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Scandali e misteri Diane Gaston

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Diane Gaston

Scandali e misteri

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Mysterious Miss M The Wagering Widow

A Reputable Rake Harlequin Mills & Boon Historical Romance

© 2004 Diane Perkins © 2004 Diane Perkins © 2005 Diane Perkins

Traduzione di Silvia Zucca

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony History

settembre 2005 ottobre 2005

novembre 2005 Seconda edizione Harmony Special Saga

giugno 2011 Terza edizione Harmony Special Saga

luglio 2011

HARMONY SPECIAL SAGA ISSN 1825 - 5248

Periodico bimestrale n. 65 del 15/07/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 332 del 02/05/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Pagina Romanzo

Sommario

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La misteriosa Miss M.

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Lo strano gioco di Lady Widow

Pagina 421

Un rispettabile libertino

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Pagina Romanzo

La misteriosa Miss M.

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Londra, settembre 1812 Madeline si sistemò meglio sul sofà, aggiustandosi la gonna di mussola bianca e posando con semplicità pudica le mani sul proprio grembo. La luce delle candele gettava un tenue bagliore sulla sua pelle, esaltando l'immagine che voleva dare di sé. Le si chiuse la gola e le si accapponò la pelle ricordando le attenzioni particolari dell'ultimo uomo che era stato da lei. La sua vita era totalmente immorale, e lei la detestava. Controllò che la maschera di piume blu, che nascondeva la sua identità, non oscurasse la pelle giovane e luminosa e le labbra piene e rosee. La misteriosa Miss M. poteva essere qualunque ragazza nel fiore degli anni. Quella era stata una trovata di Farley, e tutti gli uomini che frequentavano la sua bisca puntavano forte pur di provare a vincere quella fantasia e avere la possibilità di sedurla. Incapace di rimanere immobile, Madeline fece qualche pas-so verso il letto, discretamente rimboccato e coperto da un virginale pizzo color lavanda. Risate maschili, roche e gutturali, provenivano dalla stanza a fianco. Stupide, orribili creature sedute intorno ai tavoli, tut-te intente a bere e giocare, nell'attesa che Lord Farley si ap-propriasse delle loro fortune. Quell'uomo non avrebbe mai permesso al suo premio di scappare, Madeline aveva avuto modo d'imparare quella le-

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zione. Non che la cosa avesse importanza, visto che non a-vrebbe avuto dove andare. Cercò di scacciare il ricordo di co-me Farley era riuscito a condannarla a quel destino o, più pre-cisamente, come era riuscita a condannare se stessa. Un altro uomo, fortunatamente l'ultimo di quella serata, sarebbe presto comparso sulla soglia. Controllò che i boccoli neri le ricadessero perfettamente intorno al viso, per incorni-ciarlo, e sistemò il fiocco rosa pallido che li teneva legati. Ci fu un colpo sordo alla porta. Madeline saltò giù dal letto precipitandosi sul sofà, dove si supponeva che si sarebbe fat-ta trovare. Una figura alta e asciutta barcollò in controluce nello specchio della porta. L'uomo rimase fermo per un mo-mento, portandosi una mano alla fronte. Un soldato. Vestiva i colori dell'uniforme britannica, anche se era sbottonata e lasciava intravedere il lino bianco della ca-micia. Ah, se solo fosse stata anche lei un soldato! Almeno a-vrebbe potuto combattere per uscire da quel posto... Il soldato, che doveva avere solo qualche anno più di lei, a-vanzò ondeggiando e si chiuse la porta alle spalle. Senza dub-bio, Lord Farley l'aveva fatto ubriacare sperando di spillargli un po' di quattrini. Madeline sospirò. Magari era un po' alticcio, ma almeno non era grasso, e forse la sua bocca non avrebbe avuto lo stesso odore fetido di quello che era venuto prima di lui. E poi, con quei muscoli ben disegnati, quell'uomo era proprio l'immagine di come un soldato, forte e valoroso, avrebbe do-vuto essere. «Buon Dio!» esclamò questi vedendola. «Spiacente di deludervi, milord, non sono lui» rispose lei i-ronica. Le candele rischiaravano i bei lineamenti del soldato. Lui le sorrise, e per Madeline fu impossibile non sorridere a sua volta. «Certo, ovviamente.» I suoi occhi verdi brillavano nella pe-nombra. «È una fortuna per me, miss...?»

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«Miss M.» Era un incantatore. Ne aveva già incontrati, e la magia sarebbe continuata finché non avesse ottenuto ciò che voleva. «La misteriosa Miss M., adesso ricordo.» Sprofondò sul di-vano, accanto a lei. «Vi chiedo perdono, ma mi avete quasi messo paura: non immaginavo che aveste l'aspetto di una giovane dama.» «Io sono una giovane dama» ripeté Madeline, calandosi nella parte. «Lo vedo» convenne lui guardandola attentamente con quei suoi occhi furbi, mentre sulla guancia sinistra gli si for-mava una fossetta. «Siete una visione, come la più raffinata dama d'Inghilterra. Vi devo le mie scuse per essermi presenta-to con quest'uniforme logora.» Le fece segno di aiutarlo a to-gliersi gli stivali. Sebbene fossero puliti, Madeline sentì che erano pieni di graffi e di tagli, forse ricordi del campo di battaglia. Quando finalmente il piede ne venne fuori, lui quasi ricadde all'indie-tro sul divano. Madeline alzò gli occhi al cielo. Lui rise. «Vi ho impressionato con la mia raffinatezza, Miss M.?» «Davvero, milord, non ricordo di essere mai stata tanto col-pita.» L'uomo soffocò un'altra risata e si sporse verso di lei con aria maliziosa. «E io che pensavo che avreste dovuto essere voi a intrattenermi.» Madeline sorrise ancora, e lui le sfiorò le labbra con l'indi-ce, tracciando il contorno della sua bocca. All'improvviso i suoi occhi si erano riempiti di nostalgia e lei ne fu molto sor-presa. Un calore strano, cui non era preparata, le fece arrossa-re le guance. L'uomo continuò a fissarla intensamente finché lei, a disagio, abbassò lo sguardo. Era l'incarnazione delle fan-tasie con cui Madeline si intratteneva nelle sue ore solitarie. Un cavaliere con l'armatura lucente che avrebbe affrontato lo

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spregevole signore in una giostra, e avrebbe vinto la sua liber-tà. Che stupidaggini! Non era per niente come nelle sue fanta-sie, sebbene vestisse un'uniforme, avesse riccioli scuri e folti, e la pelle brunita dal sole. Una volta era stato lo stesso Farley a incarnare quei suoi sogni... Il soldato si tolse la giacca e la camicia di lino. Madeline avvicinò la mano per accarezzarlo e scoprire la sensazione che le avrebbe dato... come se potesse esserci qualche diffe-renza tra lui e gli altri uomini pieni di lussuria che, a volte, si premevano contro di lei con una tale violenza che doveva cer-care di spingerli via per riuscire a respirare. Lui le sorrise di nuovo. «Siete una visione, Miss M., come l'Inghilterra stessa. Ci sono! Vi chiamerò Miss England!» «Non siate sciocco. Il tessuto del mio abito è indiano, il di-segno è stato fatto in Francia e il modello è romano. La mia maschera viene da Venezia, le mie perle sono orientali e pen-so che le scarpe che indosso provengano dalla Spagna. Non c'è nulla di inglese in me.» Col dito, lui le sfiorò il corsetto, avvertendo la piena roton-dità dei suoi seni. Le fece scivolare giù una spallina per sfiora-re con un tocco timoroso e leggero ciò che stava sotto. «Sospetto» mormorò muovendo delicatamente le dita sulla sua morbida pelle, «che sotto, siate puramente inglese.» Lentamente, lui le si avvicinò, così che Madeline riuscì a sentirne il respiro sulle labbra. Con una gentilezza che non a-vrebbe mai pensato possibile, si chinò per baciarla, muoven-do delicatamente la bocca contro quella di lei. Madeline gemette, sentendo la lingua di lui insinuarsi fra le sue labbra, e gli si fece più vicina, continuando a baciarlo mentre gli accarezzava i riccioli neri. Sapeva di brandy, ma Madeline decise che se in futuro fosse stata costretta a bere ancora quel liquore, non le sarebbe dispiaciuto.

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Lui si sdraiò sul divano, facendola distendere sopra di sé. La pressione del suo desiderio spingeva contro di lei, ma, con sorpresa, Madeline dovette ammettere che non le dispiaceva affatto. Solo un'altra volta, prima d'allora, l'eccitazione maschile non le aveva provocato repulsione. Era successo quel giorno in campagna, quando l'ospite di suo padre, quel Lord Farley che era stato invitato con la speranza che facesse la proposta a una delle sue sorelle più grandi, l'aveva incontrata nel bo-sco, durante una cavalcata, e le aveva mostrato che cosa suc-cedeva tra un uomo e una ragazzina quindicenne scapestrata e senza chaperon. Lei aveva pensato che quello fosse uno splendido scherzo: sarebbe stata la prima delle sorelle a rice-vere un bacio, ma con troppa facilità quel bacio l'aveva poi condotta verso altri piaceri che non aveva mai neppure imma-ginato. Madeline cercò di sopprimere quel desiderio. Non poteva permettersi una debolezza di quel genere. Doveva controllar-si. «Andiamo a letto, mio signore?» gli chiese. Lui la guardò sorridente. «Ai vostri ordini, milady» e, galan-temente, le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. Lei sentì la sua stretta, ferma e calda, anche attraverso il guanto color lavanda che indossava. Facendo voto di tenere i propri sentimenti sotto controllo, Madeline scostò le lenzuola e si voltò per guardarlo di nuovo, quindi si tolse i guanti, un dito alla volta. Quando gli sbottonò i pantaloni, capì d'aver ottenuto il suo scopo. Cercò di evitare i suoi occhi verdi pieni di passione. Lui emise un gemito gutturale mentre lei lo accarezzava. Quello era il momento in cui lui le sarebbe saltato addosso, pensò, e lei avrebbe cercato di contenere la sua lussuria affin-ché non le rovinasse il vestito. Invece, nonostante fosse completamente nudo, lui non fe-ce nulla. Rimase semplicemente a guardarla e tutto il deside-

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rio che Madeline aveva cercato di scacciare la sommerse co-me un'onda. Tornò a voltarsi e, guardandolo negli occhi, finì velocemente di aprirsi l'abito facendolo cadere sul pavimento. Lui la guardò, senza fiato. «Mi sento di nuovo a casa» mor-morò, poi le accarezzò i seni, con dita quasi tremanti. Madeline si sentì bruciare a quel contatto. Come poteva es-sere? «Dove... dove siete stato?» gli domandò per cercare di di-strarsi. Quelle sensazioni le facevano perdere la testa. «L'ultimo posto dove sono stato è Manguilla» le rispose ir-rigidendosi lui, mentre il suo sguardo s'incupiva. Manguilla. Che nome esotico, come quello di un regno magico e lontano. Ma cosa gli aveva fatto cambiare espressio-ne? C'era molta tristezza in quegli occhi, anche se ora le sta-va sorridendo. «Ho passato troppo tempo in battaglia e non abbastanza a casa per rendermi conto di quello che mi perdevo.» «Non vi capisco, milord.» Lui fece vagare lo sguardo su di lei. «L'Inghilterra» disse in tono reverenziale. «Ogni collina, ogni curva e ogni bosco. O-gni lussureggiante bellezza e onesto passatempo.» Madeline si sentì avvampare di rossore. «Bene» mormorò, «possiamo procedere, milord?» S'arrampicò velocemente sul letto. Era così eccitata, si sentiva quasi svenire dal desiderio. Lui, invece, la seguì più lentamente di quanto avrebbe imma-ginato. S'irrigidì, mentre il panico l'assaliva. Lui si fermò immediatamente e cercò di guardarla in volto. «C'è qualcosa che non va?» Il cuore di lei batteva all'impazzata. «Nulla.» Il soldato inclinò la testa, scettico. «Siete spaventata. Non capisco. Che cosa vi impaurisce? Vi ho fatto per caso male?» Si scostò da lei. Lei evitò il suo sguardo. «No, non mi avete fatto male, e non sono spaventata. Potete procedere...»

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Lui le sollevò il mento per guardarla negli occhi. «No che non procedo, a meno che non mi diate una spiegazione.» Madeline non sapeva come spiegare qualcosa che lei stessa non capiva. Anche quando Lord Farley l'aveva sedotta non a-veva provato sensazioni come quelle. Non si era mai sentita così... eccitata, così... senza fiato. Una lacrima le scese sulla guancia. Non appena apparve al di sotto della maschera, lui l'asciugò con un dito. «Non c'è bisogno di piangere, adesso.» «Voi non c'entrate niente...» Singhiozzò, furiosa per quelle lacrime. Farley si sarebbe infuriato, se l'avesse scoperto. «Per favore, non ditelo a Lord Farley.» «Ssh...» Lui si sedette sul letto e l'abbracciò. «Perché dovrei farlo? Avanti, dite tutto a Devlin.» «Devlin?» Le sue braccia erano come una coperta conforte-vole e, per un attimo, Madeline sperò di poter rimanere così per sempre. «È il mio nome. Tenente Devlin Steele, del Primo Reggi-mento Reale dei Dragoni, ultimogenito dell'onorabile Mar-chese di Heronvale, al vostro servizio, Miss England.» Detto ciò, la strinse a sé con ancor più tenerezza. «Ditemi che cosa vi turba.» Lei lasciò andare un lungo e tremante sospiro. «Alcune vol-te, vorrei tanto essere quello che appaio e non quello che so-no.» Le lacrime presero a scendere più copiosamente, inumi-dendo le piume della maschera. Se solo non fosse andata a cavalcare quel terribile giorno... Se solo Farley non l'avesse vista con gli abiti di suo fratello, troppo stretti per lei... Se solo avesse saputo quello che avreb-be rischiato con un bacio... Toccò la maschera, sperando che le piume si asciugassero senza deformarsi, altrimenti sarebbe stata punita. Il tenente la stringeva e la cullava, mormorandole parole di conforto. Il pianto durò a lungo, più a lungo di quanto non si fosse

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mai consentita dalla notte in cui aveva scoperto che i piani di Farley su di lei non comprendevano il matrimonio. Cercò di asciugarsi le lacrime. «Avete finito, piccola fontanella?» le domandò lui con l'e-spressione più dolce che avesse mai visto. Lei annuì. «Sciocchina...» Con l'indice, le diede un buffetto sul naso e poi scese dal letto, iniziando a rivestirsi. «Che cosa state facendo?» Lui sorrise. «Mi rivesto. Non temete, non esigerò i vostri fa-vori questa notte.» Poi le gettò un'occhiata intensa e triste. «Anche se devo ammettere che è più difficile che portare a termine un picchetto durante una giornata di pioggia.» «No, non potete farlo!» Madeline si aggrappò a lui per cer-care di riportarlo verso il letto. «Devo fare il mio dovere!» «No, mia cara, l'avete già fatto abbastanza per questa not-te.» Madeline cercò di non essere sopraffatta di nuovo dal suo desiderio. «Ovviamente dovremo inscenare un piccolo spettacolo per gli ospiti della stanza qui a fianco, e dovremo fare un po' di rumore. Renderli invidiosi. Così...» ed emise un lungo gemito. «Oh, sì... così... ancora...» «Oh... sì... sì!» gli fece eco lei. Poi entrambi furono sul punto di scoppiare a ridere e si coprirono la bocca con le ma-ni. Lui si lasciò cadere sul letto. «Basta, basta. Ridere mi fa male.» Si premette una mano al petto. «Ahi!» Lei gli scostò la mano e vide una lunga cicatrice sul suo ad-dome, e a giudicare dal colore rosato doveva essere piuttosto recente. «Siete stato ferito a...?» «A Manguilla? Sì, però non è così grave come sembra. Or-mai è guarita quasi del tutto. Tra un paio di giorni potrò tor-nare al Reggimento.»

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«Tornate al fronte?» «Certo. È il dovere di ogni soldato.» Due giorni e sarebbe tornato in guerra. Avrebbe potuto es-sere ferito di nuovo. Sarebbe potuto morire. Forse non avreb-be mai più rivisto la sua preziosa Inghilterra. E, se conosceva abbastanza bene Farley, Devlin Steele sarebbe tornato a com-battere senza un soldo in tasca. «Tenente?» «Potete chiamarmi Devlin.» «Devlin, allora. Avete vinto alle carte, stasera? Voglio dire, oltre ad avere vinto me?» Lui si mise a ridere. «Volete il mio denaro?» Lei se ne sentì offesa. «Non voglio soldi da voi, ma dovete rifiutarvi di giocare ancora. Trovate qualche scusa.» «E perché mai dovrei fare una cosa simile?» «Diciamo che il gioco non è onesto.» Con Farley, nessuno vinceva due volte nella stessa sera... «Quel farabutto! Sono in debito con voi, Miss M., siete davvero una persona dal cuore nobile.» «Non cercate di elevarmi a un rango che non mi compete. Sono esattamente ciò che sembro.» «Infatti, sembrate una signorina dabbene. Ed è proprio quello che siete, buona e onesta.» Lei divenne tutta rossa in viso. «No.» Devlin cercò di rimettersi i pantaloni, ma lei non voleva che se ne andasse. «Tenente?» «Devlin, non vi ricordate?» «Devlin... mi piacerebbe fare l'amore con voi.» Gli si avvici-nò e gli accarezzò il torace. «Miss England, credetemi, non è necessario.» Lei si slacciò la maschera e, con mani tremanti, se la tolse. Devlin rimase col fiato sospeso. Lei gli si fece ancora più vicina. «Voglio fare l'amore con voi. Sarà il mio regalo prima che torniate in battaglia.» Gli

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passò una mano tra i capelli mentre si premeva contro di lui. Farley le aveva insegnato come toccare un uomo per farlo ec-citare. E, per la prima volta, con il tenente Devlin Steele del Primo Reggimento dei Dragoni, la cosa le dava piacere. Lui gemette, più sommessamente, e Madeline gli sfiorò pia-no le labbra. Desiderava quell'uomo sopra di sé. Il cuore pre-se a batterle più velocemente. Gentilmente, lui si fece strada dentro di lei e quello che so-litamente le faceva morire ogni emozione, inaspettatamente, le diede un'immensa gioia. Fremeva al solo pensiero di essere posseduta da lui, godendo di ogni singolo attimo, di ogni sin-gola carezza del corpo di lui contro il suo. Più lui le si preme-va contro, più il piacere aumentava. Più il loro incontro si fa-ceva affannoso e concitato, più il suo desiderio s'accresceva. Sarebbe esplosa di piacere, ne era sicura. In quel momento, tutto le sembrava possibile, anche scappare da quella vita ter-ribile alla quale era stata forzata. Tutto per merito del tenente Devlin Steele. Devlin si scostò per farla respirare dopo essersi abbandona-to soddisfatto sopra di lei. Madeline l'osservò a lungo, mentre il soldato cercava di ri-prendere fiato respirando a pieni polmoni. Cercava di impri-mere nella mente ogni singolo lineamento dell'uomo, così a-vrebbe potuto ricordarlo, in futuro. Avrebbe voluto che il suo dragone ritornasse vittorioso dalla guerra e la riscattasse. A-vrebbe desiderato che tornasse l'indomani stesso e il giorno dopo ancora. Quella fantasia le sarebbe stata di conforto, anche se non si sarebbe mai realizzata. «Dolce Miss England» lo sentì mormorare, «vi ringrazio.» Lei lo baciò di nuovo, affondando la lingua tra le sue lab-bra. Il brandy, d'ora in avanti, sarebbe stato il suo sapore. A-vrebbe respirato a pieni polmoni il suo profumo, per stampar-selo bene nella memoria.

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«Ah, Miss England, come dalla stessa Inghilterra, è molto difficile staccarsi da voi.» Madeline gli accarezzò il viso e lui sentì di desiderarla di nuovo. Mentre si faceva strada dentro di lei, per la seconda volta, la sentì mormorare dolcemente: «Tenente Devlin Steele, io non vi dimenticherò».

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La passione nel cuore di Paula Marshall

Inghilterra, 1813-1924 - Pur essendo gemelli, Richard e Russell Chancellor sono diversi come il giorno e la notte: bruno, studioso e serio il primo, biondo, atletico e sempre elegante il secondo. Richard ha intrapreso la carriera milita-re perché costretto dal padre, Russell per dimenticare la fanciulla di cui era perdutamente innamorato e che lo ave-va lasciato per sposare un altro. Hanno in comune due sole cose: uno spiccato senso del dovere e il coraggio di affron-tare ogni sorta di ostacoli e difficoltà per la donna di cui sono innamorati. Analoga sorte toccherà, più di un secolo dopo, a Jack Compton e Lacey Chancellor, che indagando sulla misteriosa "fortuna dei Compton" si troveranno a do-ver superare gli stessi pericoli e le stesse barriere che ave-vano minacciato l'amore dei loro antenati.

Dal 5 ottobre

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Questo volume è stato impresso nel maggio 2011 presso la Mondadori Printing S.p.A.

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