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Kitty Pagina Romanzo Pagina 207 Pagina 409 Pagina 7 9 Pagina Romanzo 11 1 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 Sconcertata dalla scoperta, Prue faticò a credere che fosse ve- ro. Forse l'agitazione le aveva giocato un brutto scherzo, forse non era la stessa persona... Invece, purtroppo per lei, era così. Anche perché dall'espres- sione meravigliata impressa sul volto del gentiluomo appariva evidente che lui l'aveva a sua volta riconosciuta. 22 23 24 25 26

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Il viaggio, iniziato quella mattina alle otto, pareva interminabile. La diligenza, con la sua andatura lenta e traballante, veniva di continuo sbalzata a destra e a sinistra a causa delle irregolarità della strada. Marzo era cominciato già da giorni, e dai finestrini appannati della vettura si poteva ancora scorgere sui prati qualche chiazza di neve, che andava ormai sciogliendosi. Rannicchiata in un angolo del sedile, la signorina Prudence Hursley muoveva nervosamente i piedi, avvolti in modesti sti-vali neri, e si soffiava nelle mani a coppa davanti alla bocca per vincere il freddo. Indossava delle manopole di lana ormai fuori moda, una gonna grigio scuro e una casacca a maniche lunghe e strette del medesimo colore, con una piccola arricciatura sulla schiena. Un cappellino e un mantello pesante, entrambi neri, completa-vano l'abbigliamento. Sfregandosi le mani, Prudence ringraziava il cielo per aver a-vuto la fortuna di potersi pagare un posto al coperto in vettura. O meglio, più che al cielo, doveva essere riconoscente alla si-gnorina Duxford, o Duck, come veniva chiamata confidenzial-mente. La quale, essendo un'attenta osservatrice delle regole dell'etichetta, pretendeva che anche le ragazze sotto la sua tu-tela si attenessero a tali norme. «Dovrai assolutamente prendere posto al coperto, Prudence» le aveva ordinato mettendole tra le mani ben cinque ghinee.

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«Non voglio che una delle mie ragazze viaggi sul tetto di una diligenza attirandosi chissà quali impertinenze!» Sollevata e allo stesso tempo stupita alla vista di quelle mo-nete d'oro, lei non aveva poi prestato molta attenzione alle va-rie raccomandazioni della direttrice. Eccetto una. «Fai molta attenzione a come impieghi questi soldi, Pruden-ce. Ti dovranno servire per mantenerti finché non avrai ricevuto la tua prima paga.» Senza esitazione, aveva immediatamente rassicurato la si-gnora Duxford. Per la verità, non avrebbe nemmeno saputo in che modo spendere quella... enorme somma di denaro. Durante gli otto anni trascorsi al Paddington College, un isti-tuto di carità per giovani indigenti, non aveva mai visto nem-meno la metà di un simile importo. Non c'era quindi da stupir-si che avesse mostrato quelle monete alle sue due amiche più care, con mani tremanti. Le tornò in mente l'espressione sconcertata di Kitty. «Cinque ghinee! È per caso impazzita la signora Duxford?» «No. Mi ha spiegato che almeno la metà di questo denaro mi servirà soltanto per il viaggio.» «Impossibile! Sicuramente ti avanzerà qualche soldo per fare compere a Londra!» «Forse tu lo faresti, Kitty!» aveva riso Nell. «Pensa a quanto sarebbe meraviglioso poter acquistare per una volta delle calze di seta...» aveva sognato Kitty a occhi a-perti. Povera Kitty!, pensò Prue. Da quando si era imbattuta in una copia clandestina del Ladies Magazine e vi aveva visto l'imma-gine di un abito in mussola portato sopra calze di seta, la sua ambizione era diventata indossare un giorno qualcosa del gene-re. «Secondo me» aveva invece fatto notare la saggia Nell, «Prue seguirà alla lettera le raccomandazioni della direttrice e non spenderà nemmeno un soldo in maniera avventata.»

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«Sì» era stata la sua risposta, «però sono terrorizzata. Che cosa farò se dovessi perdere il denaro?» «Santo cielo, hai ragione!» aveva esclamato Kitty. «E pensa se qualcuno dovesse rapinarti!» «Oh, no, Kitty, non voglio neanche immaginare una simile eventualità.» «Nascondi le ghinee in un posto sicuro» le aveva suggerito Nell pacatamente, passandole un braccio attorno alle spalle. «Non metterle via tutte insieme, però. Sistemale in posti diver-si, così se ne dovessi per caso perdere una, ti resteranno co-munque le altre.» Era tipico di Nell dare sempre pareri oculati. Poi, tra una battuta e l'altra, tra un consiglio e l'altro, era giunto il triste momento dei saluti. Prima ancora di rendersene conto, Prudence si era trovata sulla carrozza di proprietà del signor Miles, diretta a Londra. Il viaggio verso la capitale era durato tre lunghe ore, con due so-ste per far riposare i cavalli. Ed era costato tre scellini. Aveva provato una fortissima apprensione quando si era vi-sta costretta a estrarre dalla tasca una delle sue preziose ghinee per pagare il posto sulla vettura. E solo dopo aver ricevuto il re-sto si era sentita un po' più tranquilla. Non per molto, a dire il vero. «Signori» aveva informato il garzone alle dipendenze di Miles rivolgendosi agli altri due passeggeri, «questa è una delle ragaz-ze della signora Duxford, che presto diventerà un'istitutrice.» Prudence si era sentita sprofondare dall'imbarazzo. Insom-ma, non era necessario che tutti sapessero che era una delle povere orfane cresciute in quel collegio. Anche se, dalla divisa grigia che indossava, chiunque vivesse nella zona avrebbe potuto facilmente indovinare la sua prove-nienza. In ogni caso non bisognava vergognarsi! Anzi, doveva esse-re riconoscente per tutto ciò che aveva appreso al collegio. Se non avesse imparato a usare ago e filo, per esempio, non avreb-

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be mai avuto i pochi abiti che invece possedeva. Ovviamente, le sue... creazioni non somigliavano neanche lontanamente al-lo splendido vestito di mussolina di cui Kitty si era innamorata. Però, se non altro, per quanto semplici erano più graziosi ri-spetto alla divisa. A parte il breve momento di confusione causatole dal garzo-ne del signor Miles, per il resto il viaggio stava procedendo nel migliore dei modi. Non solo, infatti, delle cinque ghinee che le aveva affidato la signora Duxford gliene restavano ancora due, dopo la notte tra-scorsa a Londra e dopo aver pagato l'ultimo tratto del viaggio, ma sino a quel momento si era vista trattare da tutti con ina-spettata benevolenza. «Dovrete badare a voi stesse» era solita ripetere la direttrice del collegio. «L'indipendenza sarà il vostro punto di forza, ra-gazze. Ricordate sempre che un'istitutrice non è nessuno, quindi non illudetevi di ricevere gentilezze e non sentitevi trop-po offese se qualcuno si rivolgerà a voi con arroganza.» Era stata dunque una piacevole sorpresa per lei riscontrare nelle persone che aveva incontrato un atteggiamento disponibi-le e cortese nei suoi riguardi. Anche se, a mano a mano che si avvicinava a Rookham Hall, nessuna gentilezza riusciva pur-troppo a farle sembrare meno opprimente l'idea che presto a-vrebbe dovuto affrontare la solitaria indipendenza preannuncia-tale dalla signora Duxford. Quanto sarebbe stato diverso se avesse potuto avere accanto a sé Nell. Cielo! Che cosa avrebbe fatto senza Nell? Senza i suoi consigli e i suoi incoraggiamenti? E senza Kitty, poi! Chi mai l'avrebbe fatta volare sulle ali della fantasia, ora che Kitty non era più con lei? Si sentiva smarrita, lontana dalle sue due più care amiche. Nell e Kitty erano diventate la sua unica famiglia dopo che a-veva perso entrambi i genitori. Erano le sue confidenti. Con loro aveva condiviso paure, speranze, gioia, tristezze,

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ogni più impercettibile emozione, ogni sogno più segreto. Insieme avevano riso e pianto, e si erano accapigliate per poi riconciliarsi. Al pensiero di non rivederle più provava una sensa-zione di immenso vuoto. Sin dall'inizio avevano saputo che un giorno si sarebbero dovute separare, e questa prospettiva era sempre parsa loro spaventosa. Mai, tuttavia, avrebbero immaginato che salutarsi sarebbe stato così doloroso. «Dobbiamo essere forti» era stata l'affermazione di Nell, il giorno in cui Prudence aveva saputo del proprio incarico. «Sì, è vero. Prue, ricorda sempre ciò che dice la signorina Duck» aveva consigliato Kitty. «Indipendenza!» E tutt'e tre erano scoppiate in una fragorosa risata. Ma ora, avvolta nella nostalgia di quel ricordo, le sembrava impossibile poter sorridere ancora. Rannicchiata sul sedile, guardava con aria assente fuori dal finestrino. Chissà se sarebbe stata in grado di essere forte come aveva promesso alle due amiche. Sicuramente avrebbe fatto in modo di rimanere in contatto con loro. «Vogliamo sapere tutto ciò che ti succede, capito? Devi an-notare ogni giorno ciò che fai, come in un diario, e poi spedirci le lettere una volta la settimana.» «Ma... Nell! Prue diventerà un'istitutrice. Che cosa mai potrà avere da raccontarci ogni giorno? Farà sempre le stesse cose» a-veva fatto notare Kitty. «"Non potete immaginare quanto mi diverto qui, mie care. Oggi ho fatto lezione di francese, e le mie alunne sono migliorate moltissimo"» aveva poi aggiunto imi-tando scherzosamente la voce di Prue. «Be', Kitty, non dovresti fare tanto la spiritosa. Non ci sarà proprio nulla di divertente nel fare l'istitutrice, ma la realtà è che tutte quante andremo incontro a questo triste futuro.» Nell, al contrario di Kitty, era parsa molto seria. «No! Per me non sarà così!» aveva replicato risentita Kitty.

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«Ah no? Dunque sei ancora convinta che prima o poi il ram-pollo di qualche nobile famiglia s'innamorerà perdutamente di te?» Sì, Kitty lo sperava tanto. Lei invece non aveva mai avuto una simile ambizione e, al momento, la sua unica speranza era di svolgere bene il proprio lavoro, così da convincere il suo pa-drone a prenderla definitivamente a servizio dopo i primi tre mesi di prova. Il signor Rookham aveva infatti immediatamente messo in chiaro che si trattava di un impiego temporaneo. «Senza dubbio il signor Rookham, prima di confermare la tua permanenza a Rookham Hall, desidera verificare le tue ca-pacità. Quindi cerca di dimostrarti da subito all'altezza del ruo-lo, perché da questo dipenderà il tuo futuro» le aveva spiegato la signora Duxford. Nell era stata della medesima opinione. «Non ti preoccupa-re, Prue. Sono certa che sarai bravissima e che le due bambine ti adoreranno.» Purtroppo, ora non ne era molto convinta. Cercò di non pensare più alle sue due amiche per concentrarsi su ciò che l'attendeva. Doveva ritenersi fortunata!, si persuase. La direttri-ce le aveva detto che il signor Rookham pareva una persona molto garbata. Nella lettera che aveva spedito al collegio, aveva spiegato di aver bisogno di un'istitutrice, dotata di una certa sensibilità, che si occupasse dell'istruzione delle due bambine sotto la sua tutela. Così, chissà perché, si era convinta che le piccole in questio-ne fossero due dolci angioletti. Convinzione che al momento si era invece praticamente dissolta, spazzata via da mille dubbi e timori. Agitata com'era, non fu quindi dispiaciuta quando la diligen-za fece un'altra sosta a Leatherhead, ritardando così il suo arri-vo a destinazione.

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Avendo già pranzato sulla diligenza, Prue non prese nulla né da bere né da mangiare. Anche perché ormai mancava davvero poco a Rookham Hall. La cameriera della locanda del villaggio, la Green Man, le a-veva detto che Little Bookham, il paesino dove si trovava la re-sidenza del signor Rookham, distava poco più di tre miglia. Non avendo alcuna voglia di restare in quella locanda affolla-ta dove gli altri passeggeri si stavano rifocillando, lei preferì fare due passi all'aria aperta. Così, avvolta nella casacca di lana, si mise a passeggiare lungo l'affollata strada principale di Leather-head. D'un tratto sentì qualcosa sfiorarle la sottogonna. Abbassato lo sguardo, vide un minuscolo gatto intento a giocherellare con una ghianda. Si chinò e allungò un dito per attirarlo a sé. «Sei proprio un bel micino, sai? Non devi aver paura di me» disse accarezzando il manto a macchie marroni, bianche e ful-ve. Passarono solo pochi istanti e il gattino le balzò tra le braccia mettendosi a fare le fusa. Dopo qualche coccola, però, la bestiola iniziò a contorcersi come se qualcosa l'avesse spaventata. E aveva tutte le ragioni di esserlo! Una carrozza, trainata da quattro cavalli e guidata da un uo-mo elegantemente vestito, arrivava infatti a gran velocità sulla strada obbligando tutti i passanti a farsi da parte. Che incosciente!, pensò Prue. Con quale coraggio quell'uo-mo si permetteva di correre come un folle in un centro abitato? Mentre si poneva questa domanda, il gattino, sempre più terrorizzato, sfuggendo al suo abbraccio protettivo balzò sulla strada e si trovò proprio sulla traiettoria della vettura. D'istinto lei cercò di soccorrerlo gettandosi come una furia sulla traiettoria senza badare al pericolo. Lo spaventoso strepitio degli zoccoli dei cavalli e un'impre-

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cazione urlata a gran voce la riportarono subito in sé. Terrorizzata, restò impietrita in mezzo alla via. Poi, voltando-si verso la carrozza, vide i cavalli impennarsi proprio davanti a lei. Chiuse gli occhi, convinta ormai di non avere più possibilità di scampo. Invece, per fortuna, il conducente riuscì con abilità a far de-viare i cavalli, e lei si ritrovò salva. «Santo cielo, è pazza!» urlò qualcuno che aveva assistito alla scena. «Signorina, si può sapere che cosa volevate fare?» Frastornata e incapace di realizzare appieno ciò che era acca-duto, Prue tremava come una foglia. Soltanto quando si vide porgere quel dolce batuffolo di pelo, nella sua mente tutto tor-nò chiaro. Il gattino! Dunque qualcuno lo aveva salvato. E i cavalli? Che fine avevano fatto? Voltandosi, vide la carrozza ferma sul mar-gine della strada, mentre un valletto tentava di tranquillizzare gli animali imbizzarriti. Del conducente, invece, non v'era traccia. «Si può sapere che cosa stavate facendo?» Una voce maschile, dal tono alquanto adirato, la fece sob-balzare. Voltandosi, Prue riconobbe nel suo interlocutore pro-prio il conducente della vettura. «Io... io...» balbettò. «Sono davvero dispiaciuta, signore.» «Be', è il minimo! Siete per caso impazzita? Dunque, si può sapere che cosa intendevate fare?» «È... il gattino...» «Che cosa? Il gattino?» si stupì il gentiluomo abbassando lo sguardo su quel tenero fagotto di pelo. «Sì... be'... mi è scappato e si è messo a correre sulla strada... e...» «La signorina voleva salvarlo» s'intromise un ragazzino. Guardandosi attorno, Prue si accorse allora che un gruppetto di curiosi si era radunato attorno a lei e allo sconosciuto genti-

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luomo. «Santo cielo...» sospirò sentendosi le guance in fiam-me, «non intendevo creare tutta questa confusione.» «Che cosa? Dovreste ringraziare il vostro santo che sono riu-scito a evitarvi, signorina! Vi rendete conto che sareste potuta finire sotto le ruote della mia carrozza? E tutto per un gattino?» «Ma... io non me ne sono nemmeno resa conto» si giustificò lei coccolando teneramente il micetto. «Direi che è ovvio, signorina. Non avevate niente di meglio da fare che rincorrere un gatto? Comunque, voi state bene? Non che meritiate il mio interessamento, sia ben chiaro.» La scortesia di quell'uomo risvegliò in Prudence una collera furibonda. «Come vi permettete? Io riconosco di aver sbagliato, ma voi non siete meno colpevole di me! Vi sembra corretto lanciare al galoppo i cavalli in un centro abitato?» Nonostante il mormorio di approvazione degli altri presenti, lui non parve affatto impressionato da quella osservazione. In-fatti il suo volto serio, reso ancora più severo dal naso abba-stanza pronunciato e dagli occhi che parevano di ghiaccio, ri-mase impassibile. «Non vi preoccupate del mio modo di guidare, signorina» fu la fredda replica. «L'importante è che non siate ferita. State be-ne, vero?» «Sì, anche se non per merito vostro!» «Vi sbagliate. Se io non avessi avuto la prontezza di far svol-tare i cavalli, probabilmente ora non sareste qui a parlare con me.» Un altro brusio di approvazione si sparse tra i presenti crean-do in Prue un grande disagio. «Comunque» proseguì lui, «dato che, da quanto dite, state bene, permettetemi di occuparmi dei miei cavalli. E pregate che neanche loro siano feriti, altrimenti giuro che vi farò pentire del-la vostra sventatezza!» Anche se era tentata di rispondergli con altrettanta decisio-ne, Prudence si sforzò di mostrarsi pentita. «Vi chiedo ancora

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di perdonarmi signore» disse con occhi imploranti, «ma cercate di capirmi. So di avere sbagliato, però... guardate questo mici-no. Un minuto prima era tra le mie braccia, e un minuto dopo stava per essere schiacciato dalla vostra carrozza. So che sarei dovuta essere più accorta, ma ho agito d'istinto.» Un sorriso appena abbozzato addolcì per un istante l'espres-sione dura del gentiluomo. «E ora, che cosa intendete fare del gattino?» «Non saprei, signore, non è mio.» «Come? Dunque avreste rischiato la vita per un gatto che non è nemmeno vostro? Avevo intenzione di suggerirvi di an-negarlo, ma... forse questo tipo di rimedio dovreste applicarlo a voi stessa!» Dopo avere pronunciato queste parole, si voltò e si diresse verso la sua carrozza. Scambiò qualche parola con il valletto e poi salì a cassetta. Proprio in quel momento Prue sentì un colpetto sulla spalla. Era la cameriera della locanda. «Signorina, volevo avvertirvi che tra pochi minuti la diligenza ripartirà.» «Oh, allora devo affrettarmi! E che cosa farò di questo gatti-no? Sapete per caso a chi appartenga?» «È uno dei micini della nostra gatta, signorina. Però la padro-na non vuole tenerlo. Ha cercato più volte di cacciarlo via, ma lui torna sempre.» «Adesso che cosa gli succederà?» «Probabilmente lo ucciderà.» «Oh, no!» «Presto, signorina! Vi conviene affrettarvi, il cocchiere non vi aspetterà!» Seguendo la cameriera, Prue cercò di escogitare un modo per salvare il gattino. Non poteva abbandonarlo, ma non poteva neanche portarlo con sé. A meno che... Avrebbe potuto tenerlo e affidarlo, come dono, alle due

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bimbe. Tutti i bambini amano i cuccioli!, si disse speranzosa. Raggiunto il cortile della locanda, il conducente la esortò a salire in fretta in carrozza. «Arrivo!» gridò lei. «Credete che la vostra padrona si arrab-bierà se porterò con me il gattino?» domandò poi alla camerie-ra. «E lo farete salire sulla diligenza?» «Sì, ormai mi resta da percorrere solo un breve tratto. Dun-que? Posso portarlo con me?» «Fate come vi pare, signorina» rispose la cameriera sorriden-do. «Temo però che non vi permetteranno di farlo viaggiare con voi.» In effetti il controllore la bloccò immediatamente. «Intendete forse entrare in carrozza con quell'animale?» «Avete qualcosa in contrario, signore?» «È contro il regolamento viaggiare con degli animali.» «Ma sarà soltanto per poche miglia, signore. Inoltre è tal-mente piccolo... che fastidio può dare?» «Vi ho detto che è contro il regolamento.» «Oh... vi prego.» Colta dallo sconforto, Prue affondò la ma-no in una tasca, estrasse una moneta e, senza neanche accor-gersi che si trattava di una corona, la porse al controllore. «Cre-dete che questa potrà farvi cambiare idea?» «Salite!» replicò lui facendo subito sparire il denaro. Un po' a fatica, Prue montò sulla diligenza e si sistemò sul sedile. Solo dopo che il gattino si fu addormentato si rese con-to di ciò che aveva fatto. Cinque scellini!, si allarmò. Aveva speso ben cinque scellini per portare con sé quel batuffolo di pelo! Che follia! E se poi a Rookham Hall non fosse stato be-naccetto? Comunque, più del micino ora la turbava il ricordo del brutto incidente in cui era incorsa. Com'era stato scortese quell'uomo! Be', per fortuna era tut-to passato e lei non lo avrebbe più rivisto.

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Una volta scesa dalla diligenza sulla strada che portava a Lit-tle Bookham, Prue dovette ingegnarsi non poco per riuscire a reggere in mano, oltre al micino, il mantello. In più c'era il bau-le, che al momento giaceva a terra, dove lo aveva messo il con-trollore della vettura. «Che cos'hai, piccolino?» Dopo aver dormito per tutto il tra-gitto, il gattino si era svegliato e appariva nervoso. Probabil-mente aveva fame. «Poverino, purtroppo dovrai aspettare fin-ché non saremo a Rookham Hall. E temo che non sarà affatto facile raggiungere quella dimora, in queste condizioni. Oh... se almeno Nell fosse qui!» Ma la cara amica era ormai lontana e lei doveva arrangiarsi da sola. Prese quindi il baule per la maniglia e, seguendo le in-dicazioni, s'incamminò. Purtroppo mosse soltanto pochi passi. Divincolandosi dalla sua presa, infatti, il micino era balzato a terra. Sconfortata, mentre risistemava il mantello le venne l'idea di collocare il suo piccolo amico in una delle ampie tasche di quel vecchio indumento. Perfetto! Avrebbe dovuto pensarci subito. Dopo aver messo al sicuro la bestiola, riprese il cammino soddisfatta. «Non riuscirai a saltar fuori da questa tasca, mio caro!» affer-mò mentre il gatto tentava invano di liberarsi. In poco tempo fu finalmente a Little Bookham. Il paese, costituito da una chiesa e da poche case, era davve-ro piccolo. Un uomo le indicò di proseguire su quella stessa via per un quarto di miglio, finché non avesse incrociato una stradina se-condaria che portava alla grande casa: Rookham Hall. Quando arrivò davanti all'imponente cancellata di ferro che delimitava la tenuta, Prue era davvero esausta. Fu tuttavia l'agitazione ad avere la meglio sulla stanchezza non appena, oltrepassando il cancello, si incamminò sul lungo viale alberato verso quella che sarebbe stata la sua nuova vita.

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«All'inizio ti sentirai un po' spaventata» le aveva detto la si-gnora Duxford, «ma ricordati sempre che hai studiato al Pad-dington College, che sei preparata e che devi essere fiera di tut-to ciò che hai imparato qui. Questa scuola ha un'ottima repu-tazione.» Già. Peccato però che non si sentisse affatto pronta ad af-frontare il suo primo impiego. Comunque, si consolò, se la di-rettrice l'aveva proposta per quel ruolo evidentemente la ritene-va all'altezza di svolgerlo con dignità. Alla prima curva del viale scorse finalmente, in lontananza, l'abitazione del signor Rookham. Era un edificio a due piani, lungo, color crema. Una dozzina di finestre attorniava l'elegan-te ingresso, a cui si accedeva dopo aver salito pochi gradini. Ai lati del viale si aprivano immensi prati, delimitati da lun-ghe file di alberi che, considerata la stagione, non erano ancora fioriti. A semicerchio intorno alla casa vi era un boschetto, at-traversato probabilmente da un ruscello, visto il luccichio ar-genteo che si insinuava tra un albero e l'altro. L'ambiente era dunque piacevolmente pittoresco, soprattut-to se confrontato con lo scarno edificio di mattoni rossi del Paddington College. Prue ne ebbe un'ottima impressione. Sicuramente le sarebbe piaciuto molto vivere lì. All'ingresso venne accolta da un uomo anziano e smilzo. Il maggiordomo, ipotizzò lei. «Oh, mi dispiace che vi siate dovuto incomodare per me» gli disse. «Come, prego?» domandò lui un po' altero. «Be'... non intendevo dire... però...» balbettò imbarazzata. «Posso conoscere il vostro nome, signorina?» «Oh, sì, certo, che sciocca... Io sono Prudence Hursley, la nuova istitutrice.» Prima di farle un inchino, il maggiordomo la squadrò con una certa perplessità.

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«Prego, entrate» aggiunse poi tenendole aperta la porta. Lei allora prese il baule e fece un passo nell'ampia sala d'in-gresso. Gli interni della residenza erano accoglienti tanto quanto gli esterni, notò guardandosi attorno ammirata. Le pareti erano ab-bellite da una coppia di grandi ritratti e da un dipinto raffiguran-te un paesaggio campestre. Ai lati della porta vi erano due lunghi tavoli ricoperti da nu-merosi oggetti: candelabri, libri, varie carte e qualche sopram-mobile. Accanto alla lunga scalinata che portava al piano supe-riore si trovava un attaccapanni a pioli, carico di svariati indu-menti. Per quanto curato, Prue ebbe la sensazione che a quel-l'ambiente mancasse un tocco di femminilità. «Prego, signorina, seguitemi. Potete lasciare qui il vostro baule.» Senza esitare, lei obbedì al maggiordomo. Superato il corri-doio, anch'esso adorno di splendidi dipinti paesaggistici, si tro-vò nello studio del padrone di casa, un ampio e luminoso loca-le. Dal mastodontico scrittoio al centro della stanza si alzò un gentiluomo che, dopo aver fatto due soli passi verso di lei, si bloccò bruscamente. Era un uomo alto e slanciato. I capelli neri, un po' spettinati, gli toccavano le spalle. Il naso abbastanza pronunciato gli con-feriva un aspetto severo. Nessun dubbio. Era il conducente della carrozza che poco prima aveva rischiato di investire il gattino. Sconcertata dalla scoperta, Prue faticò a credere che fosse ve-ro. Forse l'agitazione le aveva giocato un brutto scherzo, forse non era la stessa persona... Invece, purtroppo per lei, era così. Anche perché dall'espres-sione meravigliata impressa sul volto del gentiluomo appariva evidente che lui l'aveva a sua volta riconosciuta.

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«Cielo! È terribile» affermò d'istinto la ragazza. «Così voi sa-reste il signor Rookham? Be'... che domanda. È ovvio che lo siete.» Contrariamente a ciò che lei si aspettava, l'espressione di lui si rilassò leggermente. «Sì, sono proprio il signor Rookham. E vi assicuro che la sorpresa è reciproca, signorina.» «Mio Dio! Vorrei scomparire» disse Prue con una risatina nervosa. «Purtroppo per voi temo che non sia possibile, signorina Hursley. È questo il vostro nome, vero?» «Sì, Prudence Hursley.» «Prudence? Permettetemi di dirvi che non esiste nome meno adatto a voi!» A questa battuta lei avvampò, e non solo per la vergogna. Era anche furibonda. Che diritto aveva di prendersi gioco di lei? Gli avrebbe volentieri risposto a tono, ma lui era pur sempre il suo padrone, a meno che non decidesse di licenziarla all'istan-te. «Dunque? Non avete nulla da dire, signorina? Questa matti-na non eravate così timorosa. Non preoccupatevi, capisco be-nissimo come vi sentite. Sareste tentata di rispondermi per le ri-me, ma sapete che sarebbe sconveniente, visto che sono il vo-stro datore di lavoro.» «Sì... devo ammettere che avete proprio ragione, signor Roo-kham.» D'un tratto lo sguardo del gentiluomo si fece incuriosito. «Ma... signorina, sembra che il vostro mantello sia miracolosa-mente dotato di qualche forma di vita.» Che sbadata! In quell'imbarazzante situazione si era scorda-ta del gattino!, si redarguì Prudence liberando dalla tasca la be-stiola. «Santi numi! Avete portato con voi quell'animale!» «Sì, signore, mi dispiace. Avevo pensato che potevo donarlo alle due bambine.»

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«Che cosa? Temo invece che quella bestiaccia farà una brut-ta fine.» «Oh, no! Vi prego! Non pensavo che vi avrebbe dato fasti-dio.» «Vi siete sbagliata, signorina. Per quanto mi riguarda mi ha già dato abbastanza problemi. Se non volete rischiare di perde-re subito il lavoro, vi consiglio di liberarvi immediatamente di quel gatto.» «Ve ne prego signore, se siete arrabbiato prendetevela solo con me. Avete tutti i diritti di rimandarmi difilato al collegio, ma non fate del male a questa creaturina indifesa.» Sbalordito da quell'accorata richiesta, lui guardò il micino con aria schizzinosa, poi tornò a osservare Prue. Gli occhi grigi di lei, che era in attesa di una risposta, aveva-no un'espressione disarmante. La stessa che lo aveva così profondamente colpito durante il loro primo accidentale incontro. Era giovanissima e, a giudicare dal suo comportamento un po' folle, non sarebbe mai stata in grado di svolgere adeguata-mente il lavoro per cui era stata scelta. Eppure, vedendola nella sua umile divisa grigia, più preoccupata per la salvezza di un micino che per il proprio futuro, non se la sentì di rispedirla al collegio. «D'accordo, signorina Prudence Hursley, visto che siete di-sposta a sacrificare il vostro futuro, in un modo o nell'altro, tanto vale che lo facciate rimanendo qui.» Sgranò gli occhi incredula. «Intendete dire che posso resta-re?» Inaspettatamente frastornato dallo sguardo radioso che le a-veva illuminato il volto, lui trovò una certa difficoltà nel mante-nere un atteggiamento severo. «Sì, proprio così, signorina.» «Oh, grazie, signore. Vi prometto che farò del mio meglio per non farvi pentire di questa decisione. E mi auguro che alla fine sarete soddisfatto del mio lavoro.»

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«Vedremo.» Notando che a quella gelida risposta lei si era un po' rattristata, fu quasi tentato di scusarsi. «Posso tenere anche il gattino?» domandò lei, gli occhi fissi su di lui. «Così che possa ricordarvi quanto siete stata folle?» «Non credo che lo dimenticherò mai. Ma non è stata colpa di questo micino. Se non lo avessi portato con me sarebbe morto, poverino. Non capisco come le persone a volte possano essere tanto crudeli! Pensate che persino il controllore della dili-genza voleva impedirmi di portarlo con me. Ho dovuto pagarlo per convincerlo!» «L'avete corrotto? E posso sapere quanto vi è costato far viaggiare con voi quell'orrida creatura?» «Non avevo molto tempo... i passeggeri erano già tutti in carrozza e aspettavano e... così gli ho dato la prima moneta che mi è capitata tra le mani...» «Vale a dire?» indagò lui con sincera curiosità. «Be'... ecco... una corona» confessò lei con aria colpevole. In effetti, per quella povera ragazza cinque scellini dovevano essere una somma esorbitante!, riconobbe pensoso. Si ripromi-se di rimborsarle la cifra. «Visto che portare qui quel gatto vi è costato così tanto denaro e fatica, mi pare giusto che lo teniate con voi. Tra l'altro non mi perdonerei mai di aver inflitto ai miei poveri cavalli uno spavento così forte per niente» spiegò. «Oh, santo cielo...» mormorò poi accorgendosi dell'espressione co-sternata della sua interlocutrice. «Non ditemi che dovete chie-dermi qualcos'altro.» «No, però... i vostri cavalli. Avrei dovuto domandarvelo subi-to. Spero che non si siano feriti.» «Credete forse che vi avrei permesso di restare qui, se i miei adorati purosangue non stessero più che bene?» Non poté evi-tare di sorridere notando l'indignazione dipingersi sul volto di Prue. «No, non adiratevi, signorina. Sapete che non potete ar-rabbiarvi con il vostro datore di lavoro.»

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«E voi, signore, non dovreste continuare a provocarmi sa-pendo che io non posso rispondervi» replicò lei in tono pacato. «Già.» «Oh... scusatemi, non avrei dovuto...» «Non abbiate paura di me, signorina!» Lui scoppiò a ridere. «Inizio a credere che abbiate abbastanza tempra per svolgere al meglio questo lavoro.» «Tempra? Dite che sarà necessaria?» «Lo giudicherete da voi.» Fece giusto in tempo a terminare la frase che la porta si aprì, e due vivaci bimbe fecero irruzione nello studio.