Customer Service

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58 SETTEMBRE/OTTOBRE 2008 SVILUPPO&ORGANIZZAZIONE Catrina Alferoff, David Knights Gli autori Catrina Alferoff ([email protected]) è assistente di ricerca presso la Nottingham University Business School, dove svolge attività di ricerca sul management delle reti collaborative. David Knights ([email protected])è professore di Organisational Analysis e Head of the School of Management della Keele Uni- versity. Ha pubblicato diversi saggi e volumi sul rapporto fra tecnologie dell’informazionie e organizzazione, fra cui “Managers Divided: Organisational Politics and Information Technology Management” (con F. Murray , Wiley, 1994) e “The Re-engineering Revolution: Critical Studies of Corporate Change” (curato con H. Willmott, Sage, 1999). Le tecnologie che operano in real time han- no la capacità di rappresentare simbolica- mente sia i clienti, sia gli operatori dei call center, sia il momento della loro interazione in forma pura attraverso numeri e grafici. Il punto più alto di questo processo di elabora- zione dati è il Customer Relationship Management (Crm), nel quale i dati digitalizzati sono elaborati opportunamen- te, al fine di produrre un modello capace di simulare il comportamento dei clienti. Tale modello può essere visto come una sorta di “metamito”, che ha come riferimento il database aziendale, normalmente ritenuto oggettivo e inattaccabile da qualsiasi inda- gine critica. In questo studio s’intende invece iniziare a sviluppare in merito un pensiero critico. Questo, confrontando la rappresenta- zione offerta dai dati del Crm con quella di alcuni casi di studio di call center. Si cerca in questo modo di sottoporre a critica gli as- sunti alla base delle rappresentazioni delle pratiche di Crm evidenziando le contraddi- zioni che ne emergono. Questo articolo è apparso su Information and Organization 18 (2008) 29-50 ed è disponibile online su www.sciencedirect.com. È stato tradotto a cura della redazione di Sviluppo&Organizzazione, dietro cortese autorizzazione. I Introduzione l settore dei call center dà lavoro oggi, nel solo Regno Unito, a più persone delle in- dustrie automobilistica, dell’acciaio e del carbone messe insieme. Fra le nuove for- me di organizzazione del lavoro, call o contact center sono quelle che crescono con maggiore rapidità. “Le stime variano, ma gli esperti del settore calcolano che nel Regno Unito esistano circa 5.500 call center che im- piegano quasi 400mila lavoratori” (Dti, 2004, p.1.). Seb- bene nel Regno Unito e negli Stati Uniti il ritmo di questa crescita sia rallentato dal ricorso all’outsourcing su scala globale (Mirchandani, 2003, 2005; Noronha e D’Cruz, 2006; Odindo, Diacon e Ennew, 2004; Taylor e Bain, 2005), i call center rimangono di considerevole interesse per gli studiosi di nuove forme di lavoro e, in particola- re, per quelli che si focalizzano sull’uso di tecnologie Ict avanzate. In questo studio, affrontiamo un aspetto delle attività di call center che riteniamo abbia una notevole significatività per il futuro: l’uso di sistemi di customer re- lationship management (Crm) e i suoi effetti sugli operatori customer service representatives (Csr) – oltre che, in modo più limitato, sui clienti. Il nostro obiettivo è di esaminare I limiti dell’approccio “People-by numbers” per la gestione dei clienti nei call center. Crm e cultura organizzativa

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Un commento all\'articolo "Crm e cultura organizzativa" di Catrina Alferoff e David Knights. Uscito su Sviluppo & Organizzazione, settembre/ottobre 2008

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58 settembre/ottobre 2008 sviluppo&organizzazione

Catrina Alferoff, David Knights

Gli autori

• Catrina Alferoff ([email protected]) è assistente di ricerca presso la Nottingham University Business School, dove svolge attività di ricerca sul management delle reti collaborative.• David Knights ([email protected])è professore di Organisational Analysis e Head of the School of Management della Keele Uni-versity. Ha pubblicato diversi saggi e volumi sul rapporto fra tecnologie dell’informazionie e organizzazione, fra cui “Managers Divided: Organisational Politics and Information Technology Management” (con F. Murray , Wiley, 1994) e “The Re-engineering Revolution: Critical Studies of Corporate Change” (curato con H. Willmott, Sage, 1999).

Le tecnologie che operano in real time han-no la capacità di rappresentare simbolica-mente sia i clienti, sia gli operatori dei call center, sia il momento della loro interazione in forma pura attraverso numeri e grafici. Il punto più alto di questo processo di elabora-zione dati è il Customer relationship management (Crm), nel quale i dati

digitalizzati sono elaborati opportunamen-te, al fine di produrre un modello capace di simulare il comportamento dei clienti. Tale modello può essere visto come una sorta di “metamito”, che ha come riferimento il database aziendale, normalmente ritenuto oggettivo e inattaccabile da qualsiasi inda-gine critica. In questo studio s’intende invece

iniziare a sviluppare in merito un pensiero critico. Questo, confrontando la rappresenta-zione offerta dai dati del Crm con quella di alcuni casi di studio di call center. Si cerca in questo modo di sottoporre a critica gli as-sunti alla base delle rappresentazioni delle pratiche di Crm evidenziando le contraddi-zioni che ne emergono.

Questo articolo è apparso su Information and Organization 18 (2008) 29-50 ed è disponibile online su www.sciencedirect.com. È stato tradotto a cura della redazione di Sviluppo&Organizzazione, dietro cortese autorizzazione.

IIntroduzione

l settore dei call center dà lavoro oggi, nel solo regno unito, a più persone delle in-dustrie automobilistica, dell’acciaio e del carbone messe insieme. Fra le nuove for-

me di organizzazione del lavoro, call o contact center sono quelle che crescono con maggiore rapidità. “le stime variano, ma gli esperti del settore calcolano che nel regno unito esistano circa 5.500 call center che im-piegano quasi 400mila lavoratori” (Dti, 2004, p.1.). seb-bene nel regno unito e negli stati uniti il ritmo di questa crescita sia rallentato dal ricorso all’outsourcing su scala

globale (mirchandani, 2003, 2005; noronha e D’Cruz, 2006; odindo, Diacon e ennew, 2004; taylor e bain, 2005), i call center rimangono di considerevole interesse per gli studiosi di nuove forme di lavoro e, in particola-re, per quelli che si focalizzano sull’uso di tecnologie ict avanzate. in questo studio, affrontiamo un aspetto delle attività di call center che riteniamo abbia una notevole significatività per il futuro: l’uso di sistemi di customer re-lationship management (Crm) e i suoi effetti sugli operatori – customer service representatives (Csr) – oltre che, in modo più limitato, sui clienti. il nostro obiettivo è di esaminare

I limiti dell’approccio “People-by numbers” per la gestione dei clienti nei call center.

Crm e cultura organizzativa

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Crm e cultura organizzativa

il Crm nei call center, al fine di dimostrare che esso ha il potenziale di “colonizzare” le identità tanto degli opera-tori, quanto dei clienti. elaboreremo questo concetto in seguito, ma anticipiamo qui brevemente che esso riguar-da il modo in cui la percezione del sé degli individui può essere messa a servizio degli sforzi del management per assicurare gli obiettivi organizzativi. si crea così l’aspetta-tiva che le tecnologie del sé (Foucault, 1988a, 1988b) tra-sformino il personale dei call center in soggetti autodisci-plinati di vendita e di servizi i quali, a loro volta, facilitino un consumo parallelamente autodi-sciplinato da parte dei clienti. nel complesso, il lavoro cerca di analizzare la natura dell’astrazione che sta al cuore delle pratiche Crm basate su tecnologie it, e le con-traddizioni che tale astrazione può alimentare, in modo non dissimile da quello utilizzato da Kallinikos (1995) quando parla dell’architettu-ra dell’invisibile. l’articolo si divide in due sezioni principali, la prima delle quali descrive come la ricerca di alti livelli di qualità nel servizio e l’uso dei dati nella gestione delle relazioni ab-biano cambiato la natura del lavoro degli operatori dei call center. Chiaramente, la sorveglianza sul personale continua a esistere anche a livello di centralini elettronici e distribuzione automatica delle chiamate (Automatic distri-bution of calls, adc), ma il campo di monitoraggio da parte del management si è esteso al contenuto delle attività dei Csr e non si limita più allo schema dell’attività. l’obietti-vo è di convertire questi contenuti in dati elettronici che possono essere manipolati ai fini del miglioramento del-le prestazioni. il Crm implica una riappropriazione del controllo manageriale sulle attività di vendita non troppo diversa da quella in cui, all’inizio del XX secolo, il ma-nagement scientifico ha riaffermato il proprio controllo sulla produzione grazie alla separazione dall’esecuzione (braverman, 1974; taylor, 1911). Dato che non siamo specialisti it, abbiamo adottato una visione d’insieme sul Crm multi-strato, multi-attore e processuale. in questo modo cerchiamo di evitare il rischio tanto di un’eccessi-va focalizzazione sulla tecnologia come strumento e sulla capacità di elaborazione delle informazioni, con scarsi riferimenti alle relazioni sociali che ne sono condizione e conseguenza, quanto di una visione puramente nomina-listica, nella quale la tecnologia viene data per scontata, evocata di nome ma non di fatto (orlikowski e iacono, 2001, p. 128). orlikowski e iacono concettualizzano la visione d’insieme della tecnologia con quattro varianti –

tecnologia come processo di sviluppo, network produtti-vo, sistema integrato e come struttura – ma tutte conver-genti sulle “interazioni dinamiche tra persone e tecnolo-gia, durante la loro realizzazione, implementazione o uso nelle organizzazioni” (2001, p. 126). noi perseguiamo una concettualizzazione delle interazioni tra le numerose entità materiali e umane del Crm: tecnologie; tecniche; dati; operatori, manager e clienti di call center; forme di monitoraggio e controllo. Queste ultime potrebbero esse-re viste come debolmente alleate alla tecnologia come si-

stema integrato, intrecciato nelle sue condizioni di utilizzo. la seconda sezione si concentra su alcune delle risposte di manager e Csr al Crm e al monitoraggio del personale nelle organizzazioni og-getto del nostro studio. le domande poste riguardano l’efficacia del Crm e la sua inesorabile ricerca di un mo-dello mimetico del cliente, simulato

con le tecnologie. ragioni di spazio ci consentono di pre-sentare solo alcuni esempi, nei quali il modello mimetico sembrerebbe negare o violare qualsiasi ragionevole co-noscenza della situazione come viene percepita dai Csr di front-line.sebbene i senior manager sembrino conquistati dai vantaggi competitivi resi possibili dal Crm in termini di brand aziendale, gli operatori dei call center e i clienti op-pongono spesso resistenza ai suoi effetti, e perfino alcuni dei manager incaricati dell’implementazione mostrano diversi gradi di ambivalenza rispetto alla sua utilità. parte del problema illustrato nella nostra analisi è che, come chiarisce Kallinikos (1999, p. 264), “la rappresentazione basata su computer necessita di essere compresa (crea-zione di senso) e messa in relazione con stati o processi del mondo referenziale (creazione di riferimento)”. nella sezione, approfondiamo il materiale delle interviste pro-venienti dai nostri casi studio per mostrare i punti in cui la magia della mimesi si infrange nella pratica e in cui alcuni imperativi della tecnologia, se non la tecnologia stessa, possono essere “ignorati, contrastati o rimodellati” (Kallinikos, 2007, p. 2). l’analisi proposta ribalta parzialmente l’argomentazione di Kallinikos (2007) nella misura in cui egli cerca di op-porsi alla visione volontaristica o umanistica che le tecno-logie o i sistemi possano essere facilmente stravolti o con-trastati quando esista la volontà umana di farlo. Diciamo parzialmente, perché nel complesso concordiamo con lui che le tecnologia sia un “alleato recalcitrante” in quanto i sistemi – di incontro (es. telefono e media), trasporto (es.

Michel Foucault

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linee aeree, reti ferroviarie e sistemi stradali) e utility (es. elettricità, gas, computer e internet) – sono diventati net-work irreversibili di attori (Callon, 1991; latour, 2005). i loro indispensabili vantaggi, praticamente indiscutibili, li rendono universali e la nostra trasformazione come sog-getti arruola tutti nei loro network e disciplina per essere conformi ai loro standard, anche prima di sapere quali siano. essi stanno, come puntualizza Kallinikos (2007, p. 3), al di là del livello di “incontri contestuali”. tali sistemi, comunque, non impediscono che particolari applicazioni non riescano a soddisfare le aspettative cul-turali o a generare approvazioni, arruolamenti e mobili-tazioni di risorse sufficienti ad assicurare loro lo status di “passaggio obbligatorio”, a prescindere dalla stabilità e dalla persistenza dell’irreversibilità. la storia è dissemi-nata di esempi di tali fallimenti (ad esempio, l’aspiratore centralizzato, la toilette a secco, l’auto elettrica, i frigori-feri ad assorbimento – a gas – o il borsellino elettronico) anche quando, come negli ultimi due casi, essi erano tec-

nicamente superiori alle alternative, il frigorifero a com-pressione (elettrico) e il danaro contante (v. schwartz Co-wan, 1985, cit. in Knights, noble, vurdubakis e Willmott, 2007; vurdubakis, 2007). sebbene sia ancora presto per esprimere un giudizio, il Crm potrebbe essere una di que-ste applicazioni.

Gestire i call centernonostante la sua varietà, nella letteratura sulla gestio-ne dei call center emerge un tema comune, che punta a dimostrare come l’intensificazione dell’attività e la sorve-glianza sul posto di lavoro vengano prevalentemente otte-nute tramite pressioni su tempi e obiettivi e siano facilitate dalla tecnologia (Taylor e Bain, 2005). Lo “sguardo fisso” dei centralini elettronici, che mostrano sui loro display le incessanti richieste allo staff, combinato con il tele-compu-ting e la distribuzione automatica delle chiamate (acd), fa sì che le performance siano sempre guidate dall’ansia dell’arretrato. Questa situazione viene perpetuata grazie

Tutta la vita davanti con le nuove tecnologie?commento

di Enrico ViceconteResponsabile dell’offerta formativa, Stoà, [email protected]

l’irresistibile ascesa e l’evoluzione del modello del contact center sono la con-seguenza di una strategia di mass custo-mization della relazione con il cliente e del tentativo di aggiungere contenuto di servizio all’offerta. oggi, le tecnologie combinate dell’in-formazione e della comunicazione consentono di portare capillarmente e con costi bassi, direttamente nella casa del cliente, operazioni di vendita, servi-zi post vendita e attività di rilevazione della customer satisfaction. il semplice uti-lizzo della tecnologia per moltiplicare e mobilizzare attività tradizionali, senza rivedere il modello di service manage-ment, può dare però luogo a proget-tazioni inefficaci dei centri di contatto telefonico con il cliente. rivedere il modello in termini di customer experience e di value in use può essere utile. l’uto-

pia tecnologica del Crm è di ottenere a costi ragionevoli una relazione one to one, specifica, di lunga durata e costan-temente manutenuta con un numero molto grande di clienti. nel concetto utopico di “relazione” c’è innanzitut-to la conoscenza reciproca (che per l’azienda significa dati aggiornati sul singolo cliente e per il cliente cono-scenza dell’offerta); poi c’è il flusso di informazioni nei due sensi e, infine, una sorta di legame “fiduciario” e “af-fettivo” con il brand. alla realizzazione di tale utopia con-corrono le tecnologie (il lato tech del modello: il telefono, i sistemi di gestio-ne del database dei clienti, i sistemi di data mining e di knowledge management) e le persone addette al contatto (il lato touch del modello) alle quali è assegnato spes-so il compito di impersonare, con più o

meno convinzione, il brand aziendale. l’articolo di Catrina alferoff e David Knights fa emergere alcuni problemi nascosti o irrisolti, connessi all’efficacia con cui i call center raggiungono i pro-pri obiettivi di performance, gettando dubbi su modelli oggi diffusi e conso-lidati per realizzare servizi di customer care. infatti, le tipologie di servizi rea-lizzabili sono molto varie, come mo-strano i casi presentati e, in funzione degli obiettivi aziendali e del volume di contatti da gestire, il modello del contact center può essere più o meno umanizzato. in alcuni casi prevale il lato tech e le operazioni affidate al contact cen-ter sono molto standardizzate (fino all’estrema impersonalità dei servizi automatici); in altri casi prevale il lato touch e l’efficacia del contatto è affida-

Catrina Alferoff, David Knights

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all’accumulo dei dati nei database elettronici, che cattu-rano in forma digitale il comportamento, nel momento dell’interazione, dei clienti e degli operatori (Csr) durante gli eventi di servizio o di vendita: il sistema è in grado di tradurre un’intera serie di eventi interattivi materiali e simbolici in un insieme digitalizzato di numeri, categorie e forme. tanto in letteratura quanto nella pratica (Knights e odih, 2002) si è notato che questo elevato livello di sorveglian-za tecnologica e sui target presenta effetti potenzialmente controproducenti, in quanto una sorveglianza elettronica e un controllo così intensivi trascurano la misura in cui il lavoro deve svilupparsi come forza soggettiva e colla-borativa (Cressey e macinnes, 1980, p. 15). i ricercatori hanno quindi cominciato a individuare nella gestione dei call center le tensioni legate alle preoccupazioni per la quantità della produzione e per le prestazioni in termi-ni di resa e qualità del servizio (bain, Watson, mulvey, taylor e gall, 2001; Knights e odih, 2002; Korczynski,

2001, 2002). Queste tensioni possono essere particolar-mente acute nel caso in cui un’organizzazione stia cercan-do di orientare la propria strategia verso il rafforzamento dell’immagine aziendale attraverso il servizio al cliente (alfero e Knights, 2002). Questa attenzione per il servizio al cliente, comunque, non ha necessariamente portato a livelli di sorveglianza e controllo manageriale più rilassati, in particolare quando viene chiamato in causa il Crm. Nella letteratura sul Crm esistono diversi filoni, alcuni dei quali utilizzano il termine come sinonimo di “mar-keting relazionale” (Wilson, Daniel e mcDonald, 2002) oppure come mera estensione del processo di branding (de Chernatony e Dall’omo riley, 1998). secondo una ricerca condotta da specialisti software, il 65% dei marke-ting manager intervistati utilizza il call center come parte della propria strategia di marketing (noetica, 2002, cit. in ContactCenter-World, 2002). molti marketing mana-ger stabiliscono regolarmente dei target che i call center devono raggiungere, oltre a sottoporli ad activity report

Crm e cultura organizzativa

ta prevalentemente alla discrezionalità, alla sensibilità, all’abilità dell’operatore e alla sua capacità di interpretare in modo convinto e convincente i valori aziendali. per gli autori del saggio sono ancora aperte le problematiche connesse alla progettazione organizzativa, in bilico tra l’alternativa tech di standardizzazio-ne e controllo e quella touch di umaniz-zazione e autonomia. nel lavoro troviamo concetti suggestivi come “colonizzazione dell’identità”, “addestramento produttivo dell’ani-ma” e “tecnologie del sé”, che potreb-bero fare da contrappunto teorico alla visione dell’ultimo film di Paolo Virzì, “Tutta la vita davanti”. Il film raccon-ta poeticamente, attraverso la storia di marta, la “carriera morale” e le espe-rienze di milioni di giovani di tutto il mondo che lavorano nei call center, tra l’“utopia” di un’esperienza di erogazio-ne di servizio fatta di “relazioni speciali” e la “distopia” di “un elevato livello di sorveglianza e controllo manageriale”. L’articolo, come il film, ha il pregio di sollevare dei problemi e di spingersi

oltre la descrizione del mondo dei call center e dei suoi operatori per posare lo sguardo anche sul cliente così com’è, al di là della “mimesi” della profilazione che appare al terminale e che pilota l’operatore. Nel film, il cliente reale è un’anziana signora che stabilisce una relazione profonda con l’operatrice marta. l’analisi dei casi di studio fa sca-turire numerosi stimoli per chiunque si occupi di progettare la customer expe-rience come fattore di differenziazione dell’offerta e di vantaggio competitivo. la volontà di stabilire una relazio-ne, non bisogna dimenticarlo, si basa sull’esperienza del prodotto, del servizio e del brand attesa, vissuta e memorizza-ta dal cliente. l’esperienza di erogazione del servizio (tra utopia e distopia) e l’esperienza di fruizione da parte del cliente non sono disgiunte. la relazione telefonica tra operatore e cliente, che si consuma nel breve arco della telefonata, non è solo interpercezione, vale a dire interazione comunicativa e cognizione, ma anche, usando un concetto elaborato negli anni ‘60 da ronald laing, “interespe-

rienza” di emozioni e sentimenti. si direbbe oggi che l’intelligenza emotiva e l’empatia dell’operatore siano com-petenze chiave per la creazione di una buona esperienza di servizio, anche in presenza di transazioni standardizzate o pilotate dal software di Crm. i contact center descritti dagli autori sembrano essere progettati ignorando alcuni di questi aspetti e, soprattutto, partendo da una prospettiva antiqua-ta di service management o, peggio, dall’evoluzione di un orientamento miope alle vendite. un contact center deve invece entrare nel ciclo di attività del cliente per facili-tarne le attività volte a trarre il maggior valore possibile dall’offerta. Questo è un ribaltamento dell’ottica di servizio, che trasforma il cliente del database da un consumatore da arruo-lare a un creatore di valore da aiutare. si parla, in questi casi, di “value in use”, di empowerment del cliente come creatore di valore. se si parte da questa prospet-tiva, le scelte progettuali e organizzative che ne conseguono potranno essere più efficaci.

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giornalieri (noetica, 2002, cit. in ContactCenter-World, 2002). Questa crescente responsabilità di rendere con-to delle attività non può, del resto, essere priva di costi. Come dimostreremo nel corso dell’articolo, le riunioni settimanali per discutere le statistiche di vendita e la qua-lità del servizio sono causa di considerevoli tensioni non solo tra operatori di call center e manager, ma anche tra gli stessi manager di call center. i manager di prima linea e i supervisori sostengono che le statistiche non rappre-sentano in modo equo gli sforzi sostenuti dagli operatori per soddisfare le più complesse richieste ed esigenze del cliente. utilizzando un piccolo insieme di interviste approfondite a operatori di call center al di fuori delle loro organiz-zazioni, richardson e Howcroft (2005) hanno cercato di esaminare i modi in cui gli operatori sono toccati dalle esigenze del Crm e dai tentativi di utilizzarlo per routi-nizzare il loro lavoro. la nostra ricerca contrasta con la loro, in quanto si focalizza sull’effettivo contenuto della tecnologia Crm e si conforma a una prospettiva anali-tica sul potere e l’identità/soggettività (Foucault, 1982). Questo significa vedere il Crm come una tecnologia del sé (Foucault, 1988a, 1988b) dalla quale il management si aspetta che essa trasformi singoli operatori e clienti in soggetti che rafforzano il proprio senso di significanza, identità/soggettività e realtà identificandosi con le pra-tiche e le esigenze imposte dal sistema (Knights, 1992, 2002). Questo è ciò che noi intendiamo con “colonizza-zione dell’identità”. l’utilizzo esteso dei database Crm sembra offrire al ma-nagement il migliore dei mondi possibili; ma, come ve-dremo, esso viene sempre più messo a servizio del con-trollo manageriale piuttosto che del suo allentamento. esiste comunque, tra i manager, una certa tensione tra l’allentare i controlli per assicurare l’impegno verso il ser-vizio al cliente, da un lato, e il timore che questo allenta-mento possa erodere gli standard di produttività, dall’al-tro (Knights e odih, 2002). il Crm può aiutare a risolvere questa tensione abilitando i manager non solo a gestire a distanza, ma anche tramite la distanza (Fournier e munro, 2006). Quando gli operatori sono in relazione con clienti esterni all’organizzazione, la gestione a distanza è inevi-tabile. ma il Crm sembra poter fare di necessità virtù, consentendo ai manager di distanziarsi dal controllo che ora diventa integrato nella tecnologia Crm. tutto ciò “… spersonalizza l’autorità del sistema e rende così il control-lo meno vulnerabile alle critiche” (Cooper, 1991, p. 255). la caratteristica distintiva di questi database è di mettere in relazione temi legati al customer relationship management e al servizio abilitati dalla tecnologia con la possibilità di

una colonizzazione dell’identità. Ciò significa che la per-cezione che hanno di se stessi tanto gli operatori quanto i loro clienti viene pesantemente condizionata dall’uso e dagli effetti dei database Crm. non che questo riesca con pieno successo, come mostreremo più avanti, ma il Crm circoscrive rigidamente il modo in cui un Csr deve interagire con i clienti, in accordo con il modo in cui essi vengono simulati in un modello mimetico o rappresenta-zionale della loro identità. Ciò si produce andando alla ricerca nei database dei passati schemi di consumo, per riprodurre un’identità del cliente che rifletta quella nella quale si suppone che quest’ultimo si identifichi. Ci richia-miamo qui alla descrizione di taussig della mimesi come facoltà di copiare, imitare, costruire modelli che si avvici-nino al carattere dell’individuo e siano percepiti come ab-bastanza potenti da agire potenzialmente come sostituti dell’originale (1993). il nostro argomento generale è che la manipolazione dei dati da parte dei manager nei call center sia sempre più volta a dominare e mantenere il contenuto degli eventi di servizio e di vendita, che potrebbero altrimenti diven-tare off-limits in termini di controllo manageriale: tali in-contri rivestono infatti un carattere talmente intangibile, complesso, unico ed elusivo da renderli eventi totalmente imprevedibili, che sfidano qualsiasi tentativo di ridurne il contenuto a qualcosa di più dettagliato di un semplice schema di conversazione meccanico, o in sistemi automa-tici di riconoscimento vocale, i quali contrastano entram-bi con il proposito di coinvolgere l’azione umana. Questo argomento viene elaborato tramite un esame del processo di data mining del Crm, dalla chiamata in en-trata iniziale fino alla visualizzazione sullo schermo delle offerte da fare al cliente. il Crm è un approccio che com-bina tre funzioni – informatica, marketing e customer service – in una strategia olistica progettata per plasma-re una relazione più personale con il cliente. l’obiettivo soggiacente all’uso di questo sofisticato software è il “… costruire un’immagine completa dei valori e delle esi-genze di ciascun cliente” (brains express, 2001). Que-sta “… osservazione prima dei fatti ricorda una forma informatizzata di stereotipazione” (bogard, 1996, p. 27) che sta diventando sempre più importante per rivolgersi in modo specifico a singoli con messaggi personalizzati. È una strategia alimentata da elevati livelli di qualità del servizio, coniugati con una raccolta dati sofisticata (Ecsoft e Chordiant, 1999) e che, grazie a questo sincronismo, si spinge oltre le strategie di marketing basate su una mera segmentazione dei clienti in categorie vaghe. grazie al matching tra clienti reali e dati elettronici su di essi e sui loro comportamenti, tramite i sistemi di tele-computing i

Catrina Alferoff, David Knights

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call center sembrerebbero offrire opportunità superlative al Crm nella ricerca di incrementi di produttività nelle vendite e nei profitti.1

Metodologia e metodi la nostra metodologia, benché segua alcuni metodi piuttosto convenzionali di raccolta dei dati, è costrutti-vista piuttosto che rappresentazionale. Ciò significa che i concetti teorici sono considerati cruciali sebbene nascano talvolta dai dati, come nel caso dell’espressione people-by-numbers, utilizzata metaforicamente per implicare che i clienti sono ridotti a categorie digitalizzate, in modo non dissimile dalle matricole assegnate ai detenuti al posto dei nomi. la presenza del sistema Crm sullo schermo (v. Fig. 1) sovrasta la capacità di interpretazione del Csr nella maggior parte dei casi. invariabilmente, questi concetti strutturano e schematizzano quali dati vengono selezio-nati per l’analisi e come. un certo numero di questi concetti sono già stati introdot-ti nella rassegna della letteratura esistente. la “colonizza-zione dell’identità” è uno di essi e si riferisce al modo in cui il Crm cerca di trasformare gli individui (operatori e clienti) in soggetti che rafforzano la propria identità e per-cezione di sé, conformandosi alle sue richieste (Knights, 1992, 2002) simulando un modello (mimetico) del cliente tramite l’uso interattivo di dati sociografici, psicografici e di comportamento d’acquisto, e definendo come il Csr dovrebbe interagire con il cliente. noi suggeriamo che il Crm sia una tecnologia del sé nella misura in cui esso

incoraggia “… gli individui a compiere con mezzi pro-pri o con l’aiuto di altri un certo numero di operazioni sul proprio corpo, anima, pensiero, condotta e modo di essere, in modo da trasformare se stessi al fine di ottenere uno stato di felicità, purezza, saggezza, perfezione o im-mortalità” (Foucault, 1988a, 1988b, p. 18). È in questo senso che avviene l’appropriazione o colonizzazione del sé e che gli individui diventano soggetti autodisciplinati della propria conoscenza.

a Le organizzazioni oggetto dei nostri casi studio utilizzano diversi sistemi di misura. Alcune utilizzano i full-time equivalent, altre il numero di postazioni e altre il numero di dipendenti impiegati nel call center.

Call center Csr Tipo di flussi

bigbook, vendita al dettaglio a privati 1200

ordini telefonici, assistenza, telemarketing

starico, banca telefonica 400 vendite, servizio

clienti

Finserver, servizi finanziari telefonici 250 Ftea servizio clienti e

vendite

tcc, centro assistenza clienti 200 assistenza, servizio

clienti

niche 54 postazioni (ca. 100 pers.)

ordini telefonici, amministrazione via internet

Tabella 1. Organizzazioni - caso studio

1 Dobbiamo riconoscere che il contatto con un call center può essere soltanto uno di una serie di scambi tra l’azienda e il suo pubblico target e che può essere stato preceduto e/o seguito da lettere e sconti personalizzati, o dati raccolti dai punti vendita o da altre fonti. Qui, in ogni caso, ci concentriamo soltanto sul Crm all’interno dell’ambiente del call center.

Crm e cultura organizzativa

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nella società del XXi secolo, il consumatore viene spes-so presentato come sovrano, anche se questo in realtà è poco più che un discorso manageriale, volto a celare un intento manipolativo. il discorso sul cliente sovrano, na-turalmente, non è mai stato inteso come rivolto al cliente stesso il quale, in una società capitalistica, difficilmente può contrastare il potere dell’azionista, ma piuttosto ri-volto agli operatori di front-line che possono alleviare nei clienti il senso di disagio che può derivare dal riconosce-re che sono oggetto di sfruttamento per fini di profitto. Come per tutti i tentativi di ridurre le relazioni complesse in dati astratti che possano essere manipolati e ricercati, le pratiche Crm basate su tecnologie informatiche fan-no emergere contraddizioni e incoerenze che limitano le capacità del sistema di mantenere quanto promesso. esse vengono documentate nel seguito dal nostro studio; ma queste imperfezioni non dovrebbero distoglierci dal potere del Crm e dei discorsi sul cliente, sovrano di tra-sformare gli individui in soggetti che rafforzano qualche tipo di percezione di sé, comportandosi in accordo con le sue prescrizioni e proibizioni. sebbene per molti di noi ri-manga spesso un mistero come funzionano e, spesso, che risultati producono, le tecnologie (e, potremmo aggiun-gere, i discorsi) hanno un effetto profondo e permanente sulla soggettività, così come sulla vita sociale e organizza-tiva (Kallinikos, 1995). Questo studio è basato su una ricerca in cinque call cen-ter oggetto di studio di caso: due società di vendita per corrispondenza, due organizzazioni di servizi finanziari e un’azienda di comunicazioni. i metodi comprendevano interviste approfondite con il management e lo staff, varie

forme di osservazione e la raccolta di materiale di docu-mentazione sia interno, sia esterno. in questi call center, il Crm era guidato dai dati ma orientato specificamente dal miglioramento delle vendite complessive di prodotti e ser-vizi. Questo fatto assume un’importanza crescente perché i marketing manager, posti sotto pressione per giustificare i loro costi, utilizzano mailing diretti e/o call center in luogo delle precedenti strategie (Wilson et al., 2002). nella tabel-la 1 vengono forniti alcuni dettagli sul numero di operatori e di attività in queste organizzazioni. nell’arco di un periodo di circa 19 mesi, sono state regi-strate 104 interviste approfondite, variabili per lunghezza da 30 minuti a un’ora e mezza, con senior manager ope-rativi e di linea, operatori di servizio clienti e membri di team di risorse. in tutto abbiamo trascorso nove giorni nell’organizzazione del primo caso studio, tcc; cinque giornate piene in Finserver; quattro giorni e mezzo in Niche, sei a Bigbook e 3 a Starico. Abbiamo intervistato: il titolare/amministratore delegato; due manager di call center, un uomo e una donna; un regional manager; tre operations manager, tutti uomini; una communications manager; nove tra training, Hr manager o direttori del personale, due uomini e sette donne; un central support manager; una merchandising manager, donna; due mar-keting manager, uomini; un coordinatore della produzio-ne; quattro membri di team di risorse, due uomini e due donne; 19 team leader/manager, due uomini e 17 donne; due customer service manager uomini e due donne; cin-que coach, tre donne e due uomini; una componente di un team critico chiave, donna; 37 Csr donne e 19 Csr uo-mini. non abbiamo chiesto alle persone la loro età. ab-

biamo raccolto dati documentari in for-ma di tracciati a sco-po di monitoraggio o coaching, dati sulla cu-stomer satisfaction, le vendite settima-nali, gli strumenti e i programmi di cam-biamento strategici. Hanno avuto luogo anche interviste pres-so le direzioni con un senior sales manager, un planning mana-ger e un direttore ge-nerale. Queste inter-viste faccia a faccia sono state integrate

Figura 1. Flussi di dati nell'evento di servizio

Chiamata clien-te in entrata (1) Messaggio

a video (1)

Raccolta di dati sul comportamento del cliente

1) Le informazioni ricavate dall'evento di customer service sono restituite al Csr sotto forma di messaggio a video.

2) Dal Csr ai team di pianificazione risorse e monitoraggio remoto.

Data mining (1)

I resource planning manager producono dati sul Csr (2)

I team di monitoraggio da remoto o di ascolto compilano statistiche sulle performance del Csr (2)

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con interviste telefoniche a tre marketing manager. sia-mo stati anche in grado di partecipare a due riunioni del management, ascoltare chiamate, assistere a sessioni di coaching e a una sessione di monitoraggio a distanza di una situazione critica chiave. i casi studio caratterizzano entrambe le sezioni del paper, ma è nella seconda che utilizziamo le interviste e i dati dell’osservazione in modo più intensivo. Lo studio si affida a dati raccolti sul contenuto dell’incon-tro tra cliente e operatore e sui suoi effetti visti dall’interno del call center. Di conseguenza, il senso in cui le identità dei clienti vengono catturate o colonizzate dal Crm deve essere inferito da questi incontri e dalle nostre interviste con gli staff dei call center.

Dominare l’evento di servizio e vendita tramite i datiRimettere a fuoco la lente della qualità di servizio va riconosciuto che l’intensità del monitoraggio può variare da un’organizzazione all’altra secondo natura e complessità del compito (Frenkel, Korczynski, shire e tam, 1999) e, nei casi in cui è utilizzato unicamente a scopo di verifica delle performance, il monitoraggio può essere localizzato e limitato (lankshear, Cook, Coates e button, 2001). in ogni caso abbiamo riscontrato nei no-stri casi studio che il processo di cambiamento associato all’introduzione di nuove forme di gestione della relazio-ne con il cliente era, in generale, accompagnato da un ulteriore esame del personale. i manager registrano gli eventi di servizio non solo a fini di formazione, ma an-che per monitorare più da vicino i Csr (occorre notare

che, in italia, quest’ultima pratica è proibita dallo statuto dei lavoratori, Ndt). i sistemi avanzati di monitoraggio, sinonimi dell’introduzione del Crm, possono portare la sorveglianza in tempo reale a nuovi livelli di intensità. analizzando l’interazione operatore/chiamante e valu-tando le abilità di vendita dell’agente, la sorveglianza può essere utilizzata nella formazione per cercare di eliminare i punti di debolezza ed elaborare i punti di forza negli in-contri. la registrazione inizia quando l’operatore comin-cia a “… inserire dati in un sistema informativo aziendale specifico sui clienti o in un’altra applicazione aziendale come la funzione risorse umane o quella dell’assistenza. le organizzazioni possono (quindi) indirizzarsi in modo proattivo verso le informazioni vitali per massimizzare questo ritorno e la soddisfazione del cliente” (CallCen-terWorld, 1999). Come in un panopticon, la consapevolezza pervasiva della registrazione, e del fatto che essa può essere esaminata in dettaglio dal management, è sufficiente ad assicurare una considerevole autodisciplina (Knights e mcCabe, 2003), o “addestramento produttivo dell’anima”. D’altro canto, tuttavia, si tratta di una strategia di bassa fiducia che può rinforzare quel comportamento lavorativo molto aderen-te alle regole che la domanda di qualità nel servizio al cliente necessita invece di sradicare. Al fine di migliora-re la qualità del servizio, in alcune delle organizzazioni analizzate in questo studio i Csr venivano incoraggiati a conversare in modo più informale con i clienti nel cor-so della chiamata. essi, comunque, rimanevano del tutto consapevoli del costante monitoraggio volto ad assicurare la loro conformità a un piano strutturato di gestione delle chiamate e a degli standard di disponibilità e cortesia. in modo crescente, tuttavia, gli elementi significativi della chiamata risiedono nella vendita aggiuntiva, guidata da un messaggio sullo schermo dell’operatore generato dal data mining precedentemente effettuato dall’azienda nel profilo di quel particolare cliente, incrociato con l’evento di servizio dal vivo (v. Fig. 1). il lavoro di informatizzazione non si basa solo sul cliente, ma si estende anche agli operatori stessi. semplici forme di misurazione della produttività dello staff basate sul nu-mero di chiamate prese, le sales leads generate, o i prodot-ti venduti possono ora essere integrate da controlli sulla qualità dell’assistenza al cliente che tentano di applicare precetti scientifico-razionali (Jacques, 1999) a elementi intangibili come “cortesia”, o “empatia”. il contenuto so-ciale degli incontri di servizio appare come un auspicato sviluppo umanistico e può prontamente essere promos-so al personale come una questione (di identità) in stile “mente e cuore”.

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ma il processo di valutazione delle chiamate rimane nell’ambito del formato digitalizzato people-by-numbers e rappresenta spesso un modo per rimuovere o minimiz-zare l’incerto e l’imprevedibile, la dimensione umana del lavoro di call center.

L’evento di servizio e il data mining (v. Fig. 1) i dati raccolti dalle registrazioni degli eventi di servizio vengono utilizzati come strumento interno alle orga-nizzazioni, per valutare le performance individuali e di gruppo nell’ambito del call center. Esiste un flusso bidi-rezionale di dati tra il Csr e i team tanto di pianificazio-ne delle risorse, quanto di loro monitoraggio o team “di ascolto” – il flusso di dati (2) in Fig. 1. Sono così misurate e analizzate sia l’attività (in conversazione, in attesa, non disponibile per la chiamata) sia le performance (es. tasso di successo nelle vendite, conformità alla struttura delle chiamate…). i dati accumulati possono quindi venire uti-lizzati per valutare non solo la conversazione dell’opera-tore con il cliente, ma anche se esso ha risposto al messag-gio sullo schermo in modo appropriato. Da entrambe le fonti vengono compilate statistiche che vengono aggiunte ai dati raccolti dalle misurazioni di customer satisfaction e presentate nelle riunioni del management per valutare le performance del sito in termini di vendite ottenute, o sod-disfazione del cliente rispetto al servizio fornito. possono venire messe in agenda anche riunioni extra, per valutare il successo dei programmi di cambiamento utilizzando si-mili misurazioni di prestazione, ma più in dettaglio. i dati raccolti nel corso dell’interazione con il cliente vengono accumulati in uno storico, estratti ed elaborati; quindi, con una selezione di questi dati vengono prodot-ti degli algoritmi per dirigere il contenuto degli incontri (i messaggi sullo schermo) e quello di future chiamate – flusso dati (1) in Fig. 1. Il termine data mining si riferisce a un accumulo di materiali e dati, che vengono raccolti prima di ogni singolo incontro dai file ottenuti dal cliente attraverso uno storico di incontri di vario tipo e attraver-so materiali psico-, socio- e demografici. Questo è reso possibile in larga misura dai progressi dell’informatica che permette di accumulare, estrarre e combinare i file separati per aggiungere ulteriori opportunità per l’orga-nizzazione di catturare, normalizzare, immagazzinare, “fare a pezzi e a fettine”, per così dire, le informazioni sui clienti. Esse vengono poi sovrapposte ai profili dei clienti ricavati dai database relazionali (berry e linoff, 2000) e rappresentati al personale del call center sotto forma di una simulazione mimetica storica e contemporanea del singolo cliente. Il diagramma mostra i due tipi di flussi di dati.

La mimesi e il customer relationship management Quello che cerchiamo di mostrare in Fig. 1 è il modo in cui le informazioni, o i flussi di dati, hanno la capacità di trasformare i partecipanti all’interazione in immagini si-mulate. l’obiettivo soggiacente al Crm è di sfruttare il data mining come mezzo per trasformare la miriade di singole informazioni contenute nel database clienti aziendale in una sorta di immagine coerente – un modello mimetico – dei clienti (berry e linoff, 2000). Come tale, questa forma di profilo cliente computerizzato riflette non solo una tec-nologia della sorveglianza, nella quale le azioni del clien-te al telefono e l’adeguatezza delle risposte dell’operatore sono catturate in tempo reale, ma anche una sorveglianza “preventiva”, una tecnologia dell’osservazione prima del fatto (bogard, 1996), nella quale lo storico delle informa-zioni sul cliente è stato osservato, catturato e collezionato in modo da informare l’evento corrente. le informazio-ni sul comportamento del Csa (customer service agent) ven-gono inoltre raccolte, accumulate e presentate nei team meeting, e informano le future sessioni di monitoraggio e training. anche così, lo scopo è chiaramente quello di plasmare una relazione tra l’individuo target e l’azienda, che schiuda opportunità di profitto per l’organizzazione in questione. ora, l’intenzione del Crm è di portare la relazione a un livello di profondità che vada oltre la ge-stione di “account” e “marketing” per “segmenti” (tratto da materiale promozionale su web – nome omesso per garanzia di anonimato). viene simulato un “corteggiamento”, che punta a stabi-lire una relazione di lungo termine e la lealtà del cliente verso l’azienda. usiamo qui il termine “corteggiamento” nel senso che il Crm mira ad anticipare i desideri e le esi-genze del cliente e questo può essere visto come un’ana-logia con le tecniche di seduzione di un innamorato. na-turalmente, utilizziamo questa analogia con un tocco di ironia, dal momento che è raro che la riduzione di una persona a un insieme di desideri o esigenze astratte dal-le sue relazioni nella vita quotidiana sia seduttivamente convincente. Ciò non di meno, rappresenta un miglio-ramento rispetto alla fissazione relativamente arbitraria e casuale della segmentazione, nella quale i consumatori sono ridotti a categorie generalizzate di persone in rela-zione alla loro età, sesso, religione o altri attributi altret-tanto ampi. il Crm tenta, almeno, di personalizzare e cu-stomizzare tramite il suo sguardo ravvicinato sui dettagli del comportamento e delle attitudini dei singoli clienti, sebbene questi, comunque, rimangano solitamente co-munità disagreggate e riaggregate di clienti ideali, sulla base della fusione ed estrazione di parecchi file di dati.

Catrina Alferoff, David Knights

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necessariamente, l’immagine che si produce è soltanto un riassemblaggio di pezzi di informazione su un cliente ide-alizzato. gli obiettivi sono programmati in un sistema che si basa su misurazioni valutative e prescrittive (lyotard, 1986; melberg, 1995), progettato per rendere prevedibile il comportamento tanto del cliente, quanto dell’operatore di call center. esiste una considerevole distanza tra il mo-dello e la persona “reale”, vivente. il Crm può essere visto come più vicino a un’immagine cinematografica editata, piuttosto che a un’opera d’arte; ma tenta comunque di spingersi oltre le tecniche di marketing solo abbozzate, e sembrerebbe voler produrre un’immagine somigliante, nella quale il cliente possa identificarsi. i sostenitori del Crm supportano la sua applicazione dal momento che le aziende, per esempio quelle che non possono contare su una leadership di prodotto, possono combinare l’eccellenza operativa e vicinanza al cliente per (tentare di) creare valore (Chenet, 2001). Ai fini del vantaggio competitivo, la differenziazione nei call center si fonda sulla qualità del personale di front-line, dal quale ci si aspetta che “impersoni” con successo il brand azien-dale per soddisfare le aspettative di clienti sempre più esi-genti (de Chernatony, 2001; de Chernatony e Dall’omo riley, 1998). il Crm non è solo il veicolo per la customiz-zazione dell’offerta di prodotti, ma anche un mezzo per generare lealtà al brand. Questi processi, però, non sono privi di tensioni. in relazione allo staff, si è già accennato che queste ruotano intorno alle duplici e talvolta inco-erenti richieste di servizio di qualità da un lato, e ri-gorosi sorveglianza e con-trollo tecnologici dall’altro (Korczynski, 2001). l’uso dettagliato di dati e infor-mazioni statistici, sia sul comportamento sia sulle performance, non è però un problema solo per il call center e i suoi clienti. i ma-nager di linea e i superviso-ri di call center sono anche consapevoli delle tensioni tra “servizio su misura” e “tay-lorismo” (Korczynski, 2001) dovute all’uso positivistico dei dati statistici. nei nostri casi studio, le contraddizioni erano argomen-to di dibattito nelle riunioni di team leader e manager, come dimostreremo più oltre. esse erano inerenti nei pas-saggi tra la logica duale compresente (Korczynski, 2001) dell’efficienza, giudicata sul cumulo di statistiche raccolte

da vari flussi di dati, e dell’orientamento al cliente basato sull’osservazione ravvicinata del team. benché la nostra attenzione non si rivolga primariamente qui all’esperien-za che del Crm vive il cliente, nell’ascolto delle chiamate presso le organizzazioni oggetto di caso studio è emer-sa l’evidenza di una scissione percepita dal cliente tra le proprie “esigenze” e le pratiche aziendali. i clienti pos-sono, per qualsiasi ragione, prevenire l’uso del modello mimetico del Crm terminando la chiamata prima che il Csr abbia l’opportunità di offrire un prodotto o servizio aggiuntivo. probabilmente, i clienti sono ormai stanchi della molteplicità di rapporti personalizzati, nei quali vengono indotti a essere coinvolti (Fournier, Dobscha e glennick, 1998) specialmente mentre i call center incre-mentano il volume di chiamate in uscita, in cerca di ulte-riore business. Questo indica che le strategie di marketing di modellazione mimetica del cliente, attuate a distanza, possono avere effetti imprevedibili e inaspettati. nono-stante le sofisticate strategie scientifiche applicate dagli specialisti Crm, raramente la soggettività dei clienti può essere interamente catturata e controllata.

L’esperienza quotidiana del Crm: i casi studio non occorre ricordare che, in tutte le organizzazioni dei no-stri casi studio, gran parte del progetto del Crm e almeno alcune sue attività, sotto forma di direct mailing, tecniche di data mining e così via, sono di competenza dei dipartimen-

ti marketing e it. al primo impatto, però, è l’operatore di call center che è spesso il primo contatto tra il cliente e l’azienda. in questa sezione forniamo alcuni dettagli sulle attività dei quattro call center e sui programmi e sistemi im-postati per migliorare l’espe-rienza del cliente. Questo accento sul miglioramento della relazione con i clienti è tipico delle attese che sot-tendono all’introduzione di varie forme di Crm in tutte e

quattro le aziende. si tratta chiaramente di fare in modo che i consulenti non sacrifichino la qualità per evitare l’accumulo di chiamate:

“penso che l’abilità stia nel costruire una relazione con il cliente. nell’area del servizio clienti, abbiamo un elevato avvicendamento di chiamate – molto, molto intenso – ma, se dobbiamo essere in gra-do anche di vendere, dobbiamo stabilire una relazione speciale con il

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cliente. i nostri consulenti devono imparare come avviare quella rela-zione speciale e non lasciare che la pressione delle richieste si accumuli, con clienti che urlano quando arrivano a essere gestiti e con il risultato che l’operatore pensa ‘devo liberarmi prima possibile di questo così posso rispondere al prossimo’ piuttosto che pensare ‘beh, non è un mio problema” (new business manager, starico, editato per assicurare la comprensibilità).

L’azienda di telecomunicazioni (Tcc) in tcc, l’azienda di telecomunicazioni, gli operatori ricevono tre flussi di chiamate in entrata dai clienti: fatturazione, assistenza e chiamate con accesso (un servizio in su-bappalto da un gestore di direct banking). in questo call center l’attività principale è il servizio, mentre le televendite vengono condotte in un altro reparto. Ciò non di meno, ci si aspetta dal Csr che promuo-va prodotti e servizi come componente aggiuntiva della chiamata. nel periodo della ricerca, in questo sito rappresentava una specie di iniziativa pilota, pensata per migliorare la customer satisfaction, ridurre le chiamate ripetute e migliorare i target di profitto generali. le performance erano valutate inter-namente tramite un nuovo sistema, l’rt1000 (resource two 1000 per Win-dows) che è semplicemente un terminale collegato al sistema telefonico. le chiamate erano anche monitorate da remoto tramite un’agenzia di ricerca, utilizzando un sistema di mi-surazione della customer satisfaction basato sugli eventi (event Driven Customer satisfaction measure). l’agenzia di ricer-ca aveva accesso ai dettagli dei clienti che avevano effettuato un ordine o sporto un reclamo e li contattava. Dopo aver analizzato i dati edcsm, le misurazioni di performance veni-vano passate di nuovo al sito tcc.

L’azienda di vendita di moda per corrispondenza (Niche) nel periodo della nostra ricerca, niche riceveva le chiamate in entrata, per ordini e di servizio, derivanti dal catalogo. seb-bene la costruzione di un rapporto più stretto con il cliente abbia ispirato le policy di niche sin dal debutto nelle vendite per corrispondenza, solo di recente il direttore generale ha preso in considerazione l’utilizzo di agenzie esterne per la fornitura di dati geo-demografici e di lifestyle per arricchire le informazioni sui clienti catturati internamente e utilizzate per offerte speciali e sconti a clienti selezionati. Questa picco-la azienda dispone, al momento, di un unico call center.

La banca (Finserver) lo staff di Finserver risponde a chiamate su tre prodot-ti – carte, conti correnti e assicurazioni – oltre a compiere tentativi di vendere altri prodotti in tutti i tipi di chiamate. Finserver dispone di un programma consolidato di Crm e l’attuale programma per la qualità fa parte di una serie di programmi progettati per migliorare l’esperienza del cliente in tutti i punti di contatto con l’organizzazione. secondo uno specialista Crm di Finserver, il database clienti è aggiorna-

to su base mensile ed è alimentato tanto con dati provenienti dai sistemi preesi-stenti, quanto con dati acquistati, sia su base regolare sia saltuariamente. l’aggiornamento complessivo delle in-formazioni è quindi relativamente sta-bile e include l’inserimento di dati geo-demografici e di fornitori esterni quali experian. secondo una pratica comune nei call center che hanno partecipato alla ricerca, i cambiamenti recenti hanno coinvolto la razionalizzazione dei flussi cliente/call, grazie all’integrazione delle funzioni vendite e assistenza. il sistema centralizzato distribuisce quin-di le chiamate ai vari siti, secondo la di-sponibilità. al momento della ricerca, Finserver stava introducendo il concetto di one-

stop-shopping, in modo da evitare i frustranti ritardi che in precedenza i clienti sperimentavano mentre attendevano di essere passati a un altro sito in grado di gestire le loro richie-ste. gli operatori di call center stavano ricevendo un training multi-competenze, soggetto a costante revisione. un secon-do obiettivo del training era di migliorare ulteriormente l’esperienza del cliente, affinando le aggressive e competitive tecniche di vendita applicate da un gruppo di Csa. tutti i di-pendenti a diretto contatto con il cliente hanno ricevuto un training, volto a far combaciare meglio le offerte di vendita con le esigenze del cliente. È a disposizione di questi operatori un sistema di informa-zioni sui clienti che fornisce una panoramica sulla relazione con il cliente e le informazioni chiave del profilo, congegnate in modo da promuovere la capacità degli operatori di svilup-pare la relazione. Questo va ad aggiungersi alle schermate operative collega-te al sistema, che forniscono dettagli sulle transazioni e sui comportamenti dell’account. gli stessi sistemi presentano agli operatori dei messaggi, ba-sati sui dati dei clienti e sulla migliore prospettiva di vendita per un dato prodotto.

Catrina Alferoff, David Knights

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La grande azienda di vendita per corrispondenza (Bigbook) Bigbook, fino a poco tempo fa si affidava al suo esteso da-tabase clienti per ottenere gli esiti desiderati in termini di vendita. il declino generalizzato degli acquisti da casa ha costretto l’azienda a rivedere la propria strategia, spostan-dola dal mass marketing, pensato per il grosso della clien-tela, alla segmentazione di clienti ad alto valore a cui of-

frire servizi selettivi. oggi, secondo un planning manager, l’azienda sta adottando un approccio più complesso verso tutti i propri clienti. la nuova strategia, sia per le chiama-te in entrata sia per quelle in uscita, ha coinvolto un siste-ma zuess. sebbene allo stadio iniziale, nel periodo della ricerca l’azienda stava testando una strategia di Crm tar-gettizzato, che prevedeva di raccogliere dati fattuali sugli acquisti passati e combinarli con dati acquistati all’ester-no, sullo stile di vita di 3.000 clienti. nelle chiamate in entrata, i cambiamenti riguardavano la vendita di altri prodotti nelle chiamate per gli ordini. nelle chiamate di marketing in uscita, venivano raccolti dei dati dalle rea-zioni iniziali a cataloghi targettizzati, di nicchia, di diverse categorie di clienti. erano in corso di introduzione due grandi strategie aggiuntive: targettizzare i prodotti nella vendita diretta e affidare la distribuzione a category ma-nager. in futuro, negli ordini telefonici, la maggioranza degli operatori di customer service gestirà chiamate gene-rate da mailing targettizzati risultanti non solo dal cata-logo generale, ma anche da vari cataloghi personalizzati più piccoli. nelle chiamate generate dai vari cataloghi, i Csr propongono vendite di prodotti aggiuntivi o diver-si ed è previsto che generino delle lead per la divisione di servizi finanziari dell’azienda. Inoltre, sebbene molte chiamate siano di routine, nel caso si sia verificato un dis-servizio nella fornitura o nella consegna, devono gestire per conto del cliente i contatti con le società esterne che si occupano dei magazzini e della distribuzione.

La società di servizi finanziari retail (Starico) il call center di starico riceve chiamate in entrata su carte di credito, assicurazioni di viaggio e prestiti. starico non ha introdotto un sistema operativo Crm singolo, ma di-spone piuttosto di un processo costruitosi internamente, “un mosaico i cui pezzi si sono composti nel corso di di-versi anni” (marketing manager starico). anche l’archi-vio clienti è stato costruito internamente e raccoglie la maggior parte dei dati da fonti operative. un data ware-house analitico di back-end raccoglie le singole schede dei clienti e alimenta i messaggi a video con i dati dei clienti. i messaggi sono caricati verticalmente e variano in ter-mini di qualità del testo, informando in questo modo il Csr sull’azione appropriata con, in vetta alla gerarchia, un’offerta a cinque stelle basata su una “simulazione di redditività del cliente”. Con l’uso di un percorso tecno-logicamente avanzato nella gestione della relazione con il cliente e nell’incremento dei target di vendita, starico rappresenta una parziale rinuncia alla strategia basata sull’affidarsi principalmente alla qualità del servizio per ottenere il livello desiderato di vendite nelle operazioni

Crm e cultura organizzativa

Nottingham University

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di call center. la nuova strategia integra le funzioni ven-dite e servizi in un unico flusso e il telesales nell’operatività principale. Con il nuovo sistema, i consulenti sono tenuti a tentare vendite alternative, qualunque sia l’opportunità sorta. i dati dei clienti emergono da un certo numero di fonti che fondono dati interni con database experian ester-ni. le chiamate in uscita possono essere sia di follow-up, sia lavorazioni sul database di persone che rientrano nei criteri corretti. il nuovo sistema gestionale raccoglie anche i dati sulle performance utilizzando la misurazione delle chiama-te all’ora e distribuisce i sommari completi a cascata fino a livello di team, dove viene passato ai consulenti.

Analisi dei casi studio 6.1. Monitoraggio interno degli eventi di servizio sia in Finserver sia in tcc, il monitoraggio dell’interazione Csr/cliente si è incrementato e modificato. Prima di que-ste iniziative, gli indicatori di conformità erano i tempi o le vendite complessive; successivamente, mettere al centro la qualità del servizio ha amplificato la concentrazione su pratica e contenuto della chiamata. per contro, in niche il monitoraggio in vista della qualità del servizio è divenuto un impegno costante. a bigbook le decisioni sul monitoraggio sono in corso di re-visione, ma i cambiamenti pianificati sono troppo recenti per poter dare un commento informato. al presente, i Csr ven-gono monitorati riguardo alla cortesia e all’attenzione per le esigenze del cliente ma, a parte la richiesta che essi utilizzino le corrette formule di saluto in apertura e chiusura di chia-mata, il volume delle chiamate continua ad avere la priori-tà negli ordini telefonici e nell’assistenza. Con l’obiettivo di dare una percezione più “naturale” dell’evento, il formato restrittivo di canovaccio delle chiamate nel telemarketing è stato sostituito con un elenco a punti, o con una guida alla procedura di chiamata in “formato ricetta”. accade spesso che le aziende che inaugurano programmi di assistenza o servizio clienti consentano qualche (limitata) deviazione nel modo in cui sono condotte le chiamate. Questo per facilitare un servizio che i clienti possano riconoscere come umano, piuttosto che apparire meccanico.

Valutazione delle performance Con i vecchi indicatori di performance –la misurazione dei tempi in tcc e i dati di vendita in Finserver– il monitorag-gio del contenuto delle chiamate non costituiva la priorità. il raggiungimento dei target desiderati era in rapporto diretto con il tempo che il Csr trascorreva al telefono, o con il nu-mero di chiamate per turno. la divisione ordini telefonici di bigbook valuta ancora ampiamente i Csr in base al loro successo nel raggiungere i target relativi alle chiamate per

turno. in starico è cresciuto il livello di monitoraggio sulla conformità delle chiamate allo schema; ma questo contrasta con background di target di performance basati sulle chia-mate all’ora (calls-per-hour, Cph). nella citazione seguente, una customer service manager (Csm) esprime alcune preoc-cupazioni sul peso della sorveglianza sui Csr:

“le Cph ci danno una misura singola. Ho sempre ritenuto che mi-nore è il numero di parametri cui dobbiamo attenerci, maggiore è la possibilità di raggiungerli realmente. Quindi, se riuscissimo a trovare i parametri [del nostro reparto] che effettivamente contribuiscono al più complesso budget generale, questo ci consentirebbe di essere mol-to più focalizzati. Comunque, dato che stiamo attraversando questa rivoluzione nelle vendite, penso che dobbiamo rincoraggiare le per-sone e trasmettere in modo corretto i messaggi. perché se si continua a puntare sulle Cph è come se si dicesse alle persone ‘vogliamo che tu costruisca un rapporto, ma non vogliamo che tu lo faccia troppo’. È un messaggio ambiguo” (terry, Csm starico, 12.11.01).

Come accennato in precedenza, in Finserver e in tcc, con i cambiamenti ai programmi di qualità, la diminuzione d’im-portanza del tempo e delle vendite come indicatori di per-formance è stata accompagnata da un marcato incremento nel monitoraggio dei Csr. in particolare, questo aumento si è concentrato sul contenuto delle chiamate e sull’uso adeguato delle schermate da parte del Csr, specialmente dei messaggi di vendita (v. Fig. 1). nell’estratto seguente, ruby – membro del team di ascolto remoto “core critique” di Finserver – sta monitorando una chiamata. ruby commenta la risposta del Csr al messaggio che appare sul fondo della schermata:

“… e questo messaggio ci dice di proporre una carta moneyback [una carta di credito che restituisce come premio al titolare una percentua-le dell’importo di ogni acquisto pagato con la carta, di solito intorno all’1%; Ndt] perciò dovremmo andarle a vedere, ma devono poi es-sere applicabili al cliente. Quello che farò è… ‘in effetti non hanno una carta visa quindi dovrei vedere se ne è stata venduta loro una di recente. Controlla questo, che va bene…’ in teoria avrebbe dovu-to farlo, ma questo punto è discutibile, perché se la cliente non vuole avere una carta di debito è improbabile che voglia una visa. Quindi chiuderò la richiesta come non applicabile” (ruby, team di ascolto re-moto, 16.01.01).

la Csr che veniva monitorata ha scelto di non proporre la carta moneyback, sulla base del fatto che la cliente aveva rifiutato una carta di debito e, quindi, le sembrava inutile promuovere un prodotto simile come una carta di credito. impreparata ad accettare la pressione dei target di vendita quasi a ogni costo, questa Csr ha scelto di ignorare il mes-saggio. Fortunatamente la sua manager, ruby, è d’accordo

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con la sua decisione di non proporre la carta e afferma che “ha gestito bene la chiamata”. sebbene le organizzazioni siano davvero costitutive di soggettività, al punto che gli in-dividui si trasformano in soggetti che confermano se stessi conformandosi alle loro tecnologie, questa trasformazione è raramente così esaustiva da rendere gli operatori degli au-tomi, incapaci di ignorare o modificare gli imperativi della tecnologia quando ciò appare appropriato. in due delle organizzazioni, Finserver e tcc, siamo stati in grado di assistere a riu-nioni manageriali nelle quali l’argomento primario di discussione si sono rivelate es-sere le statistiche derivate dal monitorag-gio remoto. in entrambi i casi, le opinioni divergevano riguardo al valore di questa misurazione puntuale di limitati elemen-ti della prestazione complessiva del Csr, ignorandone altri. in Finserver, la riunione tra i team manager e il customer service manager, che aveva inizialmente ideato il programma, si è tenuta alla fine della pri-ma settimana di partenza del team pilota iniziale. in quel periodo, il test sul custo-mer service copriva il 50% dei team nel call center. le questioni principali affron-tate in riunione sono state una caduta nei dati di vendita per il sito nel complesso, il ripensamento degli incentivi e le sta-tistiche sulla conformità dei Csr con la struttura delle chia-mate prodotta dal team di monitoraggio remoto. C’è stato accordo generale sul fatto che la discesa dei dati di vendita fosse naturale con questi cambiamenti, poiché ai Csr veniva dato più tempo per gestire la richiesta del cliente. le vendite erano scese di circa 14-15 punti incentivi all’ora, attestandosi su una media di 12 punti all’ora. Questo evidenzia la sotti-le linea che esiste tra l’aiutare il cliente e il violare le regole sul raggiungimento dei target. trattare frequentemente con una richiesta implica contattare altri dipartimenti, o unità, che possono non avere a disposizione l’informazione volu-ta; e questo necessariamente erode i target di tempo che già mettono sotto pressione i Csr. in entrambe le società, nelle riunioni i team leader argomen-tavano che il monitoraggio da remoto stava intaccando il morale degli operatori, che stavano “diventando paranoici” sulle statistiche presentate ogni settimana e sostenevano che ci doveva essere “qualcosa di sbagliato negli obiettivi”. le la-mentele non erano dirette soltanto verso la sorveglianza, ma anche al formato delle chiamate; inoltre, i Csr di entrambe le organizzazioni si lamentavano di “non essere dei robot”. in Finserver, l’insoddisfazione tanto per il crollo degli incentivi nelle vendite quanto per il livello di sorveglianza stava por-

tando alcuni Csr a rifugiarsi nel tipo di pratiche di vendita aggressive che i senior manager avevano in precedenza pro-gettato di eliminare dal programma di customer care. in tcc, il sito di assistenza deve sostenere il peso di qualsiasi insoddisfazione del cliente, specialmente quelle concernen-ti altre parti dell’azienda come, spesso, il telemarketing e la distribuzione. il test di qualità era un tentativo di ridurre le chiamate ripetute e migliorare la soddisfazione complessiva

del cliente rispetto all’azienda. Come per Finserver, veniva percepito come essen-ziale che i Csr seguissero i formati strut-turati di chiamata, al fine di mantenere il brand aziendale. le statistiche generate dal sito di monitoraggio remoto indicava-no che i miglioramenti iniziali nelle per-formance avevano raggiunto un punto di stallo. nella discussione seguente, era stato sollevato il conflitto tra autonomia e controllo, in modo molto simile a quel-lo di Finserver. alcuni senior manager e i coaching manager erano irremovibili nel richiedere ai Csr di conformarsi al formato delle chiamate. per contrasto, altri customer service manager e team manager erano interessati a enfatizzare il

fatto che la maggiore autonomia dei Csr nella gestione delle chiamate consentiva loro di risolvere le richieste dei clienti in modo più soddisfacente. il tentativo di misurare il contenuto, piuttosto che la corretta esecuzione degli elementi strutturati nell’evento chiamante/Csr era ancora, nel migliore dei casi, rudimentale ed era fonte di continuo dibattito tra differenti livelli di manager, in tutte le organizzazioni trattate in questo studio. Questo team manager di tcc esprime la sua frustra-zione per la non volontà dei Csr di utilizzare la corretta for-mula di saluto, che egli considera un elemento importante nella costruzione del brand aziendale:

“siamo un grande marchio, una grande azienda… anzi, una gran-dissima azienda e un marchio di grandissimo successo. per così dire, è come quando si va a fare shopping da Harrods: tutti sono orgogliosi di uscire con un sacchetto di Harrods e questo è come dire ‘ehi, ho fat-to shopping da Harrods e mi ha fatto piacere andarci’. noi facciamo esattamente lo stesso: mettiamo semplicemente il nostro marchio sul prodotto. perché i Csa non lo facciano, io non lo so” (06.06.00).

l’approccio gestionale più comune alle iniziative di servizio al cliente era di concentrarsi sugli elementi di conformità del-le chiamate, dal momento che essi si prestano più facilmente alla misurazione. Di conseguenza, essi tendono a trascurare i messaggi di problem-solving e di costruzione della relazio-

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ne che i Csr sono incoraggiati ad applicare per soddisfare le richieste dei clienti. Riflettendo sull’impossibilità di fare tutto ciò che le viene richiesto, questa Csr dice:

“Com’è possibile avere statistiche per qualsiasi opzione? l’individua-lità e il servizio al cliente si combinano nelle vostre statistiche? voglio dire, sicuramente sono due aspetti che non si mescolano. bisogna ave-re il 70% di questo, quello e quell’altro, ma… è come se ci dicessero che ogni chiamata deve essere individuale e tu devi trattare il cliente come una persona, ma poi ti dicono che devi sempre aprire e chiu-dere la chiamata esattamente nello stesso modo. È come parlare con un robot, qualcuno mi ha detto ‘ma lei è una persona reale o è un computer?’”(lesley, Csr, tcc, 31.05.00).

non sorprende che la delusione tenda a diffondersi tra i Csr e i loro immediati supervisori, che portano la responsabilità per le prestazioni del team. i senior manager perseguono varie strategie per cercare di eliminare le tensioni sorte. in alcuni casi, queste strategie concordavano; ma in altre rap-presentavano una rinuncia ai principi Crm di vendita target-tizzata e di differenziazione, legati al servizio distintivo. in ef-fetti, queste risposte diametralmente opposte possono essere viste come una dimostrazione di alcune incompatibilità tra le esigenze tecnologiche, guidate dai numeri, e quelle umane, focalizzate sul cliente, del Crm. per gestire questo problema, il management di Finserver ha introdotto nella chiamata un elemento facilmente misurabile, sotto forma di un prodotto considerato di interesse generale e che può essere promosso nella grande maggioranza delle chiamate. Dato che il Crm si occupa di prodotti customizzati, e non universali, questo è la sua esatta antitesi. il prodotto è stato introdotto anche per tamponare parzialmente l’inquietudine sulla perdita di punti di incentivo nelle vendite. ripristinare un incentivo fa-cilmente raggiungibile ha aiutato a mitigare le tensioni sulla crescente insoddisfazione dei Csr per il feedback dei team di monitoraggio remoto. Queste tensioni avevano iniziato a diventare dirompenti e a minacciare il successo della fase di prova del servizio al cliente.

Target mancati l’ascolto di oltre 70 chiamate in tutti i siti del nostro studio ha indicato che, in molte situazioni, i dati sui clienti raccolti non sono messi a frutto per promuovere prodotti e servizi. berry e linoff sostengono che “il 95% delle persone sele-zionate come probabilmente favorevoli a un’offerta non ri-spondono positivamente” (2000, p. 20). spesso le chiamate sono richieste di routine, o generate da operatori di filiali, e offrono poche opportunità di estendere la relazione. i clienti possono assumere il controllo della chiamata concluden-dola sommariamente. gli operatori di customer service si

chiedono spesso se tentare una vendita non solo sulla base delle informazioni e dei messaggi sullo schermo, ma anche dell’esperienza passata. i rispondenti alle interviste hanno dichiarato che sono in grado di giudicare se un cliente è di fretta, o se non è pro-penso ad accettare un’offerta e che collaborano con il cliente lasciandolo andare senza avergli proposto un prodotto, ser-vizio o sconto. Come abbiamo già indicato, le aziende stanno ora sfruttan-do le tecniche Crm per targettizzare i singoli clienti in modo più ravvicinato. mentre si arricchiscono i dati sui clienti (cioè si collegano con altri dati sul cliente e sul suo status geode-mografico e sociale) sia internamente ed esternamente, il ri-sultato di questa raccolta di dati presenta spesso una relazio-ne parallela a quella tra un’opera d’arte originale e ciò che si può produrre con un kit. Il Crm di questo tipo è:

“… In contraddizione con la strategia di business, (questo) significa fare tanti più soldi quanti più fisicamente puoi, nel breve termine. Le nostre chiamate in entrata erano chiamate di assistenza e servizio, ora dobbiamo ottenere una vendita immediatamente. nelle chiamate in entrata questo significherà cambiare il modo in cui le chiamate entra-no e quello in cui vengono fatte le offerte. il punto chiave è effettuare comunque una vendita, vendere un prodotto in più” (planning mana-ger, bigbook, 23/06/01).

Così facendo, è possibile mancare i target di performance con un margine significativo; questo marketing manager di starico paragona l’effetto al partire da londra per fare un viaggio in scozia senza una mappa e viaggiando generica-mente in direzione nord, ma:

“Qualcuno ha tralasciato di dirti se stai guidando verso aberdeen, edimburgo, o glasgow. tu non sai dove stai andando, non puoi mi-surare quale sia il tuo reale successo rispetto al punto di arrivo e penso che questa sia la maledizione di molti programmi Crm. Funzionano quando sai davvero cosa vuoi offrire, ma non funzionano se vengo-no usati come una sorta di panacea per malesseri aziendali più ampi, come un ‘proiettile d’argento’. In pratica, questo significa che, quando si fanno, le offerte possono essere alquanto inappropriate alle ‘esigenze’ del cliente e possono per-tanto minare ogni tentativo di ottenere la qualità del servizio. sebbene alcuni clienti possano rendersi conto che vengono conservati dei dati che li riguardano, un loro uso maldestro implica che l’azienda non ab-bia, di fatto, ‘un’idea di me come cliente, altrimenti non avrebbe fatto questo’” (marketing manager, Finserver).

ascoltando una chiamata con un Csr in starico, nella quale la richiesta di informazioni riguardava un prestito, il messag-gio a video suggeriva di offrire un’assicurazione sulla casa.

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proponendola, il Csr ha fatto perdere al cliente l’interesse per entrambi i prodotti.xl’estratto seguente, di un Csr di Finserver, indica che i Csr devono combattere con quelli che considerano messaggi a video inappropriati guidati dal Crm. Qui il messaggio sullo schermo diceva al Csr di offrire un prestito, nonostante il cliente disponesse di un deposito di 10.000 sterline:

“Noi abbiamo le informazioni sul cliente, sai come funziona: entri nell’account e ti dice cosa promuovere, e molto spesso ho trovato che ti dice ‘scarica’; ma quando guardi nell’account, magari ci sono 10mila sterline in un libretto di risparmio” (mattie, Csr, 15.01.01).

in questo caso, la Csr ha con buon senso trascurato il mes-saggio. anche tralasciando le contraddizioni di questo tipo, i messaggi a video generati dal Crm possono provocare un dilemma psicologico per il Csr. benché questo elemento “altro” (cioè il messaggio) che appare in fondo allo schermo del Csr sia stato progettato per promuovere un prodotto o servizio targettizzato su misura per lui, il cliente non è con-sapevole. la duplice responsabilità di fornire un servizio di qualità e, allo stesso tempo, rispondere al messaggio a video al fine di soddisfare i target di performance sulle vendite ge-nera alcune tensioni nella negoziazione dell’evento con il cliente. Questo, in particolare quando la disciplina dei tempi (Knights e odih, 2002) rimane ancora una forma di control-lo manageriale. nella piccola azienda di vendita a catalogo, niche, le chiamate non sono temporizzate, mentre viene misurato il tempo di “non disponibilità” (ovvero, quando l’operatore mette il telefono in modalità non disponibile a ri-cevere un’altra chiamata). nella citazione seguente, due Csr discutono il problema che i codici Crm per gli sconti a par-ticolari clienti creano per le loro performance di tempo; ma discutono anche, e questo è piuttosto interessante, di come un Csr potrebbe usare parzialmente la propria discreziona-lità per rispondere alle pressioni sui tempi:

Juan: “In Niche abbiamo questi codici, AAA, KKK, meno 10% qui, meno 6% là. beh, gestire tutti questi codici aggiunge tempo a quello richiesto per ricevere un ordine e la cosa più irritante è che poi clienti ti chiamano e ti dicono ‘però il mio amico in fondo alla strada…’”.Ash: “Ci sono clienti che chiamano e ti dicono ‘Il mio amico ha questo codice. perché io non ce l’ho?’ e tu devi impiegare due minuti a discu-tere con loro, dicendo, ‘bene, questo è il suo codice di allocazione…’”. Juan: “Sono stato criticato dal mio supervisore perché io dico ‘Bene, se lei vuole questo 10% di sconto, può averlo!’; ma io rispondo che, in questo modo, ho chiuso la chiamata in un minuto e ho un cliente soddisfatto, perché ha avuto lo sconto del 10%’. l’azienda però vede questi codici aaa-KKK solo come strumento di marketing per indur-re le persone ad acquistare dei prodotti”.

Questo è un altro esempio di come il Crm, usato come base per la differenziazione dei clienti, dipende dal fatto che la comunità disagreggata (reynolds e alferoff, 1999) rimanga tale. in questo caso due amici, entrambi clienti di niche, si sono incontrati e hanno parlato degli sconti che l’azienda ha offerto loro. rendendosi conto che a lui era stato offerto uno sconto meno interessante, uno di essi ha telefonato al call center per protestare e l’effetto è quello che ha descritto Juan. i call center sono sempre più guidati dalle vendite e, nella ricerca delle vendite, offrono opportunità senza confronti di raggiungere i clienti e tentare un’offerta in quella che è frequentemente una chiamata di assistenza o servizio. È pro-babile che i clienti stiano diventando sempre più selettivi e il Crm è la soluzione che consente all’azienda di manipolare i dati fattuali e sullo stile di vita su quella rappresentazione del cliente e di presentare offerte che si ritiene si dimostreranno interessanti, sia in termini di vendita immediata, sia in for-ma di incentivo. Questa è una rappresentazione nel senso descritto da Kallinikos (1995) in cui “… né gli elementi in-dividuali, né le rappresentazioni come sistema (discorso) cat-turano le totalità tangibili e si riferiscono ad esse” (ibid. 136). i dati possono essere statisticamente corretti, ma le persone sono imprevedibili e tali offerte sono quindi, spesso, ben lon-tane dal bersaglio. Come risultato, i clienti che resistono alla vendita immaginano la propria rappresentazione come una presenza oscura sullo sfondo. Questo fatto è riconosciuto non solo dagli operatori di call center, che possono resistere alla pressione del messaggio, ma anche dai marketing e dai planning manager, che si mostrano ambivalenti sul valore complessivo del Crm. sebbene esista un certo grado di iso-morfismo nell’adozione di questa strategia, nel futuro, per i consulenti:

“la situazione probabilmente si polarizzerà tra il tentativo di svilup-pare relazioni con i clienti da un lato e il trattarli come commodity dall’altro, ‘noi gestiamo solo la sua chiamata’. Con il cliente ridotto a commodity, per i centri di assistenza questo non è un problema; ma per altri tipi di chiamate, genericamente più complesse, sta diventando sempre più essenziale. bisogna gestire le aspettative di questi diversi tipi di clienti. Dipende a quale parte del mercato si sta puntando” (marke-ting manager starico, editato per garantire la comprensibilità).

Riassunto e conclusioni nell’articolo abbiamo cercato di non farci prendere tra i due fuochi del dilemma utopia/distopia (Knights e Jones, 2007) nel quale gli operatori di call center appaiono da un lato godere dei benefici dell’autonomia e dell’abilitazione a creare un servizio di qualità e relazioni speciali con i clienti e, dall’altro, sembrano soffrire di elevati livelli di sorveglianza e controllo manageriale. l’uso del Crm è forse più vicino

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all’immagine distopica, piuttosto che a quella utopica; ma in nessun modo nega “…il potenziale, la presenza o l’im-portanza della resistenza” (richardson e Howcroft, 2005, p. 77) né le contraddizioni interne ed esterne nell’uso della tec-nologia. Come suggerisce l’esempio del messaggio a video, che insiste perché il Csr offra un prestito a un cliente con un attivo di 10mila sterline, il Crm può produrre solo una mi-mesi, un artefatto sciamanico (taussig, 1993) che rappresen-ta il cliente tipico. nonostante gli sforzi per catturare i dati sul comportamento passato del cliente, o le insoddisfazioni presenti, il tentativo di colonizzare l’identità di un cliente tramite un profilo computerizzato può produrre soltanto un doppio informatico (berry e linoff, 2000) che non è neces-sariamente una copia esatta del soggetto. Ciò non di meno, la mimesi riguarda invariabilmente “… il potere della copia di influenzare ciò di cui è una copia” (1993, p. 250). Anzi-ché celare questo aspetto nelle complessità della magia e del rituale della “parodia primitivista” (ibid. 10), il Crm lo tra-sforma in una virtù, dichiarando apertamente che l’artefatto (cioè la mimesi del cliente) abilita l’esercizio di un potere sul soggetto che il modello mimetico cerca di ritrarre. Quello digitale o statistico (bogard, 1996), o mimesi (norris, 1987) è percepito come un artefatto che offre varie opportu-nità di vendita. esse possono rappresentare un grande mi-glioramento rispetto alle semplici strategie di segmentazione che si limitano a offrire servizi a categorie vaghe di clienti, basate su concezioni relativamente fisse di classe, residenza, genere, etnia ed età. i modelli mimetici del Crm hanno il potenziale di catturare l’autentica soggettività degli individui in modo da offrire loro prodotti e servizi che corrispondono in modo preciso al profilo di esigenze dei loro clienti target. Comunque, come abbiamo mostrato, il Crm viene spesso meno a questa precisione e solo l’intervento del Csr può evitare che le richieste, talvolta prive di senso, del sistema Crm infliggano un danno irreparabile che potrebbe portare l’azienda a subire errori di vendita indotti dalla tecnologia. il discorso sulla sovranità del consumatore è in ugual modo diretto ai Csr di front-line, come importanti precursori o si-gnificanti dell’immagine aziendale e di buone relazioni con il cliente. Fin quando pensano che il cliente è re, i Csr sono non soltanto in grado di avvantaggiasi della buona volontà del cliente quando le cose funzionano regolarmente ma an-che, nelle parole di goffman (1973) di “raffreddare gli ani-mi” e agire da tampone per l’azienda quando qualcosa non ha funzionato. tramite il data mining, la complessità del cliente viene ridotta a un insieme gestibile di dati che possono essere usati per farli corrispondere con particolari prodotti. sebbene si proclami che i grandi database sono gestiti in modo da catturare le informazioni sulle “esigenze” dei clienti, in molti sensi que-

ste “esigenze” sono costituite dai produttori e certamente le offerte di prodotto sono collegate a coloro che promettono elevati livelli di redditività (noble, Knights, Willmott e vur-dubakis, 2000). lo spazio tecnologico/virtuale nel quale ha luogo l’incontro fa sì che il cliente appaia come una mimesi, o simulazione basata solo su informazioni molto limitate, catturate dall’azienda che comunica. anche se questi dati sono “sovrapposti a” o migliorati con dati demografici/geodemografici e sullo stile di vita, il cliente rimane ancora solo un tipo ideale nel mezzo di una comunità disaggrega-ta e ri-aggregata di simulazioni. l’obiettivo soggiacente al Crm sembrerebbe quello che le tecniche possano essere applicate alla gestione di dati che offrano alle aziende l’op-portunità di ideare formule che “incantino” il cliente. però, l’altro elemento essenziale del Crm – la qualità del servizio – può plasmare o meno il rapporto che seduce il cliente in una relazione a lungo termine con l’organizzazione. gestire il cliente implica quindi un “mito incantatore” sulla sovra-nità del cliente (Korczynski, 2000). Con questo, comunque, si presume che il cliente sia pienamente presente nella rela-zione. occasionalmente e casualmente, nell’evento di servi-zio o di vendita, può emergere una piena comprensione del cliente. Comunque, come in alcuni dei nostri esempi, i mo-delli mimetici prodotti dal Crm allo scopo di targettizzare un prodotto o servizio possono essere del tutto fuori strada. È probabilmente vantaggioso per le aziende, pertanto, che i Csr formulino talvolta i propri giudizi sul seguire o meno il messaggio che li guida a promuovere un prodotto o ser-vizio in target. il dibattito è aperto sulla questione se i Csr, nell’utilizzare la propria iniziativa, mostrino di esemplificare una resistenza al loro essere configurati come veicolo princi-pale per la creazione e il mantenimento del brand aziendale. un’interpretazione alternativa suggerisce di vedere questo fatto come un esempio di come i Csr rafforzino la propria immagine di sé e l’identità facendo bene il proprio lavoro – e una conseguenza non prevista di questo potrebbe essere il sostenere l’immagine o il brand aziendali. Dal momento che l’obiettivo principale è offrire la qualità del servizio oltre a in-crementare le vendite, a questo è associato un certo numero di tensioni. ulteriori ricerche su come funzioni il Crm nei call center e oltre, non solo in teoria ma anche in pratica, potreb-bero aiutare a chiarire quanto qui rimane a livello speculati-vo. seguendo orlikowski e iacono (2001), abbiamo cercato di esaminare il Crm nei termini della sua costruzione come struttura inglobata nelle pratiche di lavoro, e come sogget-to a sviluppi – e forse a modifiche – nei processi di imple-mentazione e uso. abbiamo anche attinto a Foucault (1991) per suggerire che il Crm potrebbe essere visto come fattore che amplia, e allo stesso tempo modifica, il vasto progetto di “governamentalità” progettato per gestire popolazioni

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aggregate tramite la raccolta e manipolazione di dati. Que-sto progetto gioca anche sulle tendenze individualizzanti del consumismo contemporaneo, presentando i propri obiettivi sotto la forma illusoria di un servizio su misura e persona-lizzato; pertanto può essere visto come parte di ciò che Fou-cault ha descritto come una tecnologia del sé, nel costituire gli individui come soggetti adatti alla auto-gestione. anche così, l’individuo generato dalla macchina, che è il prodotto delle tecniche Crm di raccolta delle informazioni, può essere solo un modello ri-aggregato di “cliente a distanza”. Come abbiamo indicato, questa tecniche di raccolta e valutazione a distanza della conoscenza sono applicate anche nel lavoro degli operatori di call center. Dove è interessato il Csr, i dati raccolti dalle fonti remote appaiono spesso essere in disac-cordo con la visione di sé dell’individuo stesso, ma anche con quella dei team leader e dei manager di linea, che sono vicini ai membri dello staff. un limite dello studio è stato quello di non avere le risorse per studiare l’impatto del Crm diretta-mente sui clienti. esistono naturalmente numerose indagini di mercato condotte da società di consulenza; ma esse sono spesso estremamente costose da consultare e non soddisfano gli standard della ricerca accademica. riconosciamo inoltre che le indagini sui clienti sono notoriamente difficili e costose da condurre; ma in qualsiasi futura ricerca raccomandiamo un simile sviluppo e confidiamo che questo studio serva a stimolare tale interesse.

Ringraziamenti ringraziamo lo uK economic and social research Council per aver finanziato questo progetto con il numero di proget-to r022250186.

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Catrina Alferoff, David Knights