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Cronache di Cammini n° 3 1 Cronache di Cammini Cronache di Cammini Cronache di Cammini Cronache di Cammini percorsi, soste, storie nel camminare Pubblicazione semestrale del Dott. Luciano Mazzucco Direttore Responsabile Dott. Niccolò Mazzucco - Numero 3 – aprile 2013 - Il cammino per l’acqua Il Burkina Faso, nel cuore dell’Afri- ca occidentale con un clima arido e u- na corta stagione delle piogge,è uno dei paesi più pove- ri al mondo. La popolazione, pur vivendo in condizioni mini- mali, è comunque estremamente atti- va, vivace e piena di voglia di fare e di lavorare, ma la grave carenza delle strutture basilari non favorisce il procedere di un miglioramento. Per provvedere all’essenziale necessità dell’acqua la maggior parte delle famiglie deve fare molta stra- da tutti i giorni, proprio un ‘cammino per l’acqua’.

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Cronache di Cammini n° 3

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Cronache di Cammini Cronache di Cammini Cronache di Cammini Cronache di Cammini percorsi, soste, storie nel camminare

Pubblicazione semestrale del Dott. Luciano Mazzucco

Direttore Responsabile Dott. Niccolò Mazzucco

- Numero 3 – aprile 2013 -

Il cammino per l’acqua

Il Burkina Faso, nel cuore dell’Afri-ca occidentale con un clima arido e u-na corta stagione delle piogge,è uno dei paesi più pove-ri al mondo. La popolazione, pur vivendo in condizioni mini-mali, è comunque estremamente atti-va, vivace e piena di voglia di fare e di lavorare, ma la grave carenza delle strutture basilari non favorisce il procedere di un miglioramento. Per provvedere all’essenziale necessità dell’acqua la maggior parte delle famiglie deve fare molta stra-da tutti i giorni, proprio un ‘cammino per l’acqua’.

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E sono soprattutto i bambini che, nel Burkina Faso, tutti i giorni fanno il cam-mino dell’ acqua. Si alzano presto ma non per andare a scuola, perché per la scuola occorre quel denaro che la famiglia non possiede. I genitori coltivano la terra e lavorano nei campi solo nel breve perio-do estivo delle piogge, quando il miglio ed il riso possono crescere. Quello che riescono a produrre in quel periodo deve bastare tutto l’anno e se non basta si cuo-ce l’erba, le foglie, le radici, tutto quello che si può inventare per sopravvivere. Gafaru e i suoi fratelli hanno il compito di andare a prendere l’acqua. L’acqua si va a prendere al pozzo, che non è tanto vicino e Gafaru spinge un carretto di ferro con le ruote di gomma, pieno di taniche di plastica gialle. Un fratello invece può usare una bici-cletta e porta una tanica per volta. La bi-cicletta è arrivata per la sorella, perché lei ha avuto una adozione a distanza che le ha permesso di studiare e di ricevere in regalo quella bicicletta al termine del cor-so di istruzione. Qualche famiglia più fortunata che ha potuto mettere insieme maggiori disponi-bilità, ha un ciuchino al quale attaccare un carretto. Nonostante tutto il cammino per andare a prendere l’acqua è bello; è vero, c’è la fatica del viaggio ma ogni volta Gafaru fa un incontro, vede un amico, ci parla in-sieme e può raccogliere qualche raccon-to. Non solo i bambini, ma anche le don-ne, impegnate in questa occupazione,

trovano il modo di incontrarsi al pozzo e mentre si aiutano a vicenda a girare la ruota durissima della pompa, le ragazze

parlano dei loro amori e dei loro sogni. Vicino al pozzo ci sono degli alberi, mol-to frondosi, alberi di mango, alla cui ombra si possono riposare un po’ prima di riprendere il viaggio con le taniche piene d’acqua. Il pozzo è lontano quasi quattro chilo-metri e Gafaru con il carretto ci mette quasi tre ore. La strada va fatta nelle ore in cui il caldo è meno violento per-ciò al massimo riesce a fare due viaggi al giorno. L’acqua del pozzo serve principalmente per bere e cucinare. Per lavare si deve andare a prendere quella del “barrage” che è una raccolta di acqua molto meno pulita in una depressione del terreno che si riempie nella stagione delle piog-ge e che poi, piano piano, con il caldo e con i continui prelievi si prosciuga fino a scomparire molto prima del nuovo tem-po delle piogge. Ma anche andare al barrage per i bambini diventa una nuo-va opportunità: se l’acqua è tanta si può fare un bagno e ridere e scherzare tutti insieme. Nonostante il Burkina Faso sia il paese più povero del mondo, i bambi-

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ni sono sempre gioiosi e sorridenti, co-me se bastasse poco per essere felici. Siamo andati a trovare la famiglia di Ga-faru, per togliere il gesso a suo fratello Quiwa che noi abbiamo operato di cor-rezione di un grave difetto delle ginoc-chia, il cosiddetto ginocchio valgo, con le ginocchia che si incrociano e i piedi che sono tutti divaricati e lontani fra loro. Era scaduto il tempo e il gesso doveva essere rimosso. Purtroppo la famiglia di Gafaru non poteva prendere una mac-china per venire in ospedale ed il paren-te che l’aveva accompagnato il giorno dell’intervento al momento aveva l’auto guasta, tanto meno sarebbe stato possi-bile prendere una macchina a pagamen-to. La suora che ha saputo come era la situazione ci ha informati e così ci siamo attivati. Quando siamo arrivati ci è stata offerta ‘l’acqua del benvenuto’, un gesto che non si può rifiutare perché fa parte di un rito di accoglienza basilare per la loro cultura. Ma noi abbiamo dovuto fare finta di berla perché non essendo abituati, non sarebbe stata proprio indi-cata. Mancando la corrente elettrica, la rimo-zione del gesso è stata un’ operazione

veramente lunga, come era prevedibile: il gesso è stato tolto con l’uso di forbici e coltelli. Le ginocchia di Quiwa ora sono molto più dritte e le caviglie sono molto più vi-cine fra di loro; il bambino dovrà abituar-si a camminare con queste nuove gambe e così aiutare Gafaru ed i suoi fratelli nel cammino per l’acqua. Luciano Mazzucco

Per ulteriori approfondimenti visita il

sito www.ospedalinburkina.com

Pellegrinaggi giudiziari di Vera Biagioni Il pellegrinaggio è un viaggio che ha co-me meta un luogo sacro, ed è un rito comune alle religioni di tutto il mondo. Per il cristiano il pellegrinaggio è un percorso fondamentale per la sua vita spirituale, per approfondire la sua espe-rienza religiosa, per incontrare Dio. Il pellegrinaggio cristiano si può dire sia cominciato subito dopo la Resurre-zione del Signore, e da allora è conti-nuato fino ai nostri giorni, se pure in forme diverse, e con vari periodi di in-terruzione dovuti a molteplici cause. Testimonianze sparse attestano un mo-vimento profondo che si verificò nei primi due secoli dopo la morte di Cri-sto. Ma la massiccia ondata di pellegrini

iniziò con l’avvento dell’imperatore Co-stantino che concesse la libertà di culto ai cristiani. La stessa madre di Costantino, l’imperatrice Elena, poi fatta santa, si re-cò in pellegrinaggio a Gerusalemme e dette impulso per la costruzione delle tre grandi basiliche dette “costantiniane”. A Elena è stato anche attribuito il ritrova-mento della Vera Croce di Gesù Cristo. Nel IV e V secolo il flusso dei pellegrini in Terrasanta divenne imponente. Verso il VI e VII secolo monaci missiona-ri irlandesi introdussero il pellegrinaggio come forma di espiazione di una pena. I primi ad esservi assoggettati furono gli ecclesiastici non essendo essi sottomessi al diritto civile dei laici. Questa forma di

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espiazione si rivelò particolarmente in-dicata per quei preti e altri peccatori macchiatisi di reati gravi che comporta-vano l’esclusione dalla comunità dei fe-deli. Il condannato veniva spogliato del-le sue vesti e vestito dei panni che lo rappresentavano come straniero, come colui che aveva trasgredito le regole del-la sua società. Franco Cardini, in“L’ Eu-ropa dei Pellegrini”, scrive: “Il pellegri-naggio avveniva in questo modo simile all’esilio giudiziario e il pellegrino una specie di proscritto che si trascinava in catene da un santuario all’altro fintanto che i suoi ceppi non si fossero spezzati da soli, miracoloso segno del perdono divino”. Quando il condannato tornava, se ciò avveniva - perché molti morivano - veniva riabilitato e riconciliato con la comunità cristiana. Questi allontana-menti tuttavia non avvenivano solo per concedere all’esule la possibilità di ria-bilitazione, ma soprattutto per emargi-nare la loro potenzialità criminale. In seguito, il monachesimo benedettino si dimostrò ostile verso questa itineran-za protetta dalla Chiesa ritenendola i-nefficace sia dal punto di vista spirituale e sia perché la libera circolazione di tan-ti criminali rappresentava un pericolo pubblico. Verso il IX – X secolo vennero introdot-te delle regolamentazioni in materia di pellegrinaggio, ad esempio imponendo ai viaggiatori di recarsi verso mete pre-cise. Con queste norme veniva così limi-tata l’anarchia dell’itineranza. In segui-to, a partire dal XII secolo, anche l’In-quisizione ricorse al pellegrinaggio im-posto per reati di eresia contro la fede, ma solo per quelli meno gravi. Circa cento anni più tardi, nel secolo XIII, il pellegrinaggio giudiziario venne intro-dotto nella legislazione europea, e già alla metà del 1300 ebbe notevole ruolo nella gestione della giustizia nei paesi del Nord Europa. Sul pellegrinaggio espiatorio, molte no-tizie documentate le fornisce Lorenza Vantaggiato nel suo libro “Pellegrinaggi

Giudiziari” dove ha preso come campio-ne l’area dell’antica contea di Fiandra (Belgio). Il libro della Vantaggiato, e altre fonti, informano che la scelta del pellegrinaggio che veniva imposto era commisurata alla gravità del reato: tan-to più grave era il reato tanto più lungo e difficoltoso era il pellegrinaggio, an-data e ritorno, ovviamente. In taluni casi il colpevole aveva la possibilità di convertire il pellegrinaggio imposto in un’ammenda pecuniaria, ovvero nel pa-gamento di una somma di denaro. Per ogni luogo di pellegrinaggio esistevano vere e proprie liste di riscatto, una for-ma di tariffario dove veniva indicato il nome del santuario, la distanza, le diffi-coltà del viaggio e accanto veniva speci-ficato il prezzo del riscatto. I luoghi più lontani da raggiungere erano San Nico-la di Bari in Italia, Santiago de Compo-stella in Spagna, Sant’Andrea in Scozia. Da studi effettuati è stato rilevato che le magistrature di Gand, Anversa, Bruxel-les, e Nivelles avevano una preferenza per il pellegrinaggio a San Nicola di Ba-ri, in Puglia, che dista dal Belgio circa 1800 Km. Il pellegrinaggio assolveva a più istanze contemporaneamente: al-lontanava il colpevole dalla comunità, e a volte era un vero e proprio esilio, dava soddisfazione alla parte offesa e, inol-

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tre, poteva assolvere anche al compito di riabilitazione del reo. Esiste docu-mentazione a Bruxelles che a metà del secolo XV su 57 persone condannate ad effettuare un pellegrinaggio a San Nicola di Bari, 17 effettivamente lo portarono a termine mentre altre scontarono la pena mediante paga-mento in denaro. Nel 1521 a certo An-thoine Bernard, elemento pericoloso, che aveva commesso un grave reato, fu imposto un pellegrinaggio a San Nico-la di Bari con l’obbligo di rimanere al di là dalle Alpi per ben sette anni. Nor-malmente veniva imposto un tempo di uno – tre anni, altre volte, invece, al condannato veniva imposto un tempo stabilito per il rientro che lo costringe-va a camminare anche per una media di trenta Km. al giorno. Alcuni non tornavano mai perché morivano lungo il duro cammino. Al rientro in patria il

“pellegrino forzato” doveva presentare il certificato del santuario raggiunto, vidimato dall’autorità religiosa del po-sto. Nella chiesa di San Giuliano a Ro-ma esiste un elenco di 431 pellegrini che dalla Fiandra si sono recati in pel-legrinaggio a San Nicola di Bari, e poi a Roma. Anche nella città di Bruges si trovano documenti che attestano gli avvenuti pellegrinaggi. Nel 2006 la cit-tà di Bruges fece una mostra dove ven-nero esposti oggetti appartenuti a pel-legrini, manoscritti, resoconti, docu-menti, insegne, oggetti ritrovati da scavi archeologici. I pellegrinaggi, sia devozionali sia im-posti, conobbero una prima crisi con la riforma protestante di Martin Lutero e Giovanni Calvino che dubitavano dell’ utilità dei pellegrinaggi elencandoli come opere puerili non necessarie. Il Concilio di Trento invece ne riafferma-

La foto di Guido

“FIRME SULLA NEVE”. Foto scattata nel Febbraio 2013 al “Balzo delle Rose” - Abetone.

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va la validità precisandone lo scopo prin-cipale: fare penitenza, adorare Dio, au-mentare la propria fede. Una seconda cri-si del pellegrinaggio si registrò durante l’illuminismo, secolo XVIII, che giunse espressamente a condannarlo. A seguito di tante critiche la Chiesa, preoccupata, giunse a scoraggiare essa stessa il pelle-grinaggio ponendo anche più attenzione al riconoscimento dei miracoli. Nel XIX secolo i pellegrinaggi finirono con l’essere considerati come fenomeno marginale, tipico delle classi più umili e ignoranti, come un'esperienza del passato. I pellegrinaggi vennero ripresi verso la prima metà del secolo scorso. Con il nuo-vo codice del diritto canonico del 1983 è scomparsa l’indicazione del pellegrinag-gio tra le penitenze. Tuttavia, la bolla di indizione del Giubileo 2000 ribadisce tra l’altro che “Il pellegrinaggio è sempre sta-to un momento significativo della vita dei credenti, rivestendo nelle varie epoche espressioni culturali diverse” La Chiesa oggi esalta il profondo valore del pellegrinaggio che ha sempre occupa-to un ruolo fondamentale nella vita dei cristiani e di tutti i fedeli.

Vogliamo finire il nostro breve discorso sul pellegrinaggio giudiziario con una no-ta che forse sta ad indicare l’importanza che esso ha rivestito nei luoghi dove fu intensamente praticato: nelle vie di Bru-ges oggi si possono trovare conchiglie di bronzo recentemente incastonate nella pavimentazione a ricordo degli antichi percorsi di pellegrinaggi devozionali e penitenziali. Ai nostri giorni in Belgio per alcuni casi è stato fatto nuovamente ri-corso al pellegrinaggio a Santiago de Compostella come pena espiatoria e re-cupero per alcuni giovani reclusi. Anche in Spagna è stata nuovamente adottata l’antica pratica, e qualche tentativo si sta facendo per introdurlo anche in Italia. Bibliografia LUCIANO VACCARO L’Europa dei pellegrini Ed. Centro Ambrosiano 2004 LORENZA VANTAGGIATO Pellegrinaggi Giudi-ziari Ediz.Compostellane, 2010 G.DAMMACCO e G.OTRANTO Profili giuridici e storia dei santuari cristiani in Italia Ediz.Puglia

L’antico percorso dei monaci dell’abba-zia di San Colombano di Bobbio. Lo ab-biamo studiato, lo abbiamo percorso, l’abbiamo inaugurato ed infine ecco la guida. Disponibile da giugno nelle libre-rie oppure, per acquisti online:

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San Tommaso apostolo di Lucia Mazzucco La storia di questo apostolo è poco co-nosciuta e ugualmente poco diffusa. Le citazioni che si trovano nei Vangeli sono quella in Giovanni 11-16 dove Tommaso dice: «Andiamo anche noi a morire con lui!» quando subito dopo la morte di Lazzaro, i discepoli si oppongono alla decisione di Gesù di tornare in Giudea, dove rischiava di essere lapidato dagli ebrei; poi durante l’ultima cena dove dice “Signore, noi non sappiamo dove vai; come dunque possiamo conoscere la via ?”. Ma l’episodio più noto è nel passo 20, 24-29 che racconta dell’incre-dulità dell’apostolo sulla resurrezione di Gesù. La maggior parte delle rappresen-tazioni che gli artisti hanno dato di lui è quella in cui viene invitato a mettere il dito nel costato che presenta la ferita della lancia. Ma anche a Tommaso vengono attribuiti dei testi: sono tre vangeli apocrifi. Il Vangelo dell’infanzia di Tommaso (o Vangelo dello Pseudo-Tommaso), dedi-cato all' infanzia di Gesù; il Vangelo di Tommaso o Vangelo secondo Tommaso o Quinto Vangelo, una raccolta di detti di Gesù; il libro di Tommaso il Conten-dente o l'Atleta, che conterrebbe una rivelazione segreta di Gesù risorto all'a-postolo. È inoltre apocrifa l’Apocalisse di Tommaso. Nel II secolo d.C. ad Edes-sa in Siria vengono scritti gli atti di Tommaso che raccontano la sua predi-cazione ed elementi importanti della sua vita. Scritti originariamente in lin-gua siriaca e pervenuti in versione gre-ca, nonché in rielaborazioni latine, si-riaca, copta e armena. Secondo quella tradizione, Tommaso arrivò in Siria per evangelizzarla, fondò la comunità cristiana di Babilonia e vis-se nella città mesopotamica per sette anni. Eusebio da Cesarea racconta che nell’anno 52 partì per l’India sud occi-dentale. Tommaso iniziò la sua predica-zione nella città portuale di Muziris

convertendo alla nuova fede molti ebrei e molti indiani. Andò anche in Cina e al ritorno si fermò sulla costa orientale del-l’India fino alla sua morte. Un’altra leggenda parla di un Tommaso come il fratello gemello di Cristo, come lui carpentiere, che fu comprato per tre libbre d’argento da un mercante indiano chiamato Abbane. Da lui trasportato in India avrebbe costruito in modo miraco-loso un palazzo al re indiano Gondofare. Il re si convertì alla predicazione di Tom-maso che fra l’altro comprendeva l’invito al celibato, ma ebbe al tempo stesso una forte contestazione da un altro principe indiano che non volle rischiare che i suoi sudditi smettessero di procreare. Da “Il Milione di Marco Polo” Cap. CLI Nel paese delle perle, la provincia di Maabar , gli uomini che si cibano della carne dei buoi che sono morti di morte

Diego Velazquez - San Tommaso

Olio su tela (1631)

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propria vengono ritenuti appartenenti a quella gente che al suo tempo uccise-ro San Tommaso Apostolo. Cap. CLIII E’ infatti in questa provincia che si tro-va il corpo di San Tommaso Apostolo, a Maliapur ( l’odierna San Tomè situa-ta a mezzogiorno di Madai ), un luogo poco frequentato perché fuori dalle o-perazioni di commercio. Ma importan-ti frequentatori sono i cristiani e i sara-cini che vengono in pellegrinaggio ed hanno l’abitudine di raccogliere della terra da quel luogo dove morì il santo. Questa terra di colore rosso guarisce i malati di febbre quartana o terzana. Siamo nell’anno 1288 quando un baro-ne di quella città approfitta di una ca-sa di accoglienza per i pellegrini per farne deposito del suo raccolto di riso particolarmente copioso. I pellegrini

non vi potevano entrare e le preghiere fatte al barone non servivano a niente. Così avvenne che una notte San Tom-maso stesso apparve al barone e con una forca in mano che gli bloccò la go-la intimandogli di liberare la sua casa se non voleva morire in malo modo. Al mattino seguente il barone liberò la casa, i cristiani se ne rallegrarono e rafforzarono la loro devozione al san-to. La storia della morte del santo è così riportata. San Tommaso si trova-va in un romitorio nel bosco e stava pregando circondato da molti pavoni, animali molto diffusi in quella zona. Un uomo ed è specificato che faceva parte di quella generazione reietta, andava a caccia di pavoni , e scoccò una freccia che ferì il santo, il quale pur da ferito continuò a pregare dolce-mente e così pregando morì.

Sui cammini della transumanza in Toscana di Vittoria Vespro

La transumanza era il percorso sta-gionale compiuto dai pecorai dalla monta-gna verso il mare alla fine dell'estate; il per-corso inverso verso i pascoli di alta quota, a primavera, si chiamava “monticazione”, cui seguiva l’ ”alpeggio” sui pascoli montani. Il termine significa letteralmente transitare sul suolo [da “trans” e “humus” ]. Andando a ritroso nel tempo, sembra che anche in epoca romana si praticasse la transumanza. I tracciati si tramandavano di padre in figlio ed i pastori seguivano le orme dei predeces-sori. Questa modalità di allevamento ovino si è tenuta fin verso il 1930, poi è caduta in disuso; era infatti una vita molto dura anche se per noi cittadini è rimasto il fascino dan-nunziano dei tratturi e degli stazzi ! Nel per-corso di andata i pecorai ricevevano una frugale ospitalità per la notte nelle case con-tadine; ricambiavano con la “concimazione” naturale dei campi ad opera delle pecore; al ritorno, invece, offrivano i formaggi da loro prodotti durante l'inverno trascorso nel mi-te clima marino. Questi spostamenti di uo-mini e bestiame ebbero importanti risvolti economici anche di tipo fiscale, visto che i passaggi erano sottoposti a dazi, con cui i

proprietari terrieri rimpinguavano le pro-prie casse. Prima erano i feudatari, poi i comuni poi i latifondisti, ma tutti erano at-tenti a riscuotere le gabelle. Da qui derivava un contenzioso per imposizioni burocrati-che da parte dei gabellieri, frodi e astuzie dei pastori per evitare il pagamento dei pe-daggi sempre più esosi, e quindi reazione con multe e intimidazioni da parte delle guardie (catene ai ponti per impedire il pas-saggio notturno dei greggi). Volendo riper-correre questi cammini dei pecorai abbiamo scelto, fra i tanti, il percorso che dal Prato-magno porta alla Maremma; la nostra in-tenzione era di percorrere soprattutto sen-tieri, ci siamo trovati invece sull'asfalto per la maggior parte del viaggio. Infatti se sulle cartine è facile individuare i percorsi, nella realtà molti di questi sono ormai così coper-ti dalla vegetazione da risultare introvabili o impraticabili. Abbiamo scelto il Casentino perchè questo percorso è stato meno studia-to rispetto a quelli dell'Abruzzo verso il Ta-voliere della Puglia. Ma devo dire che è sen-z'altro meno affascinante essendo sull'asfal-to, mentre in Abruzzo ed in Puglia i tratturi, bellissimi, sono rimasti e sono tuttora ben

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conservati. Siamo partiti un 1° settembre dalla Secchieta e, percorrendo il sentiero 00, abbiamo rag-giunto il sentiero Cai 20, località Uomo Mor-to; da Secchieta a Pulicciano (Castelfranco di Sopra) abbiamo percorso gli unici km in stra-de sterrate. La sera cena in una delle nume-rose feste del Perdono e pernottamento con la tendina in un campo. Al mattino dopo, no-nostante le “ossa rotte” che avevamo messo in conto, abbiamo attraversato la zona indu-striale di Montevarchi, continuando poi per Levane e Bucine; infine ci siamo fermati al camping la Chiocciola per la notte. Questa è stata la tratta più pericolosa di tutto il cam-mino, per l’intenso traffico veicolare che ha messo a rischio i nostri passi. Il 3 settembre partenza comoda, alle 10; at-traversamento di Ambra, Pietraviva, Colonna del Grillo; lì abbiamo preso la strada comu-nale 4 per Rapolano che, con la costruzione della grande arteria Siena Grosseto, è stata abbandonata da tutti, quindi l'ideale per camminare. Abbiamo percorso 22 km e per-nottato in pensione. Venerdì 4 una turista olandese ci ha accom-pagnati all'inizio del sentiero 525 delle Crete Senesi che passa vicino alle Terme di San Giovanni. Ma le condizioni erano impossibi-li, forse con un machete si poteva tentare! Siamo stati quindi costretti nuovamente a camminare sull'asfalto. Abbiamo passato A-sciano, poi la SP 60 del Pecorile (tanto per rimanere in tema), San Giovanni d'Asso, ri-nomata zona di tartufi e raggiunto Monte-rongriffoli vi abbiamo pernottato, in un camping iniziato e mai finito. Cammino di 22 km. In questa zona ci sono due frazioni il cui to-ponimo si ritrova sulla strada Casentinese, Ferrano e Lucignano, lo strano è che in en-trambe le zone le due località distano fra loro pochissimi km; sarebbe uno spunto interes-sante per una ricerca. Il 5 settembre ci sia-mo incamminati nella SP 14 Traversa dei Monti che poi sarebbe anche la SS 2 Cassia, e abbiamo raggiunto Montalcino, tappa e-nogastronomica d'obbligo! Arrivati in serata a Sant'Angelo Scalo abbiamo cenato al Me-rendero con un'ottima tagliata e bevuto un eccezionale Montecucco della casa. Dormi-to, si fa per dire, all'aria aperta sotto la luna piena e le stelle. Domenica 6 partenza per la Val d'Orcia, territorio lunare il cui fascino ci ha coinvolti; sosta a Cinigiano e lungo la

strada per Granaione primo avvistamento del mare! Ad Arcille abbiamo cenato ad una sagra e contato i Km percorsi, 36, la tappa più lunga! Ci siamo accampati con la tendi-na dietro la chiesa. Il giorno 7 a Montorgia-li, abbiamo trovato due belle fonti, una grande ancora ben tenu ta ed un abbevera-toio tristemente abbandonato, pieno di ter-ra e plastica. Pernottamento a Montiano, che per i nostri pastori era spesso la tanto agognata meta. Tappa di 29 Km. Dopo es-

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serci riposati in un agriturismo abbiamo proseguito attraverso la provinciale 16 per Magliano e, finalmente siamo arrivati a Fonteblanda e, quindi, Talamone, termine del nostro cammino. Per approfondire sui cammini della transuman-za: Moreno Massaini. “Transumanza. Dal Casentino alla Maremma”. Ediz. Edigraf. Roma P.Marcaccini e L.Calzolai. “I percorsi della Transu-manza in Toscana”. Ed Polistampa. Firenze 2003

Rapsodia di Costanza Vanni Johannes Brahms considerava la sua “Rapsodia” il lavoro in cui aveva e-spresso i suoi sentimenti più profondi. Fu scritta nel 1869 a Baden-Baden quando il musicista, già direttore della Singakademie di Vienna dal 1862, con-duceva una vita di alternanza fra i mo-menti di composizione e quelli in cui presentava i suoi lavori in concerti tenu-ti nelle più importanti città tedesche, austriache e svizzere. Il momento della composizione era l’e-state. Nella sua residenza nella Stiria e nei paesaggi alpini della Carinzia, del Tirolo trovava lo spirito adatto in una solitudine creativa. Era un buon camminatore anche se per una tendenza alla corpulenza le salite gli riuscivano faticose e dure, nelle discese mostrava sicurezza e abilità tanto che

quando camminava in compagnia si di-vertiva a distanziare il gruppo. Lo scrittore e musicista Jeremy Sie-pmann nei suoi studi definisce Brahms con l’appellativo The Wanderer . Infatti come pellegrino o viandante si coglie il suo desiderio di cercare e inoltrarsi nei luoghi che lo aiutavano a sentire lo spi-rito romantico e lo conducevano a scri-vere poi musica di grande astrazione lirica. La prima esecuzione della ‘Rapsodia’ op.53 ebbe luogo a Jena nel marzo 1870. E’ un’opera per contralto solo, coro maschile e orchestra che vuol esprimere l’animo di un personaggio malinconico. Per i versi si affida a quel-lo che ‘ già esiste con grande perfezio-ne’, come afferma lui stesso, e li trova nel grande Goethe. E’ un testo scritto a sua volta in un mo-mento di grande intensità romantica. Il

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Pubblicazione culturale di percorsi, soste, storie nel cam-minare. Diffusione semestrale a stampa. Anno 3° - Numero 3 - aprile 2013 --------------------- Direttore Responsabile: Niccolò Mazzucco Redazione: Lucia Mazzucco, Giovanna Palagi, Lucia Gallo-ri, Vera Biagioni. Direzione, Redazione: Via V. da Filicaia 22, 50135 Firenze Tel. e fax 055-679925 E-mail: [email protected] Sito web. http://www.cronachedicammini.com Registrazione Tribunale di Firenze n° 4157 del 3.8.2011 Stampa: Officine Grafiche Elettra. Via B. Dei, 70. Firenze Tel 055-473.809 Proprietario/Editore: Dott. Luciano Mazzucco. Codice Fiscale: MZZLCN53D10D612O Partita Iva: 03843620489 — e-mail: [email protected] Sito web: http://www.ortopediamazzucco.com

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poeta tedesco quasi cento anni prima si trovava al seguito del granduca di Wei-mar per una battuta di caccia, quando lasciò la compagnia e fece una deviazio-ne verso le miniere d’argento di Ilme-nau e le vette più alte dello Harrz, cer-cando la scalata del Broken, una monta-gna che, per tradizione nella notte di Valpurga, era abitata da streghe. L’ esperienza produsse una composizio-ne poetica, una fra le più belle liriche ‘ Viaggio in inverno nello Harz (Harzreise im Winter)’’ che farà parte del ‘Ciclo del viandante’. ‘ Nella macchia il sentiero si perde,

dietro i suoi passi si chiudono di colpo gli arbusti,

si rialzano l'erbe, l'inghiotte la solitudine ‘

La Rapsodia di Brahms si compone di tre episodi corrispondenti al testo goe-thiano. Un Adagio riflessivo meditativo, segnato dal tremulo degli archi bassi, un recitativo per contralto, dove le pau-se esaltano momenti lirici e drammati-ci, e l’ultima parte, ancora un Adagio, con un coro maschile sottovoce che si aggiunge alla voce del contralto, come un sostegno nella sua richiesta di pace. Una sensazione di quasi drammatica tristezza potrebbe comunicare questo tema che si presenta molto lontano dai temi popolari associati alle montagne. Brahms sposa invece quel pessimismo romantico , vicino a quello di Goethe, dove se il poeta comunicava la sua ri-cerca di eterno viandante, il musicista forse denunciava un momento di infeli-cità amorosa. Altro è lo spirito di comu-nione perfetta con una natura esaltante che ci racconta una testimonianza ri-portata nei ‘Ricordi’ del suo grande compagno di viaggi e camminate Wid-man. L’amico mentre saliva insieme al musi-cista verso il Grimmelwald , si mostrò sopraffatto dalla magnificenza che mo-strava la maestà dei ghiacciai della Jun-

frau, e finì per dire che nessuna arte a-vrebbe potuto esprimere quello che l’ani-mo umano sentiva in quel momento. Brahms replicò, dandogli di uomo gros-solano, che chiunque altro avrebbe potu-to esprimersi meglio e dire, per esempio, “ E’ proprio come la vostra terza sinfo-nia!’ Anche nel ‘Canto del destino’op. 54 su un testo dall’Hyperion di Friedrich Hol-derlin, il clima che si avverte è più ricco di una idea di speranza e di un rapporto riconciliato con la natura. Quando Brahmas raggiunse il successo e una tranquillità economica poté realizza-re il sogno che da sempre aveva coltivato, visitare l’Italia. Dal 1878 venne in Italia otto volte sempre accompagnato da amici e definendo la sua esperienza ‘ un pelle-grinaggio artistico’. Amò molto le opere d’arte, la natura, la vita, il cibo ma non la musica italiana. In una lettera a Clara Schumann scrisse: ‘ Se tu stessi per un’ora sola davanti alla facciata del duomo di Siena saresti felice e penseresti che vale la pena di fare un viaggio apposta.’

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Un pittore fiammingo, Cornelius de Bruijn, il 1° ottobre del 1674 partì per un viaggio in Oriente con interessi prevalente-mente artistici. Da lui abbiamo questo rac-conto particolare: Prima di lasciare Gerusalemme devo dire

come ci si fanno stampare sul braccio dei

marchi che testimoniano che si è fatto il

viaggio a Gerusalemme. Hanno diverse

forme di forge diverse, ognuno sceglie quel-

la che gli piace di più. Di solito sono i Drog-

mans (interpretare con la scala di valori

del Levante ) che fanno questo e che conser-

vano anche queste forme. Quando uno ha

scelto quello che gli piace di più, si mette

sopra del carbone pestato, dopo di che vie-

ne applicata la forma sul braccio, in modo

che le linee in cui il carbone in polvere è pe-

netrato si possano vedere chiaramente.

Dopo di che chi deve stampare il marchio vi

prende il braccio con la mano sinistra, e ne

tiene la pelle ben stesa, mentre, con la ma-

no destra, tiene due aghi legati insieme e

avvolti con della lana, con cui infilza le li-

nee segnate nel modo più preciso possibile,

perché la traccia sia più marcata, e per

quanto si spinga con gli aghi, il sangue

non esce. Ma penso che questo si spieghi

con le piccole dimensioni dei fori che sono

a malapena visibili. Dopo di che, questo

punto del braccio viene strofinato con un

tipo di inchiostro, che nel giro delle 24 ore

in cui viene lasciato lì con l’asciugamano in

cui è stato avvolto, penetra così che le linee

in cui sono stati fatti i puntini con l’ago,

appaiono neri o blu, ma così fatti bene che

sembra che siano dipinti e il colore rimane

bello e inalterato, per tutta la vita della

persona. Se questi segni fossero stampati

in altre parti del corpo, e in un punto in cui

la carne è tenera e più sensibile, non an-

drebbe altrettanto bene, perché avendo a-

vuto la curiosità di farmene applicare al-

cuni sul petto, mi hanno fatto passare la

voglia di ridere. Eppure ne ho visti che, sia

per devozione o per altro, se ne erano fatti

fare su tutto il petto.

“Tatuagio” a Gerusalemme