine sono in realtà montagne alte 4500 metri, si-tuate a diversi chilometri dal punto di allunaggio e inquadrate dapunti differenti.

46 Apolloarchive.com; Surface Operations Overview, Lunar and Planetary Institute,tinyurl.com/ygr3cfv.

Figura 108. Dettaglio della mappa deglispostamenti degli astronauti dell'Apollo 15.

La Station 8 non è visibile perché troppovicina al LM (indicato dalla X).

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La tesi dei fondali viene inoltre sbugiardata se si confrontano in det-taglio le immagini originali: emerge che l'aspetto delle montagne sul-lo sfondo in realtà varia molto lievemente a causa del cambio dipunto di osservazione. Questo significa che le montagne delle fotosono oggetti tridimensionali, tanto che la loro prospettiva cambia.47

Luci del set riflesse nelle visiereIN BREVE: Non sono luci del set,sono riflessi sui graffi della visie-ra. Si capisce guardando le fotooriginali.

IN DETTAGLIO: In alcune foto sivedono riflessi sospetti sui ca-schi degli astronauti (Figura109): secondo i lunacomplottisti,sono le luci del set nel quale fu-rono falsificate le immagini de-gli sbarchi lunari.

È un'affermazione fatta, peresempio, dal tedesco GernotGeise nel programma La Storiasiamo noi di Giovanni Minoli,trasmesso dalla RAI il 22 agosto2006. Come è prassi dei luna-complottisti, non viene detto daquale missione è tratta la foto.

Ci vuole una paziente ricerca inarchivio per scoprire che si trat-ta di un'immagine della missio-ne Apollo 12, e specificamentedi un particolare della fotoAS12-49-7281 (Figura 110), scat-tata durante la seconda passeg-

47 Altri casi di presunti “fondali riciclati” vengono esaminati pressowww.braeunig.us/space/hoax-jw.htm.

Figura 109. Un'immagine dei presunti“riflettori”, tratta da La Storia siamo noi.

Figura 110. Alan Bean nella foto AS12-49-7281 (Apollo 12).

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giata lunare effettuata durante quella missione. L'astronauta ritratto èAlan Bean; quello riflesso nella visiera è Charles “Pete” Conrad.

Ingrandendo la fotografia ori-ginale si scopre che i “rifletto-ri” non hanno affatto né laforma né la disposizione deiriflettori di un set fotografico.Nella versione di scarsa quali-tà presentata dai lunacom-plottisti sembravano essereluci circolari disposte a distan-ze regolari, ma l'esame dell'o-riginale (Figura 111) rivela laloro forma molto irregolare.

A questo punto la spiegazionereale diventa molto evidente:si tratta di riflessi della luce del sole sui graffi della visiera. I caschi eranodotati di alette parasole laterali retrattili (visibili ai lati della parte a spec-chio del casco in Figura 110), azionate manualmente dagli astronauti.

Ogni tanto gli astronauti,estraendo o retraendo questealette, urtavano la visiera con iloro guanti ruvidi, sporchi dipolvere lunare, che è moltoabrasiva perché non subiscel'erosione prodotta sulla Terradall'acqua e dal vento e quin-di è molto spigolosa, comeuna sorta di carta vetrata na-turale. I resoconti delle missio-ni degli astronauti citanospesso i problemi di graffi eintasamenti dovuti alla naturaparticolare della polvere.

La formazione di una banda di riflessi sulle visiere, ai lati del riflesso prin-cipale del Sole, anche sulla Terra è ben visibile in Figura 112, che mostrauna tuta spaziale Apollo durante l'addestramento degli astronauti. È diffi-

Figura 111. Ingrandimento dei “riflettori” nellafoto originale.

Figura 112. Il riflesso del sole su una tuta durantel'addestramento sulla Terra. Dal documentario

When We Left Earth.

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cile pensare che ci fosse bisogno di collocare in cielo una fila di riflettoriper questa foto. Il fenomeno delle visiere graffiate è ben visibile anchenelle foto degli astronauti a bordo dello Shuttle e della Stazione SpazialeInternazionale in tempi ben più recenti, come quella di Figura 113, trattadalla missione STS-118 di agosto 2007 e catalogata come ISS015-E-22561.

Crocette nere coperte dagli oggettiIN BREVE: Non sono coperte: sono erose dal processo fotografico, come av-viene per qualunque oggetto sottile su fondo chiaro sovraesposto. E nellefoto originali spesso ce n'è un residuo che manca nelle pessime copie usatedai lunacomplottisti.

IN DETTAGLIO: Dentro le fotocamere Hasselblad usate per le escursionilunari c'era un vetrino sul quale c'erano incise delle crocette di riferimen-to, chiamate in gergo fiducials o reseau marks; ogni braccio era lungo unmillimetro e spesso due centesimi di millimetro. La crocetta centrale era

Figura 113. La visiera graffiata dell'astronauta Clay Anderson mentre lavora all'esternodella Stazione Spaziale Internazionale.

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più grande per distinguerla dalle altre e indicare il centro dell'immagineoriginale. Il vetrino era a contatto con la pellicola quando veniva scattatauna foto: in questo modo su ogni fotografia venivano sovrimpresse que-ste crocette, utili per rivelare eventuali deformazioni dell'immagine du-rante i vari processi di sviluppo, stampa e duplicazione (Figura 114).

Il problema, secondo i lunacom-plottisti, è che in alcune fotogra-fie lunari queste crocette sitrovano dietro gli oggetti fotogra-fati. Lo si nota per esempio nelleimmagini mostrate in Figura 115.

Secondo il già citato David Percy,“questa situazione è impossibile edeve essere il risultato di una mani-polazione tecnica e di un ritoccodell'immagine”. Lo ha dichiaratonel documentario Did We Land onthe Moon? (2001).

Bisognerebbe chiedersi, innanzitutto, che senso avrebbe mai, nel-l'ipotetica messinscena, alterarequeste crocette, dato che non ri-guardano oggetti particolarmen-te significativi. Figura 114. Le crocette di riferimento sul

vetrino di una fotocamera Hasselblad.

Figura 115. Le crocette sospette secondo David Percy.

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Qualcuno potrebbe teorizzare che le crocette sono coperte perché glioggetti furono sovrapposti in seguito, in sede di ritocco: ma se gli sbarchilunari fossero stati ricostruiti in studio, che bisogno ci sarebbe stato difare sovrimpressioni e ritocchi? Sarebbe bastato tornare in studio e farequalche altra foto con gli oggetti già a posto: se non s'è potuto, allora lefoto furono davvero scattate sulla Luna, e quindi non ci fu alcuna messin-scena.

La spiegazione di questa situazione “impossibile” è in realtà molto sem-plice. L'indizio cruciale è già presente nel documentario della Fox: ognioggetto che “copre” una crocetta è bianco e fortemente illuminato dalsole.

Quando si fotografa un oggetto fili-forme scuro contro uno sfondo chia-ro e sovraesposto, l'oggetto tende ascomparire, inghiottito dal chiarorecircostante: è un fenomeno ben notoai fotografi con il nome di blow-out.Lo si vede per esempio in Figura 116per i dettagli del viso, per le labbra eper la montatura degli occhiali. Lostesso avviene quando si usano me-todi non digitali per copiare fotogra-fie: si perdono i dettagli fini.

Andando a vedere gli originali dellefotografie sospette, scopriamo esat-tamente lo stesso effetto: la parte apparentemente mancante delle cro-cette filiformi si trova sempre su uno sfondo chiaro e sovraesposto, e inrealtà non è del tutto scomparsa, ma ha subìto proprio la stessa attenua-zione mostrata sopra. Nel documentario della Fox e in altre fonti che mo-strano queste presunte anomalie, le parti di crocetta sembrano esseresvanite del tutto soltanto perché è stata mostrata una versione di bassaqualità delle foto in questione: un altro espediente ricorrente dei luna-complottisti.

La Figura 117 mostra l'immagine originale dalla quale è tratto il dettagliodi sinistra presentato da Percy: è la fotografia AS16-107-17446, realizzatadurante la missione Apollo 16. La Figura 118 mostra invece la fotografiaAS11-40-5931, riferita alla missione Apollo 11.

Figura 116. Un viso sovraesposto fascomparire i dettagli e assottiglia lamontatura filiforme degli occhiali.

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In altre parole, non c'è nulla di anomalo nelle crocette di riferimento pre-senti nelle fotografie lunari. Anzi, si comportano esattamente nel modoprevisto dalle leggi ottiche che governano la fotografia e testimonianoquindi che gli oggetti che secondo i sostenitori della messinscena eranostati aggiunti in seguito erano in realtà presenti nell'immagine originale,tanto che attenuano le crocette.

Figura 117. Foto AS16-107-17446 e dettaglio.

Figura 118. Foto AS11-40-5931 e dettaglio.

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C'è una “C” su un sassoIN BREVE: Non è il segno dello scenografo per ricordare dove mettere il sas-so, è un pelucco finito nella foto durante uno dei passaggi di duplicazione.Nell'originale non c'è.

IN DETTAGLIO: in una foto della missione Apollo 16 si vedono una lette-ra “C” su un sasso e un'altra “C” sul terreno: sono le lettere di riferimentousate dagli scenografi per pianificare la collocazione delle rocce sul fintoterreno lunare. È una tesi proposta, per esempio, dall'autore francese Phi-lippe Lheureux, nel suo libro Lumieres sur la Lune.48

La foto in questione è la AS16-107-17446 (già vista in Figura 117) e ritrael'astronauta Charlie Duke alla Station 4 di Stone Mountain. La lettera “C”comparirebbe sul sasso in basso a sinistra. La seconda lettera “C” si trove-rebbe nel terreno, accanto al sasso che reca la presunta lettera, come sipuò vedere nell'immagine qui sotto, tratta dal sito pro-messinscena Au-lis.com (Figura 119).

48 news.bbc.co.uk/2/hi/world/monitoring/media_reports/1399132.stm.

Figura 119. Le presunte “C” su una roccia e sul suolo lunare. Immagine tratta dal sitoAulis.com.

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Questa presunta prova è così priva di senso che non si capisce perchévenga presentata senza fermarsi per quell'istante che basta per rendersiconto della sua assurdità.

La pubblicazione ufficiale di una foto che mostra due lettere “C” che nonci devono essere e che rivelano il segretissimo inganno, vitale per il desti-no del paese, implicherebbe una catena di errori davvero inaudita: avreb-bero dovuto sbagliare prima l'allestitore, lasciando in vista ben due segnidi riferimento, poi il fotografo, che non si sarebbe dovuto accorgere deisegni lasciati in mostra, e poi tutta la serie di persone addette alla sele-zione e pubblicazione delle fotografie. Possibile che in tutta questa cate-na di addetti, nessuno abbia notato l'errore che rovinava la messinscenasupersegreta?

E che senso avrebbe avuto etichettare dei sassi di scena con una singolalettera? È un sistema di etichettatura che avrebbe permesso soltantoventisei oggetti. Un po' pochi per un set che deve ritrarre la Luna, la cuisuperficie è costellata di sassi, sassi e ancora sassi.

E ancora: come farebbe la “C”, se fosse davvero tracciata su un lato incli-nato di un sasso ruvido e irregolare, ad avere una forma così sorprenden-temente regolare dal punto di vista di sbieco dal quale la si guarda inquesta foto? Lo stesso vale per la “C” sul terreno.

A queste obiezioni logiche possiamo però aggiungere anche la spiega-zione tecnica, resa ancora più significativa dal fatto che l'ha trovata nel2001 un lunacomplottista (i cui colleghi continuano però a presentaretuttora questa presunta prova come se nulla fosse) e dal fatto che la “C” èeffettivamente presente nella “versione ufficiale” fornita dal sito NASA delJohnson Space Center (Figura 120).49

Steve Troy di Lunaranomalies.com, un sito scomparso nel 2008 che soste-neva varie prove di complotto lunare ma non questa, spiegò50 in estremodettaglio che nel 2001 si fece mandare da vari enti collegati alla NASAdelle copie su pellicola della foto incriminata e le analizzò alla ricerca del-la presunta “C”, senza trovarla.

49 images.jsc.nasa.gov/luceneweb/fullimage.jsp?photoId=AS16-107-17446.50 Il sito originale non esiste più ma è archiviato presso Archive.org

(web.archive.org/web/20080131090910/http://www.lunaranomalies.com/c-rock.htm).

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Figura 120. La foto con le presunte “C” negli archivi Internet a bassa risoluzione delJohnson Space Center. Le frecce sono state aggiunte per questo libro.

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Così Troy ricontattò gli enti per chiedere come mai un sito “ufficiale” in-vece presentava la “C”, e uno di essi, il Lunar and Planetary Institute diHouston (LPI), scoprì che una delle loro stampe recava appunto il segnoanomalo, che però non era presente nelle pellicole (copie degli originaliscattati sulla Luna) dell'istituto.

L'LPI fornì a Troy una scansionedella stampa in questione, realiz-zata alla massima risoluzione pos-sibile, che chiarì la natura delsegno misterioso: un banale pe-lucco (Figura 121).

L'ingrandimento mostra chiara-mente che non si tratta di un se-gno di matita, ma di un oggettofiliforme arricciato. E non pare uncaso che la “lettera” trovata sulsasso sia proprio una lettera che corrisponde a una delle forme che puòfacilmente assumere un pelucco: è una C, non una K, F, H, M o A, peresempio.

Il Johnson Space Center spiegò a Troy che una di queste stampe difetta-te era stata acquisita con uno scanner verso la fine degli anni 80 o i primianni 90 del secolo scorso, e da qui era rimasta sul sito.

Infatti in altre scansioni della stes-sa fotografia, eseguite diretta-mente dagli originali e disponibilinelle collezioni NASA consultabilivia Internet, la “C” sul sasso nonc'è affatto.

Inoltre in queste scansioni ad altarisoluzione si nota che l'altra pre-sunta “C” è in realtà semplice-mente un'ombra vagamentesimile a una lettera, generata dauna minuscola asperità del terre-no (Figura 122). Fine del mistero.

Figura 121. La “C” si rivela essere un pelucco.

Figura 122. Dettaglio di una scansionediretta della foto originale.

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L'antenna dello zaino appare e scompareIN BREVE: L'antenna situata sullo zai-no “scompare” soltanto nelle versioni abassa risoluzione delle foto: in quelle dialta qualità c'è eccome. L'antenna,inoltre, era piatta, per cui si vedevapoco quando era disposta di taglio.

IN DETTAGLIO: Alcuni sostenitoridelle tesi di messinscena segnalanoche l'antenna radio situata sullo “zai-no” della tuta degli astronauti (il PLSS,in gergo) scompare e ricompare infoto scattate quasi contemporanea-mente. Questo fenomeno viene inter-pretato come prova che le fotografiefurono in realtà scattate in momentidifferenti e che gli sbadati addetti allamessinscena si scordarono di renderecoerente questo dettaglio in tutte leimmagini.

Un esempio dell'antenna che scom-pare e ricompare è dato dalle fotoAS11-40-5942 e AS11-40-5943 dellamissione Apollo 11 (Figure 123 e 124),che mostrano Buzz Aldrin mentre tra-sporta gli strumenti da lasciare sullaLuna prima di collocarli e installarli.Come indica la loro numerazione, uf-ficialmente queste foto furono scatta-te una dopo l'altra. Eppure nellaprima l'antenna non c'è, mentre nellaseconda è vistosamente presente.

L'analisi di questa presunta prova ri-vela uno degli errori ricorrenti fonda-mentali dei sostenitori delle tesi dicomplotto: l'uso di immagini a bassa

Figura 123. Dettaglio della foto AS11-40-5942.

Figura 124. Dettaglio della foto AS11-40-5943.

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risoluzione, spesso tratte da riviste o libri, a supporto delle proprie tesi.Infatti la prima foto è tratta dall'archivio online a bassa risoluzione delJohnson Space Center, ma l'esame delle versioni ad alta risoluzione chia-risce che l'antenna in realtà c'è in entrambe le foto (Figura 125).

L'antenna dunque c'è, ma come sispiega la vistosa differenza del suoaspetto nelle due immagini? La ri-sposta richiede una conoscenza mol-to approfondita delle attrezzatureadoperate per le missioni Apollo, percui è abbastanza comprensibile chealcuni lunacomplottisti si siano la-sciati ingannare dai loro preconcetti.Meno comprensibile è che abbianolanciato accuse di falsificazione sen-za controllare negli archivi documen-tali com'erano fatte queste antenne.

Infatti le antenne VHF degli astronauti, usate per le comunicazioni radio,non erano tradizionali astine a sezione circolare, ma sottili lamine metal-liche leggermente incurvate e lucidate a specchio, simili a quelle di unmetro a nastro, che si ripiegavano di lato per riporle (Figura 126). Viste ditaglio, ossia stando di fronte o dietro l'astronauta, sono quasi invisibilicontro lo sfondo nero del cielo lunare. Viste di piatto, cioè stando di latorispetto all'astronauta, diventano molto più visibili, specialmente quandoriflettono la luce del sole o il suolo illuminato.

Nella prima foto (5942), Aldrin è vistoda dietro e quindi l'antenna è di ta-glio. Nella seconda foto (5943), inve-ce, l'astronauta è girato di tre quarti,per cui l'antenna ci mostra la suaparte piatta, sulla quale batte il sole.In altre immagini, come la AS11-40-5874 (quella del saluto alla bandiera),l'astronauta è visto di lato, ma ha ilsole di fronte a sé, per cui i lati piattidell'antenna non sono illuminati mase ne scorge comunque il bordo.

Figura 125. Dettaglio della foto AS11-40-5942 in alta risoluzione.

Figura 126. Dettaglio dell'antenna VHFdi Charlie Duke (Apollo 16). Courtesy ofK.C. Groneman and D.B. Eppler, NASA

Johnson.

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La rivista Fotografare dice che le foto sono falseIN BREVE: Non lo dice la rivista: lo dice un singolo autore, che è anche l'edi-tore della rivista stessa ed è noto per le sue eccentricità pseudoscientifiche,dalla numerologia satanista agli avvistamenti di UFO. Oltretutto inanellauna serie di clamorosi errori tecnici.

IN DETTAGLIO: Sulla quarta di copertina del libro Non siamo mai andatisulla Luna di Bill Kaysing compare questa sorprendente citazione che fariferimento alla rivista italiana Fotografare:

Fotografare, n.8/'89: “Le famose foto degli americani sullaLuna (finalmente si può raccontare) sono state fatte sulla Ter-ra, di notte, con una illuminazione artificiale. Questo si vedechiaramente osservando le foto, ma la gente ha creduto inmassa alle spiegazioni che hanno diffuso.”

Una rivista di fotografia checonferma le teorie lunacom-plottiste di falsificazione dellefoto parrebbe una prova in-controvertibile. In effetti la ri-vista Fotografare pubblicònell'agosto del 1989 quantocitato da Non siamo mai anda-ti sulla Luna (Figura 127).

La spiegazione di quest'appa-rente prova è una delle piùbizzarre del lunacomplotti-smo. L'articolo è infatti firmatoda Cesco Ciapanna, editore diFotografare, noto ai suoi lettoriper i suoi articoli decisamente eccentrici, spesso dedicati a temi per nullaattinenti alla fotografia. Per esempio, il numero 92 sarebbe a suo dire lachiave numerologica di moltissimi eventi storici, e lo stesso articolo diFotografare con le asserzioni pro-messinscena offre anche quest'asserzio-ne surreale: “...un virus non è un'entità fisica, ma è solo un'alterazione delprogramma genetico, e non è assolutamente fotografabile.”

Figura 127. Dettaglio di pagina 86 diFotografare, n.8/89. Credit: Massimo e Giuliano

(lettori di Complottilunari.info).

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Ciapanna è anche sostenitore della teoria dell'AIDS come malattia inven-tata e inesistente e cultore dell'onomanzia, l'arte divinatoria che si fondasull'interpretazione del nome, in relazione alla sua origine o alle lettereche lo compongono. Alcuni interessanti esempi della sua vastissima pro-duzione in questo settore sono raccontati presso Thalideide.com e la-mentati dai lettori nel forum della rivista stessa ancora nel 2006.51

Secondo Ciapanna, inoltre, Isaac Asimov, Leonardo, Dante e Petrarca nonsarebbero mai esistiti e gli ebrei farebbero parte di un grande complottoincentrato sul numero 92. Accuse talmente esasperanti da indurre il rab-bino Toaff a consigliare il boicottaggio della rivista ai suoi correligionari.52

Visto l'approccio scientificamente disinvolto dell'autore, la sua afferma-zione a sostegno della falsificazione delle immagini degli sbarchi lunariva dunque presa con una certa cautela. Il contesto è insomma ben diver-so, in quanto ad autorevolezza, da quello che parrebbe leggendo sempli-cemente la quarta di copertina di Non siamo mai andati sulla Luna.

Le affermazioni di natura strettamente fotografica che compaiono nel-l'articolo pubblicato da Fotografare sono discusse nelle pagine che se-guono.

L'astronauta sembra sotto un riflettoreIN BREVE: Non è sotto un riflettore: se lo fosse, anche il terreno davanti a luisarebbe illuminato. Il suolo intorno a lui è chiaro perché è privo di polvere,spazzata via dal getto del modulo lunare.

IN DETTAGLIO: L'articolo della rivista Fotografare di agosto 1989 citatoqui sopra afferma che nella foto AS11-40-5903 che ritrae Buzz Aldrin (la“foto del turista” di Figura 30) “si vede che la sorgente di luce sta alla destradi chi guarda, in alto, dietro all'astronauta, appena fuori dal campo riflessodalla visiera. La luce è molto potente, ma non arriva all'orizzonte, e infatti losfondo, sia quello dietro l'astronauta, sia quello dietro al fotografo (che si ri-flette nella visiera dell'astronauta) è buio. Del sole neppure l'ombra.”

51 tinyurl.com/thalideide; tinyurl.com/onomanzia.52 Il complotto di Fotografare, di Luca Rodaro, in Bollettino del CICAP, Anno IV, n. 2, agosto 1992,

ripubblicato presso tinyurl.com/bollettinocicap.

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L'autore dell'articolo, Cesco Ciapanna, illustra le sue affermazioni conl'immagine di Figura 128, che è assai più contrastata della foto originale(Figura 30).

La tesi dell'orizzonte troppo buioricorre spesso nella letteratura lu-nacomplottista. L'obiezione dibuon senso è che gli autori diuna messinscena del genere perconto del governo USA non sa-rebbero certo stati né tanto a cor-to di soldi da non avere riflettori asufficienza né tanto incompetentida dimenticarsi di illuminare cor-rettamente gli sfondi: sarebbestato un errore da veri dilettantidi fotografia. Un errore che sareb-be poi sfuggito anche agli incari-cati della scelta e pubblicazionedelle fotografie falsificate, ma nonall'occhio sagace dei cospirazioni-sti lunari.

Anche nella versione molto contrastata di Ciapanna si nota un altro fattointeressante: il terreno in primissimo piano, davanti all'astronauta, è scuroquanto quello situato verso l'orizzonte. E come si nota meglio nella scan-sione di alta qualità, l'area chiara sembra essere una banda grosso modocentrale, che si estende inclinata da sinistra a destra.

L'ipotetica fonte di luce artificiale “potente” e situata “appena fuori dalcampo riflesso dalla visiera” dovrebbe quindi essere circoscritta con moltaprecisione all'area appena intorno all'astronauta. Ma allora non si spie-gherebbe come mai l'ombra di Aldrin appena davanti ai suoi piedi, nellazona “schiarita” del terreno, non sia sbiadita da questa fonte di luce artifi-ciale ma rimanga netta e nera. E non si spiegherebbe il fatto che quest'i-potetica seconda fonte di luce non produce una seconda ombradell'astronauta.

Se la differenza di luminosità del terreno non è spiegabile con un'illumi-nazione differente o con una fonte di luce supplementare mirata, si può

Figura 128. Immagine tratta dalla rivistaFotografare, agosto 1989. Credit: Massimo e

Giuliano (lettori di Complottilunari.info).

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pensare a un'altra spiegazione: il terreno stesso aveva zone con luminosi-tà differenti. E in effetti c'è un'ottima ragione perché le cose stiano così,ma per capirla occorre mettere insieme vari elementi del rompicapo.

Dalla direzione delle ombre e dalla posizione della zampa del modulolunare (LM), che nell'immagine completa si vede parzialmente a de-stra in primo piano, si deduce che Aldrin si trova in fianco al LM e chela zampa inquadrata è quella destra (rispetto ai finestrini del veicolo).

Questo è confermato dalla foto-grafia immediatamente prece-dente, ossia la AS11-40-5902(Figura 129), dove si nota la stes-sa banda chiara che attraversaorizzontalmente la zona centra-le dell'immagine. Anche altrefoto prese dalla stessa posizionee che inquadrano più a sinistra,come la AS11-40-5885 e la AS11-40-5886, mostrano lo stesso fe-nomeno.

Secondo la documentazione,inoltre, la discesa prevedeva ditenere il sole alle spalle per ave-re l'ombra del veicolo come riferimento altimetrico. Quindi la direzio-ne generale d'arrivo del LM, nelle foto 5902 e 5903, è dalla zona inalto a destra. Ma c'è un particolare importante da aggiungere.

Nelle trascrizioni dei dialoghi dell'allunaggio, pubblicamente disponi-bili, si nota che Aldrin descrisse gli ultimi secondi di volo parlando discivolamento verso destra (102:45:25 Aldrin: “4 forward. 4 forward. Drif-ting to the right a little. 20 feet, down a half”), che Armstrong corresseeccessivamente, facendo scivolare il LM verso sinistra. Questi sposta-menti sono osservabili chiaramente nella ripresa dell'allunaggio supellicola 16 mm, anch'essa disponibile. Il LM spazzò così una fascia di-sposta all'incirca a 90° rispetto alla sua direzione d'arrivo.

Aldrin, quindi, nelle foto in questione si trova proprio nella fascia delsuolo lunare spazzata dal getto del motore del modulo lunare duran-

Figura 129. Foto AS11-40-5902 (Apollo 11).

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te queste ultime manovre di correzione. Il getto asportò parte dellostrato di polvere superficiale fine, alterando la riflettività del terreno.Per questo il terreno intorno ad Aldrin è più chiaro: è diverso dal ter-reno più distante.

Questa presunta prova dimostra quanto possa essere difficile, anche perun fotografo molto esperto, spiegare le apparenti anomalie presenti inalcune immagini lunari se non conosce in estremo dettaglio le circostan-ze in cui fu scattata una fotografia e lo svolgimento delle missioni.

Le foto in controluce sono impossibili senz'ariaIN BREVE: L'aria non c'entra nulla. Il riverbero degli oggetti circostantipermette il controluce anche nel vuoto.

IN DETTAGLIO: Molti sostenitoridelle tesi di falsificazione dellefoto lunari notano che alcune im-magini mostrano astronauti foto-grafati con il sole praticamentealle spalle, quindi in controluce,eppure perfettamente illuminati.“Il controluce sulla Luna è impossi-bile perché non c'è atmosfera cherifletta la luce”, afferma il già citatoarticolo della rivista Fotografare diagosto 1989, mostrando una ver-sione di bassa qualità della fotoAS15-85-11514 (la Figura 130 nepresenta una scansione migliore).

Ma la fisica e l'ottica insegnanoche la presenza di atmosfera nonc'entra nulla con la possibilità difare foto in controluce. Nel controluce, infatti, le zone in ombra non sonorischiarate dalla diffusione della luce prodotta dalla presenza di un'atmo-sfera. La diffusione è il fenomeno che produce per esempio il chiaroredel cielo notturno sopra una città, dovuto alla luce dell'illuminazionestradale riflessa in tutte le direzioni dalle particelle sospese nell'aria.

Figura 130. Dettaglio della fotografia AS15-85-11514 (Apollo 15).

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Invece le ombre, sulla Terracome sulla Luna, vengono ri-schiarate principalmente dallariflessione della luce sugli ogget-ti circostanti: una parete vicina,per esempio. È un trucco che siusa spesso in fotografia perschiarire le ombre troppo mar-cate su un soggetto: si collocafuori dall'inquadratura un pan-nello chiaro che riflette la luce eil gioco è fatto (Figura 131).

Sulla Luna la riflessione è prodotta prevalentemente dal suolo (che, varicordato, è tutt'intorno ed è illuminato a giorno dal Sole) e dalle tutebianche degli astronauti.

Il fatto che non occorra l'atmo-sfera per fotografare in contro-luce o rischiarare le ombre èdimostrato anche da foto scat-tate durante le missioni delloShuttle: anche se il soggetto ènel vuoto dello spazio, la luce ri-flessa dalle superfici circostantie dalla Terra illuminata dal Soleè più che sufficiente a schiarirnele ombre, come si vede in Figura132: benché l'unica fonte di lucediretta sia il Sole, le superficichiare del vano di carico delloShuttle spaziale sono sufficientia illuminare intensamente lezone in ombra dell'astronauta.

La spiegazione della presunta anomalia, insomma, è la stessa della se-zione Gli oggetti in ombra sono troppo chiari: cambia la tesi lunacom-plottista, che là ipotizzava riflettori per schiarire i soggetti in ombra equi nega il controluce.

Figura 131. Riflessione su superfici chiareusata per schiarire le ombre di un soggetto.

Fonte: WhatDigitalCamera.com.

Figura 132. L'astronauta Bruce McCandlesslavora all'esterno dello Shuttle (1984). Foto

GPN-2000-001075.

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Non si vedono i massi descritti da Neil ArmstrongIN BREVE: I massi pericolosi che Armstrong dice di aver sorvolato per al-lunare in realtà si intravedono ai margini di alcune foto, ma solo nellaversione ad altissima risoluzione, perché sono a oltre 400 metri di distan-za e la loro immagine è quindi minuscola. Inoltre erano controsole, quin-di non fu possibile documentarli in dettaglio. Ma i massi ci sono,nitidissimi, nelle foto scattate nel 2009 dalla sonda automatica LRO.

IN DETTAGLIO: I resoconti del primo allunaggio sottolineano spessoche gli automatismi del modulo lunare lo stavano portando a posarsiin un inagibile cratere circondato da grandi massi, ma Armstrong pre-se i comandi e continuò il volo manualmente per cercare una zona li-bera. La ricerca durò a lungo, tanto che alla fine Armstrong allunòquando gli restavano pochi secondi di propellente.

L'episodio viene citato spesso perché sottolinea l'importanza di averea bordo un pilota che sopperisca alle inadeguatezze dei sistemi auto-matici e mette in evidenza la difficoltà e i rischi dell'impresa. Ma nellefoto scattate dagli astronauti sembra che questa distesa di massi nonci sia: a perdita d'occhio, la superficie appare priva di asperità e diqualunque masso significativo. Viene il dubbio che si tratti di un det-taglio aggiunto per romanzare la storia e renderla più accattivante.

È un dubbio che possiamo chia-rire consultando i dati. La traiet-toria d'allunaggio (ground track)è descritta dall'Apollo 11 MissionReport (Figura 133). La decisionedi Armstrong è trascritta nelTechnical Debrief del 1969. L'A-pollo 11 Preliminary Science Re-port identifica il cratere irto dimassi come West Crater; è visibi-le nella Figura 133, che però nonmostra alcun masso per via del-la sua scarsa risoluzione. Maoggi abbiamo le immagini dellasonda Lunar Reconnaissance Or-biter (LRO), che mostrano la zona in estremo dettaglio. E i massi cisono e si vedono, come dimostra chiaramente la Figura 134.

Figura 133. La traiettoria di allunaggio(ground track) dell'Apollo 11 termina sullasinistra. Il cratere al centro è il West Crater.

Dettaglio tratto dall'Apollo 11 MissionReport.

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Figura 134. La zona d'allunaggio vista dalla sonda LRO. Il cratere West è inalto. Il puntino chiaro in basso a sinistra è la base del modulo lunare.

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In particolare, l'immagine M109080308RE, scattata dalla sonda LRO edi cui la Figura 134 è un particolare, coglie in grandissimo dettaglio ilcratere West (in alto in questa figura, che è ruotata di novanta gradirispetto alla precedente) e permette di vedere che effettivamente ètappezzato e circondato da massi, che risaltano come puntini bianchi.Le loro dimensioni sono facilmente intuibili se si considera che il pun-tino bianco in basso a sinistra nella figura è la parte centrale dellostadio di discesa del modulo lunare, che al netto delle zampe ha unalarghezza di circa quattro metri.

I massi non si vedono nelle foto scattate dagli astronauti per due ra-gioni fondamentali. La prima è che erano troppo lontani per esserefotografati: la scala di Figura 133 indica che il centro del cratere Westera a circa 420 metri dal modulo lunare.

La seconda ragione è che gliastronauti, per fotografare il cra-tere West, avrebbero dovutopuntare la fotocamera in dire-zione del Sole, cosa che avrebberestituito immagini di pessimaqualità, piene di riflessi; per cuinon furono effettuati scatti inquella direzione. Ci sono alcunefoto in cui il cratere West è ri-preso ai margini dell'inquadra-tura, e lì s'intravede qualchemasso, ma solo nelle versioni adalta risoluzione (Figura 135).

Tuttavia esiste un altro docu-mento fotografico della zona realizzato dagli astronauti dell'Apollo 11:la ripresa su pellicola 16 mm a colori effettuata durante la discesa el'allunaggio. Dato che il modulo lunare sorvolò il cratere West lascian-doselo sulla sinistra, in questa ripresa la distesa di massi si dovrebbevedere. E in effetti è così: la Figura 136 ne mostra un fotogramma, ri-preso da circa 120 metri di quota. I massi sono chiaramente visibili an-che da quell'altezza.

Figura 135. Dettaglio della foto AS11-40-5873(Apollo 11), presa quasi controsole. Il cratere

West è a sinistra, sull'orizzonte.

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Come ulteriore riscontro, i ricer-catori René e Jonathan Cantinhanno realizzato un video checonfronta la ripresa dell'allunag-gio con una foto della zonascattata dalla sonda Lunar Orbi-ter, verificando l'effettiva corri-spondenza dei vari crateri.53

La questione dei massi mancan-ti, insomma, invece di essereuna prova di complotto, diventauna buona occasione per effet-tuare controlli incrociati sui do-cumenti disponibili e verificareche sono coerenti fra loro.

Mancano le tracce delle ruote della jeep lunareIN BREVE: Mancano o sembranomancare perché sono coperte dalleimpronte degli astronauti, perchéle ruote lasciavano comunquetracce poco visibili o perché gliastronauti spesso giravano la jeepsollevandola per un'estremità.

IN DETTAGLIO: In alcune fotonon ci sono nel suolo lunare letracce delle ruote della loro jeepelettrica (il Rover), né davanti nédietro. Eppure nel medesimo suo-lo si vedono molto bene le im-pronte delle suole degli astronauti. Secondo i lunacomplottisti, gli assi-stenti di scena dimenticarono di tracciare i segni delle ruote nel piazzareil Rover sul set, rivelando così la finzione (Figura 138).

53 Il filmato è consultabile nell'Apollo Lunar Surface Journal e scaricabile pressotinyurl.com/allunaggio11.

Figura 137. Dettaglio della foto AS15-86-11603 (Apollo 15).

Figura 136. I massi della zona di allunaggio,visti da circa 120 metri di quota, in un

fotogramma tratto dalla ripresa in 16 mm.

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In realtà ci sono varie ragioni perl'assenza di tracce di ruote. In al-cune foto, sono state semplice-mente cancellate dalle successiveimpronte degli astronauti, chespesso scendevano dal veicolo evi giravano intorno: cosa peraltroindispensabile, appunto, per scat-tare le fotografie che mostrano ilRover.

Questo è proprio quello che sivede nella foto di Figura 138 pre-sentata come presunta prova: an-dando a scoprirne la fonte, risultache si tratta della foto AS17-137-20979, che documenta la ripara-zione improvvisata del parafango rotto effettuata dagli astronauti dell'A-pollo 17. Ovviamente gli astronauti, per eseguire la riparazione, cammina-rono tutt'intorno alla ruota, cancellando quindi le tracce del suobattistrada.

Le impronte degli astronauti sivedono in basso e anche a destranella foto completa (Figura 139),che è a colori e molto meno con-trastata della versione che vienepresentata dai lunacomplottisti(che è tagliata, guarda caso, pro-prio in modo da escludere quasitutte le impronte).

In altre foto il veicolo si trovava suun terreno coperto da uno stratodi polvere poco profondo (comela Terra, anche la Luna non èuguale dappertutto), per cui leruote lasciarono sì delle impronte,ma sotto forma di segni tenui, vi-sibili soltanto nelle fotografie ad alta risoluzione e non nelle pessime co-pie mostrate di solito nella documentazione pro-messinscena.

Figura 138. La presunta prova: mancano letracce delle ruote. Dal forum di

Davidicke.com, tinyurl.com/mancanotracce.

Figura 139. La foto AS17-137-20979 senzatagli e nei suoi colori originali.

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Va considerato, inoltre, che leruote del Rover non avevanopneumatici o un battistradacontinuo, ma erano costitui-te da una maglia metallicaaperta, sulla quale erano ap-plicate lamine di titanio in-tervallate e disposte a liscadi pesce (Figura 140). La pol-vere fine tendeva a passareattraverso la maglia e poiuscirne, come se fosse passa-ta da un setaccio, senzaquindi lasciare le tracce scol-pite tipiche di un battistradatradizionale che compatta ilterreno.

La frequente assenza di tracce è dovuta anche a un'altra ragionepoco intuitiva: il Rover era un veicolo estremamente leggero e sullaLuna le cose pesano un sesto che sulla Terra. Il Rover pesava 200 chi-logrammi sulla Terra e quindi sulla Luna ne pesava soltanto 33. Piùprecisamente, la sua massa era invariata ma il suo peso era ridotto,per cui lo sforzo necessario per sollevarlo sulla Luna corrispondeva aquello richiesto per sollevare 33 chili sulla Terra.

Di conseguenza, quando gli astronauti volevano fare curve strette oinversioni a U, sollevavano letteralmente un'estremità del Rover e logiravano. Anzi, questa era un'operazione esplicitamente prevista du-rante l'estrazione del Rover dal modulo lunare, che richiedeva una ro-tazione di 180 gradi del veicolo per orientarne la parte anteriore indirezione di marcia.

Questo peso modesto era inoltre distribuito sull'area di contatto dellequattro ruote, per cui il Rover esercitava una pressione relativamentebassa sul terreno anche quando era gravato dal peso (anch'esso ri-dotto dalla bassa gravità) dei due astronauti.

Figura 140. Dettaglio della foto AS16-108-17620.Si notano la scarsa scolpitura del terreno e la

trasparenza del battistrada (rivelata dall'ombra).

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Negli archivi NASA ci sono foto ritoccateIN BREVE: Sì, alcuni siti NASA contengono foto ritoccate. Ma i ritocchi sonoriparazioni di graffi o imperfezioni presenti nelle copie, non sono alterazioni.E se le foto fossero state ritoccate per alterarle, vorrebbe dire che furono scat-tate sulla Luna: altrimenti sarebbe bastato tornare in studio e rifarle perbene.

IN DETTAGLIO: La cosa potrà sorprendere, ma è effettivamente vero chealcuni vecchi archivi Internet della NASA contengono foto ritoccate. Peresempio, presso Spaceflight.nasa.gov si trova la foto S69-40308 (Figura141), che è vistosamente ritoccata con il “copia e incolla” nella parte supe-riore destra (Figura 142): sembra proprio che qualcuno abbia copiato unaporzione dell'immagine e l'abbia incollata in posizione leggermente spo-stata.

È una tecnica usata spesso nel fotoritocco digitale per coprire un detta-glio sgradito o un'imperfezione della foto. Si notano persino particelledi polvere presenti sulla pellicola scandita che sono state copiate e in-collate.

Figura 141. Fotogramma S69-40308 dalla ripresa 16 mm dell'Apollo 11, tratto daSpaceflight.nasa.gov a febbraio 2010. In alto a destra c'è la zona ritoccata.

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Questo, tuttavia, non dimostra che la NASA effettui fotoritocchi per abi-tudine e nasconda chissà cosa. Infatti i suoi archivi contengono altre co-pie della fotografia in questione prive di ritocco,54 dalle quali si capisceche si tratta di una semplice correzione digitale di scansioni tratte davecchie copie danneggiate degli originali su pellicola. I ritocchi servonosolo per ripulire togliendo graffi e pelucchi, non per ingannare.

Infatti la NASA, contrariamente a quanto ritengono molti lunacomplotti-sti, non è una ricchissima, monolitica agenzia governativa: è una grandeburocrazia divisa in compartimenti stagni, che spesso lavorano senza col-laborare fra loro e con una sorprendente povertà di fondi e di mezzi.

Il risultato è che i vari dipartimenti della NASA hanno preparato e pubbli-cato su Internet indipendentemente fra loro, nel corso del tempo, archivifotografici basati sul materiale che avevano nei propri archivi. In molticasi, quel materiale non è tratto direttamente dai preziosissimi originali,ma è una scansione di copie di copie di copie fatte su pellicola decennifa e che nell'arco degli anni si sono sbiadite e hanno subito danni vistosi

54 Per esempio nell'Apollo Lunar Surface Journal, tinyurl.com/nonritoccata.

Figura 142. Dettaglio dell'immagine precedente. Le frecce evidenziano le parti duplicate.

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a furia di essere maneggiate. Non avendo fondi stanziati per una nuovaacquisizione delle immagini, i dipartimenti hanno usato quella che ave-vano.55 È quello che è successo anche con la presunta lettera “C” su unaroccia, discussa nelle pagine precedenti.

Gli originali non ritoccati e scanditi correttamente sono disponibili pres-so quattro fonti Internet di riferimento: l'Apollo Lunar Surface Journal, ilLunar and Planetary Institute, il Gateway to Astronaut Photography of Earthe l'Apollo Archive.56

In realtà l'intera accusa di fotoritocco è un autogol per il lunacomplotti-smo. Se infatti le foto fossero ritoccate o alterate in modo più vistoso diuna semplice correzione di graffi o difetti, vorrebbe dire che furono effet-tivamente scattate sulla Luna: altrimenti sarebbe stato sufficiente tornareal set cinematografico e scattarle di nuovo senza errori.

C'è una foto falsa di CollinsIN BREVE: La foto non è falsa: unlunacomplottista l'ha manipolataper spacciarla per falsa.

IN DETTAGLIO: Secondo il luna-complottista Ralph René, l'auto-biografia scritta dall'astronautalunare Michael Collins contieneuna foto falsificata (Figura 143).

René afferma che l'autobiografiala descrive come un'immagine diCollins mentre effettua una pas-seggiata spaziale durante il volodella Gemini 10, nel 1966, e che inrealtà è un'immagine realizzata durante l'addestramento in aereo e poimanipolata dalla NASA (Figura 144). Stando a René, questo “dimostra as-solutamente che la NASA iniziò a falsificare le fotografie tre anni prima chele missioni Apollo iniziassero – si dice – a portare uomini sulla Luna.”

55 Corrispondenza dell'autore con Dave Williams del NASA Goddard Spaceflight Center,settembre 2003.

56 Le coordinate sono indicate nella bibliografia in fondo a questo libro.

Figura 143. La foto incriminata, nellaversione presentata da René.

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L'accusa è contenuta nel libro diRené Nasa Mooned America! edè ripetuta dallo stesso autorenel documentario Apollo 11 – illato oscuro della Luna, di WillyBrunner e Gerhard Wisnewski,trasmesso da La Storia siamo noi(Raidue, 22 agosto 2006).

I fatti sono ben diversi. Innanzitutto, la foto accusata di esserealterata (Figura 143) non com-pare in alcuna pubblicazioneNASA, ma soltanto in alcuneedizioni di un libro autobiografi-co (Carrying the Fire)57 sul qualela NASA non ha giurisdizione.L'alterazione della foto non èquindi attribuibile alla NASA, masemmai alla casa editrice.

Inoltre in quelle edizioni la fotografia alterata non viene mai presen-tata come immagine della passeggiata spaziale della Gemini 10: anzi,viene poi riproposta senza alterazioni e con una didascalia che chiari-sce che fu scattata durante l'addestramento. E Collins stesso, nel libro,dice chiaramente (e con rammarico) che non ci sono foto della suaescursione. È René, e soltanto René, ad asserire che la NASA dichiarache l'immagine mostra una passeggiata spaziale.

Nel 2003 lo storico dell'astronautica James Oberg offrì a René 10.000dollari se fosse riuscito a presentare una qualunque edizione del librodi Collins nella quale la foto alterata fosse descritta come uno scattoeffettuato durante un'escursione fuori dalla capsula. René non vi riu-scì, e finora non vi è riuscito nessun altro.58

La manipolazione dei lunacomplottisti prosegue nel documentario diBrunner e Wisnewski, durante l'intervista a René: prima viene mostra-

57 L'edizione 1974 della Farrar, Straus & Giroux e l'edizione 1975 della Ballantine Books. Noncompare nelle edizioni recenti del libro.

58 www.clavius.org/bibaulis2003.html.

Figura 144. L'altra versione della foto.

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ta la copertina del libro di Collins, poi subito dopo una pagina checontiene la foto incriminata sotto la dicitura “Gemini 10 space walk” (“pas-seggiata spaziale Gemini 10”), come mostrato in Figura 145. Ma la paginanon proviene dal libro di Collins: è tratta da quello di René. Lo si capisceleggendone il testo, chiaramente riconoscibile se si effettua un fermo im-magine nella registrazione.

In altre parole, tutta l'accusa di falsificazione contro Collins e la NASAè una montatura. Invece di dimostrare “assolutamente” che l'ente spa-ziale statunitense falsificò delle immagini, dimostra che i sostenitoridelle tesi di complotto lunare sono disposti a manipolare i fatti pur ditrovare sostegno alle loro argomentazioni.

E se sono costretti a ricorrere a giochetti di montaggio o a falsificazio-ni della realtà per trovare una gruccia alle loro accuse, vuol dire chenon hanno argomentazioni più solide.

Troppe foto in troppo poco tempoIN BREVE: Le oltre 120 fotografie scattate con una sola fotocamera du-rante la breve escursione lunare dell'Apollo 11 non sono troppe: quasi lametà fu realizzata dagli astronauti a turno, a gruppi di 8-12 scatti in ra-pida successione, senza cambiare punto di ripresa ma semplicementeruotando su loro stessi, per formare delle panoramiche. Con questo siste-ma si arriva in fretta al centinaio di scatti. Lo stesso vale per le altre mis-sioni.

Figura 145. Nel documentario presentato dalla Rai, la dissolvenza fa sembrare che la fotoincriminata sia presente nel libro di Collins, ma le pagine mostrate sono quelle del libro di

René.

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Presunte anomalie fotografiche – 127

IN DETTAGLIO: Le foto scattate sulla Luna sono troppe rispetto altempo disponibile agli astronauti: non avrebbero avuto tempo di far-ne così tante, quindi alcune sono sicuramente false. Questa è la teoriasostenuta, per esempio, da Jack White.59

White afferma che il tempo totale trascorso sulla Luna dalle varie mis-sioni ammonta a 4834 minuti e che furono scattate in totale 5771 fo-tografie. Questo equivale a una media di 1,19 foto per ogni minuto diescursione lunare, ossia una foto ogni 50 secondi, a prescindere datutte le altre attività che gli astronauti dovevano svolgere. Nel casodell'Apollo 11, addirittura, fu effettuato uno scatto ogni 15 secondi:121 fotografie, dice White, in 151 minuti.

Esaminiamo quest'ultimo caso, il più clamoroso. I dati sono quasiesatti: il caricatore di pellicola usato durante la passeggiata lunaredell'Apollo 11 contiene 123 scatti, non 121 come dice White, fatti all'e-sterno del modulo lunare (catalogati con i codici da AS11-40-5850 a5970 più AS11-40-5882A e 5966A), e l'escursione di Aldrin e Arm-strong durò due ore e 31 minuti, secondo l'Apollo Definitive Source-book.

Ma un conto elementare rivela che 123 foto in 151 minuti non sono“una foto ogni 15 secondi”, ma meno di una foto al minuto. Come faWhite ad arrivare a 15 secondi? Facile: introduce un valore “arbitrario”(lo chiama lui così) di due ore, da sottrarre a causa delle altre attivitàdegli astronauti durante l'escursione:

Let's arbitrarily calculate a MINIMUM time for these tasksand subtract from available photo time.

Perché proprio due ore, e non due e un quarto, o una e mezza? Whitenon fornisce alcuna ragione per la sua scelta di questo dato. È moltofacile ottenere risultati impossibili se si alterano i dati a proprio favoreintroducendo valori arbitrari.

Inoltre White evita di specificare che gli astronauti fecero molti scattidoppi e multipli: due o più foto fatte nello stesso punto, senza perde-re tempo a riposizionarsi e riprendere la mira, componendo delle pa-noramiche. Quando si crea una panoramica è possibile realizzare

59 www.aulis.com/skeleton.htm.

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facilmente una decina di scatti in pochi secondi (provateci con la vo-stra fotocamera), e questo altera non poco il calcolo del tempo me-dio. Vediamo alcuni esempi.

Le foto da AS11-40-5881 ad AS11-40-5891 (11 scatti, quasi il 10% di tutte lefoto della passeggiata) furono riprese da Buzz Aldrin per formare la pa-noramica di Figura 146.

Le fotografie da AS11-40-5905 ad AS11-40-5916 (12 scatti, il 10% del tota-le) compongono un'altra panoramica scattata sempre da Aldrin e mo-strata in Figura 147.

Gli scatti da AS11-40-5930 ad AS11-40-5941 (dodici foto) furono fatti daNeil Armstrong per formare la panoramica mostrata in Figura 148.

Il documento NASA Apollo 11 Preliminary Science Report contiene comeFigura 3.15 la mappa mostrata qui sotto, che indica il luogo e la direzionedi ognuno degli scatti lunari della missione Apollo 11 (Figura 149). Come

Figura 146. Panoramica assemblata da Dave Byrne per l'Apollo Lunar Surface Journalcon le foto AS11-40-5881/5891.

Figura 147. Panoramica assemblata da Brian McInall per l'Apollo Lunar Surface Journalcon le foto AS11-40-5905/5916.

Figura 148. Panoramica assemblata da Brian McInall per l'Apollo Lunar Surface Journalcon le foto AS11-40-5930/5941.

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Presunte anomalie fotografiche – 129

si vede, il numero di scatti realizzati in rapida sequenza dalla medesimaposizione è davvero notevole.

Oltre alle panoramiche mostrate fin qui, dalla Figura 149 si nota che an-che le foto dalla 5850 alla 5858 (9 scatti) formano una panoramica e chelo stesso vale per le foto dalla 5954 alla 5961 (8 scatti).

Figura 149. Mappa delle posizioni e direzioni di ciascuna fotografia scattata sulla Lunadalla missione Apollo 11.

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In totale, quindi, nella missione Apollo 11 ben 52 foto su 123 fannoparte di panoramiche nelle quali le immagini furono scattate in rapi-da sequenza, senza spostarsi e senza rimettere a fuoco fra uno scattoe il successivo.

Lo stesso principio vale anche per le missioni successive, nelle qualigli astronauti non solo scattarono numerose sequenze panoramiche(la Figura 150 ne mostra una tratta dall'Apollo 16), ma realizzarono an-che molte foto in coppie, per produrre immagini stereoscopiche. Unafoto stereoscopica è composta da due scatti eseguiti simultaneamen-te o a brevissima distanza di tempo da due punti di vista leggermen-te differenti.

Conoscendo i fatti, non c'è da stupirsi, quindi, che gli astronauti neabbiano scattate così tante; c'è invece da stupirsi che Jack White, cheafferma di essere profondo studioso della materia, non abbia conside-rato questo fatto ampiamente documentato ed evidente dalle fotostesse.

Manca l'ombra dell'astronautaIN BREVE: In una fotografia di un astronauta che saluta la bandiera sul-la Luna, l'astronauta non proietta alcuna ombra sul terreno. È segno diun fotomontaggio? No, semplicemente l'astronauta stava saltando nell'i-stante in cui fu scattata la fotografia e quindi la sua ombra è spostata dilato anziché attaccata ai suoi piedi.

IN DETTAGLIO: Chi presenta questa presunta prova di fotomontaggio(Figura 151) spesso non indica il riferimento di catalogo della NASA chepermetterebbe di identificare la foto e chiarire subito il mistero. Se si sfo-gliano con attenzione le immagini integrali delle escursioni lunari, tutta-via, si riesce a scoprire che la foto è la AS16-113-18339, scattata durante lamissione Apollo 16.

Figura 150. Panoramica assemblata con le foto AS16-113-18313/18330 da Lennie Waughper l'Apollo Lunar Surface Journal.

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Il comandante della missione, JohnYoung, si fece fotografare dal collegaCharlie Duke mentre effettuava unsalto verticale durante il saluto allabandiera. Quindi i piedi di Youngnon toccano il suolo e la sua ombranon si trova direttamente sotto di lui,ma è spostata a destra e in basso.

Infatti se si osserva la fotografia ori-ginale, anziché la versione spesso ta-gliata ad arte, si vede bene chel'astronauta proietta eccome un'om-bra, che è però spostata verso destra(Figura 152).

Figura 151. Il presunto fotomontaggiodell'astronauta che saluta la bandiera.

Figura 152. Dettaglio della foto AS16-113-18339. L'ombra di John Young è in basso a destraperché la fotografia fu scattata mentre l'astronauta saltava.

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La scritta “United States” si legge troppo beneIN BREVE: La scritta sul modulo lunare si legge bene nelle foto anche quan-do è in ombra perché era riflettente ed era illuminata dal riverbero della lucesolare sul suolo lunare. Infatti la si legge bene anche nelle fotografie scattatein orbita intorno alla Terra durante i collaudi del modulo.

IN DETTAGLIO: C'è chi insinua60

che la scritta ”United States” sullabase del modulo lunare sia stataschiarita o addirittura illuminataappositamente per motivi propa-gandistici (Figura 153). Con il Solealle spalle del veicolo, si dice, nonsi dovrebbe poter leggere questascritta così nitidamente.

In realtà la scritta è sì illuminata,ma non artificialmente, bensì dalriverbero naturale della luce sola-re sul suolo lunare circostante. Lascritta era inoltre molto rifletten-te, per cui nelle foto spicca sem-pre rispetto al rivestimento delmodulo lunare. Per esempio, se si osservano le foto del collaudo del vei-colo in orbita terrestre si nota che anche lì la scritta spicca quando è inombra, nonostante sia illuminata solo dalla luce riflessa dalla Terra (Figu-ra 154).

Inoltre la fotografia sospetta nonè un'immagine autentica, ma unfotomontaggio ottenuto combi-nando varie foto della missioneApollo 11 e aggiungendo pezzi dicielo e un Sole finto: lo si notadalla prospettiva distorta e dai ri-flessi del Sole non orientati cor-rettamente. Il fotoritocco falsa lapercezione del contrasto, che inoriginale è molto meno marcato.

60 ilcomplottista.splinder.com/post/4719880#4719880.

Figura 153. La scritta “United States” sarebbetroppo visibile in quest'immagine, che fra

l'altro non è una foto originale: è un collagedi Ed Hengeveld (Apollo Lunar Surface

Journal).

Figura 154. Dettaglio della foto AS09-21-3183(Apollo 9). Anche qui la scritta è visibile pur

essendo in ombra.

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Presunte anomalie in video e filmati – 133

Presunte anomaliein video e filmati

I sostenitori delle tesi di messinscena lunare credono di aver trovatoprove delle proprie argomentazioni non solo nelle fotografie, comeabbiamo visto nel capitolo precedente, ma anche in presunte anoma-lie delle riprese televisive trasmesse in diretta dallo spazio e dallaLuna e nelle riprese cinematografiche delle missioni spaziali.

Per capire perché queste anomalie sono solo presunte occorre cono-scere un po' di tecnologia della trasmissione televisiva e della cine-matografia degli anni Sessanta.

Premessa: la tecnologia video e cinematograficaDurante le missioni Apollo furono realizzate sia riprese video, usandotelecamere che trasmettevano le proprie immagini verso la Terra,dove venivano ritrasmesse e registrate su nastro magnetico, sia ripre-se cinematografiche, usando cineprese che “registravano” a bordo leimmagini su pellicola in formato 16 mm.

Oggi si tende a usare termini come “filmato” o “video” per indicare in-differentemente i due tipi di ripresa, ma negli anni Sessanta non eracosì: c'era una differenza enorme fra televisione e pellicola, e la secon-da aveva di gran lunga la meglio sulla prima in termini di qualità emobilità.

La tecnologia televisiva, infatti, non aveva ancora beneficiato granchédella miniaturizzazione dell'elettronica, per cui le telecamere a colorida studio alla fine degli anni Sessanta erano ingombrantissimi e inef-ficienti mostri da oltre 160 chili, come quelle mostrate in Figura 155.

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134 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Le prime telecamere a colori“portatili”, come la Ikegami HL-33, comparvero soltanto neglianni Settanta. Le cose andavanoun po' meglio per quelle inbianco e nero, ma si trattava co-munque di oggetti massicci epesanti, inutilizzabili in luce fio-ca, che dipendevano da un'ali-mentazione elettrica di rete eda apparecchi di registrazione edi regia ancora più ingombranti.Oltretutto fornivano immagini piuttosto scadenti: niente di paragona-bile a quelle che ci offrono oggi le minuscole videocamere in alta de-finizione che portiamo con noi in vacanza.

Le cineprese, invece, erano già una tecnologia matura: erano compat-te, leggere, robuste e completamente autonome grazie al loro funzio-namento meccanico o a batterie. Le cineprese amatoriali erano pocopiù ingombranti di una fotocamera. Una Arriflex professionale perpellicola da 16 mm pesava circa sei chili e non occorreva altro, a parteun eventuale registratore per l'audio e una buona scorta di pellicola,per ottenere nel luogo più sperduto immagini a colori la cui qualitàera largamente superiore a quella televisiva dell'epoca. La cinepresaprofessionale era l'alta definizione portatile degli anni Sessanta.

Si usavano le cineprese praticamente per tutti i servizi di attualità, peri reportage di guerra e anche per documentare in dettaglio esperi-menti scientifici, lanci di missili e collaudi di velivoli, grazie anche alrallentatore, difficilissimo da ottenere con le telecamere dell'epoca.

Gli inconvenienti di fondo delle cineprese erano ovviamente l'autono-mia, limitata dalla quantità di pellicola disponibile, e l'impossibilitàdella trasmissione in diretta, perché la pellicola andava sviluppatausando un processo chimico. Ma se la diretta non serviva e una diffe-rita era accettabile, negli anni Sessanta la pellicola era regina. È im-portante tenerlo presente per capire le scelte tecniche fatte dallaNASA per documentare le missioni Apollo.

Figura 155. Telecamere a colori RCA TK-43negli anni Sessanta. Fonte: Oldradio.com.

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Presunte anomalie in video e filmati – 135

Le cineprese ApolloLe missioni lunari furono equipag-giate con cineprese, denominateData Acquisition Cameras (DAC),che usavano cartucce di pellicolain formato 16 millimetri a colori (Fi-gura 156). Erano estremamentecompatte e leggere: compresa lacartuccia laterale, misuravano circa22 per 12 centimetri, con uno spes-sore di sei centimetri e mezzo, epesavano 1300 grammi.

Una di queste cineprese era mon-tata nel modulo lunare in modo dariprendere verso il basso attraversoil finestrino destro del veicolo (come si può vedere nella foto AS11-36-5389 di Figura 157). È grazie a questa tecnologia semplice ma efficaceche abbiamo le immagini a colori della discesa del modulo lunare versola Luna e quelle di Neil Armstrong mentre effettua il primo passo sulsuolo lunare e pronuncia la sua celeberrima frase.

Gran parte della prima escursionelunare (86 minuti su 131) fu ripre-sa a colori con questo sistema,inizialmente a cadenza normale epoi al ritmo di un fotogramma alsecondo per risparmiare pellicola.

Ciascuna cartuccia ne contenevainfatti solo 39,6 metri, sufficientiper riprendere poco più di tre mi-nuti e mezzo a cadenza normale(24 fotogrammi al secondo): ridu-cendo la cadenza si aumentava ladurata, ottenendo però immaginidai movimenti meno fluidi e piùa scatti. Alcuni esempi delle im-magini di questa cinepresa sonovisibili nelle Figure 34, 87 e 141.

Figura 156. La cinepresa Maurer 16mmusata a bordo del modulo di comando

dell'Apollo 11. Fonte: Smithsonian NationalAir and Space Museum.

Figura 157. La cinepresa Maurer in posizioneprima dello sbarco sulla Luna dell'Apollo 11.

Dettaglio della foto AS11-36-5389.

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Nelle missioni successive la cine-presa fu portata sul suolo lunare:l'Apollo 12 e 14 la collocarono sulporta-attrezzi mobile, mentre lemissioni 15, 16 e 17 la montaronosulla jeep lunare (Figura 158, chepermette di notare le dimensionidavvero ridotte della cinepresa).

Tutte queste riprese sono oggi di-sponibili in media risoluzione viaInternet e in alta risoluzione suiDVD e Blu-ray pubblicati dallecase di produzione specializzate,come la Spacecraft Films.

Le telecamere ApolloTrasmettere immagini televisive dallo spazio e dalla Luna comportavadue sfide tecnologiche mai affrontate prima. Una era realizzare una tele-camera che funzionasse nel vuoto e con sbalzi termici fortissimi fra lucee ombra, sopportasse le violente vibrazioni del decollo e avesse dimen-sioni e pesi talmente ridotti, rispetto ai colossi dell'epoca, da permetterea un astronauta di trasportarla e maneggiarla negli spazi ristretti dei vei-coli spaziali e sul suolo lunare. L'altra era trovare il modo di trasmetterefino a Terra un segnale televisivo in diretta da quasi 400.000 chilometri didistanza, usando soltanto l'energia elettrica disponibile a bordo del vei-colo Apollo e un impianto di trasmissione radio concepito per scopi ditutt'altro genere.

La NASA scelse di installare a bordo due telecamere differenti: una per ilmodulo di comando, da usare per le riprese interne, e una per le ripreseesterne sulla superficie della Luna. Entrambe furono fabbricate su misuradalla Westinghouse a partire dalla missione Apollo 9. Quella per internifu a colori dall'Apollo 10 in poi. La telecamera per le riprese lunari dell'A-pollo 11 (a destra in Figura 159) consumava solo 6,5 watt, misurava 28 x15 x 7,6 centimetri e pesava 3,3 chilogrammi. Per ottenere questo risulta-to di miniaturizzazione e di leggerezza fu necessario utilizzare 43 circuiti

Figura 158. A sinistra in alto, la cinepresamontata sul Rover, accanto a Charlie Duke,

durante l'addestramento per l'Apollo 16.

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Presunte anomalie in video e filmati – 137

integrati (una rarità per l'epoca) e un componente speciale, un tubo SEC(secondary electron conduction), che all'epoca era sotto segreto militare.

Fu necessario sacrificare il colore:le immagini del primo sbarco fu-rono così in bianco e nero.

Le missioni successive furono do-tate di una telecamera lunare acolori, che come quella per inter-ni usava un metodo particolareper produrre immagini a colori:un disco con filtri rossi, verdi eblu (color wheel) girava davanti alsensore, generando terne di im-magini filtrate che venivano ri-composte dagli impianti diricezione sulla Terra per ottenere icolori originali. Questo sistema era molto compatto e affidabile, ma ave-va il difetto di creare scie multicolori intorno agli oggetti in rapido movi-mento.

Risolta la miniaturizzazione, restava l'invio del segnale dalla Luna alla Ter-ra. Le limitazioni degli impianti di trasmissione di bordo consentivanouna larghezza di banda di soli 700 kHz, mentre una trasmissione televisi-va normale ne richiedeva 6000. Fu quindi necessario rinunciare al forma-to TV standard (NTSC) e adottarne uno speciale con una risoluzioneinferiore. Per l'Apollo 11 questo formato aveva 320 linee progressive e 10fotogrammi al secondo, contro le 525 linee interlacciate e i 30 fotogram-mi al secondo della normale trasmissione televisiva. C'era anche una mo-dalità “ad alta definizione”, 1280 linee e 1 fotogramma ogni secondo emezzo: fu realizzata ma non fu mai usata.

Questo rese necessario usare degli apparati per convertire il segnale rice-vuto sulla Terra allo standard televisivo normale. Mancando la tecnologiadigitale per le elaborazioni delle immagini in tempo reale, fu usato un si-stema abbastanza drastico: una telecamera standard riprese le immaginilunari mostrate su un monitor speciale ad alta persistenza. La perdita diqualità dovuta a questa conversione fu in parte compensata da alcuni di-spositivi elettronici, ma comunque la differenza fra il segnale ricevutodalla Luna e quello convertito rimase molto grande (Figure 160 e 161).

Figura 159. Stan Lebar, capo del progettodelle telecamere Apollo della Westinghouse,mostra la telecamera per interni (a sinistra)

e quella lunare dell'Apollo 11 (a destra).

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Figura 160. L'immagine convertita, trasmessa dalle reti televisive mondiali.

Figura 161. L'immagine originale ricevuta dalla Luna, fotografata dal monitorprima della conversione.

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Le escursioni delle missioni Apollo 12 e 14 usarono una telecamera a co-lori con una risoluzione inferiore, 262 linee, ma un maggior numero di fo-togrammi al secondo, ossia 30, che diventavano 20 finali per via dell'usodi gruppi di immagini filtrate per comporne una a colori.

Le missioni Apollo 15, 16 e 17 ebbero in dotazione una telecamera diffe-rente e più grande, la Ground Commanded Television Assembly (GCTA)della RCA, montata sull'auto elettrica Rover e comandata direttamenteda Terra. Questa telecamera aveva un obiettivo zoom 6x, una risoluzionedi circa 200 linee e generava 30 fotogrammi al secondo, ridotti a 20 effet-tivi dopo la conversione, come quella precedente.

Per le missioni Apollo 16 e 17 furono inoltre introdotti sistemi di elabora-zione delle immagini più sofisticati, che ridussero il rumore di fondo emigliorarono notevolmente la qualità delle trasmissioni a colori. L'elabo-razione fu realizzata dalla società privata Image Transform di North Hol-lywood, in California, alla quale le immagini ricevute dalla Luna venivanoinviate per l'elaborazione istantanea prima di distribuirle alle reti televisi-ve mondiali per la diffusione in diretta. In un certo senso, quindi, si puòdire che alcune dirette lunari furono effettivamente realizzate a Holly-wood.

Il segnale dell'Apollo 11 fu ricevutodalle grandi antenne situate in Cali-fornia (Goldstone, 64 metri di diame-tro, Figura 162) e in Australia (Parkes,64 metri, e Honeysuckle Creek, 26metri). Per le missioni successivequesti impianti furono coadiuvatidall'antenna da 26 metri installata aFresnedillas, vicino a Madrid.

Tutte le riprese televisive sono oggidisponibili via Internet e su DVD conle stesse modalità di quelle cinema-tografiche. Inoltre nel 2009 è statoeffettuato il restauro digitale della di-retta televisiva dell'Apollo 11, che harestituito alle immagini parte della loro qualità originale ed è anch'essoacquistabile su DVD.

Figura 162. L'antenna a Goldstone neglianni Sessanta.

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Ora che sono stati descritti gli aspetti salienti delle tecnologie video e ci-nematografiche disponibili agli astronauti lunari negli anni Sessanta èpossibile esaminare con maggiore cognizione di causa le varie presunteanomalie segnalate dai sostenitori delle tesi di messinscena.

La bandiera sventola nel vuotoIN BREVE: No, non sventola: dondola. E lo fa soltanto quando gli astronautila toccano o sfiorano. Il modo in cui dondola, inoltre, è diverso da quello nor-male e dimostra anzi che le riprese avvennero nel vuoto.

IN DETTAGLIO: Nelle riprese televisive lunari si nota che talvolta la ban-diera americana oscilla come se fosse stata colpita da un refolo di vento.Quindi, dicono i lunacomplottisti, c'era aria e si trattava di un set, nondella Luna, dove non c'è atmosfera.

Ci si potrebbe chiedere perché mai il set della più importante messinsce-na della storia dovrebbe avere degli spifferi e perché mai i registi sareb-bero stati così stupidi da lasciare dei ciak sbagliati che tradiscono iltrucco, ma c'è un'altra considerazione più concreta.

Osservando i video, infatti, si notache la bandiera “sventola” soltan-to quando un astronauta la scuo-te, per esempio ruotandone l'astaper conficcarla nel terreno (Figura163). Dopo che è stata piantata elasciata ad assestarsi, tutte le ri-prese di una stessa missione lamostrano spiegazzata in modoesattamente identico (Figura 87per l'Apollo 11). Inoltre quando gliastronauti lasciano l'asta dellabandiera, il drappo continua adoscillare in modo rigido e innatu-rale, senza fermarsi subito e senzacambiare forma come avviene invece in atmosfera, proprio perché nelleriprese lunari il drappo si muove nel vuoto. Confrontando i video Apollocon il movimento di una bandiera in aria si nota subito la differenza.

Figura 163. Oscillazione della bandiera nelleriprese video mentre l'astronauta ne

conficca l'asta nel suolo.

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Presunte anomalie in video e filmati – 141

La popolare trasmissione statuni-tense Mythbusters si è occupatain dettaglio di questa tesi nel2008, collocando una ricostruzio-ne fedele della bandiera lunare inuna grande camera a vuoto e ri-prendendone il dondolio sia inpresenza d'aria, sia dopo che l'a-ria era stata rimossa. La differenzaè risultata evidente: una bandiera,quando è nel vuoto, oscilla moltopiù a lungo e nel modo mostratonei video lunari. In altre parole, ilmovimento anomalo della ban-diera lunare non dimostra le tesidi messinscena ma conferma chele riprese delle escursioni sulla Luna furono davvero effettuate nel vuoto.

In un punto delle riprese video della missione Apollo 15, tuttavia, la ban-diera si muove senza che (almeno in apparenza) sia stata toccata dall'a-stronauta Dave Scott che le passa davanti. Può darsi che sia un effettoelettrostatico: Scott, camminando sulla superficie lunare (che ha una cari-ca elettrica propria di alcuni volt per via dell'effetto ionizzante dei raggiultravioletti e delle particelle provenienti dal Sole), può aver accumulatouna carica che ha attratto o respinto la bandiera, come quando si sfregasu un maglione di lana un bastoncino di plastica che poi attira capelli opezzetti di carta e respinge invece altri materiali. Il vuoto quasi perfettoin prossimità della superficie lunare, essendo altamente dielettrico (so-stanzialmente incapace di condurre correnti elettriche), facilita questo fe-nomeno, che sulla Terra, in atmosfera, sarebbe difficilmente osservabilesu un drappo così grande, che verrebbe frenato dalla resistenza dell'aria.

Un'altra ipotesi è che la bandiera sia stata sfiorata dal braccio sinistro diScott, che a causa dell'obiettivo grandangolare (che esagera la profondi-tà) sembra più lontano dal drappo di quanto sia in realtà: questo spie-gherebbe il fatto che si muove solo l'angolo inferiore del drappo. La tesidello spostamento d'aria, invece, non regge perché se così fosse la ban-diera dovrebbe muoversi ogni volta che gli astronauti le passano vicino,ma nella sequenza video integrale si vede che questo non avviene.61

61 www.youtube.com/watch?v=ymwE1sNm82Y; tinyurl.com/scott-bandiera.

Figura 164. Una bandiera viene fattaoscillare nel vuoto dalla trasmissione

Mythbusters (2008).

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142 – Luna? Sì, ci siamo andati!

Primi passi ripresi da fuori: impossibileIN BREVE: Non c'è alcun mistero nella ripresa televisiva dall'esterno del mo-dulo lunare del primo astronauta a mettere piede sulla Luna, Neil Arm-strong: esiste semplicemente perché c'era una telecamera automaticainstallata all'esterno del veicolo.

IN DETTAGLIO: Consultando la documentazione tecnica delle missioniApollo si scopre che la telecamera lunare era collocata su una staffa (Fi-gura 165) all'interno di un contenitore ribaltabile, chiamato Modular Equi-pment Storage Assembly o MESA, situato su uno dei lati della baseottagonale dello stadio di discesa del modulo lunare.

Il primo astronauta a uscire dal modulo lunare azionava, mentre era incima alla scaletta, un cavo che sganciava questo contenitore e ne con-sentiva l'apertura verso il basso per gravità, mettendo così automatica-mente in posizione la telecamera (Figura 166), che era già accesa ecollegata agli impianti di trasmissione del modulo lunare.

L'obiettivo grandangolare dellatelecamera permetteva di inqua-drare, da un punto fisso calcolatoin anticipo, la scaletta e l'astro-nauta durante la sua discesa ver-so il suolo, senza quindi averbisogno di operatori TV collocatiall'esterno.

La medesima telecamera venivapoi tolta dal suo alloggiamento emontata su un treppiede a unacerta distanza dal modulo lunare,al quale era collegata da un cavo,in modo da riprendere l'interaescursione sulla superficie dellaLuna, oppure fissata sui porta-at-trezzi o sull'auto elettrica lunare.

Nel caso dell'Apollo 12, tuttavia, la telecamera fu puntata per errore versoil Sole poco dopo l'inizio della prima escursione e non poté quindi forni-re immagini accettabili.

Figura 165. La telecamera lunare montatasottosopra sulla sua staffa nel MESA.

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Presunte anomalie in video e filmati – 143

La telecamera era montata sottosopra nel proprio alloggiamento all'in-terno del MESA e quindi le immagini della discesa lungo la scaletta veni-vano trasmesse rovesciate. I tecnici sulla Terra rovesciavano di nuovol'immagine per diffonderla con l'orientamento corretto, ma all'inizio delladiretta dell'Apollo 11 si dimenticarono momentaneamente quest'incom-benza, per cui i primi istanti della trasmissione risultarono capovolti.

Figura 166. Il simulatore per l'addestramento degli astronauti mostra il contenitoreribaltabile MESA e il suo alloggiamento della telecamera (indicata dalla freccia), in

posizione per riprendere la discesa dalla scaletta.

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Decollo dalla Luna ripreso da fuori: impossibileIN BREVE: Non è impossibile: semplicemente, il video della ripartenza delmodulo lunare dalla Luna fu ripreso automaticamente dalla telecamera co-mandata da Terra.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacom-plottisti e semplici dubbiosi sichiedono chi mai sarebbe rima-sto sulla Luna per riprendere ildecollo del modulo lunare.

La risposta è semplice: la teleca-mera era montata sul Rover (l'au-to lunare), parcheggiata a circa 90metri dal veicolo spaziale, versoest, proprio per questo motivo, edera radiocomandata da un opera-tore sulla Terra. Infatti la teleca-mera era appunto denominataGround Controlled Television As-sembly, ossia “apparato televisivocontrollato da terra”.

Ci sono in realtà tre riprese deldecollo, effettuate rispettivamen-te durante le missioni Apollo 15,16 e 17. La documentazione NASAnota che fu calcolato un anticipodi circa due secondi nell'invio deicomandi per far alzare e zoomarela telecamera in modo da seguireil modulo lunare che si arrampi-cava in cielo.

Il segnale, infatti, impiegava circa due secondi per viaggiare dal centro dicontrollo di Houston fino ai trasmettitori dislocati in vari punti del mon-do e poi coprire la distanza Terra-Luna alla velocità della luce. Nella ripre-sa dell'Apollo 15 la telecamera rimase immobile; in quella dell'Apollo 16tentò di seguire la salita del modulo lunare ma non vi riuscì. La ripresadell'Apollo 17 riuscì invece perfettamente.

Figura 167. Decollo dalla Luna dello stadio dirisalita del modulo lunare dell'Apollo 17.

Figura 168. Animazione della ripresa deldecollo del modulo lunare, tratta daldocumentario Live from the Moon

(Spacecraft Films).

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La telecamera trasmise le immagini direttamente verso la Terra mediantel'antenna parabolica montata sulla jeep lunare, come aveva fatto per tut-ta la durata delle escursioni degli astronauti. L'intero apparato era ali-mentato autonomamente da batterie, per cui continuò a trasmettereanche dopo la partenza degli astronauti, inviando a lungo immagini delpaesaggio lunare, di nuovo immobile e privo di vita dopo la breve visitadell'uomo.

Gli astronauti si rialzano aiutati da caviIN BREVE: È vero che nei video si vede che gli astronauti, quando cadono, sirialzano con incredibile facilità, come se fossero sollevati da cavi invisibili.Ma lo fanno perché sulla Luna pesano in tutto meno di 30 chili. Il movimen-to sembra strano perché non ci si rende conto che lo zaino sposta il baricen-tro indietro e in alto.

IN DETTAGLIO: Gli astronauti, sulla Luna, pesavano un sesto del normale.Zaino e tuta pesavano circa 81 chili in tutto sulla Terra, per cui sulla Lunapesavano 13,5 chili, e anche l'astronauta aveva un peso fortemente ridot-to: un uomo di 80 chili sulla Luna è un fuscello da 13 chili.

Tutto compreso, insomma, unastronauta pesava una trentina dichili. Non c'era quindi motivo difar fatica a rialzarsi.

La manovra sembra insolita per-ché oltre alla gravità ridotta c'è ilfatto che l'astronauta porta unozaino piuttosto pesante in pro-porzione al proprio peso corpo-reo (sulla Terra, lo zaino PLSSpesa 26 chili; sulla Luna ne pesa4,3), per cui il suo baricentro èspostato. Per questo gli astronauticamminano pendendo in avanti, come chi trasporta sulle spalle un caricodi legna in montagna.

Ipotizzare l'uso di cavi, inoltre, è ridicolo perché ci sono riprese continua-tive che durano decine di minuti, durante i quali gli astronauti cambiano

Figura 169. Un astronauta si rialzaspingendosi con le braccia dopo una caduta

in avanti.

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direzione e posizione ripetutamente. Come avrebbero fatto a non ingar-bugliarsi questi ipotetici cavi?

Inoltre nella tesi dei cavi c'è il problema che molte delle inquadraturesono ampie, per cui gli ipotetici cavi avrebbero dovuto avere lunghezzeenormi per non far vedere l'argano che li reggeva.

Si vede il bagliore dei cavi che reggonogli astronautiIN BREVE: Sì, ogni tanto si vedono nei vi-deo dei bagliori allungati sopra le testedegli astronauti. Ma non si tratta dei filiche li reggono e che diventano momenta-neamente visibili riflettendo la luce. Inrealtà è semplicemente il riflesso dell'an-tenna montata sopra lo zaino oppure undifetto creato dalla compressione e con-versione ripetuta dei video.

IN DETTAGLIO: Il bagliore momentaneoche compare sopra le teste degli astro-nauti in alcune riprese non è un riflesso di ipotetici cavi per simulare lagravità ridotta: di solito è un riflesso dell'antenna radio montata sullo zai-no degli astronauti. Essendo piatta e lucida, tende a non essere visibilequando è di taglio e poi ricompare, riflettendo la luce, quando l'astronau-ta si gira (Figura 170).

Il bagliore è spesso colorato di blu, rossoo verde perché questi erano i colori pri-mari dei filtri rotanti delle telecamere acolori lunari (Figura 171). Questi filtri siavvicendavano rapidamente, creandoimmagini monocromatiche che veniva-no ricomposte a Terra per riottenere ilcolore. Questo sistema aveva quindi ildifetto che se un oggetto comparivasolo per un istante veniva colto da unosolo dei filtri e ne assumeva il colore.

Figura 170. Un bagliore coloratosopra la testa di un astronauta.

Figura 171. Il filtro rotante coloratodella telecamera lunare.

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In altre occasioni si tratta di artefatti di compressione, ossia errori e falsidettagli causati dalla conversione ripetuta dei video da un formato all'al-tro, per esempio per la pubblicazione su Youtube: è un effetto che sinota in qualunque video copiato e convertito ripetutamente. I video ori-ginali delle missioni lunari, ai quali bisogna sempre fare riferimento perqualunque analisi invece di basarsi su copie sgranate e riconvertite chis-sà quante volte, non presentano questi fenomeni.

I salti degli astronauti sono troppo miseriIN BREVE: Non sono miseri rispetto alla gravità ridotta: semplicemente gliastronauti erano bardati in una tuta che raddoppiava la loro massa ed eraben poco flessibile, per cui non potevano darsi molto slancio. Inoltre sullaLuna si riduce il peso, ma non la massa, e non c'era motivo di rischiare inci-denti mortali con salti esagerati.

IN DETTAGLIO: Uno dei balzi più ce-lebri e citati è quello di John Youngdurante il saluto alla bandiera, nellamissione Apollo 16. La Figura 172mostra un fotogramma del video; lafotografia corrispondente è visibilein Figura 152. I sostenitori della mes-sinscena ritengono che questo saltosia stranamente modesto. Eppuresulla Luna gli astronauti dovrebberopoter compiere salti enormi, vistoche pesano un sesto del normale.Forse i cavi non riuscivano a tirarli suabbastanza in fretta?

La spiegazione sta in un insieme di ragioni. Primo, l'astronauta indossauna tuta e uno zaino che sulla Terra pesano complessivamente 80 chili,ossia quanto l'astronauta stesso. È vero che sulla Luna pesano un sesto,ossia circa 13 chili, ma si tratta comunque di zavorra che riduce la possi-bilità di salto.

Secondo, nello spazio e sulla Luna si riduce il peso, ma non la massa (unconcetto che ci viene ricordato quando tentiamo di far cambiare direzio-

Figura 172. John Young salta mentresaluta la bandiera e Charlie Duke lo

fotografa.

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ne a un carrello della spesa pieno di acquisti). Quindi l'astronauta che sal-ta deve comunque vincere l'inerzia di tutti e 80 i chili della tuta e dellozaino, oltre a quella del proprio corpo, proprio come sulla Terra.

Terzo, si tratta di un salto eseguito dafermi, senza rincorsa (Figura 173),cosa che anche sulla Terra limita l'al-tezza raggiungibile.

Quarto, la tuta è molto rigida e impe-disce di muovere rapidamente gam-be e braccia per darsi slancio.

Quinto, l'astronauta è sulla Luna, cir-condato dal vuoto. Rischia di moriresoffocato se cade e si rompe il cascoo si danneggia lo zaino contenentel'ossigeno e i sistemi di controllo della temperatura oppure si strappa latuta. In queste condizioni, magari è meglio non fare tentativi di saltotroppo esagerati.

Infatti l'errore dei lunacomplottisti è di considerare il salto di Youngcome il massimo possibile, quando in realtà era semplicemente il mini-mo indispensabile per scattare una foto insolita dell'astronauta che salu-ta la bandiera mentre è apparentemente sospeso a mezz'aria. In altri casii salti furono molto più significativi.

Per esempio, nei resoconti della missione Apollo 11 l'astronauta Neil Arm-strong riferì di aver effettuato un salto che gli permise di raggiungere ilterzo piolo della scaletta del modulo lunare, che stimò trovarsi a 150-180centimetri dal suolo.62 Questo balzo è visibile nelle registrazioni della di-retta televisiva della sua missione.

Ma ad Armstrong non parve opportuno fare troppi esperimenti in talsenso: notò infatti che c'era “una tendenza a rovesciarsi all'indietro durantei salti alti. Una volta quasi caddi, e decisi che ne avevo avuto abbastanza”.63

Una caduta all'indietro avrebbe infatti comportato il rischio di causareavarie allo zaino sulla schiena dell'astronauta, con il risultato di dover in-terrompere l'escursione prima del previsto.

62 Apollo 11 Technical Crew Debriefing, 31 luglio 1969, in The NASA Mission Reports - Apollo 11,Volume 2, pagina 89.

63 ibid., pagina 76.

Figura 173. John Young un istante primadel salto senza rincorsa.

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Il ciak sbagliato dello sbarco sulla LunaIN BREVE: C'è un video in cui si vede Neil Armstrong che scende la scaletta,pronuncia la sua famosa frase, ma sullo sfondo cade un traliccio che regge-va dei riflettori fuori dall'inquadratura e il regista grida “Stop!”. Non è la pro-va che i video furono falsificati e non è una delle riprese sbagliate, trapelataper errore: si tratta semplicemente di un video pubblicitario girato nel 2002.

IN DETTAGLIO: Il video, riconoscibiledalla dicitura in sovrimpressioneMoontruth.com, è in realtà una burlagirata nel 2002 dall'agenzia pubblici-taria londinese The Viral Factory perfarsi conoscere.

Il sito Moontruth.com oggi è un gu-scio vuoto, ma nel 2002 era gestitoda quest'agenzia, come risulta daidati d'intestazione (whois) raccolti al-l'epoca, e conteneva una paginascritta in modo da far credere che il video fosse un “ciak” sbagliato delleriprese dell'Apollo 11. C'era però anche una pagina nascosta che spiegavala burla. Eccone una traduzione:

Abbiamo girato usando una telecamera a tubo Ikegami origi-nale degli anni Sessanta, presso i Mount Pleasant Studios, aLondra. La persona nella tuta spaziale è un attore. Il resto del“cast” è praticamente la troupe, che ha pensato che si trattas-se di un'idea molto divertente e ne voleva fare parte.

Il veicolo di allunaggio e il “paesaggio lunare” erano un set co-struito dal nostro art director, Richard Selway. La scaletta lun-go la quale scende “Neil” è stata realizzata in base ai disegnitecnici originali scaricati da Internet. Il resto del set è stato co-struito in modo da rispecchiare l'originale il più fedelmentepossibile.

La superficie lunare era polvere di cemento. Era disgustosa.Anche tenendo al massimo la ventilazione dello studio, si in-trufolava dappertutto, e a un certo punto ne fluttuava così

Figura 174. Un fotogramma dal videopubblicitario Moontruth.

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tanta che le luci producevano una quantità di riflessi indeside-rati.

Il filmato è stato elaborato durante la post-produzione perdare a “Neil” la sua leggerezza e l'effetto cometa dell'originale.Abbiamo riregistrato ed elaborato l'audio per ricreare l'effettodel suono che arriva dalla luna.

Pensiamo sia piuttosto convincente, e una cosa è certa: è co-stato molto meno che andare davvero sulla Luna.

Queste spiegazioni sono oggi archiviate presso Archive.org e documen-tate in dettaglio nel sito Complottilunari.info.64

La vedova di Kubrick e altri hanno confessatoIN BREVE: Ci sono dei video in cui l'astronauta Aldrin, l'ex segretario di statoamericano Kissinger, il segretario alla difesa Donald Rumsfeld, la vedova delcelebre regista Stanley Kubrick e altri confessano che gli sbarchi furono unamessinscena. Ma le “confessioni” sono in realtà tratte da un documentario-parodia francese, Opération Lune (Dark Side of the Moon, OperazioneLuna)65, di William Karel, trasmesso dalla rete televisiva Arte nel 2002.

IN DETTAGLIO: Le “confessioni” sonoin realtà brani estratti da un docu-mentario-parodia del 2002, Opéra-tion Lune di William Karel, il cuiscopo è ricordare allo spettatore chela televisione va sempre guardatacon occhio critico, senza fermarsi allasuperficialità delle immagini tolte dalcontesto e senza fidarsi dell'apparen-te autorevolezza attribuita ai perso-naggi celebri. Infatti se si guardanocon attenzione i brani ci si accorgedelle assurdità dette dai protagonistie si nota che alcuni dei nomi citati

64 tinyurl.com/moontruth-burla.65 www.imdb.com/title/tt0344160/.

Figura 175. I titoli di testa deldocumentario Operazione Luna di

William Karel (Arte TV, 2002).

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sono presi di peso dal mondo della finzione cinematografica e specifica-mente dai film di Stanley Kubrick, come Jack Torrance (da Shining) e Da-vid Bowman (da 2001 Odissea nello spazio).

Altri nomi provengono da altri classici del cinema, come nel caso di EveKendall e George Kaplan, che sono nomi tratti da Intrigo internazionale diHitchcock; di Marla Vargas, che è il nome di Ava Gardner in La contessascalza di Mankiewicz; di Ambrose Chapel, che è il nome intorno al qualeruota la vicenda de L'uomo che sapeva troppo di Hitchcock; e di W.A. Koe-nigsberg, che è un'allusione a Woody Allen, le cui iniziali sono W.A. e ilcui vero nome è Allen Stuart Koenigsberg.

Inoltre nei titoli di coda del documentario ci sono i “fuori scena” e le pa-pere dei vari intervistati che si sono prestati alla parodia e chiedono sesono stati credibili nel recitare le battute.

Vari spezzoni di Operazione Luna circolano su Youtube, tolti dal propriocontesto, e vengono spesso presi per veri dai lunacomplottisti che si fer-mano alla visione superficiale e non fanno alcun controllo di veridicità,dimostrando in pieno la tesi del documentario-parodia.

La NASA ha “smarrito” i nastri della diretta TVIN BREVE: No: la NASA nel 2009 ha ammesso di aver perso le registrazionidirette del primo sbarco sulla Luna, quelle di migliore qualità, ma non hasmarrito le registrazioni di qualità normale (quelle trasmesse in TVall'epoca). La versione di migliore qualità era registrata in un formato videospeciale su costosi nastri di telemetria, che furono cancellati qualche annodopo per riciclarli, perché si pensava che non servissero e le immagini nonfossero convertibili in modo migliore di quanto già fatto. I nastri perduti noncontengono riprese inedite o differenti da quelle che già conosciamo.

IN DETTAGLIO: Come descritto nella premessa tecnica di questo capito-lo, per ottenere la diretta sgranata del primo sbarco sulla Luna furononecessarie acrobazie tecnologiche stravaganti, in un'epoca in cui la TVera tutta analogica, senza elaborazioni computerizzate. Si dovette usareuna telecamera in formato non standard e poi convertirne il segnale perla trasmissione mondiale.

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La NASA registrò questo segnaleconvertito su bobine di nastro vi-deo normali della miglior qualitàdisponibile allora, e questi nastrici sono ancora (Figura 176).

Il segnale diretto dalla Luna, inve-ce, non era registrabile usandoapparecchi standard, per cui la NASA lo registrò su una traccia dei nastridi telemetria della missione. Ma così facendo, i nastri contenenti le im-magini televisive di massima qualità furono etichettati come normale te-lemetria e archiviati insieme a tutti gli altri. Alcuni anni dopo la fine delprogetto Apollo, la telemetria archiviata fu dichiarata non più utile e lesue costose bobine di nastro furono mandate alla cancellazione per es-sere riutilizzate.

Infatti la prassi della NASA, come tanti enti grandi e piccoli, era di cancel-lare e riusare le bobine di nastro magnetico delle telemetrie dopo cheerano passati alcuni anni e il progetto che le aveva generate era termina-to. Alla fine del progetto Apollo, la telemetria fu quindi mandata al riciclo,e con essa furono cancellate le immagini migliori della diretta.

Sono questi i nastri lunari perduti: non contenevano immagini differentio aggiuntive rispetto a quelle disponibili nelle videoregistrazioni che tut-ti conosciamo, ma ci avrebbero offerto immagini decisamente migliori, intermini di dettaglio e nitidezza, di quel momento irripetibile (Figura 177).

Va detto che all'epoca era tecnicamente impensabile poter estrarre daquei nastri una versione migliore di quella già convertita e oggi dispo-

Figura 176. Una delle bobine video originalidella missione Apollo 11. Credit: DC Video.

Figura 177. A sinistra, la diretta TV come fu trasmessa; a destra, l'originale prima dellaconversione, in un'immagine ottenuta fotografando il monitor del ricevitore.

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nibile (l'elaborazione digitale delle immagini era ancora agli albori), edè per questo che non fu data loro molta importanza. Inoltre alcunispezzoni delle immagini originali sono disponibili grazie alle ripreseamatoriali su pellicola effettuate all'epoca da uno dei tecnici, Ed vonRenouard, ed è possibile che riemergano copie non ufficiali di quellestoriche trasmissioni.

È pubblicamente disponibile il rapporto della NASA sulla ricerca dei na-stri contenenti la registrazione video diretta (non convertita) dell'escur-sione lunare dell'Apollo 11.66 Per fare ammenda, la NASA ha incaricato lasocietà di restauro cinematografico Lowry Digital di ripulire e ricom-porre le videoregistrazioni migliori recuperate dagli archivi. Ma rimaneil rammarico per l'occasione perduta.

Gli astronauti finsero di riprendere la Terrada lontanoIN BREVE: No, erano realmente lontani dalla Terra. Se avessero finto di es-serlo, inquadrando la Terra attraverso un finestrino circolare che fungesse damascherino come asseriscono i lunacomplottisti, nel video le nubi cambie-rebbero in continuazione; invece restano invariate.

IN DETTAGLIO: Nel suo video AFunny Thing Happened on theWay to the Moon, il lunacomplot-tista Bart Sibrel presenta un videoche a suo dire sarebbe segreto einedito e mostrerebbe gli astro-nauti dell'Apollo 11 mentre simu-lano una ripresa concepita per farsembrare che siano lontani dallaTerra, visibile come una sfera so-spesa nel cielo (Figura 178).

Secondo Sibrel, nel video gliastronauti sono invece ancora in

66 tinyurl.com/nastriperduti1; tinyurl.com/nastriperduti2.

Figura 178. Un fotogramma del video chesecondo Sibrel dimostra una falsificazione.

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orbita bassa intorno alla Terra, al di sotto delle fasce di Van Allen, e han-no oscurato completamente la cabina del modulo di comando e colloca-to la telecamera in modo che inquadri da lontano un finestrino circolaredel modulo di comando. In questo modo, dice Sibrel, il finestrino mostrasoltanto una porzione circolare della Terra vicina, che così avrebbe datol'impressione di essere una sfera: le pareti oscurate della cabina avrebbe-ro simulato l'oscurità dello spazio.

In realtà il video non è affatto segreto e inedito: si tratta di una serie ditrasmissioni televisive a colori, effettuate dagli astronauti Apollo duranteil viaggio verso la Luna, rispettivamente 10 ore e mezza e 34 ore dopo ildecollo, quando si trovavano a circa 94.500 e 240.000 chilometri dallaTerra. La serie è disponibile integralmente da tempo nei DVD della Spa-cecraft Films dedicati alla missione Apollo 11. La versione presentata daSibrel è invece tagliata ad arte, rimontandola fuori sequenza. Quella com-pleta mostra semplicemente gli astronauti che si esercitano per effettua-re una trasmissione televisiva durante il viaggio: provano inquadrature eregolazioni dell'esposizione, come si sente ascoltando i loro dialoghi conil Controllo Missione, disponibili nell'Apollo Flight Journal.

Inoltre il trucco asserito da Sibrel non potrebbe funzionare: se la capsulaApollo fosse stata in orbita bassa intorno alla Terra, avrebbe avuto sottodi sé, e quindi mostrato, porzioni continuamente differenti del pianetanel giro di pochi minuti. Invece nel video integrale si vede che le nuvolesono sempre le stesse anche per quindici minuti di seguito.

Nel decollo dalla Luna manca la fiammatadel motoreIN BREVE: Manca perché è giusto che manchi: la combustione dello specia-le propellente del modulo lunare non produce fiammate.

IN DETTAGLIO: Secondo il documentario Did We Land on the Moon?, neivideo del decollo del modulo lunare dalla Luna si dovrebbe vedere lafiammata del motore del veicolo che s'accende per sollevarlo: ma nonc'è, quindi la ripresa della partenza dalla Luna dev'essere stata simulata.

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In realtà la fiammata non c'è perla semplice ragione che non cideve essere. Infatti non tutti ipropellenti producono una fiam-mata visibile quando reagiscono.

In particolare, il modulo lunareutilizzava una miscela di Aerozi-ne 50 (50% idrazina, 50% dimetilidrazina asimmetrica) e tetrossi-do di diazoto (più comunementedenominato ipoazotide), due so-stanze cosiddette ipergoliche, os-sia sostanze che reagisconoinnescandosi spontaneamentenon appena vengono a contattol'una con l'altra.

Il prodotto della combustione diqueste sostanze è incolore e tra-sparente: per questo non c'è unafiammata sotto il modulo lunareche decolla. Chi non è espertodel settore forse si aspetta che cidebba sempre essere una fiam-mata perché è quello che vedenel decollo dei grandi missili sul-la Terra. Ma quei missili usanopropellenti molto differenti emeno tossici di quelli ipergolici.

I propellenti usati dal modulo lu-nare erano adoperati anche daaltri veicoli spaziali, come i vetto-ri Titan: infatti i loro lanci nonproducevano fiammate (Figura179). Questo stesso genere dipropellente è stato usato per de-cenni anche per i motori di manovra della navetta spaziale, perché con-sente di realizzare propulsori estremamente semplici e affidabili.

Figura 179. Decollo del vettore Titan cheporta la capsula Gemini 12, 11 novembre

1966. Si notano lo scarico dei motoripressoché incolore e l'assenza di fiamme.

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TV a colori dallo spazio ma non dalla LunaIN BREVE: L'Apollo 11 trasmise immagini televisive a colori durante il viag-gio nello spazio ma in bianco e nero dalla Luna, ma non per nasconderemeglio i trucchi usati per simulare l'escursione lunare. Semplicemente, il mo-dulo di comando aveva un impianto di trasmissione e un'antenna che pote-vano far arrivare a terra un buon segnale a colori, mentre quelli del modulolunare erano molto meno potenti.

IN DETTAGLIO: La missione Apol-lo 11 effettivamente trasmise im-magini televisive in diretta acolori sia durante il tragitto versola Luna (Figura 180), sia mentreera in orbita intorno alla Luna. Male riprese televisive dell'escursio-ne lunare furono in bianco enero.

Bart Sibrel asserisce, in A FunnyThing Happened on the Way to theMoon, che le immagini monocro-matiche e meno nitide servironoa celare gli effetti speciali utilizza-ti per la messinscena.

La vera ragione è che le trasmis-sioni a colori furono realizzate utilizzando la telecamera e gli impianti ditrasmissione installati a bordo del modulo di comando, che rispetto almodulo lunare aveva a disposizione molta più energia ed era dotato diun'antenna di trasmissione assai più grande. Il modulo di comando eraalimentato con celle a combustibile, mentre il modulo lunare aveva sol-tanto batterie. Questo permetteva di usare più potenza per generare ilsegnale televisivo trasmesso. Inoltre gli impianti di trasmissione del mo-dulo lunare non avevano la larghezza di banda sufficiente per inviare unsegnale a colori; quelli del modulo di comando sì.

Non sarebbe stato possibile usare il modulo di comando come ripetitorepiù potente, perché il modulo orbitava intorno alla Luna ogni due orecirca e quindi spesso non era a portata del modulo lunare o della Terra odi entrambi.

Figura 180. Buzz Aldrin ripreso dallatelecamera a colori del modulo di comandomentre si trova nel modulo lunare, durante il

viaggio verso la Luna dell'Apollo 11.Immagine S69-39532.

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Presunte anomalie in video e filmati – 157

Set televisivi riciclatiIN BREVE: Ci sono due video della missione Apollo 16 che secondo la NASAfurono ripresi in luoghi e giorni differenti, eppure il paesaggio e il terreno in-torno agli astronauti sono identici. Non è un set riciclato: qualcuno ha alte-rato i video applicandovi un audio differente da quello originale, cosìsembrano ripresi in momenti diversi, ma in realtà le immagini fanno parte diun'unica ripresa ininterrotta e si riferiscono a eventi separati soltanto da set-te minuti, non da un giorno intero, e avvengono nello stesso luogo.

IN DETTAGLIO: Il video The RocksCry Out: Apollo 16 Anomaly di BartSibrel e il documentario della FoxDid We Land on the Moon? accusa-no la NASA di aver utilizzato lastessa scenografia per due luoghidifferenti della missione Apollo16, situati a quattro chilometri didistanza l'uno dall'altro e oltretut-to visitati in due giorni differenti(Figure 181 e 182).

Il primo spezzone (Figura 181),quello in cui si vede un soloastronauta, viene presentato dallaFox con la dicitura “Day One”(“primo giorno”). Il secondo (Figu-ra 182), che mostra due astronau-ti, reca la dicitura “Day Two”(“secondo giorno”), ma il luogo èindubbiamente lo stesso e anchel'inquadratura è uguale.

Secondo la Fox, la NASA ha di-chiarato che il secondo video è ri-ferito al secondo giorno e fu ripreso “a due miglia e mezzo di distanza”(circa 4 chilometri) dal luogo visitato il giorno precedente. In effetti esisteuna videocassetta pubblicata dalla NASA, intitolata ironicamente “No-thing So Hidden...” (“Nulla così nascosto...”), che contiene queste afferma-zioni. Tutto sembra indicare una prova inoppugnabile di falsificazione.

Figura 182. Un fotogramma del secondospezzone contestato.

Figura 181. Un fotogramma del primospezzone contestato dalla Fox e da Sibrel.

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Ma esaminando le copie integrali delle trasmissioni televisive della mis-sione Apollo 16 (per esempio quelle distribuite in DVD dalla SpacecraftFilms) si scopre che qualcosa non torna nella tesi della Fox e di Sibrel.

Innanzi tutto, emerge inequivocabilmente che i due spezzoni di videomostrati dalla Fox non sono riferiti a due giorni differenti, ma fanno inrealtà parte di una singola sequenza ininterrotta, ripresa durante il se-condo giorno di escursione in un unico luogo, e sono separati da pocopiù di sette minuti, non da un intero giorno: appaiono rispettivamente a144 ore e 48 minuti e a 144 ore e 55 minuti nella cronologia della missio-ne lunare.

In secondo luogo, l'audio non corrisponde. Le frasi pronunciate nei videopresentati dai lunacomplottisti si riferiscono a momenti completamentedifferenti rispetto alle immagini mostrate.

Infatti consultando le trascrizioni NASA (Technical Air-to-Ground VoiceTranscripts) risulta, per esempio, che la frase “Well, I couldn't pick a betterspot” (“Be', non avrei potuto scegliere un punto migliore”), fatta sentire dallaFox sul primo spezzone, proviene in realtà dall'escursione del primo gior-no a 123 ore e 58 minuti. Le due frasi udibili sul secondo spezzone, ossia“That is the most beautiful sight” (“È una visione bellissima”) e “It's absolute-ly unreal!” (“È assolutamente irreale”), provengono rispettivamente da 124ore e 3 minuti e da 144 ore e 16 minuti.

Tirando le somme: un'unica sequenza di sette minuti è stata erronea-mente descritta come se si trattasse di due riprese separate girate a ungiorno di distanza e in luoghi differenti; a queste due riprese è stato ap-plicato un audio sbagliato che si riferisce a momenti del tutto diversi (indue casi riguardano addirittura il giorno precedente).

Si tratta, in altre parole, soltanto di un errore di montaggio commesso inun documentario della NASA ma assente nelle registrazioni video origi-nali integrali, che sono quelle che fanno testo. Un errore sul quale i soste-nitori delle tesi di messinscena hanno imbastito una presunta provaperché non si sono presi la briga di andare a fondo e verificare presso lefonti originali, nelle quali non c'è nessuna contraddizione.

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Presunte anomalie tecnologiche – 159

Presunte anomalietecnologiche

Discutere con chi dice che gli sbarchi lunari furono falsificati in uno stu-dio cinematografico è abbastanza facile se le argomentazioni proposteriguardano presunte anomalie nelle fotografie e nelle riprese video,come abbiamo visto nei capitoli precedenti: di norma bastano tempo, ra-gionamento e buon senso, insieme a un po' di esperienza fotografica,per capire dove sta l'errore del lunacomplottista.

Le cose cambiano quando il dibattito si sposta sulle presunte impossibili-tà o stranezze di natura tecnologica riguardanti le missioni Apollo. Inquesto caso è facile imbattersi in obiezioni che non si smontano senzauna preparazione tecnica e storica accurata.

Nessuno ha più messo piede sulla LunaIN BREVE: Vero, ma questo non vuol dire che sia impossibile farlo oggi o chefosse impossibile farlo allora: vuol dire semplicemente che andare sulla Lunacosta tantissimo, è molto pericoloso, e oggi nessuno lo vuole fare perché nonc'è più la motivazione politica che giustificò il rischio di vite umane e la spe-sa negli anni Sessanta. La Guerra Fredda non c'è più, l'Unione Sovietica nep-pure, e sulla Luna ci siamo già andati, per cui la motivazione è davveroscarsa.

IN DETTAGLIO: Se davvero era possibile andare sulla Luna con la tecno-logia degli anni Sessanta, perché non ci torniamo? Alcuni lunacomplotti-sti insinuano, con questa domanda, che andare sulla Luna adessorivelerebbe che non ci siamo mai andati; altri rincarano la dose dicendoche ancor oggi è tecnicamente impossibile farlo, figuriamoci se lo eraquarant'anni fa. Ma ci sono anche persone semplicemente dubbiose chesi chiedono perché non si ripete l'impresa con i mezzi ben più modernidi oggi.

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La risposta è semplice: portare degli astronauti sulla Luna è molto diffici-le, costa moltissimo ed è estremamente pericoloso, e non c'è più nessu-na motivazione politica per spendere fiumi di denaro e rischiare viteumane in questo modo.

All'epoca c'era da battere il regime sovietico ed era imperativo riconqui-stare il prestigio politico e tecnologico degli Stati Uniti: oggi no. Neglianni Sessanta i politici finanziarono il programma lunare con circa 150miliardi di dollari di oggi e le vite degli astronauti furono considerate sa-crificabili per la patria, per cui furono fatti molti compromessi tecnici cheaumentarono le possibilità di fallimento.

Per esempio, l'Apollo 12 fu lancia-ta durante un temporale, finendoper essere colpita da due fulminiche quasi costarono la vita all'e-quipaggio (Figura 183).

Il modulo lunare aveva un solomotore per la discesa e un solopropulsore per la risalita dallaLuna, e anche il modulo di co-mando e servizio doveva contaresu un singolo motore: se fallivano,gli astronauti erano spacciati.

Le manovre più delicate di rendezvous dovevano essere effettuate intor-no alla Luna, anziché vicino alla Terra, per ridurre il peso del veicolo: cosìse l'incontro del modulo lunare con il modulo di comando e servizio falli-va, non c'era un secondo tentativo e non c'erano possibilità di soccorso.

Ogni missione ebbe la propria generosa dose di guasti e crisi sfiorate, el'Apollo 13 subì un'esplosione a bordo che obbligò a rinunciare alla mis-sione: se fosse avvenuta durante il ritorno dalla Luna, anziché all'andataquando le provviste di bordo erano al massimo e il modulo lunare eraancora disponibile come scialuppa, l'esito sarebbe stato inesorabilmentemortale. Gli astronauti Apollo furono molto fortunati.

Oggi il budget della NASA è quasi dimezzato rispetto ad allora,67 le nor-me di sicurezza sono molto più severe e la perdita di un equipaggio è

67 In dollari rivalutati al 2010, il totale dei budget NASA nel periodo 1963-1969 fu 209,2 miliardi;nel periodo 2003-2009 è stato pari a 113,1 miliardi.

Figura 183. Un fulmine colpisce la rampa dilancio dell'Apollo 12 al decollo. Foto NASA

S69-60068.

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politicamente assai meno accettabile. La corsa per superare i sovietici èfinita da un pezzo, per cui si effettuano missioni di scienza anziché diprestigio, meno costose e rischiose, usando sonde automatiche che han-no riportato grandissimi successi scientifici in tutto il sistema solare e li-mitando i voli spaziali umani a soste in orbita terrestre, per esempio pervisitare la Stazione Spaziale Internazionale.

Inoltre non c'è, al momento, nessuna motivazione tecnica o scientificasufficiente per un ritorno alla Luna con astronauti, e per gli Stati Uniti sitratterebbe di rifare qualcosa che è già stato fatto.

Se la cosa sembra assurda, si può considerare un altro esempio di spedi-zione esplorativa verso luoghi mai raggiunti prima che poi non fu più ri-petuta per decenni: quella per raggiungere il Polo Sud. I primi uomini araggiungere il Polo Sud geografico furono Roald Amundsen e la suasquadra, il 14 dicembre 1911, seguiti 34 giorni dopo da Robert Scott e isuoi uomini, che perirono durante il viaggio di ritorno. Poi più nessunomise piede al Polo Sud per ben 45 anni, fino al 31 ottobre 1956, quandol'ammiraglio della Marina degli Stati Uniti George J. Dufek vi atterrò conun aereo.

I russi non ci provarono: sapevano che eraimpossibileIN BREVE: No, ci provarono eccome. Solo che il loro grande razzo vettore N1,progettato appositamente per la missione lunare, aveva una spiacevole ten-denza a esplodere. Per cui il progetto fallì, gli americani arrivarono primi, e ilpiano lunare sovietico fu abbandonato e tenuto segreto per non ammetterel'imbarazzo, come descritto nel capitolo La corsa alla Luna. Ma la documen-tazione è rimasta.

IN DETTAGLIO: Un complotto lunare in realtà ci fu, ma non quello di cuitanto parlano i cospirazionisti spaziali. Fu quello sovietico per far sparireogni traccia di aver tentato di raggiungere la Luna con un equipaggio,sia per circumnavigarla prima che lo facessero gli americani con l'Apollo8, sia per atterrarvi per primi con un cosmonauta.

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Il progetto L1 di circumnavigazio-ne aveva due scenari. Nel primo,un vettore Proton avrebbe lancia-to una capsula L1 (una Soyuz ri-dotta all'essenziale) dotata di unostadio supplementare Block D di-rettamente verso la Luna. Nel se-condo, lo stesso vettore Protonavrebbe collocato in orbita intor-no alla Terra la capsula L1 e lostadio Block D senza equipaggio;subito dopo, un altro vettore(probabilmente di tipo R-7)avrebbe portato nella stessa orbi-ta una seconda capsula Soyuzcon tre cosmonauti a bordo. Duedi loro si sarebbero trasferiti abordo della capsula L1 per poi di-rigersi verso la Luna e circumna-vigarla; il terzo sarebbe rientrato aterra con la Soyuz con la qualeera partito.

Questo progetto fu approvato efinanziato dalle autorità sovieti-che e fu avviata la produzione deiveicoli, con l'intento di circumna-vigare la Luna entro il 1967, unanno prima degli americani. Mal'incidente fatale della Soyuz 1che costò la vita al cosmonautaKomarov e problemi con l'affidabilità del vettore Proton comportaronorinvii che permisero agli americani di completare la circumnavigazioneper primi.

C'era anche un altro progetto, l'N1-L3, per un vero e proprio allunaggiocon un singolo cosmonauta, come descritto nel capitolo La corsa allaLuna. Ma l'inaffidabilità del colossale vettore N1 (Figura 184) causò anchein questo caso rinvii che diedero agli Stati Uniti il tempo di perfezionarela propria tecnologia e compiere per primi l'impresa. L'ultimo tentativo

Figura 184. Confronto dimensionale fravettore N1-L3 (a sinistra) e Saturn V-Apollo.

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russo di circumnavigare la Luna fu compiuto pochi giorni prima dellosbarco dell'Apollo 11 e fallì quando il missile N1 che portava la capsula L1senza equipaggio esplose catastroficamente sulla rampa di lancio.

Il complotto sovietico ebbe un notevole successo (tanto che i lunacom-plottisti ci credono ancora adesso): le autorità russe dichiararono che daparte loro non c'era mai stata una corsa alla Luna, che non c'era alcunaintenzione di portare un russo sulla Luna e che anzi non si sarebbe mairischiata la vita di cittadini sovietici in un'impresa così pericolosa quandole sonde automatiche potevano compierla altrettanto egregiamente. Imedia occidentali abboccarono, tanto che anche lo stimatissimo giornali-sta televisivo Walter Cronkite dichiarò pubblicamente nel 1974 che i soldispesi per le missioni Apollo erano stati sprecati, perché “non c'era maistata una corsa alla Luna”.68

Ma la realtà dei tentativi russi di arrivare alla Luna, sospettati dagli espertie in parte noti ai servizi segreti statunitensi, si venne a sapere pubblica-mente con il crollo del regime sovietico negli anni Novanta.

I computer erano troppo primitiviIN BREVE: La tecnologia informatica dell'epoca era modesta rispetto aquella di oggi, ma era comunque sufficiente perché a bordo c'erano tre com-puter molto potenti: gli astronauti, tutti addestrati a calcolare traiettorie, or-bite e rendezvous a mano. Inoltre il grosso della potenza di calcolo era neigrandi computer sulla Terra.

IN DETTAGLIO: Spesso capita di sentir dire che un moderno telefoninoha più memoria e potenza di calcolo del computer delle missioni Apolloe che quindi è impensabile che sia stata raggiunta la Luna con un trabic-colo del genere. Le cose stanno un po' diversamente.

Innanzi tutto, non c'era un computer a bordo dei veicoli Saturn-Apollo,ma sette: due AGC (Apollo Guidance Computer), uno nel modulo lunare euno nel modulo di comando; un LVDC (Launch Vehicle Digital Computer)a bordo del Saturn V; e un AGC (Abort Guidance System) nel modulo luna-re. Gli altri tre erano gli astronauti, tutti addestrati a calcolare traiettorie,

68 Fifth Anniversary – Apollo in Retrospect, CBS, luglio 1974, citato in Cronkite on Space:Inspiration, not Information, di James Oberg, in Space Review, 6/3/2006,www.thespacereview.com/article/570/1.

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rendezvous e orbite usando regoli calcolatori e ad orientarsi usando lestelle. Inoltre a Terra c'erano i grandi calcolatori del Controllo Missione.

Concepire gli astronauti come “computer” di bordo non è una battuta: fula scelta che permise gli allunaggi, sopperendo alle lacune degli automa-tismi dell'epoca. Basti pensare alle correzioni che dovettero fare Arm-strong e Aldrin per evitare, come già detto, che i sistemi automatici diallunaggio li portassero in una distesa irta di massi, o al riallineamentomanuale effettuato da James Lovell durante la missione Apollo 13 dopoche il sistema di navigazione era stato spento per risparmiare la pocaenergia rimasta per far sopravvivere gli astronauti.

È vero che la potenza di calcolodei computer di bordo dei veicoliApollo era modestissima rispettoagli standard odierni: per esem-pio, gli AGC (Figura 185) avevanocirca 8000 byte di memoria RAMciascuno (un PC portatile oggi neha comunemente due miliardi,cioè duecentocinquantamila voltedi più) e un clock a 2,048 MHz (sì,è una virgola, non un indicatoredi migliaia). Ma bisogna tenerepresente che erano computer de-dicati a un'unica funzione, cioè lanavigazione, e non dovevano ge-stire interfacce grafiche animateo altri fronzoli.

Tutto andò troppo liscioIN BREVE: La NASA si prodigò per dare l'impressione che fosse così, ma larealtà fu ben diversa. Tre astronauti morirono sulla rampa di lancio (Apollo1). L'Apollo 13 ebbe un'esplosione a bordo che le impedì di allunare e quasiuccise l'equipaggio. L'Apollo 12 fu colpita da un fulmine al decollo. L'Apollo11 ebbe un guasto al computer proprio durante l'allunaggio, e il riagganciodel modulo lunare alla capsula Apollo, dopo l'allunaggio, fece perdere il con-trollo dei veicoli. Vari equipaggi furono perseguitati da nausea, vomito e

Figura 185. Un Apollo Guidance Computer(AGC).

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diarrea. Praticamente tutte le missioni ebbero avarie e guasti, ma si preferìnon pubblicizzarli.

IN DETTAGLIO: Capita spesso di sentire considerazioni meravigliate sullaperfezione dei voli lunari Apollo. Come è possibile che macchine così in-credibilmente complesse e potenti, realizzate portando al limite la tecno-logia di quarant'anni fa, abbiano funzionato così precisamente? E comefecero gli astronauti a comportarsi in modo così impeccabile e professio-nale in quelle condizioni?

In realtà questa perfezione è un'impressione dettata dalla conoscenzasuperficiale degli eventi e dal fatto che l'importanza politica delle missio-ni spaziali impose un velo di discrezione sugli errori, sugli aspetti menodignitosi e sui fallimenti. Essendo in gioco il prestigio nazionale, non fudato molto risalto ai problemi. Ma alcuni furono talmente grandi da nonpoter essere nascosti. Non va dimenticato, infatti, che su sette missioni disbarco lunare, una fallì (Apollo 13). Tre astronauti (White, Grissom e Chaf-fee) morirono sulla rampa di lancio (Apollo 1). E tutte le missioni ebberoproblemi che per poco non portarono al disastro o all'annullamento.Ecco qualche esempio tratto dai rapporti tecnici.

Apollo 7. In cabina si formarono accumuli d'acqua provenienti dagli im-pianti di raffreddamento: rischio grave, in un ambiente pieno di circuitielettrici. L'equipaggio fu colpito dalla stitichezza e da un raffreddore chebloccò le vie nasali: problema serio in una missione spaziale, perché inassenza di peso il muco si accumula invece di defluire e soffiarsi il nasocausa forti dolori alle orecchie. Inoltre durante il rientro, con la testa in-capsulata nel casco, gli astronauti non avrebbero potuto soffiarsi il nasoe l'accumulo di pressione non compensata avrebbe potuto sfondare iloro timpani. Nonostante il parere contrario della NASA, gli astronautieseguirono il rientro senza casco e non subirono danni. L'equipaggio,inoltre, litigò con il Controllo Missione, parlando apertamente di “esperi-menti mal preparati e concepiti frettolosamente da un idiota” e rifiutandosiripetutamente di eseguire gli ordini da Terra. Fu una delle varie ribellionipoco pubblicizzate degli equipaggi.69

Apollo 8. La prima circumnavigazione umana della Luna fu disturbatadal vomito e dalla diarrea degli astronauti, in particolare Frank Borman. Il

69 Apollo: the Epic Journey to the Moon, di David Reynolds e Wally Schirra.

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sigillante di alcuni finestrini ebbe delle perdite che offuscarono la visuale,guastando le osservazioni necessarie per la navigazione, e si ripresenta-rono gli accumuli d'acqua in cabina. Durante il volo, l'astronauta JamesLovell cancellò per errore parte della memoria del computer, per cui il si-stema di misurazione inerziale della posizione (IMU) credette che la cap-sula fosse ancora sulla rampa di lancio e accese automaticamente imotori di manovra per tentare di correggere il problema. Gli astronautidovettero calcolare e reimmettere manualmente i dati corretti.

Apollo 9. L'astronauta Rusty Schweickart vomitò ripetutamente a causadella nausea da assenza di peso. Si guastarono un motore di manovradel modulo di comando e servizio e la luce di posizione del modulo lu-nare: due elementi importanti, visto che i due moduli dovevano separarsidi oltre 100 km in orbita intorno alla Terra e poi ricongiungersi. Ci riusci-rono comunque, grazie all'abilità degli astronauti.

Apollo 10. Quando lo stadio di risalita del modulo lunare si sganciò daquello di discesa, a soli 15 km dalla superficie lunare, un'impostazione er-rata dei comandi lo fece girare su se stesso all'impazzata. L'equipaggio ri-prese il controllo solo due secondi prima che il modulo lunare siritrovasse su una rotta irreversibile di caduta sulla Luna.

Apollo 11. La missione più celebre fu una vera carrellata di disastri sfiora-ti. Durante la discesa sulla Luna, il computer di atterraggio del modulolunare si sovraccaricò ripetutamente. Le istruzioni preimpostate avrebbe-ro inoltre portato il modulo lunare verso una zona piena di massi e crate-ri, sulla quale il veicolo non avrebbe potuto posarsi: fu solo l'interventomanuale di Armstrong e Aldrin, che cambiarono luogo d'atterraggio, asalvare la missione.

Le comunicazioni radio in orbita lunare, dopo la separazione del modulolunare dal modulo di comando, furono talmente disturbate e frammen-tarie che Armstrong e Aldrin non udirono il via all'allunaggio da partedel Controllo Missione. Per fortuna Michael Collins, nel modulo di co-mando, lo udì e lo riferì ai suoi compagni Armstrong e Aldrin nel modulolunare.

Terminato l'allunaggio, uno dei serbatoi di propellente dello stadio di di-scesa del modulo lunare non sfiatò correttamente, rischiando di esplode-

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re. Solo il Controllo Missione se ne accorse, e chiese con discrezione agliastronauti di attivare manualmente lo sfiato.

Dopo l'escursione lunare, prima di decollare, gli astronauti si accorseroche la manopola di un interruttore di alimentazione dei circuiti del mo-tore a razzo necessario per decollare era stata rotta, probabilmente dal-l'urto dello zaino della tuta di Aldrin, e non era più azionabile. Senzachiudere quell'interruttore, non potevano decollare. C'erano anche dellesoluzioni alternative, ma gli astronauti improvvisarono usando un penna-rello per chiudere l'interruttore rotto.

Al rientro dalla Luna, quando il modulo lunare si riagganciò al modulo dicomando e servizio, l'allineamento leggermente errato dei due veicoli lifece ruotare su loro stessi. I rispettivi computer di bordo si contrastaronoa vicenda, facendo girare ancora più all'impazzata i due veicoli aggancia-ti. Solo la bravura di Collins e Armstrong permise di correggere manual-mente la rotazione caotica dei veicoli.

Apollo 12. Il fulmine che colpì il Saturn V durante il decollo causò lo spe-gnimento completo dei computer di bordo dell'Apollo. Soltanto un sug-gerimento inviato dai tecnici a terra via radio (l'ordine di impostare “SCEto AUX”) permise di riavviare i computer ed evitò che la missione venisseinterrotta immediatamente. Durante la diretta TV, la telecamera fu punta-ta contro il Sole e il suo sensore si bruciò, rendendola inservibile. Nel-l'ammaraggio a fine missione, il vento fece oscillare la capsula appesa aiparacadute e gli astronauti subirono ben 15 g di decelerazione; una cine-presa cadde dal proprio supporto e colpì Alan Bean alla tempia. Se fossecaduta pochi centimetri più a sinistra avrebbe causato un trauma cranicopotenzialmente fatale.

Apollo 13. Come accennato, il veicolo subì lo scoppio di un serbatoiod'ossigeno, togliendo aria ed energia agli astronauti. Fu necessario usareil modulo lunare come scialuppa d'emergenza e rientrare precipitosa-mente a Terra. James Lovell fu costretto a riallineare manualmente i siste-mi di navigazione traguardando le stelle.

Apollo 14. Fallirono cinque tentativi di aggancio del modulo lunare du-rante il viaggio verso la Luna. Il sesto andò bene, senza alcun motivo evi-dente. Nonostante l'anomalia si decise di proseguire il volo.

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Apollo 15. A fine volo, uno dei treparacadute usati per l'ammarag-gio non funzionò correttamente(Figura 186), causando un impat-to violento con la superficie del-l'oceano.

Apollo 16. Il motore del modulodi comando e servizio, necessarioper tornare sulla Terra, segnalòun'avaria mentre il veicolo era inorbita intorno alla Luna. Fu quasiannullato l'allunaggio.

Un elenco più dettagliato dei variguasti critici e meno critici checolpirono le varie missioni è nellasezione Discrepancy Summary deirapporti Post-launch Mission Ope-ration Report.

Non aveva senso fare il rendezvous in orbita lunareIN BREVE: Le missioni Apollo comportavano un rischiosissimo incontro fradue veicoli in orbita intorno alla Luna. È vero che sarebbe stato più prudenteeffettuare la manovra stando in orbita intorno alla Terra o non farla del tut-to, sbarcando direttamente sulla Luna con un unico veicolo invece di usareun modulo apposito, ma questa scelta avrebbe richiesto un missile enorme.Il rendezvous intorno alla Luna fu scelto perché i pesi e le potenze occorrentiper questa soluzione sono molto minori.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti trovano assurda l'idea che laNASA scelse di effettuare complicatissime manovre di sgancio, riaggan-cio e rendezvous fra modulo di comando e modulo lunare intorno allaLuna anziché farle in orbita terrestre, dove c'era più possibilità di soccor-so, o meglio ancora seguire il modello classico e semplice presentato daifilm di fantascienza: un unico veicolo che parta dalla Terra, sbarchi sullaLuna e ritorni, senza dividersi in pezzi da ricomporre goffamente e ri-schiosamente.

Figura 186. L'ammaraggio dell'Apollo 15 conun paracadute difettoso. Dettaglio della foto

AS15-S71-42217.

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In effetti il piano iniziale della NASA era proprio quello di sbarcare sullaLuna con un unico veicolo, grande e alto, chiamato tailsitter: ma lanciarlodirettamente verso la Luna avrebbe richiesto un missile immenso, il Nova(Figura 187), che non esisteva ancora e non poteva essere approntato intempo per la scadenza imposta dal presidente Kennedy. L'unico vettoresviluppabile per tempo era il Saturn V, relativamente più piccolo.

I progettisti pensarono così di usare un primo Saturn V per lanciare iltailsitter vuoto in orbita terrestre e poi lanciare un secondo Saturn con ilpropellente. Questa era la tecnica chiamata Earth Orbit Rendezvous, a lun-go prediletta dalla NASA: ma implicava due lanci ben coordinati e un pe-ricoloso trasbordo di propellente nello spazio.

C'era un'alternativa: dividere il tailsitter in due veicoli distinti. Quello prin-cipale sarebbe rimasto in orbita lunare e quello secondario, una scialup-

Figura 187. A destra, il Nova; al centro, il C-5, precursore del Saturn V. Documento M-MS-G-36-62, aprile 1962.

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pa specializzata e ridotta all'osso, sarebbe sceso sulla Luna. Questo ridu-ceva il peso complessivo così drasticamente da permettere di lanciarel'intera missione con un solo missile Saturn V, al prezzo di un delicatorendezvous in orbita lunare (Lunar Orbit rendezvous o LOR). Una scelta ri-schiosa, dunque, ma perfettamente sensata.

Il concetto, oltretutto, non era affatto nuovo: l'idea del LOR risale al 1916,quando fu concepita dal russo Yuri Vasilievich Kondratyuk. Ma la NASA fuestremamente riluttante a correre questo rischio. Un ingegnere di bassorango della NASA, John Houbolt, nel 1961 scavalcò le gerarchie e scrisseun'accorata lettera all'amministratore associato della NASA, Robert C.Seamans Jr., lamentando di essere “una voce nel deserto”. Questo fece rie-saminare l'idea del LOR, che rimase comunque osteggiata a lungo. L'os-sessione di un tecnico sconosciuto divenne il piano della NASA perraggiungere la Luna.70

Nessuno punta un telescopio sui veicoli lasciatisulla LunaIN BREVE: Non lo si punta perché neppure il più potente telescopio terrestreoggi disponibile è in grado di mostrare oggetti così piccoli e lontani. Per farloci vorrebbe un telescopio con uno specchio di almeno 45 metri, e oggi nonce ne sono.

IN DETTAGLIO: Le leggi dell'ottica pongono un limite alla risoluzione, os-sia alla finezza del dettaglio ottenibile da un telescopio. Questo limite di-pende dalle dimensioni della lente principale o specchio primario dellostrumento (più sono grandi, più è acuta la “vista” dell'apparecchio) e nonè aggirabile applicando lenti addizionali per ingrandire l'immagine.

L'oggetto più grande lasciato sulla Luna dagli astronauti Apollo è la basedel modulo lunare, che da zampa a zampa in diagonale misura circanove metri. Alla distanza minima possibile della superficie della Luna daquella della Terra, ossia circa 355.000 chilometri, vedere un oggetto delgenere equivale a scorgere una moneta da un euro che sta a 900 chilo-metri. Nessun telescopio odierno è in grado di farlo. Non lo può fare nep-

70 Apollo: the Epic Journey to the Moon, Reynolds e Schirra.

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pure il telescopio spaziale Hub-ble, che alla distanza della Lunanon riesce a vedere dettagli chemisurino meno di 80 metri.

È un dato ben poco intuitivo: do-potutto, i telescopi vedono galas-sie lontanissime, mentre la Luna èdietro l'angolo. Davvero neanchei più potenti telescopi vedono unoggetto di nove metri sulla Luna?

In effetti è così, perché le galassiesono immense e gli oggetti la-sciati sulla Luna sono molto piccoli: il fatto che siano più vicini non com-pensa affatto l'inimmaginabile differenza di dimensioni.

Per esempio, la galassia di Andromeda, nonostante stia a ben due milionidi anni luce (19.000.000.000.000.000.000 di chilometri), nel cielo notturnoappare più grande della Luna piena, solo che è molto fioca e quindi èdifficile vederla a occhio nudo. Per questo motivo i grandi telescopi sonoprogettati non tanto per ingrandire, quanto per raccogliere la luce debo-lissima di questi oggetti lontani.

Facendo gli opportuni calcoli, risulta che per vedere da Terra le basi deimoduli lunari Apollo soltanto come un puntino indistinto ci vorrebbe untelescopio con uno specchio primario di almeno 45 metri.71 Se si volesse-ro vederne i dettagli in modo da poterlo riconoscere, le dimensioni do-vrebbero essere ancora più colossali.

Il record attuale di dimensioni per un telescopio è poco più di dieci me-tri. Anche il prossimo detentore del primato, l'European Extremely LargeTelescope, previsto per il 2018, non sarà sufficiente per ottenere immaginidettagliate, perché avrà uno specchio primario composito di 42 metri.

Esiste anche una tecnica, l'interferometria, che permette di abbinare duetelescopi per ottenere una sorta di telescopio “virtuale” con una risolu-

71 Il dato si calcola usando la formula di Dawes: risoluzione in secondi d'arco = 11,6 / diametrodell'obiettivo in centimetri. La dimensione angolare di un oggetto, espressa in secondid'arco, si calcola con la formula (dimensione dell'oggetto / distanza) x 206.265. La base del LMsulla Luna, vista da Terra, ha una dimensione angolare di 0,0052 secondi d'arco.

Figura 188. Il telescopio spaziale Hubble.

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zione pari a quella di uno strumento il cui specchio primario sia grandequanto la distanza fra i due telescopi abbinati. Il Very Large Telescope inCile, uno dei più grandi osservatori attrezzati per questo genere di osser-vazioni, raggiungerebbe in condizioni ideali una risoluzione di 0,002 se-condi d'arco, sufficiente a mostrare il modulo lunare come una decina dipixel (punti che compongono l'immagine).

Ma c'è un problema: l'interferometria consiste nel combinare le immaginidi più telescopi ottenute nell'arco di vari giorni ed elaborarle elettronica-mente. Sfuma quindi l'idea di poter portare un lunacomplottista a un os-servatorio e dirgli di guardare nell'oculare di un telescopio per vederecon i suoi stessi occhi come stanno le cose.

Nessuno manda sonde per fotografare i veicoliApolloIN BREVE: Nessuno le manda appositamente per questo scopo, visto chenon ci sono dubbi fra gli addetti ai lavori sulla realtà delle missioni lunari;ma nel corso degli anni vari paesi hanno inviato sonde che hanno fotogra-fato in dettaglio la Luna e anche i luoghi di allunaggio delle missioni Apollo.Le loro immagini confermano la presenza dei veicoli e degli strumenti diqueste missioni esattamente dove la NASA afferma di averli lasciati.

IN DETTAGLIO: Nel corso dei quattro decenni successivi alle missioni lu-nari umane, Cina, India, Giappone e Stati Uniti hanno messo in orbita in-torno alla Luna numerosi satelliti automatici, alcuni dei quali sono tuttorain funzione.

Molti di essi avevano a bordo telescopi e fotocamere, ma non di tipo suf-ficientemente potente da mostrare direttamente i veicoli degli astronau-ti. Tuttavia la sonda giapponese Kàguya ha rilevato una chiazza di suololunare di colore alterato esattamente dove la NASA dice di aver fatto po-sare il modulo lunare dell'Apollo 15 (Figura 189). Questa chiazza è com-patibile con le variazioni del colore del terreno prodotte dal getto delmotore di allunaggio, che sposta la polvere superficiale ed espone la roc-cia sottostante, di colore differente.

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La sonda statunitense Lunar Re-connaissance Orbiter (LRO) è sta-ta la prima ad avere strumentiadatti a fotografare i veicoli Apol-lo, e lo ha fatto. Le prime immagi-ni sono state pubblicate il 17luglio 2009. Alcune immagini deivari siti di allunaggio Apollo sonomostrate nel capitolo Le prove de-gli sbarchi.

Inoltre alcuni strumenti della son-da giapponese Kàguya hannoeseguito rilievi altimetrici moltoprecisi delle zone degli sbarchi,scoprendo che corrispondonoesattamente alle altimetrie osser-vabili nelle foto degli astronauti americani di quarant'anni prima. Anchequesto aspetto è descritto in dettaglio nel capitolo appena citato.

La jeep non ci stava dentro il modulo lunareIN BREVE: Ci stava eccome: era ripiegata.

IN DETTAGLIO: Molti si chiedono come ci stesse dentro il modulo lunareil Lunar Roving Vehicle, l'automobile elettrica usata dagli astronauti nellemissioni Apollo dalla 15 alla 17. In effetti questo veicolo, lungo poco più ditre metri, largo 1,8 e alto 1,1, sembra a prima vista decisamente incom-patibile con le dimensioni del modulo lunare, la cui base misurava circa4,3 metri di diametro e doveva offrire posto anche per il motore di allu-naggio e per il relativo propellente.

La risposta è semplicissima: la jeep lunare era trasportata ripiegata, percui stava dentro uno degli appositi alloggiamenti vuoti a forma di cuneopredisposti nella base del modulo lunare ed era agganciata esternamen-te, protetta soltanto da una coperta termica. Il veicolo era poco più di untelaio d'alluminio con quattro piccoli motori elettrici (più due per lo ster-zo), un pacco batterie e due seggiolini tubolari. Sulla Terra pesava in tut-to 200 chilogrammi. Essendo elettrica, non le servivano cambio, alberi di

Figura 189. L'alone chiaro al centro si trovadove allunò l'Apollo 15. Credit: JAXA/Selene.

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trasmissione e assali per le ruote (i motori erano accoppiati direttamentealle ruote), per cui poteva essere ripiegata in una forma molto compatta(Figura 190).

Le riprese televisive degli sbarchi mostrano molto bene la procedura perestrarre e ricomporre il Rover nella sua configurazione di utilizzo.

Figura 190. Il Rover dell'Apollo 15, strettamente ripiegato a cuneo e con le ruote raccolte, èpronto per essere caricato nell'alloggiamento apposito della base del modulo lunare.

Foto AP15-71-HC-684.

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L'Apollo non raggiunse la velocità di fugaIN BREVE: La velocità di fuga, necessaria per sfuggire al campo gravitazio-nale della Terra e quindi poter raggiungere la Luna, è 11,2 chilometri al se-condo, cioè 40.320 chilometri l'ora. Ma la NASA dice che la velocità massimaraggiunta dall'Apollo 11 fu 38.989 chilometri l'ora. Dunque non poteva rag-giungere la Luna? In realtà non occorre affatto raggiungere la velocità difuga per arrivare alla Luna, perché non è necessario sfuggire al campo gravi-tazionale terrestre: basta raggiungere una velocità che consenta un'orbitaellittica intorno alla Terra che abbia una distanza massima pari a quella del-la Luna.

IN DETTAGLIO: Questa tesi è un bell'esempio di terminologia scientificausata a sproposito per dare l'impressione di competenza e serietà. La tesiparte da dati esatti: la velocità di fuga, ossia la velocità che permette diabbandonare il campo gravitazionale del nostro pianeta, è effettivamen-te 11,2 chilometri al secondo, pari a 40.320 chilometri l'ora. Ed effettiva-mente la NASA dichiara, per esempio a pagina 30 del Press Kit dellamissione Apollo 11, che la velocità raggiunta alla fine dell'accensione del-lo stadio S-IVB per dirigersi verso la Luna (Translunar Injection) fu 35.533piedi al secondo, pari a 38.989 chilometri l'ora. Milletrecento chilometril'ora in meno.

Al profano questa sembra una contraddizione insanabile. Ma l'errore stanella premessa: la velocità di fuga di 11,2 km/s va raggiunta se si vuolesfuggire permanentemente all'attrazione della Terra e con un singolo im-pulso dal livello del mare. Un veicolo che raggiunga questa velocità nonricadrà mai più sulla Terra e continuerà ad allontanarsene all'infinito, sen-za dover consumare altro propellente.72 Le missioni lunari Apollo, invece,non dovevano ottenere affatto questo risultato: anzi, gli astronauti ci te-nevano a tornare a casa.

Inoltre non venivano sparati come proiettili da un singolo impulso: i mo-tori spingevano anche durante il viaggio, quando la distanza dalla Terra,e quindi la sua attrazione gravitazionale, erano minori. Una differenza im-portante, paragonabile a quella fra la velocità iniziale che serve raggiun-gere in bicicletta per superare una salita senza mai pedalare e quellanecessaria se invece è permesso pedalare per parte dell'arrampicata.

72 Più precisamente, sfuggirà all'attrazione terrestre ma non a quella di altri corpi celesti, comeper esempio il Sole.

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Per arrivare alla Luna basta raggiungere una velocità che produca non lafuga definitiva dalla Terra, ma una semplice orbita ellittica intorno allaTerra stessa, allungata in modo da avere un apogeo (distanza massimadal nostro pianeta) pari alla distanza Terra-Luna. Se la Luna si trova all'a-pogeo, la si raggiunge. Quindi i veicoli Apollo non dovevano affatto arri-vare alla velocità di fuga per sbarcare sulla Luna.

Anzi, non raggiungere la velocitàdi fuga è un vantaggio per la sicu-rezza, perché permette di usareuna traiettoria di ritorno sponta-neo (free return, Figura 191): il vei-colo torna automaticamente versola Terra senza aver bisogno di ef-fettuare alcuna manovra o accen-sione dei propri motori. Questo èparticolarmente utile in caso diavarie, come avvenne nel casodell'Apollo 13.73

Il Saturn V non era abbastanza potenteIN BREVE: Un'analisi matematica delle riprese del decollo sembra dimostra-re che il primo stadio del missile Saturn V non aveva la velocità dichiarataufficialmente dalla NASA e che quindi il missile poteva portare fino alla Lunamolto meno carico di quanto dichiarato. Ma l'analisi si rivela un colabrododi errori commessi da una persona senza esperienza in missilistica o traietto-rie spaziali: non considera che il vero lavoro di portare i veicoli Apollo versola Luna lo faceva il terzo stadio, non il primo (che insieme al secondo avevasolo il compito di portare i veicoli in orbita intorno alla Terra), e ammette chel'orbita terrestre fu raggiunta correttamente dai veicoli Apollo: ma a quelpunto la velocità del primo stadio era irrilevante ai fini del carico trasporta-bile verso la Luna.

73 Più precisamente, l'Apollo 13 partì su una traiettoria di ritorno spontaneo e poi accese ilmotore principale per lasciarla e dirigersi verso la Luna. Dopo l'esplosione a bordo, fuutilizzata la spinta del motore di discesa del modulo lunare per inserire gli astronauti inun'altra traiettoria di ritorno spontaneo.

Figura 191. Le principali traiettorie utilizzatedalle missioni Apollo. Dal Press Kit

dell'Apollo 11.

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IN DETTAGLIO: Un'analisi del russo Stanislav Pokrosvky74 sostiene chel'effettiva velocità del missile lunare Saturn V al momento dell'esauri-mento del propellente del primo stadio e della sua separazione dal restodel vettore era solo la metà di quella dichiarata ufficialmente.

Questo rivelerebbe che i motori F-1 del primo stadio non erano abba-stanza potenti da trasportare verso la Luna le 46 tonnellate del modulodi comando e servizio e del modulo lunare. Secondo i calcoli di Pokrov-sky, la conseguenza della velocità ridotta fu che il carico massimo tra-sportabile sulla Luna dal Saturn V era circa 28 tonnellate. Il modulolunare ne pesava circa 15; i moduli di comando e servizio ne pesavano intutto oltre 30.

In altre parole, secondo Pokrovsky la NASA poteva portare fino alla Lunauno o l'altro dei veicoli Apollo, ma non tutti e due, e quindi poteva almassimo effettuare una circumnavigazione della Luna, rinunciando almodulo lunare e usando solo il modulo di comando e quello di servizio.

Ma il dato della velocità è calcolato (con dovizia di formule e grafici spet-tacolari e apparentemente autorevoli) partendo dalla distanza apparenteprogressiva fra il missile e le fiammate dei retrorazzi del primo stadio, mi-surata osservando i fotogrammi sgranati di un filmato (Figura 192). Non èuna base molto solida o precisa: misurare il punto esatto in cui finisceuna fiammata è piuttosto difficile.

Pokrovsky, inoltre, dà per sconta-to che le fiammate dei retrorazzisi fermarono istantaneamente inaria e quindi siano usabili comepunto fermo di riferimento percalcolare la velocità del missile.Considerato che la separazionedel primo stadio avveniva a circa70 chilometri d'altezza, dove l'at-mosfera è circa 10.000 volte piùtenue che a livello del mare, lefiammate mantennero invece perinerzia buona parte della velocità

74 supernovum.ru/public/index.php?doc=62 (in russo).

Figura 192. I fotogrammi del filmato deldecollo analizzati da Pokrovsky.

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verticale supersonica acquisita durante il decollo, “inseguendo” il missilee quindi falsando questo genere di stima di distanze e velocità.

A parte queste imprecisioni, nell'analisidi Pokrovsky c'è un errore di fondo chela invalida completamente. Infatti il pri-mo stadio del Saturn V, insieme al se-condo, aveva il solo scopo di collocare inorbita terrestre il terzo stadio e i veicoliApollo. Non contribuiva al viaggio versola Luna: a questo provvedeva esclusiva-mente la spinta del terzo stadio.

Siccome Pokrovsky ammette che l'orbitaterrestre fu comunque raggiunta, e furaggiunta dal terzo stadio e dal veicoloApollo completo da 46 tonnellate (altri-menti il primo stadio non si sarebbe ar-rampicato così lentamente come luisostiene), risulta che tutte le sue consi-derazioni sulla vera o presunta velocitàdel primo stadio sono semplicemente ir-rilevanti ai fini di quante tonnellate sipotessero portare sulla Luna.

Va notato, inoltre, che nella fisica deilanci spaziali conta la velocità finale rag-giunta, necessaria per restare in orbitasenza ricadere sulla Terra: la velocità disalita è significativa soltanto in terminidi consumo di propellente e di disagiodegli astronauti dovuto all'accelerazio-ne. Semplificando, più è lenta la salita,più propellente si consuma, riducendoperò gli effetti fisici sugli astronauti.

Il Saturn V era considerato un vettore“dolce”, dato che la sua massima accele-razione era circa 4,7 g poco prima della separazione del primo stadio; ivettori Titan delle missioni Gemini, per esempio, raggiungevano i 7 g.

Figura 193. Separazione del primostadio del Saturn V durante il lancio

dell'Apollo 11. Dettaglio della fotoS69-39958.

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Il LM era troppo piccolo per risalire dalla LunaIN BREVE: Per ripartire dalla Luna non occorre vincere la resistenza dell'aria.La forza di gravità è sei volte minore di quella terrestre. Raggiungere l'orbitalunare richiede quindi molto meno propellente che partire dalla Terra, spe-cialmente con un veicolo ridotto al minimo indispensabile. Inoltre non oc-correva raggiungere la velocità di fuga lunare, ma soltanto quella orbitale: adare la spinta supplementare per tornare sulla Terra provvedeva il motoredel modulo di servizio.

IN DETTAGLIO: Le dimensionidavvero minime e l'aspetto fragi-le dello stadio di risalita del mo-dulo lunare, usato per ripartiredalla Luna (Figura 194), contrasta-no con l'enormità massiccia delSaturn V adoperato per partiredalla Terra. C'è chi dubita che unveicolo così minuscolo fosse dav-vero all'altezza del compito e sichiede dove fosse stivato tutto ilpropellente necessario per rag-giungere la velocità di fuga dallaLuna (8568 chilometri l'ora).

In realtà le due situazioni sono drasticamente differenti. Il Saturn V dove-va sollevare le proprie 2900 tonnellate iniziali, accelerare fino a 25.000chilometri l'ora e portare a 188 chilometri di quota ben 130 tonnellate dicarico e infine lottare contro la resistenza dell'aria e la forza di gravitàdella Terra.

Lo stadio di risalita del modulo lunare, invece, doveva sollevare 4,5 ton-nellate di massa iniziale (di cui ben 2,3 erano propellente, per cui la mas-sa da sollevare si riduceva molto durante l'ascesa), accelerare fino a circa6650 chilometri l'ora e portare a un'altezza massima di 83 chilometri uncarico di 2,2 tonnellate. Tutto questo senza dover contrastare la resisten-za dell'aria, visto che la Luna non ha un'atmosfera significativa, e doven-do vincere l'attrazione gravitazionale della Luna, che è sei volte minore diquella terrestre.

Figura 194. Lo stadio di risalita dell'Apollo 16.Dettaglio della foto AS16-122-19530.

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Inoltre è errato il concetto di dover raggiungere la velocità di fuga: comegià visto per il Saturn V in partenza dalla Terra, anche per il decollo dallaLuna non è necessario raggiungere questa velocità (che consentirebbedi allontanarsi indefinitamente dal corpo celeste senza ulteriore consu-mo di propellente), ma è sufficiente raggiungere una velocità che con-senta un'orbita: nel caso del modulo lunare, un'orbita ellittica con altezzavariabile da 16,6 a 83 chilometri.

La spinta supplementare per tor-nare verso la Terra veniva data, in-fatti, dal motore del modulo diservizio, che restava in orbita in-torno alla Luna proprio per evita-re di far scendere e risalire altramassa. Fu proprio per ottenerequeste grandi riduzioni di massache la NASA scelse la strategia delrendezvous lunare.

Tutti questi fattori riducono enor-memente le prestazioni necessa-rie e quindi rendono sufficienticirca 2350 chilogrammi di propel-lente, costituito da 910 chilogram-mi di Aerozine 50 e 1440 chilogrammi di tetrossido di diazoto (ipoazoti-de). Queste sostanze hanno una densità di 0,903 g/cm3 e 1,443 g/cm3 ri-spettivamente e quindi occupano circa 1 metro cubo ciascuna: unvolume compatibile con quello dei due serbatoi situati nei rigonfiamentipresenti ai lati opposti dello stadio di risalita (uno dei serbatoi, quellodell'Aerozine 50, è la sfera laterale visibile in Figura 195).

Il modulo lunare era un trabiccolo instabileIN BREVE: La forma irregolare del modulo lunare, con il suo unico motorecentrale, sembrerebbe instabile quanto un pallone da calcio in equilibrio suun dito e a prima vista parrebbe avere con un baricentro alto che lo avrebbefatto rovesciare. Ma se si studia la sua struttura si scopre che è in effetti mol-to più facile da stabilizzare di quella di qualunque missile tradizionale, per-

Figura 195. Spaccato dello stadio di risalitadel modulo lunare, tratto dalla

documentazione Grumman.

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ché i suoi pesi principali sono collocati al di sotto del centro di spinta del mo-tore e quindi il suo baricentro è molto basso.

IN DETTAGLIO: Bart Sibrel sostiene che il modulo lunare ha un baricen-tro alto e un unico motore collocato in basso. Questo, a suo avviso, lorende troppo instabile per poterlo pilotare. Sibrel, che non è un tecnicoaerospaziale, ritiene di poter giudicare la stabilità di un veicolo spazialesemplicemente guardandone qualche fotografia.

In realtà un esame tecnico menosuperficiale, basato su semplicinozioni di fisica, rivela che il mo-dulo lunare è invece un veicolopiù facile da stabilizzare rispetto aun missile convenzionale. Nellostadio di discesa e in quello di ri-salita, i serbatoi di propellente,che sono le parti più pesanti,sono collocati il più in basso pos-sibile nel veicolo, lateralmente ri-spetto al motore (Figura 196).

Questa è una configurazionemolto meno instabile di quella diun missile tradizionale, nel quale iserbatoi (e quindi le loro grandimasse) si trovano sopra i motori.Anche disporli lateralmente agliestremi opposti aiuta a stabilizza-re il veicolo, un po' come l'asta diun equilibrista sul filo.

Inoltre i motori principali non sitrovano in basso come può sem-brare, ma in posizione elevata:quello dello stadio di risalita spor-ge addirittura dentro l'abitacolo(Figura 197). Quindi il centro dispinta (il punto immaginario sul quale “appoggia” il veicolo a motore ac-ceso, situato alla sommità dell'ugello) è vicino al baricentro: una soluzio-ne ideale per la stabilità.

Figura 196. Disposizione dei serbatoi nellostadio di discesa del LM.

Figura 197. Sezione dello stadio di risalita delLM: in grigio il motore principale. Dall'Apollo

Operations Handbook, volume 1, conevidenziazioni aggiunte.

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Infine, i sedici motori di manovra sono disposti su bracci sporgenti, il piùlontano possibile dall'asse di spinta del motore primario, in modo dasfruttare il braccio di leva nella propria azione.

L'aspetto asimmetrico del modulo lunare è dovuto proprio alla scelta dibilanciarlo: nello stadio di risalita, per esempio, il serbatoio del tetrossidodi diazoto è più vicino all'asse di spinta del motore rispetto al serbatoiodell'Aerozine 50 perché quest'ultimo pesa di meno.

Gli astronauti avrebbero sbilanciato il LMIN BREVE: No, perché gli spostamenti degli astronauti avevano un effettomolto modesto e venivano compensati automaticamente.

IN DETTAGLIO: Nel documentario Did We Land on the Moon? di Fox TV,Ralph René afferma che i movimenti degli astronauti nella cabina delmodulo lunare avrebbero spostato continuamente il centro di massa equindi avrebbero sbilanciato il veicolo. Non potendo correggere questosquilibrio, il modulo lunare sarebbe precipitato. Quindi non poteva volaree gli sbarchi lunari sono falsi.

I fatti sono ben diversi. Innanzi tutto, il modulo lunare era dotato di nonuno, ma due sistemi automatici di stabilizzazione separati, che azionava-no i motori di manovra (quelli disposti a gruppi di quattro su bracci spor-genti) per compensare in continuazione eventuali sbilanciamenti. Nonspettava al pilota effettuare manualmente queste correzioni, che si nota-no, fra l'altro, nei filmati del decollo: si manifesta un caratteristico dondo-lio periodico, dovuto appunto all'accensione dei motori di manovra perregolare l'assetto.

Il concetto non è affatto insolito e non lo era neanche all'epoca: qualun-que missile ha lo stesso problema di gestire gli spostamenti del baricen-tro (dovuti per esempio allo spostamento del propellente o al suoprogressivo esaurimento). In atmosfera si usano pinne stabilizzatrici,mentre nello spazio si usano motori primari orientabili e piccoli razzi dimanovra, presenti su tutti i veicoli spaziali, sia russi sia americani, Shuttlecompreso.

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In secondo luogo, gli astronautistavano vicinissimi al centro dimassa del modulo lunare e nonavevano spazio per effettuaregrandi movimenti (Figura 198).Oltretutto pesavano molto menodei serbatoi di propellente (unoda 910 chili e uno da 1440), percui non potevano alterare più ditanto l'equilibrio del veicolo. C'eraperò il problema di correggere losciabordio del propellente neiserbatoi man mano che si vuota-vano: di questo si occupavano ap-punto i sistemi automatici.

Il simulatore del LM si schiantò perché instabileIN BREVE: Si racconta che pochesettimane prima del volo dell'Apol-lo 11, uno dei veicoli che simulava-no sulla Terra il volo del modulolunare si schiantò, quasi uccidendoNeil Armstrong, che ne aveva persoil controllo. Quindi, si dice, il modu-lo lunare effettivo era incontrolla-bilmente instabile e la NASA nonpuò aver risolto un problema delgenere in così poco tempo. In real-tà l'incidente di Armstrong avven-ne quattordici mesi prima dellamissione Apollo 11 e non fu dovutoalla perdita di controllo da partedell'astronauta, ma a un guastooccasionale del veicolo. Quando ilveicolo non aveva guasti, era per-fettamente controllabile, tanto chefece oltre 790 voli.

Figura 198. La posizione degli astronautidurante il volo del modulo lunare. Il motoreprincipale si trova in mezzo a loro; i serbatoi

di propellente sono alle estremità lateralidella sagoma. Dettaglio della Figura 1-6

dell'Apollo Operations Handbook.

Figura 199. Un LLRV in volo nel 1964.Dettaglio della foto NASA ECN-506.

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IN DETTAGLIO: Furono usati due tipi di simulatori volanti, denominatiLunar Landing Research Vehicle (LLRV) e Lunar Landing Training Vehicle(LLTV), per prendere dimestichezza sulla Terra con il comportamento delmodulo lunare, che era un veicolo unico nel suo genere.

L'LLRV e l'LLTV erano in sostanza telai sui quali era montato verticalmen-te un motore a reazione orientabile che reggeva i cinque sesti del pesodel veicolo: il peso rimanente (quello che avrebbe avuto sulla Luna) erasostenuto da due motori a razzo regolabili. Come il modulo lunare effet-tivo, avevano sedici piccoli motori di manovra a razzo per regolarne l'as-setto. Un sistema elettronico gestiva il motore primario per tenerlosempre orientato verticalmente e regolarne la potenza in modo da simu-lare gli effetti dell'accelerazione verticale ridotta che si ha sulla Luna.L'autonomia era modesta (circa due minuti di volo), ma permetteva diarrivare a circa 1200 metri di quota.

Furono costruiti dapprima dueLLRV e poi tre LLTV. L'incidente diArmstrong avvenne il 6 maggio1968 con un LLRV (Figura 200): ilsistema di pressurizzazione deimotori di manovra ebbe un'ava-ria che rese il veicolo ingoverna-bile, complice anche una folata divento. Armstrong non ebbe altrascelta che usare l'apposito seg-giolino eiettabile, atterrando in-colume con il paracadute.

Durante i voli di addestramento,questi veicoli sperimentali ebberoaltri due incidenti, nel dicembredel 1968 e nel gennaio del 1971, che portarono alla loro distruzione (i pi-loti si salvarono in entrambe le occasioni). I lunacomplottisti tendono ainsinuare che uno schianto fosse la conclusione normale dei voli di que-sti veicoli, ma in realtà i cinque simulatori totalizzarono ben 792 voli conatterraggio regolare. Anche L'LLRV di Armstrong aveva volato regolar-mente 281 volte in precedenza.75

75 Unconventional, Contrary, and Ugly: The Lunar Landing Research Vehicle, di Gene J. Matranga,C. Wayne Ottinger e Calvin R. Jarvis con C. Christian Gelzer. NASA SP-2004-4535 (2005),pagina 142.

Figura 200. Neil Armstrong scende con ilparacadute dopo l'avaria del suo LLRV.

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Tutti i problemi tecnici si risolsero magicamenteIN BREVE: No. I problemi si presentarono in tutte le missioni e i primi lancifurono concepiti, come è consueto, proprio per collaudare i veicoli e siste-marne o ridurne i difetti prima delle missioni vere e proprie.

IN DETTAGLIO: Secondo il programma Voyager (Rai, 4 marzo 2009), men-tre le prime missioni furono funestate da una serie di gravi problemi tec-nici, con cancellazioni e rinvii, tutto si risolse per incanto in tempo per ivoli lunari: per esempio, le missioni Apollo 2 e 3 furono cancellate, la 4 ela 5 furono effettuate senza astronauti e denotarono problemi ai motoriprincipali, la 6 ebbe problemi con l'accensione del secondo e terzo sta-dio, e il Saturn V subiva pericolose oscillazioni già pochi minuti dopo illancio. Tutti questi guasti scomparvero improvvisamente per ricompariresolo con l'Apollo 13. Secondo David Percy, invece, le oscillazioni (denomi-nate “pogo” in gergo tecnico) continuarono fino all'Apollo 10 e poi tuttofunzionò perfettamente.76

Si nota subito che le due fonti lunacomplottiste si contraddicono a vi-cenda, ma mettiamo a confronto le loro asserzioni con i fatti documen-tati.

Le missioni Apollo 2 e 3 non furo-no affatto cancellate: più sempli-cemente, questi nomi non furonomai usati formalmente. Dopo ildisastro dell'Apollo 1, in cui peri-rono durante un'esercitazione aterra dentro la capsula gli astro-nauti Grissom, White e Chaffee,l'apposito comitato di designazio-ne delle missioni, il NASA ProjectDesignation Committee, deciseche il nome formale del lanciosuccessivo sarebbe stato Apollo 4.

Il salto della numerazione è inparte dovuto al fatto che i nomiApollo 2 e Apollo 3 erano già statiusati informalmente per due lanci

76 Mary Bennett e David Percy, Dark Moon, pagina 128.

Figura 201. Decollo dell'AS-203 (“Apollo 2”).

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di collaudo senza equipaggio, avvenuti nel 1966 e denominati formal-mente AS-203 e AS-202. Il primo servì a collaudare l'S-IVB, quello che sa-rebbe diventato il terzo stadio del Saturn V, a bordo del vettore Saturn IB(Figura 201). Il secondo collaudò lo scudo termico del modulo di coman-do Apollo e servì per qualificare il vettore Saturn IB al trasporto di equi-paggi.

Va notato che anche il nome Apollo 1 fu per molto tempo una designa-zione solo informale: fu resa ufficiale soltanto dopo la tragedia e in segui-to alle insistenze delle vedove dei tre astronauti periti.

I lanci dell'Apollo 4 e 5 furono sì effettuati senza astronauti, ma per otti-me ragioni non sospette: l'Apollo 4 fu il primo lancio del vettore Saturn V,e secondo la prassi dell'epoca ogni vettore destinato a trasportare astro-nauti doveva prima essere collaudato senza equipaggio. Il lancio collau-dò anche l'isolamento contro le radiazioni. Stando ai rapporti tecnici,77

l'Apollo 4 non denotò affatto problemi ai motori principali ma anzi fuconsiderato un grande successo.

Anche L'Apollo 5 non aveva biso-gno di equipaggio, perché fu uncollaudo automatico del modulolunare (in particolare dei suoi mo-tori e della separazione dei suoistadi) e dei sistemi automatici digestione del volo (InstrumentUnit) nella configurazione che sa-rebbe stata usata dal Saturn V.Non vi furono problemi ai motori,che comunque sarebbero stati ir-rilevanti per le missioni lunari:questo lancio usò un Saturn IB,non un Saturn V.

L'Apollo 6 (Figura 202) fu il secon-do collaudo generale (“all-up”) delSaturn V, senza equipaggio, e ve-rificò la capacità del modulo di comando di bloccare le radiazioni dellefasce di Van Allen. Non ebbe problemi con l'accensione del secondo eterzo stadio, come afferma Voyager, ma ne ebbe di altro genere.

77 Saturn V Launch Vehicle Flight Evaluation Report – AS-501 Apollo 4 Mission.

Figura 202. Separazione dell'anellointerstadio fra il primo e secondo stadio

dell'Apollo 6. Fotogramma ripreso da unadelle cineprese automatiche installate per il

collaudo.

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Infatti il primo stadio subì oscillazioni violente dovute all'effetto “pogo”(risonanza della struttura dovuta al flusso del propellente, che fa oscil-lare avanti e indietro il vettore lungo il proprio asse); il secondo stadioebbe problemi a uno dei suoi cinque motori, che si spense in anticipo,seguito da un altro; il terzo stadio si accese correttamente, ma con unaspinta inferiore al previsto. Questi problemi furono analizzati e in granparte risolti per i voli successivi cambiando le frequenze di risonanzadei componenti e aggiungendo degli smorzatori. È a questo che servo-no i voli di collaudo.

Contrariamente a quanto detto da Voyager e Percy, i problemi di oscilla-zioni rimasero anche in tutte le missioni successive. Per esempio, si mani-festarono nel motore centrale del secondo stadio dell'Apollo 8 edell'Apollo 10. Le missioni Apollo 11 e 12 ebbero vibrazioni violente dellostesso motore centrale, dovute però a un diverso effetto “pogo”. Nell'A-pollo 13 questo effetto fu così violento da causare lo spegnimento auto-matico del motore per evitare la distruzione del veicolo, ma modificheapportate all'Apollo 14 lo ridussero a livelli tollerabili.

Nella sezione Tutto andò troppo liscio, inoltre, abbiamo visto che tutte lemissioni ebbero guasti e problemi di vario genere. L'idea che le missionilunari divennero improvvisamente impeccabili è dunque un mito.

Manca il rumore dei motori nell'audiodell'allunaggioIN BREVE: Nel modulo lunare, gli astronauti sono vicinissimi al motore di di-scesa e hanno letteralmente dentro la cabina quello di risalita. Eppure nellecomunicazioni radio stranamente non si sente il rumore del motore a razzo.Ma è giusto così: i microfoni erano fatti apposta per captare solo i suoni vici-ni e smorzare il rumore ambientale, e comunque nel vuoto non c'è interazio-ne del getto dei motori con l'aria, che è la principale causa di rumore.

IN DETTAGLIO: Bill Kaysing, nel libro Non siamo mai andati sulla Luna,nota a pagina 207-208 che “parlare vicino un motore a razzo in azione sa-rebbe impossibile, sia per le vibrazioni che per il volume sonoro sviluppato”,eppure le registrazioni delle voci degli astronauti sono prive di rumore.

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Se è per quello, non c'è il rumore dei motori neppure nelle registrazionidelle voci degli astronauti che decollano con lo Shuttle. Quando faccia-mo un viaggio in aereo e il comandante fa un annuncio ai passeggeri, lasua voce non è coperta dal rumore dei motori, anche se quello stesso ru-more è udibile nella cabina dei passeggeri. La vicinanza del microfonoalla bocca di chi parla permette alla voce di coprire l'eventuale rumore difondo dei motori.

Inoltre il rumore dei motori di un veicolo spaziale non è di “circa 140-150decibel” come afferma Kaysing.

Infatti quando un motore a razzoviene azionato nel vuoto, il suogetto si espande senza incontrareostacoli. Non colpisce a velocitàsupersonica un'atmosfera e quin-di non produce le onde d'urtoche invece generano il forte ru-more udibile a terra durante i lan-ci di grandi vettori.

Nello spazio si ode talvolta unbotto nell'istante dell'accensione,prima che la combustione si sta-bilizzi a regime, e si percepiscequalche vibrazione, ma a partequesto i motori non fanno rumo-re. Se Kaysing fosse stato l'esper-to di missilistica che sosteneva diessere, l'avrebbe saputo.

Va aggiunto che i microfoni utiliz-zati per le missioni spaziali e inaviazione sono concepiti apposi-tamente per funzionare in ambienti rumorosi. Captano soltanto suoni diprossimità e vanno quindi tenuti vicinissimi alla bocca, tanto che l'astro-nauta Bill Anders (Apollo 8) li chiamava scherzosamente “tonsillofoni”(“tonsil mike”) perché a suo dire occorreva praticamente metterseli ingola per farli funzionare.

Figura 203. Bill Anders si prepara per lamissione Apollo 8. Si notano i microfoni ai

lati del mento. Foto 68-H-1330.

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Presunte anomalie fisiche

Troppo caldo: la pellicola si sarebbe liquefattaIN BREVE: È vero che sulla Luna la temperatura oscilla da +100 a -100°C,ma questi sono i valori massimi e minimi, raggiunti dopo il “mezzogiorno”del lungo giorno lunare (che dura quattordici giorni terrestri) e al terminedell'altrettanto lunga notte. Ma gli astronauti allunarono poco dopo l'albalocale, quando le temperature erano molto più miti. Oltretutto quei valorisono riferiti al suolo, rispetto al quale la pellicola era isolata grazie al vuoto,come in un thermos. Sulla Luna, infatti, non c'è atmosfera che conduca il ca-lore dal suolo alla pellicola. La pellicola era comunque di un tipo speciale, re-sistente agli sbalzi termici, già usata per le ricognizioni aeree d'alta quota, ele fotocamere erano trattate per riflettere il calore dell'esposizione al Sole,che non è molto diverso da quello che si ha in montagna sulla Terra.

IN DETTAGLIO: Secondo Bill Kaysing, sulla Luna “le macchine fotografichepassavano da una temperatura di +100° nelle zone esposte alla luce solarediretta, ai -100° delle zone d'ombra. Immaginate quale stress termico avreb-be subito un materiale tanto delicato come un'emulsione fotografica...”.78

Stando a quanto scritto da Kaysing, insomma, le fotografie lunari sareb-bero impossibili. Ma l'analisi dei fatti dimostra che questo autore luna-complottista è scivolato su un errore scientifico grossolano.

Innanzi tutto, le temperature citate sono quelle massime e minime, che siraggiungono rispettivamente dopo la metà del giorno lunare (che com-porta quattordici giorni terrestri di esposizione al Sole) e appena primadell'alba (dopo quattordici giorni terrestri di buio). Tutti gli sbarchi lunariavvennero poco dopo l'alba lunare, quando le temperature erano lonta-ne da questi estremi. L'elevazione massima del Sole sull'orizzonte fu di

78 Bill Kaysing, Non siamo mai andati sulla Luna, pagine 53-54.

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48,7° al termine della terza escursione dell'Apollo 16. Nella stessa missio-ne furono rilevate temperature di 57°C al sole e -100°C all'ombra.

In secondo luogo, quei valori si riferiscono alla temperatura del suolo lu-nare. Ma sulla Luna non c'è un'atmosfera significativa che possa essere ri-scaldata dal suolo, per cui non c'è modo di trasmettere calore dal suoloalla pellicola. È lo stesso principio del vuoto isolante che funziona cosìbene nei thermos. Nel vuoto, il calore non si propaga per conduzione e/oconvezione, come sulla Terra, ma soltanto per irraggiamento. Non c'è ariacalda che scaldi gli oggetti per contatto. Di conseguenza, la temperaturaal suolo è praticamente irrilevante per la pellicola, e parlare di questi va-lori estremi di temperatura in relazione alle pellicole è ingannevole ed èun errore dilettantesco.

Inoltre sulla Luna un oggetto esposto al sole riceve praticamente la stes-sa quantità di energia termica che riceve sulla Terra in alta montagna inuna giornata limpida, perché l'irradiazione dipende dalla distanza dallafonte di calore, e la Luna e la Terra sono sostanzialmente alla stessa di-stanza dal Sole. Non c'è nulla di magicamente incendiario nella luce sola-re che colpisce la Luna: in termini di calore è sostanzialmente la stessache riceviamo qui sul nostro pianeta.

In altre parole, una pellicola esposta al sole sulla Luna subisce lo stessotipo di sollecitazioni termiche che subisce sulla Terra in una giornata disole intenso in alta montagna. E sappiamo che persino i turisti riescono afare foto in montagna e anche nel caldo dei tropici o del deserto senzache si squagli la pellicola o risultino colori orripilanti.

Si può obiettare che sulla Luna il lato esposto al Sole della fotocamera siscalda fortemente, mentre quello in ombra si raffredda altrettanto inten-samente; ma occorre tenere conto del fatto che questi processi non sonorepentini, anche perché fra fotocamera e pellicola c'è poco trasporto dicalore: infatti dentro la fotocamera c'è il vuoto, proprio come in un ther-mos. Il calore si propaga dalla fotocamera verso la pellicola e viceversaper conduzione soltanto nelle poche zone di contatto fra fotocamera epellicola.

Del resto, se si sostiene che è impossibile che una pellicola sopporti lecondizioni di vuoto e di temperatura sulla Luna, allora si deve sostenereche tutte le foto fatte nello spazio durante le passeggiate spaziali russe e

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americane sono false, perché non ci sono differenze, né di temperaturané di vuoto né di esposizione al sole, fra le condizioni sulla Luna e quellein orbita intorno alla Terra.

Per esempio, la Figura 204 mostral'astronauta Ed White durante lasua escursione all'esterno dellacapsula Gemini 4, nel 1965: portacon sé una fotocamera (eviden-ziata dal cerchio), e l'immagineche lo ritrae fu scattata con un'al-tra fotocamera che si trovava an-ch'essa all'esterno. Nessuna delledue pellicole si rovinò.

Inoltre le fotocamere lunari eranostate trattate appositamente inmodo da avere superfici rifletten-ti, anziché quelle classiche nere,come già visto in Figura 28. Que-ste superfici respingevano granparte del calore ricevuto dal Sole.

Nel caso delle fotografie lunari,oltretutto, non fu impiegata una pellicola qualsiasi, ma una pellicola da70 mm della Kodak, concepita appositamente per le ricognizioni fotogra-fiche aeree in alta quota, nelle quali doveva sopportare temperature finoa -40°C. Questa pellicola aveva una base sottile di poliestere (Estar) fattasu misura, che fonde a circa 260°C, ed usava un'emulsione Ektachrome ingrado di lavorare su un'ampia gamma di temperature.

C'è chi obietta che le pellicole chimiche hanno una gamma di tempera-ture piuttosto ristretta, tanto che i fotografi professionisti stanno beneattenti a tenere le pellicole al caldo o al fresco secondo necessità. Maquesta è una gamma ottimale, specificata per ottenere i risultati cromati-ci migliori: non vuol dire che al di fuori della gamma la pellicola si rompeo si liquefa.

Figura 204. Ed White usò una normalefotocamera (cerchiata qui sopra, davanti al

petto dell'astronauta) durante la suapasseggiata spaziale nel 1965. Foto NASA

S65-30431.

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Le fasce di Van Allen avrebbero uccisogli astronautiIN BREVE: No, queste fasce nonsono così mortali: i russi le feceroattraversare da cavie animali sen-za problemi e gli americani effet-tuarono missioni sperimentali permisurare se la schermatura dellecapsule Apollo era sufficiente. Co-munque le missioni lunari seguiro-no traiettorie calcolate proprio perevitare di attraversare le zone di ra-diazione più intensa. L'esposizionericevuta dai rapidi passaggi attra-verso le fasce di Van Allen dellemissioni Apollo fu inferiore a quella di una radiografia toracica o a quellaprodotta dall'ambiente naturale a livello del mare in tre anni.

IN DETTAGLIO: I sostenitori della messinscena lunare affermano che c'èun ostacolo letale per qualunque missione lunare con astronauti: le fascedi Van Allen, due zone di radiazione disposte intorno alla Terra a distanzevariabili secondo l'attività del Sole ma grosso modo comprese fra 100 e10.000 chilometri per quella interna, più intensa, e fra 18.000 e 60.000chilometri per quella esterna. Quindi, dicono, gli sbarchi umani sulla Lunadelle missioni Apollo sono impossibili:

Sarebbe infatti impossibile, a detta di ogni scienziato che si ri-spetti, che un qualunque essere vivente attraversi addirittura leFasce di Van Allen, altrochè arrivare sulla Luna. (Le F. sono unastretta e poderosa cintura di radiazioni, che va da un polo al-l'altro della Terra, e che a sua volta protegge la Terra dalle ra-diazioni cosmiche, ma alla quale è impensabile per noi anchesolo avvicinarsi. Ci hanno provato, negli ultimi anni, gli astro-nauti dello Shuttle, con risultati ben poco confortanti).79

Come spesso avviene, non è fornita alcuna fonte tecnica a supporto aqueste affermazioni: si dice genericamente “a detta di ogni scienziato che

79 Massimo Mazzucco, su Luogocomune.net, tinyurl.com/vanallen.

Figura 205. Rappresentazione grafica dellefasce di Van Allen.

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si rispetti”, senza però fare nomi specifici o riferimenti a pubblicazioni au-torevoli di settore.

In realtà basta consultare la letteratura specialistica (per esempio i testiriportati nella bibliografia in fondo a questo libro) per notare che la que-stione della relativa pericolosità delle radiazioni delle fasce di Van Allenera ben nota all'epoca delle missioni lunari (la loro scoperta risale al1958) e che il problema era ritenuto perfettamente risolvibile.

Nel 1968 la sonda sovietica Zond 5 attraversò le fasce di Van Allen perportare intorno alla Luna vari esseri viventi, che tornarono incolumi. Perle missioni Apollo, l'esposizione alle fasce fu calcolata e misurata tramitelanci di prova: specificamente, la missione Apollo 6 (aprile 1968) portò inorbita terrestre una capsula Apollo priva di equipaggio e piena di stru-menti proprio per misurare la capacità del veicolo di bloccare le radiazio-ni delle fasce di Van Allen. L'esposizione risultò comparabile a quella diqualche radiografia medica, quindi più che sopportabile.

La NASA dichiara, nel Mission Report dell'Apollo 11, che la dose totale diradiazioni misurata dai dosimetri e ricevuta dagli astronauti durante tut-to il viaggio fu compresa fra 0,25 e 0,28 rad. Il dosimetro specifico per lefasce di Van Allen rilevò dosi di 0,11 rad per la pelle e 0,08 rad in profon-dità, quindi ben al di sotto dei valori significativi dal punto di vista medi-co. Un ulteriore approfondimento è disponibile nella pubblicazioneNASA Biomedical Results of Apollo.

Chi non si volesse fidare della NASA può consultare, per esempio, l'artico-lo divulgativo The Van Allen Belts and Travel to the Moon di Bill Wheaton,specialista in astronomia a raggi gamma presso il Jet Propulsion Labora-tory (JPL).80 Wheaton fornisce dati concreti sulle radiazioni nello spazio especificamente nella zona più pericolosa, appunto le contestate fasce diVan Allen. Emerge che i dati scientifici pubblicati dalla NASA a propositodelle radiazioni di queste fasce devono essere veritieri, altrimenti anche isatelliti automatici odierni, che le attraversano e ne sono influenzabili,non funzionerebbero e verrebbero fritti.

L'astronomo Phil Plait osserva, nel libro Bad Astronomy: Misconceptionsand Misuses Revealed, from Astrology to the Moon Landing 'Hoax', che i do-simetri portati dagli equipaggi Apollo rilevarono un dosaggio cumulati-vo grosso modo pari a una radiografia toracica, ossia 1 milligray. La dose

80 www.wwheaton.com/waw/mad/mad19.html.

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media risultò inferiore a 1 rem, pari alla radiazione prodotta dall'ambien-te naturale che una persona riceve, vivendo al livello del mare, nel corsodi tre anni.

Inoltre James Van Allen stesso sottolineò, già nell'articolo del 1960 Onthe Radiation Hazards of Space Flight, che le fasce non avviluppano l'inte-ro pianeta e non vanno affatto “da un polo all'altro”, ma formano una sor-ta di ciambella che sfuma a partire da circa 30° al di sopra e al di sottodell'equatore. Per aggirarle o passare attraverso le loro zone meno inten-se basta quindi adottare una traiettoria opportunamente inclinata: cosache fecero appunto tutti i veicoli delle missioni Apollo, sia all'andata siaal ritorno (Figura 206).

L'intero transito dell'Apollo 11 attraverso le fasce di Van Allen durò circa90 minuti; la zona di massima intensità fu aggirata in una decina di mi-nuti.

Figura 206. La traiettoria di partenza dell'Apollo 11. Quella di rientro fu ancora piùinclinata. Fonte: Rocket & Space Technology.

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Le radiazioni spaziali avrebbero uccisogli astronautiIN BREVE: No. Le radiazioni presenti nello spazio interplanetario sono para-gonabili a quelle ricevute dagli astronauti della Stazione Spaziale Interna-zionale, che restano nello spazio anche per sei mesi di seguito.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti argomentano che gli astronautiApollo rimasero fino a dodici giorni al di fuori del campo magnetico ter-restre, che protegge dalle radiazioni letali presenti nello spazio: questoavrebbe dovuto ucciderli. Ma i sostenitori di questa tesi usano il termine“radiazioni” senza cognizione di causa. Non tutte le radiazioni sono ugua-li e non tutte sono letali: molto dipende dalla dose. Anche la vita quoti-diana ci espone alla radiazione naturale prodotta dall'ambiente.

Nella sezione precedente si è visto che una missione lunare media, stan-do ai dosimetri portati dagli astronauti Apollo, li espose complessiva-mente a una dose inferiore a 1 rem, che è quella che si ricevedall'ambiente in tre anni di vita al livello del mare.

Specificamente, le radiazioni nello spazio interplanetario e sulla Lunasono paragonabili a quelle ricevute dagli astronauti che percorronoun'orbita terrestre bassa, come quella della Stazione Spaziale Internazio-nale. Ecco alcuni dati, espressi in rem/anno, delle radiazioni assorbite daun essere umano a varie quote e nello spazio:81

Livello del mare 0,02 - 0,04

1500 metri 0,04 - 0,06

3000 metri 0,08 – 0,12

12.000 metri (jet) 2,8

Orbita terrestre bassa 10

Fasce di Van Allen 500

Superficie lunare 7 – 12

Spazio interplanetario 13 – 25

81 Missione impossibile?, Eugene N. Parker, in Le scienze, luglio 2006.

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I raggi X nello spazio avrebbero velato le pellicoleIN BREVE: No, perché le dosi non sarebbero state sufficienti. Gli esperimentieffettuati dai lunacomplottisti usano metodi grossolanamente errati e do-saggi enormemente superiori a quelli che potevano ricevere le pellicole nellevarie fasi del viaggio.

IN DETTAGLIO: Il libro Dark Moon di Bennett e David Percy descrive i testeffettuati da David Groves: alcune pellicole sono state esposte a raggi X esi sono velate o addirittura cancellate. Quindi, secondo loro, la stessacosa si sarebbe dovuta verificare anche per le pellicole portate sullaLuna.

Ma i test di Groves hanno esposto la pellicola ai raggi X direttamente,senza protezione, mentre le pellicole lunari rimasero per quasi tutto ilviaggio dentro contenitori schermati, all'interno dell'ulteriore schermatu-ra offerta dalla capsula Apollo e dal LM. Anche quando furono portatesulla superficie lunare, rimasero all'interno del caricatore metallico dellefotocamere, che aveva anch'esso un'azione schermante.

Inoltre questi test hanno bombardato le pellicole di prova con un fascioda 8 MeV (milioni di elettronvolt) usando un acceleratore lineare. Secon-do gli astronomi, invece, i raggi X provenienti dallo spazio hanno un'e-nergia di meno di 5 keV (migliaia di elettronvolt): milleseicento volte piùdeboli di quelli che hanno velato le pellicole di Groves.

È una differenza importante non solo in termini numerici: infatti perschermarsi da raggi X con energia inferiore a 5 keV bastano alcuni foglidi carta; per quelli inferiori a 3 keV basta addirittura qualche decina dicentimetri d'aria.

L'esperimento di David Groves dichiara di aver esposto le pellicole diprova a 25, 50 e 100 rem di radiazioni. Ma l'unità è grossolanamente sba-gliata, perché il rem si usa soltanto per indicare le radiazioni assorbite daitessuti del corpo umano. Usarla per le pellicole indica una scarsa compe-tenza in materia che poco si addice a un vero esperto di effetti delle ra-diazioni. È come dire che le distanze si misurano in litri.

È vero, però, che per i raggi X 1 rad equivale a 1 rem. Se ipotizziamo cheGroves intendesse parlare di dosi da 25 a 100 rad, abbiamo visto dalla se-zione precedente che 25 rad, la dose più bassa usata da Groves, equival-gono a vari anni di permanenza nello spazio.

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Il viso esposto al sole si sarebbe ustionatoIN BREVE: No. La radiazione solare sulla Luna è la stessa che ricevono gliastronauti quando lavorano all'esterno della Stazione Spaziale Internazio-nale o dello Shuttle, eppure non li si vede rientrare ustionati, perché anche laparte trasparente del casco, oltre alla visiera dorata riflettente, filtra e bloccai raggi ultravioletti che causano le ustioni solari.

IN DETTAGLIO: Secondo i com-plottisti lunari, sulla Luna i raggisolari non filtrati dall'atmosferadovrebbero ustionare il volto de-gli astronauti, eppure ci sono fotoe filmati in cui girano tranquilla-mente con la visiera protettiva al-zata (Figura 207) nonostante leradiazioni solari siano “poderose”e “milioni di volte più forti di quelleche noi riceviamo, filtrate dall'at-mosfera, sulla Terra”.

Così afferma, perlomeno, MassimoMazzucco, responsabile del sitoLuogocomune.net, sostenitore divarie tesi di cospirazione, aggiun-gendo che per quanto possa esse-re filtrante il materiale trasparentedel casco, “non è certo pensabile di poter passare più di un paio di secondialla diretta luce del sole, senza friggere come cotechini. Al di là della radiazionicosmiche, infatti, la superficie lunare raggiunge al sole delle temperature me-die fra i cento e i duecento gradi centigradi, mentre all'ombra le temperature siabbattono drasticamente sotto i meno-cento gradi centigradi.”82

“Friggere come cotechini” è un'espressione indubbiamente colorita, ma èpriva di qualunque fonte autorevole ed è contraddetta dal semplice fattoche anche gli astronauti che lavorano all'esterno dello Shuttle o dellaStazione Spaziale Internazionale non beneficiano dell'effetto filtrantedell'atmosfera terrestre e quindi sono esposti alle stesse “poderose” radia-zioni solari dei loro colleghi lunari, eppure non si ustionano il viso néfriggono come cotechini. Lo si nota, per esempio, in Figura 208. Inoltre le

82 tinyurl.com/cotechini. Va detto che il cotechino non si frigge, si fa bollire.

Figura 207. Un fotogramma tratto dalleriprese televisive della missione Apollo 17.

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temperature del suolo non c'entrano nulla con le ustioni o scottature so-lari, come ben sa chi si scotta in montagna benché ci siano neve e ghiac-cio per terra. Le ustioni sono prodotte dai raggi ultravioletti presentinella luce solare diretta o riflessa, non dal calore.

I fatti tecnici spiegano come stan-no le cose realmente: il casco tra-sparente pressurizzato (pressurehelmet) che circonda la testa del-l'astronauta, sotto il casco ester-no, è fatto di Lexan, un materialeestremamente resistente e so-prattutto altamente opaco ai rag-gi ultravioletti.

In pratica, gli astronauti lunarinon si ustionano per lo stessomotivo per il quale non ci si ab-bronza stando in auto se non si abbassano i finestrini: il materiale traspa-rente lascia passare la luce visibile ma blocca i raggi ultravioletti.

Durante le escursioni lunari e le passeggiate spaziali, gli astronauti indos-sano sopra il casco pressurizzato un ulteriore casco protettivo dotato didue visiere: una più interna, che filtra ulteriormente i raggi ultravioletti equelli infrarossi, e una esterna (quella dorata), che filtra la luce visibile(come gli occhiali da sole a specchio) per ridurre l'abbagliamento e forni-sce una barriera aggiuntiva a raggi ultravioletti e infrarossi.83 Gli astro-nauti alzano la visiera dorata quando si trovano in ombra o penombra ea volte dimenticano di riabbassarla quando tornano al sole, ma restanocomunque protetti contro le scottature. Al massimo rischiano di essereabbagliati dalla luce intensa.

I cambi di rullino all'aperto erano impossibiliIN BREVE: Non erano impossibili: gli astronauti avevano fotocamere appo-site che consentivano il cambio di rullino anche in pieno sole e con i guantidella tuta. Era una tecnologia già usata comunemente dai fotografi profes-sionisti. L'operazione è visibile nelle dirette televisive.

83 Biomedical Results of Apollo, sezione 6, capitolo 6, Pressure Helmet Assembly.

Figura 208. Jerry L. Ross lavora all'esternodello Shuttle Atlantis (1991). Foto NASA S37-

18-03.

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IN DETTAGLIO: Secondo alcuni lu-nacomplottisti è impossibile chegli astronauti potessero cambiarela pellicola delle proprie fotocame-re mentre indossavano gli spessis-simi guantoni della tuta spaziale eoltretutto all'aperto, in pieno sole.Inoltre nelle registrazioni delle mis-sioni non risulta che rientrasseronel modulo lunare ogni volta chedovevano cambiare rullino. Quindi,si dice, non possono aver fatto tut-te le migliaia di fotografie che as-seriscono di aver scattato.

La risposta è semplice: le pellicole delle fotocamere Hasselblad utilizza-te sulla Luna non erano i classici rullini con delicate linguette da infilarestando al buio o in ombra, ma caricatori sigillati con innesto a scattosul corpo della fotocamera (Figura 209), fatti appositamente per esserecambiati anche alla luce del giorno: una tecnologia che veniva già uti-lizzata comunemente dai fotografi professionisti dell'epoca per potercambiare pellicola anche a metà di un rullino.

Non tutte le missioni, comunque,effettuarono cambi di caricatore:per esempio, la missione Apollo 11ne usò uno solo durante l'escur-sione lunare.

Maneggiare i caricatori con glispessi guanti della tuta spazialenon era un problema, dato cheerano cubi da 10 centimetri circa(Figura 210). Inoltre i caricatoriusati sulla Luna furono modificatiper dotarli di anelli di presa piùgrandi del normale, in modo darendere agevole la rimozione del-la darkslide (lamina estraibile di protezione della pellicola, Figura 211)anche mentre si indossavano i guanti lunari.

Figura 209. Innesto di un caricatore sulcorpo di una fotocamera Hasselblad. Icaricatori usati sulla Luna erano piùgrandi di quello mostrato. Immagine

tratta dal manuale Hasselblad.

Figura 210. Charlie Duke ha in mano uncaricatore di pellicola e sta per cambiarlo.

Immagine tratta dalla diretta televisivadella missione Apollo 16.

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Nelle normali fotocamere com-merciali che usano un caricatore,la darkslide si rimuove dopo avermontato il caricatore sul corpodella fotocamera, in modo da po-ter cambiare pellicola anche ametà senza che prenda luce. Inquelle lunari, invece, bisognava ri-muovere la darkslide prima dimontare il caricatore. Questa dif-ferenza era dovuta alla presenzadella reseau plate, ossia il vetrinosul quale erano incise le crocetteoggi visibili nelle fotografie.

Questa variazione significava an-che che la porzione di pellicolavisibile prendeva luce ed era inu-tilizzabile, ma questo non era unproblema nel caso particolare de-gli astronauti, che normalmentenon cambiavano caricatore primadi averne esaurito completamen-te la pellicola.

Gli astronauti, inoltre, effettuava-no regolarmente tre o quattroscatti a vuoto quando iniziavanoun caricatore per far avanzare lapellicola ed essere sicuri di farefoto su una porzione di pellicolache non aveva preso luce.

La Figura 212 mostra un caricatore utilizzato sulla Luna nella missioneApollo 11. Il confronto con il caricatore di Figura 211 permette di notare,sulla destra, l'anello di estrazione della darkslide, che nel caricatore Apolloè molto più grande proprio per consentirne l'uso anche con i guanti del-la tuta durante le escursioni sulla superficie selenica.

Figura 211. Caricatore Hasselblad normale,con darkslide parzialmente estratta. Credit:

Ulrich Lotzmann.

Figura 212. Il caricatore R della missioneApollo 11, oggi esposto al National Air andSpace Museum di Washington, D.C. Si noti

l'anello maggiorato per estrarre la darkslidecon i guanti della tuta spaziale.

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Impossibile raffreddare un astronauta nel vuotoIN BREVE: Non è impossibile: basta trasferire il calore all'apposita riservad'acqua contenuta negli zaini e poi scaricare l'acqua riscaldata. Il contattocol vuoto la fa gelare, togliendo ulteriore calore all'astronauta.

IN DETTAGLIO: Sul sito italiano Luogocomune.net84 si afferma che “nonsi conosce nessuna tecnologia in grado di raffreddare l'interno di una tuta,chiusa ermeticamente, senza un qualunque compressore/decompressoreche si preoccupi di trasformare e disperdere il calore. Bisognerebbe infinespiegare come sia possiblie [sic] disperdere calore direttamente nel vuoto at-mosferico.”

Ma basta leggere i manuali tecni-ci dell'epoca per rendersi contoche la tecnologia c'era eccome. Ilcalore generato dall'astronautaveniva smaltito mediante unasotto-tuta aderente, il Liquid Coo-ling Garment, nella quale circolavaacqua, come avviene in alcunetute di piloti e meccanici di For-mula Uno. L'acqua riscaldata en-trava in uno scambiatore dicalore dentro lo zaino dell'astro-nauta, dove cedeva il proprio ca-lore a una riserva d'acqua pari aquattro litri, portati a 5,2 nelletute delle missioni più avanzate.

Quest'acqua raggiungeva un su-blimatore, dove veniva messa len-tamente a contatto con il vuotoesterno. Il conseguente calo dipressione, in ossequio alle leggidella fisica, ne abbassava la tem-peratura: l'acqua ghiacciava sullasuperficie esterna del sublimatoree lì si trasformava direttamente da ghiaccio in vapore acqueo, che venivascaricato all'esterno con un apposito condotto.

84 tinyurl.com/cotechini.

Figura 213. L'interno di uno zaino delle tutespaziali Apollo.

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Il sistema permetteva di smaltire fino a 2000 BTU/ora, più che sufficientiper tenere fresco un astronauta, tanto che John Young osservò che già laregolazione intermedia lo faceva gelare.

Manca il cratere prodotto dal motore del LMIN BREVE: No, non manca: non ci deve essere. L'idea che il motore del mo-dulo lunare dovesse produrre un cratere durante l'allunaggio deriva da alcu-ni disegni pubblicati dalla NASA prima degli sbarchi. Ma si tratta dirappresentazioni artistiche: i tecnici sapevano già che non si sarebbe forma-to un cratere, perché le sonde automatiche Surveyor avevano già effettuatoallunaggi e trasmesso le immagini del suolo circostante.

IN DETTAGLIO: Bill Kaysing85

scrisse che le fotografie non mo-strano il cratere sotto il modulolunare, che invece c'è “in tutte leanimazioni NASA sui voli lunari”.

È indubbiamente vero che inmolte delle illustrazioni preparatedalla NASA e dalla stampa perspiegare l'allunaggio prima cheavvenisse c'è un vistoso crateresotto il modulo lunare, prodottodal suo motore. La Figura 214 mo-stra una di queste illustrazioni,realizzata dal celebre artista sta-tunitense Norman Rockwell.

Ma le illustrazioni artistiche sono,appunto, artistiche. Non hannopretesa di rappresentare con as-soluta fedeltà la fisica di un even-to. Spesso in questo genered'immagine ci sono licenze stili-stiche utili a rendere più viva edefficace l'immagine. Per esempio,

85 Non siamo mai andati sulla Luna, pagina 202.

Figura 214. Illustrazione dell'allunaggiorealizzata da Norman Rockwell.

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nell'illustrazione di Rockwell sono visibili le stelle, ma abbiamo già vistoche salvo condizioni particolari le stelle non sono visibili dalla Lunaquando la superficie è illuminata dal Sole. Anche la falce di Terra è im-possibile, perché per avere il nostro pianeta illuminato in quel modo ilSole dovrebbe stare sotto l'orizzonte lunare e quindi il suolo della Lunadovrebbe essere buio; invece nell'illustrazione le ombre provengono dasinistra e il terreno è illuminato.

La presenza del cratere nelle illustrazioni, insomma, non prova che lemissioni lunari furono falsificate: prova semplicemente il talento artisticodi chi voleva realizzare immagini dinamiche e di forte impatto.

Oltretutto non è vero che tutte leillustrazioni NASA mostrano uncratere sotto il modulo lunare. LaFigura 215 mostra un disegno del-la Grumman (la società che fab-bricò il modulo lunare): qui ilcratere non c'è e la Terra è illumi-nata coerentemente rispetto alladirezione delle ombre.

Chiarito quest'errore di fondo, ècomunque sensato chiedersicome mai non vi siano segni evi-denti di crateri o alterazioni visto-se della superficie sotto il veicolodi allunaggio. È comprensibile pensare che per tenere librato un veicoloda ben 15 tonnellate come il modulo lunare, il suo motore a razzo doves-se produrre una spinta decisamente ragguardevole che ne contrastasse ilpeso e che quindi avrebbe dovuto produrre sconvolgimenti vistosi delterreno sottostante. O almeno così ci suggerisce l'istinto.

Ma i fatti raccontano una storia ben diversa. Innanzi tutto, la gravità sullaLuna è un sesto di quella terrestre, per cui le 15 tonnellate di peso terre-stre del modulo lunare diventano 2,5 sulla Luna. Inoltre il dato di 15 ton-nellate è riferito al peso terrestre iniziale del veicolo, che però diminuivaman mano che veniva consumato il propellente. I dati di telemetria86 do-cumentano un consumo di circa 8000 chilogrammi di massa di propel-lente, per cui la massa del modulo lunare al momento dell'allunaggio era

86 Apollo 12 - The Nasa Mission Reports, Apogee Books, 1999.

Figura 215. Disegno del modulo lunarerealizzato dalla Grumman prima dello

sbarco. Immagine S69-38662.

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circa 7000 chilogrammi anziché 15.000. Nella gravità lunare, questo si tra-duce in un peso finale di circa 1200 chilogrammi. Per tenere librato il mo-dulo lunare appena prima dell'allunaggio, insomma, bastava una spintadi 1200 chili.

Inoltre la superficie della Luna è costituita da roccia coperta da uno stra-to di polvere, per cui il getto di un motore con una spinta di 1200 chilo-grammi si sarebbe limitato a spazzar via la polvere, scoprendo la rocciasottostante: proprio quello che si vede nelle foto (Figura 216).

Figura 216. L'ugello del motore di discesa del modulo lunare dell'Apollo 11. Si notano inprimo piano la superficie rocciosa liscia e priva di polvere e i segni a raggiera prodotti dal

getto del motore. Foto AS11-40-5921.

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Risolta la questione del cratere, ci si può chiedere se un motore comequello del modulo lunare avrebbe dovuto produrre una bruciatura o fu-sione delle rocce lunari sottostanti. Secondo dati ed esperimenti pubbli-cati presso Clavius.org,87 la temperatura del getto del motore di discesadel modulo lunare, all'uscita dall'ugello, era circa 1500°C. Il getto, però, siespande rapidamente nel vuoto, per cui (come qualunque gas che siespande) si raffredda altrettanto rapidamente.

Gli stessi esperimenti hanno inoltre verificato che persino cinque minutidi torcia ossiacetilenica, che brucia a oltre 3100°C, sono insufficienti a fon-dere una roccia simile a quella lunare. Pertanto la fusione delle rocce sot-to il modulo lunare è improbabile: l'unico effetto che si ottiene è unleggero scolorimento. In effetti in alcune foto, come la AS11-40-5921, sinota proprio uno scolorimento nella zona direttamente sotto l'ugello, mapotrebbe trattarsi anche dell'effetto della reazione chimica del suolo conil propellente.

L'assenza di un cratere era in effetti prevista da tempo dai tecnici. Le set-te sonde automatiche Surveyor, allunate fra il 1966 e il 1968, avevano tra-smesso immagini televisive del suolo dopo l'allunaggio senza mostrarecrateri sotto i veicoli. Le loro analisi chimiche e fisiche avevano già chiari-to che la superficie della Luna era piuttosto compatta e quindi aveva uncomportamento prevedibile.

Decollo dalla Luna, anticipo video impossibileIN BREVE: Non era impossibile riprendere il decollo con la telecamera co-mandata da Terra: il modulo lunare doveva decollare in un istante ben preci-so. Bastava quindi conoscerlo e anticiparlo per compensare il ritardo ditrasmissione e ricezione dei comandi.

IN DETTAGLIO: La tesi di David McGowan, nel sito Wagging the Moon-doggie,88 è che sarebbe stato impossibile riprendere il decollo del modu-lo lunare dalla Luna, come avvenne per le missioni Apollo 15, 16 e 17, acausa del ritardo dei segnali radio che da Terra comandavano il movi-

87 www.clavius.org/techcrater.html.88 davesweb.cnchost.com/Apollo5.html.

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mento della telecamera. L'operatore della telecamera avrebbe dovutoprevedere il futuro per fare una ripresa così perfetta. Infatti il segnale del-la telecamera ci metteva circa un secondo e un quarto a viaggiare allavelocità della luce dalla Luna alla Terra: quindi l'operatore avrebbe visto ildecollo del modulo lunare con un secondo e un quarto di ritardo e il suocomando di movimento della telecamera avrebbe impiegato un altro se-condo e un quarto per arrivare sulla Luna. Con ritardi del genere, sarebbestato appunto impensabile, secondo McGowan, ottenere una ripresacome quella dell'Apollo 17, che segue perfettamente la salita del veicolonel cielo della Luna.

I fatti sono ben diversi. Il modulo lunare doveva partire in un istanteestremamente preciso per incontrare in orbita il modulo di comando.L'orario esatto del decollo era quindi noto, così come lo era la traiettoriadi salita del modulo lunare. Fu quindi sufficiente calcolare il giusto antici-po nell'invio dei comandi.

Le zampe dei moduli lunari non sono impolverateIN BREVE: Lo sono in alcune missioni e in altre no. Nulla di strano: dipendesemplicemente dalla natura del terreno nella zona di allunaggio, perché lageologia e la polvere sulla Luna non sono uguali dappertutto: alcune mis-sioni scesero in zone pianeggianti, altre in zone montuose. Dipende anchedalle modalità di contatto con il suolo: alcuni piloti eseguirono allunaggidelicati, altri meno; alcuni scesero verticalmente, altri spazzarono lunghestrisce. Anche sulla Terra non tutti gli atterraggi sono uguali.

IN DETTAGLIO: Nelle foto della missione Apollo 11 le zampe del modu-lo lunare sono prive di polvere; ma nelle immagini scattate dagli astro-nauti dell'Apollo 17 si vede che le zampe sono visibilmente sporche dipolvere (Figura 217). Come mai così tanta differenza? Se lo chiede, peresempio, la trasmissione televisiva Voyager (Raidue) del 4 marzo 2009.

Si potrebbe essere tentati di rispondere semplicemente “E con questo?”.Chissà mai quale importanza cruciale potrebbe avere la quantità di pol-vere presente sulle zampe del modulo lunare. Domande come questasono un classico esempio dell'accanimento sui dettagli che è tipicodelle tesi cospirazioniste in questo e molti altri campi. Si focalizza l'at-

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tenzione su un aspetto minuscolo, assolutamente banale ed insignifi-cante, e lo si ingigantisce presentandolo come se fosse una prova deva-stante di manipolazione, invece di arrivare alla risposta più ovvia esemplice, che in questo caso è la seguente: la polvere sulle zampe è dif-ferente perché i due veicoli allunarono in due posti geologicamentedifferenti.

Non ci vuole un genio particola-re per capire che la Luna non ètutta uguale e uniforme. Non èuna palla da biliardo monoliticae uniformemente impolverata.Anche a occhio nudo si possonodistinguere i cosiddetti “mari”, os-sia le pianure lunari, e le zonemontuose. Hanno colori differen-ti e sono fatti di rocce geologica-mente diverse tra loro.

Se uno dei due moduli lunari ci-tati da Voyager fosse allunato inpianura e l'altro fosse arrivato in una zona montuosa, sarebbe perfetta-mente comprensibile che uno avesse incontrato un terreno differentedall'altro.

Ed è infatti esattamente quello che accadde. La missione Apollo 11 allu-nò nel Mare della Tranquillità: una zona estremamente pianeggiante,scelta proprio perché comportava minori difficoltà per il primo tentati-vo di allunaggio. Il confronto fra le zone è presto fatto. La panoramicamostrata in Figura 218 è un collage delle fotografie scattate durantequella missione dal medesimo punto.

Figura 217. Un fotogramma dallatrasmissione Voyager mostra la zampa

dell'Apollo 11 (a sinistra) e quella dell'Apollo17 (a destra).

Figura 218. Composizione di una sequenza di fotografie scattate da Neil Armstrongdurante la missione Apollo 11 (AS11-40-5930/31/32/33/34/39/40; Moonpans.com).

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La missione Apollo 17 allunò invece nella Valle di Taurus-Littrow, e le fotopanoramiche di Figura 219 documentano l'aspetto assai montuoso dellazona.

Non pare così misterioso che due zone geologicamente così differentipossano avere stratificazioni di polvere altrettanto differenti. Pete Conrad(Apollo 12) e Dave Scott (Apollo 15) riferirono di aver dovuto effettuareun allunaggio strumentale già da trenta metri di quota a causa della pol-vere. Altri piloti non segnalarono lo stesso problema.

Inoltre non tutti gli allunaggi furono identici. Alcuni arrivarono al suolodelicatamente; altri piuttosto bruscamente. Alcuni moduli lunari sceseropressoché verticalmente; altri, come quello dell'Apollo 11, rimasero libratia pochi metri d'altezza e spazzarono lunghe strisce, anche a destra e a si-nistra, prima di posarsi. Con manovre così differenti, non è così stranopensare che la quantità di polvere spostata dal getto del motore possaessere stata altrettanto differente.

Apollo 11, motore spento ma zampe puliteIN BREVE: Certo che sono pulite: la polvere è schizzata via lontano, spintadal getto del motore, perché sulla Luna non forma volute che restano in arianelle vicinanze, ma segue lunghe traiettorie orizzontali che non sono frenatedall'aria. Il motore dell'Apollo 11 non fu affatto spento prima di allunare: i lu-nacomplottisti ne presentano un audio falsificato.

Figura 219. Panoramiche della zona di allunaggio dell'Apollo 17. Da Moonpans.com.

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IN DETTAGLIO: Secondo la trasmissione Voyager (Raidue) del 4 marzo2009, il modulo lunare dell'Apollo 11 toccò il suolo della Luna “con il mo-tore spento: Armstrong stesso dice di non vedere più nulla a pochi metri dal-la Luna.” Il concetto di motore spento viene sottolineato dall'audiodell'allunaggio, nel quale si sente il colorito ”BAM!” di una voce d'astro-nauta via radio. Il concetto è importante, perché se il motore era spento,non può aver spazzato via la polvere. Infatti Voyager nota che “quasi nullaè stato spostato” e che “le zampe del modulo lunare sono pulite e brillanti.Come mai sotto il modulo non sembra essere accaduto nulla?”

Ma andando a verificare la trascri-zione delle comunicazioni radiodell'allunaggio dell'Apollo 11 siscopre che è falso che il modulolunare toccò con il suolo “con ilmotore spento” e che il ”BAM!” èstato aggiunto da Voyager ed èassente nelle registrazioni origi-nali: proviene invece dalla missio-ne Apollo 15 (la voce è quella diIrwin, a 104:42:29). Il presunto mi-stero, insomma, è stato fabbricatoad arte.

Nelle comunicazioni radio dell'A-pollo 11, a 102:45:40 Buzz Aldrindice “Contact Light”: significa chealmeno una delle sonde alte 173centimetri, situate sotto le zampedel modulo lunare (Figura 220),ha toccato il suolo, facendo ac-cendere un'apposita spia in cabi-na. A 102:45:43, il registratore dibordo capta la voce di Neil Armstrong che dice “Shutdown“ (spegnimen-to). Un secondo più tardi, Aldrin comunica via radio “Okay. Engine stop”("OK. Il motore si è fermato"). Il motore principale fu dunque spento nonprima, ma quattro secondi dopo il contatto con il suolo, ed ebbe quinditutto il tempo di spazzar via la polvere sottostante prima che le zampevere e proprie toccassero il terreno lunare.

Figura 220. Una delle sonde di contattocollocate sotto le zampe del modulo lunare.

Dettaglio della foto AS11-44-6574.

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Le impronte degli astronauti sono troppo nitideIN BREVE: No, sono esattamentequello che ci si aspetta da polverearida e non levigata nel vuoto.

IN DETTAGLIO: Ralph René e altrisostengono89 che per ottenereimpronte nitide nella polvere oc-corre che la polvere sia umida, al-trimenti si ottengono soltantoimpronte indistinte. ”Le unichetracce chiare che possiamo lasciaresu una spiaggia sabbiosa, non im-porta quanto sia grezza o fine lasabbia, sono quelle vicino all'ac-qua” dice René. Ma sulla Lunanon c'è umidità, per cui secondo ilunacomplottisti non si dovreb-bero formare impronte così nettecome quelle lunari.

Chi sostiene questa tesi non considera che la sabbia, sulla Terra, è sog-getta a condizioni ben diverse da quelle lunari. Sul nostro pianeta, i variagenti atmosferici muovono e rimescolano continuamente i granelli disabbia, dando loro superfici lisce che hanno un attrito molto ridotto. Sul-la Luna quest'azione levigante non c'è e quindi i granelli della “sabbia“lunare (tecnicamente si chiama regolite) sono spigolosi e ruvidi e quinditendono ad incastrarsi fra loro più di quanto faccia la sabbia terrestre.Questo produce una maggiore coesione e quindi impronte più nette.

Anche la forza di gravità che agisce sulla polvere lunare è diversa: è unsesto di quella terrestre, per cui gli accatastamenti di granelli sulla Lunahanno una minore tendenza a crollare. Inoltre la regolite lunare ha unanotevole carica elettrostatica, per cui i granelli lunari tendono ad aderirefra loro. 90

89 NASA Mooned America!, pagina P-7.90 Effects of gravity on cohesive behavior of fine powders: implications for processing Lunar

regolith, Otis R. Walton, C. Pamela De Moor e Karam S. Gill, in Granular Matter, vol. 9 n. 6(2007).

Figura 221. Un'impronta lasciata da BuzzAldrin (Apollo 11). Dettaglio della foto AS11-

40-5877.

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Sulla Terra tutto questo non av-viene e un'impronta nella sabbiaasciutta collassa. Queste differen-ze consentono invece alla regoli-te del suolo lunare di formareimpronte molto più nitide dellanorma terrestre.

Come ulteriore conferma, la tra-smissione statunitense Mythbu-sters ha collocato in una camera avuoto un materiale geologica-mente identico alla regolite e haprovato a lasciarvi un'impronta, ottenendo un risultato molto simile aquello visibile nelle foto lunari nonostante la gravità sei volte maggiore el'assenza di elettricità statica significativa (Figura 222).

Il portello del modulo lunare era troppo strettoIN BREVE: No, non era troppo stretto perché ci passasse un astronauta contuta e zaino. I lunacomplottisti che affermano di aver trovato dimensioni in-compatibili hanno misurato la larghezza della tuta spaziale floscia anzichéindossata e con le braccia ai lati del corpo, ma gli astronauti passavano dalportello stando carponi e quindi con le braccia sotto il corpo, cambiandodrasticamente la propria larghezza effettiva.

IN DETTAGLIO: James Collier, autore del libro e DVD Was It Only a PaperMoon?, racconta di aver misurato direttamente il vano del portello ante-riore di un modulo lunare e di aver scoperto che era largo solo 81 centi-metri. Questa larghezza, a suo dire, non avrebbe permesso a unastronauta, bardato nella propria tuta spaziale e con lo zaino di sopravvi-venza sulle spalle, di uscire dal modulo lunare, perché l'astronauta in tutasarebbe stato largo quanto il vano del portello e quindi vi sarebbe rima-sto incastrato. Mary Bennett e David Percy ripetono la stessa affermazio-ne nel loro libro Dark Moon.

Le dimensioni del vano del portello indicate da queste fonti sono so-stanzialmente esatte: circa 81 centimetri in altezza e in larghezza.91 L'er-

91 Apollo 11 Press Kit; Lunar Module Operations Handbook.

Figura 222. L'impronta ottenuta nellaregolite nel vuoto da Mythbusters.

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rore nella tesi lunacomplottista sta nel metodo di misura della larghez-za dell'astronauta. Lo zaino passa agevolmente dal vano del portello,perché è largo circa 51 centimetri: ma secondo i sostenitori della tesi dimessinscena la tuta spaziale sarebbe larga 81 centimetri, ossia quanto ilvano dal quale sarebbe dovuta passare. Solo che questa misura si riferi-sce alla tuta quando non è indossata e quindi è piatta. Qualunque in-dumento risulta più largo quando è spianato che quando vieneindossato, per un'ovvia ragione geometrica.

Inoltre la misura viene presa da gomito a gomito, disponendo le bracciaai lati del tronco, e spianando anche le maniche, che quindi diventanopiù larghe di quanto lo siano quando la tuta viene indossata. Ma gliastronauti passavano dal vano del portello stando carponi, quindi con lebraccia raccolte sotto di sé, per cui è scorretto includere la larghezza del-le maniche (oltretutto flosce). La larghezza massima reale degli astronau-ti era quella delle spalle, che da un vano di 81 centimetri (grosso modo lalarghezza di una tipica porta di casa) passavano agevolmente.

Del resto, basta guardare le foto-grafie lunari, come la AS11-40-5862 (Figura 223), che mostraBuzz Aldrin mentre scende dalmodulo lunare passando dalvano del portello, per capire chela larghezza del vano era suffi-ciente. La manovra, a detta degliastronauti, non era facile, ma eracomunque fattibile.

Chi avesse dubbi residui può pro-curarsi una copia delle tute Apol-lo, liberamente acquistabile neinegozi specializzati in facsimili dioggetti aerospaziali, e misurare ledimensioni del vano del portellovisitando l'esemplare originale dimodulo lunare esposto al pubbli-co presso il National Air and Spa-ce Museum di Washington, D.C.. Figura 223. Buzz Aldrin esce dal modulo

lunare per raggiungere la superficie dellaLuna. Dettaglio della foto AS11-40-5862.

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Presunte anomalie fisiche – 213

Le tute pressurizzate sarebbero state gonfissimeIN BREVE: No, perché erano dotate di uno strato di contenimento parago-nabile a quello che si vede nei tubi flessibili usati per innaffiare e avevanoapposite articolazioni a soffietto.

IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti si chiedono come gli astronautipotessero flettere le dita dentro i guanti della tuta spaziale e più in gene-rale come potessero muoversi, visto che le tute, se fossero state pressu-rizzate come sostiene la NASA, nel vuoto si sarebbero gonfiate come unomino Michelin.

Per capire che la tesi è sbagliata basta considerare che non si gonfianoneanche le tute spaziali usate oggi dagli astronauti che lavorano all'e-sterno dello Shuttle o della Stazione Spaziale Internazionale e quelle usa-te per le passeggiate spaziali dai cosmonauti russi. Ma i fatti tecnicispiegano in dettaglio la presunta anomalia.

Le tute erano pressurizzate sol-tanto a circa 0,3 atmosfere (unterzo della pressione atmosfericanormale sulla Terra) ed erano do-tate di uno strato di contenimen-to: una rete non espandibileintegrata nello strato di neopreneche costituiva il Pressure Garment,ossia la parte ermetica della tutache racchiudeva il corpo dell'a-stronauta. La tuta, insomma, sipoteva espandere soltanto fino alpunto in cui questa rete risultavatesa. Se si immagina un pallonci-no collocato dentro un sacchettodi retina o si guarda la struttura di un tubo flessibile per innaffiare, si haun buon esempio di strato di contenimento.

Inoltre le dita, le spalle, le ginocchia e i gomiti della tuta avevano artico-lazioni a soffietto che facilitavano i movimenti ed erano progettate peressere flessibili senza però gonfiarsi (Figure 224 e 225).

L'equivoco dei lunacomplottisti deriva probabilmente dal fatto che nonconoscono la struttura delle tute spaziali e quindi credono che la tuta sia

Figura 224. Gene Cernan verifica la tagliadello strato ermetico della tuta spaziale, il

Pressure Garment. Si notano le articolazionia soffietto anche sulle dita. Foto NASA AP17-

72-H-253.

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costituita esclusivamente dallo strato esterno, quello bianco: vedendonele tante pieghe, ritengono erroneamente che sia misteriosamente floscio,senza rendersi conto che in realtà c'è sotto un'altra tuta separata, che èquella pressurizzata. Lo strato esterno, infatti, è realizzato in materialiignifughi e resistenti all'abrasione e serve come protezione termica e perriparare l'astronauta dalle micrometeoriti, particelle microscopiche cheviaggiano ad altissima velocità e a lungo andare hanno un effetto similealla sabbiatura a getto.

Figura 225: A sinistra, Charlie Duke (Apollo 16) prova la flessibilità del Pressure Garmentdella tuta spaziale; a destra, Ron Evans (Apollo 17) verifica l'elevazione massima del

braccio mentre indossa il Pressure Garment e, sopra di esso, la seconda tuta diprotezione contro incendi, variazioni termiche e micrometeoriti.

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Altre presunte anomalie – 215

Altre presunte anomalie

Gli astronauti avevano espressioni colpevoliIN BREVE: No. I lunacomplottisti scelgono ad arte solo le foto nelle quali gliastronauti hanno espressioni serie e le spacciano per manifestazioni ricor-renti di sensi di colpa dovuti alla messinscena. Ma ci sono molte altre foto eriprese filmate nelle quali gli astronauti sorridono e ridono.

IN DETTAGLIO: “Sembra più che altro che gli sia morto il gatto”: viene de-scritta così, per esempio su Luogocomune.net,92 l'espressione di Arm-strong, Collins e Aldrin in Figura 226. La partecipazione all'ingannoglobale sarebbe la ragione di “quella strana espressione 'agrodolce' che sinota spesso su tutti i 'terzetti' di ritorno dalla missioni lunari”.

Si tratta invece, molto banalmente, di una delle tante fotografie scattatementre stavano ascoltando l'allora presidente Nixon: in questo scattohanno un'espressione seria perché Nixon sta esprimendosi in tono for-male, per cui non c'è da stupirsi se i visi degli astronauti non sono con-

92 tinyurl.com/espressioni-tristi.

Figura 226. Le espressioni di Armstrong, Collins e Aldrin (Apollo 11) mentre incontrano ilpresidente Nixon durante l'isolamento di quarantena dopo il loro viaggio lunare,

nell'unica foto dell'evento mostrata dal sito Luogocomune.net.

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torti in una smorfia di ilarità. Ridere in faccia al presidente degli Stati Uni-ti quando è serio sarebbe stato decisamente fuori luogo.

Ma i sostenitori della ”tesi del gatto morto” hanno semplicemente sceltoad arte una fotografia che si adatta alla loro argomentazione. Non hannomostrato, per esempio, quelle delle Figure 227 e 228: due altri istanti del-lo stesso evento, nei quali gli astronauti invece ridono insieme a Nixon.

Anche gli altri astronauti lunari, contrariamente a quanto asserito daicomplottisti, si sono dimostrati tutt'altro che tristi dopo le loro missioni.In questi quarant'anni hanno partecipato e tuttora partecipano a nume-rosissime conferenze pubbliche e interviste televisive, nelle quali raccon-tano senza reticenze le proprie esperienze e promuovono l'esplorazionespaziale in vari modi, anche non ortodossi. Buzz Aldrin, per esempio, hainciso un rap con Snoop Dogg (Rocket Experience, 2009) e ha partecipatoalla versione americana di Ballando con le stelle (2010) e a telefilm come30 Rock e Numb3rs. Nella sua autobiografia Magnificent Desolation ha an-che raccontato senza pudori come ha superato alcolismo e depressione.

Figura 227. Gli astronauti ridono insieme a Nixon. Dettaglio della foto S69-21365.

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Una menzione particolare va fat-ta, per esempio, per Alan Bean,Pete Conrad e Richard Gordon, ilcui video Apollo 12 Uncensored èuna carrellata di aneddoti e bat-tute che non sembrano certo in-dicare sensi di colpa o imbarazzi.

Questa tesi lunacomplottista èforse una delle più emblematiche:mostra molto chiaramente i sin-tomi di una visione del mondonella quale ogni cosa, persino una comune e normale espressione seria,è interpretata come prova dell'esistenza della colossale cospirazione.

Neil Armstrong non rilascia intervisteIN BREVE: Le rilascia eccome, ma poche e scelte con cura, perché non glipiace apparire nei media generalisti dopo la sbornia di celebrità che seguìl'allunaggio. Preferisce le conferenze tecniche, nelle quali è tutt'altro che reti-cente e schivo.

IN DETTAGLIO: Secondo alcunilunacomplottisti, Neil Armstrong,primo uomo a mettere piede sullaLuna, non è mai più apparso in te-levisione dopo le celebrazionisvoltesi poco dopo l'impresa luna-re del 1969. Stando a loro, la suaassenza dai media sarebbe dovutaal senso di colpa che lo affliggeper aver mentito al mondo duran-te la messinscena lunare e per tut-ti gli anni successivi.

La realtà è parecchio diversa. Per esempio, negli anni Settanta Armstrongfu persino testimonial pubblicitario televisivo per la Chrysler (Figura 230).

Figura 228. Un altro momento di allegriadegli astronauti dell'Apollo 11 con Nixon.

Figura 229. Neil Armstrong intervistato per ilprogramma statunitense 60 Minutes.

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È però vero che da allora ha cen-tellinato con molta cura le pro-prie apparizioni pubbliche e haprotetto la propria immagine da-gli speculatori.

Per esempio, Armstrong fece cau-sa nel 1994 alla Hallmark Cardsper aver usato il suo nome e lasua voce senza permesso in unadecorazione natalizia (il risarci-mento fu devoluto alla PurdueUniversity, dove si era laureato).Nel 2005 il suo barbiere mise all'asta i suoi capelli tagliati, che andaronoa un collezionista per 3000 dollari; l'astronauta minacciò azione legale e ilbarbiere donò il ricavato dell'asta a un ente benefico.

Una delle poche interviste personali a Neil Armstrong è quella concessanel 2005 al popolarissimo programma 60 Minutes della rete televisiva sta-tunitense CBS in occasione della pubblicazione della sua biografia, curatadallo storico James Hansen e intitolata First Man: The Life of Neil A. Arm-strong.93

Armstrong resta comunque un uomo riservato e modesto, che preferisceparlare di argomenti tecnici. Fece parte delle commissioni pubbliched'inchiesta sugli incidenti dell'Apollo 13 (1970) e della navetta Challenger(1986), che lo riportarono alla ribalta in due momenti drammatici delprogramma spaziale statunitense. Fu poi il conduttore dei documentaritelevisivi statunitensi First Flights with Neil Armstrong (1991) e Man On theMoon, e in tempi più recenti ha concesso lunghissime interviste tecnicheai curatori dell'Apollo Lunar Surface Journal e partecipato al documenta-rio When We Left Earth (2008).

Nel 2009 ha celebrato il quarantennale dello sbarco sulla Luna parteci-pando, insieme ad Aldrin e Collins, alla John H. Glenn Lecture, una confe-renza annuale che si tiene al National Air and Space Museum delloSmithsonian Institution a Washington, D.C., e al gala per il quarantennaledella missione Apollo 12 presso il Kennedy Space Center, dove ha dimo-strato una discreta verve umoristica e autoironica.94 Ha inoltre preso posi-

93 Intervista completa e trascrizione sono disponibili presso tinyurl.com/neilarmstrong-cbs. 94 Video disponibili presso tinyurl.com/neil-glenn e tinyurl.com/neil-apollo12.

Figura 230. Neil Armstrong in uno spot dellaChrysler (1979).

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zione pubblicamente contro i piani dell'amministrazione Obama di ri-strutturare la NASA.95 Non sembrano certo le scelte di una persona che sivergogna.

La NASA non affronta le accuseIN BREVE: Niente affatto: ha anzi pubblicato parecchio materiale sull'argo-mento. Tuttavia ha dichiarato di non volerne produrre altro, per non regala-re dignità a un insieme di tesi che la comunità scientifica ritiene ridicolo. LaNASA preferisce lasciare ad altri il compito di ribattere alle singole presunteprove di messinscena.

IN DETTAGLIO: C'è chi insinua che la NASA abbia qualcosa da nasconde-re perché non affronta direttamente il dibattito con i sostenitori delle tesidi messinscena e non pubblica delle smentite alle loro presunte prove.

In realtà la NASA ha pubblicato smentite piuttosto dettagliate. Dopo lamessa in onda del documentario di Fox TV Did We Land on the Moon? nel2001, aggiunse varie pagine di risposta al proprio sito Web partendo damateriale già pubblicato nel 1977.96

Ma c'è un limite all'investimento che la NASA intende fare per ribattere aidubbi e alle argomentazioni lunacomplottiste. Nel 2002, in risposta al do-cumentario di Fox TV, che aveva dato nuova apparente autorevolezzaalle tesi alternative, la NASA stanziò 15.000 dollari a questo scopo e inca-ricò James Oberg, ingegnere aerospaziale e storico delle missioni spaziali,di scrivere un libro apposito, orientato principalmente agli insegnanti eagli studenti.

Il progetto fu annullato poco dopo, in seguito alle polemiche nei mediache accusavano la NASA di conferire dignità a tesi demenziali. “Cercare difornire una risposta mirata a queste cose non fa altro che dare credibilità aqualcosa che è, di fatto, asinesco”, dichiarò a novembre 2002 Sean O'Keefe,

95 Neil Armstrong blasts Obama's 'devastating' Nasa cuts, di Jacqui Goddard, Times Online,14/4/2010.

96 Did U.S. Astronauts Really Land on the Moon?, in NASA Facts, 1977, ripubblicato il 14/2/2001(tinyurl.com/smentite-nasa1); The Great Moon Hoax, 23/2/2001 (tinyurl.com/smentite-nasa2a);The Moon Landing Hoax, 30/3/2001 (tinyurl.com/smentite-nasa3); Did We Really Land on theMoon? Suggestions for Science Teachers, 4/3/2001 (tinyurl.com/smentite-nasa4).

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direttore della NASA. Oberg annunciò l'intenzione di proseguire il pro-getto comunque, usando finanziamenti di altra provenienza, ma finoranon risulta che il libro sia stato pubblicato.

Da allora la diffusione crescente di Internet ha permesso a molti appas-sionati ed esperti di rispondere alle tesi di messinscena nei propri siti. Labibliografia di questo libro ne elenca alcuni dei più popolari nelle varielingue. Di conseguenza, una replica diretta da parte della NASA è diven-tata sostanzialmente superflua: la vera risposta è costituita dalla pubbli-cazione della vastissima documentazione che attesta la realtà deglisbarchi lunari.

Gli astronauti lunari non affrontano i dubbiosiIN BREVE: Al contrario, molti di loro hanno risposto esplicitamente alle do-mande dei dubbiosi, hanno partecipato a dibattiti televisivi e si sono lasciatiintervistare anche dai complottisti lunari, arrivando ad accettare di giuraresulla Bibbia davanti alle loro telecamere.

IN DETTAGLIO: Molti autori di libri e filmati pro-complotto si lamentanoche gli astronauti che hanno visitato la Luna rifiutano il dibattito con loroe non rispondono alle loro argomentazioni; questo, dicono, sarebbe uncomportamento sospetto.

In realtà gli astronauti lunari hanno risposto più volte alle tesi di messin-scena. Per esempio, nel 2001 John Young (Apollo 10, Apollo 16) partecipòal Today Show della rete televisiva statunitense NBC per controbattere lesingole asserzioni lunacomplottiste di Bill Kaysing, aggiungendo unaconsiderazione spiazzante: “Se fosse stata una messinscena, perché l'a-vremmo fatta più di una volta?”.97

Alcuni di loro hanno accettato di essere intervistati a lungo dai sostenito-ri delle tesi di falsificazione, e Gene Cernan (Apollo 10, Apollo 17), AlanBean (Apollo 12) e Edgar Mitchell (Apollo 14) hanno addirittura accolto lasfida di giurare sulla Bibbia in video per venire incontro alle insistenze diBart Sibrel (Figura 231).

97 8/8/2001, trascrizione disponibile presso tinyurl.com/today-show2001.

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Altri hanno preferito rispondere a queste insistenze con un pugno,come nel caso di Buzz Aldrin dopo essere stato accusato da Sibrel diessere “un vigliacco e un bugiardo”, o con una ginocchiata nel sedere,come quella assestata sempre a Sibrel da Edgar Mitchell alla fine del-l'intervista in cui aveva giurato sulla Bibbia. Entrambi gli episodi sonodocumentati nel video Astronauts Gone Wild (2004) di Sibrel.

Di solito, però, gli astronauti lunari liquidano le tesi di messinscena conpoche parole trancianti, come quelle di Gene Cernan: ”Io là ci sono sta-to, io ho lasciato le mie orme sulla Luna, e questo nessuno me lo può to-gliere”.98

I documenti NASA non sono disponibiliIN BREVE: La NASA ha da sempre dato accesso a copie della propria docu-mentazione tecnica, fotografica e cinematografica a chi ne faceva richiestae ne pagava le spese di duplicazione e spedizione. Ora che i documenti sipossono distribuire a costo zero via Internet, è disponibile con un sempliceclic una quantità immensa di documentazione.

IN DETTAGLIO: Bill Kaysing, nel libro Non siamo mai andati sulla Luna,pone questa domanda: “Perché i documenti della NASA sul programmaApollo, pur non essendo classificati (ovvero, a divulgazione limitata) nonsono disponibili al pubblico?“ (pagina 19).

L'obiezione di Kaysing è parzialmente scusabile perché la prima edizionedel suo libro risale al 1974, quando Internet non esisteva, e quella italiana

98 In the Shadow of the Moon, di David Sington (2007).

Figura 231. Edgar Mitchell, Gene Cernan e Alan Bean giurano sulla Bibbia su richiesta dellunacomplottista Bart Sibrel. Dal video Astronauts Gone Wild (2004) di Sibrel.

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è datata 1997, prima della diffusione di Internet in Italia, ma oggi è deci-samente obsoleta. Infatti i vari siti Internet della NASA offrono la possibi-lità di scaricare, gratuitamente o a pagamento, decine di migliaia dipagine di manuali, schemi tecnici e rapporti, insieme a tutte le fotografiedi tutte le missioni Apollo. Un elenco parziale di questi archivi pubblici didocumentazione è nella bibliografia in fondo a questo libro.

Va detto, comunque, che l'asser-zione di Kaysing era fasulla ancheall'epoca, perché la NASA fornivagià allora tutta la documentazio-ne pubblica a chi ne faceva ri-chiesta e ne pagava i costi diriproduzione e spedizione: cosache ovviamente facevano in po-chi, se si considera che per esem-pio uno dei manuali del modulolunare è costituito da oltre 1700pagine.99

Alcuni documenti furono tenutiriservati per alcuni anni perché ri-guardavano tecnologie militari(come quella della telecamera lu-nare dell'Apollo 11) o utilizzabiliper scopi militari dai potenzialinemici, ma furono comunque resipubblici nel giro di pochi anni,come si vede in Figura 232: persi-no la documentazione di uncomponente di assoluta avanguardia come il computer di navigazionedei veicoli Apollo, realizzato dall'MIT, fu resa disponibile al pubblico giànel 1973, soltanto quattro anni dopo il primo sbarco e meno di un annodopo il termine delle missioni lunari.

99 Apollo Operations Handbook, Lunar Module, LM 10 and Subsequent.

Figura 232. La copertina del rapporto diprogetto del computer di navigazione dei

veicoli Apollo reca i timbri di rilascio alpubblico nel 1973.

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I progetti del Saturn V sono stati “persi”IN BREVE: No, sono archiviati sumicrofilm presso il Marshall SpaceFlight Center e su carta negli archividella Rocketdyne e in quelli federalistatunitensi. Comunque ci sono an-cora tre Saturn V interi esposti alpubblico, per chi li vuole esaminare.

IN DETTAGLIO: John Lewis, nel li-bro Mining the Sky (1996), scrissedi aver tentato di procurarsi i dise-gni tecnici di progetto del vettoreSaturn V senza riuscirvi: “I miei ten-tativi di trovarli, vari anni fa, nonebbero successo: i progetti sono evi-dentemente stati 'persi'”. Questa fra-se diede origine alla credenza chei progetti del Saturn V fossero statidistrutti intenzionalmente. Secon-do alcuni lunacomplottisti, la di-struzione sarebbe servita anascondere il fatto che il vettorein realtà non funzionava e non erain grado di raggiungere la Lunacome dichiara la NASA.

Nel 2000, tuttavia, la NASA100 chiarìche i disegni tecnici esistono tut-tora, ma su microfilm, non su car-ta, e sono conservati presso ilMarshall Space Flight Center diHuntsville, in Alabama. Inoltre gliarchivi federali di East Point, inGeorgia, conservano circa 82 me-tri cubi di documenti riguardanti ilSaturn, e la Rocketdyne (la societàche realizzò tutti i motori princi-pali dei tre stadi del Saturn V) cu-100 Saturn 5 Blueprints Safely in Storage, Space.com, 13/3/2000.

Figura 233. Uno dei disegni tecnici “persi”del Saturn V. Fonte: Up-ship.com.

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stodisce “dozzine di volumi” nell'ambito del progetto di mantenimentodelle conoscenze tecniche sui motori giganti del vettore.

In ogni caso esistono tre esemplari completi originali del Saturn V, libera-mente accessibili al pubblico, presso il Kennedy Space Center a MerrittIsland in Florida, il Johnson Space Center di Houston, in Texas, e lo U.S.Space & Rocket Center di Huntsville, in Alabama.101

La NASA manipola le registrazioni e mancail ritardo radioIN BREVE: La NASA no, ma i documentaristi sì. Per esigenze narrative, neidocumentari spesso i dialoghi vengono riassunti o rimontati. Per questo, peresempio, a volte non c'è il ritardo radio nelle comunicazioni Terra-Luna. Ma

101 Lo U.S. Space and Rocket Center ospita anche un Saturn V montato verticalmenteall'aperto, ma si tratta di un modello in scala 1:1.

Figura 234. Un esemplare visitabile di Saturn V presso lo U.S. Space & Rocket Center diHuntsville, in Alabama. Fonte: Spacecamp.com.

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nelle registrazioni e trascrizioni di riferimento pubblicate dalla NASA e de-scritte come integrali c'è tutto, anche il ritardo radio.

IN DETTAGLIO: In alcuni filmati degli sbarchi lunari gli astronauti rispon-dono troppo rapidamente alle comunicazioni radio provenienti dalla Ter-ra. Le onde radio ci mettono un secondo e un quarto a coprire ladistanza Terra-Luna: quindi fra le parole del Controllo Missione a Houstone le risposte degli astronauti dovrebbe esserci una pausa almeno lungaaltrettanto. Se manca, sostengono i lunacomplottisti, vuol dire che le co-municazioni erano fasulle.

Molto più banalmente, vuol dire che le comunicazioni originali sono sta-te rimontate per togliere le pause. Infatti quest'anomalia si nota nei do-cumentari, non nelle registrazioni originali. Invece i documentari, conpochissime eccezioni, tendono a rielaborare immagini e audio per toglie-re i tempi morti e non interrompere la narrazione, concentrandola suimomenti salienti.

Per esempio, molti documentari presentano l'allunaggio dell'Apollo 11 fa-cendo sembrare che “Tranquility Base here, the Eagle has landed” (“QuiBase Tranquillità, l'Aquila è atterrata”) siano le prime, storiche parole pro-nunciate sulla Luna. In realtà ascoltando le registrazioni originali e leg-gendo le trascrizioni complete (disponibili per esempio presso l'ApolloLunar Surface Journal) si scopre che quelle celeberrime parole furonoprecedute da tutta una serie di comunicazioni tecniche.

Ecco i dialoghi completi, a partire dal primo contatto con la Luna:

102:45:40 Aldrin: Contact Light.

Questa segnalazione banale, che informa il Controllo Missione che alme-no una delle sonde lunghe circa 170 centimetri sotto le zampe del mo-dulo Lunare ha toccato il suolo lunare, è (volendo essere pignoli) la veraprima frase pronunciata sulla Luna. La litania di messaggi tecnici, indi-spensabili per la messa in sicurezza del modulo lunare, prosegue dopoche il modulo lunare si è pienamente posato al suolo:

102:45:43 Armstrong: Shutdown.

102:45:44 Aldrin: Okay. Engine Stop.

102:45:45 Aldrin: ACA out of Detent.

102:45:46 Armstrong: Out of Detent. Auto.

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102:45:47 Aldrin: Mode Control, both Auto. Descent EngineCommand Override, Off. Engine Arm, Off. 413 is in.

A questo punto, da Terra parla Charlie Duke, futuro astronauta dell'Apollo16, che in questa fase della missione è il Capcom, ossia la persona chetiene i contatti via radio con gli astronauti:

102:45:57 Duke: We copy you down, Eagle.

102:45:58 Armstrong: Engine arm is off. [pausa] Houston, Tran-quility Base here. The Eagle has landed.

Come si può notare, si tratta di una lunga serie di messaggi tecnici dinessun interesse per lo spettatore: per questo vengono omessi nei docu-mentari. Tutto qui.

Un altro esempio di taglio ricorrente per esigenze narrative arriva subitodopo questi dialoghi: Charlie Duke, comprensibilmente in preda all'emo-zione, s'impapera e non riesce a pronunciare il nuovo nome del modulolunare, Tranquility. Inizia dicendo “Roger, Twan...”, poi si ferma e si correg-ge: “...Tranquility. We copy you on the ground. You got a bunch of guysabout to turn blue. We're breathing again. Thanks a lot.” Nella maggior par-te dei documentari questa papera viene eliminata.

Anche la famosissima frase “Unpiccolo passo per un uomo, ungrande balzo per l'umanità” èspesso presentata scorrettamenteper brevità mentre Neil Arm-strong salta giù dalla scaletta delmodulo lunare. In realtà, nella re-gistrazione video integrale Arm-strong salta e atterra, comeprevisto, sulla base circolare dellazampa del veicolo, senza toccareil suolo lunare. Poi fa vari com-menti, risale lungo la scaletta conun balzo per verificare di esserein grado di farlo (la scaletta iniziaa circa un metro e mezzo dal suolo), ridiscende, descrive l'ambiente cir-costante e soltanto a questo punto poggia cautamente il piede sinistrosul suolo lunare e pronuncia la frase fatidica (Figura 235).

Figura 235. Armstrong si appresta a posare ilprimo piede sulla Luna. Fotogramma trattodall'edizione parzialmente restaurata della

diretta televisiva.

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L'errore commesso sistematicamente dai lunacomplottisti è di considera-re i documentari alla stregua di dati ufficiali quando in realtà non losono. I dati veri e propri, quelli completi, quelli che fanno fede, sono con-tenuti nelle registrazioni integrali, non nei documentari.

La roccia lunare donata dagli USA all'Olanda è falsaIN BREVE: Certo che è falsa: non proviene dalla NASA, che non l'ha mai au-tenticata. Prima di tutto è troppo grande: è un vero e proprio sasso, mentretutte le altre donazioni sono frammenti minuscoli. Poi la storia che la circon-da non ha senso: sarebbe stata donata nel 1969 a un ex primo ministro inpensione anziché a un rappresentante del governo olandese in carica, sareb-be rimasta sepolta nel museo invece di essere esibita come rarità, ed è facil-mente riconoscibile come falsa già dal colore. Inoltre la targhetta contieneun vistoso errore ortografico. Gli indizi suggeriscono che si tratti di un equi-voco o di una burla di due artisti olandesi, risalente al 2006.102

IN DETTAGLIO: Ad agosto 2009 siè diffusa nei media la notizia che icuratori del museo nazionaleolandese Rijksmuseum, ad Am-sterdam, avevano scoperto cheun reperto presentato per annicome campione di roccia lunareportato dagli astronauti dellamissione Apollo 11 era in realtàun pezzetto di legno pietrificato(Figura 236).

Stando ai resoconti giornalistici,la presunta roccia lunare sarebbestata donata il 9 ottobre 1969 dal-l'ambasciatore statunitense J. W.Middendorf a un ex primo mini-stro olandese, Willem Drees, du-rante il tour mondiale degli

102 Molti degli elementi di questa vicenda sono frutto delle ricerche di Diego Cuoghi, cheringrazio di cuore per la collaborazione offerta.

Figura 236. La finta “roccia lunare“ e la suatarghetta descrittiva.

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astronauti dell'Apollo 11 poco dopo la loro storica missione del 1969, inoccasione di una mostra dedicata all'esplorazione spaziale. Alla morte diDrees, nel 1988, il reperto sarebbe stato messo in esposizione nel museo.Ma nel 2006 Arno Wielders, un fisico e imprenditore aerospaziale, lo videe informò il museo che era altamente improbabile che la NASA avessedonato una preziosissima roccia lunare tre mesi dopo il ritorno della pri-ma missione e prima che avesse luogo il secondo sbarco. Una telefonataall'ente statunitense che si occupa della gestione di tutti i reperti lunariconfermò il dubbio: il curatore dell'ente si dichiarò certo che non potessetrattarsi di roccia proveniente dalla Luna.

Le indagini svolte nel 2009 da Xandra Van Gelder, chief editor della rivistaOog del museo, confermarono che si trattava di un falso. Van Gelder di-chiarò che l'oggetto era stato verificato inizialmente tramite una sempli-ce telefonata alla NASA: l'ente spaziale non aveva autenticatospecificamente quel reperto, ma aveva soltanto dichiarato che era possi-bile che i Paesi Bassi avessero ricevuto una roccia lunare, dato che laNASA ne aveva donate a oltre 100 paesi nei primi anni Settanta. Era peròmolto improbabile che la NASA avesse donato all'Olanda una roccia cosìgrande: le donazioni ad altri paesi sono frammenti minuscoli, mentre la“roccia lunare” misura cinque centimetri e mezzo per due.

Van Gelder segnalò anche che non era chiaro il motivo per cui la presun-ta roccia lunare sarebbe stata donata dall'ambasciatore statunitense a unex primo ministro che nel 1969 non era più in carica da undici anni, anzi-ché alle autorità del governo in carica. L'ambasciatore spiegò che a lui ri-sultava di aver ricevuto il reperto dal Dipartimento di Stato USA, ma nonricordava i dettagli precisi della vicenda.

A parte la sua storia incoerente e implausibile, l'oggetto aveva ancheaspetti visivi palesemente sospetti: per esempio, le tinte rossicce, ben dif-ferenti da quelle delle comuni rocce seleniche. Il petrologo Wim van We-strenen, della Libera Università di Amsterdam, disse di essersi accortosubito che c'era qualcosa di anomalo. Un esame microscopico e spettro-scopico di un frammento rimosso dal reperto permise di individuarequarzo e strutture cellulari tipiche del legno.

Per tutte queste ragioni, la “roccia lunare” è oggi catalogata dal Rijksmu-seum come oggetto numero NG-1991-4-25, con la descrizione “Pezzo di

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legno pietrificato nero e rosso”, e classificata inequivocabilmente come“falso”. Le parole “Pietra lunare portata dall'equipaggio dell'Apollo 11” sonoriportate soltanto come “titolo dell'opera”.

Un'altra serie di anomalie emergese si confronta il reperto con unvero campione di roccia lunaredonato all'Olanda, quello conser-vato al museo di Boerhaave (Fi-gura 237).

Quello vero è incapsulato nellaplastica e montato su un supportoche reca diciture chiare, che lo de-scrivono esplicitamente come unaserie di frammenti della superficiedella Luna portato sulla Terra dal-l'Apollo 11 e donato al popoloolandese (non a una singola per-sona) dal presidente statunitenseNixon (non da un ambasciatore).

Quello falso non è incapsulato omontato, ed è accompagnato daun semplice cartoncino dorato.Oltretutto il cartoncino non dice affatto che si tratta di roccia lunare: dicesemplicemente “Con i complimenti dell'Ambasciatore degli Stati Uniti d'A-merica”, per cui potrebbe riferirsi a qualunque oggetto. Il cartoncino con-tiene anche errori ortografici inconsueti: “Apollo-11”, con il trattino, è unosvarione ben poco inglese ma molto olandese, e la parola “Centre“ è scrit-ta secondo la grafia britannica anziché quella americana (“Center”).

A tutto questo bisogna aggiungere che un reperto così importante (cisono soltanto 382 chili di roccia lunare in tutto il mondo) venne alla ri-balta soltanto durante una “esposizione artistica” organizzata nel 2006 dalduo di artisti di Rotterdam Liesbeth Bik e Jos van der Pol, specializzato inhappening, anziché durante una mostra scientifica. L'evento artistico pre-vedeva che il duo ponesse ai visitatori “varie domande su quest'oggetto,mai rivelato prima al pubblico, e sui piani del Rijksmuseum di aprire un mu-

Figura 237. In alto, nella sfera trasparente, unvero campione di roccia lunare donato

all'Olanda dagli USA. Fonte:www.museumboerhaave.nl.

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seo sulla Luna”: un quesito decisamente semiserio. Ma va anche detto cheil 9 ottobre 1969 gli astronauti dell'Apollo 11 erano davvero ad Amster-dam in visita ufficiale.

Le ipotesi che si delineano a que-sto punto, in base agli elementidisponibili e in attesa di sviluppi,sono il malinteso o la burla.

Il malinteso può essere nato invari modi. Per esempio, nel cata-logare il lascito dell'ex primo mi-nistro Drees il pezzo di legnopietrificato potrebbe essere statorinvenuto vicino a un bigliettorealizzato per conto dell'amba-sciatore in occasione della visita degli astronauti e qualcuno potrebbeaver associato erroneamente i due oggetti, pensando che si trattasse diroccia lunare; oppure il pezzo potrebbe essere stato davvero associatoal biglietto perché l'ambasciatore voleva donarlo come souvenir dellapropria nazione (e quindi l'avrebbe ricevuto dal Dipartimento di Stato).

La burla sembra invece essere suggerita dal contesto provocatorio dellamostra organizzata dai due artisti olandesi e dal fatto che alcuni dettaglida loro presentati sono fasulli. Per esempio, in un'intervista risalente al2007103 raccontano di essere stati proprio loro a trovare l'oggetto nei de-positi temporanei del museo. In un cassetto, dicono, c'era “una piccolaroccia con un biglietto. Sul biglietto c'era scritto che la roccia proveniva dallaLuna”: ma le fotografie del biglietto dimostrano che non c'è alcuna indi-cazione del genere.

Due cose sono certe: la prima è che non si tratta di un reperto autentica-to dalla NASA; la seconda è che chi volesse asserire che la vicenda dimo-stra che fu architettata una messinscena lunare dovrebbe spiegareperché la sofisticatissima organizzazione necessaria per creare una finzio-ne dalla cui perfezione dipendeva il prestigio planetario degli Stati Unitiavrebbe realizzato un falso così assurdamente dilettantesco.

103 becomingdutch.vanabbe.nl/blog/?p=175.

Figura 238. La “roccia lunare“ come apparenel catalogo del Rijksmuseum.

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L'astronauta Grissom fu ucciso per farlo tacereIN BREVE: Ucciderlo in un incidente che avrebbe rivelato proprio i proble-mi che si volevano nascondere non sembra una strategia particolarmenteastuta.

IN DETTAGLIO: Nel documenta-rio di Fox TV Did We Land on theMoon?, Scott Grissom, figlio del-l'astronauta Gus Grissom peritoinsieme con Ed White e RogerChaffee nell'incendio della capsu-la Apollo 1 durante un'esercita-zione il 27 gennaio 1967, affermache la capsula “fu sabotata inten-zionalmente”.

Alcuni lunacomplottisti104 sosten-gono che Grissom fu ucciso perché criticava apertamente il programmaApollo e si apprestava ad annunciare che la capsula non avrebbe mai po-tuto raggiungere la Luna. È una tesi particolarmente assurda: secondochi la sostiene, Gus Grissom stava per rivelare pubblicamente che i veico-li Apollo erano pericolosamente inaffidabili e quindi qualcuno avrebbedeciso di zittirlo facendolo morire... in un incendio della capsula cheavrebbe rivelato a tutti che i veicoli Apollo erano pericolosamente inaffi-dabili.

Le accuse di Scott Grissom non sono supportate da prove concrete. Il do-cumentario della Fox dice che “la causa dell'incendio è ancora un mistero”,ma è un'affermazione ingannevole. Infatti non è nota la causa specificadell'incendio, ossia quale componente innescò le fiamme, ma le causegenerali del rogo sono in realtà ben note e documentate.

La capsula era afflitta da numerosi difetti e problemi tecnici irrisolti: i rap-porti NASA, lungi dall'insabbiare, parlano apertamente di “carenze di pro-gettazione, fabbricazione, installazione, rilavorazione e controllo qualità...assenza di soluzioni progettuali di protezione antincendio... installazione dicomponenti non certificati”.105

104 www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3275.105 Report of Apollo 204 Review Board – Findings, Determinations and Recommendations (1967).

Figura 239. Scott Grissom nel documentarioDid We Land on the Moon? (2001).

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Il portello era doppio e si apriva verso l'interno, rendendo difficile l'uscitad'emergenza; inoltre richiedeva lunghissime operazioni per la sua aper-tura. Durante l'esercitazione fatale, inoltre, la capsula aveva un'atmosferadi ossigeno puro a pressione superiore a quella atmosferica. Un'atmosfe-ra di questo genere rende estremamente facili incendi catastrofici, per-ché qualunque materiale combustibile vi brucia molto piùviolentemente che in un'atmosfera d'aria. È lo stesso tipo di problemache richiede precauzioni severissime nelle camere iperbariche: una scin-tilla è sufficiente a innescare un rogo.

La tragedia obbligò la NASA e lesocietà appaltatrici a rivederedrasticamente le proprie proce-dure e a riprogettare a fondo tuttii veicoli Apollo per ridurre il ri-schio d'incendio. Nel corso di 21mesi (tanti ne trascorsero primadel primo volo con equipaggio,l'Apollo 7), fra le varie modifiche,tutti i materiali infiammabili furo-no rimpiazzati con soluzioni alter-native autoestinguenti, le tute innylon furono sostituite con mo-delli in materiale non infiammabi-le e resistente alle alte temperature, il portello fu riprogettato per aprirsiverso l'esterno in meno di dieci secondi e l'atmosfera di bordo fu cam-biata: 60% di ossigeno e 40% di azoto a pressione atmosferica al decolloe 0,3 atmosfere di ossigeno puro per il resto della missione.

Il documentario della Fox afferma inoltre che “la capsula rimane rinchiusain una base militare”. È un dettaglio falso, aggiunto appositamente percreare un'atmosfera d'intrigo che non corrisponde ai fatti. In realtà lacapsula, al termine delle indagini, fu portata al centro di ricerca dellaNASA di Langley, a Hampton (Virginia), dove rimase conservata fino al2007, quando fu collocata in un capannone climatizzato sempre pressolo stesso centro, che non va confuso con le strutture militari che esistonoa Langley: la NASA è un ente civile.

Figura 240. I resti della capsula Apollo 1.Fonte: Chariots for Apollo.

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L'ispettore della sicurezza Baron fu uccisoIN BREVE: Thomas Baron morì in un incidente d'auto dopo aver testimonia-to anche per iscritto di fronte al Congresso e dopo aver reso pubbliche leproprie critiche alla sicurezza dei veicoli Apollo. Eliminare un testimone dopoche ha già testimoniato è inutile.

IN DETTAGLIO: Thomas Ronald Ba-ron era un ispettore della sicurezza edella qualità che lavorò al centrospaziale Kennedy da settembre del1965 a novembre del 1966, segnalan-do ai propri superiori numerosissimeinadempienze del personale, la scar-sa qualità delle lavorazioni e l'inos-servanza delle regole di sicurezza. Lesue segnalazioni, però, non si basa-vano sulle proprie osservazioni diret-te, ma sulle parole di altre persone, equesto contribuì a dar loro pocopeso. Alcune sue critiche, presentatealla NASA alla fine del 1966 in unrapporto di circa 55 pagine, furonoaccolte, ma altre vennero ritenute infondate. Baron, sentendosi ignorato,fece trapelare alla stampa le proprie segnalazioni. Questa scelta indussela North American Aviation (la società costruttrice del modulo di coman-do dei veicoli Apollo) a licenziarlo nel gennaio del 1967.

Baron iniziò a redigere autonomamente un rapporto più dettagliato, lun-go circa 500 pagine. Dopo l'incendio letale dell'Apollo 1, che costò la vitaagli astronauti Grissom, White e Chaffee il 27 gennaio 1967, Baron conse-gnò il rapporto ai comitati del Congresso statunitense che stavano inda-gando sul disastro e il 21 aprile 1967 testimoniò di fronte a unsottocomitato diretto dal membro del Congresso Olin Teague. Una setti-mana dopo aver testimoniato, Baron e la sua famiglia morirono quandola loro auto fu investita da un treno a un passaggio a livello. Il suo rap-porto esteso non è più riemerso.

I fatti, raccontati in questo modo, si prestano certamente a una tesi di co-spirazione: Baron sarebbe stato eliminato per zittirlo ed evitare che si ve-nisse a sapere che il progetto Apollo era in crisi o era una messinscena.

Figura 241. Thomas Baron.

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Ma la tesi si scontra con un problema logico fondamentale: Baron morìdopo aver parlato ai giornali, dopo aver consegnato il rapporto esteso alCongresso e dopo aver testimoniato davanti al sottocomitato della com-missione. Non solo: morì dopo che i problemi gravissimi della progetta-zione del modulo di comando Apollo erano diventati di dominiopubblico nella maniera più tragica ed evidente, ossia con la morte di treastronauti. Eliminare Baron a questo punto della vicenda sarebbe statoassolutamente inutile.

Va inoltre sottolineato che la dinamica dell'incidente può sembrare biz-zarra e sospetta a prima vista, ma se si riflette sui dettagli organizzativi diun omicidio perpetrato mediante investimento da parte di un treno ci sirende conto che coordinare un treno in modo che passi esattamente almomento giusto per colpire proprio l'auto di Baron è un'impresa decisa-mente inverosimile. Ci sarebbero stati metodi molto più semplici perun'eliminazione calcolata di un testimone scomodo.

La sorte del rapporto di 500 pagi-ne è poco chiara. Nei verbali dellatestimonianza di Baron risultache il rapporto fu discusso e cheil comitato del Congresso fu rilut-tante a includerlo come atto uffi-ciale perché la sua lunghezzarendeva scomodo e costosostamparlo, specialmente se sitrattava di testimonianze di se-conda mano che non sarebberostate ammissibili giuridicamente.NASA e North American Aviation,ossia le parti che avevano più datemere dalla sua pubblicazione,non poterono distruggerlo, perché non ne ebbero mai la disponibilità:Baron lo diede direttamente ai membri del Congresso. È possibile che ilrapporto fu restituito a Baron o semplicemente cestinato.

Comunque siano andate le cose, l'esistenza o meno del rapporto cambiapoco i fatti: la NASA e soprattutto la North American Aviation erano giàsotto i riflettori per il disastro dell'Apollo 1 e le loro inadempienze eranogià diventate pubbliche. Il rapporto avrebbe fatto ben poca differenza difronte alle bare di Grissom, Chaffee e White.

Figura 242. La bara di Gus Grissom alcimitero di Arlington, scortata da Alan

Shepard, John Glenn, Gordon Cooper e JohnYoung. Foto 67-H-141. Scan: Ed Hengeveld.

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Ben dieci morti misteriose fra gli astronautiIN BREVE: Non sono misteriose. Il mestiere di pilota di velivoli ad altissimeprestazioni, portati al limite per fare sperimentazione, è molto pericoloso. Ipiloti collaudatori morivano spesso negli anni Cinquanta e Sessanta, ancheal di fuori del programma spaziale: basta leggersi qualche libro di storia del-l'aviazione. E due di loro non c'entravano nulla con il progetto Apollo.

IN DETTAGLIO: Il documentario di Fox TV Did We Land on the Moon? diceche “fra il 1964 e il 1967 dieci astronauti in tutto persero la vita in incidentimolto strani. Questo equivaleva alla morte di uno stupefacente 15% di tuttoil corpo astronauti della NASA.“ Subito dopo, Bill Kaysing afferma che “permantenere una bugia coperta e sotto silenzio è necessario eliminare tuttiquelli che potrebbero parlarne”. L'insinuazione, in altre parole, è che lemorti misteriose furono necessarie per mantenere segreta la bugia dellamessinscena. I lunacomplottisti non si limitano a parlare di foto falsifica-te: qui lanciano accuse di omicidio plurimo.

Il documentario mostra quasi esclusivamente fotografie prive di nomi,ma una paziente ricerca permette di identificare chi erano questi diecimorti misteriosi e verificare se avevano davvero legami con il progettoApollo e se gli incidenti in cui persero la vita furono strani. Procediamonell'ordine in cui compaiono nel documentario.

Theodore Cordy Freeman. CapitanoUSAF, ingegnere aeronautico, pilota col-laudatore di velivoli sperimentali. Morì il31 ottobre 1964, in un incidente aereo: ilT-38 che pilotava fu colpito da un'oca sulparabrezza, frammenti del quale furonoaspirati dai motori, causandone l'avaria.Freeman si eiettò, ma la quota di volo erainsufficiente e il paracadute non ebbe il

tempo di aprirsi. Aveva 34 anni. Faceva parte del terzo gruppo di astro-nauti scelto dalla NASA nell'ottobre del 1963 per i progetti Gemini eApollo. La sua morte avvenne due anni prima del primo volo di collaudodelle capsule Apollo e tre anni prima di quello del Saturn V. Non fu maiassegnato a una missione specifica.

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Edward Galen Givens, Jr. Maggiore del-l'USAF e pilota collaudatore, fu seleziona-to come astronauta dalla NASA nel 1966per il quinto gruppo, che doveva fornirepiloti astronauti per l'Apollo ApplicationsProgram, all'epoca concepito come un in-sieme di dieci allunaggi e 30 voli versostazioni spaziali orbitanti intorno alla Ter-

ra. Ebbe il ruolo di membro dell'equipaggio di supporto dell'Apollo 7.Morì in un incidente d'auto il 6 giugno 1967, a 37 anni.

Robert Henry Lawrence, Jr. Maggiore epilota collaudatore USAF, fu selezionatonel giugno del 1967 per il progetto milita-re MOL (Manned Orbiting Laboratory) distazioni spaziali per osservare il territoriodei potenziali nemici. Lawrence divennecosì il primo astronauta designato di co-lore. Contribuì in modo importante al

programma spaziale: i suoi voli sperimentali con aerei appositamentemodificati furono fondamentali nello sviluppo delle traiettorie di planataripida senza motore utilizzate in seguito dallo Shuttle. Ma le stazioni spa-ziali militari statunitensi furono annullate e Lawrence non volò mai nellospazio. Morì l'8 dicembre 1967 nello schianto dell'addestratore supersoni-co F-104 pilotato dal suo allievo, mentre gli insegnava a compiere un fla-re, una delle pericolose manovre di atterraggio sperimentali usate dagliaerei spaziali dell'epoca, come l'X-15, e che Lawrence aveva sviluppato epadroneggiato. Aveva 31 anni. Non ebbe alcun legame con il progettoApollo.

Clifton Curtis Williams, Jr. Maggiore deiMarines degli Stati Uniti, pilota collauda-tore; membro del terzo gruppo di astro-nauti selezionati dalla NASA nell'ottobredel 1963. Fu assegnato all'equipaggio diriserva della Gemini 10 e a quello dell'A-pollo 9. Morì il 5 ottobre 1967, all'età di 35anni, quando un guasto meccanico all'ad-

destratore supersonico T-38 che stava pilotando rese inservibili i coman-

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di. L'aereo iniziò un rollio incontrollato; Williams si eiettò, ma era troppoveloce e troppo basso.

L'insegna della missione Apollo 12 ha quattro stelle in suo onore: una perciascuno degli astronauti che volò, più una per Williams. La sua spilla conle ali, quella che viene consegnata a ogni astronauta, è sulla Luna: vi fuportata da Alan Bean (suo comandante nell'equipaggio di riserva dellaGemini 10) con la missione Apollo 12.

Elliot McKay See, Jr. Ingegnere e pilotadella Marina USA, pilota collaudatore;membro del secondo gruppo di astro-nauti scelti dalla NASA nel settembre del1962. Oltre a partecipare all'addestramen-to come astronauta, fu anche responsabi-le della supervisione della progettazionee dello sviluppo dei sistemi di guida e na-

vigazione. Fu scelto come comandante per la missione Gemini 9, mamorì il 28 febbraio 1966 insieme a un altro astronauta designato, CharlesBassett, nell'impatto del jet T-38 che stava pilotando, durante un atter-raggio strumentale. Aveva 38 anni.

Michael James Adams. Maggiore USAF epilota collaudatore, fu selezionato comeastronauta per il progetto militare MOL. Ilprogetto fu annullato prima dei voli, maAdams divenne comunque un astronautaa pieno titolo, perché come collaudatoredell'aereo-razzo ipersonico sperimentaleX-15 raggiunse la quota di 266.000 piedi

(81 chilometri) il 15 novembre 1967, qualificandosi dunque come astro-nauta anche secondo i criteri USAF, più severi di quelli NASA. Ma il vologli fu fatale: un guasto agli impianti elettrici dell'X-15 e un principio di di-sorientamento fecero assumere al velivolo un assetto errato che indusseuno spin a cinque volte la velocità del suono. Sottoposta a sollecitazioniinsostenibili, la struttura dell'aereo si disintegrò, uccidendo il pilota.Adams non ebbe alcun legame con il progetto Apollo.

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Charles Arthur “Art” Bassett II. CapitanoUSAF, pilota collaudatore, membro delterzo gruppo di astronauti scelti dallaNASA nell'ottobre del 1963. Fu seleziona-to per la missione Gemini 9 insieme a El-liot See, ma i due morirono il 28 febbraio1966 nello schianto del loro jet da adde-stramento T-38, durante l'avvicinamento

per un atterraggio strumentale in condizioni di scarsa visibilità. Bassettaveva 34 anni.

Virgil "Gus" Grissom, Ed H. White, RogerB. Chaffee. Come descritto nelle sezioniprecedenti di questo libro, questi treastronauti perirono insieme il 27 gennaio1967 sulla rampa di lancio, durante l'ad-destramento, a causa dell'incendio al suo-lo della loro capsula Apollo 1 nel corso diun collaudo di routine.

Tiriamo le somme: dei dieci “morti sospetti”, due (Michael James Adams eRobert Henry Lawrence) erano astronauti militari, per nulla coinvolti nelprogetto Apollo; quattro, ossia Charles Bassett, Elliott See, Theodore Free-man e Clifton Williams, perirono in tre incidenti aerei con addestratorisupersonici T-38 (erano piloti collaudatori); Ed Givens ebbe un incidented'auto; e Gus Grissom, Ed White e Roger Chaffee morirono nell'incendiodell'Apollo 1.

Dieci morti nell'arco di tre anni non sembrano una casistica sospetta perun gruppo di piloti che quotidianamente compivano voli ad alto rischiosu velivoli sperimentali ad alte prestazioni. Chi avesse dubbi in meritopuò leggere il libro The Right Stuff di Tom Wolfe per capire quanto gli in-cidenti mortali fossero la tragica norma in quegli anni di sperimentazio-ne frenetica.

Sembra invece molto disonesto che vengano inclusi due morti che nonc'entravano nulla con il progetto Apollo. È facile gonfiare le statistiche seil 20% del campione è aggiunto senza motivo.

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Realtà alternative – 239

Realtà alternative

A volte i sostenitori delle tesi di messinscena lunare si rendono contoche le loro presunte prove del complotto comportano assurdità o con-traddizioni e cercano di sanarle imbastendo delle asserzioni che rispon-dano alle obiezioni più logiche. Questo li porta a creare veri e propriscenari di storia alternativa che è opportuno conoscere per poterne evi-tare le trappole.

I russi furono pagati per tacereSe si fa notare a un lunacomplottista che i russi non contestarono la real-tà delle missioni lunari americane, spesso si ottiene in risposta l'afferma-zione che il governo dell'Unione Sovietica fu pagato per tenere la boccachiusa.

In particolare, secondo Ralph René,106 il prezzo del silenzio sarebbe statoun enorme quantitativo di grano venduto sottocosto dagli Stati Uniti al-l'Unione Sovietica nel 1972. Una ricerca negli archivi di settore evidenziainvece che lungi dall'esservi un accordo fra le due superpotenze, in quel-l'anno l'Unione Sovietica riuscì ad acquistare sul libero mercato, tramiteprestanome, il 30% del raccolto di grano statunitense nel giro di pochesettimane, approfittando oltretutto degli incentivi del governo USA all'e-sportazione agricola. L'operazione fu battezzata dai giornali The GreatRussian Grain Robbery (“La grande rapina russa del grano”, con un gioco diparole sulla celebre ”grande rapina al treno” inglese del 1963).

Il grano non fu venduto sottocosto come afferma René, ma l'enorme ac-quisto scatenò il rialzo dei prezzi del prodotto, che nell'arco di un annotriplicarono.107 Un'operazione analoga riuscì ai russi anche nel 1975. Inol-tre va notato che le vendite di grano statunitense alla Russia non erano

106 NASA Mooned America!, pag. 41.107 What Land Crash?, Marcia Zarley Taylor, tinyurl.com/grano1972 (2007).

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in sé una novità: ve ne erano state, di minore entità e concordate, anchedurante la presidenza Kennedy, e anche gli stati alleati dell'europa occi-dentale vi avevano partecipato.

In altre parole, René inverte causa ed effetto per adattare gli eventi aipropri preconcetti: non fu il governo USA a vendere sottocosto, ma ful'acquisto da parte del governo russo a far salire i prezzi in seguito.

C'è poi una considerazione difondo: se davvero fosse bastatooffrire ai russi uno sconto sull'ac-quisto del grano per ottenere illoro silenzio sulle prestigiosissimemissioni lunari, si sarebbe potutousare lo stesso sistema per otte-nere altri risultati forse un po' piùimportanti. Per esempio, si sareb-be potuta comperare la non in-terferenza sovietica nella guerradel Vietnam o la fine della corsaagli armamenti, oppure magariottenere che i russi non puntas-sero i loro missili nucleari sullecittà americane. Secondo questavisione, insomma, l'intera storiadel ventesimo secolo sarebbeuna panzana.

Restando in ambito di complotti lunari, questo scenario comporta un ul-teriore aumento del numero dei partecipanti alla cospirazione e del con-seguente rischio che qualcuno vuoti il sacco: anche i russi, quindi,sarebbero stati al corrente della messinscena, eppure sarebbero riusciti amantenere il segreto assoluto per quarant'anni.

C'è poi un altro fatto che non combacia con lo scenario del silenzio com-prato: il progetto lunare russo. Se ci fosse stato un tacito accordo per la-sciare che l'America vincesse la corsa alla Luna simulandola in studio,non avrebbe avuto senso tutto il costosissimo e fallimentare investimen-to sovietico nella realizzazione del vettore gigante N1 e del veicolo luna-re L3.

Figura 243. Un vettore N1 sovietico incostruzione.

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Realtà alternative – 241

Le rocce lunari furono falsificateAlcuni lunacomplottisti ipotizzano uno scenario riguardante i campionidi roccia provenienti dalla Luna: sarebbero stati creati in laboratorio inmodo da risultare credibili anche agli esperti, sapendo che tanto non c'e-ra nulla con il quale confrontarli. In alternativa, sarebbero state utilizzatele meteoriti, alcune delle quali sono di origine lunare. Con la scusa cheerano pochi e preziosi, i finti campioni sarebbero stati dispensati soltantoai geologi fidati.

I fatti non combaciano con questoscenario: ogni anno vengono di-stribuiti circa 400 campioni trattidalle rocce lunari Apollo. Le proce-dure per richiederli a scopo scien-tifico e didattico sono pubbliche epiuttosto semplici.108 Il Lunar Sam-ple Disk Kit, contenente campionidi roccia lunare provenienti dallemissioni Apollo incapsulati in uninvolucro trasparente, è accessibilea qualunque insegnante che se-gua un corso di certificazione del-la durata di tre ore.109

Numerosi campioni di queste roc-ce sono stati donati ai musei di ol-tre 100 paesi del mondo.

È sbagliato, inoltre, asserire chenon ci sarebbe la possibilità diconfronto, perché anche le mis-sioni delle sonde automatiche so-vietiche Luna 16, 20 e 24 riportarono sulla Terra dei campioni di roccia lu-nare fra il 1970 e il 1976.

Anche l'idea di usare meteoriti lunari rinvenute sulla Terra e spacciarleper campioni portati dagli astronauti è contraddetta dai fatti. I campioni

108 www-curator.jsc.nasa.gov/lunar/sampreq/index.cfm.109 www.nasa.gov/centers/goddard/visitor/loan/.

Figura 244. Una sezione dal LunarPetrographic Educational Thin Section Set,

che può essere richiesto da qualunquefacoltà di geologia.

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Apollo provenienti dalla superficie della Luna, infatti, hanno delle caratte-ristiche ben diverse dalle meteoriti lunari. La più vistosa è che la superfi-cie delle rocce portate dagli astronauti è tappezzata di minuscoli crateriprodotti dall'impatto ad altissima velocità di micrometeoriti (Figura 245).

Questo fenomeno, non replicabilein laboratorio negli anni Sessanta,non si osserva nelle meteoriti, per-ché il rapido attraversamento del-l'atmosfera terrestre ne erode perattrito la superficie.

Anche le caratteristiche geologi-che delle rocce lunari Apollo te-stimoniano la loro provenienzanon terrestre: sono prive di mine-rali contenenti acqua e altrettan-to prive di qualunque alterazionegeologica, ben diversamente dal-le rocce terrestri. Per esempio,ecco il commento di Steven Dut-ch, professore di geologia della University of Wisconsin, che ha esamina-to personalmente i campioni Apollo e risposto alle tesi di complotto:110

“L'acqua è ovunque sulla Terra. C'è nel magma; le rocce profonde dellacrosta vengono alterate da fluidi caldissimi, quelle vicine alla superficiedall'acqua superficiale. L'olivina, in particolare, si altera facilmente. Nel-l'immagine [Figura 246] l'olivina è fratturata, ma le fratture sono asso-lutamente pulite. L'olivina inalterata è del tutto introvabile sulla Terra.

Questo non sarebbe stato falsificabile. Queste rocce hanno granulositàvisibili a occhio nudo: significa che si sono raffreddate lentamente. Fab-bricarle sinteticamente avrebbe richiesto di mantenere le rocce a 1000°C per anni, raffreddandole lentamente sotto pressioni di centinaia diatmosfere. Ci sarebbero voluti anni per creare i macchinari, altri anniper imparare a effettuare il processo correttamente, e poi altri anni an-cora per creare il risultato finale. Partendo dallo Sputnik nel 1957, non ci

110 tinyurl.com/geologo-lunare.

Figura 245. Ingrandimento dei minuscolicrateri prodotti sulle rocce lunari dalle

micrometeoriti.

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sarebbe stato tempo a sufficienza per farlo. E sarebbe stato necessariosintetizzare centinaia di chili di vari tipi differenti di roccia.

...Perché creare rocce assolu-tamente prive d'acqua? Nonse lo aspettava nessuno. Sa-rebbe stato molto più sempli-ce falsificare delle roccecontenenti acqua... nessuno sisarebbe insospettito. E sareb-be stato necessario introdurreesattamente le quantità giu-ste di elementi radioattivi esottoprodotti per ottenere laradiodatazione delle rocce a 4miliardi di anni fa – più diqualunque roccia terrestre. E sarebbe stato necessario prevedere losviluppo di nuovi metodi di datazione, non utilizzati nel 1969, e assi-curarsi che anche quegli elementi fossero presenti nelle quantità cor-rette. Non è come aggiungere carote a uno stufato. Per imitare irisultati della datazione potassio-argon bisognerebbe aggiungere ar-gon inerte e intrappolarlo soltanto nei minerali di potassio, e farlo inproporzione esatta rispetto al potassio.”

Kubrick girò il falso allunaggioSpesso si cita il nome di Stanley Kubrick, regista di 2001 Odissea nellospazio, come autore delle false riprese spaziali Apollo. Tuttavia basta do-cumentarsi sulla vita del regista, come ha fatto egregiamente Diego Cuo-ghi,111 per rendersi conto che la lavorazione di 2001 Odissea nello spazioimpegnò Kubrick dal 1964 al 1968 e che negli anni successivi il regista sidedicò ai preparativi per il film Napoleone (mai realizzato a causa del fal-limento della casa di produzione, la United Artists, dopo che erano staticommissionati i costumi ed effettuati i sopralluoghi per le riprese) e poirealizzò Arancia Meccanica (1971).

111 www.diegocuoghi.com/Moon_hoax.htm.

Figura 246. Sezione di roccia lunare Apollofotografata da Steven Dutch, University of

Wisconsin.

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Non solo: Kubrick, sin dai primi anni Sessanta, non abitava più negli StatiUniti, ma nel Regno Unito (dove girò anche 2001), e aveva una nota fobiaper i viaggi, specialmente quelli in aereo.

La leggenda della sua partecipa-zione alla simulazione dei viaggilunari gli era probabilmente nota.Non sembra infatti casuale cheDanny, uno dei protagonisti delsuo film Shining (1980), indossi unmaglioncino con la scritta “Apol-lo” disegnata su un missile (Figura247). Naturalmente il fatto è statoinvece interpretato da alcuni so-stenitori della tesi di complottolunare come atto di silente con-fessione da parte di Kubrick.112

Gli astronauti rimasero in orbita terrestreAlcuni lunacomplottisti, come per esempio Bart Sibrel, sostengono chegli astronauti delle missioni Apollo partirono realmente con i loro vettoriSaturn V e rientrarono con gli ammaraggi che il mondo vide, ma in realtànon andarono sulla Luna: rimasero in orbita intorno alla Terra.

In questo modo gli astronauti non avrebbero dovuto affrontare le radia-zioni delle fasce di Van Allen, che secondo Sibrel e colleghi sarebbero le-tali, e avrebbero potuto effettuare le trasmissioni televisive in cuimostravano di essere in assenza di peso. Soltanto le riprese lunari sareb-bero state falsificate.

Questo scenario avrebbe il vantaggio di ridurre notevolmente la portatadella messinscena e il numero dei partecipanti alla finzione: i veicoli sa-rebbero stati realmente funzionanti e soltanto un ristretto gruppo di ad-detti avrebbe dovuto sapere del cambiamento di rotta. La partenzasarebbe stata reale, il rientro sarebbe stato altrettanto autentico e gli

112 www.jayweidner.com/ShiningSecrets.html.

Figura 247. Danny indossa un maglione conla scritta “Apollo” in Shining (1980).

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astronauti sarebbero stati in un luogo dove nessuno avrebbe potuto in-contrarli per sbaglio e nel quale avrebbero subito realmente gli effetti fi-siologici dell'assenza di peso.

Sembra facile, per come lo descri-vono i lunacomplottisti. Ma que-sto scenario si scontra in partenzacon l'impossibilità di falsificare,con la tecnologia degli effettispeciali degli anni Sessanta, le ri-prese televisive e cinematografi-che sulla superficie della Luna.

Poi c'è la questione dei segnali. Letrasmissioni radio e televisive de-gli astronauti sarebbero arrivatedall'orbita terrestre anziché dallospazio profondo, comportandouna vistosissima differenza dipuntamento delle grandi anten-ne riceventi situate nei vari conti-nenti (in California, in Australia ein Spagna). Un'orbita intera intor-no alla Terra al di sotto delle fascedi Van Allen dura non più di unpaio d'ore, per cui le antenneavrebbero dovuto ”inseguire” ilveicolo degli astronauti manmano che si spostava rapidamen-te nel cielo, mentre durante un viaggio lunare le antenne sarebbero ri-maste puntate costantemente verso la Luna, inseguendola nel suo lentospostamento in cielo nell'arco di ventiquattro ore.

Il puntamento sbagliato delle antenne sarebbe stato visibile non solo aitecnici, ma anche ai profani nelle vicinanze, che si sarebbero chiesticome mai non puntavano verso la Luna. Per non parlare del fatto che isovietici, in gara con gli Stati Uniti per raggiungere il prestigiosissimo tra-guardo della Luna, si sarebbero accorti della messinscena usando i lororadiotelescopi. Se ne sarebbero accorti anche i radioamatori che ascolta-

Figura 248. Cosa ci fa un modulo lunare inorbita intorno alla Terra? Semplice: è il

collaudo effettuato durante la missioneApollo 9. Foto AS09-21-3183.

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rono le trasmissioni radio dai veicoli Apollo puntando le antenne verso ilnostro satellite: avrebbero invece visto il segnale sparire periodicamentequando la capsula, nella sua orbita intorno alla Terra, calava dietro l'oriz-zonte locale.113

C'è anche un'altra obiezione che rendevistosamente assurda la tesi del ”par-cheggio in orbita”: i veicoli sarebberostati visibili da Terra. Qualunque buonastrofilo sa che anche i piccoli satellitiper telecomunicazioni sono visibili nelcielo notturno (e guastano molte foto-grafie astronomiche), perché restano il-luminati a giorno dal Sole mentresorvolano le zone del pianeta dove è giàcalata la notte. Un veicolo grande comel'Apollo (con o senza lo stadio S-IVB)non sarebbe passato inosservato.

Per esempio, lo Shuttle, che viaggia in or-bita intorno alla Terra a distanze maggio-ri rispetto a quelle dei veicoli Apollo, èvisibile a occhio nudo con estrema facili-tà: è un punto luminoso che si sposta ra-pidamente nel cielo, documentabile conuna semplice fotocamera amatoriale.

I veicoli delle missioni Apollo sarebberostati quindi facilmente visibili da Terraper le due settimane di durata della fin-ta missione. Avrebbero attraversato ilcielo come puntini estremamente lumi-nosi in pochi minuti, attirando inevita-bilmente la curiosità e l'attenzione degliastronomi professionisti e dilettanti. Sa-rebbero stati fotografabili e identificabilicon un buon telescopio. Infatti le missio-ni Apollo furono proprio avvistate in

113 www.svengrahn.pp.se/trackind/Apollo17/APOLLO17.htm.

Figura 249. Accensione dello stadioS-IVB dell'Apollo 8. Fonte:

osservatorio Smithsonian, Maui.

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questo modo, non solo in orbita terrestre ma anche durante il viaggio dae verso la Luna, dagli astrofili e dagli astronomi di tutto il mondo.

Le immagini di Figura 249, per esempio, furono scattate dall'osservatorioastrofisico Smithsonian a Maui il 21 dicembre 1968 e ritraggono l'Apollo8, la prima missione umana a uscire dall'orbita terrestre e circumnavigarela Luna. Mostrano l'accensione dei motori per lasciare l'orbita intorno alnostro pianeta e dirigersi verso la Luna. Il successivo scarico del propel-lente residuo dallo stadio S-IVB fu visibile anche a occhio nudo e fu do-cumentato da vari astrofili del Regno Unito.

Anche l'incidente occorso all'Apollo 13, che comportò il rilascio di unanube di ossigeno, fu documentato visivamente da Terra. Addirittura laNASA fu costretta a fare ricorso alle osservazioni telescopiche professio-nali dell'osservatorio Chabot di Oakland per determinare l'esatta posizio-ne del veicolo in modo da poter calcolare l'ultima accensione del motoredel modulo lunare, usato come retrorazzo d'emergenza, e far rientraresani e salvi gli astronauti.114

La Figura 250 mostra al centro ilmodulo di comando, il modulo diservizio e il modulo lunare dell'A-pollo 13, a oltre 23.000 chilometridalla Terra, in rotta verso la Luna(che gli astronauti in questa mis-sione poterono solo circumnavi-gare senza sbarcarvi, a causa diuna grave avaria).

Gli altri quattro oggetti sono ipannelli dentro i quali veniva ca-renato il modulo lunare per il de-collo e che venivano espulsidurante il viaggio verso la Luna.La fotografia fu scattata il 12 apri-le 1970 attraverso il telescopio da 60 centimetri di Table Mountain, in Ca-lifornia. Le striature diagonali sono stelle, deformate dal movimento deltelescopio per inseguire il veicolo spaziale durante i cinque minuti diesposizione della pellicola.

114 Tracking the Apollo Flights, www.astr.ua.edu/keel/space/apollo.html.

Figura 250. Al centro, il veicolo Apollo 13 inrotta per la Luna; i quattro puntini più fiochisono i quattro pannelli della carenatura cheracchiudeva il modulo lunare. Credit: James

W. Young.

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Va aggiunto, giusto per scrupolo, che le posizioni e gli eventi registratidagli astrofili e dagli astronomi coincidono esattamente con le posizionie gli eventi descritti dalla documentazione tecnica della NASA per le sin-gole missioni.

I segnali arrivarono da un satellite in orbitaterrestre o lunareUn'altra ipotesi ricorrente nel cospirazionismo lunare è che le dirette TVe le comunicazioni radio furono preregistrate e poi trasmesse da un sa-tellite automatico in orbita intorno alla Terra o sulla Luna.

L'orbita terrestre va scartata per le ragioni presentate nelle pagine pre-cedenti: i radioamatori, perfettamente in grado di ricevere le comunica-zioni radio delle missioni lunari, si sarebbero accorti che la direzionedalla quale proveniva il segnale cambiava rapidissimamente (un satelli-te in orbita intorno alla Terra attraversa il cielo di una data località inpochi minuti). Un'orbita geostazionaria sarebbe stata comunque rivela-trice del trucco, perché non avrebbe seguito il graduale spostamentodella Luna nel cielo.

Collocare il trasmettitore in orbita lunare o sulla superficie della Lunaavrebbe risolto in parte il problema, ma sarebbe rimasto un altro indizioestremamente facile da notare: il cosiddetto effetto Doppler.

La frequenza radio delle trasmissioni di veicolo che si sposta nello spaziosubisce infatti una variazione, chiamata appunto effetto Doppler, a secon-da della velocità di allontanamento o avvicinamento rispetto a chi riceveil segnale, esattamente come il rumore della sirena di un'ambulanza dipassaggio cambia tonalità quando si avvicina o allontana da noi. Questavariazione sarebbe stata rilevabile da qualunque radioamatore ben at-trezzato.

Sarebbe stato quindi necessario che il trasmettitore si spostasse nellospazio seguendo esattamente il profilo della missione dichiarato dallaNASA, variando frequenza non soltanto durante il viaggio, ma anche adogni orbita lunare, quando si allontanava e poi avvicinava alla Terra nelcorso dell'orbita stessa. E sarebbe stato necessario un secondo trasmetti-

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tore che simulasse esattamente i movimenti del modulo lunare quandoera separato dal modulo di comando e servizio.

Ci sarebbe stata, inoltre, l'ulteriore complicazione di trasmettere non solole comunicazioni radio e TV, ma anche i dati di telemetria che informava-no il Controllo Missione sullo stato del veicolo. Sarebbe stato quindi indi-spensabile fabbricare tutta questa massa di dati telemetrici e oltretuttotrasmetterli in modo che corrispondessero, con sincronismo perfetto, alladirezione e velocità del veicolo, rilevabili tramite l'effetto Doppler.

Va aggiunto che la rete di ascolto delle trasmissioni spaziali non era tuttasotto il controllo della NASA o del governo statunitense. Per esempio,buona parte delle comunicazioni radio delle varie missioni, e in particola-re la diretta del primo sbarco sulla Luna, arrivarono tramite i radiotele-scopi australiani di Parkes e Honeysuckle Creek, gestiti da tecnici delposto. Non gente senza nome, ma persone reali, che rilasciano in propo-sito dichiarazioni come questa per chi avesse dei dubbi o, peggio ancora,insinuasse una cospirazione:115

“Io ero il cittadino australiano, alle dipendenze del governo australia-no, responsabile per la gestione delle operazioni presso il sito primariodi ascolto qui, vicino a Canberra. Posso confermare come fatto scien-tifico e tecnico che noi puntammo la nostra antenna lungo la traiet-toria verso la Luna, sulla Luna e di ritorno dalla Luna e trasmettemmoe ricevemmo segnali radio contenenti comandi, telemetria, televisioneinsieme a informazioni di navigazioni derivanti dalle angolazioni del-l'antenna, dalle frequenze Doppler e dai ritardi bidirezionali di distan-za. Impossibile da falsificare.”

“Parlai direttamente con l'Apollo 8 durante il viaggio d'andata; il mioassistente John Saxon parlò con Young e Duke sulla superficie lunaredurante l'Apollo 17”.

– Mike Dinn, vicedirettore della stazione di radioascolto del Man-ned Spaceflight Network a Honeysuckle Creek,

Australia, durante le missioni Apollo dalla 7 alla 13116

115 tinyurl.com/mikedinn; comunicazione personale con l'autore di questo libro, 2010.116 www.honeysucklecreek.net/people/dinn.html.

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Gli errori nella messinscena sono messaggiin codiceUna delle giustificazioni più interessanti e creative nella visione alternati-va della realtà proposta dai complottisti, sia da quelli lunari sia da quelliche si occupano di altri episodi storici, è la teoria dell'informatore (whistle-blower, in inglese).

Prima o poi al sostenitore delle tesi di messinscena viene chiesto comemai l'asserita falsificazione è letteralmente costellata di decine di errorimacroscopici e dilettanteschi come quelli denunciati dai suoi colleghipro-complotto. Se si trattò di una cospirazione ai più alti livelli, che avevaa disposizione le sofisticatissime risorse del potente governo statuniten-se e metteva a repentaglio il prestigio dell'intera nazione, non ha sensoche il risultato sia un'accozzaglia di svarioni.

La risposta tipica del buon cospirazionista lunare è disarmante: gli errorifurono lasciati intenzionalmente da coloro che parteciparono alla messin-scena. Si vergognavano di farne parte e cercarono di espiare la propriacolpa lasciando messaggi in codice che le persone capaci di pensare conla propria testa avrebbero astutamente colto.

Il difetto logico di questa spiegazione è che crea una tesi di complottoper giustificarne un'altra e implica che gli organizzatori della cospirazio-ne siano così stupidi da non accorgersi che nella messinscena sono statiintrodotti errori grossolani. Mettere una “C” su un sasso, o dimenticarsi dimettere le stelle nelle foto quando ci vogliono, per esempio, non sem-brano sbagli che possano passare inosservati.

Questa giustificazione implica inoltre che siano stupidi anche tutti gliesperti dei settori interessati: gli astronauti, gli ingegneri aerospaziali, gliastronomi e gli astrofili di tutto il mondo, compresi quelli di paesi nonproprio amici degli Stati Uniti. Così stupidi che non colgono questi erroriintenzionali che invece il complottista, pur non sapendo nulla di spazio,astronautica o astronomia, sa percepire in modo lampante.

Purtroppo chi è convinto di essere l'unica persona intelligente, capace dicogliere la vera realtà che agli altri sfugge, non è incline ad abbandonarequesta visione patologica. Se si è messo in testa un'idea senza ragionare,non c'è ragionamento che gliela potrà levare. In casi come questi la di-scussione è inutile e non è il caso di insistere.

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UFO e allunaggi

Una delle tante contraddizioni del cospirazionismo riguardante le missio-ni lunari è che coesistono tesi che negano la realtà di questi viaggi e tesiche invece affermano che le missioni Apollo avvennero eccome, tantoche incontrarono dei veicoli extraterrestri e che addirittura vi furono mis-sioni lunari segrete.

Le segnalo qui perché fanno parte del repertorio del buon lunacomplot-tista ma soprattutto perché sono molto divertenti da citare durante unadiscussione per poi assistere al colorito dibattito fra le varie fazioni deisostenitori dei complotti lunari.

Si vedono UFO nelle foto lunariAlcuni appassionati di ufologia sostengono che le foto scattate sullaLuna dagli astronauti mostrino la presenza di veicoli alieni. Per esempio,Ufocasebook.com include, nella sezione The Best UFO Pictures Ever Taken(“Le migliori foto di UFO mai scattate”),117 tre fotografie della missioneApollo 16 (Figura 251).

È forse il caso di ribadire che chi presenta queste fotografie afferma chefurono realmente scattate sulla Luna, in netta contrapposizione con il lu-nacomplottismo “classico”, quello che nega gli sbarchi lunari.

Gli “UFO“ visibili in queste fotografie, e in molte altre delle missioni Apol-lo, non sono dischi volanti che la NASA ha disinvoltamente lasciato nellefotografie sperando che nessuno se ne accorgesse. Sono semplici riflessidel Sole nell'obiettivo della fotocamera: in gergo si chiamano lens flare esono un fenomeno che si verifica anche sulla Terra, anche se di solito losi nota meno perché sulla Terra il cielo, quando c'è fuori il Sole, è moltoluminoso, mentre sulla Luna è nero.

117 ufocasebook.com/bestufopictures3.html.

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Le foto in questione sono, dall'altoin basso, la AS16-114-18423, la AS16-114-18422 e la AS16-109-17804. Omeglio, sono porzioni di queste im-magini, stranamente ritagliate inmodo da non mostrare un detta-glio importante: andando a recupe-rare le scansioni integrali di altaqualità di queste immagini, si sco-pre infatti che nelle foto originali gli“UFO” sono in realtà due per ciascu-na foto e sono sempre allineati indirezione del Sole, la cui posizionenel cielo è indicata dalla direzionedelle ombre. Questi sono sintomiclassici di un lens flare.

Nella terza fotografia, in particolare,il fenomeno sarebbe inequivocabilese qualcuno non avesse ritagliato laporzione superiore dell'immagine.Si vedrebbe che il secondo “UFO” èaddirittura davanti al parasole delcasco dell'astronauta, come si vedenel dettaglio mostrato in Figura252. È abbastanza difficile credereche questi ritagli provvidenziali sia-no frutto del caso o che i veicolialieni siano grandi come tafani.

Gli archivi fotografici delle missio-ni Apollo contengono decine diimmagini afflitte da lens flare. Inquelle a colori si nota anche l'ef-fetto arcobaleno prodotto dalladifferente rifrazione dei colori all'interno dell'obiettivo (visibile peresempio in AS16-113-18373): ulteriore conferma che si tratta di un ef-fetto o difetto fotografico e non dell'immagine di un oggetto reale.

Figura 251. Alcuni presunti UFO nelle fotolunari, secondo Ufocasebook.com.

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Non tutti gli “UFO” visibili nelle foto lunari sono effetti fotografici. Alcunisono oggetti reali che però per l'occhio del profano sono di difficile in-terpretazione, specialmente se non se ne conosce il contesto: per esem-pio, spesso di tratta di parti del veicolo che sono state sganciate dopol'uso oppure schegge di rivestimento che si sono staccate dal veicolo elo seguono per inerzia.

Figura 252. Dettaglio della foto AS16-109-17804, inclusa la parte che risulta tagliata nellaversione mostrata da Ufocasebook.com. Si nota il parasole alzato sul casco

dell'astronauta.

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Il distacco di frammenti era un feno-meno molto frequente. La Figura 253mostra lo stadio S-IVB della missioneApollo 8 dopo la sua separazione dalmodulo di comando e servizio: sinota lo sciame di frammenti che locircondano.

La Figura 254 mostra invece un pez-zo di rivestimento di Mylar staccatosidal modulo di comando dell'Apollo10. L'astronauta John Young stimòche misurasse una cinquantina dicentimetri.

Senza sapere di cosa si tratta e senzaalcun riferimento di distanza, una fo-tografia del genere può fare la felici-tà di molti ufologi, e infatti questa èuna delle immagini più ricorrenti fragli appassionati del settore. Ma laconsultazione dell'archivio completodelle immagini originali ad alta riso-luzione permette di scoprire che esi-stono almeno altre due foto (AS10-28-3989 e 3900) che mostrano lostesso frammento in altre fasi dellasua lenta rotazione su se stesso. Secombinate per creare una fotografiastereoscopica, permettono di capire chiaramente che si tratta di un og-getto piccolo e vicino a chi guarda.

Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla Luna, videun UFOQuesta tesi ufologica scaturisce da una dichiarazione fatta da Buzz Aldrinin un documentario inglese intitolato First on the Moon: The Untold Story(2005). Ecco le parole dell'astronauta in traduzione:

Figura 253. Foto AS08-16-2583.

Figura 254. Foto AS10-28-3988.

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“C'era qualcosa, là fuori, che era abbastanza vicino da poterlo osser-vare. E cosa poteva essere? Mike [Collins] decise che poteva guardar-lo dal telescopio e ci riuscì, e quando [l'oggetto] era in una certaposizione aveva una serie di ellissi. Ma quando lo mettevi bene a fuo-co sembrava a forma di L. Questo non ci chiariva molto la situazio-ne... Ovviamente non avremmo esclamato 'Ehi, Houston, abbiamoqualcosa che si muove accanto a noi, non sappiamo cos'è, ce lo po-tete dire voi?'. Non l'avremmo certo fatto! Perché sapevamo che quel-le trasmissioni sarebbero state ascoltate da gente di ogni sorta, echissà mai che qualcuno potesse pretendere che tornassimo subito acasa per via degli alieni o di altre ragioni. Per cui non lo facemmo, echiedemmo semplicemente con cautela a Houston dove si trovasselo stadio S-IVB. Qualche minuto dopo ci dissero che era a circa undi-cimila chilometri per via della manovra, per cui non pensavamo diosservare qualcosa di così distante. Così decidemmo, dopo averloguardato per un po', che era ora di dormire e di non parlarne fino alritorno, durante il debriefing.”

Aldrin è troppo divertito quandoparla di alieni (Figura 255) per-ché le sue parole possano essereinterpretate come ammissione diun incontro con gli extraterrestri,ma il documentario ricama nonpoco su queste frasi, mostrandoanche un oggetto sgranato (cheperò non è quello visto dall'A-pollo 11, bensì uno avvistato du-rante un'altra missione Apollo) edicendo che l'oggetto avvistatodagli astronauti non fu mai iden-tificato con certezza.

Sembra, insomma, che un astronauta Apollo dica di aver visto un UFO edi aver deciso insieme ai colleghi di mettere a tacere la cosa, o almenocosì sostengono numerosi siti ufologici.118 Ma andando a verificare i fattiemerge che la congiura del silenzio non la fanno gli astronauti: la fanno idocumentaristi a caccia di clamore.

118 www.google.com/search?&q=aldrin+saw+ufo.

Figura 255. Buzz Aldrin racconta l'episodio“ufologico” nel documentario First on the

Moon: The Untold Story (2005).

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Infatti la spiegazione più probabile e non extraterrestre dell'avvistamen-to era già stata data da Aldrin direttamente durante l'intervista per il do-cumentario, ma era stata tagliata, come ha riferito119 Aldrin stesso a DavidMorrison, del Nasa Astrobiology Institute, e continua tuttora ad essereignorata dai media.

Aldrin aveva spiegato alla troupedel documentario che l'oggettoche li ”inseguiva” era con tuttaprobabilità uno dei quattro pan-nelli interstadio che racchiudeva-no il modulo lunare, come si vedein Figura 256.

Al decollo dalla Terra e per partedel volo verso la Luna, il modulolunare stava sopra lo stadio S-IVB(il cilindro in basso a sinistra in Fi-gura 256) e sotto il modulo di co-mando e servizio, protetto daquesti quattro pannelli. Durante il tragitto veniva effettuata la manovradi Transposition and Docking: il modulo di comando e servizio si sgancia-va dallo stadio S-IVB e ruotava di 180°, viaggiando per così dire in retro-marcia. I pannelli di protezione del modulo lunare venivano aperti apetalo e sganciati dallo stadio S-IVB, in modo da permettere al modulo dicomando e servizio di agganciarsi al modulo lunare ed estrarlo.

Fatto questo, il modulo di comando e servizio e il modulo lunare accop-piati (l'astronave Apollo vera e propria) si allontanavano dallo stadio S-IVB, che successivamente veniva spinto in un'orbita che evitasse collisionicon il veicolo Apollo. Ma i pannelli di protezione erano già sganciati dallostadio prima che cambiasse di rotta, per cui non venivano coinvolti nellamanovra di deviazione. Ubbidendo diligentemente alle leggi newtonianedel moto, quindi, questi pannelli proseguivano per inerzia lungo la traiet-toria del veicolo Apollo come gabbiani dietro una nave fino al momentoin cui l'Apollo non effettuava correzioni di rotta, come si vede anche inFigura 250.

119 astrobiology.nasa.gov/ask-an-astrobiologist/question/?id=1568.

Figura 256. Estrazione del modulo lunaredalla carenatura interstadio, costituita daiquattro pannelli aperti a petalo. Dettaglio

del disegno NASA S-66-5107.

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Negli anni successivi, Aldrin ribadì la vera natura dell'avvistamento in piùoccasioni, per esempio nel corso del popolare Howard Stern Show del 15agosto 2007 e in un'intervista televisiva al Science Channel, nella qualechiese di chiarire ai telespettatori che non aveva visto un veicolo alieno.

L'emittente rifiutò, e la storia dell'astronauta che ammette di aver vistoun UFO è troppo ghiotta e quindi continua a girare. Eppure la faccendaera già stata discussa appunto durante il citato debriefing oltre trentacin-que anni prima, come si può leggere alle pagine da 6-33 a 6-36 dell'Apol-lo 11 Technical Crew Debriefing, datato 31 luglio 1969.

È ironico che durante la missione gli astronauti scelsero di non parlarevia radio della questione perché temevano che i loro commenti sarebbe-ro stati male interpretati, ma che poi questa scelta sia stata interpretatacome prova di qualcosa da nascondere. Proprio come avevano previsto,insomma, le loro parole sono state grossolanamente fraintese.

Una missione lunare segreta recuperò un'astronavealienaUn'altra tesi ripresentata periodicamente dai media120 è che vi sarebbestata una missione militare segreta, battezzata Apollo 20, svolta congiun-tamente da astronauti statunitensi e cosmonauti sovietici per recuperareun veicolo alieno scoperto sulla Luna.

Secondo la narrazione di tale William Rutledge, che asserisce di esserestato uno degli astronauti di questa missione insieme all'americana Leo-na Snyder e al russo Alexei Leonov, un vettore Saturn V sarebbe partitodi nascosto nel 1976 dalla base militare di Vandenberg, in California, di-retto verso la faccia non visibile della Luna. Là, infatti, le ricognizioni del-l'Apollo 15 avevano scoperto un gigantesco vascello alieno.

La presenza del veicolo sarebbe confermata da immagini pubblicate ne-gli atlanti fotografici lunari, per esempio nel dettaglio della foto NASAAS15-P-9625 mostrato in Figura 257. L'“astronave” sarebbe la forma chiaraallungata al centro dell'immagine.

120 Mistero, Italia 1, 25 ottobre 2009; Luna, 40 anni in chiave aliena - Dalle “presenze” all'Apollo 20,Flavio Vanetti, Corriere della Sera, 19/7/2009.

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Già questo aspetto dovrebbe farriflettere sulla plausibilità dellastoria: se l'esistenza di un veicoloextraterrestre sulla Luna è cosìtop secret da motivare addiritturauna missione congiunta russo-americana segreta, bisogna chie-dersi come mai l'astronave è statainvece lasciata in bella mostranelle fotografie pubblicate.121

Dato che le immagini della faccianascosta della Luna erano dispo-nibili all'epoca soltanto se laNASA o l'Unione Sovietica le rila-sciavano, sarebbe stato sempliceritoccarle prima di diffonderle, inmodo da non rivelare nulla.

Tuttavia la storia di Rutledge ècorredata di molti dettagli narra-tivi ricchi di riferimenti tecnici, ap-parentemente credibili per i nonesperti, e da video impressionan-ti, che mostrano addirittura uncadavere alieno umanoide (Figu-ra 258) e immagini ravvicinate delveicolo extraterrestre.

Se si mette da parte l'impattoemotivo della crudezza delle im-magini e si svolge una ricerca attenta, emerge chiaramente che la storiaè in realtà un falso piuttosto ben costruito, realizzato dall'artista franceseThierry Speth e sbugiardato anche dagli ufologi del CUN (Centro Ufologi-co Nazionale).122

Per esempio, l'esame attento dei video presentati da Rutledge permettedi scoprire una ben poco futuristica molla in una delle riprese della pre-

121 www.lpi.usra.edu/resources/apollo/frame/?AS15-P-9625.122 www.cun-veneto.it/apollo20.htm.

Figura 257. La presunta astronave alienasarebbe visibile al centro di quest'immagine.

Figura 258. Il presunto cadavere alienomostrato da Mistero.

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sunta astronave. Inoltre in uno dei video che mostra l'interno del modulolunare, uno degli astronauti risulta essere un torso fluttuante, perché èstato sovrapposto allo sfondo con un mascherino sbagliato. Questi detta-gli rivelano la falsificazione. Il “cadavere alieno” è semplicemente una del-le sculture di Speth.123

Sul piano tecnico, è assurdo pensare che si possa far partire un missilealto più di cento metri dalla California senza che nessuno lo veda decol-lare e senza che gli astronomi e gli astrofili di tutto il mondo lo avvistinodurante il tragitto verso la Luna (come avvenne per le altre missioniApollo). Inoltre lanciare un vettore da Vandenberg, sulla costa ovest degliStati Uniti, anziché da Cape Canaveral, sulla costa est, avrebbe fatto rica-dere il gigantesco primo stadio sul suolo statunitense, con il rischio evi-dente e intollerabile di danni a cose e persone, invece di caderenell'Atlantico come consueto.

Non lo si sarebbe potuto lanciare in direzione ovest, ossia sopra il Pacifi-co, perché avrebbe comportato un'enorme penalizzazione. I missili orbi-tali vengono lanciati sempre verso est per sfruttare la velocità dirotazione della Terra, che alla latitudine di Cape Canaveral è di circa 1470chilometri l'ora. Lanciarli verso ovest significherebbe lottare contro lamedesima velocità di rotazione: il missile partirebbe in retromarcia, percosì dire, con una penalità di 1470 chilometri l'ora.

E l'astronave? Un esame delle foto originali ad alta risoluzione chiarisceche si tratta soltanto di una forma del terreno che l'occhio tende a inter-pretare come una sagoma regolare nelle immagini sgranate.

123 complottilunari.blogspot.com/2009/10/apollo-20-la-missione-top-secret-per.html.

Figura 259. Particolare della foto NASA AS15-P-9625.

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Gli astronauti trovarono strutture aliene sulla LunaUna delle numerose tesi ufologiche riguardanti le missioni lunari sostie-ne che Neil Armstrong e Buzz Aldrin, i due astronauti protagonisti delprimo sbarco umano sulla Luna, sarebbero stati sorpresi da una visioneinaspettata e misteriosa durante la loro escursione: strutture realizzate daesseri extraterrestri sulla Luna. In preda allo stupore, avrebbero commen-tato via radio ciò che stavano vedendo mentre il Controllo Missione inti-mava loro concitatamente di usare per queste comunicazioni un canaleradio criptato.

La trasmissione della diretta sarebbe avvenuta, secondo chi sostienequesta tesi, con alcuni secondi di differita che avrebbero concesso allaNASA la possibilità di censurare questa breve discussione e, da allora, ditenerla segreta; ma alcuni radioamatori sarebbero comunque riusciti adascoltarla e registrarla. Eccone la traduzione fedele:

Astronauta 1: Ah, cos'è quello?

Astronauta 2: Abbiamo una spiegazione per questa cosa?

Houston: (Non) l'abbiamo, non vi preoccupate, continuate il vostroprogramma!

Astronauta 1: Oh Dio, è, è, è, davvero fantastico! Non lo potreste maiimmaginare!

Houston: Roger, lo sappiamo. Potreste andare dall'altra parte? Torna-te dall'altra parte!

Astronauta 1: Beh, è ben (attrezzato), molto spettacolare... Dio... equello cos'è?

Astronauta 1: È (cavo), ma che diavolo è?

Houston: Usate Tango, Tango!

Astronauta 1: Ora lì c'è una specie di luce!

Houston: Roger, abbiamo capito, lo abbiamo (visto), perdete la comu-nicazione, Bravo Tango, Bravo Tango, selezionate Jezebel, Jezebel!

Astronauta 1: ...si, ah! ...ma questo è incredibile!

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La registrazione è stata presenta-ta come autentica da varie tra-smissioni televisive italiane,124 main realtà proviene da Alternative 3,un documentario-parodia che furealizzato dalla rete televisiva bri-tannica Anglia nel 1977.

Anche senza conoscerne la fonte,gli indizi di falsità sono evidenti:un semplice confronto con le vocioriginali di Armstrong e Aldrin ri-vela che le voci nella registrazio-ne ufologica non sono le loro. Lareazione degli astronauti alla visione dei presunti extraterrestri è del tut-to surreale: i due sembrano mostrare solo stupore, non descrivono ciòche vedono, se non con poche frasi confuse, e non mostrano alcuna ap-prensione per l'improvvisa scoperta di una forma di vita extraterrestre,come invece sarebbe naturale aspettarsi.

Inoltre sono molto diversi da quelli autentici i “bip” (Quindar tones) chescandiscono la comunicazione, il rumore di fondo e la distorsione dellevoci, e le pause tra le frasi degli astronauti e quelle di Houston sono trop-po brevi se si considera la distanza Terra-Luna che i segnali radio doveva-no percorrere (un segnale di questo tipo ci mette circa 1,25 secondi perviaggiare dalla Terra alla Luna e altrettanti per tornare).

Esiste anche un'altra versione di questi fantomatici dialoghi, pubblicatain origine in un articolo di Sam Pepper sul tabloid americano-canadeseNational Bulletin del 29/9/1969 con il titolo “Phony Transmission Failure Hi-des Apollo 11 Discovery... MOON IS A UFO BASE!”. Non è chiaro se si trattas-se di un tentativo di parodia come Alternative 3, ma ne condividecertamente l'impostazione implausibile e la condisce con espressionipseudotecniche come “scandito l'orbita” o “In 625 alla quinta, auto-relé im-postati” che possono far colpo sul profano ma sono del tutto prive disenso per chi fa astronautica per mestiere.

124 Mistero, Italia 1, 25/10/2009; Top Secret, Rete4, 2/7/2007.

Figura 260. Un fotogramma dellatrasmissione Mistero dedicata a questapresunta registrazione lunare ufologica,

descritta come proveniente da “documentiufficiali sull'esistenza aliena”.

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La questione dei “bip” maldestramente imitati offre l'occasione per sfata-re due credenze molto diffuse che li riguardano: in realtà non venivanouditi dagli astronauti e non servivano a segnalare che si passava la parolaall'altro interlocutore. I Quindar tones avevano invece lo scopo di coman-dare l'invio del segnale da parte dei vari trasmettitori radio, sparsi per ilglobo terrestre, adoperati dalla NASA per comunicare con gli astronauti.

Questi trasmettitori venivano utilizzati a turno man mano che la rotazio-ne della Terra li poneva in vista del veicolo spaziale. Erano collegati alControllo Missione di Houston, in Texas, tramite linee telefoniche analo-giche, che come tali soffrivano di varie interferenze e disturbi, per cui eranecessario tacitare (mettere in mute) il trasmettitore localmente, presso iltrasmettitore stesso, anziché limitarsi a chiudere il microfono a Houston.

I toni Quindar erano quindi dei segnali di comando a distanza, trasmessilungo queste linee telefoniche. Per chi ha un'infarinatura di comunicazio-ni radio o ha mai usato dei walkie-talkie, erano l'equivalente del pulsantePush To Talk: quello che si preme per parlare e si rilascia per ascoltare.

Questi segnali sono tuttora utilizzati in alcune comunicazioni radio spa-ziali. Il loro nome deriva da quello della società Quindar Electronics, Inc.,che realizzò gli apparati che generavano questi toni e rispondevano ailoro comandi. Sono onde sinusoidali che durano 250 millisecondi: la fre-quenza del tono di attivazione (inizio trasmissione) è 2525 Hz, mentrequella del tono di disattivazione (fine trasmissione) è 2475 Hz. Un dispo-sitivo di filtraggio eliminava questi toni dal segnale inviato verso i veicoliApollo: per questo normalmente gli astronauti non li sentivano, anche sevi furono alcune missioni, come l'Apollo 8, nelle quali ogni tanto il filtrag-gio non funzionò perfettamente.

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Come discutere con i lunacomplottisti – 263

Come discuterecon i lunacomplottisti

Una raccomandazioneNon fatelo. Non discutete mai con un lunacomplottista, ossia con chi èfermamente convinto che le missioni lunari furono in un modo o nell'al-tro una messinscena, se il vostro intento è convincerlo che ha torto: èuno spreco di tempo. Non c'è nulla che possiate fare per far cambiareidea a una persona afflitta da questo genere di disturbo delirante.

Discutere con un dubbioso, invece, può essere costruttivo. Il dubbioso èancora ricettivo al ragionamento e alla presentazione di prove ben argo-mentate e fondate. Molte persone hanno perplessità sulle missioni lunarisemplicemente perché non conoscono l'argomento e hanno sentito par-lare delle tesi di messinscena: non avendo gli strumenti per determinarechi ha ragione e chi ha torto, fanno l'unica cosa sensata, cioè mantengo-no il dubbio.

C'è una sola situazione in cui vale la pena di discutere con un lunacom-plottista: quando l'intento è di rendere chiara ai dubbiosi l'assurdità delletesi di cospirazione lunare e la condizione patologica di chi le propagan-da. A prima vista, infatti, alcune tesi di complotto lunare possono sem-brare plausibili e possono quindi sedurre i perplessi. Serve alloraqualcosa che faccia emergere in modo facilmente comprensibile le in-coerenze della visione lunacomplottista.

Così ho preparato una serie di domande che, sulla base della mia espe-rienza, tendono a mettere rapidamente in crisi il lunacomplottista DOC.Lo obbligano a giustificare le proprie idee con spiegazioni che non è ingrado di dare senza contraddirsi. Spesso producono anche in lui una rea-zione emotiva molto intensa, che vale più di mille pagine di spiegazione

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tecnica nel rendere chiaro, al dubbioso che assiste alla discussione, chi hatorto e chi ha ragione.

Queste stesse domande, in particolare la prima, sono comunque utili an-che come punto di partenza per una conversazione con una personadubbiosa: la inducono a riflettere sulla coerenza e plausibilità dei propridubbi, almeno quanto basta per voler approfondire l'argomento, peresempio tramite le pagine di questo libro.

Se avete tempo per una sola domandaCapita spesso che l'argomento del lunacomplottismo salti fuori in conte-sti nei quali non c'è modo di avviare una discussione articolata. Se avetesoltanto trenta secondi, fate questa domanda.

Il nostro astronauta Umberto Guidoni ha avuto come docentigli astronauti che sono andati sulla Luna, in particolare NeilArmstrong. Li conosce personalmente. Se non ha dubbi lui,che è del mestiere, perché dovremmo averli noi?

Poi andate via o cambiate argomento.

Domande da fare ai lunacomplottistiÈ forse opportuno qualche consiglio tattico preliminare. Uno dei modipiù efficaci per mettere in crisi un lunacomplottista è chiedergli rispostetecnicamente documentate (cioè che citino fonti tecniche precise) alle se-guenti domande senza cadere in contraddizione. Non accettate frasicome ”lo sanno tutti che...”: chiedete fonti e documenti che comprovinole sue affermazioni. Senza documenti o dimostrazioni, le sue argomenta-zioni sono aria fritta.

Spesso il lunacomplottista ricorrerà all'attacco personale, chiedendovi sesiete ingegneri aerospaziali o avete lauree specialistiche o altre creden-ziali che vi autorizzino a discutere della materia. Se le avete, ditelo. Inogni caso, mettete in chiaro che la realtà degli sbarchi sulla Luna ha ilsupporto dell'intera comunità tecnica e scientifica, quindi le vostre com-

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petenze individuali sono irrilevanti. Poi chiedete al lunacomplottista qualicredenziali o supporti autorevoli ha lui. Non ne avrà.

Non consentite cambi d'argomento: sono una tattica abituale. Siate sere-namente inamovibili: avete fatto una domanda, avete diritto a una rispo-sta. Ripetete la domanda, se è stata elusa, e sottolineate il fatto che illunacomplottista ha tentato di eluderla. Se alla fine il lunacomplottistatenta un ”Sì, ma...”, non mancate di far notare che quel “Sì” è un'ammis-sione di torto sullo specifico argomento.

Non impantanatevi in discussioni sugli aspetti minuziosamente tecnicidelle missioni lunari: non chiariscono affatto la questione per chi non èesperto. I complottisti amano insistere su dettagli insignificanti. Noncontrobattete con altri dettagli tecnici: rispondete chiedendo “Equindi?” in modo che il lunacomplottista debba spiegare perché il det-taglio tecnico sul quale sta elucubrando è così importante. Di solitonon ci riuscirà, ma questo riporterà la discussione su temi più generalie comprensibili. Ricordate che il modo migliore per far vedere quant'èridicolo il lunacomplottismo è lasciar parlare un lunacomplottista. Buondivertimento.

1. Quali e quante missioni sarebbero state falsificate?Furono falsificate tutte quelle lunari? Soltanto la prima (Apollo 11)? O ad-dirittura tutte le missioni spaziali precedenti? E quelle sovietiche?

Qualunque cosa risponda, il complottista lunare si mette nei guai dasolo. Se dice che furono falsificate tutte le missioni, comprese quelle pri-ma dello sbarco, allora la portata della messinscena diventa ridicolmenteenorme e il materiale filmato e i reperti che sarebbe stato necessario fal-sificare crescono a dismisura, insieme al numero degli addetti ai lavoriperfettamente omertosi da oltre quarant'anni.

Se dice che soltanto le missioni con sbarco sulla Luna (dalla 11 in poi) fu-rono falsificate, allora accetta che quelle senza sbarco furono autentiche.Ma allora accetta come vere le immagini di quelle missioni. Che peròsbugiardano le asserzioni sulle fotografie, come ”mancano le stelle”, “lapellicola si squaglia o si vela nello spazio” e “le ombre sono troppo chiare”, esmentiscono l'idea che fosse tecnologicamente impossibile raggiungere

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la Luna e che le radiazioni dello spazio profondo avrebbero ucciso gliastronauti, perché le missioni Apollo 8 e 10 furono anch'esse lunari: la-sciarono l'orbita terrestre, attraversarono le fasce di Van Allen e circum-navigarono la Luna.

Se dice che fu falsificata soltanto l'Apollo 11, allora deve spiegare perchésarebbe stato necessario falsificarla quando la prima missione secondolui autentica, l'Apollo 12, avvenne soltanto quattro mesi più tardi. E se lemissioni successive sono secondo lui autentiche, allora le foto di questemissioni sono utilizzabili come termine di paragone per sbugiardare letesi di messinscena riguardanti le fotografie.

2. Qual è la versione complottista degli eventi,in dettaglio? Se ne può avere una coerente?In quarant'anni, nessun lunacomplottista c'è riuscito. Tutti quelli che cihanno provato si sono incagliati nelle contraddizioni della propria versio-ne o si sono lanciati in ipotesi prive di qualunque supporto tecnico o do-cumentale. L'unica versione dei fatti coerente e documentata è quellastorica: sulla Luna ci siamo andati. Sei volte.

Il lunacomplottista potrebbe ribattere che gli basta dimostrare che laversione “ufficiale” è falsa. A parte il fatto che in quarant'anni i cospirazio-nisti non sono riusciti neanche a far questo, presentando almeno unaprova inoppugnabile, le tesi di complotto asseriscono che sia accadutauna serie alternativa di eventi. Allora si chiede al lunacomplottista di pre-sentare questi eventi alternativi sotto forma di un quadro completo. Cosìsi vede se il quadro è coerente o è una crosta.

3. Le foto lunari furono ritoccate o no?Per esempio, nella famosa foto di Buzz Aldrin con la bandiera (Figura 35),la bandiera è aggiunta o no? Qualunque risposta porta il lunacomplotti-sta a contraddirsi. Se risponde che le fotografie furono ritoccate, alloraquesto implica che furono scattate davvero sulla Luna, altrimenti nonavrebbe avuto senso ritoccarle: sarebbe stato sufficiente rifarle tornandoin studio. Se dice che non furono ritoccate, allora ovviamente sono au-

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tentiche per definizione. Se invece sostiene che le foto furono realizzatein studio, allora non si capisce perché ci sarebbe stato bisogno di ritoc-carle: di nuovo, sarebbe bastato tornare in studio e rifarle.

E se le foto furono fatte in studio, perché non ne fecero un po' anche aNeil Armstrong? Era il personaggio più “storico”, essendo il primo uomosulla Luna. Invece tutte le foto famose mostrano Aldrin. Come mai?

4. Come mai, in tutti questi anni, nessunodei cinquecentomila che lavorarono al progetto hadenunciato la truffa, neanche in punto di morte?I veicoli furono progettati e fabbricati da società commerciali, comeBoeing e Grumman, nelle quali la segretezza non è mai perfetta. Se latesi è che i veicoli non potevano funzionare, il lunacomplottista devespiegare perché nessuno dei tecnici se ne accorse.

Se la tesi è che se ne accorsero ma temevano ritorsioni, deve spiegareperché non c'è mai stata nessuna confessione, neanche in punto di mor-te, quando non c'era più nulla da perdere, o un lapsus durante un mo-mento di ubriachezza molesta. Diamine, non ci riesce la Mafia, volete checi riescano gli americani? Per quarant'anni?

Se invece il lunacomplottista sostiene che furono costruiti dei veicoli per-fettamente funzionanti, fino all'ultimo bullone, per ingannare i tecnici, al-lora deve spiegare perché a quel punto non sarebbero stati usati.

5. Se le missioni umane sulla Luna erano impossibili,perché i russi ci provarono?Il lunacomplottista dovrà spiegare come mai ci furono ripetuti tentativisovietici di portare un cosmonauta sulla Luna: il progetto N1-L3. Seobietta che l'N1-L3 fallì, va ricordato che c'era anche il progetto di cir-cumnavigazione L1, che aveva tutte le carte in regola per avere successoe fu annullato perché gli americani arrivarono per primi a orbitare intor-no alla Luna.

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6. Perché i sovietici non si accorsero della messinscenae non la denunciarono al mondo?Erano in grado di accorgersene, grazie alla loro rete di spionaggio e di in-tercettazione delle comunicazioni radio e di telemetria. Avrebbero avutotutti i motivi per denunciare una falsificazione. Far fare una figuraccia airivali capitalisti degenerati sarebbe stata un'occasione ghiottissima. Ep-pure rimasero zitti. Come mai?

Una risposta ricorrente dei lunacomplottisti a questa domanda, oltre allatesi del grano venduto sottocosto già vista nei capitoli precedenti, è “per-ché avevano anche loro i loro scheletri nell'armadio”. Dicono che prima delprimo volo spaziale umano “ufficiale”, quello di Yuri Gagarin, ci furono al-tre missioni che fallirono. Gagarin sarebbe stato il primo a tornare vivo.

A parte il fatto che usare un'ipotesi di complotto per giustificarne un'al-tra non è il massimo del rigore scientifico (dove sono le conferme auto-revoli di queste missioni pre-Gagarin?), durante la Guerra Fredda gli USAnon si fecero scrupolo di denunciare le falsità della propaganda sovieticae viceversa, per cui sembra un tantinello ridicolo e implausibile che si sia-no fatti questa reciproca cortesia di stare zitti soltanto per i voli spaziali,così carichi di prestigio politico.

7. Quante foto e quante ore di ripresa filmatae di diretta TV sarebbe stato necessario falsificare?Chiedete al lunacomplottista delle cifre. Probabilmente non le avrà. Spie-gate che soltanto le foto scattate sulla Luna sono oltre 6500. Soltanto leriprese TV e cinematografiche della missione Apollo 16 sulla Luna am-montano a oltre quattordici ore. E le missioni con sbarco lunare furonosei. Fate notare, inoltre, che sarebbe stato necessario creare tutto questomateriale senza incoerenze o contraddizioni.

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8. Con gli effetti speciali di allora, come impedire chela troupe e le attrezzature di scena fossero riflesse nellevisiere a specchio degli astronauti? Chiedete al complottista lunare di spiegare con precisione quale tecnicadi ripresa avrebbe permesso questo risultato. Fate notare che spesso levisiere non mostrano semplicemente il cielo nero, ma riflettono i dettaglidel terreno e degli strumenti circostanti.

L'unico modo plausibile per “nascondere” la troupe sarebbe stato nonaverla: usare soltanto la fotocamera, cinepresa o telecamera mostratenelle immagini, impugnata dall'altro astronauta o montata su un suppor-to. Ma questo avrebbe significato rinunciare a qualunque supporto tecni-co o effetto realizzabile da una troupe e da apparati di ripresa piùsofisticati e quindi avrebbe reso ancora più complicata la messinscena.

Per esempio, il “cameraman” avrebbe dovuto lavorare vestito da astro-nauta e il set avrebbe dovuto essere perfetto (anche la “quarta parete”,quella dietro il punto di ripresa, avrebbe dovuto simulare il suolo e il cie-lo lunare). Per non parlare della necessità di lavorare nel vuoto per otte-nere il moto parabolico della polvere calciata dagli astronauti.

9. Con gli effetti speciali di allora, come ottenereil moto parabolico della polvere calciata dagliastronauti o sollevata dalla jeep senza fare volute?È un effetto che si può ottenere soltanto nel vuoto. Chiedete una descri-zione tecnica di come sarebbe stato ottenuto quest'effetto senza andaresulla Luna, sottolineando che occorre ottenerlo mentre si realizza con-temporaneamente la camminata degli astronauti.

Naturalmente non sono ammessi trucchi digitali, perché negli anni Ses-santa non c'era la grafica computerizzata. Chiedete una dimostrazionepratica.

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10. Quanto sarebbe stato grande il set?Fate notare che ci sono sequenze ininterrotte come quella riassunta inFigura 261 e tratta dalla missione Apollo 16. Sottolineate quanta stradafanno gli astronauti senza arrivare in fondo al “set”. Il masso sullo sfondosi rivela essere grande come una casa. Chiedete spiegazioni.

11. Vedete errori rivelatori dappertutto: ma allora chi lofece, questo complotto, Stanlio e Ollio?Chiedete di spiegare perché un complotto dal quale dipendeva il presti-gio mondiale degli Stati Uniti sarebbe stato realizzato così male da esse-re pieno di errori. Perché affidarlo a un branco di pasticcioni?

12. Come mai nessuno degli esperti di settore, anchenon americani, è d'accordo con voi? Sono tutti pagati per tacere? Come funziona questo meccanismo? Si vie-ne avvicinati da un uomo in nero alla fine del corso di laurea in ingegne-ria aerospaziale? Chiedete come mai tutte le presunte anomalie nellefoto, nei video e nella tecnologia del progetto Apollo sono prove eviden-ti di messinscena soltanto agli occhi dei lunacomplottisti. È possibile chedei dilettanti senza preparazione specialistica ne sappiano di più degliesperti e vedano quello che gli addetti ai lavori non notano? E non è unpo' arrogante che un cospirazionista lunare pensi di saperne più di un in-gegnere aerospaziale?

Figura 261. Apollo 16: Young e Duke visitano il macigno House Rock, che è a 220 metri didistanza e che nella prima foto a sinistra è dietro l'astronauta più lontano. Nell'ultima

foto, la freccia indica uno dei caschi degli astronauti.

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I veri segreti della Luna

Rispetto ai resoconti scientifici, le tesi di complotto lunare hanno il van-taggio di essere delle ottime storie da raccontare. Ma non c'è bisogno diinventarsi assurde tesi di complotto per rendere interessanti le missionilunari. Ecco alcuni esempi di natura decisamente rustica, che comprensi-bilmente non furono raccontati pubblicamente all'epoca e quindi sonotuttora poco conosciuti: ce ne sono molti altri, anche di genere menopruriginoso ma comunque affascinanti, che saranno presentati in un li-bro apposito.

La pausa di Aldrin sulla scalettaPer decenni, molti di coloro chevidero in diretta le immagini dellaprima passeggiata sul suolo luna-re o che le rividero e le studiaro-no dopo l'evento si sono chiesticome mai Buzz Aldrin fece unalunghissima pausa a metà dellascaletta (Figura 262) prima discendere e poi raggiungere il suocompagno Neil Armstrong.

Paura? Momentaneo stordimentodovuto al ritorno ad un ambiente con gravità? Pausa di raccoglimentospirituale? Nulla di tutto questo. Nel magnifico documentario del 2007 Inthe Shadow of the Moon, a 69 minuti dall'inizio, Aldrin rivela la natura diquella pausa misteriosa.

“Secondo il piano di volo, dovevamo fermarci 10-15 secondi alla basedella scaletta e tenerci al bordo della zampa d'allunaggio, limitandocia controllare la nostra stabilità, eccetera. Ho deciso di approfittare di

Figura 262. Aldrin si sofferma sulla scaletta.

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quell'intervallo per... uh... per occuparmi di una funzione corporale,riempiendo un po' il sacchetto per l'urina, per non dovermene preoc-cupare dopo. Ognuno ha i suoi primati lunari, e questo non me l'haconteso nessuno.”

Corrosione sospettaIn un'attività complessa comeun lancio spaziale, la quantitàdi cose che possono andarestorte è immensa e spessosono i problemi di origineinattesa quelli che fanno dan-nare di più. Per esempio, il Re-liability Bulletin (bollettino diaffidabilità) datato 8 marzo1968 e mostrato in Figura 263segnala gravi problemi di cor-rosione nelle condotte in ac-ciaio inossidabile delle rampedi lancio 34 e 37 al centro spa-ziale Kennedy.

Il rapporto rivela la causa dellacorrosione: l'attacco combina-to di acido urico e cloruro. Ilcloruro fa parte dell'ambientenel luogo di lancio, ma l'acidourico no. Viene da una ”fonte umana... Si sospetta da qualche tempo laprassi occasionale del personale di espletare le proprie necessità fisiologichedalla torre di lancio... Audizioni personali nell'area del sito di lancio hannoconfermato la probabile fonte umana sulla base delle pratiche osservate.”

In altre parole, non c'erano servizi igienici sulla torre di lancio, e se scap-pava la pipì, la si faceva dall'alto della torre, col risultato di corrodernel'acciaio e mettere a repentaglio il missile.

Figura 263. Il rapporto sulla corrosione dellecondotte rivela una fonte inattesa di acido.

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In un altro caso analogo, il rivelatore di perdite d'idrogeno della torre dilancio diede l'allarme, provocando l'attivazione del sistema di sicurezza apioggia d'acqua, con danni per milioni di dollari. Si scoprì che il rivelatoreera scattato per via della “emissione gassosa di un robusto ingegnere” dellaChrysler che stava cambiando un componente nelle vicinanze.125

Buste e fuoribustaScott, Worden e Irwin, gli astro-nauti della missione Apollo 15 (Fi-gura 264), portarono sulla Luna dinascosto 398 buste affrancate ol-tre alle 243 autorizzate dallaNASA per la filatelia commemora-tiva.

Lo fecero per conto di H. WalterEiermann, che a sua volta agivasu ordine di un filatelista tedesco,Hermann Sieger, con l'intesa checento delle buste clandestine sa-rebbero state cedute dagli astro-nauti a Eiermann in cambio di7000 dollari, depositati su un con-to estero, per ciascun astronautae le altre 298 sarebbero stateconservate dai membri dell'equi-paggio come souvenir.

Eiermann, però, vendette le proprie buste a Sieger, che a sua volta lemise pubblicamente in vendita poco dopo la missione. Lo sfruttamentoeconomico delle missioni spaziali da parte degli equipaggi era severa-mente proibito: ne nacque uno scandalo che coinvolse anche il collegaJack Swigert (Apollo 13). Swigert, Scott e Worden furono rimossi dal ser-vizio come astronauti; Irwin si dimise per dedicarsi alla predicazione reli-giosa.

125 Memorable Moments - My Years with the Apollo Program, John T. Everett.

Figura 264. David Scott, Alfred Worden eJames Irwin. Foto AP15-S71-22401.

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Commemorazione segretaVerso la fine della loro storica escursione lunare, quando Neil Armstrongera ancora sulla superficie e Buzz Aldrin era già rientrato, fra i due astro-nauti ci fu uno scambio di parole molto guardingo. Armstrong chiese adAldrin: “Cosa mi dici di quel pacchetto dalla tua... manica? L'hai preso?”

“No,“ gli rispose laconico Aldrin. “OK, lo prendo io quando salgo” ribatté ilcollega. Dopo una pausa, Aldrin gli chiese “Lo vuoi adesso?” e Armstronggli disse “Immagino di sì”. Altra pausa, poi Armstrong chiese “OK?” e Aldringli rispose “OK”.

Il pacchetto di cui parlavano era un insieme di og-getti commemorativi da lasciare sulla Luna: unatoppa dell'Apollo 1, in onore di Gus Grissom, EdWhite e Roger Chaffee, morti nell'incendio dell'A-pollo 1 sulla rampa di lancio; un ramoscello d'uli-vo, realizzato in oro, identico a quelli che hannocon sé i due astronauti per le proprie mogli e perquella di Michael Collins (Figura 265); e un piccolodisco di silicio contenente messaggi da circa 70capi di stato del mondo e altri dati.

Questo è il contenuto ufficiale, secondo il comuni-cato stampa NASA 69-83F del 13/7/1969. Ma se-condo quanto scrisse Aldrin nel suo libro Menfrom Earth vent'anni dopo, il pacchetto contenevaanche altri oggetti politicamente molto delicati:due medaglie sovietiche, una per commemorare ilcosmonauta Vladimir Komarov, morto al terminedel volo della sua Soyuz I per la mancata aperturadel paracadute, e una in onore di Yuri Gagarin, ilprimo uomo a orbitare intorno alla Terra, morto inun incidente aereo nel 1968. Un gesto di cavalleriafra viaggiatori dello spazio che ai tempi dellaGuerra Fredda, con l'Unione Sovietica acerrima nemica, rischiava di nonessere gradito a molti e fu quindi taciuto.

Figura 265. Unramoscello d'ulivo in

oro come quellolasciato sulla Luna.

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Donne nude sulla LunaA novembre del 1969, Alan Bean e Charles “Pete” Conrad sbarcarono sullaLuna mentre Richard Gordon li attendeva in orbita. Si capì subito chequesta era una missione allegra. A differenza della storica frase di NeilArmstrong, “È un piccolo passo per un uomo, un grande balzo perl'umanità”, il debutto di Conrad fu “Sarà stato piccolo per Neil, ma per me èbello lungo!” La battuta alludeva sia alla bassa statura dell'astronauta, siaa una scommessa fatta con la giornalista Oriana Fallaci per dimostrarleche le parole degli astronauti non erano decise a tavolino dalla NASA.

Ma dopo circa due ore e mezza dipasseggiata sulla superficie luna-re la missione prese una svolta in-solita: i due astronauti presero aridere così tanto che si sospettòche fossero ubriachi o in predaall'“estasi spaziale”.

Conrad spiegò nel numero di di-cembre 1994 di Playboy la ragio-ne delle risate. I due astronautiavevano sul polso della tuta la se-quenza delle procedure da ese-guire durante l'escursione: la cuffchecklist, un quadernetto ad anelli costituito da fogli di carta plastificataignifuga: soluzione rustica ma efficace. A loro insaputa, Dave Scott e JimIrwin, membri dell'equipaggio di riserva della missione, avevano inseritodelle fotocopie delle Playmate (rigorosamente stampate su carta ignifu-ga) fra i fogli delle istruzioni, dotandole di didascalie a doppio senso.

A Conrad capitarono Miss Settembre 1967, Angela Dorian, con il com-mento “Visto qualche collina o avvallamento interessante?”, e Miss Ottobre1967, Reagan Wilson (“Partner preferito per le cordate”); Bean si trovò MissDicembre 1968, Cynthia Myers (“Non dimenticare di descrivere le protube-ranze”), e Miss Gennaio 1969, Leslie Bianchini (”Rilevare la sua attività”).Non si tratta di una leggenda o di un aneddoto colorito: sul sito dellaNASA126 ci sono le immagini di queste Playmate, tratte dalle cuff checklist.

126 www.hq.nasa.gov/office/pao/History/alsj/a12/cuff12.html.

Figura 266. La cuff checklist di Alan Bean,pilota del modulo lunare, con la Playmate

Cynthia Myers, Miss Dicembre 1968.

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È un caso più unico che raro di donne nude offerte intenzionalmente dalsito dell'ente aerospaziale statunitense, solitamente molto formale, oltreche il primo episodio documentato di foto osé portate su un altro corpoceleste. Ma è anche una dimostrazione del fatto che gli astronauti, in fon-do, sono esseri molto umani, con le nostre stesse pulsioni e debolezze.

Ed è proprio questo a rendere grandiosa la loro impresa.

Figura 267. Pete Conrad. La sua cuff checklist è aperta alla pagina con Reagan Wilson,Miss Ottobre 1967. Dettaglio della foto AS12-48-7071.

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Per saperne di più – 277

Per saperne di più

Per esigenze di spazio e per non appesantire la lettura, nelle pagine pre-cedenti non è stato possibile indicare esplicitamente tutte le fonti tecni-che dalle quali sono stati tratti i dati citati nel testo. Tuttavia durante lalavorazione del libro è stata tenuta traccia di ogni singola fonte, per cuichi avesse bisogno di risalire all'origine di uno specifico dato può contat-tare l'autore di questo libro presso [email protected].

I principali documenti utilizzati come fonti sono comunque radunati edelencati qui e valgono anche come spunto per letture e visioni di appro-fondimento sulla materia trattata.

Molti dei documenti citati sono disponibili anche via Internet: per brevi-tà, non tutti i loro indirizzi sono riportati qui. Sono però consultabili pres-so l'apposito blog ComplottiLunari.info, dove sono raggiungibiliall'indirizzo abbreviato tinyurl.com/fontilunari.

I rapporti e le foto NASA su supporto digitaleÈ disponibile una serie di supporti digitali contenenti le collezioni com-plete ad altissima risoluzione delle fotografie scattate dalle varie missioniApollo, i principali documenti tecnici della NASA e le versioni originali acolori delle fotografie utilizzate per questo libro. Chi volesse ricevere oscaricare questo materiale può scrivere all'indirizzo di e-mail [email protected].

Archivi fotograficiLunar and Planetary Institute (www.lpi.usra.edu/resources/apollo/cata-log/70mm/).Gateway to Astronaut Photography of Earth (eol.jsc.nasa.gov).

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Apollo Archive (apolloarchive.com).Lunar Panoramas (spacemodels.nuxit.net/Panoramas/index.htm): panora-miche realizzate unendo digitalmente varie foto lunari originali.LIFE Magazine (images.google.com/images?q=Apollo+source%3Alife&b-tnG=Cerca+immagini).Nasa Images (www.nasaimages.org).NIX - Nasa Image Exchange (nix.nasa.gov).Science Photo (www.sciencephoto.com).Ranger Photographs of the Moon (www.lpi.usra.edu/resources/ranger).Apollo Lunar Surface Closeup Camera (ALSCC) (www.lpi.usra.edu/re-sources/apollo/catalog/alscc). Apollo Image Atlas (Metric Camera) (www.lpi.usra.edu/resources/-apollo/catalog/metric).Apollo Image Atlas (Panoramic Camera) (www.lpi.usra.edu/resour-ces/apollo/catalog/pan).Apollo Image Atlas (35 mm Nikon) (www.lpi.usra.edu/resources/apollo/-catalog/35mm).Lunar Orbiter Photo Gallery (www.lpi.usra.edu/resources/lunarorbiter). Lunar Orbiter Photographic Atlas of the Moon (www.lpi.usra.edu/re-sources/lunar_orbiter).

Siti di documentazione tecnicaAgenzia Spaziale Italiana (www.asi.it) (in italiano).Apollo 11 audio (www.nasa.gov/mission_pages/apollo/40th/apollo11_au-dio.html).Apollo Artifacts (www.apolloartifacts.com): grandissima collezione priva-ta di oggetti spaziali delle missioni Apollo.Apollo at NASA (nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary/lunar/apollo.html).Apollo Bibliography (history.nasa.gov/alsj/apollo.biblio.html).Apollo Flight Journal (history.nasa.gov/afj/): cronologia dettagliata ecommentata delle singole missioni, con le trascrizioni di tutte le comuni-cazioni radio.

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Per saperne di più – 279

Apollo Lunar Surface Journal (www.hq.nasa.gov/alsj): cronologia com-pleta delle escursioni lunari, con le trascrizioni commentate di ogni sin-gola frase pronunciata, foto scattata e azione effettuata dagli astronauti.Apollo Saturn Reference Page (www.apollosaturn.com): documentazio-ne tecnica del vettore Saturn V.Apollo Technical Data Library (www.cs.indiana.edu/sudoc/image_3000-0061709352/30000061709352/pdf/techdata.htm): documenti e manualispecifici del modulo di comando, del modulo lunare e del vettore SaturnV; rapporti preliminari e conclusivi e Press Kit (cartelle stampa) di ciascunamissione.Apollo TV (www.apollotv.net): informazioni sulle trasmissioni televisivedelle missioni Apollo.Clementine Color Images of the Moon (ser.sese.asu.edu/MOON/-clem_color.html) e Clementine Lunar Map (www.nrl.navy.mil/clm): raccol-te delle immagini della sonda lunare statunitense Clementine (1994).Consolidated Lunar Atlas (www.lpi.usra.edu/resources/cla). Atlante foto-grafico della Luna.De la terre à la lune (www.de-la-terre-a-la-lune.com).Deepcold (www.deepcold.com): progetti spaziali militari USA-URSS.Encyclopedia Astronautica (Astronautix.com).HORIZONS (ssd.jpl.nasa.gov/horizons.cgi): sito NASA che permette di cal-colare dimensioni, fase e posizione di qualunque corpo celeste del siste-ma solare visto da qualunque altro in qualunque data (nel caso specifico,l'aspetto della Terra vista dalla Luna).Kàguya/Selene (wms.selene.jaxa.jp; www.jaxa.jp/projects/sat/selene/in-dex_e.html): archivio tecnico, fotografico e video della sonda lunare giap-ponese omonima (2007-2009).Lunar Reconnaissance Orbiter (lunar.gsfc.nasa.gov; centauri.larc.nasa.-gov/lro): Moonport (www.hq.nasa.gov/office/pao/History/SP-4204/cover.html): sto-ria delle basi di lancio.NASA JSC Transcript Collection (Mercury to Apollo) (www.jsc.nasa.-gov/history/mission_trans/mission_transcripts.htm): raccolta delle trascri-zioni delle comunicazioni radio delle missioni statunitensi.

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NASA Office of Logic Design (klabs.org/history/history_docs/-mit_docs/index.htm): archivio di documenti riguardanti i computer di na-vigazione e di controllo dei veicoli Apollo.NASA Technical Reports Server (ntrs.nasa.gov): vastissima collezione dirapporti tecnici riguardanti l'intero programma spaziale statunitense e leconoscenze scientifiche che ne sono scaturite.PBS Race to the Moon (www.pbs.org/wgbh/amex/moon/index.html).Radiation Effects and Analysis (radhome.gsfc.nasa.gov/top.htm). Unodei principali archivi di documentazione sugli effetti delle radiazioni ri-guardanti il volo spaziale, gestito dal Goddard Spaceflight Center.Russian Space Web (www.russianspaceweb.com): notizie e storia dellospazio dalla Russia.The Apollo Program (1963-1972) (nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary/lu-nar/apollo.html): l'archivio del National Space Science Data Center, conte-nente documenti su tutte le missioni Apollo, comprese quelle di collaudosenza equipaggio.The Space Race (www.thespacerace.com).Unmanned Spaceflight (www.unmannedspaceflight.com).We Choose the Moon (www.wechoosethemoon.org).Working on the Moon: Lessons from Apollo (www.workingonthemoon.-com/index.html).

Libri, documenti tecnici e biografieI testi in italiano sono evidenziati in grassetto.

35 Years Ago, “One Small Step...”. Jack Yanosov. In QST, febbraio 2005.A Man on the Moon: The Voyages of the Apollo Astronauts. Andrew Chaikin,

Penguin Books, New York (1994). Ripubblicato da Penguin (2007). ISBN-10: 014311235X.

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Per saperne di più – 281

An Annotated Bibliography of the Apollo Program. Redatto da Roger D.Launius e J.D. Hunley e pubblicato con il titolo Monographs in Aerospa-ce History, n. 2 (1994).

An Introduction to Celestial Mechanics. Moulton, Forest R.. Dover Publica-tions, New York (1970).

An overview of medical-biological radiation hazards in earth orbits. Stauber,M. C.; Rossi, M. L.; Stassinopoulos, E. G., Goddard Space Flight Center(1984).

Apollo 7 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books. ISBN1896522645.

Apollo 8 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books. ISBN1896522661.

Apollo 9 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books. ISBN1896522513.

Apollo 10 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books. ISBN1896522688.

Apollo 10 Color Television, Westinghouse Defense and Space Center NewsRelease (1969).

Apollo 10 Optical Tracking, in Sky and Telescope, luglio 1969, pagg. 62-63.Apollo 11 – The NASA Mission Reports, Volume 1, Robert Godwin, Apogee

Books. ISBN 189652253X.Apollo 11 – The NASA Mission Reports, Volume 2, Robert Godwin, Apogee

Books. ISBN 1896522491.Apollo 11 – The NASA Mission Reports, Volume 3, Robert Godwin, Apogee

Books. ISBN 1896522858.Apollo 11 Photography, 70-mm, 16-mm and 35-mm Frame Index, National

Space Science Data Center (1970).Apollo 11 Technical Air-to-Ground Voice Transcription. Manned Spacecraft

Center (1969).Apollo 12 – The NASA Mission Reports, Volume 1, Robert Godwin, Apogee

Books. ISBN 1896522548.Apollo 12 – The NASA Mission Reports, Volume 2, Robert Godwin, Apogee

Books. ISBN 1894959167.Apollo 13 – The NASA Mission Reports, Robert Godwin, Apogee Books. ISBN

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ratory (1999).Shooting the Apollo Moonwalks. Sam Russell, in Apollo Lunar Surface Jour-

nal.

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Per saperne di più – 285

Summary of Medical Experience in the Apollo 7 Through 11 Manned Space-flights. Berry, C.A., Aerospace Medicine 41 (maggio 1970): 500-19.

The Apollo 13 Accident, in Sky and Telescope, luglio 1970, pag. 14.The Color War Goes to the Moon. Stan Lebar, in Invention & Technology,

Estate 1997.The Last Man on the Moon. Eugene Cernan e Don Davis. St. Martin's Press,

New York (1999). ISBN-10: 0312263511.The Lunar Television Camera. E.L. Svensson, Westinghouse Engineer n. 3,

pagg. 46-51 (marzo 1968).The Probability of an ALSEP Accepting an Erroneous Command BellComm

Memorandum for File B69 12007. J.E. Johnson (1969).The Radiation Environment. J. Barth, Goddard Spaceflight Center.Theory of Orbits. Victor G. Szebehely, Academic Press, New York (1967).Tracking Apollo to the Moon. Lindsay Hamish. Springer-Verlag London

(2001).Trajectories in the Earth-Moon Space with Symmetrical Free Return Proper-

ties. Arthur J. Schwaninger, NASA Technical Note D-1833 (1963).TV Show of the Century: A Travelogue with No Atmosphere. Stanley Lebar e

Charles P. Hoffman, Electronics (1967).Two Sides of the Moon: Our Story of the Cold War Space Race. David Scott e

Alexei Leonov. Pocket Books (2004). ISBN 0743450671.Where No Flag Has Gone Before: Political and Technical Aspects of Placing a

Flag on the Moon. Anne Platoff, NASA Contractor Report 188251 (1993).World Spaceflight News. Lunar Module Reference. Progressive Management

(2000).

Acquisti di materiale e documentazioneAstronaut Store (www.astronautstore.org): modelli, oggetti di volo, auto-grafi. Gestito dagli astronauti Mercury.Collectionspace.it (www.collectionspace.it): libri rari, campioni di meteori-ti, autografi, oggetti di volo, modelli (in italiano).Collectspace (www.collectspace.com): autografi, oggetti provenienti dallemissioni spaziali, modelli.

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Footagevault (www.footagevault.com): riversamenti digitali in alta defini-zione delle riprese cinematografiche e televisive delle missioni spaziali.Kennedy Space Center (www.thespaceshop.com): modelli, vestiario, spillee altri oggetti a tema.Moonpans.com (www.moonpans.com): poster panoramici realizzati com-ponendo le fotografie scattate sulla Luna.Orbitec (www.orbitec.com): simulante di regolite (replica della polvere lu-nare utilizzata per i collaudi dei veicoli e degli strumenti lunari).Spacecraft Films (www.spacecraftfilms.com): DVD e Blu-ray dei filmati ori-ginali integrali delle missioni; documentari sul programma spaziale statu-nitense.Up-Ship.com (www.up-ship.com/drawndoc/drawndocspacesaturn.htm):stampe e disegni tecnici dei veicoli Apollo, dei vettori Saturn e di moltialtri veicoli spaziali realizzati o soltanto progettati.

Libri pro-complottoDark Mission: The Secret History of NASA, Richard Hoagland e Mike Bara(2007). Feral House, ISBN 1-9325-9526-0.Dark Moon: Apollo and the Whistle-Blowers, Mary Bennett e David S. Percy(2001). Adventures Unlimited Press, ISBN 0-9328-1390-9.Lumières sur la Lune – La NASA a t-elle menti!, Philippe Lheureux (2002).Editions Carnot, ISBN-10 2912362490.Moon Landings: Did NASA lie?, Philippe Lheureux (2003). Carnot USABooks, ISBN-10 1592090419.NASA Mooned America!, Ralph René (1994).Non siamo mai andati sulla Luna, Bill Kaysing (1997). Cult Media Net Edi-zioni, ISBN 88-87179-00-X (in italiano).One Small Step? The Great Moon Hoax and the Race to Dominate Earthfrom Space, Gerhard Wisnewski e Johanna Collis (traduttrice) (2008).Clairview Books, ISBN 1905570120.We Never Went to the Moon, Bill Kaysing (1974). Edizione autoprodotta.We Never Went to the Moon: America's Thirty Billion Dollar Swindle. Bill Kay-sing e Randy Reid (1976). Health Research Books. ISBN 0-7873-0487-5.

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Siti pro-complottoAtmosphärenfahrt-Index – die Beweise für die Mondlüge (www.geschich-

teinchronologie.ch/atmosphaerenfahrt-index.html).Aulis Online (www.aulis.com).Luogocomune (www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?-

op=viewarticle&artid=19) (in italiano).Moonmovie (www.moonmovie.com).Wagging the Moondoggie (davesweb.cnchost.com).

DVD, video e trasmissioni TV pro-complottoA Funny Thing Happened on the Way to the Moon, Bart Sibrel (2001).Apollo 11 Press Conference, Bart Sibrel (2004).Apollo 11: Monkey Business, Bart Sibrel (2004).Apollo One Accident Report, Bart Sibrel (2007).Astronauts Gone Wild, Bart Sibrel (2004).Conspiracy Theory: Did We Land on the Moon? (Fox, 2001).Enigma (RAI, febbraio 2003) (in italiano).La Storia Siamo Noi (RAI, 22/8/2006) (in italiano).Mistero (Italia 1, 25/10/2009) (in italiano).Top Secret (Rete4, 2/7/2007) (in italiano).Voyager (RAI, 4/3/2009) (in italiano).Was it Only a Paper Moon?, James M. Collier (1997).What Happened on the Moon - An Investigation Into Apollo, David Groves e

David Percy (2000).

Parodie ritenute vere dai lunacomplottistiAlternative 3, di Christopher Miles (Anglia Television, 1977).Capricorn One, di Peter Hyams (Associated General Films, 1978).Dark Side of the Moon (Operazione Luna/Opération Lune), William Karel

(Arte France/Point du Jour, 2002).Moontruth (The Viral Factory, 2002).

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Libri di risposta alle tesi di complotto lunareBad Astronomy: Misconceptions and Misuses Revealed, from Astrology tothe Moon Landing “Hoax”. Phil Plait (2002). J. Wiley & Sons, ISBN0471409766.

Documentari e trasmissioni TV neutrali o di rispostaalle tesi di complottoFor All Mankind (Apollo Associates/FAM Productions, 1989).In the Shadow of the Moon (Discovery Films/FilmFour, 2007).Moonwalk One (NASA / The Attic Room Ltd, 1970/2009).Mythbusters – NASA Moon Landing (n. 104, 27/8/2008).Penn & Teller: Bullshit! – Conspiracy Theories (n. 3-03, 9/5/2005).The Truth Behind the Moon Landings (Discovery Science, 2003).When We Left Earth: The NASA Missions (Dangerous Films, 2008).Live from the Moon (Spacecraft Films, 2010).

Siti di risposta alle tesi di complottoAboveTopSecret.com (www.abovetopsecret.com).ApolloHoax (www.apollohoax.net).Bad Astronomy (www.badastronomy.com/index.html).Apollo 11 Smoking Guns (apollo11.forumfree.it) (in italiano).Clavius (www.clavius.org).Complotti Lunari (www.complottilunari.info) (in italiano).Forum Astronautico (www.forumastronautico.it) (in italiano).Moon Hoax? No Thanks di Diego Cuoghi (www.diegocuoghi.com/Mo-

on_hoax.htm) (in italiano).Rocket and Space Technology (www.braeunig.us/space/).Siamo andati sulla Luna (www.siamoandatisullaluna.com) (in italiano).Apollo 11, Smoking Gun (sulterrorismo.splinder.com/post/9492269/A-

pollo+11,+Smoking+Gun) (in italiano).

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Indice1 Introduzione2 Ringraziamenti2 Distribuzione libera e gratuita3 Indirizzi Internet abbreviati con Tinyurl3 Commenti, correzioni e aggiornamenti3 Immagini, filmati e documenti di supporto4 In memoriam

5 La corsa alla Luna6 Il vantaggio sovietico7 La rincorsa statunitense8 Il primo uomo nello spazio10 Apollo, il sorpasso americano12 Il progetto segreto N1-L313 Le prove generali, poi l'allunaggio

15 Come ci siamo andati15 Il lanciatore Saturn V17 Il veicolo Apollo19 Manovre e rendezvous vitali21 Rientro rovente

23 Le prove degli sbarchi23 La documentazione25 Controlli incrociati26 Le fotografie31 La diretta TV32 Le riprese cinematografiche34 Altre fonti informative34 Verifica incrociata: il ritardo radio

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36 Omertà perfetta37 Il silenzio dei sovietici37 Le rocce lunari39 Specchi sulla Luna40 Foto di oggetti e veicoli sulla Luna46 Indizi, ma non prove47 L’altimetria di Kàguya49 La polvere parabolica52 Le dimensioni del presunto set53 L'andatura lunare56 Impresa impossibile, ma in un altro senso

57 Tesi di complotto, promotori e diffusione57 Quanta gente crede al complotto?59 Sospettare il complotto non è da stupidi: è da disinformati60 Copertura mediatica limitata, nonostante tutto62 Il viaggio era davvero incredibile63 Origini e storia64 Bill Kaysing, il papà dei lunacomplottisti66 Capricorn One66 Ralph René67 Il documentario della Fox68 2002, l'anno del cazzotto70 I media italiani70 Quattro tesi fondamentali71 Non ci siamo mai andati72 Ci siamo andati, ma il primo sbarco fu falsificato73 Ci siamo andati, ma le foto furono falsificate73 Ci siamo andati, ma abbiamo trovato gli alieni74 Dicono proprio così

75 Le presunte prove della messinscena

77 Presunte anomalie fotografiche

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77 Premessa: la tecnologia fotografica79 Non ci sono stelle nelle foto82 La bandiera sventola nel vuoto84 Gli oggetti in ombra sono troppo chiari86 Le ombre non sono parallele87 Gli astronauti hanno ombre di lunghezze differenti89 L'ombra del modulo lunare arriva fino all'orizzonte90 Manca l'ombra della bandiera nella foto del saluto92 Il veicolo proietta un'ombra impossibile sulla Luna94 Tutte le foto sono perfette96 Ci sono foto dello stesso luogo con e senza LM98 Luci del set riflesse nelle visiere100 Crocette nere coperte dagli oggetti104 C'è una “C” su un sasso108 L'antenna dello zaino appare e scompare110 La rivista Fotografare dice che le foto sono false111 L'astronauta sembra sotto un riflettore114 Le foto in controluce sono impossibili senz'aria116 Non si vedono i massi descritti da Neil Armstrong119 Mancano le tracce delle ruote della jeep lunare122 Negli archivi NASA ci sono foto ritoccate124 C'è una foto falsa di Collins126 Troppe foto in troppo poco tempo130 Manca l'ombra dell'astronauta132 La scritta “United States” si legge troppo bene

133 Presunte anomalie in video e filmati133 Premessa: la tecnologia video e cinematografica135 Le cineprese Apollo136 Le telecamere Apollo140 La bandiera sventola nel vuoto

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142 Primi passi ripresi da fuori: impossibile144 Decollo dalla Luna ripreso da fuori: impossibile145 Gli astronauti si rialzano aiutati da cavi146 Si vede il bagliore dei cavi che reggono gli astronauti147 I salti degli astronauti sono troppo miseri149 Il ciak sbagliato dello sbarco sulla Luna150 La vedova di Kubrick e altri hanno confessato151 La NASA ha “smarrito” i nastri della diretta TV153 Gli astronauti finsero di riprendere la Terra da lontano154 Nel decollo dalla Luna manca la fiammata del motore156 TV a colori dallo spazio ma non dalla Luna157 Set televisivi riciclati

159 Presunte anomalie tecnologiche159 Nessuno ha più messo piede sulla Luna161 I russi non ci provarono: sapevano che era impossibile163 I computer erano troppo primitivi164 Tutto andò troppo liscio168 Non aveva senso fare il rendezvous in orbita lunare170 Nessuno punta un telescopio sui veicoli lasciati sulla Luna172 Nessuno manda sonde per fotografare i veicoli Apollo173 La jeep non ci stava dentro il modulo lunare175 L'Apollo non raggiunse la velocità di fuga176 Il Saturn V non era abbastanza potente179 Il LM era troppo piccolo per risalire dalla Luna180 Il modulo lunare era un trabiccolo instabile182 Gli astronauti avrebbero sbilanciato il LM183 Il simulatore del LM si schiantò perché instabile185 Tutti i problemi tecnici si risolsero magicamente187 Manca il rumore dei motori nell'audio dell'allunaggio

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189 Presunte anomalie fisiche189 Troppo caldo: la pellicola si sarebbe liquefatta192 Le fasce di Van Allen avrebbero ucciso gli astronauti195 Le radiazioni spaziali avrebbero ucciso gli astronauti196 I raggi X nello spazio avrebbero velato le pellicole197 Il viso esposto al sole si sarebbe ustionato198 I cambi di rullino all'aperto erano impossibili201 Impossibile raffreddare un astronauta nel vuoto202 Manca il cratere prodotto dal motore del LM205 Decollo dalla Luna, anticipo video impossibile206 Le zampe dei moduli lunari non sono impolverate208 Apollo 11, motore spento ma zampe pulite210 Le impronte degli astronauti sono troppo nitide211 Il portello del modulo lunare era troppo stretto213 Le tute pressurizzate sarebbero state gonfissime

215 Altre presunte anomalie215 Gli astronauti avevano espressioni colpevoli217 Neil Armstrong non rilascia interviste219 La NASA non affronta le accuse220 Gli astronauti lunari non affrontano i dubbiosi221 I documenti NASA non sono disponibili223 I progetti del Saturn V sono stati “persi”224 La NASA manipola le registrazioni e manca il ritardo radio227 La roccia lunare donata dagli USA all'Olanda è falsa231 L'astronauta Grissom fu ucciso per farlo tacere233 L'ispettore della sicurezza Baron fu ucciso235 Ben dieci morti misteriose fra gli astronauti

239 Realtà alternative239 I russi furono pagati per tacere

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241 Le rocce lunari furono falsificate243 Kubrick girò il falso allunaggio244 Gli astronauti rimasero in orbita terrestre248 I segnali arrivarono da un satellite in orbita terrestre o lunare250 Gli errori nella messinscena sono messaggi in codice

251 UFO e allunaggi251 Si vedono UFO nelle foto lunari254 Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla Luna, vide un UFO257 Una missione lunare segreta recuperò un'astronave aliena260 Gli astronauti trovarono strutture aliene sulla Luna

263 Come discutere con i lunacomplottisti263 Una raccomandazione264 Se avete tempo per una sola domanda264 Domande da fare ai lunacomplottisti265 1. Quali e quante missioni sarebbero state falsificate?266 2. Qual è la versione complottista degli eventi, in dettaglio? Se ne può

avere una coerente?266 3. Le foto lunari furono ritoccate o no?267 4. Come mai, in tutti questi anni, nessuno dei cinquecentomila che

lavorarono al progetto ha denunciato la truffa, neanche in punto dimorte?

267 5. Se le missioni umane sulla Luna erano impossibili, perché i russi ciprovarono?

268 6. Perché i sovietici non si accorsero della messinscena e non ladenunciarono al mondo?

268 7. Quante foto e quante ore di ripresa filmata e di diretta TV sarebbestato necessario falsificare?

269 8. Con gli effetti speciali di allora, come impedire che la troupe e leattrezzature di scena fossero riflesse nelle visiere a specchio degliastronauti?

269 9. Con gli effetti speciali di allora, come ottenere il moto parabolico dellapolvere calciata dagli astronauti o sollevata dalla jeep senza fare volute?

270 10. Quanto sarebbe stato grande il set?

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270 11. Vedete errori rivelatori dappertutto: ma allora chi lo fece, questocomplotto, Stanlio e Ollio?

270 12. Come mai nessuno degli esperti di settore, anche non americani, èd'accordo con voi?

271 I veri segreti della Luna271 La pausa di Aldrin sulla scaletta272 Corrosione sospetta273 Buste e fuoribusta274 Commemorazione segreta275 Donne nude sulla Luna

277 Per saperne di più277 I rapporti e le foto NASA su supporto digitale277 Archivi fotografici278 Siti di documentazione tecnica280 Libri, documenti tecnici e biografie285 Acquisti di materiale e documentazione286 Libri pro-complotto287 Siti pro-complotto287 DVD, video e trasmissioni TV pro-complotto287 Parodie ritenute vere dai lunacomplottisti288 Libri di risposta alle tesi di complotto lunare288 Documentari e trasmissioni TV neutrali o di risposta alle tesi di

complotto288 Siti di risposta alle tesi di complotto

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Siamo davvero andati sulla Luna? Questo libroesamina i dubbi più frequenti riguardanti le missioniApollo che portarono l'uomo sulla Luna fra il 1969 e il1972 e li chiarisce, smontando una per una le presunteprove presentate da chi afferma che si trattò invece diuna colossale messinscena.

Ma l'esplorazione delle tesi alternative è anche unospunto per raccontare l'epopea della corsa alla Luna,presentandone aspetti pressoché sconosciuti al grandepubblico, come il progetto lunare sovietico, i disastrisfiorati ma taciuti e le foto di Playboy portate dinascosto sulla Luna.

Per smontare dubbi e deliri,onorare coraggio e ingegno.

Paolo Attivissimo (a destra, con BuzzAldrin, uno dei primi due uomini a metterepiede sulla Luna nel 1969) è un giornalista escrittore informatico, studioso delle "bufale"e della disinformazione nei media, dallecatene di Sant'Antonio alle tesi di complotto

sull'11 settembre. Da sempre appassionato di astronautica,gestisce il sito ComplottiLunari.info ed è autore del documentariolibero Moonscape, che ripercorre le missioni lunari con immaginiinedite e restaurate.